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All’interno NUMERO 251 28 GIUGNO 2016 129 PAGINE Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica MXGP Mantova: Gajser e Herlings ancora primi Doppietta di Gajser a Mantova. Cairoli fuori dal podio di giornata alle spalle di Paulin e Desalle. Nella MX2 Herlings, Bogers e Ferrandis Scarica l’APP del Magazine News: Husqvarna FS 450, nuove Matchless nel 2017 | M. Clarke: Motori ieri e oggi | Speciale MotoGP Assen: erroraccio di Rossi e Marquez allunga, Storie di MotoGP: Matteo Flamigni | MXGP: A Mantova Cairoli risale al secondo posto mondiale PROVA KTM GAMMA EXC 2017 MotoGP Assen: Vittoria inaspettata di Jack Miller Miller vince la sua prima gara in MotoGP, davanti a Marquez e Redding in una gara ridotta a soli 12 giri per un acquazzone torrenziale N. Cereghini "Il talento conta, l'opportunità di più" Agostini diceva: un vero talento nasce ogni vent' anni, ma forse conta di più la possibilità di salire sulla moto con un papà che ti vede già pilota | COMPARATIVA SPORT-TOURING | SUZUKI GSX-S1000 F VS KAWASAKI Z1000SX da Pag. 02 a Pag. 25

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All’interno

NUMERO 25128 GIUGNO 2016

129 PAGINE

Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuitoPeriodico elettronico di informazione motociclistica

MXGP Mantova: Gajser e Herlings ancora primi Doppietta di Gajser a Mantova. Cairoli fuori dal podio di giornata alle spalle di Paulin e Desalle. Nella MX2 Herlings, Bogers e Ferrandis

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News: Husqvarna FS 450, nuove Matchless nel 2017 | M. Clarke: Motori ieri e oggi | Speciale MotoGP Assen: erroraccio di Rossi e Marquez allunga, Storie di MotoGP: Matteo Flamigni | MXGP: A Mantova Cairoli risale al secondo posto mondiale

PROVAKTM

GAMMAEXC 2017

MotoGP Assen: Vittoria inaspettata di Jack Miller Miller vince la sua prima gara in MotoGP, davanti a Marquez e Redding in una gara ridotta a soli 12 giri per un acquazzone torrenziale

N. Cereghini "Il talento conta, l'opportunità di più"Agostini diceva: un vero talento nasce ogni vent' anni, ma forse conta di più la possibilità di salire sulla moto con un papà che ti vede già pilota

| COMPARATIVA SPORT-TOURING |

SUZUKI GSX-S1000 F VS KAWASAKI Z1000SXda Pag. 02 a Pag. 25

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COMPARATIVA SPORT-TOURING

KAWASAKI Z1000SX

VS. SUZUKI GSX-S1000 F

Apparentemente gemelle separate alla nascita, le due semicarenate giapponesi si rivelano molto diverse per personalità

e destinazione d’uso. Veloci, godibili, ben finite, piaceranno a chi ama la guida sportiva

ma anche il turismo a medio raggio

di Edoardo Licciardello

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C ’era una volta la ca-tegoria delle Sport-Touring. Una categoria fatta di moto carenate, relativamente comode anche per il passegge-

ro, e spesso con un po’ di sangue sportivo nelle vene da parte di qualche mamma o nonna. Se-mimanubri sopra la piastra di sterzo, sella con dislivello relativo fra pilota e passeggero, stru-mentazioni complete, motori potenti ma (salvo notevoli eccezioni) non troppo e linea che richia-mava in qualche maniera le cugine sportive: una volta era facilissimo identificare le moto da defi-nire sport-touring. Oggi la faccenda è diventata estremamente complicata, perché la categoria è morta e risor-

ta, trasformandosi più in una destinazione d’uso che non in un segmento contraddistinto da moto identificabili per caratteristiche comuni. Provate a mettere nella stessa stanza una grossa crosso-ver, una semicarenata, una sport-touring “vera” – bisogna cercare bene ma ci sono ancora – e chiunque non sia esperto di moto penserà che il curatore dell’esposizione abbia raccolto modelli senza un filo logico. E invece è proprio così: chi ama la guida brillante ma vuole (o deve) tenere presente le esigenze del turismo o del commuting quotidiano oggi non ha più un segmento dedicato, ma può (o deve) sce-gliere fra modelli molto diversi fra loro per esteti-ca, posizione di guida, impostazione, configura-zione motoristica, prezzo e blasone. Tutte però capaci di coniugare tanto gusto alla guida con un

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livello di praticità sufficiente per godersele anche in una vacanza di un weekend o a volte ben di più. Stavolta abbiamo pensato bene di mettere a con-fronto due semicarenate afferenti a pieno titolo a questa… non-categoria. Due moto sulla carta vi-cinissime per derivazione, impostazione tecnica ed estetica, prestazioni e addirittura praticamen-te coincidenti nel prezzo, ma che all’atto pratico si sono dimostrate contraddistinte da un’indole completamente diversa fra di loro. In cosa? Ve lo spiegheremo dopo. Iniziamo con il vedere come sono fatte, fermo restando che come da nostra tradizione non ci interessa promuovere una vincitrice quanto piuttosto offrirvi gli ele-menti giusti per capire quale fra queste due moto è quella che fa per voi.

Ergonomia e ComfortKAWASAKI Z1000SXSpettacolare. Ci si siede comodi, con una posi-zione neutra, un manubrio ben rialzato e coman-di posizionati tutti al posto giusto. Le sospensioni a lunga escursione e con taratura

sul morbido fanno si che le irregolarità del fondo vengano percepite ma mai sofferte. Efficace la protezione aerodinamica, che lascia scoperte solo le spalle dei più alti, grazie ad un plexi regolabile. Il capitolo lamentele si limita ad un picco di vibrazioni attorno ai 7.000 giri come sulla crossover Versys, sensibile tanto in acce-lerazione quanto in rilascio ed amplificato dalla rapportatura cortissima; è comunque facile gi-rarci attorno e non infastidisce alle andature co-stanti tipiche di statali ed autostrade.

SUZUKI GSX-S1000FLa Suzuki è più sportiva e si sente subito. Il manubrio crossistico è più basso e carica sen-sibilmente i polsi, le pedane decisamente più alte e la sella è degna di una supersportiva – per an-dare forte sul misto è perfetta, sui lunghi trasfe-rimenti un po’ meno. Soprattutto in autostrada dove il plexi, non regolabile, si limita ad alleviare un po’ la pressione dell’aria, ma in generale serve un po’ di spirito di adattamento per prepararsi a gustare le grazie della GSX-S su un bel percorso

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a curve. Le vibrazioni sono scarse, in compenso le sospensioni dalla taratura piuttosto sostenuta, pur scorrendo bene sul pavé, prediligono i fon-di lisci su cui esprimono al meglio precisione e compostezza ciclistica.

Strumentazione e comandiKAWASAKI Z1000SXCompleto e leggibile il cruscotto misto analogico-digitale, anche se manca l’indicatore del rapporto inserito che, soprattutto in considerazione della

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rapportatura corta e ravvicinata mutuata dalla sorella naked, potrebbe essere piuttosto utile.In compenso, dovunque si posi la mano si trova-no leve, pulsanti ed interruttori di qualità eccelsa. Un punto in più per la funzione di “memoria” per

le impostazioni del controllo di trazione.

SUZUKI GSX-S1000FDecisamente più sportivo il quadro della Suzuki GSX-S, lo stesso di modelli più economici e meno

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prestigiosi, che risulta a volte di difficile leggibili-tà soprattutto per quanto riguarda il contagiri in caso di luce forte, ma confermando la sua indole mostra in bella evidenza il contamarce.Lode per tutti i comandi a manubrio e peda-le, anche se la pompa del freno non è del tutto all’altezza del resto della moto.

FinitureKAWASAKI Z1000SXDifficile lamentarsi. Verniciature brillanti, su-perfici piacevoli al tocco, dettagli ricercati e lavorazioni impeccabili delle superfici metalli-che fanno della Kawasaki Z 1000 SX una moto molto ben fatta. Grande la capienza per le valige (con borsa in-terna impermeabile) in questa configurazione Tourer; insomma, per pretendere di più bisogna (giustamente) pagare di più; vista la vocazione turistica sentiamo al limite solo la mancanza di un piccolo vano interno alla carena dove riporre il biglietto dell’autostrada e qualche spicciolo, ma stiamo davvero cercando il pelo nell’uovo.Nota di merito: dopo le lamentele in merito alla scarsa accessibilità del registro precarico del mono a valige montate, ecco arrivare una bella unità anodizzata che fa capolino sul lato destro della moto.

SUZUKI GSX-S1000FLa GSX-S è perfetta come arriva dal Giappone. Belle le verniciature, ottimo l’accoppiamento delle plastiche: dove si posano l’occhio o la mano la sportiva Suzuki è ben pensata e realizzata. C’è qualche caduta di tono dopo l’adozione del kit SW-Motech: le valige sono belle e pratiche, ma il sistema di fissaggio è un po’ macchinoso e richiede un po’ di lavoro – ma soprattutto un po’ di allenamento – per montaggio e smontaggio.Bocciati i paramani, non tanto per la funzionali-tà ma perché lo spostamento degli indicatori di direzione fa si che nella carenatura restino due “buchi” tappati da sagome in plastica veramen-te orribili.

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Con il passeggeroKAWASAKI Z1000SXComodo, rilassato e con una buona visuale e due maniglie comode a cui attaccarsi nei momen-ti difficili: il passeggero gode di un trattamento regale sulla Kawona, e può godersi il viaggio o diventare parte attiva nella guida, a scelta. Le valige non intralciano più di tanto, anzi, di-ventano appoggi alternativi quando ci si vuole rilassare.SUZUKI GSX-S1000FLasciate perdere. Il passeggero è appollaiato su uno strapuntino in

stile supersportiva, non ha vere maniglie a cui at-taccarsi e la sua presenza preclude il montaggio della borsa superiore, che deve trasformarsi in zaino e venire indossata. La GSX-S1000F, sotto questo aspetto (ed altri) è una sportiva pura.

Prezzo (dotazione di serie ed accessori)KAWASAKI Z1000SXLa Z1000SX costa 12.890 euro, completa natu-ralmente di ABS e con una dotazione standard che a differenza della sorella naked prevede il controllo di trazione disinseribile e regolabile su tre livelli, la doppia mappatura (una a potenza piena ed una a potenza ridotta, da circa 100 ca-

valli) e l’indicatore di guida economica. Le sospensioni sono ovviamente completamente regolabili.Una quotazione che sale a 13.790 euro nell’alle-stimento Tourer da noi provato, che aggiunge le valige laterali da 28 litri con borse impermeabili interne e la protezione serbatoio in gel. Manca il cavalletto centrale, francamente quasi imprescindibile per un modello con ambizioni turistiche, ma per il resto il prezzo appare giustifi-cato alla luce di finiture e contenuti tecniciSUZUKI GSX-S1000FCuriosamente, la GSX-S1000F costa la stessa identica cifra della Z1000SX nella versione di

base: 12.890 euro, a cui vanno aggiunti 559 euro se si vuole il kit SW-Motech per riprodurre l’alle-stimento provato da noi. La dotazione di serie prevede sospensioni com-pletamente regolabili, ABS, e controllo di trazione disinseribile e regolabile su tre livelli.Al di là di qualche leggera caduta di tono come il già citato cruscotto, soprattutto considerandone l’indole e la destinazione d’uso sportiva, la GSX-S1000F si può certamente definire offerta ad una quotazione più che onesta, anche perché al di là delle basi tecniche si tratta di un modello di progettazione decisamente più recente, aspetto evidente in diversi frangenti.

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Condizioni d’acquisto e tagliandiKAWASAKI Z1000SXKawasaki offre due anni di garanzia sulla Z1000SX, con tagliandi ogni 6.000km. Per quanto riguarda l’acquisto, le concessiona-rie offrono diverse possibilità di finanziamento; al momento (e per tutto il 2016) è in vigore la promozione “Operazione 50%”, che consente di finanziare l’acquisto per metà del suo valore pa-gando la prima rata dopo tre mesi.

SUZUKI GSX-S1000FLa garanzia per la Suzuki GSX-S1000F è dei ca-nonici due anni, con primo tagliando a 1.000km e i successivi ogni 12.000 oppure ogni anno, condi-zione che da sola vale un punto in più per la Casa di Hamamatsu. Per quanto riguarda il finanzia-mento, Suzuki assieme a Findomestic offre la

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campagna “Fifty fifty” con metà del periodo di pagamento a tasso fisso e la seconda metà com-pletamente a tasso zero e zero spese accessorie.Motore e trasmissione (dati strumentali rilevati da Moto.it)

KAWASAKI Z1000SXPastoso, ricco di coppia e con una voce allo sca-rico meravigliosa: il motore della Kawasaki è un davvero piacevole da guidare e ben fatto. Praticamente in linea con le dichiarazioni i valo-ri riscontrati al banco, con una curva di coppia lineare e senza buchi, si attesta ad un valore di potenza massima a 140 cavalli all’albero che si traducono poi in 128,5 alla ruota. Ottimi anche cambio e frizione: preciso e netto negli innesti il primo, morbida e gestibile la se-conda.

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SUZUKI GSX-S1000FIl motore della Suzuki è semplicemente paz-zesco: lo si percepisce già alle prime sgassate da fermo, perché il quattro cilindri derivato dal motore a corsa (relativamente) lunga del GSX-R K5 si dimostra grintoso, cattivo e prontissimo a prendere giri, doti che conferma poi su strada. Al banco si rivela ancora più potente di quanto non dichiari la Casa madre, con un valore (155 cavalli all’albero) che – non a caso – avrebbe soddisfatto i clienti di una supersportiva di qual-che anno fa ed un’erogazione davvero meravi-gliosa per linearità e pulizia.Frizione e cambio non sono nulla di meno di quanto non ci si possa attendere da una Suzuki: perfetti.

ConsumiKAWASAKI Z1000SXNessuna delle due eccelle per parsimonia nel consumo, con valori rilevati pressoché equiva-lenti. La Kawasaki esprime un 14,6km/l in città, che diventano 17 in autostrada, con una rappor-tatura che tiene il motore a 5.800 giri a 130km/h effettivi. Dove invece fa sensibilmente peggio rispetto alla rivale è nell’extraurbano (con 18,2km/l) pro-babilmente per la rapportatura corta, bassi un po’ meno pronti e per qualche chilogrammo in più soprattutto con il pieno.

SUZUKI GSX-S1000FAnche in questo caso non siamo davanti ad una moto che va “senza benzina”, visto il consumo non certo contenutissimo. I valori in città ed autostrada sono peggiori ma molto simili rispetto a quelli espressi dalla Kawa-saki, con 14,3km/l in città e 16,7 in autostrada, mentre sul misto la Suzuki si prende la rivincita con un bel 20,8km/l.

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Comportamento in cittàKAWASAKI Z1000SXNon stiamo certo parlando di uno scooter, ma la Kawasaki SX in città se la cava benone. La posizione di guida comoda e rialzata offre una buona visuale nel traffico, e le sospensioni filtra-no qualunque asperità di dimensioni inferiori al triplo da Supercross. La rapportatura corta trae spesso d’impaccio, anche se si finisce per usare il piede sinistro più di quanto non si vorrebbe per evitare di stare troppo alti di giri.La sezione frontale non contenutissima (e le va-

lige ben fatte ma ingombranti, tenete come riferi-mento qualcosa meno degli specchietti) fa si che filtrare nel traffico non sia impresa banale. In compenso, il motore fluidissimo e la frizione di burro fanno si che ci si possa muovere ad anda-ture trialistiche senza il minimo sforzo.

SUZUKI GSX-S1000FAgile e scattante, la Suzuki in città è più aggressi-va e sguscia meglio nel traffico, rendendo l’even-tuale tragitto casa-lavoro impresa più divertente della media. In compenso le sospensioni rigide, pur scorrendo

bene, lasciano passare un po’ di più irregolarità dell’asfalto e sollecitazioni del pavé: sulla Kawa-saki si sta più comodi.Il marcato on-off dell’acceleratore si rivela un po’ fastidioso ai bassi regimi, ma niente di trascen-dentale.

Comportamento in autostradaKAWASAKI Z1000SXSiamo quasi a livello di tourer “vera”: la Z1000SX protegge bene piloti di (quasi) ogni statura grazie al plexiglass regolabile, e procede stabile e como-da per lunghi tratti lasciando scoperte solamente

parte delle spalle. Se si insiste a lungo oltre i limiti di legge si va in-contro ad un antipatico picco di vibrazioni, ma alla fine… potete prenderlo come un allarme di superamento dei limiti.

SUZUKI GSX-S1000FLa GSX-S è decisamente più sportiva rispetto alla Kawasaki e in autostrada paga dazio: la protezio-ne aerodinamica è scarsina, e l’assetto sostenuto a lungo andare affatica un po’. In compenso le vibrazioni sono piuttosto ridotte, e pur non essendo il suo pane quotidiano qualche

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trasferimento si affronta senza patire troppo.

Comportamento sul mistoKAWASAKI Z1000SXNon se la cava niente affatto male: il misto, so-prattutto quello di montagna, è uno degli scenari d’elezione per chi ama questo genere di moto. Presa da sola, la Kawasaki sfiora l’eccellenza, mentre nel confronto con la Suzuki paga un po’: il peso, che sulla bilancia non è molto diverso, qui si sente di più e il motore appare un po’ meno corposo ai bassi. E quella taratura morbida delle sospensioni – ad escursione più ampia – che in città ed autostra-da rendono tanto gradevole la SX, sul misto la penalizza un po’ in termini di agilità e precisione.Per contro, soprattutto se si guida puliti, si ap-prezzano un bel cambio dalla rapportatura rav-vicinata, impianto frenante al di sopra di ogni cri-tica ed una stabilità irreprensibile anche quando l’asfalto si fa un po’ sconnesso. Inoltre, potete divertirvici anche in coppia man-tenendo una buona guidabilità – ricordatevi solo di aumentare il precarico con il già citato registro remoto…

SUZUKI GSX-S1000FPiù sportiva e grintosa, la GSX-S1000F sul misto è una vera goduria. Facile da inserire in curva grazie al manubrio lar-go e alla posizione di guida azzeccata, si rivela gustosissima e precisa sia sul lento che sul ve-loce grazie ad un motore soprannaturale ma an-che ad una ciclistica azzeccata e composta, che suggerisce maggior prudenza solo sullo scon-nesso perché la taratura marcatamente sportiva delle sospensioni causa qualche saltello di trop-po soprattutto al retrotreno. L’unica nota negati-va viene dall’acceleratore, il cui marcato effetto on-off disturba in uscita di curva e guasta un po’ la festa. Viene voglia di rivolgersi all’aftermarket, perché il resto del quadro generale è davvero d’eccellenza. Passeggero? Se volete divertirvi, onestamente lo lasceremmo a casa.

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Per chi sono?Se avete letto con attenzione fino a qui l’avrete capito: Kawasaki Z1000SX e Suzuki GSXS1000F hanno un’impostazione comune ma anime mol-to diverse. Pur provenendo entrambe da naked (Z1000 e GSXS1000) a loro volta derivate da sportive (ZX-10R e GSX-R1000K5), sembra che l’albero genealogico della Suzuki sia più corto o che, fra una generazione e l’altra, i geni sportivi si siano mantenuti dominanti. L’evoluzione seguita dalla Kawasaki è stata inve-ce leggermente diversa, con geni racing un po’ recessivi o magari un’educazione… in collegio, che l’ha resa un po’ più raffinata ed educata e meno grintosa. In entrambi i casi abbiamo moto comode, capa-ci di regalare tanto gusto nella guida sul misto e di affrontare bene qualunque situazione (a ruote sull’asfalto, s’intende) pur con due personalità nettamente distinte. Se volete una moto sportiva che vi imponga

meno sacrifici rispetto alla classica supersport a manubrio basso, e che magari sia la compagna ideale per i viaggetti del fine settimana magari sulle Alpi, su qualche passo bello “mosso” in so-litaria, la Suzuki sembra fatta per voi. Non a caso è facile immaginarsela come la ver-sione Factory delle special autoprodotte dai più intraprendenti motociclisti tedeschi che da di-versi anni montano manubri larghi sulle super-sportive giapponesi.Al contrario, se vi piace la guida brillante ma pri-vilegiate comodità e la possibilità di viaggiare con un passeggero (anch’egli comodo) troverete affinità elettiva con la Kawasaki Z1000SX, deci-samente più accogliente, protettiva ed educata anche su fondi non perfetti. Per una volta, il prezzo non sarà una discrimi-nante – anche se la versione Tourer della Ka-wasaki vi fa spendere qualcosa in più rispetto all’allestimento con borse morbide SW-Motech di Suzuki – ma potrete dare libero ascolto alla

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vostra propensione. Oppure, perché no, al gusto estetico. Di una cosa potrete stare sicuri: qua-lunque scegliate, non vi sbaglierete.

Caschi Airoh ST 701, HJC RHPA-10 PlusGiubbotti Tucano Urbano Straforo, Rev’It!Pantaloni Dainese, Rev’It!Guanti DaineseScarpe Ixon Zebra, TCX Boots

ABBIGLIAMENTO

KAWASAKI Z 1000 SX ABS 12.890 euroCilindrata 1043 ccTempi 4Cilindri 4Raffreddamento a liquidoAvviamento elettricoAlimentazione iniezioneDepotenziata NoEmissioni Euro 3Capacità serbatoio 19 Lt Potenza 142 cv - 105 kw - 10.000 giri/minCoppia 11 kgm - 111 nm - 7.300 giri/minPneumatico anteriore 120/70ZR17M/C (58W)Pneumatico posteriore 190/50ZR17M/C (73W)ABS SìPeso in ordine di marcia 231 Kg

SCHEDA TECNICA

SUZUKI GSX S 1000 F ABS 12.890 euroCilindrata 999 ccTempi 4Cilindri 4Raffreddamento a liquidoAvviamento elettricoAlimentazione iniezioneDepotenziata NoEmissioni Euro 3Capacità serbatoio 17 Lt Potenza 146 cv - 107 kw - 10.000 giri/minCoppia 11 kgm - 106 nm - 9.500 giri/minPneumatico ant. 120/70 ZR 17 M/C (58W)Pneumatico post. 190/55 ZR 17 M/C (73W)ABS SìPeso in ordine di marcia 214 Kg

SCHEDA TECNICA

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PREGI Agilità nello stretto | Erogazione lineare DIFETTI Trazione in salita sul viscido

PROVA ENDURO

KTM EXC 2017Più leggere, più potenti e raffinate: ecco le nuove

KTM EXC 2017, arrivano i nuovi due tempi 250/300. Traction control sul 4T. Ecco come vanno

di Aimone Dal Pozzo

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N onostante i grandi nuovi im-pegni in MotoGP, e le ambi-ziose quanto realistiche am-bizioni di numeri di vendita, KTM con la nuova gamma EXC rivendica ancora una

volta il primato nel mondo dell’offroad targato.Joachim Sauer, Product Manager Off Road apre la presentazione della gamma 2017 così: “le nostre radici sono nell’enduro e non ci pos-siamo permettere di abbassare la guardia. Dob-biamo spingere sempre al massimo per avere sempre dei prodotti al top della categoria. Il 90% di queste nuove moto sono infatti prodotte con nuovi pezzi, nuove attenzioni e nuovi parti-colari che le rendono ancora più potenti, affida-bili e veloci.”Sono queste infatti le tre parole chiave che defi-niscono la nuova gamma enduro e che si decli-

nano sotto tre aspetti fondamentali e caratteri-stiche comuni alle nuove EXC:• la leggerezza, grazie ad una diminuzione del

peso complessivo di quasi due chili, che per l’enduro è fondamentale in quanto spesso capita di doversi portare la moto in spalla o più semplicemente guidarla per diverse ore;

• la gestione della potenza, generalmente aumentata di 3-4 cavalli, resa il più lineare e semplice possibile, per consentire una guida più efficace e che stanchi di meno;

• l’estetica, interamente stravolta e rinnova-ta, soprattutto per la posizione in sella ed il comfort di guida;

Come quattro tempi viene confermata la gamma al completo, ovvero 250, 350, 450 e 500 EXC-F. Grandi cambiamenti sul fronte due tempi, dove

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le piccole 125 e 150 vengono passate ad un nuovo segmento denominato XC-W (wide range gear), non omologato e specifico per il mercato ame-ricano, ma che eventualmente potranno essere immatricolate come pezzo unico e le 250 e 300 completamente rinnovate non solo come motore ma anche come telaio. L’alimentazione su questi modelli viene ancora confermata a carburatore in quanto ancora con-forme alle normative Euro 3, ma è stato ormai de-finito l’arrivo dell’iniezione per la line-up del 2018.Bernhard Plazotta, Manager Offroad Department, in KTM dal '92 è il responsabile delle nuove moto e ci spiega nel dettaglio tutti gli interventi effettuati:

SOVRASTRUTTUREPer molti sono semplice plastica ed estetica, ma per l’azienda questo comporta un gran lavoro. Per la linea 2017 si sono focalizzati in primis sulla riduzione di peso e la centralizzazione delle mas-se, cosi come già avvenuto sulle sorelle da cross La sella, viene abbassata di 8mm nella parte po-steriore, 4 m nella parte anteriore e viene arroton-data nella parte centrale per essere più comoda per le lunghe giornata di gara. Lo spazio di movimento infatti, risulta più ampio e bilanciato, nonostante la nuova moto appaia più larga. I fianchi risultano più larghi sia nella sona dei convogliatori in quanto quest’ultimi sono di-ventati strutturali a protezione dei radiatori, che nella zona delle tabelle laterali posteriori, che pur sembrando più ingombranti quando la moto è sul cavalletto sono ottime dal punto di vista ergono-mico perché consentono di avere un’ottima presa con gli stivali una volta in movimento. La nuova conformazione dello stampo delle pla-stiche permette di ottenere un’ottima rigidità dei parafanghi oltre che ad avere un ottimo punto di presa in caso servisse prendere la moto con le mani. Entrambi i parafanghi infatti creano una “tasca” nella quale è possibile ottenere una buona presa. Lo stampo del faro anteriore viene rivisto per evitare l’uso di attrezzi e semplificare la fase di montaggio.

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RADIATORIViene rivisto il concetto generale di raffredda-mento con un nuovo sistema di ancoraggio per proteggere i radiatori dai colpi e per ottimizzarne il flusso d’aria.Cassa filtro: cuore delle nuove moto è senza dubbio la cassa filtro che viene interamente ri-vista per essere sempre il più pulita possibile ed assolutamente a prova d’idiota per il montaggio del filtro. Nella versione precedente era possibile sbagliare il senso di montaggio della cuffia men-tre ora, con una mano è possibile inserirla senza problemi ed in entrambi i sensi. Ottimo questo anche per la durata del medesimo in quanto lo si può girare di 180 gradi ed avere nuovamente un filtro pulito nella parte inferire dove si sporca prima. Sempre nella cassa filtro troviamo la batteria che

ormai è in dotazione su tutte le moto della gam-ma per l’avviamento elettrico. La nuova batteria agli ioni di litio riduce di oltre un chilo il peso generale ed il nuovo componente elimina in toto i problemi di ripartenza dopo un lungo periodo di inattività. Grazie a questa aumentata affidabilità, KTM ha deciso di eliminare completamente come dota-zione di serie il kickstarter da tutta la gamma, che verrà solo più proposto come PowerParts in caso di necessità particolari.

TELAIOCompletamente ridisegnato rispetto alla ver-sione precedente, deriva dalla versione cross. Durante lo sviluppo c’è stato un grande lavoro di testing con i piloti del mondiale e con Meo per individuare la migliore soluzione tra PDS e Link

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che alla fine ha confermato ancora una volta e senz’ombra di dubbio l’efficacia del PDS per il mondo enduro. Il nuovo telaio ora risulta il 30% più flessibile lon-gitudinalmente, ma altrettanto il 20% più rigido lateralmente.I tubi in cromo molibdeno sono idroformati ed ora simmetrici da parte a parte. L’attacco dell’ammortizzatore è stato spostato indietro di 5mm ed ora è più centrale nella moto.

SOSPENSIONI:Vengono variate di conseguenza anche le misure vitali dell’ammortizzatore in quanto lo stelo pas-sa da una misura di 50 a 46 mm e di conseguen-za viene variata tutta la struttura sia interna che esterna del mono. Anche la forcella viene com-pletamente ridisegnata. Rimangono confermate le misure vitali di 48 mm a funzionamento rove-sciato. Entrambi i regolatori, di compressione e

ritorno, vengono posizionati nella parte superio-re della forcella, a questo si aggiunge anche un tappo (Power Parts) che permette di registrare manualmente e velocemente il precarico molla, semplicemente appoggiandola sul cavalletto e ruotando la vite su 3 misure (0-3-6).

COMANDIGrande lavoro è stato svolto nell’ottimizzazione

dei comandi, in particolare delle pedane che non rimangono mai bloccate chiuse. In realtà sem-brano già dei componenti del catalogo Power Parts tanto sono belle ed anche queste sono sta-te disegnate in maniera specifica per l’enduro dif-ferenziandosi da quelle cross per 6mm di altezza. Sono disponibili anche in una versione in titanio realizzata appositamente da Akrapovic. Sul manubrio vengono adottate le nuove ma-

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nopole che si fissano con una brugola ed un comando del gas completamente realizzato in casa. Una chicca sulle quattrotì è il fatto di poter azionare l’avviamento a freddo dall’iniezione e di poterlo poi rimuovere a motore caldo semplice-mente chiudendo ulteriormente il gas.

ELETTRONICAViene sostituito il selettore delle mappature che viene portato interamente al manubrio (elimi-nando quello sotto alla sella) e dotato di due tasti (Power Parts), uno per la selezione della mappatura e l’altro per l’inserimento o meno del traction control.

ALIMENTAZIONEIl corpo farfallato diventa da 42 mm sulle quat-tro tempi, più leggero e più immediato e questo grazie all’accoppiamento con la nuova centra-lina ECU che permette di poter utilizzare una mappa per ogni marcia.

IMPIANTI DI SCARICOLe normative in materia di suono sono sempre più rigide e portano un costante e necessario sviluppo dell’impianto di scarico al fine di massi-mizzare la potenza nei limiti consentiti. Le nuove quattro tempi hanno degli avantubi più sviluppati e questi sono accoppiati a silenziatori interamente ridisegnati e più corti per migliora-re ancora di più la centralizzazione delle masse verso il centro della moto.

I motori delle quattro tempiIl disegno è sostanzialmente uguale al modello cross SX, ma tutte le parti in movimento hanno dimensioni e geometrie differenti per essere ef-ficaci per lo sport specifico. Viene alzato e spostato indietro l’albero motore al fine di ottenere un motore più compatto. Con Kiska hanno anche studiato un sistema per evitare che lo stivale rovini dopo poche ore l’estetica dei carter laterali. La biella viene ac-corciata e viene completamente ridisegnata la

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testa con nuova aspirazione e nuovo scarico. Vengono tolti quasi 2 kg dalle moto con un 250 che gira fino alle stelle ed un 350 molto più cor-poso a metà.

EXC 250 - 350: LNuovi motori dalla testa ai piedi. Vengono man-tenuti gli elementi caratteristici e positivi del propulsore precedente, implementandoli con l’esperienza del reparto corse e le richieste del reparto telaistico. Risultato è un motore molto più compatto e snello. La biella è più corta ed è stato svolto un gran lavoro sulla testa per ottimizzare i punti di contatto sulle valvole e sulle camme. Viene modificato il punto di attacco tra testa e telaio per ridurre ulteriormente le vibrazioni. Il cilindro è più corto ed il postone forgiato è 100 gr più leggero. La frizione è sempre di tipologia CSS ed il cambio è rimasto a 6 velocità, ma è

stato implementato di un sensore elettronico che dona la giusta potenza ad ogni marcia. Nuova la leva del cambio, parecchio più sporgente, ma do-tata di un sistema ‘no dirt’ che la tiene sempre pulita ed in posizione aperta.Le nuove KTM 250 e 350 hanno guadagnato po-tenza su tutta la curva di utilizzo, ma in particolar modo sulla parte iniziale di erogazione. Le potenze massime sono ormai numeri da far girar la testa se si pensa che negli ultimi 17 anni il motore ha acquisito ben oltre 12 cavalli e con una diminuzione di peso di oltre 5 chili!

EXC 450 – 500Il motore di riferimento, ormai attivo da qualche anno, viene ripreso e ripensato dalla testa i piedi. Cambia totalmente la testa così come i disegni dell'aspirazione e dello scarico. Rimane la frizione con tecnologia DDS e l’aziona-mento idraulico Brembo. Il cambio è stato rivisto

nella quinta e sesta marcia per migliorarne l’inse-rimento e la scorrevolezza. Risultato è che sono stati aggiunti altri 4 cv nel picco di potenza per arrivare a toccare la bellezza di 63 cv come valore massimo sul 500. Non c’è da avere timore però sulla potenza di questo propulsore perché è davvero facile da usare ed in Australia ed America è molto apprez-zato, tanto da superare le vendite del 350.

I motori delle due tempiXC-W 125 – 150Anche per le piccole cilindrate l’intervento è sta-to massiccio: Viene alzato l’albero motore e rim-picciolito di quasi 4 cm e della frizione di 3 cm, con una riduzione di peso generale di un chilo e mezzo che su un totale di 17, sono davvero tan-ti., viene montato di serie sul 150 l’avviamento elettrico (prima volta per una moto di piccola cilindrata). Viene implementato un cambio a 6 rapporti che diventa anche più sottile di 6 mm ed

adotta la nova leva cambio anti rottura.Il nuovo cilindro viene dotato di un’innovativa valvola sullo scarico che ne ottimizza l'eroga-zione a metà e la nuova trasmissione e cambio a 6 marce, permettono una riduzione di peso di ulteriori 200 gr. Non solo, ma grazie a queste modifiche ora è possibile montare il cilindro 150 sulla 125. Il comando della frizione ora è Brembo anche su questo modello e permette una mag-giore precisione e durata. Da 9000 a 12000 giri sono riusciti ad ottenere una potenza costante e notevole di oltre 12Nm.

EXC 250 - 300Vengono viste per la prima volta dal grande pub-blico. Il progetto nasce da zero senza prendere alcuno spunto dal modello precedente. La logica d’intervento è la medesima che sulle altre moto ovvero l’albero motore più alto e vici-no al baricentro. Il nuovo disegno del propulsore ha creato un spazio sotto al basamento dove è

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stato inserito il motorino dell’avviamento. Oltre a questo viene introdotto per la prima volta un contralbero, che riduce del 50% le vibrazioni sulle padane e sul manubrio rendendo la guida tutta un’altra storia.Come cambio viene preso quello della 350 con 6 marce e viene introdotta la frizione DDS con il nuovo comando Brembo.

La componentisticaSulla nuova gamma viene implementata una nuova gomma 140/80 sempre Maxxis, ma con nuova mescola e nuovo disegno per massimizza-re la trazione.Sul comparto freni viene confermato lo storico partner Brembo, ma vengono introdotte delle in-novazioni importanti. Il disegno a margherita viene confermato per en-

trambi gli impianti ed ottimizzato. Davanti la pompa è uguale, viene ottimizzato il cavo che ora è accoppiato allo speedometro, mentre al posteriore il pistone passa da 26mm a 24 ed allo stesso tempo viene allungata la leva del freno e cambiata la mescola delle pastiglie per permettere di avere una frenata più potente ma allo stesso tempo più progressiva.

Come vannoMonti in sella e sei già a posto, pronto per partire. I meccanici ti chiedono se vuoi spostare qualche leva o modificare qualche registro, ma è già tutto a posto. La distanza sella manubrio è classica da KTM ov-vero leggermente superiore rispetto alle altre e ciò ti porta a guidare maggiormente in piedi. La sella, ora più piatta, consente degli sposta-

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menti in sella più ampi ed essendo anche più larga, dopo una giornata in moto senti che è più comoda. Leve al manubrio regolabili millimetricamente, riser con 4 opzioni di ancoraggio e pedane imba-razzanti da quanto sono larghe fanno il resto, otti-mizzando ogni punto di contatto tra moto e pilota.

EXC 250F – 350FLa cura dimagrante ed il carico di energia ha do-tato la più piccola del gruppo, di un carattere bello peperino. Se la tieni mansueta, lei è docile e tran-quilla, ma se le tiri il collo e la fai arrabbiare allora ecco che si scatena. Il nuovo bilanciamento peso/motore la fa sembra-re molto più leggera dei due chili dichiarati, per-ché la prontezza del motore la rendono scattante e leggera da guidare. Lo spunto all’inizio è quanto basta per saltare su dallo scalino in mulattiera, altrettanto per farsi proiettare fuori dalle curve in fettuccia a velocità imbarazzanti, ma se la fai girare in alto e riesci a stargli dietro, ha una potenza che non finisce mai. La 350 invece guadagna in maniera importante nella parte centrale di erogazione. Il compromesso potenza e bilanciamento gene-rale è davvero azzeccato e fra tutte, questa è la moto che in assoluto stanca di meno. La trazione in particolare sul brecciolino secco trovato qui in Spagna sembra non mancare mai, e se inserisci anche il traction control allora sembra proprio di curvare sull’asfalto.

EXC 450F - 500FLe prestazioni in ordine di marcia ricalcano quan-to già conosciamo del concetto di motore corpo-so sposato ormai da anni dal marchio austriaco. Il big bore, non deve essere un’angoscia da porta-re in giro, bensì deve essere uno strumento di alta precisione con il quale intraprendere una danza sinergica quasi fosse un balletto. Con queste puoi passare tutto il giorno a giare con un filo di gas senza stancarti e senza avere timore dell’innumerevole quantità di cavalli che hai sotto

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al sedere. Scegli dal manubrio anche la mappa soft ed aggiungi il controllo di trazione e ti ritrovi per le mani un agnellino. Vuoi un missile terra aria? Allora basta girare an-cora un po’ la manopola del gas ed ecco che ti ri-trovi a sfrecciare tra le piante a velocità indicibili. L’aggravante è che ora, la maggiorata stabilità e leggerezza le rendono ancora più guidabili e ti accorgi sempre di meno quanto in realtà stai andando forte. La 450 è senza dubbio la più bi-

lanciata tra tutte anche se un po’ morbida e “cic-cosa” sull’avantreno, soprattutto in staccata. Elemento facilmente risolvibile grazie ai registri di compressione e ritorno entrambe sulle forcelle in alto, unitamente al registro (optional) del pre-carico molla, semplice ed efficace. La nuova curva di erogazione di questo propul-sore, benché decisamente più potente, lo porta ad essere molto più libero e leggero, tanto che questo aspetto influisce positivamente sulla sen-

sazione di guida, in particolar modo nei cambi di direzione, nelle sezioni di single track e negli inse-rimenti in curva. Il risultato è che pur avendo un’infinità di cavalli, questi sono facilmente e millimetricamente ge-stibili, rendendo le regine di categoria le più ge-stibili tra tutte.

EXC 250 - 300Se per la gamma quattro tempi sono stati im-

portanti i cambiamenti, per la gamma due tempi, parliamo proprio di un altro mondo. KTM posticipa ulteriormente al 2018 il progetto dell’iniezione diretta sui motori a due tempi e lo andrà ad implementare solo quando sarà obbli-gatorio per l’omologazione Euro 4, ma già da ora introduce una moto completamente rivoluziona-ta, pronta ad accogliere un altr’anno tale tecnolo-gia. Il progetto si basa su un’impostazione classi-ca, ma i risultati sono sorprendenti.

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Il motore è talmente piccolo che sembra finto e questo non migliora soltanto l’esperienza di gui-da, ma anche le operazioni di manutenzione. Cambiare un getto prima era un cinema, ora è facile ed immediato.L’elemento più sorprendente è l’assenza di vi-brazioni. La moto sembra più leggera, più fluida ed anche l’erogazione ne beneficia in maniera importante. Il nuovo Mikuni porta una precisio-ne della carburazione a livelli imbarazzanti, tan-to che il passaggio centrale, ovvero il momento in cui incomincia ad aprire la valvola di scarico, è talmente pulito e lineare che la moto sembra sempre magra. Altro fattore è che non si riempie mai. Fai anche 10 minuti di discesa ed appena tocchi il gas lei è pronta e reattiva come se avessi appena finito una speciale. Non so come hanno fatto, ma è davvero bello.L’erogazione ormai è da quattro tempi, con un

grande vantaggio in termini di leggerezza, ed im-mediatezza. La 250 ha ancora più vigore e forza al propulsore ai bassi e medi regimi, fantastico per arrampicar-si tra le pietre e nel fango, ma soprattutto la curva di spinta non ha mai una minima interruzione. La 300 invece, in alcune occasioni ha una coppia talmente corposa che sembra quasi scapparti via da sotto il sedere, ma non è invadente e nem-meno nervosa, solo divertente da morire.

XC-W 125 – 150Peccato averle perse. Per l’enduro da competi-zione oltre che un vero sballo sono delle armi da combattimento di prima categoria. Il 125, è un moschino impazzito con un tiro inziale bello pienotto ed una schiena in alto da far salta-re i timpani da tanto gira forte ed in alto. Stacchi e si ferma in un niente, la inserisci e quasi

ti cade di mano, dai gas e sei già alla prossima curva. Implementata con il piccolo terminale Akrapovic poi, vale la spesa solo il suono. Il moto-re ancora più piccolo consente l’inserimento an-che sulla ottavo di litro dell’avviamento elettrico che, in abbinamento alla nuova batteria ai ioni di litio porta con se solo i vantaggi. La neonata gamma XC offre un prodotto di rife-rimento per i circuiti chiusi e per attività legate al mondo off-road dove però non serve essere in regola con il codice della strada (Cross Country, Hard Race ecc..)

Six daysAnche per il 2017 KTM propone in versione Six days l’intera gamma enduro, ad eccezione della 125/150 due tempi. Per la nuova versione, oltre che una bellissima li-vrea gialla, bianca e nera che richiama i colori del-

la Spagna, dove quest’anno si correrà la Sei Gior-ni, troviamo la forcella WP con il precarico molla, le piastre color arancio ricavate dal pieno, il para-motore in plastica, il telaio arancione e numerose diavolerie del catalogo Power Parts (protezioni disco, perni ruota, ecc..) che la impreziosiscono e la rendono ancora di più pronto gara. Ognuno di questi componenti è, ad ogni modo, acquistabile separatamente dal catalogo "Power Parts". KTM con questa nuova gamma fa un al-tro grande passo avanti per tutta l’industria, im-mettendo sul mercato una serie di prodotti che diventeranno subito un benchmark per il mondo offroad, essendo le più leggere, performanti e ve-loci sulla piazza.Non solo, ma le innovazioni introdotte sulla linea due tempi, dimostrano ancora una volta quanto KTM crede nella propulsione a miscela e che que-sta avrà ancora un importante futuro.

Casco: AcerbisOcchiali: ArieteMaglia: AcerbisPantaloni: AcerbisGuanti: AcerbisStivali: Acerbis

ABBIGLIAMENTO

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M oto specialistica di grande tradizio-ne, la Husqvarna FS 450 si presenta nella sua versione 2017 rinnovata in molti comparti, ma non rivoluzio-

nata nella sostanza. Arriverà in vendita a luglio, al prezzo di 10.150 euro franco concessionario.Se esteticamente si notano linee modificate e una nuova veste grafica, è nella struttura che si sono concentrate le novità.Il motore monocilindrico, monoalbero quattro valvole di 449,5 cc, è rimasto pressoché invaria-to. Ha iniezione con corpo farfallato da 44 mm e cambio a cinque marce. Nuova è la centralina che integra il controllo di trazione, mentre sul manubrio c'è un nuovo selettore mappe con atti-vazione di launch control e traction control.Nuova è anche la forcella WP AER 48, con funzio-ne separata per gli steli e molla ad aria per uno smorzamento progressivo, che pesa 1.660 gram-mi meno della precedente sospensione. Cambia anche la piastra superiore di sterzo, e sono nuovi i supporti del motore in alluminio.Come dicevamo, la FS 450 ha un nuovo selettore delle mappature al manubrio, che consente al pi-lota di modificare velocemente le caratteristiche

di erogazione del motore. Il selettore consente di scegliere tra due mappe motore, e di attivare il launch control per la migliore trazione in avvio di gara. Il controllo di trazione interviene analiz-zando una serie di parametri, tra cui il grado di apertura della manopola del gas e la velocità nel-la salita di regime del motore: il sistema modifica la coppia trasmessa alla ruota, ottimizzando la trazione.Non ci sono cambiamenti per il telaio, in tubi di acciaio al molibdeno idroformati, ed è conferma-to il telaietto posteriore in materiale composito, che per questa versione 2017 è costruito per il 30% in fibra di carbonio ed ha un peso di 1,4 kg.

Le novità della FS 450 edizione 2017Inedita forcella ad aria WP AER 48Piastra di sterzo superiore lavorata CNCNuovi supporti manubrioNuovi supporti superiori motore in alluminioSelettore mappe al manubrio con attivazione del launch e traction controlNuova centralina che integra il controllo di trazio-neNuove grafiche e colori Husqvarna 2017

HUSQVARNA FS 450 2017La nuova versione della supermotard racing di casa Husqvarna si presenta rinnovata nel design, ma soprattutto con novità ciclistiche e nella gestione elettronica del motore

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MATCHLESS BOND PER DUE NUOVE MOTO NEL 2017di Maurizio Gissi | La Model X presentata a Milano non resterà un sogno. E' questa l'intenzione della proprietà del marchio Matchless: saranno emessi dei bond per finanziare la costruzione di due modelli

R ilevato nel 2012 dalla famiglia Ma-lenotti, dopo aver ceduto Belstaff al gruppo Labelux per 110.000 euro, il marchio Matchless è ritornato in auge.

E lo ha fatto griffando una linea di abbigliamen-to, maschile e femminile, che ha utilizzato Kate Moss, fotografata da Terry Richardson, come te-stimonial delle campagne pubblicitarie.A differenza di Belstaff, però, il marchio della M alata è diventato famoso in tutto il mondo per la produzione di moto. E alle moto i Malenotti, il padre Franco soprattutto, visti i suoi precedenti, hanno voluto ritornare. Tanto che a Eicma 2014 è stata presentata la Matchless Model X Reloaded, una citazione agli Anni Trenta. Non senza clamo-re, considerate la cura estetica e l'originalità di tante soluzioni tecniche celate nel progetto cura-to proprio dallo stesso Franco Malenotti.L'operazione è stata vista da molti come un so-stegno dato al marchio convertitosi all'abbiglia-mento, ma il programma produttivo intanto era stato lanciato: 115 gli esemplari da costruirsi, tan-ti come gli anni dello storico marchio britannico.La stampa economica britannica ha riportato giorni fa la notizia che la famiglia Malenotti ha intenzione di raccogliere un finanziamento di 5 milioni di Sterline (circa 6,5 milioni di euro) per alimentare il progetto moto. Lo farà attraverso l'emissione di Mini Bond sulla piattaforma online Karadoo (che è stata appena lanciata, e punta a mettere in contatto piccoli in-vestitori con aziende britanniche): i bond avran-no scadenza a cinque anni, taglio di 10.000 Ster-

line e un allettante interesse del 6% annuo. La scadenza quinquennale è rinnovabile e i Mini Bond saranno assicurati dalla società fino a trent'anni dall'accordo di licenza. Il finanziamento iniziale degli azionisti è pari a 1,4 milioni di Sterline.Il denaro raccolto servirà ad avviare la produ-zione due nuovi modelli Matchless, per i quali si parla di un costo sostenuto finora di 1,5 milioni di euro. Il primo modello dovrebbe essere qualco-sa di molto vicino alla Model X, moto per la quale era stato scelto un motore biclilindrico V2 della S&S. Si chiamerà Matrix X Reloaded e avrà un prezzo base di 104.000 euro. L'inizio delle vendi-te è previsto nel 2017, quando Matchless conta di produrne 77 esemplari. Per arrivare a cento nel 2020.Il secondo modello, la Matchless TT, avrà un prez-zo base di 52.000 euro. In questo caso i program-mi annunciati sono di costruirne 100 esemplari nel 2017 e arrivare a 150 entro il 2020.Le moto saranno fabbricate e assemblate presso la Onyx Race Engineering di Littlehampton, nel Sussex. A una ventina di chilometri dal circuito di Goodwood, dove si dice che saranno testate tutte le Matchless prima della vendita.Le previsioni della Matchless sono di un fattu-rato 2017 di 13,7 milioni di euro, e di 21 milioni nel 2020 per un margine operativo di 6 milioni di euro. Quando cioè, previsioni 2020, saranno raggiunte le 250 moto prodotte all'anno: un pro-gramma ambizioso che anche per questo motivo merita di essere seguito.

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TESTE E DISTRIBUZIONE IERI E OGGI.DA DUCATI A HONDAdi Massimo Clarke | Iniziamo una serie di articoli che raccontano come sono cambiati i motori delle moto di alte prestazioni, europei e giapponesi. Prima parte

Tecnica e Storia

D a diverso tempo a questa parte la tecnica motociclistica appare ab-bastanza “cristallizzata”, con molte soluzioni ormai standardizzate e vari

schemi costruttivi che sembrano non più suscet-tibili di ulteriori sviluppi o di variazioni realmente significative. Insomma, si lavora fondamental-mente a livello di dettaglio, cercando di migliora-re ulteriormente ciò che è stato già portato a un livello di sviluppo straordinario. Questo è confermato dal fatto che le potenze specifiche, che in precedenza subivano cospicui incrementi da un modello a quello successivo,

DOPO UNA SERIE DI TENTATIVI CON LE CINQUE VALVOLE PER CILINDRO LA YAMAHA HA ADOTTATO DEFINITIVAMENTE LA SOLUZIONE A QUATTRO VALVOLE

Per lungo tempo, in un passato ormai lontano, le molle delle valvole del tipo a spillo, che di norma venivano montate in coppia, hanno trovato largo impiego sia nei motori da competizione che in quelli di serie

Nei primi anni Ottanta la Honda ha adottato per i suoi grossi monocilindrici una distribuzione monoalbero con quattro valvole disposte radialmente e una camera di combustione emisferica

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negli ultimi anni sembrano essersi stabilizzate su determinati valori, dai quali non si spostano se non in misura assai modesta, con l’apparire di nuove versioni. Insomma, c’è ancora da fare, ma si tratta di perfezionamenti e non di profondi cambiamenti, con relativa comparsa e afferma-zione di nuove soluzioni tecniche.Alla luce di queste considerazioni può essere interessante osservare come si sono evoluti nel corso degli anni tanto i motori quanto la ciclisti-ca, fino ad arrivare alla situazione odierna. In fondo, spesso viene spontaneo chiedersi in cosa differisca una moto attuale da un modello analogo degli anni Sessanta o Settanta.Lo sviluppo, che ha coinvolto non solo le case

Testa di un grosso monocilindrico di una ventina di anni dopo. Il raffreddamento è ad acqua e le valvole sono quattro, ben poco inclinate tra loro. La camera di combustione ha una forma a tetto e la candela è collocata centralmente. È questo lo schema che si utilizza attualmente sui motori di alta potenza specifica

motociclistiche ma anche i produttori di com-ponentistica, ha avuto luogo con obiettivi ben precisi, accentuati dalla concorrenza tra i vari co-struttori: prestazioni via via più elevate, maggiore durata e superiore affidabilità. Anche la rumorosità meccanica è diminuita, come pure la “ruvidità” di funzionamento; le vi-brazioni moleste poi sono diventate solo un ricor-do. L’esigenza di contenere le emissioni di scari-co, apparsa diversi anni fa, è diventata sempre più sentita con il passare del tempo. E non si deve tralasciare l’importanza della com-pattezza del motore, oggi addirittura fondamen-tale per certi tipi di moto, come quelle da corsa e da cross.

Novità in testaTralasciando ogni considerazione relativa ai si-stemi di alimentazione, con gli impianti di inie-zione che hanno sostituito i carburatori (salvo che nei motori utilitari e/o di piccola cilindrata), e al raffreddamento, che nei motori di presta-zioni molto elevate da anni è invariabilmente ad acqua, appare subito evidente l’affermazione delle teste bialbero a quattro valvole per cilin-dro. Ormai da tempo le distribuzioni ad aste e bilancieri sono impiegate solo da un ridotto nu-mero di modelli, in genere di impostazione clas-sicheggiante o “old style”; godono invece di una buona diffusione le teste con un unico albero a camme, di struttura più semplice e più compat-ta rispetto a quelle bialbero.

In queste ultime le masse in moto alterno sono minori e la rigidezza del sistema di comando del-le valvole è superiore, il che le rende insostituibili quando si cercano le massime prestazioni, ov-vero nei motori da competizione e in quelli delle supersportive.Dopo una serie di tentativi, interessanti e corag-giosi, tesi a dimostrare la superiorità delle cinque valvole per cilindro, o almeno di dimostrarne la validità come alternativa alla soluzione conven-zionale, la Yamaha ha adottato definitivamente quest’ultima, passando alle quattro valvole. Pure la Rotax ha sviluppato e impiegato per di-versi anni una testa a cinque valvole per i suoi grossi monocilindrici. Per non parlare del settore automobilistico, nel

Questa testa di una Ducati 350 Scrambler mostra chiaramente quale era lo stato dell’arte, per i motori di serie, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Le due valvole sono inclinate tra loro di 80°

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quale tale soluzione ha avuto vari sostenitori.Un accenno meritano anche le teste a tre valvo-le. Le hanno impiegate ben pochi motori, ma tra di essi c’era il bicilindrico Honda a V di 52° delle famose Transalp e Africa Twin apparse negli anni Ottanta. E oggi c’è anche un modello di grande diffusione del gruppo Piaggio.Sempre alla Honda è dovuto un impiego diffuso delle valvole davvero radiali, montate in teste monoalbero e comandate da due bilancieri cia-scuna (uno a dito e uno a due bracci). Le hanno utilizzate modelli importanti come la XL 600 e la Dominator. La camera di combustione era real-mente emisferica.Una soluzione ben diversa da quella che prevede valvole disposte radialmente solo in misura mol-

Qualche costruttore dopo avere adottato un angolo tra le valvole estremamente ridotto (20° in questo caso) è poi tornato sui suoi passi aumentandone il valore (25°, nella testa a destra). Si noti anche il passaggio dai bilancieri a dito alle punterie a bicchiere, in controtendenza rispetto agli orientamenti attuali

to modesta (qualche grado appena), comanda-te in maniera convenzionale e impiegate in certi motori bialbero ultraveloci, da competizione o supersportivi (MV Agusta).

Angolo ridottoMolto importante è stata anche l’evoluzione dell’angolo tra le valvole. Nelle teste in cui queste erano due per cilindro, esso era spesso molto grande. Nei motori di serie italiani, all’inizio degli anni Settanta erano comuni valori dell’ordine di 70° (Guzzi, Laverda 750); qualcuno arrivava anche a 80° (Ducati con distribuzione comandata da al-berelli e coppie coniche), anche se in precedenza non erano mancati interessanti esempi di inclina-

zioni nettamente minori (vedi Morini 175 degli anni Cinquanta, con 56°). La strada verso una riduzione dell’angolo in questione è stata imboccata con decisione da case come la Honda con i suoi CB Four (58° nel 750, 56° nel 500 e 54° nel 350/400) e la BMW (62° nei boxer a due valvole a partire dalla serie /5). Ben presto diversi costruttori si sono stabi-lizzati attorno ai 60° (Ducati della serie Pantah, Kawasaki 4 cilindri ad aria). Come valori particolarmente bassi, spiccano i 40°30’ della Laverda 1000 e successivamente i 38° delle BMW K100 e K75.Pure nei motori a quattro valvole per cilindro si è avuta una riduzione dell’angolo tra le valvole stesse, che si è accentuata dopo l’affermazio-

ne del raffreddamento ad acqua, consentendo la realizzazione di camere sempre più compatte e dalla geometria più “pulita”. Nei policilindrici di alta potenza specifica, negli anni Ottanta erano largamente utilizzati dai prin-cipali costruttori valori dell’ordine di 38° - 40°. Nel decennio successivo ha avuto luogo una di-minuzione, con passaggio dapprima ad angoli dell’ordine di 30 – 35° e quindi ai valori attuali (mediamente compresi tra 21°e 26°), che sono immutati ormai da oltre una quindicina di anni, segno che ormai si è raggiunta una situazione ottimale.

Valvole sottili e lunghePer quanto riguarda le valvole, sono evidenti un

Parti della distribuzione di un monocilindrico Ducati degli anni Sessanta. Le valvole sono decisamente corte e gli steli hanno un diametro rilevante, in rapporto ai funghi. Sono anche visibili le guide e le sedi, che la casa forniva al ricambio Per lungo tempo, in un passato ormai lontano, le molle delle valvole del tipo a spillo, che di

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aumento generalizzato della lunghezza e una di-minuzione del diametro dello stelo. Il rapporto tra quest’ultimo e il diametro del fun-go è sceso da un valore dell’ordine di 0,20, tipico della fine anni Sessanta, a circa 1,14 (sempre con riferimento ai motori supersportivi), che sale dal-le parti di 1,5 se le valvole sono in lega di titanio.In quanto alle molle, nei modelli da competizione degli anni Cinquanta (esclusi i quadricilindrici!) la scena era dominata da quelle a spillo, che hanno avuto largo impiego anche nei motori delle vettu-re Sport e di Formula Uno della stessa era, oltre che in diverse moto di serie. In seguito la loro utilizzazione è diminuita; gli ulti-mi modelli stradali che le hanno usate sono stati i monocilindrici Ducati della serie a carter Larghi (ossia, dei famosi Scrambler). Le molle elicoidali si sono evolute con importan-ti miglioramenti metallurgici e l’affermazione di versioni a passo variabile. Negli ultimi anni sono comparse molle “beehive”, con una parte inferiore cilindrica e una superiore troncoconica; inoltre, in molti casi questi com-ponenti vengono realizzati con filo con sezione ovale (“multi-arc”) e non circolare, come vuole la soluzione convenzionale.

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RIDE IN THE USA"MOTONATION" E IL SOGNO AMERICANOdi Pietro Ambrosioni | La passione per le due ruote di Bill Berroth in un'intervista che non solo racconta la sua vita e come è nata Motonation, ma è un po' uno spaccato del sogno americano

On The Road

I l settore delle moto è bello perché la mag-gior parte di chi ci lavora ci è arrivato per un preciso motivo: non è semplicemente un business, ma una passione che si coltiva

fin da bambini, e alla fine, in molti casi, il sogno si trasforma in realtà, indipendentemente da quan-to sia stata difficile la strada per realizzarlo.Il caso di Bill Berroth è senza dubbio emblema-tico, e rappresenta perfettamente lo spirito che per fortuna ancora pervade la gran parte dei personaggi e delle aziende convolte nel mondo che tutti noi amiamo. Bill è un personaggio molto noto qui negli USA, ma per mille motivi le nostre strade non si sono mai davvero incrociate. L’ho finalmente conosciuto ad una gara che ho corso in Baja California un paio di mesi fa, e ap-pena abbiamo iniziato a chiacchierare del più e del meno ho capito che dovevo assolutamente intervistarlo e raccontare la sua storia.Sono andato a trovare Bill a San Diego, nella sede di Motonation (www.motonation.com), il distri-butore USA dei marchi SIDI, AGV Sport, Vemar e Forcefield.

La prima cosa che si vede, entrando dall’in-gresso principale, è una KTM 175 del 1980, e ovviamente la nostra intervista è partita da li.«E’ la moto ufficiale di quando correvo, un pezzo più unico che raro. Ha un cambio ad 8 marce e la sede del gruppo lamellare completamente realizzata ad hoc. Era-no gli anni in cui in Europa Kreidler, Zündapp e gli altri stavano sperimentando cambi da 8 o anche 10 marce nelle cilindrate più piccole, e KTM deci-se di provare sulla mia moto. Sono sicuro che qualcuno nell’Europeo corse con lo stesso prototipo, ma qui ce l’avevo solo io. Il motore era ancora il Sachs e gli ingranaggi del-le marce vennero ridotti di spessore in modo da fare spazio per due marce in più. La necessità di avere più marce derivava dal fatto che in trasferimento la moto non passava le 55 mph e quindi arrivavi a inizio speciale sempre al pelo. In pratica le due marce in più permettevano di andare più veloce e avere il tempo di cambiare la gomma e lavorare sulla moto prima di entrare

in linea. Il basamento è quello del 250, ma KTM riteneva che la coppia del 250 avrebbe tritato il cambio, per cui decisero di metterci l’albero mo-tore del 125 (molto più leggero) e la termica del 175. Tutta la parte che ospita il gruppo lamellare è completamente modificata per poter montare un pacco Yamaha YZ, e il carburatore è un Bing. Ricordo che provai il Mikuni e sembrava molto meglio, ma all’epoca non riuscivo a trovare i getti giusti, quindi optai per il Bing. Il cambio era comunque abbastanza fragile, quindi per la maggior parte della stagione usai il 6 marce di serie».

E l’hai tenuta per tutti questi anni?«Oh, no. Al tempo non me la sarei potuta permet-tere. Ero un pilota “ufficiale”, ma non significa che guadagnassi dei soldi. KTM ti pagava le spese per andare alle gare e a fine anno ti lasciava la moto con cui avevi corso, in modo da poterla vendere e ricavarci qualche soldo. La vendetti a un mio amico, che non la usò mai e la chiuse nel sottoscala. Ci perdemmo di vista, ma proprio quando Inter-net era agli albori ci ritrovammo online: lui dal Connecticut si stava trasferendo in Giappone e mi offrì di ricomprare la moto, cosa che feci im-mediatamente. A quel punto non l’ho restaurata da maniaco ma l’ho semplicemente preparata come se dovessi andare a correre una gara, e poi l’ho portata qui in ufficio».

Dopo questa breve chiacchierata, Bill mi ha fatto vedere gli uffici di Motonation, che si occupano solo delle vendite, del servizio clienti e del race service. Tutto il magazzino della merce si trova in un centro logistico a Los Angeles. Il prodotto principale è ovviamente SIDI, un mar-chio con il quale lavorano ormai da una vita. Di recente hanno anche iniziato a distribuire la calzatura da ciclismo, che, essendo un merca-to completamente diverso, viene gestita da una sussidiaria chiamata “Ciclista America”. L’intero edificio si presta ad una sorta di caccia al tesoro per appassionati: stivali firmati dai cam-pioni di oggi e di ieri, pezzi del passato da pilota

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di Bill, la DKW che un tempo apparteneva a suo padre, foto di vari campioni e appassionati del marchio, tra i quali spicca l’attore Matt LeBlanc (ve lo ricordate in Friends?).

Anche qui c’è, ovviamente un piccolo aneddo-to: «Un altro supporter del marchio - mi racconta Bill - è Kiefer Sutherland, ma lui non vuole favori. Mi manda l’ordine esatto del materiale che vuole, e pretende di pagare il prezzo pieno, più i costi di spedizione. Dice infatti che non vuole sentirsi de-bitore con nessuno e di conseguenza non vuole avere “favori da restituire”. Nessun problema, fossero tutti così! Mi ricordo che una volta mi chiamò una assistente di pro-duzione che voleva del materiale per Tom Cruise. Stava per iniziare a dettare la sua lista quando le

dissi che avrei preferito che Tom mi chiamasse di persona. “Oh, Mr. Cruise non fa queste cose” mi disse. Allora le risposi “Se Mr. Cruise non ha nemmeno il tempo di fare una telefonata, o ma-gari non vuole scendere al nostro livello, per fa-vore gli faccia sapere che non siamo interessati a collaborare con lui».

Una delle altre cose che spiccano negli uffici di Motonation è l’ubiqua presenza di artefatti messicani: la maggior parte sono a tema mo-tociclistico, ma un soggetto in particolare si ripresenta un po’ ovunque: un asinello.«Quello è Tony, la nostra mascotte. Ha persino una sezione del nostro sito dedica-ta alle sue avventure (www.motonation.com/team_tony.htm). È il tipico asinello in cartapesta,

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il classico ornamento da giardino che vendono praticamente ovunque in Baja (tipo i nostri or-ribili nanetti!!! - Nda). Quando Motonation era appena stata creata uno degli impiegati organiz-zò il suo matrimonio in Baja e, mentre in albergo facevano le prove, tutto il gruppo di Motonation andò a mangiare l’aragosta al villaggio vicino. Dopo qualche margarita di troppo iniziammo a vagare per le strade, e notammo tutti questi asinelli in vendita nei negozi per turisti. Qualcu-no disse che Motonation aveva bisogno di una mascotte e comprammo uno di quegli asinelli. Avevamo adesso il problema di come chiamarlo, e qualcuno nel gruppo suggerì il nome Tony. Per-ché proprio Tony? Eravamo in Messico e ci saremmo aspettati un

nome locale, ma il nostro collega era insistente “Il mio migliore amico si chiama Tony, è un caro ra-gazzo ma delle volte è proprio testardo come un asino!”. Sebbene il Tony originale sia ancora nei nostri uffici, molte copie sono in giro per i nego-zi dei nostri clienti. È diventata infatti una sorta di tradizione spedire un Tony (con un tubetto di colla incluso nella scatola perché sono fragilissi-mi e si rompono sempre) e chiedere che il cliente ci rimandi una foto che lo veda in qualche modo coinvolto in qualche tipo di attività, senza parti-colari limiti all’immaginazione. Ti lascio immaginare cosa ci arriva… diciamo che le foto più pubblicabili finiscono sul sito».

Come avrete notato, la Baja California è un

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tema ricorrente: Bill non solo è un amante di quella bellissima terra, ma qualche anno fa ci si è trasferito a vivere, e ogni giorno attraversa il confine per andare a lavorare a San Diego. L’ho dunque seguito fino in Messico e abbiamo fini-to la nostra intervista sul terrazzo di casa sua. Al tramonto, affacciati sull’Oceano Pacifico e sorseggiando birra e margaritas: dura la vita!«Anni fa, durante un giro in fuoristrada con gli amici, ho comprato un piccolo pezzo di terra qui e col tempo ci ho costruito una casa. Al momento di divorziare dalla mia ex-moglie ho tenuto Motonation e la casa in Baja, mentre lei si

è tenuta la casa in California e tutto il resto. Per un po’ ho vissuto in un appartamentino sfiga-tissimo a San Diego, ma poi ho deciso di trasferir-mi qui e ho scoperto un nuovo mondo. Ogni sera in meno di un’ora lascio l’ufficio e il traf-fico della California e mi ritrovo in paradiso».

Parliamo di te, voglio sapere come hai iniziato e come sei arrivato fin qui.«Sono parte di quella generazione che ha sco-perto le moto grazie al film “On Any Sunday”. Ai tempi vivevo in Connecticut ed ero ancora un ra-gazzino, ma rimasi folgorato. Qualche anno dopo,

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nel 1973, mentre eravamo con gli amichetti sulle bici vicino all’autostrada, vedemmo passare i ca-mion Penton e Husqvarna: cosa diavolo ci face-vano lì nel mezzo del nulla? Chiesi a un amico di mio padre, grande appas-sionato di moto, e scoprii che si stavano dirigen-do in Massachusetts per la Sei Giorni di Endu-ro. Lo stesso amico di mio padre organizzò una macchinata e il sabato della prova finale di cross finalmente vidi di persona questo spettacolo magnifico. Da qual momento, correre in moto era tutto quello che avrei voluto fare nella mia vita».

Prima di continuare ho una domanda da farti, che mi ha sempre incuriosito: quanto impor-tante fu effettivamente, per il film, la presenza di Steve McQueen?«Per noi ragazzini che non sapevamo nemmeno chi McQueen fosse, direi che la sua presenza fu del tutto irrilevante. Ma Steve era un grandissimo appassionato di moto e sapeva che il suo coin-volgimento avrebbe attirato l’attenzione di molta gente, di conseguenza avrebbe favorito la cono-scenza e la diffusione delle moto. Mia madre, per esempio, volle vedere il film solo perché c’era McQueen, a lei delle moto non im-

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portava nulla! Da quel punto di vista il contributo di Steve fu immenso: senza di lui il fenomeno non sarebbe probabilmente nemmeno decollato, e forse non avrebbero nemmeno girato il film».

Torniamo a te.«Sì, all’epoca avevo 15 anni e giravo già con una minimoto, ma a quel punto iniziai a prendere tutto molto più seriamente. In New England, per correre in Enduro, che passava anche su tratti aperti al traffico, dovevi prendere la licenza, ma anche fare il patentino (come avviene tuttora in Italia - Nda). Oggi invece le gare sono tutte in zone chiuse al traffico. Stavo facendo bene nella zona del New England, ma il mio sogno era cor-rere la Sei Giorni, quindi iniziai ad andare a fare le gare nazionali di qualifica, per vedere se fossi riuscito a guadagnare un posto alla ISDE. Alla fine riuscii a fare due Sei Giorni, nel 1979 in Germania Ovest e nel 1980 in Francia, e ottenni la medaglia d’argento in entrambe le occasioni. Una volta tornato a casa iniziai ad insistere con KTM per farmi correre altre Sei Giorni, ma loro volevano vincere il campionato in New England. Mi promisero che avrei avuto la possibilità di cor-rere in qualsiasi campionato e competizione l’an-no successivo, ma solo dopo aver vinto il campio-nato che interessava a loro. Mi arrabbiai, perché non volevo buttare via un anno correndo a livello locale, ma a quei tempi non c’erano molte chance di correre tutto spe-sato, e non volevo perdere l’occasione. Vinsi il campionato e a quel punto tornai all’assalto per esigere quanto mi avevano promesso. Mi dissero che certo, ero libero di correre dove volevo, ma loro avevano un’altra idea. Ero amico del presidente di KTM America, Jack Lehto, che conosceva bene anche i miei genitori. Tieni presente che a quei tempi l’ambiente del-le corse era molto più a misura d’uomo, e KTM USA non era nemmeno lontanamente quello che è oggi: era poco più che un’officina in Ohio, nella stessa cittadina dove ancora oggi si trova la loro sede principale. Comunque Jack mi prese da parte e mi disse “Tu vai bene in moto, ma a livello nazionale puoi al

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massimo aspirare ad un quinto posto, e con un quinto posto non si va da nessuna parte nella vita”. Mi offesi da morire, ma lui continuò “Ti offro un posto all’interno di KTM e così potrai correre ogni domenica in un posto diverso e in una spe-cialità diversa, se gli impegni di lavoro te lo per-metteranno. Ovviamente non potrai aspirare a vincere singoli campionati, ma farai un’esperien-za unica, tutto pagato”. Devi sapere che quando andavo alle gare spes-so mi appoggiavo ai rivenditori locali, per usare la loro officina o per comprare qualche ricambio, e ogni volta scrivevo anche un breve report, non solo sulla gara, ma sul dealer che avevo visitato. Cose semplici, tipo come era organizzato il nego-zio, che ricambi gli servivano o che tipo di moto sarebbero state più facili da vendere in quella zona. Lo scrivevo a mano e lo mettevo in una bu-sta per spedirlo via posta. Io non lo sapevo, ma Lehto aveva conservato tutti

i miei report e li aveva lì con lui, in una cartelletta: nessuno dei suoi ispettori aveva mai fatto lonta-namente nulla del genere.Era un’ottima opportunità per me, che arrivavo da una famiglia in cui si doveva contare fino all’ul-timo dollaro. Iniziai come assistente nel magaz-zino ricambi, poi feci il meccanico e una serie di altri lavoretti. KTM all’epoca non era così struttu-rata come ora, eravamo in 12 in tutto, ed ognuno faceva del suo meglio per contribuire. In quegli anni KTM iniziò a investire anche nel Motocross e uno dei piloti era un ragazzo del New England, John Finkelday: non velocissimo ma spettacolare, e comunque sempre nei primi 5 o 6 a livello nazionale nella classe 500. Lehto ci chiamò tutti e ci disse che dovevamo supportare questo pilota, quindi ognuno di noi gli avrebbe fatto da meccanico nella gara vicino a casa nostra, e in quel modo avremmo potuto passare a salutare la famiglia.

La prima gara era vicina a casa di un certo Mike, così fu lui a fare da meccanico a Finkelday. La se-conda era in Kentucky e il meccanico designato fu Rod Bush, che negli anni successivi diventò a sua volta presidente di KTM USA. La terza gara era in Massachusetts, quindi fu il mio turno: John fece benino nelle prove prece-denti, ma alla mia gara finì sul podio e si creò su-bito un legame. Prima di quel round la sua moto aveva avuto problemi con la catena che conti-nuava a saltare. In realtà John guidava come un animale, e metteva il forcellone in alluminio sotto tale pressione che finiva per flettere e la catena saltava fuori. Tieni presente che correvamo contro gente come Bailey, Johnson e compagnia bella, in sella ai pro-totipi giapponesi tutti in titanio. La nostra moto

era invece completamente di serie, quindi Finkel-day doveva metterci moltissimo del suo per stare al passo. Fino a quel momento nessuno aveva notato che la catena saltava per la torsione del forcellone: senza che mi vedessero lo smontai e andai in un officina dove lo feci tagliare, ci infilai un profilato d’acciaio all’interno di ogni braccio e lo risaldammo in fretta e furia. Ritornai nel paddock e rimontai il pezzo senza farmi vedere, anche perché adesso pesava il tri-plo. Ma John non se ne accorse e, anzi, si inna-morò della moto e arrivò a podio, finendo per la prima volta entrambe le manche senza problemi. Fu un momento fantastico, e KTM mi incaricò di seguire il pilota per il resto del campionato, anche perché gli altri avevano un lavoro più strutturato del mio, mentre io potevo fare un po’ il jolly.

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A fine campionato John si piazzò mi pare settimo e andò alla Honda, mentre KTM decise di schie-rare la nuova 250 per l’anno successivo. Avevamo bisogno di fare esperienza quindi, come tutti, andammo a correre il campionato invernale in California, le allora famose Golden State Series. La decisone di KTM fu di schiera-re tre piloti americani, e chiunque avesse fatto meglio sarebbe rimasto come prima guida per il National. A fine campionato avremmo deciso in base al mio voto (visto che sarei andato a tutte le gare), il voto di Jack Lehto e il voto di un manager di KTM Austria. I piloti erano Ron Turner, che era già avanti con gli anni e si ritirò dalle gare, poi c’erano Jeff Hicks, che era il miglior amico di Bob Hannah, e Dave Hollis. Il primo era un pazzo scatenato, gran cuo-re, grandi cadute, amato dal pubblico e impossi-bile non notarlo quando scendeva in pista. Il secondo era più riservato e taciturno, per non

dire di peggio: non un bel carattere, ma sicura-mente regolare nei risultati. Non faceva meglio di quarto o quinto, ma arriva-va sempre. Devi sapere che quel campionato era solo un banco prova per gli altri ufficiali: venivano a fare una o due gare, trovavano il setting ideale e tor-navano ad allenarsi per il Supercross. Alla fine, senza avversari e presentandosi a tut-te le gare, Hollis vinse il campionato e fu scelto come pilota per il National, sebbene io insistessi che l’uomo giusto, anche per l’immagine, sareb-be stato Hicks. Era sempre in giro con Hannah e dunque KTM poteva sfruttare la pubblicità di riflesso, alle gare era gentile e parlava con tutti, partiva bene ma poi faceva delle cadute spettacolari, mascherando in certo modo il fatto che le KTM in quel momento non erano certo al livello della concorrenza. Lehto si rese conto della mia amarezza, e mi dis-

se che se non volevo fare la stagione con Hollis sarei potuto restare in California per aiutarli ad aprire i nuovi uffici. Hollis non mi piaceva per niente, non si allenava, non dava mai il massimo e aveva anche un brutto carattere: la scelta fu fa-cile e restai in California».

E una volta nel cuore del mondo motociclistico americano le cose si sono susseguite veloce-mente.«Sì, non avevo ancora trent’anni e avevo tutto un nuovo mondo davanti a me. Aiutai a stabilire la sede di KTM in El Cajon, all’interno dello stesso capannone dove c’era Hallman Racing prima che diventasse Thor, e dopo qualche anno nello stes-so capannone arrivò anche Acerbis. Io successivamente fui assunto da Mark Blackwell per lavorare in Husqvarna, anche loro

di base erano a San Diego, e diventai il manager della loro linea di accessori “Husky Products”. Era la fine del 1985, e la proprietà Husqvarna era ancora svedese».

Nel 1987 però Husqvarna passò agli italiani.«Sì, dopo appena un anno Castiglioni ne diventò il proprietario e l’intero magazzino fu spostato a Los Angeles, dove c’era la sede della Cagiva. Io personalmente odio Los Angeles, al punto che dico sempre che lavorerei come benzinaio piut-tosto che trasferirmi in quella bolgia. Dopo un po’ mi licenziai, e cercai immediatamen-te un altro lavoro che mi permettesse di restare a San Diego. Nell’anno in cui lavorai per Husqvarna eravamo anche il più grosso distributore di pro-dotti Acerbis. Ai tempi non c’erano distributori indipendenti come oggi: Parts Unlimited vendeva

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solo ricambi per le motoslitte, e Tucker Rocky era ancora divisa in Tucker e in Rocky, le due aziende prima della fusione. Gli unici distributori nazionali erano le Case mo-tociclistiche. Avevo imparato a conoscere ed apprezzare i prodotti Acerbis e ne vendevamo tantissimi, anche se in realtà noi avevamo solo i ricambi Husqvarna, mentre il catalogo Acerbis era già molto ampio. Decisi di contattare Franco Acerbis, che con-sidero non solo mio mentore ma in assoluto la persona da cui ho imparato di più in vita mia. Gli proposi un progetto di vendita prospettandogli un certo fatturato: lui lo lesse, lo ridusse di un bel po’ e mi disse che se avessi raggiunto quella cifra per il primo anno sarei poi potuto restare a vita. Ma se non ce l’avessi fatta avrei dovuto andarme-

ne. Accettai e raggiunsi l’obiettivo, e per i succes-sivi 15 anni rimasi in azienda».

Arriviamo a SIDI, il prodotto principale attorno a cui ruota oggi Motonation.«Negli anni Acerbis diventò un’azienda globale, con uffici in tutto il mondo e una gestione sempre più decentralizzata e affidata a manager dei quali spesso non condividevo le idee. Non mi sentivo più a mio agio, e decisi di volare in Italia per parlarne direttamente con Franco. Ricordo che prendemmo una bottiglia di vino e guidammo per le montagne attorno ad Albino finché trovammo un posto dove sederci e discu-tere davanti a un bicchiere di rosso. Parlammo a lungo, e alla fine ci lasciammo senza rancori e senza polemiche, eravamo semplice-

mente proiettati in direzioni diverse. Tornai a casa senza un lavoro e senza un futuro. Mia moglie era in paranoia ma io avevo bisogno di pensare, e quando devo pensare vado in moto. Rimasi in giro per tre settimane, andando fino in Colorado a trovare un mio amico dove restai a dormire sul divano per un po’. Alla fine decisi di giocarmi la carta SIDI. Cono-scevo l’azienda e i prodotti dai tempi di KTM, vi-sto che la Hallman Racing era il distributore SIDI e con loro condividevamo il capannone. Avevo anche incontrato la famiglia di sfuggita e sapevo che non erano contenti della loro situa-zione in America, dunque decisi di prendere il toro per le corna e prenotai un volo di sola an-data per l’Italia. Avevo in mente una strategia che avrebbe permesso a SIDI di affermarsi sul

mercato, con una distribuzione personalizzata e molto mirata alla promozione del marchio, qua-si fossimo un’estensione dell’azienda stessa: un concetto che a quel tempo nelle moto non aveva ancora applicato nessuno. Arrivai a Maser proprio mentre loro avevano una riunione importante per il settore ciclo, di conse-guenza non avrebbero avuto tempo per me. Gli dissi che avevo un biglietto di sola andata, e che dunque avrei potuto aspettare. Mi misero a disposizione una stanza d’albergo, una macchina e una KTM 350 che credo fosse di Stefano Signori, il figlio del titolare. Gli dissi che avrei accettato solo la moto e per una settimana sono andato a zonzo per le Dolo-miti, affinando il mio progetto. Quando finalmen-te mi incontrarono, il signor Dino, il proprietario,

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apprezzò le mie idee e mi disse che per partire voleva vedere nero su bianco una società creata ad hoc, ed un estratto del conto in banca che mo-strasse esattamente la cifra che mi richiedeva di acquistare come ordine di impianto. Erano molti soldi, ipotecai la casa (con molte lamentele da parte di mia moglie) e mi rivolsi a tre vecchi amici offrendo ad ognuno il 20% del-le quote societarie: Don Emler di FMF, Danny Laporte (anche lui già con FMF) e Tom Webb, il direttore della rivista Dirt Bike. Accettarono di buon grado, ma Don Emler mi disse che prima avrei dovuto riorganizzare per lui l’ufficio commerciale di FMF, che ha ovviamente sede nella mia odiatissima Los Angeles. Era un piccolo prezzo da pagare, lavorai per alcuni mesi alla ristrutturazione, andando però a Los Angeles il meno possibile. Quando tutto fu pronto ed ebbi trovato il mio sostituto per continuare il lavoro impostato (Doug Muellner, ancora oggi mitico direttore commerciale di FMF - Nda) fui pronto a incontrare nuovamente la famiglia Signori: ecco come è nata Motonation».

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NICO CEREGHINI“IL TALENTO CONTA, L'OPPORTUNITÀ DI PIÙ”Quanti bei piloti italiani in Moto3! La trionfale gara di Assen è stata fantastica. Agostini diceva: un vero talento sboccia ogni vent'anni. Oggi le doti innate ci vogliono ancora, ma forse conta di più la possibilità di salire sulla moto da piccolissimi con un papà che ti vede già pilota

C iao a tutti!Che goduria la gara della moto3 ad As-sen! Vedere tanti piloti ita-

liani lì davanti, almeno in sette a giocarsi vittoria e podio, soddisfa un mucchio di cose, a cominciare naturalmente dal campanilismo che in questi anni è stato messo a dura prova dallo strapotere de-gli spagnoli. Qui si afferma una scuola, la scuola italiana che avanza di nuovo. E poi c'è la gioia di assiste-re a un grande spettacolo su una pista difficile e tecnica, l'ammi-

razione verso quei ragazzi così giovani e già capaci di darsele di santa ragione senza sbagliare quasi niente e senza commette-re scorrettezze, infine la soddi-sfazione di veder prevalere Pec-co Bagnaia, che meritava e non aveva ancora vinto.Ma come fanno a viaggiare così vicini? Pare incredibile che non si impiglino l'uno nel manubrio dell'altro in tutte le curve, e alla fine soltanto Enea Bastianini, purtroppo per lui, paga un con-tatto fortuito con una caduta. Certo, le moto sono piccine, ba-sta il minimo varco e il pilota se lo prende, ma tutta questa pre-

cisione, tutta quella lucidità da dove gli arriva, a questi piloti-ragazzini? Dalle garette delle minimoto, mi viene da dire, che tutti loro hanno frequen-tato fin da quando andavano all'asilo. Non c'è come co-minciare da piccolissimi, per assimilare una grande capaci-tà. Ma allora, quanto conta la scuola, l'applicazione, il lavoro di affinamento e quanto conta ancora il talento?Quando ero ragazzo, al talento credevo ciecamente. Agosti-ni era talento puro, Hailwood idem, i Beatles e Marilyn Mon-roe non ne parliamo neanche.

Media

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Ero certissimo che alla base del successo di una carriera lumino-sa ci fosse l'unicità, una speciale dote innata, una predisposizione naturale; qualcosa di originale e molto creativo, che di solito emergeva in tenera età e veniva poi coltivato con tenacia e pas-sione. Il talento puro, insomma. Ma adesso no, non ne sono più così convinto.Metto a confronto le storie di cer-ti tennisti, dei golfisti e dei piloti più straordinari, soprattutto dei più recenti provvisti di numerose biografie, e alla base del loro suc-cesso vedo soprattutto lavoro e impegno. Vedo tanta applicazio-ne fin da bambini in una precisa direzione, vedo dei padri molto decisi, sacrifici da fare per far convivere lo sport e la scuola, e alla fine pazienza per la scuola. Non so dire se il padre di Lorenzo e quello di Stoner, tanto per fare due nomi noti senza andare a scomodare i Rossi, abbiano visto nel rispettivo piccoletto una pre-disposizione speciale. Mi sembra di capire che ai due

Editoriale

MA COME FANNO A VIAGGIARE COSÌ VICINI? CERTO, LE MOTO SONO PICCINE, BASTA IL MINIMO VARCO E IL PILOTA SE LO PRENDE, MA TUTTA QUESTA PRECISIONE, TUTTA QUELLA LUCIDITÀ DA DOVE GLI ARRIVA,A QUESTI PILOTI-RAGAZZINI?

papà sia bastato che il figliolo fosse un maschio e che non sembrasse negato al manubrio della prima motoretta che gli veniva infilata sotto al sedere. Poi avanti imperterriti, ore e ore a girare su una pistina o addi-rittura su un prato intorno a un palo, senza stancarsi mai e cercando di migliorare sempre. Lo dice chiaramente Casey Stoner: pur di farlo girare tutto il giorno su quel prato fu deci-so che abbandonasse la scuo-la, e per insegnargli a leggere e scrivere sarebbe bastata la mamma.Il talento serve ancora, natural-mente. Chi ha talento arriverà più in alto. Ma se una volta il ta-lento era tutto, e grazie a quello un ragazzo diventava magari una rock star o un grande pilo-ta mentre la famiglia lo voleva ortolano come il padre oppure dottore, oggi va diversamen-te. Oggi fondamentale è avere l'opportunità. La prova del nove viene dalla Romagna. Perché, per tanti

anni, i nostri campioni sono emersi quasi esclusivamente da quella regione? È l'aria, l'acqua del mare Adria-tico, è la piadina che determina il talento? Macché, lì c'erano le condizioni giuste. Cultura, passione, compe-tenza, tradizione, team, piste, piccoli sponsor... Un bambino romagnolo aveva e ha tuttora maggiori chances di trovarsi un papà che preme, una mam-ma paziente, la pistina sotto casa, la pizzeria che copre le prime spese, un team che lo scopre. Oggi il fenomeno del papà/preparatore si allarga, e con i romagnoli Antonelli, Ba-stianini, Migno e Bulega (adot-tato da Rimini e nato in pro-vincia di Reggio Emilia) ecco Bagnaia che viene da Torino, Di Giannantonio da Roma, Fenati da Terni, Locatelli da Selvino provincia di Bergamo. Tutti ragazzi bravi e talentosi, certo, ma soprattutto molto ben indirizzati. E poi, natural-mente, fortunati.

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MOTOGPGP D'OLANDA

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J ack Miller vince la sua prima gara in MotoGP, davanti a Marc Marquez e Scott Redding in una gara ridotta a soli 12 giri per un acquazzone torrenziale.

Caduti Valentino Rossi (era primo), Andrea Dovi-zioso (era secondo), Danilo Petrucci (era quarto). Quinto Andrea Iannone, decimo Jorge Lorenzo.

Quarantacinque minuti prima del via della Mo-toGP, piove fortissimo, ma, come sempre ad As-sen, le condizioni cambiano velocemente: poco prima del via non piove più, al box si prepara la seconda moto con le slick. Si pensa a una gara flag to flag, invece continua a piovere a intermittenza, fino al 15esimo giro

GP DI ASSENJACK MILLER VINCE IL GP D'OLANDAdi Giovanni Zamagni | Miller vince la sua prima gara in MotoGP, davanti a Marquez e Redding in una gara ridotta a soli 12 giri per un acquazzone torrenziale. Caduti Rossi (era primo), Dovizioso (era secondo), Petrucci (era quarto)

MotoGP

quando in testa c’è Petrucci, davanti a Dovizio-so, Redding, Rossi: piove in maniera pazzesca, giustamente la race direction espone la bandiera rossa. Si torna ai box e si riparte con una gara di soli 12 giri: i 14 disputati servono solo per definire lo schieramento di partenza, che al 14esimo giro (l’ultimo completato) dice: Dovizioso, Petrucci, Rossi, Pedrosa, Marquez, Pedrosa, Crutchlow, Miller ed Espargaro, con Iannone 17esimo (era risalito fino alla quinta posizione, ma era scivola-to proprio nel corso del 14esimo giro, riuscendo però a ripartire) e un Lorenzo in crisi totale solo 19esimo.

GP DECISIVOSi riparte dopo circa 30 minuti con la pista ba-gnata, ma in buone condizioni e sono subito i pi-loti italiani a dettare il ritmo. Ma in queste condizioni, basta un attimo per per-dere il controllo: al secondo giro cade Dovizioso (era secondo a pochi decimi da Rossi), al terzo Rossi (era primo con oltre due secondi di vantag-gio) e al comando va Marquez, che però al quarto giro viene attaccato da Miller, incredibilmente ve-loce sull’acqua. Marquez per un po’ tiene il ritmo, poi, giusta-mente si accontenta: con Rossi fuori e Lorenzo in grande crisi, questo è un gp molto importante

Video

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per il mondiale: adesso ha 24 punti su Lorenzo (decimo al traguardo) e ben 42 su Rossi.

TEAM SATELLITEMiller, 21 anni, portato dalla Honda direttamente in MotoGP dalla Moto3, martoriato dagli infortuni all’inizio della stagione, coglie un risultato incre-dibile e totalmente inaspettato: era dal GP del Portogallo 2006 che un team satellite non vince-va una gara in MotoGP (allora ci era riuscito Toni Elias), ed era dal 2011, proprio dal GP d’Olanda, che non trionfava un pilota differente da Rossi, Marquez, Lorenzo e Pedrosa.

IANNONE MIGLIOR ITALIANOOttimo terzo posto anche per Scott Redding (uno specialista di queste condizioni), così come è più che positivo il quinto di Andrea Iannone, in-credibilmente il miglior italiano al traguardo.

MotoGP

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CLASSIFICA DEL GP D'OLANDA

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CLASSIFICA MONDIALE 2016

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Q uali sono state le chiavi del GP?1) Il meteo, ovviamente: ha condi-zionato pesantemente il risultato; 2) Le gomme Michelin: con il ba

gnato si è girato pochissimo ed è normale che i piloti si siano trovati in difficoltà, al di là della tenuta delle gomme. E’ stato un po’ come nelle prime gare sull’asciutto, quando ca-devano in tanti. Poi la situazione è migliorata e si è stabilizzata: sarà così anche per le gomme da

bagnato. Intanto, però, gli pneumatici sono stati ancora una volta determinanti;3) La frenesia di Rossi e Dovizioso: Valentino vo-leva forzare per mettere al sicuro un successo ampiamente alla sua portata, Andrea vedeva la possibilità di conquistare un grandissimo ri-sultato. Entrambi sono stati traditi dalla troppa foga;4) La tranquillità di Marquez: con Rossi fuori gara e Lorenzo in grandissima difficoltà, il pilota

GP DI ASSENSPUNTI E CONSIDERAZIONI DOPO LA GARAdi Giovanni Zamagni | Quali sono state le chiavi del GP? E’ stato giusto fermare la gara con la bandiera rossa? Quali sono state le difficoltà di Lorenzo?

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della Honda ha potuto amministrare, senza for-zare più di tanto, accontentandosi di un secon-do posto di grandissimo valore. Anche questo ha spianato la strada al successo di Jack Miller.

E’ stato giusto fermare la gara con la bandiera rossa?Sì, non c’erano le condizioni di sicurezza per continuare.

E’ stato giusto ripartire?Sì, senza alcun dubbio: questa volta la Race Di-rection ha agito bene.

Jack Miller, vincendo, ha dimostrato che è stato giusto il passaggio dalla Moto3 alla MotoGP?Miller ha guidato benissimo: vincere in queste condizioni significa che sai pilotare bene, hai

un gran controllo della moto e talento («In molti non credevano nel nostro progetto, ma questo successo mette il sigillo sulle mie capacità: so guidare una moto. Mi davano dell’idiota per le troppe cadute, ma non è così» ha detto orgo-glioso Miller). Anche Livio Suppo, Team Principal HRC, ha voluto sottolineare, ai microfoni di SKY che: «Tutti ci criticavano per aver portato Miller in MotoGP, invece abbiamo fatto bene». Suppo, ovviamente, deve difendere le scelte del-la HRC, ma il successo di Jack è stato fortuito: non riconoscerlo significa, a mio modo di vede-re, essere poco obiettivi.

Marquez si è accontentato del secondo posto o, effettivamente, non ne aveva di più?Si è accontentato del secondo posto (giusta-mente). Marquez: «Prima del via, i miei meccani-

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ci mi avranno detto almeno 40 volte di finire una gara sul bagnato… Quando Miller mi ha raggiun-to e passato, ho provato a tenere un po’ il suo rit-mo, ma poi era assolutamente inutile rischiare: è un secondo posto che vale una vittoria».

Quali sono state le difficoltà di Lorenzo?Lorenzo: «Gara1 è stata una delle peggiori del-la mia vita, paragonabile a quella di Assen del 2014. In Gara2 sono andato un po’ meglio, ma il decimo posto è dovuto solo alle cadute degli altri piloti, non a meriti miei. Non avevo fiducia con l’anteriore, non ero competitivo in nessuna situazione, non potevo forzare in staccata, in curva e in uscita».

Insomma, un disastro.

Ma è una questione tecnica o psicologica?A mio modo di vedere psicologica: la Yamaha, come ha dimostrato Rossi, era competitiva an-che in questa situazione.

Giri veloci in gara2 (tra parentesi a che giro è stato ottenuto)Rossi 1’49”485 (2); Redding 1’49”866 (11); Mil-ler 1’50”296 (6); Marquez 1’50”399 (6); Laverty 1’50”716 (10); P.Espargaro 1’50”998 (10); Vina-les 1’51”304 (10); Barbera 1’51”393 (11); Ianno-ne 1’51”511 (12); Bautista 1’51”599 (11); Lorenzo 1’51”643 (10).

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GP DI ASSEN, VALENTINO ROSSI"UNO DEI MIEI PEGGIORI ERRORI"di Giovanni Zamagni | Valentino non cerca scuse: “Sono stato un somaro: sono arrivato troppo veloce alla curva 10, ma ho frenato nello stesso punto del giro precedente. Uno sbaglio da principiante”. Sul campionato: “Adesso bisogna pensare a vincere e a disputare buone gare, poi si vedrà”

U no dei tanti pregi di Valentino Rossi è la sincerità: quando sbaglia, non cerca scuse. Lo dice è basta. «Sono stato un somaro, anche qualcosa di peggio»

ammette onestamente.«Un grande peccato, era una buona possibilità di conquistare un buon risultato e punti importan-ti per il campionato. Sull’asciutto avevo un buon

passo, ma anche sul bagnato, in una gara davvero molto complicata. E’ stato giusto fermare la corsa con la bandiera rossa: in pista c’era troppa acqua, si faceva un sac-co di “acquaplaning”, non si vedeva nulla. Per gara2 abbiamo montato la “rain” soffice al posteriore (nella prima parte era stata usata la dura, NDA) e mi sentivo perfino meglio che prima

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dell’interruzione. Sono partito bene e avevo grande grip sul poste-riore, ma poi ho commesso un errore: ero troppo veloce, è stato uno sbaglio stupido, potevo vince-re, perché avevo già un buon margine».

Qual è stato l’errore?«Avendo più grip sul posteriore, sono uscito trop-po forte dalla curva nove, alla dieci sono arrivato 5 km/h più forte del giro precedente, ma ho frenato nello stesso punto e sono caduto.

Oggi era veramente facile fare un errore, lo hanno commesso tanti piloti, ma il mio è uno sbaglio gra-ve, uno dei peggiori della mia carriera: avrei potuto guadagnare punti su Lorenzo, qui in grande diffi-coltà, ma anche su Marquez, invece lascio Assen con uno zero pesantissimo. In tutti i turni ho sempre guidato con grande pre-cisione, non ho mai fatto una sbavatura, ma ho commesso un errore nel momento più impor-tante. Quando sono passato sul traguardo del se-condo giro, sul cruscotto ho visto che avevo fatto

1’49”3: in prova avevamo girato in 1’48”, quindi ho pensato che si potesse spingere un po’ di più, ma ho sbagliato».

Come mai non sei riuscito a ripartire?«La moto ha un sistema di sicurezza per spegnare il motore in caso di caduta dopo qualche secondo: quando ho tentato di tirarla su si era appena spen-ta e a quel punto avrei avuto bisogno di una spinta dai marshall, che però non mi hanno dato. Ma la frittata, ormai, era fatta.

Anche ad Austin ero scivolato, ma quello lo con-sidero un errore che ci può stare, perché non mi accadeva da 25 GP. Questo, però no, è imperdo-nabile, uno sbaglio da principiante e, purtroppo, si somma alla rottura del Mugello: per il campionato si complica tutto. Bisognava semplicemente an-dare più piano».

Tante cadute in due giorni sull’acqua: colpa solo delle gomme, o c’è anche meno aiuto, rispetto al 2015, da parte dell’elettronica?

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«Sicuramente l’elettronica è meno sofisticata, ma quando cadi per la perdita dell’anteriore l’elet-tronica fa poco. La realtà è che le Michelin hanno tanto grip sul posteriore e tanto sull’anteriore: noi piloti, dopo tanti anni con la Bridgestone siamo abituati a forzare davanti. Si può dire che le Michelin “rain” sono dove era-no le “slick” a marzo: le gomme da asciutto han-no fatto un bel passo in avanti, mentre sull’acqua sono un po’ in ritardo. Appena forzi vai per terra».

Al Mugello potevi vincere e hai rotto il motore, ad Assen potevi vincere e sei caduto: sembra un po’ il mondiale delle occasioni perse?«Speriamo che lo diventi anche per gli altri. La realtà è che quest’anno, in tutto il campionato, sono caduto solo due volte, purtroppo, però, sem-pre in gara».

L’aspetto positivo è che sei molto veloce e gli avversari, per diversi motivi, non sembrano ir-resistibili: è così?«Sì, abbiamo dimostrato di avere velocità in tutte le piste, ma adesso per il campionato tutto si com-plica, anche se, come si dice, non è finita finché non è finita. L’obiettivo adesso è fare delle belle gare e vincere dei GP, poi vedremo cosa succederà».

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GP DI ASSEN, ANDREA DOVIZIOSO"IO E ROSSI CI SIAMO AUTOELIMINATI"di Giovanni Zamagni | Anche Andrea, come Valentino, non si dà pace per l’errore commesso: “Quando cadi è perché sbagli” ammette onestamente. “Andava gestita meglio, mi spiace soprattutto per la squadra. E’ vero, però, che troppi piloti sono scivolati”

A ndrea Dovizioso non si dà pace, fatica a trattenere la delusione: trovarsi a terra quando sogni la vittoria, fa molto male. Anche Dovizioso, come Rossi,

non cerca scuse.«Io e Valentino ci siamo eliminati a vicenda: erava-mo i due più forti in quelle condizioni, ma prima ho sbagliato io, poi lui. Quando cadi non ci sono scu-

se, vuol dire che hai fatto un errore, ma va anche analizzata la situazione».

Facciamolo.«Ci sono state tante cadute, tutte sul davanti, nel-la stessa maniera. E’ anomalo che tanti piloti della MotoGP scivolino nello stesso modo: la gomma anteriore non lavorava bene, tanto che dopo aver

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effettuato 15 giri in gara1, siamo ripartiti tutti con la stessa anteriore usata, perché altrimenti sareb-be stato impossibile scaldarla in pochi giri. Con la gomma posteriore “soft” avevamo molto più grip sul posteriore: nelle curve lente puoi gesti-re la situazione con il freno, in quelle veloci no: ho perso il controllo in una curva da quinta e quando accade non puoi più recuperare».

E’ difficile da digerire?«Sì, tanto, è una caduta pesante. Siamo arrivati ad Assen dopo le difficoltà di Barcellona, ma siamo stati competitivi, anche sull’asciutto. Ho conqui-stato la pole, sono andato forte sul ba

gnato, ma avrei dovuto gestire meglio la situazio-ne: sono molto arrabbiato e deluso, soprattutto per la squadra. Stiamo soffrendo tanto, potevamo raccogliere un bel risultato su una pista a noi poco favorevole».

In questo anno e mezzo, sono state tante le oc-casioni perse: perché succede?«In Qatar, sia nel 2015 sia nel 2016 ho fatto secon-do per pochi decimi: molti guardano al passato, ma io sono sicuro che nessuno avrebbe potuto fare meglio in quelle due gare. In altre occasioni, come oggi, vieni tradito dalla vo-glia di ottenere un risultato a tutti i costi, perché

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«Sicuramente l’elettronica è meno sofisticata, ma quando cadi per la perdita dell’anteriore l’elet-tronica fa poco. La realtà è che le Michelin hanno tanto grip sul posteriore e tanto sull’anteriore: noi piloti, dopo tanti anni con la Bridgestone siamo abituati a forzare davanti. Si può dire che le Michelin “rain” sono dove era-no le “slick” a marzo: le gomme da asciutto han-no fatto un bel passo in avanti, mentre sull’acqua sono un po’ in ritardo. Appena forzi vai per terra».

Al Mugello potevi vincere e hai rotto il motore, ad Assen potevi vincere e sei caduto: sembra un po’ il mondiale delle occasioni perse?«Speriamo che lo diventi anche per gli altri. La realtà è che quest’anno, in tutto il campionato, sono caduto solo due volte, purtroppo, però, sem-pre in gara».

L’aspetto positivo è che sei molto veloce e gli avversari, per diversi motivi, non sembrano ir-resistibili: è così?«Sì, abbiamo dimostrato di avere velocità in tutte le piste, ma adesso per il campionato tutto si com-plica, anche se, come si dice, non è finita finché non è finita. L’obiettivo adesso è fare delle belle gare e vincere dei GP, poi vedremo cosa succederà».

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GP DI ASSENLE PAGELLE D'OLANDAdi Giovanni Zamagni | Dieci e lode a Miller, 8 a Marquez e Redding. Quattro a Rossi e Dovizioso

JACK MILLER VOTO 10 E LODEPersonalmente, sono tra quelli che considera il suo passaggio in MotoGP azzardato e prematu-ro e non mi ricredo dopo una vittoria certamente casuale. Detto questo, non si può dimenticare che il simpatico australiano ha domato una MotoGP in condizioni difficilissime, le stesse che hanno tradito campioni esperti come Rossi, Dovizioso, Pedrosa, eccetera eccetera. Insomma, non è solo fortuna, ma anche bravura. Il talento non gli man-ca. Bravo, senza se e senza ma.

MARC MARQUEZ 8Riesce a trarre il massimo da ogni situazione, an-

che quando sembra in difficoltà: in qualifica è ca-duto (sesta scivolata nel 2016 per lui), ma è stato capace di metterci una pezza; in gara1 era in diffi-coltà, ma è stato salvato dalla pioggia torrenziale. Anche in gara2 non aveva il passo dei migliori, ma ha saputo raccogliere un risultato di grande valo-re, usando soprattutto il cervello. Un Marquez differente. Maturo.

SCOTT REDDING 8Terzo in prova, terzo in gara: difficile chiedergli di più. Come a Misano nel 2015, ha saputo sfruttare al meglio l’occasione favorevole: non tutti ci rie-scono, anzi, lo fanno in pochi.

Nel posto giusto al momento giusto.

VALENTINO ROSSI 4Un errore gravissimo («uno dei peggiori della mia carriera» ha ammesso), dalle conseguenze deva-stanti: adesso recuperare in classifica è veramen-te dura. Ma anche in una giornata disastrosa, non mancano gli elementi positivi: anche ad Assen, è stato super competitivo in ogni situazione. E i suoi avversari sono forti, ma non imbattibili. Coraggio.

ANDREA DOVIZIOSO 4Come Rossi, era stato impeccabile fino al momen-to della caduta. Con queste gomme e in quella si-

tuazione è facilissimo sbagliare, ma da uno come lui non ti aspetti un errore simile. E così è sfumata una possibile vittoria. Occasione persa.

JORGE LORENZO 3Il peggior pilota visto ad Assen, il peggior Lorenzo di sempre, travolto dalle sue paure psicologiche per condizioni e pista che non riesce proprio a di-gerire. Disastroso.

DANILO PETRUCCI 8Sul bagnato è fenomenale: il successo era alla sua portata, sicuramente in gara1, probabilmente an-che in gara2. Ma la Ducati l’ha tradito.

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Per dirla con le sue parole: sfigato.

POL ESPARGARO 7La posizione è frutto degli errori altrui, ma lui è stato bravo a non cadere.

ANDREA IANNONE 7In gara1 è stato perfino esaltante, nonostante il sa-bato sul bagnato avesse faticato parecchio. Poi si è steso ed è stato fortunato a ripartire, anche se 17esimo. In gara2 è stato meno efficace, ma ha fatto il suo dovere.

HECTOR BARBERA 5Certe occasioni andrebbero sfruttare meglio.

STEFAN BRADL 5Inconsistente in ogni situazione.

MAVERICK VINALES 4Con il bagnato proprio non va.

DANI PEDROSA 4Lento sull’asciutto, in difficoltà sul bagnato il saba-to, in gara stava facendo meglio. Ma anche lui è scivolato. Siamo sicuri che è stato giusto riconfermarlo? Io ho qualche dubbio.

BRADLEY SMITH 4Inesistente.

ALVARO BAUTISTA 5Poteva regalare all’Aprilia un grandissimo risulta-to, ma è caduto nell’ultimo giro mentre stava pen-sando di attaccare Iannone. Che occasione persa.

ALEIX ESPARGARO 4Anche lui sul bagnato non va.

CAL CRUTCHLOW 4Dopo prove incoraggianti (era quinto), un’altra ca-duta in gara. E Cecchinello paga i danni.

YAMAHA M1 VOTO 9

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Sia sull’asciutta sia sul bagnato si è confermata la più competitiva (perlomeno con Rossi).

HONDA RC213V VOTO 6Sul bagnato è andata anche bene, ma sull’asciutto è sempre in grande difficoltà.

DUCATI DESMOSEDICI GP VOTO 8Alla vigilia di Assen, tutti in Ducati erano convinti di dover disputare un altro fine settimana pieno di problemi. Invece, la Desmosedici è andata forte in ogni situazione: speriamo non rimanga un episo-

dio isolato.

SUZUKI GSX-RR VOTO 7Non male sull’asciutto: Vinales era molto compe-titivo con le slick e avrebbe potuto giocarsi una posizione prestigiosa. Poi è affondata nel diluvio.

APRILIA RS-GP VOTO 4Anche in Olanda non sono stati registrati migliora-menti significativi, anche se le circostanze avreb-bero potuto portare l’Aprilia a un risultato di gran-de valore.

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STORIE DI MOTOGPMATTEO FLAMIGNI E IL GP DI ASSESdi Giovanni Zamagni | Il telemetrista di Valentino Rossi fa il punto sull'elettronica e sul mondiale prima di analizzare il tracciato di Assen

I l telemetrista di Valentino Rossi fa il pun-to sullo stato dell’elettronica unificata e di come il team Yamaha si è adattato. «Rispetto allo scorso anno con questa elet-

tronica siamo circa al 75%. C’è ancora margine per esplorare». Sul quadro generale del campio-nato: «Quest’anno con gomme nuove e software

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unico ogni rara si riparte da zero non sai mai cosa aspettarti. Ci siamo comunque comportati bene all’inizio di questo mondiale e vale sta guidando come forse non ha mai fatto, quindi sono molto fiducioso per il prosieguo della stagione». Imperdibile l'analisi del tracciato di Assen, dove domenica si disputerà il GP d'Olanda 2016.

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MOTOCROSSGP DI MANTOVA

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MXGP, GP DI MANTOVADOPPIETTA DI GAJSER E HERLINGS di Massimo Zanzani | Doppietta di Gajser nel GP di Mantova. Cairoli fuori dal podio di giornata alle spalle di Paulin e Desalle. Nella MX2 Herlings, Bogers e Ferrandis

T ony ha corso col cuore e con la ma-netta, e il pubblico diviso quasi a metà tra fans suoi e di Tim Gajser lo ha capito accompagnandolo fragoro-

samente buona parte della seconda manche. Lo scambio di colpi tra il pilota della KTM e quello Honda è infatti stato entusiasmante: per una de-

cina di giri si sono studiati, controllati, scavalcati, con Cairoli che deciso a far vedere a Tim con chi ha a che fare, tenendo duro sino a quando la te-nuta fisica e il dolore al polso (infortunato in Gran Bretagna e che non gli ha permesso di salire in moto tutta la settimana) hanno avuto il soprav-vento.

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A cinque giri dal traguardo Gajser ha rotto defi-nitivamente gli indugi ed è passato al comando mettendosi in tasca la seconda vittoria di giorna-ta e il gradino più alto del podio. Scavalcato anche da Gautier Paulin a due tornate dal termine, Cairoli ha concluso 3° assicurando-si il 4° posto assoluto dopo la 6ª piazza ottenu-to nella prima manche in rimonta dalle retrovie dopo essersi trovato la strada chiusa a metà ret-tilineo da due piloti che sino sono toccati. Grazie ai piazzamenti riportati, Tonino ha scaval-cato Romain Febvre in classifica portandosi in scia a Gajser dal quale è ora staccato di 92 punti.Dietro all’implacabile e impeccabile sloveno si sono piazzati Paulin e Clement Desalle, che ha

centrato il suo primo podio stagionale. 13° Alex Lupino, sfortunato invece David Philippaerts riti-ratosi in Gara 2 e caduto alla partenza in quella precedente.

MX2Ennesima prova di forza per Jeffrey Herlings nella MX2, dove ha raggiunto i 160 punti di vantaggio su Jeremy Seewer, che ha preceduto il connazio-nale Brian Bogers a suo agio sulla sabbia man-tovana, Dylan Ferrandis e Thomas Covington; ottimo Michele Cervellin terminato 9° assoluto e sempre più convincente per avere un posto in squadra al Nazioni, mentre Samuele Bernardini non è riuscito a fare meglio di 17°.

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WMXGrande anche Kiara Fontanesi, che alla vittoria della prima manche disputata sabato ha associa-to un 3° posto che gli ha permesso di aggiudicar-si il suo primo GP stagionale davanti alla leader

Livia Lancelot proprio come era nei suoi obbietti-vi. Italiani protagonisti anche nell’Europeo: la 125 ha visto Gianluca Facchetti assicurarsi il 3° gradi-no del podio, mentre Alberto Forato ha concluso 4° nella 250.

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RESPONSABILE EDITORIALEIppolito Fassati

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CAPO REDATTOREEdoardo Licciardello

REDAZIONE

COLLABORATORI Nico CereghiniGiovanni ZamagniCarlo BaldiMassimo ZanzaniPiero BatiniAntonio GolaEnrico De VitaOttorino PiccinatoAntonio PriviteraAlfonso RagoMassimo ClarkeMarco DelmastroMax MorriFederico IozziAndrea BuschiPietro Ambrosioni

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