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1 TANZANIA 1

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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO: 23 – 24 giorni.

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Giugno - Novembre (stagione secca), ma potenzialmente tutto l’anno.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Vi consigliamo di adoeprare sia per il volo di andata che per quello di

ritorno il Kilimanjaro International Airport che si trova a breve distanza dalla

città di Arusha.

FUSO ORARIO: + 2 ore rispetto all’Italia.

DOCUMENTI NECESSARI: Necessario il passaporto con validità residua di almeno 6 mesi e il visto per

motivi turistici che va richiesto all’ambasciata o al consolato tanzaniano in

Italia. Nel caso può anche essere rilasciato direttamente all’arrivo negli

aeroporti internazionali di Dar es Salaam, Zanzibar o del Kilimangiaro.

PATENTE RICHIESTA: Necessaria la patente internazionale. Noleggiate auto robuste (meglio se

fuoristrada) visto la condizione non sempre agevole della rete stradale, spesso

sterrata. E’ obbligatorio stipulare un’assicurazione locale per circolare (in

genere ci penserà a questo già l’autonoleggio). Si guida a sinistra.

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RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Nel complesso il livello di sicurezza nella nazione è buono. Si registrano solo

sporadicamente aggressioni nei confronti dei turisti stranieri allo scopo di

estorsione di denaro o furti (specie nelle grandi città, in primis Dar es Salaam).

Le aree della nazione più problematiche sono quelle estreme occidentali, nei

pressi dei confini con il Ruanda, il Burundi e la Rep. Democratica del Congo

dove si registra la presenza di bande armate. Sotto un profilo sanitario la

copertura ospedaliera in Tanzania è accettabile solo nelle principali città (ma

sotto gli standard occidentali), mentre nelle aree rurali è pressoché nulla.

Cercate di evitare di consumare cibi crudi, acqua non imbottigliata (non

aggiungete ghiaccio) e stipulate assolutamente un’assicurazione sanitaria che

copra le spese mediche in loco e che preveda un’eventuale rimpatrio sanitario

in caso di necessità. Tra le malattie particolarmente diffuse in Tanzania si

ricordano il colera e la dengue (anche a Zanzibar), ci sono endemismi per

quanto riguarda la malaria, la rabbia, il tifo, il paratifo, epatiti virali, tetano,

difterite, morbillo, AIDS e la biliarziosi (evitate di fare il bagno in corsi

d’acqua non reputati sicuri). Per le malattie prima menzionate per cui sono

disponibili vaccini o profilassi è bene premunirsi con coperture prima della

partenza.

MONETA: SCELLINO della TANZANIA.

TASSO DI CAMBIO: 1 € = 2669,47 Scellini della Tanzania.

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Descrizione del viaggio:

1° - 2° giorno: trasferimento fino ad Arusha

Raggiungere il cuore selvaggio della Tanzania e i suoi celeberrimi parchi nazionali settentrionali situati nei pressi della Rift Valley è

diventata una sfida decisamente più abbordabile per chiunque dopo l’apertura nel 1971 del Kilimanjaro International Airport, un grande

scalo passeggeri che sorge a 50km (75 minuti) da Arusha, la principale cittadina di questa porzione della Tanzania. La costante richiesta da

parte di turisti provenienti da ogni angolo del globo per poter vedere in prima persona la leggendaria fauna africana nel suo habitat naturale

ha così incrementato il traffico aereo (giunto a 800.000 presenze negli ultimi anni) e aumentato l’efficienza e la cadenza dei voli di linea

verso questi paradisi naturali. Ad oggi non esistono ad ogni modo collegamenti diretti tra l’Italia e il Kilimanjaro International Airport ma

sappiate che per raggiungerlo, che voi partiate da Roma o da Milano, vi basterà compiere un singolo scalo intermedio presso uno degli

principali hub della penisola arabica (Dubai, Doha), ad Addis Abeba o presso gli scali aeroportuali di Francoforte od Amsterdam. La durata

media dei voli di andata si attesta mediamente tra le 15 e le 22 ore di viaggio ma complici anche le formalità da espletare all’arrivo per il

noleggio del mezzo e le procedure doganali sappiate che vi saranno necessari due giorni interi per essere operativi e pronti all’esplorazione

in quei di Arusha.

3° - 4° giorno: ARUSHA

Verde, dinamica, caratterizzata da un clima fresco e piacevole (si trova a circa 1400m sul livello del mare) Arusha è la principale e unica

vera cittadina di riferimento della Tanzania settentrionale (conta oltre 400.000 abitanti) e funge da ideale porta di ingresso per gli stranieri

ai tesori faunistici della nazione africana grazie alla sua prossimità al Kilimanjaro International Airport. Proprio per questo la cittadina

risulta essere spesso invasa da uno stuolo di procacciatori di clienti che vendono safari e tour tra i grandi parchi a prezzi stracciati

(ovviamente sono truffe) che possono essere assai insistenti e destabilizzare i nuovi arrivato che tutto si aspettavano in questo angolo

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paradisiaco dell’Africa meno che dover combattere con venditori assillanti. Se sarete furbi e scaltri ad evitare raggiri e a respingere con

educazione ma fermezza questi suadenti accompagnatori finirete però con l’apprezzare Arusha la cui scacchiera urbanistica è dominata dalla

vicina mole del Monte Meru e nelle cui vie si trovano negozi che vendono manufatti locali, alberghi adatti ad ogni esigenza e anche diverse

ristorazioni apprezzabili. Tra i luoghi da non perdere durante una preliminare visita in città vi ricordiamo di passare almeno un’oretta

all’interno del Natural History Musuem che pone l’accento specialmente sull’evoluzione della specie umana documentando la stesa con i

diversi ritrovamenti paleontologici fatti in Tanzania nel secolo scorso e di curiosare durante una seduta pubblica dentro la sede del Tribunale

Internazionale dell’ONU per i crimini del Ruanda che sta ancora svolgendo i procedimenti in essere nei confronti dei responsabili dei

genocidi avvenuti nello stato africano nel ‘900. Altrettanto interessanti sono i mercati di Central Market e Kilombero Market che offrono

spaccati della quotidianità locale davvero illuminanti (oltre alla possibilità di provare lo street food tanzaniano).

Come potrete intuire ad ogni modo una visita di Arusha città vi terrà occupati per non più di mezza giornata, ciò che invece rende

l’esperienza nella cittadina tanzaniana interessante sono le svariate possibilità di visitare i villaggi tradizionali ad essa adiacenti all’interno

dei numerosi programmi denominati Cultural Tourism Programs. La bellezza di queste escursioni starà nell’immergervi nella vita reale delle

comunità tradizionali del posto e sappiate che il più delle volte le somme che verserete per questi giri saranno ripartite proprio all’interno di

queste comunità sostentandole in maniera economica decisiva per la loro sussistenza. Tra i villaggi masai più interessanti nei dintorni di

Arusha si segnalano quelli di Ilkiding’a, Ilkurot, Mkuru (durante la cui visita spesso sono comprese escursioni su cammelli), Monduli Juu,

Ng’iresi e Tengeru. Non è necessario toccare tutti questi siti ma almeno un paio dovrebbero essere visitati per farvi un’idea migliore dello

stile di vita locale. Complessivamente così la vostra permanenza ad Arusha si dilungherà almeno per un paio di giorni interi.

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In prima immagine il moderno complesso che ospita il Tribunale Internazionale dell’ONU per i crimini del Ruanda che ha sede ad Arusha.

Quindi due scatti che immortalano alcune delle esperienze che potrete fare sfruttando le opportunità di visita ai villaggi tradizionali locali

che vi saranno messe a disposizione dai Cultural Tourism Programs che toccano diverse borgate nei pressi di Arusha.

6° - 7° - 8° - 9° giorno: ARUSHA NATIONAL PARK & MONTE MERU

Nonostante sia uno dei più piccoli parchi nazionali della Tanzania (si estende su soli 137km2) e sorga in una posizione praticamente

adiacente alla grande città di Arusha (40km, 1 ora di auto) l’Arusha National Park sarà per molti una delle sorprese più inaspettate del

vostro viaggio in Tanzania. All’interno di questo piccolo scrigno si trovano infatti aree lacustri, foreste pluviali, savane, paludi, crateri

primordiali e il cono vulcanico ormai estinto del Monte Meru che con i suoi 4566m è una delle vette più prominenti di tutto il Continente

Nero. Tutta questa diversità di habitat presenti in maniera ravvicinata tra loro contribuisce anche alla spiccata biodiversità delle specie

faunistiche presenti comprendenti oltre 300 tipologie di avifauna (moltissimi fenicotteri), una concentrazione insolita di giraffe ma anche

ippopotami, bufali, facoceri, antilopi, leopardi e iene. Ovviamente la durata della vostra permanenza all’interno dell’Arusha National Park

sarà da soppesarsi in base al fatto che vogliate o meno provare l’impresa di scalare il Monte Meru (seconda vetta della Tanzania). Se

opterete per questa impresa alpinistica sappiate che dovrete riferirvi ad agenzie specializzate della zona che vi forniranno attrezzatura,

supporto logistico e vi metteranno a disposizione guide fidate ed esperte con cui portarvi alle alte quote del vulcano (queste ultime davvero

indispensabili anche se penserete di provare l’ascesa con stile alpino). La via di ascesa più frequentata e comoda è la Momela Route che nel

volgere di quattro giorni vi permetterà di salire il vulcano e fare rientro al Momela Gate, ingresso del parco e punto di avvio dell’escursione

situato sulle pendici orientali del Monte Meru. La prima tappa consta di una risalita di circa 1000m di dislivello (5 ore di cammino per 10km

di sviluppo) dal Momela Gate al Miriakamba Hut (2514m), il primo rifugio attrezzato sulla via di salita. Il percorso si svolge dentro una

lussureggiante foresta ed è un ottimo modo per approcciare l’ambiente botanico locale, nonché vi porterà nei pressi del Cratere del Monte

Meru. La seconda giornata vi porterà dal Miriakamba Hut fino al Saddle Hut (1050m di dislivello, 3570m di quota). In questa sezione si esce

dalla selva e ci si inizia a muovere su praterie d’alta quota e i più instancabili potranno dal rifugio portarsi anche al Little Meru (3820m) o al

Rhino Point due punti panoramici eccezionali da cui si godono viste che spaziano persino fino al Kilimanjaro. La terza giornata di ascesa

consta invece nel vero e proprio attacco alla vetta (altri 1000m di dislivello, 4-5 ore di cammino). Vi consigliamo di partire ancora con il

buio della notte per giungere in vetta per ammirare l’alba sul Kilimanjaro, davvero indimenticabile, e per evitare le nebbie della tarda

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mattinata che possono facilmente offuscare completamente la visuale dalla vetta (una vera disdetta dopo giorni di fatiche). Il contesto in

questo caso è di vera alta montagna con attraversamenti su rocce affilate e temperature che specie di notte scendono di alcuni gradi sotto lo

zero, ma in compenso al sorgere del sole fa abbastanza caldo. Per la nottata di questa tappa vi consigliamo di fare un’altra sosta al Saddle

Hut. L’ultima giornata invece serve al mero rientro sul percorso di salita fino al Momela Gate (2000m di dislivello negativo).

Qualora non ve la sentiste di intraprendere questa emozionante scalata in terra d’Africa non disperate: la sezione orientale dell’Arusha

National Park è sufficientemente interessante per trascorrere un paio di giorni alla scoperta della natura selvaggia. Nell’area meridionale

del parco si trova lo Ngurdoto Crater, un cratere dal fondale paludoso circondato da foreste e nei cui pressi sorge la Serengeti Ndogo,

un’area di savana in cui si muovono sempre diverse zebre. Nella zona nord dell’Arusha National Park si collocano invece i Momela Lakes,

bacini lacustri bassi e alcalini alimentati da corsi d’acqua sotterranei e di diversi colori (a causa delle diverse alghe che li popolano) che

sono l’habitat ideale per i vari uccelli autoctoni. Entrambe queste zone si possono raggiungere con safari mediante fuoristrada e la pista nota

come Park Road offre le migliori possibilità di avvistamento della fauna selvatica del parco nazionale. Vista la vicinanza dell’area sottoposta

a tutela con la città di Arusha è altresì possibile in questo caso pernottare in città e raggiungere il parco per comode escursioni diurne in

giornata.

Tre immagini che riassumono molti degli aspetti più spettacolari dell’Arusha National Park, un vero scrigno di biodiversità e habitat

differenti raccolti entro minuti confini. Qui si passa dalle alte quote (4566m) del Monte Meru ad enormi branchi di giraffe che si muovono tra

le savane basali del Serengeti Ndogo fino a toccare i bacini alcalini dei Momela Lakes sorvegliati dalla grande mole del Kilimanjaro.

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9° - 10° giorno: LAKE MANYARA NATIONAL PARK

La nona giornata di viaggio consta del primo vero trasferimento dalle aree prospicienti Arusha, i suoi villaggi rurali e il Mont Meru per

approcciarsi muovendo verso occidente al primo incontro con la mitica Rift Valley africana. Questa complessa ed articolata formazione

geologica consta di una fenditura nella crosta terrestre generata dal progressivo allontanamento tra la zolla tettonica africana nubiana e

quella africana somala (di cui fa parte anche la sezione del Corno d’Africa) che si palesa agli occhi dei viaggiatori come una profonda

vallata (si va da qualche centinaio fino a migliaia di metri) larga tra i 30 e i 100km che attraversa da nord a sud l’Africa orientale. Se la sua

estremità nord (coincidente con il cosiddetto Triangolo di Afar o Depressione di Dankalia, in Etiopia) è comune, proseguendo verso

l’Equatore la Rift Valley si scinde in una sezione occidentale caratterizzata dalla presenza lungo la sua faglia dei grandi laghi interni africani

(Alberto, Eduardo, Kivu e Tanganica) e in quella orientale, che attraversa Kenya e Tanzania, ossia quella che potrete ammirare in questo

distretto. In questa sezione della Rift Valley i laghi sono meno grandi e spesso alcalini o comunque vi si rileva un’alta salinità e il Lake

Manyara è proprio uno di questi specchi d’acqua. Il Lake Manyara National Park (120km, 90 minuti da Arusha) tutela però oltre al bacino

lacustre stesso anche le sue sponde caratterizzate da un’alternanza di foreste primarie, ambienti secchi come la savana e anche il ripido

versante occidentale di questa scarpata della Rift Valley orientale. Sebbene non possa vantare una concentrazione di fauna selvatica

paragonabile ai suoi straordinari vicini sarebbe un grave errore sottovalutare le potenzialità di questo parco che è un vero e proprio

santuario specialmente per l’osservazione ornitologica, specialmente dei fenicotteri che lo raggiungono tra novembre e giugno in un numero

che non si distanzia troppo dai due milioni di esemplari. Oltre a questi splendidi uccelli color rosa che donano un tocco inconfondibile al

Lake Manyara si registrano poi le presenze di diversi leoni (che insolitamente amano arrampicarsi e appollaiarsi sugli alberi di acacie per

riposare), ippopotami, zebre, giraffe, bufali, babbuini, gnu, leopardi e, in misura minore, di elefanti. Per muoversi all’interno del parco è

necessario pagare una tariffa di ingresso ed è altamente consigliabile, se non obbligatorio, farvi accompagnare da guide locali che hanno a

disposizione anche armi con cui difendersi in caso di necessità se foste invischiati in attacchi da parte dei grandi predatori. Tra le attività

classiche del Lake Manyara National Park si ricordano le uscite di trekking nella natura selvaggia, tra cui spicca il Lake Shore Trail, un

percorso lungo il quale ci sono altissime possibilità sia di entrare in contatto con la fauna selvatica terrestre sia di ammirare lo spettacolo dei

fenicotteri che si librano sul bacino lacustre. Se non avete particolari esigenze di tempo risicato a disposizione vi raccomandiamo di

predisporre almeno due giorni per un’esplorazione esauriente del parco, magari soggiornando per la notte nel vicino centro di MtoWa Mbu,

dinamico villaggio situato appena oltre i confini settentrionali del parco che propone diverse sistemazioni anche a buon mercato.

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A torto spesso sottovalutato ed eslcuso dai flussi turistici principali che percorrono i grandi parchi del nord della Tanzania il Lake Manyara

National Park è uno scrigno zeppo di grandi sorprese: qui potrete ammirare direttamente la composizione geologica unica della Rift Valley,

vedere il lago tappezzato di una coperta rosa formata da milioni di fenicotteri e ammirare il singolare fenomeno dei leoni arrampicatori.

11° giorno: KONDOA

Al fine di intervallare per una giornata la scorpacciata di natura selvaggia e fauna spettacolare che contraddistingue la Tanzania

settentrionale il sito di arte rupestre di Kondoa è esattamente il diversivo di cui iniziavate a sentire la necessità. Collocato a circa 230km (3

ore e mezza) dalle aree ricettive del Lake Manyara e del Tarangire National Park queste rocce dipinte hanno avuto una genesi

particolarmente lunga nel corso della storia: ne fanno parte infatti sia petroglifi di oltre 7000 anni fa che composizioni che datano al

massimo alcune centinaia di anni. Persino la paternità di queste opere è dubbia: molti studiosi stimano che siano stati i Sandawe

(imparentati con i San dell’Africa australe) gli autori dei disegni più antichi ma molti sostengono che diverse opere sono state realizzate per

mano di culture bantù successive. Le immagini sono state realizzate a mano o con l’ausilio di rudimentali attrezzi (canne o ramoscelli) con

pigmenti che vanno dal bianco al rosso e dall’arancio al marrone e ritraggono sia uomini intenti a cacciare, a danzare o a suonare che la

ricca fauna locale. Per accedere a questo sito rupestre dovrete entrare in possesso di un apposito permesso che potrete ottenere nella

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limitrofa cittadina di Kolo e poi scarpinare, meglio se accompagnati da una guida, per un paio d’ore tra le alture della Tanzania centrale.

Sarete però ricompensati dalle vostre fatiche dalla vista di oltre 180 siti di arte rupestre (tra i migliori dell’Africa intera) tra cui ci sentiamo

di menzionarvi per grandiosità espressiva quelli di Fenga e Thawi, situati ambedue a una ventina di chilometri a nord di Kolo. Se non siete

più che cultori assidui di arte rupestre vi basterà una giornata per una sommaria ma esaustiva visita del sito di Kondoa, tenendo bene a bada

di riservarvi il tempo necessario al pomeriggio per fare muovere in direzione della vostra nuova location serale entro i confini del Tarangire

National Park (185km , 3 ore) per la nottata.

In queste tre istantanee si può ammirare tutta la sorprendente qualità artistica realizzativa dei petroglifi di Kondoa, uno dei siti di arte

rupestre più importanti di tutto il Continente Nero che annovera pitture risalenti addirittura a 7000 anni fa.

12° - 13° giorno: TARANGIRE NATIONAL PARK

Incastonato lungo il corso del fiume Tarangire che percorre un sistema di savane disseminate di baobab ed acacie ad ombrello che si

allungano per 2600km2 a sud-est del Lake Manyara questo parco nazionale è una felice e stuzzicante scoperta imprevista per chi si accinge al

tour dei grandi parchi del nord della Tanzania. Il meglio quest’area protetta la riserva ai visitatori soprattutto nella stagione secca (agosto –

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ottobre) quando enormi branchi di zebre, gnu, antilopi ed elefanti raggiungono il corso del Tarangire per abbeverarsi creando la più alta

concentrazione di fauna selvatica di tutta la Tanzania dopo il Serengeti. Diverso è invece il discorso nella stagione umida quando il parco

pare quasi svuotarsi a causa delle possenti migrazioni della fauna selvatica che si muove in direzione delle Masaai Steppe, un’area grande

quasi dieci volte il Tarangire National Park che funge da loro dimora nel periodo piovoso. Oltre aii grandi erbivori prima menzionati ad ogni

modo qui si annovera la presenza anche di centinaia di antilopi, kudu, gazzelle, giraffe, impala, rinoceronti, dik-dik, bufali seguiti a stretto

giro di posta dai tre grandi predatori africani: leoni (circa 700), leopardi e ghepardi. Per quanto concerne una visita che possa dirsi

soddisfacente al Tarangire National Park vi suggeriamo di prevedere almeno un paio di giorni in loco che potranno svolgersi in splendidi

safari automobilistici dapprima nel Triangolo Settentrionale del parco (nei pressi del Tarangire Safari Lodge, 75km, 90 minuti da Mto Wa

Mbu, la migliore struttura ricettiva della zona in cui sarebbe bene fermarsi per la notte in modo da essere subito sul posto per l’osservazione

della fauna già alle prime luci dell’alba) e in seguito lungo il corso del fiume Tarangire stesso e nelle aree paludose note come Silale,

Lormakau e Ngusero Oloirobi Swamp. In tutti questi luoghi infatti si registra storicamente la massima concentrazione faunistica. Per

massimizzare ad ogni modo le possibilità di una buona riuscita dei vostri safari vi esortiamo a ingaggiare una guida del parco e farvi

condurre da questa tra le meraviglie naturali del Tarangire National Park.

Incredibilmente spesso sottovalutato o persino escluso dai principali tour dei grandi parchi della Tanzania settentrionale il Tarangire

National Park è una gemma di prim’ordine tra i tesori naturali africani. Specialmente nella stagione secca le sue grandi savane punteggiate

da acacie ad ombrello e immensi baobab diventano infatti terreno di raggruppamento per enormi branchi di erbivori assetati che formano la

seconda più alta concentrazione di fauna selvatica della Tanzania dopo il Serengeti.

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14° giorno: LAGO EYASI

La quattordicesima giornata spesa tra gli spettacolari altopiani e i profondi versanti della Rift Valley orientale della Tanzania coincide con il

terzo spostamento di location dell’itinerario proposto permettendovi di farvi di muovere dalla zona del Lake Manyara e del Tarangire sino ai

resort che trovano ubicazione nei pressi dello straordinario Cratere del Ngorongoro. Al fine di non rendere questa tappa un mero

spostamento automobilistico vi suggeriamo di compiere lungo il tragitto una deviazione in direzione del Lake Eyasi, un bacino stagionale

poco profondo che si colloca ad un’altitudine di circa 1000m e che si stima essere popolato ormai da 10.000 anni dalla tribù degli hadzabe

che oggi come un tempo vive di caccia e raccolta secondo usi millenari e che parla un idioma dalla fonetica caratteristica a schiocchi che

ricorda i dialetti ancestrali San diffusi nell’Africa australe. L’importanza antropologica degli hadzabe è elevatissima poiché gli studiosi

stimano essere queste le ultime genti dell’Africa orientale che vivono ancora di sussistenza secondo dettami preistorici, organizzati in piccoli

gruppi di 25-30 individui che crescono i propri figli in comunità e che mettono a disposizione della collettività praticamente tutti i propri

averi. Visitato di rado il Lago Eyasi permettere di cogliere ancora il fascino selvaggio della Tanzania di una volta, lontana anni luce dallo

sviluppo turistico delle aree più battute. A corroborare questa sensazione è anche la spiccata stagionalità del livello del lago stesso,

completamente regolato dal ritmo delle piogge. Il periodo durante il quale il bacino si presenta in condizioni migliori è quello che va da

giugno a novembre quando qui volteggiano in cielo e si librano sulle acque enormi stormi di fenicotteri e pellicani. Centro nevralgico per

quanto concerne una visita turistica del Lago Eyasi è il villaggio di Ghorofani (170km, 3 ore e mezzo dal Tarangire National Park), sede di

un pittoresco mercato mensile, e luogo dove si concentrano le strutture ricettive della zona. Qui potrete facilmente ingaggiare guide locali

che vi permetteranno di vedere la ricca avifauna locale portandovi negli anfratti più spettacolari del lago ma anche condurvi presso le tribù

hadzabe per entrare in contatto con questo incredibile stile di vita ancestrale (i più determinati potranno persino decidere di fermarsi qui per

una notte e prendere parte a una battuta di caccia in compagnia di queste genti all’alba del giorno successivo). Per chi invece deciderà di

dedicare una sola giornata al Lago Eyasi vi si ricorda che verso metà pomeriggio dovrete necessariamente riprendere i vostri mezzi e

portarvi fino alle strutture ricettive ben sviluppate del vicino Cratere del Ngorongoro (90km, 2 ore).

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Due immagini che riassumono l’essenza della remota e poco battuta area del Lake Eyasi, bacino stagionale della Rift Valley tanzaniana. In

prima fotografia si immortalano le grandi colonie di fenicotteri che popolano il bacino da giugno a novembre, mentre nella seconda

immagine vengono ritratti gli hadzabe, popolazione locale che vive ancora in maniera primitiva, di caccia e raccolta.

13° - 14° - 15° - 16° - 17° giorno: CRATERE DI NGORONGORO - LAGO NATRON

Pochi luoghi al mondo provocano un impatto emotivo tanto straordinario in qualsiasi viaggiatore quanto il Cratere di Ngorongoro, una

immensa caldera di matrice vulcanica (ha un diametro di 19km, una delle più grandi esistenti sul pianeta) situata a 2200m sul livello del

mare che per la sua particolarità di possedere perennemente rigogliose praterie sul fondo dell’ex bocca eruttiva richiama al suo interno una

concentrazione di fauna selvatica che non ha praticamente eguali in tutto il Continente Nero (mediamente vi sono 25.000 esemplari di grossa

taglia al suo interno). Nonostante le pareti che circondano il cratere siano parecchio scoscese e alte (400-600m) questo non è infatti un

motivo sufficiente per far desistere i branchi di animali dal discenderle: la disponibilità di erba è pressoché illimitata e vi sono sorgenti e

zone paludose perfette per abbeverarsi. Qui avrete senza alcuna difficoltà la possibilità di avvicinare leoni, elefanti, zebre, gazzelle, gnu,

bufali, antilopi, iene, sciacalli, ippopotami, babbuini, ghepardi, leopardi e persino i rari rinoceronti neri. Il Cratere di Ngorongoro è altresì

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anche una storica dimora dei masai (qui ne vivono quasi 40.000), popolazione autoctona della zona che ha il privilegio unico di poter far

pascolare il proprio bestiame all’interno della caldera. I masai sono una delle etnie più ancorate alle proprie tradizioni e usi dell’Africa

intera: rifuggono la modernità e conducono una vita imperniata ancora sull’allevamento del bestiame, tanto che le decisioni tribali prese in

genere dai vecchi saggi sono per lo più redatte con il solo scopo di far proliferare i propri animali da pascolo. Presso le loro comunità

inoltre è ancora in vigore l’usanza della poligamia e i diritti delle donne sono quasi nulli se confrontati a quelli degli uomini.

Giacché il Cratere di Ngorongoro è uno dei luoghi più celebri e frequentati dai tour organizzati che conducono i turisti all’osservazione della

fauna selvatica africana qui avrete modo di avere a disposizione splendidi resort sull’orlo della caldera ma dovrete mettere in conto anche un

fastidioso affollamento di jeep e flash fotografici mentre tenterete di approcciarvi alla natura selvaggia africana. L’accesso alla caldera di

Ngorongoro avviene mediante una strada che ne percorre la sezione meridionale dell’orlo del cratere (sempre affollata di bambini masai che

si prestano volentieri a foto ricordo se adeguatamente ricompensati) e poi ne discende le pareti attraverso strade sterrate percorribili solo

con veicoli 4x4. Una volta scesi all’interno di Ngorongoro (l’accesso è consentito solo dalle 6 alle 18 e avviene generalmente dalla strada di

Seneto) non dovrete far altro che muovervi liberamente tra questa gemma naturale tanto splendente da essere da anni annoverata tra i

patrimoni dell’umanità recensiti dall’UNESCO senza però dimenticare di toccare alcuni punti chiave della piana interna come il Lake

Magadi, oasi ornitologica sempre stracolma di fenicotteri, le Mandusi Swamp o la Lerai Forest. Visto la bellezza davvero eccezionale del

Cratere di Ngorongoro vi raccomandiamo di mettere in programma al minimo un paio di giorni per familiarizzare con questo ambiente unico

al mondo.

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Due immagini che rendono solo una vaga idea della strabiliante bellezza naturalistica del Cratere di Ngorongoro, autentica terra promessa

di chiunque abbia una anche vaga volontà di entrare in contatto con la fauna selvatica africana. Qui nella piana interna di questa gigantesca

ex caldera vulcanica si raggruppa una concentrazione di fauna che davvero non ha eguali in qualsiasi altra zona della Tanzania.

Non dimenticate infine per nessuna ragione mentre sarete in zona di esplorare anche la sezione che si estende a nord-est del Cratere di

Ngorongoro, nota come Crater Highalnds. Si tratta di un raggruppamento di coni vulcanici estinti o ancora attivi che testimoniano l’attività

geologica di questa sezione della Rift Valley particolarmente spettacolare, inoltre per chi non prediligesse gli affollamenti dello Ngorongoro,

quest’area sarà una vera mecca con una paio di altre caldere popolate da fauna selvatica ma molto meno frequentate (crateri di Olmoti e

Empakaai, 60km, 2 ore dalle strutture ricettive di Ngorongoro) e numerose opportunità di fare trekking in un contesto naturalistico

straordinario. Tra queste ci sentiamo di raccomandarvi l’escursione di due giorni che vi porterà dal Cratere di Empakaai sino alla sommità

incredibilmente panoramica del cono vulcanico perfetto (e tuttora attivo) dell’Ol Doinyo Lengai (2878m). Qualora aveste poi ulteriormente

del tempo a disposizione non lasciatevi sfuggire l’occasione di raggiungere una quarantina di chilometri a nord dell’Ol Doinyo Lengai

(almeno 3 ore di jeep su fondo particolarmente sconnesso) il misterioso Lago Natron uno specchio d’acqua alcalino dalla modestissima

profondità (al massimo tre metri) ma di grande estensione (fino a 600 km2 nella stagione delle piogge, spingendosi oltre il confine keniota).

La peculiarità del Natron è di essere talmente soggetto a forti evaporazioni tanto che nella stagione secca diviene completamente rosso

porpora (per l’azione di alcuni cianobatteri che lo popolano) con striature biancastre di sodio che creano una sorta di ragnatela visibile sulla

sua superficie davvero fotogenica. Le alte concentrazioni di minerali tuttavia lo rendono così caustico (non è possibile nemmeno bagnarsi i

piedi altrimenti sarete ustionati chimicamente) che la vita non prolifera al suo interno, tranne l’iconica eccezione dei fenicotteri che protetti

da particolari strati cornei sulle zampe riescono ad immergervisi e creano uno dei soggetti fotografici più amati della Tanzania

settentrionale. Infine è abbastanza frequente nelle sue acque rinvenire corpi di animali morti qui in precedenza che appaiono come

mummificati da questo particolare microclima, sebbene in realtà essi siano solamente non decomposti a causa della mancanza di animali

sarcofagi capaci a sopravvivere agli intensi valori di ph (9-10,5) assai basici del Lago Natron. Nel caso decideste di visitare il lago sappiate

che le uniche e migliori sistemazioni per la notte presenti in zona si collocano lungo il limite meridionale del bacino, presso il villaggio di

Engaresero.

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In prima immagine un dettaglio di uno dei lussuosi lodge per turisti che ormai caratterizzano l’orlo del Cratere di Ngorongoro, quindi al

centro un trio di uomini masai in abiti tradizionali ed infine uno sguardo sull’Ol Doinyo Lengai, vulcano simbolo delle Crater Highlands.

18° giorno: GOLA DI OLDUVAI

La diciottesima giornata di questo tour nel cuore selvaggio della Tanzania corrisponde al trasferimento dall’area del Cratere di Ngorongoro

verso le sterminate e favolose lande pianeggianti del Serengeti. Lungo questo relativamente breve percorso (150km, 3 ore) godrete però di

alcune delle viste più memorabili che possiate mai aver anche solo immaginato di scrutare nel corso della vostra vita. Raggiungendo la

sezione occidentale del cratere di Ngorongoro e guardando verso ovest lo sguardo avrà modo di spaziare nelle terre dei masai, su branchi di

animali selvatici spersi nella Rift Valley e nondimeno di cogliere in lontananza il complesso geologico della Gola di Olduvai (75km, 90

minuti dallo Ngorongoro). Ciò che rende straordinaria questo burrone profondo 90m e lungo 48km formatosi nel corso degli ultimi due

milioni di anni sono le testimonianze preistoriche uniche al mondo che si sono rinvenute al suo interno, cristallizzate nel tempo grazie alla

ciclica deposizione di materiali eruttivi vulcanici che fino a 15.000 anni fa hanno sedimentato i resti sul fondo della Gola di Olduvai.

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All’interno della gola sono stati ritrovati teschi di australopitechi, le orme più antiche mai rinvenute dei nostri progenitori (le Orme di Laetoli

di 3,75 milioni di anni fa) e scheletri anche di Homo Habilis e Homo Erectus, che col passare dei millenni si sono evoluti nell’Homo Sapiens

Sapiens, la nostra specie. Appare davvero imprescindibile visitare il piccolo ma illuminante Olduvai Museum, frutto del certosino lavoro

della coppia di paleoantropologi inglesi Leakey, che bene esplica le teorie evoluzionistiche elaborate sulla nostra provenienza grazie anche

alle scoperte avvenute proprio qui a Olduvai e che palesa alcuni degli aspetti meno noti della gola. Altrettanto interessante è una camminata

sul fondo della stessa, un percorso durante il quale avrete come l’impressione di stare muovendovi entro la culla dell’umanità. Se non siete

cultori dell’archeologia o dell’antropologia una giornata di stanza ad Olduvai potrà essere reputa del tutto sufficiente per una sua scoperta

ma a sera ricordatevi di muovere verso le strutture ricettive del vicino Serengeti National Park (95km, 90 minuti), che fungeranno da vostra

nuova e ultima base per il proseguo del viaggio.

In prima fotografia una sezione della Gola di Olduvai, uno dei siti paleontologici più preziosi e ricchi di testimonianze della nostra

evoluzione umana del mondo. Al centro infatti ecco un pannello esplicativo delle varie fasi, da australopiteco a Homo Sapiens Sapiens della

nostra evoluzione presso l’Olduvai Museum. Infine una delle immagini più d’impatto visivo ed emotivo di tutta l’Africa: la grandiosa vastità e

concentrazione di vita del Serengeti National Park così come appare dal punto di ingresso meridionale di Naabi Hill.

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19° - 20° - 21° - 22° giorno: SERENGETI NATIONAL PARK - MASAI MARA NATIONAL PARK

Il Serengeti. Un luogo dove la leggenda diventa realtà, dove le immaginazioni infantili trovano riscontro tangibile stando di fronte a milioni

di animali che vagano liberi in praterie apparentemente senza fine. Un tale inno all’eccezionalità del nostro pianeta e della vita che lo popola

che nessuno, ma davvero nessuno, una volta che lo vede di persona potrà mai rimanerne indifferente o dimenticarselo per il resto dei suoi

giorni. Esteso su 14.763 km2 nell’angolo nord-occidentale della Tanzania e confinante con il suo corrispettivo Masai Mara in Kenya, il

Serengeti National Park è davvero una pianura sconfinata (traduzione letterale del vocabolo masai a cui deve il suo epiteto) scevra di

vegetazione ad alto fusto dove la vita segue i ritmi primordiali della stagionalità e in cui si verificano alcune delle migrazioni faunistiche più

spettacolari del mondo. Sono soprattutto gli sterminati branchi di gnu (oltre un milione e mezzo di capi) a guidare l’orologio del Serengeti: se

durante la stagione delle piogge (gennaio-marzo) questi animali si radunano principalmente nella sezione meridionale del parco per far

nascere i propri cuccioli con il diminuire dell’acqua a disposizione (aprile-maggio) essi iniziano a muoversi verso i pascoli di nord-ovest

seguendo il mitico percorso del Western Corridor e attraversando fiumi zeppi di famelici coccodrilli (tra cui il Grumeti River e il Mara River)

per cercare un modo di nutrirsi e passare la stagione secca. Da giugno ad ottobre il Serengeti appare meno ricco di fauna che nel resto

dell’anno: buona parte dei grandi erbivori e dei predatori che li seguono incessantemente è confinata all’estremità nord del parco o

addirittura nel confinante Masai Mara National Park in Kenya dove rimarrà fino a novembre o dicembre, momento in cui sospinti dalle

prime piogge inizieranno la loro consueta migrazione di nuovo verso il cuore del Serengeti e i suoi territori meridionali. Oltre ai giganteschi

branchi di gnu il Serengeti National Park è caratterizzato dalla presenza di numerosissime zebre (200.000 circa), giraffe, gazzelle, antilopi,

impala, facoceri, sciacalli, leopardi, iene, ghepardi, leoni, rinoceronti neri, iraci, bufali, manguste, caracal, ippopotami, cudù, orici, struzzi,

gru, avvoltoi, aquile, nibbi, pellicani, fenicotteri, ibis, serpenti e coccodrilli che ne fanno una vera e propria mecca naturalistica (patrimonio

UNESCO sin dal 1981). Anche il Serengeti come il Cratere di Ngorongoro è una terra natale ancestrale dei masai che oggi pascolano le loro

greggi nelle sconfinate pianure del parco tanzaniano ma che per diversi anni sono stati relegati oltre i suoi confini forzosamente a causa

dell’esasperazione della tutela wilderness del bioma del Serengeti, considerato erroneamente messo a repentaglio dalla presenza (ultra

millenaria) dei masai. Ciò che invece probabilmente più minaccia il Serengeti sono le enormi comitive turistiche che annualmente lo

raggiungono e che hanno alimentato un’industria turistica davvero sviluppata e persino ultimamente fatto proporre al governo tanzaniano la

realizzazione di una strada asflatata che colleghi il nucleo vitale del Serengeti, l’abitato di Seronera, al resto della nazione.

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Scenari tanto incredibili da apparire ultraterreni si susseguono tra le pianure sconfinate del Serengeti, un santuario faunistico che spesso

viene identificato come la quintessenza del turismo naturalistico africano. Qui milioni di erbivori si muovono col ritmo della stagionalità

scandendo le lancette della vita oggi come un tempo, tra scenari che all’alba e al tramonto si impregnano di poesia e spiritualità.

Sotto un profilo di visita la vostra esperienza nel Serengeti National Park sarà segnata dal periodo in cui lo visiterete. Se verrete qui durante

la stagione umida (dicembre-aprile), come predetto, la zona più densa di animali sarà sicuramente la sezione meridionale, specie nei pressi

del Serengeti River e delle sue limitrofe Plains zeppe di leopardi, ghepardi e mandrie di erbivori. Se capitaste in zona tra maggio e luglio

saranno invece le aree del Western Corridor (a ovest di Seronera) e gli attraversamenti fluviali del Mara e Grumeti River a farla da padrone,

potendo ammirare la straordinaria migrazione per la sopravvivenza degli gnu. Agosto e novembre sono invece i mesi in cui la fauna transita

nel Serengeti settentrionale, al termine o all’inizio delle imponenti migrazioni. Il periodo compreso tra agosto e novembre invece quello più

indicato per una digressione oltre i confini tanzaniani per raggiungere il Masai Mara National Park, in Kenya. Durante la stagione secca

infatti queste savane erbose (1510 kmq), che in concreto sono una prolungazione verso nord delle piane sterminate del Serengeti, risultano

essere stracolme di fauna selvatica che trova qui pascoli indispensabili per il sostentamento delle proprie necessità alimentari. Chi volesse

intraprendere una visita a questo altro santuario faunistico sappia che le concentrazioni di animali selvatici maggiori si registrano

solitamente nella sezione occidentale del parco (quella che va dal fiume Mara alla scarpata di Esoit Oloololo), anche se per visitare questa

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zona dovrete possedere solo robuste jeep visto che le condizioni delle piste sono in genere rudimentali o del tutto assenti. Anche in questo

parco keniota si trovano ormai diversi lodge (molto affollati, prenotate) e le modalità di visita tipica del Masai Mara sono quelle del safari

automobilistico accompagnato, anche se ultimamente si stanno sperimentando nuove modalità come il safari a piedi o la spettacolare (ma

costosa) modalità in mongolfiera. Se invece del periodo agosto-novembre capitaste nelle lande selvagge del nord della Tanzania vi

consigliamo di limitarvi alla scoperta del solo Serengeti National Park e in questo caso vi suggeriamo di scegliere i lodge nei pressi di

Seronera (strategicamente posta all’incirca al centro del parco) come base per i vostri safari automobilistici (la metodologia di

avvicinamento alla fauna classica del Serengeti) dedicando non meno di quattro giorni del vostro viaggio a questo angolo incantato

dell’Africa profonda. Ne rimarrete tanto entusiasti che non vorreste aver mai prenotato il vostro viaggio di ritorno verso l’Italia.

In prima e terza immagine alcuni dei momenti chiave delle gigantesche migrazioni stagionali di gnu del Serengeti, durante le quali spesso

devono affrontare il guado di pericolosi fiumi infestati di coccodrilli e predatori. Al centro invece l’animale simbolo del Serengeti e

dell’Africa intera: il maestoso leone qui rappresentato da due giovani maschi contraddistinti dalla folta e regale criniera.

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23° - 24° giorno: trasferimento fino in Italia

Fare rientro dalle terre incantate del Serengeti fino all’Italia è un percorso abbastanza lungo ma nemmeno troppo impegnativo che consta di

due distinte fasi. La prima è proprio il viaggio automobilistico nel cuore della Tanzania settentrionale dai confini del Serengeti National Park

fino al Kilimanjaro International Airport, una tratta di 350km per i quali però dovrete mettere in conto non meno di 7 ore di guida effettiva.

Una volta giunti nell’aeroporto internazionale della Tanzania settentrionale non vi rimarrà quindi altro da fare che imbarcarvi sul primo dei

due voli che vi permetteranno di raggiungere gli aeroporti di Roma o Milano. Vi rammentiamo infatti che ad oggi non ci sono collegamenti

diretti tra il Bel Paese e la Tanzania settentrionale ma al contempo facendo un unico scalo presso Addis Abeba, Istanbul, Doha, Dubai,

Amsterdam o Francoforte avrete modo di espletare il viaggio di rientro investendo solo altre 14 – 20 ore in volo. In ogni caso, calcolando il

lungo trasferimento terrestre in prima battuta e poi il comunque lungo volo di rientro fate sempre conto di metterci non meno di due giorni

completi per permettervi di toccare nuovamente il suolo della madrepatria.