sulla viadella vita anno 4 n.3

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sulla VIA della VITA Giugno 2015 Presenza Pastorale in Ospedale Anno 4 n. 3 Il carisma di san Camillo origina modelli nuovi di Vita Consacrata e Laicale a servizio del malato Da molti anni sono presenti in ospeda le i Religiosi Camilliani, che operano e vi vono all’interno dell’ospedale stesso; sono i cappellani, che quotidianamente visitano i malati degenti nei vari reparti, sono i sacerdoti che vivono il ministero nella celebrazione dei sacramenti, cele brano l’Eucarestia, amministrano l'Unzio ne degli infermi, benedicono le salme delle persone che muoiono in ospedale. Lo scorso anno 2014 si è celebrato il quarto centenario della morte del loro fondatore, Camillo de Lellis. In quest’anno che il Papa Francesco ha dedicato alla Vita Consacrata, vogliamo brevemente presentare il loro Carisma, partendo proprio dal fondatore: San Ca millo, nato a Bucchianico (Abruzzo) nel 1550 e morto a Roma nel 1614. Camillo, dopo una vita alquanto spericolata, tra soldato di ventura e giocatore d’azzardo, dalla sua conversione cambiò radicalmente la pro pria vita, lasciò ogni cosa, ogni altro inte resse che non fosse la scelta fatta per Amore di Dio e dei malati, per essere e re stare per sempre dalla parte dei poveri, dei malati, dei morenti. I malati, e i poveri, nel tempo di Ca millo erano abbandonati a se stessi, senza possibilità di cura, trattati senza rispetto per la loro dignità. Camillo trasformò la propria vita in un dono totale, nel prendersi cura e servire i malati so prattutto negli ospedali, che allora erano luoghi di segregazione privi di assistenza, lavorando di giorno e di notte, fino a consumare la sua vita. Egli non si limitò ad un servizio perso nale accanto ai sofferenti, ma si adoperò con tutte le sue forze, con coraggio, per migliorare le condizioni di cura dei ma lati, cercando in ogni modo di alimentare e far crescere intorno a e a loro l’attenzione, l’impegno e la sensibilità di altre persone in modo da avviare un cambiamento di mentalità che potesse as sumere “la cura” dei malati. E Camillo fu un riformatore dell’assi stenza ospedaliera, con l’esempio, la parola e gli scritti. È riconosciuto, non solo nella Chiesa, ma anche in alcune istituzioni pubbliche dedicate alla cura dei malati, come il pri mo grande riformatore della sanità. Non solo, è stato riconosciuto come “iniziatore e maestro di una nuova scuola di carità”. “Padre, mi ricordi nelle sue preghiere. Preghi per il nostro caro.” Quante volte un cappellano si sente rivolgere questa ri chiesta da parte dei malati o dei loro fami gliari. Ci sono una varietà di cure e di medicine in ospedale, e fra queste è giu sto annoverare anche la preghiera, in particolare la preghiera di intercessione. La si chiede al ministro di Dio, com’è comprensibile (“Il Signore l’ascolta più di noi!”, dicono), ma l’efficacia della pre ghiera è sempre maggiore quando essa è un evento comunitario. È come prendesse consistenza, spessore. Ha la rara capacità di fondere in uno i cuori e le menti. Provo sempre una certa gioia quando, in corsia, mi capita di vedere qualche ope ratore sanitario sospendere le sue incombenze per unirsi alla celebrazione dell’Unzione dei Malati. È come se dices se: “Faccio tutto quello che è possibile per lui; oltre alla mia professionalità ci metto anche la mia fede.” Un concerto di cure, che trovano nella dimensione spirituale la loro fonte ultima e il loro traguardo. Cura olistica, si di ce spesso... I cappellani dell’ospedale con i loro collaboratori si sono detti perciò: perché non fissare un appuntamento almeno a cadenza mensile in cui ci troviamo assieme a pregare per i malati qui ricove rati? Tutti assieme: assistenti spiri tuali e volontari, malati e famigliari, operatori sanitari e fedeli locali… Chi vuole e può spendere un’ora, chi ci crede. La vogliamo chiamare generica mente “Preghiera per i malati”. Niente di straordinario, celebriamo una S. Messa con la possibilità per i malati di ri cevere l’Unzione degli Infermi. Non si vuole infatti dare a questa liturgia lo stile di certe celebrazioni già presenti a livello locale dove si enfatizza l’aspetto della “guarigione”. Non che lo si escluda, ci mancherebbe! È che non si vogliono su scitare aspettative miracolistiche in perso ne già fragili. Quello che si vuole irrobustire è la loro fede nel Signore Gesù medico delle anime e dei corpi e nella sua misericordia. È imparare a mettere la nostra vita nelle sue mani e nel suo cuore, perché non faccia mancare i doni dello Spirito Santo a chi ne ha tanto bisogno in un momento di prova. Il testo del rito dell’Unzione degli Infermi così recita: “La preghiera fatta con fede salverà il malato, il Signore lo rialze rà.” C’è un problema di esegesi di questi testi tratto dalla lettera di Giacomo. Cosa può significare quel “lo salverà, lo rialze rà”? Tuttavia, una cosa è chiara: invocare il Signore per una persona fa bene. Fa bene al malato, fa bene a chi per lui prega. Perché pregare è rinforzare i vincoli di fi ducia fra noi e il Signore, è corroborare PREGHIERA PER I NOSTRI MALATI Ogni 2° mercoledì del mese. Si inizia il 10 Giugno, alle 16:30 Continua a pag. 4 Continua a pag. 2

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Periodico del Servizio Religioso presente nell’Ospedale di B.go Trento, Verona.

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Page 1: Sulla Viadella Vita Anno 4 n.3

sulla VIA della VITAGiugno 2015

P r e s e n z a P a s t o r a l e i n O s p e d a l e

Anno 4 ­ n. 3

Il carisma di san Camilloorigina modelli nuovi di Vita Consacrata

e Laicale a servizio del malato

Da molti anni sono presenti in ospeda­le i Religiosi Camilliani, che operano e vi­vono all’interno dell’ospedale stesso;sono i cappellani, che quotidianamentevisitano i malati degenti nei vari reparti,sono i sacerdoti che vivono il ministeronella celebrazione dei sacramenti, cele­brano l’Eucarestia, amministrano l'Unzio­ne degli infermi, benedicono le salmedelle persone che muoiono in ospedale.

Lo scorso anno 2014 si è celebrato ilquarto centenario della morte del lorofondatore, Camillo de Lellis.

In quest’anno che il Papa Francesco hadedicato alla Vita Consacrata, vogliamobrevemente presentare il loro Carisma,partendo proprio dal fondatore: San Ca­millo, nato a Bucchianico (Abruzzo) nel

1550 e morto a Roma nel 1614.Camillo, dopo una vita alquanto

spericolata, tra soldato di venturae giocatore d’azzardo, dalla suaconversione cambiò radicalmente la pro­pria vita, lasciò ogni cosa, ogni altro inte­resse che non fosse la scelta fatta perAmore di Dio e dei malati, per essere e re­stare per sempre dalla parte dei poveri,dei malati, dei morenti.

I malati, e i poveri, nel tempo di Ca­millo erano abbandonati a se stessi, senzapossibilità di cura, trattati senza rispettoper la loro dignità. Camillo trasformò lapropria vita in un dono totale, nelprendersi cura e servire i malati so­prattutto negli ospedali, che allora eranoluoghi di segregazione privi di assistenza,lavorando di giorno e di notte, fino aconsumare la sua vita.

Egli non si limitò ad un servizio perso­nale accanto ai sofferenti, ma si adoperòcon tutte le sue forze, con coraggio, permigliorare le condizioni di cura dei ma­lati, cercando in ogni modo di alimentaree far crescere intorno a sé e a lorol’attenzione, l’impegno e la sensibilità dialtre persone in modo da avviare uncambiamento di mentalità che potesse as­sumere “la cura” dei malati.

E Camillo fu un riformatore dell’assi­stenza ospedaliera, con l’esempio, laparola e gli scritti.

È riconosciuto, non solo nella Chiesa,ma anche in alcune istituzioni pubblichededicate alla cura dei malati, come il pri­mo grande riformatore della sanità.

Non solo, è stato riconosciuto come“iniziatore e maestro di una nuova scuoladi carità”.

“Padre, mi ricordi nelle sue preghiere.Preghi per il nostro caro.” Quante volteun cappellano si sente rivolgere questa ri­chiesta da parte dei malati o dei loro fami­gliari. Ci sono una varietà di cure e dimedicine in ospedale, e fra queste è giu­sto annoverare anche la preghiera, inparticolare la preghiera di intercessione.La si chiede al ministro di Dio, com’ècomprensibile (“Il Signore l’ascolta più dinoi!”, dicono), ma l’efficacia della pre­ghiera è sempre maggiore quando essa è

un evento comunitario. È come prendesseconsistenza, spessore. Ha la rara capacitàdi fondere in uno i cuori e le menti.

Provo sempre una certa gioia quando,in corsia, mi capita di vedere qualche ope­ratore sanitario sospendere le sueincombenze per unirsi alla celebrazionedell’Unzione dei Malati. È come se dices­se: “Faccio tutto quello che è possibileper lui; oltre alla mia professionalità cimetto anche la mia fede.” Un concerto di

cure, che trovano nella dimensionespirituale la loro fonte ultima e illoro traguardo. Cura olistica, si di­ce spesso...

I cappellani dell’ospedale con iloro collaboratori si sono dettiperciò: perché non fissare unappuntamento almeno a cadenzamensile in cui ci troviamo assiemea pregare per i malati qui ricove­rati? Tutti assieme: assistenti spiri­tuali e volontari, malati e famigliari,operatori sanitari e fedeli locali…Chi vuole e può spendere un’ora,chi ci crede.

La vogliamo chiamare generica­mente “Preghiera per i malati”.

Niente di straordinario, celebriamo una S.Messa con la possibilità per i malati di ri­cevere l’Unzione degli Infermi. Non sivuole infatti dare a questa liturgia lo stiledi certe celebrazioni già presenti a livellolocale dove si enfatizza l’aspetto della“guarigione”. Non che lo si escluda, cimancherebbe! È che non si vogliono su­scitare aspettative miracolistiche in perso­ne già fragili. Quello che si vuoleirrobustire è la loro fede nel Signore Gesù­ medico delle anime e dei corpi ­ e nellasua misericordia. È imparare a mettere lanostra vita nelle sue mani e nel suo cuore,perché non faccia mancare i doni delloSpirito Santo a chi ne ha tanto bisogno inun momento di prova.

Il testo del rito dell’Unzione degliInfermi così recita: “La preghiera fatta confede salverà il malato, il Signore lo rialze­rà.” C’è un problema di esegesi di questitesti tratto dalla lettera di Giacomo. Cosapuò significare quel “lo salverà, lo rialze­rà”? Tuttavia, una cosa è chiara: invocare ilSignore per una persona fa bene. Fa beneal malato, fa bene a chi per lui prega.Perché pregare è rinforzare i vincoli di fi­ducia fra noi e il Signore, è corroborare

PREGHIERA PER I NOSTRI MALATIOgni 2° mercoledì del mese. Si inizia il 10 Giugno, alle 16:30

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Racconti di corsia

L’AIDO, da decenninell’ Arena dei trapianti

Passando per la Piazza Canneto, al PoloChirurgico, avrete avuto modo di notareun plastico dell’Arena di Verona in tappidi sughero. È un’opera dell’arch. Gianpie­tro Pegoraro, presentata in una cerimoniaufficiale il 12 Maggio scorso alla presenzadelle autorità amministrative, unitamenteai clinici che operano nel settore dei tra­pianti e ai volontari dell’AssociazioneAIDO veneta coi loro presidenti regionale,provinciale e locali.

L’opera è alta cm 62 per un’area di m.4,60 x 3,60. La battuta è stata facile perqualcuno: ma chi le ha bevute tutte quellebottiglie? Parliamo di 15.500 tappi di su­ghero! Chi ne dubita, si metta di buonalena e inizi a contarli.

Perché la scelta di un simbolo comel'Arena? Arena dice sfida, ci si gioca lapelle o quantomeno la faccia. Un tempoerano le competizioni dei gladiatori, oggile performance di cantanti. In ogni caso cisi gioca molto, si deve dare il massimo,una stecca viene a costare cara. Occorreazzardo, questo sì. Pensate, persino Alba­no e Romina vi hanno rilanciato il loromenage canoro!

Ecco quali sono le correlazioni simboli­che che ci vedo con la sfida dei trapianti.Passione, serietà professionale, sfidesempre più alte, tempismo, audacia e la­voro di squadra … I grandi traguardi siraggiungono così nelle frontiere dellabuona sanità, sono un fatto di intelligenzae di cuore, di esperienza e di innovazione,di passione per la vita e di solidarietà ve­ra, di fatti e non solo di begli auspici.

AIDO scende dunque nell’Arena, ci stada quattro decenni con 815 gruppi intutta Italia che sensibilizzano al tema delladonazione degli organi dopo la morte maanche alla promozione di stili di vita cheprevengano la necessità del trapianto. Senei confronti dei più sfortunati occorre lasolidarietà, nei confronti della propria sa­lute vige infatti la responsabilità.

Intervista a …Martina, una 32nne di Mestre, in attesa

di sposarsi, operatrice socio­sanitaria, tra­piantata da 40 gg. Mi dice che a livello fisi­co avverte un cambiamento notevole,sente un senso di forza, di benessere, sistupisce di poter fare cose che ormai nonriusciva più a fare.

­ Cosa ti aspetta nell’immediato futu­ro? Devo abituarmi a prendere ognigiorno i farmaci salvavita, a Dio piacendotra poco torno a casa, dovrò sottopormi acontrolli periodici.

­ Come ti senti davanti a questoevento? Non è una novità in casa mia,avendo mia madre e mia sorella già datempo trapiantate di cuore. In questosenso ne ero preparata. La sensazione cheavverto è che sia un gran dono, e sento didover dire un grazie al giovane dal qualel’ho ricevuto, e ancor più ai suoi genitori,ai quali mi capita spesso di pensare purnon conoscendoli.

­ Dal punto di vista della tua spiritua­lità? Intende moralmente parlando? Soche la Chiesa non vede di buon occhio itrapianti, per lo meno così mi hannodetto dei sacerdoti… Anche una miaparente pensa che i trapiantati sono comedei parassiti che vivono sulle disgraziealtrui, e lei non darebbe mai il permessoper un suo figlio, lo vuole seppellire inte­gro. Ma io non avevo ormai più moltechance, era questione di poco tempo.

Martina, mi sento scioccato al sentireuna cosa del genere, che ci siano ancorapreti così poco informati e formati inbioetica. Ti posso garantire che la Chiesaconsidera un alto profilo di carità la de­cisione di offrire qualcosa di così perso­nale come il corpo. Mi fa piacere saperequesto. Quando mi hanno mostrato almonitor il battito del mio nuovo cuore so­no stata presa da un’emozione, come unadonna in gravidanza che per la primavolta sente il battito del figlio.

Certo Martina, siamo tutti d’accordocon te: è proprio una nuova vita cheparte. Auguri e lunga vita!

Continua da pag. 1 ­ Preghiera...2

quelli fra noi e gli altri. Ci si prende vi­cendevolmente cura nel Signore. Il Signo­re Gesù lo ripeteva spesso a coloro cheguariva: “È la tua fede che ti ha salvato”.La “salvezza” è un dono che va ben oltrela “guarigione”, perché i mali della perso­na non si fermano al fatto fisico. E allora,chi prega per i malati, finisce peraccorgersi che anche lui a suo modo èmalato, è sofferente, e forse anche ago­nizzante.

Concretamente?Ogni secondo mercoledì del mese ci

troviamo nella cappella del PoloConfortini, alle ore 16:30. Ormai sonostate distribuite le terapie, è terminatol’orario delle visite dei parenti, e c’è unmomento abbastanza libero e vuoto. Dieciminuti prima, in filodiffusione viene ri­cordato l’appuntamento. È opportunoche i degenti avvisino del loro assentarsichi di dovere. Chi non può esserci fisica­mente, può “collegarsi” con lo spirito,mettendo a tacere per una volta mammaTV e telefonini vari.

La scelta dei testi liturgici, della breveomelia e delle preghiere verterà sul temain oggetto. I malati che intendessero rice­vere la Sacra Unzione lo facciano con pre­avviso, tenendo presente che ogniSacramento va ricevuto in stato di grazia.

padre Edoardo

Il tempo di un Caffè

La solitudine, compagna di vita

Potrei intitolare questo racconto “Unapiaga nascosta che diventa guarigione”.Sono alcuni flash delle mie regolari visitea casa di una donna di ottant’anni e vedo­va da parecchio tempo.

Anna Maria mi apre la porta con ungrande sorriso. La signora è bella si è

messa gli abiti della domenica, come si fa­ceva una volta afferma lei. Nonostante gliacciacchi dell’età non vuole trascurarsi. Latavola è già predisposta all’accoglienza,con una tovaglia finemente ricamata, duetazzine e un dolce profumo di caffè: “Pre­go, avanti, la stavo aspettando”. Mentrecon movimenti lenti ed eleganti cominciaa versare il caffè, si lascia andare ad un

piccolo sfogo: “Durante la giornata le orepassano in fretta ma la sera è lunga, deltutto noiosa. Bruno è sempre stato unuomo di poche parole, non è mai stato dichissà quale compagnia, ma bastavanodue parole, uno sguardo e aveva dettotutto. Bastava per riempire la casa, erauna buona ragione per cucinare e si finivala giornata con il rosario… Ora, mettere

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Cari lettori, continuiamo la nostracatechesi sull’Eucaristia sotto le pres­santi domande della mia nipotinaMargherita, mentre all’aperto assapo­riamo i profumi e i colori di questa pri­mavera ormai inoltrata.

­ Guarda oggi che giornata, zia Agia,che cielo azzurro e quella nuvoletta lumi­nosa… È lì che sta Gesù dopo esseretornato in cielo? Perché dopo la resurre­zione non è rimasto con noi?

La festa dell’ASCENSIONE ci dice cheGesù ora sta assiso alla destra del Padre,cioè è entrato pienamente nella sua gloriadivina, però portando con sé anche il suoCorpo, cioè la sua umanità. E con la sua,anche la nostra. In questo modo egli puòessere presente a tutti e presentare al Pa­dre le nostre necessità.

­ E come ci accorgiamo della sua pre­senza? Come faccio a capire se miguarda, mi parla, mi accarezza i capellicome stai facendo tu?

Gesù stesso l’ha spiegato: “Dove due otre sono uniti nel mio nome, io sono inmezzo a loro”. Il segreto di tutto sta inquella parolina magica: la “comunione”.Gesù vive nella piena comunione col Pa­dre, ma anche con noi. Quel suo Corpoche vive in cielo si dilata e assume in sétutti coloro che credono nel suo nome. È

un unico grande Corpo di Cristo, del qua­le lui è il capo e noi siamo le membra. Èquesto il senso profondo del “fare la co­munione” durante la messa.

­ Che bello, siamo un tutt’uno con Lui!Quindi Gesù è presente quando conmamma e papà dico le preghiere a tavo­la, la sera prima di addormentarci e ilmattino quando ci svegliamo!

Sì, e non solo quando pregate: sempreegli è vicino nel vostro stare assieme, nelvostro volervi bene, nel vostro dialogare,nel giocare come nel lavorare. Egli chiedesolo di poter stare al centro del nostrocuore. E ci sta, sai, eccome! Vuoi saperecome? Inviandoci lo Spirito Santo nella fe­sta della PENTECOSTE.

­ L’insegnante di religione dice che loSpirito Santo è come un vento forte che hafatto irruzione nella casa dei discepoli.

Avverti questa arietta primaverile che ciavvolge e sembra accarezzarci?

Noi la respiriamo, essa entra dentro dinoi e ci fa vivere. È questo che fa lo SpiritoSanto. Già al momento della creazione, di­ce la Bibbia, Dio soffiò il suo alito (“ruah”)nell’uomo dandogli la vita umana. Ora faqualcosa in più, col soffio dello SpiritoSanto fa vibrare questa nostra esistenzacon il respiro di Cristo Gesù, la rende unavita divina. Così per noi diventa il Conso­

latore.­ In che senso è il Consolatore: se ca­

do in bicicletta o un bambino mi fa idispetti, Lui viene a consolarmi?

Direi che fa molto di più per chi lo pre­ga con cuore sincero e puro: offre i suoidoni di sapienza, intelletto, consiglio,fortezza, scienza, pietà, timore di Dio. Vie­ne in aiuto alla nostra debolezza, scruta inostri cuori, intercede per noi secondo idisegni amorosi di Dio. Assieme al Padre eal Figlio, lo Spirito svolge un suo specificocompito nella Storia della salvezza.

­ Insomma, quei tre sono sempred’accordo, sono un tutt’uno!

Proprio così, sono una perfetta Unità ditre Persone, sono la SANTA TRINITÀ. Equesto grazie all’unico amore che liavvolge, perché la natura di Dio sta in que­sto, di essere Amore. È come quando tu,mamma e papà vi fondete in un unicoabbraccio. E così anche il Corpo di Cristoche è la Chiesa è chiamata a vivere piena­mente l’unità nella diversità dei servizi, deicarismi e dei ministeri. Guardando alCorpo del Signore, il CORPUS DOMINI, ealimentandosi di Lui, ella comprende lapropria natura e vocazione.

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La catechesi di zia Agiadi Roberta Zulli

sul fuoco la caffettiera sembra un gestobanale, inutile. Ma cerco di reagire, nonvoglio lasciarmi andare. Anche se la soli­tudine è brutta, è invadente!”.

“Ho un figlio solo, l'amore per sua mo­glie e per i figli e purtroppo anche il lavo­ro lo portano distante e sebbene abiti apochi chilometri da qui non lo vedo spes­so. La sera mi telefona sempre ma soloper cinque minuti di orologio, perchédall'altra parte sento: “Amore, la cena èpronta!”, oppure: “Papà, mi avevi promes­so di giocare con me!”, oppure “Ma papà,sei sempre al telefono!”. Con Bruno ave­vamo deciso di avere un figlio solo, inquesto modo avremmo potuto lavorareentrambi, viaggiare, “essere più liberi”,ma adesso... adesso è come non averepiù nessuno. Ma per questo cerco di rea­gire, non voglio lasciarmi andare. La soli­tudine è brutta, è invadente.”

“Oggi ho la televisione che mi facompagnia: la odiavo tanto quando c'eramio marito sempre là davanti! Da quandosono diventata sola e sorda almeno sentovoci e rumori attorno a me, giorno enotte. Pensi lei, mio figlio mi ha regalatoil televisore dove imposto l'ora che “dasola si spegne”. Nonostante tutto trovoqualche programma interessante,

coinvolgente ma non è compagnia; avolte ci sono programmi con notizie tragi­che, a volte con discussioni dove tutti gri­dano e io non ci capisco nulla e pensoche anche loro non ci capiscono niente.No, la televisione non è una compagniache può sostituire mio marito. Ma perquesto cerco di reagire, non voglio la­sciarmi andare. La solitudine è brutta, èinvadente.”

“Non sono una donna che esce, legambe non rispondono quasi più e soloqueste pareti sono la mia compagnia. Sache cosa faccio nelle sere fredded'inverno o nelle sere afose dell'estate?Prego, prendo il mio libro di preghiere,ho il mio rosario, il “nostro” rosario. Pre­gando mi sento ancora unita a Bruno:preghiamo per tutti, per mio figlio e suamoglie, per i nostri nipotini che vorrei ve­dere più spesso, per tutte le persone solee ammalate, povere e abbandonate. Poi lamia compagnia sono i lavoretti per le mis­sioni: i miei occhi mi danno ancora lapossibilità di lavorare a maglia, confezio­no sciarpe, berretti, guanti ... sono la miasoddisfazione e quasi quasi mi dimenticodelle gambe ballerine. Mi pare di andareoltre questa casa, di andare in missione.Ma ahimè, le mani si stancano, gli occhi

bruciano e così le ore non passanomai. Ma cerco di reagire, non voglio la­sciarmi andare. La solitudine è brutta, èinvadente”.

Anna Maria è stanca, si ferma in si­lenzio e mentre una lacrima le riga laguancia sorseggia il suo caffè e mi invita afare altrettanto. La contemplo, penso allaprofetessa Anna, rimasta vedova da giova­ne e che all’età di 80 anni pregava giornoe notte. Mi piace prendermi cura di lei,offrirle un ascolto, un saluto. Far sì chenon passi un giorno senza un semplicesaluto, un Natale senza lo scambio degliauguri. Penso e considero tutte questepersone sole come un insieme di piccoleluci che formano una grande luce nellanotte di solitudine, invadono l'aria e Dioinvade il loro cuore, la loro anima e le lo­ro “piaghe nascoste”. Anna Maria e tuttele donne anziane e sole, compresse nellaloro “inutile vita” – così pensano loro ­,nella loro fragilità donano al Signorequello che sono, quello che hanno. Nonsanno che proprio la loro immobilità di­venta preziosa agli occhi di Dio.

Loredana

Page 4: Sulla Viadella Vita Anno 4 n.3

sulla VIA della VITAPeriodico del Servizio Religioso presentenell’Ospedale di B.go Trento, Verona.Il bollettino viene distribuito in cartaceo ein digitale sul Portale Aziendale AZOSPe sulla piattaforma issuu.comOspedale Civile Maggiore B.go Trento ­Verona Telefono: 045.812.2110email: [email protected] ONLINEhttp://issuu.com/sullaviadellavita

Orario SS. MessePeriodo estivo

29 giugno 31 Agosto

Borgo TrentoChiesa centraleFeriale 7.15Prefest. 16.15Festiva 11.00

GeriatricoFestiva 10.30

Polo ConfortiniFeriale 7.00e da lunedì a venerdì 16.30

Festiva 17.00

Nei reparti, le Messe sono sospesesalvo altre indicazioni

Borgo RomaFeriale 17.00Prefest. 17.00Festiva 10.30 ­ 17.00

Invito alla collaborazioneChi vuole, può collaborare inviando ilproprio contributo per il giornalino:testo, immagini, domande, segnala­zioni,..., alla mail:[email protected] contattando i cappellani.Grati per quanto vorrete donare aquesta causa, con stima ed amicizia.La Redazione

http: / / i ssuu.com/sul lav iadel lav i ta

NEWS / Notizie nostrane:

4Desiderava fortemente non solo servire

egli stesso i malati, offrire l’esempio di de­dizione e d’amore, ma insegnare anche adaltri a servire con amore. E lavorò, studiò,si impegnò per questo: divenne sacerdote,e intorno a sé formò il primo, piccologruppo di “uomini pii e dabbene che assi­stano i malati come una madre il suo uni­co figlio malato…” come egli stesso vollee scrisse mentre pensava a costituire ungruppo di persone che, sull’esempio diGesù buon samaritano, potessero condivi­dere il suo carisma e donare la propria vi­ta. E per loro scrisse un primomansionario con le regole con cui prestarel’assistenza infermieristica.

Fondò l’Ordine religioso dei Ministridegli Infermi, conosciuti anche come “ca­milliani”, persone consacrate, e molti sonosacerdoti.

Ebbe una felice intuizione circa il “mo­do” di vivere e prendersi cura dei soffe­renti, e come voleva che facessero quantil’avessero seguito, ed è una frase lapidariae importante che segna (o dovrebbe se­gnare) il modo di coloro che vivono e ope­rano in ospedale, e che è scritta anche sulfrontespizio del portone d’ingressodell’ospedale di Verona: “I malati sono inostri signori e padroni che noi dobbiamoservire come servi e schiavi”.

Il suo Carisma è stato ed è ancora ispi­ratore di altri istituti e associazioni laicali,come Le Figlie di San Camillo e le Ministredegli Infermi lungo il 1800; nel secolo XXl’Istituto secolare Missionarie degli Infermi“Cristo Speranza” e, infine, l’associazionelaicale “Famiglia Camilliana” diffusa nelmondo intero.

E oggi? Certamente dal tempo di SanCamillo molte cose sono cambiate, l’assi­

stenza sanitaria è altra cosa rispetto adallora. Ma, accanto alla competenza pro­fessionale degli operatori, insieme al ri­spetto di ogni persona nella sua dignità,ancora oggi la persona malata ha bisognoche ci sia accanto a sé qualcuno che sappia“vedere” la sua sofferenza, talvolta nasco­sta, che sappia fermarsi e ascoltare ciò cheha da dire, che possa consolarlo, accompa­gnandolo in un tratto di strada, spessofaticosa e in salita.

Il Carisma di Camillo, la sua spiritualitàprofondamente “samaritana”, di chi non siinterroga sui risultati e sui successi possi­bili, ma sui bisogni delle persone chesoffrono, bisogni corporali, ma anchepsicologici, sociali e, non ultimo, spiritua­li, ha contagiato piano piano l’organizza­zione ospedaliera, per lungo temposostenuta e portata avanti da strutture reli­giose. Ma ha poi sensibilizzato e permeatotutto il mondo della sanità che, divenutain quest’ultimo secolo, “sanità pubblica”,conserva ed elabora, nella sua identità enella sua missione alcune priorità chesembrano uscire dalla penna e dal cuoredi Camillo: l’attenzione al malato, lastruttura a servizio del malato, la cura “oli­stica” (che si rivolge a tutto l’uomo e nonsolo al suo organo malato), a cui siaggiunge in questi ultimi tempi la sensibi­lità per i temi etici che mirano al rispettodell’umanità delle persone. San Camillo èstato come un sasso gettato in un’acquaferma, che ha generato cerchi d’ondagiunti fino a noi, ha aperto gli occhi, lamente, il cuore, ha stimolato pensiero e ri­cerca perché la malattia per l’uomo nonsia solo dolore e abbandono…

Rosabianca

Continua da pag. 1 ­ Il Carisma...

> Il giorno 19 Maggio 2015, presso la cappella del Polo Chirurgico, la Consultadiocesana delle Aggregazioni Laicali ha animato un’ora di Adorazione eucaristica a favoredei malati dell’Ospedale di B.go Trento. L’iniziativa è caduta a fagiolo, considerandol’imminente partenza della “Preghiera per i malati”.

> Durante il periodo quaresimale è stata fatta la raccolta di una colletta di solidarietàper l’opera del veronese padre Adolfo Serripierro, che sul Rio delle Amazzoni in Brasilesta guidando un’opera di sostegno e reinserimento per ragazze madri o donne sole.Sono stati raccolti euro 1.500, già inviati a destinazione attraverso la ong/onluss Pro.Sa.

> Cambio messe estive. Come di consueto, durante i due mesi estivi di luglio eagosto vengono sospese le due Messe domenicali nei reparti di Cardiologia (3 piano) edi Chirurgia (5 piano), e la S. Messa feriale delle ore 15:30 nella Chiesa San Camillo(presso le celle mortuarie). Però in quel periodo – ad experimentum – viene celebratauna S. Messa al Polo Chirurgico, alle ore 16:30 (dal lunedì al venerdì).

> Resta sempre aperta la possibilità di fare versamenti per il terremoto del Nepal,collaborando al servizio che la “Camillian Task Force” opera in loco, attraversol’utilizzo di personale camilliano dell’India. I riferimenti per aiutare sono:

c.c.p. 41914243 ­ in banca IBAN IT 68 J 02008 01600 000102346939