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Alessandra Buzzetti - Cristiana Caricato Prefazione di ANTONIO SPADARO SVEGLIATE IL MONDO! Testimoni della profezia del Vangelo

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«I religiosi devono essere uomini e donne capaci di svegliare il mondo». Da queste parole di papa Francesco prende idealmente le mosse questo libro. Si tratta, infatti, di una serie di ritratti di uomini e donne che hanno scelto la vita religiosa e che, per la concretezza e la profondità della loro esistenza, sono diventati un punto di riferimento per gli altri. http://www.paoline.it/blog/spiritualita/687-il-vangelo-del-pane.html

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ISBN 978-88-315-4572-3

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Alessandra Buzzetti - Cristiana Caricato

Prefazione di Antonio SpAdAro

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Alessandra Buzzetti (Varese, 1969) è vaticanista di NewsMediaset. Laureata in lettere moderne all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha lavorato per la Televisione Svizzera Italiana e per la RAI, in particolare al TGR di Milano e nel talk show itinerante Pinocchio. Ha lavorato per quattordici anni al TG5, dove è stata inviato di cronaca, in Italia e all’estero, e dal 2004 vaticanista. Oggi è giornalista di NewsMe-diaset e segue l’informazione religiosa per diverse testate del gruppo Mediaset. Ama Rachmaninov, il mare e gli amici dei Banchi di Solidarietà. Con Paoline ha pubblicato Tenacemente donne (2013), di cui è coautrice con Cristiana Caricato.

Cristiana Caricato (Siracusa, 1968) è vaticanista di TV2000. Laureata in filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha iniziato l’attività giornalistica all’agenzia radiofonica News Press, per poi partecipare all’avventura televisiva intrapresa dalla Chiesa italiana. Negli ultimi diciassette anni, per TV2000, ha curato e condotto il programma di informazione ecclesiale Mosai-co, ha seguito i grandi eventi del pontificato di Giovanni Paolo II e realizzato reportage sulla Chiesa nel mondo. Ama il rock dei Red Hot Chili Peppers, i libri di Jane Austen e la barca a vela. Con Paoline ha pubblicato Tenacemente donne (2013), di cui è coautrice con Alessandra Buzzetti.

« “Svegliate il mondo!”. Solcando queste pagine mi è tornata alla mente quell’espressione di Francesco: uomini e donne protagonisti di un modo di-verso di fare, di agire, di vivere.

Questo volume non contiene la storia di eroi perfetti o di idealisti che inseguono utopie: quella dei religiosi è storia di gente normale, di peccatori che però sanno stare con occhi, orec-chie e mani aperte.

Per i protagonisti di questo libro la Chiesa è luce, perché sul suo volto si riflette la luce di Cristo. Una fiaccola che cammina lì dove sono gli uomi-ni. Anche quando l’umanità va verso il baratro, la fiaccola è chiamata ad accompagnare gli uomini nel loro cammino.

Abbiamo il privilegio di vivere in tempi di grandi contraddizioni. Oggi, tra il buio e la penombra, c’è biso-gno della luce agile di fiaccole che illuminino i nostri tortuosi cammini. Questa è la vocazione di molti religiosi, chiamati ad accompagnare i processi culturali e sociali dei nostri giorni. Uomini e donne felici di aver dato la vita al Signore.

Ecco chi sono i religiosi che im-pariamo a conoscere leggendo questo volume: non sognatori o persone in cerca di riparo dal mondo, ma uomini e donne immersi nella realtà come profeti e testimoni della consolazione di Dio ».

(dalla Prefazione di Antonio Spadaro)

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AnnA MAriA Cànopi benedettina Frère ChArles monaco della Fraternità di Gerusalemme MArilenA CivettA consacrata dell’Ordo Virginum MAry FrederiCk missionaria della Carità ritA GiArettA orsolina lAurA Girotto salesiana GiovAnni lA MAnnA gesuita teresA MArCAzzAn paolina ClAudio MonGe domenicano pierbAttistA pizzAbAllA francescano luziA preMoli comboniana elisA sCAlAbrino cottolenghina

Testimoni della profezia del Vangelo« I religiosi devono essere uomini e donne ca-

paci di svegliare il mondo ». Dalle parole di papa Francesco prende idealmente le mosse questo libro: ritratti di uomini e donne che, con la concretezza e la profondità della loro vita, in contesti culturali e geografici diversi, testimoniano quotidianamente lo spirito del Vangelo. Tra fedeltà al carisma di appartenenza e profezia.

Avventure umane e spirituali che raccontano una Chiesa « in uscita », capace di consolare, soc-correre, curare e soprattutto rendere visibile la misericordia di Dio.

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Per i testi citati dal Magistero della Chiesa e da documenti dei pontefici© Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano

PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2015 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it [email protected] Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)

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X.

SUOR TERESA MARCAZZAN

Il Vangelo del pane

Il rumore nel Kolbe Press è assordante. Bisogna urla-re per farsi sentire. Ovunque carta e odore di inchiostro, con le gigantesche stampanti che ingombrano i locali ac-canto alla parrocchia dedicata a San Francesco d’Assisi. A Limuru, sobborgo situato trentacinque chilometri a nord di Nairobi, la stamperia fondata nel 1987 dai Fran-cescani conventuali è una delle piccole aziende che fun-zionano. Trentadue tra uomini e donne del quartiere lavorano a pieno ritmo, giorno e notte. Hanno una sca-denza impellente, devono completare l’ennesino ordine arrivato dalle Paulines Publications Africa, cinquanta-mila copie delle pagine più importanti. Quelle del Van-gelo. Il pane della vita.

La piccola suora è venuta a controllare la copertina rossa del libriccino tascabile. Si compone lentamente, uscendo dalla bocca della stampante digitale. È elegan-te e raffinata. Intorno una piccola folla attende l’esito. Al caporeparto, che continua ad asciugarsi le mani ner-vose lungo il grembiule grigio, il volto si distende quan-do la committente, finalmente, scioglie la tensione con un sorriso. È soddisfatta, suor Teresa. Lo dice in inglese e poi in swahili, vuole essere certa che non ci siano in-comprensioni. Quei Vangeli tascabili le servono subito,

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sono il regalo al suo Kenya per i cento anni dalla nascita della Famiglia Paolina, a cui lei appartiene. Finiranno nelle mani di uomini, donne, bambini, anziani in ogni angolo del Paese, dono prezioso per chi spesso non pos-siede neanche un foglio di carta. Altri saranno venduti a una cifra talmente bassa da apparire ridicola. È cibo per la mente e il cuore. Ma anche pane per trentadue fami-glie di Limuru che, insieme a quattro frati, dipendono dall’attività della stamperia.

Suor Teresa è un’ospite di riguardo. Il novanta per cento del fatturato del Kolbe Press viene assicurato da-gli incarichi delle Figlie di San Paolo. Il giro dei reparti è d’obbligo. La piccola italiana osserva, commenta, ap-prova e consiglia. Si muove tra i locali con sicurezza: controlla la stampa, la filettatura, la rilegatura. Palpa la carta usata, verifica la chiarezza dei caratteri. Severa am-monisce per la polvere sui macchinari inutilizzati e per le cataste disordinate di scatoloni. Il ritmo del lavoro è lento, ma costante. Giovani donne dai sorrisi infiniti muovono pigramente le mani, piegano e assemblano co-pertine rigide, altre spostano pile di calendari colorati, mentre i ragazzi manovrano le stampanti, controllano i livelli cromatici, definiscono il layout di un’altra pubbli-cazione. Forse un centinaio di quei Vangeli tascabili ar-riverà nelle loro parrocchie, dono della congregazione paolina. Il Nuovo Testamento in inglese, destinato all’A-frica e al suo popolo. Sarà qualcosa uscito dalle loro ma-ni, un tesoro prezioso, messo insieme nelle stanze polve-rose, tra il rumore costante del vecchio generatore, l’odore dei solventi, le finestre inondate dal sole e l’uma-nità chiassosa e operante. Allora si può anche fare una pausa e offrire un tè al cardamomo alla cliente. Le bril-

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lano gli occhi, e quello sguardo è balsamo e consolazio-ne per chi ha le dita sporche di inchiostro.

Libri per penitenza

Teresa corre veloce per le strade collinose di San Gio-vanni. La sua vita è giocare, arrampicarsi sugli alberi, na-scondersi nella campagna del Veronese, fare a partigiani e tedeschi con la truppa di fratelli e cugini che si ritrova. Il suo cruccio è la mamma, non capisce come possa vive-re senza svagarsi. Ora ha un bisogno urgente: deve con-fessarsi. Va verso Castello, arriva alla canonica e tira un sasso alla finestra. È il segnale stabilito con don Damia-no. Lui scende e ascolta i peccati di una bimbetta di no-ve anni e poi come sempre le dà la « penitenza ». Qual-che Ave Maria e un libro da leggere. Uno di quelli che sceglie dalla pila di volumi che ha sempre accanto a sé. Ogni sabato ai ragazzi che vanno a confessarsi affida an-che la lettura di biografie di santi o storie edificanti. A Teresa consegna la storia di santa Rosa da Lima e lei gli restituisce Mamma, aiutami tu, letto in settimana. Divo-ra tutto quello che il parroco le dona o ciò che la madre e il padre fanno entrare dentro casa: La Bibbia in fami-glia, il Catechismo, la Storia sacra. Ascolta spesso, rapita, Giuseppe, il fratello più grande, quasi prete, che quando torna a casa dal seminario spiega le litanie in latino.

Nella sua bellissima infanzia ci sono le preghiere det-te al mattino e il rosario serale inventato da mamma Amelia per non fare stancare i piccoli, cinque Ave Maria invece che dieci. Poi le serate tutti insieme, nel « filò », nella stalla calda del respiro degli animali, la lettura del

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Vangelo, mentre le donne lavorano a maglia o rammen-dano e gli uomini aggiustano badili, vanghe o ceste per la vendemmia. È una vita felice, la guerra è appena fini-ta, ma Teresa è troppo piccola per avere ricordi. Le è ri-masta però la paura per gli uomini in divisa; per questo quando vede il maresciallo dei carabinieri scappa verso casa.

Pochi mesi e conoscerà il dolore, quello terribile del-la perdita. Una malattia improvvisa porterà in cielo Ca-terina, la sorellina più grande, molto amata. Un evento che cambierà gli equilibri di quella famiglia contadina, affollata di zii, cugini e fratelli, ma non muterà la tem-pra né la fede di un gruppo di ragazzi e ragazze destina-ti a rimanere sempre uniti sebbene distanti migliaia di chilometri gli uni dagli altri.

 Suor Teresa Marcazzan, classe 1941, è la sesta dei die-

ci figli avuti da Amelia e Antonio. Famiglia numerosa e cattolicissima, nel Veneto bianco ha inanellato un record non da poco: quattro figlie consacrate nella congregazio-ne femminile fondata da don Giacomo Alberione e due sacerdoti diocesani. Un evento non comune, ma meno raro di quanto si pensi nell’Italia reduce dalla seconda guerra mondiale, soprattutto nella regione dalle profon-de e salde radici cristiane. In casa Marcazzan si viveva di ammirazione per gli zii sacerdoti e per le zie suore sale-siane, si respirava la fede insieme all’odore del fieno e al sapore delle ciliegie. Tutto veniva gustato e vissuto alla luce di Dio, anche la scomparsa prematura di Caterina, morta a undici anni per le complicanze di una peritonite.

In questo ambiente è maturata la vocazione di Tere-sa, che appena adolescente ha iniziato ad assediare il

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convento delle Paoline dove già erano entrate le sue so-relle maggiori: Gregoria, che aveva preso il nome della sorellina morta, e Agnese, suor Federica per la congre-gazione. Una ragazzina caparbia che ha saputo vincere la riluttanza, comprensibile, dei genitori a lasciar anda-re quella figlia ribelle, forse suggestionata dalle scelte delle più grandi, ancora bisognosa di attenzioni e poco incline alla disciplina e all’autocontrollo.

A vincere le resistenze l’hanno aiutata le religiose an-ziane, figlie di un altro mondo dove la vocazione arrivava dopo aver messo a posto le bambole. Con la loro compli-cità Teresa mette al muro la superiora, la maestra Amalia, e la costringe a un patto con la famiglia: nella casa paoli-na di Alba sarebbe entrata come studentessa, tornando a casa durante le vacanze e verificando il suo desiderio nel-la quotidianità della vita comunitaria, purificandolo da ogni sogno o ubriacatura sentimentale. Per lei semplice-mente un cambio di casa, tanto sentiva familiare e intimo il clima nel collegio permeato dal carisma paolino.

Sveglia alle cinque e mezza del mattino, meditazione e messa, scuola, due o tre ore di lavoro nella tipografia, per annusare l’impegno futuro, e poi l’adorazione per-sonale. Tutto sotto la guida ferma e materna della mae-stra, suor Carmine, che durante le vacanze estive la te-neva sulla corda aspettando l’ultimo giorno, dopo mesi di silenzio, per darle la conferma che poteva tornare. Un allenamento all’esercizio della libertà, una strategia per testare motivazioni e intenzioni.

A diciassette anni la gioia di vestire l’abito religioso e poi a Torino, la città operaia e laica, immersa nella fatica dell’apostolato e di quella che veniva chiamata « la santa propaganda ». Per suor Teresa sono gli anni pesanti del-

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le porte sbattute in faccia, dei chilometri con le borse stracolme di libri e riviste, degli incontri con persone bi-sognose di sostegno spirituale e della consapevolezza dei propri limiti.

Per crescere nello studio della teologia Teresa arriva a Roma. Il noviziato le spalanca l’orizzonte, le permette di avvicinare don Alberione e madre Tecla, i fondatori della Famiglia Paolina, di condividere gli anni esaltanti e frenetici del concilio Vaticano II. Non erano pochi i vescovi sudamericani, africani e asiatici ospiti nella casa romana delle Paoline. Le studentesse servivano a pran-zo e captavano brandelli di conversazioni, riflessioni e discussioni intorno alla tavola, bevevano i racconti di luoghi e comunità lontane fatti dai Padri conciliari men-tre si concedevano il ristoro del pranzo. Teresa si inna-mora del Perú e della Chiesa latinoamericana. Decide che quella sarà la sua missione. Ma il Signore ha un’altra idea su di lei.

La libertà dell’obbedire

Teresa è in ansia. Non riesce a stare ferma e ripensa a quello che le è accaduto quella mattina in cappella: anco-ra una volta si è addormentata di botto durante la medi-tazione. Le accade spesso di chiudere gli occhi, durante la predica, nei momenti di silenzio, persino inginocchia-ta per l’adorazione. Mancano pochi giorni alla professio-ne perpetua ed è qui davanti alla porta del fondatore per l’agognato e atteso incontro e non fa altro che pensare al-la continua sonnolenza. Come farà a tacere su quell’in-contenibile voglia di dormire che la prende all’alba? E

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come confessare le belle dormite fatte persino durante la predica del Maestro? Potrà citare a discolpa il mite clima romano o le poche ore di sonno?

Al suo turno entra nello studio e don Giacomo, come sempre, le chiede come sta, se è contenta, come immagi-na il proprio futuro. E lei di getto si libera del peso che porta nell’animo: « Guardi, Maestro, io ho un proble-ma: non riesco a fare meditazione a Roma. Io dormo in piedi ». E lui: « Hai provato a dire il rosario? ». Teresa si fa coraggio e risponde di sì, ma le rimane il dito sulla prima decina. « E scrivere? », suggerisce l’anziano sacer-dote. Lei diventa rossa dalla vergogna e ammette che non va più in là della prima sillaba per crollare con il ca-po sul foglio. Il fondatore rimane in silenzio per qualche minuto. Poi con grande tenerezza la tranquillizza: « Non ti preoccupare, con l’età ti passerà ». Prende un foglio di carta bianca e le scrive poche righe che serviranno da guida per un’intera vita. « Abbi fede, nelle Costituzioni e nelle disposizioni dei superiori troverai la santificazio-ne. Benedico. Giacomo Alberione ».

 Da quel giorno è scattato l’interruttore nell’animo di

Teresa. Non ha più vissuto di sogni o preoccupazioni, non ha più atteso impaziente la destinazione missiona-ria, si è abbandonata alle decisioni dei superiori per vi-vere un’obbedienza totale, una docilità certa ai piani di altri. Non la rivoluzione di un giorno, ma un addomesti-camento graduale e liberante che l’ha portata a studiare per sei anni teologia e filosofia con altre sorelle arrivate da tutti i continenti e a guardare senza invidia le compa-gne impegnate a fare i bagagli per volare in Pakistan, In-dia, Congo, a Hong Kong o in Giappone.

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Lei, inchiodata a Roma, nel cuore l’America Latina, deve assumere, a soli ventisette anni, la responsabilità della formazione delle nuove aspiranti. Cinque anni a guidare sessantaquattro ragazze e a frequentare i corsi di psicologia all’Antonianum. Quando finalmente si ri-conosce nel ruolo che le è stato affidato e impara a go-vernare il sonnacchioso ritmo romano, mentre studia per la licenza in filosofia, le arriva la proposta di partire per l’Africa. Federica è in Cile, e persino la sorellina più piccola, Gabriella, quarta Marcazzan diventata paolina, è da qualche anno in Giappone. Ora tocca a lei. Le dan-no un giorno per pensare. È dilaniata. La missione afri-cana non l’attira, ma partire è sempre stato il suo palli-no. Chiama il fratello sacerdote: « Don Giuseppe, cosa faccio? ». Lui le risponde: « Vai ».

Così, senza sapere esattamente la collocazione geo-grafica dell’Uganda, con appena qualche mese di studio in Inghilterra per perfezionare la lingua, il 23 novembre 1972 si ritrova su un aereo per Kampala. Dopo l’ennesi-mo capovolgimento politico stanno chiudendo i confi-ni, non c’è tempo per prepararsi, le valigie sono fatte in fretta e furia e il visto è stato concesso grazie ai titoli ac-cademici. Con suor Maria Rosa in arrivo dal Pakistan e suor Maria Grazia reduce dalla missione in Giappone, si ritrova in un Paese estraneo, quasi esiliata, immersa in un contesto difficilissimo, incapace di dire anche un semplice « buongiorno », in imbarazzo persino di fron-te a un bambino. Una morte lenta a se stessa, un’ascesi quotidiana nel vivere le circostanze in cui i superiori e il destino l’hanno collocata. Si aggrappa alla frase conse-gnatale da don Alberione e al versetto del Vangelo sul granello di senape. Sa che deve morire per portare frut-

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to. Entra nella libreria paolina di Kampala e inizia quel-la che diventerà l’esperienza più bella della sua vita: do-dici anni di Uganda e di scoperte. La bellezza dell’Africa e di Dio.

Le corse sotto il materasso

È il 1980, a Kampala domina il terrore. La casa delle Paoline è accanto a una caserma dei militari, un luogo inaccessibile, dalle porte sprangate e le barriere di filo spinato. Quando il coprifuoco regala il silenzio, si per-cepiscono gemiti e urla strazianti. Ma nessuno sa cosa accada lì dentro. Con la sera arriva anche la paura tra le famiglie che abitano lungo il viale. È di notte che bande di miliziani attaccano le case private seminando violen-za. Sono le ventitré e le religiose sono in casa con due comboniani, padre Lino e padre Joseph, arrivati per te-lefonare. Suor Teresa e le altre provvedono a rifornire di cibo i tecnici della radio nazionale e il loro telefono è l’u-nico della zona ancora in funzione.

Nella casetta bassa, dalle finestre sbarrate, si cerca di dormire. Ma l’inquietudine o la stanchezza faticano a far arrivare il sonno. Così una delle religiose si accorge che c’è gente nel piccolo giardino. Bussa alla porta di suor Teresa e poi insieme oltrepassano la sala da pranzo e si avvicinano all’ala per gli ospiti, dove si trova la stan-za dei missionari. Qualcuno sta circondando la casa, le ombre rivelano che sono armati. I comboniani fanno ri-torno verso la zona abitata dalle suore, padre Joseph apre la porta del bagno e cerca di scostare la tenda per una visuale migliore. È in quel momento che arriva la

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prima raffica di mitra, insieme alle urla e ai calci alla porta. Le suore e i due missionari si rifiugiano nell’ulti-ma cameretta lungo il corridoio. Il commando fa irru-zione, si sentono più voci, cinque o sei uomini, sparano nel buio, abbattono a calci le porte e poi con i mitra mandano in frantumi ogni cosa. Le pallottole fischiano, oltrepassano le serrande, esplodono nei muri. Sparano senza preoccuparsi di dove e chi colpiscono. Forano ar-madi, scarpe, pile di libri. Cercano soldi.

I cinque abitanti della casa sono terrorizzati: Mariuc-cia trema con la testa tra le gambe, continua a ripetere che così, se le sparano, muore immediatamente, Anna piange perché non vuole finire crivellata di colpi in pigia-ma, Teresa è paralizzata, non riesce a emettere alcun suo-no. È paradossalmente calma, non fa altro che pensare che tra pochi minuti sarà abbracciata alla sua mamma, scomparsa da pochi mesi, in paradiso. Sono accovacciate per terra, mentre i missionari cercano di fare da scudo. Uno di loro ha un sussulto e prova disperatamente a ur-lare in swahili che sono suore e preti, che lì accanto c’è una chiesa. Cala un silenzio irreale. La visione successiva è di tre uomini: uno ha un kalashnikov tra le braccia, altri due impugnano il machete. Prendono il comboniano che ha parlato, padre Joseph, e lo spingono fuori dalla stanza. Suor Teresa trattiene il respiro, pensa a un’esecuzione in serie, ma il tempo scorre e si sente solo discutere nella stanza a fianco. Poi tornano, prelevano l’altro uomo, pa-dre Lino, e serrano a chiave la piccola cameretta. Passa un’ora e gli interrogatori proseguono. L’ultimo atto pre-vede lo strappo degli orologi dai polsi, il caricamento del-la jeep appena comprata dai missionari con tutto ciò che è trasportabile e la fuga, dopo altre raffiche di mitra.

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Teresa, Mariuccia e Anna non ce la fanno a muover-si. Continuano ad attendere, senza sapere bene cosa. Non possono capacitarsi che tutto sia finito. Si scuoto-no dopo ore, quando sentono urlare i propri nomi dai vicini di casa. Sono voci disperate, di chi pensa che nessuno si sia salvato. E invece, tra le lacrime, riescono a rispondere: « Siamo qui ». Intorno solo macerie, bic-chieri e vasellame in frantumi, mobili rovesciati, libri e documenti sparsi. Cercavano denaro in contanti, e suor Teresa ne aveva, in un cestino sotto il suo letto. L’incasso della libreria e il necessario per i pagamenti: in quei giorni di disordine non si poteva usufruire del servizio bancario. Ma in quel momento nulla è impor-tante. Né i soldi né la macchina, i vestiti o le divise. So-no istanti che pesano il valore della vita. Ed è incom-mensurabile. La mattina dopo arriveranno i soldati tanzaniani, dal 1979 di stanza a Kampala, a garantire una parvenza di legalità. Ma con le luci dell’alba Tere-sa, Mariuccia e Anna scopriranno anche che nella stra-da la loro casa è l’unica in cui non si piangono vittime. Sono delle sopravvissute.

 Suor Teresa ha vissuto gli anni in Uganda tra guerre

civili e colpi di Stato. Dal 1979 al 1986 nella nazione africana si sono susseguiti governi provvisori, civili e militari, con un unico elemento comune, l’adozione della strategia del terrore: vendette, corruzione, stragi e violenza per tenere sotto scacco la popolazione. Nella casa di Kampala, la religiosa paolina ha condiviso la povertà rea le di un Paese ostaggio di interessi e bramo-sie, governato da militari e guerriglieri senza ideali. Nei lunghi cinque anni di scontro tra il governo di Milton

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Obote e l’Esercito di Resistenza Nazionale guidato da Yoweri Kaguta Museveni, lei e le altre paoline non han-no mai abbandonato il Paese. Una decisione presa con-tro la volontà dei superiori, con una lettera aperta che ha messo in crisi più di una coscienza. Non un atto di-mostrativo, ma la conseguenza naturale di un impegno contratto con il popolo ugandese e con la Chiesa locale. Teresa, Mariuccia e Anna sapevano di non essere lo staff di una ONG, né il personale diplomatico di un’ambasciata. Erano lì per dare speranza e futuro alla gente. Lasciare l’Uganda avrebbe voluto dire tradire se stesse, la propria vocazione e la popolazione.

Nei sei mesi successivi all’irruzione dei miliziani nel-la loro casa si trasferirono dalle suore comboniane, a Mbuya. Come tanti, furono costrette a razionare il cibo, finendo per patire la fame. Teresa arrivò a pesare appe-na quarantasette chili. Sorride ancora quando ricorda i crampi allo stomaco di quei giorni, le gite al lago per pe-scare un po’ di pesce e la tessera per il sale, lo zucchero e l’olio, o il baratto tra comunità: le banane della pianta-gione delle religiose locali per i vestiti usati, un passag-gio in macchina alle missionarie dei padri Bianchi in cambio di un pugno di farina. E poi la generosità degli ugandesi, la loro gratitudine per quelle donne coraggio-se che sfidavano i signori della guerra e la morte pur di rimanere accanto ai più poveri tra i poveri.

Di quegli anni terribili suor Teresa ha trattenuto so-lo episodi buffi, le paradossali e strampalate vicende di donne pacifiche trovatesi improvvisamente a contatto con una realtà schizofrenica e violenta. Dentro le memo-rie filtrate dall’ironia, regalo del tempo, il racconto di una paura concreta che stringeva le viscere e faceva con-

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trarre i muscoli. Per anni, lei e le sue sorelle hanno dor-mito sotto i letti. Qualcuno aveva assicurato che le pal-lottole non passavano attraverso il materasso; così, quando gli scontri si facevano più vicini e i proiettili fi-schiavano in ogni direzione, tutte si buttavano sotto la rete, aspettando la fine della battaglia, cercando di chiu-dere gli occhi. Riuscivano persino a dormire mentre in-furiavano i combattimenti. Suor Fidelis, una paolina sar-da arrivata dagli Stati Uniti a guerra già cominciata, all’inizio aveva ostentato noncuranza e scetticismo circa quell’inconsueto riparo di fortuna. Ma oggi, che insieme a Teresa vive al sicuro nella casa provinciale di Nairobi, fa ridere a crepapelle le novizie e le studentesse con il racconto del tuffo repentino sotto il letto dell’amica alla prima raffica di mitra.

L’istinto a nascondersi al primo botto le è rimasto a lungo: nell’anno sabbatico concesso alla fine della guer-ra, non di rado, in Italia, a Teresa è accaduto di rifugiar-si sotto il tavolo per un rumore improvviso, fosse un tappo di spumante saltato o un fuoco d’artificio. Rea-zioni normali per esistenze maturate nel doloroso tra-vaglio della democrazia ugandese. Eppure proprio in quegli anni, Mariuccia e Teresa, mentre attendevano la fine dei bombardamenti, si interrogavano sul futuro: guardavano avanti cercando di capire cosa dovesse na-scere da quell’esperienza drammatica e violenta. Pensa-vano a un popolo che prima o poi avrebbe avuto biso-gno di crescere e capire, di studiare e leggere. Sapevano che dopo il tempo della paura sarebbe venuto quello della Speranza.

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L’editoria della pizza

A guerra finita, nell’Uganda pronta a ripartire no-nostante le continue tensioni, Teresa e Mariuccia veri-ficano il carisma paolino. Nella loro libreria si vendono soprattutto volumi in inglese, provenienti dall’India e dall’Inghilterra. I dazi sono alti, le spedizioni intermit-tenti, i contenuti non pienamente rispondenti ai biso-gni della gente. Avvertono l’esigenza di pubblicazioni di chiaro orientamento cristiano, con materiale e con-tenuti per far maturare le coscienze, libri che possano arrivare a tutti. La situazione che vivono è per certi versi simile a quella dell’Italia del dopoguerra. L’evan-gelizzazione ha bisogno di essere sostenuta dalla diffu-sione della parola di Dio, ma anche da riflessioni e stu-di che avvicinino gli africani al Mistero della Chiesa, alla sua tradizione, alla cultura e alla storia ecclesiale degli ultimi decenni, al grande patrimonio di riflessio-ne sociale e politica. Occorre formare ed educare, e per questo ci vogliono anche i libri. Un obiettivo ambi-zioso, un progetto che parte in un campo completa-mente vergine.

Mariuccia e Teresa cominciano con l’invitare sacer-doti amici, teologi africani e missionari il sabato sera. Li allettano con la pizza: hanno un forno nuovo di zecca, regalo della mamma di Mariuccia, la farina se la fanno donare dalle suore di San Pietro Claver, l’olio lo porta-no i Comboniani, Teresa ci mette le mani e in poco tem-po sforna focacce e pane fragrante. Tra un morso e l’al-tro, si discute di teologia, giustizia sociale e diritti umani, si stilano indici e si programmano uscite editoriali. Il primo libro progettato, scritto e stampato in Uganda è

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dedicato alla donna. Non un caso. Inizia così l’avventu-ra delle Paulines Publications Africa.

 Una storia che ha i tratti dell’epopea, con eroine im-

pensabili: donne entusiaste, creative eppure straordina-riamente umili, appassionate del Vangelo e impregnate del carisma paolino. Suor Teresa ricorda con profonda tenerezza i giorni in cui, armata solo di una macchina da scrivere, di un tavolino e di una sedia, riprese in mano il progetto dell’editoria africana, spostatosi nei primi mesi del 1985 nel Westlands. Era di ritorno dai corsi di teolo-gia morale in Gregoriana, a Roma. Le era stato chiesto di lasciare la sua prima missione, l’Uganda: aveva dovu-to assimilare gli anni intensi e fecondi passati nel Paese, esercitare il controllo su memorie ed emozioni, operan-do un distacco doloroso ma necessario da fatti, storie, persone, situazioni. Un’ascesi lunga, a volte spietata nel-la sua radicalità, indispensabile per porre cuore e mente in un’altra missione. La sua destinazione dopo l’anno sabbatico imposto dall’istituto era stata ancora l’Africa, il Kenya.

Ed eccola nuovamente a ideare poster, libretti per bambini, a ritagliare in maniera artigianale encicliche ed esortazioni, ad adattare formati professionali ai pochi, e a volte poverissimi, mezzi che avevano a disposizione. La benevolenza e la lungimiranza del card. Maurice Otunga, allora arcivescovo di Nairobi, pronto ad acqui-stare immediatamente duemila copie di ogni prodotto editoriale, permisero di creare un fondo utilizzato per la prima pubblicazione originale, un volumetto di infor-mazione sulla sessualità responsabile: Sexuality and Fer-tility Awareness. Un bestseller scritto da una donna,

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Jane M. Kiura, la prima di una serie di autori che in trent’anni di attività ha portato le Paulines Publications Africa a pubblicare 1626 titoli originali, ma anche bre-viari, encicliche, testi patristici e canonici, catechismi e messali, documenti magisteriali e saggi accademici, rivi-ste e cartoline, biglietti d’auguri e calendari. Un piccolo impero della carta autocreatosi grazie ai contatti fecon-di e reciproci con la Chiesa locale: sacerdoti, teologi, ve-scovi e religiosi. Una rete fitta e solidale capace di gene-rare un tessuto culturale cristiano e africano, partendo dai bisogni della società keniota. Giovani, famiglia, giu-stizia sociale i temi più dibattuti, oltre naturalmente alla dottrina della Chiesa cattolica.

Un’azienda editoriale, quella delle Paoline africane, in attivo grazie a una politica che punta sull’innovazio-ne tecnologica, l’abbattimento dei costi e dei prezzi, la formazione costante del personale, la ricerca di autori originali e la continua riflessione sulle opportunità pa-storali e le urgenze del continente africano. Con i loro prodotti oggi le Paoline coprono quasi la totalità del mercato editoriale religioso in Africa, pubblicando testi in più lingue e avvalendosi della collaborazione di teolo-gi ed esperti locali. Un servizio che porta frutti e che consente di alimentare il carisma della congregazione, mai così urgente nella regione. Il segreto del successo è il contatto ininterrotto con la popolazione, l’essere sem-pre sull’onda giusta senza perdere posizioni, il realismo e la fedeltà nelle scelte editoriali. E soprattutto qualche buona e provvidenziale idea, da perseguire contro tutto e tutti.

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La Bibbia africana

Otto e trenta del mattino, casa di San Paolo, nel la zona nord-ovest di Nairobi. Il comitato editoriale è riu-nito, nella stanza del corpo principale foderata di scaf-fali e libri. All’esterno gli operai lavorano alla costruzio-ne della nuova libreria, i rumori fanno da sottofondo all’esposizione dell’ordine del giorno. Ci sono otto ti-toli da valutare. I criteri sono essenziali: rispondere ai bisogni reali del mercato africano, essere ben conte-stualizzati, ovviamente linguaggio semplice e chiaro. Ap-provata subito una meditazione della parola di Dio destinata ai ragazzi. Diventerà un pocket-book della col-lana Speak to me, un libriccino che sarà venduto a bas-so prezzo proprio per incentivare la lettura dei più gio-vani. L’autore è un sacerdote dell’Opus Dei di orgini indiane ma sensibile alle sfumature dell’anima africana. Anche la seconda presentazione ha successo: si tratta sempre di un volume di spiritualità per chi è impegna-to nel discernimento vocazionale. Poi padre Rayan, gesuita olandese, propone la storia di una bambina di-sabile di dodici anni raccontata attraverso la voce del-la sua mamma. Il titolo è Leslie, ed è un racconto tutto keniota fatto di sofferenza, fatica, ma anche di picco-li luminosi successi. Un bel libro scritto da Maureen Were che ha bisogno di un leggero editing. Si discute un po’, si esprimono perplessità e dubbi, ma alla fine l’approvazione arriva. Leslie farà parte del centinaio di volumi che ogni anno le Paulines Publications Africa immettono sul mercato. Una scommessa come tante al-tre azzardate da suor Teresa e dal suo team, che negli anni è cresciuto, acquistando professionalità.

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Ma la consacrazione dell’editoria del Westlands è ar-rivata con il Libro dei libri, l’impresa che ha consegna-to la casa editrice alla storia della Chiesa continentale: la pubblicazione della Bibbia africana.

 Il grillo lo aveva in testa da sempre: una frase del

fondatore le frullava in continuazione: « Una casa edi-trice non può dirsi paolina se non ha pubblicato una Bibbia o almeno il Nuovo Testamento ». Pioniera suor Teresa lo era sempre stata, ma stavolta avrebbe avuto bisogno di tutto l’aiuto possibile in Cielo e in terra. L’invasione delle Bibbie protestanti, senza note né com-menti, causa indiretta del fiorire di molte sette evange-liche in Kenya, rendeva imprescindibile il compito di pubblicare finalmente i testi sacri corredati da un patri-monio esegetico contestualizzato e cattolico. L’impera-tivo era « inculturare ».

Così parte un progetto che per sette lunghi anni divo-rerà la vita di suor Teresa, costretta a mediare tra teologi e biblisti, a pressare commissioni episcopali, vescovi e cardinali, a spronare editor e consulenti, illustratori e di-stributori, a cercare di strappare alla Conferenza Episco-pale Americana, detentrice delle royalties sulla traduzio-ne inglese della Bibbia, una bassa percentuale sui diritti. L’obiettivo è donare all’Africa la prima Bibbia con un ta-glio africano, nei commenti, nelle note, nelle illustrazio-ni. Un lavoro che coinvolgerà oltre trenta persone in una ricerca appassionata e frenetica, un’opera completamen-te modulata sulle esigenze della Chiesa africana, fatta sì di sacerdoti e seminaristi, di professori e teologi, ma an-che e soprattutto di gente comune, spesso con un basso livello di alfabetizzazione.

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Eppure quella che per tutti era un’impresa impos-sibile si è materializzata in un volume dalla copertina rosso cardinale, perfetto nella composizione grafica e sorprendentemente autorevole nei contenuti. Notti di lavoro, momenti di sconforto, intoppi e imprevisti, scon-tri e discussioni, tutto sfumato nella gioia per le prime cinquecento copie arrivate da Madrid, dove erano sta-te stampate, a Nairobi, per essere presentate il 26 agosto 1999 ai vescovi della regione riuniti nella plenaria della AMECEA. Suor Teresa in persona consegna il dono del-le Paoline al continente per il grande e prossimo Giubi-leo del 2000. La prima Bibbia africana. In inglese, certo, ma presto sarebbe arrivata anche l’edizione in swahili e poi in portoghese. Testi con una prospettiva teologica oltre che linguistica. Un tesoro immenso per una Chiesa ancora giovane.

Nell’inferno di Kibera

Suor Teresa chiede all’autista di seguire il motociclista che si è posizionato davanti alla macchina: sarà lui il Vir-gilio tra i gironi dell’inferno di Kibera. Pochi scellini e li guiderà nel labirinto dello slum più grande e dimentica-to dell’Africa. Oltre un milione e trecentomila persone che sopravvivono tra fango, fogne a cielo aperto, rifiuti e lamiere. Un immenso campo alla periferia di Nairobi, città che ruba i sogni e spoglia l’anima. Donne e bambini obbligati alla promiscuità, strade e servizi inesistenti, spazi ristretti e il caldo soffocante di locali senza luce o acqua. Dal finestrino chiuso per evitare attacchi di bande o di psicotici resi pericolosi dalla miseria, guarda una po-

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polazione costretta al grado zero della dignità, eppure miracolosamente organizzata con docce di fortuna, pic-coli banchi per la vendita, botteghe da parrucchiere. Esi-stenze ricavate nel nulla, residui di civilizzazione che danno l’illusione della quotidianità.

Non si lascia ingannare suor Teresa, sa che cosa ac-cade tra quei tuguri, nei cortili strappati all’ultimo di-sperato sgombero, nelle case di creta e canne. Conosce l’insinuante e subdolo virus che sta portando via intere generazioni, minando i corpi e togliendo il futuro, ha asciugato le lacrime di donne violentate dal vicino di casa o da un gruppo di balordi, ha dovuto consolare le ragazzine disabili stuprate al ritorno dalla messa o pro-teggere bambine molestate dal nuovo compagno della mamma. Sa che non esistono parole come rispetto e di-ritti. Sa persino che a volte, tra quelle strade sassose e contorte, può apparire blasfemo e irrisorio pronuncia-re la parola Speranza. Difficile quando dall’alba al tra-monto, l’ora della paura e delle tenebre, l’unica osses-sione è strappare la vita alla disperazione.

Eppure suor Teresa va avanti, segue il suo complice oc casionale e cerca di raggiungere la parrocchia della San tissima Trinità, un fortino assediato, baluardo di uma nità in un luogo dove solo rari alberi di magnolia ri-cordano che esiste la bellezza. Il guardiano deve scio-gliere le catene e i lucchetti. Non ci si può permettere qui le « porte aperte » che piacciono tanto a papa Fran-cesco. È il primo dolore, ma non l’unico, di una comu-nità che lotta ogni giorno contro la violenza e le con-traddizioni dello slum. Basta mettere incautamente il piede fuori dal portone in ferro per rischiare di prende-re un colpo di pistola o un coltello in pancia. Il respiro

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in cambio del cellulare o di un orologio. È la legge di Kibera che impone il sospetto e la prudenza.

Suor Teresa scende, saluta le donne che lavano il pa-vimento in cemento della chiesa, povera ma pulita, e poi accarezza i volti e le mani delle centinaia di bambini dal-le divise amaranto. Nella scuola della parrocchia, l’uni-co spazio educativo a nord dello slum, è il momento del-la ricreazione. Si distribuisce il porridge in tazze verdi, per molti l’unico pasto della giornata, e poi si gioca con la palla fatta di stracci e carta, a nascondino tra le pareti forate della struttura, a rincorrersi girando intorno alla cappella.

Nelle classi l’odore è intenso, le finestre non hanno vetri, ma quando suona la campana il silenzio è totale, l’attenzione massima. Non si hanno molte opportunità a Kibera, ma quelle che capitano non si sprecano. Per que-sto anche un libretto sulla storia di Mosè o un vademe-cum sulla sicurezza stradale è prezioso. Suor Teresa ha portato alcuni cartoni di libri, è il regalo della congrega-zione alla comunità della Santissima Trinità nell’immi-nenza del Natale. Molti dei bambini hanno fame, ma lei ha solo carta. Eppure non si sente a disagio con la sua vo-cazione. In molti, per fortuna, pensano alle pance di quei bambini, ma chi al loro cuore? Hanno bisogno di qual-cuno che alimenti i loro sogni, che sorregga i desideri, che faccia intravedere un’altra vita possibile, che sosten-ga i loro diritti ed educhi le coscienze. Qualcuno che li seduca con un mondo di idee e di progetti e che poi in-dichi la strada per realizzarli.

Suor Teresa sa che questo è quello che le è chiesto. Ha dedicato la sua intera esistenza ai libri, anche se ormai rie-sce a gustare solo le pagine della Bibbia e la liturgia quo-

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tidiana. Pubblica titoli e riviste, ma darebbe tutto in cam-bio per vedere un solo bambino varcare la soglia di una scuola. Strapazza tutti i santi che ha in paradiso, i genito-ri, Gabriella e Caterina, e mendica aiuti dai fratelli e dagli amici in Italia via Skype, non solo per ambiziosi progetti editoriali come la Bibbia africana, ma anche per conti-nuare ad assistere e ad aiutare un centinaio di ragazzi in età scolare, attraverso l’adozione a distanza. Trascina l’in-tera comunità di Nairobi nelle sue iniziative e sa che non sarebbe nulla senza Mariuccia, Fidelis, Suchita, Olga, Ro-sie e le altre sorelle paoline. È una suora « felicissima », ha ricevuto tantissimo ed è ancora in debito con il Signore. Ha più di settant’anni, ma è pronta a lasciare tutto e a ini-ziare una nuova avventura. Per i poveri e per Dio.

 Suonano al cancello, il guardiano avverte che un bam-

bino cerca suor Teresa. Lei corre e si trova davanti Ri-chard. Papà perennemente ubriaco e mamma fuggita chissà dove. Ha nove anni, ma è un piccolo uomo. Ha at-traversato la città per arrivare alla casa di San Paolo dallo slum dove vive, ha portato un foglio di carta con la lista di ciò che gli serve per l’anno scolastico: quaderni, divisa, matita, penne, libri. Tutto con accanto il prezzo di listino. Porge l’elenco con uno sguardo di sfida e suor Teresa ti-ra fuori dalla tasca il denaro. Sa che il bambino lo nascon-derà per sottrarlo alle birre del padre. Poi gli dice di ri-tornare per il suo compleanno. Vuole una capretta, ma suor Teresa gli darà l’equivalente per acquistare un pollo. « E la torta di compleanno non me la compri? » insiste sornione Richard. L’anziana suora sorride con dolcezza. Risponde di no, ma è un gioco tra loro. Già sa che cede-rà alla tentazione di vederlo ancora una volta felice.

  

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INDICE

Prefazione, di A. Spadaro pag. 9

Parte prima

GLI ORDINI STORICI

i. MAdre AnnA MAriA Cànopi

Nel silenzio della notte » 17

L’alba di Dio » 17 Il monastero sul lago » 19 Maternità e poesia » 23 La ginnastica del cuore » 27 Laus perennis » 29 Oltre la grata » 33

ii. pAdre pierbAttiStA pizzAbAllA

Con Francesco in Terrasanta » 34

Battesimo di fuoco » 34 Nel cuore di Israele » 37 Cécile e gli amici della qehilla » 39 Ol curat in bicicleta » 42 Padre in erba » 45

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Cirenei senza nome pag. 49 Il ramoscello d’ulivo di Francesco » 52

iii. pAdre ClAudio Monge

Sotto la Torre di Galata » 57

Da Venezia a Kostantiniyye » 57 L’acqua non si spreca » 62 L’attesa di Dio » 65 Verso Oriente » 68 Il martirio della burocrazia » 71 In dialogo con l’islam » 74 Con Francesco nella Moschea Blu » 78

iV. pAdre gioVAnni lA MAnnA

La santa inquietudine » 80

« Pronto? Sono papa Francesco » » 80 Di padre in Padre » 82 Centro e periferia » 85 La porta aperta » 89 « Vado al Massimo! » » 93

Parte seconda

CONGREGAZIONI E ISTITUZIONI RELIGIOSE A CARATTERE SOCIALE ED EDUCATIVO

V. Suor lAurA girotto

La Madre di Adwa » 99

Quattro cascine, ottanta mucche e quattrocento galline » 103

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La tenda blu pag. 106 Nessun alibi » 110 L’azienda del Bene » 113 Un ospedale per Adwa » 118 L’educazione, faccenda di cuore » 121 Il campo degli italiani » 124

Vi. Suor ritA giArettA

Libere di amare » 126

Natasha e le altre » 126 Sindacalista ribelle » 128 Le suore in bicicletta » 131 Una casa per le donne invisibili » 134 Prova d’amore » 137

Vii. Suor eliSA SCAlAbrino

Alla scoperta della città nascosta » 139

« Muganga, basta » » 139 La città nascosta » 143 Col velo in corsia » 146 Africa in vetta » 151

Viii. Suor luziA preMoli

Missione al femminile » 154

Natale di sangue » 154 Il popolo della foresta » 156 A ritmo di samba » 160 Con occhi nuovi » 161 Una brasiliana al timone » 164 Donna di propaganda » 166

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Parte terza

NUOVI CARISMI

iX. SiSter MAry FrederiCk

Tra i più poveri dei poveri pag. 171

Cent’anni di luce » 171 Guerra e pace » 174 Nuovo inizio » 177 Nel cuore freddo della City » 180 Il miracolo di San Gregorio al Celio » 183 Il segreto di Madre Teresa » 187

X. Suor tereSA MArCAzzAn

Il Vangelo del pane » 189

Libri per penitenza » 191 La libertà dell’obbedire » 194 Le corse sotto il materasso » 197 L’editoria della pizza » 202 La Bibbia africana » 205 Nell’inferno di Kibera » 207

Xi. Frère ChArleS

Il deserto nella città » 211

Sulla rive droite » 211 Moines au coeur de la ville » 213 Moines au coeur de Dieu » 217 Cittadini, inquilini, salariati » 221 Uomini e donne » 226 Comunità work in progress » 228 « Solo Charles » » 230

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Xii. MArilenA CiVettA

La solitudine amata pag. 232

Una mela al volo » 234 L’Heavy Metal e la psicologia » 236 Riscoprirsi donna » 240 La sposa » 242 Sorella morte » 243 La compagnia delle donne felici » 246

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ISBN 978-88-315-4572-3

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Alessandra Buzzetti - Cristiana Caricato

Prefazione di Antonio SpAdAro

svegliAtei l m o n d o !

Alessandra Buzzetti (Varese, 1969) è vaticanista di NewsMediaset. Laureata in lettere moderne all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha lavorato per la Televisione Svizzera Italiana e per la RAI, in particolare al TGR di Milano e nel talk show itinerante Pinocchio. Ha lavorato per quattordici anni al TG5, dove è stata inviato di cronaca, in Italia e all’estero, e dal 2004 vaticanista. Oggi è giornalista di NewsMe-diaset e segue l’informazione religiosa per diverse testate del gruppo Mediaset. Ama Rachmaninov, il mare e gli amici dei Banchi di Solidarietà. Con Paoline ha pubblicato Tenacemente donne (2013), di cui è coautrice con Cristiana Caricato.

Cristiana Caricato (Siracusa, 1968) è vaticanista di TV2000. Laureata in filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha iniziato l’attività giornalistica all’agenzia radiofonica News Press, per poi partecipare all’avventura televisiva intrapresa dalla Chiesa italiana. Negli ultimi diciassette anni, per TV2000, ha curato e condotto il programma di informazione ecclesiale Mosai-co, ha seguito i grandi eventi del pontificato di Giovanni Paolo II e realizzato reportage sulla Chiesa nel mondo. Ama il rock dei Red Hot Chili Peppers, i libri di Jane Austen e la barca a vela. Con Paoline ha pubblicato Tenacemente donne (2013), di cui è coautrice con Alessandra Buzzetti.

« “Svegliate il mondo!”. Solcando queste pagine mi è tornata alla mente quell’espressione di Francesco: uomini e donne protagonisti di un modo di-verso di fare, di agire, di vivere.

Questo volume non contiene la storia di eroi perfetti o di idealisti che inseguono utopie: quella dei religiosi è storia di gente normale, di peccatori che però sanno stare con occhi, orec-chie e mani aperte.

Per i protagonisti di questo libro la Chiesa è luce, perché sul suo volto si riflette la luce di Cristo. Una fiaccola che cammina lì dove sono gli uomi-ni. Anche quando l’umanità va verso il baratro, la fiaccola è chiamata ad accompagnare gli uomini nel loro cammino.

Abbiamo il privilegio di vivere in tempi di grandi contraddizioni. Oggi, tra il buio e la penombra, c’è biso-gno della luce agile di fiaccole che illuminino i nostri tortuosi cammini. Questa è la vocazione di molti religiosi, chiamati ad accompagnare i processi culturali e sociali dei nostri giorni. Uomini e donne felici di aver dato la vita al Signore.

Ecco chi sono i religiosi che im-pariamo a conoscere leggendo questo volume: non sognatori o persone in cerca di riparo dal mondo, ma uomini e donne immersi nella realtà come profeti e testimoni della consolazione di Dio ».

(dalla Prefazione di Antonio Spadaro)

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AnnA MAriA Cànopi benedettina Frère ChArles monaco della Fraternità di Gerusalemme MArilenA CivettA consacrata dell’Ordo Virginum MAry FrederiCk missionaria della Carità ritA GiArettA orsolina lAurA Girotto salesiana GiovAnni lA MAnnA gesuita teresA MArCAzzAn paolina ClAudio MonGe domenicano pierbAttistA pizzAbAllA francescano luziA preMoli comboniana elisA sCAlAbrino cottolenghina

Testimoni della profezia del Vangelo« I religiosi devono essere uomini e donne ca-

paci di svegliare il mondo ». Dalle parole di papa Francesco prende idealmente le mosse questo libro: ritratti di uomini e donne che, con la concretezza e la profondità della loro vita, in contesti culturali e geografici diversi, testimoniano quotidianamente lo spirito del Vangelo. Tra fedeltà al carisma di appartenenza e profezia.

Avventure umane e spirituali che raccontano una Chiesa « in uscita », capace di consolare, soc-correre, curare e soprattutto rendere visibile la misericordia di Dio.