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L’approfondimento sul mondo a stelle e strisce di Starting Five

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L’approfondimento sul mondo a stelle e strisce di Starting Five

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IIIInnnnddddiiiiaaaannnnaaaa PPPPaaaacccceeeerrrrssssCENTRAL DIVISION

ROSTER 2013-2014 COSI LO SCORSO ANNO....

L’appetito vien mangiando. Dopo due stagioni in cui l’ultimo boc-cone è diventato indigesto per i Pacers, la franchigia dell’Indianaci prova ancora, ci prova a buttar giù quello di due anni or sonoquando con i Miami Heat la corsa del nuovo che avanzava si erafermata due stazioni prima dell’arrivo e quello molto più amaroe molto più pesante della passata stagione quando, dopo una re-gular season da protagonisti e delle serie di playoff in cui sem-brava che gli Dei del Basket potessero anche stendere loro untappeto rosso verso le Finals per poi venire scaraventati giù dal-l’Olimpo e regalato sempre a Miami il titolo ed una serie epica ea tratti nostalgica con gli Spurs. Insomma In uno stato in cui ilbasket è un qualcosa che non solo sinonimo di fede e religione,

questo doppio affronto se lo sono legati al dito. Se l’è legato al dito l’astro nascente Paul George che freme dal de-siderio di mettere la parola fine alla dinastia di James, se l’è legatoal dito Hibbert che proprio di James non ha bella considerazione,ma soprattutto la dirigenza che ha messo a disposizione di Vogelquella che sembra essere l’armata giusta a tutti gli effetti per pro-varci fino in fondo. Già perché Danny Granger è tornato a pienoritmo, tra i partenti per fare spazio nel salary cap sono andati viapoco e nulla e dalla porta d’entrata, invece, sono giunti nomicome Scola, Copeland e CJ Watson. Una lista di ingredienti chesi allunga per una vendetta che vogliono servire fredda, anzighiacciata.

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CENTRAL DIVISION

CCCChhhhiiiiccccaaaaggggoooo BBBBuuuullll llll ssssE’ inutile che ci si giri intorno, anche perché nell’Illinois lo hannofatto per tanto tempo da un anno a questa parte. L’unico motivodi interesse di questa stagione rispetto a quella eroica conclusasicon una corsa senza forze ed energie nei confronti dei BrooklynNets, è il ritorno in campo di Derrick Rose. Un ritorno studiato,calcolato e voluto fortemente dal due volte Mvp della Lega dopoil grave infortunio al ginocchio. Un infortunio che nel corso dellascorsa stagione ha fatto infuriare e tuonare più volte qualchemedia locale e nazionale a stelle e strisce che proprio non capivaperché in un momento in cui i Bulls stavano superando i proprilimiti mantenendo uno standard alto nei playoff dopo una sta-gione regolare di tutto rispetto, la sua risposta all’interrogativo a

volte anche se solo per provare, di tornare in campo era semprela stessa: «Non sono al 100%». Eppure in allenamento lo si ve-deva saltare l’uomo e andare dritto a canestro come se quel gi-nocchio non si fosse mai girato (alcuni analisti americaniaddirittura avevano ipotizzato per più volte la paura del giocatoredi mettere a rischio la carriera e quindi i guadagni), ma niente.Intanto in campo c’erano Belinelli e Robinson, oggi altrove, c’eraNoah con un piede malconcio, c’era Boozer, c’era Gibson con unMohammed al limite del commovente, insomma gli stessi cheaveva lasciato due anni or sono e che ora ritroverà per provare ariprendere il discorso da dove l’aveva lasciato: Mvp e la sua os-sessione: il titolo Nba. James e gli Heat sono avvisati.

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DDDDeeeetttt rrrroooo iiii tttt PPPP iiiissss ttttoooonnnnssssCENTRAL DIVISION

La situazione della squadra e dei risultati oltre che della non pos-sibilità di agire sul mercato da parte di Joe Dumars e dei suoi Pi-stons sembrava essere lo specchio inesorabile di quello che inquesto 2013 era, è e forse sarà ancora per un po’ lo stato della cittàdei motori. Lo stallo economico, il comune in crisi, siti internet suiquali si vendono case o se si vuole e si ha ingente disponibilitàeconomica anche interi quartieri a partire da un dollaro, sem-bravano essere l’inizio della fine ed invece. Ed invece agli appas-sionato di Detroit e al Michigan Dumars ha regalato ancora unasperanza, una sorta di lato bello della questione in attesa chequello oscuro possa risolversi nel minor tempo possibile. Eppuredal trionfo del 2004 e dal mancato back to back dell’anno succes-sivo la sensazione non sembrava essere proprio quella di una fran-chigia che si ergeva ad orgoglio locale. Dollaroni che mancavanoper agire sul mercato, con ogni probabilità la situazione difficilein cui sui avviava la stessa Detroit non attirava la smania dellesuper star di trasferirsi in un posto che non dava sicurezza in nes-sun senso (non certo la Utah dell’Est tanto per usare un eufemi-smo grande quanto l’Empire State Building ndr), giocatori nonin grado di essere all’altezza delle aspettative di una franchigiache era tornata ad assaggiare lo squisito sapore delle finali Nba.

Il tutto mescolato in un mix di mediocrità che lo stesso Dumarsdurante gli ultimi anni ha provato a cancellare. La calma è la virtùdei forti, si dice in gergo e di calma, pazienza e fegato per ingoiarebocconi amari lo stesso Dumars ne ha avuto davvero tanta. Ora ètempo di tornare a rialzare un po’ la testa. Alla base di tutto dellescelte ai Draft scorsi non male come per esempio Monroe e Drum-mond. Uno zoccolo duro di comprimari intorno ai quali provarea costruire qualcosa di importante. Ed allora dal mercato sonoarrivati Jennings, il primo free agent di un certo livello che abbiascelto Detroit negli ultimi anni, Josh Smith, ma soprattutto l’ar-rivo di un super veterano che della Detroit del titolo è stato Mvpdelle Finali e grande protagonista: Chauncey Billups che in squa-dra ritroverà anche Rasheed Wallace, ma non in canotta ed inpantaloncini ma come membro dello staff affidato a Maurice Che-ecks che torna sulla sedia principale della panchina (le ultimevolte a Portland e Philadelphia ndr) dopo gli anni di assistentatoad Oklahoma. Dulcis in fundo un motivo in più di internaziona-lizzazione, considerando che Dumars si è portato a casa l’Mvpdello scorso campionato italiano Gigi Datome, ora anche l’Italiaavrà un occhio di riguardo per Detroit e non solo per capire secomprare una casa ad un dollaro sia cosa possibile.

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CENTRAL DIVISION

CCCClllleeeevvvveeeellllaaaannnndddd CCCCaaaavvvvssssTre anni di investimenti, tre anni di lavoro di ricostruzione e dirivalutazione dell’intera franchigia dopo il colpo da ko del 2010scorso. Lebron James ormai è una dura parentesi del passatocosi come le grida di vendetta nei confronti del traditore daparte del proprietario Dan Gilbert che addirittura aveva pro-messo ai suoi tifosi un titolo molto più velocemente di quantoavrebbe fatto lo stesso James andando a Miami. La dura realtàdei fatti ed i titoli vinti da LbJ, ha portato a cambiare rotta inOhio dove si è saggiamente pensato a se stessi e a rimettere inpiedi una squadra che possa gradualmente tornare nelle partialte della Eastern Conference prima di provare a parlare di ti-tolo Nba. Ed allora prima la stagione disastrosa tramutatasi inKyrie Irving, poi quelle non tanto migliori, dal punto di vistadei risultati, che hanno portato a scelte oculate e dirette a rin-forzare un roster giovane e di belle speranze e poi dulcis infundo la nuova prima scelta al Draft che porta il nome di An-thony Bennett. In mezzo? La consapevolezza di avere unanuova star, una nuova guida ed un futuro All Star che tra unpaio d’anni potrebbe anche entrare a far parte della schiera di

elite della Lega di cui ora fa parte LeBron. La consapevolezza diavere dei fedelissimi come Varejao che sembra aver giuratoamore eterno ai Cavs e di aver operato sul mercato delle ultimedue stagioni per essere pronti a fare sul serio. Intanto per faresul serio la dirigenza dei Cavaliers un passo indietro agli anni diThe Chosen One l’hanno fatto: Mike Brown. Dopo la scelta diandare ai Lakers e di sperimentare sulla sua pelle il fallimentoangelino, uno dei protagonisti della finale del 2007 con gli Spursè tornato all’ovile. In mano Brown avrà una squadra da model-lare con giovani rampanti pronti a dare sfogo alla sue manie didifesa e che dall’altra parte hanno talento in abbondanza persopperire anche alla sua fama di non grandissimo ideatore digioco d’attacco. Al fianco di Irving ci saranno Waiters, Jack, Tri-stan Thompson, Zeller e soprattutto l’uomo con il più grandepunto interrogativo pendente sulla testa: Andrew Bynum. Lesue condizioni di salute e le scelte di evitare il bowling sarannol’ago della bilancia di una franchigia che con il suo apporto inarea può davvero puntare non solo ai playoff, ma a quel ruolodi outsider che in tanto già gli riconoscono.

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MMMMiiii llllwwwwaaaauuuukkkkeeeeeeee BBBBcccckkkkssssCENTRAL DIVISION

Ready, set and go. Tutto in un anno. Via tutto e tutti. Via Bran-don Jennings che dalla capitale italiana era arrivato come unasorta di Salvatore della patria dopo le prime uscite e le rimeprestazione da All Star e quella insane idea che il numero 3sulla sua maglia avrebbe portato ad una sorta di reincarna-zione di Allen Iverson a cui assomiglia non poco per il fisicominuto e le acrobazie. Via anche Monta Ellis che nel Wiscon-sin c’era arrivato per aumentare l’arsenale offensivo dei Buckse con Jennings formare una coppia nel backcourt letale perpunti nelle mani ed atletismo, ma soprattutto via anche ilcoach che nemmeno qualche anno prima, dove per prima siintende l’andare a rotoli dell’intero progetto, aveva fatto degu-stare su di un cucchiaio d’argento il sapore dei playoff Nba e lapossibilità di tornare indietro nel tempo. Ma alla fine non ètutto oro quello che luccica, anzi. La placcatura aveva perso, in-

fatti, il suo smalto e lucentezza ed allora serviva un colpo dispugna per ricominciare tutto da capo. Nessun ego spropositato quali potevano essere quelli di Jen-nings o Monta Ellis, nessuna superstar – o presunta tale - darendere infelice se bisogna dividere i tiri in attacco e le fatichein difesa per provare a ritrovare calore del pubblico e consensiin termini di vittorie. In panchina è arrivato Larry Drew (nonproprio Phil Jackson, ma pur di liberarsi di Skiles ai Bucks pro-babilmente andava bene chiunque ndr), in campo una serie digiocatori ai quali le casse ed il livello di salary cap hanno assi-curato un ruolo da protagonisti: OJ Mayo, Gary Neal, BrandonKnight, Luke Ridnour, Carlos Delfino ed infine Caron Butlerche dopo aver toccato ambo le sponde della Los Angeles cesti-stica, torna a casa nel suo natio Wisconsin. La stella? L’uomoFranchigia? Larry Sanders, no way.

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LLLL ’’’’ aaaappppppppuuuunnnnttttaaaammmmeeeennnnttttoooo ccccoooonnnntttt iiiinnnnuuuuaaaa ccccoooonnnn ::::

llll ’’’’ AAAAtttt llllaaaannnntttt iiii cccc DDDDiiii vvvv iiii ssss iiiioooonnnnSSSSTTTTAAAAYYYY TTTTUUUUNNNNEEEEDDDD .... .... ....