strumentazione biomedica

110
705 INTRODUZIONE Il notevole sviluppo tecnologico degli ultimi decenni ha avuto come conse- guenza nelle scienze medico-biologiche la necessità sia di un continuo aggiorna- mento da parte del medico e del biologo sulle innovazioni strumentali, sia di in- trodurre nei corsi di base di Fisica anche un minimo di nozioni concernenti la strumentazione in uso. Abbiamo già visto la descrizione di numerose apparecchiature nei vari capitoli (un elenco completo è riportato alla fine di questo capitolo). Ci occuperemo qui delle basi fisiche relative al funzionamento di altri importanti dispositivi in uso nella pratica biomedica, in particolare di quelli suscettibili di ulteriori sviluppi. Di conseguenza, i paragrafi che seguono sono indipendenti l’uno dall’altro e con- tengono numerosi richiami alle nozioni di Fisica svolte nel testo. Alla fine della trattazione di ciascuna strumentazione sono presentati uno o più esempi, mentre alla fine del capitolo sono riportati alcuni problemi. LA SICUREZZA NEGLI IMPIANTI ELETTRICI La stragrande maggioranza delle apparecchiature utilizzate in Medicina e in Biologia è alimentata da corrente elettrica. Dato che il corpo umano è un condut- tore di corrente elettrica, essendo, come noto, sostanzialmente costituito da solu- zioni elettrolitiche, l’uso di tali apparecchiature può comportare stimoli elettrici dalle conseguenze anche letali, se non si osservano opportune precauzioni. Infatti, secondo le statistiche riportate dall’ISTAT, in Italia si ha una media annuale di circa 280 incidenti mortali dovuti a elettrocuzione. Per questo motivo, prima di trattare della strumentazione, è opportuno descri- vere i principali aspetti concernenti la sicurezza nell’uso di impianti elettrici, fa- cendo riferimento alle nozioni di Elettricità ed Elettromagnetismo svolte nei Ca- pitoli 17 e 20 e alla descrizione dei potenziali bioelettrici sviluppata alla fine del Capitolo 19. 28.2a Le correnti elettriche nel corpo umano Abbiamo già visto che dall’encefalo, a livello delle cellule dell’area motoria, si propagano gli impulsi nervosi diretti ai motoneuroni. In particolare, il potenziale d’azione che si propaga lungo l’assone motore fino alla terminazione presinaptica, determina l’apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti e un aumento della concentrazione di ioni calcio, favorendo l’adesione delle vescicole terminali con- 28.1 28.2 capitolo 28 28 Strumentazione biomedica

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Biomedical instrumentation

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Page 1: Strumentazione Biomedica

705

INTRODUZIONE

Il notevole sviluppo tecnologico degli ultimi decenni ha avuto come conse-guenza nelle scienze medico-biologiche la necessità sia di un continuo aggiorna-mento da parte del medico e del biologo sulle innovazioni strumentali, sia di in-trodurre nei corsi di base di Fisica anche un minimo di nozioni concernenti lastrumentazione in uso.

Abbiamo già visto la descrizione di numerose apparecchiature nei vari capitoli(un elenco completo è riportato alla fine di questo capitolo). Ci occuperemo quidelle basi fisiche relative al funzionamento di altri importanti dispositivi in usonella pratica biomedica, in particolare di quelli suscettibili di ulteriori sviluppi. Diconseguenza, i paragrafi che seguono sono indipendenti l’uno dall’altro e con-tengono numerosi richiami alle nozioni di Fisica svolte nel testo. Alla fine dellatrattazione di ciascuna strumentazione sono presentati uno o più esempi, mentrealla fine del capitolo sono riportati alcuni problemi.

LA SICUREZZA NEGLI IMPIANTI ELETTRICI

La stragrande maggioranza delle apparecchiature utilizzate in Medicina e inBiologia è alimentata da corrente elettrica. Dato che il corpo umano è un condut-tore di corrente elettrica, essendo, come noto, sostanzialmente costituito da solu-zioni elettrolitiche, l’uso di tali apparecchiature può comportare stimoli elettricidalle conseguenze anche letali, se non si osservano opportune precauzioni. Infatti,secondo le statistiche riportate dall’ISTAT, in Italia si ha una media annuale dicirca 280 incidenti mortali dovuti a elettrocuzione.

Per questo motivo, prima di trattare della strumentazione, è opportuno descri-vere i principali aspetti concernenti la sicurezza nell’uso di impianti elettrici, fa-cendo riferimento alle nozioni di Elettricità ed Elettromagnetismo svolte nei Ca-pitoli 17 e 20 e alla descrizione dei potenziali bioelettrici sviluppata alla fine delCapitolo 19.

28.2a Le correnti elettriche nel corpo umano

Abbiamo già visto che dall’encefalo, a livello delle cellule dell’area motoria, sipropagano gli impulsi nervosi diretti ai motoneuroni. In particolare, il potenzialed’azione che si propaga lungo l’assone motore fino alla terminazione presinaptica,determina l’apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti e un aumento dellaconcentrazione di ioni calcio, favorendo l’adesione delle vescicole terminali con-

28.1

28.2

cap

ito

lo

2828Strumentazione biomedica

Page 2: Strumentazione Biomedica

706 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

tenenti acetilcolina (mediatore chimico) alla membrana presinaptica e la libera-zione di tale neurotrasmettitore nello spazio sinaptico.

L’acetilcolina si lega a livello postsinaptico ai recettori nicotinici, determi-nando l’ingresso di ioni sodio e la depolarizzazione della membrama muscolare.Si genera un potenziale d’azione che si propaga lungo la fibrocellula, favorendo ilrilascio di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmtico e dando inizio allo scorrimentodei filamenti di actina e miosina e alla contrazione muscolare. La contrazione mu-scolare può essere causata anche da uno stimolo elettrico applicato dall’esterno.In entrambi i casi si è osservato che la contrazione meccanica avviene con un certoritardo ed è indipendente dall’intensità dello stimolo iniziale (Figura 28.2.1).L’applicazione di più stimoli in rapida successione incrementa la contrazione mec-canica di quantità sempre minori, finché gli ultimi stimoli ne mantengono lo statodi contrazione a un valore pressoché costante (Figura 28.2.2). Questo tipo di ri-sposta muscolare alla stimolazione elettrica è chiamata tetano.

28.2b Lo shock elettrico

L’applicazione accidentale, oppure intenzionale (si veda §20.12 e l’Esempio20.4), di una differenza di potenziale elettrico fra due punti del corpo umano, o diun qualsiasi organismo animale, comporta, in generale, anomale concentrazionidi ioni o loro improvvise migrazioni, che possono sconvolgere a tal punto il si-stema elettrico biologico da provocare gravi danni, anche quando gli effetti fisici(come la produzione di calore per effetto Joule) sono trascurabili (microshock emacroshock mostrati in Figura 28.2.3).

stimoloelettrico V

contrazionemeccanica

0 50 100 150 (ms)

t

�,V

Uno stimolo elettrico provoca lasuccessiva contrazione meccanicadelle cellule muscolari.

Figura 28.2.1

0 100 200 300 400 (ms)

stimolielettrici

contrazionemeccanica

t

Molti stimoli elettrici, ripetuti abrevi intervalli di tempo, incremen-tano lo stato di contrazione fino amantenerlo costante (tetano).

Figura 28.2.2

~~

cuorecuore

tensionealternata (ac)

terra terra terra terra

tensionealternata (ac)

catetere

a) b)

Diverse distribuzioni della corrente nel corpo umano. (a) Macroshock: la corrente si distribuiscein tutto il corpo. (b) Microshock: la corrente applicata attraverso un catetere intracardiaco fluiscenel cuore. Nel linguaggio tecnico “ac” (da alternate current) equivale a una d.d.p. (oppure a una cor-rente) alternata.

Figura 28.2.3

L’entità dello shock elettrico dipende direttamente dalla quantità di caricaelettrica immessa nell’organismo nell’unità di tempo, cioè dall’intensità di correnteelettrica I in circolazione nel sistema biologico. L’azione di questa, in generale, ècaratterizzata da vari parametri, quali la sua frequenza, la durata del contatto e ilpercorso.

Come mostrato nelle Figure 28.2.4 e 28.2.5, esiste un valore di soglia dell’inten-sità di corrente, al di sotto del quale i suoi effetti vengono percepiti, e un valore dirilascio, al di sotto del quale il contatto elettrico accidentale può essere interrotto

probabilità dipercezione (%)

99,8

90

50

0

10

0 4 8 12 mA

alte

rnat

a 60

Hz

cont

inua

corrente

Probabilità di percezione (in scalalogaritmica) delle intensità di so-glia alle mani per uomini. Per ledonne i valori vanno ridotti del60%. La corrente alternata è mag-giormente avvertibile, poiché adessa corrispondono stimolazionielettriche successive.

Figura 28.2.4

Page 3: Strumentazione Biomedica

28.2 La sicurezza negli impianti elettrici 707

autonomamente da parte del soggetto. Al di sopra di tale valore, a causa della te-tanizzazione, questi viene “congelato” al circuito e lo shock può essere molto peri-coloso, anche se il contatto è stato di breve durata. Si può avere paralisi respirato-ria, a causa del permanere della contrazione muscolare, e/o alterazioni più omeno persistenti dell’attività bioelettrica cerebrale, lesioni neurologiche del mi-dollo spinale con conseguente paralisi più o meno estesa, lesioni di organi di senso(vertigini, sordità, abbagliamento o indebolimento della vista) e infine ustioni.

Queste ultime sono determinate dall’effetto termico della corrente elettrica oeffetto Joule, per cui dalle (17.67), utilizzando la legge di Ohm (17.48) e (17.51),si ricava il calore Q prodotto:

(28.2.1)

che, tramite la (10.4) e assumendo la densità dei tessuti pari a quella dell’acqua,comporta un rialzo termico DT di :

, (28.2.2)

dove cv è il calore specifico a volume costante e r la resistività specifica dei tessuti.Questa relazione esprime la variazione di temperatura nell’intervallo di tempo

Dt e ci consente di rilevare come la gravità delle ustioni sia legata alla densità dicorrente J, più che all’intensità di corrente I. Risulta quindi assai più pericolosauna corrente che entra nel corpo umano attraverso un contatto di piccole dimen-sioni, che la stessa corrente immessa tramite un contatto avente una grande su-perficie. Inoltre la (28.2.2) rende conto del fatto che la parte più superficiale dellacute, possedendo un’elevata resistività specifica e un basso calore specifico, sia iltessuto che viene maggiormente danneggiato. Le ustioni elettriche sono presso-ché indolori, a causa della rapida distruzione delle terminazioni sensitive, e sonoprogressive nel senso che attorno alle zone necrotizzate vi sono tessuti colpiti chemuoiono molto più lentamente. Ciò provoca, tra l’altro, l’immissione in circolo, adistanza di alcuni giorni, di sostanze tossiche e quindi un’insufficienza renaleacuta, che può provocare la morte inattesa del folgorato, che appariva ormai in viadi guarigione.

Δ Δ ΔT

R Id

tS c

J td cv v

= =2

H O

2

H O4.18 4.182 2

/

ρ

Q R I t J S t= =1

4.181

4.18(calorie)2 2Δ Δρ /

probabilità dirilascio (%)

99.8

90

50

0.2

10

0 10 18 22 mA

corrente efficace

14

uomini

donne

a) b)

probabilità dirilascio (%)

99.5

90

50

0.5

10

50 60 80 mA

corrente

70

Carta probabilistica delle correntidi rilascio: (a) correnti alternate a60 Hz e (b) correnti continue. Èopportuno ricordare che la cor-rente alternata di rete ha una fre-quenza di 50 Hz (negli USA la fre-quenza è di 60 Hz).

Figura 28.2.5

Effetti termici

Page 4: Strumentazione Biomedica

708 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

L’influenza della frequenza della corrente sulla gravità dello shock elettricoviene riportata in Figura 28.2.6. Come si vede, le correnti alternate sono più peri-colose, in quanto causano facilmente il fenomeno della tetanizzazione, fatto pe-raltro evidente anche dalle Figure 28.2.4 e 28.2.5. Tuttavia, all’aumentare della fre-quenza la pericolosità della corrente diminuisce: infatti se lo stimolo alternato haun periodo molto breve, non viene raggiunto il potenziale di soglia nelle celluleeccitabili e i potenziali d’azione non si innescano (§19.3). In particolare, a circa 1 MHz non si ha più shock elettrico e la corrente generalmente causa solo ustioni;esiste un effetto (effetto pelle) per il quale all’aumentare della frequenza la cor-rente tende a interessare strati di tessuto sempre meno profondi. Ciò causa un au-mento della densità di corrente nelle regioni periferiche del corpo, che può cau-sare anche gravi ustioni cutanee, ma costituisce nello stesso tempo una decisiva sal-vaguardia per i più delicati tessuti interni.

Come evidente, per quanto detto sopra, il percorso della corrente all’internodel sistema biologico determina la gravità dello shock, in particolare si rivelano piùpericolosi quei percorsi che interessano organi vitali molto sensibili, per esempioquelli che hanno per estremi le due mani o una mano e il piede opposto, poichéinteressano la regione cardiaca.

La durata del contatto costituisce un importante fattore che concorre a deter-minare la gravità dello shock. In particolare, una sovrastimolazione delle fibre mu-scolari cardiache ne altera la contrazione, portando all’instaurarsi di un regime difunzionamento anomalo, chiamato fibrillazione (Figura 28.2.7), che comporta unelevato consumo energetico e l’incapacità del cuore di pompare sangue ossige-nato nelle arterie. La fibrillazione è sicuramente l’effetto della folgorazione più te-

I (mA)

100

50

20

10

5

1

0.5

2

1

2

3

45

6

10 50 100 1000 10000 n (Hz)

Limiti di pericolosità della cor-rente alternata in funzione dellafrequenza: 1) limite di percezionedel passaggio di corrente; 2) e 3)valore della corrente per il quale laprobabilità di percezione è del50% e del 99.5% per le persone sot-toposte alla prova; 4), 5) e 6) valoredella corrente per il quale il 99.5%,il 50% e lo 0.5% degli esaminati èriuscito a staccarsi dal contatto.

Figura 28.2.6

V

O tempo

L’instaurarsi della fibrillazione inun elettrocardiogramma.

Figura 28.2.7

Danni biologici

Page 5: Strumentazione Biomedica

28.2 La sicurezza negli impianti elettrici 709

mibile e grave e si innesca di solito durante il breve intervallo in cui i ventricoli siripolarizzano (onda T, vedasi §28.5). In Figura 28.2.8 vengono riportati gli effettida elettrocuzione in funzione della durata del contatto e dell’intensità della cor-rente.

In caso di shock notevoli si hanno spesso effetti autolimitanti la durata del con-tatto: la contrattura muscolare estremamente violenta può scagliare l’infortunatolontano dal contatto, oppure l’aumento di resistenza, determinato dai tessutiustionati, può arrivare a isolare l’infortunato dal conduttore.

La d.d.p. (o tensione) è in pratica la sola grandezza normalmente nota perogni circuito, da cui si può risalire, tramite la legge di Ohm, al valore della cor-rente elettrica, al quale sono legati gli effetti sui sistemi biologici. Dato che la resi-stenza cutanea è difficilmente determinabile, non è possibile trasformare in ten-sione, VA – VB, i valori della corrente I, nelle Figure 28.2.4, 28.2.5, 28.2.6 e 28.2.8.Tuttavia, una stima della tensione di rilascio suggerisce un valore di circa 20 voltper frequenze di 60 Hz, con contatto manuale ed elettrodi inumiditi in acqua sa-lata. In corrente continua questo valore va moltiplicato per un fattore di circa sei.Quindi, tensioni alternate di ampiezza relativamente ridotta possono diventare pe-ricolose per l’uomo.

In Figura 28.2.9 è considerato un generico circuito elettrico, relativo ai più fre-quenti infortuni da elettrocuzione. La corrente I circolante nel corpo è data dallarelazione:

(28.2.3)

ed è tanto maggiore quanto minori sono i valori della resistenza di contatto R1,della resistenza del suolo (comprese le scarpe) R2 e della resistenza del corpo R3, ilcui contributo maggiore è fornito dalla resistenza cutanea, estremamente varia-bile, come evidente dalla Figura 28.2.10. Ad esempio il valore di R3 per un contattocon entrambe le mani, nel caso di piedi isolati, è di circa 1300 Ω, che diminuisce a220 Ω se il corpo è parzialmente immerso in acqua (vedasi l’Esempio 28.1).

I =

V VR R R

A B−+ +1 2 3

,

tempo (ms)

10 000

5000

2000

1000

500

200

100

50

20

10

assenzadi

reazioni assenza dieffetti pericolosi

corrente I (mA)

0.1 0.2 0.5 1 2 5 10 20 50 100 200 1000 5000

fibrillazionepoco

probabilefibrillazione

probabileal 50%

fibrillazionem

oltoprobabile

Le linee a tratto pieno corrispon-dono a correnti alternate di 50 Hz,mentre quella punteggiata separala regione priva di effetti pericolosida quella pericolosa (zona a de-stra) per le correnti continue.

Figura 28.2.8

~

generatoredi tensioneVA – VB

R1

Ru

R3

R2

B

A

In questo schema VA –VB rappre-senta la tensione alternata del ge-neratore e Ru la resistenza del-l’utenza. Le resistenze R1, R2, R3

sono attraversate dalla correnteche fluisce nel corpo umano.

Figura 28.2.9

prima durante dopo400

200

300

100

00 20 40 60

tempo (minuti)

R3 (ohm)

Resistenza della cute di un indivi-duo prima, durante e dopo un pe-riodo di profonda meditazione.

Figura 28.2.10

Page 6: Strumentazione Biomedica

710 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

28.2c Sistemi di protezione

Per individuare i sistemi di protezione dall’elettrocuzione dobbiamo compren-dere come questa si possa verificare quando si utilizzano apparecchiature alimen-tate elettricamente.

Facendo riferimento alla Figura 28.2.9, il circuito elettrico, che rappresenta l’ap-parecchiatura, ha come potenziale di riferimento il potenziale di terra (messa a terrao messa a massa), cui dovrebbe essere collegato anche il soggetto. Questo significache tutti i punti esterni dell’apparecchiatura (involucro, comandi, cavi) sono nor-malmente collegati a massa, salvo i terminali non isolati da applicare al paziente(elettrodi e trasduttori), e quindi non si dovrebbe verificare alcuna elettrocuzione.Tuttavia, essa può avvenire sia per ragioni accidentali (un difetto nella messa a terrae/o nell’isolamento di varie parti del sistema, oppure il contatto accidentale conparti del circuito che si trovano a potenziale elevato rispetto alla terra) sia per motivisistematici, che sono provocati dal fatto che qualsiasi apparecchiatura funzionantealla tensione di rete possiede una certa corrente di dispersione, che dipende princi-palmente dalle capacità di accoppiamento presenti nel circuito tra conduttori a di-versa d.d.p., oppure tra conduttori e terzo filo (terra) nel cavo di alimentazione. Lacorrente di dispersione è pertanto costituita da un flusso di cariche elettriche versoparti dell’apparecchiatura che dovrebbero essere totalmente isolate dai conduttoricon tensione diversa da quella di terra.

Per ogni determinata apparecchiatura, possono essere misurati i valori dellacorrente di dispersione verso terra, sull’involucro e nel paziente. In Figura 28.2.11

ECGN

PG

1

2P

N

Terra

Idisp. ≈ 1 mAImed. ≈ 500 μAIpaz. ≈ 500 μA

presa dicorrente presa di

correnteTipico caso di microshock che haindotto la fibrillazione ventricolarein un paziente in un’unità di tera-pia intensiva. Legenda: G = conduttore di terra, P = conduttore di tensione, N = conduttore neutro, ECG = elettrocardiografo.

Figura 28.2.11

Un medico vuole controllare la corretta inserzione del catetere (2): con la mano destra av-vicina una lampada elettrica snodabile e con la sinistra tocca il catetere collegato al cuoredel paziente. Se la lampada è di vecchio tipo, senza conduttore di messa a terra (G), la suacorrente di dispersione Idisp (circa 1 mA) si scarica attraverso la mano destra del medicoverso terra, per metà attraverso il medico (che non ne risente essendo il valore di soglia dicirca 1 mA), e per l’altra metà (500 �A) attraverso il cuore del paziente, verso la terradell’elettrocardiografo (1). Quasi sempre il valore di 500 �A dello stimolo, applicato di-rettamente al miocardio, provoca la fibrillazione ventricolare.

Sistemi di sicurezza

Page 7: Strumentazione Biomedica

28.2 La sicurezza negli impianti elettrici 711

è riportato un tipico caso di microshock da correnti di dispersione, da cui si evi-denzia che, in presenza di una qualsiasi apparecchiatura elettrica, in particolare inambiente medico (sala chirurgica, ad esempio), è necessario prendere provvedi-menti per evitare che le correnti di dispersione attraversino il soggetto o il pa-ziente. Vi sono diversi metodi per raggiungere questo scopo, ma tutti hanno in co-mune il collegamento di tutti gli strumenti, del personale medico e del pazientealla medesima terra. In questo modo le correnti di dispersione fluiscono tutteverso la terra comune tramite le apparecchiature, come mostrato in Figura28.2.12. Nel caso di uno strumento non collegato alla terra comune, le correntipossono fluire verso terra tramite il paziente, con i gravi rischi descritti in prece-denza (Figura 28.2.13).

circuitodello strumento

involucro dello strumentocavo di messa a terra

corrente alternatadi rete

T

C

C

CCG

Circuito elettrico dell’alimenta-zione di uno strumento dove sonomostrate le capacità di isolamentoC fra i conduttori di alimentazionee la terra e fra il trasformatore T e ilsuo involucro, collegato anch’essoalla terra G. L’impedenza di tali ca-pacità è Z = 1/wC, e, in caso di in-terruzione del contatto con laterra, attraverso esse fluisconoverso terra le correnti di disper-sione (tramite contatti accidentalicon altri conduttori, in qualchemodo collegati a terra).

Figura 28.2.12

T

cuore

cateterecircuiti

involucro

linea

neutro

terra

a)

T

cuore

circuiti

involucro

linea

neutro

terra interrotta

b)

300 �

300 �

catetere

Percorsi della corrente di disper-sione : (a) la connessione di terra èintatta e la maggior parte della cor-rente di dispersione fluisce versoterra; (b) la terra è interrotta e tuttala corrente di dispersione fluisceattraverso il cuore. Con T viene rap-presentato un trasformatore.

Figura 28.2.13

Page 8: Strumentazione Biomedica

712 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Un altro metodo per evitare le correnti di dispersione attraverso il paziente,consiste nell’isolarlo completamente da tutti gli oggetti messi a terra e da tutte lesorgenti elettriche. Le protezioni specifiche, progettate caso per caso, in realtà,utilizzano una combinazione dei due metodi al fine di fornire una maggiore sicu-rezza. Ciò viene fatto sia progettando un riferimento di terra comune, sia me-diante l’uso di trasformatori di isolamento da terra, che in caso di corto circuitotrasformano il sistema isolato in un normale apparecchio con alimentazione rife-rita a terra (senza che nella connessione fluisca una corrente elevata), sia introdu-cendo interruttori automatici differenziali, che disconnettono l’alimentazionequando si manifesta una corrente di dispersione verso terra superiore a un valoreprefissato, e sia utilizzando un doppio isolamento delle apparecchiature, con in-volucri e comandi costituiti da materiale isolante.

Per finire, si tenga presente che esistono, per legge, enti o istituzioni, prepostialla prevenzione degli infortuni da elettrocuzione, che controllano, in ottempe-ranza alle richieste di legge, gli impianti di messa a terra e la fabbricazione di tuttele apparecchiature elettriche, in particolare di quelle biomedicali.

Se una persona, con una resistenza interna di 120 ohm,prende con le mani bagnate 2 conduttori a diverso potenzialeelettrico, calcolare: (1) la d.d.p. necessaria per produrre unacorrente di 10 mA, tale da irrigidirgli le mani sui conduttori, e(2) quella necessaria per produrre una corrente da 100 mA,tale da causare, dopo circa un secondo, la fibrillazione ventri-colare.

Soluzione (1) Applichiamo la legge di Ohm:

DV = R i = 120 ohm 10 ⋅ 10–3 A = 1.2 volt.

(2) Anche in questo caso:

DV = R i = 120 ohm 10–1 A = 12 volt.

EEsseemmppiioo2288..22..11 Effetti da elettrocuzione

I TRASDUTTORI

Qualsiasi dispositivo che converte una grandezza fisica in un’altra, anche dellostesso tipo, è chiamato trasduttore. Generalmente i trasduttori più importanti e piùadoperati sono quelli che trasformano una qualsiasi grandezza fisica in una gran-dezza di natura elettrica. Ciò perché l’energia elettrica, non solo può venire facil-mente trasmessa a distanza, ma consente di eseguire misure più rapide e accurate,è economicamente e funzionalmente più conveniente e, infine, i segnali elettricipossono essere facilmente manipolati.

I trasduttori vengono classificati in base ai fenomeni fisici sfruttati per ottenerela conversione tra le diverse quantità fisiche. Ad esempio nei trasduttori resistivi,l’uscita è rappresentata da una resistenza elettrica, come mostrato in Figura28.3.1a. Questi trasduttori sono in grado di misurare, oltre la pressione, anchetemperature e intensità luminose (cellule fotoelettriche). I trasduttori capacitivisono costruiti con condensatori la cui capacità varia, muovendone o deforman-done un’armatura, e sono generalmente impiegati nella misura della pressione(Figura 28.3.1b). I trasduttori elettromagnetici misurano un’induttanza o una f.e.m.indotta, di cui in Figura 28.3.2 è riportato un esempio e sono utilizzati in misure dispostamenti, velocità, accelerazioni, forze e pressioni. I trasduttori piezoelettrici

28.3

Page 9: Strumentazione Biomedica

28.3 I trasduttori 713

(§14.8) sono costituiti da una lamina o una sbarretta di cristallo piezoelettrico, cheha la proprietà di fornire una d.d.p. alle estremità quando sollecitata meccanica-mente e misurano forze, accelerazioni, pressioni o deformazioni (compressioni oflessioni). Nei trasduttori elettrodinamici, un’azione esterna provoca il moto di unabobina in un campo magnetico costante, generato da un magnete permanente oda un elettromagnete. Il moto della bobina origina una f.e.m. indotta, la cui entitàdipende dall’azione esterna.

Oltre a quelli citati, che sono i più diffusi, esistono vari altri tipi di trasduttori,adatti per esigenze e rilevamenti speciali.

Le principali proprietà dei trasduttori possono essere riassunte in:a) la natura della grandezza di ingresso;b) l’intervallo di operatività del trasduttore, il cui limite inferiore è di solito dato

dal rapporto segnale/rumore di fondo e quello superiore dalla distorsione delsegnale d’uscita;

c) gli eventuali effetti del trasduttore sul sistema sottoposto a misura;d) la funzione di trasferimento caratteristica, cioè la relazione fra la quantità in in-

gresso Q i e quella in uscita Q o:

Q o = f(Q i) . (28.3.1)

Se, per una variazione DQ i della quantità in ingresso, si ha una variazione DQ o

nella grandezza in uscita, il rapporto:

(28.3.2)

rappresenta la sensibilità del trasduttore;e) l’errore introdotto nella misura: vi sono tre tipi di errori, quello di scala, l’er-

rore dinamico (causato dagli effetti di variazioni temporali nella grandezza iningresso) e l’errore dovuto al rumore di fondo;

f) la risposta del trasduttore alle condizioni ambientali di funzionamento;g) la natura della grandezza in uscita, cioè, di solito, il tipo di segnale elettrico che

trasporta l’informazione;h) l’intervallo utile del segnale d’uscita, anche questo determinato al limite infe-

riore dal rumore di fondo e a quello superiore dalla distorsione.

28.3a Elettrodi e microelettrodi

I trasduttori di segnale più semplici sono gli elettrodi. Una coppia di elettrodi,normalmente costituiti da una giunzione elettrodo metallico-elettrolita, è necessaria

ΔΔQQ

So

i

=

V

Vo

pressionecontatto mobile

potenziometro

molla a)

armature fissedel condensatore

diaframmametallico

pressione damisurare

pressione diriferimento

po px

b)

resistore

(a) Trasduttore resistivo per la mi-sura della pressione. Il voltmetro Vmisura una d.d.p. proporzionalealla pressione che fa variare, attra-verso il contatto mobile, la resi-stenza R. Questo tipo di dispositivoha una portata dal decimo alle mi-gliaia di atmosfere con errori infe-riori allo 0.25%. (b) Trasduttore ca-pacitivo per la misura della pres-sione. Quest’ultima deforma il dia-framma metallico tra le due arma-ture di un condensatore varian-done la capacità, che viene misu-rata con un opportuno circuitoelettrico.

Figura 28.3.1

VLA VLBA L B

nucleoavvolgimento

azione meccanicaesterna sulla sbarra Esempio di trasduttore elettroma-

gnetico in cui l’entità dello sposta-mento della sbarra di ferro all’in-terno del solenoide è proporzio-nale alla differenza di potenzialeelettrico VLA – VLB: la f.e.m. d’indu-zione cambia i valori dei potenzialiVLA e VLB a seconda del movimentodella sbarra.

Figura 28.3.2

Page 10: Strumentazione Biomedica

714 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

per misurare la differenza di potenziale fra due punti di un sistema biologico.Ogni elettrodo forma un’interfaccia fra un sistema (quello biologico), in cui laconduzione elettrica è fornita da ioni in movimento, e un altro sistema dove ilmoto degli elettroni origina la conduzione (lo strumento). La conversione da unamodalità all’altra di conduzione può essere considerata come un processo di tra-sformazione di energia e caratterizza appunto questo tipo di trasduttore. Essa av-viene tramite processi chimici che devono essere tali da non ostacolare la misura.In particolare la risposta dell’elettrodo alla grandezza d’ingresso deve essere il piùpossibile lineare (cioè proporzionale), in modo da garantire la fedeltà della mi-sura. Ciò non è sempre possibile perché taluni processi chimici, all’interfaccia traun dato metallo e un elettrolita, possono provocare la formazione di complesse di-stribuzioni di carica elettrica, con accumuli di carica presso l’elettrodo tali daschermarlo e renderlo inefficiente per la misura corretta del potenziale elettrico(fenomeni di polarizzazione).

La giunzione elettrodo-metallico-elettrolita, essendo costituita da materialiconduttori, presenta quindi in generale un’impedenza complessiva Z, costituita dafattori resistivi, capacitivi e induttivi (§20.10). Mentre i fattori induttivi di solitosono trascurabili, gli altri due dipendono dalle caratteristiche dei materiali che co-stituiscono la giunzione, dando luogo ad un’impedenza che, come noto, è fun-zione della frequenza del segnale elettrico in ingresso. In Figura 28.3.3 è riportatoil circuito elettrico equivalente che descrive il generico comportamento elettrico dellagiunzione elettrodo metallico-elettrolita. Inoltre si trova sperimentalmente che lecapacità C e le resistenze R non sono costanti, ma dipendono dalla frequenza, percui la risposta degli elettrodi, a un segnale d’ingresso, non è sempre lineare e, ingenerale, può dipendere sia dall’ampiezza che dalla frequenza.

Rp Cp

R1

Ro

C

metallo

elettrolita

Circuito elettrico equivalente dellagiunzione elettrodo metallico-elet-trolita, in cui sono compresi gli ef-fetti di polarizzazione (Rp e Cp) de-terminati dall’accumulo di ionisulla superficie dell’elettrodo.

Figura 28.3.3

plasticapasta

adesivo

doppio stratoelettrico

conduttore isolato

Ag-AgCl

– – –+ + +

tessutopelle

L’elettrodo del tipo Ag-AgCl non comporta effetti di polarizzazione, poiché il rivestimentodi AgCl partecipa alle reazioni chimiche all’interfaccia pelle-elettrodo, senza alterarel’equilibrio elettrochimico (sulla superficie cutanea avvengono contemporaneamente i dueprocessi , per cui non si ha accumulo di ioni sull’elettrodo). Ciònon avviene per gli elettrodi metallici (ad esempio platino), per i quali si hanno i processi

con formazione di bolledi gas che generano un’alta resistenza e una polarizzazione all’interfaccia. L’elettrodo diAg-AgCl è staccato dalla cute per evitare che il suo movimento alteri il doppio strato elet-trico che si forma all’interfaccia elettrolita-metallo.

4 OH 2 H O O (gas) 4 e 4 H 4 2 H (g–2 2

– + –2→ + + + →e e aas),

Cl Ag AgCl– –+ +� e

Elettrodo di Ag-AgCl utilizzato peril monitoraggio cardiaco.

Figura 28.3.4

Page 11: Strumentazione Biomedica

28.3 I trasduttori 715

Nel caso di macroelettrodi (come quelli usati nell’ECG, nell’EEG e nella pleti-smografia a impedenza (§28.3c)), l’impedenza d’ingresso dell’elettrodo deve es-sere tale da non provocare attenuazioni o deformazioni dei segnali originari. Essaè determinata sia dal metallo che costituisce l’elettrodo, sia dalla pasta (o gel) chene garantisce il contatto (Figura 28.3.4). In questo caso, come detto in prece-denza, i processi elettrochimici, che si verificano tra l’elettrodo e la superficie cu-tanea, devono essere tali da evitare l’accumulo di cariche sull’elettrodo (polarizza-zione), altrimenti si producono dei rumori di fondo e delle alterazioni di poten-ziale che possono essere maggiori del segnale stesso.

Analogamente si può dire per i microelettrodi (Figura 28.3.5), i quali oltre a ri-solvere i problemi di miniaturizzazione della particolare applicazione, non devonomodificare l’ambiente cellulare interferendo con i processi biochimici. I microe-lettrodi di vetro arrivano a dimensioni di 1 �m e sono riempiti con soluzioni moltoconduttrici (ad esempio 3 moli/cm3 di KCl in acqua). Questi elettrodi sono parti-colarmente adatti alla misura di potenziali costanti nel tempo, mentre quelli me-tallici sono impiegati soprattutto per misurare i potenziali d’azione e per altri fe-nomeni dinamici. In Figura 28.3.6 è mostrato il tipico circuito equivalente di unmicroelettrodo metallico.

metallo

metallo (indio)

vetro

resina

platinonero

resina

film di platino

film di 0.2 m

sfera diindio

vetroa)

b)

c)

Esempi di microelettrodi metallici,con diversi tipi di isolante e di con-duttore.

Figura 28.3.5

cellula

A

amplificatore

microelettrodometallico

soluzione elettrodo diriferimento(a grandesuperficie)

~ V C2

R

C1Impiego di un microelettrodo me-tallico e suo circuito elettrico equi-valente. Con V viene rappresentatoil potenziale di membrana o il po-tenziale d’azione della cellula.

Figura 28.3.6

Page 12: Strumentazione Biomedica

716 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

28.3b Trasduttori di grandezze meccaniche

Abbiamo già citato in precedenza i vari tipi di trasduttori che consentono di tra-sformare grandezze meccaniche (spostamenti, velocità, accelerazioni, forze, pres-sioni) in grandezze elettriche. Ci limitiamo in questa sede ad aggiungere alcuni di-spositivi, usati in Medicina e in Biologia, per la misura della pressione e della portata.

La maggior parte dei trasduttori di pressione è ad azione indiretta: la pressionecausa lo spostamento di un elemento meccanico deformabile (come una mem-brana), che viene convertito in segnale elettrico da una resistenza a contatto stri-sciante, da un trasduttore capacitivo o induttivo, oppure da un elemento piezoe-lettrico (§13.5). In quest’ultimo caso si tratta di dispositivi dalle dimensioni assaicontenute che possono essere posti alla punta di un catetere del diametro di 1mm. Questo tipo di catetere può esporre il paziente al rischio di shock elettrico.Ciò non accade per un trasduttore di pressione di tipo ottico, schematizzato in Fi-gura 28.3.7, in cui la pressione, deformando una membrana riflettente, causa unamodifica dell’intensità di luce trasmessa dalle fibre ottiche, che vanno al rivelatorefotoelettrico esterno.

R

pressione

membrana sottile(speculare all'interno)

fibre di vetro

sorgente di luce

rivelatorefotosensibile

parte terminaledelle fibre ottiche

Un trasduttore di pressione di tipoottico, costituito da fibre otticheper l’illuminazione e la rivelazionedella luce riflessa da una mem-brana metallica, la cui deforma-zione, conseguente alle forze dipressione, provoca variazioni di in-tensità nella trasmissione della luceriflessa. Il trasduttore vero e pro-prio (R) è costituito da elementi fo-tosensibili (cellula fotoelettrica)posti all’esterno del catetere (siveda il §28.3e).

Figura 28.3.7

I trasduttori di pressione ad azione diretta sfruttano i fenomeni, conseguentialla pressione, della piezoelettricità, della variazione di resistività elettrica nei me-talli (piezoresistività) e della variazione nella risposta di diodi a effetto tunnel. Esi-stono in commercio numerose varianti di trasduttori di pressione di questo tipo,utilizzati per il monitoraggio continuo dei pazienti oppure per l’impianto a lungotermine in animali. Questi trasduttori presentano in generale una linearità dell’or-dine di 0.5 – 1.0 %.

La misura del flusso (o della portata Q) di un liquido può essere effettuata condiversi tipi di trasduttori. Nel §14.8b è stata descritta la flussimetria Doppler, me-todica di tipo non invasivo. Il metodo invasivo più usuale per misurare la portatadi sangue in un vaso è di tipo elettromagnetico. Come evidente dalla Figura 28.3.8,il moto con velocità media v del fluido conduttore nel vaso, in un campo magne-tico B costante, provoca una d.d.p. DV tra i punti A ed A�, dovuta alla forza di Lo-rentz che agisce sulle cariche in moto. Poiché le direzioni dei vettori B, v e n sonoortogonali fra loro, possiamo utilizzare la (20.8), e ricordando che E q = F e che DV = 2r E, si ottiene la d.d.p. fra i punti A ed A�:

DV = 2 r v B . (28.3.3)

Poiché la portata è data da Q = S v = � r2 v, abbiamo infine:

Page 13: Strumentazione Biomedica

28.3 I trasduttori 717

(28.3.4)

Ad esempio nel caso di una portata massima nell’aorta di un cane pari a 200 cm3/s, assumendo un campo magnetico B = 300 gauss e con r = 0.8 cm, si ot-tiene DV ª 50 �V, valore facilmente misurabile.

Il principale vantaggio di questo metodo consiste nel fatto che esso è indipen-dente dal profilo della velocità: dato il diametro del vaso e dato B, esso dipendesolo dalla portata istantanea. In Figura 28.3.9 è mostrata la sezione e una vedutad’assieme di una sonda elettromagnetica per la misura della portata.

Mediante la diluizione e con trasduttori fotosensibili (§28.3e) si può misurare laportata media in un ciclo cardiaco. Infatti l’immissione rapida di una massa m di so-luto colorante nel punto A di un condotto, in cui fluisce un liquido a portata co-stante Q (Figura 28.3.10a), provoca nel punto B, in cui si misura la concentrazioneC del soluto, un andamento di questa portata costante nel tempo (Figura28.3.10b). Infatti, per definizione, si ha Q = V/Dt e C = m/V per cui:

(28.3.5)

essendo Dt l’intervallo di tempo durante il quale la concentrazione non è nulla.Nota la massa m e misurando C con un trasduttore fotosensibile, si ottiene facil-mente la portata. L’andamento della concentrazione nel tempo si ottiene infattimediante un trasduttore fotosensibile che misura le variazioni di assorbimento diluce da parte del colorante, proporzionali alle variazioni della sua concentrazione.

Nel caso di portata variabile, l’andamento della concentrazione è mostrato inFigura 28.3.10c e, analogamente alla (28.3.5), avremo:

(28.3.6)

Nell’ipotesi di un singolo ciclo cardiaco, la curva di concentrazione di Figura28.3.10c scenderebbe a zero, ma, a causa del ricircolo del sangue, si misura lacurva a tratto pieno. Per valutare la portata, la curva, misurata in alcuni punti, su-bisce un’elaborazione di tipo elettronico che calcola l’integrale della (28.3.6),estrapolandolo secondo la curva tratteggiata.

Q m

C dt=

0

q

�.

C m

Q tQ m

C t= =

Δ Δcioè ,

ΔV

QBr

=2

π. elettrodo

cavo dicollegamento

bobine

elettrodo

0 5scala (mm)

B

Sezione trasversale di un tipo disonda elettromagnetica per la mi-sura del flusso. Il vaso passa nel-l’apertura circolare della sonda.Sono evidenti le bobine del campomagnetico B e gli elettrodi tra cui simisura una d.d.p. DV proporzio-nale alla portata.

Figura 28.3.9

v

Bn

v

v

B

n

parete del vasotraferro

bobina percorsada corrente

2r

V1

V2

Disegno schematico di un flussime-tro elettromagnetico. Le linee diforza del campo magnetico B sonoottenute tramite un solenoide per-corso da corrente elettrica (bo-bina), avvolto su un’armatura dimateriale ferromagnetico (tra-ferro).

Figura 28.3.8

Page 14: Strumentazione Biomedica

718 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

28.3c Pletismografia a impedenza: bioimpedenza elettrica toracica

Le tecniche per misurare la portata sopra descritte (elettromagnetica, per di-luizione e per termodiluizione) sono di tipo invasivo, come invasiva è la flussime-tria descritta nel §7.2c, mentre non lo è quella Doppler (§14.8b).

Tutti questi metodi sono impiegati per misurare la portata in singoli vasi (arte-rie carotidi, femorali, brachiali e così via). Mediante la pletismografia a impedenza(termine pletismografia deriva dal greco “plethysmos”, incremento, e “graphein”,scrivere), talvolta chiamata anche reografia, è possibile determinare, in modo noninvasivo, la portata in interi distretti circolatori, sia limitati che estesi. Il pletismografoviene quindi definito come lo “strumneto che registra e misura le variazioni di vo-lume di una parte del corpo”.

Ci limitiamo qui a descrivere un particolare tipo di pletismografia, basatosull’impedenza elettrica (§20.10) del torace, particolarmente indicata per ricavarela portata cardiaca in modo non invasivo e in tempo reale, un dato molto impor-tante in particolari situazioni di controllo medico (anche la tecnica per diluizioneo per termodiluizione viene talvolta impiegata, ma è invasiva). Infatti misurando labioimpedenza elettrica al torace, è possibile ottenere una valutazione in tempo

A B

Q

C

O

Q = costante

tempo

iniezione

t1 t2

C

O tempo

iniezione

t1 Q = Q (t)

soluzionericircolata

a) b) c)

Metodo di diluizione per la misuradella portata. (a) Nel punto A, altempo t = 0, viene rapidamente im-messa una certa quantità di colo-rante. (b), (c) Andamento dellaconcentrazione nel punto B, a por-tata costante (b) e variabile (c). In(c) i punti corrispondono a misuresperimentali.

Figura 28.3.10

Un flussimetro magnetico del sangue viene posizionato in-torno ad un vaso del diametro di 5 ⋅ 10–3 m. Con un campo ma-gnetico di 2.5 ⋅ 10–2 T (250 gauss) viene misurata una tensioneindotta di 15 ⋅ 10–6 V. Calcolare la velocità media del sanguenel vaso e la relativa portata.

Soluzione La velocità media è data dalla relazione (28.3.3):

La portata risulta essere:

Q r v 2.5 10 m 1.2 10 m s

= 2.28

2 –3 2 –1 –1= = =π π ⋅( ) ⋅

10 m s 2.28 cm s .–6 3 –1 3 –1⋅ =

v VB r2

V2 2.5 10 T 2.5 10 m

1.

–2 –3= = =

=

Δ 15 10 6⋅⋅ ⋅ ⋅

22 10 m s cm s–1 –1 –1⋅ = 12 .

EEsseemmppiioo2288..33..11 Flussimetria

Una simile misura può essere eseguita anche per termodiluizione mediante untrasduttore di temperatura: al soluto colorante si sostituisce una data quantità dicalore e, invece di effettuare una misura di concentrazione, si misura la tempera-tura in tempi successivi.

Entrambe queste tecniche di misura della portata sono di tipo invasivo.

Page 15: Strumentazione Biomedica

28.3 I trasduttori 719

reale, continua e non invasiva della portata aortica, in particolare del volume di san-gue espulso dal ventricolo sinistro in ogni pulsazione (gittata pulsatoria).

A questo scopo, il torace può essere considerato (Figura 28.3.11a) come un con-duttore elettrico di forma cilindrica (o meglio, come vedremo, a tronco di cono), lacui circonferenza corrisponde a quella del torace, poco sotto lo sterno. L’altezza delcilindro L corrisponde alla distanza tra due coppie di elettrodi per la misura del po-tenziale elettrico, disposti ai lati del torace a livello del giunto sterno-xifoideo e allabase del collo. Un campo elettrico alternato, applicato mediante altre due coppie dielettrodi posti esternamente ai precedenti, alla cervice e intorno al basso torace (Fi-gura 28.3.11b), provoca una corrente elettrica alternata, di bassa ampiezza Io (circa4 mA) ed elevata frequenza (100 – 250 kHz), che viene introdotta nel torace con-duttore.

Il torace presenta le seguenti caratteristiche:a) è perfuso (supponiamo in modo omogeneo) da sangue, che, contenendo ioni,

si comporta come una soluzione elettrolitica, cioè un conduttore di elettricità,e presenta quindi una resistività specifica rs pari a circa 135 – 150 ohm cm, pra-ticamente indipendente dal valore di ematocrito;

b) possiede un’impedenza elettrica media del valore di circa 24 – 32 ohm (per unsoggetto normale maschile), data dalla (20.42): Zo = Vo/Io, dove Vo è l’ampiezzadella d.d.p. misurata dagli elettrodi di potenziale;

c) presenta una resistività circa uguale a quella del sangue, per cui, essendo l’im-pedenza prevalentemente resistiva, si può scrivere, per la legge di Ohm(17.48):

Zo ª Ro = r L/So ,

dove So è la sezione del cilindro toracico.

Durante il ciclo cardiaco, l’immissione di sangue nell’aorta provoca una dimi-nuzione dell’impedenza elettrica DZ = Zo – Z(t), rispetto al valore medio Zo, dell’or-dine di 0.1 ohm. Infatti, le variazioni pulsatili nel flusso aortico corrispondono avariazioni di volume della soluzione elettrolitica e se, per semplicità, supponiamoche queste variazioni di volume si verifichino come se si modificasse la sezione deltorace, avremo una resistenza (come detto sopra l’impedenza è praticamente resi-stiva) Ro = rs L/So, che dopo un intervallo di tempo Dt diventa R1 = rs L/S1. Defi-nendo allora i volumi toracici Vo = L So e V1 = L S1, la variazione di resistenza DRnell’intervallo di tempo Dt risulta, moltiplicando e dividendo per L:

(28.3.7)

ΔR LS

LS

LL

LL S L So o

= =ρ ρ ρs1

s s2

1

1 1−⎡

⎣⎢⎤

⎦⎥−

⎣⎢⎤

⎦⎥== =

=

ρ

ρ ρ

s2

1 o

s2 1

1s

2

1 1L

L Lo

o o

V V

V VV V

VV

−⎡

⎣⎢⎤

⎦⎥

−≅ Δ

22 ,

L

r

V V

II

elettrodi

elettrodi

a) b)

(a) Forma geometrica del condut-tore che rappresenta il torace. Percome sono disposti gli elettrodi in(b), la forma si avvicina a un troncodi cono più che a un cilindro. (b)Disposizione degli elettrodi sullasuperficie corporea. Sono indicatisia gli elettrodi che applicano lacorrente alternata di alta frequenzae bassa ampiezza (I), sia gli elet-trodi che misurano il potenzialeelettrico (V). Il rapporto fra l’am-piezza di potenziale Vo e quella dicorrente Io fornisce l’impedenza Zo

del conduttore toracico.

Figura 28.3.11

Page 16: Strumentazione Biomedica

720 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

dove nel passaggio finale abbiamo trascurato il segno meno e considerato la varia-zione di volume DV = V1 – Vo molto piccola rispetto al volume Vo, per cui V1 ª Vo. Dalla (28.3.7) si ricava allora:

(28.3.8)

Dalla seconda legge di Ohm si ottiene facilmente:

(28.3.9)

da cui, ricavando Vo2 e sostituendo nella (28.3.8), si ottiene dopo le opportune

semplificazioni:

(28.3.10)

Dividendo per l’intervallo di tempo Dt abbiamo in pratica una portata Q e, pas-sando al limite per intervalli Dt infinitesimi, si ottiene infine la relazione cercata trala portata aortica Q e la variazione di impedenza che essa provoca:

e quindi (28.3.11)

dove abbiamo sostituito alla resistenza R il termine più corretto di impedenza Z,dato che i fenomeni elettrici che si verificano nel torace non sono stazionari.

Discutiamo ora il significato di questa relazione, cui spesso si fa riferimentonelle misure pletismografiche generiche.

All’apertura della valvola aortica, in effetti, si origina nel conduttore toracico,durante un breve intervallo di tempo Dt, una corrente DI determinata dal moto de-gli ioni contenuti nel plasma immesso nell’aorta, che si aggiunge alla corrente ap-plicata dagli elettrodi. L’aggiunta di corrente DI, proporzionale alla variazione divolume (di sangue in uscita) nell’unità di tempo, cioè alla portata, comporta unadiminuzione d’impedenza e la (28.3.11) stabilisce appunto il legame tra questa ela portata.

In Figura 28.3.12 sono riportate in funzione del tempo le registrazioni simulta-nee dell’ECG (a), di DZ (b) e di dZ/dt (c).

Si presti attenzione al fatto che gli andamenti di DZ e di dZ/dt riportati nella figura sonoinvertiti rispetto a quanto avviene nella realtà: l’impedenza diminuisce durante l’eie-zione e quindi la sua variazione nel tempo è negativa; tuttavia, come vedremo, ciònon influisce sulla valutazione della gittata pulsatoria.

Se l’andamento della portata nell’aorta, nel periodo tra l’apertura e la chiusuradella valvola aortica (tempo di eiezione dal ventricolo sinistro tevs), fosse cono-sciuto direttamente, il calcolo esatto della gittata pulsatoria Vs si ricaverebbe ese-guendo l’integrale della portata nel tempo tevs e corrisponderebbe all’area sottesadalla curva di portata (Figura 8.20e) durante questo intervallo di tempo.

Tuttavia la relazione (28.3.11) è attendibile solo durante il passaggio iniziale delsangue nell’aorta ascendente: infatti, quando il sangue inizia a percorrere l’aorta

Q L

ZdZdto

= ρs

2

2 ,

DD

DD

Vt

LZ

Zto

= ρs

2

2

DV = ρs

2

2 .LR

Ro

Δ

R L

SLL

Lo

o o

2s

2

2

4

= =ρ ρ⎛

⎝⎜

⎠⎟

22s V 2 ,

ΔV V 2

= o

LR.

ρs2 D

Relazione impedenza-portata

Page 17: Strumentazione Biomedica

28.3 I trasduttori 721

discendente, la corrispondente corrente elettrica aggiuntiva cambia direzione, al-terando sia DZ che dZ/dt. Inoltre anche il sangue immesso dal ventricolo destronell’arteria polmonare contribuisce a variare l’impedenza e quindi anche dZ/dt.Questo tuttavia si verifica con un certo ritardo a causa della minore velocità delsangue nell’arteria polmonare (la pressione nel ventricolo destro è circa 1/4 diquella nel ventricolo sinistro e la sezione dell’arteria polmonare è maggiore diquella aortica) e, se non influenza l’impedenza DZ subito dopo l’apertura della val-vola aortica, certamente produce effetti negli istanti successivi. Ne segue che lacurva di Figura 28.3.12c riproduce in modo attendibile la portata aortica solo nellafase di salita del segnale dZ/dt (a partire dall’istante indicato con A) e in praticapermette solo una misura dell’ampiezza massima della portata, o portata di picco,che dalla (28.3.11) risulta:

(28.3.12)

dove (dZ/dt)max indica l’ampiezza massima raggiunta da dZ/dt dopo l’aperturadella valvola aortica, come indicato in Figura 28.3.12c (per quanto detto sopra, sa-rebbe più corretto scrivere (dZ/dt)min, dato che la variazione di impedenza è nega-tiva).

Per ottenere la gittata pulsatoria, avendo a disposizione solo Qmax, possiamo conbuona approssimazione moltiplicare questo valore per il tempo di eiezione dalventricolo sinistro tevs (Figura 28.3.12c). Si ottiene così la gittata pulsatoria Vs:

(28.3.13)

Introducendo nella (28.3.13) la seconda legge di Ohm:

(28.3.14) Z L S L ro o≈ ρ ρs s2/ / ,= π

Vs s

2

2max

evs= ρ LZ

dZdt

to

( ) .

Q L

ZdZdto

max s

2

2max

= ρ ( ) ,

ECG (mV)

DZ (ohm)

dZ/dt (Ω s–1)

O

O

O

tempo

tempo

tempo

(dZ/dt)max

tevs

a)

b)

c)

B

A

Registrazioni simultanee dell’ECG(a), della variazione di impedenzaDZ (b) e della derivata temporaledZ/dt (c). Allo scopo di mettere inevidenza la somiglianza con l’anda-mento della portata aortica (Figura8.20e), la variazione di impedenzaelettrica, durante l’eiezione dalventricolo sinistro, è mostrata inver-tita: essa in realtà diminuisce conl’eiezione. In (c) sono evidenziati(dZ/dt)max e tevs. Il punto A indical’apertura della valvola aortica,mentre il punto B quello della suachiusura: l’intervallo di tempo traquesti due punti è il tempo di eie-zione tevs.

Figura 28.3.12

Page 18: Strumentazione Biomedica

722 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

dove r è il raggio del cilindro toracico, si ottiene, dopo le semplificazioni del caso:

(28.3.15)

dove Vo = � r2 L è il volume del cilindro. In questo modo non è necessario cono-scere la resistività del sangue del soggetto, parametro non facilmente misurabilecon metodiche non invasive.

Inoltre la relazione (28.3.15) può essere ulteriormente generalizzata nel casodi un soggetto normale, dato che:a) la circonferenza toracica è anatomicamente correlata ad L dalla relazione (per

soggetti normali) 2 � r ª 3 L;b) in realtà il volume del conduttore non è cilindrico, ma quello di un tronco di

cono (Figura 28.3.11a), corrispondente ad 1/3 del volume del cilindro;c) normalmente la lunghezza L è pari al 17% della statura corporea H.

Si ottiene allora:

(28.3.16)

espressione che permette di risalire a Vs mediante la misura di Zo, (dZ/dt) max e tevs,conoscendo solamente la statura del soggetto. Infine con un opportuno parame-tro correttivo (compreso fra 0.9 e 1.3) si può tener conto anche della massa cor-porea dell’individuo, qualora fosse fuori dalla norma.

Le varie approssimazioni introdotte per ottenere questa relazione, conside-rando anche la variabilità dei sistemi biologici, comportano un errore complessivosulla gittata pulsatoria dell’ordine del 15 – 20%, come riportato nell’Esempio28.3.2.

Lo strumento elettronico, cui sono collegati gli elettrodi, calcola, tramite unmicroprocessore, il valore istantaneo di DZ e quello della sua derivata temporaledZ/dt. Le variazioni di impedenza elettrica vengono calcolate eseguendo il rap-porto istantaneo (20.42), tra l’ampiezza della corrente applicata e l’ampiezza delpotenziale misurato. Dai tracciati di queste grandezze e da quello ECG, lo stru-mento valuta in tempo reale Zo, (dZ/dt)max e tevs, ricavando il valore di Vs, tramite larelazione (28.3.16), per ogni battito cardiaco. Nota la frequenza cardiaca è possi-bile calcolare con continuità (Esempio 28.3.2) il volume di sangue introdotto nelsistema circolatorio nell’unità di tempo (litri/minuto).

È opportuno osservare che questa metodica (come d’altra parte anche quelladi diluizione), a causa delle approssimazioni introdotte e della variabilità fra i si-stemi biologici, non è in grado di fornire misure assolute attendibili di gittata si-stolica e di portata cardiaca, mentre risulta affidabile nell’eseguire misure relative(cioè in pratica sullo stesso soggetto). Inoltre per le caratteristiche della metodica,essa non può essere applicata a soggetti con disfunzioni cardiache o aortiche.

La misura della portata cardiaca, eseguita sia con il metodo della diluizione otermodiluizione (invasiva), sia tramite la bioimpedenza toracica (non invasiva), èparticolarmente utile per il controllo di soggetti in cui viene alterato in modo no-tevole l’equilibrio dei liquidi, ad esempio durante le terapie emodialitiche (si veda§28.8) oppure nel corso di interventi chirurgici, soprattutto se prolungati.

Vs

3

maxevs

30.17= =3

43

4π πLZ

dZdt

t HZ

dZdto o

( ) ( ) ( ))max

evst ,

V V

smax

evsmax

evsZ Z= =πr L

Zddt

tZ

ddt

to

o

o

2 ( ) ( ) ,

Page 19: Strumentazione Biomedica

28.3 I trasduttori 723

Con queste metodiche infatti è possibile ricavare praticamente in tempo realeun’indicazione delle variazioni del volume di liquido presente nel soggetto equindi intervenire di conseguenza (negli interventi chirurgici ciò è di competenzadell’anestesiologia). È interessante ricordare che le misure di portata cardiaca me-diante la bioimpedenza toracica sono state avviate e sviluppate, nella seconda metàdegli anni ’60 del secolo scorso, dalla necessità di monitorare in modo non inva-sivo, con continuità e in tempo reale, lo stato del sistema cardiovascolare degliastronauti durante le missioni in orbita terrestre e sulla Luna.

Un pletismografo a impedenza toracica, eseguendo una me-dia su 16 pulsazioni, misura una impedenza Zo = 29.6 ±± 0.01 ohm, un tempo di eiezione ventricolare sinistra tevs = = 0.24 ± 0,01 secondi, un valore di (dZ/dt)max = 1.32 ±± 0.02 ohm s–1. La frequenza cardiaca è di 70.23 ± 0.18 battitial minuto, mentre la statura del soggetto è di 171.5 ± 0.3 cm.Calcolare la gittata sistolica e la portata cardiaca (in litri/min)con i relativi errori.

Soluzione Applichiamo la relazione (28.3.16) che fornisce lagettata sistolica:

Per calcolare l’errore strumentale sulla gittata sistolica, appli-chiamo la formula di propagazione degli errori casuali ripor-tata in Appendice A e nel relativo Esempio, che nel nostro casodiventa:

cioè:sV = 2.83 cm3

e quindi Vs = 63.32 ± 2.83 cm3 (pari a un errore del 4.47%). La portata Q nell’aorta risulta essere:

Q = Vs n = 63.32 cm3 70.23 pulsazioni/min = 4447 cm3/min = = 4.447 litri/min,

con un errore, calcolato come sopra, di:

Dunque gli errori strumentali di misura riportati in questoesempio, portano a un errore sulla gittata sistolica e sulla por-tata aortica di circa il 5%. Combinando con l’errore di tipobiologico (dovuto in larga misura alla variabilità dei sistemibiologici), stimato del 10 – 15%, si ottiene l’errore comples-sivo reale di circa 15 – 20% sulla gittata sistolica assoluta esulla portata aortica assoluta (si vedano le considerazioni svoltealla fine del §28.3c).

sQ

sQ

s v s sQ

22

22 2

1= =∂∂

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

∂∂

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

VVV V

2

n n2

nn2

litri/min.

=

= ± 0 199.

sH

sdZdt

sZo

VV V V2 1

H1

dZ1=

∂∂

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

∂+

∂∂

⎝⎜

⎞22 2

⎠⎠⎟ +

∂∂

⎝⎜

⎠⎟

22

22

334

0 17 3

st

s

HZ

dZ

o

Z1

evst

2

V=

.ddt

t sH

Zt

o( )⎡

⎣⎢

⎦⎥ +

( )⎡

⎣⎢

⎦mevs H

3

evs

22 3

40 17

π.

⎥⎥ +

+( ) ( )

⎣⎢

⎦⎥

2

2

2

34

0 17

s

HZ

dZdt

t so

dZ

3

2m

evs Zπ. 22

2

2

2

34

0 17

1 108

+( ) ( )

⎣⎢

⎦⎥

( )

π.

.

HZ

dZdt

so

3

mt =

= 00 3 47 97 0 02 2 139 0 012 2 2 2 2. . . . .+ ( ) + ( ) +⎡⎣

+ 263.84(( ) ⎤⎦( ) = ( )2 2 3 2 3 20.01 cm 7.99 cm ,

Vs

3

maxevs

3171.5

= =

=

34

0 17

34

0 17

π

π

.

.

HZ

dZdt

to

( ) ( )⋅( ) ccm29.6

s s

cm

3–1

3

ΩΩ1 32 0 24

63 32

. .

. .

=

=

EEsseemmppiioo2288..33..22 Impedenza toracica e gittata sistolica

Page 20: Strumentazione Biomedica

724 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

28.3d Trasduttori di temperatura

I trasduttori di temperatura più comunemente usati sono di due tipi: il termo-metro a resistenza e la termocoppia. Dei due, il primo ha il vantaggio di non richie-dere un riferimento di temperatura e di essere più adatto a misurare variazioni ditemperatura molto piccole, rispetto alla termocoppia, la quale d’altra parte nonnecessita di una consistente elaborazione elettronica della misura e di un’alimen-tazione autonoma.

Nei trasduttori termoresistivi, la resistività r di un opportuno conduttore cambiacon la temperatura t (espressa in °C) secondo la relazione:

r (t) = ro (1 + At ), (28.3.17)

dove ro è la resistività alla temperatura di riferimento (solitamente 0°C) e A è uncoefficiente che per molti metalli è positivo e dell’ordine di 0.004 ohm °C–1. Il pas-saggio di corrente attraverso un simile conduttore, per la legge di Ohm, provocauna variazione di d.d.p. ai suoi capi, lineare con la temperatura. Se gli estremi delconduttore sono assai vicini, il riscaldamento per effetto Joule può essere trascu-rato. In questo modo l’errore, a temperatura ambiente, di un simile trasduttore èdell’ordine di 10–4 °C.

Nel caso delle termocoppie non è necessaria alcuna alimentazione. Se due con-duttori A e B diversi sono collegati alle giunzioni poste a due diverse temperature(Figura 28.3.13) t1 e t2, si ottiene ai due estremi una d.d.p. che in generale è pro-porzionale alla variazione di temperatura Dt = t2 – t1. Ad esempio, per Dt = 100°C si ha una d.d.p. dell’ordine di vari milliVolt. In realtà la d.d.p. DV è ingenerale data da una funzione non lineare della variazione di temperatura Dt:

(28.3.18)

dove a, b e c sono coefficienti numerici. Per piccoli intervalli di temperatura, gli ul-timi due termini possono essere trascurati.

Se una giunzione è posta alla temperatura da misurare, l’altra deve essere po-sta a un dato riferimento di temperatura (0°C), che può essere costituito da ghiac-cio fondente (1 atmosfera), oppure ricostruito elettronicamente nel circuitodell’apparecchio.

La velocità di risposta di questi strumenti li rende particolarmente adattinell’eseguire misure e controlli di temperatura per la diagnosi di anomalie localinel sistema circolatorio o nei tessuti.

28.3e Trasduttori ottici

I trasduttori ottici (fotoelettrici) sono, in generale, basati sull’effetto fotoelettrico,che consiste nell’emissione di elettroni, da parte di determinati materiali, quandosulla loro superficie (fotocatodo) incide un fascio di luce o di raggi X (§25.9a e Fi-gura 25.21).

A seconda del materiale, l’emissione elettronica dipende dalla lunghezzad’onda della radiazione incidente ed è proporzionale alla sua intensità. Il circuitoelettrico di funzionamento di una cellula fotoelettrica è mostrato in Figura28.3.14.

Δ Δ Δ ΔV a t b t c t= 1

212

2 3+ + ,

A

B

A

t2

t1

V1

V2

Rappresentazione schematica diuna termocoppia per la misuradella variazione di temperatura t2 – t1.

Figura 28.3.13

Vo

Vs

anodo fotocatodo

luce

Circuito elettrico di una fotocel-lula. Una batteria stabilisce unad.d.p. Vs fra anodo e fotocatodo. Laluce incidente provoca l’emissionedi elettroni dal fotocatodo che ven-gono raccolti dall’anodo. La cor-rente elettrica che ne risulta pro-voca la d.d.p. Vo.

Figura 28.3.14

Page 21: Strumentazione Biomedica

28.3 I trasduttori 725

Sull’effetto fotoelettrico si basa anche il fotomoltiplicatore, un dispositivo ingrado di rivelare intensità luminose molto basse, già descritto nel §26.3 e in Figura26.12, utilizzato soprattutto in Medicina nucleare (si veda anche §28.9).

Di impiego più vasto sono i trasduttori ottici chiamati CCD (acronimo di ChargeCoupled Device, dispositivi a scorrimento di carica), il cui sviluppo ebbe inizio nel1970 e che oggi vengono ampiamente utilizzati per ottenere immagini, in partico-lare in condizioni di bassa luminosità, come già citato nel caso della microscopiadigitale (§22.5d), dell’endoscopia (§22.6) e della radiografia digitale (§25.9c).

Anche per i CCD è sempre l’effetto fotoelettrico che ne determina il funziona-mento, tuttavia in questo caso la costruzione del dispositivo è tale da consentirel’immediata digitalizzazione dell’informazione, cioè del numero di fotoni inci-denti nell’unità di tempo e della loro localizzazione.

Registrare un’immagine luminosa con un CCD è come misurare la distribu-zione della pioggia su un campo disponendo di una serie di secchi prima chepiova, per poi trasferirli con nastri trasportatori fino a una stazione di misura, doveviene annotata la quantità d’acqua contenuta in ogni secchio. Nei CCD i fotoni in-cidono su un elemento di silicio, all’interno del quale sono state create delle re-gioni ad alto e basso potenziale elettrico, mediante opportuni microelettrodi, inmodo da creare buche equidistanziate di potenziale elettrico, in cui si raccolgonogli elettroni originati dall’effetto fotoelettrico nel silicio. Spostando le buche di po-tenziale attraverso il silicio, mediante opportune modifiche del potenziale dei mi-croelettrodi, è possibile trasferire la carica elettrica raccolta da ciascuna buca finoa un circuito amplificatore, nel quale viene misurata la carica in forma digitale. Lamisura digitalizzata viene quindi inviata a una memoria. In questo modo viene mi-surata l’intensità dei fotoni incidenti sul CCD.

L’impiego di un materiale semiconduttore, quale il silicio, permette di avva-lersi delle tecniche microelettroniche (grazie alle quali sono stati sviluppati i mi-croprocessori), per cui un singolo elemento di CCD (cioè una sola buca di poten-

CCD (dispositivo a scorrimento di carica)

fotomoltiplicatore

fotografia

occhioumano

0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1

lunghezza d'onda (�m)

100

(%)

10

1

0.1

efficienza di conversione(sensibilità) Confronto fra i rivelatori di luce

oggi disponibili in funzione dellaloro efficienza di conversione (mi-sura di sensibilità) e del loro inter-vallo spettrale. I dispositivi CCD ri-sultano più efficienti a tutte le lun-ghezze d’onda, tranne che nella re-gione ultravioletta estrema dellospettro elettromagnetico.

Figura 28.3.15

Page 22: Strumentazione Biomedica

726 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

ziale) possiede normalmente forma quadrata con alcuni micrometri di lato (3 – 10 �m), e quindi tale dimensione individua l’unità di area digitalizzata (chia-mata pixel, si veda l’Appendice B). Le versioni dei CCD in commercio presentanoaree fino a oltre 5 ⋅ 103 pixel per lato, corrispondenti a una matrice di 25 Mpixelper rappresentare un’immagine digitalizzata (altissima definizione). Le dimen-sioni complessive di un blocco CCD (chip) sono di alcuni cm2 e con opportuni fil-tri si possono ottenere immagini digitali a colori.

I dispositivi CCD presentano numerosi vantaggi rispetto agli altri trasduttori ot-tici. Oltre alla possibilità di elaborare direttamente, tramite calcolatore, le imma-gini, essi possiedono una sensibilità molto elevata, come mostrato in Figura28.3.15: i materiali fotoelettrici emettono un elettrone ogni 5 – 10 fotoni incidentie perciò hanno un’efficienza di conversione (sensibilità) compresa fra il 10 e il20%; nel caso dell’occhio sono necessari circa 70 fotoni incidenti per originareuna risposta visiva (§23.4c), con un’efficienza poco superiore all’1%, nel caso deiCCD si arriva a un’efficienza del 70%, con un intervallo di operatività di granlunga maggiore (sopra e sotto l’intervallo del visibile). Anche l’intervallo dina-mico, definito come il rapporto tra la massima e la minima intensità di luce rileva-bile, è molto elevato, dell’ordine di 5000: in confronto quello di una pellicola fo-tografica è inferiore a 100. Infine i CCD, come i fotomoltiplicatori, sono dispositivilineari (le pellicole fotografiche ad esempio non lo sono) e presentano un bassorumore di fondo (che a basse temperature si può portare a livelli insignificanti).

28.3f Trasduttori chimici

Un esempio di trasduttore chimico è costituito da elettrodi con cui misurare ilpH di una soluzione (pHmetri). Ciò viene fatto misurando la d.d.p. tra la massa eun elettrodo di materiale opportuno, ad esempio antimonio (Sb), che viene a di-pendere linearmente dal pH della soluzione secondo la relazione seguente (Fi-gura 28.3.16), essendo T la temperatura assoluta, R la costante dei gas perfetti e Fla costante di Faraday:

(28.3.19)

dove DVo è la d.d.p. fissa fra Sb e l’ossido di antimonio, Sb2O3, normalmente pre-sente sulla superficie di un simile elettrodo. Esistono in commercio vari tipi di elet-trodi e microelettrodi per la misura del pH delle soluzioni.

Δ ΔV V

RTFo= − ⋅

2 303. ,(pH)

capillare di vetro

2 �m

antimonioisolante

a)

b)

DV (millivolt)

450

400

350

300

2505.0 6.0 7.0 8.0 9.0

pH

L’elettrodo di antimonio (a), rico-perto normalmente di un sottilestrato di ossido, Sb2O3, introdottoin una soluzione contenente ioniH+, provoca il processo di ossido-ri-duzione:

Sb2O3 + 6 H+ + 6 e– → 2 Sb + 3 H2O.

(b) All’equilibrio il potenzialedell’elettrodo dipende linear-mente dal pH della soluzione(28.3.19).

Figura 28.3.16

anodoAg/AgCl

sistema diriscaldamento

catodoplatino 25 �m membrana

termistore

amplificatore

elettrodo per pH

Sensore combinato per la misuratranscutanea di pO2

e pCO2arteriose.

Il sensore viene applicato sulla cutecon la parte inferiore, dove c’è lamembrana, attraverso cui diffon-dono i gas provenienti dai tessuti.

Figura 28.3.17

Page 23: Strumentazione Biomedica

28.4 Il microscopio elettronico 727

Sempre mediante elettrodi di costruzione particolare è possibile misurare laconcentrazione di vari tipi di ioni. La concentrazione di ossigeno nel sangue puòessere misurata (ossimetria) mediante il differente assorbimento della luce daparte della molecola di emoglobina e di ossiemoglobina (§22.3 e Figura 22.9).

La misura del pH di una opportuna soluzione elettrolitica eseguita con 2 elet-trodi (catodo e anodo) permette di misurare sia la pressione parziale di CO2 (pCO2

),sia la pressione parziale di ossigeno (pO2

) nel sangue. Entrambe queste misure pos-sono essere eseguite contemporaneamente in modo non invasivo, senza prelevarecampioni di sangue. La misura transcutanea di pCO2

e di pO2si ottiene sfruttando la

diffusione di questi gas attraverso i tessuti cutanei e attraverso la membrana delsensore, fino ad un’opportuna soluzione elettrolitica di cui viene misurato il pH(Figura 28.3.17). I due gas danno luogo nella soluzione elettrolitica ai seguentiprocessi:

a)

b)

Le correnti che si producono al catodo e all’anodo (o le rispettive misure dipH) sono proporzionali alle pCO2

e pO2della soluzione elettrolitica. La misura ri-

sulta precisa riscaldando la superficie cutanea a circa 45°C e sigillando la mem-brana del sensore (appoggiata alla cute) in modo che non vi siano fughe o ingressidei gas. In questo modo i valori delle pressioni parziali nell’arteria e nella solu-zione elettrolitica sono praticamente uguali. Lo strumento viene solitamente ta-rato con miscele gassose note (come l’aria atmosferica per l’ossigeno).

IL MICROSCOPIO ELETTRONICO

Il microscopio elettronico utilizza gli elettroni come sonde per ottenere imma-gini ingrandite (invece dei fotoni visibili impiegati nella microscopia ottica). Percomprendere il funzionamento del microscopio elettronico è quindi necessariofare un accenno al comportamento degli elettroni in campi elettrici.

28.4a Le lenti elettrostatiche

Una carica elettrica q subisce l’azione di una forza F = q E quando si trova inmoto in un campo elettrico, per esempio tra le armature di un condensatore afacce piane e parallele (placche), cui è stata applicata una differenza di potenzialeelettrico DV, come mostrato in Figura 28.4.1. Il campo elettrico uniforme Edeforma la traiettoria della carica elettrica, in particolare, quando la sua velocità vè perpendicolare alle linee di forza del campo elettrico, si produce un’accelera-zione costante ax , lungo la direzione di E, data da:

(28.4.1)

dove m è la massa della carica q. Le altre componenti dell’accelerazione sono nullee pertanto il moto in direzione y è rettilineo uniforme:

a

Fm

q Em

q Emx

x x= = = ,

O H O 2 H O OH

H O 2 OH2 2

–2 2

2– –

+ + ⇔ +

+ ⇔

2 2

2

e

e .

CO H O H CO H HCO2 2 2 3+

3–+ ⇔ ⇔ +

28.4

–––––––––––

+++++++++++

d

x

v + q

E

y

o

La traiettoria di una carica elettricapositiva q, in moto con velocità v, at-traversa una regione ove è presenteil campo elettrico E, uniforme e or-togonale alla direzione della ca-rica, il quale agisce solo sulla com-ponente vx della velocità, lasciandoinalterata la componente vy. La par-ticella carica viene deflessa e per-corre una traiettoria parabolica,per cui, all’uscita dal condensa-tore, la carica prosegue di moto ret-tilineo uniforme in direzione late-rale.

Figura 28.4.1

Page 24: Strumentazione Biomedica

728 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

V1 V2

V1 V2

v1y = v2y

v1y v1

v1x

e–

e–v2y v2

v2x

q2q1

Nell’attraversare due regioni a po-tenziale elettrico V1 e V2, un elet-trone viene deflesso e il suo moto ècaratterizzato da una legge analogaa quella della rifrazione ottica. Lelinee V1 e V2 sono linee equipoten-ziali, ortogonali al vettore campoelettrico che agisce sull’elettrone.

Figura 28.4.2

y(t) = v t , (28.4.2)

essendo v la velocità iniziale lungo l’asse y. Poiché l’accelerazione è costante lungox, ne risulta, come visto nel §2.2c, un moto uniformemente accelerato:

(28.4.3)

dove abbiamo posto E = DV/d. Come noto, eliminando la variabile tempo tra la(28.4.2) e la (28.4.3), si ottiene una traiettoria parabolica all’interno del conden-satore. All’uscita dal condensatore, essendo E = 0, la carica q non subisce più azionidi forza e prosegue di moto rettilineo uniforme in direzione obliqua (Figura28.4.1).

Più in generale si può schematizzare un elettrone (q = – e ) che attraversi dueregioni a diverso potenziale elettrico, V1 e V2 (Figura 28.4.2). L’energia cinetica diun elettrone che si muove con velocità v è proporzionale in ogni punto al poten-ziale V : 1/2 mv2 = –eV. Nelle due regioni abbiamo dunque:

(28.4.4)

Poiché la forza che agisce sull’elettrone, quando passa dalla regione 1 alla re-gione 2, è normale alle linee equipotenziali, V1 e V2, solo le componenti lungo xdelle velocità saranno modificate e non quelle lungo y, per cui v1y = v2y , ed essendov1y = v1 sen q1 e v2y = v2 sen q2 , si ottiene:

v1 sen q1 = v2 sen q2 (28.4.5)

che, mediante le (28.4.4) diventa:

. (28.4.6)

Questa relazione è analoga alla legge della rifrazione in ottica (12.25), per cuisi può pensare che il comportamento di un elettrone in un campo elettrostaticopossa essere descritto in termini ottici, assumendo in ogni regione del campo unindice di rifrazione assoluto Le condizioni dell’ottica ordinaria sono tut-tavia diverse da quelle dell’ottica elettronica. Nell’ottica geometrica, l’indice di ri-

n V= .

V V1 1 2 2sen senθ θ=

v e

mV v e

mV1

21 2

22

2 2= =, .

x t v dt

at

q Em

tq V

m dtx

x( )2 2 2

= = = =� 2 2 2D ,

Page 25: Strumentazione Biomedica

frazione varia bruscamente passando da un valore all’altro alla superficie dellelenti. Nel caso dell’ottica elettronica, non esistendo tali confini definiti, l’indice dirifrazione varia con continuità in una data regione. Per questo motivo la determi-nazione del percorso di un elettrone attraverso una lente elettrostatica (Figura28.4.3a,b) è più complessa del corrispondente caso del raggio luminoso. Un esem-pio di lente elettrostatica convergente è mostrato in Figura 28.4.3c.

Analoghi effetti focalizzanti sono ottenuti anche con campi magnetici generatida opportuni solenoidi. Si tratta in questo caso di ottica magnetica, che viene appli-cata in alternativa a quella elettronica nei microscopi elettronici (Figura 28.4.4) enegli acceleratori di particelle (§24.12).

28.4b La microscopia elettronica

Come si accenna nel Capitolo 24, la Meccanica classica non è più applicabilequando le dimensioni dei sistemi sono molto piccole, dell’ordine di atomi e mole-cole. È necessario allora riformulare la Meccanica su basi probabilistiche (Mecca-nica quantistica). Ciò implica, tra l’altro, il fatto di trattare il moto dei corpi micro-scopici (particelle) in termini ondulatori (la Meccanica quantistica è anche chia-mata ondulatoria) e pertanto applicare una duplice descrizione di una particella:sia come corpuscolo dotato di massa, sia come onda che si propaga (dualismo par-ticella-onda). In particolare, la frequenza di un’onda di materia, come per la luce,è proporzionale alla sua energia cinetica EK:

E = EK = h n , (28.4.7)

dove h è la costante di Planck, h = 6.6 ⋅ 10–34 joule secondo, mentre la lunghezzad’onda della particella è legata alla sua quantità di moto q = mv dalla relazione:

q = h/l . (28.4.8)

R2

+ +

– –

�V

+

F

a)

b) c)

R1

S

(a) e (b) Aperture circolari caricheche si comportano come lenti elet-trostatiche (viste in sezione trasver-sale). Il tratteggio indica le lineeequipotenziali, mentre le lineerosse sono le traiettorie degli elet-troni: (a) apertura divergente e (b)apertura convergente. (c) Esempiodi lente elettrostatica convergente,costituita da due elettrodi cilindricicoassiali di raggio diverso, fra iquali è stabilita una differenza dipotenziale DV. Le linee continuerappresentano le linee di forza delcampo elettrico, mentre quelletratteggiate sono linee equipoten-ziali. L’effetto di convergenza èproporzionale a DV e al rapportotra i raggi R1/R2. Il punto S rappre-senta la sorgente di elettroni ed F èil fuoco della lente elettrostatica.

Figura 28.4.3

28.4 Il microscopio elettronico 729

Page 26: Strumentazione Biomedica

730 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Osservando che, trascurando gli effetti relativistici:

(28.4.9)

si ricava dalle (28.4.7) e (28.4.8) la seguente relazione fra lunghezza d’onda edenergia cinetica EK della particella:

(28.4.10)

Questa relazione, adottando l’elettronvolt (eV) come unità di misura dell’ener-gia, diventa:

(28.4.11) l

E K= 1.5 nanometri,

l = h

m EK2.

q m v m m v m EK= = =2 1

222 ,

A B

B

F = – eva B

v

B

F = – ev B

forza di Lorentz(verso l'esterno del foglio)

solenoide racchiuso inun contenitore di ferro(in sezione)

avvolgimenti

va ,velocità azimutale(verso l'esterno del

foglio)

linee di forza delcampo magnetico

involucrodi ferro

solenoide racchiuso inun contenitore di ferro

(in sezione)

avvolgimenti

traiettoriadegli elettroni

asse della lente

magnetica

R2

In una lente magnetica, il campomagnetico non uniforme, gene-rato da due solenoidi, devia l’elet-trone, secondo la forza di Lorentz(14.7), come mostrato nei due in-serti. In A la forza di Lorentz pro-duce una componente della velo-cità diretta verso l’esterno delpiano della figura, mentre in B que-sta componente comporta unaforza di Lorentz che tende a farconvergere l’elettrone sull’assedella lente. Il fuoco della lente puòessere variato cambiando la cor-rente che circola nei solenoidi.

Figura 28.4.4

S

C

O

LO

I1

Lp

I2

M

schermo fluorescente

Schema di un microscopio elettronico a trasmissione. Un filamento S, portato all’incandescenza,emette elettroni per effetto termoionico. Su di essi agisce un campo elettrico acceleratore stabilitotra il filamento stesso e una lastra metallica che funge anche da collimatore. Le lenti sono costituiteda campi elettrici e magnetici. Una prima lente, detta condensatore (C), concentra il fascio sulcampione O sotto osservazione. Una seconda lente Lo funziona come obiettivo e fornisce unaprima immagine ingrandita del campione, che si forma davanti ad una terza lente Lp, chiamataproiettore, che, della prima immagine, fornisce un’ulteriore immagine ingrandita su uno schermofluorescente I2, osservabile direttamente da una finestra laterale di osservazione M e che, all’oc-correnza, può essere fotografata. L’insieme del dispositivo è sotto vuoto per evitare la diffusionedegli elettroni lungo il loro cammino, così da mantenere il fascio, per quanto possibile, monoe-nergetico e quindi monocromatico.

Figura 28.4.5

Page 27: Strumentazione Biomedica

28.4 Il microscopio elettronico 731

dove abbiamo considerato come particella di massa m un elettrone. La (28.4.11)permette di calcolare la lunghezza d’onda, espressa in nm, associata a un elettronein moto, esprimendo l’energia cinetica EK in eV.

Le relazioni (28.4.10) e (28.4.11) non tengono conto degli effetti relativisticiche si manifestano quando la velocità della particella è molto prossima alla velocitàdella luce. Ciò avviene a energie cinetiche molto elevate, ad esempio un elettrone,dotato di un’energia cinetica pari a 100 keV, possiede una velocità pari a 0.62c, checomporta una correzione di circa +20% nella (28.4.9), non molto importantenella valutazione della l, poiché, come vedremo fra poco, la (28.4.10) verrà utiliz-zata solo per stimare l’ordine di grandezza della lunghezza d’onda della particella.

Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, che un fascio di elettroni può esseretrattato come un fascio ottico mediante lenti elettrostatiche (Figura 28.4.3) op-pure magnetiche, come illustrato in Figura 28.4.4. Si ha così la possibilità di co-struire un microscopio elettronico, mostrato schematicamente in Figura 28.4.5, in cuisi seleziona la lunghezza d’onda della particella variando l’energia cinetica deglielettroni mediante l’azione acceleratrice di campi elettrici.

Come nel caso del microscopio ottico (22.21), il potere separatore (dm)–1 delmicroscopio elettronico dipende dall’apertura numerica e dalla lunghezzad’onda:

(28.4.12)

Dalla relazione (28.4.10), si può diminuire la lunghezza d’onda aumentandol’energia cinetica dell’elettrone e ottenere, in linea teorica, un potere separatorefino a 105 volte superiore a quello del microscopio ottico. Purtroppo in pratica ciònon è possibile, poiché le lenti per gli elettroni non sono così perfette come quelleottiche e quindi è necessario operare con aperture a molto piccole e il potere se-paratore può essere incrementato fino a un fattore 1000, rispetto a quello ottico.Il microscopio elettronico può dunque raggiungere ingrandimenti utili 1000 voltemaggiori di quello ottico, cioè fino a 106 ingrandimenti.

Come detto sopra, per aumentare l’energia cinetica del fascio di elettroni è suf-ficiente accelerarli in un campo elettrostatico. Ad esempio, in un campo elettro-statico, corrispondente ad una d.d.p. di 100 kV, ogni elettrone acquista un’energiacinetica data dalla (3.23):

(28.4.13)

essendo e la carica elettrica dell’elettrone e m la sua massa. Ricavando il valoredella velocità, si ottiene v = 1.9 ⋅ 1010 cm/s, che tramite la (28.4.8) e la (28.4.9) for-nisce l = 0.04 Å. Assumendo un’apertura numerica dell’ordine di 10–3, dalla(28.4.12) si ottiene una distanza minima di risoluzione dei dettagli del preparatodm ª 26 Å, circa 0.2 �m/26 Å ª 100 volte inferiore a quella del microscopio ottico.Pertanto, un microscopio elettronico, con questi parametri, può ingrandire effi-cacemente fino a circa 100mila volte.

L’ottica elettronica è possibile solo nel vuoto. Ciò rappresenta un impedi-mento all’osservazione di oggetti vivi oppure contenenti acqua. L’uso del micro-scopio elettronico è assai più complicato rispetto al microscopio ottico e la stessapreparazione dei campioni da osservare è molto più delicata e complessa. Inoltre,per quanto concerne il contrasto nell’immagine, grazie al quale essa acquista si-

12

m v e V2 –19 5

–14

1.6 10 10 joule

1.6 10

= = =

=

Δ ⋅

⋅ joule 100 ke ,= V

d

nm = 1.222 sen

λα

.Potere separatore

Page 28: Strumentazione Biomedica

732 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

gnificato, esso è ottenuto dalla diversa densità delle varie componenti del cam-pione. Per osservare contrasti accettabili è necessario depositare, per vaporizza-zione, un sottile strato metallico sul campione opportunamente trattato.

Questo impiego del microscopio elettronico a trasmissione (Figure 28.4.5,28.4.6 e 19.15), non si deve confondere con quello del microscopio elettronico ascansione (Figura 28.2.7), nel quale un sottile pennello di elettroni, governatocome nel tubo catodico del televisore, esplora a intervalli l’oggetto in esame. Tuttii punti della superficie colpiti dal fascio emettono successivamente elettroni se-condari diffusi che producono una corrente elettrica amplificabile, capace di pro-durre un’immagine sullo schermo di un monitor. Le immagini così ottenute for-niscono un’impressione pseudotridimensionale della superficie osservata, comeevidente dalla Figura 28.4.8 (si veda anche la Figura 23.32).

Con una tecnica simile alla microscopia elettronica è possibile effettuare analisiin traccia di campioni, cioè individuare la distribuzione di quantità microscopichedi determinati elementi presenti in un campione biologico (per elementi con Z > 15 la risoluzione raggiungibile è di 10–20 grammi). In pratica si tratta di utiliz-zare un microscopio elettronico a scansione abbinato a un rilevatore della radia-zione X che si origina, tramite il meccanismo illustrato in Figura 25.14, quando ilfascio di elettroni incide sul campione: i fotoni X generati per transizione tra gliorbitali atomici più interni dell’atomo sono caratteristici degli elementi compo-nenti il campione. Si possono così ottenere le mappe di determinati elementi pre-senti in traccia.

cannoneelettronico

bobineper lascansione

fascioprimario

campione

sistema per ilvuoto

amplificatore delsegnale

elaborazione delsegnale

schermo per la

visualizzazione (tubo

a raggi catodici)

alimentazione delle

lenti elettriche e

magnetiche

alimentazione del

cannone elettrico

lente 1

lente 2

lente 3

collettore

comandi di

ingrandimento e di

scansione

Schema di un microscopio elettro-nico a scansione, simile a quello atrasmissione, in cui il campioneviene esplorato sequenzialmentedal pennello elettronico. Gli elet-troni diffusi vengono raccolti e lacorrente elettrica così prodottaviene amplificata e inviata sulloschermo di un tubo a raggi cato-dici, dove forma un’immagine adalta definizione costituita tipica-mente da 1000 linee. Il potere sepa-ratore del microscopio a scansioneviene a dipendere soprattutto daldiametro del fascio incidente dielettroni.

Figura 28.4.7

Immagine di una cellula condroci-taria ottenuta mediante microsco-pio eletronico a trasmissione (circa12 000 ingrandimenti): si osserva ilnucleo con il nucleolo ben evi-dente e nel citoplasma sono visibilialcuni mitocondri e alcune vesci-cole del reticolo endoplasmaticoruvido. (Dipartimento di MedicinaSperimentale, Sezione di Istologia,dell’Università di Pavia).

Figura 28.4.6

Page 29: Strumentazione Biomedica

28.5 L’elettrocardiografia 733

(a) Microfotografia del nodo diRanvier (NR) di un assone (appar-tenente al nervo sciatico di ratto)ottenuta mediante un microscopioelettronico a scansione (ingrandi-mento 8 000×). Una delicata rete difibre reticolari (*) forma una sot-tile guaina esterna di tessuto con-nettivo. (b) Microfotografia di unacoppia di coni circondati da ba-stoncelli della retina di salamandraottenuta mediante un microscopioelettronico a scansione (ingrandi-mento 12 000 ×).

Figura 28.4.8

L’ELETTROCARDIOGRAFIA

L’elettrocardiografo permette di registrare, mediante appositi elettrodi postisulla superficie corporea, le differenze di potenziale elettrico (d.d.p.) che si gene-rano tra diversi punti del corpo umano, in concomitanza con il propagarsi del po-tenziale d’azione nelle fibre muscolari cardiache (che sono di tipo amielinico).Nel §19.8 abbiamo visto che tali potenziali elettrici sono determinati dagli strati di-polari associati all’angolo solido, sotto cui è osservato il fronte avanzante del po-tenziale d’azione lungo le fibre muscolari. Come evidente nella Figura 19.20, l’an-damento nel tempo del potenziale V(P) dipende dalla posizione del punto P ri-spetto al fronte di depolarizzazione della cellula (e poi al successivo fronte di ri-polarizzazione).

28.5a Il modello dipolare

Per comprendere più a fondo il significato dei tracciati elettrocardiografici(ECG) è opportuno definire le approssimazioni con cui si opera. Nel seguito tra-scuriamo i fenomeni di f.e.m. indotta (assumiamo quindi nulla l’induttanza L delcorpo umano) e consideriamo il corpo umano come un mezzo omogeneo indefi-

Quale differenza di potenziale viene richiesta in un microsco-pio elettronico affinché gli elettroni forniscano una lunghezzad’onda di 0.5 ångstrom (me = 9.07 ⋅ 10–31 kg)?

Soluzione Dalla relazione (28.4.4), introducendo la (28.4.9)al posto dell’energia cinetica EK e ricavando DV si ottiene:

Assumendo n sen a ª 0.5, il potere separatore (28.4.12) risultaessere:

quindi di dimensioni su scala atomica.

d

nm = ⋅1.22

(2 sen )= 1.22 0.5 Å = 0.61 Å

λα

,,

ΔV he me

= =2

2

–34 2

–12(6.6 10 J s)

(0.5 10λ⋅

⋅ 00 2 –19 –31m) 1.6 10 C 9.07 10 kg

600.3

⋅ ⋅⎡⎣ ⎤⎦=

= 33 volt.

EEsseemmppiioo2288..44..11 Microscopio elettronico: risoluzione

28.5

Page 30: Strumentazione Biomedica

734 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

+

+

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+

+

+

+

+

+

+

p < 0

p = 0

p > 0

p > 0

p > 0

p = 0

a grande distanza

+

+

+

+++

+

+

+

+

++

+

––

––

–––+

+

+–

––

––

––––

––

+

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+++

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––

––

–+++

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––

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+

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+

––––

–– –

–––

––

++

++

++++

+

++

+

––

–––

+

+

+

– ––

++

++

+++–

–+

+

tempo

f)

e)

d)

c)

b)

a)

Man mano che ci si allontana dallacellula, essa appare sempre piùcome un doppio strato dipolare (rW D). A grande distanza dalla cel-lula, attraversata da un potenzialed’azione (depolarizzazione pro-gressiva e ripolarizzazione succes-siva), gli strati dipolari equivalgonoa un momento di dipolo elettricocomplessivo p che varia nel tempo.Da (a) ad (e) esso è causato dalla de-polarizzazione, mentre in (f) e (g)dalla ripolarizzazione della cellula.Nelle fasi successive a (f), non mo-strate in figura, il momento di di-polo elettrico complessivo ha versoopposto a quello relativo alla depo-larizzazione. Quando la cellula è dinuovo polarizzata si ritorna alla si-tuazione illustrata in (a).

Figura 28.5.1

Page 31: Strumentazione Biomedica

28.5 L’elettrocardiografia 735

nito non conduttivo. Il modello, definito da queste approssimazioni, è chiamatoelettrostatico e comporta due possibili interpretazioni dei segnali ECG, a secondache sia r W D oppure che r ª D, dove r è la distanza tra il punto P, in cui si misurail potenziale elettrico, e lo strato dipolare, mentre D è la dimensione del cuore.

Nel primo caso, che riguarda in particolare una parte della registrazione ECG,il modello elettrostatico è chiamato modello dipolare. Infatti, come dimostrato nellaFigura 28.5.1, il fronte avanzante del potenziale d’azione, per r W D (il punto P incui si trova l’elettrodo è lontano dal cuore), origina un momento di dipolo elet-trico p variabile nel tempo. In questo modello è opportuno utilizzare l’espressionedel potenziale di dipolo elettrico (17.30), che riscriviamo sotto forma di prodottoscalare (17.28), avendo sostituito al prodotto pSS il momento di dipolo elettrico to-tale p degli strati dipolari concordi (Figura 28.5.1) e avendo posto eoer = e:

(28.5.1)

Dunque, ciascuna fibra muscolare cardiaca, in ogni istante, quando interessatadal potenziale d’azione, contribuisce a un momento di dipolo totale, da cui ori-gina il potenziale complessivo istantaneo in un dato punto P.

28.5b Il momento di dipolo elettrico cardiaco

La contrazione delle fibre muscolari cardiache viene determinata dal propa-garsi di un potenziale d’azione che si sviluppa a partire da un gruppo di cellulenervose chiamato nodo seno-atriale. Come mostrato in Figura 28.5.2a, il poten-ziale d’azione coinvolge in tempi successivi gli atrii e i ventricoli: in ogni istante siha un momento di dipolo elettrico totale determinato dal fronte avanzante di de-polarizzazione, ottenuto eseguendo la somma vettoriale dei singoli momenti di di-polo delle fibre. Dalla Figura 28.5.2a si nota facilmente che il vettore momento didipolo totale p cambia in modulo, direzione e verso in funzione del tempo: essoappare ruotare nel tempo, aumentando e poi diminuendo il proprio modulo (Fi-gura 28.5.2b) in fasi (onde) successive.

Avremo quindi, all’inizio del ciclo cardiaco, un momento di dipolo totale ruo-tante a causa della depolarizzazione degli atrii (onda P), successivamente una se-conda rotazione, più rilevante, per la depolarizzazione dei ventricoli (onda QRS)e, infine, una terza per il propagarsi del fronte di ripolarizzazione negli atrii e neiventricoli (onda T). Queste ricostruzioni grafiche sono riportate in Figura 28.5.3ae costituiscono un vettorcardiogramma. Le proiezioni di p sui tre assi x, y, z sono mo-strate in funzione del tempo in Figura 28.5.3b.

28.5c Le derivazioni elettrocardiografiche

Come detto sopra, l’elettrocardiografo registra delle differenze di potenzialeelettrico tra due punti, ad esempio tra i punti generici A e B della Figura 28.5.4.Per la (28.5.1) applicata al punto A e al punto B, essendo rA ª rB = r, avremo:

(28.5.2)

V V V Vr r

(A) (B) 14A B

A

A

B

B

- ≡ −⋅

−⋅⎡

⎣⎢

⎦⎥=

π ep pr r

3 3 ==

= =14

14

A B

π πe ep p R⋅ ( ) ⋅r r-

,r r3 3

V

p Sr r

S(P) 1(4 )

cos 1(4 )

.2 3

= =� �e e

θ p ⋅ r

Vettorcardiogramma

Page 32: Strumentazione Biomedica

736 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

dove la differenza vettoriale rA – rB è data dal vettore R. Osserviamo ora che il prodotto scalare p ⋅ R significa eseguire la proiezione del

vettore p sul vettore R e quindi, dalla (28.5.2), VA – VB risulta proporzionale allacomponente di p lungo la retta congiungente i punti A e B. Dunque, con tre mi-sure di differenze di potenziale elettrico, corrispondenti alle proiezioni di p su treassi ortogonali, potremmo ricostruire nello spazio il vettore momento di dipoloelettrico cardiaco totale e studiarne la sua variazione in modulo, direzione e versonel tempo. I tracciati della Figura 28.5.3b sono quindi proporzionali alle d.d.p. tradue punti appartenenti a ciascuno dei tre assi x, y e z.

In pratica, a causa delle approssimazioni del modello dipolare, sono necessarie12 misure di d.d.p.(cioè 12 tracciati ECG) per poter disporre (per scopo diagno-stico) delle informazioni sufficienti a determinare l’evolversi spazio-temporale delmomento di dipolo elettrico totale p, generato durante il ciclo cardiaco.

(A) (B) (C) (D)

(E) (F)(G) a)

1

2

3

4

5

67

(D)

(E)

(F)

(G)

0

1

2

3 4

5

67

tempo

b)

(a) L’onda di depolarizzazione sipropaga nella massa muscolare da-gli atrii (A), (B) e (C)(onda P) aiventricoli (D), (E), (F) e (G) (com-plesso QRS). Sono disegnati i vet-tori momento di dipolo totale cor-rispondenti alle differenti configu-razioni istantanee del fronte di de-polarizzazione. (b) I vettori mo-mento di dipolo totale del com-plesso QRS (da 1 a 7) sono rappre-sentati in relazione alla strutturacardiaca e riportati nella costru-zione del relativo vettorcardio-gramma.

Figura 28.5.2

Page 33: Strumentazione Biomedica

28.5 L’elettrocardiografia 737

P x

zpT

y

R

P T

Q St

t

t

py

pz

px

QRS

b)a)

(a) Vettorcardiogramma: luoghidei punti estremi del vettore mo-mento di dipolo elettrico totale pdel cuore al variare del tempo, cor-rispondenti all’onda P, al com-plesso QRS e all’onda T durante ilciclo cardiaco. Il sistema di riferi-mento x. y, z ha l’origine nel centroelettrico del cuore. (b) Le tre com-ponenti in x, y e z del momento didipolo elettrico totale p in fun-zione del tempo: esse corrispon-dono alle proiezioni dei vettorcar-diogrammi di (a) sui 3 assi, eseguitein tempi successivi.

Figura 28.5.3

Queste d.d.p. sono ottenute tramite 10 elettrodi, 4 collegati alle estremità degliarti (polsi e caviglie) e 6 posizionati sul torace. I potenziali misurati da questi elet-trodi vengono combinati tra loro in modo da ottenere 6 derivazioni frontali e 6 de-rivazioni precordiali.

Per quelle frontali si utilizzano gli elettrodi collegati alle estremità. L’elettrodocollegato alla caviglia destra costituisce il potenziale di riferimento per gli altri (po-tenziale di messa a terra o di massa). Poiché gli arti (essenzialmente costituiti dauna soluzione elettrolitica) possono essere considerati come delle estensioni deglielettrodi, i tre elettrodi rimanenti (ai due polsi e alla caviglia sinistra) registrano ipotenziali nei punti A, B e C indicati in Figura 28.5.5. Le d.d.p. tra questi punti de-finiscono le tre derivazioni chiamate I (VB – VA), II (VC – VA) e III (VC – VB), le quali

rA

p

A

BR

rB

O

Geometria per calcolare la d.d.p.fra i punti A e B, determinata dalmomento di dipolo elettrico p.

Figura 28.5.4

A B40 cm

60° 80°

60 cm 53 cm

40°

RII

RI

RIII

C

Schema dei tre vettori che connet-tono i tre elettrodi. Gli arti sono inpratica una estensione degli elettrodicollegati all’elettrocardiografo.

Figura 28.5.5

Page 34: Strumentazione Biomedica

738 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

aVR

RRSr r'

RIIIRF RII

RQRS

RI

RL

aVL

QRt t

t

t t t

aVF

I

IIIII

qRs

O

Rs

Tracciati elettrocardiografici rela-tivi al complesso QRS nelle sei deri-vazioni frontali. Essi rappresentanola proiezione del vettore p sui seiassi frontali. Come si vede, taleproiezione cambia a seconda del-l’asse considerato.

Figura 28.5.7

individuano le proiezioni di p sui tre assi RI, RII e RIII di Figura 28.5.5. I tre poten-ziali VA, VB e VC possono essere combinati in modo da ottenere le tre ulteriori de-rivazioni frontali, chiamate aVR, aVL e aVF :

aVR = 2 VA – (VB + VC) = – (I + II)aVL = 2 VB – (VA + VC) = + (I – III) (28.5.3)aVF = 2 VC – (VA + VB) = + (II + III) ,

le quali individuano i tre assi RL, RR e RF mostrati in Figura 28.5.6a. Questi defini-scono il triangolo di Figura 28.5.6b, chiamato triangolo di Einthoven. Le sei dire-zioni così ottenute sono abbastanza regolarmente spaziate tra loro (di circa 30°).In Figura 28.5.7 sono mostrati i tracciati, relativi al complesso QRS, delle sei deri-vazioni frontali: essi corrispondono alle proiezioni di p sui 6 assi sopra definiti du-rante la sistole.

RR RL

R1

RIII RF RII

L

I

IIIII F

30° 30°

120°

120°

R

O

b)

a)

(a) Sono mostrate le 6 direzioni nelpiano frontale definite dalle d.d.p.fra gli elettrodi e dalle d.d.p. otte-nute dalle combinazioni lineari(28.5.3), chiamate anche deriva-zioni aumentate. (b) Il triangolo diEinthoven (all’incirca equilatero).Sulle sei direzioni R, L, F e I, II, III siproietta il momento di dipolo elet-trico totale del cuore.

Figura 28.5.6

Triangolo di Einthoven

Page 35: Strumentazione Biomedica

28.5 L’elettrocardiografia 739

È opportuno osservare che le derivazioni frontali comportano un’interpreta-zione dell’ECG solo nel piano frontale. In realtà il vettorcardiogramma si svolgenelle tre dimensioni. Questo inconveniente è in parte ovviato dalle derivazioniprecordiali. Inoltre si può dimostrare che l’asse orizzontale RI non si trova esatta-mente nel piano frontale, ma è diretto posteriormente di circa 8°: è necessario te-nere conto di ciò nello studio dettagliato dell’ECG (Esempio 28.5.1).

Per le derivazioni precordiali, i 6 elettrodi vengono posizionati nei punti mo-strati in Figura 28.5.8, in ciascuno dei quali si misura il potenziale VDi (dove l’indice i = 1, 2, ..., 6). La d.d.p. fra VDi e il valor medio di VA, VB e VC individua le derivazionifrontali V1, V2, ..., V6:

(28.5.4)

Tali derivazioni misurano la proiezione di p sui sei vettori mostrati che si ori-ginano dal centro del triangolo ABC di Figura 28.5.5 (si veda Figura 28.5.8). Ciò-risulta valido se si trascurano le differenze tra i quadrati delle distanze dei tre puntiA, B e C dal centro O del triangolo. Infatti la (28.5.4) può essere riscritta utiliz-zando la (28.5.2), con i = 1,2, ..., 6 :

(28.5.5)

e poiché è possibile riferire tutti i potenziali a un unico potenziale VO senza che la(28.5.4) si modifichi, se il punto O è tale per cui sia rA + rB + rC = 0 e rA ª rB ª rC,cioè si trova al centro del triangolo ABC, allora la (28.5.5) diventa:

(28.5.6)

e Vi è proporzionale alla proiezione di p lungo la direzione di rDi , come affermatosopra.

Dunque, con l’aggiunta dell’approssimazione citata sopra, mediante le deriva-zioni precordiali, si misurano le proiezioni di p sulle sei direzioni di Figura 28.5.8.L’ampiezza di questi segnali sarà maggiore, rispetto a quella delle derivazioni fron-tali, essendo le distanze rDi < rA.

Tuttavia, poiché le posizioni precordiali sono molto prossime al cuore, l’ap-prossimazione del modello dipolare (r W D) non è più soddisfatta. L’interpreta-zione di tali derivazioni è quindi molto approssimativa: infatti le regioni del mio-cardio vicine alle posizioni precordiali contribuiscono al potenziale Vi in misuramaggiore rispetto a quelle lontane (le differenze in r –2 non sono più trascurabili)e i tracciati andrebbero quindi reinterpretati.

Dato che in questo caso r ª D, per interpretare meglio le derivazioni precor-diali, sarebbe necessario ricorrere al modello a strato dipolare, per il quale si applicala relazione (17.33) che qui riscriviamo:

(28.5.7)

dove il momento di dipolo elettrico viene a dipendere dall’angolo solido W sotteso

V p d iSDi = =1

4 π e Ωi

( ) 1, 2 6)� Ω Ω ( ,…

V

ri

ii

Di3 1, 2 6)= =

D

14 π e

p ⋅ r ( ,…

V

r r r riDi

3A

A3

B

B3

C

C3=

Di

14

13π e

p p p p⋅−

⋅+

⋅+

⋅⎡r r r r

⎣⎣⎢

⎦⎥

⎧⎨⎪

⎩⎪

⎫⎬⎪

⎭⎪,

V V

V V Vii

A B C

3( 1, 2 , 6)= =Di −

+- .…

V6

V5

V4

V3V2V1

dorso

destra

Posizione degli elettrodi precor-diali e direzioni delle componentidi p che essi misurano.

Figura 28.5.8

A B

CD

rB

rCrDi

rA O

Schema dei vettori utilizzati per in-dividuare la direzione precordialerDi su cui proiettare il momento didipolo cardiaco.

Figura 28.5.9

Page 36: Strumentazione Biomedica

740 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

dalle varie superfici che costituiscono il fronte avanzante del potenziale d’azione,come mostrato in Figura 28.5.10. Questo modello è tuttavia poco pratico, data lacomplicazione di calcolo dell’integrale (28.5.7), in cui si deve tener conto dellanotevole complessità (evidente nella Figura 28.5.10) delle superfici tridimensio-nali coinvolte dal potenziale d’azione avanzante.

Nell’Esempio 28.5.1 vengono valutate le modifiche alle direzioni degli assi deltriangolo di Einthoven determinate dalla posizione asimmetrica del cuore.

28.5d Aspetti tecnici

In Figura 28.5.11a è mostrato schematicamente un elettrocardiografo, costi-tuito da un circuito d’ingresso con bilanciamento capacitivo, che elimina le com-ponenti continue dagli elettrodi (come il potenziale elettrico costante prodottodalla sudorazione o dalla pasta che garantisce il perfetto contatto elettrico elet-trodo-pelle) e da un amplificatore che invia il segnale a un galvanometro, colle-gato con un pennino che scrive su una striscia di carta, per tracciati, posta su un ci-lindro ruotante alla velocità costante di 25 oppure 50 mm/s.

I valori delle capacità e delle resistenze di ingresso sono stabiliti in modo che ilcircuito abbia una costante di tempo di circa 3 secondi, tempo sufficientementelungo perché rapide variazioni, nel potenziale in ingresso, siano certamente regi-strate. Cerchiamo di comprendere questo fatto. Applichiamo il processo di caricadi un condensatore (§17.12) al circuito d’ingresso dell’elettrocardiografo esem-plificato nella Figura 28.5.11b. Il registratore è sensibile alla d.d.p. VR che si ottieneai capi della resistenza d’ingresso R. Per la legge di Ohm VR = R i, dove i = i(t) è lacorrente che attraversa il circuito (cioè la resistenza R) con andamento dato dalla(17.74), per cui VR risulta diminuire esponenzialmente nel tempo, con costante ditempo t = 3 s, in modo simile a quello mostrato in Figura 17.35. Una brusca salita(oppure discesa) del potenziale V applicato all’ingresso viene quindi registratacome in Figura 28.5.11c. Pertanto, per variazioni di potenziali che avvengono intempi molto piccoli, come il complesso QRS, per cui Dt = 60 ms, la costante di

++––

––

–––

– ––––––

––

––

–++

++ ++ ++

++

+++

++

+++

+

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–––

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++++

++++

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++

+++

+––

––– – – – – – –

+++

––

–––

– ––––––

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–++

++ ++ ++

++

+++

++

+++

+––

V1

V5

V1V1

V5V5

V5

V1

V5V5

V1V1

a) b) c)

d) e) f)

Segnali registrati dai punti precor-diali V1 e V5 nel corso della depola-rizzazione ventricolare (complessoQRS). Sono mostrati in modo sche-matico gli angoli solidi delle re-gioni depolarizzate in tempi suc-cessivi e il corrispondente segnaleECG.

Figura 28.5.10

Page 37: Strumentazione Biomedica

28.5 L’elettrocardiografia 741

tempo t del circuito d’ingresso è talmente lunga che la carica del condensatorenon la deforma.

È interessante osservare che il circuito d’ingresso di Figura 28.5.11b, chiamato“filtro passa alto” (dall’azione opposta al “filtro passa basso” citato nel §8.5c), datoche lascia filtrare praticamente inalterati segnali molto brevi nel tempo, cioè dipiccolo periodo e quindi di alta frequenza, effettua anche l’operazione di derivatasul segnale d’ingresso, come evidente dalla Figura 28.5.11c.

Come detto sopra, la presenza dei condensatori in ingresso è necessaria per eli-minare le componenti continue nel segnale rilevato dagli elettrodi, mentre il filtropassa alto smorza le componenti a bassa frequenza eventualmente presenti, peresempio determinate dagli effetti dei movimenti respiratori. Per convenzione, ilpotenziale di 1 mV in ingresso produce una deflessione di 1 cm del pennino sullacarta di registrazione (nella Figura 28.5.12 i segnali ECG sono stati però amplifi-cati di un fattore due).

galvanometro

pennino

trasformatoreamplificatore

carta di registrazione

ingressi

agli elettrodi dei polsi

alla gamba destra (terra)

all'elettrodo dellagamba sinistra

VC

VRR

CV

potenziale diingresso V

tempo

O

uscita delregistratore

(VR)amplificata

tempo

O

t = 3s

b)

c)

τ = 3s

a)

(a) Schema di un elettrocardio-grafo. (b) Circuito d’ingresso del-l’elettrocardiografo: il potenziale Vè rilevato dagli elettrodi, uno deiquali è posto come riferimento amassa, mentre il potenziale VR

viene amplificato e causa la devia-zione del pennino sulla carta (trac-ciato ECG). (c) Onda quadra appli-cata in ingresso e segnale registratodall’elettrocardiografo corrispon-dente. Il segnale registrato corri-sponde alla derivata del segnaled’ingresso (per piccoli valori dellacostante di tempo) .

Figura 28.5.11

Filtro passa alto

Page 38: Strumentazione Biomedica

742 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

L’asse RI (asse orizzontale), definito nell’ambito del modellodipolare nel §28.5c, in realtà non è orizzontale a causa dellaposizione asimmetrica del cuore e il triangolo di Einthovennon è simmetrico. Data la posizione geometrica del cuore, ledistanze rA e rB (Figura 28.5.4) non sono uguali, ma hannocirca i valori rA = 0.24 m e rB = 0.21 m, riportati in Figura28.5.13. Valutare l’inclinazione dell’asse RI* su cui viene proiet-tato il valore del dipolo cardiaco con il trascorrere del tempo.

Soluzione Riferendoci alla Figura 28.5.13 riprendiamol’espressione (28.5.2) aggiungendo e togliendo la quantità

:

V Vr r

r

B AB

A3

A

A3

B

B

14

14

- = =

=

π

π

e

e

p p

p

⋅−

⋅⎡

⎣⎢

⎦⎥

r r

r33

A

A3

B

A3

B

A3

14

−⋅⎡

⎣⎢

⎦⎥+

⋅−

⋅⎡

⎣⎢

⎦⎥

p p pr r rr r rπ e

=

== 14

B A

A3 B

B3

A3π e

pp

⋅ −( )+ ⋅ −

⎝⎜

⎠⎟

⎣⎢

r rr

r r r1 1

⎥⎥

⋅ + −⎛

⎝⎜

⎠⎟ ⋅

⎣⎢

⎦⎥

=

= =14

14A

3 IA3

B3 Bπ er

rr

p R p1 rππ erA

3 Ip R⋅⎡⎣ ⎤⎦∗ ,

p ⋅ rB

A3r

EEsseemmppiioo2288..55..11 Asimmetria nella posizione del cuore

RI*

A b

RIa

rBrA rA'

A'

K

H

B

O

rC

C

AB = 40 cmOA = 24 cmOB = 21 cm

Se rB fosse uguale a rA, l’asse RI sarebbeorizzontale, ma, essendo rA ≠ rB, la d.d.p. VA – VB corrispondealla proiezione del momento di dipolo elettrico p su un asseRI* che si ottiene sommando al vettore orizzontale RI, il vet-tore [(rA/rB)3] rB (numericamente circa 0.5 rB). Il vettore ri-sultante forma un angolo b = 8° con l’asse orizzontale.

Figura 28.5.13

In Figura 28.5.12 sono riportati, come esempio, i tracciati ECG relativi ad uncuore normale. Le modifiche rispetto alla normalità indicano la presenza di ano-malie nella funzionalità cardiaca.

Particolare cura deve essere posta nel rendere il contatto elettrico elettrodo-su-perficie cutanea il migliore possibile, solitamente utilizzando opportune paste con-duttrici, per evitare che disturbi della rete di alimentazione possano filtrare attra-verso il circuito d’ingresso e apparire sul tracciato ECG. In tale caso il tracciato nonappare continuo, ma seghettato in modo più o meno rilevante a seconda dell’im-perfezione del contatto: la parziale assenza di contatto introduce in pratica nel cir-cuito una capacità aggiuntiva e la seghettatura è dovuta alla d.d.p. alternata di rete(a 50 Hz) che, seppur di gran lunga smorzata, viene rilevata dallo strumento.

Un ECG normale, costituito dalle12 derivazioni descritte nel testo.

Figura 28.5.12

Page 39: Strumentazione Biomedica

28.6 Ecografia ed ecocardiografia 743

dove:

Dalla costruzione geometrica di Figura 28.5.13, l’angolo a, uti-lizzando il teorema di Carnot per il triangolo AOB:

(RI2 + rB

2 – 2 RI rB cos a = rA2),

risulta essere:

ed essendo le distanze:

si ottiene:

Quindi l’asse RI* è in realtà inclinato verso l’alto di 8° (Figura28.5.13). Inoltre l’asse RI* risulta diretto posteriormente e iltriangolo di Einthoven non giace nel piano frontale. In ognicaso il punto O rappresenta sempre, per definizione il centroisoelettrico del cuore, caratterizzato dal fatto che:

rA + rB + rC = 0 (somma vettoriale).

Analoghe relazioni si ricavano per gli assi RII* e RIII*, essendo rC = 0.40 m:

R R

R R

II* IIA3

C3 C

III*A3

C3 III

=

=

+ −⎡

⎣⎢

⎦⎥

+

rr

rr

r

1 r

AA3

C3

A3

B3 Br

rr

−⎡

⎣⎢

⎦⎥r .

βα

α= =arctg KH

AKarctg

0.5 senAB 0,5 cos

B

B

rr+

==

= =

=

arctg 0.5 0.21 sen0.40 0.5 0.21 cos

⋅+ ⋅

αα

aarctg(0.092) 8°.=

AK AB BK AB+ BH cos AB 0.5 cos e

KH =B= = =+ +α αr

00.5 sen = AK tg ,Br α β

a = =arcos

212

B2

A2

I B

R r rR r

+ −⎛

⎝⎜

⎠⎟ °26 13. ,

R R RI I

A3

B3 B I∗ + −

⎝⎜

⎠⎟ + −

⎝⎜

⎞= =

rr

1 0 240 21

13

3r .. ⎠⎠

⎟ +∗r rB I B= R 0 5. .

EEsseemmppiioo2288..55..11 Asimmetria nella posizione del cuore - continua

ECOGRAFIA ED ECOCARDIOGRAFIA

In questo paragrafo sono riprese e approfondite le nozioni svolte nel Capitolo14, soprattutto quelle relative agli ultrasuoni, per applicarle alle indagini ecografi-che e in particolare ecocardiografiche. Lo sviluppo di queste tecniche diagnosti-che non invasive ha permesso di accrescere notevolmente le possibilità di preven-zione di svariate patologie (si pensi, ad esempio, alle diagnosi precoci di tumori ealle indagini sul feto): da ciò deriva la ragione di una trattazione dettagliata dell’ar-gomento (si veda anche il §28.9f).

28.6a Caratteristiche ed effetti delle vibrazioni ultrasonore

Ricordiamo qui alcune nozioni svolte nel Capitolo 14, preliminari alla com-prensione del funzionamento di un ecografo.

I suoni, la cui frequenza supera i 2 ⋅ 104 Hz, sono detti ultrasuoni e non possonoessere percepiti dall’orecchio umano. Un metodo per generare l’onda ultrasonoraconsiste nel ricorrere a particolari cristalli, chiamati cristalli piezoelettrici (citati nel§28.3), come il titanato di bario oppure il zirconato di piombo: quando a questicristalli viene applicata una differenza di potenziale elettrico alternata, e quindi uncampo elettrico alternato, essi vibrano con una frequenza uguale a quella delcampo elettrico che li ha generati.

28.6

Page 40: Strumentazione Biomedica

744 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Analogamente avviene per la rilevazione di ultrasuoni: questi stessi cristalli, sot-toposti a vibrazioni meccaniche ultrasonore, generano un campo elettrico alter-nato e, quindi, una d.d.p. della stessa frequenza; opportuni dispositivi elettronicielaborano e registrano le informazioni generate dagli ultrasuoni.

In questo modo si possono ottenere e rivelare ultrasuoni con frequenza fino almiliardo di cicli al secondo (1 GHz), cui corrisponde una lunghezza d’ondadell’ordine dei �m. Infatti, essendo ln = v, si ottiene una lunghezza d’onda in aria(velocità del suono v @ 340 m/s) di 0.3 �m e in acqua (v @ 1450 m/s) di 1.5 �m.La lunghezza d’onda così piccola di questi ultrasuoni, circa dell’ordine di quelladella luce, fa sì che essi si propaghino rettilineamente (attraversando strutture ma-croscopiche, i fenomeni di diffrazione e interferenza sono trascurabili o molto at-tenuati), formando dei veri e propri raggi sonori: un fascio di simili ultrasuoni èdunque altamente direzionale.

I generatori di ultrasuoni impiegati in Medicina o nell’Industria hanno inten-sità che variano, a seconda dell’utilizzo, fra 10–4 W/cm2 e 10 W/cm2. Nel casodell’estremo superiore delle intensità, utilizzando la (13.5) con ultrasuoni alla fre-quenza di 106 Hz (1 MHz) si provocano ampiezze di pressione di circa 5.5 atmo-sfere: ciò significa che due punti situati a mezza lunghezza d’onda di distanza (cioè0.725 mm nell’acqua) possono essere sottoposti alla considerevole differenza dipressione istantanea subita dalle particelle del mezzo, sottoposte a un simile gra-diente di pressione, di circa 2.43 ⋅ 105 volte l’accelerazione di gravità g (vedasi il cal-colo riportato nell’Esempio 13.6). Si comprende allora che, quando sono emessicon elevata intensità, gli ultrasuoni possono dare luogo ad azioni meccaniche ealla produzione di calore nei materiali: nelle applicazioni diagnostiche è quindi in-dispensabile mantenere l’intensità ultrasonica a livelli non dannosi.

L’energia trasportata da un fascio di ultrasuoni viene assorbita nello spessore xin mezzi materiali secondo una legge di tipo esponenziale:

I(x) = Io e –a x, (28.6.1)

dove Io = I(x = 0) è l’intensità incidente, I(x) quella trasmessa dopo l’attraversa-mento di uno spessore x e a un coefficiente di assorbimento che assume valori di-versi a seconda del materiale attraversato, come mostrato in Tabella 28.6.1 per di-versi mezzi biologici. In particolare, per i materiali biologici e nell’intervallo di fre-quenza compreso fra 0.5 e 15 MHz, il coefficiente � risulta proporzionale alla fre-quenza della vibrazione ultrasonora:

a r n . (28.6.2)

Vediamo ora in che modo possono essere utilizzati gli ultrasuoni per ottenereimmagini e misure di tipo diagnostico.

28.6b Caratteristiche tecniche dell’ecografia

L’ecografia è una tecnica di ricostruzione dell’immagine di una struttura ana-tomica basata sulla riflessione di un fascio ultrasonoro attraverso le diverse inter-facce del mezzo acustico (Figura 28.6.1). In generale lo stesso cristallo piezoelet-trico viene utilizzato sia come sorgente che come rivelatore; esso riceve essenzial-mente gli echi prodotti dalle superfici poste perpendicolarmente alla traiettoriadel fascio.

Durante l’uso il trasduttore (sonda) viene posto a contatto con la pelle tramiteun gel, che agisce come sostanza conduttrice del suono (§13.4), e gli impulsi elet-

SOSTANZE a(cm–1)

acqua 0.0006plasma 0.014sangue intero 0.04muscolo scheletrico 0.4 − 0.5fegato 0.34rene 0.44tessuto adiposo 0.26

TTAABBEELLLLAA 2288..66..11 Coefficienti diassorbimento di ultrasuoni da 1 MHz

per diversi materiali biologici

Page 41: Strumentazione Biomedica

28.6 Ecografia ed ecocardiografia 745

trici vengono forniti al cristallo di trasduzione mediante un generatore di d.d.p. al-ternata ad alta frequenza. Le frequenze utilizzate sono dell’ordine di 1 – 15 MHz aseconda dei casi e solitamente vengono emessi brevi impulsi di onde ultrasonoredella durata variabile da 1 a 5 microsecondi circa 200 volte al secondo. Una voltaemesso l’impulso, il cristallo piezoelettrico è automaticamente predisposto all’ef-fetto opposto dell’emissione, trasformando qualsiasi eco che riceve in vibrazioneelettrica. Date le elevate velocità del suono nei tessuti, riportate in Tabella 28.6.2,la ricezione può essere fatta senza interferenza con la successiva emissione daparte del cristallo.

In pratica il tempo che intercorre tra l’emissione degli impulsi e la ricezionedell’onda riflessa da un’interfaccia, nota la velocità di propagazione nel mezzo,consente di ottenere le distanze tra il trasduttore e le interfacce e, quindi, la di-stanza d tra le interfacce stesse, come indicato in Figura 28.6.1 da cui abbiamo:

(28.6.3)

La distanza può essere registrata in vari modi su opportuni monitor.I parametri tecnici che in generale caratterizzano l’emissione dal trasduttore

ultrasonoro, oltre l’intensità e la frequenza della vibrazione, sono la divergenza delfascio di ultrasuoni e la risoluzione lineare dello strumento. Come vedremo, que-sti parametri sono fra di loro interdipendenti.

Cominciamo a considerare la risoluzione: maggiore è la risoluzione del sistema,più vicini possono essere due oggetti per venire riconosciuti come due punti net-tamente separati e più sarà dettagliata l’informazione che può essere estrattadall’immagine. La risoluzione assiale (o longitudinale) è la capacità di distingueredue punti lungo la linea di propagazione dell’onda sonora. La lunghezza d’ondadell’ultrasuono determina il limite teorico di risoluzione assiale, che, per fre-quenze comprese tra 1 e 15 MHz, varia da 1.5 a 0.1 mm. Anche la lunghezzadell’impulso emesso limita la risoluzione assiale: impulsi di lunga durata impedi-scono di rivelare due interfacce molto vicine, come mostrato in Figura 28.6.2.

La risoluzione laterale è la capacità di distinguere due punti giacenti su una lineaortogonale all’asse di propagazione dell’onda ultrasonora. Essa dipende dalle di-mensioni del fascio di ultrasuoni e sarà tanto maggiore quanto più sottile è il fasciostesso, per cui risulta dipendere anche dalle caratteristiche di propagazione del fa-scio. In generale, un fascio collimato e stretto possiede una risoluzione laterale su-periore a un fascio largo, oppure divergente. L’ampiezza del fascio dipende siadalla frequenza (§13.3c) che dal diametro del cristallo: quanto maggiore è la fre-quenza del trasduttore, quanto migliore è la sua messa a fuoco acustica e quantopiù stretto è il diametro del cristallo, tanto minore risulta la divergenza, e quindimaggiore la sua collimazione, e tanto migliore sarà la risoluzione laterale.

δ = =

2 2=

2/ /2 1

2 12 1

1 ( ).− − −v t v t

v t t

interfaccia1sorgente

rivelatore interfaccia2

�1

�2

δ

segnaleemesso

primariflessione

secondariflessione

asse deitempi

t1t2

A

a)

b)

O

Misura della distanza tra le inter-facce tramite i diversi tempi di rive-lazione delle vibrazioni riflesse(echi). Al tempo zero è mostratol’impulso emesso di ampiezza A. In (b) si osserva la prima riflessionedall’interfaccia 1 e poi la secondariflessione dall’interfaccia 2. Leampiezze delle due riflessioni dimi-nuiscono a causa degli assorbi-menti dovuti agli spessori dei mate-riale attraversati.

Figura 28.6.1

TESSUTI d(g cm–3) v(m s–1)

sanguigno 1.0 1560adiposo 0.928 1470muscolare 1.058 1568osseo (cranio) 1.85 3360

TTAABBEELLLLAA 2288..66..22 Densità d e velocità v di propagazione del suono in diversi tessuti

Page 42: Strumentazione Biomedica

746 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Db RAPPORTO D’INTENSITÀ RAPPORTO D’AMPIEZZA

60 106 103

50 105 32040 104 10030 103 3220 100 1010 10 3.20 1 1

–10 0.1 0.32–20 0.01 0.1

TTAABBEELLLLAA 2288..66..33 Confronto fra unità decibel e rapporti di intensità e d’ampiezza della vibrazione sonora, secondo la (14.5)

(si assumono unitarie l’intensità e l’ampiezza corrispondenti a zero decibel)

La focalizzazione acustica, simile a quella ottica (Capitolo 21), prevede uno o piùpunti focali, lungo il percorso del fascio ultrasonico, per garantire una migliore ri-soluzione laterale (Figura 28.6.3) e può essere ottenuta con diversi metodi sia mec-canici che elettronici (§28.6c).

L’intensità di un raggio sonoro decresce costantemente attraverso i tessuti acausa di quattro fattori: la divergenza del fascio, il suo assorbimento, la riflessionee la rifrazione.

In generale l’attenuazione di un fascio di ultrasuoni nei tessuti molli umani ri-sulta essere di un decibel per ogni centimetro percorso, moltiplicato per la fre-quenza espressa in MegaHertz: 1 (dB/cm) ⋅ MHz. Ad esempio, per una strutturadi 10 cm di spessore, l’attenuazione è dell’ordine di 20 dB ⋅ MHz, poiché il raggiopercorre due volte la distanza tra la superficie del trasduttore e il punto di rifles-sione. Per un trasduttore che emette a 2 MHz, essa è di 40 dB, cioè l’ampiezza dellavibrazione ultrasonora viene ridotta di un fattore 100, che diventa un fattore 1000a 3 MHz, come risulta dalla Tabella 28.6.3. Ciò significa che l’attenuazione au-menta molto rapidamente all’aumentare della frequenza, limitando la profonditàdi esplorazione nel corpo umano.

L A B L A B

t2

t3

t4

t1

a) b)

Effetto della lunghezza L dell’im-pulso ultrasonoro sulla risoluzioneassiale: in (a) le due strutture sonorivelate separatamente; in (b) ledue strutture A e B non vengono se-parate. Dall’alto verso il basso è mo-strata la sequenza in tempi succes-sivi relativa all’emissione e alla rice-zione degli impulsi ultrasonori ri-flessi dalle superfici A e B.

Figura 28.6.2

campovicino

"near field"

campolontano

"far field"

raggio nonfocalizzato

trasduttore

lente

trasduttore zonafocale

raggio focalizzato(focalizzazione debole)

xmax

Effetto della focalizzazione sullaforma del fascio di ultrasuonilungo la loro direzione di propaga-zione.

Figura 28.6.3

Page 43: Strumentazione Biomedica

28.6 Ecografia ed ecocardiografia 747

La divergenza del fascio di ultrasuoni si verifica oltre una certa distanza xmax dalpunto di emissione, fino alla quale essa è trascurabile e il fascio può essere consi-derato cilindrico. Se non vi sono altre cause di attenuazione, la divergenza com-porta una progressiva diminuzione dell’intensità del fascio, come mostrato in Fi-gura 28.6.4, dato che la potenza che attraversa la sezione 1 deve essere uguale aquella incidente sulla sezione 2, avente superficie maggiore. Come accennato so-pra, all’aumentare della frequenza diminuisce la divergenza del fascio e quindi an-che la sua attenuazione.

Il fascio di ultrasuoni viene assorbito dai tessuti attraversati, poiché esso ponein vibrazione le molecole di cui sono costituiti, vibrazione che viene limitata dalleforze di attrito, con trasformazione in calore di parte dell’energia del fascio. L’as-sorbimento, come evidente dalle (28.6.1) e (28.6.2), aumenta progressivamente alcrescere della frequenza e all’aumentare della rigidità del tessuto: il tessuto osseoassorbe 10 volte di più dei tessuti molli e questi a loro volta presentano un assorbi-mento 10 volte superiore a quello dei fluidi corporei come il sangue, il liquido am-niotico e l’urina. Perciò la vescica piena rappresenta una sorta di finestra acusticaper l’esame delle strutture vicine.

Poiché divergenza e assorbimento dipendono in modo opposto dalla fre-quenza, per ottimizzare lo strumento è necessario trovare una soluzione di com-promesso.

A titolo di esempio, se assumiamo una dimensione di 0.6 cm per il cristalloemettitore, abbiamo, dalla Tabella 28.6.4, diversi valori di xmax e di divergenza b(Figura 28.6.4) a seconda della frequenza. In particolare per n = 2.5 MHz abbiamoxmax = 6 cm e b = 3.5°, che comporta un raddoppio della dimensione del fascio diultrasuoni alla distanza di circa 11 cm dalla sorgente: a questa distanza la risolu-zione diventa quindi di 2 ⋅ 0.6 cm = 1.2 cm. Questo raddoppio della dimensionelineare del fascio alla distanza di 11 cm ha due effetti deleteri: riduce la risoluzionelineare di un fattore due e, per la (13.18), l’intensità di un fattore quattro.

La Tabella 28.6.4 indica una situazione teoricamente migliore a 5 MHz, tutta-via ciò in pratica non avviene a causa dell’assorbimento, il cui coefficiente a au-menta di un fattore 2, per la (28.6.2). Ciò comporta, per la (28.6.1), un incre-mento nell’energia assorbita dai tessuti nell’unità di tempo, di circa e 2 @ 8 volte ri-spetto alla frequenza di 2.5 MHz e di circa 150 volte rispetto alla frequenza di 1 MHz, cui si riferiscono i coefficienti della Tabella 28.6.1.

L’aumento di frequenza significa dunque una maggiore energia assorbita daitessuti e quindi anche una minore energia trasmessa, come appare evidente dallospessore di dimezzamento x1/2 dell’intensità trasmessa, nel caso del muscolo car-diaco riportato in Tabella 28.6.4.

b2

1

xmax

Rappresentazione schematica del-la divergenza b del fascio. L’ener-gia che attraversa la sezione 1 deveessere uguale a quella che attra-versa la sezione 2. Essendo questamaggiore, ne risulta una corrispon-dente diminuzione dell’intensitàdel fascio (energia per unità di su-perficie e per unità di tempo).

Figura 28.6.4

n(MHz) l(cm) xmax(cm) b x1/2(cm)

1.0 0.15 2.4 8.8° 2.22.5 0.06 6.0 3.5° 0.85.0 0.03 12.0 1.75° 0.3

TTAABBEELLLLAA 2288..66..44 Valori di xmax e di b a diverse frequenze (v = 1500 m/s). Nell’ultima colonna è riportato lo spessore di dimezzamento dell’intensità

nel caso del tessuto muscolare cardiaco

Page 44: Strumentazione Biomedica

748 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Pertanto, a causa dei danni che gli ultrasuoni possono comportare per i tessuti,l’assorbimento è il fattore limitante dell’intensità ultrasonora emessa. Infatti, men-tre da un lato un’intensità di 20 W/cm2 a 1 MHz può già comportare danni ai tes-suti, d’altro canto è necessario impiegare intensità sufficienti a garantire un buonsegnale riflesso rispetto al livello dei disturbi: ciò rende necessarie intensità dicirca 80 W/cm2, sempre a 1 MHz.

Per risolvere il problema si impiega, come riferito all’inizio, una tecnica pul-sata: 200 pulsazioni per secondo della durata di 5 �s ciascuna comportano untempo totale di trasmissione di 200 ⋅ 5 ⋅ 10–6 = 10–3 s e quindi una potenza dissipatanell’organismo di 80 ⋅ 10–3 = 0.08 W/cm2, ben al di sotto del limite di pericolosità.

Anche la riflessione e la rifrazione attenuano l’intensità del fascio di ultrasuoni.In particolare la riflessione avviene all’interfaccia tra mezzi diversi e il contenutoinformativo viene ottenuto dall’onda riflessa, che deve pervenire al trasduttorepiezoelettrico. Se la riflessione non avviene nella stessa direzione di incidenzasull’interfaccia, il raggio riflesso non può raggiungere il rivelatore e viene atte-nuato. Ciò avviene quando le dimensioni dell’interfaccia sono piccole rispetto aquelle del fascio, come mostrato in Figura 28.6.5. Poiché gli echi di ritorno perquesto motivo, soprattutto se provenienti da interfacce in profondità, sono moltodeboli, occorre un sistema di amplificazione per ottenere segnali sufficientementechiari da essere rappresentati distintamente sullo schermo (§28.6c).

Infine, la risoluzione laterale, in generale, dato che dipende dalle dimensioni delcristallo piezoelettrico, può essere notevolmente migliorata utilizzando una sondadotata di una matrice costituita da molti piccoli cristalli (Figura 28.6.6) la quale,tramite il principio di Huygens e opportuni ritardi di emissione fra i vari elementidella matrice, calcolati e introdotti mediante l’uso di un microprocessore, è ingrado di focalizzare il fascio trasmesso (Figura 28.6.7). Si possono così ottenere ri-soluzioni laterali dell’ordine o inferiori al millimetro.

In questo caso, come si vede dalla Figura 28.6.8, dopo la riflessione sul bersa-glio, gli echi arrivano in tempi diversi al trasduttore, il quale deve essere messo infase con il segnale ricevuto, in modo che l’immagine corrisponda all’orienta-mento del segnale trasmesso. Ciò è realizzato mediante linee di ritardo inserite nelcircuito ricevente. Immediatamente dopo che i trasduttori hanno trasmesso il se-gnale, i ricevitori vengono così focalizzati in modo da ricevere i segnali da una pic-cola distanza, dopodiché la distanza focale viene incrementata in sincronia conl’intervallo di ritorno degli eco-bersagli. Questa ricezione a focale variabile può es-sere sovrapposta a una trasmissione e ricezione con movimento angolare (Figura28.6.9), che fornisce una scansione tale da esplorare una sezione (tomografia) delcorpo. Questa tecnica è chiamata ecografia a scansione. Alcuni tipi di dispositivi eco-grafici a scansione sono mostrati in Figura 28.6.10.

Assegnando opportune tonalità di grigio alle ampiezze dei segnali riflessi è pos-sibile ottenere sullo schermo di un monitor un’immagine tomografica come in-dicato in Figura 28.6.11.

È opportuno osservare che la presenza di zone d’aria, come accade per la cassatoracica e per gli organi viscerali, poste sul cammino del fascio ultrasonoro, pro-voca considerevoli disturbi (Figura 28.6.11), poiché la velocità del suono nell’ariaè minore rispetto a quella nei mezzi biologici. Perciò è necessario utilizzare un gelcome sostanza conduttrice di suono, interposto tra sonda e superficie cutanea edevitare di far passare il fascio attraverso zone o bolle d’aria. Pertanto le ecografiedi polmoni e apparato digerente non sono eseguibili dall’esterno. Per ovviare aquesta limitazione, recentemente sono state utilizzate sonde ultrasonore montate

La riflessione su una superficie pic-cola rispetto alle dimensioni del fa-scio (tratteggiato) causa una suadiffusione e una conseguente per-dita di intensità nel fascio.

Figura 28.6.5

60°16

elementi

Sonda ultrasonora il cui trasdut-tore è costituito da 16 elementi alli-neati che esplorano un angolo di60°.

Figura 28.6.6

fronted'ondafocalizzato

catenalineare ditrasduttoriritardati

Rappresentazione schematica del-la focalizzazione del fascio tra-smesso. Sono mostrati solo 5 ele-menti piezoelettrici. Utilizzando ilprincipio di Huygens, la vibrazionecomplessiva viene focalizzata aduna distanza che dipende dai ri-tardi di emissione sonora applicatia ciascun trasduttore della matrice.

Figura 28.6.7

Page 45: Strumentazione Biomedica

28.6 Ecografia ed ecocardiografia 749

eco delbersaglio

catenalineare ditrasduttori

trasduttori

linea diritardo

amplificatore

r1 r3 r5

r4r2

Σ

immagine

Rappresentazione schematica della focalizzazionedel fascio riflesso mediante linee di ritardo. Sonomostrati solo 5 elementi piezoelettrici.

Figura 28.6.8

fronted'ondatrasmesso

catenalineare ditrasduttori

trasmissione degli impulsicon differenti ritardi

q

Rappresentazione schematica dell’emissione angolata del fascio, ingrado di fornire una scansione angolare alla sonda. Sono mostrati solo 5elementi piezoelettrici. Utilizzando il principio di Huygens, la vibra-zione complessiva, che si ottiene applicando opportuni ritardi di emis-sione agli elementi della matrice, ha una superficie d’onda piana cheforma un angolo q con la normale alla catena di trasduttori.

Figura 28.6.9

cavo direzione di rotazione

commutatorespazzola

elementoattivo

elementoattivo

a) b)

catena linearedi trasduttori

cuore

c)

Sono mostrati alcuni metodi di scansione in tempo reale. (a) Scansione meccanica veloce: tre trasduttori in rotazione, costituiti da un singoloelemento piezoelettrico, formano immagini a forma di settore. (b) Scansione eseguita da trasduttori lineari: i trasduttori sono indirizzati se-quenzialmente originando una scansione rettangolare, mediante la focalizzazione elettronica mostrata nelle Figure 28.6.7 e 28.6.8. (c) Scan-sione angolare elettronica eseguita da trasduttori lineari (si veda la Figura 28.6.9): opportuni ritardi nei segnali provocano l’angolazione delfascio di ultrasuoni e la formazione di immagini a settore circolare.

Figura 28.6.10

Page 46: Strumentazione Biomedica

750 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

sondamezzo di propagazione:

interfacce

ampiezza

O tempo

O tempo

curva TGC

amplificazione

ampiezza

O tempo

curva diattenuazione

a)

b)

c)

d)

Il TGC compensa con un’amplifi-cazione differenziata la diminu-zione d’ampiezza dei segnali cau-sata dall’attenuazione della vibra-zione ultrasonora. (a) Schema diinterfacce regolari e identiche inun mezzo omogeneo su cui il fascioincide sempre nella stessa dire-zione. (b) Rappresentazione sulloschermo di un monitor degli ecose-gnali provenienti dallo schema mo-strato in (a), senza TGC. (c) Curvadi amplificazione per TGC appli-cata ai segnali in (b). (d) Rappre-sentazione dello schema di (a) sumonitor corretto con il TGC.

Figura 28.6.12

Ecografia a scansione del fegato edel pancreas. Si osservi l’artefattodovuto alla presenza di aria. L’ul-trasuono si propaga nell’aria convelocità minore, causando una ri-flessione molto ritardata dallaparte posteriore della bolla equindi la comparsa di artefatti dariverbero (freccia).

Figura 28.6.11

su strumentazione endoscopica (§22.6) e introdotte nell’apparato digerente o neibronchi. Inoltre, vanno evitate anche le strutture ossee, dato che il notevole assor-bimento nei tessuti ossei causa zone d’ombra e riflessioni anomale nell’immagine.

28.6c Elaborazione elettronica dei segnali

I segnali ecografici ricevuti dalla sonda vengono elaborati elettronicamente in-troducendo opportune compensazioni e amplificazioni, prima di venire rappre-sentati sullo schermo di un monitor o su carta.

La compensazione nel guadagno temporale o TGC (da Time Gain Compensation)permette di studiare le interfacce dell’immagine a prescindere dall’attenuazionesonora. Consideriamo un mezzo omogeneo di propagazione e supponiamo che inesso siano presenti N interfacce parallele con lo stesso coefficiente di riflessione(Figura 28.6.12). Esaminando sul monitor i segnali elettrici generati dai cristalli inricezione (a causa delle onde meccaniche riflesse da queste interfacce), si vedonoi segnali diminuire in ampiezza all’aumentare della distanza trasduttore-interfacce(Figura 28.6.12b). Il fenomeno dell’attenuazione, definito e quantificato sopra,dovrà essere compensato per questa perdita di energia in modo che le ampiezze ditutte le interfacce sul monitor siano uguali.

Per ottenere questo risultato vengono utilizzati, in accoppiamento con i cri-stalli ricevitori, opportuni circuiti di amplificazione a guadagno variabile in fun-zione del tempo di ritorno dei segnali, e quindi della distanza delle interfacce.Questi circuiti permettono, tramite opportune regolazioni, di determinare un in-cremento di guadagno tale da compensare l’attenuazione del segnale (Figura28.6.12c), L’insieme delle regolazioni preposte a questo scopo è chiamato TGC econ esse si ottiene sullo schermo un’uniformità di rappresentazione delle inter-facce supposte identiche (Figura 28.6.12d). Tutto ciò ovviamente presuppone:una velocità costante dell’ultrasuono nel mezzo biologico, interfacce prive di irre-golarità entro la sezione del fascio incidente e un identico angolo di incidenza del

Page 47: Strumentazione Biomedica

28.6 Ecografia ed ecocardiografia 751

fascio ultrasonoro dotato di identica sezione e con distribuzione uniforme di ener-gia al suo interno. In condizioni reali quindi gli effetti della regolazione TGCvanno valutati caso per caso dall’operatore.

Volendo invece variare l’entità globale dei segnali riflessi, cioè ridurre o au-mentare l’ampiezza di tutti i segnali ricevuti, si applica un’amplificazione comples-siva (system gain oppure overall gain) completamente indipendente dal TGC epriva di interferenze con esso.

Il potenziale elettrico generato dal trasduttore sollecitato dalle onde meccani-che riflesse possiede un’ampiezza molto variabile e relativamente piccola (da qual-che mV al volt, in relazione al tipo di interfaccia e alla sua distanza dalla sonda). Lanecessità di impiegare dei circuiti di amplificazione globale per rendere aprezza-bili questi segnali richiede un’attenta valutazione del contenuto diagnostico dei se-gnali stessi. Se da un lato un’amplificazione elevata permette di individuare se-gnali molto piccoli (interfacce poste in profondità o scarsamente riflettenti), va-lori elevati di amplificazione portano alla saturazione del segnale (con presenza didistorsioni), causando false comparazioni tra segnali di diversa ampiezza.

Il rapporto, espresso in decibel, che intercorre fra il segnale più elevato ampli-ficabile, senza arrivare al livello di saturazione, e quello più piccolo distinguibiledal rumore di fondo, definisce l’intervallo o range dinamico del circuito amplifica-tore. Un range dinamico troppo basso potrebbe impedire la discriminazione frasegnali riflessi e rumore di fondo, oppure confondere in saturazione segnali di dif-ferente contenuto informativo; un range dinamico troppo elevato potrebbe invececonfondere l’operatore a causa dell’eccessivo numero di segnali da valutare.

A seconda dello strumento, l’amplificazione può essere lineare, logaritmica ocon andamento a S (Figura 28.6.13) e il range dinamico può essere fisso o varia-bile. Negli amplificatori lineari il range dinamico è molto basso, compreso fra 10 e13 dB, ed è consigliabile solo per indagini su interfacce con caratteristiche di ri-flessione poco dissimili. In quelli logaritmici il range dinamico è elevato (tra 35 e 70 dB) e poiché i segnali di ampiezza minore sono amplificati maggiormente ri-spetto a quelli di maggiore ampiezza, essi permettono di presentare segnali da in-terfacce anche molto diverse e, quindi, di acquisire un maggior numero di infor-mazioni. L’amplificazione a S è impiegata in indagini ecooftalmologiche e fornisce unrange dinamico di 33 ± 3 dB. Alcuni strumenti permettono all’operatore di sce-gliere il tipo di amplificazione.

Per elevate amplificazioni si possono osservare segnali non riferibili alla rivela-zione di vibrazioni meccaniche del rivelatore, ma determinati da rumore elettro-nico o, più in generale, da disturbi elettrici e da interferenze elettromagnetiche.Un’opportuna regolazione, chiamata discriminazione o reject, permette la soppres-sione di questi disturbi e anche dei segnali più deboli, discriminando i livelli dei se-

O O O

IN IN IN

OUT OUT OUT

a) b) c)

(a) Amplificazione lineare. (b) Am-plificazione logaritmica. (c) Ampli-ficazione a S. Al segnale di ingresso(IN) sull’asse orizzontale, corri-sponde sull’asse verticale quellod’uscita (OUT). In tratteggio è ri-portato l’effetto di saturazione delsegnale: oltre certe ampiezze in in-gresso il segnale viene amplificatoquasi sempre nello stesso modo.

Figura 28.6.13

Page 48: Strumentazione Biomedica

752 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

gnali più significativi (Figura 28.6.14). Questa regolazione deve essere impiegatacon precisa consapevolezza della sua funzione, in quanto può alterare l’informa-zione diagnostica dell’ecografia.

28.6d Modi di analisi ecografiche ed ecocardiografia dinamica

Gli impulsi riflessi dalle pareti di interfaccia, come detto sopra, possono esserevisualizzati in un monitor sull’asse orizzontale dei tempi, mentre sull’asse verticalevengono mostrate le ampiezze degli impulsi riflessi (Figure 28.6.15 e 28.6.16). Unsimile metodo di visualizzazione viene chiamato modo di analisi A. Tuttavia, invecedi rendere l’ampiezza dell’impulso riflesso proporzionale a quella della scala ver-ticale, si può facilmente renderla proporzionale alla luminosità del punto lumi-noso sul monitor; questo metodo viene detto modo di analisi B. Dunque il modo Aproduce un’immagine modulata in ampiezza, mentre il modo B produce un’im-magine modulata in intensità luminosa. Il modo A, come schematizzato in Figura28.6.15a, è utile per strutture statiche. Il modo B viene usato per la tomografia ul-trasonora allo scopo di visualizzare il profilo delle variazioni nel tempo di struttureriflettenti in movimento. Quando le immagini del modo B vengono fatte passarein istanti successivi sullo schermo del monitor, si ottiene il modo di analisi M. Que-sta tecnica consente l’osservazione successiva di organi in movimento ed è parti-colarmente utile nel caso del cuore.

Il muscolo cardiaco è infatti costantemente in moto, ma, rispetto alla velocitàdegli impulsi e alla risposta del sistema elettrico di trasduzione, questo movimentoè molto lento. Se riferito al cuore, il modo di analisi M viene chiamato ecocardio-grafia. È da notare che gli spostamenti delle pareti riflettenti cardiache sonotroppo veloci per poter essere seguiti a occhio sullo schermo, per cui con un mi-croprocessore a memoria viene presentata all’operatore, e registrata su carta, unavisione rallentata nel tempo dei movimenti cardiaci. In Figura 28.6.15c sono mo-strati i dati ecocardiografici ottenuti nei modi A, B ed M, con la loro rappresenta-zione schematica.

Il modo M è molto utile per l’esame delle valvole cardiache, consentendo an-che misure di velocità dei lembi, ad esempio della valvola mitralica, per indivi-duarne il grado di stenosi o la presenza di calcificazioni.

Impiegando sonde ad alta risoluzione e dispositivi a memoria dotati di micro-processori veloci, si possono ottenere immagini tomografiche cardiache, in cui ilcolore del punto luminoso, generato da monitor a colori, viene a dipendere dallospostamento in frequenza della vibrazione riflessa dovuto all’effetto Doppler.L’ecocardiografia Doppler consente dunque di visualizzare, in scansioni tomografi-che, anche il moto delle pareti cardiache.

Si tratta di misurare, oltre ai ritardi degli echi, anche la variazione, per effettoDoppler, della frequenza emessa da una sorgente in moto rispetto a un osservatore(la sonda) fermo. Applichiamo la relazione (14.17), che qui riscriviamo adattata alcaso:

(28.6.4)

dove v è la velocità del suono nel mezzo e ± u la velocità della parete riflettente ri-spetto alla sonda (in avvicinamento o in allontanamento).

Dn n n n n= =riflessa emessa emessa emessa

2−

±±

≅u

v u±± 2u

v,

a)

b)

c)

Effetto della regolazione reject consoppressione del rumore: (a) se-gnali senza reject; (b) livello di di-scriminazione della regolazionereject (i segnali sotto la linea tratteg-giata sono soppressi); (c) segnali fi-nali con reject operativo: come sivede, i disturbi sono stati eliminati.

Figura 28.6.14

Ecocardiografia Doppler

Page 49: Strumentazione Biomedica

28.6 Ecografia ed ecocardiografia 753

ampiezza(echi)

posiz

ione

del t

rasd

utto

re

echi

dalla

cass

a tor

acica

echi

dal s

etto I

Vec

hi da

lla va

lvola

mitr

alica

echi

dalla

pare

te po

sterio

re

O modo A tempo O modo B tempo

scala di profonditàdel tessuto

tempo(assoluto)

Omodo M

(modo B fatto scorrere verso l'alto nello schermo)

tempo

a)

VSAD

VD

AS

setto IV

polmone

polmone

sterno

trasduttore

modo A

modo B

modo M

b)

c)

(a) Confronto fra le ecografie car-diache effettuate in modo A, B edM nella stessa particolare direzioneattraverso il cuore come mostratoin (b). Un elettrocardiogramma eun fonocardiogramma vengono disolito eseguiti contemporanea-mente a questi tracciati. In (c) sonoschematizzati i modi A, B ed M. Le-genda: AD = atrio destro, VD = ven-tricolo destro, AS = atrio sinistro,VS = ventricolo sinistro.

Figura 28.6.15

D

S

TM

L

T

TM

TD

S

M M

m

a) b)

Ecografia cerebrale effettuata in modo A. Con D è indicata l’ecografia da destra e con S quella dasinistra. Gli echi riportati sull’asse dei tempi di un monitor forniscono una configurazione simme-trica nel caso (a) e asimmetrica nel caso di ematoma endocranico (b). M rappresenta l’eco da strut-ture interemisferiche, T il segnale trasmesso, L e l’eco sulla parete cranica controlaterale e m unartefatto della linea mediana.

Figura 28.6.16

Page 50: Strumentazione Biomedica

754 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

L’eco della linea mediana del cervello di un soggetto normaleviene rilevato 1.1 ⋅ 10–4 secondi dopo l’emissione dell’impulsodalla sorgente. Valutare: (1) la distanza della linea medianadalla sorgente assumendo una velocità del suono nel tessutocerebrale di 1540 m s–1 e trascurando le correzioni dovute alleossa craniche (nel caso di un soggetto malato gli echi dal latodestro del cranio, dalla linea mediana e dal lato sinistro sonoosservati rispettivamente dopo 0.1 ⋅ 10–4 s, 1.32 ⋅ 10–4 s e 2.40 ⋅ 10–4 s); (2) lo spostamento della linea mediana del cer-vello e (3) quale emisfero cerebrale risulta allargato.

Soluzione (1) Facendo riferimento alla Figura 28.6.16a e alla(28.6.3), abbiamo:

(2) Calcoliamo nello stesso modo le distanze delle tre strutture(vedasi Figura 28.6.16b):

Lo spessore dell’emisfero destro è di 10.64 cm – 0.77 cm = = 9.394 cm e di quello sinistro di 18.48 cm – 10.164 cm = = 8.316 cm, mentre la linea mediana avrebbe dovuto trovarsialla distanza di (18.48 cm – 0.77 cm)/2 = 8.855 cm; essa risultaspostata di 8.855 cm – 8.316 cm = 0.539 cm verso il lato sinistro.

(3) Da quanto calcolato sopra, l’emisfero destro risulta allar-gato.

dD = = =12

0.1 10 s 1540 m s 0.0077 m 0.77 cm–4 –1⋅ ..

12

1.32 10 s 1540 m s 0.10164 m 10.–4 –1dM = = =⋅ 1164 cm.

12

2.4 10 s 1540 m s 0.1848 m–4 –1dS = =⋅ == 18.48 cm.

dM = = =1

21.1 10 s 1540 m s 0.0847 m 8.47 cm–4 –1⋅ ..

EEsseemmppiioo2288..66..11 Ecografia cerebrale

Nell’ultimo passaggio si assume v W u, cioè la velocità di propagazione dell’ul-trasuono è maggiore della velocità con cui si muove l’interfaccia da cui viene ri-flesso, come accade in effetti per le strutture cardiache. Il moto delle pareti car-diache e del sangue viene mostrato in successioni di immagini a falsi colori, rico-struite mediante un microprocessore, che gestisce lo strumento, su un monitor acolori. Le pareti in avvicinamento sono rappresentate da diverse tonalità rosse equelle in allontanamento da tonalità blu.

Anche per le immagini ecografiche è possibile incrementare il segnale ecogra-fico mediante mezzi di contrasto costituiti da microbolle di aria (diametro dell’or-dine di pochi micrometri) introdotte nel sistema circolatorio. In Figura 28.6.17 èmostrata un’ecografia Doppler senza (a) e con (b) mezzo di contrasto.

Concludiamo questo argomento osservando l’evidente rilevanza, per questotipo di strumentazione, del mezzo di calcolo (microprocessore), le cui caratteristi-che permettono elaborazioni sempre più sofisticate. Ad esempio nel §28.9f sonomostrate alcune immagini ecotomografiche tridimensionali.

In effetti, nelle diagnosi fondate su immagini e dati ecografici, o più in gene-rale ultrasonografici, assume grande importanza il trattamento digitale dell’im-magine, la quale può essere elaborata in svariati modi (ingrandita, aumentata o di-minuita nel contrasto sulla scala dei grigi o dei colori, trattata con algoritmi mate-

Ecografia Doppler cerebrale senzamezzo di contrasto in (a) e conmezzo di contrasto in (b), dove èevidente l’azione di rinforzo delmezzo di contrasto, che mette in ri-salto distretti circolatori cerebrali.

Figura 28.6.17

Page 51: Strumentazione Biomedica

28.7 La frantumazione meccanica di calcoli 755

matici per ottenere opportune proiezioni geometriche e così via). Con questi svi-luppi, si può ben affermare che l’ultrasonografia ha ormai abbandonato l’era delladipendenza dei risultati dalla tecnica, per entrare in un’era di utilizzo che la rendeequivalente alla radiografia, con il vantaggio di provocare danni biologici trascu-rabili ai tessuti interessati.

LA FRANTUMAZIONE MECCANICA DI CALCOLI

Fino a circa 20 anni fa l’intervento chirurgico ha spesso rappresentato l’unicosussidio terapeutico per l’eliminazione dei calcoli renali (ed anche di calcoli biliarie concrezioni calcaree articolari). La litotripsia si è andata poi sostituendo in parteall’intervento chirurgico in urologia, in gastroenterologia e in ortopedia (Figura28.7.1a, b e c). Nel seguito ci occupiamo in particolare dei calcoli renali.

a) b) c)

La litotripsia si è affermata comestandard terapeutico in (a) urolo-gia (calcolosi renale), (b) gastroen-terologia (litiasi biliare), (c) orto-pedia (concrezioni calcaree artico-lari).

Figura 28.7.1

28.7

A BC

Rappresentazione schematica delprocesso di distruzione di un cal-colo renale. L’onda meccanica in-cidente si somma all’onda riflessadalla superficie di interfaccia poste-riore, generando una compres-sione locale che frantuma le zone Ae B.

Figura 28.7.2

28.7a Il litotritore: principi fisici e aspetti tecnici

Da molti anni importanti progressi tecnologici hanno permesso di adottarecon successo metodiche, parzialmente o completamente non invasive, per di-struggere concrezioni solide mediante una frantumazione per contatto con il calcolo(ad esempio raggiungendo il calcolo per via endoscopica). Tuttavia, poiché questimetodi presentano diversi inconvenienti e per attuare una terapia incruenta dellacalcolosi renale, è stato sviluppato un metodo di frantumazione delle concrezioni(litotripsia) dall’esterno, e quindi totalmente non invasivo, mediante l’uso di onded’urto meccaniche (ESWL da Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy, litotripsia ex-tracorporea ad onde d’urto). Un litotritore in generale è costituito da una sorgentedi onde meccaniche di elevata intensità; attraverso un mezzo di propagazione diqueste onde d’urto e opportuni metodi di focalizzazione delle stesse è possibilefrantumare i calcoli: il fascio ultrasonoro è collimato sul calcolo da eliminare.

Quando un’onda meccanica giunge su un materiale, essa provoca compres-sioni e trazioni interne (Capitolo 4), che possono essere sufficienti a disgregarlo.Questo processo di frantumazione è riportato in forma schematica nella Figura28.7.2, dove il passaggio dai tessuti al calcolo dell’onda d’urto, a causa della suaparziale riflessione, determina l’instaurarsi di un’altissima pressione interna localeche frantuma la concrezione nella zona A. Le onde di pressione che proseguonoattraverso il calcolo, quando arrivano alla superficie opposta vengono parzial-mente riflesse all’interfaccia calcolo-tessuti, per cui si ha la distruzione della zonaB. Successive onde d’urto sono necessarie per frantumare la zona C.

Vediamo ora i vari tipi di generatori d’onda di urto (Figura 28.7.3).

Page 52: Strumentazione Biomedica

756 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

riflettore

elettrodo

F2

F1

a) b) c)

calcolo

lente acustica

cristallopiezoelettrico

lamina metallica acqua

elettromagnete

Rappresentazione schematica diun generatore a scintilla elettrica(a), piezoelettrico (b) ed elettroma-gnetico (c).

Figura 28.7.3

Un modo per provocare l’onda d’urto consiste nell’innescare una scarica elet-trica tra due elettrodi immersi in acqua (generatore a scintilla elettrica), tra i quali,scaricando un condensatore, viene originata una differenza di potenziale moltoelevata (tra 14 kV e 30 kV). L’energia immagazzinata nel condensatore viene rila-sciata in un intervallo di tempo molto breve (circa un decimo di microsecondo),generando un arco voltaico (scarica elettrica) fra gli elettrodi (Figura 28.7.4), iso-lati dal resto dell’apparecchiatura da materiale sintetico. L’arco elettrico vaporizzail fluido lungo il suo percorso, causando un’evaporazione esplosiva dell’acqua. Pertale fenomeno nel fluido circostante si crea un’onda d’urto che si diffonde per su-perfici d’onda sferiche.

Questo tipo di litotritore viene utilizzato sottoponendo il paziente ad anestesiaperidurale e monitorandone l’ECG durante il trattamento, in modo da evitare in-terazioni fra le onde d’urto e il sistema di conduzione cardiaca, che potrebbero es-sere causa di aritmie. In particolare l’onda d’urto viene emessa tra l’onda QRS el’onda T di ripolarizzazione dell’ECG, cioè quando il tessuto cardiaco è refrattarioalla stimolazione. Il paziente viene posizionato con il calcolo nel secondo fuocodello strumento tramite immagini ecografiche in tempo reale. Ciascuna applica-zione richiede alcune centinaia di onde d’urto a seconda delle dimensioni del cal-colo. La durata media del trattamento è di 20 – 60 minuti, con controlli continuidello stato e della posizione del calcolo (Figura 28.7.5a). I calcoli frantumati ven-gono espulsi spontaneamente con le urine.

Attualmente sono entrati in uso litotritori di generazione successiva con diffe-renti metodi di formazione dell’onda d’urto. Di particolare interesse è quello incui si sfrutta l’emissione acustica da parte di elementi piezoelettrici (generatore pie-zoelettrico, Figura 28.7.3b) (EA-PFN, da Electro Acoustic Pulse Forming Network). Inquesti dispositivi un segnale ad alta tensione sollecita una matrice di elementi pie-zoelettrici, disposti su una superficie in modo da focalizzare l’onda d’urto in unpunto (Figura 28.7.6a). La formazione dell’onda d’urto avviene sempre in acqua elo strumento viene collegato al paziente semplicemente tramite una opportunamembrana. Il posizionamento del paziente, e quindi del calcolo, nel fuocodell’onda d’urto è eseguito mediante ecografia, la cui sonda di rilevamento è so-lidale con il litotritore stesso (Figura 28.7.6b).

In questo modo, il paziente non deve essere immerso in una vasca d’acqua,come per l’ESWL precedentemente descritto, ed essendo l’onda d’urto localizzatasolo alla zona renale, non sono necessari l’anestesia e il controllo ECG.

Modello di elettrodo dell’unitàESWL. La distanza fra gli elettrodi èal massimo 55 mm ed essa deter-mina l’intensità dell’onda d’urto.

Figura 28.7.4

Page 53: Strumentazione Biomedica

28.7 La frantumazione meccanica di calcoli 757

calcolo

F

rene

collimatore e amplificatoredi brillanza

(telecamere a raggi X)

bagno d'acqua

riflettoreellisoidale generatore di

scariche elettrichesott'acqua

a) b)

tubo raggi X

(a) Veduta d’insieme della disposizione geometrica calcolo-litotritore e dei monitor a raggi X. Ilpaziente è immerso in una vasca piena d’acqua e posizionato in modo che il calcolo venga a trovarsinel secondo fuoco dell’ellissoide. Il posizionamento e il controllo della terapia vengono effettuatimediante radioscopia oppure ecografia. (b) In un successivo modello di litotritore l’onda d’urto sipropaga nell’acqua contenuta in un cuscino, la cui membrana superiore è a contatto con il pa-ziente. In questo modo le onde d’urto sono concentrate nella zona ove è presente la concrezionee non sono necessari l’anestesia e il controllo ECG.

Figura 28.7.5

Un terzo metodo di formazione dell’onda d’urto sono i generatori elettromagne-tici (Figura 28.7.3c), in cui una corrente elettrica pulsata viene trasmessa tramiteuna bobina (un solenoide) posta sotto una lamina metallica. Il campo magneticoprodotto dalla bobina mette in vibrazione la lamina che produce un’onda d’urtoche viene focalizzata sul bersaglio tramite una lente acustica.

In Figura 28.7.5a e b sono mostrati gli schemi di litotritori a onde d’urto elet-tromeccaniche, mentre in Figura 28.7.6a è mostrato un litotritore piezoelettrico,schematizzato in Figura 28.7.6b. Come si vede dalle figure, al fine di focalizzare leonde d’urto si usano opportuni riflettori e lenti acustiche.

Nel caso di generatori elettromeccanici, attraverso un foro l’elettrodo viene po-sizionato in uno dei due fuochi del riflettore elissoidale, che si trova immerso in ac-qua. La superficie di riflessione è elettricamente isolata da un sottile strato di po-liuretano. L’onda d’urto, generata nel primo fuoco, si riflette sulla superficie ellit-tica e, per le leggi della riflessione e le caratteristiche geometriche dell’ellissoide,viene convogliata verso il secondo fuoco ove è stato posizionato il calcolo.

È opportuno osservare che onde d’urto di così breve durata (circa 0.1 �s, vedila Figura 28.7.7) possono essere trattate nell’approssimazione dell’ottica geome-trica. Esse, infatti, corrispondono alla metà di una singola vibrazione ultrasonora

Page 54: Strumentazione Biomedica

758 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Andamento temporale dell’ondad’urto meccanica. Tr = tempo di sa-lita; W = semilarghezza temporaledell’onda.

Figura 28.7.7

Litotritore a cristalli piezoelettrici:(a) schema di funzionamento, incui la matrice parabolica di ele-menti piezoelettrici e la sonda a ul-trasuoni di controllo sono conte-nute in un cuscino pieno d’acqua,come in Figura 28.7.5b, a contattocon il paziente, il cui calcolo deveessere posizionato nel fuoco F; (b)veduta d’insieme del dispositivo,con i monitor radioscopici ed eco-grafici tramite una sonda solidalecon gli emettitori piezoelettrici,mostrata in (a).

Figura 28.7.6

sonda dicontrollosorgenti

piezoelettriche

calcolo

F

emettitori a)

b)

Page 55: Strumentazione Biomedica

28.7 La frantumazione meccanica di calcoli 759

di (0.2 �s)–1 Hz = 5 ⋅ 106 Hz, la cui lunghezza d’onda è di circa 0.3 mm (essendocirca 1500 m/s la velocità della vibrazione in acqua), sufficientemente piccola ri-spetto alle strutture attraversate, come richiesto dall’Ottica geometrica: si possonoquindi applicare le leggi della riflessione viste nei §12.8 e §21.10.

La pressione dell’onda d’urto deve essere maggiore del limite di resistenza delcalcolo, ma al tempo stesso inferiore al limite di tolleranza dei tessuti biologici. Ilvalore della pressione sul calcolo è dell’ordine di 50 – 100 MPa (circa 500 – 1000atm) a seconda della d.d.p. applicata agli elettrodi. La durata dell’impulso deve es-sere più breve del tempo di transito attraverso il calcolo (da uno ad alcuni micro-secondi), per evitare sovrapposizioni tra onda incidente e onda riflessa dalla se-conda parete del calcolo (Figura 28.7.2). Infine, per evitare riflessioni dannose suitessuti corporei superficiali, il mezzo deve possedere caratteristiche simili a quelledei tessuti biologici riguardo alla propagazione di onde acustiche. Si impiega per-tanto acqua in cui il paziente viene immerso a circa 32°C, priva di carbonati e dicalcio per evitare effetti di cavitazione.

Il torace del paziente viene schermato con una membrana di materiale sinte-tico per evitare lesioni del parenchima polmonare.

I litotritori sono ormai divenuti uno strumento insostitubile nella cura di granparte delle calcolosi renale, nel caso della litiasi biliare (calcoli nella colecisti) enella frantumazione di concrezioni calcaree nelle articolazioni, con diminuzione, tral’altro, dei tempi di degenza e del numero di soggetti dializzati, con una miglioreprognosi e l’assenza di invalidità prematura (da esiti chirurgici). In Figura 28.7.8 èmostrato lo strumento utilizzato in ortopedia, che, oltre a disgregare concrezionicalcaree, determina la neovascolarizzazione della giunzione tendine-osseo, un mi-gliore afflusso di sangue e la rigenerazione di tessuti (cura di tendinopatie).

In Figura 28.7.9 sono mostrate le ecografie effettuate prima e dopo l’interventoterapeutico. L’azione meccanica del litotritore viene stimata nell’Esempio 28.7.1.

Dispositivo per ESWT (Extracorpo-real Shock Wave Therapy) impie-gato in ortopedia (articolazionedella spalla).

Figura 28.7.8

Rilievi ecografici effettuati prima(a) e dopo (b) la terapia, in cui sipuò vedere la distruzione del cal-colo.

Figura 28.7.9

Page 56: Strumentazione Biomedica

760 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

IL RENE ARTIFICIALE

Nelle patologie renali il rene artificiale è un importante sostituto della funzionenaturale: l’emodialisi è ormai divenuta una pratica che si esegue a domicilio conopportuni controlli medici e con la formazione del personale che svolge l’assi-stenza domiciliare. La base fisica del rene artificiale è costituita dalla II legge diFick, che esprime, nel fenomeno della diffusione, l’andamento temporale dellaconcentrazione di soluto tra due compartimenti, che di seguito viene richiamata eapplicata.

28.8a Evoluzione temporale della diffusione

La diffusione di sostanze attraverso membrane artificiali è alla base del funzio-namento dei dispositivi di emodialisi o reni artificiali. In questo paragrafo vengonopertanto riprese, sviluppate e applicate le nozioni svolte nel Capitolo 15. In parti-colare dovremmo considerare la diffusione come fenomeno che si svolge neltempo, e quindi considerare la seconda legge di Fick (15.20)(vedi Nota 15.1). Tut-tavia, per i nostri scopi, è sufficiente individuare la semplice variazione nel tempodella concentrazione media presente in due compartimenti separati da una mem-brana artificiale.

Con questa approssimazione si suppone, in pratica, che la diffusione del solutosia molto più rapida nel mezzo libero, costituito dai due compartimenti, rispettoalla diffusione attraverso la membrana (Figura 28.8.1). È sufficiente allora consi-derare le variazioni nel tempo del numero di moli nei due compartimenti e ugua-

Si paragoni la forza esercitata su un calcolo renale del diame-tro di 6 mm da una pressione di 50 Mpascal, ottenuta me-diante un litotritore, con la forza esercitata, su un corpo simileal calcolo, da un martello avente una massa di 3 kg che cadedall’altezza di un metro.

Soluzione Valutiamo la forza Fm esercitata dal martello la-sciato cadere da un metro d’altezza. Il martello, accelerandosotto l’azione della forza peso, arriva con velocità v sul corpoposto su una superficie rigida e fissa, lo urta e si ferma in se-guito alla reazione vincolare istantanea applicata dalla superfi-cie rigida, uguale in modulo, ma opposta alla forza Fm. Dal se-condo principio della Dinamica abbiamo che, in modulo, Fm =ma = m Dv/Dt, dove a è la decelerazione subìta dal martello dimassa m, Dt è il tempo impiegato dal martello a decelerare sulcorpo, che possiamo stimare in 0.01 secondi, e Dv è la varia-zione di velocità in seguito all’urto. La velocità finale dopol’urto sarà nulla, mentre quella iniziale si può ottenere appli-cando il principio di conservazione dell’energia meccanica:DEK + DU = 0, da cui:

che ci permette di ricavare:

La forza del martello Fm risulta dunque pari a (vedi la (2.25)):

La forza corrispondente a una pressione di 50 MPa su una su-perficie di � r2 = � (0.3 cm) 2 = 0.28 cm2 risulta essere:

Fp = p S = 50 ⋅ 106 Pa 0.28 ⋅ 10–4 m2 = 1400 newton.

Dunque, un singolo impulso acustico del litotritore causa ef-fetti simili a quelli di un martello da 3 kg lasciato cadere da unmetro d’altezza su una concrezione di 6 mm di diametro.

F m v tm = = =/ 3 kg 4.43 m s

0.01 s1329 newton

–1

D D .

v g h= =2 4.43 m s .–1

12

2m v m g h ,=

EEsseemmppiioo2288..77..11 Forza agente su calcolo renale

28.8

Js

C2(t)

compartimento1

compartimento2M

V2V1

C1(t)

Attraverso la membrana M, il so-luto, accumulato nel comparti-mento 1, diffonde nel comparti-mento 2, dove la sua concentra-zione è minore (praticamente co-stante al valore zero nel rene artifi-ciale).

Figura 28.8.1

Page 57: Strumentazione Biomedica

28.8 Il rene artificiale 761

gliarle al flusso di soluto in uscita dal compartimento 1 e in ingresso nel comparti-mento 2, con lo scopo di ottenere una relazione che ci permetta di ricavare comesi modifica nel tempo la concentrazione media nei due compartimenti.

Supponiamo che C1 > C2, cosicché il soluto fluisce dal compartimento 1 al 2, esiano N1 = N1(t) e N2 = N2(t) il numero di moli di soluto al tempo t nei due com-partimenti. Nel processo di diffusione, N1 diminuisce nel tempo mentre N2 au-menta, e la loro somma si conserva:

N = N1(t) + N2(t) = costante. (28.8.1)

Il flusso di soluto JsM è fornito dalla prima legge di Fick (15.28):

JsM = P (C1 – C2) , (28.8.2)

da cui il numero totale di moli di soluto che attraversa la membrana di superficieA nell’unità di tempo è JsM ⋅ A e questo corrisponde alla variazione negativa del nu-mero di moli nel primo compartimento e a quella positiva nel secondo comparti-mento, cioè:

(28.8.3)

che in termini differenziali si scrivono:

(28.8.4)

Dalla definizione di concentrazione, essendo V1 e V2 i volumi dei due compar-timenti, abbiamo:

N1(t) = C1(t) V1 e N2(t) = C2(t) V2 , (28.8.5)

per cui, inserendo le (28.8.2) e (28.8.5) nelle (28.8.4), essendo i volumi costanti,si ottiene per i due compartimenti:

(28.8.6)

Dividendo la prima per V1 e la seconda per V2 e sottraendo membro a membro,abbiamo:

(28.8.7)

che possiamo scrivere anche come:

(28.8.8)

Il fattore ha le dimensioni inverse a quelle di un tempo e A P V V V V1 2 1 2/+( )⎡⎣ ⎤⎦

d C t C td t

A PV VV V

C t C1 2 1 2

1 21 2

( ) ( )( )

--( )

−+⎛

⎝⎜

⎠⎟= (( )t( ) .

dC td t

dC td t

A PV V

C t C1 2

1 21 2

( ) ( )( ) (− − +

⎝⎜

⎠⎟= 1 1 - tt)( ) ,

VdC t

d tA P C t C t

VdC t

d tA P C

11

1 2

22

1

( )( ) ( )

( )

=

=

− ( )

+

-

(( ) ( )2t C t- .( )

dNdt

J AdNdt

J AsM sM1 2– e + .= =

DD

DD

Nt

J ANt

J AsM sM1 2– e + ,= =

Page 58: Strumentazione Biomedica

762 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

possiamo quindi definire la costante di tempo t come:

(28.8.9)

e la (28.8.8) diventa infine, avendo posto DC = C1 – C2:

(28.8.10)

Questa equazione differenziale è stata risolta in altre occasioni (ad esempionella carica o scarica di un condensatore) e la soluzione è costituita dalla funzioneesponenziale:

(28.8.11)

Al tempo generico t abbiamo che C1(t) ≠ C2(t), mentre al limite infinito (t Æ q) ci aspettiamo che le concentrazioni nei due compartimenti siano uguali:C1(q) = C2(q) = C

q. Quindi, introducendo la (28.8.5) nella (28.8.1), abbiamo:

N = V1C1(t) + V2C2(t) = V1C1(q) + V2C2(q) = (V1 + V2) Cq

, (28.8.12)

da cui la concentrazione finale risulta essere:

(28.8.13)

Utilizzando questa relazione, valida per qualsiasi valore del tempo t, nella solu-zione (28.8.11), si ottengono le soluzioni delle (28.8.6), i cui andamenti sono mo-strati in Figura 28.8.2:

(28.8.14)

C t C C C e

C t C C C e

t

1 1

2 2

( ) (0)

( ) (0)

=

=

q q

q q

+ [ ]

+ [ ]

-

-

-t

--.

tt

C

VV V

C tV

V VC t

q= 1

1 21

2

1 22( ) ( ).

++

+

D D tC C et

= (0) .-

d Cd t

CD t D= .

t = =A P

V VV V

V VA P V V

1 2

1 2

1 2

1 2

+⎛

⎝⎜

⎠⎟ +( )

−1

,

C(t)

C1(0)

C2(0)

C2(t)

C1(t)

CqCq

C1(t) – C2(t)

0 t 2t

tempo

Andamenti delle concentrazioniC1(t) e C2(t) in funzione del tempo,secondo le relazioni (28.8.14). Pertempi molto lunghi, le concentra-zioni tendono esponenzialmenteal valore C

q. Nel funzionamento

del rene artificiale interessa soprat-tutto l’andamento di C1(t), poiché,per il continuo ricambio del li-quido dializzante, C2(t) resta prati-camente costante a un valore quasinullo.

Figura 28.8.2

Page 59: Strumentazione Biomedica

28.8 Il rene artificiale 763

Osserviamo che la costante di tempo t (28.8.9) aumenta al diminuire dell’areae della permeabilità P della membrana, mentre aumenta al crescere del volumedei due compartimenti. In particolare, se V2 W V1, la costante t diventa:

(28.8.15)

e la concentrazione finale Cq

sarà praticamente uguale a C2(0), come si può rica-vare dalla (28.8.13) ponendo t = 0 e V2 W V1.

28.8b Descrizione del rene artificiale

Diversamente da quello biologico, il rene artificiale esercita sulla composizionedel plasma un ruolo puramente passivo. L’eliminazione delle sostanze di scarto(urea, creatinina e altre) viene eseguita semplicemente ponendo a contatto, tra-mite una membrana artificiale, il sangue da filtrare con una soluzione dializzantedi composizione uguale a quella fisiologica del plasma.

La superficie di contatto tra i due liquidi è costituita da una membrana semi-permeabile artificiale (molto simile al cellophane) che trattiene i globuli rossi e leproteine del plasma e permette la diffusione delle molecole di scarto, a basso pesomolecolare, dal plasma al liquido dializzante, per cui la concentrazione dei solutidi scarto nel plasma, elevata all’inizio della dialisi, diminuisce, nel corso della dia-lisi, come previsto dalla prima delle (28.8.14). Il dispositivo è schematizzato in Fi-gura 28.8.3. Le molecole necessarie all’organismo non vengono eliminate, poichésono presenti, in concentrazione fisiologica, nella soluzione dializzante. Unoschema dell’emodialisi è riportato in Figura 28.8.4.

Inoltre un soggetto uremico non ha la possibilità di eliminare, per vie naturali,anche i liquidi, i quali tendono ad accumularsi nell’organismo nella quantità dicirca 1 litro al giorno, con il rischio di provocare un edema polmonare dopo al-cuni giorni. Perciò nell’emodialisi è necessario mantenere una modesta differenzadi pressione idraulica tra i due compartimenti, in modo che parte del solvente (ac-qua) proveniente dal sangue attraversi la membrana e venga eliminata. Si ag-giunge allora al processo di diffusione anche quello di filtrazione (§15.5). Laquantità di acqua così eliminata (circa 0.5 litri/ora) deve essere controllata, nelcorso della dialisi, insieme alle condizioni generali del paziente, poiché una bru-sca e notevole disidratazione può portare al collasso con successive gravi conse-guenze.

t ≈

VA P

1 ,

soluzionedializzante

sangue

membranaartificiale

soluzionedializzante

C1

C2

C2

Js

Js

sangue

Una membrana artificiale (lineapunteggiata) separa i comparti-menti di un rene artificiale. Inrealtà, per massimizzare la superfi-cie di scambio della membrana ar-tificiale, questa è costituita da untubo cilindrico molto lungo, ap-piattito e avvolto su se stesso cheviene immerso in un serbatoio incui circola una soluzione dializ-zante.

Figura 28.8.3

filtro

pompaeparina

pompasangue

Disegno schematico di un disposi-tivo per emodialisi. La membranaartificiale, che separa il sanguedalla soluzione di dialisi, è avvoltacircolarmente per compattare l’ap-parecchiatura e avere un’area discambio di alcuni m2.

Figura 28.8.4

Page 60: Strumentazione Biomedica

764 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Un rene artificiale, inoltre, deve contemplare un dispositivo per l’eliminazionedi eventuali bolle d’aria, un termostato a 38°C (prima del rientro del sangue nelcircolo del paziente), vari dispositivi di allarme nel caso di malfunzionamenti e undispositivo per l’introduzione di un anticoagulante quando il sangue entra nell’ap-parecchio.

Per paragonare le prestazioni con quelle del rene naturale, è sufficiente osser-vare che il flusso di sangue attraverso un rene artificiale è dell’ordine di 300 cc/min ª 18 litri/ora, contro i circa 70 litri/ora del rene umano.

Da quanto visto sopra e da quanto illustrato nel Capitolo 15, è evidente che leproprietà di trasporto delle membrane giocano un ruolo fondamentale nel reneartificiale, come ovviamente nel rene naturale. Tuttavia quelle renali esplicano an-che un’azione attiva, selezionando le molecole da trattenere. In particolare lamembrana glomerulare (Figura 16.11) trattiene le molecole di albumina presentinel plasma (peso molecolare di circa 69 000 uma, raggio equivalente di 32 Å; siveda l’Esempio 28.8.1), nonostante questa membrana funzioni come se avessepori di raggio di 3.8 nm = 38 Å e uno spessore efficace di 500 Å.

Per diverso tempo, un filtro artificiale equivalente è stato costituito da cel-lophane (Tabella 28.8.1), dello spessore di circa 50 �m. Negli ultimi anni tuttaviasono stati studiati nuovi tipi di membrane artificiali. Vediamone il motivo.

Inizialmente lo scopo dell’emodialisi consisteva nel rimuovere le molecole discarto, come l’urea, l’acido urico e altre, di peso molecolare inferiore a 300 umaL’analisi delle proprietà di flusso di tali reni artificiali era in buon accordo con leloro prestazioni: circa 100 mg/min di creatinina (peso molecolare 113 uma) po-tevano venire eliminati attraverso 1 m2 di superficie della membrana, con una por-tata di sangue, nel rene artificiale, di 200 ml/min. Lo sviluppo di nuovi modelli direne artificiale mirava soprattutto a ridurre tale portata, cioè a renderne più facilel’utilizzo sul paziente. Le terapie comportavano circa 30 ore ogni settimana per pa-ziente impiegando 0.7 m2 di membrana.

Tuttavia, in tempi successivi, si è realizzato che simili dispositivi fornivanoun’azione depurativa solo parziale e che il rene naturale era evidentemente assaipiù efficiente. Ad esempio, il rene naturale normale rimuove l’inulina, con pesomolecolare di 5200 uma, con lo stesso flusso della creatinina, di peso molecolaredi 113 uma. Allo stato attuale è quindi evidente che pazienti con deficienza renaletotale continueranno a subire danni, in particolare di tipo neurologico, a menoche i reni artificiali non riescano a eliminare soluti aventi peso molecolare di al-meno 2000 uma. A questo scopo sono in sviluppo continuo nuove membrane arti-ficiali: finora sono state messe a punto membrane capaci di rimuovere molecole dipeso molecolare fino a 1500 uma.

SOLUTO P × 104 (cm/s) SOLUTO P × 104 (cm/s)

urea 5.631 saccarosio 0.953creatinina 3.030 vitamina B 0.380acido urico 2.790 albumina 0.00022

TTAABBEELLLLAA 2288..88..11 Permeabilità P per una membrana di cellophane spessa 48 ��m

Page 61: Strumentazione Biomedica

28.8 Il rene artificiale 765

Questi nuovi tipi di membrane sono costituiti da polimeri sintetici, come il po-liacrilonitrile, oppure da materiali che riescono a simulare le membrane renali,come i polipeptidi sintetici. In generale queste membrane sono schematizzabilicome strutture impermeabili attraversate da pori di dimensioni variabili, distri-buiti anche in modo disomogeneo. I pori hanno dimensioni dell’ordine di gran-dezza molecolare e la permeabilità di membrana è sempre fornita dalla (15.34). Inalcuni casi i soluti sono solubili in certe membrane: la descrizione del loro flussoattraverso di esse diventa più complicata e molecole con un peso molecolare similepotrebbero avere una permeabilità molto differente. Restano ancora da risolveremolti problemi prima di ottenere una membrana che sia un completo sostituto delrene naturale e le ricerche in tal senso sono ancora in fase di intenso sviluppo.

28.8c Tempi di emodialisi

Grazie alla differente concentrazione dei soluti di scarto, tra il sangue e il li-quido dializzante, la cui concentrazione resta fissa al valore zero a causa del suocontinuo ricambio, trascurando la piccola differenza di pressione idraulica, alrene artificiale si applicano le relazioni (28.8.14), in particolare quella relativa alprimo compartimento, cioè il plasma.

Nel caso del rene artificiale la costante di tempo t non deve essere superioreall’ora, in modo che in poche ore i soluti in eccesso possano essere quasi total-mente eliminati. Si possono allora definire i parametri essenziali per la progetta-zione del rene artificiale. Il volume V1 non corrisponde al semplice volume del san-gue (circa 5.4 litri), ma al volume totale dei fluidi nell’organismo e quindi V1 ª 40 litri: le sostanze di rifiuto, infatti, vengono prodotte dai processi metaboliciche si svolgono nei tessuti e poi trasportate nel fluido interstiziale e da qui nel san-gue. Come visto alla fine del §28.8a, affinché la concentrazione finale dei soluti discarto nel plasma sia quasi uguale a quella nel liquido dializzante, dovrà essere V2

W V1. In questo caso la costante t è data dalla (28.8.15). Nota la permeabilità dellamembrana per i vari soluti, si può valutare l’area utile A di scambio tra i due com-partimenti. Riferendoci alla Tabella 28.8.1, nel caso dell’urea, per ottenere t ª 1ora, essendo V1= 40 litri e P = 5.63 ⋅ 10–4 cm/s, deve essere A ª 2 m2.

Dalla Tabella 28.8.1, la costante di tempo per l’acido urico, con questi dati, ri-sulta essere di circa 2 ore. In Figura 28.8.5 sono riportate le curve relative a unrene artificiale progettato sulla base dei parametri ricavati sopra. Come si vede, in

100%

80%

60%

40%

20%

percentuale della concentrazione iniziale

acido urico t = 2.02 ore

urea t = 1 ora tempo

(ore)0 0.5 1 1.5 2 2.5 3.53 4

Andamendo nel tempo della con-centrazione di urea e di acido uricoper un rene artificiale, progettatosulla base dei parametri stimati neltesto.

Figura 28.8.5

Page 62: Strumentazione Biomedica

766 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

una seduta emodialitica di 4 ore, in questo caso, vengono eliminati circa il 98.2%dell’urea e l’86.5% dell’acido urico. In genere si fa in modo di contenere il tempodi dialisi entro le 3 o 4 ore, con una frequenza media di 2 o 3 volte alla settimana.

Non è possibile ridurre i tempi dell’emodialisi. Infatti, l’urea è presente in tuttii fluidi dell’organismo, in particolare in quelli cerebrospinale e interstiziale dellecellule cerebrali. La membrana, che separa questi fluidi dal plasma, possiede unabassa permeabilità per l’urea. Una dialisi rapida comporterebbe quindi una dimi-nuzione notevole di urea nel plasma, ma non nel compartimento cerebrospinale,da dove l’urea passa al plasma più lentamente. Insorgerebbe allora una pressioneosmotica di richiamo di liquido verso il compartimento cerebrospinale, con con-seguente formazione di un edema cerebrale, che causa forti mal di testa al pa-ziente.

Per impostare una soluzione rigorosa della diffusione nell’emodialisi, dovreb-bero essere considerati anche i meccanismi di filtrazione e di osmosi e il flusso disoluto introdotto nella (28.8.4) andrebbe sostituito con l’espressione generale(16.8).

Le terapie emodialitiche devono essere effettuate sotto controllo medico o dipersonale specializzato. Esistono in commercio reni artificiali di dimensioni relati-vamente contenute che possono essere utilizzati a domicilio: in tale caso si rendenecessaria l’assistenza di personale anche non specializzato, ma comunque istruitosull’esecuzione della terapia, collegato telefonicamente con un centro di emodia-lisi, per far fronte a eventuali situazioni di emergenza.

In quanto tempo una emodialisi porta il valore della concen-trazione di urea al 10% del valore iniziale (si faccia riferimentoai dati riportati in Figura 28.8.5)? A quanto arriva la concen-trazione dell’acido urico?

Soluzione Sempre facendo riferimento alla Figura 28.8.5, es-sendo turea = 1 ora, applicando la (28.8.11), la concentrazionedi urea è il 10% di quella iniziale dopo:

t = – turea ln 0.1 = 1 ora ⋅ 2.30 = 2.30 ore = 2 ore 20 minuti.

Dopo 2.30 ore l’acido urico, per il quale ta.u. = 2.02 ore, è statoabbattuto al:

X% = 100 exp (–t/t a.u.) = 100 ⋅ 0.320 = 32%.

EEsseemmppiioo2288..88..11 Concentrazioni in seguito a emodialisi

IMMAGINI TOMOGRAFICHE: TC, SPECT, PET, RM, ECO E OCT

Negli ultimi decenni il continuo sviluppo dei sistemi di calcolo, sia per quantoconcerne la quantità del calcolo (numero di operazioni eseguite nell’unità ditempo), che per la flessibilità delle connessioni periferiche (interfacce con qual-siasi tipo di strumentazione, reti di calcolatori e grande disponibilità di memoria),ha permesso di trattare dati e immagini mediche anche molto complessi, ricavan-done nuovi strumenti diagnostici che hanno dimostrato una vasta gamma di im-pieghi. Ne sono esempi le tecniche ecografiche (§28.6), la microscopia digitale(§22.5d), la digitalizzazione delle immagini radiografiche (§25.9c), che possonoessere studiate mettendo in risalto l’eventuale presenza di patologie non facil-mente osservabili dalla semplice analisi visiva. A queste si aggiungono le immaginidi sezioni del corpo umano (tomografiche) per la cui ricostruzione l’impiego di

28.9

Page 63: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 767

mezzi di calcolo veloci è stato determinante per via della sua complessità matema-tica di cui diamo qui un breve accenno, prima di trattare i vari dispositivi tomo-grafici.

28.9a La ricostruzione di immagini tomografiche

Come mostrato in Figura 28.9.1, lo scopo della ricostruzione tomografica con-siste nell’individuare la funzione f(x,y) che descrive le differenti tonalità di grigiopresenti in un particolare piano del soggetto. I piani geometrici standard impie-gati in tomografia sono riportati in Figura 28.9.2; a questi si aggiungono, quandonecessario, i piani obliqui definiti caso per caso.

Per determinare la funzione f(x,y), cioè l’immagine tomografica, si ricorre aprocedure matematiche analoghe a quelle impiegate per ricostruire fenomeni on-

x

y

z

piani x, y

x

y

O

a) b)

tonalità di grigio: f (x,y)funzione in 2 dimensioni

Nelle tomografie si ottengono im-magini superficiali corrispondentiai piani mostrati in (a), avendo con-siderato una terna di assi cartesianix,y,z con l’asse z perpendicolare aipiani. (b) Una particolare sezionecomporta un’immagine in cui ognipunto di coordinate x,y corri-sponde a una tonalità di grigio: l’in-tera immagine sarà una funzionef(x,y) (funzione in due dimen-sioni). Per ottenere l’immagine to-mografica si deve ricostruire laf(x,y), che in realtà è una grandezzafisica (ad esempio l’assorbimentodi raggi X).

Figura 28.9.1

piano sagittalemediano

pianotrasversale(assiale)

pianosagittale

pianofrontale

anterioreposteriore

(coronale)

Piani tomografici.

Figura 28.9.2

Page 64: Strumentazione Biomedica

768 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

dulatori complessi. Si tratta dell’analisi armonica o analisi di Fourier, descritta nel§12.7, dove la funzione f(t) è una funzione periodica a una variabile, il tempo, eviene espressa con uno sviluppo in serie di seni e coseni il cui argomento è un mul-tiplo intero della frequenza (di natura temporale, essendo definita nel §12.3 comel’inverso del periodo T: n = 1/T) o meglio della pulsazione w = 2�n. Lo sviluppo inserie è sostituito dalla relazione (12.16) che qui riscriviamo:

(28.9.1)

dove i coefficienti Si e Ci sono dati dalle espressioni (12.17), (12.18) e (12.19).Questo sviluppo può essere esteso, con complessi passaggi matematici che non è ilcaso di approfondire, a una funzione non periodica tramite le trasformate di Fou-rier, di cui scriviamo le formule integrali che permettono di ricostruire la funzionef(t):

(28.9.2)

in cui i coefficienti S(w) e C(w) sono gli analoghi dei coefficienti Si e Ci delleespressioni (28.9.1), (12.17), (12.18) e (12.19).

Per le immagini tomografiche abbiamo una funzione non periodica f(x,y) dicoordinate spaziali x e y, ma la procedura matematica di cui sopra è generalizzabileanche a questo caso, per cui si ottengono le seguenti relazioni analoghe alle(28.9.2):

(28.9.3)

dove k e / rappresentano ora delle “frequenze spaziali”.Se consideriamo le frequenze spaziali per cui / = 0 (asse k nello spazio k, /; Fi-

gura 28.9.3), le ampiezze S(k, /) e C(k, /) diventano:

(28.9.4)

C k dx kx dy f x( ,0) cos (= ( )12

2

π⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

+

+

q

q

q

q

� � ,, y

dx kx

)=

cos= ( )F(12

2

π⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

+

q

q

� xx

S k dx kx x

)

= )( ,0) sen( F( )12

2

π⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

+

q

q

f x, y dk d kx yC k S k( ) cos( )( , ) ( ,=−

+

+

+ +q

q

q

q

/ //� � //

/

/

q

q

q

q

)

( , )

sen( y)kx

dxC k

+[ ]

⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

+

+

= 12

2

π � �� dy f x, y kx y

S k

( ) cos( )

( , )

+

⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

+

/

/

q

q

= 12

2

π �� �dx dy f x, y kx y−

+

+q

q

/( ) sen( )

f t C t S t d

C

( ) ( ) cos( ) ( )sen( )

(

= 12π

ω ω−

+

+[ ]q

q

� ω ωω

ωω ω

ω ω

) ( )cos( )

( ) ( )sen( )

=

=

+

+

q

q

q

q

��

f t t dt

S f t t ddt

f t S i t C i t

i i i( ) ( sen cos )= ∑ ω ω+

Page 65: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 769

dove abbiamo posto:

(28.9.5)

che rappresenta la proiezione della funzione f(x,y) sulla coordinata x, cioè lungola direzione x (orizzontale), come illustrato in Figura 28.9.3.

Diverse combinazioni dei valori di frequenze spaziali k e / corrisponderanno adiverse direzioni lungo cui proiettare la funzione f(x,y) da ricostruire. Allora, perconoscere le ampiezze S(k, /) e C(k, /) dobbiamo misurare la proiezione della fun-zione f(x,y) su varie direzioni (o angoli) come indicato in Figura 28.9.4, non solosulla direzione data dall’asse x (come nel caso delle (28.9.5) e di Figura 28.9.3), epoi eseguire il calcolo delle (28.9.3) per ottenere l’immagine f(x,y) ricostruita.

In Figura 28.9.5 vengono mostrate le proiezioni Fi(xi) su alcuni assi xi che sonol’oggetto della misura necessaria alla ricostruzione tomografica.

La natura delle varie ricostruzioni tomografiche dipende dalla grandezza fisicache viene misurata nelle proiezioni.

F( ) ( ) ,x dy f x, y=

+

q

q

f(x,y)

x

y

F(x)

xo

o

integrazione

scan (analisi)

x

y

o k

= 0

o

coefficienti C (k,0) e S (k,0) lungo la linea � = 0perpendicolare alla direzione di integrazione

Ponendo / = 0 nelle (28.9.3) si hauna proiezione (chiamata scan)dell’immagine rossa sull’asse x,cioè l’integrazione della funzionef(x,y) viene fatta sulla variabile or-togonale a x, cioè la coordinata y.

Figura 28.9.3

α

scan

integrazione

x

x'

x'

y'

F'(x')α

o

o

o

� = k tgαx' = x cosα + y senαy' = –x senα + y cosα

k

y

x

x

Per / e k che assumono valori di-versi da zero si ha in generale unaretta obliqua nel piano /, k corri-spondente alla proiezione su unasse nel piano x,y inclinato dellostesso angolo a. Alle rette nel piano/, k corrispondono le proiezioniche permettono la ricostruzionedella f(x,y) tramite la (28.9.3).

Figura 28.9.4

Page 66: Strumentazione Biomedica

770 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

proiezioni di f(x,y) a diversi angoli "i" Fi (xi )

(diverse direzioni xi )

Fi (xi )

xi

y

xo

f(x,y)

La funzione f(x,y), costituita dalladistribuzione di pallini in figura,proiettata a diversi angoli genera lefunzioni Fi(xi), proiezioni sui variassi xi, grazie alle quali è possibile ri-costruire la f(x,y) originaria.

Figura 28.9.5

Valutare il numero delle proiezioni necessarie alla ricostru-zione dell’immagine in un piano tomografico.

Soluzione Consideriamo il caso di una TC del cranio. Assu-miamo una forma sferica e quindi una sezione assiale circolaredel diametro L = 20 cm (Figura 28.9.45). Dividiamo la sezionein fette di larghezza w, corrispondente al minimo valore deter-minato dalle fluttuazioni statistiche della grandezza misurata(assorbimento di raggi X nel caso di una TC), e ciascuna fettain celle di dimensioni w. La sezione viene così suddivisa incelle quadrate di area w2: la dimensione w rappresenta la riso-luzione dell’immagine. La suddivisione in fette della sezionecorrisponde alla suddivisione della grandezza misurata per cia-scuna proiezione (in inglese scan).

Il numero di fette per scan sarà quindi n = L/w, mentre il nu-mero N di celle nella sezione è:

Il numero di celle N è equivalente al numero di valori indi-pendenti da determinare, numero che deve essere inferiorealle misure indipendenti da effettuare (proiezioni o scan): pern misure fatte in ogni proiezione sono necessarie almeno mproiezioni (scan) in modo che:

cioè deve essere:

Vediamo ora una valutazione numerica. Assumiamo una riso-luzione di 1 mm = 0.1 cm (relativamente standard per le im-magini TC, in genere riprodotte in piccole dimensioni). Ne ri-sulta un numero di fette pari a:

per cui risulta:

Approssimando questo numero di scan o proiezioni a 180,avremmo una proiezione per ogni grado angolare: Da = 1°. Si osservi che sono sufficienti le proiezioni su 180° (metàdell’angolo giro) perché tutte le proiezioni tra 181° e 360°sono identiche alle prime (vedasi le Figure 28.9.10, 28.9.19 e28.9.41).

m >

4proiezioni.π200 157=

n L

w>

cm0.1 cm

= =20 200

m n>

4π .

n m n>

4

2π ,

N L

wn= =π π2

2

2

4 4,

EEsseemmppiioo2288..99..11 Proiezioni tomografiche

w

L

y

xo

w

Sezione circolare del cranio nel piano assialesuddiviso in fette e in celle.

Figura 28.9.6

Page 67: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 771

Nel caso della Tomografia Computerizzata o TC 1 le proiezioni sono curve di as-sorbimento di raggi X e l’immagine f(x,y) da ricostruire corrisponde ai coefficientidi assorbimento � = �(x,y) della radiazione X (riportata sempre in tonalità di gri-gio, come nelle radiografie) (§28.9b).

Nelle Single Photon Emission Computed Tomography o SPECT l’immagine tomo-grafica è un’immagine della densità f(x,y) ∫ d(x,y) di distribuzione di radionuclidiemittenti fotoni gamma (§28.9c).

La Positron Emission Tomography o PET è analoga alla SPECT, cioè si tratta diun’immagine della densità f(x,y) ∫ d(x,y) di distribuzione di radionuclidi, ma emit-tenti positroni (radiazione b+) (§28.9d).

Infine la Risonanza Magnetica (Nucleare) o RM fornisce immagini di densitàf(x,y) ∫ d(x,y) di protoni (nuclei dell’atomo di idrogeno) (§28.9e).

Immagini tomografiche vengono ricostruite con procedure matematiche di-verse, impiegando la riflessione acustica (ecotomografie) e la riflessione ottica (Op-tical Coherence Tomography, OCT), tecniche descritte nei §28.9f e §28.9g.

28.9b Tomografia computerizzata (TC)

La Tomografia Computerizzata è una tecnica radiografica in cui le immagini a raggiX di sezioni del corpo (mappe di attenuazione dei raggi X) sono ricostruite tramite pro-grammi di calcolo basati sulle espressioni riportate nel paragrafo precedente.

Gli elementi tecnologici determinanti di un dispositivo TC sono: un tubo a raggiX monocromatici, ad alta intensità; dei rivelatori di raggi X compatti e di grande stabilitànel funzionamento; un calcolatore digitale di elevate prestazioni e dotato di una suffi-ciente memoria; e infine, un sistema di visualizzazione delle immagini orientato in sensoclinico (in scala di grigi). All’inizio degli anni ’70 del secolo scorso si resero disponi-bili tutti questi elementi ed ebbe inizio lo sviluppo di generazioni successive di ap-parati TC.

Questi, in generale, sono costituiti dal tubo a raggi X che si muove lungo unatraiettoria circolare, puntato verso il centro di rotazione, con il paziente dispostolungo l’asse di rotazione e i rivelatori che ruotano simultaneamente intorno allostesso asse oppure in posizioni fisse intorno al centro di rotazione, come mostratonella Figura 28.9.7.

1 Le prime tomografie con raggi X erano solo assiali, per cui in Italia è invalso l’uso di chiamare questetomografie TAC (Tomografia Assiale Computerizzata). Oggi i piani tomografici possono essere qual-siasi e quindi è più corretto l’acronimo TC (all’estero CT).

paziente

paziente

matrice dirivelatori rotanti

fascio a ventaglio

tubo a raggi Xrotante

sorgente di raggi X rotante

corona circolaredi rivelatori fissia) b)

Sistemi di misure tomografiche im-piegati in recenti generazioni di di-spositivi TC. In (a) la sorgente diraggi X ruota solidalmente con l’in-sieme dei rivelatori, mentre in (b)la corona circolare di rivelatori re-sta ferma. In entrambi i casi i raggiX escono a ventaglio dalla sor-gente. In precedenti generazioni ditomografi, rivelatore e sorgenti sispostavano sia circolarmente chelateralmente, spazzando la superfi-cie da riprodurre.

Figura 28.9.7

Page 68: Strumentazione Biomedica

772 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

I primi dispositivi TC (che fornivano solo immagini di tipo TAC, vedi nota a pièpagina precedente) impiegavano invece una traslazione lineare e rotazioni di 180°,con un passo di 1° e tempi dell’ordine di 3 minuti per acquisire le misure (proie-zioni) per ogni immagine. Con le generazioni successive sono entrati in funzione ri-velatori multipli in moto circolare assieme al tubo a raggi X (Figura 28.9.7a) oppurerivelatori fissi con il solo tubo a raggi X in movimento (Figura 28.9.7b). Le successivesoluzioni hanno ottimizzato alcuni parametri, come la stabilità di funzionamento deirivelatori, il tempo di acquisizione delle misure e il costo del dispositivo. Attualmentei dispositivi del tipo mostrato in Figura 28.9.6 hanno tempi di acquisizione dell’or-dine di alcuni secondi per proiezione. Le attuali generazioni di TC hanno il lettinodel paziente in movimento lineare rettilineo durante l’acquisizione delle misure (TCa spirale o elicoidale) rendendo possibile un raccordo tra i vari piani tomografici epermettendo quindi una ricostruzione tridimensionale delle strutture indagate (Fi-gura 28.9.8). Anche il tubo a raggi X viene sostituito, nei modelli più recenti, da unacorona circolare di tubi ad accensione sequenziale: la tendenza è di diminuire almassimo le parti in movimento, sia perché più costose (rispetto a parti fisse) sia per-ché necessitano di maggiore manutenzione, e al tempo stesso vengono diminuiti itempi di acquisizione delle proiezioni.

Per rendere più veloce l’esame tomografico, sullo stesso principio della TC spi-rale, è stato sviluppato il dispositivo TC MultiSlice (MSCT) in cui, come si vedenella Figura 28.9.9 ad ogni rotazione del sistema di rivelatori vengono acquisitepiù fette contemporaneamente. I tempi di scansione sono minori di 0.5 secondicon 4 o 16 fette per scansione. Oltre alla velocità, simili dispositivi comportano unaumento della risoluzione assiale e una qualità della ricostruzione più elevata.

L’immagine della sezione di un oggetto viene ricostruita eseguendo un in-sieme di misure di attenuazione del fascio monocromatico di raggi X a diverse an-golature, per 180° attorno all’oggetto. Nell’Esempio 28.9.1 è calcolato il numerodi angolazioni necessarie alla ricostruzione dell’immagine (Figura 28.9.10). L’im-magine viene ricostruita dalle misure di assorbimento in tutte le direzioni pro-grammate.

Nelle immagini possono apparire artefatti, spesso causati dai movimenti del pa-ziente, che determinano sfasamenti nella proiezione delle attenuazioni di raggi X,per cui strisce o zone ombrate appaiono nell’immagine ricostruita. La stabilità difunzionamento del tubo a raggi X e dei rivelatori è indispensabile sia per ottimiz-zare la ricostruzione, sia per evitare artefatti originati dal dispositivo stesso.

I raggi X, impiegati nei moderni dispositivi TC, hanno un’energia media di 70 keV, con un flusso di circa 3 ⋅ 1012 fotoni al secondo per kW consumato e per

tubo araggi X

rivelatori

lettino

TC elicoidale

Schema di una TC elicoidale: men-tre il tubo a raggi X ruota, il lettinocon il paziente si sposta linear-mente.

Figura 28.9.8

MSCT

Il sistema di rivelazione acquisiscecontemporaneamente i dati dafette multiple.

Figura 28.9.9

Page 69: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 773

steradiante (si veda il §1.6a). Questo flusso costituisce un limite nella velocità diesecuzione di un’immagine da TC: infatti la qualità dell’immagine è a esso diret-tamente proporzionale.

L’energia necessaria per ottenere un’immagine clinicamente valida è di circa10 – 100 kJ e poiché la capacità termica dell’anodo del tubo a raggi X è dell’ordinedi 300 – 1000 kJ, ciò significa che solo un numero limitato di immagini ad alta qua-lità può essere ottenuto prima che si raggiunga una temperatura critica, con la ne-cessità di un periodo di raffreddamento relativamente lungo. Questo inconve-niente viene in gran parte superato mediante una corona di tubi a raggi X con ac-censione sequenziale.

I rivelatori di raggi X impiegati nei dispositivi TC sono costituiti da rivelatori astato solido (§26.3): essi devono essere di piccole dimensioni, economici e funzio-nare in modo molto stabile con un basso rumore di fondo.

In Figura 28.9.11 è mostrato uno schema a blocchi delle parti principali costi-tuenti un dispositivo TC. Il sistema di calcolo mostra le immagini su monitor tele-

Aspetti tecnici

Fi (xi )

xi

y

xo

D = spessore attraversato

grado di annerimento della pellicola

Fi (xi) = Nox (1– exp (–m (xi) • D)

Le varie proiezioni Fi(xi) nel casodelle TC corrispondono alla proie-zione del coefficiente di assorbi-mento m di raggi X. Le proiezionipermettono la ricostruzione dellafunzione m = m (x,y). Si suppongaad esempio l’immagine mostrata infigura costituita da sferette dipiombo. Le curve proiettate sonocurve di assorbimento dei raggi Xattraverso le sferette.

Figura 28.9.10

amplificatoridel rivelatore

sistema dicalcolo

conprocessorematriciale

periferiche perla registrazione digitale

immaginetelevisiva

macchinafotografica

tastiera dicontrolloalimentazione

tubo a raggi X

tubo araggi X

rivelatori

involucro etavolo delpaziente

Schema a blocchi del dispositivoTC.

Figura 28.9.11

Page 70: Strumentazione Biomedica

774 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

visivi (Figura 28.9.12a), ne permette la manipolazione e le immagazzina su sup-porti magnetici (dischi magnetici).

La manipolazione dell’immagine sullo schermo è molto importante per il ra-diologo per poterne ricavare il massimo contenuto informativo. I tessuti più densisono mostrati in bianco e quelli meno densi in nero (come avviene nelle pellicoleradiografiche), in modo da evitare confusioni nel medico che esegue la diagnosi.

Possono anche essere eseguite misure quantitative di attenuazione medianteuna selezione dell’area di interesse, impiegando un cursore elettronico, e lo stessopuò dirsi per la misura delle dimensioni lineari di parti dell’immagine.

Nelle Figure 28.9.13, 28.9.14 sono riportati alcuni esempi di tomografie (as-siali) computerizzate.

tomografo

vetroal piombo

monitor

consolle dicomando

(a) Fotografia di una TC dalla sala controllo del di-spositivo. Una finestra di vetro al piombo permette diosservare il paziente dalla sala di controllo. (b)Dispo-sitivo TC a spirale, vedi Figura 28.9.8 (S.C. Radiologia– IRCCS San Matteo, Pavia). (c) La complessa elettro-meccanica dell’interno di un dispositivo TC (2006)dove il tubo a raggi X (T) e i rivelatori (D) sono mon-tati su una struttura ruotante (TC di terza genera-zione, vedi Figura 28.9.7a, con ventaglio di rivelatorie sorgente di raggi X (X) montati solidalmente suuna struttura ruotante (gantry) (R)).

Figura 28.9.12

a) b)

c)

X

RD

T

Page 71: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 775

Con procedure software i piani delle diverse sezioni possono essere raccordatiproducendo immagini in 3 dimensioni (tecnica chiamata surface rendering) con ef-fetti spettacolari, come mostrato nelle Figure 28.9.15, 28.9.16 e 28.9.17. Queste ri-costruzioni sono effettuate off-line (dopo la tomografia) e in generale necessitanodi tempi di calcolo piuttosto lunghi.

TC di sezione toraco-assiale. Si os-servi come i polmoni (aria) rivelinoun basso coefficiente di assorbi-mento, il cuore e i tessuti molli unassorbimento intermedio e il tes-suto osseo delle costole un assorbi-mento più elevato.

Figura 28.9.13

(a) Immagine del cranio in sezioneassiale. (b) La stessa immagine darisonanza magnetica (RM). Si os-servi come in quest’ultima è possi-bile differenziare i tessuti molli,che appaiono uniformi nella TC.

Figura 28.9.14

Con la tecnica di surface rendering asinistra è ricostruito il torace e a de-stra il cuore e i vasi polmonari.

Figura 28.9.15

Page 72: Strumentazione Biomedica

Un ulteriore sviluppo tecnologico delle TC riguarda la formazione di immaginiparticolarmente veloci. Si tratta di un tomografo senza parti meccaniche in movimento(quinta generazione di TC). Come si vede dalla Figura 28.9.18 una sorgente di elet-troni invia un fascio attraverso un sistema magnetico che devia gli elettroni (fasciodi elettroni ruotante) in modo da colpire anelli circolari (anodi) da ciascuno deiquali si genera un fascio di raggi X ruotante nel piano corrispondente a una sezionedel paziente. Queste TC ultraveloci permettono di ottenere 32 sezioni al secondocon alta risoluzione (da 1 a 4 mm) e forniscono quindi immagini ad alta risoluzioneal cuore pulsante. Queste tomografie sono infatti chiamate TC cardiovascolari: allostato attuale ne sono state installate un centinaio nel mondo.

776 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Con la tecnica di surface renderingsono ricostruite le regioni superfi-ciali cardiache mettendo in evi-denza le arterie coronarie: una loroeventuale stenosi verrebbe chiara-mente evidenziata.

Figura 28.9.16

Grazie alla ricostruzione volume-trica di TC elicoidale sono possibiliricostruzioni 3D con evidenza ditessuti differenti, basandosi anchesulle superfici di contrasto in assor-bimento.

Figura 28.9.17

sorgente di elettroni (catodo)

fascio di elettroni

sistema di acquisizione dati

anodibersaglio

lettino

a) b)

(a) Schema di TC cardiovascolare:un fascio di elettroni prodotto daun cannone elettronico incide suanodi circolari producendo un fa-scio di raggi X ruotante nel pianodell’anello anodico, come mo-strato nello schema in (b) dove il fa-scio di raggi X ruota nel piano ver-ticale alla figura.

Figura 28.9.18

Prima di concludere è opportuno confrontare la dose media di radiazioni assor-bite durante una TC con quella di altri esami radiologici. Le immagini ricostruitenella TC corrispondono a più sezioni della regione interessata e la loro risoluzionenella coordinata trasversale (asse z) sarà migliore quanto minore è lo spessore Dxdelle sezioni. Per questa ragione la dose di radiazioni D (§26.2a) risulta essere un im-portante fattore limitante nella risoluzione delle immagini TC (anche delle imma-gini SPECT e PET), poiché essa è inversamente proporzionale allo spessore elevatoal cubo: D r Dx–3. Per diminuire di un fattore 2 lo spessore, e aumentare quindi la ri-

Page 73: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 777

soluzione, è necessario aumentare la dose di un fattore 8. Nel caso di una TC dellatesta, il compromesso si ottiene per dosi di circa 2 mGy (in pratica 2 mSv) cui corri-spondono circa 100 radiografie toraciche equivalenti (si vedano i dati in Tabella27.1).

Gli effetti dannosi delle TC, per quanto difficili da accertare, possono essere sti-mati nella morte per tumore da una singola tomografia, per adolescenti sotto i 15anni, in 1 caso su 500 e per adulti di 45 anni in 1 caso su 1250. Come si vede si trattadi un effetto non trascurabile.

28.9c Tomografie a emissione di fotone singolo (SPECT)

Le tomografie a emissione di fotone singolo o di positroni sono tecniche dia-gnostiche non invasive utilizzate nella clinica e in indagini di Fisiologia, Biochi-mica dei tessuti biologici e Farmacologia. Esse si basano sulla rivelazione in vivo, esulla formazione delle relative immagini, di radiazioni (costituite da positroni o fo-toni g) emesse da particolari radioisotopi, introdotti come elementi traccianti nelsistema fisiologico sotto indagine. Queste tecniche sono simili alla TC nel metododi ricostruzione dell’immagine e per entrambe, SPECT e PET, si applica la Figura28.9.19.

Consideriamo la Tomografia a emissione di fotone singolo, o SPECT (Single PhotonEmission Computed Tomography). In questo caso si tratta di produrre una mappa didistribuzione di radioisotopi, i quali, a differenza della PET trattata nel paragrafo se-guente, emettono singoli fotoni gg. Esiste una grande varietà di radioisotopi di que-sto tipo, correntemente utilizzati nella Medicina nucleare (§27.2b): è questo at-tualmente il solo vantaggio pratico che la SPECT possiede nei confronti dei dispo-sitivi PET, per i quali esistono pochi radionuclidi b+– emittenti utilizzabili.

Vi sono essenzialmente due tipi di SPECT, a seconda dell’orientamento delbersaglio rispetto al rivelatore che produce le immagini tomografiche: longitudi-nale e assiale. In entrambi il rivelatore dei fotoni g è un dispositivo, chiamatogamma–camera, formato da uno scintillatore allo stato solido, cui sono anteposti

xi

y

xo

Nγ Nγ

NγNγ

d(x,y) mappa di concentrazione (densità) di radionuclidiNγ � densità radionuclidi Le varie proiezioni Fi(xi) nel caso

delle SPECT e PET corrispondonoalla proiezione dell’emissione diradiazione (fotoni gamma) da ra-dionuclidi. Le proiezioni permet-tono la ricostruzione della fun-zione densità d di radionuclide d = d (x,y). Si supponga, ad esem-pio, che l’immagine mostrata in fi-gura sia costituita da sferette di ra-dionuclide. Le curve proiettatesono curve di intensità di radia-zione emessa (proporzionale alladensità di radionuclidi) in varie di-rezioni (la direzione viene selezio-nata da opportuni collimatori, Fi-gura 28.9.20).

Figura 28.9.19

Page 74: Strumentazione Biomedica

778 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

opportuni collimatori di piombo (Figura 28.9.20).La SPECT longitudinale è stata la prima tecnica utilizzata per produrre tomo-

grafie in Medicina nucleare. Essa consiste in una gamma-camera con un collima-tore puntiforme (pin hole), come mostrato in Figura 28.9.21, e si basa sul fatto chesolo un piano, quello a distanza focale, produce un’immagine netta sul rivelatore,mentre tutti gli altri piani fuori fuoco producono solo immagini confuse.

Nel caso della SPECT trasversale, il rivelatore è costituito da una gamma-cameraruotante (Figure 28.9.22 e 28.9.23), fornita di un collimatore di piombo a fori pa-ralleli, montata su una testa mobile, che ruota intorno al paziente, producendouna serie di distribuzioni dell’intensità dei fotoni g emessi in piani trasversali. Laproduzione di almeno 64 o 128 distribuzioni a diversi angoli, consente di ottenere

12

3

a b c

scintillatore

a b c

collimatorepin hole

1

2

3

immagini nelle regioni: a, b, c

12

3 32

1

a)

b)

Principio di funzionamento dellaSPECT longitudinale: il collima-tore convergente a “pin hole” (forodi spillo) è accoppiato a uno scintil-latore solido di grande area a suavolta accoppiato a dei fotomoltipli-catori (descritti nel §26.3). Le im-magini delle tre sorgenti vengonoviste come mostrato nella figura (a)e la loro posizione reciproca è rico-struita dal calcolatore. Regioniesterne alla linea chiusa in (b) for-niscono immagini confuse.

Figura 28.9.21gamma camera

gamma cameracollimatore

sezione trasversale(assiale)

Nγx

ycollimatore

o

o

Principio di funzionamento della SPECT trasversale. La distribuzione dei radionuclidi nella se-zione trasversale del corpo (piano della figura) viene ricavata dalle proiezioni digitalizzate dellagamma-camera riprese a molti angoli intorno al soggetto. Le ordinate delle proiezioni rappresen-tano il numero di fotoni g al cm2 rivelato dalla gamma-camera ed emessi dai radionuclidi diffusinei tessuti.

Figura 28.9.22

strumentazioneper l'elaborazioneelettronica

monitor

gamma-camera

collimatori

fotomoltiplicatori(PM)

cristallo NaI

Schema dei componenti di unagamma-camera (chiamata anchecamera Anger). I fotoni g, emessidai radionuclidi, attraversano uncollimatore e vengono rivelati dauno scintillatore solido (solita-mente NaI). La luce emessa dalloscintillatore, attraverso guide diluce, incide sui fotomoltiplicatori(PhotoMultiplier - PM) che la con-vertono in segnali elettrici. Me-diante un calcolatore i segnali, pro-venienti dai vari PM, vengono ela-borati per ricostruire un’immaginesul monitor, che rappresenta lamappa della distribuzione dei ra-dionuclidi g –emittenti.

Figura 28.9.20

Page 75: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 779

l’immagine tomografica della distribuzione di radionuclidi g-emittenti e quindidella sezione anatomica dell’organo sotto indagine.

Per questo tipo di dispositivo, al vantaggio di utilizzare gamma-camere convenzio-nali e radioisotopi usualmente impiegati nella Medicina nucleare (99Tc, 123I, 133Xe,201Tl e così via; si veda la Tabella 27.2) si contrappongono i seguenti svantaggi: a) i collimatori di piombo, necessari per definire la linea di volo del fotone,

hanno una bassa efficienza e limitano la risoluzione spaziale dell’immagine a 7 – 10 mm;

b) l’attenuazione dei fotoni dipende dalla posizione del radioisotopo nell’organosotto indagine e non può essere valutata a priori (come avviene invece per leimmagini PET, trattate nel paragrafo che segue): vi possono essere differenzedal 30% al 50%. Questo produce notevoli artefatti nell’immagine, la cui rimo-zione (parziale) richiede l’impiego di complicati algoritmi di ricostruzione;

c) i fotoni g emessi dai radionuclidi possono dare luogo a processi con le parti-celle (nuclei ed elettroni), costituenti il tessuto attraversato, aventi nello statofinale fotoni g di energia differente e diversa direzione di propagazione (diffu-sione per effetto Compton, §25.9a). Il contributo della diffusione è notevoleper l’intervallo di energia coperto dai radionuclidi utilizzati in Medicina nu-cleare (100 – 150 keV), per cui devono essere adottate opportune tecniche dicorrezione.

Inoltre per la SPECT valgono le limitazioni nella risoluzione dell’immagine de-terminate dal limite della quantità di radionuclidi che si possono introdurre nel si-stema biologico senza provocare danni da radiazioni.

Anche per i dispositivi SPECT è in corso un intenso sviluppo tecnologico e sisono ottenute risoluzioni delle immagini di circa 6 – 8 mm.

Alcuni esempi di immagini ottenute con la SPECT sono mostrati nelle Figure28.9.24 e 28.9.25; quest’ultima è sovrapposta a immagini di risonanza magnetica(RM) di maggiore risoluzione per stabilire la localizzazione della lesione.

Foto di una SPECT trasversale congamma-camera ruotante.

Figura 28.9.23

SPECT cerebrale in cui si evidenziauno stato di ischemia cerebrale: ilradionuclide �-emittente è stato in-serito in una molecola che tramitela circolazione cerebrale si dovevadiffondere in modo simmetrico.

Figura 28.9.24

SPECT del cranio a colori nel piano assiale(a) e nel piano sagittale (b). L’immagineSPECT è stata fusa con un’immagine da riso-nanza magnetica (RM) a falsi colori, chemette in evidenza la struttura dei tessuti mollicerebrali in modo da dare una localizzazioneprecisa della lesione. In (b) le immagini RM eSPECT sono separate e fuse.

Figura 28.9.25

Page 76: Strumentazione Biomedica

780 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

28.9d Tomografie a emissione di positroni (PET)

La Tomografia a emissione di positroni, o PET (Positron Emission Tomography), uti-lizza radioisotopi che emettono positroni (radiazione b+) e fornisce immaginidella distribuzione della densità di questi radioisotopi in una sezione del corpoumano.

Un positrone non è altro che un elettrone di carica positiva e +, chiamato ancheparticella beta positiva (b+), che percorre nel tessuto non più di 1 − 2 millimetriprima di essere catturato per attrazione coulombiana da un elettrone atomico (ne-gativo) e annichilirsi con questo emettendo due fotoni g, ciascuno dell’energia di511 keV (energia corrispondente alla massa dell’elettrone dalla (24.11)), in dire-zioni opposte, come mostrato in Figura 28.9.26. In Figura 28.9.27 sono paragonateSPECT e PET per quanto concerne la rivelazione dei fotoni emessi dai radionu-clidi. Per individuare la distribuzione dei radionuclidi, il dispositivo PET rivela en-trambi i fotoni emessi dall’annichilazione del positrone.

I radionuclidi sono prodotti nei ciclotroni (§24.12a), bombardando opportuniisotopi stabili con protoni o deutoni, che vengono poi sintetizzati, in un laborato-rio di radiochimica, in un’ampia gamma di composti fisiologici marcati. I radioi-sotopi emittenti e +, più adatti allo scopo, sono isotopi di elementi biologici qualil’ossigeno, l’azoto e il carbonio (Tabella 27.2): 15O (t1/2 = 2.1 minuti), 13N (t1/2 = 10 minuti) e 11C (t1/2 = 20.1 minuti). Non esistono isotopi dell’idrogenoemittenti e +, ma il radioisotopo del fluoro 18F (t1/2 = 110 minuti) può esserne un so-stituto in determinate circostanze.

Una delle molecole marcate più utilizzata nelle immagini PET è il glucosio chediventa fluoro-desossi-glucosio (FDG) marcato con 18F. Poiché il glucosio rappre-senta la principale fonte di energia per le cellule, ne consegue che un’elevata con-centrazione di fluorodesossiglucosio (FDG) si ha in presenza di un maggior con-sumo energetico, tipico delle cellule neoplastiche (ma non solo).

I rivelatori di fotoni g utilizzati nei dispositivi PET sono attualmente costituiti darivelatori a scintillazione oppure da rivelatori a stato solido (§26.3)

I due fotoni g, emessi dall’annichilazione del positrone, possono essere rivelatisingolarmente oppure in coincidenza temporale, in un intervallo di tempo 10 – 20 ns(1 nanosecondo = 10–9 s). La rivelazione in coincidenza temporale possiede alcunivantaggi, tra cui, soprattutto, quello di fornire una migliore risoluzione spaziale.La coincidenza dei due fotoni lungo la stessa direzione (collinearità) viene assicu-

e+

e–

γ

γ

L’annichilazione del positrone(emesso dal decadimento b+ di unradionuclide) con un elettroneatomico origina due fotoni g che sa-rebbero esattamente collineari sela quantità di moto totale delle dueparticelle fosse nulla. In realtà,nella maggior parte dei casi, l’anni-chilazione origina due fotoni quasicollineari, ciascuno di energia di0.511 MeV corrispondente allamassa dell’elettrone convertita inenergia secondo la relazione E = mc2.

Figura 28.9.26

rivelatore

rivelatore

rivelatore

SPECTPET

γγ

γ

b)a)

Principio di rivelazione della radia-zione emessa dai radionuclidi nelcaso della PET (a) e della SPECT(b). Nella PET la collimazione elet-tronica è effettuata imponendo lacoincidenza dei segnali nei due ri-velatori. Nella SPECT si impiega uncollimatore costituito da unoschermo di piombo che permettedi rivelare i fotoni provenienti dauna sola direzione.

Figura 28.9.27

FDG

Page 77: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 781

rata da opportuni collimatori: per schermare i rivelatori dai fotoni non collinearisono necessari spessori notevoli (alcuni cm di Pb). Nella Figura 28.9.28 è schema-tizzato un dispositivo PET, mentre in Figura 28.9.29 è mostrato un tomografo PET.

Per ottenere le proiezioni tomografiche della distribuzione dei radionuclidi il di-spositivo di rivelazione viene fatto ruotare intorno al paziente. Con i dati raccolti adiversi angoli (Figura 28.9.19), tramite opportuni algoritmi di ricostruzione e di fil-traggio descritti nel §28.9a, si ottiene una mappa della distribuzione dei radionuclidiche evidenzia la struttura anatomica in cui essi sono localizzati (Figura 28.9.30).

B

CA

a)

b)

collimatore

scintillatore

fotomoltiplicatori

Vista frontale (a) e dall’alto (b) diun dispositivo PET “total body”,dove i gruppi di rivelatori in coin-cidenza sono disposti nel piano inuna struttura esagonale intorno alcorpo. Ciascun rivelatore può os-servare un evento coincidente conciascuno degli undici rivelatori dellato opposto (sono possibili 3 × 11 × 11 = 363 coppie di lineecoincidenti). Per garantire uncampionamento angolare e spa-ziale completo, la disposizione esa-gonale viene ruotata di 60° con unpasso di 5° e a ogni angolo ciascungruppo di rivelatori viene mossolateralmente con passi discreti peruna distanza complessiva pariall’interasse tra i due rivelatori. To-mografi PET a multipiani di rivela-tori consentono di incrementarel’apertura angolare del sistema di-minuendo la quantità di radionu-clide (e quindi la dose di radia-zioni) al paziente. In (a) i fotonioriginati in B e C non sono colli-neari e quindi non conteggiati daldispositivo, quelli provenienti da Asono collineari e originano un se-gnale nel dispositivo.

Figura 28.9.28

Fotografia di un dispositivo PET.All’interno della fessura scura sonoalloggiati i rivelatori.

Figura 28.9.29

Immagine PET di una sezione as-siale del cranio dove si osserva ladifferenza nell’assimilazione diFDG tra un soggetto normale e unoschizofrenico: in quest’ultimo l’at-tività cerebrale della parte frontaleè diminuita, mentre è aumentataquella della parte posteriore.

Figura 28.9.30

Page 78: Strumentazione Biomedica

782 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

L’uso di contatori a scintillazione a stato solido comporta attualmente una ri-soluzione dell’ordine di circa 3 - 4 mm, a seconda del tipo di materiale scintillanteutilizzato. Una risoluzione spaziale di circa 2 - 3 mm è considerata il limite praticoper i dispositivi PET, a causa della non perfetta collinearità dei due fotoni e delladistanza media (range, §26.2c), che i positroni percorrono prima di annichilire,pari a circa 1.3 mm.

Un particolare vantaggio della PET consiste nel fatto che, diversamente dallatomografia a emissione di un singolo fotone (SPECT), è possibile eseguire unaprecisa correzione dell’attenuazione dei fotoni g nei tessuti, la quale dipende solodallo spessore totale del corpo attraversato: infatti i due fotoni in coincidenza at-traversano complessivamente l’intero spessore corporeo, come evidente in Figura28.9.31. Essendo Pg1 la probabilità di trasmissione del primo fotone e Pg2 quella delsecondo fotone, per la (25.12), si ha:

Pg1 r e-m x e Pg2 r e-m (L–x) , (28.9.6)

da cui la probabilità di trasmissione della coppia di fotoni g1, g2 in coincidenza, ri-sulta essere:

Pg1g2 = Pg1 Pg2 r e-m x e-m(L–x) = e-mL, (28.9.7)

che dipende solo dal coefficiente di attenuazione lineare m e dal diametro L delbersaglio (Figura 28.9.31).

Allora il numero di particelle emesse dal radionuclide, distribuito nei tessuti(con decadimento e annichilazione isotropi), può essere facilmente calcolato daquello rivelato, noto il coefficiente m e lo spessore L del corpo in ogni direzione.Per conoscere questi parametri il paziente è sottoposto in precedenza ad una TCrapida che fornisce al calcolatore della PET solo i dati necessari alle correzioni. Adesempio, se avvengono 10 annichilazioni con 10 + 10 fotoni emessi nella stessa di-rezione ma con versi opposti, supponiamo che un rivelatore da una parte ne indi-vidui 8 (gli altri 2 sono assorbiti o deviati) e che il rivelatore dalla parte opposta neregistri 7. Ne segue che il dispositivo, imponendo la coincidenza temporale, rivelasolo 7 coincidenze in quella direzione. Conoscendo il valore di m e di L dalla TC,tramite la (28.9.7) si può correggere la misura da 7 a 10 annichilazioni, ricavandoquindi il vero numero di radionuclidi che hanno emesso b+.

La risoluzione spaziale dei dispositivi PET dipende in modo determinante dalnumero di fotoni collineari rivelati: tanto maggiore è questo numero, tanto mi-gliore sarà l’immagine ricostruita. Tuttavia, per ragioni di sicurezza (§27.2b e Ta-bella 27.3), vi è un limite massimo nella quantità di radionuclide che può esseresomministrata al paziente e questa, a sua volta, limita il flusso di fotoni rivelati equindi anche la risoluzione spaziale dell’immagine ricostruita. Infatti, i fotoni ri-velati sono una frazione piccola del numero di radionuclidi somministrati, a causadei seguenti fattori: a) i radionuclidi tendono a diffondere in tutto l’organismo, per cui solo una parte

modesta si concentra nella regione sotto indagine; b) l’apertura angolare dei rivelatori consente la rivelazione solo di una piccola fra-

zione dei fotoni collineari provenienti dall’annichilazione del positrone, i qualisono emessi con una distribuzione angolare isotropa;

c) l’attenuazione dei fotoni nell’attraversare il materiale biologico; d) l’efficienza di rivelazione del rivelatore.

γ2 γ

1

x

L–xL

O

Attenuazione del fascio di fotonicollineari emessi da radionuclidiposti in O. Per semplicità, in figuraè mostrata una singola direzione:in realtà la distribuzione della dire-zione è isotropa intorno alla sor-gente O.

Figura 28.9.31

Correzione dell’attenuazione

Page 79: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 783

Le valutazioni quantitative di questi fattori dipendono dagli organi sotto inda-gine e dal particolare sistema di rivelazione adottato dal dispositivo PET. Ad esem-pio, per il complesso dei tre fattori (b),(c) e (d), normalmente viene rivelato solol’1 – 2% dei decadimenti dei radionuclidi concentrati nell’organo oggetto di in-dagine. Per analogia si paragoni l’immagine data dalla PET al caso di una fotogra-fia scattata di notte: in condizione di un basso flusso di fotoni si deve impostare lamacchina fotografica sull’apertura massima dell’obiettivo e permettere lunghitempi di esposizione della pellicola fotografica per ottenere un numero accetta-bile di fotoni che diano luogo ad un’immagine, comunque offuscata e confusa.

Come visto sopra, il fattore (c) di attenuazione può essere corretto, anche seesso è comunque fonte di amplificazione degli errori nella ricostruzione, e per-tanto diventa molto importante cercare di incrementare l’efficienza del rivelatoree l’apertura del collimatore.

Con questo scopo sono in corso di sviluppo sistemi PET di vario tipo. Ad esem-pio mediante il TOFPET (TOF = Time Of Flight, tempo di volo) si esegue anche unamisura dell’intervallo di tempo che intercorre tra la rivelazione del primo e del se-condo fotone g : in questo modo, essendo nota la velocità c dei fotoni, si viene aconoscere direttamente la posizione del punto di annichilazione rispetto ai due ri-velatori, con un miglioramento della risoluzione.

Mediante rivelatori, chiamati camere proporzionali a multifilo (MWPC), si in-crementa l’apertura angolare del rivelatore, con una risoluzione spaziale, dell’im-magine ricostruita, simile a quella degli scintillatori o migliore. Come si com-prende, questo tipo di tecniche sono tuttora in evoluzione e l’avanzamento tecno-logico fa prevedere ulteriori progressi in futuro.

Attualmente le immagini PET sono di grande aiuto nella chirurgia dei tumori,poiché permettono di conoscere lo stato di avanzamento del tumore, i linfonodisentinella e la presenza di metastasi difficilmente visibili con altri tipi di immagine,come mostrato in Figura 28.9.32.

Immagine PET del piano frontaledi un soggetto cui era stato indivi-duato un tumore (primario) conuna TC toracica. L’immagine PETevidenzia un tumore secondario e ilinfonodi mediastinici in metastasi.L’esame è stato svolto utilizzandoFDG.

Figura 28.9.32

Page 80: Strumentazione Biomedica

784 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Per finire è opportuno osservare che, sia per la PET, che per la SPECT, le im-magini, tramite le loro differenti tonalità di grigio, forniscono anche informazioniquantitative sulla concentrazione del particolare tracciante nell’organismo, ren-dendo possibili studi in vivo di farmacocinetica e delle funzioni metaboliche degliorgani sotto indagine (in particolare del cuore e dell’encefalo). A questo propo-sito, come già visto nel §27.2b, è interessante notare che nelle immagini radiodia-gnostiche la risoluzione spaziale equivale all’assorbimento di circa un grammo dimateriale biologico, corrispondente a circa 109 cellule, mentre nelle immagini inMedicina nucleare (SPECT, PET, scintigrafie) per fornire un’evidenza della pre-senza di radionuclidi, è sufficiente siano rivelati 100 nuclei corrispondenti a 100cellule: la radiodiagnostica mediante radionuclidi possiede una risoluzione meta-bolica eccezionale.

28.9e Immagini da risonanza magnetica nucleare (RM)

Con la spettroscopia a Risonanza Magnetica (Nucleare)2 o RM (MR da MagneticResonance) si possono sia ottenere immagini bi- e tridimensionali di sezioni delcorpo umano, sia studiare, in situ, la struttura chimica e fisica dei tessuti, nonchéle reazioni metaboliche.

Il primo tipo di applicazione della RM, noto come tomografia a risonanza ma-gnetica, fornisce immagini con indicazioni diagnostiche in gran parte complemen-tari a quelle fornite da TC, SPECT e PET.

Il secondo tipo di applicazione, invece, esegue studi di carattere microscopicosu organi o parti selezionate di organismi viventi e di cellule in situ e in vivo.

In entrambi i casi è importante l’aspetto non invasivo e la totale assenza didanni da radiazioni di questa tecnica.

La RM è un importante tipo di spettroscopia, in cui le onde elettromagneticheche interagiscono con la materia sono onde radio di bassa frequenza (10 – 100 MHz)e quindi di energia ridotta. Alla base della RM c’è, come in ogni altro tipo di spet-troscopia, un processo microscopico di assorbimento e di emissione di fotoni dienergia hn da parte di livelli energetici quantizzati presenti nella materia. Vediamoquindi quali sono i livelli energetici che danno luogo all’assorbimento dei fotonidi radiofrequenza.

La maggior parte dei nuclei atomici possiede un momento della quantità di moto// (definito nel §4.5) e un momento magnetico mm (definito nel §20.4), proporzionalea // :

mm = g h // , (28.9.8)

dove h è la costante di Planck e g è una proprietà del nucleo, noto come rapportogiromagnetico. In assenza di campi magnetici esterni, l’energia dello stato fonda-mentale del nucleo è indipendente dall’orientazione nello spazio del vettore mm.

Viceversa, quando i nuclei appartenenti agli atomi o alle molecole di un certomateriale si trovano in un campo magnetico esterno B, si crea una piccola diffe-renza di energia tra i nuclei che hanno orientazione diversa rispetto al campo B(Figura 28.9.33). Quando l’energia del fotone è uguale alla differenza di energiatra i livelli energetici magnetici nucleari, si può avere un assorbimento in riso-nanza alla frequenza:

(28.9.9) ν γ

L =2π

B.

2 Il termine nucleare è caduto in disuso.

Radiofrequenza

Page 81: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 785

La frequenza di risonanza (28.9.9) è chiamata anche frequenza di precessione diLarmor (Figura 28.9.34). I nuclei di maggior interesse nella tomografia RM sono iprotoni contenuti negli atomi di idrogeno, presenti in tutti i composti chimici co-stituenti i tessuti molli e i liquidi del corpo umano. Per i protoni la frequenza di ri-sonanza è 42.6 MHz per ogni tesla di campo magnetico applicato B (1 tesla = = 104 gauss).

Il principio fondamentale su cui si basa la possibilità di ottenere immagini daspettri di RM e di eseguire misure spettroscopiche in situ è il seguente: se il mate-riale da esaminare viene posto in una regione dello spazio in cui il campo magne-tico varia, in modo noto, da punto a punto, si ha cioè un gradiente non nullo di B,la frequenza di risonanza è diversa da punto a punto. In questo modo, quindi,nello spettro RM è codificata l’informazione della distribuzione nello spazio dei nu-clei risonanti. Un semplicissimo esempio, ad illustrazione di questo principio, èmostrato nella Figura 28.9.35.

Il principio è semplice, mentre la realizzazione pratica è estremamente sofisti-cata. Essa si basa essenzialmente su un’analisi, eseguita con calcolatori dotati dielevata velocità e con una grande capacità di memoria, della risposta, del mate-

B = 0

= 12

B ≠ 0

E1 = – γ B

E2 = + γ Bh2π

12

hv

12

h2π

�Schema dei livelli di energia relativiallo stato fondamentale di un nu-cleo con / = 1/2, in assenza e in pre-senza di un campo magneticoesterno. La condizione di assorbi-mento di risonanza si realizzaquando l’energia del fotone di ra-diofrequenza è uguale alla diffe-renza di energia dei livelli.

Figura 28.9.33

a)

b)

B = Bo = costante

frequenza ν

νo

o

frequenza ν

B = B(x)

B4 B6 B8 B10 B12Boν6ν8ν10ν12

intensitàdel segnale

ox

x

ν4

intensitàdel segnale

La figura mostra schematicamente il segnale di RM che si origina da una particolare distribuzionedi sfere contenenti nuclei di idrogeno. Nel caso (a) il campo magnetico B è uniforme su tutta la di-stribuzione, originando un segnale a una singola frequenza. Nel caso (b) al campo magnetico èstato aggiunto un gradiente di campo G nella stessa direzione di B. In questo caso il campo ma-gnetico sulle sferette diminuisce andando da sinistra a destra e a ciò corrisponde (dalla 28.9.9) unadiminuzione della frequenza di risonanza, originando segnali di ampiezza diversa a seconda delnumero di sferette. Le sferette di idrogeno in posizione 4 sono soggette al campo magnetico B4 cuicorrisponde la frequenza n4 e un segnale più intenso (vedasi anche la Figura 28.9.36).

Figura 28.9.35

z

B

x

y

ωo= 2 π νo

μμ

o

z

o y

x

insieme dinuclei:

B

a)

b)

Descrizione classica della RM. (a)Un momento magnetico m in uncampo magnetico B precede in-torno alla direzione di B con la fre-quenza di Larmor wL = 2 π nL= g B.Se il campo magnetico dell’onda aradiofrequenza ha la stessa fre-quenza nL, esso esercita coerente-mente una coppia meccanica chepuò far variare l’angolo tra m e B.(b) In presenza di B il numero me-dio di nuclei nella direzione di B èpoco maggiore di quello direttonel verso opposto. Questo fatto ori-gina la magnetizzazione macrosco-pica longitudinale M. Si osserviche, viceversa, la magnetizzazionetrasversale è nulla poiché i diversimomenti magnetici procedono inmodo casuale.

Figura 28.9.34

Page 82: Strumentazione Biomedica

786 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

riale in oggetto, alla sollecitazione ottenuta con impulsi di radiofrequenza di du-rata, forma e sequenze predeterminate. Le parti principali di un tomografo RMsono descritte di seguito e in Figura 28.9.36 è mostrato uno schema a blocchi ditale dispositivo:a) un magnete (Figura 28.9.37) che deve essere in grado di fornire un campo ma-

gnetico di circa 0.1 – 0.5 tesla. Questo campo deve essere il più possibileuniforme e stabile; il magnete deve avere una cavità di accesso abbastanzagrande da accomodare tutto il corpo del paziente, o perlomeno alcune parti diesso. Si usano a questo scopo i magneti superconduttori, costituiti da grandi sole-noidi di materiali conduttori che, purché mantenuti a temperatura inferiore auna data temperatura critica, hanno la proprietà di non dissipare energia pereffetto Joule e quindi di essere eccezionalmente stabili (corrente elettrica nellebobine costante) come riportato nel §17.7;

calcolatore

alimentatoregradienti

generatore diforme d'onda

sorgente RF principale

mediasegnali

videocontrollo

bus dati

formatoreimmagini

rivelatoredi fase RF

riceventeRF

deviatore T/Rbobina RF

alimentatore magnete

generatoredi impulsi

amplificatore RF

schermo antiradiazione RF esterna

Schema a blocchi di un dispositivodi RM.

Figura 28.9.36

bobine di gradiente

bobine magneteprincipale

Magnete principale, bobine di gra-diente e sistema di trasporto moto-rizzato del paziente.

Figura 28.9.37

Aspetti tecnici

Page 83: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 787

b) solenoidi addizionali che servono per generare gradienti di campo magneticolungo 3 direzioni perpendicolari (x, y e z) (Figura 28.9.38), di configurazionevariabile e nota per differenziare il campo magnetico in ogni punto del volumesotto indagine (come richiesto dalla Figura 28.9.35, solo per una coordinata);

c) bobine in cui viene inviata la radiofrequenza e che servono anche per racco-gliere i segnali spettroscopici, sempre a radiofrequenza, di risposta del mate-riale (in pratica si tratta di speciali antenne radio). A queste bobine sono colle-gati dei generatori di onde radio e dei ricevitori con tutta la relativa strumen-tazione elettronica;

d) il calcolatore, che serve a: (1) pilotare l’indagine, permettendo di variare lecondizioni di irraggiamento; (2) elaborare i segnali relativi alle varie proiezioni(si veda lo schema di Figura 28.9.36); e (3) presentare sullo schermo le imma-gini (Figura 28.9.39). Nella fotografia di Figura 28.9.40 sono mostrati i disposi-tivi RM.

o

bobine deigradienti in y

magneteprincipale

bobine deigradienti in z

z

y

xbobine dei gradienti in x :non mostrate per chiarezza

Disposizione delle bobine del ma-gnete principale, delle bobine deigradienti in z e y (il campo magne-tico è ortogonale alle bobine). Pernon creare confusione nel disegnosono state omesse le bobine dei gra-dienti in x.

Figura 28.9.38

finestra schermata RF

monitor per immagine

monitor per comandi

tastiera di comando

comunicatore

Consolle di controllo del disposi-tivo RM. Una maglia metallica(gabbia di Faraday) scherma il lo-cale ove si esegue la RM dalle radio-frequenze esterne. La maglia me-tallica è installata anche nel vetro diosservazione della consolle di con-trollo.

Figura 28.9.39

Page 84: Strumentazione Biomedica

788 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Il risultato di questa tecnica strumentale consiste nell’acquisire dei segnali chepermettano di ricostruire una mappa della densità dei protoni presenti nelle varieregioni di un tessuto o di un organo. Poiché la RM “vede” soltanto i protoni, le im-magini rappresentano la densità dell’idrogeno, che, come sappiamo, è presentenegli esseri viventi soprattutto nelle molecole d’acqua.

Facendo riferimento alla Figura 28.9.41 per la ricostruzione tomografica, nelcaso della RM le distribuzioni sono curve di emissione di radiazione elettroma-gnetica a radiofrequenza, riprese a numerosi angoli, in cui sia l’informazione diposizione, che l’angolo di ripresa, vengono determinati da un gradiente di B (unavariazione di B lungo le coordinate x, y, z), chiamato anche gradiente di lettura. Que-ste distribuzioni permettono, con algoritmi simili a quelli impiegati nella TC (adesempio quelli del §28.9a), di ricostruire in alcune decine di secondi la mappa deiprotoni nella sezione corporea indagata. I più recenti dispositivi RM ricostrui-scono le immagini tramite metodi assai più rapidi, tanto che esse vengono mo-strate praticamente in tempo reale.

In particolare mediante bobine trasmittenti e riceventi multicanale (phased arraycoils) è possibile ottenere immagini 4, 8, 16, 32 volte più rapidamente acquisen-dole contemporaneamente da differenti sezioni: un esame RM che dura normal-mente 40 minuti può essere eseguito in 10 minuti o meno. Esami più brevi per-

Bobine multicanale

criogenia(locale dietrola parete)

involucro del magneteprincipale (superconduttore)e delle bobine

sensori di ossigeno

comandi del lettino

lettino con paziente

(a) Un dispositivo RM total body diprima generazione. Il paziente è in-trodotto nel dispositivo attraversoun’apertura di limitate dimen-sioni. (b) Dispositivo RM di recentegenerazione e (c) RM con sole-noide aperto: il dispositivo puòruotare in posizione verticale. (S.C.Radiologia – IRCCS San Matteo,Pavia).

Figura 28.9.40

b) c)

a)

Page 85: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 789

mettono un maggiore comfort per il paziente, soprattutto se nel corso dell’esame gliviene richiesto di trattenere il fiato. Inoltre la tecnologia multicanale incrementasia il rapporto segnale-fondo, migliorando la risoluzione spaziale e temporaledelle immagini, e sia il volume anatomico indagato, particolarmente utile nelle in-dagini sulla colonna vertebrale e sulla vascolarizzazione delle gambe.

Le immagini si riferiscono normalmente a sezioni bidimensionali del corpoumano. La posizione della sezione può essere scelta a piacere e variata in modo daavere informazioni su tutto un volume. Un esempio di immagini RM è mostratonella Figura 28.9.42.

Uno dei grandi vantaggi delle immagini di RM consiste nel fatto che è possibilenon solo rappresentare la distribuzione di densità di protoni nei tessuti, ma anchediscriminare tra i protoni presenti in atomi e molecole aventi diverso grado di mo-bilità. Questo può essere fatto sfruttando il fatto che un particolare parametro delfenomeno RM, chiamato tempo di rilassamento nucleare o longitudinale, di-pende in larga misura dal moto della molecola in cui il nucleo è contenuto. Iltempo di rilassamento nucleare o longitudinale è la costante di tempo T1 relativa al ri-torno del momento magnetico del nucleo all’equilibrio termico, dopo essere statoirraggiato con un campo a radiofrequenza nelle condizioni di risonanza. Il ritornoall’equilibrio, che avviene esponenzialmente nel tempo, è favorito dagli scambi dienergia tra il sistema magnetico nucleare e il reticolo, cioè il complesso di atomi emolecole che costituiscono il materiale. A parità di altri fattori, il rilassamento nu-cleare in un sistema fluido è tanto più breve quanto più lenti sono i moti moleco-lari.

Il tempo di rilassamento longitudinale T1 dei protoni nei tessuti biologici puòvariare da 0.1 a 3 secondi. Pertanto, se l’altezza del segnale RM viene misuratadopo un tempo dell’ordine di T1 dall’impulso risonante di saturazione, l’intensitàdel segnale risulta funzione di T1 e quindi è diverso per nuclei aventi diverso

x i

y

xo

segnale densità protonicaFi(xi) Vi NHi B = Bo + G

G

GG

GVi

I gradienti di campo magnetico G permettono di ottenere le emissioni della radiofrequenza su di-verse direzioni. L’ampiezza dei segnali è proporzionale al numero di nuclei di idrogeno NH osser-vati ortogonalmente a una data direzione. Si considerino le sfere della figura composte di idro-geno.

Figura 28.9.41

Immagini frontali di RM. In (a) nelriquadro rosso sono chiaramenteosservabili i polmoni, che, conte-nendo aria, sono privi di idrogenoe non danno segnale di risonanza(tonalità nera). In (b) e (c) sonomostrate una sezione viscerale euna sezione degli arti inferiori(centrata sulle ginocchia).

Figura 28.9.42

Page 86: Strumentazione Biomedica

790 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

tempo di rilassamento. Per esempio, è stato trovato che il T1 dei protoni presentinell’acqua dei tessuti cancerogeni è in generale più lungo del T1 dell’acqua nelcorrispondente tessuto sano. Sulla base di questa osservazione si possono otteneredelle rappresentazioni della densità in cui si evidenzia la presenza del tessuto ma-lato. Sempre in base al T1 è possibile distinguere i protoni dell’acqua in movi-mento rispetto a quelli fermi e quindi ottenere un’immagine anche tridimensio-nale dell’albero circolatorio arterioso dell’organo indagato: ne è un esempio l’im-magine tomografica di Figura 28.9.43.

Un’ulteriore possibilità di contrastare tessuti diversi è offerta da un secondo pa-rametro di rilassamento, noto come T2 o tempo di rilassamento spin-spin o trasver-sale, che caratterizza l’allargamento intrinseco della riga di risonanza. Anche que-sto fenomeno avviene esponenzialmente nel tempo e T2 ne rappresenta la co-stante di tempo. Nei liquidi come l’acqua il rapporto T1/T2 è vicino all’unità. In-vece per i protoni appartenenti a strutture più ordinate o meno mobili (tessuti,proteine, cellulosa e così via) il rapporto T1/T2 può assumere valori maggiori diuno. Un esempio di immagini con contrasto di T1 e T2 è mostrato in Figura28.9.44, dove si può notare come gli stessi tessuti presentino differenze in tonalitàdi grigio.

Anche con la RM è possibile introdurre nel soggetto sostanze che permettonoun aumento di contrasto (particolari nuclei), come mostrato in Figura 28.9.45. In-fine è opportuno accennare che oltre al protone, nucleo dell’atomo di idrogeno,

Tomografia RM dell’encefalo incui è evidenziato il sistema circola-torio cerebrale. La RM permette diottenere angiografie non invasive.

Figura 28.9.43

Immagini RM dell’encefalo nelpiano assiale e nel piano sagittale.La prima pesata in T2, la secondapesata in T1. Si osservi come un tes-suto identico viene evidenziato inmodo diverso.

Figura 28.9.44

Alcune immagini del cranio inpiano trasversale (assiale) con dif-ferenti modalità di acquisizionedell’immagine, la (c) è pesata in T1

con contrasto di gadolinio per met-tere in evidenza la lesione neopla-stica.

Figura 28.9.45

Page 87: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 791

3He nucleo:

pp

n spin 1/2

Il nucleo dell’atomo di elio-3 è for-mato da due protoni e un neu-trone. I momenti angolari propri(spin) dei due protoni sono oppo-sti e il singolo neutrone fornisceuno spin non nullo al nucleo di 3He(nel caso dell’4He, 2 protoni e 2neutroni, il nucleo possiede spintotale nullo e non ha luogo il feno-meno della RM).

Figura 28.9.46

Immagini dei polmoni eseguite con risonanza con 3He. Il gas respirato diffonde nei polmoni. In(a) i polmoni di un soggetto sano, in (b) i polmoni di un fumatore: le frecce evidenziano le regioninon più funzionanti (le zone nere rappresentano l’assenza di 3He, cioè regioni del polmone doveil gas non riesce a penetrare).

Figura 28.9.47

si possono impiegare altri nuclei dotati di momento angolare proprio. In partico-lare l’3He (Figura 28.9.46), gas inodore e privo di attività biologica, respirato e dif-fuso nei polmoni mette in evidenza le regioni inattive (Figura 28.9.47).

Consideriamo ora alcuni aspetti tecnici soprattutto relativi alla sicurezza del pa-ziente. Il dispositivo RM agisce utilizzando onde elettromagnetiche a radiofre-quenza che possono interagire con dispositivi elettronici causandone quantomeno un funzionamento anomalo. Per questo motivo i portatori di pace-maker nonpossono essere sottoposti a RM.

I portatori di protesi metalliche devono informare il personale medico affinchéprenda provvedimenti sia per evitare fastidi ai pazienti sia per poter eliminare ar-tefatti nelle immagini.

E così anche i portatori di clip metalliche (utilizzate in chirurgia per l’emostasifino alla fine degli anni ’70 del secolo scorso) per evitare che, a causa dei campimagnetici e della radiofrequenza, possano non fare più tenuta, causando emor-ragie.

I pazienti non devono indossare oggetti metallici o dispositivi elettronici: peresempio l’orologio digitale, emettendo radiofrequenza, interferisce con il disposi-tivo, mentre per quanto riguarda gli orologi metallici il meccanismo risulterà bloc-cato dalla magnetizzazione.

Il paziente, come nelle tomografie precedenti, deve restare fermo: coloro chesoffrono di claustrofobia (per lo spazio ridotto; vedi Figura 28.9.40) e i bambinidevono essere sedati (un anestesista deve far parte dello staff medico della RM).Un effetto sgradevole è l’elevato rumore avvertito dal paziente durante la RM, cau-sato dalle vibrazioni meccaniche delle bobine a radiofrequenza.

Infine, la presenza di un magnete superconduttore e quindi di un sistema dicriogenia (Figura 28.9.48) che impiega gas criogenici, quali azoto ed elio (gas ino-dori e privi di effetti biologici), obbliga un continuo controllo della funzionalitàdei sensori di ossigeno posizionati nel locale RM, per evitare il pericolo di asfissiadel paziente nel caso di perdite di gas criogenici.

Per concludere l’argomento di questo paragrafo, è opportuno osservare che latecnica RM è applicabile anche ad altri nuclei dotati di momento magnetico in-

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792 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

trinseco μμ, potendosi così ottenere la mappa per diversi elementi quali ad esempioil cesio (129Cs e 127Cs), lo iodio (127I e 125I), il cloro (35Cl e 37Cl), il potassio (39K e41K), lo stagno (119Sn, 117Sn e 115Sn) e vari altri. Chiaramente il valore della fre-quenza di risonanza è diverso per ciascun tipo di nucleo e in generale esso risultaminore della radiofrequenza per il protone: questo fatto e la densità di questi nu-clei, notevolmente minore nei tessuti biologici rispetto a quella dei nuclei di idro-geno, rendono più difficoltosa l’acquisizione di un segnale sufficiente a costituireun’immagine, per cui l’estensione della tecnica RM ad altri nuclei è limitata a cam-pioni e tuttora è in fase di sperimentazione.

28.9f Immagini ecotomografiche

Le immagini ecografiche descritte nel §28.6 in realtà sono tomografie (ecoto-mografie), in generale limitate a piani assiali e sagittali. Con particolari dispositivi èpossibile, sfruttando gli echi e il contrasto alle varie interfacce, ricostruire tridi-mensionalmente strutture biologiche e osservarne il movimento. Si tratta dellamodalità chiamata 4D (3 dimensioni spaziali e 1 dimensione temporale) ottenutaimpiegando una speciale sonda ecografica e raccordando tramite complessi algo-ritmi di calcolo i piani di una sequenza di immagini. La tecnica viene utilizzata inostetricia per controllare lo stato di salute degli organi interni del feto e permettedi osservare anche immagini frontali o di piani obliqui a seconda delle circostanze.Due istantanee della ricostruzione tridimensionale di feti in gestazione sono mo-strate in Figura 28.9.49a,b).

al magneteprincipale

sistema criogenico:He liquido (4 K) eazoto liquido(rifornimento daserbatoi esterni)

locale di servizio(criogenia)Locale criogenia di un dispositivo

RM: viene mostrata l’unità frigori-fera che raffredda l’elio liquido a 4 K = –269°C.

Figura 28.9.48

Page 89: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 793

28.9g Tomografia ottica coerente (Optical Coherence Tomography, OCT)

Grazie agli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni, in particolare quelli ri-guardanti l’incremento della velocità di calcolo dei calcolatori, si è resa possibileuna tomografia della retina con risoluzione dell’ordine delle dimensioni cellulari.La tomografia a coerenza ottica (Optical Coherence Tomography, OCT), sviluppatasinell’ultimo decennio del secolo scorso, è una tecnica di imaging non invasiva re-lativa a sezioni retiniche in vivo che permette la diagnosi, la stadiazione e il follow-up di numerose affezioni retiniche.

Il principio di ricostruzione delle immagini è diverso da quello trattato in que-sto paragrafo (in cui si sfrutta l’assorbimento di varie radiazioni nelle strutture bio-logiche), essendo simile a quello impiegato nelle immagini ecografiche trattatenel §28.6. In questo caso infatti si tratta di rilevare la radiazione elettromagneticainfrarossa (in prossimità del visibile), riflessa dalle diverse strutture attraversate ot-tenendo, come nell’ecografia, l’informazione di profondità di tali strutture.

Tuttavia la frequenza della radiazione ottica è vari ordini di grandezza maggioredella frequenza degli ultrasuoni: 1015 Hz della radiazione ottica (vedi Figura 25.1) ri-spetto ai megahertz (106 Hz) degli ultrasuoni (§28.6). Ne segue che otticamente èpossibile rilevare distanze fra le strutture inferiori a 10 μm (!), con echi distanziati intempi troppo brevi per essere misurati da semplici ritardi elettronici del segnale,come avviene in ecografia: infatti, a causa dell’elevata velocità della luce, la diffe-renza temporale fra gli echi è Δt = 10 μm/ 3 ⋅ 108 m s–1 = 3 ⋅ 10–14 s, non misurabileelettronicamente.

La difficoltà viene superata utilizzando il fenomeno dell’interferenza (§12.9 e§21.3): il fascio riflesso (e non deviato) viene fatto interferire con un fascio otticodi riferimento, con un dispositivo mostrato in Figura 28.9.50 chiamato interferome-tro. Le caratteristiche delle varie figure di interferenza (simili a quelle della diffra-zione descritta nel §21.3), ottenute dalle riflessioni provenienti dai vari piani delcampione combinate con il fascio di riferimento, permettono di ottenere una mi-sura precisa delle distanze tra i piani.

Condizione necessaria per ottenere l’interferenza è la coerenza della radia-zione, per questo motivo si impiegano fasci laser (§25.6). La risoluzione lateraleviene determinata dalle dimensioni del fascio laser e risulta anch’essa dell’ordinedi 10 μm. La profondità raggiunta dal fascio laser è da 1 a 2 μm (si tenga presente

Immagini 4D (3 dimensioni spaziali e 1 dimensione temporale) di feti in età diversa, ricostruitecon ecotomografie sfruttando sia gli echi sia il contrasto tra mezzi diversi.

Figura 28.9.49

a)

b)

Page 90: Strumentazione Biomedica

794 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

che le cellule retiniche sono quasi trasparenti), a profondità maggiore gran partedella radiazione viene rifratta.

L’OCT dunque proietta sulla retina un fascio di radiazione con lunghezzad’onda nel vicino infrarosso (820 nm) generato da un diodo superluminescente econfronta i tempi di propagazione dell’eco della luce riflessa dalla retina conquelli relativi allo stesso fascio di luce riflesso da uno specchio di riferimento postoa distanza nota. Un fotorivelatore fornisce le figure d’interferenza al calcolatoreche ricostruisce la profondità dei vari piani riflettenti della retina (Figura 28.9.51).

In pratica la sezione della retina viene ottenuta effettuando una successione diriflessioni assiali (asse z o A-scan) che combinate forniscono una sezione tomogra-fica (piano x, z o B-scan) in completa analogia con l’ecografia (modo di analisi A eB, si veda il §28.6d). Assemblando diverse sezioni tomografiche successive (B-scan)si ottiene un insieme di dati tridimensionali corrispondenti ad un’immagine volu-metrica (volume x, y, z) chiamata anche OCT volumetrica (full-field OCT). È da no-tare che queste immagini si ottengono in modo completamente non invasivo,senza alcun contatto meccanico con il paziente.

Dal punto di vista qualitativo ogni scansione tomografica della retina permetteun’analisi della morfologia e del grado di riflettività degli strati retinici, mentre dalpunto di vista quantitativo lo strumento permette di misurare lo spessore della re-tina rappresentato con mappe di spessore (Figura 28.9.51). Come si vede chiara-mente dalla Figura 28.9.51a, le sezioni tomografiche della regione maculare per-mettono di visualizzare la forma della depressione foveale e la struttura delle cel-lule nervose retiniche (Capitolo 23). La superficie di separazione vitreo-retinica ri-sulta ben definita grazie al contrasto tra la mancanza di riflettività del vitreo e l’ele-vata riflettività dello strato delle fibre nervose più superficiali. Gli strati retinici in-termedi hanno un modesto grado di riflettività, mentre i fotorecettori, dispostilongitudinalmente, sono otticamente scarsamente riflettenti e appaiono comeuna banda scura che separa i neuroni retinici dall’epitelio pigmentato coroido-ca-pillare che appare come una spessa banda molto riflettente (in rosso nella Figura28.9.51). Dagli strati più profondi della coroide e della sclera provengono debolisegnali di riflettività, in particolare nel caso di assottigliamento o atrofia del tessutoretinico.

Fra le molte affezioni rilevabili con la OCT vi sono l’accertamento dell’integritàdegli assoni nella sclerosi multipla, la degenerazione maculare, il controllo dellaprogressione del glaucoma, le fibrosi pre-retiniche. In Figura 28.9.52 è mostrato

fibraottica

DSL

L

SS-RREF

SO TCD

C

CAL

Schema di un dispositivo tomogra-fico a coerenza ottica (OCT) basatosull’interferometro di Michelson. Laluce emessa da un fotodiodo super-luminescente nel vicino infrarosso(DSL) tramite una fibra ottica e unalente convessa (L) incide su unospecchio semiriflettente (SS-R) (laradiazione è riflessa al 50% e tra-smessa al 50%) e prosegue lungodue percorsi, il primo diretto verso ilcampione (C) da cui viene riflessa, ilsecondo verso uno specchio di riferi-mento (REF) da cui viene riflessa. Idue raggi riflessi giungono sullospecchio semiriflettente e si som-mano dando luogo all’interferenzala cui figura (pattern) va al sistemaottico (SO) di una telecamera digi-tale (TCD) che fornisce i dati al si-stema di calcolo (CAL) per la for-mazione dell’immagine.

Figura 28.9.50

Page 91: Strumentazione Biomedica

28.9 Immagini tomografiche: TC, SPECT, PET, RM, ECO e OCT 795

un dispositivo OCT con il monitor di controllo e di osservazione delle immagini.Questo tipo di tomografia trova applicazione anche nell’industria per misurare

sottili spessori superficiali di materiali con modalità non distruttiva, in particolareper la misura degli strati superficiali di silicio nei semiconduttori (controllo deiprocessi di lavorazione). La tecnica, con l’ausilio di fibre ottiche, permette di ef-fettuare misure del deterioramento superficiale dei materiali in ambienti ostili (ra-dioattivi, a temperature elevate o criogeniche).

Sezione tomografica di una retina: a)retina normale; b) distacco del neu-roepitelio maculare.

Figura 28.9.51

a)

b)

Dispositivo OCT. Il paziente posi-ziona il viso nella struttura a sinistra.Sui monitor compare l’immagine to-mografica ricostruita nella sezione ri-chiesta dal medico oculista.

Figura 28.9.52

Page 92: Strumentazione Biomedica

796 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

CHIRURGIA ROBOTICA

Gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni relativi alla meccanica miniaturiz-zata di alta precisione hanno permesso di mettere a punto e impiegare in modostandardizzato dispositivi robotici che eseguono interventi chirurgici. Sia benchiaro, non si tratta dell’esecuzione autonoma di interventi chirurgici da parte di unrobot, ma di impiegare un sistema costituito da potenti mezzi di calcolo, sistemi diimmagine con zoom ad alta definizione e telemanipolatori dalle prestazioni mi-crometriche ad alta precisione, tutti gestiti da un operatore-chirurgo.

L’aggettivo robotico dunque, pur molto diffuso, è improprio nel caso della chi-rurgia, lasciando intuire un’autonomia operazionale e decisionale almeno per orainesistente: è sempre un medico chirurgo che, anche se a distanza, attraverso untelemanipolatore, controlla tutti i movimenti degli strumenti che eseguono l’in-tervento.

La crescente consapevolezza che molte delle conseguenze negative di un inter-vento chirurgico sono legate al trauma tissutale, ha portato allo sviluppo della chi-

28.10

Stimare l’energia assorbita dal paziente durante l’esposizioneper ottenere l’immagine RM riportata in Figura 28.9.44.

Soluzione Ricordando che nella RM n = 42.6 MHz (per uncampo magnetico medio pari a 1 tesla), si ottiene per ogni nu-cleo d’idrogeno l’assorbimento di:

E = h n = 6.6 ⋅ 10–34 joule s 42.6 ⋅ 106 Hz = 2.8 ⋅ 10–26 joule.

Si tratta ora di valutare il numero di nuclei d’idrogeno pre-senti nella sezione sagittale di Figura 28.9.44. Assumiamo chetale sezione abbia uno spessore di 1 mm e quindi corrispondacirca alla 200esima parte della testa, pesante circa 10 kg, chesupponiamo per semplicità costituita di acqua al 60%. Ognimolecola d’acqua (peso molecolare 18), possiede 2 atomi diidrogeno. Il numero NH di nuclei di idrogeno (protoni) ri-sulta:

e quindi l’energia complessiva assorbita è:

ETOTALE = 2.8 ⋅ 10–26 joule 2 ⋅ 1024 = 5.6 ⋅ 10–2 joule.

Confrontiamo questa energia con altre riferite all’esperienzacomune, ad esempio vediamo quale massa mX deve cadere daun’altezza di 10 cm di quota per ottenere l’energia ETOTALE

(§3.3b):

ETOTALE = mX g h = mX 9.8 m s–2 0.1 m

da cui:

cioè appena 0.56 g, oppure verifichiamo quale innalzamentotermico (10.4) viene provocato in 1 litro d’acqua, cioè in 1000grammi di acqua, quando essa assorbe l’energia ETOTALE :

da cui:

appena 12 milionesimi di grado! Come si vede si tratta in en-trambi i casi di effetti completamente trascurabili. Infine intermini dosimetrici l’energia di 5.6 ⋅ 10–2 joule corrisponde-rebbe a una dose di radiazione (se ionizzante) assorbita dallatesta di 5.6 mGy, minore delle dosi medie assorbite in esami ra-diografici (Tabella 27.1). Tuttavia è importante osservare che ifotoni da RM non sono radiazione ionizzante poiché possiedonoun’energia del tutto insufficiente a provocare la ionizzazione oad alterare la struttura atomica o molecolare di cui è costituitoil campione: al più possono solo provocare l’insignificanterialzo termico sopra stimato.

ΔT =

5 6 10 2.- -

+

joule4.18 J cal 10 g 1 cal g1 3 11 1

5

°C1.2 10 °C,-

-= ⋅

E m c T TTOTALE–1 –11000 g 1 cal g °C ,= =Δ Δ

mX = =5.6 10

m s5.6 10 kg,

2

2 2–4⋅

⋅⋅

-

-.9 8 10 1

N H = =

10 g18 g

1200

0.6 2 10 2 10 ,4

23 24⋅ ⋅ ⋅6 02.

EEsseemmppiioo2288..99..22 Energia assorbita nella RM

Page 93: Strumentazione Biomedica

a

b

g

z

yX

N

x

Z

Y

Sono mostrate le coordinate di tra-slazione x, y, z e gli angoli di rota-zione α, β, γ. Viene mostrato il si-stema cartesiano ruotato X, Y, Z e lalinea nodale N.

Figura 28.10.1

28.10 Chirurgia robotica 797

rurgia laparoscopica e toracoscopia mini invasiva. Questa si è sviluppata clinicam-nete a partire dal 1980 e da allora si è estesa a molti interventi addominali e tora-cici.

Gli aspetti positivi sono molteplici, in particolare: a) ridotta perdita ematica, b)minor dolore post-operatorio, c) precoce ripresa delle funzioni organiche, d) di-minuzione delle infezioni chirurgiche, e) riduzione della degenza ospedaliera edella convalescenza e precoce recupero lavorativo, f) diminuzione delle sindromiaderenziali post-laparotomiche. La metodica (tuttora in uso) consiste nell’ese-guire l’intervento nel paziente “a distanza”, introducendo nell’organismo una te-lecamera e particolari strumenti endoscopici (si veda §22.6) attraverso piccoli forio incisioni, seguendo su un monitor l’azione del manipolatore gestito dall’opera-tore, e viene quindi condizionata da alcune limitazioni terapeutiche quali: imma-gini bidimensionali (mancanza di profondità), movimenti paradossi degli stru-menti azionati manualmente attraverso cannule di accesso, posizioni spesso inna-turali dell’operatore, dissociazione tra il controllo degli strumenti e quello dell’im-magine (la telecamera è azionata da un assistente) e impossibilità di eseguire mi-crosuture di alta precisione. Questi aspetti hanno ridotto la diffusione della chi-rurgia mini invasiva; inoltre, le difficoltà di insegnamento della metodica e un ci-clo di apprendimento molto lungo hanno contribuito a rallentarne l’adozione.

La chirurgia robotica è un’evoluzione di quanto sopra, con l’aggiunta di un cal-colatore di interfaccia e con la trasmissione, via fibre ottiche o radiofrequenza,delle azioni del manipolatore sul dispositivo operante (robot). Nel 2001 è stato ef-fettuato per la prima volta un intervento di colecistectomia in telechirurgia tran-satlantica, fissando l’inizio dell’era della chirurgia robotica.

Il più rinomato dispositivo robotico per chirurgia è il sistema da Vinci: nel 2010ne sono stati registrati in attività ben 1500 nel mondo. Prima di descrivere il si-stema prendiamo in considerazione la Fisica coinvolta nei sistemi robotici.

28.10a La Fisica alla base dei sistemi robotici

Come detto sopra nei sistemi robotici un manipolatore gestito da un chirurgoè collegato con le estensioni o i bracci del dispositivo operante sul paziente. I mo-vimenti delle braccia, del polso, del palmo della mano e delle singole dita del chi-rurgo hanno un riscontro con i movimenti micro- e macroscopici dei bracci del ro-bot. Vi sono 3 gradi di libertà per traslazione (lungo gli assi coordinati x,y e z) e tregradi di libertà per rotazione (3 angoli di Eulero �, � e �, riportati in Figura28.10.1), in totale 6 tipi di movimenti. I movimenti nei 6 gradi di libertà dell’ope-ratore, che indossa opportuni sensori articolati o manipolatori, sono registrati edelaborati dal calcolatore e trasmessi ai bracci operativi del robot. Sistemi di ripresatelevisiva digitale esterna in 3D, di ricostruzione tridimensionale delle immagini diorgani interni, ottenute preventivamente da TC e RM (§28.9b e §28.9e) e/o di te-lecamere digitali 3D introdotte nel paziente, forniscono immagini che, osservatedall’operatore, sono correlate ai suoi movimenti: l’operatore ha l’impressione diagire direttamente sulle strutture interne del paziente.

Naturalmente vengono applicate le leggi della Meccanica traslatoria (Capitoli 2e 3) e della Meccanica rotatoria (Capitolo 4) nelle 3 dimensioni spaziali, per cui mi-cromotori di precisione agiscono di conseguenza applicando microforze e micro-momenti allo strumento operatorio in base all’azione del chirurgo operatore.

Page 94: Strumentazione Biomedica

798 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Per ottenere la correlazione spazio-temporale, i movimenti dell’operatore sonostati studiati preventivamente con grande dettaglio mediante più telecamere digi-tali (le cui immagini possono essere trattate direttamente dal calcolatore) sensibiliall’infrarosso che osservano marker riflettenti (illuminati da radiazione infrarossa)disposti sulle parti in movimento dell’operatore (articolazioni di dita, mani e brac-cia). Le immagini sono riprese con frequenza superiori ai 100 Hz, permettendotempi di reazione inferiori al centesimo di secondo. Questo sistema è stato svilup-pato negli anni ’80 del secolo scorso per studiare i movimenti degli astronauti inassenza di peso nelle stazioni orbitali sovietiche e viene impiegato anche nel posi-zionamento del paziente nell’adroterapia (§27.3c e didascalia della Figura 27.11).

Lo studio dei movimenti roto-traslatori dell’operatore permette di ottenereuna precisa correlazione tra i sensori meccanici in miniatura (§28.3b), inseriti neimanipolatori articolati del chirurgo, e l’azione degli strumenti chirurgici sul e nelcorpo del paziente. Il chirurgo segue il risultato delle proprie azioni osservandouna visione tridimensionale del campo operatorio ottenuta da telecamere digitaliinserite per via laparoscopica nel paziente.

In pratica si tratta dello stesso sistema utilizzato nei giochi virtuali, nei quali èpossibile svolgere attività sportive come tennis e golf indossando appositi guantimuniti di sensori e seguendo i movimenti su un monitor.

28.10b Il sistema robotico

Il sistema robotico da Vinci si basa principalmente su tre componenti di base(Figura 28.10.2):a) una console di controllo/comando, dove siede il chirurgo, dotata di monitor

digitale ad alta risoluzione (Figura 28.10.3);b) un carrello robotico (il robot vero e proprio) che si posiziona a fianco del ta-

volo operatorio e monta 4 bracci articolati, uno per l’ottica con due telecameree tre con gli strumenti operatori;

c) un carrello complementare dotato di monitor per la squadra chirurgica pre-sente in sala operatoria, fonti di luce e insufflazione di CO2.

In versioni più recenti è presente una seconda console posta in parallelo allaprima che può ospitare un secondo chirurgo operatore, di solito in training (conun ruolo simile a quello del secondo pilota sugli aerei di linea). Le mani del chi-rurgo azionano dei sensori articolati (manopole) che riproducono, perfezionan-doli, i movimenti delle mani stesse. I movimenti sono trasferiti in tempo reale aglistrumenti chirurgici presenti nel corpo del paziente. Il computer permette di mi-gliorare la prestazione umana eliminando i tremori, ampliando il raggio d’azionedei movimenti e permettendo una regolazione del rapporto di scala fra il movi-mento della mano e quello dello strumento (1:1, 3:1, 5:1).

Gli strumenti operatori collegati ai bracci del carrello robotico sono: forbici, bi-sturi, pinze, applicatore di clip, dissettore a ultrasuoni e possono essere cambiatidurante l’intervento a seconda delle particolari esigenze. È interessante osservareche l’azione di resezione del bisturi gestita, tramite manopole, dal computer per-mette di linearizzare il taglio con precisione micrometrica, eliminando le seppur pic-cole oscillazioni dovute al leggerissimo tremore della mano del chirurgo: ne ri-sulta che, rispetto alla chirurgia tradizionale, quella robotica permette una minoreperdita di sangue e un recupero più rapido dei tessuti; inoltre, è quasi indolore.

Page 95: Strumentazione Biomedica

28.10 Chirurgia robotica 799

Tra gli strumenti inseriti nel braccio robotico ha particolare interesse quellomostrato in Figura 28.10.4 che permette di “sigillare” vasi mediante radiofre-quenza (vedi §25.3) e di eseguire tagli con una lama senza causare emorragie.

Altrettanto interessante è lo strumento di imaging mostrato in Figura 28.10.5 chepermette di individuare con grande precisione i vasi, l’albero biliare, i linfonodi, laperfusione in tessuti molli e in organi solidi (parenchima renale ed epatico) utiliz-zando due telecamere sensibili al visibile e all’infrarosso e sistemi di illuminazionecon fibre ottiche nel visibile e nell’infrarosso. L’individuazione delle strutture citateavviene tramite l’iniezione endovenosa di un colorante fluorescente (verde di indo-cianina o ICG da Indo Cianine Green avente peso molecolare di 775). Questo colo-rante si lega con le proteine del plasma, quindi resta confinato nel sistema vascolaree nel sistema linfatico. La sua rimozione dalla circolazione avviene solo tramite il fe-gato e il liquido biliare. L’illuminazione con luce infrarossa (§25.5) a 780 nm di lun-ghezza d’onda causa la fluorescenza dell’ICG (emissione alla lunghezza d’onda di830 nm nell’infrarosso). Mediante una telecamera sensibile sia nel visibile e sianell’infrarosso si ottengono immagini in grado di evidenziare le strutture biologiche

Il sistema da Vinci: a sinistra la con-sole di comando, al centro il robotcon i bracci sul tavolo operatorio ea destra il carrello complementare.

Figura 28.10.2

La console di comando a sinistra, al centro il complesso manipolatore del sistema da Vinci e soprale estremità dei bracci del robot, mostrato nel suo complesso a destra.

Figura 28.10.3

Strumento sigillante-emostaticoper vasi.

Figura 28.10.4

Page 96: Strumentazione Biomedica

800 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

che hanno assorbito l’ICG. Il chirurgo può commutare rapidamente dalla modalitànormale (luce visibile o VIS) alla modalità a fluorescenza (vicino infrarosso o NIR),come evidente dalle immagini di Figura 28.10.6.

La console di comando (Figura 28.10.3) è collegata al carrello robotico da uncavo a fibre ottiche per la trasmissione di dati e immagini ed è situata nella salaoperatoria o in un locale adiacente. Questo collegamento può essere effettuato an-che da lunghe distanze (un altro ospedale, un’altra città, un altro Paese) e può uti-lizzare la tecnologia wireless. Volendo mantenere tempi di reazione tra chirurgo ecarrello robotico inferiori ai 200 millisecondi, le distanze devono venire limitatead alcune migliaia di chilometri (la limitazione è causata dalla velocità della lucedato che la tecnologia wireless impiega onde elettromagnetiche a radiofrequenza).

Le comunicazioni tra chirurgo-operatore e squadra chirurgica presso il tavolooperatorio avviene direttamente se si trovano nella sala operatoria, o tramite mi-crofoni/amplificatori nel caso in cui si trovino in posti differenti. Per lunghe di-stanze si impiega un canale radio a doppio senso.

In caso di necessità o inconvenienti, la squadra chirurgica presso il tavolo ope-ratorio in pochi secondi può staccare il carrello robotico e continuare l’interventoin modo autonomo. Questa possibilità comporta la presenza di particolari con-trolli di sicurezza in tutto il sistema.

Dal 2000 al 2012 sono stati eseguiti nel mondo oltre un milione di interventi dichirurgia robotica.

Il sistema da Vinci Firefly per la chi-rurgia guidata tramite fluore-scenza. Viene illustrato il disposi-tivo di imaging in tempo reale pervisualizzare strutture perfuse da co-lorante fluorescente endovenoso(verde di indocianina, Indo CianineGreen o ICG).

Figura 28.10.5

Dissezione di un linfonodo preaor-tico durante la resezione del sig-moide per tumore: (a) immagineendoscopica nel visibile, (b) lastessa immagine ottenuta da fluore-scenza nel vicino infrarosso dove siosserva l’evidente colorazione dellinfonodo per acquisizione di ICG.

Figura 28.10.6

28.10c Le applicazioni cliniche

La chirurgia robotica presenta numerosi aspetti positivi, alcuni già citati a pro-posito della tecnica laparoscopica all’inizio del paragrafo e ulteriormente miglio-rati, grazie alla precisione operatoria sub-millimetrica, che riportiamo di nuovo diseguito: a) ridotta perdita ematica; b) minor dolore post-operatorio;

a) b)

Page 97: Strumentazione Biomedica

28.10 Chirurgia robotica 801

c) precoce ripresa delle funzioni organiche; d) diminuzione delle infezioni chirurgiche; e) riduzione della degenza ospedaliera e della convalescenza; f) diminuzione delle sindromi aderenziali.

Nell’ultimo decennio le applicazioni della chirurgia robotica (Figura 28.10.7)si sono estese e diversificate, ampliando le indicazioni della chirurgia mini inva-siva. L’adozione di questa tecnica nei vari ambiti medici si è tuttavia verificata inmodo disomogeneo a seconda del rapporto costo-beneficio, del valore intrinsecodella procedura per il paziente e della facilità della curva di apprendimento per ilchirurgo.

Nell’urologia e nel trattamento del tumore prostatico, l’adozione della tecnica èstata molto rapida, tanto che negli Stati Uniti nel solo 2009 sono stati eseguiti circa80 000 interventi robotici di prostatectomia radicale con risultati oncologici eccel-lenti, con una migliore ripresa fisiologica rispetto all’intervento tradizionale acielo aperto, con alte percentuali di preservazione della funzione sessuale e dellacontinenza urinaria.

La tecnica è molto diffusa anche in ginecologia per la cura di patologie ovarico-uterine: ad esempio una isterectomia radicale con dissezione linfonodale può es-sere eseguita agendo per via trans-vaginale, senza incidere l’addome.

In chirugia generale l’adozione della tecnica è stata più difficoltosa sia per la mag-gior complessità degli interventi, sia per l’economicità di altre tecniche, come gliinterventi in laparoscopia, sia per la fase di apprendimento del chirurgo più lungae ardua. Le resezioni gastriche del tumore presentano incoraggianti risultati on-cologici e funzionali. Nelle pancreasectomie distali la tecnica robotica aumenta lapossibilità di preservare la milza. Nelle resezioni del fegato la dissezione anatomicadell’ilo epatico viene notevolmente migliorata grazie alla visione ingrandita 3D ealle capacità microchirurgiche degli strumenti robotici. La chirurgia colorettale si staaffermando negli ultimi anni, in particolare l’intervento di asportazione del tu-more del colon-retto con la tecnica robotica permette di preservare meglio i nervie la funzione genito-urinaria. In chirurgia vascolare, nel caso di aneurismi delle ar-terie viscerali (renali, spleniche, epatiche), la riparazione mini invasiva con rese-zione dell’aneurisma e l’immediata ricostruzione microvascolare è resa possibilegrazie all’assistenza robotica. Altre applicazioni della tecnica si hanno nella chirur-gia endocrina, toracica, otorinolaringoiatrica e anche in alcuni casi nella chirurgia pe-diatrica.

Intervento di chirurgia robotica: asinistra il chirurgo operatore allaconsole di comando, a destra il ro-bot in azione e la squadra chirur-gica. I bracci del robot sono rivestitida plastica onde evitare la contami-nazione biologica della strumenta-zione introdotta nel paziente.

Figura 28.10.7

Page 98: Strumentazione Biomedica

802 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Si valuti l’intensità della radiazione infrarossa emessa da 1 cm3 di soluzione avente una concentrazione di 20 mM/litrodi ICG, nell’ipotesi che il 50% degli atomi emettano NIR perfluorescenza.

Come riportato nel §28.10b, la lunghezza d’onda di emissioneper fosforescenza è di 830 nm, corrispondente ad una fre-quenza ν data da:

da cui otteniamo l’energia del singolo fotone:

E = h ν = 6.6 ⋅ 10–34 J s 3.61 ⋅ 1014 Hz = 2.38 ⋅ 10–19.

Dobbiamo ora valutare quante molecole di ICG sono presentiin un cm3 della soluzione:

n° moli cm–3 = 20 mM litri–1 10–3 litri cm–3 = = 20 ⋅ 10–6 10–3 M cm–3 = 2 ⋅ 10–8 M cm–3,

da cui, ricordando che una mole di ICG contiene il numero diAvogadro No = 6.02 ⋅ 1023 di molecole, otteniamo il numero diatomi di ICG:

nICG = 2 ⋅ 10–8 6.02 ⋅ 1023 molecole = 1.2 ⋅ 1016 molecole

e considerandone il 50% emittenti abbiamo l’energia totaleemessa su tutto l’angolo solido.

Assumendo che l’emissione avvenga con continuità (la stimo-lazione è continua), con tempi dell’ordine di 10–4 secondi eche il rivelatore, distante 3 cm dalla struttura biologica emit-tente, abbia una superficie di 8 mm2 , abbiamo l’intensità inci-dente I sul rivelatore:

I = 2.38 ⋅ 10–19 J 0.5 ⋅ 104 1.2 ⋅ 1016 molecole 8 ⋅ 10–6/4 π (0.09)2 == 1.01 ⋅ 10–2 watt/m2.

Questo è l’ordine di grandezza dell’intensità NIR che incidesulla telecamera, la cui sensibilità per tali infrarossi deve essereadeguata.

ν = = =c /

3 10 m s830 10 m

3.61 10 Hz,8 –1

–914λ

⋅⋅

EEsseemmppiioo2288..1100..11 Emissione da fluorescenza

La cardiochirurgia è stata una specialità di esordio della tecnica robotica, ma lasua applicazione stenta a diffondersi per la competizione con altre metodiche, perle notevoli difficoltà di alcuni interventi e per la difficoltà a raggiungere la parteposteriore del cuore.

28.10d Limiti e possibili sviluppi del sistema

Un importante limite alla diffusione della chirurgia robotica è l’elevato costo,a cui si associa un ulteriore consistente costo di esercizio, solo in parte compensatodalla diminuzione della morbilità peri-operatoria, dalla riduzione delle degenzeospedaliere e dal suo impiego multisciplinare. Un’altra importante limitazione ri-guarda la carenza di centri e di programmi di training specifici.

Contrapposto a questi limiti si deve sottolineare l’aspetto rivoluzionario dellachirurgia robotica, rappresentato non solo dal sofisticato miglioramento della mi-cromeccanica degli strumenti, ma anche dal mutamento del classico rapporto di-retto chirurgo-paziente, limitato dalla natura umana, che viene sostituito dall’in-troduzione del concetto di virtualità o realtà virtuale. Questo concetto introducetra l’altro la visione a infrarossi e a livello microscopico, la dilatazione temporaledel movimento, il suo controllo con precisione submillimetrica, la possibilità dimantenere una posizione stabile per un tempo indefinito. Infatti nella chirurgiarobotica non c’è più il contatto diretto fra paziente e chirurgo; tra essi si frapponeun’interfaccia (definita appunto realtà virtuale) controllata dal computer, attra-verso cui si crea un mondo senza più limiti.

Lo sviluppo di software e della tecnologia in generale comporterà l’introdu-zione di nuovi sensori e di nuove capacità tra cui ulteriori possibilità di elabora-zione, memorizzazione e trasmissione dati. Tutto ciò fornisce notevoli prospettivedi espansione e crescita per la chirurgia robotica.

Page 99: Strumentazione Biomedica

28.11 MACCHINA CUORE-POLMONE (circolazione extracorporea) 803

MACCHINA CUORE-POLMONE (CIRCOLAZIONE EXTRACORPOREA)

28.11a Cenni storici, generalità e scopo della macchina cuore-polmone

Nel secolo scorso vari autori hanno ideato dispositivi meccanici che sostitui-vano la funzione cardiaca: tra questi S.S. Brukhonenko (1926), A. Carrel e C.A.Lindbergh, (1935), J. Gibbon (1937), A.M. Dogliotti (1951), J.W. Kirklin (1952),J.H. Gibbon Jr (1953), C. W. Lillehei (1954), i quali hanno svolto la sperimenta-zione su animali e interventi di cardiochirurgia sull’uomo impiegando successivisviluppi tecnologici e modelli parziali primitivi di macchine cuore-polmone. J.H.Gibbon Jr è ritenuto l’ideatore della prima macchina cuore-polmone completa.

Allo stato attuale la macchina cuore-polmone (Heart Lung Machine) è un com-plesso dispositivo elettromedicale che garantisce la sopravvivenza dei pazienti chi-rurgici sostituendo temporaneamente le funzioni cardiopolmonari. Lo scopo deldispositivo è quello di ottenere un campo operatorio cardiaco esangue e immobilee mantenere in vita il paziente.

Il circuito per la circolazione extracorporea (CEC) viene mostrato in formaschematica nella Figura 28.11.1 e deve garantire: il mantenimento della portata disangue, l’apporto di O2 e la rimozione di CO2 nelle corrette quantità, il controllodella temperatura, il controllo delle pressioni, la gestione dell’equilibrio acido-base, e al tempo stesso deve soprattutto evitare la presenza di bolle d’aria, preve-nire la formazione di emboli e ridurre l’emolisi. Il dispositivo è costituito da can-nule per il drenaggio di sangue venoso e per l’immissione arteriosa, un recipienteper la raccolta di sangue (reservoir), un sistema di pompe, un ossigenatore, unoscambiatore di calore e sistemi accessori quali filtri e aspiratori; tutti gli elementisono descritti nei paragrafi che seguono.

Nella Figura 28.11.2 è mostrata una veduta complessiva della macchina cuore-polmone, gestita dal tecnico perfusionista.

28.11b Cannule per drenaggio venoso e per immissione arteriosa

Le cannule impiegate nella circolazione extracorporea sono tubi in materialepolimerico biocompatibile progettate in modo tale da far circolare il sangue sem-pre in moto laminare, con il minimo grado di turbolenza. Esse devono essere suf-ficientemente robuste per evitarne piegature o collasso e al tempo stesso posse-dere un elevato grado di flessibilità per poter essere maneggiate facilmente (Fi-gura 28.11.3).

La macchina cuore-polmone è collegata al paziente mediante due tipi di can-nule: uno per il prelievo venoso e uno per l’immissione di sangue ossigenatonell’arteria. Per quanto concerne il primo tipo, il collegamento con il paziente siesegue con due tecniche a seconda del tipo di intervento cardiaco richiesto: la tec-nica delle doppie cannule (una nella vena cava superiore e una in quella inferiore)è impiegata quando è necessario aprire le cavità cardiache di destra, e la tecnicamonocannula atriale (una sola cannula nell’atrio destro) è invece utilizzata nellamaggior parte degli interventi nei quali non è necessario aprire le cavità a destra.

Nel caso dell’immissione in arteria attualmente si preferisce (salvo alcune ec-cezioni) porre un’unica cannula nell’aorta ascendente, che prima del tratto bra-

28.11

Page 100: Strumentazione Biomedica

804 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

chiocefalico ha un decorso in gran parte intrapericardico. L’arteria femoraleviene evitata per non praticare una seconda incisione.

28.11c Sistema di pompe

Nella macchina cuore-polmone è presente un sistema di 4 pompe (Figura28.11.2 e 28.11.4) costituito da una pompa principale e da tre pompe supplemen-tari: una pompa per cardioplegia e due pompe che svolgono la funzione di aspira-tori, ossia l’aspiratore da campo e l’aspiratore vent. Solitamente è presente unaquinta pompa di emergenza.

pazientecannula cannula

filtroarterioso

ossigenatore

scambiatoredi calore

pomparoller

riservavenosa

Schema a blocchi della mac-china cuore-polmone.

Figura 28.11.1

La macchina cuore polmone perla circolazione extracorporeaimpiegata in interventi di cardio-chirurgia e di chirurgia toracica.

Figura 28.11.2

La pompa principale sostituisce la funzione cardiaca, assicura una portata di 4-8litri/min (corrispondenti a circa 70-130 cm3/s, cioè da una a due volte della nor-male portata a riposo nell’aorta, vedi §7.2) , non deve danneggiare il sangue chescorre nel circuito e deve funzionare nel modo più prossimo alla funzione fisiolo-gica del cuore. Tale pompa può essere di tipo roller o centrifuga. Entrambe lepompe forniscono una portata continua (flusso non pulsatile come il cuore).

La pompa roller (Figura 28.11.5) è costituita da un tubo deformabile posto in unvano semicircolare dove due o più rulli, collegati ad altrettanti bracci, ruotando, locomprimono spingendo avanti il volume di sangue antecedente al rullo. Questapompa è di tipo volumetrico, cioè mantiene costante la portata, qualsiasi sia la re-sistenza (carico) del circuito a valle (vedi §6.5, formula (6.28) e §7.4b). Essa di-pende solo dal volume di sangue spinto nel vano semicircolare e dal numero digiri dei rulli.

Tubi in materiale biocompati-bile.

Figura 28.11.3

Page 101: Strumentazione Biomedica

28.11 MACCHINA CUORE-POLMONE (circolazione extracorporea) 805

Nella pompa centrifuga (Figura 28.11.6) il liquido, introdotto nel centro di rota-zione, è messo in rotazione da pale ruotanti e si porta verso la parete esterna da cuifuoriesce il liquido con velocità vt, risultante della velocità periferica di rotazionevp e velocità fornita dalla forza centrifuga al volume ruotante (vedi §2.8). Al con-trario della pompa roller, la pompa centrifuga fornisce una portata che dipendedalla resistenza a valle (a parità del numero di giri) ma, per il suo principio di fun-zionamento, riduce l’emolisi rispetto alla pompa roller e non forma in circolobolle gassose.

Due delle quattro pompe presenti nel circuito di circolazione extracorporea,come detto, sono impiegate come aspiratori (Figura 28.11.7). L’aspiratore dacampo permette di recuperare il sangue versato nella cavità toracica, mentre l’aspi-ratore vent recupera dall’atrio sinistro il sangue proveniente dal circolo bron-chiale. Infatti nonostante il prelievo dalla vena cava, altre fonti possono portaresangue alle cavità cardiache (il seno coronario, il sangue dal circuito bronchiale, ilsangue sfuggito all’aspirazione cavale): per avere un campo totalmente esangue ènecessario espirare il sangue dal ventricolo sinistro tramite l’aspiratore vent. Acausa della loro modalità di funzionamento gli aspiratori sono molto emoliticidato che sottopongono i globuli rossi a forti depressioni e a notevoli moti turbo-lenti.

Il sangue recuperato viene poi filtrato, ossigenato e re-immesso nel circuito.

La pompa per cardioplegia (o protezione cardiaca), che precede il dispositivoper cardioplegia di Figura 28.11.8, permette la perfusione coronarica ad aortaclampata. Poiché l’arresto della portata di sangue nell’aorta interrompe il flussocoronarico, si rende necessaria un’azione di protezione delle cellule miocardichetramite ipotermia (per diminuire il consumo di ossigeno), vedi il successivo§28.11e, eseguita con perfusione di soluzione ematica diluita fredda. Convenzio-nalmente l’ipotermia può essere moderata (25-32°C): associata di solito all’usodella circolazione extracorporea, oppure profonda (18-25°C) quando è necessarioanche l’arresto cardiaco. Minore è la temperatura, maggiori sono le possibilità direcupero del paziente nel post-operatorio.

Pannello di controllo della mac-china cuore-polmone. È visibileil blocco delle pompe della mac-china (4 pompe + 1 pompa di ri-serva).

Figura 28.11.4

Pompa roller.Figura 28.11.5

ve

a) b)

vp

vc

(a) Schema di funzionamento della pompa centrifuga. (b) Pompa centrifuga: ingresso cen-trale, uscita laterale.

Figura 28.11.6

Page 102: Strumentazione Biomedica

806 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

28.11d Riserva venosa (reservoir) e ossigenatore

In un opportuno contenitore viene accumulata una certa quantità di sangue,svuotando il sistema circolatorio, se ritenuto necessario dal chirurgo, ed evitandola vasocostrizione delle vene cave a causa di un incremento dei giri della pompaprincipale (che richiama sangue da tali vene) o al contrario una vasodilatazionecon accumulo di sangue nella circolazione del paziente. Il sangue accumulatonella riserva venosa (reservoir) viene diluito con soluzione fisiologica arricchita op-pure con autotrasfusioni oppure con soluzione glucosata (valore di ematocrito 20-25%) con conseguente minore necessità di sangue, diminuzione della viscositàdel sangue (vedi §7.3b), diminuzione di danni d’organo e minori costi economici.

Per saturare di ossigeno il sangue venoso vengono impiegati 4 tipi di ossigena-tori, ciascuno con vantaggi e svantaggi.

L’ossigenatore a bolle permette il contatto diretto tra sangue venoso e ossigeno.In una colonna dell’ossigenatore sono introdotti simultaneamente sangue venosoe ossigeno, che viene fatto gorgogliare. Il gorgogliamento del gas determina la for-mazione di schiuma, che potrebbe causare embolia gassosa, per cui si esegue untrattamento di deschiumaggio . Nei modelli più recenti viene incorporato lo scam-biatore di calore (§28.11e).

Pompe aspiranti: (a) aspiratoreda campo, (b) aspiratore vent.

Figura 28.11.7

a) b)

Dispositivo per cardioplegia.Figura 28.11.8

Page 103: Strumentazione Biomedica

28.11 MACCHINA CUORE-POLMONE (circolazione extracorporea) 807

L’ossigenatore a fibre cave è costituito da fasci di sottili fibre in PVC o PTFE cavee semipermeabili ai gas, al cui interno fluisce ossigeno, mentre il sangue venosopassa all’esterno.

L’ossigenatore a dischi rotanti consiste in una serie di dischi coassiali che ruotanoin modo tale che il sangue venoso viene distribuito sulla loro superficie formandouna pellicola per aumentare la superficie di contatto con l’aria. I dischi sono im-mersi in un contenitore di ossigeno e il gas è a contatto diretto con il sangue.

L’ossigenatore a membrana (Figura 28.11.9) permette scambi ossigeno-anidridecarbonica per diffusione attraverso una membrana (gomma siliconata o polipro-pilene) semipermeabile al sangue e permeabile all’ossigeno (in modo analogo aquanto descritto nel rene artificiale, §28.8). Tale metodica evita la formazione dibolle, diminuisce il rischio di embolia gassosa (si veda §8.2b) e i danni da esposi-zione diretta al gas (emolisi, consumo di piastrine e dei fattori di coagulazione) epuò essere utilizzata per periodi prolungati di CEC in alcuni casi particolari.

La diffusione dell’ossigeno attraverso la membrana (superficie di circa 2 m2 eraggio dei pori 15 mm) viene determinata dalla legge 1a di Fick (15.24), qui ripe-tuta:

(28.11.1)

dove ΔpO2 è la differenza di pressione parziale di ossigeno tra il gas e il sangue.L’assenza di CO2 nell’ossigenatore comporta un analogo flusso diffusivo di CO2 insenso contrario, dal sangue venoso al flusso gassoso di O2.

Gli ossigenatori moderni tendono ad avvicinarsi maggiormente alla fisiologiapolmonare, evitando il contatto diretto con il gas grazie alla presenza di una mem-brana o della parete della fibra cava, in modo simile a quanto accade nella mem-brana alveolare. La scelta dell’ossigenatore determina le differenze nel circuito delsangue, ad esempio quello a membrana influenza in modo notevole la quantità disangue che torna al paziente a causa dell’elevata resistenza (carico) meccanica cheesso presenta. Perciò la pompa principale deve essere applicata prima dell’ossige-natore. Nel caso dell’ossigenatore a bolle, questo deve essere posto prima dellapompa principale, essendo strutturato in modo da avere una riserva di sangue ar-terioso derivante dal deschiumaggio (necessario dopo il gorgogliamento per evi-tare embolie gassose).

J

DRT

pxsi

i= −,O2Δ

Δ

(a) Ossigenatore a membrana.(b) Parte della macchina che rac-coglie il sangue venoso prove-niente dall’aspiratore da campooperatorio, lo ossigena e toglieeventuali bolle d’aria.

Figura 28.11.9

Page 104: Strumentazione Biomedica

808 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

28.11e Scambiatore di calore

Questo dispositivo ha la funzione di regolare la temperatura del sangue equindi quella del paziente. Lo scambiatore di calore (con gruppo caldo-freddo) mo-strato in Figura 28.11.10, è posto a monte dell’ossigenatore il quale aumenta no-tevolmente la pressione parziale dell’ossigeno (vedi §15.6 e §15.7) nel sangue: ilgas è legato all’emoglobina o disciolto nel plasma (vedi §15.7 ed Esempio 15.4).All’aumentare della temperatura, la pressione parziale dell’ossigeno aumenta el’ossigeno disciolto tenderebbe a formare bolle. Il dispositivo inoltre salvaguardial’asetticità del sangue mantenendo la pressione nei condotti del liquido termosta-tico (acqua) minore di quella del sangue in modo che, in caso di danneggiamento,sia il sangue a trasferirsi nel circuito esterno e non viceversa.

28.11f Filtri e dispositivi accessori

Il filtro arterioso (Figura 28.11.11) è l’ultimo elemento dello schema a blocchidi Figura 28.11.1. Il dispositivo ha il compito di filtrare i microemboli gassosi e/osolidi che si formano nel circuito precedente. È costituito da membrane successivecon diametro dei pori di 20 μm, 40 μm e 120 μm e permette una portata massimadi 7 litri al minuto.

Altri numerosi dispositivi accessori completano la macchina: un flussimetromeccanico per la misura della portata; un clamp della linea venosa; un sistema digestione dati con relativa presentazione basato su un computer e relativo softwarecon console di comando; sistemi di controllo della pressione; un timer; un moni-tor delle temperature (esofagea, rettale, sangue venoso, sangue arterioso, fonte dicalore); un sistema di controllo di livello/rilevatore di bolle; un sistema di con-trollo del dispositivo per cardioplegia; un sistema di misura e gestione dell’equili-brio acido-base; sistemi di controllo della funzione respiratoria (emogasanalisi,mantenendo pCO2 ≈ 35-45 mmHg e pO2 ≈ 100-250 mmHg), della funzione renale(diuresi 2ml/kg ogni ora) e della coagulazione del sangue.

28.11g Aspetti medico-clinici

Prima di collegare il circuito CEC al paziente, il sangue viene reso incoagula-bile mediante somministrazione di eparina, per evitare la formazione di trombi.Inoltre, prima dell’avvio della CEC, il circuito è riempito con una soluzione elet-trolitica: una volta che si è instaurata la CEC, tale soluzione si mescola con il san-gue del paziente, creando emodiluizione, che determina la riduzione della viscositàdel sangue e della pressione colloido-osmotica. Il moto del liquido inoltre vienemantenuto a portata costante (stazionario, non pulsatile) con eventuali variazioni

Gruppo caldo-freddo: il disposi-tivo riscalda o raffredda l’acquache viene fornita allo scambia-tore di calore (posto a montedell’ossigenatore, vedi schema diFigura 28.11.1).

Figura 28.11.10

Page 105: Strumentazione Biomedica

28.12 Considerazioni conclusive 809

accuratamente controllate.La circolazione extracorporea causa alcune disfunzioni:

- endocrine, con alterazione della secrezione e degradazione ormonale; - cerebrali con incremento della necrosi delle cellule cerebrali;- ematologiche con incremento dell’emolisi e della citolisi leucocitaria, diminu-

zione del numero e dell’attività delle piastrine e alterazioni a carico di tutti glielementi figurati del sangue.

L’uso della CEC comporta dei risvolti negativi quali: alterazioni dovute al con-tatto sangue-superfici estranee (risposta infiammatoria sistemica) e al flusso conti-nuo (incremento delle resistenze periferiche e dell’acidosi tissutale); alterazionidella distribuzione dei flussi regionali, per cui riduzioni di portata aumentano iflussi cerebrale e coronarico e riducono i flussi renale e splancnico con possibileinsorgenza di insufficienza renale o epatica; alterazioni dell’equilibrio idro-salino.L’equipe chirurgica con il tecnico della perfusione applicano le opportune proce-dure per prevenire le disfunzioni e intervengono in caso di alterazioni.

A proposito dell’emolisi è opportuno osservare che una rapida riduzione di ve-locità (elevata decelerazione) provoca la rottura della membrana degli eritrociti:ne consegue la necessità di tenere sotto controllo il flusso (portata) del sangue alfine di minimizzare il danno ematico.

I continui progressi tecnologici comporteranno miglioramenti tali da avvici-nare sempre più il funzionamento della macchina cuore-polmone a quello delcuore e dei polmoni.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La strumentazione descritta in questo capitolo costituisce un insieme di dispo-sitivi che rispecchiano lo stato attuale della tecnologia. L’avanzamento tecnolo-gico è continuo e l’evoluzione della strumentazione comporterà un migliora-mento nell’impiego sia diagnostico sia terapeutico, soprattutto grazie al continuoincremento della potenzialità dei sistemi di calcolo. Tuttavia, i fondamenti fisicidei dispositivi qui descritti manterranno in generale la loro validità, al più si ag-giungeranno ulteriori fenomeni (con la relativa descrizione fisica) oggi non an-cora sfruttati nel settore sanitario.

Schema di un filtro arterioso.Figura 28.11.10

28.12

Page 106: Strumentazione Biomedica

810 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

Elenco della strumentazione e delle tecniche e metodologie fisiche descritte o citate nel testo

TECNICHE STRUMENTALI SCOPO PAGINE

• Acceleratore lineare : radioterapia con elettroni e gamma 620• Adroterapia : radioterapia con protoni, neutroni e ioni 687• Amplificatore di brillanza : immagini RX intensificate 654• Analisi di elementi in traccia : misura di micro concentrazioni 732• Analisi di Fourier o armonica : metodo analisi segnali 309• Polarimetro : misura concentrazione soluzioni 542• Aspirazione di Bunsen : aspirazione gas da depressione 162• Betatrone : acceleratore di elettroni (radioterapia) 619• Bilancia e metodo doppia pesata : misura della massa di un corpo 80• Bisturi criogenico : resezione tessuti 281• Bisturi elettrico : resezione tessuti 501• Bisturi laser : resezione tessuti 632• BNTC (Boron Neutron Capture Therapy) : radioterapia con neutroni e attivazione 689• Bomba calorimetrica : misura di calore di combustione 280• Brachiterapia : terapia mediante inserimento radioisotopi 685• Calcolatore e conversione AD : calcolo e conversione analogica-digitale B-10• Calorimetro delle mescolanze : misura del calore 280• Camera di ionizzazione (Geiger-Müller) : misura di radiazioni 666, 667• Carrucola : trazione in ortopedia 80, 103• CCD (Charge Coupled Device) : immagini digitali 725• Cellule fotoelettriche : rivelazione luce 724• Centrifuga analitica : misura peso molecolare 229• Centrifuga preparativa : separazione componenti soluzione 228• Ciclotrone : acceleratore protoni 617• Circuiti oscillanti : generazione di onde elettromagnetiche 506• Cobaltoterapia : radioterapia gamma 685• Contagoccie : dosare medicinali liquidi 154• Cuore-polmone (macchina) : circolazione extracorporea 802• Datazione (con radionuclidi) : misura età reperti 613, 614• Densitometria ossea : misura densità calcio nelle ossa 679• Defibrillatore : reset ciclo elettrocardiografico 499• Diatermia : terapia con generazione calore 628• Dosimetria : misure dose radiazioni ionizzanti 669• Ecografia ed ecocardiografia : misure e immagini con ultrasuoni 742• Ecotomografia : immagini tomografiche con ultrasuoni 766, 792• Elettrocardiografia : segnali elettrici cardiaci 474, 731• Elettrodi e microelettrodi : misura di potenziali elettrici 713• Elettroencefalografia : segnali elettrici cerebrali 313, 474• Elettroforesi : misura proteine liquidi biologici 223• Emodialisi (rene artificiale) : filtrazione artificiale del sangue 760• Endoscopia : immagini da cavità interne 561• Flottazione : galleggiamento da tensione superficiale 148• Flussimetria (tubo di Pitot) : misura di portata e di velocità fluido 162• Flussimetria (tubo di Venturi) : misura di portata e di velocità fluido 162• Flussimetria Doppler : misura della velocità del sangue 355• Flussimetria elettromagnetica : misura di portata 716• Flussimetria mediante diluizione : misura di portata 717• Flussimetria mediante termodiluizione : misura di portata 718• Fotomoltiplicatori : rivelatori di radiazione e particelle 668

Page 107: Strumentazione Biomedica

28.12 Considerazioni conclusive 811

Elenco della strumentazione e delle tecniche e metodologie fisiche descritte o citate nel testo

TECNICHE STRUMENTALI SCOPO PAGINE

• Gamma knife : radioterapia gamma concentrata 685• Generatori di potenziale elettrico : creazione di potenziali e correnti elettriche 425• HIFU (High Intensity Focused Ultrasound) : ablazione con ultrasuoni focalizzati 354• IMRT (Intensity Modulated Radiation Therapy) : radioterapia con elettroni e raggi X 687

• Intensificatore d’immagine : immagini alto contrasto raggi X 653• IORT (IntraOperative Radiation Therapy) : acceleratore per radioterapia intraoperatoria 687• Laser e applicazioni : interventi chirurgici 630• Litotripsia renale : distruzione calcoli renali 755• Litotripsia calcolosi biliare : distruzione calcoli biliari 755• Litotripsia (onde d’urto) in ortopedia : distruzione concrezioni articolari 755• Macchina cuore-polmone : circolazione extracorporea 803• Mammografia : immagini mammografiche con RX 652• Manometro a liquido : misura della pressione 179• Metabolismo basale : misura consumo energetico 285, 287• Microscopia a fluorescenza : immagini microscopiche da fluorescenza 558• Microscopia digitale : immagini microscopiche digitalizzate 559• Microscopia a raggi X : studio reticoli cristallini 564• Microscopio semplice : lente ingrandimento 546• Microscopio composto : immagini microscopiche nel visibile 548• Microscopio a contrasto di fase : immagini da interferenze 556• Microscopio elettronico : immagini a grande ingrandimento 727• Microscopio polarizzatore : immagini in luce polarizzata 558• MOC (Mineralogia Ossea Computerizzata) : misura calcio osseo 679• Onda sfigmica : misura della velocità dell’onda sfigmica 198, 200• Optical Coherence Tomography (OCT) : immagini tomografiche della retina 793• Osmometri : misura della pressione osmotica 384• Ossimetria : misura concentrazione ossigeno nel sangue 546• Pendolo : misura di frequenza 70, 87• PET (Positron Emission Tomography) : immagini da radioisotopi ‚ + emittenti 766, 780• pHmetri : misura di pH (acidità) 726• Pletismografia a impedenza : misure di portata (flusso) 718• Polarimetro : misure di concentrazione 542• Polarizzazione (polaroid, Nicol, riflessione) : formazione di luce polarizzata 520• Radiografia : immagini da raggi X 649• Radioscopia : immagini da raggi X 650• Radioterapia conformazionale : radioterapia sulla forma del tumore 685• RM (Risonanza Magnetica) : immagini tomografiche da radiofrequenza 766, 784• Robot chirurgici : esecuzione di interventi chirurgici 796• Scambiatore di calore in controflusso : scambio calore 294• Scintigrafia : immagini da emissione di radiazione 680, 681• Sfigmomanometro : misura della pressione arteriosa 179• Scintillazione (rivelatori) : rivelatori di radiazione ionizzante 668• Sedimentazione : misura di velocità di sedimentazione 220• Shock elettrico (protezione) : evitare lo shock elettrico 706• Sincrotrone : accelerazione di particelle cariche 619• SPECT (Single Photon Emission CT) : immagini da radioisotopi gamma emittenti 766, 777• Spettrofotometria : individuazione di composti chimici 544• Spettrometria di massa : individuazione di nuclei (isotopi) 615• Spettroscopia ottica : individuazione di atomi 519

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812 C A P I T O L O 2 8 Strumentazione biomedica

TTAABBEELLLLAA 2288..1122..11 Elenco della strumentazione e delle tecniche e metodologie fisiche descritte o citate nel testo

TECNICHE STRUMENTALI SCOPO PAGINE

• Spirometria : misura di volumi polmonari 182, 287• Sterilizzazione con radiazione gamma : sterilizzazione materiali 676• Stetoscopio : valutazione suoni cardiaci e polmonari 349• Stimolatore cardiaco (pacemaker) : stimolazione periodica cardiaca 434• TBI (Total Body Irradiation) : radioterapia su tutto il corpo 685• TC (Tomografia Computerizzata) : immagini tomografiche con raggi X 766, 771• Tensione superficiale (dispositivo di misura): misura di tensione superficiale nei liquidi 150• Terapia conformazionale 3D : radioterapia sulla forma 3D del tumore 685• Terapia a radiofrequenza (RF) : distruzione di tessuti 625• Termografia : immagini termiche (a infrarossi) 630• Termoluminescenza : misura di dosi di radiazione ionizzante 669• Termometria : misura di temperatura 237• Torchio idraulico : applicazione di elevate pressioni 132• Termocoppia e termoresistori : misura di temperatura 724• Trasduttori chimici : misura di pressione parziale di O2 e CO2 726• Trasduttori di portata : misure di portata 716, 717, 718• Trasduttori di pressione : misure di pressione 716• Trasduttori ottici : trasformazione luce-corrente elettrica 716, 724• Trasformatore di d.d.p. : passaggio alti-bassi voltaggi e viceversa 495, 497• Tubo a raggi X : produzione di raggi X 637• Ultrasuoni in terapia : impiego degli ultrasuoni in terapia 354• Vasi Dewar : contenitori isolanti 280• VES : misura di Velocità di Eritro-Sedimentazione 221• Viscosimetria : misura della viscosità di liquidi 143

I termini in blu fanno riferimento al Capitolo 28 presente on line.

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Problemi 813

28.1 Consideriamo una sezione anatomica in cui il tessuto mu-scolare e il tessuto osseo sono disposti come mostrato inFigura 28.12.1. La densità del muscolo si assume dm = 1.0 g cm–3 e quella dell’osso do = 1.8 g cm–3, mentre icoefficienti di attenuazione di raggi X e g sono quellidella seguente tabella:

raggi X a 60 keV:tessuto muscolare mm/dm = 0.200 cm2 g–1

tessuto osseo mo/do = 0.274 cm2 g–1

raggi g a 1 MeV:tessuto muscolare mm/dm = 0.078 cm2 g–1

tessuto osseo mo/do = 0.068 cm2 g–1.

Paragonare le intensità dei fasci che attraversano en-trambi i tessuti e quelle che attraversano solo il tessutomuscolare alle due energie (si trascuri l’effetto di buil-dup).

28.2 Quale energia corrisponde alla frequenza di risonanza di34.08 MHz nell’imaging RM? Calcolare in gauss il valoredel campo magnetico.

28.3 Un volatile è posato con una zampa su una linea di altatensione. (1) Cosa accade quando posa l’altra zampasulla linea? (2) Cosa succederebbe se il volatile toccasse ilsuolo con un’ala?

PROBLEMI

28.4 Un particolare laser emette il proprio raggio in un conoavente un angolo al vertice di 10–5 rad. (1) Qual è il dia-metro della macchia che si forma su una superficie a 1metro di distanza? (2) Calcolare la dimensione della mac-chia nel caso in cui la superficie sia quella della Luna, di-stante 3.8 ⋅ 105 km dalla Terra, ove è posto il laser.

muscolo

osso

10 cm

2 cm

X, g

La radiazione X e g, che attraversa la sezione ana-tomica da sinistra a destra, comporta due attenuazioni differenti aseconda se è attraversato solo tessuto muscolare oppure entrambi itessuti, osseo e muscolare.

Figura 28.12.1

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