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iscritta all’albo della Regione Puglia delle Associazioni e delle Federazioni di Associazioni dei Pugliesi nel Mondo Sede: Via Pietro Calvi, 29 - 20129 MILANO - e-mail: [email protected] - www.arpugliesi.com - gruppo Facebook “Terre di Puglia” Anno II Num. 5 Organo Ufficiale dell’Associazione Regionale Pugliesi Un’estate TRICOL ORE 150 d’Italia... anche ad Agosto

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Tacco&Sperone è un periodico, alla cui realizzazione partecipano amici dell'Associazione Regionale Pugliesi di Milano, del gruppo Facebook “Terre di Puglia” e tutti coloro i quali hanno o mantengono un rapporto di affettività con le terre di Puglia.

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iscritta all’albo della Regione Puglia delle Associazioni e delle Federazioni di Associazioni dei Pugliesi nel MondoSede: Via Pietro Calvi, 29 - 20129 MILANO - e-mail: [email protected] - www.arpugliesi.com - gruppo Facebook “Terre di Puglia”

Anno II Num. 5

Organo Ufficiale dell’Associazione Regionale Pugliesi

Un’estateTRICOLORE

150 d’Italia... anche ad Agosto

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PUGLIA: TERRA RICCA D’ESPERIENZE E DI RISORSE

In quest’inizio estate torrido, immersi nell’afa di Milano, noi Pugliesi non perdiamo tempo e conti-nuiamo a correre per raggiungere, con il nostro lavoro, gli obiettivi di una vita. Pur lontani, infatti, dalla nostra terra, non ne perdiamo il valore, il colore ed il sapore, perché essa è sempre “tatuata”nel nostro cuore.Non possiamo dimenticare, l’acre profumo delle terre arate dai contadini delle valli salentine; non possiamo scordare il rosso della terra arsa dal sole d’agosto, che si perde con i suoi riflessi mogano, nel blu dello splendido mare, che bagna le terre del tavoliere. Per questo, anche se lontani, per i motivi più disparati: lavoro, famiglia, scelta di vita, necessità terapeutiche, non dimentichiamo, ma probabil-mente sarebbe più corretto dire, non possiamo dimenticare, il nostro legame con una terra che scandi-sce ogni nostro gesto, indipendentemente dalla latitudine geografica, in cui viviamo.

Questo fortissimo legame con le nostre origini, non ci impedisce, tuttavia, di assaporare le peculiarità dei territori che viviamo, lontani dal tavoliere. Milano, il Duomo, il Castello Sforzesco, le curiose vie animate di Brera, i Navigli, le vie caratteristiche descritte dal Manzoni, ne “I Promessi Sposi”, magari poco conosciute, ma ricche di quell’essere meneghino, che segna un legame con le origini che probabilmente solo noi possiamo comprendere a fondo, sono elementi, tratti di storia, esperienze di vita, che contraddistinguono il nostro essere e, se ben assaporate, ci permettono di acquisire un valore “cosmopolita” di cittadini del mondo.Ancora di più, proprio, nel 2011 un anno che sarà ricordato come l’anno dell’Italia, l’anno in cui il nostro straordinario Paese ha compiuto 150 anni, senza mai segnare il passo. Molti sono stati i momenti di crisi, tensioni sociali, ma mai l’Italia ha perso la sua caparbietà e la sua creatività. E questo, perché noi Italiani, seppur arroccati su posizioni spesso eccessivamente campanilistiche, siamo sempre stati in grado di trasformare le differenze “territoriali” in qualità da esportare in Europa e nel Mondo.Per questo, oggi, le diverse comunità locali sono in grado di fondersi in un tutt’uno rappresentato dalla nostra bandiera che, seppur tri-partita nei colori bianco rosso e verde, ben delinea la fusione di esperienze, cultura e sviluppo che ci contraddistinguono senza soluzione di continuità.

Cav. Dino AbbasciàPresidente Associazione Regionale Pugliesi

Armandone, giovane tren-taquattrenne tarantino studente di economia e commercio, un po’ fuori corso, un po’ no, riflette tanto su temi di attualità tarantina e non, spesso sfocia nel mondiale, ma co-munque senza mai preoc-cuparsi troppo essendo in ogni caso vicino a mammà con la quale vive quotidia-namante, condivide riflessioni e proiezioni, e soprattutto, la PASTA AL FORNO past a u furne.

La Striscia di Alessandro Guido

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Sommario4 ESTATE: tempo per valorizzare l’amicizia

5 L’Ass. Regionale Pugliesi ...corre con te!

16 Popoli e minoranze linguistiche in terra di Puglia

6 Il Tricolore:una storia lunga due secoli

18 Tutte le lingue della Puglia

17 Geovana Cléa e i colori del Brasile8 I Pugliesi celebrano a Milano i 150 anni

dell’Unità d’Italia

22 TeleNorba:da Ottobre operativa anche a Milano

9 Filippo Minutilli:una vita per l’Unità

d’Italia

12 La festa del ritorno

13 La ricerca scientifica in Casa Sollievo della Sofferenza

23 Mendicante di sogni

24 Puglia in Tavola: le ricette per l’estate

anno II, n.5

[email protected]: 347 4024651 - 392 5743734

Editore: Associazione Regionale PugliesiPresidente: Dino AbbasciàDirettore Responsabile: Agostino PiciccoFondatori e co-direttori: Giuseppe Selvaggi e Giuseppe De Carlo

Hanno Collaborato:Renato A. Bandi, Ornella Bongiorni, Michele Bucci, Stanislao De Guido, Giulia Guardiani, Alessandro Guido,

Armando Pisanello, Paolo Rausa, Felice Ricchiuti, Anna Santacroce,

Angelo Vescovi, Elena Zinni.

Stampa: S&G - Galugnano (Le)

Redazione e Sede Legale: Via Pietro Calvi, 29 - Milano

La direzione declina ogni re spon sabilità al conte-nuto degli articoli firmati, poiché essi sono diret-ta espressione del pensiero degli autori. La direzione si riserva di rifiutare qualsiasi colla-borazione o inserzione di cui non approvi il con-tenuto. Foto e manoscritti, anche se non pubbli-cati, non verranno restituiti. La collaborazione a questo giornale è a titolo gratuito.

Realizzato in collaborazione con:

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Estate: tempo di vacanza, tempo di riposo, ma an-che tempo di riflessione sul passato e di imposta-zione del nuovo anno di attività. La vacanza porta a dare il giusto spazio a lavoro, affetti, occupazio-ni. La serenità e il riposo consentono di esaminare agevolmente la dimensione profonda della vita, di vivere la bellezza delle cose, di riscoprire rela-zioni autentiche, di prolungare il contatto con la natura, di ritrovare vecchi amici, di recuperare il gioco e la festa, di scoprire o visitare posti nuovi vicino casa o in giro per il mondo, in bicicletta o in aereo, da soli o in compagnia. Si tratta, insomma, di godere del tempo libero senza l’assillo del lavo-ro e senza l’ansia di dipendere da cellulare e com-puter. Ci sono cose che per tutto l’inverno riman-diamo all’estate: qualche hobby da riprendere, la stanza da sistemare, qualche lettura arretrata, la risposta a lettere che da parecchio attendono, an-che la cura del corpo da effettuare tramite il nuo-to o l’esercizio fisico. Stupore e creatività diventa-no altresì emozioni da recuperare. Occorre anche considerare dettagli organizzativi che nella fretta si rischia di perdere di vista e che invece vanno ri-collocati al loro posto. In particolare la vacanza, fa-

vorendo incontri piacevoli, apre all’amicizia, aiuta il recupero di vecchie relazioni, fa rinsaldare rap-porti iniziati, concede il tempo per chiacchierate lunghe e distese, che predispongono alla conver-sazione, alla conoscenza reciproca, al confronto, al desiderio di incontro, all’attenzione a chi è con noi. Se durante l’anno c’è il rischio che le persone passino in secondo piano e sembrino importanti le iniziative, gli affari, le incombenze da sbrigare, la vacanza diventa un tempo propizio per valo-rizzare chi è con noi, per dedicare tempo e atten-zione, per riflettere su come migliorare i rapporti, per adoperarsi in questo. Le uscite permettono di ritrovare persone perse di vista da anni, il rientro a casa consente di incontrare chi per la lontanan-za non si è frequentato più. In vacanza si ci può dedicare di più al dialogo, a uno scambio di idee, al confronto su quello che si pensa, si studia, si legge. E’ importante comunicarsi riflessioni anche su tali temi, che comunque favoriscono la crescita e la maturità personale.Ciò porterà a comprendere che la vita diventa gioiosa e serena in base alla qualità delle relazioni che si stabiliscono. Buona estate in Puglia!

ESTATE: TEMPO PER VALORIZZARE

L’AMICIZIAdi Agostino Picicco

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Sfogliando o scorrendo le pagine del nuovo numero di Tacco & Sperone, pe-riodico nazionale dell’Associazione Re-gionale Pugliesi, non potrà sfuggirvi una novità: uno strano quadratino fatto di puntini neri. Non siamo impazziti, tranquilli, il caldo è tanto ma non ci ha dato alla testa. Si tratta del “Qr code”, erede intelligente del codi-ce a barre. Una rivoluzione che, da questo numero, approda sulle pagine di Tacco & Sperone. Essa sta contagiando tutto il mondo; da Tokyo a New York, Londra, Pari-gi e Barcellona, i codici Qr sono sui manifesti pubblicitari, etichet-te di abbigliamento e prodotti alimentari, inserzioni, biglietti da visita, magliette, ta-tuaggi e persino sulle tombe.Il Qr code è una sor-ta di trait d’union tra il mondo cartaceo e quello multimediale di internet. Una porta d’accesso a contenu-ti aggiuntivi che, per la loro natura digita-le non troverebbero spazio sulla carta e che invece arrivano, via web, direttamente sullo schermo del tele-fonino o del tuo smar-tphone.

Come funziona? Semplice, dopo aver scaricato un lettore di QR Codes per il vostro smartphone, fate una fotografia allo “strano quadratino”: il browser del vostro telefonino

vi porterà immediatamente nella pagina web dedicata con tantissimi contenuti multimediali.Dunque… basta inquadrarlo con l’obiet-tivo del cellulare (che abbia un’applica-zione idonea alla lettura) e, il codice Qr, che è l’abbreviazione inglese di «quick response» (risposta rapida), prende vita e racconta tutto di sé; sul display arrivano, infatti, video e pagine internet, preparate ad hoc, per approfondire l’argomento a cui è legato.

Ancora una volta l’Associazione Regiona-le Pugliesi corre con te… per aggiornarti in tempo reale e proporti contenuti sem-pre nuovi e dinamici. Chi si ferma resta indietro e per noi che ci occupiamo di comunicare emozioni è una sfida con-tinua… iniziata con il sito web…conti-nuata con le newsletters, migliorata con youtube e il canale dedicato, il periodico e facebook, la diretta tv… ed ora Qr code, per un’informazione sempre più dinami-ca… noi corriamo con te!

L’Associazione Regionale Pugliesi … corre con te!di Giuseppe De Carlo

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Era il 17 marzo 1861 quando il primo Parlamento proclamò l’Unità d’Italia. In questo secolo e mezzo il Paese è cambiato profondamente: ha modificato i propri modelli di riferimento, ha lasciato alle spalle se-coli di povertà per conquistare i primissimi posti nel mondo, ha affrontato e superato gravi momenti di crisi. La ricorrenza dei 150 anni è un’occasione fonda-mentale per rivedere la nostra storia, discutere il pre-sente guardando ad un futuro possibile, per riscoprire il senso di appartenenza ad un popolo e l’identità cul-turale del nostro Paese. Quello che più di ogni altro ci fa sentire Italiani, or-gogliosi ed innamorati di questa terra è il tricolore, la nostra bandiera, quella che ha ispirato negli anni numerosi poeti, scrittori ed artisti italiani che spin-

ti dall’amore per la patria hanno arricchito il nostro paese, esportando in tutto il mondo le sue bellezze e la sua genialità. Cento anni or sono, nel primo centenario del Tricolo-re, il 7 gennaio 1897, fu commemorato proprio con un discorso a Reggio Emilia del grande poeta Giosuè Carducci, il quale si rivolse alla Bandiera con queste parole: “Sii benedetta! Benedetta nell’immacolata ori-gine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre nei secoli!”. Ed aggiunse: “quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si angusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi;

IL TRICOLORE,una storia lunga due secoli

di Michele Bucci

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il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene della gioventù dei poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi!”.Il tricolore italiano fa la sua prima comparsa a Reggio Emilia, quando nel 1797 il Parlamento della Repub-blica Cispadana adotta la combinazione dei tre colori come propria Bandiera.Le tante repubbliche di ispirazione giacobina sorte in epoca napoleonica per contrastare le monarchie assolute, avevano quasi tutte bandiere a tre fasce, di vari colori, ispirate al modello nato con la Rivoluzione Francese. In particolare, quella della Legione Lombar-da era bianca, rossa e verde, così come gli stendardi della Legione Italiana, che racco-glieva i soldati dell’Emilia e della Romagna. Da qui, probabilmente, la scelta del bianco, rosso e verde per la bandiera Cispadana.In questo periodo nascono gli ideali di indi-pendenza che alimenteranno il Risorgimen-to e anche la bandiera assume un nuovo si-gnificato: non più segno dinastico e militare ma simbolo del popolo e della libertà.Con la Restaurazione, il vessillo tricolore vie-ne soffocato, ma per gli Italiani in lotta con-tinua a essere un emblema di libertà e spe-ranza: è innalzato durante i moti e le rivolte e ispira persino i versi dell’inno di Mameli.Nel 1848, con la concessione di Costituzioni in tante parti d’Italia, la bandiera diventa il simbolo della riscossa nazionale e Carlo Al-berto, annunciando la Prima Guerra d’Indi-pendenza, dichiara che le sue truppe, per di-mostrare il “sentimento dell’unione italiana”, combatteranno con appuntato sull’uniforme lo scudo dei Savoia sovrapposto al tricolore.Questa resta la bandiera italiana anche dopo la proclamazione dell’unità d’Italia nel 1861 e solo nel 1925 una legge stabilisce l’aspetto del vessillo nazionale, vietandone qualsiasi variante.La bandiera che sventoliamo oggi nasce invece con la Repubblica. L’Assemblea Co-stituente la approva il 24 marzo del 1947 e l’articolo 12 della nostra Costituzione la de-scrive così: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali dimensioni”.

il Presidente Ciampi, diceva del Tricolore che rappre-senta il simbolo moderno di un popolo antico, ricco di cultura, di tradizioni, di arte e di nobiltà d’animo, ma anche sofferente per secoli per la mancanza di una insegna che lo unisse, che rappresentasse la vo-lontà di un destino comune. Noi amiamo il Tricolore come i nostri padri, perché il Tricolore, ha rappresentato il riscatto, il risveglio, il miracolo di un popolo che, all’improvviso, diventa vo-lontà comune.

Viva l’Italia, viva il tricolore.

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Anche i pugliesi-milanesi hanno dato il loro contributo ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Ita-lia. L’hanno fatto come al solito in grande organizzando un evento di ampio respiro su “L’idea d’Ita-lia nella lettera-tura”. In pratica, su progetto di Paolo Rausa e avvalendosi di video, canzoni e letture sce-niche di attori dilettanti, sono stati letti circa trenta brani che riguarda-vano il concet-to di Italia dei massimi esponenti della letteratura ita-liana, da Dante a Pasolini.Si è trattato di un viaggio alle radi-ci dell’idea d’Italia e alle basi della sua unità, attraverso diversi periodi storici (dal risorgimento al fascismo ai nostri giorni), condotti quasi per mano da vari autori della letteratura italiana. Questo spettacolo multimediale, ha dimostrato come la letteratura e la lingua italiana abbiano cooperato attivamente all’uni-ficazione d’Italia.Ne è emerso che tanti poeti e uomini di lettere, già prima del 1861 si sentivano italiani e magnificavano – avvalendosi dell’estro della loro vena artistica – le caratteristiche del territorio e declama-vano i sentimenti dell’identità culturale nazionale.I video, tratti dai film più famosi del repertorio cinematografico italiano, hanno fatto da sfondo alle letture dei periodi storici evidenziati dai singoli let-

terati, e le musiche hanno ripreso temi e contesti di attualità. Si è cercato, infat-ti, di combinare passato e presente per rendere chiaro il ruolo che i più illustri letterati italiani hanno dato alla crescita, oltre che alla formazione, della nazione.Un modo originale ed inedito per ce-lebrare un significativo anniversario in sintonia con il sentire nazionale, e anche un modo – in chiave quasi sco-lastica – per apprendere e per crescere insieme nel sentimento nazionale.La manifestazione è stata patrocinata dall’Assessorato alla Cultura della Pro-vincia di Milano e dall’Associazione Re-gionale Pugliesi, e ha raccolto presso lo Spazio Oberdan numerosi Pugliesi e non, che hanno gustato l’evento arti-stico, conclusosi con l’ascolto dell’inno nazionale, rigorosamente in piedi.In qualche modo tale evento ha fatto da pendant ad un’altra rilevante ma-nifestazione che si è svolta a Milano

sempre nel mese di maggio relativa ai 150 anni dell’Esercito Italiano. Una

grande, articolata e imponente ma-nifestazione dal titolo “Festeggi…Amo l’Esercito”, che ha coinvolto anche le comunità regionali, in parti-colar modo quella pugliese, insieme all’Esercito per fe-steggiare, ricorda-re, celebrare una istituzione signi-ficativa nel corso del tempo per le vicende nazionali del passato (basti pensare solo alle due Guerre Mon-diali) ma anche da sostenere oggi nel suo impegno

di difesa e di contributo alla pace nel mondo in considerazione delle missioni umanitarie svolte in tutto il globo e che costano – purtroppo - tante vite umane. Anche a questi eroi – e tra loro ai tanti Pugliesi impegnati nelle forze di difesa - è andato il nostro pensiero mentre le note della celebre fanfara dei bersaglie-ri riecheggiavano forti nell’Auditorium milanese, alla presenza delle più alte autorità regionali, militari e civili.Ai momenti ufficiali si sono piacevol-mente aggiunti quelli più artistici che hanno visto all’opera protagonisti del mondo dello spettacolo quali – tra gli altri – Ivana Spagna, Paolo Limiti, Ma-rio Lavezzi, Giorgio Pasotti, e gruppi musicali di intrattenimento, per offrire un’idea dell’Esercito Italiano meno di-stante e più vicina alla gente e alle sue necessità.

I PUGLIESI CELEBRANO A MILANO I 150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA

di Agostino Picicco

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Il titolo di questo articolo prende spun-to dall’omonimo libro scritto nel 1987 dal prof. Vito A. Sirago, originario di Grumo Appula (BA), sulla vita di Filip-po Minutilli, anch’egli nativo di Grumo.Filippo Minutilli nasce a Grumo Appu-la il 12 maggio 1813 da donna Aurora Ugenti (grumese) e da don Nicola Mi-nutilli, nativo di Gravina di Puglia ma trasferitosi a Grumo dopo il matrimo-nio. Donna Aurora era sorella di don Pietro Ugenti, uomo colto ed in vista, oratore nella “Vendita” la società se-greta dei “Carbonari” operante in Gru-mo. Alla stessa “vendita” appartiene anche Giovanni Scippa, nato per caso a Ruvo dove il padre svolgeva l’attività di giudice, ma figlio di grumesi e gru-mese egli stesso.Da queste due persone influenti, lo zio don Pietro Ugenti e l’amico di famiglia Giovanni Scippa, il piccolo Filippo ap-prende le prime rudimentali informa-zioni sulla situazione politica creatasi nel Mezzogiorno. A 8 anni, un giorno accompagnò lo zio in un viaggio fatto in carrozza fino a Canneto. La presenza del ragazzo e la carrozza degli Ugenti avrebbe evitato di destare sospetti nelle autorità che non avrebbero cer-cato, al suo interno, i patrioti Morelli e Silvati inseguiti da ordini di cattura e portati in salvo per farli espatriare. Don Pietro era d’accordo con Giovan-ni Scippa, che aveva programmato lo stratagemma. Queste prime esperienze di natura “politica” furono i semi che lo portaro-no all’adesione all’idea mazziniana di una Repubblica dell’Italia Unita. Il gio-vanetto divenne sempre più studioso e riflessivo tanto che, finiti gli studi a Grumo, i suoi genitori decisero di man-darlo a studiare a Napoli al Collegio della Nunziatella. Qui decide di segui-re un corso di studi pratici, per esem-

pio, l’architetto per poter co-struire ponti e strade.Mentre si trova a Napoli (dove da Grumo l’ha seguito la fa-miglia), riceve la visita di Gio-vanni Scippa che, liberato dall’esilio coat-to passato ad Altamura per aver aiutato Morelli e Silva-ti nella fuga, si sente rinvigo-rito da nuovo fervore repub-blicano. Filippo sente i discorsi di Scippa e si convince ancora di più dell’idea repubblica.Intanto, terminati con sommo profit-to gli studi alla Nunziatella, decide di entrare nell’esercito come “geniere”. Col grado di tenente Filippo Minutilli, nel febbraio del 1843 viene inviato al Forte di Messina per il restauro della Fortezza. Il giovane ufficiale è elegante e di buo-ne maniere, viene rispettato e incanta la truppa e gli altri ufficiali. I suoi ordini sono precisi e chiari, non ama parlare più del necessario, tanto che il coman-dante della Fortezza lo invita a cena presso la sua abitazione. Qui Filippo conosce tutta la famiglia del maggiore Pirrone e viene attratto dalla figlia pri-mogenita, Maria Antonia.I due giovani simpatizzano e, pur non essendo di grande gradimento la provenienza continentale di Filippo (teme l’allontanamento della figlia), il

comandante accetta che Filippo sposi sua figlia. Gli sposi si amano teneramente, ma per Filippo è un tormento dover far conoscere alla moglie, poco per volta, le sue idee politiche. Con sapienza e pazienza, il giovane spiega alla moglie i suoi ideali di vita, etica e politica. Ma-ria Antonia non sa niente di tutto ciò, ma la serietà e serenità del marito la portano ad accettare quel tanto che egli le viene a poco a poco spiegando. Non parla apertamente del fatto che aderisce alla Giovane Italia, delle sue idee sull’unità d’Italia e sulla Repubbli-ca, parla delle difficoltà dei contadini, della povertà, dei soprusi.Nel 1945 nasce la prima figlia, Adelina. Maria Antonia ora conosce molto più delle idee del marito e teme per la sua vita. Nel 1848 i Siciliani si ribellano al re Ferdinando I, chiedendo l’autonomia della Sicilia. Filippo Minutilli, col grado di capitano comanda direttamente le

FILIPPO MINUTILLIUna Vita per l’Unità d’Italia

di Anna Santacroce

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batterie della Fortezza. Suo suocero è il comandante. Inizia la sommossa po-polare e il comandante Pirrone dà or-dini di sparare contro la folla che si av-vicina alla Fortezza. Filippo non spara e, al suocero che in quel momento si trovava nella sua abitazione, impone l’ordine di non uscire di casa. Il genero dà ordine di non sparare e, alla folla, accalcatasi sotto le mura della Fortez-za, dice che non farà sparare ma che la gente deve andare via di lì, di non assalire. La folla ascolta e si allontana senza incidenti. Lo stesso è successo a Palermo dove si è costituito un go-verno provvisorio. Minutilli manda un dispaccio esponendo i fatti accaduti a Messina. Gli giunge un elogio e la pro-mozione a comandante della Fortezza per aver condotto l’azione senza spar-gimento di sangue. Il suocero, costret-to in casa, per la vergogna dell’affron-to, rifiuta di vedere la figlia.Il re a Napoli non digerisce la rivolta e affida a Carlo Filangieri l’incarico di recarsi a sedare la rivolta con uomini e mezzi adeguati. Giunto a tiro di can-none dalla Fortezza di Messina, Filan-gieri intima di arrendersi. Minutilli ha l’ordine di difenderla ad oltranza e sca-tena uno scambio di cannonate che dalle navi colpiscono la Fortezza. Vista la difficoltà di difesa (le navi al coman-do di Filangieri sono tante e si dispon-gono a ventaglio intorno al porto ed alla Fortezza), Minutilli, posti in salvo i suoi uomini, travestito da caffettiere, lascia Messina su una nave inglese che può uscire dal porto senza alcun pro-blema. Maria Antonia è preoccupatissima per la sorte del marito. Sa di sicuro che non è morto, ma non sa dove possa trovarsi. Il comandante Pirrone, umi-liato dal genero, non accetta di ritor-nare al suo posto dopo quanto aveva disposto suo genero, ma, vista la situa-zione, accetta di aiutare la figlia con i tre bambini nati in quegli anni. Dopo parecchi giorni, un pescivendolo, di-scretamente, avvisa la signora di re-carsi al porto per avere notizie di suo marito. Fingendosi a passeggio con i

bambini, Maria Antonia si reca lungo il molo dove un marinaio le consegna una lettera del marito. Giunta a casa legge: egli sta bene, si trova a Malta in territorio inglese; parla della situazio-ne locale, ma non un accenno alla sua vita né a quando potrà finire l’esilio.Fisso, ogni quindici giorni, Filippo Mi-nutilli manda una lettera affettuosa alla moglie ed ai figli, lettere lunghe e dettagliate sulla vita che conduce a Malta. La corrispondenza s’interrompe per un mese e poi riprende da Costan-tinopoli dove l’esule si era rifugiato con altri fuoriusciti italiani e greci. Passano due anni: Maria Antonia cre-de nelle idee del marito ed anche lei è convinta che l’Italia unita si farà. An-cora una volta la lettera salta un turno e giunge dopo un mese, questa volta con il francobollo del regno sardo. La lettera racconta del rientro di Filippo a Genova per mezzo di una nave che issava una bandiera tricolore con lo stemma dei Savoia. A Costantinopoli, il comandante della nave lo aveva ri-conosciuto per averlo sentito nomina-re come eroe; gli aveva subito dato il passaggio per il rientro a Genova. La lettera narra della sua sofferen-za durante il passaggio attraverso lo Stretto di Messina sapendo che lì vi si trovava la sua famiglia. Si sta prodigan-do per far avere i passaporti alla moglie ed ai figli perché possano recarsi a Genova e riunire così la famiglia. A Ge-nova, per una decina d’anni, la famiglia abita nel Casone del Livio, fuori Porta d’Arco, I Scala a destra, porta n° 5. Filippo non rinuncia alle sue idee, anzi qui è più libero di muoversi con altri patrioti che

le condividono. Per vivere si arrangia a dare lezioni private fino a quando viene assunto dalla Ditta Parodi per la costruzione del tratto ferroviario tra Genova e Torino. Gli viene affidato il compito di operare per lo scavo del tunnel sotto il Passo dei Giovi. Il lavoro piace al nostro eroe e ci mette tutto il suo impegno. Intanto, mantiene rapporti episto-lari con Giovanni Scippa e Vito Tre-rotoli, i grumesi che non hanno mai fatto mancare il loro convincimento nell’idea dell’Italia Unita e Repubbli-cana. A Genova Filippo entra in una “Carboneria”, frequenta persone con le quali discute sul da farsi per giun-gere ad un’azione che affermi quanto sognato dai Cospiratori. I patrioti Francesco Crispi e Rosolino Pilo preparano la rivolta di Palermo. A Genova viene designato Garibaldi come capo della spedizione per la sol-levazione della popolazione siciliana. Si avviano i preparativi. Anche in casa Minutilli, Maria Antonia prepara le ca-micie rosse per il marito e gli amici più stretti. Questa sarà la fine di un periodo di vita regolare per tutta la famiglia. Fi-lippo non si dispiace di lasciare il lavo-ro che tanto gli piace. Tanto si può ri-prendere! La Patria non può attendere

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quando chiama.La notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, Fi-lippo Minutilli sale a bordo e, con gli altri “Cacciatori delle Alpi”, fanno rotta verso la Sicilia. Ora vengono defini-ti “I Mille” la cui spedizione avvierà il processo di unificazione dell’Italia. L’8 maggio Garibaldi dà un ordinamento al suo esercito. A Filippo viene affidato un corpo del Genio che comprende 18 persone, tra ingegneri e sterratori col compito di costruire bombe, tenere in ordine il materiale bellico, aprire la via-bilità ai carriaggi. Fanno parte anche i radiotelegrafisti comandati da Giam-battista Pentasuglia di Matera.Lo sbarco a Marsala non comporta dif-ficoltà, quindi “I Mille” si dirigono ver-so l’interno della Sicilia. Molti giovani locali si uniscono ai prodi che, con marce forzate e faticose, giungono a Salemi il 13 maggio dove sono accolti festosamente. Il corpo comandato da Filippo Minutilli s’ingrossa sempre di più a beneficio del servizio.Il 15 maggio avviene la battaglia di Ca-latafimi, durissima per ambo gli eserci-ti: i borbonici con i fucili e i garibaldini con la baionetta inastata. La battaglia è una sconfitta per i borbonici. Il gior-no dopo l’esercito garibaldino entra in Calatafimi senza alcuna difficoltà. Mi-nutilli, come usa fare di consueto, cer-ca carta e penna e scrive alla famiglia: “Mia carissima Consorte e miei cari figli …”. Una lunghissima lettera minu-

ziosa, regolare, equilibrata nell’espo-sizione dei fatti come sempre sono le sue lettere.L’avanzata continua verso Corleone e Palermo e da qui, vittoria dopo vitto-ria, i garibaldini si dirigono verso Mes-sina. Giunti in questa città, si fanno i progetti per passare nel Continente. Data la sua competenza e conoscen-za, Filippo Minutilli viene nominato “Direttore del Genio Militare in Sicilia”. Dovrà curare la ricostruzione di opere militari e quelle civili di pubblica uti-lità. Il suo grado è di Colonnello Bri-gadiere. Il 24 ottobre 1860, il Senato della città di Palermo stila un foglio, in cui riconoscendo Minutilli Filippo Bri-gadiere “uno dei 1000 prodi” sbarcati con Garibaldi a Marsala il dì 11 mag-gio 1860, gli conferisce una medaglia commemorativa offerta dalla “Cittadi-na rappresentanza”.A fine maggio 1861, invece, Filippo Minutilli viene esonerato dalla Dire-zione Generale del Genio in Sicilia per fare le consegne nelle mani del nuovo comandante. Al Minutilli viene conse-gnata una lettera con sperticati elogi per il suo operato firmata da Gen. Raf-faele Cadorna. Garibaldi aveva preteso dal re Vittorio Emanuele II che i militari che avevano combattuto con lui fos-sero integrati nel nuovo esercito italia-no con pari gradi e funzioni raggiunti nella milizia garibaldina. Ciò non fu mantenuto e, per il Minutilli, se vuole

rimanere nell’esercito, viene offerto il grado di colonnello dell’esercito italia-no di stanza a Perugia. Minutilli ha 48 anni ed ha dedicato la sua vita alla rea-lizzazione dell’Unità d’Italia. Accetta malvolentieri lo spostamento a Peru-gia anche perché, ormai, la sua fami-glia è tornata definitivamente a Messi-na. Nel nuovo compito, il colonnello si comporta come sempre: serio, capace, cordiale e responsabile con la truppa con la quale condivide ogni forma di esercitazione. Minutilli è benvoluto da tutti e riesce ad inserirsi in questo nuovo compi-to pur con in cuore l’amarezza per la famiglia lontana. A 50 anni è ancora un uomo robusto e sano, ben alle-nato agli strapazzi.. Eppure si sente spossato e si sente deperire. Consulta medici che non riescono a diagnosti-care la natura di tale stato. Ordinano riposo. La moglie si reca a Perugia per prelevarlo e portarlo a Messina con la convinzione che in famiglia si sentirà meglio recuperandosi completamen-te. Pur essendosi ormai ambientato a Perugia, Minutilli è costretto a dare le dimissioni per tornare nella città, il cui clima è senz’altro meno freddo e può giovare alla sua salute.Il 30 luglio 1864, a 51 anni Filippo Mi-nutilli muore. La sua indole di cedere il passo a chi si faceva avanti, la morte prematura, la scarsità di documenti hanno fatto sì che questo glorioso fi-glio di Grumo non venisse messo nel giusto rilievo.

Il prof. Sirago, con pochi documenti originali (lettere alla famiglia, docu-menti militari, citazioni su scritti vari sull’Unità d’Italia) ha ricavato una biografia che in taluni tratti è stata sa-pientemente collegata nei vari accadi-menti.

A Grumo è apposta una lapide com-memorativa nello scalone del Comune ed è stato eretto un monumento a ri-cordo nel giardino di via Monteverde.

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L’estate è la stagione del ritor-no a “casa”, si torna da emigrati e non da turisti perché questa è la condizione del nostro ani-mo: da emigrati ci sentiamo più vicini ai luoghi che viviamo solo per pochi giorni l’anno, ci rimpossessiamo di parte della nostra storia.Perché si torna? Le motivazioni sono le più diverse, da quelle affettive, a quelle olfattive.Le feste, le sagre, le mangiate tra amici …. un fiore da porta-re sulla tomba di chi abbiamo amato … alla fine, quando si parte, una parola di conforto ai nostri “ vecchi” che restano silenziosi li ad aspettare il tuo prossimo ritorno.Sono anni che non vedo la “fe-sta dei santi patroni”, ho no-stalgia di tutto quello da cui prima fuggivo: la banda, le luminarie, i fuochi d’artificio, la processione, i venditori ambulanti, gli schiamazzi dei bambini, la copeta, lo spumone, la cassata e ….. una voce (che non c’è più) che precedeva le mie uscite serali: “peppin la mamm attent, rti-rat subbt nan si facin tard”.Quella che avrei voluto raccontare è la storia di un padre e di un figlio, della vita sospesa di quel che resta di una famiglia che attende il ritor-no dell’emigrante. E’ un ritorno re-ale, che io ho vissuto diverse volte nella mia vita. Da bambino aspet-tavo come una festa il ritorno del nonno materno che viveva all’este-ro, per me era un evento straordi-nario. Ricordo che il suo arrivo mi ri-empiva di gioia, sentivo di avere un amico, che ai miei occhi di bambino sembrava un gigante buono; tutte le volte gli chiedevo di raccontarmi “storie” e lui non mi deludeva mai. Quando mio nonno ripartiva diven-

tavo feroce. Non lo volevo far parti-re, mi aggrappavo alle sue gambe e mi dovevano prendere di forza perché non riuscivano a staccarmi da lui. Quel ritorno fa il paio con i miei ritorni di oggi, solo che oggi sono io che parto e chi vorrebbe che restassi è l’anziano padre che ogni volta mi sussurra: “perché non resti?”. E così la gioia dell’arrivo di-venta la tristezza della partenza. Quest’anno so che in paese stanno organizzando una “Festa del ritor-no”, nel mese di agosto, quando c’è il maggior numero di emigrati e tanti di questi vivono come me a Milano. In tanti paesi del nostro Sud, amministrazioni e pro loco attente stanno organizzando “la Festa del ritorno” con tanti eventi e appuntamenti per darci il benve-nuto … possiamo mai deluderli e mancare alla festa? Questa festa è un tentativo di dia-logo con il paese, un dialogo tra chi resta e chi parte, una realtà che ho sempre sentito, fin dai tempi in cui

vedevo arrivare e partire tan-ta gente, perché la lontanan-za non ti fa toccare gli altri e, quindi, c’è un’esigenza forte di contatto da soddisfare. C’è un libro intitolato “Il paese e l’om-bra”, in cui si parla del paese e dell’ombra del paese che vive fuori: il ritorno rappresenta il momento in cui l’ombra si ri-congiunge al corpo e il paese ridiventa vivo. Tutte le volte che parto per tornare alla mia vera “casa” i figli”milanesi” mi guardano e mi dicono: “ecco, ora comincia a parlare dialetto e non c’è verso di farlo smet-tere” . Dentro di me, questo passaggio dall’italiano al dia-letto mi consente di evitare la retorica, la nostalgia scontata o la facile denuncia che trovo

spesso in tante storie di emigra-zione. A Torino qualche anno fa ero andato apposta per assistere a una rappresentazione teatrale “la turnàta”, ci siamo poi trattenuti con l’attore Mario Perotta (bravissimo), il senso era:” Se sei emigrante la pri-ma cosa che ti devi imparare è che nna enùta è solo nna enùta, men-tre la turnàta è per sempre... - Due termini per indicare la stessa cosa: il ritorno. Ma la differenza è fonda-mentale. Me l’hanno spiegata con parole semplici ma inequivocabili. Nna enùta (una venuta), è nna fes-seria, il tempo di guardarsi attorno veloci, senza mettere a fuoco i luo-ghi e le facce, per ripartire subito e dimenticare… La turnàta, invece, è altra cosa... vuol dire che hai rag-giunto l’obiettivo, ti sei sistemato, puoi mettere a fuoco, ricordare le facce e i luoghi perché ora stai per tornarci, definitivamente.” Comun-que, volevo solo dirvi godiamoci questa estate.

La festa del ritornodi Giuseppe Selvaggi

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LA RICERCA SCIENTIFICA IN CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZAL’Ospedale è stato classificato Istituto di Ri-covero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) con decreto del Ministero della Sanità del 16.7.1991. L’area di specializzazione riguar-da il settore delle “malattie genetiche ed ere-do-familiari” e la ricerca clinica e preclinica dell’Istituto è indirizzata nell’ambito di questa classificazione. I laboratori di ricerca negli ul-timi anni sono stati impegnati in numerosi progetti di studio che hanno per oggetto sia diverse malattie rare che malattie comuni, come le vasculopatie e i difetti della coagu-

lazione sanguigna, il diabete, l’osteoporosi e le artropatie, la schizofrenia, le malattie in-fiammatorie croniche dell’intestino (malattia di Chron e rettocolite ulcerosa), l’epatite C, l’ipertensione arteriosa, le nefropatie, il mor-bo di Parkinson e il morbo di Alzheimer.Altre ricerche indagano alcune patologie on-cologiche quali i tumori della mammella, del colon-retto, del pancreas, del fegato, del pol-mone, del cervello e le leucemie.Sono inoltre oggetto di ricerca alcune pato-logie pediatriche di rilevanza sociale come la

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fibrosi cistica, le malattie muscolari e in particolare le atrofie muscolari spina-li, la sindrome di Noonan, la sindrome di Williams-Beuren, la distrofia di Du-chenne, la sindrome di Le-opard, le sordità genetiche e le malformazioni congeni-te. I nostri ricercatori han-no inoltre prodotto impor-tanti risultati nello studio delle ciliopatie che hanno un ruolo importante nel-le sindromi di Joubert e di Meckel, gravi sindromi che comportano un ritardo nel-lo sviluppo mentale.La ricerca molecolare delle malattie dell’adulto è rivol-ta all’analisi dei pazienti affetti da emocroma-tosi ereditaria, cistinuria, distrofia miotonica, tireopatie ereditarie e alla identificazione dei fattori di rischio per l’ictus. L’Istituto è impe-gnato nella messa a punto di protocolli dia-

gnostici, in particolare per lo screening di muta-zioni geniche comuni e in programmi di terapia ge-nica e di trapianto.Una delle caratteristi-che della ricerca geneti-ca è quella della rapidità del suo trasferimento dal laboratorio al paziente. Per la sua stessa natura, il progresso delle cono-scenze sulle basi biologi-che delle malattie ha un impatto più diretto e im-mediato nella diagnosi. I laboratori dell’Istituto hanno prodotto numero-si risultati originali circa la mappatura ed il clo-

naggio di geni-malattia. Tali conoscenze sono state utilizzate per la validazione diagnostica, la diagnosi presintomatica, l’identificazione di eterozigoti a rischio, la diagnosi prenatale, lo sviluppo di progetti pilota di screening e il rilevamento di dati epidemiologici di molte malattie.La Casa Sollievo della Sofferenza produce an-nualmente circa 180 pubblicazioni scientifi-che su prestigiose riviste internazionali del campo biomedico.

La ricerca sulle cellule staminali

Le patologie neurodegenerative affliggono una larga parte della popolazione e causano un progressivo deterioramento delle funzioni motorie (tremori e movimenti incontrollati) e cognitive (demenza).Malattie come il morbo di Parkinson, Alzhei-mer e Corea di Huntington sono fra le più note e diffuse ma anche patologie come la Sclerosi Laterale Amiotrofica causano grandi sofferenze ai pazienti e ai loro familiari per la gravità dei sintomi, e il loro decorso progres-sivo è grave- mente invalidante se non letale.Solo di Sclerosi Multipla si ammalano 5 per-sone al giorno, per un totale di 1.400.000 di malati nel mondo di cui 57.000 in Italia.La Sclerosi Laterale Amiotrofica ne colpisce

La ricerca scientifica è uno degli elementi qualificanti

dell’Istituto,un settore di attività che

apportaun contributo notevole al

progresso scientifico,con risultati importanti ri-

conosciutia livello internazionale.

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7000 in Italia con 3 nuovi malati l’anno ogni 100.000 persone. Infine, per il Morbo di Al-zheimer sono quasi 906.000 i malati in Italia con 96.000 nuove diagnosi all’anno.Purtroppo, per queste e altre malattie neu-rodegenerative, non esistono ancora terapie risolutive: per questo in Ospedale è stato av-viato un gruppo attivo nell’ambito della medi-cina rigenerativa e delle cellule staminali so-matiche (i.e. adulte) che conduce degli studi in questo settore e in quello delle nanotecno-logie biomediche.L’obiettivo primario della ricerca è, dunque, dare un forte impulso alla realizzazione di sperimentazioni cliniche sull’uomo per svi-luppare nel più breve tempo possibile terapie cellulari efficaci per le patologie neurodege-nerative.

Prof. Angelo VescoviDirettore Scientifico

Casa Sollievo della Sofferenza

SLA: trapianto di cellule staminali

La commissione competente dell’Istituto Superiore di Sanità ha approvato la nostra richiesta di procedere con la sperimentazione di fase I che prevede il trapianto di cellule staminali cerebrali umane in pazienti affetti da SLA.Abbiamo quindi recepito le conclusioni descritte nel documento di approvazione della commissione di fase I e abbiamo potuto delineare i passaggi successivi, che porteranno all’arruolamento dei pazienti. E quindi all’inizio vero e proprio della sperimentazione.La fase successiva, già avviata, è quella di assolvere all’obbligo di legge di inoltrare, a seguito della ricevuta autorizzazione di cui sopra, il dossier scientifico della sperimentazione ai comitati etici dei vari centri ospe-dalieri coinvolti nello studio a cominciare da quello ternano, in cui si deve di necessità svolgere l’intervento di trapianto, poiché le cellule sono prodotte in quella sede e non possono, al momento, essere spostate prima del trapianto. I comitati etici vaglieranno il protocollo e ci forniranno il loro parere, auspicabilmente positivo, in tempi plausibilmente contenuti. Sottolineiamo che questo passaggio è obbligatorio ed è volto all’analisi definitiva della sicurezza del trial in relazione ai mezzi ed alle strutture ospedaliere a disposizione degli spe-rimentatori, tutto a tutela dei pazienti che verranno coinvolti. Inoltre, i comitati etici aiuteranno a definire conclusivamente i criteri di selezione reclutamento pazienti, che diverranno quindi disponibili esclusivamen-te alla fine di questo processo, il quale si può iniziare solo ora che è stata ottenuta l’autorizzazione della com-missione dell’ISS. Il parere di questi comitati è vincolante, perché il Direttore Generale del centro che ospiterà la sperimentazione possa autorizzarne l’effettivo inizio.Parallelamente si stanno svolgendo meeting di tipo organizzativo con i responsabili neurologi, neurochirur-ghi per organizzare gli aspetti pratici per l’inizio della sperimentazione nei minimi dettagli.

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di Renato Antonio Bandi

Da vari decenni, con l’avvento della globalizzazione e con lo spostamento sempre più massiccio di popoli da una nazione all’altra, l’Unione Europea ha approvato, con vari documenti, la tutela e la protezione delle minoranze linguistiche. Per quanto riguarda l’Italia, la legge 482 del 15/12/1999 pro-muove la valorizzazione delle lingue minoritarie tutelate nel Paese. Cito i primi due articoli della legge. ART. 1:1) La lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano2) La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e cul-turale della lingua italiana, promuove altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge. ART. 2:In attuazione dell’art. 6 della Costituzione ed in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei ed internazio-nali, la Repubblica tutela la lingua e cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il la-dino, l’occitano ed il sardo. Anche la Puglia è stata sempre frazionata da una diversità di cul-ture provenienti da altre realtà geografiche, e si è sempre posto la questione di legami, rapporti ed interazioni.L’interazione delle civiltà è partita addirittura dalla Magna Gre-cia. E fa si che oggi la Puglia è caratterizzata non soltanto da mi-noranze linguistiche, ma anche di innesti che interessano tutto il Mediterraneo.Proviamo ad identificarle geograficamente, queste minoranze.

MINORANZA FRANCO-PROVENZALE: Risiede nei due piccoli comuni di Celle e Faeto, in porovincia di Foggia, che formano l’isola linguistica della Daunia Arpitana.La questione dell’origine di questa comunità non è ancora stata chiarita, visto che l’ambito linguistico franco-provenzale si trova a circa 800 Km., a cavallo tra Italia, Francia e Svizzera.Sicuramente l’origine risale al Medioevo; gli antenati di questa Comunità probabilmente erano dei soldati angioini stanziati provvisoriamente in zona, per rivitalizzare la zona di Lucera;

alla fine, una parte delle truppe si ritirò, mentre un’altra parte rimase in Puglia; secondo invece una tesi di Pierre Gilles, l’emi-grazione fu effettuata da religiosi valdesi, a fronte di persecu-zioni religiose. Gli idiomi della zona sono tre:l’italiano standardil dialetto pugliese, che dall’Unità d’Italia viene sempre più par-lato dalla popolazione localeil francoprovenzale, inteso come lingua materna degli abitanti.

MINORANZA GRECA: Risiede nel Salento. La lingua viene chiamata dai greci odierni “KATOITALIOTIKA”= ITALIANO MERIDIONALEL’area salentina comprende nove comuni della regione storica definita “Grecia Salentina”: Calimera, Castrignano de’Greci, Co-rigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino. Gli abitanti in totale sono più di 40000.L’emigrazione greca nella penisola salentina avvenne sia an-ticamente, con la Magna Grecia, sia sotto l’Impero Bizantino, immigrazione massiccia effettuata prevalentemente da mol-ti religiosi perseguitati e da soldati con le campagne militari dell’imperatore Basilio I. I villaggi avevano cultura e lingua gre-ca; di religione erano ortodossi.Dopo le dominazioni angioina, normanna ed aragonese, il clero cattolico estromise quello ortodosso, e con il passare dei secoli, anche i parlanti la lingua greca diminuirono sensibilmente.Per arrestare questa emorragia, per iniziativa dei nove comu-ni suddetti, venne istituita nel 2001 l’Unione dei Comuni della Grecia Salentina, con l’obiettivo di rinsaldare e far rivivere usi, costumi e consuetudini originarie della popolazione. La lingua né mil “Griko”, simile al greco modierno, con inflessioni leccesi e neolatine.Il folklore grecanico è ricco, soprattutto nella poesia e nella mu-sica. Vi sono gruppi musicali tipo i Ghetonia, gli Aramirè, i Ma-nekà.A Melpignano, ogni estate, si svolge la famosa Notte della Ta-ranta, a cui partecipano migliaia di giovani, danzando tutta la notte, cantando e recitando poesie in dialetto salentino e griko.

POPOLI E MINORANZE LINGUISTICHE IN TERRA DI PUGLIA

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MINORANZA ALBANESE: Risiede nei comuni di Casalvecchio di Puglia e Chieuti (provincia di Foggia) e nel comune di San Marzano di San Giuseppe (pro-vincia di Taranto)La minoranza è individuata con l’etnonimo “arberesh”, che signi-fica albanese, dal termine “arber/arberi, che individuava l’Alba-nia nel xv e xvi secolo, nel periodo delle migrazioni.Attualmente l’etimo è “shqiper”i, non più “arberi”La lingua parlata è l’arberisht, forma dialettale che si collega con la lingua parlata nel sud dell’Albania. Le migrazioni dall’Albania erano già presenti prima della con-quista di Costantinopoli da parte dei Turchi, motivate soprattut-to dal commercio nei territori sotto l’Impero Romano e poi della Repubblica di Venezia.Le più importanti migrazioni, tuttavia, avvennero a causa dell’invasione turca, dal xv al xviii secolo.In Italia meridionale gli esuli vennero accolti come martiri cri-stiani, per aver combattuto l’invasione turca.L’Arberesh diede vita nei secoli passati ad una notevole produ-zione letteraria, il cui maggior esponente, G. De Radda, raccolse icanti popolari e le tradizioni della propria gente.

Nacquero inoltre negli anni 70 associazioni quali Unione Comu-nità Italo-Albanesi, Difesa della Minoranza Albanese ed Associa-zione Culturale Italo-Albanese. Come vediamo, in tutte queste comunità c’è un minimo comun denominatore: la difesa delle proprie origini, usi, consuetudini e tradizioni.Si può concludere dicendo che tutelare una minoranza presente sul territorio non significa solamente tutelare la propria lingua, ma ci sono molti altri aspetti, che vanno dalla letteratura, alla musica, all’arte.Bisogna produrre uno sforzo comune per riconoscere e tutelare le diversità culturali e linguistiche, per contrastare il rischio di globalizzazione e perdita di identità.Come affermato anche dall’Unione Europea, la promozione e sviluppo della diversità linguistica aumenta la consapevolezza della diversità culturale e contribuisce ad eliminare la xenofo-bia. Inoltre, la tutela e la promozione di queste comunità, per la cara Puglia, sarebbe una fantastica “botta di cultura”, senso di ospi-talità e sviluppo ulteriore del turismo.

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Pino Campagna non si sbaglia quando dice che le “lingue puglie-si” sono davvero tante.Con spirito burlesco, il comico di origini foggiane ha ben marcato la varietà delle lingue di minoranza parlate in Puglia. Ma non c’è sol-tanto una complessità di fonetica e di espressioni. La ricchezza di idiomi nasconde anche un’insolita geografia lingui-stica. E sono proprio i dialetti della Puglia a svelarci la sua millenaria storia di regione di frontiera.

Un esempio fra tutti è la presenza della minoranza franco-provenza-le, una delle meno conosciute di Italia, che risiede nei due piccoli comuni di Celle e di Faeto, in pro-vincia di Foggia.Intorno all’anno 1000, presso il tor-rente Freddo, fu costruito un con-vento dedicato a San Nicola. Quel luogo era stato scelto dai monaci per accogliere e difendere i pelle-grini che andavano in Terra Santa. Successivamente, per via della ma-laria, i religiosi si spostarono sulla montagna, dove oggi è situato Cel-

le di San Vito e qui costrui-rono delle cellette che servivano loro come di-mora estiva. Nel 1105, per cause ancora sconosciute, il convento fu abbando-nato. Dopo un secolo, gra-zie all’opera del Papa Gre-gorio IX, nell’anno 1228 il convento tornò a rivivere. Gregorio IX chiamò dalla Spagna i Cavalieri di Cala-trava, che rimasero in Italia pochissimo tempo poiché nel 1284 furono richiama-

ti in Spagna. Il convento a poco a poco, senza le dovute riparazioni, cadde per sempre in rovina. Su quella montagna rimasero solo le cellette, che verso la fine del 1200 vennero occupate da una colonia di provenzali, soldati mercenari di Carlo d’Angiò, che reduci da Luce-ra, dopo aver sconfitto i Saraceni, avevano occupato la piccola città. Ma le truppe inviate dall’angioi-no non andarono mai via, anzi, lo stesso re, proprio con un secondo editto (20 ottobre 1274), inviò ne-gli stessi luoghi genieri, magistri ed artigiani al fine di rinforzare i ba-luardi, edificare monumenti e chie-se per assicurarsi un presidio per-manente in Puglia. Giunsero così migliaia di persone dalla Francia che restarono per sempre in questi luoghi conservando la loro lingua originaria. Dalle celle abitate dai coloni pro-venzali e dal piccolo santuario de-dicato a San Vito, il paese prese ap-punto il nome di Celle di San Vito.Secondo un’altra fonte, pare che il dialetto occitano parlato nel su-bappennino dauno trarrebbe ori-gine da un gruppo di popolazione valdese venuto dalla Provenza nel 1400 per sfuggire alla persecuzio-ne religiosa in atto in quella regio-ne e quindi insediatosi sulle mon-tagne. Restando ancora nel territorio del-la Puglia, ma scendendo a Sud, nel Salento, dall’estremità meri-dionale del Capo di Leuca e verso

Tutte le lingue della Pugliadi Elena Zinni

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Lecce, esiste una piccola zona nel cuore di questa provincia che ha conservato ancora la lingua gre-canica. Per salutarsi al mattino si dice “kaliemeras”, anzi Calimera è proprio il nome di uno dei comuni della Grecìa salentina. Per alcuni la lingua grecanica deriverebbe direttamente dall’influenza della Grecia classica, per altri dalla greci-tà di epoca bizantina. Ancora oggi, nel Salento, in ben nove paesi si parla il griko: Calimera, Sternatia, Zollino, Melpignano, Corigliano d’Otranto, Castrignano dei Greci, Martano, Martignano e Soleto. La particolarità di questa lin-gua si evince anche dalle sue antiche canzoni e dalle fila-strocche, come pure dai can-ti funebri, i “morolia”, studiati dai filologi di tutta l’Europa. Una tradizione antica, por-tata con orgoglio nel terzo millennio.Un’ulteriore minoranza lin-guistica presente in Puglia è l’albanese, parlato da nume-rose, piccole comunità distri-buite anche in altre province dell’Italia meridionale. Esse sono il risultato di suc-cessive immigrazioni dai Balcani svoltesi principal-mente nel corso di due se-coli (XV-XVII). Alla base di queste immigrazioni vi sono stati eventi bellici che hanno richiamato molti albanesi come uomini d’arme, e fe-nomeni di declino demografico dell’area interessata. Gli albanesi hanno in genere ripopolato paesi già esistenti, di rado ne hanno co-struito di nuovi. A dispetto delle loro differenti origini e della note-vole frammentazione territoriale, i paesi di lingua albanese formano uno spazio culturale unitario, la co-siddetta Arberia, che, come tale, ha

svolto un ruolo importante nella storia dell’intero popolo albanese. Con molte e accentuate partico-larità locali, la lingua parlata dalla minoranza Arbëreshë è collegata alla variante tosko dell’albanese, che è lingua ufficiale della madre patria. La storia del popolo Arbë-reshë è una storia che trova nelle identità delle culture mediterra-nee una chiave di lettura fonda-mentale. I paesi che registrano usi, costumi, lingua, tradizione e storia Arbëreshë in Italia sono cinquan-

ta. In Puglia ce ne sono tre: uno in provincia di Taranto, San Marzano di San Giuseppe, e gli altri due in provincia di Foggia, Chieuti e Ca-salvecchio di Puglia. In passato l’Arbëreshë era parlato anche in altri comuni della Provin-cia di Taranto come Faggiano, Ca-rotino, Monteiasi, Montemesola, Monteparano, Roccaforzata, San

Crispieri (frazione di Faggiano) e San Giorgio Jonico.La Provincia di Torino, sensibile e attiva nella tutela, nella valorizza-zione e nella promozione delle lin-gue di minoranza storica, ha predi-sposto, per il 2 luglio di quest’anno, un ricco programma di eventi, così da “unire”, altrettanto simbolica-mente, tutte le minoranze lingui-stiche storiche presenti sull’intero territorio nazionale.La Giornata nazionale delle mino-ranze linguistiche storiche in Italia

sarà anche occasione di confronto istituzionale tra Conferenza delle Regioni, Unione Province d’Italia e Dipartimento Affari Regionali per verificare l’applicazione della Leg-ge 482/1999 (Norme a tutela delle minoranze linguistiche storiche) e reperire fondi per la salvaguardia e la valorizzazione delle 12 lingue di minoranza tutelate.

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Colore intenso, puro, fluido che si fa corporeo sulla tela, incandescente per il sentimento che trasuda, tangibile come l’emozione che lo guida e che diventa, d’impatto, reale. È una festa per gli occhi e, soprattut-to, per il cuore la pittura di Geovana Cléa, artista brasi-liana ormai affermata in Italia, patria d’adozione in cui risiede da diversi anni. Originaria di Maceiò Alagoas, nel nordest del Brasile, Geovana Cléa ha iniziato ad esporre in Italia nel 2005 a Milano e da lì in tantissi-me altre città italiane ed europee. Una vita intensa, un

viaggio complesso che l’artista riesce a intrappolare con i suoi colori, con un linguaggio artistico che risul-ta inscindibile dalla vicenda biografica a cui appartie-ne. Ecco che allora ritorna sempre quella patria tanto amata, con i suoi sorrisi, la sua tranquillità, i suoi colori caldi e gioiosi, per poi trasformarsi in nostalgia, in una freddezza generata dalla difficoltà del distacco che tuttavia non perde forza e fiducia nel futuro. C’è tutto questo quando Geovana Cléa dipinge il suo Brasile, quando immortala i sentimenti legati al suo passato

e poi ritorna a un presente fatto di occhi nuovi, estranei, che osserva-no con stupore un nuovo arrivato. E c’è una potenza espressiva fuori dal comune, che non può sepa-rarsi dall’afflato mistico che la pro-duce e la pervade, reso concreta-mente con quei tocchi color oro che sono motivo ricorrente nelle sue opere. L’arte per Cléa è un dono di Dio ed è per questo mo-tivo che la sua creatività non può essere fine a se stessa, ma deve diventare veicolo per un messag-gio di amore, di pace e di solida-rietà. Coerente, infatti, con una concezione che vede l’arte come linguaggio universale, come mez-zo per comunicare qualcosa che, come la sensazione, non ha iden-tità, l’artista brasiliana si impegna da sempre in progetti finalizzati al miglioramento dell’integrazione. Quest’anno in particolare ha idea-to e realizzato al Latinoamerican-

Geovana Cléa ei colori del Brasile

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do Expo, al Forum di Assago, un progetto tutto suo, una mostra d’arte contempora-nea dal titolo “Brasile Italia, l’arte dell’incon-tro” che ha riunito otto artisti italiani e brasi-liani, sotto il segno della fratellanza. Artista vera, madre e donna forte che è riuscita a costruirsi una vita nuova e ad affermarsi in un paese totalmente differente dalla sua terra d’origine: Geovana Cléa è un esempio vivente di come l’arte possa diventare un modo, stupendo, per oltrepassare le barrie-re del pregiudizio e costruire una vera ami-cizia fra i popoli.

Giulia Guardiani

Carissimi Amici Pugliesi,

Con questa e-mail vorrei rin-graziare il Presidente dell’As-sociazione Regionale Pugliesi a Milano e tutti i soci presenti alla mostra “Brasile Italia, l’arte dell’incontro”.Sono molto felice e onorata che siate venuti a rendermi omaggio, perché questo progetto da me ideato è un tentativo di miglio-rare l’integrazione tra due popoli che già da tanti anni sono lega-ti e l’arte è un veicolo fantastico per parlare d’amore e di pace.Sicuramente la vostra presenza ha reso l’arte dell’incontro anco-ra più bella.

Un forte abbraccio con amicizia e affetto

Geovana Clèa

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Ho conosciuto Sergio Nigretti, detenuto presso la II Casa Circondariale di Milano-Bollate, l’anno scorso in una riunione della Commissione Cultura, quando ho proposto la rappresentazione della conferenza/spettacolo “Natura e cultura nel mondo romano: la parola agli autori latini”. La reazione dei componenti, per lo più detenuti, mi ha destato stupore e meraviglia, la piacevole sensazione che forse la mia proposta cercava di accogliere la domanda di sapere e di conoscenza che i cosiddetti “dannati della terra” rivolgono al mondo esterno. Quelli che poi diventeranno i volti familiari di Sergio, Ciccio, Marco, Antonio, Nino, Claudio, Enrico, Marco, ecc. mescolati a quelli dei volontari Michele e Renato e delle operatrici culturali, Catia e Anna per tutte, ci sembravano, a me e all’attore Gerardo Placido che mi aveva accompagnato in questa insolita avventura socioculturale, allora visti per la prima volta, dei volti indistinti. Quella nostra proposta intrepida è stata ricambiata da una grande dose di umanità, quella vera, che quell’esperienza ci ha iniettato. Al termine della rappresentazione Sergio Nigretti, dopo aver ringraziato tutti, proprio tutti, ha terminato, rivolto a noi: “Grazie! Ci avete regalato una serata di libertà!”. Il teatro e la poesia: possiamo istituire un parallelismo nel caso di Sergio Nigretti? Credo di sì. Sergio attraversa con la poesia l’animo umano. I suoi abissi più reconditi e riemerge alla vita. La poesia per lui è introspezione dolorosa, consape-vole scandaglio di una vita spesa nell’errore. Alla ricerca di un amore desiderato e forse irrimediabilmente perduto. O forse no? Il ricordo a volte dà tregua, quel profumo voluttuoso, quel bacio rubato la cui dolcezza ancora inebria, il dolce frutto dell’amore, i figli, che rappresentano un’isola di serenità in un tourbillon di sogni infranti, di disillusioni, di amarezze, di pianti, di singhiozzi, di sentimenti che esprimono una passione spenta per una figura femminile che rivela una ferita ancora aperta e bruciante. Il linguaggio adoperato da Sergio Nigretti è secco, essenziale, non ammette mediazioni. I concetti espressi non concedono tregua, brevi, asciutti, disperati se a volte non comparisse una qualche speranza di rasserenamento: un filo di speranza (in Divino), la serenità (in Simone), l’innocenza piena (in Serena), il dondolo che culla (in Sara), l’aggrapparsi tenace al tempo (in Aggrappato), il desiderio spasmodico di coltivare le emozioni (in Nel tragitto), la dolente umanità di una vita che ci lascia (in L’ultima carezza), il desiderio voluttuoso di riposare in un letto di rose rosse (in E ora lasciatemi), fino a quella che sembra la resa finale ma che si rivela il suo contrario, la rivendicazione dell’amore e della vita come pienezza, consapevole che “dove l’emozione non vive restano briciole che lacerano i sogni” (in Non esiste).

Il libro sarà presentato il 25 settembre ore 18,00 presso la Biblioteca Isimbardi della Provincia di Milano, in via Vivaio 1.

Mendicante di sognidi Paolo Rausa

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BUCCE DI FICO D’INDIA FRITTEIngredienti:bucce di fichi d’india mature sode e car-nose, uova, farina, zucchero semolato o miele.

Sbattete le uova. Con un coltellino molto affilato togliete la buccia dalla pellicola esterna, passate la polpa così ottenuta prima nell’uovo sbattuto e poi nella farina. Friggete in abbondante olio di oliva, scola-tele e ponetele su carta assorbente. Cospargete di zucchero semolato o miele.

***LA COTOGNATA

Ingredienti:800 gr cotogni biologici puliti, 500 gr di zucchero, 1 litro di acqua.

Lavate e pulite le mele cotogne, pesatele e tagliatele in pezzi. Mettetele in una casse-ruola con l’acqua. Lasciate cuocere lenta-mente fino ad ottenere una poltiglia che passerete al passaverdura. In un altro tega-me fate sciogliere lo zucchero con un po’ di acqua, quindi unire la purea di mele e cuo-cete ancora fino a quando la preparazione non avrà assunto un bel colore ambrato. Stendete la marmellata su carta da forno oleata, livellate la superficie e lasciate raf-freddare, quindi tagliate in pezzi e conser-vatela in barattoli di vetro.

***INVOLTINI DI MELANZANA

Ingredienti:4 melanzane medie, 2 cucchiai di farina 00, olio di semi per friggere, fogli di carta assorbente, 500 gr. di salsa di pomodoro, 300 gr. di salsa besciamella, 500 gr. di mozzarella o formaggio filante, un maz-zetto di basilico, 40 gr. di formaggio grattugiato, sale fino q.b.

Sbucciate le melanzane, affettatele, cospar-getele di sale fino e sistematele a strati in una scolapasta con un peso sopra per per-mettere alle fette di rilasciare la loro acqua di vegetazione. Fatto questo, infarinate le

fette così ottenute, passatele nell’uovo sbat-tuto con un pizzico di sale, e friggetele in olio bollente. Una volta cotte, sistematele su carta assorbente per eliminare l’unto in ec-cesso. Una volta asciugate, mettete su ogni fetta un pezzo di mozzarella e una foglia di basilico, arrotolate ogni fetta su se stesse e sistemate gli involtini così ottenuti in una teglia con un pò di salsa di pomodoro.Versa sugli involtini la rimanente salsa di pomodoro con la besciamella, cospargere di formaggio grattugiato e infornare a 190° per dieci minuti circa. La preparazione si presta bene anche come contorno.

***SEPPIOLINE RIPIENE

Ingredienti:Seppie, aglio, origano, vino bianco secco, pane grat-tato, pomodori pelati, prezzemolo, formaggio, grat-tugiato, uova, capperi.

Pulite le seppie, tenetene da parte un pò in-tere e le restanti, tagliatele finemente e fate-le rosolare con dell’ aglio, l’ olio e un pizzico di origano. Bagnate con vino bianco secco, salate e pepate. Fuori dal fuoco aggiunge-te pan grattato, qualche pomodoro pelato tritato, del prezzemolo tritato, formaggio grattugiato, le uova necessarie, qualche capperino sott’aceto. Impastate il tutto, e controllate la consistenza, se dovesse risul-tare troppo duro, ammorbiditelo con un pò d’acqua o vino bianco. Riempite le seppioli-ne, sistematele in una teglia unta d’olio, co-

spargete di formaggio grattugiato e di pomodorini tagliati a pezzettini. Infornate a 180° per venti minuti cir-ca.

***FAVE ALLA PIGNATA

Ingredienti:fave bianche (conosciute come fave nette), olio extravergine di oliva, pane casereccio, cicorie di campagna.

Cuocere le fave in abbondante ac-qua leggermente salata, fino a quando non si saranno completa-mente sciolte formando un purè. Nel frattempo, pulite e lavate le cicorie.

Quindi lessate le verdure in abbondante acqua salata. A parte friggete dei crostini di pane. Versarle in piatti fondi il purè, condite con un filo di olio, e guarnite con i crostini di pane e un nido di cicorie.

***TIELLA

Ingredienti:400 g di patate, 200 g di riso, 700 g di cozze, aglio, cipolla, pomodori freschi rossi, pecorino grattugia-to, olio extravergine d’oliva, prezzemolo, sale, pepe.

Sul fondo di una teglia dai bordi alti e ben oliata disporre un po’ di cipolla affettata e qualche pomodoro sfilettato. Coprire con uno strato di patate sbucciate e affettate, spolverizzare con pecorino e quindi mettere uno strato di riso crudo, ma bagnato e ben scolato. Sul riso poggiare le cozze aperte a metà (dopo avere ben spazzolato e lavato i gusci), qualche pezzo di pomodoro sfilac-ciato e qualche fettina di cipolla. Spruzzare con altro pecorino e un po’ di pepe. Coprire con un altro strato di patate, condirlo e pro-seguire con il riso e le cozze a strati finché la teglia sarà colma. L’ultimo strato, che deve essere di patate, va abbondantemente co-sparso di pecorino, pepe e pane grattugiato; su tutto va versato un filo d’olio. Aggiungere infine, versandola in modo da non guasta-re il composto, un po’ d’acqua leggermen-te salata. Cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa tre quarti d’ora

Puglia in Tavolaa cura di Antonia ScarcigliaLe ricette per l’estate