storia dell’impresa i - unisi.it · “classici” del pensiero economico che sono...
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STORIA DELL’IMPRESA
Giandomenico Piluso
Lezioni: giovedì: 18-19.30 (aula 1)
venerdì: 8.30-10 (aula 1)
Ricevimento: giovedì: 16-18,
ufficio 219 Dipartimento di Economia Politica e Statistica
Tutte le informazioni: http://docenti.unisi.it/giandomenicopiluso/didattica/
Contatti: [email protected]
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Il corso
Il corso si svolge in 40 ore ed è articolato in due moduli di 20 oreciascuno. Comporta l’acquisizione di 6 crediti.
Testi di riferimento:
P.A. Toninelli, Storia d'impresa, Bologna, Il Mulino, 2012.
R. Giannetti, M. Vasta, Storia dell’impresa italiana, Bologna, Il Mulino, 2012.
Modalità di esame: è prevista una prova intermedia. Tutti gli esami sarannosvolti in forma scritta.
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Obiettivi del corso
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Fornire una introduzione alla business history, uno dei settori più dinamici e innovativi della storia economica che sta ottenendo spazi importanti nelle più importanti università del mondo
Il corso è suddiviso in due moduli. Il primo modulo si occupa:
dei fondamenti teorici della disciplina
delle tematiche classiche della disciplina
il rapporto che le imprese hanno con il contesto socio-culturale e con le
istituzioni
l’evoluzione delle forme e delle dimensioni d’impresa
i modelli di governance
Particolare attenzione è dedicata agli effetti che il cambiamento tecnologico
ha sul sistema delle imprese (e viceversa)
La parabola (ascesa e declino) dell’impresa pubblica
Il secondo modulo analizza le caratteristiche del sistema delle imprese italiano.
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Che cos’è la business history?
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Ha origine nelle università americane (Harvard) e ha tra i fondatori Alfred Chandler
Il focus è sulle imprese e l’approccio prevalentemente micro-economico (con eccezioni)
Prevalgono gli approcci qualitativi USA: Facoltà di Storia Vs. Facoltà di Economia
Differenze e similitudini con la Storia economica
Scarsa evidenza empirica Difficoltà nel produrre analisi supportate da dati
Approccio descrittivo su singola impresa
In forte sviluppo perché lo sviluppo dinamico dell’impresa (studiato anche con case histories) è particolarmente utilizzato nelle business schools
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La teoria dell’impresa
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Obiettivo: fornire un inquadramento teorico all’esistenza e all’evoluzione storica dell’impresa
Presentazione delle riflessioni di alcuni “classici” del pensiero economico che sono particolarmente utili per la storia d’impresa
L’impresa come istituzione centrale dello sviluppo economico moderno
L’evoluzione del concetto di imprenditore
La concezione dinamica dell’impresa
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L’imprenditore
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Uno dei soggetti più difficili da definire dell’analisi economica [Baumol 1968] la natura sfuggente e mutante
soltanto chi possiede i capitali? [Kalecki]
elemento perturbatore dell’equilibrio ideale studiato dal mainstream [Schumpeter e neo-schumpeteriani]
Due approcci concettuali Continentale
Analitico
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La tradizione continentale 1/2
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Risale all’Italia pre-rinascimentale legittimazione del profitto come remunerazione del
rischio (mercantile), poi concettualizzazioni di imprenditore
RICHARD CANTILLON (1680-1734): introduce per primo il termine (entrepreneur): Colui che cerca di sfruttare le opportunità del mercato create
dalla discrepanza fra domanda e offerta, cioè «il vero organizzatore di tutto ciò che si produce»
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La tradizione continentale 2/2
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L’ABATE BAUDEAU (1730–1792): la fisiocrazia riconosce uno specifico ruolo alla classe imprenditoriale nell’attività economica (fittavolo): rischio + innovazione
MELCHIORRE GIOIA (1767-1829): gli «intraprenditori» sono «agenti intermedi» tra i proprietari e i capitalisti da una parte e la massa degli operai dall’altra
JEAN-BAPTISTE SAY (1767-1832), il primo a sottolineare il ruolo manageriale dell’imprenditore: distinzione fra la funzione di fornire capitale e quella di dirigere la produzione.
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La tradizione anglosassone 1/3
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La funzione imprenditoriale viene trascurata almeno sino alla metà dell’Ottocento, il termine viene mutuato dalla lingua francese
ADAM SMITH (La ricchezza delle nazioni -1776) ignorò di fatto l’imprenditore: egli coglieva concettualmente la differenza, a livello
di funzione, fra procurare lo stock di capitale in cambio di profitti, e dirigere in cambio di un salario
identificava i titolari delle due funzioni in un solo soggetto, non distinguendo fra capitalista e imprenditore
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La tradizione anglosassone 2/3
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DAVID RICARDO (1821)
non riconosceva nella capacità innovativa la caratteristica distintiva del capitalista/imprenditore
il suo vantaggio sarebbe stato al più presto riassorbito dal sistema e ricondotto all’interno della logica dell’equilibrio
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La tradizione anglosassone 3/3
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Il meccanismo cruciale era l’accumulazione di capitale e alla base del sistema economico vi erano i profitti che il detentore e il fornitore del capitale generavano
JOHN STUART MILL (1848) attribuiva all’imprenditore la connotazione di dirigente stipendiato, retribuito con una quota del monte salari e non titolare quindi di una funzione autonoma
KARL MARX (1818-1883) nel Capitale distingue fra «capitalista attivo» che realizza
un guadagno e «proprietario del capitale»: il primo paga al secondo l’interesse, una «porzione del profitto che spetta alla proprietà del capitale»
Il guadagno d’imprenditore non si contrappone al lavoro salariato, ma solo all’interesse; è quindi un salario, un salario di controllo del lavoro, più alto perché più complesso.
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Il contesto in cui i due approcci operavano
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Quando Smith scriveva (Rivoluzione industriale) le forme di organizzazione produttiva erano semplici e di dimensione limitata
Con il 1840 si era aperta la strada ad imprese di notevoli dimensioni, a un dinamico mercato di capitali e all’affermazione delle società per azioni (novità teoriche)
Nel mondo continentale vi era forte l’idea del mercante (rischio)
Oltremanica prevale l’attenzione agli aspetti macro, mentre sul continente l’attenzione è sugli aspetti microeconomici
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Nuovi approcci
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ALFRED MARSHALL (1842-1924) inaugura un ambito di studi, l’economia industriale, in cui riserva all’imprenditore un ruolo specifico, l’«organizzatore della produzione»
organizzazione come «quarto fattore della produzione»
FRANK KNIGHT (1885-1972) l’aspetto che definisce l’imprenditore non è più l’innovazione ma il rischio e soprattutto l’incertezza che non si misura
il compito della previsione, della direzione della tecnologia e del controllo della produzione spetta a un ristretto gruppo: gli imprenditori
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Josef A. Schumpeter (1883-1950)
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Esponente dell’indirizzo continentale in cui convivono l’impronta storicista, accenti dell’economia politica classica e all’individualismo metodologico propugnato dalla dottrina economica austriaca
L’ innovazione è per S. il «motore» del processo capitalista
la capacità di compenetrazione di aspetti micro e macro-economici, trova la sua massima applicazione nella figura dell’ «imprenditore innovatore»
Interessato agli aspetti dinamici (i cicli o le onde lunghe di Kondratieff)
http://en.wikipedia.org/wiki/Image:1schumpeter.jpghttp://en.wikipedia.org/wiki/Image:1schumpeter.jpg
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Schumpeter e l’innovazione
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Le innovazioni sono il fatto fondamentale del capitalismo: esse provocano cambiamenti che danno luogo alla “evoluzione economica”
L’innovazione è “l’introduzione di una nuova funzione di produzione” e si possono identificare 5 nuove combinazioni:
un nuovo prodotto
un nuovo processo produttivo
l’apertura di nuovi mercati
L’impiego di nuove materie prime
nuove forme di organizzazione
Tutte le innovazioni sono di norma incorporate in una “nuova impresa” fondata a questo scopo e sono legate a “uomini nuovi”
Le innovazioni non sono eventi isolati e distribuiti in modo uniforme nel tempo, ma tendono ad ammassarsi in “grappoli” [clusters]
Le innovazioni non sono mai distribuite casualmente in tutto il sistema economico ma tendono a concentrarsi in certi settori
Il progresso non è per sua natura lineare, ma tortuoso, discontinuo e caratterizzato da scosse simili a esplosioni
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Schumpeter e l’imprenditore
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L’imprenditore è il vero protagonista dello sviluppo economico che, scavalcando l’esperienza economica, riconosce e attua nuove possibilità
In cambio l’imprenditore ottiene il profitto che è il premio dell’innovazione nella società capitalistica, ambisce anche a:
the impulse to fight
The joy of creating
The dream
Il profitto è temporaneo: il vantaggio è limitato dalla capacità dell’I. di proteggere la sua innovazione; quando verrà imitata dalla concorrenza, il vantaggio svanirà
Alla fine del processo di imitazione-diffusione, l’innovazione non sarà più tale e il sistema si riavvierà sulla strada dell’equilibrio stazionario, finché una nuova innovazione (o grappolo) non riaprirà il ciclo
Nel capitalismo concorrenziale l’I. è identificato col capo della azienda, il più delle volte col proprietario (MARK I)
Nelle corporation l’identificazione è più difficile: l’I. spesso non corrisponde al capitalista ma al top-manager (MARK II)
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Dalla scuola neo-austriacaalla Entrepreneurial History
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La superiorità dell’economia di mercato rispetto a sistemi alternativi con la capacità di creare incentivi affinché gli agenti/imprenditori si impegnino a superare i vincoli produttivi esistenti (L. von Mises, F. von Hayek, I. Kirzner)
MARK CASSON (1982): l’imprenditore è «colui che si specializza nel prendere decisioni critiche e fondamentali (judgemental) riguardo al coordinamento di risorse scarse»
Le elaborazioni concettuali della entrepreneurial history e della business history, (RCEH 1948 - Harvard – Schumpeter) l’analisi delle esperienze imprenditoriali del passato ha
consentito di definire con maggior rigore i limiti e le caratteristiche della figura dell’imprenditore
Feedback fra teoria e storia (il concetto di path dependence (QWERTY)
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Una «nuova economia imprenditoriale»
Le nuove iniziative imprenditoriali che emergono con l’affermazione delle ICTs (gpt) danno origine a nuovi orientamenti teorici che rivalutano il ruolo dell’imprenditore (Audretsch e Thurik 2001)
Rivalutazione di Schumpeter e dell’idea dell’«imprenditore innovatore»
Is Entrepreneurship becoming mainstream? (Economist 2012)
I global heroes e i casi storici (l’importanza dell’analisi empirica)
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Verso una concezione dinamica dell’impresa
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Nella concezione standard l’impresa appare come una «scatola nera» al di là della sua funzione di produzione
l’impresa agisce in un mercato perfetto, in una struttura organizzativa che assicura la performance più elevata ed è fortemente caratterizzata a priori: compete con un alto numero di concorrenti
subisce il prezzo imposto dal mercato
agisce razionalmente (uguali criteri decisionali) disponendo di tutte le informazioni
In definitiva si adatta ad un ambiente “dato” e immodificabile.
A tale concezione si ispira anche il più consolidato filone dell’economia industriale, quello che ruota intorno al paradigma struttura – condotta – performance (struttura determina la strategia)
I comportamenti di una impresa così concepita non avrebbero necessità di essere indagati dalla storia d’impresa, in quanto ripetitivi e scontati
La storia, invece, diviene fondamentale di fronte a una concezione dinamico-strategica dell’impresa, ovvero una caratterizzazione spazio-temporale che individua: le capacità tecnologiche e organizzative di ciascuna impresa
ovvero il suo vantaggio competitivo e il suo evolversi
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Werner Sombart (1863-1941)
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Il sistema capitalistico si differenzia da quelli che lo hanno preceduto perché in esso si afferma lo spirito capitalista, quello di Faust: lo spirito dell’irrequietezza, dell’ansia che anima gli uomini
La forma economica del sistema economico capitalista è l’impresa: il suo scopo è il conseguimento del profitto
il mezzo per ottenere questo scopo è la stipulazione del contratto, per prestazione e controprestazioni espresse in denaro
Mutano nell’evoluzione del sistema capitalistico gli attori economici:
all’imprenditore tradizionale dell’epoca del capitalismo liberale si va sostituendo una organizzazione complessa caratterizzata da: distacco della funzione imprenditoriale dalla proprietà
progressiva specializzazione dell’attività produttiva
integrazione fra le attività produttive e quelle finanziarie
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A. BERLE e G.MEANS: The Modern Corporation and Private Property (1932)
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Importanza del contesto in cui l’opera viene concepita (rischi per l’”inquinamento” del mercato)
Ampiezza del controllo delle prime 200 società americane
Separazione fra proprietà e controllo
L’evoluzione del sistema economico e le istituzioni
La public company
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Ronald Coase
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Perché l’impresa esiste? È più efficiente del mercato perché internalizza alcuni costi
Perché se con l’organizzazione si possono eliminare taluni costi le transazioni di mercato continuano?
Perché l’intera produzione non viene effettuata da una sola grande impresa?
Per almeno tre motivi: al crescere della scala dell’impresa possono verificarsi
rendimenti decrescenti della funzione imprenditoriale
all’aumentare delle transazioni l’impresa non è più grado di realizzare l’ottimale allocazione delle risorse
perché l’impresa di piccole dimensioni può avere “altri” vantaggi” superiori a quelli di una grande impresa
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Edith T. Penrose
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Confini (coordinamento delle risorse à la Coase) e unicità dell’impresa
Importanza delle risorse umane (manageriali) di ciascuna impresa frutto dell’accumulo di competenze all’interno
dell’impresa che non possono essere acquisite sul mercato
La teoria della crescita dell’impresa è un’indagine sull’evolversi delle opportunità di produzione Rischi nel diversificare
Il core business
Una realtà dinamica: l’impresa «reattiva»
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Alfred D. Chandler
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Il «fondatore» della moderna business history
Focus sul big business
«motore» della crescita
l’organizzazione: la struttura come mezzo strategico
Le grandi imprese first mover e la Seconda Rivoluzione industriale
La continuità della leadership
Il triplice investimento
Produzione
Distribuzione
Organizzazione (da U-form a M-form)
Larga influenza su tutte le discipline manageriali
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Michael E. Porter
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Il comportamento strategico risiede non tanto nelle capacità dell’impresa di adattarsi all’ambiente esterno, quanto di intervenirvi e modificarlo
la sfida per il management è sviluppare una strategia competitiva in grado di valorizzare al meglio le risorse e le competenze dell’impresa in modo da assicurarle un vantaggio competitivo
Le 5 forze competitive sono:
minaccia di nuovi entranti che dipende dalle barriere all’entrata
potere contrattuale di fornitori
potere contrattuale degli acquirenti
minaccia dei prodotti e servizi sostituitivi che è presente se non si differenzia il prodotto
manovre di posizionamento dei concorrenti
La conoscenza di queste forze consente di mettere a punto una strategia, difensiva, d’attacco o a lungo termine e di determinare il “posizionamento competitivo dell’impresa”
Leadership: i) di costo; ii) differenziazione; iii) focalizzazione
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Oliver Williamson
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Approccio neo-istituzionalista
Analisi dei costi di transazione per la comprensione delle istituzioni del capitalismo. Si basano su due assunzioni: razionalità limitata in un contesto dominato dall’incertezza, che
riconosce i limiti della facoltà conoscitiva e si contrappone ad altri due livelli di razionalità: forte dell’economia neoclassica che prevede la
massimizzazione debole o organica dei moderni approcci evoluzionistici
opportunismo, cioè perseguimento con astuzia di finalità egoistiche ex-ante, ovvero la selezione sfavorevole intesa come diffusione
di informazioni selezionate o distorte (adverse selection) -assicurazione sulla vita
ex-post, ovvero il rischio morale inteso come promessa relativa alla condotta futura che non verrà rispettata (moralhazard) – assicurazione KASKO auto
Le transazioni richiedono strutture di governo specializzate
L’impresa come mezzo per ridurre i costi di transazione (internalizzare o esternalizzare?)
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La teoria evolutiva dell’impresa(R. Nelson e S. Winter, 1982)
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Esplicito ricorso alle scienze biologiche e focus sulle innovazioni (Schumpeter II) Impresa come luogo del mutamento tecnologico
Innovazioni che configurano l’impresa
Le routine Set di conoscenze (accumulate nel tempo) su cui
l’impresa basa la sua attività La R&S
Le attività delle imprese sono delimitate (esogenamente) dai «regimi tecnologici»
I due livelli di analisi (le imprese e il contesto)
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Teoria e storia d’impresa 1/2
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Il concetto di capabilities (potenzialità) dell’impresa come elemento cruciale
L’apprendimento è condizionato nel suo procedere da variabili differenti ed essenzialmente di carattere esogeno all’impresa il contesto di rischio e incertezza nel quale
l’impresa si trova ad operare la razionalità limitata che comunque ne condiziona
le scelte gli aspetti di path-dependence connaturati a
ciascun processo evolutivo: L’esito finale è influenzato in maniera
determinante da eventi anche molto remoti di tipo casuale e non sistemico (QWERTY)
Oltre il dualismo impresa/mercato come scenario delle transazioni (holding, gruppi, reti, distretti, etc.)
La rappresentazione dinamica dell’impresa
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Teoria e storia d’impresa 2/2
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Approcci teorici indispensabili per la storia
Produzione di modelli e fatti stilizzati che tuttavia non sempre trovano conferma
Chandler e la verifica empirica
La dicotomia gerarchie/mercati (Coase e Williamson) e le forme ibride (distretti, gruppi, etc.)
La separazione proprietà/controllo
La contestualizzazione
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Il contesto: i fattori socio-culturali
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Cultura (l’etica protestante di Weber)
Ideologia L’approvazione della società
La concezione dell’impresa Europa: persona, persone, etc.
USA: un bene, un insieme di assets
Famiglia La sindrome dei Buddenbrook
La differenze fa Corea e Taiwan (verticale vs orizzontale)
Il genere Il matrimonio come mezzo per ridurre i costi di
transazione
I sistemi legislativi
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Il contesto: l’istruzione
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La formazione di capitale umano e la crescita macroeconomica
Fenomeno riconosciuto dalla letteratura
Direzione di causalità
Il cambiamento tecnico e i diversi modelli di istruzione
Il passaggio fra Prima e Seconda rivoluzione industriale
Il declino britannico
L’ascesa di Germania e Stati Uniti
ICT
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Le istituzioni
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Le attività necessarie alla formazione di un efficiente mercato dei fattori anche attraverso i diritti di proprietà come incentivo alla crescita delle imprese
Perché l’Inghilterra fu prima?
Le regole del gioco La riduzione dei costi di transazione (Navigation
Acts)
I diritti di proprietà (Statute of Monopolies)
Il diritto societario
Il developmental State asiatico trade off tra crescita e diritti
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Tra cultura e istituzioni
Negli anni Novanta del XX secolo un gruppo di studiosi: La Porta, Lopez de-Silanes, Shleifer e Vishny (LLSV) hanno proposto un approccio chiamato «law and finance» che sostiene:
L’origine legale di un paese determina il suo successo
Common law con salvaguardia dei piccoli azionisti e sviluppo mercato azionario
Civil law vi sono troppo formalismi giuridici, impedisce sviluppo borsa, e mostra ampia presenza Stato
Questa letteratura è stata molto criticata anche dal punto di vista empirico ma si è comunque affermata
Non esiste relazione univoca tra origine legale e capacità di crescita
Esiste molta varietà tra i diversi paesi
LLS (2008) hanno parzialmente rivisto il loro modello
L’origine legale non si riferisce solo alle leggi, ma più in generale agli aspetti sociali del sistema economico (cultura e ideologie)
Non c’è un sistema superiore all’altro, ma: civil law è più adatto ai momenti di «disordine», common law a quelli di «calma»
Può esserci convergenza tra i diversi paesi© Michelangelo Vasta 2012
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Le istituzioni finanziarie 1/2
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le regole nello scambio di beni e servizi di pagamento e di credito
gli operatori che determinano i modi dello scambio
I sistemi finanziari svolgono cinque funzioni:
Facilitano le transazioni di pagamento
Raccolgono e indirizzano il risparmio
Elaborano sistemi di riduzione del rischio
Stabiliscono le condizioni del rapporto creditori-debitori
Acquisiscono/pubblicizzano informazioni sulle imprese finanziate
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Le istituzioni finanziarie 2/2
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Hanno lo scopo di risolvere i problemi d’informazione che possono impedire la raccolta e il trasferimento di capitali tra chi li detiene, gli investitori, e chi li usa, le imprese appunto
I mercati dei capitali sono diversi da quelli degli altri beni perché basati su una “promessa”
Relazione fra istituzioni finanziarie efficienti e crescita economica aggregata Maggiore capacità di gestire i rischi
Favorisce investimenti a lungo temine (innovazione)
Diritto societario (trasparenza bilanci)
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Modelli per il finanziamento d’impresa
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I sistemi finanziari si distinguono sulla base della prevalenzadel tipo di beni finanziari scambiati e della centralità deglioperatori nella definizione delle regole
Market oriented (UK e USA) Raccolta diretta sul mercato (borsa)
Azioni e obbligazioni
Il rating (Moody’s – Standard & Poor) ridurre le asimmetrie informative
Bank oriented (Europa e Giappone) La banca come fattore sostitutivo (Gerschenkron)
Istituti de-specializzati (banche miste o universali)
Il caso giapponese (Zaibatsu)
Se un sistema prevale non vuol dire che l’altra caratteristica sia assente, essa risulta complementare
Non esiste il sistema ottimale
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Sistemi basati sulle banche (Bank oriented)
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Vantaggi possibili:
basso livello di free rider
miglior controllo del debito delle imprese
miglior controllo dei manager
Svantaggi possibili:
Arbitrarietà nei comportamenti (possibili privilegiconcessi a certe imprese) e collusione
Scarso interesse verso progetti innovativi
Limitando il rischio agiscono troppo prudentemente in situazione di incertezza
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Sistemi basati sulla borsa (Market oriented)
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Vantaggi possibili: controllo pubblico sulla raccolta di risparmio da parte delle
imprese
incentivo alla concorrenza
selezione dei manager migliori
Svantaggi possibili: maggiore instabilità nel mercato dei prodotti finanziari
incentivi verso guadagni di tipo speculativo
Imprese più orientate verso logiche finanziarie che versologiche industriali
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Le legislazioni antitrust
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Il differente sviluppo della legislazione antitrust nei diversi stati è buon esempio di quanto il milieu socio-istituzionale possa influenzare il comportamento delle imprese
Germania (cartelli) vs. US (Sherman Act)
Il «capitalismo organizzato» rappresenta uno strumento per il consolidamento dell’economia interna e per la conquista dei mercati esteri
I paesi «ritardatari»
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La legislazione antitrust negli USA
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Risponde alle paure della concentrazione del potere economico nelle mani di pochi
Combatte gli effetti negativi del potere monopolistico
Fiducia nel mercato competitivo
Lo Sherman Act (1890) proibisce tutti gli accordi fra imprese che limitano il mercato
Il Clayton Act (1914) proibisce le fusioni anticompetitive e gli accordi esclusivi tra imprese
Viene creata la Federal Trade Commission (1914) una istituzione indipendente per giudicare I singoli casi
Il caso Standard Oil
lo smembramento del 1911 in 34 società
alcune (Exxon, Mobil, Chevron) diventeranno le grandi imprese petrolifere americane
La penetrazione delle imprese automobilistiche straniere in USA (1960)
Il caso Microsoft e la complessità della regolamentazione
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I cartelli in Germania
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Una caratteristica di lungo periodo del capitalismo cooperativo tedesco: “coordinare il mercato”
Obiettivi: Assicurare buoni profitti senza rischi di eccessiva competizione
Coordinare le dinamiche di mercato attraverso fissazione di quote e prezzi
Assicurare lo sviluppo del settore a livello nazionale
Capacità di espandersi sui mercati internazionali
Potevano essere accordi orali o anche patti ben definiti, ma non erano vietati
Secondo alcuni avevano l’effetto paradossale di garantire dall’eccessiva concentrazione
Vengono aboliti negli anni Sessanta, ma di fatto resistono ancora negli anni Novanta
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La trasparenza delle informazioni
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Il bilancio come strumento essenziale per «conoscere» l’impresa
Nei paesi occidentali la regolamentazione assunse connotazioni rigorose
Germania e Inghilterra (più rigide)
Francia e Italia (meno rigide)
Giappone (ritardatario, pratiche più rigide solo dopo la WWII)
Stati Uniti (la SEC)
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La tecnologia: teoria e storia
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La «scatola nera» e la sua apertura
Il «residuo»
Nuovi approcci teorici
New growth theory
Endogenizzazione
History matters?
Path dependence e il progresso tecnico
Learning by doing e learning by using
Schumpeter e l’approccio evoluzionista
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La tecnologia: fatti stilizzati
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il progresso tecnico è un processo evolutivo ed incerto (le innovazioni casuali: Aspartame, Post-it, Viagra), i cui risultati sono il prodotto dell’interazione di diversi «giocatori»
le imprese
le istituzioni di formazione e ricerca
lo stato
L’insieme di queste interazioni dà luogo ad un National Innovation System
Differenza fra conoscenza pubblica e capabilites specifiche
Il progresso tecnico è un processo cumulativo ma discontinuo «Paradigma», «Regime»
Innovazioni incrementali
il progresso tecnico è: irreversibile
caratterizzato da livelli diversi di appropriabilità
caratterizzato da conoscenze tacite non facilmente trasferibili
caratterizzato da path dependence
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L’incertezza del progresso tecnico
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Totale: ricerca di base, invenzioni
Molto alta: Innovazioni radicali di prodotto; Innovazioni radicali di processo fuori da imprese
Alta: Innovazioni di prodotto
Moderata: nuova generazione di un prodotto affermato
Bassa: Innovazioni su licenza; modifiche a prodotti o processi
Molto bassa: differenziazione di prodotto; nuovo modello; miglioramento tecnico
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Impresa, innovazione e R&S
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Nella prima fase di sviluppo di un nuovo «regime tecnologico» si ha un’elevata natalità di nuove imprese di piccole dimensioni
Esempi: industria automobilistica USA a cavallo del ‘900, industria dei semiconduttori degli anni ‘50 e ‘60, ICT anni ’90
In una seconda fase, quando gli aspetti della crescita cumulativa e della appropriabilità delle innovazioni connotano fortemente le traiettorie tecnologiche, si precisa una struttura oligopolistica in cui emergono poche grandi imprese
I primi laboratori di R&S delle imprese tedesche e USA all’inizio della II R.I. (chimica - i coloranti -, elettromeccanica)
Comparti distinti dalla produzione
Innovazioni di prodotto e di processo
La centralità per il big business
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General purpose technology (GPT)
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Avanzamenti tecnici fondamentali che mutano la vita delle famiglie e delle imprese
Secondo la gran parte delle interpretazioni sono 3 (vapore, elettricità, ICT), alcuni aggiungono il motore a scoppio
Secondo Bresnahan e Trajtenberg [1995] le GPT devono avere le seguenti caratteristiche: Pervasività (diffusione in molti settori)
Miglioramenti (con abbassamenti di costo)
Permettere ulteriori sviluppi (di prodotto e di processo)
Il Paradosso di Solow “I can see the computer age everywhere these days, except in the productivity statistics”
Si ritiene [P. David] che gli incrementi di produttività che le GPT determinino non siano immediati
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Le periodizzazioni della tecnologia
Rivoluzione Regime tecnologico
Prima
(1780-1870)
Macchina a vapore
I (1780-1830)L’età del cotone, del ferro e dell’energia idraulica
II (1830-1875)Età del vapore e delle ferrovie
Seconda
(1870-1970)
Elettricità
III (1875-1908)Età dell’acciaio e dell’elettricità
IV (1908-1970)Età del petrolio, dell’automobile e della produzione di massa
Terza
(1970-)
Microprocessore
V (1970-)Età dell’informazione, delle telecomunicazioni (ICT) e delle biotecnologie
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Caratteristiche dei cinque «regimi tecnologici» 1/2
Periodo
Origine
Mezzo di trasporto e comunicazioni
Settori coinvolti
Competenze Impresa
Capitali
I (1780-1830)
cotone, ferro, energia idraulica
Canali
Strade battute
tessile
Macchinari
deskilling Individuali e piccole (
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Caratteristiche dei cinque «regimi tecnologici» 2/2
Periodo
Origine
Vincolo tecnico pre-esistente
Nuove soluzioni tecniche
Imprenditori Economisti e filosofi
I (1780-1830)
cotone, ferro, energia idraulica
Limitazione della scala
Controllo dei processi
Meccanizzazione
Sistema di fabbrica
Arkwright
Wedgwood
Smith, Say
II (1830-1875)
vapore e ferrovie
Limitazione dell’energia idraulica per localizzazione e scala di produzione
Motore a vapore
Nuovo sistema di trasporti
Stephenson
Singer
Ricardo, Marx
III (1875-1908)
acciaio ed elettricità
Limiti nella qualità dell’acciaio
Prodotti intermedi non standardizzati
Standardizzazione Siemens
Edison
Marshall, Pareto, Weber
IV (1908-1970)
petrolio, auto e produzione di massa
Limiti delle produzioni in scala
Velocità dei trasporti
Diffusione prodotti di massa
Ford
Sloan
Keynes, Schumpeter
V (1970-)
ICT e biotecnologie
Diseconomie di scala
Scarsa flessibilità produttiva
Networking di design, produzione e marketing. JIT
Gates
Ohno
Aoki, Lucas
50
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-
Le traiettorie tecnologiche
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51
Sviluppo d
ella t
ecnolo
gia
Tempo
Innovazione radicale
Definizione del «regime tecnologico»
Sviluppo di innovazioni incrementali
Maturità
Innovazioneradicale
Traiettorie tecnologiche
..….…..….. …….
-
La legge di Moore
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52
-
Caratteristiche delle imprese per fasi
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53
1780-1840: Singolo imprenditore, piccola impresa, capitali locali
1840-1880: Prime imprese di grandi dimensioni, prime spa
1880-1930: Sviluppo di cartelli, trust, monopoli, capitale finanziario, middle management
1930-1990: Multinazionali, competizione oligopolistica, multi-impianti, FDI, subfornitura
1990- Imprese in rete, telematica, qualità, just in time
-
Il mutamento strutturale
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USA GB Germania Francia Italia Giappone
Agricoltura (agricoltura, foreste e pesca)
1820 70,0 37,6 - - - -
1870 50,0 22,7 49,5 49,2 61,8 70,1
1913 27,5 11,7 34,6 41,1 59,1 60,1
1950 12,9 5,1 22,2 28,3 44,3 48,3
1992 2,8 2,2 3,1 5,1 6,0 6,4
Industria (mineraria, manifatturiera, costruzioni, servizi pubblici)
1820 15,0 32,9 - - - -
1870 24,4 42,3 28,7 27,8 20,5 -
1913 29,7 44,1 41,1 32,3 23,6 17,5
1950 33,6 44,9 43,0 34,9 31,0 22,6
1992 23,3 26,2 37,8 28,1 33,0 34,6
Servizi e pubblica amministrazione
1820 15,0 29,5 - - - -
1870 25,6 35,0 21,8 23,0 17,7 -
1913 42,8 44,2 24,3 26,6 17,3 22,4
1950 53,5 50,0 34,8 36,8 24,7 29,1
1992 74,0 71,6 59,1 66,8 61,0 59,0
-
Forme proprietarie
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Singolo proprietario
Public company
Gruppo (holding)
Lo Stato imprenditore
Costellazioni di imprese
-
Il settore di una impresa
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Classificazione per tipo di prodotto
Classificazioni internazionali (SIC, ATECO)
Le imprese multi-prodotto
Le classificazioni nel tempo
Classificazione ad albero
Settori «moderni» e «tradizionali»
-
Settori produttivi
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A - Agricoltura, caccia e silvicoltura
B - Pesca, piscicoltura e servizi connessi
C - Estrazione di minerali
D - Attività manifatturiere
E - Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua
F - Costruzioni
G - Commercio all'ingrosso e al dettaglio
H - Alberghi e ristoranti
I - Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni
J - Intermediazione monetaria e finanziaria
K - Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali ed imprenditori
L - Pubblica amministrazione e difesa; assicurazione sociale obbligatoria
M - Istruzione
N - Sanità e altri servizi sociali
O - Altri servizi pubblici, sociali e personali
-
Industria manifatturiera (D)
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DA - Industria alimentare, bevande e tabacco
DB - Industria tessile e abbigliamento DC - Industria conciaria, pelle e cuoio DD - Industria del legno e dei prodotti in legno DE - Cartotecnica, stampa, editoriaDF - Industria petroliferaDG - Industria chimica
DH - Industria della gomma e materie plasticheDI - Industria dei minerali non metalliferiDJ - Industria metallurgica
DK - Industria meccanicaDL - Industria delle macchine elettriche e otticheDM - Industria dei mezzi di trasporto
DN - Altre industrie
-
La struttura ad albero
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Tutti i settori
produttivi
A B AltriC D
DA DB Altri DL Altri
30
31 – Fabbricazione di
macchine e apparecchi
elettronici n.c.a
32 33
Altri
31.1 – Fabbricazione
di motori, generatori e
trasformatori
31.2 Fabbricazione di
apparecchi per la
distribuzione
dell’elettricità
Altri
31.10.1 - Fabbricazione
di motori, generatori
e trasformatori
31.10.2 - Lavori di
impianto, riparazione
e manutenzione
di motori, etc.
-
Le imprese e la tecnologia
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La tassonomia di Pavitt (1984) è il principale strumento di analisi dei flussi tecnologici, attraverso il quale è stata costruita una classificazione dei settori in quattro gruppi, distinti sulla base della principale fonte di innovazioni per le imprese che vi operano
Dominati dai fornitori: sono i settori tradizionali e l’innovazione finalizzata soprattutto alla riduzione dei costi.
Piccola dimensione. Il cambiamento tecnologico dipende dunque da un flusso di conoscenze esterno in particolare dai fornitori di input intermedi, materiali e macchinario. Scarsa appropriabilità dei risultati della ricerca e modesto uso dei brevetti
Alta intensità di scala: sono i settori dei beni durevoli (siderurgia, automobile, ecc.). Grande dimensione.
L’innovazione è finalizzata alla riduzione dei costi e al miglioramento dei prodotti e dei processi. Le fonti sono sia esterne sia interne (R&S e vari processi di apprendimento)
Fornitori specializzati: sono i settori della meccanica strumentale e del macchinario industriale specializzato. Le
imprese sono piccole e specializzate. Le fonti sono sia interne (apprendimento per esperienza e R&S informale) sia esterne (interazione con gli utilizzatori). Grado di appropriabilità elevato per effetto del carattere “tacito” delle conoscenze
Science based Industria microelettronica e farmaceutica. Imprese di varia dimensione. La fonte
principale è la R&S interna e quella che deriva dai rapporti con università e centri di ricerca. Il grado di appropriabilità è elevato e frequente il ricorso alla copertura brevettuale
-
La dimensione
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Cause che determinano la varietà dimensionale:
Economie di scala (grande)
Specializzazione (piccola e media)
Integrazione processi produttivi (grande)
Strategie commerciali (> diversificazione offerta > dimensione GM versus Ford)
R&S
In quasi tutti i settori industriali coesistono imprese di dimensioni diverse
-
Distribuzione settoriale e tecnologia
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Inte
nsit
à di
R&
S
Strumenti
scientifici
Computer
Apparecchiature
mediche
Prodotti farmaceutici
Elettronica
Mezzi di
trasporto
Prodotti chimici
Macchinari
Metalli lavorati Gomma
Carta
Pietra, argilla e vetro Raffinazione del
petrolio
Intensità del capitale fisso
Mobili Tessili
Legname
Metalli primari Pellami
Abbigliamento
-
Come si misura la dimensione?
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Capitale
Attivo
Fatturato
Occupazione
Capitalizzazione
Quote di mercato
-
Perché il focus è sulla grande impresa?
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Perché le grandi imprese vivono più a lungo e, se muoiono, lasciano molte tracce
Perché ha a lungo prevalso il paradigma chandleriano del percorso verso la grande dimensione
Perché la Seconda Rivoluzione industriale «spinge» verso la grande dimensione
Perché si è diffuso il processo di americanizzazione ERP
Società di consulenza
Business school
-
L’alternativa alla grande impresa
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Il declino della leadership americana Vietnam
svalutazione del dollaro
crisi petrolifere e crisi del fordismo
L’approccio post-moderno (critica paradigmi e certezze universali)
Il cambiamento della teoria economica (dal macro al micro)
Il focus su altri modelli di impresa
-
Le alternative storiche alla grande impresa
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Produzione flessibile (Piore-Sabel; Sabel e Zeitlin; Scranton)
Distretto industriale (Becattini)
Area circoscritta
Stesso settore
Scomposizione del ciclo produttivo
Omogeneità culturale
-
Le forme d’impresa (governance)
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Impresa famigliare
Impresa manageriale
Impresa multinazionale
I gruppi di imprese Zaibatsu (Giappone)
Chaebol (Corea)
Altre forme (Sud America, Italia, etc.)
Forme flessibili di produzione Reti di imprese e distretti
Le cooperative
L’impresa pubblica
-
Specificità nazionali e fasi
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Stati Uniti e Germania : grande dimensione
Giappone: il peso dei gruppi
Italia: il nanismo
SRI e fordismo: crescita dimensionale
Dalle crisi petrolifere (1973 e 1980): generale contrazione dimensionale
-
L’impresa famigliare
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A lungo considerata:
Una fase transitoria (primo stadio) della vita di una impresa
In contrapposizione con l’impresa manageriale
Caratteristiche osservate Dimensione ridotta
Più dividendi che investimenti
Commistioni fra il patrimonio privato e quello della società
Autofinanziamento o debito bancario a breve
Riluttanza alla quotazione in borsa
Problema della successione (il talento imprenditoriale)
Una categoria con una identità?
Dall’artigiano alla Fiat
Difficoltà nel delinearne i confini
Vantaggi? Quando?
Incertezza del mercato
Scarsa efficienza e chiarezza del contesto normativo
In settori tradizionali con forme organizzative semplici
Perché riduce i costi di transazione
Presenza molto più diffusa di quanto si ritenesse
-
Impresa manageriale 1/2
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Quando si diffonde
Nel 1840-1850 in USA
Nella Seconda Rivoluzione Industriale in Europa (Germania)
Perché ha origine nel settore ferroviario
Complessità e varietà delle attività da gestire
Necessità di capitali
Perché negli USA
Disponibilità di risorse naturali
Scarsa popolazione
Sviluppo di tecnologie labour saving
Standardizzazione (American system of manufacturing)
Dove si diffonde
Nei settori a elevata intensità tecnologica (chimica, elettromeccanica, auto) che fanno ricorso al mercato dei capitali
Nei settori ad elevata crescita della domanda (alimentare, tabacco) con grande cash-flow
-
Impresa manageriale 2/2
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Quali sono le principali novità
l’entità di queste imprese richiese nuove strutture organizzative e nuove procedure di coordinamento
venne introdotta una organizzazione per funzioni (merci, passeggeri, comunicazioni, etc.), basata su gerarchie formali distinte per linee di autorità e deleghe di responsabilità
introduzione di tecniche sofisticate di contabilità
il marketing
Cosa comporta per l’impresa o il sistema delle imprese
Integrazione (verticale ed orizzontale)
Diversificazione tecnologica
Multi impianti
Capitali (banche, borsa)
Separazione fra proprietà e controllo
Cosa comporta sull’economia nazionale
Spillover per l’intero sistema (innovazione, capitale umano, modelli organizzativi
«motore» della crescita
-
Il peso della grande impresa(le prime 200/Pil)
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-
Peso addetti nell’industria manifatturiera per classi
dimensionali (1961-1990)
Paesi Anni 1-9 10-49 50-99 100-499 >500 Totale
1961 28,0 19,0 10,1 21,5 21,4 100,0
1981 23,5 26,0 10,0 21,0 19,5 100,0
1991 26,2 31,7 10,0 19,2 12,9 100,0
1962 6,4 13,8 8,3 22,9 48,6 100,0
1977 8,7 11,3 7,2 22,3 50,5 100,0
1990 14,5 16,4 8,9 22,0 38,3 100,0
1967 3,9 6,2 7,5 25,2 57,2 100,0
1977 3,9 6,9 7,7 23,5 58,0 100,0
1990 4,7 6,8 7,8 24,1 56,6 100,0
1968 8,0 31,6 49,5 100,0
1977 3,8 9,4 7,1 25,6 54,3 100,0
1990 5,8 14,0 9,3 30,0 40,9 100,0
1967 16,4 25,5 11,3 22,1 24,8 100,0
1975 19,1 25,5 11,1 21,2 23,1 100,0
1990 17,6 27,1 12,2 23,1 20,0 100,0
1967 2,5 11,4 9,4 31,1 45,5 100,0
1977 2,9 12,4 10,1 33,6 41,0 100,0
1987 3,7 14,7 11,1 34,5 36,0 100,0
Giappone
Stati Uniti
11,0
Italia
Francia
Germania
Regno Unito
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-
I first mover
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Le prime imprese ad aver effettuato il «triplice investimento» Produzione (economie di scala e/o di scopo) Distribuzione (rendere fluido il collegamento impresa/mercato) Management (organizzazione manageriale)
Le «barriere all’entrata»
Gli investimenti in tecnologia (R&S) e gli effetti sul sistema economico
Le strategie Integrazione orizzontale
Integrazione verticale
Diversificazione produttiva (correlata e non correlata)
Allargamento mercati (estero)
Le conglomerate Come diversificare
Diversificare è efficiente? Difficoltà di coordinamento Il core business
-
La distribuzione settoriale della
grande impresa (1913-1917)
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SottosezioneStati Uniti
(1917)
Regno Unito
(1917)
Germania
(1913)
Italia
(1913)
Alimentare, bevande e tabacco (DA) 17,5 32,0 13,5 14,0
Tessile e abbigliamento (DB) 4,5 13,0 8,0 32,0
Concia, pelle e cuoio (DC) 2,0 0,5 1,0 1,0
Legno e prodotti in legno (DD) 1,5 - 0,5 0,5
Carta, stampa, editoria (DE) 3,5 4,0 2,0 3,0
Industria petrolifera (DF) 11,0 1,5 2,5 0,5
Chimica (DG) 10,5 7,0 15,0 11,0
Gomma e materie plastiche (DH) 2,5 1,5 2,0 -
Minerali non metalliferi (DI) 2,5 1,0 3,5 4,5
Metallurgia (DJ) 21,0 20,5 27,0 10,5
Meccanica (DK) 8,5 3,5 12,5 5,0
Macchine elettriche e ottiche (DL) 2,5 3,0 4,5 3,0
Mezzi di trasporto (DM) 12,0 11,5 8,0 13,0
Altre industrie (DN) 0,5 1,0 - 2,0
Totale 100,0 100,0 100 100,0
-
La distribuzione settoriale della
grande impresa (1948-1953)76
SottosezioneStati Uniti
(1948)
Regno Unito
(1948)
Germania
(1953)Italia (1952)
Alimentare, bevande e tabacco (DA) 16,0 29,5 11,0 11,0
Tessile e abbigliamento (DB) 4,0 9,5 13,5 16,0
Concia, pelle e cuoio (DC) 1,0 - 1,0 0,5
Legno e prodotti in legno (DD) 1,0 0,5 - 0,5
Carta, stampa, editoria (DE) 4,0 6,5 1,5 3,5
Industria petrolifera (DF) 11,0 1,5 3,0 11,5
Chimica (DG) 12,0 9,0 12,5 14,0
Gomma e materie plastiche (DH) 2,5 1,0 2,5 1,5
Minerali non metalliferi (DI) 3,0 4,0 3,0 3,5
Metallurgia (DJ) 14,5 16,0 22,5 16,5
Meccanica (DK) 11,5 5,0 14,0 3,0
Macchine elettriche e ottiche (DL) 3,5 5,5 5,0 9,5
Mezzi di trasporto (DM) 14,5 10,5 9,0 8,5
Altre industrie (DN) 1,5 1,5 1,5 0,5
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0
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-
La distribuzione settoriale della
grande impresa (1971-1973)77
Sottosezione Usa Regno Unito Germania Italia
Alimentare, bevande e tabacco (DA) 12,5 18,5 15,0 8,0
Tessile e abbigliamento (DB) 1,5 5,0 2,0 5,0
Concia, pelle e cuoio (DC) - 1,5 0,5 -
Legno e prodotti in legno (DD) 2,0 1,0 - -
Carta, stampa, editoria (DE) 5,0 7,0 4,0 6,5
Industria petrolifera (DF) 11,0 4,0 4,0 13,5
Chimica (DG) 16,0 12,0 16,0 14,0
Gomma e materie plastiche (DH) 2,5 3,0 1,5 1,5
Minerali non metalliferi (DI) 3,5 8,0 7,5 6,5
Metallurgia (DJ) 12,0 10,5 16,5 15,0
Meccanica (DK) 8,0 13,0 14,5 9,0
Macchine elettriche e ottiche (DL) 6,5 7,0 10,5 13,0
Mezzi di trasporto (DM) 9,5 8,0 7,0 6,5
Altre industrie (DN) 0,5 0,5 0,5 0,5
Conglomerate 9,5 1,0 0,5 1,0
Totale 100 100 100 100
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-
Distribuzione per Paese delle prime 200 imprese industriali nel mondo per paese
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1962 1971 1981 1991 2001Britain 20 16 16 13 9Netherlands 3 3 6 3 4France 9 13 13,25 14 15Germany 20 17 19 20 14Italy 5 4,5 4,25 5 3Sweden 2 2 2 5 4Switzerland 2 4 3 5 4Other Europe 2 2 6 9 9EUROPE 63 61,5 69,5 74 62Japan 8 16 26 45 38China 2India 1 1 1South Korea 3 6 4Other Asia 2 1 3ASIA 8 16 32 53 48USA 124 119,5 88,75 64 80Canada 4 1 3,75 3 6Other America 1 1 4 3 3AMERICA 129 121,5 96,5 70 89Australia 1 1 2 1Africa 1 1TOTAL 200 200 200 200 200
-
La performance delle imprese
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Estrema varietà del significato che muta a seconda degli approcci teorici o delle diverse discipline
La massimizzazione del profitto (teoria standard) ROI (Return on investment)
ROE (Return on Equity)
ROS (Return on Sales)
Capitalizzazione di borsa
Q di Tobin
Influenzato da condizioni esogene (teorie manageriali) Quote di mercato o produttività
Minimizzare i costi di transazione (istituzionalismo) Struttura organizzativa adeguata
Sopravvivere (Evoluzionisti) Resistere al processo di selezione naturale (longevità)
Circoli virtuosi per la società (Etica o politiche sociali) Ridurre l’impatto ambientale
Creare lavoro
-
La performance reddituale della grande impresa
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Non ci sono informazioni dettagliate al riguardo
Difficoltà di disporre di serie omogenee fra paesi
Difficoltà nel ricostruire indici standard
I bilanci sono affidabili?
Alcune evidenze:
Le imprese europee non avevano performance molto diverse da quelle americane
In Italia le grandi imprese sembrano essere più profittevoli
-
Le ipotesi chandleriane
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(Scale and scope): confronta la dinamica delle 200 maggiori imprese di Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna nel corso del XX secolo
la grande impresa industriale moderna emerge con la SRI e domina il Novecento nei settori ad alta intensità di capitali
Ne consegue una continuità (permanenza) fra le imprese del vertice, anche con diversificazioni e cambiamenti settoriali (IBM)
Il «triplice investimento» (Produzione, Distribuzione, Organizzazione)
supremazia delle imprese statunitensi e tedesche su quelle britanniche
-
La critica alle ipotesi chandleriane
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La «foresta» e le sequoie
Il ruolo dei servizi
Le grandi imprese inglesi non sono meno dinamiche
La turbolenza come tratto dominante USA (Louçã e Mendonça) 28 su 200
Italia (Vasta) 8 su 200
effetto determinante del cambiamento tecnologico che genera nuove opportunità
In Italia: scarsa capacità di consolidamento delle imprese di grande dimensione
-
Le imprese multinazionali (trasnazionali)
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L’espansione verso aree geograficamente lontane, tramite investimenti diretti in unità produttive all’estero, consente all’azienda di sfruttare il vantaggio competitivo offerto dalle sue capabilities
Le definizioni Impresa che compie Foreign Direct Investement
(FDI)
Impresa che controlla impianti in più paesi
Le motivazioni Abbattere il costo di tariffe doganali
Abbattere il costo del lavoro
Prevenire la concorrenza
Differenziare il prodotto in risposta ad esigenze locali
-
Distribuzione FDI per paese 1914
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-
Le multinazionali sino alla seconda guerra mondiale
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Paesi riceventi (1914) America Latina (33%); Asia (22%) USA (10%);
Europa Orientale (10%)
Settori riceventi (1914) Risorse naturali (55%); Servizi (30%); Industria
(15%)
Il modello americano e quello europeo Le free standing companies
Operano all’estero ma senza domestic business
Il peso determinante delle multinazionali petrolifere
La «chiusura» degli anni Trenta e la guerra
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Le multinazionali dopo la seconda guerra mondiale
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La Golden age e la grande ripresa Crescita di 5 volte fra 1950 e 1980
Il forte peso degli USA (40%) nel 1980
Una buona parte dei FDI viene attratto dalle aree sviluppate
Dopo il 1980 la crescita accelera e la distribuzione muta Aumenta l’attrazione di Europa, USA e Asia (Cina)
-
I gruppi di imprese
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I gruppi: un residuo della crescita o una strategiaoriginale?
Due visioni:
una strategia dei paesi arretrati per ovviare alle imperfezionidei mercati (in assenza di strumenti che assicurano il controllocon poca o senza proprietà)
una strategia originale di ricerca di forme di efficienzaorganizzativa
-
I gruppi e i comportamenti delle imprese
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L’organizzazione delle grandi imprese in gruppi e i legami intergruppo influenzano comportamenti e strutture limitando la contendibilità dei diritti di controllo e la concorrenza sul mercato dei prodotti
I legami inter- e infra- settoriali (partecipazioni incrociate, patti parasociali) possono dare luogo a: comportamenti collusivi che riducono l’efficienza dinamica
delle imprese
ma anche a comportamenti cooperativi che accrescono gli investimenti
-
Lo zaibatsu giapponese
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Gruppo di imprese diversificato, di proprietà di un’unica famiglia che ne detiene il controllo, presenza di una house bank
Prima della II guerra mondiale esistono tre tipi di zaibatsu:
Le posizioni strategiche toccano a membri delle famiglie (Yasuda, Asano)
La gestione è affidata a manager stipendiati (Mitsui e Sumitomo) anche se le decisioni finali sulle politiche dell’impresa spettano alle famiglie
Famiglie e manager cooperano (Mitsubishi)
Dopo la seconda guerra mondiale gli zaibatsu vengono smantellati, ma negli anni Cinquanta si formarono i keiretsu
Differenze perché non necessariamente controllati dalle famiglie
Maggiore democrazia gestionale
Similitudine perché organizzati a piramide con una imprese guida
Collaborazione fra imprese con scambio di tecnologie e forza lavoro (obiettivo del singolo lavoratore di «avvicinarsi» al centro dello keiretsu)
Possibilità di sviluppare sistemi innovativi di organizzazione e produzione
-
Il chaebol coreano
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Gruppo diversificato di imprese controllato da famiglie proprietarie (simile allo zaibatsu giapponese)
Sistema bancario statale che finanzia e orienta le strategie dei chaebol con sussidi, credito agevolato e protezione da importazioni e investimenti stranieri
Quando la performance di un’impresa sovvenzionata è insufficiente, essa smette di ricevere aiuti
I chaebol non possono possedere banche
Nel 1988 i principali 4 chaboel (Hyundai, Samsung, Daewoo, Lucky Goldstar) assommano il 50% del PNL coreano
-
Forme flessibili di produzione
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Due modelli: le piccole imprese sono proprie delle fasi iniziali dei nuovi
regimi tecnologici (quindi temporanee)
le piccole imprese dipendono da nicchie di mercato otecnologiche che ne garantiscono la continuità
Le spiegazioni alternative: Le capacità sociali dei sistemi locali di produzione di
combinare in modo flessibile la produzione [Sabel eZeitlin]
Il ciclo della domanda: nella fase espansiva la piccolaimpresa cresce per soddisfare la domanda; laconcentrazione industriale segue nella fasi distagnazione
Le opportunità tecnologiche: le grandi sviluppano letecnologie; le piccole la varietà dei beni intermedi
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I «distretti industriali»: caratteristiche
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Aree territoriali caratterizzate da: Elevata specializzazione manifatturiera
Specializzazione in un comparto produttivo
Presenza dominante di piccole e medie imprese
Il NEC (Nord Est-Centro) o «Terza Italia»
i sistemi locali (Bagnasco) o i distretti industriali(Becattini) intendono la piccola impresa come istituzioneintegrata con il territorio, la struttura sociale e lespecifiche culture civiche
la «specializzazione flessibile» e i settori del made inItaly
Propensione all’esportazione
Verso una gerarchizzazione dei «distretti»? Il «quarto capitalismo»
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I «distretti industriali»:vantaggi e limiti
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I vantaggi competitivi un’alta flessibilità della produzione in presenza delle
variazioni della domanda
i ridotti costi delle transazioni informali, vantaggiderivanti dalla imprenditorialità diffusa
l’elevata coesione sociale assicurata dalle istituzionie dalle comunità locali (enti, partiti, sindacati)
Il limite il dinamismo tecnologico dipende dalle forme di
conoscenza tecnologica tacita, complessa esistemica e non è legato agli avanzamenti dellafrontiera tecnologica
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Il «quarto capitalismo»
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deriva dalla ricomposizione e gerarchizzazione delle imprese minori e dei sistemi locali/distretti [Turani; Colli]
si basa sulla formazione di gruppi strategici in genere a controllo famigliare
la specializzazione settoriale ricalca quella dei distretti
ha una forte proiezione internazionale: le «multinazionali tascabili»
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Le imprese cooperative
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Associazioni autogestite e volontarie di individui che condividono valori la partecipazione dei lavoratori alla gestione e alla proprietà
Hanno origine dai principi solidaristici (socialismo utopistico) che si affermano a partire dalla metà dell’Ottocento Prevalgono le cooperative di consumo (Inghilterra)
Le cooperative hanno un forte radicamento territoriale
Modelli di cooperazione Francia: produzione (edilizia)
Germania: credito
Scandinavia e USA: agricoltura
In Italia sono presenti soprattutto nei settori dei consumi e deiservizi (grande distribuzione e servizi alla persona), meno nellaproduzione
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Strategia e struttura
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Strategia: la determinazione delle mete fondamentali e degli obiettivi di lungo periodo, ovvero la pianificazione e lo sviluppo dell’impresa
Struttura: la progettazione, la costruzione e l’amministrazione dell’organizzazione finalizzata a mettere in atto con successo la strategia
Il rapporto tra strategia e struttura si comprende analizzando la struttura organizzativa dell’impresa
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Le forme organizzative della grande impresa
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Impresa mono-impianto gestita dal proprietario-manager
U-form (multifunzionale) struttura centralizzata funzionale (finanza, acquisti,personale, legale, impianti, vendite).
M-form (multidivisionale) struttura multifunzionale organizzata Linea di prodotto
Area geografica
M-form in forma di holding
Il problema della U-form era che i manager di medio livello si identificavano diinteressi funzionali e i manager di alto livello dovevano seguire la competizionefra dipartimenti
La U-form era adatta sino a quando le imprese concetrarono i propri sforzi inattività omogenee (acciaio, petrolio)
Con la M-form, invece, ciascuna divisione viene gestita autonomamente
negli Stati Uniti la Du Pont creò 5 divisioni autonome per ciascuna linea diprodotto; la GM una per accessori, camion e una per ciascuno dei 5 marchi(Chevrolet, Cadillac, Buick, Oldsmobile, Oakland)
In Europa la diffusione della M-form fu lenta e sostanzialmente dovuta allesocietà consulenziali americane (McKinsey, Booz Allen, etc.)
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Impresa monofunzionale98
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Proprietario - direttore
Tesoriere Capo del personale Acquisti e vendite
Capo officina Capo officina Capo officina
Impianto, officina
per ciascun processo
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La U-form (multifunzionale)99
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La M-form (multidivisionale) 1/2
Consiglio direttivo
Comitato esecutivo
Staff
(finanza; legale)
Staff(personale; servizi;
etc.)
Etc.Divisione/regione Divisione/regioneDivisione/regione
Acquisti
Personale tecnico
Produzione Vendite Etc.
Ufficio acquisti Ufficio acquisti Fabbrica Fabbrica Punto vendita Punto vendita
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100
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La M-form (multidivisionale) 2/2
Ufficio centrale
Beni di consumo Divisione F
Gruppo 1 Gruppo 2
Divisione A
Divisione C
Divisione B
Divisione D
Divisione E
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Vantaggi e svantaggi della struttura multidivisionale (M-form)
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Vantaggi Migliore possibilità di accedere alle informazioni
Migliore possibilità di dare incentivi ai manager
Migliore capacità di svolgere attività in settori diversi
Decisioni prese al livello più basso della scala gerarchica
Svantaggi Individuazione dei criteri (geografici, tecnologici,
prodotti) nella scelta delle divisioni
Dimensione delle divisioni
Scelta di quali ambiti vanno pianificati dal centro
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La H-form 1/2
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rappresenta un gruppo di imprese controllate da una società capogruppo attraverso partecipazioni azionarie
è connotata da un forte decentramento strategico ed operativo
l’intensità dei legami tra le imprese, e tra le imprese e la capogruppo, dipende dall’intensità delle partecipazioni incrociate
viene liquidata dalla scuola americana come un retaggio del passato
La M-form viene ritenuta superiore:
per la sua visione strategica complessiva
per la chiara struttura proprietaria delle sue divisioni
per la razionale combinazione delle sue unità operative
per la netta separazione tra strategia ed attività operativa
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La H-form 2/2
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La holding è a lungo rimasta la forma preferita di organizzazione delle grandi imprese europee. A fine 900 circa ¼ manteneva questa struttura
le varie forme assunte dai gruppi di imprese extraeuropei - dai keiretsugiapponesi ai grupos sudamericani – possono essere viste come declinazioni della H-form
Come si spiega allora il successo di un’organizzazione (apparentemente) così poco efficiente?
Con fattori esogeni all’impresa, cioè alla storia e al contesto istituzionale delle singole realtà nazionali:
negli USA stessi non solo l’efficienza è stata la causa della crescita della grande impresa, ma anche fattori quali l’evoluzione della legislazione, le connessioni politiche, l’emergere delle business school
al di fuori degli USA l’importanza che hanno assunto i gruppi di imprese è il fattore che, pur nel rispetto delle specificità territoriali, spiega la larga diffusione della H-form
In Europa, soprattutto in Francia e Italia, il big business è risultato a lungo dominato da un sistema di piramidi societarie e scatole cinesi che ha consentito all’azionista di riferimento di controllare l’intera catena delle imprese del gruppo con un impegno finanziario ridotto, concentrato nella holding di famiglia al vertice della piramide, e riducendo il rischio di take-over ostili
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Esempio dell’articolazione di una «piramide» (il gruppo IRI)
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30%
?
IRI
Finanziaria
capogruppo
X1
CapogruppoFinanziaria
capogruppo
X2 X3 X4
Y1 Y2 Y3
50,1% 77,3%
100%
60% 60% 90% 100%
80%
40%
25% 20%
Z1 Z2 Z3
??
Quota di X2 controllata dal
gruppo IRI = 70,06%
40% + 60% * 50,1%
Diretta Indiretta
Quota di X4
controllata
dal gruppo
IRI
= 100%
-
Esempio di controllo «piramidale» (il gruppo IRI)
IRI
Capogruppo
X1
51%
51%
Y1
Z1
51%
51%
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Ip) capitale di Z1 = 100
In presenza di una struttura «piramidale» l’impegno finanziario dell’IRI per controllare Z1 è pari a 6,8.
Infatti, IRI controlla:
- attraverso il 51% della società capogruppo, il 26% di X1 (51%*51%);
- attraverso il 26% di X1 controlla il 13,3% di Y1 (51%*26%);
- attraverso il 13,3% di Y1 il 6,8% di Z1 (51%*13,3%).
In assenza di una struttura «piramidale» per avere il controllo di Z1 avrebbe dovuto detenere una quota di partecipazione pari al 51% del capitale di Z1, sostenendo quindi un esborso finanziario pari a 51 (51% di 100, capitale di Z1)
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Verso nuove forme di impresa
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La Matrix-form E’ riconducibile alla M-form ma presenta linee di
comunicazione orizzonatali e non soltanto gerarchiche
Presenza di project team manager che possono portare avanti singoli progetti utilizzando competenze da diverse divisioni
Caratterizza i settori hi-tech (origini Matsushita 1950)
Rischio di conflitti per forza lavoro coinvolta in due attività (quale priorità?)
La N-form Struttura multidivisionale a rete piatta e flessibile
Dimensione circolare
Una sorta di federazione di imprese «garantita» dalle ICT
-
La Matrix-form
Consiglio direttivo
Comitato esecutivo
Staff
(finanza; legale)
Staff(personale; servizi;
etc.)
Etc.Divisione/regione Divisione/regioneDivisione/regione
Acquisti
Personale tecnico
Produzione Vendite Etc.
Ufficio acquisti Ufficio acquisti Fabbrica Fabbrica Punto vendita Punto vendita
Project manager 1
Project manager 2
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La N-form
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Top management
Grafica
Acquisti
Soluzioni tecniche
ContabilitàMarketing
Design 3D
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La responsabilità sociale dell’impresa
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Il Libro verde dell’UE [2001] la definisce come «l’integrazione volontaria delle problematiche sociali ed ecologiche nelle operazioni commerciali e nei rapporti delle imprese con le parti interessate».
Ciò significa che l’azione esterna dell’impresa non si esaurisce nei suoi rapporti col mercato, ma che essa è al centro degli interessi di una molteplicità di stakeholders:
soci/azionisti
risorse umane
clienti
fornitori
partner finanziari
stato
enti locali, pubblica amministrazione
comunità ed ambiente
L’impresa «socialmente responsabile» è quella che rispetta certi parametri relativi a questi soggetti
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Organizzazione del lavoro e «regimi tecnologici»
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i mutamenti della struttura gestionale dell’impresa non sono separabili dalle trasformazioni dell’organizzazione delle forze che vi lavorano
Vapore: l’organizzazione del lavoro nell’impresa vittoriana
Elettricità: il taylorismo e la produzione fordista
ICT: il modello giapponese della produzione snella
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L’impresa vittoriana
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La fabbrica diviene simbolo di social breakdown, che sradica il lavoratore dalla campagne
Engels (1845) descrive una mano d’opera dequalificata, che lavora in condizioni pessime e subordinata alle macchine
Dibattito ancora in corso (la curva di Kuznets è ancora valida?)
La resistenza delle corporazioni alla diffusione del sistema di fabbrica
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Il taylorismo
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Generale tendenza alla razionalizzazione della produzione industriale durante la SRI
Assembly line Mantenere ogni cosa in movimento
Deskilling (anche per la crescita dell’offerta con l’arrivo di forza lavoro dall’Europa)
La mass production
Taylor Uso sistematico delle macchine
Standardizzazione della produzione
Raccolta e codificazione di tutte le conoscenze tacite, fino ad allora esclusivo patrimonio dei lavoratori
Selezione scientifica dei lavoratori con classificazione di caratteristiche e rendimento
Divisione nello stabilimento fra operai e direzione
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La produzione fordista
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Si basa su 4 principi
taylorismo
completa intercambiabilità dei pezzi
Jig system (sistema di apparecchiature ausiliarie del lavoro)
collegamento in sequenza delle operazioni di lavorazione e di montaggio (standardized and synchronized system)
Il sistema diede da subito risultati eccezionali, tagliando enormemente i tempi di produzione:
nel 1925 un modello T entrava sul mercato ogni 25 sec.
il costo unitario scese dai 950 $ del 1908 ai 290 del 1927
La produzione di massa implica anche un mercato di massa
nel 1914 il salario minimo venne portato a 5 $ per la giornata di 8 ore (prima mediamente era di 2,4 $ per nove ore)
Il fordismo negli anni ‘20 si allarga a tutta la produzione automobilistica
In USA nel 1929 la G.M. aveva scalzato il primato della Ford
Più lentamente penetra anche in quella europea (Renault, Citroen, Opel)
in Italia al Lingotto al Fiat cerca di sperimentare le nuove metodologie ma solo con Mirafiori dopo la 2° Guerra mondiale si afferma la produzione di linea
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Limiti e crisi del fordismo
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la grande fabbrica basata sulla linea era vulnerabile, il blocco in un punto della catena fermava tutta la produzione (scioperi a scacchiera)
la parabola del sindacato è in massima parte legata proprio alla parabola della produzione di massa: il contratto collettivo a livello di settore è l’obiettivo principale
iniziative di concertazione collettiva per impedire la conflittualità: big business, big labor, big government si siedono al tavolo come ai tempi del New Deal per attuare politiche neocorporative
Le crisi petrolifere degli anni Settanta e la crisi del modello
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Il modello giapponese della produzione snella 1/2
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Si afferma nell’industria automobilistica
Si basa sul “pensare all’inverso” cioè ridefinire il flusso produttivo non più da monte a valle, dalla produzione al montaggio finale, ma da valle a monte, muovendo dalla richiesta del mercato, quindi
fabbrica snella (lean production): riassetto del ciclo del prodotto, riduzione (o eliminazione) delle scorte
Riduzione degli sprechi, realizzabile con due modalità. just in time: ciascun componente arriva alla linea nel preciso
momento in cui ce n’è bisogno e nella quantità necessaria
controllo di qualità e possibilità per il lavoratore di intervenire rapidamente sulle anomalie della linea e di eliminarle
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Il modello giapponese della produzione snella 2/2
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Il sistema venne sperimentato dall’Ingegner Ohno alla Toyota che da fabbrica poco significativa arriva a leader mondiale
Il sistema viene, già dagli anni ‘80 è, stato imitato e adattato dalle case automobilistiche dei paesi occidentali:
Recupero di margini di discrezionalità operaia e di autonomia operativa, dominio della tecnologia, scarsa differenziazione fra attività produttive e attività d’ufficio
fabbrica integrata come un “tubo di cristallo” dimensioni più ridotte
forza lavoro tecnicamente preparata
capacità di interazione con gruppo di lavoro e impianti
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La contabilità
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Il bilancio di un’impresa ne rappresenta il principale strumento di conoscenza interna perché fornisce alla proprietà, al management ed ai consulenti una rappresentazione
della sua situazione patrimoniale e della sua capacità di reddito
esterna perché le stesse informazioni vengono poste a disposizione del pubblico e, in particolare, dei suoi potenziali investitori
Serve per l’analisi storica?
L’evoluzione
Italia prerinascimentale
Tuttavia fino alla 2° R.I. la buona contabilità fu soprattutto un’«arte» e non una «scienza»
In UK qualche miglioramento si ebbe soltanto a metà ‘800, a seguito dello sviluppo delle società ferroviarie: con i loro elevati immobilizzi e l’ampia diffusione dell’azionariato
Con la 2° R.I. in Germania e USA si sviluppò la moderna contabilità legando
l’accountancy, che si occupava delle scritture contabili, dei bilanci e delle relative valutazioni;
il management, o scienza dell’organizzazione e della gestione
I tecnici e gli ingegneri e le tecniche di bilancio complesse:
ricostruzione dei costi
standardizzazione delle valutazioni
concetto di break even
standard ratios
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L’analisi scientifica del bilancio
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Negli USA si diffonde già a partire dall’inizio del ‘900 In una prima fase mancava ancora una struttura teorica per la
formulazione di ipotesi sul comportamento delle imprese e la verifica sulla base dell’evidenza empirica
Ratio analysis: ricerca criteri rigorosi per l’analisi di bilancio
La capacità di trarre dall’analisi dei conti un giudizio sulla solidità finanziaria di una impresa divenne un caposaldo della politica creditizia degli intermediari finanziari
In Europa questi concetti si diffusero lentamente L’ERP e la diffusione della contabilità americana
In Italia difficoltà della diffusione sono accentuate dalla struttura dimensionale e dalla legislazione
Il ruolo dei gruppi pubblici
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L’impresa pubblica 1/2
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Cos’è Molteplicità di attività gestite dallo Stato, talvolta anche
congiuntamente con capitali privati Imprese possedute direttamente
Imprese gestite a livello locale
Dove e quando inizia la sua diffusione Dopo la I GM in molti paesi europei come risposta a
“fallimenti del mercato”
Si diffonde sia in paesi socialisti, sia in paesi capitalistici
La gestione di attività strategiche (servizi pubblici, settori industriali poco sviluppati)
Spesso nasce non seguendo un piano preordinato, ma in risposta a situazioni contingenti
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L’impresa pubblica 2/2
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Perché nasce e si sviluppa Motivi ideologici
politiche di collettivizzazione dei paesi socialisti programmi di nazionalizzazione dei paesi
capitalistici Programmi autarchici
Motivi sociali Garantire l’occupazione Garantire buone relazioni industriali
Motivazioni economiche «Monopoli naturali» Infant industry I salvataggi
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Categorie di settori in cui è più presente l’impresa pubblica
© Michelangelo Vasta 2012
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Servizi pubblici (elettricità, gas, acqua, poste, ferrovie, aviazione civile, comunicazioni)
Industria di base (miniere, siderurgia, petrolio)
Sistema finanziario (banche e assicurazioni)
Istruzione e salute
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Le origini storiche
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Verso la fine dell’Ottocento, nonostante la sporadicità della presenza dell’impresa pubblica, muta la concezione dello Stato e anche del suo ruolo all’interno dell’economia
Si sviluppa un atteggiamento favorevole soprattutto nei paesi second comers
In alcuni paesi (Germania e Italia) dava la spinta anche per l’unificazione politica e economica
Si sviluppano due modelli
«continentale»: coinvolgimento diretto anche nella produzione. Stato imprenditore
«americano»: regolamentazione dei mercati. Stato regolatore
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Stato: «imprenditore» versus «regolatore»
© Michelangelo Vasta 2012
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«Imprenditore» La burocrazia efficiente francese
Socialismo scientifico
La scuola keynesiana
«Regolatore» Le agenzie federali
Il controllo del mercato (SEC, antitrust, etc.)
Il New deal
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Le privatizzazioni
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Motivazioni Politiche, ideologiche, teoriche (centralità
dell’impresa privata)
Economiche (government failure)
Finanza pubblica (ridurre il debito)
Modalità Offerta pubblica di vendita (OPV), in alcuni paesi
anche cessione con trattativa privata
Prezzo sotto quello di mercato
Mantenimento di una Golden share
Istituzione di meccanismi di regolazione
Successi o insuccessi (micro e macro)
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Andamento delle privatizzazioni in Europa
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Privatizzazioni per paese europeo (1977-2003)
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Gli effetti delle privatizzazioni
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La soluzione di tutti i problemi dei sistemi economici?
maggior efficienza e miglior performance economica delle impreseprivatizzate (dato controverso)
ci sono non trascurabili eccezioni (servizi)
Talvolta l’aumento della performance è precedente al cambio di proprietà
che significato si dà al termine performance
Come calcolare l’impatto sull’ambiente e l’occupazione?
Le privatizzazioni dei paesi in via di sviluppo
Europa dell’Est: dopo l’iniziale ottimismo - l’opinione pubblica ora risultamolto insoddisfatta
America Latina: crescente sfiducia e disaffezione della popolazione nellepolitiche di denazionalizzatone delle imprese
A. Heertje: la storia è sempre stata caratterizzata dall’alternanza difasi di estrema presenza dello stato nell’economia e da reazioni nelladirezione opposta, anche se, ovviamente, la natura di tale presenza èandata cambiando nel tempo.
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Fine della prima parte
BUONA PROVA INTERMEDIA…
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