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Poesie sul tema della sicurezza sul lavoro. Progetto promosso da ANMIL Sicilia in partenariato con INAIL Sicilia.

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REGIONE SICILIANAPRESIDENZA

DIREZIONE REGIONALE SICILIA

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"La sicurezza sul lavoro deve essere considerata un investimento e non un costo" Il Presidente della Regione Siciliana on.le Raffaele Lombardo

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Premessa antologica

Premessa antologica a cura di Rita Elia 13 Poesie in italiano

AUTORE (in ordine alfabetico) TITOLO POESIA

Azzaro Luisa Stasera mi prometti 19

Barbera Monica Il topo pittore 20

Borsoni Paolo Stivali 22

Caccamo Vincenzo Un nuovo futuro 24

Carollo Bernardo La strada da seguire 25

Catalano Adele Minatori del Cile 26

Catanzaro Francesco Paolo La Sicurezza … 28

Danna Enrico Scarto le nuvole 29

Fasano Bianca Papà non torna 31

Ferlini Vanes Vogliamo la verità 33

Fontana Andrea Benedetta Sicurezza 36

Gennuso Carmela Il volo dei tuoi sogni 37

Iiriti Maria Natalia Ho bisogno di sentirmi sicuro 39

Luci Arianna Fu tu (r) o 40

Mazzuccato Ludovica La ballata del lavoratore a progetto 41

Monopoli Giovanni Viaggio lontano 43

Ollano De Domenico Alessandra Venti metri 44

Passalacqua Maria Luisa Un lavoro per amico 45

Pedetta Cristina Quando sarò vecchia 46

Piras Donatella Dama Bianca 47

Raineri Agata Il volo 48

Randazzo Serena In alto sul ponte 49

Russello Laura Uomini che lavorano 50

Russello Laura Mio padre in sogno 50

Scorsone Vincenza Ad una madre 51

Timineri Gemma Vita violenta, hai esiliato il mio dì 53

Trigonella Gualtieri Come folgore dal cielo 55

Vizzini Pietro Lampeggia un singhiozzo 56

Zito Giovanni Sogno 57

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Sommario

Poesie in siciliano

AUTORE (in ordine alfabetico) TITOLO POESIA

Azzaro Luisa La curpa 60

Bruno Francesca Pi guaragnarisi 'u pani 62

Carbone Rosaria A manu nudi 63

Carollo Bernardo Cosi chi ponnu rari m‟pacciu 66

Cirino Domenico La morti supr'o travagghiu jè morti bianca 67

Di Noto Giuseppe (Pippo) Lamiantu 69

Ignoti Vincenzo Preveniri 70

Insinna Emanuele Morti jianca 72

La Sala Laura Amuri di Diu 73

Leone Francesco Damucci un tagghiu 74

Renna Pietro Cuscenzi di ricordi 78

Sarrica Michele La morti è orva 80

Spera Maria Rita Ma chi travagghiu è 83

Valenti Pietro Pani ri travagghiu cu morti 84

Vecchio Giovanni Parti la matina 85

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Premessa antologica

Indire un premio di poesia legato al tema della sicurezza sul lavoro è indice di sensibilità, rispetto e amore per la vita e, chiaramente, intende essere un canale di sensibilizzazione, un faro di luce su di un argomento di vitale importanza. Quando parla la Poesia, parla la Vita in tutte le sue sfaccettatu-re e spesso lo fa puntando il dito per accusare i mali della società, l‟indifferenza, le ingiustizie, l‟egoismo. Il poeta, nella sua ricettività extrasensoriale, assorbe come spu-gna gli umori della vita e della società in cui vive e li traduce in canti dell‟anima. La poesia è un‟attività dello spirito che diventa strumento indispensabile alla crescita delle coscienze in quanto diventa stimolo e

“materia” su cui riflettere. Il poeta scrive per un bisogno di comunicare

un messaggio e il messaggio, attraverso la forza della parola, ha il com-pito di scuotere, di umanizzare la società, di trasmettere all‟universale coscienza morale, saggezza e attenzione. Il panorama, all‟interno di questa raccolta, è ricco e variegato ed è stato emozionante entrare, sentimentalmente, nei versi di ogni poeta, “ascoltarne” il sentire individuale, esplicitato attraverso la diversità delle singole voci poetiche, sempre coerente col tema richiesto dal concorso. Ardua è stata la scelta della rosa dei finalisti ma, gratificante per quantità di poeti partecipanti e, soprattutto, per l‟ottima qualità delle loro opere. Ringrazio gli organizzatori del “PREMIO ANMIL SICILIA 2011” per avermi coinvolta in questa lodevole iniziativa, dagli inconfondibili risvolti socio-culturali, che mi auguro possa essere replicata in futuro. Il Presidente della Commissione Giudicatrice

Rita Elia

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Poesie in italiano

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Azzaro Luisa

Stasera mi prometti ... Papà, stasera mi prometti che mi verrai a baciare quando a letto sarò a dormire? Papà, stasera mi prometti che le tue dita ci saranno tutte per accarezzare ancora la mia vita? Papà, stasera mi prometti che i tuoi occhi stanchi potranno rallegrarsi nel mio sorriso? Papà, non voglio scarpe firmate, videogiochi o feste organizzate, mi accontento che ogni sera torni a casa tutto intero e pretendi quel rispetto per la vita tua e mia che nessuno merita gli venga portato via!

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Barbera Monica

Il topo pittore

Il topo pittore lavorava ad ore faceva l‟imbianchino in una grande città Torino. Il topo pittore amava Caravaggio ma per l‟arte non c‟era posto e ogni giorno vedeva calpestato ogni suo diritto come uno scarafaggio. Il suo impresario non gli dava un gran salario, così il topo pittore non arrivava a fine mese e accettava ogni cosa pur di coprire le spese. Un giorno cadde da un‟impalcatura poco, poco sicura: non portava l‟elmetto nessuno di metterlo gli aveva mai detto. Tutti accorsero per veder la sciagura, ma lui se la cavò con una frattura. Il topo pittore aveva un gran talento

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e non si lasciò sfuggire un solo lamento, col suo capo però, che non voleva rogne e non voleva gogne, ci fu la rottura: lo licenziò di botto e allora sì lui ebbe paura. Ritornò triste triste al suo paese, ma anche lì non arrivava a fine mese. Così accadde che diventò matto e un giorno di maggio lo mangiò un gatto.

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Borsoni Paolo

Stivali

Il cielo era ancora chiaro quando cominciammo a scaricare stivali, scese il buio e noi scaricavamo stivali dai vagoni ferroviari, poi cadde la notte e noi eravamo curvi a scaricare stivali dai vagoni ferroviari, fu giorno limpido, chiaro e non smettevamo di scaricare stivali dai vagoni ferroviari, di punto in bianco l‟azzurro divenne accecante come mai avevo visto prima e noi eravamo chini a scaricare stivali dai vagoni ferroviari, maledicendo il destino continuavamo a scaricare stivali dai vagoni ferroviari, imprecando contro la sorte le nostre mani scaricavano stivali dai vagoni ferroviari, impauriti con le dita bluastre elevando al cielo grida per avere un lieve sollievo continuavamo a scaricare

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stivali dai vagoni ferroviari, gridavamo gioendo e piangendo mentre scaricavamo stivali dai vagoni ferroviari, gridare è una splendida consolazione, un balsamo miracoloso per chi come noi continua a scaricare stivali dai vagoni ferroviari in questa stazione terminale della nostra esistenza tra marciapiedi, binari, pensiline da cui scaricare senza fine stivali dai vagoni ferroviari fino all‟ultimo istante e l‟ultima briciola d‟energia per essere ancora esseri umani.

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Caccamo Vincenzo

Un nuovo futuro

Quand‟ero bambino e speravo nel mio futuro, non pensavo che il lavoro fosse così duro. Crescendo ho capito che tutto si deve conquistare e bisogna essere forti e saper lottare. Così ho imparato un‟arte, che non ho messo da parte, e ringrazio ogni giorno nostro Signore che mi ha insegnato a svolgerla con amore. Ma non tutti come me sono stati fortunati, perché molti il lavoro li ha ammazzati e perché altri, pur di lavorare, subiscono ingiustizie e non posson protestare. Giorni di lavoro fatti di sudore, in cui l‟uomo è colpito nel proprio onore e tira avanti nel silenzio dell‟omertà pur di non vivere nella povertà. Ma a quale prezzo tutto viene pagato? Chi rende giustizia all‟Agnello immolato? Perché c‟è gente che si arricchisce alle spalle d‟altra gente che perisce? Basta con il lavoro insicuro, diamo ai nostri figli un nuovo futuro, che lo Stato sia sempre presente per difendere chi lavora onestamente, affinché il rispetto e la dignità siano il segno della nostra civiltà e di ciò il nostro Paese sia fiero e sia esempio per il mondo intero.

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Carollo Bernardo

La strada da seguire

Proteggi tuo figlio proteggendo te stesso, dalla mattina alla sera, tra sudore e fatica. Ricorda che il rischio non è un bel mestiere per chi vive in una cruda realtà senza nome. L'imprevisto insegue i nostri passi da sempre, fedele compagno delle più innocue paure, ma a quell'insicurezza che troppe volte si tace soccombe ogni uomo prima di poterlo capire. Ed è la timida voce che ha il grido più forte nel vuoto silenzio di un'ignorante padrone; il tempo non da tempo ad un compianto rimorso se le lacrime abbracciano una gelida croce. Troppe fatiche costa un solo tozzo di pane, troppo rosso è quel vino simile al sangue, spesso l'addio non preannuncia la sua fine e l'ultimo saluto giunge col suo impatto crudele. Eppure c'è ancora chi nasconde le grida bruciando la coscienza in una falsa ragione, così all'ombra del sole si spengono mute parole nell'insensata fiducia a un domani migliore. Sorridi a tuo figlio sorridendo a te stesso nell'orgoglio di un padre che difende la prole; dona il buon senso a chi disprezza ogni aiuto e si arrende inerme ad un destino evitabile. L'incoscienza trova spesso nel suo inizio la fine in quegli sbagli improvvisi il cui pegno è la vita, ma l'alba riflette con la sua speranza una timida luce, disegnando la strada da seguire per non morire.

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Catalano Adele

Minatori del Cile

Minatori del Cile sotto terra nelle viscere a cercare il rame. Che sberleffe... la vita, ieri e oggi? Quasi la morte! Quasi il cielo volevate toccare! Là sotto non c'era posto per voi, neanche un fiore da poter seminare! Il pane è diventato stantio, gli occhi asciutti e il sole oscuro. Ma l'hanno torturata la terra, per voi, e ad uno ad uno vi ha vomitati. Non c'era posto là sotto e come bambini dal suo ventre vi ha partoriti. Vi ha ridato all'aria e al sole, al vento e al mare; vi ha restituiti alle vostre madri e alle vostre mogli. Ora i vostri figli vi regalano un palloncino per giocare con loro ancora.

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Si, le istituzioni ci son venute incontro parlando di morti,infortuni sul lavoro e tenendo, ahimè, il loro conto. I decreti, i corsi, l‟ informazione, SGSL,INAIL e CISPI come paragone tanti e tanti i modelli gestionali nei nostri pensieri la voglia di essere già pensionati. Vedo anche io l‟alba ogni giorno e vesto di abiti ignifughi mascherando il mio volto Vedo pareti tappezzate di avvertenze al pericolo di imprevisti e rischi che sono li a ogni vicolo Dopo anni i rumori assordanti son diventati miti e le posture e i movimenti sono i soliti riti diritti e doveri son ben miscelati ma chi ha la peggio sono quei disoccupati che senza regole ne contratti, improvvisano lavori senza esser protetti, come se fossero matti! Vivo anche io le ansie e le paure da distrazioni sperando sempre che tutto funzioni non scatti l‟allarme per fughe di gas o sia necessario l‟intervento dei N.A.S. Che rimanga o no un giorno di gloria, che si spicchi il volo per rimaner nella storia, aggrappiamoci forte alla vita per non essere costretti a contare le albe e i tramonti che ci resteran da vedere, sentiamoci liberi e fieri di poter lavorare per la sicurezza di una tutela e la probabile certezza di ritornare.

Ora e‟ tardi, sono a casa …… vado a riposare.

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Catanzaro Francesco Paolo

La Sicurezza

Esistono regole di sicurezza che non vogliamo accettare, troviamo strategie per raggirarle sgattaioliamo contenti di riuscire a lavorare e a sopravvivere senza quelle costrizioni. Esistono regole di sicurezza che, incoscienti, beffeggiamo continuamente perché ci sentiamo potenti, artefici orgogliosi delle nostre azioni ma dimentichi delle conseguenze dirompenti quando agiamo nel nostro lavoro. Esistono regole di sicurezza che ci salvano la vita, garantiscono un‟azione efficace nella produzione quotidiana e con buona pace nella salvaguardia della dignità umana. Non la pensava però così, Salvatore che s‟arrampicava sui palazzi in costruzione senza casco o gancio salvavita. Era un buon operaio costruttore, lavorava con passione in tutte le ore ma con troppa fiducia nelle sue dita e sprezzante della sua vita. Un giorno una storta per un‟asse dissestata lo fece precipitare da un‟impalcatura recentemente innalzata.

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Danna Enrico

Scarto le nuvole

Scarto le nuvole per riassaporare il cielo.

Quel volo nell'ignoto ha cambiato il mio destino. Sono solo un numero. Un'insignificante immagine tra l'acre odore di banconote intrise del mio sangue.

Mi spezzo il cuore per pochi euro al mese. Sospeso tra la piena e l'argine. In bilico. Sulle mie stesse lacrime.

Ogni mattina guardo gli occhi di mio figlio sperando di scorgere il suo domani. Ogni sera rivedo i fori di proiettile tra le rughe della mia fronte.

Prego Dio per sopravvivere e volto pagina. Ogni giorno.

La mia vita non è che un granello di sabbia nel giardino della morte. Un pugno, una ferita e lo stomaco si lacera. Ancora non è giunta l'ora.

Mentre spengo l'ultimo respiro, sulle lacrime di mio figlio

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volgo a lui l'ultimo sorriso implorando l'amore di Dio.

Oggi il mondo s'indigna. Domani il vento avrà cancellato ogni orma. Il profitto non guarda in faccia nessuno, nemmeno la morte.

Chissà se almeno il silenzio potrà scrivere un nuovo capitolo fatto di lettere maiuscole.

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Fasano Bianca

Papà non torna

Papà non torna questa sera. Non come il padre di un Pascoli Ucciso sulla strada E immortalato in un poesia. Papà non torna a stringere le braccia Intorno al tuo respiro di bambino Non lo portava la cavallina storna, ma lavorava, ed era il suo destino. Lavorava per pochi euro al giorno, e li portava a casa a fine mese e non rientrava con le bambole in dono, ma col sorriso stanco e le sue mani tese. Le tendeva a me, mamma, e in quel sorriso, tirato, lungo, certo non felice c‟era nascosta a volte la speranza di un domani sicuro, senza grosse pretese. No. Non torna papà. Uno dei tanti. Per qualche tempo, poco, che la notizia scade, per qualche tempo ne sentirai parlare. Ma, grazie alla tua età non capirai. Ne sentirò parlare, e sarà scopo di parole forti, di dotti, saggi e politici corrotti.

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Corrotti. Tutti, che, sopra i soppalchi, sotto le grotte, appesi ai cornicioni a fare equilibrismi senza rete, non ci son loro che vanno a tentoni parlando di un‟Italia che s‟è rotta per tanti ma per loro è ancora sana. Ed altri, come il tuo papà, bambino mio muoiono tutti i giorni, senza sogni, senza una sicurezza nel domani, da porre, anche se morti,

nelle tue piccole, innocenti mani .

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Ferlini Vanes

Vogliamo la verità

Non ha più passi il nostro giorno né carezze la notte e ci è fatica vagare al lume fioco di un ricordo con tante ombre che non ci danno pace chiedono la verità e non si accontentano di un articolo di giornale un titolo in bianco e nero che il giorno dopo finisce al macero

Sei caduto senza ali senza nemmeno il tempo d'afferrare la mano amica sei caduto col sudore ancora sulla fronte e le mani sporche di calce

Non è barriera sufficiente la stretta dei cuori l'indignazione di voci lontane e il clamore di trenta secondi alla tivù

Ma quelle barriere che pur dovevano essere noi pianteremo dentro le coscienze e quei mattoni che ti hanno tradito noi salderemo in fondamenta nuove perché vi sia

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domani e per sempre la sicurezza dei passi del respiro, del futuro la certezza che dalle braccia nasca solo la forza buona che fa girare il mondo

Per te cerchiamo la verità per te vogliamo non dover più piangere ma pensare che domani tuo figlio o il nostro possa ogni sera tornare a casa con la certezza di un domani ancora

Non so quale sia la tua verità, né se altri ne hanno trovata una migliore eppure so che tu dovresti essere qui, accanto a noi ma questo angolo di mondo è troppo angusto per te ora che sei divenuto infinito … un tiepido raggio a vagare nell'universo

Le transenne del cielo siano a te benigne come non furono sulla terra e perdonaci per aver pensato troppo tardi, per esserci nascosti dietro la convenienza quotidiana

Possa tu risorgere sulle giovani speranze di chi dovrà costruire mattone su mattone un futuro migliore

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Fontana Andrea

Benedetta sicurezza

Uscisti di casa con un arrivederci, Un fievole saluto, carico di speranza Un arrivederci di gioia celato di bontà. Un arrivederci che troppo presto divenne un addio.

Non aveva la cintura disse l‟uomo alla porta. Non capivo quale cintura ? La cintura... quella per la sicurezza Se l‟avesse avuta si sarebbe .......! Tutto mi crollò addosso, in un secondo Come se quella cintura non l‟avessi avuta io Non capivo, non volevo capire Tutto in torno divenne confuso. Cercai di aggrapparmi a ciò che mi restava Ad un tratto un grido dal profondo Il suo nome come se volessi avvertirlo del pericolo Il suo nome come se volessi raggiungerlo ovunque

Ma non un sibilo Ma non un alito di voce riuscì a pronunciarlo Caddi a terra come cadde lui Caddi con il peso di ciò che mi restava

Ad un tratto il vuoto Mi risvegliai tra gente sconosciuta Cercavo cercavo ma cosa cercavo ? Ciò che fino a quella mattina aveva allietato la mia vita ?

Cercavo cercavo Quella promessa fatta e non mantenuta ? Cercavo cercavo Quel viso certo e sicuro di se !

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La rabbia mi prese Volevo maledire tutto e tutti Il lavoro, la sicurezza Ma quale sicurezza ? Sicurezza se ci fosse stata Adesso non sarei qui a piangere e maledire Adesso sarei qui a benedirti Benedetta sicurezza per tutti quelli che ti seguono Benedetta sicurezza per tutti quelli che ti osservano Benedetta sicurezza, benedetta sicurezza.

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Gennuso Melina

Il volo dei tuoi sogni

Invisibile agli occhi di tutti con le tue lacrime d‟uomo sentivi la solitudine disfarsi confusa al silenzio di un mondo che mai ha scrutato il tuo sguardo lasciato con il cuore oltre il mare nella storia raccontata alle onde quando le stelle inondarono il buio e il dolore dell‟ignoto ti apparve. Poco importa da dove venivi quante lacrime sul cuscino hai versato mescolandole ai sogni e al cemento di un anonimo cantiere insabbiato sotto un sole macchiato di nebbia dove un prato non trova tepore. Nulla hai lasciato in quella stanza solo un letto aggiustato alla meglio un panino da mangiare per pranzo e una foto appoggiata al bicchiere. Il suo sorriso di speranza parlava nelle sere colme di vuoto infinito e l‟alito sui vetri di ogni gelida notte nell‟attesa fra rinunce ed un senso. Nel tuo volo hai rivisto quel volto tra la vergine ed il vuoto e i tuoi sogni ancora da pagare. I ricordi s‟affollarono muti nel saccheggio di linfa vitale tra gli steli di erba gelata cuna buia del tuo lento morire nella penombra che avvolgeva la vita stringevi un pugno di terra straniera

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testimone di una fine immatura. E il vento freddo portò via i giorni tra la polvere di quel “nero” lavoro nel salto che ha fermato il destino dove nulla ha protetto il tuo corpo un diritto anche quello negato segno questo di sindrome nota e di chi ti promise un pezzo di pane senza mai scrivere il tuo nome in quel registro alla luce del sole.

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Iiriti Maria Natalia

Ho bisogno di sentirmi più sicuro

Io non mi sento sicuro quando esco di casa alle quattro di mattina nell‟abbraccio freddo del tempo di gennaio. Io non mi sento sicuro nelle mie scarpe nervose che s‟intrattengono a chiacchierare con l‟asfalto protettivo della strada. E mentre alimentano i rumori della notte l‟asfalto raccomanda alle scarpe di stare attente e vigilare sulla mia sicurezza, di mantenere i piedi per terra e guidare i miei passi nella direzione di scelte migliori. Io non mi sento sicuro a sfidare la sorte e le mie orecchie sono all‟erta dei pericoli annidati nel guscio vuoto dell‟illegalità. Vorrei imbrigliare i dubbi e chiudere gli occhi sulla limpida brezza che accarezza il mio lavoro. Ma ho paura, non mi sento sicuro e con gli occhi misuro la distanza fra la necessità e il baratro fra la memoria e l‟oblio. In quei momenti realizzo di sentirmi niente ed evito di pensare all‟incerto futuro che mi attende. Io non mi sento sicuro senza diritti di sicurezza, non mi sento sicuro all‟ombra di una impalcatura improvvisata, non mi sento sicuro .

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Luci Arianna

Fu tu(r)o

Voglio intanto sotto il mio passo ora è fango Acqua torbida di palude un‟alga mi soffoca il respiro -un tempo mi faceva il solletico e mi lanciava in avanti. Una latta vuota, mi appiglio La corrente non trascina più; bagnata neve sciolta resto appesa La latta la mia attesa.

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Mazzuccato Ludovica

La ballata del lavoratore a progetto

Lavoro piano, freno la mano diligente, impegnarsi troppo non è intelligente: se finisci prima nessuno ti stima anzi, penseranno senza paura che di tornare disoccupato hai una certa premura. Lavoro in un cantiere dove il kit anticaduta è nella mano – si spera – astuta del tuo angioletto personale che ti assiste anche se sei un lavoratore occasionale. Eppure sono fortunato: mi hanno dato un gilet rifrangente a tempo determinato. Tengo sempre in tasca un documento: se dal ventunesimo piano dovessi precipitare non sarà un problema il riconoscimento. Se su un piede mi cadrà un mattone non mi romperò un ditone solo grazie agli scarponi con la punta rinforzata che mi hanno regalato la mia fidanzata, ma quando non ti senti sicuro anche un gradino ti sembra un muro. Dovrei ribellarmi a chi calpesta il diritto alla sicurezza, ma qui non vi è certezza: e oggi si mangia mortadella, domani – speriamo – un uovo in padella!

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Poi i politici fanno i moralisti e con voce stanca i giornalisti la chiamano morte bianca. Questa è la ballata del lavoratore a progetto: la tua vita vale meno di un moschettone e di un caschetto.

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Monopoli Giovanni

Viaggio lontano

Un lampo a ciel sereno apparire scintille in cascata, vista ad offuscare tutto si chiude … non c‟è vento solo un sibilo, urla, in quel momento.

La mente vacilla, tremula mano colori s‟affacciano, giace mesto scala all‟empireo issata … viaggio lontano membra martoriate da lesto fio.

Il sole imperterrito picchiava bianco pietrisco, aria a scaldare s‟avvicinavano sincere ruote a salvare mentre nell‟ultimo respiro lì agonizzava.

Flaccido corpo esanime adagiare cuore ferito ancor a rantolare parola in gola smorzata, afferra di sangue umettata … rossa terra.

Occhi a mirare astro distante, taciturno nebbie a destare animo piangente presto uscire da tetra galleria … struggente

per sorridere alla vita il bramato ritorno .

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Ollano De Domenico Alessandra

Venti metri

Chissà cosa hai pensato mentre cadevi nel vuoto. Quel vuoto che tanto hai temuto che tanto ha riempito le nostre pause pranzo. Te lo sentivi, lo sapevi. Naviganti senza salvagente. Quel vuoto ti ha raccolto, quel vuoto ti ha rubato. Ora non hai più paura. Quando la trave ha ceduto non ho potuto afferrarti. Invece quel tuo volo è sempre nei miei occhi. Tra le mie braccia le tue ultime parole. “Mio figlio … quando sarà grande.. digli di studiare, di non fare l‟operaio di non rischiare la vita per pochi euro insanguinati”. Ma la tua morte non è servita. Ancora senza casco, ancora senza rete. I nostri figli che giocano insieme non faranno come noi. Meglio morire di vita

che lavorare con la morte .

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Passalacqua Maria Luisa

Un lavoro per amico

Io lavoro ed ho una speranza, un bisogno, un‟esigenza: …………….. sentirmi sicuro. E vorrei che non fosse solo un‟eco lontano, vorrei che ogni giorno fosse sempre più vero. Voglio che la sicurezza sia adesso! Lo voglio perché un operaio tornando a casa , possa ancora accarezzare i suoi figli, possa correre con loro, possa ancora vedere il cielo ed il mare, possa ancora sentire il profumo della vita. Voglio un lavoro, lo voglio per nobilitarmi … non per ferirmi! Lo voglio per sentirmi parte del mondo , non perché il mondo mi guardi come un “diverso”, perché da quel giorno …. il futuro non è più lo stesso. Voglio un lavoro che non mi faccia paura, voglio un lavoro amico voglio una vita sicura.

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Pedetta Cristina

Quando sarò vecchia

Quando sarò vecchia E la mia mano tremerà nel raccogliere piccoli oggetti Ripenserò con tristezza All‟infanzia lontana E ai momenti felici Perduti nel tempo Cercherò nella mente Il pensiero di allora e ricorderò piccole frasi Che un tempo parevano nulla La vita mi scorrerà Davanti agli occhi Più velocemente di un tempo E non accetterò la morte Come cosa complicata o malvagia Ma come un semplice Finire gli argomenti sulla mia vita.

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Piras Donatella

Dama Bianca

Bianco come il tuo volto Come velo di sposa Destinata a un soldato Candidato a morire Per un tozzo di pane Senza onori di stato Bianco come il lenzuolo In contrasto con l‟ebano Rotolato su un muro Muoiono sull‟asfalto Gocce rosse e di pianto Bianco come le notti A ridere e parlare Di tutto e di niente E l‟aurora che viene Ha rubato il tuo sonno ma ti lascia un amico Bianco tu sei di nome Manovale di cognome Angelo inesistente Volato da un ponteggio In un giorno banale Che non vedrà mai sera … … per te niente medaglie E a tuo figlio e tua moglie Nessuno darà una bandiera.

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Raineri Agata

Il volo

Mentre un pilota di formula uno correva sfidando il tempo e tagliava il traguardo indenne, un uomo che sistemava antenne si arrampicava sui tetti sfidando invece il vento. Mentre un pilota di Cessna vedeva albe e tramonti da ogni dove, un pittore da quel ponteggio cadeva e si donava ai colori del cielo fermando il suo cuore. Vidi un usignolo spiccare il volo in segno di gran festa ma cadde anche lui per mano umana di virtu‟ funesta. Che importa, allora, che tu sia impiegato o umile operaio, di mestiere prestigioso o semplice fornaio, pilota d‟aeroplano,manager o postino sei l‟ usignolo abbandonato al suo triste destino? E se in quel giorno di buio un passante,un collega o un posteggiatore abusivo, magari, rubandogli un attimo per quel po‟ di denari, qualcuno, dalla corsa a lavoro lo avesse fermato, lui o quell‟ altro, quel figlio avrebbe guardato e la sua innocente vita di certo non avrebbe bruciato. E se quel portiere di notte avesse evitato per difendere la modesta paga di fare a botte, sarebbe stato,forse, solo derubato e non accoltellato ma volle correre il rischio e ben presto capì che a casa non sarebbe più tornato. Di casi ne abbiam visti e sentiti tanti con classifiche e statistiche devastanti

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Randazzo Serena

In alto sul ponte

Corri veloce Tutto il giorno a stancarti, Il sole fuori coce Non perdi tempo a imbarcarti. Senti caldo e vuoi la testa scoperta Lì in alto sul ponte Cerchi di stare all‟erta E non vedi il pericolo all‟orizzonte. Nessuno ti ha detto Non lo saprai mai Qual era il tuo vero tesoro: La sicurezza sul luogo di lavoro.

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Russello Laura

Mio padre in sogno

Mio padre in sogno mi ha chiesto perdono per essere morto sul posto di lavoro. In fabbrica lavorava e all‟alba se ne andava. Quel giorno maledetto gli dissi nel mio letto: “Babbo non andare”, ma lui testardo non mi volle ascoltare. Perché proprio lui doveva morire e a noi figli negarci un avvenire. Ora che son padre, Iddio mi dovrà ascoltare e non permetter più a tanti uomini di morire, schiacciati da un motore, incendiati in un reattore, falciati nelle autostrade, uccisi nelle miniere …. Il lavoro è sacro e nobilita l‟uomo ma quando è insicuro toglie ogni speranza al nostro futuro!

Uomini che lavorano Uomini che lavorano uomini che sognano uomini che sperano uomini che muoiono. Uomini che progettano il loro futuro col sudore della fronte, con l‟intelligenza della mente, con la forza di volontà, con amore e dignità.

Voglio pensare a un mondo nuovo con un lavoro più sicuro che riaccenda la speranza anche in chi è rimasto senza. Dimmi che un giorno finirà quel bollettino di guerra che ci fa tremar!

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Scorsone Vincenza

Ad una madre

Ninna nanna, ninna nanna Cara mamma fai la nanna. Sono morto e non lo sai Cara mamma che farai?

Tra non molto dai tuoi sogni ti verranno a ridestare: non temere, sta tranquilla non mi sono fatto male.

Sono morto senza urlare, senza accorgermi di nulla, frastornato da quei gas in quel pozzo in mezzo al nulla.

La paura un po‟ l‟ho avuta per l‟amico che per primo è disceso come sempre senza sospettare niente.

Il mio istinto è stato pronto ho cercato d‟aiutarlo, nel vederlo venir meno ho provato a ripescarlo.

Ma lo sforzo è stato vano e ho perduto presto i sensi, il collega già “dormiva”. Non parlare, so che pensi! Non son state dalle fiamme consumate carne e pelle,

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come accadde a mio cugino che al lavoro “perse” quelle.

E neanche son caduto da un ponteggio inadeguato, come leggi sui giornali, per non essere ancorato.

A volere dirla tutta ho provato un po‟ ad urlare, ma la gola mi bruciava ed il suono usciva male.

Siamo vittime qualunque morte in una strana guerra dove non ci sono eroi né medaglie solo terra.

Quella terra che ricopre orchi e buoni similmente impastata col sudore del lavoro dipendente.

Un lavoro per sognare cose semplici e normali: una casa, una famiglia, per avere un paio d‟ali.

Cara mamma scusa tanto di morire non pensavo non volevo abbandonarti, farti male non contavo.

Già son giunti alla tua porta e non posso più restare. Cara mamma ti saluto ora è il tempo mio di andare.

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Timineri Gemma

Vita violenta, hai esiliato il mio dì

Vita violenta ti fissai nel baluginio di un momento e caddi lacerato fra le tue braccia. Amavo sognare nel mattino soleggiato e nel denso turbinio del fulgido vento. Amavo rasentare e mirare le rose del tuo prato. Amavo vivere nel tuo denso scorrere, spiccare voli fulminei e forti fra le tue nuvole. Amavo sorridere fra le chine e le alture di un cammino voluto e improvvido. Amavo celiare con te. Ma tu hai esiliato il mio di‟, hai spalancato l‟ignoto, messaggera della notte m‟hai dato pianto, hai percorso la mia valle con veemenza hai violato con il sangue la mia bellezza d‟uomo libero.

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S‟acerba ora nello scorrere del ricordo il grembo amorevole che mi accolse e mi nutri‟ e chiede parole all‟ antica voce mentre geme la morte nel mio sopito spazio ed io areno nell‟universo con i cieli dei miei giorni. A te mi porgo naufrago nell‟ abbandono dal mio sterile involucro.

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Trigonella Gualtieri

… Come folgore dal cielo Aria serena, saluti e grugniti, cemento e misto, lode al Signore nostro Gesù Cristo. Mani callose, toraci lucidi, muscoli tesi sempre uguali ore, giorni, mesi. Fronte grondante, acqua di tubo sudato e fragrante il pane già visto. Lodato il Signore nostro Gesù Cristo Artigli sul ferro, brune lance come saette nel blu, mani e piedi son pure blu. Carne ……… …………….. cuore nulla più accoglici Signore nostro Cristo Gesù.

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Vizzini Pietro

Lampeggia un singhiozzo

A volte qualcuno gli passa vicino Tentando una carezza alla spalla, Debole il suo respiro, Affannoso nei giorni d‟estate, quando la calura gli molesta la gamba Quella lasciata sotto le lamiere contorte, Non ha più rabbia il suo pensiero È soltanto un sorriso alla morte, Zittito il tempo Divelte i giorni azzannati Da uomini che giocano al ribasso. Il costo del lavoro da ridurre, Stringere le cinghia È questo il ricatto Sussurrato dal capo “O vieni in silenzio o vai!” ma la fame non ragiona Chiama senza voce E in quel percorso tace. Chi fermerà questa corsa esasperata Il salto implacabile dell‟acrobata Sul filo sospeso della vita Sulla linea di confine, In un giorno dove non era previsto Chi mai potrebbe prevedere La fiamma intorno all‟animale, La corsa dell‟uomo in avanti e indietro Tra le polveri e lo schianto L‟urlo delle scintille E grandi ombre A ricoprire il corpo. Adesso sogna sirene del mare, Scende in strada e riveder le stelle Seduto sul ciglio Di una sedie a rotelle, Lampeggia un singhiozzo, Sirene nell‟aria Strozzano la gola. Vite distrutte, spezzate Da un urlo che morde e travolge la carne, Molti la chiamano fatalità ma più spesso è mancanza di sicurezza Nei luoghi del pane.

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Zito Giovanni

Sogno

Impavido condottiero di mille battaglie, incurante delle fatiche e delle sofferenze della vita, hai vissuto un mondo che non ti appartiene. L‟amianto, che ha fatto arricchire la nobiltà del tuo tempo, ha lasciato in te le piaghe della tua sofferenza. I tuoi figli hanno convissuto il male che ti ha portato via. Il tuo vivere nel lavoro con il lavoro, ha segnato il tuo viso, ha violato i tuoi sogni di speranza per un mondo migliore, nelle tue mani ha lasciato le cicatrici di fatiche epiche, hanno scritto del tuo passato ma del tuo futuro nulla è …, l‟amore dei tuoi cari ti ha donato dolci momenti di gioia. Oh padre, tu ci hai donato la vita, hai sofferto i nostri dolori, hai pianto le nostre lacrime, hai sofferto le nostre amarezze. Oh padre, il tuo corpo da guerriero ora riposa, ma il tuo spirito arde dentro noi. Gioia della nostra gioia della tua esistenza continueremo ad essere portatori del tuo vivere. La fierezza del tuo essere sta nel vivere, orgogliosi della vita per la vita.

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Poesie in siciliano

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Azzaro Luisa

La curpa Sugnu ccà, mazziatu e stancu, „nta stu corridoiu iancu „nta sta luci fridda e forti puzza di duluri e morti aspittannu palpitanti na nutizia cunfurtanti. Vardu a porta chiusa e muta e t‟immagginu sdraiatu „nta lu lettu immacolatu scura statua abbattuta. -Aiutu! Curriti! -CChi fu? Cu Fu? -Mohamed cascau nun si movi cchiù! Finu a retru a qualchi istanti eri braccia ammenzo a tanti cittadinu i serie B ma costrettu a diri sì ccu la forza di nu toru e u curaggiu di „n liuni. Ma bastau nu passu fausu si ci misi lu distinu lu liuni attruppicau e lu toru si fiaccau.

Se la cinta avìa la corda o la travi u parapettu ora fùssutu a sbanìri e no stisu „nta ddu lettu.

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-Dottore, dottore, che cosa mi può dire? -La prognosi è riservata dobbiamo aspettare. Mi votu e mi rivotu ma nun riesciu a capiri sa a curpa è tutta mia, ca incoscienti e incapaci trascurai lu valuri da to vita e da me paci, o se inveci è puri tua pirchì pur di travagghiari si dispostu a rischiari e nun pritenni ccu firmizza d‟arrispittari a sicurizza, sapennu beni ca, se a scurata, torni a vasari la mugghieri è nu miraculu rialatu e nun è dittu ca è doveri. -Ingegnere, mi dispiace il cantiere è sequestrato. -Avvocato, legga i capi d‟accusa all‟imputato. Ma comunqui va a finiri mi prumettu e riprumettu ca mai più succidirà: ogni cinta a corda avrà e ogni travi u parapettu, ca a cunsegna cchiù „mportanti è la vita ca m‟affidasti quannu tristi e supplicanti „m pezzu i pani mi chiedisti; e iù, vili, fici u ranni, t‟accuglìi ccu benevolenza trascurannu ppe me‟ guadagni ca da vita nun si pò fari senza.

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Bruno Francesca

Pi guaragnarisi ‘u pani Ri rintra ni mia fascennu sirvizza Sciusciuliari sintia nta la strata E quannu i paroli si fisciru forti e chiari I brividi tuttu „u corpu m‟attraversaru: Puvureddu … mischineddu … e come fu! … Picciutteddu era lu criaturi Pi guaragnarisi „u pani S‟ammazzava a travagghiari a tutti l‟uri, Nun taliava cavuru un taliava friddu Né siritini e né matinati. E ora ri cu è „a curpa … e comu successi! … Un‟era bonu quatalatu, un‟avia scintura „u tettu un‟era sicuro! … „u fattu sta ca un volu fisci ru terzu pianu E nterra cariu fracassannusi „u craniu. A chi era chinu ri vita a chi fu mortu, Un c‟è cchiù, un torna cchiù a so casa né picciriddi Ca ora, na vita troppu rura l‟aspetta mischineddi. „A muggheri mpassuluta ru duluri addivintau muta E „a matri dispirata grira, chiancia e disci … Figghiu … Figghiu… Cu mi l‟avia a diri ri risciviri sta pena, Ca nun è sulu pena … è focu, È focu c‟abbrucia „u me cori È focu ca lascera i me visceri. Figghiu … Figghiu… Bonu e beddu comu un gigghiu…. Figghiu … Figghiu… a tutti lassasti e nun si sapi comu!.... ma sa curpa è ra mancata sicurezza nto travagghiu „a virità a galla e giustizia vogghiu!!!... Figghiu….avanti vaiu!! Pi tia e i picciriddi „u dannu fattu l‟anna paari!.....

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Carbone Rosaria

A manu nudi

A prima matina mi piaciva acchianari „ncima a muntagna, pa‟ „cchiappari lu celu inta la manu e intra na nuvula lassari i ma pinzera. Rusinedda, la ma bicicaletta m‟aspittava suspirusa „npunta a cantunera. mi pruiva lu pidali, tutta giuiusa di firriari „ndunnu, „ndunnu li scianca stritti e „ncripiati d‟unna l‟arbula chinavanu la china ppi puoi scinniri di cursa lu pinninu. A lu passari li marruna si cirnivanu silinziusi, li spichi friivanu pricipitusi, li sciuri di maiu calavanu li rini e a fini cursa di na giebbia d‟acqua frisca ni bbiavamu, comu di natura e poi, lestu, lestu friscannu comu un cardiddu e forti comu un toru a lu travagliu ppi prima ma prisintava. Sientu ancora dda vuci rifardusa ca iccani „nfunnu a un iazzu, ca spampina li ma iorna, ….la ma vita: “Tu, ca „cchiani ogni matina li muntagni, ccu li trona, ccu li lampi e lu sirenu, nun t‟affrunti d‟addumannari

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l‟elmu e puri la „mbracatura comu sti fimmineddi di li to cumpagni ca chiangiunu ppi nu „nfruntunieddu? anchi tuni cierchi cappidduzza, bratelli e catina? Acchiana, omu di fattu e di parola e taglia la lingua a li merla ca mi vuonu fari dispiettu e ogni ura ca passa un sordu supierchiu sona d‟intra la to sacchina!” e mi fici „nfinucchiari do patruni ca pinsava sulu a lu so tettu, riparari. A manu nudi m‟appiccicaiu supra lu puntili travagghiannu uri e uri comu nu sceccu finu a quannu l‟afa d‟austu spurtusani lu ma senziu e i ma pinzera …astutannuli ppi sempri „nfunnu a un tummunu di rina, rizzulatu ppi metri e metri comu un saccu viecchiu e spirtusatu di farina. Rusinedda, la ma bicicaletta mi fa sempri cumpagnia, attaccata „mpunta a lu ma liettu sulu „nsuonnu mi fa curriri ppi li strati, li trazzeri, li muntati e li pinnini: mi stinnicchia supra un cerchiu di lavuri e mi cunta ca li malanni ni li circammu pirchi‟ la liggi nun rispittammu e ni scurdammu ca la vita va stringiuta forti „ncori e „mpiettu.

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E ju oi, a manu nudi, lu cuntu a tia: la vita e‟ una sula ti l‟ha rialatu diu e tu nun ta po vinniri ne‟ ta po iucari si nun voi „nfunnu a un liettu di dulura cripari. Tienitilla cara e stritta, …falla rispittari …nun fari u suli cuddari. Pensaci! nun tu scurdari!

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Carollo Bernardo

Cosi chi ponnu rari m’pacciu D‟ermetto chi porti stiornu n‟ta la testa unnè un cappeddu p‟arriparariti ri lu suli, ma ti runa aiutu quannu ri l‟avutu cari quarcosa addifinnennu li pinseri da m‟pruvvisi martiddiate. Di guanti chi ti fannu mettiri a suvicchiaria un servunu pi teniri li manu puliti e senza caddi, ma quannu quarcosa di tagghienti voli fari dammaggiu ti sarvanu li vini da signi minacciusi e devastanti. La maschirina senza babbiari po dari m‟pacciu picchì quasi quasi ti po fari arristari senza ciatu, anchi si in realtà proteggi du rispiro tinennulu pulitu e d‟ogni chiù nica schiferia è nemica come e tia. Cu di scarpuna pisanti pi fari un passu quasi suri tra di stradi malannati runni ogni pirata posa torta, tu macari un tinni adduni chi li peri arrestanu sanzeri quannu inveci a la primo fossu putissiru sbutari. Li cuffie n‟ta l‟aricchi un sunnu na punizioni divina pi evitari di spatuliari di lu vostru amicu prifirutu, hannu si un compitu parecchiu gratu e predilettu che è chiddu r‟evitari a li timpani m‟pruvvise botte. Lu cartellino cu la foto un né na pigghiata pi fissa o un iocu chi vi rettiru pi sfuttivi rirennu tuttu u iornu, si ci riflittiti beni avi un senu eppuru seriu e angustu, servi pi ricanuscivi in casu di n‟ incidenti veru bruttu. Ogni n‟furtuniu è na svista nica nica, una sula, pi niatri chi un semu certu la pirfiziuni n‟terra, basta sulu na svariata ri testa, na disattinziuni, e li chianti cummogghianu lu cielo di dispiaciri. Pensa la to testa birbante e senza ciriveddu chi tutto sti cosi chi porti ponnu rari m‟paccio, ma si rapi viramenti l‟occhi e stai bene attentu viri chi si ancora vivu picchì ci l‟hai r‟incoddu.

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Cirino Domenico

La Morti supr’ô travagghiu jè morti bianca !

Lu zappatùri zappa , zappa , zappa . … Chianta li fàvi e pensa cà si mancia . Zappa , rìzzappa e poi zappa ancòra , gghicàtu in dui , sèmina lu grànu , ma ... “Poi si mmìsca sciròccu e livànti e nni leva davanti” ! … Dim/tùm , dim/tùm ; dim/tùm , dim/tùm . L‟occhi sbalancàt‟à lu scuru . … Lampìa „na saìtta - : - Oh ! … Smòvi la nàca e canta la : Vò o /oh . A dda picciotta nun cci poti sonnu ; pensa a lu spòsu sò , chi jè all‟acqu’ ô ventu . … Frisca lu trenu e passa com‟un trònu , ma … li so‟ pinseri nun li porta vìa .

Dim/tùm , dim/tùm ; dim/tùm , dim/tùm Un lampu ! …- S‟avanzanu i vagùni ! … Dàm‟ accùra ! … “Calati jùncu , cà …“ Scatamàsciu di ferru ! - … „Un cc‟è cchiù chìffari ! … Dim/tùm , dim/tùm ; dim/tùm ; dim/tùm . A dda picciotta cci assiccòi lu latti , e … ‟u piccirìddu chiànci a sò papà .

Lu trenu cùrri ; lampìa la luci ; lu ventu sfascia l‟ànta … „un c‟è pani ! … : - … Aùnni jè „u travàgghiu ?!? . … Dim/tùm , dim/tùm ; dim/tùm ; dim/tùm Lu curaggiu di l‟omu … jè la munita !

Vàja carusi , chi vulemu fari ?!? … - annamu sta jistèrna l‟àm‟à lavari - “Mèttiti ssa mascar‟à vuccagghiu e ntrasi “ !

n ca ... mi mèttu stu buccagghiu e ntrasu - …

… Forza non ti scantàri , cà … ntràsu magàra jò , ca su‟ patrùni , …ma …

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Senza l‟ossìgginu „un si pòti campàri :- “Nisceru a ped‟avànti” … “li mischìni” !

Dim/tùm , dim/tùm; dim/tùm ; dim/tùm La luci jè fridda dìntr‟ ô capannuni ; … nterra cc‟è ògghiu . … Eh !… Cu‟ lu pulizzìa ? … :- Annàm‟ô sodu , forza … ch‟ àm‟à fari (5) !?! - n ca - “Facemu prestu, minàmu li mani, facèmu rìccu lu nostru patruni” (6) … cantavi un tempu , cugghiènnu l‟àlìva …

Dim/tùm , dim/tùm; dim/tùm ; dim/tùm Lu ferru sbatti , … nèsci „nà schifìdda (7) e … nni nasci “un focu ‟ranni” … . Lu fòcu addùma ! - e tu ? - nun pò‟ scappari ! Oh ! guarda : - cc‟è chidda Signura … ccu la vesti bianca … - „na jànca luci - … - Oh ! …

Dim/tùm, dim/tùm ; dim/tùm ; dim/tùm Lu curaggiu di l‟omu … jè la munita ! …

Ccu stu tratturi zappu e nun faticu; pozzu fari vint‟uri e nun su‟ stancu ; …ma … „na pètra ; ‟nt‟òn sintèri ; … si sdirrupa ! …

Dim/tùm, dim/tùm; dim/tùm; dim/tùm S‟allavànca lu tratturi , - e tu ? … e tu , di sutta , chianci ; gridi e … cchiami … . :- Chi cci cchiami a fari ? … Nuddu ti senti ; … nuddu ti vidi ; … nuddu ti senti ; … nuddu ! …

Dim/tùm, dim/tùm ; dim/tùm ; dim/tùm Supra di tia lu suli sfrazzìa; lampi di luci ; e lampi … e lu to sangu limarrusu (8) scurri , ma … “ La jùrnata jè bbedda ! “ … Un lampu di luci ; … - ancora e ancora luci , luci chi lampìa - ;… tu vidi a dda Signora , ccu la vesti bianca - Un lampu - … ti sorridi e t‟abbrazza - … N‟àutru lampu jàncu … - ntùm ! - Jè la tò morti : - “La tò morti jànca “ -

Dim/tùm, dim/tùm; dim/tùm; dim/tùm

La Morti supr ‟ô travagghiu jè morti bianca !

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Di Noto Pippo

Lamiantu Dunn‟era fudda di travagghjaturi àutru nunn‟arresta ca silenziu e a prisenza re patrun‟u luocu. Ddi picca ca rristarru ancora vivi cci portunu u manciari a li canuzzi e vardunu a ferraglia ri l‟impianti rrugghjari n-tunnu. A un‟a unu lassunu ddu puostu unn‟è ca ppi tant‟anni si varagnarru ccu sururi u pani e cci camparru a muggheri e i figghj. Pirchì, su avia-ffiniri tuttu chistu pirchì viulenza dduppia nta sta terra ca prima cci purtarru lu prugressu llulliannu muraturi e campagnuoli a-ccanciari sorti; ammeci, cci rriseri nne purmuna, lamiantu rrispiratu nall‟impiantu, e ora, stanu spranza ca a sorti cci-a rassi curt‟e-nnetta, la morti.

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Ignoti Vincenzo

Preveniri

Ci nnì voli di furtuna a lu campari beatu cu si susi quannu cari li tempi sunnu tristi n‟tà lu munnu li genti comu gridda van sciamannu!

Pi st‟esudu di vrazza in abbunnanza lu bisugnusu a tagghiu di slavina si renni schiavu, senza pietà e cuscenza; tiratu di lu fangu e di la china!

E‟ comu lu ngranaggiu du nà rota lu travagghiari è funti di la vita lu pani è amaru, necessita d‟umanu lu saziu nun considera u diunu!

Chi ghiornu mmalirittu c‟agghiurnà, quannu Said salutà a ssò mà pagnotta, caciu, dintra un tascappanu, guagghiardu bellu prestu di matinu.

Cu scarpi sgarrunati n‟tà li peri comu un guerrieru arditu nnò canteri un picciuttuni quantu na bannera, na pasta d‟omu comu na perla rara!

Ddù tavuluni mpizzu a valanza e mmenzu i peri lu lazzu du na lenza, schiantannusi a lu solu n‟tà li petri, senza putiri diri mancu:”Maaatri!”

Cu mori taci, paci qui riposa ma i responsabili t‟accupanu la cosa! E cu ci a leva ddà braci di nnò cori, e familiari nnò struggisi o duluri?

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Si l‟omu nun tinissi ad arricchiri senza egoismu o mira a calcolari paroli o ventu ca sannu di utopia, ma a prescia è brutta bestia e ti castìa! Ci voli testa, tattu a priviggenza, li menzi antinfortuni all‟occorrenza; la vita è un donu immensu e sacru beni ed è soltantu una e si ci teni! Lu nfernu lu preserva lu pasturi li mali li priveni lu dutturi, si vò frischiari, ridiri e cantari i rischi du travagghiu l‟ha scanzari!

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Insinna Emanuele

Morti jianca

Comu petali pricipitanu na la gebbia d‟Erebo, muta si tinci la petra di russu e l‟aria si carrica di chiantu. „Sti morti nun hannu sangu virmigghiu, la curruzioni di li fogni affuca lu loru gridu. Parranu ammatula oraturi supra li tabbuti, cummigghiati di fumi d‟incensu e di sacri orazzioni. Lu presidenti teni cunsigghiu, atturniatu da li granni ministri; annuncianu novi liggi, si scancianu stritti di manu, ma alla funesta nutizia di navutra morti jianca, comu spirdi scinninu da li parchi e spiriscinu. Resta sulu lu silenziu ora chiù tremendu. Viduvi ancora frischi di lacrimi e sacchiati di duluri, pi li morti di na guerra senza nsanguniati armi, si cummogghianu la facci pi „stà fuddìa. Vui comu petri grigi, di stratuna troppu longhi, cuntinuati a pricipitari senza scrusciu o lamentu, comu ùnna di chiummu

na un mari di ùmma. Corpi morti ca vicchiaia nun cugghìu. E comu carni d‟Abele, sulluvaru lu corpu, sfilaru muti. Di iddi ancora si sintìa lu ciavuru di la fatica e un sensu d‟abusu

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La Sala Laura

Amuri di Diu

Chi vita spricata! Na cursa Na trumma rutta Pi lu tantu sunari Cu grida duluri Di bottu nto lettu di lu spitali Ddi ludi accicanti Ddi tuba ntubati nta li vivi Di vita fuggenti Ma doppu du misi Ritorna normali, ma tantu normali non c‟è! S‟adduna ca nun è chiù nenti Nun senti nta schina lu brividu dintra Ddu filu di lu corpu ormai si rumpì Un manichinu, un pupu ruttu addivintà Si senti lu cori tagghiatu a metà Pi ddi sensazioni divini ca Diu ci detti Si fici di lignu: Quannu nto lettu, lo tocca Scinninu lacrimi amari È lu corpu ca dormi Lu cori no! E grida l‟amuri ca senti Vulissi scappiari Cu la prisunzioni di vuliri campari E pensa: m‟arresta l‟amuri di Diu Lu pensu, lu sentu è dintra di mia.

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Leone Francesco

Damucci un tagghiu

Vogghiu parrari e mi trema lu cori; si staiu mutu, mi sentu d‟arraggiari… Allura gridu cu chiari palori chi sti fatti ‟un si ponnu suppurtari! A lu travagghiu ogni annu si mori a cintinara: giuvintù di jittari?! Tanti su‟ n-coma, àutri mutilati e àutri pi sempri allitticati. Pòviri matri e pòviri mugghieri, figghi, comu v‟aviti a cunurtari? E cu‟ li scippa li spuntuna feri chi n-cori vi sintistivu chiantari? Chi ponnu fari l‟amici sinceri, siddu nnarreri ‟un si pò riturnari? Pònnu luttari pi dàricci un tàgghiu a tristi condizioni di travagghiu. Certi fabbrichi sunnu na munnizza: impianti vecchi, machini usurati, quasi a zeru oramai la sicurizza, aumentanu perciò li sinistrati. Di integrità, accussì, nun c‟è cirtizza; a rìsicu si passa la jurnata. Quannu la nostra vita ‟un è sicura lu travagghiu addiventa na turtura.

L‟edilizia è na fabbrica di morti. Quantu famigghi a luttu, sdisulati! Troppu voti li cosi vannu storti: li pricauzioni nun su‟ rispittati. Allura nun si dici “mala sorti”, si chiamanu “disastri annunzïati”:

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nenti caschi, giubbotti e nenti nguanti, ponti mali cunzati e priculanti.

Nun si usanu cinghi né catini, li mpianti spissu su‟ mali isulati. Canteri, indùstrii, campagni, officini, su‟ tutti di piriculi atturniati. La morti aspetta dintra li cantini, si li cisterni un su‟ bonificati. Machini operatrici, gru, trattura, càusa sunnu di mala vintura.

Mittemuccilla tutta la passioni picchì sti fatti ‟un succerinu chiù. Pritinnèmu controlli ed ispezioni,

pi attϋari li liggi chi ci su‟,

ma migghiuràmuli cu dicisioni, nfruntannu li prublemi a tu pi tu. Urgenti su‟ ricerca e innovazioni puru pi na efficaci prevenzioni. Ci su‟ li liggi e vannu rispittati di cu‟ cumanna e li travagghiatura. Unu e l‟àutri sunnu ntirissati a privinìri ogni dannu e sbintura, circannu nsemi li menzi e li strati pi rènniri la vita chiù sicura. Accussì sulu si pò jiri avanti cu vantaggiu pi mprisa e lavuranti. Pritinnèmuli tutti li diritti, ma li duviri ‟un vannu trascurati. N‟attocca di filari sempri dritti, l‟ordini vannu ntisi e rispittati; divieti e avvisi chi truvamu scritti nna li travagghi, si ‟un su‟ calculati, annunzianu probbabili incidenti chi ‟un ni ponnu lassari indifferenti.

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Cu franca e onesta collaborazioni ogni problema si pò supirari. Travagghiatura, mprisi e istituzioni, cu la concordia ci la ponnu fari. Li fatti hannu a seguìri a ll‟intinzioni, ‟nveci di stari sempri a rimandari. ‟Un si pò fari luttu cittadinu, poi ripigghiari lu stissu caminu.

Pinsamu puru a chiddi chi arristaru: a li vìduvi e all‟orfani appinati. Li “morti bianchi” comu li lassaru? Di russu sangu foru assammarati, di nìvuri vistiti l‟appararu, di na nìvura sorti accumpagnati. Ora dàmucci aiutu, aiutu veru, no promissioni chi su‟ uguali a zeru.

Invalidi u‟ scurdamu e mutilati, bisugnusi di riabilitazioni. Si sèntinu assai spissu abbannunati, sunnu pigghiati di dispirazioni. Mpegnu ci voli e servizi adequati, pronti e all‟altizza d‟ogni situazioni. Pi tutti è na grossa anomalia la lintizza di la burocrazia. Corsi di formazioni e aggiornamenti su‟ nta la strata di la sicurizza; nun sunnu sfrazzi, sunnu investimenti, su‟ canuscenza chi na ciamma attizza di bon travagghiu e onesti sintimenti; pi l‟operaiu e la mprisu su‟ ricchizza: chì ogni dannu ponnu priviniri e a lu mumentu giustu interveniri.

“In primis” sicurizza è prevenzioni: sapiri ogni attu dunni va a parari; d‟ogni cuncegnu aviri cognizioni minutamenti prima di operari;

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fari ogni sorti di ricognizioni e nuddu indiziu suttavalutari, ristannu sempri vigili ed attenti a gas, ad acqua, a focu ed a correnti. Ci voli amuri, umanità, cuscenza, recipruca fiducia e informazioni, sempri attiva e fattiva la prisenza, e studiu, senza nudda presunzioni, «ma per seguir virtute e conoscenza». (Danti mi scusa pi la citazioni). E doppu Danti cu‟ pò cuntinuari? Ccà mi chiudu la vucca: m‟hâ‟ firmari!

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Renna Pietro

Cuscenzi di ricordi

N‟amaru pani prizzatu cu la vita, l‟ancili di la terra lu lassaru nsiccu a cannarozza di cu‟ vulìanu beni chi, agghiuttu dopu agghiuttu, „un po calari;

mpastatu fu cu l‟acqua di la frunti e li manu ntra li spini lu scanaru, nta “vucchi di focu” occhi nfruntaru, pi scasallu e nun fallu assinnari.

C‟è pani chi a li voti „un veni a fini, chiddu pusatu supra un ngagghiafossu, qual è la curpa di poviri mischini chi avvìanu a la so vota a passu lestu.

La morti nfilinìa nt‟agnuna orvi e nta distisi chiani e nta vadduna, chi nuddu si l‟aspetta o si nni adduna; idda s‟ammuccia nta un truppicuni di supra un puntili a celu apertu, mentri passi spinziratu la quacina; o nta un filu scusutu di currenti, chi arantu stai scucciannu risulenti mentri nta un nenti arresti appizzatu; nta na spigna sciddicata nta na cisterna, pi l‟occhi a pilu d‟acqua scannagghiari mentri nta ss‟acqua annea la to spiranza; idda t‟aspetta sora e ad ogni banna e lu so ciatu ncozzu ti ncatina, caina, si ruffiana a giuvani sduna, o s‟alliffìa „mbrugghiuna a lavuranti.

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“Morti bianchi” su e pi la raggiuni, chi comu janchi palummi vulàru nta l‟avuti speri di lu firmamentu, e la terra di luttu mascariàru cu nivuri linzola, chi a lu ventu scutuliàru, stisi “cuscenzi di ricordi”.

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Sarrica Michele

La morti è orva

(Ballata pi la morti e pi la sorti)

I

E la genti piatusa murmuriava... chi mala sorti, poviru picciottu! A so‟ matri cu‟ ci la porta sta mala nova a dda so‟ matri? Cu‟ ci lu dici a dda vecchia ca la morti si purtau „n-celu l‟unicu so‟ figghiu?

E la genti siddiata continuava... chi brutta fini p‟un patri di famigghia! Cu‟ ci la porta sta notizia a so‟ muggheri? E a li figghi cu‟ ci lu dici a ddi carusi troppu nichi ca persiru lu patri ntra li vampi? E la genti curiusa s‟affuddava. Dissi „na vecchia, asciucannusi li occhi, ca nta la notti avia sintutu un lupu... si fici la cruci e si susìu sintennu li finestri trantuliari. La morti è orva! A la vita sbattìu la porta „n-faccia. La morti è orva! - ripiteva la genti mentri si signava - Ju - dissi „na signura - vitti „na luci strana nta lu celu e pozzu giurari ca propriu nta sta chiazza

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vitti passari un omu lazzariatu. Lu ventu purtava la so‟ cruci e lu vasava. La morti è orva! Si purtau „n-celu puru la spiranza. La morti è orva! - ripiteva la genti mentri si signava - Stanotti - dissi „na picciotta - la morti scinniu nta la terra. La vitti cu sti me‟ occhi sicchi e ancora tremu pinsannu a la so‟ faccia. Scinniu da lu celu comu „n-lampu mmenzu lu fumu ca cummigghiava â luna, e „n-tempu ‟n-nenti addivintò assassina. Vinni pi cogghisi la vita d‟un picciottu ca era „na culonna. La morti è orva! E lu destinu è „nfami e tradituru. Nta la chiazza c‟era sulu fumu ummiri di chiuppi e un cani c‟abbaiava. La vita aveva lassatu „n-pignu sulu du‟ paroli. La morti è orva! II La morti nun è orva, ripiteva gridannu lu me‟ cori. Sì Diu fici lu jornu pi li ciuri e pi li stiddi s‟invintò la notti nun po essiri orva la coscenza né lu duluri po essiri senz‟occhi. La morti nun è orva: è la spiranza!... La festa c‟accumincia!... La matri ca nni presenta a lu Signuri!...

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La morti nun è orva! E li pinseri s‟affuddavanu piatusi nta lu silenziu di la me‟ notti senza sonnu. La morti nun è orva! III Ma ora, nta stu mumentu ca la pietà mi smancia pi „na traggedia c‟apparteni a mia, pensu a cu‟ arresta doppu sta nuttata. Quali parola po‟ cunsulari a dda carusa doppu ca la morti trasìu nta la so‟ casa... nta la stessa casa dunni so‟ maritu la faceva sentiri reggina l‟unica reggina di lu so‟ palazzu?... Un palazzu cu‟ du‟ stanzi senza porti un palazzu di vitru e di poesia dunni trasevanu li stiddi lu ventu e li furmichi e tutti li paroli cchiù „mportanti parevanu figghiati nta lu cori. Cu‟ ci lu cunta, „n-celu, a la signura morti ca ddi quattru sordi d‟operaiu tincevanu d‟azzolu puru li sonnira cchiù granni? Cu‟ ci lu cunta stu dannu a sta me‟ terra? E lu me‟ cori siddiatu murmuriava: la morti nun è orva! Li veri orvi li veri surdi li veri amici di la signura morti sunnu li patruna strafuttenti... chiddi ca pi li sordi lassanu mòriri puru li so‟ figghi.

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Spera Maria Rita

Ma chi travagghiu è

Ma chi travagghiu è… Chi chifferi chi ci vinni. Ma,si misi a travagghiari. Ma,va iettati a mari. Travagghiari propia tu. Io pregu già Gesù. Gesù ti l‟avi a livari di la menti stu travagghiu. Nun è cosa, nun è versu. Stu travagghiu è assai stranu, iddu voli arrascari lu funnu di lu tianu. Ma chi razza Di tavagghiu è chistu, ora pregu ancora a Gesù Cristu…

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Valenti Pietro

Pani ri travagghiu cu morti Cumpagni, curriti curriti stannu murennu ri focu i nostri frati travagghiaturi, chianciti chianciti patri, matri, mugghieri, figghi e parenti patruni, pentiti pentiti maliritti, lurdi ri sangu pi ricchi prufitti cumpagni „n autu, acchianati acchianati prestu ancili, ri crudeli fatu distinati taliati genti taliati chistu è pani ri travagghiu cu morti populu ri tuttu u munnu, viriti viriti „n terra, tali u stissu patruni aviti Viscuvu, chi biniriti biniriti setti morti pi manu ri riavuli mai scumunicati cumpagni morti tutti, vivi tutti „n bannera ri legalità e lotta sempri avanti

Pane di lavoro con morte

Compagni, correte correte stanno morendo arsi i nostri fratelli lavoratori, piangete piangete padri, madri, mogli, figli e parenti padrone, pentiti pentiti sporco di sangue per ricchi profitti compagni in alto, salite salite presto angeli, di crudele fato destinati guardate genti guardate questo è pane di lavoro con morte popolo di tutto il mondo, vedete vedete in terra, tale lo stesso padrone avete vescovo, che benedite benedite sette morti per mano di diavoli mai scomunicati compagni morti tutti, vivi tutti in bandiera di legalità e lotta sempre avanti

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Vecchio Giovanni

Parti la matina

Parti la matina prestu a travagghiari lestu ccu armu e ccu suduri cuntitizza a tutti l‟uri. Pensa a so‟ Maria cchi figghi „n cumpagnia, ma ppi tirari avanti ppi forza uri tanti. Non torna cchiù stasira „a corda cchiù nun tira, disgrazia capitau e „a vita ci appizzau. Chiama „a to‟ Maria Cchi figghi sempri a tia E grida la so‟ pena Ccu vuci di sirena. Ti chiama e mai si stanca „a vuci ora ci manca E dici e‟ picciriddi Ca tu si ccu li stiddi. E quannu „n celu varda lu cori so‟ nun tarda a sintiri „a to‟ vuci ca forti binidici e „o munnu manna a diri nun è accussì ca a jiri, e „u travagghiu dici puru ci voli cchiù sicuru.

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