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Universit` a degli Studi di Roma ”La Sapienza” FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Fisica Tesi di laurea magistrale Studio di fattibilit` a di misure di frammentazione indotta da fasci utilizzati per la protonterapia Relatore: Prof. Riccardo Faccini Correlatore: Prof. Alessio Sarti Candidato: Elisabetta Verdolino Matricola 1469957 Anno Accademico 2015-2016

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Universita degli Studi di Roma ”La Sapienza”

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Fisica

Tesi di laurea magistrale

Studio di fattibilita di misure di frammentazione indottada fasci utilizzati per la protonterapia

Relatore:

Prof. Riccardo Faccini

Correlatore:

Prof. Alessio Sarti

Candidato:

Elisabetta VerdolinoMatricola 1469957

Anno Accademico 2015-2016

"Anche fra le tenebre d’un abisso oscuroio non temo alcun male perché

Tu mi sostieni, sei sempre con me,rendi il sentiero sicuro."

A Renato,la mia roccia,la mia forza,

il mio coraggio,il mio amore.

"Meraviglioso amore miomeraviglioso come

un quadro che ha dipinto Diocon dentro il nostro nome..."

Indice

Introduzione 9

1 La radiazione in ambito medico 111.1 Interazione radiazione materia: applicazioni in campo medico 11

1.1.1 Particelle cariche pesanti . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.1.2 Bethe-Bloch e Stopping power . . . . . . . . . . . . . . 131.1.3 Range . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151.1.4 Elettroni e positroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.1.5 Diffusione Multipla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201.1.6 Fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

1.2 Interazione radiazione materia: parametri fisici e biologici . . 231.2.1 Dose assorbita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231.2.2 LET, Linear Energy Transfer . . . . . . . . . . . . . . 231.2.3 Relative Biological Effectiveness (RBE) . . . . . . . . 241.2.4 Ossigenazione cellulare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

1.3 Terapia oncologica con radiazioni . . . . . . . . . . . . . . . . 281.3.1 Radioterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291.3.2 Adroterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

1.4 Proton RBE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

2 L’esperimento FOOT (FragmentatiOn Of target) 412.1 Effetti della frammentazione nucleare nell’adroterapia . . . . . 412.2 Strategie per le misure di frammentazione indotte nel bersa-

glio da fasci utilizzati per la protonterapia . . . . . . . . . . . 462.2.1 Cinematica diretta e inversa . . . . . . . . . . . . . . . 472.2.2 Scelta del bersaglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

2.3 Le esigenze sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

3 La simulazione dell’esperimento FOOT 513.1 La simulazione Monte Carlo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

3.1.1 Il codice Fluka . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 583.1.2 Campione Monte Carlo e informazioni disponibili . . . 61

3.2 Misura del numero delle particelle incidenti . . . . . . . . . . 62

7

3.3 Misura del quadrimpulso del fascio incidente . . . . . . . . . . 633.4 Misura del quadrimpulso dei frammenti . . . . . . . . . . . . 643.5 Identificazione dei frammenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 683.6 Modellizzazione della risoluzione nella simulazione . . . . . . 68

4 Risultati 714.1 Spettro dell’energia cinetica dei frammenti in cinematica inversa 714.2 Misure di risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

4.2.1 Risoluzione in energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 734.2.2 Risoluzione angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

4.3 Identificazione della popolazione isotopica dei frammenti . . . 784.4 Misure di sezioni d’urto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

4.4.1 Sezioni d’urto in cinematica diretta e inversa . . . . . 814.4.2 Differenze di sezioni d’urto in cinematica diretta e inversa 874.4.3 Incertezza relativa sulle misure di sezioni d’urto . . . . 89

Conclusioni e sviluppi futuri 91

A Sezioni d’urto 93

B Differenze di sezioni d’urto 107

C Risoluzione 115

Bibliografia 121

8

Introduzione

L’adroterapia, ad oggi comunemente chiamata Particle Therapy (PT), è unatecnica di terapia oncologica che sfrutta appieno le proprietà fisiche e biolo-giche di particelle cariche pesanti, gli adroni (dal greco adrós, forte). Contra-riamente a quanto avviene in radioterapia classica, dove i raggi X rilascianola maggior parte della dose (energia rilasciata per unità di massa) entrandoin contatto con il paziente, gli adroni rilasciano il massimo della loro dosea fine percorso. Questo è di vitale importanza se si vuole irraggiare tumoriprofondi o in vicinanza di organi a rischio, limitando la dose depositata neitessuti sani circostanti.L’utilizzo di fasci di adroni nella terapia del cancro oggi riguarda principal-mente fasci di protoni e ioni 12C. Il vantaggio principale di questa tecnicarispetto alla radioterapia convenzionale con fotoni nel trattamento di tumoriprofondi è il caratteristico profilo di perdita di energia delle particelle cari-che, che mostra un massimo rilascio di dose localizzato in un determinatopunto del cammino delle particelle nel bersaglio.L’obiettivo è quello di localizzare questa dose massima sul tumore, mentreuna dose relativamente piccola sarà rilasciata ai tessuti sani circostanti, te-nendo conto della frammentazione prodotta dalle interazioni nucleari tra ilfascio e i tessuti del paziente durante il percorso delle particelle nel volumebersaglio.Al giorno d’oggi, nel Treatment Planning System (TPS) utilizzato nella pra-tica clinica, viene assegnato un’efficacia biologica relativa (RBE) pari a 1.1a fasci di protoni lungo il percorso completo all’interno del paziente, ma stu-di recenti mostrano che, a causa della frammentazione del bersaglio, l’RBEper i protoni può essere molto diverso da 1.1. L’utilizzo di questo valorefisso può portare ad una sotto o sovrastima della dose in particolare nei pri-mi centimetri attraversati dal fascio nel percorso verso il volume bersaglio,compromettendo l’efficacia del trattamento. Per queste ragioni, uno studioaccurato della frammentazione del bersaglio e dell’ RBE sono necessari permigliorare il TPS clinico, in particolare per i protoni energetici che attraver-sano il tessuto sano.A tal proposito, l’esperimento FOOT (FragmentatiOn Of target), si proponedi effettuare misure di sezione d’urto della produzione di frammenti, in fun-zione dell’energia di emissione, prodotti dall’interazione di protoni su diversi

9

bersagli di rilevanza per l’adroterapia. A tal fine sarà progettato e costruitol’apparato sperimentale descritto nel presente lavoro di tesi. I dati sarannoacquisiti in centri di trattamento quali il Centro Clinico di Heidelberg, ilcentro nazionale di adroterapia oncologica di Pavia (CNAO) e i laboratoridi Catania dell’INFN. FOOT ha inoltre come scopo la modellizzazione dell’RBE del fascio di protoni, effettuata a partire dalle misure di produzionedi frammenti secondari, ed il conseguente miglioramento dell’algoritmo at-tualmente utilizzato nel TPS della terapia con protoni, per tener conto deglieffetti biologici dovuti alla frammentazione del bersaglio.L’obiettivo di questo lavoro di tesi è lo studio di fattibilità di misure diframmentazione indotte da fasci utilizzati nella protonterapia, che vengonoeffettuate in cinematica diretta e inversa. Sarà inoltre studiato, in base allaperformance attese per i vari elementi che compongono l’apparato sperimen-tale, qual’è la configurazione di misura che potrà permettere misure con laprecisione richiesta dall’implementazione in software clinici usati per i TPS.Per effettuare questo studio è stato utilizzato un codice Monte Carlo che si-mula il processo di interazione evento per evento, basandosi sulla precisioneraggiunta nelle misure di sezioni d’urto nelle interazioni nucleari. Il lavorosvolto si basa sull’analisi delle simulazioni effettuate per l’interazione di fascidi 12C con energia cinetica pari a 95 MeV/nucleone e di 16O con energiacinetica pari a 200 MeV/nucleone su bersagli di grafite o polietilene spessi 1mm. I risultati di questo lavoro di analisi comprendono sezioni d’urto dif-ferenziali di frammentazione misurate in funzione dell’angolo e dell’energiacinetica, e studi di risoluzione in energia.Nel Capitolo 1, dopo una breve trattazione dell’interazione della radiazionecon la materia, verranno descritte l’adroterapia e la radioterapia convenzio-nale, approfondendo i parametri fisici e biologici su cui si basa la terapia conparticelle. Nel Capitolo 2, verranno descritte la strategia di misura dell’espe-rimento FOOT e le esigenze sperimentali. Nel terzo Capitolo sarà descritta lasimulazione Monte Carlo e, infine, nel Capitolo 4 saranno riportati i risultatiottenuti dal presente studio.

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Capitolo 1

La radiazione in ambito medico

Questo lavoro di tesi riguarda le applicazioni di tecniche di rivelazione diparticelle e di misure proprie della fisica delle alte energie nell’ambito dellacura dei tumori utilizzando radiazioni. L’utilizzo delle radiazioni in ambitomedico ha un largo impiego, sia in ambito diagnostico che terapeutico. Peril presente studio ci si concentrerà sull’utilizzo della radiazione con scopoterapeutico, per la rimozione, ove possibile, o la riduzione di tumori tramiteil rilascio di energia nel volume tumorale.In questo capitolo, prima di trattare nello specifico l’adroterapia, con i suoiaspetti fisici e biologici, anche a confronto con la radioterapia, verrannodiscusse le interazioni delle radiazioni con la materia che sono di interesse inquesto campo.

1.1 Interazione radiazione materia: applicazioni incampo medico

L’interazione della radiazione con la materia è un argomento di estremaimportanza, che ha portato sperimentali e teorici a sviluppare tecniche eapplicazioni legate a questo ambito. La progettazione di nuove tecniche dirivelazione, l’ottimizzazione dei materiali di schermatura da radiazioni e l’im-plementazione di tecniche per trattamenti tumorali sono tutti esempi di taliapplicazioni. La propagazione della radiazione in un mezzo e la sua intera-zione con la materia, trovano le loro basi teoriche nella meccanica quantisticarelativistica.Nei seguenti paragrafi verrà discussa l’interazione radiazione-materia in det-taglio per le seguenti particelle: particelle cariche pesanti, elettroni e posi-troni, e fotoni.

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1.1.1 Particelle cariche pesanti

Iniziando a parlare di particelle cariche pesanti che interagiscono con la ma-teria, si deve prestare particolare attenzione allo scambio di energia tra laparticella proiettile e il bersaglio. Una particella carica che incide su un ma-teriale, collide con gli elettroni atomici e i nuclei del bersaglio.Nel caso in cui le collisioni avvengano con i nuclei del bersaglio, questi as-sorbono mediamente una piccola quantità di energia quando la massa deinuclei bersaglio è molto più grande di quella della particella incidente. Tut-tavia, tali interazioni producono deviazioni nella traiettoria della particellaincidente, a causa della massa maggiore dei nuclei.Quando la particella carica pesante perde la sua energia, vi è una conseguen-te diminuzione della sua velocità.La sezione d’urto totale di reazione è un parametro fondamentale per ladescrizione delle collisioni nucleo-nucleo. È utilizzata per calcolare la proba-bilità di reazioni che avvengono tra un proiettile e un nucleo bersaglio, comeurti elastici o anelastici. Partendo da un numero iniziale di particelle N0 cheattraversano un spessore x di materiale, si può calcolare il numero previstodi particelle in uscita dal materiale come segue.

N(x) = N0 · e−x/λ (1.1)

λ rappresenta il cammino libero medio per una data sezione d’urto totaledi reazione σR, ed è espresso come:

λ =Mmol

NAρσR(1.2)

dove Mmol indica la massa molecolare, ρ la densità del bersaglio e NA ilnumero di Avogadro.Per le particelle più pesanti degli elettroni, le collisioni hanno conseguenzedifferenti. Entrando in un qualsiasi assorbitore, la particella carica interagi-sce contemporaneamente con molti elettroni, e ogni elettrone è influenzatodall’impulso dovuto alla forza di Coulomb, nel momento in cui la particellacarica pesante gli passa vicino. Pertanto, l’elettrone, acquisendo una quan-tità di energia dalla particella incidente, può salire ad un livello elettronicodell’atomo superiore, oppure, può essere completamente espulso dall’atomo,producendo una ionizzazione dell’atomo stesso.In entrambi i casi, non si osservano significative deviazioni nella traiettoriadella particella primaria, in quanto la massa dell’elettrone è molto più pic-cola di quella della particella carica.La perdita di energia per ionizzazione di una particella carica pesante èdescritta dalla formula di Bethe e Bloch che viene descritta nel seguenteparagrafo.

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1.1.2 Bethe-Bloch e Stopping power

La perdita media di energia per unità di lunghezza percorsa, associata alprocesso di ionizzazione, si esprime attraverso la relazione di Bethe-Bloch(eq. 1.3) [1].

−(dEdx

)ion

= 2πNAZρ

A· r

2emec

2z2

β2

(ln

2mec2β2γ2Wmax

I2− 2β2 − δ(γ)− 2

C

Z

)(1.3)

Concentrandosi nell’ambito dell’adroterapia (o Particle Therapy, PT ),ci si focalizza sul problema specifico di un nucleo leggero (Zp<10), in cuivengono utilizzate particelle cariche pesanti con energia sino a fino a 220MeV/u per protoni e ioni elio, 430 MeV/u per ioni carbonio, e con β ' 0.7,per irradiare il tumore ad una profondità fino a 30 cm. A queste velocità iltasso di perdita energetica dE / dx nel processo di rallentamento è dominatodalle collisioni anelastiche con gli elettroni del bersaglio.In tabella 1.1 sono elencate le costanti fisiche utilizzate [2] nell’equazione 1.3.Poiché i fenomeni d’urto microscopici sono casuali, la perdita di energia diuna particella è un processo stocastico e la formula di Bethe-Bloch calcola inrealtà un valor medio. La distribuzione di energy loss è generalmente gaus-siana, a meno che l’assorbitore sia così sottile da non generare un numerodi urti sufficiente per poter applicare il teorema del limite centrale. In quelcaso la distribuzione, ad alte energie, è ben descritta bene dalle distribuzionidi Landau e Vavilov (per maggiori dettagli consultare [1]).Dalla Eq. 1.3 si osserva che un adrone carico, attraversando la materia, perdepiù energia quanto più è bassa la sua velocità. All’aumentare della velocitàdel proiettile, il dE/dx diminuisce, raggiungendo un minimo (per βγ ' 3),che non varia apprezzabilmente al variare del materiale attraversato e al tipodi particella incidente, che in tal caso viene detta MIP (Minimun IonizingParticle). Aumentando ancora la velocità, la curva cresce molto lentamente(risalita relativistica).Per calcolare la perdita di energia su un assorbitore spesso, si può pensaredi integrare la perdita di energia di Bethe Bloch su tutto lo spessore ∆x at-traversato. La particella rallenta nel materiale e, quando si ferma, la perditadi energia in funzione della profondità raggiunta nel materiale assume unaforma caratteristica, nota come picco di Bragg : la perdita di energia crescesempre più via via che la particella rallenta, secondo l’equazione di BetheBloch.La profondità alla quale si ha il massimo rilascio è proprio il picco di Bragg(vedi Fig. 1.1), e dipende dall’energia iniziale del proiettile e dalla densitàdel materiale.

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Figura 1.1: In figura viene mostrato il picco di Bragg di protoni in acqua.

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NA Numero di Avogadro 6.022 · 1023

Z Numero atomico bersaglioA Numero di massa bersaglioρ Densità del bersagliore Raggio classico dell’ e− 2.817 · 10−13cmme Massa dell’ e− 0.510998 MeVc Velocità della lucez Carica unitaria del proiettileβ v/c del proiettileI Potenziale medio di ionizzazione del materiale

Wmax Massima E cinetica trasferibile in un urtoC Correzione di shellδ Correzione di densità

Tabella 1.1: Simboli utilizzati nella formula di Bethe-Bloch (eq. 1.3)

Dalla relazione di Bethe-Bloch si ricava lo Stopping power S(E) = −dE/dx,che descrive le interazioni di natura elettromagnetica degli ioni con la mate-ria, ed è definito come la perdita di energia cinetica media per unità di percor-so. In ambito della fisica medica è, invece, il LET (Linear Energy Transfer)il parametro critico che dovrà essere considerato (descritto in seguito nelparagrafo 1.21).

1.1.3 Range

Si definisce range (R) la lunghezza percorsa in un materiale in cui una parti-cella perde tutta la propria energia cinetica. Dal punto di vista matematicoè definita dall’equazione 1.4, che però trascura gli effetti della diffusione mul-tipla (vedi paragrafo 1.1.5). Definiamo quindi il range lungo la traiettoriacome:

R(E) =

∫ E

0(dE′

dx)−1dE′ (1.4)

È possibile trovare una relazione tra range di differenti particelle, poichéla perdita di energia in un dato materiale è funzione della sola carica e dellavelocità:dE/dx = Z2

pf(β). Differenziando la relazione E = Mpγc2 rispetto a

β si ottiene:

dE

dβ= Mpc

2 β

(1− β2)3/2= Mpg(β) (1.5)

15

dove g(β) è un’altra funzione di β. Quindi il range adesso può esserescritto come:

R(E) =Mp

Z2p

∫ β

0

g(β)

f(β)dβ =

Mp

Z2p

h(β) (1.6)

dove h(β) è una funzione universale che dipende soltanto dalla β inizialedella particella. Questa è una legge scalare, per range di particelle che ral-lentano nella materia: il range di ioni con la stessa specifica energia scala conun fattore Mp/Z

2p , o semplicemente Ap/Z2

p , dove Ap è il numero di massadel proiettile. Dunque adroni più leggeri percorrono un cammino maggioreprima di fermarsi. In Figura 1.2 è riportato in in blu il range per i protoni,in rosso il range degli ioni carbonio che interagiscono con gli elettroni e inrosso, ma con una linea tratteggiata, quello degli ioni carbonio che parteci-pano ad interazioni nucleari: come atteso, la perdita di energia dovuta alleinterazioni con gli elettroni è molto maggiore di quella relativa alle interazio-ni nucleari. Poiché, come già evidenziato, la perdita di energia è un processostocastico, l’equazione 1.4 non è verificata esattamente. Il range è soggettoa fluttuazioni, e tale fenomeno è detto straggling. Dunque, fissata l’energiainiziale, il range di una particella può assumere valori diversi, distribuiti, ingenerale, in modo gaussiano. Se, per ipotesi, si facesse collidere un fasciomonocromatico di particelle su bersagli di diversi spessori, e si misurasse lafrazione di particelle trasmesse in funzione della lunghezza dell’assorbitore,si otterrebbe un andamento simile a quello mostrato in figura 1.3.

In Figura 1.3 si osserva, infatti, il tipico andamento di I/I0 in funzionedello spessore t dell’assorbitore. Si osserva che per piccoli spessori quasi tut-te le particelle sopravvivono (I = I0). Nel momento in cui lo spessore delmateriale si avvicina al valore del range, il rapporto I/I0 non va immediata-mente a zero.Si definisce mean range lo spessore dell’assorbitore per cui il numero di par-ticelle uscenti è pari alla metà di quelle incidenti. Il valore per il quale sonostate assorbite tutte le particelle incidenti si determina, comunemente, estra-polando a zero la retta tangente la curva in corrispondenza del punto mediosulla discesa, ed è chiamato extrapolated range (Figura 1.3).

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Figura 1.2: Il range in funzione dell’energia specifica. In in blu è riportatoil range per i protoni, in rosso il range degli ioni carbonio che interagisconocon gli elettroni e in rosso, ma con una linea tratteggiata, quello degli ionicarbonio che partecipano alle interazioni nucleari.

Figura 1.3: Una tipica curva numero di particelle-lunghezza dell’assorbitore.

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1.1.4 Elettroni e positroni

Per gli elettroni e i positroni la formula di Bethe-Bloch deve essere legger-mente modificata. La massa degli elettroni e dei positroni è uguale a quelladegli elettroni orbitali con cui interagiscono. Le interazioni coulombiane trale particelle proiettile e gli elettroni orbitali causano, quindi, grandi devia-zioni della traiettoria a differenza, di quanto assunto per le particelle carichepesanti. Poiché per gli elettroni le collisioni avvengono tra particelle iden-tiche, una frazione molto più grande di energia può essere trasferita in unsingolo impatto. L’equazione 1.3 deve essere modificata, partendo dal mas-simo trasferimento di energia possibile, pari a Wmax = Te / 2, dove Te èl’energia cinetica dell’elettrone (o del positrone) incidente. Inoltre, a causadella piccola massa degli elettroni, si verifica un meccanismo aggiuntivo allaperdita di energia: l’emissione di radiazioni elettromagnetiche derivanti dalloscattering nel campo elettrico di un nucleo (bremsstrahlung). Ogni particel-la carica irradia energia quando viene accelerata, causando sia la perdita dienergia, che la deviazione angolare dell’elettrone (o del positrone) interagen-te. La perdita di energia totale di positroni ed elettroni può essere espressadalla somma di due termini: la perdita di energia per irraggiamento e laperdita di energia per ionizzazione.

−(dEdx

)tot

= −(dEdx

)rad−(dEdx

)ion

(1.7)

dove

−(dEdx

)rad

= 4αNAZ(Z + 1)

Ar2eEln(

287

Z1/2) (1.8)

dove α è la costante di struttura fine.La perdita di energia per irraggiamento degli elettroni è lineare in E, e dun-que per un certo valore di E queste perdite supereranno quelle dovute allaionizzazione, che tendono invece a divenire costanti. La perdita di energiaper ionizzazione è data dalla formula di Bethe e Bloch, per due domini dienergia degli elettroni: nel caso non relativistico (β < 0.5) la perdita dienergia decresce in funzione dell’energia E dell’elettrone, come avviene perle particelle cariche pesanti, mentre nel caso relativistico (β ' 1) cresce len-tamente con ln(E).Il valore di E per il quale le perdite di energia per irraggiamento eguaglianoquelle per ionizzazione prende il nome di energia critica Ec:

−(dEdx

)rad

= −(dEdx

)ionperE = Ec (1.9)

18

Per energie maggiori dell’energia critica, la perdita di energia è princi-palmente calcolabile tramite

(dEdx

)rad

. Una equazione approssimata per ilcalcolo di Ec si deve a Bethe e Heitler [2]:

Ec ∼1600mc2

Z(1.10)

In tabella 1.4 è riportata una breve lista di energie critiche per diversimateriali comunemente utilizzati nelle applicazioni di fisica sperimentale.

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Figura 1.4: I valori dell’energia critica di diversi materiali assorbitori, insiemealla lunghezza di radiazione.

1.1.5 Diffusione Multipla

Una particella carica subisce, oltre agli urti inelastici con gli elettroni, cheportano alla perdita di energia per ionizzazione, urti elastici con i nuclei delbersaglio: si parla in questo caso di scattering coulombiano. Una singolacollisione da parte di una particella di massa m >> mbersaglio (in modo datrascurare il rinculo del nucleo e quindi l’energia ad esso trasferita), è bendescritta dalla sezione d’urto di Rutherford (eq. 1.11) 1:

dθ= z2Z2r2

e

mc/βp

4sin4( θ2)(1.11)

dove z e Z sono rispettivamente le cariche del proiettile e del bersaglio.La probabilità di avere un angolo di deflessione grande è, quindi, molto pic-cola, ma l’effetto complessivo di numerosi urti è quello di una deviazionenetta della traiettoria iniziale del proiettile (si parla dunque di scatteringcoulombiano multiplo). Per piccoli angoli, per il teorema del limite centra-le, la distribuzione dell’angolo di deflessione può essere considerata gaussia-na, centrata a 0 e di varianza < θ2 >. Si può definire θ angolo medio dideflessione:

θ =√< θ2 > (1.12)

Per questo parametro, in moltissime applicazioni, è sufficiente applicarela formula empirica proposta da Higland [1], riportata nell’equazione 1.13,

1Si stanno trascurando effetti di spin e di polarizzazione

20

che è valida entro circa il 10% per ogni Z e spessore t compreso tra 10−3X0 <t < 10X0. X0 è definito lunghezza di radiazione (eq. 1.14).

θ ' z 20 MeV/c

√t

X0

(1 +

1

9log

t

X0

)rad (1.13)

1

X0= 4Z(Z + 1)

ρNA

Ar2e(ln183Z−1/3) (1.14)

1.1.6 Fotoni

Alle energie di interesse in campo medico (100 keV - 10 MeV) i fotoni intera-giscono con la materia attraverso tre meccanismi principali: l’effetto fotoe-lettrico, lo scattering Compton e la produzione di coppie elettrone-positrone,illustrati in Figura 1.5.

Figura 1.5: Differenti tipi di interazione fotone-atomo: (A) assorbimentofotoelettrico, (B) scattering Compton, (C) produzione di coppie.

Nell’assorbimento fotoelettrico il fotone interagisce con un elettrone del-l’atomo incidente. In tale interazione il fotone rilascia energia all’elettrone,che viene, di conseguenza, espulso con energia cinetica pari alla differenzafra l’energia del fotone e l’energia di legame dell’elettrone. La sezione d’urtoper effetto fotoelettrico dipende principalmente dal numero atomico Z delmateriale e dall’energia del fotone, diminuisce all’aumentare dell’energia eaumenta all’aumentare di Z (σp.e. ∝ Zy/E7/2, con l’esponente y che variatra 4 e 5).Nello scattering Compton il fotone interagisce con un elettrone debolmentelegato all’atomo, a cui conferisce parte della sua energia cinetica. Di con-seguenza, il fotone dopo l’interazione prosegue con frequenza inferiore. La

21

sezione d’urto per questo processo risulta essere σcomp ∝ Z/E.La produzione di coppie avviene per energie incidenti pari o superiori a 1.022MeV (pari alla massa a riposo di due elettroni espressa in MeV). In questocaso, interagendo con il nucleo, il fotone si converte in una coppia elettrone-positrone. La sezione d’urto per questo processo risulta essere σpp ∝ Z2 peralte energie (dell’ordine del centinaio di MeV) e σpp ∝ Z2ln(E) per basseenergie (dell’ordine della decina di MeV).Si ha così l’assorbimento del fotone nell’effetto fotoelettrico e nella produ-zione di coppie e la deflessione dalla direzione di incidenza nel fotone Comp-ton. La probabilità che ognuno di questi processi si presenti è, dunque,funzione dell’energia del fotone incidente e del numero atomico del materialeattraversato e la probabilità totale (σtot) di interazione per un fotone puòessere espressa come la risultante di questi tre processi. Il coefficiente diassorbimento totale µ è dato dalla formula:

µ = Nσtot = σtot(NAρ/A) (1.15)

dove NA è il numero di Avogadro, ρ la densità del materiale e A il relativonumero di massa del materiale.Il coefficiente di assorbimento totale è l’inverso del percorso libero medio diun fotone nel bersaglio. Per un fascio stretto di fotoni mono energetici, conI0 intensità incidente che penetra uno spessore x di materiale con una densitàρ, la frazione di fotoni emergenti con un’intensità I può essere espresso come:

I/I0 = Nσtot = exp[−(µ/ρ)x]. (1.16)

Due caratteristiche qualitative principali dei raggi x e dei raggi γ sono:

• i raggi x e i raggi γ sono molto più penetranti rispetto alle particellecariche;

• il passaggio dei fotoni attraverso uno spessore non riduce l’energia delfascio, ma ne riduce l’intensità.

La prima caratteristica è dovuta alla sezione d’urto più piccola dei tre pro-cessi relativi alle collisioni elettroniche anelastiche, l’altra è data dal fattoche i tre suddetti processi rimuovono il fotone dal fascio interamente, conassorbimento o con scattering. Pertanto, i fotoni che superano lo spessoresono quelli che non hanno subito alcuna interazione, e che hanno mante-nuto la loro energia iniziale. Invece, è ridotto il numero totale dei fotoni.L’attenuazione del fascio di fotoni è infatti esponenziale con lo spessore (eq.1.16).

22

1.2 Interazione radiazione materia: parametri fisicie biologici

1.2.1 Dose assorbita

Gli effetti radiobiologici dei trattamenti di adroterapia, o in generale di radio-terapia, sono correlati alla dose assorbita, definita nell’eq.1.17 dall’InternationalCommission of Radiation Units, ICRU, come l’energia media rilasciata daradiazione ionizzante (E) per unità di massa (m). La definizione operativadella dose assorbita (D) può anche essere scritta in caso di un flusso φ diparticelle incidenti in un materiale di densità ρ e con uno stopping power2

dE/dx, come riportato nella formula 1.17. L’unità di misura della dose è ilGrey (1 Gy = J/kg).

D =dE

dm= 1.6 · 10−9 φ

ρ

dE

dx(1.17)

La dose assorbita è proporzionale all’energia assorbita dalla materia in segui-to a passaggio di radiazioni, ma, nel caso di irraggiamento di tessuti organici,essa non è direttamente collegata all’effettivo danno biologico causato: adesempio la dose di 1 Gy rilasciata da un fascio di fotoni produce un dannobiologico circa 20 volte inferiore rispetto a 1 Gy di dose rilasciata da partedi un fascio di particelle α [3]. In seguito, nel presente capitolo, sarannointrodotte le grandezze fisiche e verranno discussi i processi che giustificanoun danno così diverso a parità di dose fisica rilasciata.

1.2.2 LET, Linear Energy Transfer

Il Linear Energy Transfer (LET) si riferisce all’energia trasferita da una ra-diazione ionizzante ad un mezzo. Esso descrive quanta energia una particellaionizzante trasferisce alla materia per unità di percorso dx (eq.1.18). Il LETè quindi legato solo alla perdita di energia della particella carica a causa dicollisioni elettroniche. L’unità di misura per il LET è il keV/µm.

LET∆ =dE∆

dx(1.18)

Pertanto, è l’energia media persa dalle particelle cariche a causa di inte-razioni elettroniche, meno la somma delle energie cinetiche medie, in eccessodi ∆, di tutti gli elettroni emessi dalle particelle cariche.È una grandezza molto simile allo stopping power (-dE/dx): nell’ipotesi diun fascio di radiazioni contro un bersaglio, nel computo del LET, si conside-rano esclusivamente i rilasci delle particelle primarie, mentre, si trascurano

2Corrisponde alla perdita di energia per unità di lunghezza che comprende i contributidi tutti i tipi di interazione.

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i rilasci distanti dalla traiettoria del fascio, indotti da secondari. Per esem-pio, si trascurano i depositi dovuti a fotoni di Bremsstraluhng, o i raggi δ(elettroni molto energetici prodotti per ionizzazione, che depositano la loroenergia più lontano). Invece, lo stopping power comprende tutti i contributialla perdita di energia di una particella.Il LET è la grandezza fisica basilare utilizzata dai radiobiologi per calcolareil danno da radiazione sulla base di misure fatte su culture cellulari in vitroed in vivo.Per i fotoni tecnicamente non è possibile parlare di LET, ma ad essi, tal-volta, si associa il LET dovuto agli elettroni secondari, prodotti per effettofotoelettrico o Compton. Per i protoni e ioni pesanti il LET a fine range èmolto elevato, rispetto a quello dei fotoni ed elettroni.

1.2.3 Relative Biological Effectiveness (RBE)

Per calcolare e predire il danno biologico dovuto alla radiazione incidente,viene utilizzata l’efficacia biologica relativa (Relative Biological Effectiveness- RBE). L’RBE è il rapporto, a parità di danni biologici, tra la dose assorbita,indotta da una radiazione di riferimento (un fascio di raggi x), e la doseassorbita, indotta dalla radiazione presa in considerazione. L’RBE è, quindi,definito dall’equazione 1.19.

RBE =Dx−RaysDions

∣∣∣isoeffect

(1.19)

Per confrontare gli effetti biologici di diverse radiazioni, e per valutarel’RBE, sono comunemente utilizzate le curve di sopravvivenza cellulare. Talicurve mostrano la relazione tra la frazione di cellule che preservano l’integritàriproduttiva e la dose assorbita (Figura 1.6). L’efficacia biologica relativa èuna quantità complessa, che dipende da parametri fisici (tipo di particella,dose, LET), così come da parametri biologici (tipo di tessuto, fase del ciclocellulare, livello di ossigenazione, end-point).

Si deve considerare che l’RBE può essere differente in differenti tessuti oorgani, e può variare anche all’interno del tumore stesso. Ogni tipo di radia-zione è caratterizzata da una propria forma con diversi corrispondenti valoridi RBE rispetto ai fotoni (RBE = 1.0). Fissando un livello di sopravvivenza,in Figura 1.6, è mostrato come determinare graficamente i valori di RBE perun determinato tipo di radiazione.In una rappresentazione logaritmica la relazione tra la frazione di soprav-vivenza e la dose per radiazioni densamente ionizzanti (ioni leggeri) è quasiesponenziale, mentre, per radiazioni scarsamente ionizzanti (fotoni), vi è unainiziale diminuzione lineare, seguita da una "spalla", per alti valori di dose.Utilizzando il modello lineare quadratico (LQ) sviluppato da Hall [4], la fra-

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Figura 1.6: Curve di sopravvivenza cellulare e determinazione dell’RBE, peri livelli di sopravvivenza del 10% e 1% per una radiazione di ioni leggeri (linearossa tratteggiata) e fotoni (linea continua nera - radiazione di riferimento).Confrontando le due curve di sopravvivenza, si evidenzia come l’RBE di unaradiazione non è costante a diversi livelli di sopravvivenza cellulare.

zione di sopravvivenza (S) delle cellule irradiate con una dose D è descrittada:

S(D) =Nsurv

Nseed= e−(αD+βD2) (1.20)

dove α e β sono due parametri sperimentali che misurano la quantità didanno cellulare letale e subletale, rispettivamente. A seconda del tessuto edel tipo di tumore, questi parametri caratterizzano la pendenza iniziale dellecurve di sopravvivenza, mentre il rapporto α/β determina l’andamento dellacurva.L’RBE è uno strumento molto importante, che descrive la "forza" con cui laradiazione uccide le cellule tumorali, ma non può essere assegnato in modounivoco ad una data radiazione. Come precedentemente detto, l’RBE di undeterminato tipo di radiazione varia con l’energia o il tipo di tessuto. Lasituazione diventa particolarmente complessa per ioni leggeri, dove l’RBEdipende fortemente dalla posizione del fascio nel range del trattamento, valea dire dall’energia fascio.

1.2.4 Ossigenazione cellulare

La presenza di ossigeno in un tessuto cellulare è in grado di potenziare l’ef-fetto lesivo della radiazione tramite la formazione di radicali liberi.Pertanto, un parametro da tenere in considerazione per stimare l’efficaciabiologica di un trattamento, è il grado di ossigenazione del tessuto da trat-tare. Numerosi studi, infatti, hanno dimostrato come un trattamento risulti

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meno efficace in condizioni di ipossia [5].Questo effetto di potenziamento del danno dato dalla presenza dell’ossigenoè espresso dall’OER (Oxygen Enhancement Ratio), definito come il rapportotra la dose necessaria a produrre un certo effetto biologico nel tessuto nonossigenato (D) e la dose necessaria per produrre lo stesso effetto in un tessutocompletamente ossigenato in aria a pressione atmosferica (Do):

OER =D

Do(1.21)

I valori tipici dell’OER variano tra 1 (il danno prodotto dalla radiazio-ne non dipende dalla presenza dell’ossigeno) e 3 (il danno prodotto dallaradiazione risente fortemente della presenza dell’ossigeno). Tuttavia è daconsiderare che l’OER varia in rapporto alla radiazione utilizzata, in quan-to esso è funzione decrescente del LET. Infatti radiazioni ad alto LET nonrisentono della presenza di ossigeno, rispetto a radiazioni a basso LET.Questa differenza è dovuta al fatto che per radiazioni ad "alto LET", alta-mente ionizzanti, come nel caso di adroni carichi, la deposizione di energianel mezzo attraversato è ristretta a piccoli elementi di volume lungo la tra-iettoria della particella, ed i danni indotti risultano fortemente localizzati edunque difficilmente recuperabili dai meccanismi di riparazione delle cellule.Al contrario, per radiazioni a "basso LET", scarsamente ionizzanti, comenel caso di fotoni ed elettroni, la cessione di energia a livello microscopicoavviene in modo casuale. Eventuali rotture prodotte nel DNA cellulare sipresentano stocasticamente nel volume irradiato per cui, a parità di condizio-ni, sono necessarie dosi più elevate per il conseguimento dello stesso effetto,rispetto alle radiazioni altamente ionizzanti.Per tali motivi le radiazioni di adroni carichi risultano più efficaci per iltrattamento di tumori poco ossigenati. In Figura 1.7 si nota l’influenza dellivello di ossigeno sulla sopravvivenza cellulare delle cellule renali umane perioni carbonio a diverse energie e quindi diverso LET.

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Figura 1.7: Influenza del livello di ossigeno sulla sopravvivenza cellulare dellecellule renali umane per ioni carbonio a diverse energie e quindi diverso LET:33 keV/µm (blu) e 118 keV/µm (rosso) rispetto ai raggi X (nero). Curvebasate su dati sperimentali di Blakely et al. [6]

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1.3 Terapia oncologica con radiazioni

Dalla scoperta dei raggi X, di W.C. Roentgen, è stata evidente l’affinità tralo sviluppo di tecnologie per applicazioni di ricerca fondamentali e le applica-zioni in ambito medico. Dopo la loro scoperta, i raggi X sono stati utilizzatianche per il trattamento di tumori. Al giorno d’oggi, la radioterapia è ampia-mente usata in tutto il mondo e svolge un ruolo importante nel trattamentodel cancro. Oggigiorno, infatti, più del 50% dei pazienti affetti da patologietumorali localizzate riceve trattamenti di radioterapia [7]. Frequentemente,questi trattamenti sono utilizzati insieme a trattamenti chemioterapici e chi-rurgici con scopi curativi [8].In ambito medico si è soliti rappresentare la qualità di un trattamento con-frontando tra loro le curve di probabilità di morte cellulare del tumore ("Tu-mor Control Probability", TCP) e la probabilità di riscontrare complicazioninel tessuto sano ("Normal Tissue Complication Probability", NTCP), comemostrato in Figura 1.8.

Figura 1.8: Rappresentazione schematica della curva dose-risposta per laprobabilità di controllo del tumore (TCP) in verde, e curva di probabilitàdi complicazioni a livello di tessuto sano (NTCP) in rosso, in funzione delladose assorbita [9].

Queste curve rappresentano il numero di cellule presenti a fine tratta-mento in rapporto alla dose ricevuta, e si riferiscono al tumore (TCP) e altessuto sano (NTCP). Si calcolano nel seguente modo:

TCP = exp[−N0 · S] (1.22)

dove N0 rappresenta il numero totale di cellule in grado di riprodursi e Sla sopravvivenza.Queste curve hanno generalmente un andamento a sigmoide, la cui pen-denza dipende da fattori radiobiologici dei tessuti. Tali curve definisconola "qualità" di un trattamento radioterapico. L’obiettivo della radioterapiaoncologica è fornire al tumore una distribuzione di energia efficace, tale da

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distruggere le cellule tumorali e preservare il tessuto sano. Ciò si traduce nel-la massimizzazione della distanza tra le due curve TCP e NTCP, ricavando,dunque, la massima probabilità di controllo del tumore senza complicazioninei tessuti sani.

1.3.1 Radioterapia

La radioterapia è un tipo di terapia oncologica in cui vengono utilizzati fascidi fotoni da 6 a 25 MeV ed il rilascio di energia nei tessuti del paziente segueuna legge esponenziale (vedi 1.1.6).Negli ultimi 50 anni sono stati effettuati molti studi per migliorare la posi-zione in cui avviene il rilascio della dose, e per preservare i tessuti sani delpaziente. L’energia dei fotoni è stata aumentata per il trattamento di tumoriprofondi. Inoltre, i raggi X, originariamente utilizzati, sono stati sostituitida raggi gamma ad alta energia. Successivamente le sorgenti 60Co sono sta-te sostituite da acceleratori lineari compatti, che forniscono raggi X ad altaenergia e raggi gamma.In radioterapia, il fascio di fotoni presenta un caratteristico profilo di rilasciodella dose. Tale profilo mostra un massimo rilascio di dose a pochi centime-tri dalla superficie di ingresso, per poi diminuire esponenzialmente, come sinota in Figura 1.9.Per questi fotoni ad alta energia, utilizzati nella terapia convenzionale, il ri-lascio massimo di dose iniziale è causato, principalmente, da elettroni Comp-ton. Tali elettroni trasportano parte dell’energia trasferita, dalla superficiead una profondità maggiore, ottenendo un aumento della dose nei primi cen-timetri. In questo modo la dose massima rilasciata è non si trova a livellodella pelle del paziente, che è particolarmente fotosensibile, ma alcuni centi-metri più in profondità. Tuttavia, il decadimento esponenziale diventa menoripido con l’aumentare della profondità, migliorando il rapporto tra la dosein ingresso e la dose nel bersaglio.

Ad ogni modo, come si evince dalla Figura 1.9, il principale problemadella radioterapia resta nella stessa presenza di un picco di dose a bassaprofondità, mentre, spesso, i tumori da trattare si trovano a profondità mag-giori. Per tale motivo, considerando un singolo fascio di radiazioni, il piccodi rilascio della dose non corrisponde alla posizione del tumore, ma ad unazona di tessuto sano, e la dose rilasciata al bersaglio risulta minore delladose massima rilasciata. Per tale motivo in un trattamento radioterapicovengono generalmente utilizzate più radiazioni con diversi punti di ingresso(radioterapia 3D conformazionale).Un importante miglioramento si è ottenuto con l’introduzione della IntensityModulated RadioTherapy (IMRT), che utilizza da 6 a 10 fasci di raggi X, alfine di conformare il campo di irradiazione alla forma esterna del tumore. Laradioterapia ad intensità modulata (IMRT) rappresenta un’avanzata tecni-ca di radioterapia oncologica, caratterizzata dalla possibilità di adattare la

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Figura 1.9: Profilo della dose rilasciata al tumore dai raggi x, a confrontocon fasci di protoni e ioni carbonio.

distribuzione della dose terapeutica alla geometria, anche molto complessa,di una massa tumorale e di salvaguardare in modo ottimale i tessuti saniadiacenti riducendo quindi la probabilità di complicanze (vedi Figura 1.10).La maggiore conformazione al tumore e la rapida caduta della dose alla suaperiferia permettono inoltre di erogare al bersaglio una dose più elevata ri-spetto alla radioterapia 3D conformazionale. Questo si traduce, per alcunepatologie, in un aumento della probabilità di controllo locale del tumore. Siricorre alla IMRT quando il volume del bersaglio presenta una morfologia ir-regolare ed è in prossimità di organi a rischio (OAR, Organ At Risk), quandoil volume di interesse è in prossimità di strutture precedentemente irradiatee quando si ha la necessità di dose escalation, ovvero del calcolo, con algo-ritmi specifici, dell’intensità del fascio modulata in base alla conformazionedel tumore.

Figura 1.10: Trattamento di un tumore della base craniale con radioterapiaad intensità modulata.

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1.3.2 Adroterapia

L’ Adroterapia, o Particle Therapy, è una tecnica oncologica che utilizza fascidi adroni (dal greco adrós, forte), ovvero particelle non elementari, caratte-rizzate da interazione di tipo forte, per il trattamento di neoplasie altrimentinon trattabili con la radioterapia convenzionale, in quanto radioresistenti olocalizzati in porzioni anatomiche delicate e prossime ad organi vitali.Il primo ad ipotizzare l’impiego clinico di particelle più pesanti dell’elettronefu R.R. Wilson, nel 1946. Dai suoi studi presso il Laboratorio di Berkley,Wilson concluse che le particelle α erano candidate ideali per il trattamentodi tumori profondi e, in particolare, vicini a organi a rischio (OARs), in con-siderazione del loro specifico profilo di dose rilasciata in funzione della loropenetrazione in acqua [10].Le caratteristiche fondamentali dell’adroterapia, che la distinguono in manie-ra decisiva dalla radioterapia convenzionale risiedono infatti in tale profilo.Esso è caratterizzato da una bassa dose rilasciata all’inizio del percorso e daun massimo rilascio a fine percorso (picco di Bragg - vedi Figura 1.11) [11].In Figura 1.11 è evidente come, per le loro caratteristiche fisiche, gli adroni(linee rossa e verde), mentre attraversano i tessuti, perdono pochissima ener-gia, rilasciandola tutta al termine della propria corsa (vedi Paragrafo 1.1.1,eq. 1.3). Il picco di Bragg è la zona dove la radiazione raggiunge la suamassima intensità. Dato che gli adroni perdono energia come descritto dallaformula di Bethe Bloch (eq. 1.3), il picco si ha in corrispondenza della finedel cammino del fascio nel paziente e, tale profondità, è modulabile tramitel’energia del fascio incidente. Quindi è possibile programmare la posizionedel picco di bragg in base al tipo di proiettile e la sua energia cinetica. Lalinea blu rappresenta, invece, il tipico rilascio di dose in funzione della pro-fondità di trattamenti di radioterapia convenzionale: non solo il massimodella dose assorbita non corrisponde alla zona tumorale, ma vi è una disper-sione della radiazione anche oltre la zona stessa.Gli adroni mostrano, invece, una dispersione laterale nella zona distale menopronunciata e un cammino più definito rispetto ai fotoni, e tutto ciò permet-te una migliore concentrazione di energia nella zona tumorale, risparmiandoi tessuti sani.

Diversi fasci di energie diverse possono essere combinati per ottenere ladose necessaria in una regione grande quanto il volume bersaglio. L’esten-sione del picco di Bragg è, infatti, dell’ordine di pochi millimetri, mentresolitamente i volumi tumorali sono dell’ordine di qualche centimetro. È ne-cessario, quindi, sovrapporre diversi picchi di Bragg utilizzando fasci conenergie differenti. Il risultato di questa convoluzione finale della dose rila-sciata dai fasci di varia energia, che copre in modo il più uniforme possibilel’area tumorale, è definito Spread-Out Bragg Peak (SOBP), visibile in Figura1.12.

L’aumento della densità di ionizzazione alla fine della traiettoria di que-

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Figura 1.11: Profili di dose per diverse tipologie di fascio, in funzione dellaprofondità in acqua. Si osserva per gli ioni carbonio e i protoni, alla fine delpercorso, il picco di Bragg.

Figura 1.12: Sovrapposizione di diversi picchi di Bragg in un trattamentodi protonterapia. La convoluzione della dose rilasciata permette di irradiarel’intera zona tumorale.

ste particelle, accelerate per mezzo di ciclotroni o sincrotroni sino a 200-400MeV/u, permette di rilasciare una dose maggiore e localizzata a tumori mol-to profondi, conferendo una dose minima ai tessuti attraversati e limitrofi(Figura 1.13). Questo è particolarmente importante quando organi sensibilicome occhi, nervi, midollo spinale, tronco cerebrale, cervello o intestino, si

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trovano nell’immediata prossimità del tumore.

Figura 1.13: Confronto tra piani di trattamento con fotoni, protoni e ionicarbonio. L’irraggiamento con gli ioni manifesta una sostanziale riduzione didose depositata nei tessuti sani e una migliore conformità nella zona critica[12].

Un effetto che bisogna considerare nell’adroterapia, è rappresentato dalladiffusione multipla (vedi 1.1.5). Tale scattering, infatti, allarga lateralmenteil fascio utilizzato, provocando un rilascio di dose in una zona più estesa.Al contrario dei fotoni, le particelle cariche subiscono interazioni di multiplescattering (MS) con il paziente, e dunque il fascio si allarga nel piano orto-gonale alla direzione di trattamento. Tale effetto va considerato al momentodi pianificare il trattamento per evitare il rilascio di dose in OARs. La pro-babilità che un protone subisca una deflessione grande è maggiore di quelladegli ioni 12C, che, dunque, subiscono un minore spread laterale. In figura1.14 si nota come gli ioni carbonio mostrino una diffusione molto più piccoladei protoni alla stessa profondità di penetrazione.

Nella loro interazione con i tessuti biologici attraversati, i protoni (e leparticelle cariche in genere) perdono principalmente energia mediante inte-razioni di Coulomb elettromagnetiche con gli elettroni del bersaglio.Le interazioni nucleari dei protoni e ioni usati nella terapia (ovvero alle ener-gie di circa 200 MeV/u) possono causare la frammentazione degli atomi delbersaglio o anche del proiettile stesso. Quando la frammentazione avvienenei primi cm del cammino degli ioni primari, si producono ioni secondari efotoni prompt. In particolare, i frammenti carichi interagiscono con la mate-ria allo stesso modo degli ioni primari, ma ciascuno con diversi range, LETe, di conseguenza, RBE, funzioni della massa e della carica. Dunque, è fon-damentale tenere conto dei contributi provenienti dai frammenti, per poterpianificare al meglio il trattamento e trarre il massimo vantaggio dai fasci diioni nella zona tumorale, salvaguardando i tessuti sani. Da un lato, infat-ti, conoscere la radiazione secondaria permette di creare modelli sempre più

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Figura 1.14: Diffusione del fascio calcolata per protoni e ioni C12, a diverseenergie, che attraversano 140 cm di aria prima di entrare in acqua [9].

precisi dell’interazione radiazione-materia, quindi di migliorare gli algoritmisui quali si basano i software per stabilire i piani di trattamento (TPS, Treat-ment Planning System). Dall’altro lato, recentemente è stato osservato che iprodotti della frammentazione, anche a grandi angoli rispetto alla direzionedel fascio, possono costituire un’ottima alternativa per lo sviluppo di sistemiper il dose monitoring durante la terapia, permettendo un adattamento intempo reale del trattamento alle condizioni effettive del tumore.L’energia media attesa per i frammenti di rinculo può essere ottenuta conla formula di Goldhaber 1.23, che nel caso di fasci di protoni a 180 MeV/u,energia tipica di un fascio terapeutico, può essere espressa come [13]:

EF =A− FA− 1

3

5

p2F

2m0(1.23)

dove A e F indicano la massa del bersaglio e del frammento rispettiva-mente, m0 la massa del protone a riposo, e pF il momento di Fermi. Ladipendenza di pF dalla massa del frammento può essere approssimata come[14]:

pF = 281 · (1− F−0.568) (1.24)

Quindi la formula Goldhaber 1.23 indica che per un dato materiale delbersaglio, l’energia media del frammento sarà maggiore per frammenti legge-ri. Allo stesso modo, ci si può aspettare più energia trasferita ai frammenticon l’aumentare la massa del bersaglio. La frammentazione del bersagliopuò essere associata a diversi aspetti di potenziale rilevanza clinica. I fram-menti secondari contribuiscono ovviamente alla dose complessiva depositatanel paziente e, se non vengono correttamente implementati nel piano di trat-tamento, la loro presenza si riflette in una distorsione del SOBP. Inoltre, i

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frammenti del bersaglio sono caratterizzati da bassa energia, e ci si può aspet-tare che il loro alto numero atomico sia associato ad un aumento dell’RBE[15]. Infine, le interazioni nucleari possono anche portare alla produzione dineutroni, che rilasciano dose al di fuori del volume pianificato.A partire dal 1950 più di 100.000 pazienti sono già stati sottoposti a trat-tamenti di adroterapia. Negli ultimi decenni si è ulteriormente rafforzatal’importanza dell’adroterapia nei trattamenti oncologici. Attualmente, gliadroni maggiormente utilizzati sono protoni e ioni Carbonio.L’adroterapia è eseguita in oltre 50 centri al mondo (Europa, Stati Unitie Giappone). In Italia, a Catania, presso i Laboratori Nazionali del Sud(LNS) dell’INFN, è in funzione dal 2002 il Centro di Adroterapia e Appli-cazioni Nucleari Avanzate per il trattamento di tumori all’occhio; a Pavia, èstato recentemente inaugurato (Febbraio 2010) il Centro Nazionale di Adro-terapia Oncologica (CNAO), primo centro ospedaliero in Italia (quarto perimportanza dopo Usa, Germania e Giappone) per il trattamento di tumorisolidi con fasci di protoni e ioni carbonio; a Trento, dal 2014 è presente unnuovo centro di protonterapia.

1.4 Proton RBE

Oggigiorno la protonterapia è un trattamento di terapia oncologica moltodiffuso. Tuttavia, nonostante la grande esperienza nell’utilizzo terapeuticodei protoni, c’è ancora molto che deve essere chiarito relativamente alla ri-sposta biologica di tessuti trattati con protoni. Ciò si riflette soprattuttonelle grandi incertezze che si possono trovare nella letteratura relativamentealla definizione di una relazione RBE-LET per i protoni [16],[17]. Da circa60 anni si studia l’RBE dei protoni per definire bene la dose da rilasciare altumore, prevedendo il danno ottenibile.

La Figura 1.15 mostra un insieme di valori RBE per il 10% di soprav-vivenza, ricavati dalla Particle Irradiation Data Ensemble (PIDE, [18]). Legrandi fluttuazioni sono osservate in insiemi di dati pubblicati per la de-scrizione dell’RBE nelle cellule tumorali e in tessuti sani circostanti. Talifluttuazioni sono in generale più grandi per esperimenti in vitro rispetto adesperimenti in vivo (i primi rappresentano la maggioranza dei dati disponi-bili). Il valore fisso dell’RBE è basato in particolare sui risultati in vivo ed èattualmente adottato nella protonterapia per descrivere la maggiore efficaciadella radiazione protonica rispetto ai fotoni terapeutici [16], [17]. QuestoRBE viene assegnato ai protoni sull’intero range, nonostante le ampie flut-tuazioni osservate. Infatti diversi studi supportano l’idea che RBE = 1.1sembra essere una ragionevole approssimazione, e in questo momento non viè alcuna evidenza clinica chiara ed unica contro questa ipotesi [16], [17].La ricerca nel campo della fisica medica ha evidenziato come un RBE variabi-le, attualmente trascurato, potrebbe effettivamente provocare la deposizione

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Figura 1.15: Valori RBE per 10% di sopravvivenza, come estratto da (PIDE).La linea tratteggiata mostra la tendenza ad un aumento dell’ RBE con ilLET, ed è il risultato di un fit lineare.

di dosi significative in organi sani. Questo è di rilevante importanza in parti-colare per tessuti sani nella regione di ingresso e per organi a rischio a ridossodel tumore.Nella pratica clinica nascono alcune limitazioni al pieno sfruttamento delvantaggio offerto dall’impiego di protoni, come conseguenza delle incertezzerelative fisiche e biologiche sul range effettivo della particella. Il rischio diindurre gravi effetti collaterali può essere associato al ripido gradiente di doseche caratterizza l’estremità distale (distal end) del picco di Bragg (punto incui si annulla la dose dopo il picco, lungo la direzione del fascio), soprattuttoin presenza di organi a rischio.In Figura 1.16 sono riportate tre curve in funzione della profondità in ac-qua: la dose fisica, la dose ponderata con RBE variabile e la dose ponderatacon RBE costante. Si nota un’importante differenza tra la dose rilasciatautilizzando un valore costante di RBE e un valore variabile. In particolarenella porzione distale delle curve, dove potrebbero trovarsi organi a rischio,è presente una caduta del picco più tardiva nel caso di RBE variabile. Se-condo l’RBE fisso di 1.1, questa estensione, causata da un graduale aumentodell’RBE, non è al momento considerata nella pianificazione del trattamen-to, motivo per cui il ruolo di un RBE variabile, nella stima della estensionedel range, è stato recentemente studiato utilizzando un modello Monte Carlo[20]. Come riassunto in Figura 1.17, è importante sottolineare che il gradien-te di dose che può essere associato al distal end, è fortemente dipendente dalletecniche di modulazione del fascio. Le estensioni biologiche possono arrivaresino a circa 4 mm, quindi dello stesso ordine di grandezza della dimensionedelle strutture critiche incontrate in radioterapia vicino al volume trattato(ad esempio, del nervo ottico, ghiandola pituitaria, ecc). Oltre a questi stu-di, sono pochi i dati (collegati ad un contesto clinico) che si possono trovare

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nella letteratura relativamente alla valutazione dell’impatto dell’estensionebiologica, che non può essere trascurata nella pianificazione del trattamentocon protoni.

Figura 1.16: La dose fisica e l’RBE ponderato, ottenuto con un valore co-stante e con un RBE variabile. Si noti la posizione del distal fall-off, do-ve potrebbero trovarsi organi a rischio, maggiormente irradiati nel caso diutilizzo di un RBE variabile.

Figura 1.17: Il diverso impatto in termini di estensione del range che ci sipuò aspettare quando si confrontano gradienti di dose ripidi come nel casodel distal fall-off.

Ad oggi mancano misure sperimentali che descrivano come i protoni pos-sano avere un RBE non costante in presenza di una significativa frammen-tazione del bersaglio.L’utilizzo di fasci di adroni in ambito medico richiede uno studio approfon-

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dito del processo di frammentazione di fasci su bersagli leggeri. I bersagli,in genere, sono elementi o materiali leggeri, quali carbonio, acqua o PMMA(polimetilmetacrilato), in modo da simulare nella maniera più verosimilepossibile i tessuti umani. È importante acquisire conoscenze su che tipi diframmenti sono prodotti, in che proporzione e con quali sezioni d’urto e sulleloro proprietà cinematiche, quali energia cinetica e angolo di emissione, attra-verso misure di frammentazione per diversi tipi di coppie proiettile-bersaglio,a varie energie e spessori. Tali conoscenze sono essenziali per poter predire,con una certa precisione, cosa avviene nel corpo del paziente.Nella Figura 1.18 è riportato un approccio schematico per dare indicazionirelative ai contributi attesi dell’interazione elettromagnetica e della frammen-tazione lungo il picco di Bragg in termini di effetti biologici. Sono riportatein verde le cellule danneggiate direttamente dall’effetto ionizzante della ra-diazione e in rosso le cellule danneggiate dai frammenti generati. Si nota chenel canale in ingresso (parte percorsa dal fascio, subito dopo l’ingresso nelbersaglio) il rapporto tra le cellule danneggiate dai frammenti generati e lecellule danneggiate dalla ionizzazione è circa 1/8, mentre in corrispondenzadel picco di Bragg tale rapporto si riduce a circa 1/40. Tutto ciò supportal’ipotesi per cui la generazione di frammentazione nel bersaglio possa esseredi importanza rilevante non tanto nel danneggiare le cellule tumorali, quan-to nel produrre danni collaterali nei tessuti sani attraversati. Difatti, se siassume che ogni cellula colpita da frammenti secondari muoia, i calcoli sug-geriscono che circa il 10% dell’effetto biologico indotto nel canale d’ingressopossa essere associato alla frammentazione del bersaglio. Allo stesso modo,a causa del rallentamento dei protoni primari, questo contributo si riducea circa il 2% quando ci si avvicina al picco di Bragg. Conoscere il contri-buto all’RBE dovuto alla frammentazione del bersaglio è quindi molto piùimportante nella parte iniziale che nella parte vicina al picco di Bragg.

Sebbene sia il contributo della ionizzazione che quello della frammen-tazione aumentano quando ci si avvicina al picco Bragg, in questo puntol’effetto biologico è principalmente causato da eventi di ionizzazione. Alcontrario, nel canale di ingresso la sopravvivenza prevista è alta, e quindi unruolo significativo potrebbe essere svolto dai frammenti del bersaglio a bassaenergia.È quindi importante migliorare la conoscenza del ruolo biologico che ha laframmentazione del bersaglio in trattamenti di protonterapia ed è proprioin questo contesto che si inserisce l’importanza dell’esperimento FOOT, chesarà descritto nel dettaglio nel prossimo Capitolo.Nel contesto terapeutico, una descrizione più precisa dell’RBE nel canale diingresso permetterebbe di definire meglio il rapporto tra l’RBE del picco equello del canale di ingresso, che caratterizza gran parte del vantaggio tera-peutico della terapia con fascio di ioni.Grazie a miglioramenti nella terapia oncologica, infatti, vi è una continuacrescita del numero di sopravvissuti, che porta ad aumentare l’attenzione

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Figura 1.18: L’immagine mostra schematicamente l’effetto della ionizzazionee della frammentazione del bersaglio in sezioni di tessuto di 1 mm2, per unfascio di protoni di 250 MeV/u in acqua.[15]. I puntini in verde rappresentanole cellule danneggiate direttamente dall’effetto ionizzante della radiazione ein rosso il contributo della frammentazione all’inattivazione delle cellule.

sul rischio di tumori secondari indotti dalle radiazioni, in particolare per ipazienti pediatrici.

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Capitolo 2

L’esperimento FOOT(FragmentatiOn Of target)

L’esperimento FOOT (FragmentatiOn Of target), si propone di misurare laframmentazione indotta da fasci utilizzati in proton terapia nei tessuti del pa-ziente. Tali misure serviranno per implementare, nei sistemi di pianificazionedel trattamento, un RBE variabile, tenendo conto della frammentazione delbersaglio e dei connessi effetti biologici.Verrà implementata un’interfaccia tra il TPS (Treatment Planning System)clinico e quello sviluppato nell’ambito della ricerca, permettendo così l’uti-lizzo di modelli con RBE variabile per il ricalcolo dei piani clinici. I risultatidel progetto FOOT saranno un punto di riferimento per la comunità scien-tifica e medica. Infatti, il miglioramento del software per il TPS consentiràuna significativa riduzione del rilascio di dose agli organi circostanti sani. Ilpaziente potrà finalmente avere accesso a un trattamento più efficace, riscon-trando minori problemi post-trattamento.Nel presente capitolo, dopo una trattazione degli effetti della frammentazio-ne nucleare nell’adroterapia, saranno descritte le strategie utilizzate per lemisure di frammentazione. Inoltre, saranno descritte le esigenze sperimentaliper effettuare misure di sezioni d’urto di frammentazione.

2.1 Effetti della frammentazione nucleare nell’adro-terapia

Alle energie di diverse centinaia di MeV/u, come quelle richieste per ap-plicazioni di Particle Therapy, il campo di radiazione è significativamenteinfluenzato da processi di frammentazione nucleare. Questi processi porta-no ad una attenuazione del flusso del fascio primario e alla formazione diframmenti (del proiettile o del bersaglio) con Z inferiori, al crescere dellaprofondità di penetrazione. Infatti, a queste energie, le reazioni nucleari

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possono tradursi in una completa disintegrazione sia dei nuclei del proiettileche del bersaglio (ad esempio, in scontri frontali centrali), o in frammenta-zioni parziali .Nelle collisioni centrali tutti i nucleoni, sia del bersaglio che del proietti-le, possono partecipare alla reazione, che sarà, quindi, caratterizzata da unelevata molteplicità di frammenti. Per ragioni geometriche le collisioni peri-feriche, ovvero quelle in cui la particella del fascio perde uno o più nucleoni,sono le reazioni nucleari più frequenti che si verificano lungo il percorso diarresto degli ioni. Si suppone che solo pochi nucleoni nella zona di sovrappo-sizione tra i nuclei del proiettile e del bersaglio interagiscano durante questotipo di collisione, e quindi il numero di nucleoni partecipanti, l’energia el’impulso trasferito sono relativamente piccoli. Di conseguenza, nel siste-ma di riferimento del laboratorio, si osservano pochi frammenti, soprattuttonella direzione in avanti, con velocità approssimativamente uguali a quelladel proiettile. Tali particelle possono derivare dalla sovrapposizione direttadei nuclei o possono provenire dalla diseccitazione del proiettile a seguitodella collisione (frammentazione del proiettile). Anche un’altra famiglia diparticelle si osserva in queste reazioni: particelle leggere che hanno una di-stribuzione quasi isotropa nel sistema del laboratorio e che sono prodotti dievaporazione del bersaglio eccitato a seguito della collisione (frammentazionedel bersaglio).Il processo di frammentazione di collisioni periferiche può essere descrittocon il modello a due fasi di abrasione-ablazione che si verificano in due scaletemporali differenti. Questo modello è una semplificazione della collisionenucleo-nucleo, ed è schematicamente illustrato in Fig. 2.1.

Figura 2.1: Schematizzazione di una collisione nucleo-nucleo.

La prima fase è l’abrasione, quando un proiettile colpisce un nucleo ber-saglio, i nucleoni all’interno della zona di sovrapposizione (palla di fuoco)interagiscono tra loro e sono espulsi sia dal proiettile che dal bersaglio. In

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questa fase vengono emesse particelle leggere. I frammenti del proiettileseguono la traiettoria iniziale con circa la stessa velocità iniziale, mentre iframmenti di rinculo del bersaglio lo fanno più lentamente.Nel secondo stadio di reazione, l’ablazione, il sistema si termalizza e si disec-cita grazie all’evaporazione di neutroni, protoni e nuclei leggeri, alla fissione,all’emissione di raggi gamma o grazie ad una simultanea rottura con le emis-sioni di frammenti di massa intermedia IMFs (Intermediate Mass Fragments)(vedi Fig. 2.2). Durante tutta la fase di diseccitazione c’è una competizionetra questi processi differenti.Per entrambe le fasi di abrasione e di ablazione, sono stati sviluppati diversimodelli di simulazione (vedi paragrafo 3.1).

Figura 2.2: Schematizzazione di una collisione nucleo-nucleo.

Generalmente la frammentazione dei nuclei del bersaglio contribuisce inpiccola parte nel caso di Z>1, invece nel caso di fasci di protoni si ha fram-mentazione solo del bersaglio. La maggior parte dei frammenti carichi, pro-dotti nella frammentazione del fascio incidente, ha dimensioni più piccole delproiettile, ma simile velocità. A causa dell’andamento del range come A/Z2,per particelle con la stessa velocità, i frammenti depositeranno la loro energiaa profondità di penetrazione oltre il picco di Bragg del proiettile, producendouna coda nella distribuzione della dose chiamata coda di frammentazione. Ledistribuzioni angolari di tali frammenti sono principalmente dirette in avanti,ma con una diffusione angolare molto più grande della diffusione laterale del

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fascio primario, causata dalla diffusione multipla Coulombiana [21].La simulazione Monte Carlo, effettuata con il software FLUKA [22], dopoun tuning accurato del Monte Carlo sui dati sperimentali, permette di pre-vedere il profilo di dose-profondità (curva di Bragg), con una accuratezzalimitata che necessita di input sperimentali più accurati per essere migliora-ta, e l’attenuazione del fascio primario (Fig. 2.3), ma non la frammentazionenucleare.La Figura 2.3 riproduce molto bene i valori sperimentali per tutte le pro-fondità. La distribuzione della dose effettiva lungo il percorso del fascio(linea continua nel grafico Fig. 2.3, sinistra) è diversa da quella risultantedal passaggio di ioni primari che non hanno subito interazioni nucleari (lineatratteggiata nel grafico Fig. 2.3, sinistra). L’impatto di questi effetti aumen-ta in funzione della profondità di penetrazione, o dell’energia del fascio.Ad esempio, per un fascio di 12C di 200 MeV/u, che viaggia in acqua, circail 30% degli ioni primari è coinvolto nelle reazioni nucleari e non raggiunge ilpicco di Bragg, mentre a 400 MeV/u (Fig. 2.3, destra) tale frazione aumentafino al 70% [23]. Questa modifica della composizione del fascio è presenteparzialmente anche per fasci di protoni: per un fascio di protoni con energiacinetica pari a 150 MeV, solo l’80% delle particelle primarie raggiunge il pic-co di Bragg. I frammenti secondari sono dovuti solo alla frammentazione delbersaglio e pertanto la loro velocità è molto piccola: il loro range non superapochi micron, e depositano la loro energia vicino al punto in cui avviene lacollisione.Le interazioni nucleari del fascio di protoni hanno un effetto anche sullaquantità totale di energia che si deposita nei tessuti del paziente: alla pro-duzione del frammento corrisponde una diminuzione dell’energia del fascio.Quindi, la precisione intrinseca relativa al profilo di dose, in funzione dellaprofondità del percorso della particella nel bersaglio, può essere parzialmentedeteriorata da processi di frammentazione nucleare. Le interazioni nuclea-ri producono una distorsione del profilo di dose longitudinale e trasversale,soprattutto a causa della frammentazione del proiettile. Questi frammentipiù leggeri hanno valori di RBE diversi e contribuiscono alla dose depositatalungo la zona di attenuazione del fascio primario. Per queste ragioni nei pro-grammi di pianificazione di trattamento si devono prendere in considerazionegli effetti della frammentazione nucleare.

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Figura 2.3: Curva di Bragg (grafico di sinistra) e il profilo di attenuazionedel fascio in funzione della profondità in acqua (grafico a destra) di un fasciodi carbonio di 400 MeV/nucleone. I punti rappresentano i dati sperimentali[23] mentre le linee continue rappresentano la simulazione FLUKA [22]. Nelgrafico di sinistra è riportato anche il contributo della dose simulato da ioniprimari di 12C e frammenti secondari [24].

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2.2 Strategie per le misure di frammentazione in-dotte nel bersaglio da fasci utilizzati per la pro-tonterapia

L’RBE dei protoni al momento è supposto, nella pratica clinica, essere co-stante e pari a 1.1, non essendoci alcuna evidenza sperimentale contraria. Idati sperimentali dell’RBE dei protoni hanno una variabilità talmente eleva-ta ed una scarsa riproducibilità da non permettere una misura sperimentalea supporto dell’evidenza che l’assunzione di un valore costante pari a 1.1 siaerrata.Per valutare l’impatto di un RBE variabile serve una simulazione MonteCarlo (da convalidare utilizzando misure sperimentali), che abbia come in-put fondamentale le misure di sezione d’urto della produzione dei frammenti,in trattamenti di protonterapia nell’intervallo di energia di interesse (60-250MeV). Al giorno d’oggi mancano misure sperimentali precise di frammenta-zione indotta da protoni alle energie di interesse per la protonterapia.Lo scopo del presente lavoro di tesi è, pertanto, quello di dimostrare la fat-tibilità di un esperimento che si propone di misurare le sezioni d’urto diframmentazione in trattamenti di protonterapia. È necessario, al fine dicalcolare la sezione d’urto, conoscere il numero di ioni primari e il relativoquadrimpulso. Per ogni frammento prodotto dall’interazione anelastica delfascio di protoni con il bersaglio, si deve poi conoscere la posizione in cuiviene prodotto e i valori di energia e impulso, che servono anche a risalireall’identità della particella ed alla perdita di energia occorsa nell’uscita dalbersaglio. L’esperimento FOOT si propone di fornire queste sezioni d’urtocon l’accuratezza relativa (minore o pari al 10%) necessaria per i calcoli del-l’RBE nel canale d’ingresso del protone.La principale difficoltà sperimentale nella misura della produzione di fram-menti indotta dall’interazione dei protoni con il corpo del paziente è dovutaal fatto che i frammenti che hanno un brevissimo range, al massimo dell’or-dine di decine di micron, e pertanto sono intrappolati, nella maggior partedei casi, all’interno del bersaglio utilizzato per la loro produzione e il lorostudio. Ad esempio, i range medi attesi dei frammenti, ottenuti con simula-zione Monte Carlo FLUKA (3.1.1), prodotti da un fascio di protoni da 180MeV, sono mostrati in figura 2.4 .

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Figura 2.4: Range medi attesi di frammenti, ottenuti con simulazione MonteCarlo FLUKA, prodotti da un fascio di protoni con energia cinetica pari a180 MeV in acqua.

Se si utilizzano bersagli ultra sottili, di complicata manifattura, si hannosezioni d’urto molto piccole e difficoltà ad ottenere campioni di dati di pro-duzione di frammenti significativi. Se si utilizzano, invece, bersagli spessi,i frammenti non escono dal bersaglio e non sono misurabili. Inoltre, risultadifficile la misura dell’energia dei frammenti: l’energia persa dai frammen-ti nel bersaglio è, infatti, della stessa grandezza dell’energia di emissione e,di conseguenza, non è possibile sapere con precisione l’energia cinetica diproduzione del frammento a meno di sapere con grande precisione dove ilframmento viene prodotto. Per studiare la sezione d’urto delle reazioni diprotoni su bersaglio (p + X) è possibile immaginare un approccio in cui siricorre alla cinematica inversa in cui i protoni sono a riposo e sono gli ele-menti principali che costituiscono il corpo del paziente a colpire il fascio. Lasezione d’urto totale sul paziente si ottiene poi tramite la combinazione dellesezioni d’urto misurate per i singoli elementi. L’approccio cinematico inversofornisce anche informazioni di interesse per la Particle Therapy riguardo laframmentazione del proiettile indotta da fasci di Carbonio e Ossigeno, ne-cessarie per migliorare la descrizione della frammentazione del proiettile diquesti fasci e del relativo TPS. Si è pertanto studiata la frammentazione difasci di ioni (C, O) su un bersaglio arricchito con Idrogeno.

2.2.1 Cinematica diretta e inversa

La reazione di produzione di frammenti è rappresentabile come:

p+X → X ′ + p′ (2.1)

dove p sono i protoni e X i nuclei del corpo del paziente sottoposti ad in-terazione anelastica. Invece, p’ e X’ sono i protoni e i frammenti prodottinell’interazione.

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Nell’approccio di cinematica inversa si utilizzano fasci di ioni scelti tra i prin-cipali costituenti del corpo umano, come 16O e 12C, e, come bersaglio, unbersaglio di idrogeno (vedi 2.2.2). Facendo collidere fasci con energia cineticapari a 100-200 MeV/u su bersagli, l’energia cinetica dei frammenti prodot-ti sarà simile a quella del fascio incidente ed è quindi possibile, con questaconfigurazione, studiare la frammentazione con bersagli spessi, ottenendoun’alta produzione di frammentazione e campioni di dati con una statisticasignificativa.È possibile ottenere la sezione d’urto di interesse, ovvero quella in cui è ilfascio di protoni a colpire i materiali costituenti il corpo umano, applicandouna trasformazione di Lorentz. La trasformazione dipende dal quadrimpulsodel fascio incidente e, per applicarla, è necessario conoscere il β del fascio ela sua direzione.

2.2.2 Scelta del bersaglio

La realizzazione di un bersaglio puramente fatto di idrogeno, e il suo im-piego, pongono alcune sfide tecnologiche e complicano l’interpretazione deirisultati: l’impiego di un bersaglio liquido di H, implicherebbe l’utilizzo diuno speciale contenitore per il bersaglio e una correlata incertezza sistema-tica.Per ovviare alle difficoltà derivanti dall’utilizzo di un bersaglio di H liquido,è possibile utilizzare un bersaglio arricchito con idrogeno, per esempio polie-tilene (C2H4) e un bersaglio di grafite (C), per poi ottenere la sezione d’urtodi frammentazione dell’idrogeno tramite la sottrazione delle sezioni d’urtodei due bersagli: : σ(H) = (σ(C2H4)−2 ·σ(C))/4. Questo approccio è statovalidato in un esperimento condotto a Ganil, nel Maggio 2011 [25] (Figura2.5).Bersagli di polietilene e grafite sono, infatti, facili da produrre e gestire.Utilizzando questi bersagli è possibile avere accesso anche anche alle misu-re di sezione d’urto di fasci di Carbonio su bersaglio di grafite alle energieterapeutiche di interesse (60-250 MeV per protoni).

L’approccio che prevede l’impiego di un bersaglio spesso, al fine di mas-simizzare la produzione di frammenti, richiede la presenza di un rivelatoreche dia informazioni su dove avviene la frammentazione, in modo da tenerein conto della perdita di energia dei frammenti nell’uscita dal bersaglio.Lo spessore del bersagli deve essere ottimizzato tramite delle simulazioniMonte Carlo dedicate, dato che è collegato ad una serie di fenomeni con-correnti: la frammentazione primaria degli ioni incidenti, pari al 5 − 10%per spessori dell’ordine del mm, da massimizzare e, riguardo i frammenti, loscattering multiplo, la perdita di energia e la frammentazione secondaria, daminimizzare.

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Figura 2.5: Esempio del metodo usato a Ganil: sezioni d’urto di frammenta-zione di bersagli di H ottenuti dalla differenza di sezioni d’urto tra bersaglidi C e CH2.

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2.3 Le esigenze sperimentali

Per effettuare la misura delle sezioni d’urto di frammentazione è necessariodisporre di un apparato sperimentale adatto. Le caratteristiche dei rivelatoriutilizzati per studiare i frammenti prodotti dai fasci di C ed O incidenti subersagli di C e C2H4 dovranno essere ottimizzate sulla base delle proprietàfisiche attese per tali frammenti. Una simulazione Monte Carlo (paragrafo3.1) è stata utilizzata, per caratterizzare i prodotti della frammentazione epredisporre le relative strategie di misura.Oggetto dello studio sono i frammenti aventi Z ≥ 2 e la misura dei relativispettri di energia. Tali frammenti sono di particolare interesse, in quanto ca-ratterizzati da RBE maggiore, alto LET ed alta ionizzazione. Per la misuradella sezione d’urto serve conoscere il punto di produzione, il quadrimpulso el’identità (massa e carica) del frammento prodotto. Sono diverse le osserva-bili sperimentali disponibili per la misura dell’energia: la misura del dE/dx,del tempo di volo (Time of flight, TOF) e la misura dell’energia rilasciatanel calorimetro.La misura della massa del frammento ha un ruolo importante nell’assegna-zione alla popolazione isotopica corretta.La conoscenza del fascio incidente è altrettanto importante. Il fascio cheverrà utilizzato per studiare la frammentazione sarà caratterizzato da un’e-nergia nota con grande precisione, in quanto utilizzato, seppur in condizionileggermente differenti (sala sperimentale e sala di trattamento hanno piccoledifferenze), per il trattamento di pazienti. La precisione sulla misura dellesezioni d’urto dipende anche dalla conoscenza del numero di particelle in-cidenti e del quadrimpulso del fascio incidente, necessario per effettuare ilboost di Lorentz. Verrà pertanto utilizzato un rivelatore ad-hoc per defini-re la direzione dello ione del fascio incidente. La rate massima di ioni checolpiscono il bersaglio, tollerabile dall’acquisizione dati dell’esperimento, èdeterminata dal tempo di lettura dei rivelatori al silicio che verranno utiliz-zati per il tracciamento. Per evitare che la frammentazione relativa a dueeventi differenti produca delle tracce che si sovrappongono nel rivelatore divertice e nel tracciatore al silicio (tempo di lettura ∼ 100µs) sono ipotizzabilirate massime di fascio di circa 1-10 kHz.Il dimensionamento del rivelatore è stato effettuato considerando diverse esi-genze: l’operatività in sala sperimentale di centri di trattamento (circa 1-2 mdi spazio disponibile) e la risoluzione sull’energia cinetica effettuata tramitela misura del TOF, la cui precisione migliora all’aumento della distanza trai rivelatori che lo misurano.Le tecniche sperimentali da utilizzare per la misura dell’esperimento FOOTsaranno discusse nel capitolo successivo.

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Capitolo 3

La simulazionedell’esperimento FOOT

La simulazione dell’esperimento FOOT è stata implementata con il codiceMonte Carlo FLUKA [26], impostato con il setting di default "HadronThe-rapy". Tale configurazione si basa su una modellizzazione accurata delleinterazioni adroniche, nell’intervallo di energia tipico della terapia con par-ticelle.La simulazione Monte Carlo (Fluka2015) è stata utilizzata per generare leinterazioni degli ioni con i bersagli di grafite e polietilene secondo l’approcciodescritto nel capitolo precedente.Al fine di progettare un apparato sperimentale che risponda alle richieste diprecisione sulle misure di sezione d’urto che l’esperimento FOOT deve ef-fettuare, è necessario studiare come si distribuiscono in angolo ed impulso iframmenti prodotti dalle interazioni di fasci incidenti con bersagli di grafitee polietilene.L’energia cinetica delle particelle, normalizzata per la massa atomica A, sicalcola con la seguente formula:

Ekin =1

A

(√p2c2 +M2c4 −Mc2

)(3.1)

dove il numero di massa A = M/mN, in cui mN è l’unità di massa ato-mica.L’energia cinetica con cui vengono prodotti i frammenti nel bersaglio è ri-portata nella Figura 3.1, relativa alla simulazione FLUKA di un fascio diOssigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su un bersagliodi Polietilene spesso 1 mm. Tale energia è caratterizzata da distribuzioni acampana la cui media corrisponde, in buona approssimazione, alle energiecon cui il fascio collide sul bersaglio.Gli eventi prodotti da fasci di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u,esibiscono un simile andamento. Il valor medio delle distribuzioni non èesattamente 200 MeV o, rispettivamente, 95 MeV: il proiettile perde energia

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entrando nel bersaglio, rallentando per effetto delle interazioni nucleari ela-stiche e processi di ionizzazione, e il frammento perde energia uscendo dalbersaglio per la stessa ragione. L’allargamento delle distribuzioni a campanadell’energia cinetica è dovuto al fatto che, conservandosi l’energia cineticatotale, in media i frammenti prodotti hanno Z minore del fascio incidente equindi una energia cinetica per nucleone maggiore.La perdita di energia non è l’unico meccanismo possibile. I frammenti pos-sono acquistare velocità per effetto delle interazioni anelastiche con gli atomiche costituiscono il bersaglio e che non possono essere considerati come per-fettamente a riposo, dato il moto di Fermi che li caratterizza. Il frammentoprodotto, in questi casi, avrà velocità maggiore del fascio incidente.Data l’energia di Fermi

EF =[ 3π2A

(2m)3/22a3

]=

1

2m

(3π2ρ

2

)2/3∼ ρ2/3 (3.2)

dove A è il numero degli stati, a = 3√V olume, ρ = A/V è la densità dei

nucleoni, l’impulso di Fermi è

kF =√

2mEF ∼ 1.36fm−1 ∼ 270MeV (3.3)

con m la massa del nucleone.L’impulso di Fermi influenza le reazioni nucleari, anche ad alte energie. Inuna collisione di un proiettile con un nucleone a riposo, il moto di Fermi fafluttuare l’energia effettiva e abbassa la soglia di energia per il processo diproduzione dei frammenti. Esso ha pertanto un ruolo importante in cine-matica inversa, infatti, quando i frammenti vengono prodotti, hanno energiecinetiche totali molto basse.Poichè Ekin ∝ p = mcβγ, allora si avranno eventi anche dopo il picco dienergia. Maggiore è la massa del frammento, più grande sarà l’impulso e,come si può notare dal grafico 3.1, più strette saranno via via le distribuzio-ni. Inoltre, maggiore è la differenza tra la massa del proiettile e la massa delbersaglio, più larga sarà la distribuzione dell’energia cinetica.

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Figura 3.1: Distribuzione delle energie cinetiche dei diversi frammenti, ot-tenuta, in un approccio di cinematica diretta, con la simulazione FLUKAdi interazioni di un fascio di Ossigeno di 200 MeV/u con un bersaglio diPolietilene spesso 1mm.

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Ai fini dello studio delle misure di sezioni d’urto, si è interessati a fram-menti carichi ad alto LET e con RBE grande, per tale motivo i risultatipresentati in questo capitolo si limitano a frammenti con Z>1.La distribuzione angolare aspettata per frammenti prodotti su bersagli dipolietilene da un fascio di ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u èmostrata in Fig. 3.2. Si osserva come i frammenti con Z ≥ 2 siano prodottiprincipalmente in avanti (θ < 10). Simili distribuzioni si ottengono ancheper proiettili di carbonio nell’intervallo di energia di interesse per FOOT. Iprotoni hanno una distribuzione angolare più allargata, arrivando a θ 10.Pertanto la copertura angolare in avanti dell’apparato sperimentale necessa-ria è di circa 10, in modo da rivelare i prodotti del decadimento a partiredalle particelle α. L’efficacia della strategia di misura è stata poi valida-ta calcolando le risoluzioni aspettate e la precisione ottenibile sulla sezioned’urto di interesse. È stata utilizzata una parametrizzazione della rispostadei vari rivelatori (presentata in dettaglio in questo capitolo), poi applicataagli eventi simulati con FLUKA. I risultati di tale studio verranno presentatinel capitolo 4.

Figura 3.2: Distribuzione angolare attesa di frammenti prodotti da un fasciodi 16O con energia cinetica pari a 200 MeV/u che colpisce un bersaglio diC2H4, ottenuta con simulazione MC FLUKA.

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Il setup sperimentale che è stato ipotizzato, è costituito da:

• un contatore di partenza (Start Counter - SC), ovvero un rivelatoreche permette di contare il numero degli ioni incidenti ed il tempo a cuiessi attraversano il rivelatore;

• un monitor di fascio (BM), ovvero una camera a deriva che fornisce ladirezione del fascio;

• un bersaglio sottile di grafite o polietilene;

• un sistema costituito da rivelatori traccianti e magneti per la misuradel punto di emissione del frammento nel bersaglio, della sua direzionee del suo impulso;

• un calorimetro, preceduto da due sottili strati di scintillatori plasti-ci, utilizzati per l’identificazione dei frammenti e la misura della loroenergia.

Le figure 3.3 e 3.4 mostrano tale configurazione sperimentale.

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Figura 3.3: Intero setup sperimentale dell’esperimento FOOT.

Figura 3.4: La regione di interazione in dettaglio: il target e il tracker.

Le caratteristiche specifiche e le performance attese per i rivelatori ipo-tizzati in FOOT per la misura delle caratteristiche del fascio incidente edei frammenti prodotti verranno presentate nei paragrafi successivi. Le ri-

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soluzioni attese per la misura delle varie grandezze necessarie per il calcolodella sezione d’urto oggetto dello studio di FOOT, sono state utilizzate nellaparametrizzazione degli effetti sperimentali applicata alla simulazione deglieventi effettuata con il software FLUKA. L’impatto della risoluzione, cosìvalutato, ha permesso di convalidare l’approccio sperimentale perseguito inFOOT prescindendo dal livello di dettaglio con cui la simulazione effettuatain FLUKA riproduce l’apparato sperimentale.

3.1 La simulazione Monte Carlo

La simulazione degli eventi di interesse per l’esperimento FOOT procedesecondo quattro fasi consecutive:

• per prima cosa è necessario effettuare una descrizione dettagliata delsetup sperimentale, della geometria del rivelatore e dei materiali, pervalutare correttamente l’interazione in tutti i rivelatori attivi e la pro-duzione di frammenti secondari fuori dal bersaglio;

• il software esegue dunque la generazione delle particelle ed il loro tra-sporto, permettendo di ottenere le quantità fisiche delle tracce (peresempio, particelle primarie e secondarie propagate attraverso il vo-lume sperimentale) e degli hit (per esempio, deposizione dell’energiadelle particelle negli elementi del rivelatore);

• attraverso la modellizzazione delle risposte dei rivelatori l’informazio-ne che proviene dalla prima fase di simulazione viene processata el’interazione delle particelle con l’apparato diviene disponibile;

• tutta l’informazione prodotta, relativa alle tracce simulate, agli hit eai segnali digitalizzati, passa ad una fase di analisi successiva.

Figura 3.5: Processo dei dati della simulazione.

Il processo di simulazione è illustrato in Figura 3.5. Per facilitare lamodellizzazione della geometria e l’elaborazione dei dati, si utilizza un’inter-faccia C++. La simulazione della risposta del rivelatore è immagazzinatain file ROOT [27], con i quali si effettua l’analisi e lo studio delle grandezze

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in esame. Lo studio presentato in questa tesi è stato effettuato utilizzandotali files contenenti sia l’informazione sull’evento generato (MC truth), sial’informazione relativa all’interazione delle particelle generate con il rivela-tore. Alla base dello studio di fattibilità vi è dunque l’informazione presentea livello di "verità MC", in cui gli effetti introdotti dal rivelatore non sonoancora presenti, ma si conosce, ad esempio, l’energia rilasciata da un datoframmento nel calorimetro o l’impulso con cui il frammento viene generato ola direzione con cui entra nella zona in cui è presente il campo magnetico. Atale informazione (disponibile nel file root) è stata poi applicata una parame-trizzazione analitica per tenere conto della limitata risoluzione sperimentalecon cui tale informazione sarà poi disponibile al momento dell’acquisizionedei dati sperimentali. L’energia, l’impulso e l’angolo di emissione del fram-mento, come anche la direzione dello ione incidente, sono stati fatti fluttuaresecondo la precisione attesa (presentata nei paragrafi successivi). Il calcolodelle risoluzioni e della precisione, ottenibile sulla misura delle sezioni d’urto,è stato quindi effettuato su tale simulazione dopo l’applicazione della para-metrizzazione degli effetti sperimentali. I risultati ottenuti sono presentatinel capitolo 4.

3.1.1 Il codice Fluka

Il codice FLUKA permette di simulare l’interazione e il trasporto di adro-ni, ioni pesanti e particelle elettromagnetiche, dalle energie di pochi keV aquelle dei raggi cosmici, in una vasta gamma di materiali [26]. È utilizzatoin molte applicazioni come, ad esempio, il target design, la calorimetria, ladosimetria, il design di rivelatori, la radioterapia, l’adroterapia e lo studio diraggi cosmici.FLUKA è inoltre in grado di costruire geometrie molto complesse, utilizzandoun pacchetto di geometria combinatoria che permette di tracciare particellecariche in presenza di campi elettrici o magnetici.Vi sono molti strumenti di visualizzazione e debug disponibili per l’utente:il software è completamente personalizzabile tramite un insieme di routinedi interfaccia per l’utente (scritto in FORTAN 77).Il codice FLUKA è, pertanto, costruito con l’obiettivo di includere i migliorimodelli fisici possibili, in termini di completezza e precisione. La validitàdi tali modelli fisici è stata confrontata con una varietà di dati sperimentaliin un ampio intervallo di energie. Nel campo della terapia con particelle, imodelli di interazione adrone-nucleo e nucleo-nucleo sono fondamentali perottenere un accurato calcolo della dose rilasciata nel corpo del paziente trat-tato.Una panoramica dei modelli adronici implementati in questo codice è ripor-tata nella sezione successiva, in particolare delle interazioni adroni-nucleoe nucleo-nucleo, nell’intervallo di energia di interesse per la terapia conparticelle.[28] [29] [30] [31] [32]

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Modelli di interazione adronica in FLUKA: interazione adrone-nucleo

Le collisioni anelastiche adrone-nucleo in FLUKA sono descritte, in terminidi produzione di risonanze e decadimenti, sino a poche decine di GeV e, intermini del Dual Parton Model (DPM) accoppiato ad uno schema di adro-nizzazione, sino a decine di TeV. Il DPM consente una buona descrizione deiprocessi di collisione deboli, per i quali non può essere applicata la teoriaperturbativa della Cromodinamica Quantistica (QCD).I processi di interazione adrone-nucleo possono essere schematicamente de-scritti con i seguenti tre step:

• Cascata di Glauber-Gribov [33] [34] (per energie >5GeV), oppure Ge-neralized Intra-Nuclear Cascade (GINC), per energie inferiori

• Emissione di pre-equilibrio

• Evaporazione, fissione, frammentazione e γ di diseccitazione

La prima fase è una fase a cascata che descrive l’interazione tra i duesistemi in termini di interazione tra nucleoni. Questa fase corrisponde alcanale di ingresso o il processo di abrasione1. Le ultime due fasi rappresen-tano i processi per cui il sistema, eccitato, si diseccita e raggiunge l’equilibriotermico attraverso una sequenza di interazioni elastiche a due corpi. Que-sto processo è chiamato termalizzazione nucleare e corrisponde al processodi ablazione2. Il meccanismo che descrive l’interazione nel primo stadio acascata è descritto da due modelli differenti, dipendenti dall’energia del pro-cesso.Dopo i processi a cascata, la configurazione nucleare viene utilizzata co-me condizione di partenza per la fase di pre-equilibrio. Il processo di pre-equilibrio è descritto come una catena di step che seguono l’assunzione stati-stica che ogni partizione dell’energia di eccitazione, tra n eccitoni, ha la stessaprobabilità di verificarsi. Così il nucleo procede nella catena attraverso colli-sioni nucleone-nucleone che aumentano il numero di coppie lacune-eccitoni.La catena si ferma, e l’equilibrio è raggiunto, quando il numero di eccitonin è sufficientemente elevato (n = 2 · g · Etot), dove g è il livello di densità disingola particella, o quando l’energia di eccitazione è al di sotto di qualsiasisoglia di emissione.Alla fine della fase di pre-equilibrio, il nucleo residuo si presume essere in uno

1Quando un proiettile colpisce un nucleo bersaglio i nucleoni all’interno della zonadi sovrapposizione, interagiscono tra loro e sono espulsi o dal proiettile o dal bersaglio.In questa fase le particelle di luce sono prontamente emesse e eccitate. I frammentidel proiettile seguono la traiettoria iniziale con circa la stessa velocità iniziale, mentrei frammenti di rinculo del bersaglio più lentamente. I residui dei nuclei collidenti sonochiamati pre-frammenti e sono eccitati a causa dell’abrasione.

2Fase di decadimento

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stato di equilibrio, con l’energia di eccitazione condivisa tra un gran numerodi nucleoni. Il processo di fissione/frammentazione/evaporazione continuafinché l’energia di eccitazione nucleare non diventa inferiore a tutte le ener-gie di separazione per nucleoni e frammenti, e lascia generalmente il nucleoresiduo in uno stato eccitato.

Modelli di interazione adronica in FLUKA: interazione nucleo-nucleo

La probabilità che un nucleo proiettile ha di collidere con un nucleo bersa-glio, entro una certa distanza x percorsa nel materiale, dipende dalle sezionid’urto di reazione totali σR, ovvero la probabilità che avvengano collisionianelastiche:

σR = σanel(E) (3.4)

In FLUKA, la sezione d’urto di reazione e il tempo di decadimento di unaparticella sono quantità fondamentali per la determinazione del cammino li-bero medio di una particella trasportata: il punto di collisione successivo èscelto utilizzando il calcolo di σR.Per energie inferiori a qualche GeV fino a 100 MeV/u, Fluka utilizza il mo-dello semi empirico di Tripathi [35] [36] [37] sulla parametrizzazione dellesezioni d’urto di reazione totali per le interazioni nucleo-nucleo. Per energiesuperiori, invece, è stata calcolata una matrice complessa di sezioni d’urtodi reazione nucleo-nucleo con il modello di previsione di Glauber [33].La Figura 3.6, per esempio, mostra σR per un fascio di Carbonio, secondoquanto previsto da FLUKA, per gli elementi più presenti all’interno del cor-po umano, nei range di energia della Particle Therapy. La sezione d’urto direazione totale σR mostra una forte dipendenza dall’energia ad energie infe-riori a 20 MeV/u, invece, ad energie superiori a 100-200 MeV/u, si osservaun andamento pressochè costante.

Per generare le particelle secondarie della collisione, sono necessarie le in-formazioni sugli stati finali della collisione, che derivano dai modelli adronici.I modelli di interazione nucleo-nucleo seguono la stessa fase di decadimentodelle interazioni adrone-nucleo, descritte dal modello PEANUT [28] (Pre-Equilibrium Approach to NUclear Thermalization). Invece, per la fase dicascata iniziale, sono utilizzati modelli alternativi, a seconda dell’energia delprocesso. Per energie inferiori a 5 GeV/nucleone viene utilizzato un mo-dello che si basa sul Dual Parton Model, mentre, per il range energetico diinteresse per la Particle Therapy, si utilizza modello "relative Quantum Mo-lecular Dynamics" (rQMD) [38] [39] (per energie tra i 5 GeV/nucleone e 100MeV/nucleone) [40] [41]. Per energie inferiori a 100 MeV/nucleone si utiliz-za la teoria BME, Boltzman Master Equation [40] [42]. Nella bibliografiainserita è possibile approfondire dettagliatamente i diversi modelli.

60

Figura 3.6: Sezioni d’urto di reazione di ioni di carbonio ad energie terapeu-tiche, predette da FLUKA, per gli elementi più presenti (in peso) nel corpoumano [32].

3.1.2 Campione Monte Carlo e informazioni disponibili

Per lo studio del presente lavoro di tesi sono stati utilizzati campioni MonteCarlo di 50 milioni di eventi, per fasci 16O con energia cinetica pari a 200MeV/u e 12C con energia cinetica pari a 95MeV/u che interagiscono con ber-sagli di Carbonio, Polietilene e Idrogeno spessi 1 mm. Il software FLUKAè stato utilizzato per simulare l’interazione dei fasci con il bersaglio, selezio-nando eventi in cui una interazione anelastica fosse avvenuta, e studiandol’interazione dei frammenti con l’apparato rivelatore descritto nei paragrafisuccessivi.Per ogni evento sono disponibili le seguenti informazioni:

• il blocco "particella", che contiene le informazioni cinematiche delleparticelle prodotte;

• il blocco "rivelatore", che contiene informazioni sull’output del rive-latore per ogni evento e sull’energia rilasciata dalle particelle che loattraversano;

• il blocco "crossing", che contiene informazioni sugli attraversamentida parte delle particelle delle diverse regioni del setup sperimentale.

La simulazione degli effetti sperimentali introdotti dai rivelatori (risolu-zione) è stata effettuata a partire dalle soluzioni ipotizzate per la misura dellegrandezze necessarie ad effettuare le misure di sezione d’urto. Tali soluzio-ni, e le relative performance attese, sono descritte in dettaglio nei paragrafisuccessivi.

61

3.2 Misura del numero delle particelle incidenti

Per effettuare la misura del numero delle particele incidenti la collaborazioneFOOT propone di utilizzare un rivelatore a scintillazione. La proposta èquella di utilizzare lo Start Counter (SC), mostrato in Figura 3.7. Questorivelatore è stato utilizzato per misure di frammentazione di ioni carbonio subersaglio di alto numero atomico nell’ambito dell’esperimento FIRST [43], epotrà fornire la misura del numero totale di ioni utilizzati per il calcolo dellasezione d’urto, nonchè il tempo di attraversamento del rivelatore da partedegli ioni. Tale tempo potrà essere utilizzato come riferimento per tutti glialtri rivelatori, permettendo la misurazione del tempo di volo dei frammenti.Le prestazioni attese per lo SC sono state valutate utilizzando i dati raccoltidall’esperimento FIRST [43]. Un’efficienza del valore medio di (99.7±0.15)%è stata valutata, ed è stata misurata una buona risoluzione temporale, conun valore medio di t = (150± 2) ps [43].

Figura 3.7: Start Counter. A sinistra: foglio dello scintillatore e fibre otticheraggruppate in quattro bracci. A destra: rivelatore completamente rivestitodel supporto meccanico e isolato dalla luce esterna tramite alluminio.

62

3.3 Misura del quadrimpulso del fascio incidente

Per la misura della direzione del fascio incidente è stato proposto di utilizzareuna camera a deriva. FOOT utilizzerà un Beam Monitor (BM) costituitoda dodici strati di fili, con tre celle di deriva per strato (Fig. 3.8). Lo ioneincidente, attraversando il rivelatore, produrrà un segnale rilevabile nelle di-verse celle. Tramite la misura del tempo del segnale in uscita, correlato altempo necessario agli elettroni prodotti per ionizzazione per arrivare sino alfilo di sense, sarà possibile definire il percorso dello ione nell’attraversare ilrivelatore. Una risoluzione sul punto di impatto sul bersaglio aspettata dicirca 200-300 µm è ottenibile dallo studio dei dati presi nell’ambito dell’e-sperimento FIRST, in cui tale monitor di fascio è stato già utilizzato.Il BM sarà posto tra lo SC e il bersaglio, e verrà utilizzato per misurare siala direzione del fascio, sia il punto in cui avviene la collisione della particelladel fascio sul bersaglio, informazioni necessarie per lo studio della frammen-tazione. Avere una stima precisa del punto di impatto dello ione sul bersaglioè importante per distinguere gli eventi dovuti ad interazioni differenti in queirivelatori, come il rivelatore di vertice, che hanno dei tempi di lettura moltolunghi (centinaia di µs) e nei quali è possibile che tracce relative ad even-ti differenti si sovrappongano. Il BM sarà dunque utilizzato per risolverel’ambiguità relativa a quali tracce associare ai vertici di frammentazione eper individuare quale sarà l’evento "corrente" di cui effettuare lo studio edil relativo vertice associato.

Figura 3.8: Celle della camera a drift.

La stima della risoluzione angolare ottenibile sul fascio per questo appa-rato di rivelazione è pari a σ(θ) = 1.5 mrad, ed è dovuta alla calibrazionedelle relazioni spazio-temporali nella camera a deriva e, in modo non domi-nante, alla precisione con cui è nota la posizione dei fili di sense nella camera.Non sarà necessario alcun rivelatore per misurare l’energia del fascio inciden-te, essendo, come specificato precedentemente, nota con alta precisione. Tale

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precisione sarà garantita dal fatto che i fasci usati per le misure saranno fasciottenuti da acceleratori utilizzati per il trattamento dei pazienti, in cui unacalibrazione dell’energia viene fatta con delle incertezze inferiori all’1%.

3.4 Misura del quadrimpulso dei frammenti

Per effettuare le misure delle sezioni d’urto di frammentazione è necessarioidentificare i frammenti e misurarne la direzione di emissione, il modulo del-l’impulso e l’energia. L’apparato sperimentale, situato dopo il bersaglio, èstato progettato per effettuare la misura di queste quantità.La proposta per l’esperimento FOOT è quella di implementare parte del-le tecnologie testate nell’esperimento FIRST [43]. La strategia è simile perquanto riguarda il tracciamento subito dopo il bersaglio, ma il presente stu-dio di tesi ha permesso di ottimizzarla.La misura dell’impulso dei frammenti avverrà tramite la misura della dire-zione di uscita dal bersaglio (effettuata tramite un rivelatore al silicio) edun sistema di magneti e tracciatori che verranno utilizzati per misurare ilmodulo dell’impulso.Il primo tracciatore (che viene utilizzato anche per ricostruire il vertice diframmentazione) sarà il Front Silicon Pixel Tracker (FSPT).Il FSTP, basato sul dispositivo MIMOSA 26 [44], è un rivelatore di verticea pixel di silicio, e sarà posto immediatamente dopo il bersaglio, lungo ladirezione del fascio. Sarà utilizzato per misurare la traiettoria di particel-le cariche che escono dal bersaglio, con una copertura angolare di ±40 euna risoluzione angolare ≤ 0.3 per la separazione di due tracce. Questecaratteristiche permetteranno una buona ricostruzione del vertice di fram-mentazione.I pixel attivati dal passaggio di un frammento verranno letti con un tempototale di lettura di 115.2 µs per sensore.Il software di ricostruzione del vertice [44] memorizzerà i pixel accesi per iden-tificare i cluster su ciascun piano (clustering), costruirà i percorsi allineatisu piani differenti e stimerà la posizione del vertice dalle tracce ricostruite(vertexing).L’algoritmo di clustering consentirà di individuare e raggruppare i pixel ac-cesi da una singola particella ionizzante e quindi di ricostruire il punto diattraversamento delle particelle attraverso il sensore M26. L’algoritmo èbasato su un metodo ricorsivo che cerca il pixel adiacente successivamentecolpito ed è in grado di ricostruire correttamente i cluster con una efficienzasuperiore al 99.9% [44].L’algoritmo di tracking richiede che almeno tre cluster siano allineati percostruire una traccia. Partendo dall’ultimo piano e procedendo all’indietrorispetto alla direzione del fascio, viene definito un percorso per la posizione,dato dall’intersezione della traccia del BM con il bersaglio. Quindi tutti i

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cluster disponibili su ogni piano vicino al percorso previsto sono selezionatiper costruire una traccia.L’algoritmo di vertexing combina le tracce ricostruite in uno o più verticimassimizzando la probabilità di trovare due o più tracce nello stesso punto.Usando la simulazione MC, l’efficienza di ricostruzione di vertice ha un’effi-cienza del 98.6± 0.2%.Dati la rate di qualche kHz, e il tempo di lettura di ogni sensore pari a 115µs,c’è una probabilità non trascurabile che un evento completo (pari alla letturadi tutti i sensori del rivelatore) contenga tracce relative a multiple interazionidi particelle del fascio incidente con il bersaglio. Per distinguere le tracceche si riferiscono all’evento corrente da quelle che, invece, si riferiscono adun evento precedente o successivo avvenuto entro la finestra temporale di115µs, si utilizzerà il beam monitor (rivelatore con un tempo morto moltoinferiore a quello del vertice), che riuscirà a tracciare tutti gli ioni incidenti.Correlando le tracce ricostruite nel vertice con il punto di impatto predettodal beam monitor, si riusciranno a rimuovere dalla ricostruzione globale del-l’evento tutte le tracce relative ad interazioni avvenute prima o dopo l’eventodi interesse.Il FSTP di FOOT, sviluppato come ulteriore miglioramento del rivelatoreutilizzato nell’ambito dell’esperimento FIRST, ha prestazioni attese di rile-vazione che rispondono ai requisiti necessari ai fini dell’esperimento FOOT:un’efficienza di tracking superiore al 95%, una risoluzione di posizione dicluster migliore di 10 µm, e una risoluzione spaziale di vertice di ∼ 10 µmnel piano ortogonale alla direzione del fascio, e di ∼ 60 µm lungo la direzionedel fascio.I frammenti viaggiano in aria fino ad arrivare al calorimetro, a cui sarà affi-data la misura dell’energia del frammento, la cui distanza di volo è dell’or-dine delle decine di centimetri. Per tali motivi il contributo dello scatteringmultiplo sulla ricostruzione della traiettoria non può essere trascurato. Laconoscenza della traiettoria è cruciale per determinare l’impulso delle parti-celle tramite la loro curvatura in campo magnetico.Per quanto riguarda ilmagnete, la proposta è quella di utilizzarne uno perma-nente di 0.8 T per effettuare le misure della quantità di moto. Tale magnetedovrà essere diviso in due parti, per ridurre l’impatto dello scattering mul-tiplo in aria tra le varie stazioni di tracking. Al fine di ottenere una buonarisoluzione in impulso non basterà avere un forte bending magnetico, serviràanche che la diffusione multipla non sia troppo grande, altrimenti la misuradella deflessione risulterà troppo poco precisa. Questa configurazione sarànecessaria per fornire la giusta curvatura per i frammenti con elevata quan-tità di moto. I magneti serviranno per il calcolo del modulo dell’impulso,tramite la misura della deviazione del frammento in campo magnetico. Talemisura verrà fatta utilizzando due tracciatori, ovvero un rivelatore di verticee una camera a deriva, rispettivamente dopo il primo ed il secondo magnete.

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La proposta è utilizzare il rivelatore a pixel in silicio, sviluppato a Stra-sburgo e implementato nel rivelatore PLUME [43], costituito da due coppiedi 6 sensori di silicio, ognuno di 50 µm di spessore, con un’area attiva di 1.4cm x 12 cm. Lo spessore di 50 µm permette di minimizzare lo stragglinglaterale delle particelle che colpiscono il bersaglio di grafite o polietilene, edi ridurre la frammentazione secondaria all’interno del sensore a pochi puntipercentuali rispetto alla frammentazione sul bersaglio. La lettura di questorivelatore è la stessa realizzata nel FSPT prima del magnete, con lo stessotempo morto, e produce una risposta binaria: i pixel si accendono quandola carica depositata è più alta di una determinata soglia.I valori centrali assunti per le risoluzioni, ad oggi, derivano dalle stime chesono state effettuate sulla base della tecnologia che si pensa di utilizzaree sulle performance sperimentali di rivelatori simili a quelli ipotizzati perFOOT. Per quanto riguarda la risoluzione in impulso dei frammenti, è statoutilizzato un valore pari a dp/p = 4%, ma sono stati fatti degli studi an-che con valori della risoluzione "peggiori" di quello di riferimento aspettato(dp/p = 7%), per valutare l’impatto sulla misura di una performance nonottimale del tracciatore.La risoluzione angolare sul frammento σ(θ) = 3.7mrad è stata stimata sullabase dello scattering multiplo aspettato e della performance aspettata perFSPT secondo quanto misurato in FIRST.In cinematica inversa il valore della risoluzione angolare sul frammento con-tiene le informazioni sul valore dell’energia cinetica del frammento.

Figura 3.9: Rivelatore a Silicio: PLUME.

Per misurare l’energia e il tempo di volo dei frammenti, invece, sarà ne-cessario un calorimetro. La tecnologia proposta nell’ambito dell’esperimentoFOOT prevede l’utilizzo di un rivelatore basato su un piano di scintillatore(per la misura del tempo di volo e dE/dx) e di cristalli di BGO (progettoINSIDE [45]). Tale rivelatore si avvale della misura del dE/dx, ottenutadagli strati assorbitori, per l’identificazione della particella e di cristalli diBGO per la misura dell’energia.La combinazione del tempo di inizio, fornito dallo start counter, con il tempodi rivelazione del piano dello scintillatore, permetterà di misurare il tempodi volo, con una risoluzione temporale attesa di circa 200 ps. Tale risoluzio-ne sarà necessaria per distinguere i differenti isotopi nel momento in cui simisurano le sezioni d’urto (paragrafo 4.3). La scelta della posizione finale diquesto rivelatore è influenzata dalla risoluzione temporale ottenibile e dallacopertura angolare del calorimetro, e verrà ottimizzata utilizzando una si-

66

mulazione Monte Carlo del setup sperimentale.Il calorimetro sarà preceduto da una griglia di lastre di scintillatori plasticidi dimensioni 400 x 20 x 2.5mm3. Tale dispositivo fornirà una buona misuradel ∆E, e la conseguente identificazione dello Z della particella, insieme altempo di volo (si veda paragrafo 3.5). La proposta per l’esperimento FOOTè quella di utilizzare un calorimetro costituito da 300 cristalli di BGO didimensioni 2 x 2 x 7 cm3. Tali cristalli dovranno avere una distanza dal ber-saglio sufficiente da evitare che due frammenti colpiscano lo stesso cristallodi BGO.La segmentazione del calorimetro sarà determinata dalla separazione angola-re media delle tracce e dalla distanza del calorimetro dal bersaglio: maggio-re è la distanza e maggiore è la separazione angolare media dei frammenti,quindi minore è la segmentazione. Nello specifico, la segmentazione 2x2 cm2

deriva dalla separazione angolare media aspettata e dalla distanza previstain FOOT, limitata dalle dimensioni delle sale sperimentali di CNAO e HIT.La profondità di 7 cm è, invece, un compromesso tra il costo del calorimetroe la necessità di contenere completamente frammenti di energia cinetica finoa 200-400 MeV/u.Di fondamentale importanza è la valutazione della risoluzione in energia delcalorimetro:

σ(E)

E=

a√E⊕ b

E⊕ c (3.5)

dove a è il termine stocastico, b dipende dal rumore ed è ininfluente abasse energie, e c dipende dalle incertezze di calibrazione e determina il li-mite della risoluzione ad alte energie.Il valore aspettato per la risoluzione in energia σ(E)/E = 2%, è ottenutodallo studio delle interazioni di frammenti prodotti da fasci di protoni e He(50 MeV/u - 200 MeV/u) con cristalli di LYSO [46], considerati al momentocome possibile soluzione per il calorimetro di FOOT, insieme al BGO.Inoltre la risposta in energia del calorimetro è assunta gaussiana solo nell’80%degli eventi, attribuendo una risoluzione molto peggiore (con distribuzionepiatta) nel 20% degli eventi in cui si assume che ci sia produzione di neutroninon rivelabili dal calorimetro.Le fluttuazioni σ(m) sulla determinazione della massa del frammento dipen-dono da σ(E) e σ(p), assunte indipendenti.

67

3.5 Identificazione dei frammenti

Noto il quadrimpulso di un frammento è possibile calcolarne la massa inva-riante. Tale massa può essere utilizzata per identificare il frammento rico-struito. Per separare specie isotopiche che hanno stessa carica, è necessariodunque avere una risoluzione in massa che permetta di distinguere specie constesso numero atomico (Z) e differente numero di massa (A). La risoluzionein massa ottenibile dall’esperimento è correlata alla risoluzione sulla misuradell’impulso e del tempo di volo.La massa è data dalle misure del tempo di volo e del momento:

Mc2 =pc

β · γ(3.6)

dove γ è il fattore di Lorentz e β è pari a

β =L

ToF · c(3.7)

L’errore relativo sulla massa M è calcolabile a partire dalla conoscen-za della risoluzione temporale e alla risoluzione del momento, secondo larelazione:

∆M

M=

√(dpp

)2+(γ2

∆t

TOF

)2(3.8)

dove 3.6 e 3.7 sono utilizzate nella formula di propagazione delle incer-tezze.Il valore delle risoluzione relativa in impulso, dp/p, deriva dal tracciamentoin campo magnetico, come descritto nel paragrafo 3.4. Invece, il valore dellarisoluzione temporale è pari a ∆t = 200ps ed è la risoluzione della misuradel tempo di volo che dipende dalla risoluzione dello scintillatore 3.4 e dellostart counter 3.2.

3.6 Modellizzazione della risoluzione nella simula-zione

Si riassumono nella tabella seguente i valori assunti come miglior stima pos-sibile delle risoluzioni sperimentali aspettate per l’apparato di rivelazione(Tabella 3.1).

68

risoluzione relativa in energia σ(E)/E = 2%

risoluzione relativa in impulso σ(P )/P = 4% e σ(P )/P = 7%

risoluzione angolare sul fascio σ(θ) = 1.5mrad

risoluzione angolare sul frammento σ(θ) = 3.7mrad

Tabella 3.1: Stima delle risoluzioni sperimentali aspettate per l’apparato dirivelazione dell’esperimento FOOT.

La modellizzazione della risoluzione nella simulazione è necessaria per lacaratterizzazione della risoluzione sperimentale ottenibile nelle misure delleproprietà del fascio e dei frammenti.La precisione da ottenere nelle misure di sezione d’urto è fissata dalle applica-zioni di radiobiologia che le utilizzeranno come input per il calcolo dell’RBE.Per ottenere una modellizzazione del danno biologico indotto dalla fram-mentazione dei protoni significativamente migliorata è necessario misurarele sezioni d’urto di produzione con una incertezza relativa dell’ordine del10%, e una risoluzione minore di 2 MeV/u.Le risoluzioni sull’energia cinetica aspettate in FOOT verranno aggiornatenon appena il design dell’apparato sperimentale sarà ultimato, e saranno cal-colate nell’approccio di cinematica inversa. I valori sopra riportati sono adoggi la migliore stima che si può fare sulla base delle tecnologie al momen-to in discussione per essere implementate dentro l’esperimento FOOT. Talirisoluzioni sono state implementate nello studio MC documentato in questatesi secondo la strategia esposta qui di seguito.Dato che FOOT misura sezioni d’urto di protoni che collidono su target,usando un approccio di cinematica inversa in cui sono i costituenti di unpaziente a collidere su un target arricchito con idrogeno, bisogna conoscerebene β del fascio e la sua direzione.

Per modellizzare l’incertezza sperimentale sul quadrimpulso del fascio inci-dente si applica uno smearing sulla direzione angolare del fascio (risoluzionedata in tabella 3.1) che tiene conto dell’incertezza con cui si riesce a moni-torare l’angolo di impatto del fascio sul bersaglio, mantenendo trascurabilela risoluzione sull’energia cinetica del proiettile (nota con precisione dallamacchina acceleratrice).In cinematica inversa si è studiato l’impatto, sulle grandezze misurate, del-l’incertezza del fascio e dei frammenti separatamente per identificare qualifossero i parametri sperimentali che dominano la risoluzione finale sulla mi-sura della sezione d’urto e modificare, ove necessario, il design dell’apparatoal fine di migliorarne le prestazioni.Al fine di valutare in modo separato gli effetti sperimentali sulla misura dellasezione d’urto relativi alle incertezze sui parametri del fascio e sulla misu-ra dei frammenti, sono stati effettuati tre studi indipendenti in cui è stata

69

applicata nei vari casi:

• solo la risoluzione sperimentale alle misure dei frammenti, mantenendole informazioni di verità MC per il proiettile (Fragment Smearing -FSM);

• la risoluzione sperimentale solo al proiettile mantenendo la verità MCper frammenti (Beam Smearing - BSM);

• applicando la risoluzione sperimentale sia al fascio che al proiettile,caso più realistico (Beam and Fragment Smearing - BFSM).

In tal modo lo studio effettuato sulla simulazione ha permesso di identificarei contributi principali alla risoluzione in energia cinetica e sulla misura disezione d’urto applicando, nel caso del tracker, un correttivo al progettodell’esperimento come già discusso nel paragrafo del quadrimpulso. I risultatidi questi approcci sono presentati nel capitolo successivo.

70

Capitolo 4

Risultati

In questo capitolo sono riportati i risultati dello studio effettuato su even-ti simulati, al fine di valutare la precisione ottenibile sulle sezioni d’urto diframmentazione di fasci utilizzati in protonterapia su bersagli di ossigeno ecarbonio. Lo scopo di questo studio è quello di validare la fattibilità dellastrategia di misura proposta nell’ambito dell’esperimento FOOT. Obiettivospecifico, è studiare la risoluzione ottenibile utilizzando per la stima delle se-zioni d’urto di interesse, la sottrazione tra sezioni d’urto ottenute su bersaglidi grafite e polietilene.

4.1 Spettro dell’energia cinetica dei frammenti incinematica inversa

La simulazione MC, presentata nel terzo capitolo, è stata utilizzata per stu-diare il range atteso, angolare e di impulso, dei frammenti. La simulazioneha inoltre permesso di predire l’andamento dei frammenti in cinematica di-retta e inversa, e di valutare le performance aspettate per la misura dellecaratteristiche del fascio incidente e dei frammenti prodotti nel bersaglio.Nel capitolo 3 sono state presentate le distribuzioni aspettate per la produ-zione dei frammenti nell’interazione dei fasci incidenti di C e O su bersaglidi grafite e polietilene. Ai fini delle misure da effettuare nell’ambito dellacollaborazione FOOT, tuttavia, lo spettro di interesse è quello ottenuto peri frammenti in cinematica inversa, ovvero dopo aver effettuato la trasforma-zione dei quadrimpulsi, misurandoli nel sistema di riferimento in cui il fascioincidente è fermo.In Figura 4.1 è riportata la distribuzione dell’energia cinetica in cinematicainversa: il range in cui si distribuiscono i frammenti prodotti è minore di 15MeV (ad eccezione dell’He). Per frammenti pesanti le distribuzioni hannopochissimi bin popolati. Una risoluzione migliore di 1-2 MeV è quindi ne-cessaria per campionare le distribuzioni ad alto Z.Le distribuzioni angolari dei frammenti prodotti in cinematica inversa non so-

71

no d’interesse per il presente studio, dato che il range atteso di tali frammentiè talmente piccolo che il rilascio di energia relativo può essere considerato,ai fini della pianificazione del trattamento, locale.

Figura 4.1: Distribuzione delle energie cinetiche dei diversi frammenti, ot-tenuta, in un approccio di cinematica inversa, con la simulazione FLUKAdi interazioni di un fascio di Ossigeno di 200 MeV/u con un bersaglio diPolietilene spesso 1mm.

4.2 Misure di risoluzione

La progettazione di un apparato sperimentale avviene sulla base della preci-sione finale che si vuole ottenere sulle misure che l’esperimento si propone.Nel caso dell’esperimento FOOT, la sfida è quella di misurare le sezioni d’ur-to con una precisione relativa pari al 10% e con una risoluzione in energiacinetica (Ekin) minore di 2 MeV. Lo studio fatto in questa tesi si pone comeobiettivo quello di valutare come la risoluzione sperimentale sulle misure deiquadrimpulsi di fascio e frammenti e la loro identificazione, si riflettano poisulle misure di sezione d’urto. A partire dalla simulazione, è stata valutatala risoluzione sull’energia cinetica dei frammenti misurata in cinematica in-versa e sulle sezioni d’urto.

72

La stima della risoluzione è stata tenuta in conto quando si è trattato diidentificare un sampling sperimentale delle distribuzioni di dσ/dEkin.

Nello studio MC sono stati utilizzati i valori della risoluzione sperimentaledei rivelatori, presentati nella sezione 3.6.

4.2.1 Risoluzione in energia

La risoluzione ottenibile per le misure dell’energia cinetica (Ekin) è statavalutata confrontando le energie calcolate tenendo conto dell’imprecisionedovuta al processo di misura (energia misurata o Emeas) con i corrispondentivalori relativi alla simulazione dell’evento (energia vera o Etrue). La risolu-zione è definita tramite lo studio della distribuzione di ∆(E) = Emeas−Etruee permette di valutare la precisione ottenibile nelle misure dell’energia deiframmenti.Per produrre le distribuzioni di risoluzione, è stata applicata una preselezio-ne agli eventi simulati: sono stati considerati solo eventi in cui era presenteuna interazione di scattering anelastico avvenuta all’interno del bersaglio erichiedendo che il frammento prodotto avesse energia sufficiente ad usciredal bersaglio. Il valore della risoluzione è stato assunto pari dalla deviazionestandard della distribuzione di ∆(E).La distribuzione di ∆(E), riportata in Figura 4.2 nel caso di un fascio siOssigeno, è dovuta alla combinazione di diversi effetti: limitata precisionesperimentale nella misura del quadrimpulso della particella incidente e, incinematica inversa, limitata precisione ottenibile sulla direzione incidente delfascio. L’effetto dello scattering multiplo, combinato agli altri effetti citatidà, come risultato, una distribuzione non gaussiana e non centrata a zero.

73

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

10

20

30

40

50310×

Mean 0.003755±0.44 −

Std Dev 0.002655± 2.684

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u0

1

2

3

4

5

6310×

Mean 0.009459±0.5135 −

Std Dev 0.006688± 2.015

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

310×Mean 0.01268±0.5504 −

Std Dev 0.008968± 1.788

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

310×Mean 0.009102±0.5626 −

Std Dev 0.006436± 1.346

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

12

310×Mean 0.005689±0.5818 −

Std Dev 0.004022± 1.243

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

310×Mean 0.004794±0.5757 −

Std Dev 0.00339± 1.116

He Li Be

B C N

Figura 4.2: Risoluzione in energia, per un fascio di Ossigeno, con energiacinetica pari a 200 MeV/u, che collide su un bersaglio di grafite. Confi-gurazione di cinematica inversa, con smearing del fascio e del frammento eσ(P )/P = 4%.

La deviazione Standard è una buona stima della risoluzione, ma come sinota nei diversi grafici, le distribuzioni presentano delle code asimmetriche.Ulteriori studi sono necessari per capire l’origine e l’eventuale possibilità dicorrezione di tali andamenti asimmetrici.

È stato valutato l’impatto della risoluzione in impulso ottenibile con iltracciatore, nell’ipotesi di design del rivelatore con σ(P )/P = 4% e nell’i-potesi peggiorativa (σ(P )/P = 7%) sulla risoluzione sull’energia cinetica incinematica inversa.Nelle due ipotesi si ottengono le tabelle 4.1 e 4.2, nelle quali sono riportatii valori delle risoluzioni ottenute con i due valori di risoluzione relativa del-l’impulso, per lo smearing BFSM [3.6], rispettivamente utilizzando il fasciodi Ossigeno, o il fascio di Carbonio, su bersaglio di grafite.

74

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

20

40

60

80

100

310×Mean 0.00298±0.3056 −

Std Dev 0.002107± 2.485

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

12

14

310×Mean 0.007891±0.3568 −

Std Dev 0.00558± 2.033

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

1

2

3

4

5

6

7

8

310×Mean 0.01003±0.3674 −

Std Dev 0.007092± 1.889

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

310×Mean 0.005118±0.3965 −

Std Dev 0.003619± 1.282

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

5

10

15

20

25

30

310×Mean 0.003797±0.4001 −

Std Dev 0.002685± 1.22

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

Mean 0.5015±0.2769 −

Std Dev 0.3546± 2.606

He Li Be

B C

Figura 4.3: Risoluzione in energia, per un fascio di Carbonio, con energiacinetica pari a 95 MeV/u, che collide su un bersaglio di grafite. Configu-razione di cinematica inversa, con smearing del fascio e del frammento eσ(P )/P = 4%.

75

He [MeV/u] Li [MeV/u] Be [MeV/u] B [MeV/u] C [MeV/u] N [MeV/u]BFSM 4% 2.68 2.01 1.79 1.35 1.24 1.12BFSM 7% 3.16 2.65 2.43 1.97 1.84 1.72

Tabella 4.1: Valori delle risoluzioni ottenute con due valori di risoluzionerelativa dell’impulso (σ(P )/P = 4% e σ(P )/P = 7%), per smearing BFSM,per un fascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collidesu un bersaglio di grafite spesso 1mm.

He [MeV/u] Li [MeV/u] Be [MeV/u] B [MeV/u] C [MeV/u]BFSM 4% 2.48 2.03 1.89 1.28 1.22BFSM 7% 3.01 2.44 2.24 1.49 1.41

Tabella 4.2: Valori delle risoluzioni ottenute con due valori di risoluzionerelativa dell’impulso (σ(P )/P = 4% e σ(P )/P = 7%), per smearing BFSM,per un fascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collidesu un bersaglio di grafite spesso 1mm.

Come si nota nelle tabelle 4.1 e 4.2, l’RMS delle distribuzioni di ∆(E)aumenta all’aumentare di σ(P )/P . La risoluzione in energia cinetica, adalto Z, è inferiore ai 2 MeV che si prefigge di raggiungere l’esperimento. Nelcaso dell’He e del Li, tuttavia, si ottengono valori vicino a 2 MeV. Per taliframmenti sarà necessario definire delle strategie di selezione degli eventi chepermettano di identificare un campione di frammenti con la risoluzione ri-chiesta per le applicazione radioterapiche, rigettando gli eventi che popolanole code lontano dal picco.

76

4.2.2 Risoluzione angolare

I valori della risoluzione angolare che si ottengono (tabella 4.3), dalla RMSdelle distribuzioni di ∆(θ), sono dell’ordine della decina di gradi e dimo-strano che nell’approccio di cinematica inversa la direzione di emissione delframmento è una grandezza non misurabile con una precisione sperimentalesoddisfacente. L’incertezza introdotta dalla risoluzione limitata sulla direzio-ne del fascio e sull’impulso del frammento fanno sì che, una volta effettuatala trasformazione di Lorentz, l’informazione sulla direzione di produzionedel frammento abbia una grande incertezza. Non è significativo produrredelle sezioni d’urto, in cinematica inversa, in funzione dell’angolo misurato.Tuttavia la limitata risoluzione angolare non ha alcun impatto nella mo-dellizzazione della perdita di energia dei frammenti nei TPS: i frammentiprodotti hanno dei range nel paziente talmente ridotti (O(10 µm)) da ren-dere irrilevante la conoscenza della direzione di emissione.

He Li Be B C NBFSM 4% 22.66 26.45 29.80 40.45 52.78 65.5

Tabella 4.3: Valori delle risoluzioni angolari ottenute con σ(P )/P = 4% esmearing del fascio e del frammento, per un fascio di Ossigeno con energiacinetica pari a 200 MeV/u che collide su un bersaglio di grafite spesso 1mm.

77

4.3 Identificazione della popolazione isotopica deiframmenti

È importante sottolineare la difficoltà che si ha nel separare differenti iso-topi a parità di carica Z, usando solo la massa. All’aumentare della carica,infatti, è sempre più complicato distinguere i vari isotopi. Come si vede neiplot nelle figure sottostanti, se gli isotopi dell’He (Fig. 4.4) sono facilmentedistinguibili, questo non vale per Z via via più alti, come si può notare nelcaso dell’azoto (Fig. 4.5).

] (p,ToF)2M [GeV/c1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5 5.5 6

)ki

n] (

p,E

2M

[GeV

/c

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

He3

He4

Figura 4.4: Distribuzione 2D delle masse di diversi isotopi dell’He calcolateutilizzando le misure di impulso e TOF, e rispettivamente, di impulso edenergia cinetica, ottenute con la simulazione FLUKA di un fascio di Ossigenocon energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su un bersaglio di grafitespesso 1mm.

78

] (p,ToF)2M [GeV/c8 10 12 14 16 18 20

)ki

n] (

p,E

2M

[GeV

/c

8

10

12

14

16

18

20N13

N14

N15

Figura 4.5: Distribuzione 2D delle masse dei diversi isotopi dell’azoto calco-late utilizzando le misure di impulso e TOF, e rispettivamente, di impulsoed energia cinetica, ottenute con la simulazione FLUKA di un fascio di Os-sigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su un bersaglio digrafite spesso 1mm.

79

L’energia cinetica utilizzata per la misura della massa è in realtà l’ener-gia cinetica del frammento misurata nel calorimetro ben calibrato, diversada quella calcolata nella formula 3.1.Si vede infatti che, graficando la distribuzione delle masse dei diversi isotopidi N calcolate a partire dalle misure di impulso e TOF, o impulso ed energiacinetica, queste risultano sovrapposte.Data la difficoltà nel separare le specie isotopiche ad alto Z, con le risoluzio-ni sperimentali ad oggi attese in FOOT, per quantificare correttamente lacapacità di identificare frammenti diversi è necessaria un’analisi multivaria-ta, che tenga conto di tutte le informazioni disponibili, come ad esempio ladimensione dei cluster nel vertice, il TOF, l’impulso, l’energia cinetica e ildE/dx.

80

4.4 Misure di sezioni d’urto

Le sezioni d’urto di frammentazione differenziali, per l’energia cinetica nor-malizzata (Ekin) ed in funzione dell’angolo (θ) nel caso della sola cinematicadiretta, rispetto all’asse del fascio, per la produzione dell’i isotopo A

ZX, conZ numero atomico e A numero di massa, sono definite nel seguente modo:

dσidΩ

(θ) =Yi(θ)

NC ·NTG ·∆Ω · εitrk(θ)(4.1)

dσidEkin

(Ekin) =Yi(Ekin)

NC ·NTG ·∆Ekin · εitrk(Ekin)(4.2)

dove Yi è il numero dei frammenti ricostruibili, ovvero quelli che esco-no dal bersaglio, per l’i isotopo, in un intervallo angolare ∆Ω o di energia∆Ekin. NTG è il numero di particelle nel bersaglio per unità di superficie, NC

è il numero di ioni 12C (o 16O, a seconda del fascio utilizzato) che colpisconoil bersaglio, e εitrk è l’efficienza di ricostruzione del tracking per l’i isotopo.In generale, εitrk è definita come il rapporto tra il numero di tracce ricostruitee il numero di tracce generate con MC che escono dal bersaglio nell’intervalloangolare di accettanza del magnete. Nel presente lavoro di tesi, tuttavia, siè assunto pari a 1 il valore di tale efficienza, perché si è utilizzata la veritàMonte Carlo senza implementare gli algoritmi di tracciamento delle parti-celle. Gli effetti sperimentali del rivelatore, come già descritto nel paragrafo3.6, sono stati simulati applicando delle fluttuazioni alla verità MC.Il numero di particelle del bersaglio, per unità di superficie, è dato daNTG = (ρdNA)/A, dove ρ e d sono rispettivamente la densità e lo spes-sore del bersaglio, NA è il numero di Avogadro, e A il numero di massa delbersaglio.

4.4.1 Sezioni d’urto in cinematica diretta e inversa

Le sezioni d’urto differenziali sono state misurate in funzione del numero ato-mico dei frammenti prodotti nell’interazione del fascio con i diversi bersagli.Si riportano in appendice gli andamenti aspettati delle sezioni d’urto dif-ferenziali calcolate per angolo ed energia cinetica per fasci di Ossigeno conenergia cinetica pari a 200 MeV/u e Carbonio con energia cinetica pari a 95MeV/u. Gli andamenti sono stati ottenuti con una statistica MC relativa adun campione di dati che potrebbe essere acquisito in una giornata di presadati alla massima rate compatibile con il tempo morto introdotto dal soft-ware di acquisizione dati (qualche kHz).In Figura 4.6 sono riportati i grafici delle sezioni d’urto in funzione dell’ener-gia cinetica, rispettivamente di frammenti di He e N prodotti nell’interazionedi un fascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u su di un ber-saglio di grafite spesso 1 mm.

81

In Figura 4.7 sono riportati gli analoghi andamenti nel caso di un fascio diCarbonio di 95 MeV/u che interagisce sempre con un bersaglio di 1 mm digrafite.

Nei plot si possono identificare due popolazioni di eventi: quelli in cui ilframmento ha circa la stessa energia cinetica del fascio incidente (che sonoquelli di interesse per lo studio in cinematica inversa) e quelli che hannoenergia cinetica molto minore (non rilevanti al fine dello studio di FOOT).In Figura 4.8 sono riportati i grafici delle sezioni d’urto in funzione dell’ener-gia cinetica, rispettivamente di frammenti di He e N prodotti nell’interazionedi un fascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u su di un ber-saglio di grafite spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica inversa.In Figura 4.9 sono riportati gli analoghi andamenti, in cinematica inversa,nel caso di un fascio di Carbonio di 95 MeV/u che interagisce sempre con unbersaglio di 1 mm di grafite.

L’implementazione dei necessari algoritmi di deconvoluzione per le misuredi sezione d’urto in funzione dell’energia cinetica è uno dei futuri sviluppidel presente lavoro.

82

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2 He

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8N

Figura 4.6: Sezioni d’urto relative alla produzione di frammenti di He e N infunzione dell’energia cinetica, nel caso di un fascio con energia cinetica paria Ossigeno di 200 MeV/u che collide su bersaglio di grafite spesso 1 mm,nell’approccio di cinematica diretta.

83

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6

7He

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3 B

Figura 4.7: Sezioni d’urto relative alla produzione di frammenti di He e B infunzione dell’energia cinetica, nel caso di un fascio di Carbonio con energiacinetica pari a 95 MeV/u che collide su bersaglio di grafite spesso 1 mm,nell’approccio di cinematica diretta.

84

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

5

10

15

20

25He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

02468

101214161820 N

Figura 4.8: Sezioni d’urto relative alla produzione di frammenti di He e N infunzione dell’energia cinetica, nel caso di un fascio di Ossigeno con energiacinetica pari a 200 MeV/u che collide su bersaglio di grafite spesso 1 mm,nell’approccio di cinematica inversa.

85

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd 10

20

30

40

50He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14 B

Figura 4.9: Sezioni d’urto relative alla produzione di frammenti di He e B infunzione dell’energia cinetica, nel caso di un fascio di Carbonio con energiacinetica pari a 95 MeV/u che collide su bersaglio di grafite spesso 1 mm,nell’approccio di cinematica inversa.

86

4.4.2 Differenze di sezioni d’urto in cinematica diretta e in-versa

La stima della sezione d’urto di interesse per FOOT, si ottiene tramite il cal-colo della differenza delle sezioni d’urto, in cinematica inversa, su polietilenee grafite:

dσidΩ

(H) =1

4·(dσidΩ

(C2H4)− 2 · dσidΩ

(C))

(4.3)

Come si può notare dai grafici riportati in questa sezione, l’approccio dimisura delle sezioni d’urto di frammenti X per fasci di C ed O che colpisconobersagli di grafite e polietilene in cinematica inversa, utilizzate per stimare laproduzione di frammenti per fasci di C ed O su bersagli di H, può considerarsivalidato. Infatti, le sezioni d’urto σ(H → X), calcolate con la simulazioneMonte Carlo diretta, sono in accordo, entro le incertezze statistiche, con ilrisultato ottenuto per differenza ∆σ(C2H4 − C).La validazione dell’approccio di misura deve essere completato con un’ultimoconfronto: serve studiare le interazioni, in una simulazione MC, in cui unfascio protoni collide su un bersaglio di Carbonio e su uno di Ossigeno.

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6 Li) →(C,C2H4 σ ∆

Li) →(H σ

Figura 4.10: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione per l’energiacinetica, rispettivamente di frammenti di He e Li, in cinematica inversa, nelcaso di un fascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u.

Il risultato ottenuto direttamente dalla simulazione MC, mostrati in fi-gura 4.10, in cui un fascio di Ossigeno collide con un bersaglio di idrogenoliquido è in ottimo accordo con quanto stimato dallo studio delle collisionisu bersagli di polietilene e grafite. Per quanto riguarda la frammentazione

87

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14 He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6

B) →(C,C2H4 σ ∆

B) →(H σ

Figura 4.11: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione per l’energiacinetica, rispettivamente di frammenti di He e B, in cinematica inversa, nelcaso di un fascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u.

indotta da un fascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u, mo-strata in figura 4.11, l’accordo osservato è meno soddisfacente. In appendiceè possibile verificare che lo scarso accordo, tra la sezione d’urto stimata comedifferenza e quella ottenuta direttamente su bersaglio di idrogeno liquido, èpresente sia in cinematica diretta che in cinematica inversa. In particolarela sezione d’urto in cinematica diretta B.5 evidenzia come, in simulazione,la produzione di frammenti su bersagli di polietilene e di grafite avvengacon una energia media leggermente diversa. L’andamento osservato per ladifferenza di sezioni d’urto intorno al picco di energia di produzione si spiegafacilmente ipotizzando una differenza sistematica sull’energia media che hail fascio incidente quando vengono prodotti i frammenti. Tale effetto diventatrascurabile nel caso di interazioni effettuate con fasci di energia cinetica paria 200 MeV/u, dove un ottimo accordo si osserva anche per fasci di Carbonio.

88

4.4.3 Incertezza relativa sulle misure di sezioni d’urto

La precisione relativa che deve essere ottenuta sulle misure di sezioni d’urto,ai fini delle applicazioni nella modellizzazione delle interazioni nucleari neisoftware di pianificazione del trattamento, è del 10%.Nelle Figure 4.12 e 4.13 sono riportati gli andamenti dell’incertezza statisticarelativa per la misura di sezione d’urto in cinematica inversa per eventi dicollisione di O e di C. Con le linee rosse si evidenzia la regione del 10%dell’incertezza relativa e si nota che i requisiti sono soddisfatti fino ad energiepari a 7 MeV/u per frammenti di He e 2 MeV/u per frammenti di N.

Figura 4.12: Errore relativo sulla sezione d’urto misurata nell’approccio di incinematica inversa, ottenuto con simulazione FLUKA di un fascio di Ossigenocon energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su bersagli di grafite ePolietilene spessi 1 mm.

I punti con errore relativo nullo sono relativi ai bin in cui il valore delladifferenza delle sezioni d’urto risulta essere consistente con zero entro 2σ e,conseguentemente, il valore della sezione d’urto è stato posto uguale a zero.Con le risoluzioni sperimentali assunte si dimostra, pertanto, che l’esperi-mento FOOT può misurare le sezioni d’urto con la precisione richiesta.

89

Figura 4.13: Errore relativo sulla sezione d’urto misurata nell’approccio diin cinematica inversa, ottenuto con simulazione FLUKA di un fascio di Car-bonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collide su bersagli di grafitee Polietilene spessi 1 mm.

90

Conclusioni e sviluppi futuri

Il presente lavoro di tesi ha dimostrato la fattibilità dell’esperimento FOOTche si prefigge misure di frammentazione indotte da fasci utilizzati nella pro-tonterapia.FOOT si propone di effettuare tali misure in un approccio di cinematicainversa, in cui sono gli elementi principali che costituiscono il corpo del pa-ziente a colpire il fascio e le sezioni d’urto totali si ottengono tramite lacombinazione delle sezioni d’urto misurate per i singoli elementi.Lo studio Monte Carlo è stato effettuato su un campione statistico equiva-lente a quello ottenibile in un giorno di presa dati effettuata alla rate attesaper l’acquisizione di FOOT (pochi kHz).La stima ottenuta della precisione relativa sulle misure di sezioni d’urto èdell’ordine del 10%, e i valori di risoluzione in energia ottenuti sono minoridi 2 MeV. Tali precisioni permetteranno un miglioramento della modellizza-zione dell’RBE dei protoni in funzione del loro percorso nel paziente ed unamigliore adesione alla realtà della pianificazione del trattamento.I risultati del presente lavoro di tesi hanno apportato un’importante con-tribuito alla configurazione dell’apparato sperimentale: il magnete propostosarà diviso in due parti al fine di ridurre la diffusione multipla che avvienein aria tra le diverse stazioni di tracciamento, per ottenere la misura delladeflessione maggiormente precisa.Gli sviluppi del lavoro presentato in questa tesi, per quanto riguarda lo studiodella risoluzione in energia e la separazione delle popolazioni isotopiche deiframmenti, prevedono lo studio dell’impatto sulla risoluzione di una simu-lazione più dettagliata di effetti di rivelatore al momento trascurati (fondo,crosstalk, inefficienze).Al fine di migliorare la separazione isotopica dei frammenti ad alto Z, perpermetterne una buona identificazione, verrà implementato un fit cinematicocombinato, che userà tutte le grandezze misurate dai vari apparati, tenendodebitamente in conto tutte le correlazioni presenti tra le misure effettuate.Per quanto riguarda lo studio delle sezioni d’urto, invece, sarà necessario oc-cuparsi della validazione dell’approccio di misura, completandolo con un’ul-timo confronto: servirà studiare le interazioni, in una simulazione MC, in cuiun fascio protoni collide su un bersaglio di Carbonio e su uno di Ossigeno.Utilizzando le misure effettuate dall’esperimento FOOT si potrà migliorare

91

la modellizzazione dell’ RBE di un fascio di protoni. I risultati dell’espe-rimento FOOT permetteranno un miglioramento dell’algoritmo attualmen-te utilizzato nel TPS della terapia con protoni, tenendo conto degli effettibiologici dovuti alla frammentazione del bersaglio.

92

Appendice A

Sezioni d’urto

93

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2 He

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

50

100

150

200

250

3−10×

Li

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

20

40

60

80

100

120

140

3−10×

Be

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

50

100

150

200

250

3−10×

B

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

500

600

700

800

3−10×

C

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8N

Figura A.1: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia ci-netica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N, nel caso di unfascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su unbersaglio di grafite spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica diretta.

94

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6

7He

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

200

400

600

800

3−10×

Li

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

500

3−10×

Be

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1 B

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5C

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6N

Figura A.2: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia ci-netica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N, nel caso di unfascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su unbersaglio di polietilene spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica diretta.

95

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

500

600

700

3−10×

He

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

20

40

60

80

100

3−10×

Li

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

10

20

30

40

50

603−10×

Be

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

20

40

60

80

100

120

1403−10×

B

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

5003−10×

C

[GeV/u]kinE

0 50 100 150 200 250 300 350 4003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

500

600

3−10×

N

Figura A.3: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia ci-netica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N, nel caso di unfascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su unbersaglio di H spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica diretta.

96

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6

7He

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd0

0.2

0.4

0.6

0.8

1Li

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

500

600

700

3−10×

Be

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3 B

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6 C

Figura A.4: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia cine-tica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C, nel caso di un fasciodi Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collide su un bersagliodi grafite spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica diretta.

97

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18He

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3Li

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.60.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8 Be

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

B

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

5

10

15

20 C

Figura A.5: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia cine-tica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C, nel caso di un fasciodi Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collide su un bersagliodi polietilene spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica diretta.

98

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4He

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

50

100

150

200

3−10×

Li

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

20

40

60

80

100

120

140

3−10×

Be

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

5003−10×

B

[GeV/u]kinE

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2003−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

200

400

600

800

3−10×

C

Figura A.6: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia cine-tica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C, nel caso di un fasciodi Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collide su un bersagliodi H spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica diretta.

99

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

5

10

15

20

25He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4Li

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0.20.40.60.8

11.21.41.61.8

22.2

Be

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5B

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14C

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

02468

101214161820 N

Figura A.7: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia ci-netica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N, nel caso di unfascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su unbersaglio di grafite spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica inversa.

100

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

10

20

30

40

50

60

70

80

90 He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd 2

4

6

8

10

12

14Li

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6

7

8Be

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

02

4

6

8101214

1618

20B

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14C

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

02468

101214161820 N

Figura A.8: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia ci-netica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N, nel caso di unfascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su unbersaglio di polietilene spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica inversa.

101

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10 He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4 Li

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

100

200

300

400

500

600

700

800

3−10×

Be

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2

2.5B

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14C

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

σd

02468

101214161820 N

Figura A.9: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energia ci-netica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N, nel caso di unfascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200 MeV/u che collide su unbersaglio di polietilene spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica inversa.

102

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd 10

20

30

40

50He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

σd0

1

2

3

4

5

6

7

8Li

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5 Be

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14 B

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

5

10

15

20

25

30

C

Figura A.10: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energiacinetica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C, nel caso di unfascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collide su unbersaglio di grafite spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica inversa.

103

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

0.14

310×

He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

5

10

15

20

25 Li

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

Be

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

10

20

30

40

50 B

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

310×

C

Figura A.11: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energiacinetica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C, nel caso di unfascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collide su unbersaglio di polietilene spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica inversa.

104

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd 10

20

30

40

50He

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd0

1

2

3

4

5

6

7

8Li

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5 Be

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14 B

[GeV/u]kinE

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 103−10×

/dE

[b

/bin

siz

e (G

eV)]

σd

0

5

10

15

20

25

30

C

Figura A.12: Sezioni d’urto di frammentazione differenziali per l’energiacinetica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C, nel caso di unfascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u che collide su unbersaglio di H spesso 1 mm, nell’approccio di cinematica inversa.

105

106

Appendice B

Differenze di sezioni d’urto

107

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6 Li) →(C,C2H4 σ ∆

Li) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.5

1

1.5

2

2.5 B) →(C,C2H4 σ ∆

B) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9 Be) →(C,C2H4 σ ∆

Be) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9 C) →(C,C2H4 σ ∆

C) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10 N) →(C,C2H4 σ ∆

N) →(H σ

Figura B.1: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione per l’energia ci-netica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N in cinematicainversa, nel caso di un fascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200MeV/u e con smearing applicato al fascio e al frammento.

108

[GeV/u]kinE0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7 He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[GeV/u]kinE0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1 Li) →(C,C2H4 σ ∆

Li) →(H σ

[GeV/u]kinE0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

10

20

30

40

50

60

3−10×

Be) →(C,C2H4 σ ∆

Be) →(H σ

[GeV/u]kinE0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

0.14 B) →(C,C2H4 σ ∆

B) →(H σ

[GeV/u]kinE0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5 C) →(C,C2H4 σ ∆

C) →(H σ

[GeV/u]kinE0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6 N) →(C,C2H4 σ ∆

N) →(H σ

Figura B.2: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione in funzione del-l’energia cinetica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N incinematica diretta, nel caso di un fascio di Ossigeno con energia cinetica paria 200 MeV/u.

109

[deg]θ0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

[b

/sr]

Ω/dσd

0

2

4

6

8

10

12

14

16 He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3 Li) →(C,C2H4 σ ∆

Li) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2 Be) →(C,C2H4 σ ∆

Be) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

1

2

3

4

5

B) →(C,C2H4 σ ∆

B) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

5

10

15

20

25 C) →(C,C2H4 σ ∆

C) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

10

20

30

40

50 N) →(C,C2H4 σ ∆

N) →(H σ

Figura B.3: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione in funzione del-l’angolo, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B, C e N in cinematicadiretta, nel caso di un fascio di Ossigeno con energia cinetica pari a 200MeV/u.

110

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14 He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×/d

E [

b/b

in s

ize(

GeV

)]σd

0

0.5

1

1.5

2

2.5

Li) →(C,C2H4 σ ∆

Li) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

1

2

3

4

5

6

B) →(C,C2H4 σ ∆

B) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2 Be) →(C,C2H4 σ ∆

Be) →(H σ

[GeV/u]kinE0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

3−10×

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

2

4

6

8

10

12

14 C) →(C,C2H4 σ ∆

C) →(H σ

Figura B.4: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione per l’energia cine-tica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C in cinematica inversa,nel caso di un fascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95 MeV/u e consmearing applicato al fascio e al frammento.

111

[GeV/u]kinE0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2 He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[GeV/u]kinE0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.05

0.1

0.15

0.2 Li) →(C,C2H4 σ ∆

Li) →(H σ

[GeV/u]kinE0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

0.14

0.16 Be) →(C,C2H4 σ ∆

Be) →(H σ

[GeV/u]kinE0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

0.2−

0

0.2

0.4

0.6

0.8

B) →(C,C2H4 σ ∆

B) →(H σ

[GeV/u]kinE0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2

/dE

[b

/bin

siz

e(G

eV)]

σd

1−

0.5−

0

0.5

1

1.5

2

2.5 C) →(C,C2H4 σ ∆

C) →(H σ

Figura B.5: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione in funzione del-l’energia cinetica, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C incinematica diretta, nel caso di un fascio di Carbonio con energia cineticapari a 95 MeV/u.

112

[deg]θ0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

[b

/sr]

Ω/dσd

0

2

4

6

8

10 He) →(C,C2H4 σ ∆

He) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3 Li) →(C,C2H4 σ ∆

Li) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

0.5

1

1.5

2

2.5 Be) →(C,C2H4 σ ∆

Be) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

1

2

3

4

5

6

7

8 B) →(C,C2H4 σ ∆

B) →(H σ

[deg]θ0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

[b

/sr]

Ω/dσd

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

22 C) →(C,C2H4 σ ∆

C) →(H σ

Figura B.6: Differenze di sezioni d’urto di frammentazione in funzione del-l’angolo, rispettivamente di frammenti di He, Li, Be, B e C in cinematicadiretta, nel caso di un fascio di Carbonio con energia cinetica pari a 95MeV/u.

113

114

Appendice C

Risoluzione

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

5

10

15

20

25

30

35310×

Mean 0.004567±0.7983 −

Std Dev 0.00323± 3.163

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

310×Mean 0.0126±0.9753 −

Std Dev 0.008906± 2.647

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2310×

Mean 0.01738±1.064 −

Std Dev 0.01229± 2.427

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

310×Mean 0.01334±1.157 −

Std Dev 0.009434± 1.965

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

1

2

3

4

5

6

7

8

310×Mean 0.008423±1.206 −

Std Dev 0.005956± 1.835

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

12

310×Mean 0.007414±1.225 −

Std Dev 0.005243± 1.723

He Li Be

B C N

Figura C.1: Risoluzione in energia cinetica, per un fascio di Ossigeno, conenergia cinetica pari a 200 MeV/u, che collide su un bersaglio di grafite. Con-figurazione di cinematica inversa, con smearing del fascio e del frammento eσ(P )/P = 7%.

115

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

5

10

15

20

25

30

310×Mean 0.004659±0.4715 −

Std Dev 0.003294± 2.489

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

310×Mean 0.01172±0.5206 −

Std Dev 0.008287± 1.893

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

310×Mean 0.01498±0.5476 −

Std Dev 0.01059± 1.672

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

310×Mean 0.01019±0.5708 −

Std Dev 0.007207± 1.315

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

310×Mean 0.00587±0.573 −

Std Dev 0.00415± 1.188

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

12

14310×

Mean 0.005503±0.5791 −

Std Dev 0.003891± 1.118

He Li Be

B C N

Figura C.2: Risoluzione in energia cinetica, per un fascio di Ossigeno, conenergia cinetica pari a 200 MeV/u, che collide su un bersaglio di polieti-lene. Configurazione di cinematica inversa, con smearing del fascio e delframmento e σ(P )/P = 4%.

116

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

1

2

3

4

5

6

310×Mean 0.007242±0.5689 −

Std Dev 0.005121± 1.492

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

100

200

300

400

500

600

700

800Mean 0.02031±0.5768 −

Std Dev 0.01436± 1.347

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450 Mean 0.02797±0.5841 −

Std Dev 0.01978± 1.354

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

310×Mean 0.01835±0.577 −

Std Dev 0.01297± 1.215

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

310×Mean 0.01099±0.5857 −

Std Dev 0.007772± 1.201

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

310×Mean 0.01075±0.574 −

Std Dev 0.0076± 1.117

He Li Be

B C N

Figura C.3: Risoluzione in energia cinetica, per un fascio di Ossigeno, conenergia cinetica pari a 200 MeV/u, che collide su un bersaglio di idroge-no. Configurazione di cinematica inversa, con smearing del fascio e delframmento e σ(P )/P = 4%.

117

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

10

20

30

40

50

60

70

80

310×Mean 0.003684±0.4607 −

Std Dev 0.002605± 3.005

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

310×Mean 0.009598±0.585 −

Std Dev 0.006787± 2.442

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

1

2

3

4

5

6

310×Mean 0.01202±0.5977 −

Std Dev 0.008497± 2.24

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

12

14

310×Mean 0.00596±0.6908 −

Std Dev 0.004215± 1.491

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

5

10

15

20

25310×

Mean 0.00438±0.6956 −

Std Dev 0.003097± 1.406

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5 Mean 0.8038±0.4399 −

Std Dev 0.5684± 4.177

He Li Be

B C

Figura C.4: Risoluzione in energia cinetica, per un fascio di Carbonio, conenergia cinetica pari a 95 MeV/u, che collide su un bersaglio di grafite. Con-figurazione di cinematica inversa, con smearing del fascio e del frammento eσ(P )/P = 7%.

118

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

10

20

30

40

50

310×Mean 0.003916±0.326 −

Std Dev 0.002769± 2.256

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

1

2

3

4

5

6

7

8310×

Mean 0.01009±0.3716 −

Std Dev 0.007135± 1.842

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u0

1

2

3

4

5310×

Mean 0.0123±0.3614 −

Std Dev 0.008698± 1.705

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

310×Mean 0.00685±0.4053 −

Std Dev 0.004844± 1.264

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

22

310×Mean 0.00498±0.4122 −

Std Dev 0.003521± 1.222

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

20

40

60

80

100 Mean 0.07538±0.4484 −

Std Dev 0.0533± 1.321

He Li Be

B C

Figura C.5: Risoluzione in energia cinetica, per un fascio di Carbonio, conenergia cinetica pari a 95 MeV/u, che collide su un bersaglio di polieti-lene. Configurazione di cinematica inversa, con smearing del fascio e delframmento e σ(P )/P = 4%.

119

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

2

4

6

8

10

310×Mean 0.005926±0.3936 −

Std Dev 0.00419± 1.364

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

310×Mean 0.0152±0.373 −

Std Dev 0.01075± 1.171

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1310×

Mean 0.02004±0.3939 −

Std Dev 0.01417± 1.25

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

0.5

1

1.5

2

2.5310×

Mean 0.01392±0.4078 −

Std Dev 0.009845± 1.189

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

1

2

3

4

5

310×Mean 0.01008±0.4096 −

Std Dev 0.007131± 1.169

[MeV/u]true - EmeasE10− 8− 6− 4− 2− 0 2 4 6 8 10

entr

ies

/ 0.2

MeV

/u

0

5

10

15

20

25

30

35

40

Mean 0.1123±0.515 −

Std Dev 0.07941± 1.261

He Li Be

B C

Figura C.6: Risoluzione in energia cinetica, per un fascio di Carbonio, conenergia cinetica pari a 95 MeV/u, che collide su un bersaglio di idroge-no. Configurazione di cinematica inversa, con smearing del fascio e delframmento e σ(P )/P = 4%.

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124

Ringraziamenti

Finalmente è arrivato il tanto atteso traguardo, dopo cinque intensi anni.Ringrazio il Prof. R. Faccini e il Prof. V. Patera per avermi dato l’op-portunità di svolgere questo lavoro di tesi e in particolar modo ringrazio ilProf. Alessio Sarti, mio correlatore, per avermi guidato con tanta dedizionein questi mesi.Caro Alessio, grazie per tutto quello che mi hai insegnato, grazie per la pa-zienza che hai avuto. Mi reputo molto fortunata nell’averti incontrato perchégrazie alla passione per il tuo lavoro hai cercato ogni giorno di farmi capirea fondo le cose che mi spiegavi. Il tuo essere puntiglioso mi ha spesso messoa dura prova, lo ammetto, ma è grazie a te che ora so guardare con occhiocritico tante cose!!! Grazie per la tua disponibilità, per i tuoi consigli e perla gioia che mi hai trasmesso anche nei giorni in cui le cose non andavano nelverso giusto. Non poteva capitarvi persona più competente di te. È statoun onore per me essere la tua prima tesista!Questi due anni di laurea magistrale sono volati, tanti sono stati i sacrificie tante le fatiche, ma si sa che le cose più belle non sono mai facili da rag-giungere.Il mio primo pensiero va sempre ad una persona speciale che ormai ha unposto in prima fila come spettatrice della mia vita da qualche anno. NonnaPacina, sono certa che sei fiera di me e che, anche se da lassù, hai vissutocon me tutti i momenti di questi anni, tutte le gioie e tutte le mie paure.Avrei voluto averti accanto a me per abbracciarti, per sentirti gridare "Lapiccen’ d’a nonn’ ", ma posso solo dedicarti questo mio traguardo, perché sesono qui oggi lo devo anche a te.Grazie Nonno Tonino, perché con la tua calma hai sempre voluto render-mi serena. Mi fa commuovere la tua voce che trema quando al telefono tiracconto dei miei passi e so che trattieni qualche lacrima quando pensi cheavresti voluto condividere queste gioie con la Nonna accanto. Tutte le volteche ti chiedo se sei contento e mi rispondi "Contentissimo al nonno!" mirendi la nipote più felice del mondo. Grazie per tutto quello che hai fatto efai per me.Questo lavoro di tesi lo dedico con tutto il cuore alla persona più importan-te della mia vita, mio marito, Renato. Grazie a te amore, grazie per tuttele volte che mi hai dato coraggio, grazie per tutti i momenti in cui mi hai

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tenuto la mano per darmi forza mentre ripassavo, grazie per tutti gli esamiche hai ascoltato ripetere. So quanto sia stata dura starmi accanto, soprat-tutto nell’ultimo periodo, hai avuta tanta pazienza, lo riconosco! Ed è perquesto che questo traguardo è in gran parte anche tuo. Senza di te al miofianco sarebbe stato molto più difficile. Sei una persona speciale, un donobellissimo che il Signore mi ha fatto, e ti ringrazio per come e quanto mi seisempre vicino, per l’amore che dimostri ogni giorno.Grazie a Mamma e Papà, perché è grazie anche ai loro sacrifici che ho potu-to raggiungere questa meta. Grazie per avermi sostenuta, grazie per esserviaccorti delle volte in cui ero preoccupata o scoraggiata. So che ho sempremeno tempo da dedicarvi, so che parlo di fretta e che alle volte vi liquido altelefono, ma sappiate che siete sempre nel mio cuore. È davvero bello averviinsieme, anche la vostra ri-unione è stato un dono importante della mia vita,grazie perchè in questi anni mi avete regalato la gioia della Famiglia, e sonosicura che a tutto questo ha contribuito anche Nonna Elisa, che mi proteggee veglia sempre su di noi. Grazie anche a te nonna, che ti immagino a salu-tarmi come solo tu sapevi fare!Ringrazio Antonella, mia sorella...direi quasi maggiore!!! Grazie a te che or-mai stai diventando una vera donna, grazie perchè hai sempre fatto il tifoper me. Mi hai sempre voluto dimostrare la tua vicinanza. Mi hai sempreincoraggiato anche tu, sdrammatizzando e regalandomi sorrisi.Grazie a Zio Pasquale e Zia Silvana, è bello sentirvi orgogliosi di me. Grazieper i buoni-esame, grazie per i bigliettini affettuosi, per le dolci sorprese na-scoste nella cassetta della frutta! Sono stata davvero fortunata ad avere duezii dalla parte del cuore così.È arrivato il momento di ringraziare i suoceri!!! Marida e Roberto siete statiper me un importante punto di riferimento, un grande sostegno e una fontedi consigli. Se ho superato tutte le difficoltà di questi anni lo devo anche avoi, che mi avete sempre incoraggiato, facendomi sentire orgogliosa del miopercorso.Grazie a Zio Giulio e Zia Carla, perchè siete sempre presenti e pronti a so-stenerci. Grazie per i bellissimi pomeriggi di studio soleggiati che ho potutotrascorrere a casa vostra, grazie per gli in bocca al lupo di tutte le mattinedegli esami, grazie perchè è bello sentirvi famiglia!Grazie a Nonna Laura, che mi ha sempre trattato e sostenuto come solo unanonna sa fare. Non è mai abbastanza il tempo che ti dedichiamo, è vero, masei tanto importante per me e ti voglio bene.Grazie alle cugine, in particolar modo a Dina, Federica e Serena, mie soste-nitrici e sorelle. Grazie a Lalla, che anche se non vedo e sento spesso comevorrei sa sempre essermi vicina. Grazie agli amici, citarvi uno per uno sa-rebbe impossibile, ma nomino in rappresentanza Angela e Pasquale, per mecome fratelli. Grazie anche voi per essermi sempre vicino! Grazie a Giusep-pe, a Pierpaolo e Francesca e alla piccola Rachele che con la sua nascita ciha regalato un’immensa gioia.

Grazie a Zia Pina e Zio Aurelio, perchè ci trattate come dei veri nipoti!Grazie agli "amici del coro" e al grande Direttore, siete stati per me e Renatoun grande dono del Signore.Grazie ai compagni di laboratorio, grazie per aver reso unici tanti momenti.Grazie a Mario e Alessandra, per noi grande esempio di famiglia.Tante, troppe sono le persone che vorrei ringraziare ancora, ma concludo rin-graziando con il cuore tutte le persone che hanno lasciato un segno in questicinque anni e che per mancanza di tempo non nomino! Tutti avete contri-buito a questa "conquista", perchè da soli non si è mai capaci di raggiungerele alte vette, servono sempre compagni di viaggio che rendano meno pesantela salita.