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INFO.TEND _ NOVEMBRE/DICEMBRE 2011 anno XXIII numero 06 Poste Italiane s.p.a. – spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.° 46) art. 1 comma 2 e 3 CN/MC È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi. www.tendopoli.it auguri 2012

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Tendopoli, numero di Novembre-Dicembre 2011.

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INFO.TEND _ NOVEMBRE/DICEMBRE 2011 anno XXII I numero 06

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È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi.

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02.www.tendopoli.it _ NOVEMBRE / DICEMBRE 2011 anno XXIII numero 06

La pagina di Padre FrancescoCarissimi amico della tendopoli , il giornale ti giungerà nell’immediato delle feste natalizie… quindi auguri. Ma se darsi gli auguri a Natale è “un fatto scontato” mi chiedo: Che cosa ci vogliamo augurare? Un mondo di pace?... Nessuno ci crede. Un mondo più giusto? È una utopia. Il riscatto dei poveri? È quasi una bestemmia. Che ci dobbiamo augurare… per non essere banali, se non addirittura offensivi del Natale stesso?

Gli unici auguri che sento veri e che vorrei condividere con te - sperando che mi comprendi - sono quelli di essere un “poco indignato”, una indignazione giusta, come probabilmente era “indignato” San Giuseppe che non trovava posto negli alberghi di quella città, dove era andato per compiere il suo dovere, e non trovava un alloggio per la sua donna per la quale si “era compiuto il tempo del parto”.

Auguro a me e a te di sperimentare questa “ p r o v v i d e n z i a l e indignazione” di non avere un posto nei caveau dell’alta finanza, nei bunker del potere, nelle cattedrali dei centri commerciali, nelle basiliche della domenica sportiva o delle cerimonie spettacolo, e

di avere la forza e il coraggio di non fermarti, di andare oltre la città, fuori le mura del potere a cercare una tenda, una capanna, una grotta dove far accadere la speranza.

Ai grandi della terra, o come si dicono oggi, ai “poteri forti” che si trovano disorientati e senza speranza, che

si stanno rendendo conto che una economia basata sul profitto fa acqua da tutte le parti, gli auguro di alzare gli occhi, come “i magi”, verso il cielo per rendersi conto che c’è una stella, una verità che ci abita e che dobbiamo seguire. Gli auguro di essere responsabili della loro missione di servitori della speranza seguendo l’ammonimento del Santo

Padre: “Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza. Questa sapienza vi farà comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri

servitori della speranza.Non è facile vivere la condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi potenti.A questi uomini sempre più disorientati come Erode ripeto: non abbiate paura! L’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo. Dio è presente. È questo un messaggio di speranza, una speranza generatrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo.(Benedetto XVI)

Ai giovani che non hanno il “posto”, agli adulti che hanno perso un “posto”, ai potenti ché hanno paura di perdere il “posto”, a chi non ha la coscienza a “posto”, auguro di essere nella gioia perché colui che viene

non fa differenza di persone e “l’agnello e il leone“ dormiranno insieme allo stesso posto.Questa non sarà ne una illusione ne una allucinazione se tu, come San Giuseppe, sarai santamente

indignato.Buon Natale indignatos per amore.

P. Francesco

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.03NOVEMBRE / DICEMBRE 2011 anno XXIII numero 06 _ www.tendopoli.it

La post@ di P. FrancescoLA POSTA:Carissimo Padre Francesco,voglio ringraziarti con tutto il cuore per l’incontro regionale delle marche. Non era il primo che vivevo, ma l’ho trovato interessante e utile più degli altri degli anni passati. Probabilmente sono cresciuto e certi problemi mi toccano di persona. Ringrazio anche il responsabile del gruppo che mi ha fatto una dolce violenza a partecipare perché sono stato bene. Si respirava aria pulita, si vedevano volti di ragazze senza trucco, si sentiva la presenza di Dio nei momenti di preghiera. Grazie a tutti i ragazzi della tendopoli. Dio è grande. Ora ti chiedo una cortesia: tra le tante cose interessanti che ho appreso quattro espressionii, che erano sulla scheda di lavoro, mi hanno fortemente impressionato e ci penso continuamente. Nel lavoro di gruppo non ho avuto l’opportunità di approfondirle, ti chiedo cortesemente se può venirmi in aiuto, e se me le puoi spiegare: Ecco le frasi:

a. Non accontentarti dell’orizzonte della “caverna” ma cerca l’infinito che ti abita.b. Non basta essere sulla buona strada; se ci stai seduto ai margini non vi porterà mai alla meta. c. Il pessimismo è un freno, un’evasione, quando non è un alibi della pigrizia.d. È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi.

Ti ringrazio in anticipo e grazie ancora a tutti. Prega per me.c.g

LA RISPOSTACarissimo, grazie della lettera. Di tutto e sempre ringraziamo il Signore che è grande. Vengo subito alla risposta. “Non accontentarti dell’orizzonte della “caverna” ma cerca l’infinito che ti abita”: Questa espressione, vuole esprimere una verità, come più di una volta ho detto - specialmente agli adolescenti -, che la vita è come un treno, dentro il quale si può vivere in due modi: il primo accontentandosi di guardare lo “scompartimento” dentro il quale si è nati, impegnarsi a conoscere le persone che vi abitano, interessarsi alle varie vicende politiche o sociali del convoglio, senza domandarsi da dove si viene e dove si va. Il secondo è uscire per chiedere e rendersi conto da dove si viene e dove si va. L’esempio classico lo troviamo in un personaggio biblico che si chiamava Elia che si era chiuso nella caverna desideroso

di morire perché era sfiduciato e il Signore gli disse: “esci e fermati sul monte alla presenza del Signore” come a dire esci dallo scompartimento, dalla gabbia e non essere un pacco postale… Dentro di noi c’è una sete di infinito da ascoltare e seguire... ”Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Tu eri dentro di me ed io ero fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti

la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (Confessioni).

Strettamente legata a questa frase è la seconda... Non basta essere sulla buona strada; se ci stai seduto ai margini non vi porterà mai alla meta. È un richiamo forte a coloro che si adagiano nella sicurezza del ruolo e delle mete che hanno raggiunto. Sono le persone funzionarie, impiegate. Le persone che rischiano di essere farisee. Sono le persone che vogliono solo apparire e usano le persone. Sono anche i giovani che si sentono importanti per il vestito che portano o per il telefonino che hanno. Sono quelle persone che si credono cristiane perché battezzate, comunicate, cresimate e anche sposate in chiesa, ma di fatto sono più lontane da Dio - come ha detto il santo padre - degli gnostici che si pongono il problema della ricerca di Dio..

È evidente che la persona che sta ferma sulla strada si annoia del “solito” che vive, che

vede e che sente… si abitua al cibo precotto, alla calduccio della gabbia, e quando la vita pone domande serie a cui bisogna rispondere seriamente e personalmente, ci si sente impreparati e si adducono tutte le scuse possibili. Si diventa pessimisti per giustificare la propria impotenza, la propria inadeguatezza al compito della vita. Si sperimenta che si hanno le ali ma non si sa volare… ed allora si creano gli alibi. Tutte le scuse sono generate dalla pigrizia che consiste nell’incapacità di ascoltare quella verità che ci abita, quell’infinito che esiste nell’uomo.

Conseguenza logica di questo fallimento della propria vita è prendersela con tutti e con tutto, con il cielo e con la terra. È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi. Non sono le persone o le circostanze che possono condizionarci ma solo tu sei l’artefice del tuo destino…, Tu e nessun altro: Ascolta quello che dice un grande dei nostri giorni: “Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri:né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede.Ci impegniamo senza giudicare chi non si impegna, senza condannare chi non si impegna, senza disimpegnarci perché altri non si impegnano.Sappiamo di non potere nulla su alcuno né vogliamo forzare la mano ad alcuno, siamo ed intendiamo

rimanere devoti al libero movimento di ogni spirito più che al successo di noi stessi e dei nostri convincimenti. Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita; una ragione che non sia una delle tante ragioni che ben conosciamo, un utile che non sia una delle solite trappole generosamente offerte ai giovani dalla gente pratica.Si vive una volta sola e non vogliamo essere giocati in nome di nessun piccolo interesse.Non ci interessa la carriera, non ci interessa il denaro, non ci interessa il successo di noi stessi, né delle nostre idee, non ci interessa passare alla storia.Abbiamo un cuore giovane e ci fa paura il freddo della carta e dei marmi.Ci impegniamo non per riordinare il mondo, ma per amarlo, per amare anche quello che non possiamo accettare, anche quello che non è amabile, anche quello che pare rifiutarsi all’amore, poiché dietro ogni volto e sotto ogni errore c’è insieme una grande sete d’amore: il volto ed il cuore dell’amore.

P. Francesco Cordeschi

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Lo sport nella vita cristianaIl nostro caro amico Dag Tessore ci ha fatto un dono speciale per Natale: una sua riflessione sul ruolo che lo sport dovrebbe avere nella vita del cristiano. E noi lo ringraziamo: il suo richiamo a non lasciarsi catturare dalla rete degli interessi di mercato e rifiutarsi di diventare pedine, merci nelle mani del sistema capitalistico è in piena sintonia con l’invito e l’augurio natalizio di p. Francesco a essere indignatos. Sperando in una collaborazione futura, un mondo di auguri ad un amico speciale che dal Marocco non si dimentica della Tendopoli. ( M.C.T.)

Da sempre lo sport ha avuto, all’interno delle società umane, un ruolo di grande rilevanza. In molte culture esso era considerato così importante da venir strettamente collegato al fatto religioso. Si pensi all’antica Grecia, dove i giochi olimpici, istmici, nemei e altri ancora, erano contemporaneamente gare atletiche e cerimonie religiose, come ci è testimoniato, già a cavallo tra il VI e il V secolo a.C., dai celebri carmi “sportivo-religiosi” di Pindaro.Del resto, non solo le grandi celebrazioni sportive, come appunto le Olimpiadi, ma anche l’attività ginnica quotidiana e privata - quella che si esercitava nei ginnasi e nelle palestre - aveva nel mondo antico un’importanza tale che la stessa parola “ginnasio” venne ad assumere il significato di “centro di cultura, di formazione fisica e spirituale, di crescita morale e intellettuale”.E certamente non stupisce che gli antichi tenessero in siffatta considerazione e stima lo sport. Esso infatti è un mezzo insostituibile per coltivare la salute del corpo e vivere in maniera sana; reca alla vita umana quella dimensione di “svago” che la rende più piacevole e sopportabile, alleviando le tensioni, le ansie e i problemi; cementa la società, crea amicizie, relazioni, scambi; infine, esso educa ad un’etica di disciplina e allo spirito di sacrificio, senza i quali l’uomo difficilmente può dirsi “maturo” e preparato di fronte alle vicissitudini della vita.Bisogna dunque, certamente, rendere grazie a Dio per il dono dello sport, in cui l’uomo esercita il corpo, l’intelligenza, la volontà, riconoscendo in queste sue capacità altrettanti doni del suo Creatore. Ma che cosa dice la Parola di Dio a questo proposito? A dire il vero, essa parla raramente di “sport”. Il motivo è che per gli ebrei esso non costituiva un’abitudine né tanto meno un’istituzione sociale. Anzi, l’uso di palestre, stadi e strutture sportive di vario genere era percepito come un’infiltrazione di costumi ellenistici pagani; il Primo Libro dei Maccabei parla con desolazione e sdegno del fatto che alcuni ebrei “traditori” «costruirono una palestra in Gerusalemme secondo le usanze dei pagani» (1Mac 1,14). Nel Nuovo Testamento invece San Paolo ricorre volentieri al linguaggio sportivo, così familiare ai suoi ascoltatori (per lo più persone di cultura ellenistica e quindi abituate a praticare lo sport e a frequentare gli stadi). Nella Prima Lettera ai Corinzi, ad esempio, egli scrive: «Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo

conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile» (1Cor 9, 24-25). Quella dell’apostolo è dunque una metafora: lo sforzo, lo zelo, la competizione degli sportivi vengono assunti qui per ricordare che deve essere simile anche l’atteggiamento del cristiano nella vita, il quale persegue una meta “incorruttibile” e a questo scopo non deve risparmiare fatiche, sacrifici e forza di volontà.Tra le generazioni dei primi cristiani, ancora vicinissimi all’epoca di Gesù e degli apostoli, lo sport, seppur con molte doverose e giustificate riserve, era approvato e incoraggiato. Le palestre - scriveva Clemente di Alessandria nel II secolo - «sono di utilità ai giovani per la salute e infondono in essi premura e zelo di curare non solo il loro stato fisico ma anche quello dell’anima» . E’ chiaro pertanto che, nella prospettiva cristiana, lo sport è un dono di Dio, da custodire e da valorizzare. Purtroppo però anche lo sport, come ogni realtà umana, è soggetto ad abusi e devianze. Accanto ad uno sport che aiuta la persona, ve n’è infatti un altro che la danneggia; accanto ad uno sport che persegue nobili ideali, ce n’è un altro che rincorre soltanto il profitto; accanto ad uno sport che unisce, ce n’è un altro che divide. Tenteremo dunque, qui di seguito, di tracciare uno schematico quadro dei benefici dello sport, in un’ottica umana e cristiana, evidenziandone però al contempo anche i pericoli che ogni cosa buona, quando usata non rettamente, cela in sé.Innanzi tutto, ogni forma di esercizio fisico (sia la ginnastica che si fa in casa, in palestra o all’aperto, sia lo sport agonistico e “olimpico”) è di beneficio alla salute del corpo. E «non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appertenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!» (1Cor 6, 19-20). Il cristiano è consapevole che non solo la sua anima ma anche il suo corpo è stato creato da Dio, è frutto della sua grazia e benedizione. Rivolgendosi a Dio, l’autore del Libro della Sapienza esclama: «Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata» (Sap 11,24). In quanto creato da Dio e dono di Dio, il nostro corpo deve quindi essere da noi onorato, curato e custodito, e in tal senso diventa per noi un “dovere religioso” preoccuparci della nostra salute fisica attraverso la ginnastica, lo sport e ogni attività corporea sana e salutare.L’uomo, essendo un’unità di anima e corpo, non può pensare di compiere un cammino spirituale, di fede, di avvicinamento a Dio, trascurando il proprio corpo. Dio ci chiama a sé tutti interi, non vuole che ci accostiamo a lui solo con l’intelletto, solo con “l’interiorità”. Senza il corpo l’uomo non è completo. La nostra fede nella risurrezione della carne alla fine dei tempi è una conferma lampante di questo grande e sacro valore che ha il corpo fisico.Il corpo, inoltre, è il luogo dove la mente dell’uomo, la sua anima e lo stesso Spirito di

Dio trovano sede. E, come è noto, l’attività mentale e spirituale non è indipendente dallo stato corporeo: ad esempio l’appesantimento causato dall’eccesso di cibo, lo stordimento dovuto al bere o ad altre abitudini poco sane, la stanchezza derivante da un fisico sempre tenuto in ozio, sono fattori che possono influire negativamente sul pensiero, sulla meditazione, sulla preghiera, oscurando e annebbiando i sensi e la mente dell’uomo, come i Padri della Chiesa non cessavano di ricordare.Disinteressarsi della salute del proprio corpo è pertanto cristianamente e umanamente scorretto: offende la dignità della persona umana, chiamata dal suo Creatore a santificarsi in anima e corpo, e danneggia le stesse facoltà intellettuali e spirituali. Tuttavia ciò non deve indurre a quella sorta di “idolatria” del corpo tanto diffusa oggi. E se il corpo è sacro e inseparabile dalla santificazione integrale della persona umana, esiste però una gerarchia che pone l’anima a capo del corpo. “Curare il prorpio corpo” non significa quindi idolatrarlo e cercarne la perfezione, trascurando la cura, assai più importante, che spetta all’anima. “Curare il corpo” non significa neppure “cura edonistica” e tesa solo a soddisfare il benessere e le comodità che il corpo ama: in tal modo si finirebbe per far torto al corpo stesso, danneggiandolo. La vera e autentica salute si ottiene molto spesso a costo di sacrifici e fatiche, di rinunce, di sobrietà, di una certa sana e nobile austerità nel proprio regime di vita.Da tutto ciò risulta chiaramente che, se lo sport è senz’altro un beneficio per la vita dell’uomo e del cristiano, esso deve però sempre essere mantenuto sano, cioè avente per fine la vera salute del corpo. A questa finalità si oppongono l’uso di droghe, gli ambienti sportivi poco salubri e la pratica di quegli sport (come certe forme di corsa con le automobili) che non recano reali benefici alla salute quanto piuttosto stress e tensione al sistema nervoso e alla mente.D’altro canto, se un’equilibrata e saggia cura della salute è giusta e doverosa, essa non deve essere confinata alle sole attività sportive. Onorare il «tempio dello Spirito Santo» che è il proprio corpo significa onorarlo sempre, anche e soprattutto nella vita quotidiana: mangiare in maniera sana e sobria, preferendo sempre, agli alimenti artificiali e industriali, i cibi naturali che la terra ci offre, riscoprire la bellezza e il beneficio dell’andare a piedi (un’abitudine oggi spesso compromessa dall’uso imperante dell’automobile) e persino lo sbrigare i lavori domestici e lavorare in campagna possono trasformarsi in altrettanti sport utili e piacevoli. «Sono migliaia - scriveva il già citato Clemente di Alessandria - gli esempi di semplicità, di lavoro manuale e di esercizi fisici che le Scritture ci offrono. Quanto agli uomini, gli uni partecipino alla lotta nudi, gli altri giochino a palla, preferibilmente al sole; ad altri ancora basti una passeggiata, camminando in campagna o scendendo in città. Se poi mettessero anche mano alla zappa, si assicurerebbero così una sorta di

Dag Tessore

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palestra agricola, compiendo un’attività tutt’altro che ignobile e anzi conforme all’economia domestica (...). E’ bene anche attingere da se stessi l’acqua e tagliare la legna di cui si ha bisogno» . Questo è il vero sport cristiano. Chi vive in maniera sana e conforme a natura non ha più bisogno di altri sport.Oltre alla salute, lo sport reca un altro importante beneficio: il divertimento, lo svago. Dinanzi ai molti e seri problemi della vita, dinanzi ai dolori, alle sofferenze, ai crucci che travagliano necessariamente ogni esistenza terrena, Dio ha voluto regalare all’umanità il dono dello svago, come pegno di gioia e alleviamento delle pene. Qualche sano divertimento, di tanto in tanto, è dunque necessario all’equilibrio psichico dell’uomo e gli dà la forza di superare avversità e problemi e di sciogliere tensioni ed ansie.Saper vivere il divertimento, inoltre, è segno di saggezza e di maturità, in quanto implica la capacità di non sopravvalutare le preoccupazioni della vita materiale e di relativizzare le mille faccende dell’esistenza quotidiana che spesso ci angustiano oltre misura. Chi sa divertirsi, chi sa sorridere alla vita con sani svaghi o giochi, è colui che ha compreso il carattere effimero di questo mondo e non si cruccia quindi eccessivamente per i problemi della vita terrena, per quello che mangerà, per quello che vestirà, per quello che guadagnerà. Lo svago può allora diventare una presa di distanza dall’efficientismo materialista e dalla logica della produzione e del guadagno.Certamente una forma privilegiata di svago è costituita dallo sport che, a motivo anche della fatica fisica che generalmente comporta, contribuisce a sciogliere la tensione accumulata e a rasserenare tanto il corpo quanto l’anima. E’ evidente però che molteplici sono, nella vita di ogni giorno, le opportunità di sano divertimento: fare passeggiate nei boschi, lavare i panni al fiume, giocare sul prato con i propri bambini, curare un orto...Allo stesso tempo, però, tanto lo sport quanto ogni altro genere di svago devono essere mantenuti, come abbiamo già accennato, nel posto che spetta loro all’interno di una gerarchia di valori: il tempo e l’energia che si dedicano allo sport non possono e non devono finire col compromettere, ad esempio, il ruolo centrale che, nella vita del cristiano, ha la preghiera, l’eucarestia domenicale, la cura della propria anima. Le attività sportive e di svago non devono in nessun caso intaccare, ad esempio, il sacro riposo della domenica o il dovere di dedicare tempo ed energia allo studio della Sacra Scrittura, nonché alla propria famiglia.Se pertanto è giusto e sano prendersi ogni tanto qualche svago che rinfranchi il corpo e lo spirito, non bisogna però mai perdere di vista la serietà della propria responsabilità di cristiano, di sacerdote, di marito o di moglie, di genitore o di figlio. Il divertimento è salutare e benefico fintantoché rimane circoscritto a certi momenti della giornata o della settimana; se invece si trasforma in un atteggiamento abituale di frivolezza e di lassismo, allora esso diventa un grave ostacolo sulla via dell’ascesi cristiana e di una vita seria, dignitosa e moralmente solida.Va notato poi che purtroppo gli sport, soprattutto quelli agonistici a carattere nazionale e internazionale, sono spesso assorbiti nel gorgo del sistema consumistico odierno. Il culto del denaro e l’asservimento di ogni realtà

umana alla logica del mercato tendono infatti un’insidia anche al mondo dello sport, il quale in tal modo rischia sovente di perdere il proprio carattere di piacevole svago, di strumento di salute fisica e mentale, di amichevole e leale incontro, per tradursi invece in un mezzo di propaganda e di arricchimento per le grandi corporazioni finanziarie e commerciali. Questa indubbiamente è una degenerazione che umilia la dignità dell’attività sportiva. Anche lo scadere dei valori dell’onore, di un sano agonismo, dell’onestà e della lealtà in dura competitività, in odio, faziosità, fanatismo è un serio pericolo dal quale gli sportivi devono sempre guardarsi. Siamo infatti purtroppo costretti a constatare che, in molti casi, gli stadi non sono modello, come dovrebbero essere, di quei nobili valori a cui abbiamo accennato, ma al contrario infondono e insegnano violenza, strepito, rivalità, consumismo. Questa triste realtà non comporta però che lo stadio non possa tornare ad essere, specialmente grazie al’impegno di volenterosi sportivi cristiani, un luogo di sano sport e di formazione e consolidamento di una società più fraterna e più leale; il che però naturalmente comporta l’esclusione di quegli sport intrinsecamente violenti e aggressivi, come ad esempio il rugby, il pugilato, la formula uno e simili.Dopo aver parlato del beneficio dello sport per la salute e del suo carattere di svago, non possiamo non menzionare un’altra virtù che fa dello sport un vero dono della grazia di Dio: ci riferiamo alla virtù della disciplina e allo spirito di sacrificio che l’accompagna. Già San Paolo notava che l’atleta, se vuol conseguire la vittoria e il premio, deve essere «temperante in tutto» (1Cor 9, 25), deve cioè disciplinarsi, sottomettersi ad un regime di vita sobrio, ben guidato, capace di sforzi e di rinunce. E’ evidente che, in una società come l’attuale dominata da un permissivismo dilagante, da un edonismo senza freni, da un concetto profondamente distorto di “libertà” (identificata nel soddisfacimento di qualsiasi desiderio e piacere), è più che mai urgente riaffermare il valore dell’ascesi, della rinuncia, del sacrificio.Essere liberi significa essere padroni di se stessi, capaci di fare ciò a cui si aspira anche quando costi sforzi, fatiche e rinunce. Essere liberi non significa invece soddisfare ogni capriccio dei sensi: in tal modo non si farebbe altro che rendere se stessi sempre più schiavi dei sensi, degli impulsi irrazionali e degli stimoli esteriori. L’allenamento sportivo e la pratica atletica possono diventare quindi un’ottima scuola per imparare a padroneggiare il proprio corpo e la propria mente. L’esercizio della disciplina nell’allenamento sportivo facilita infatti anche la libertà del cristiano nel resto della vita: saper resistere agli stimoli della pubblicità e del consumismo, disciplinare gli occhi a non guardare ogni curiosità o volgarità che capiti loro dinnanzi, padroneggiare la propria mente per non rispondere agli insulti con gli insulti, al male col male. Se intesa in questo modo, la palestra atletica diventa una vera e propria palestra spirituale, luogo di formazione integrale della persona umana.In che modo dunque il cristiano può “trasformare” il mondo dello sport e portare in esso la presenza di Gesù Cristo? Innanzi tutto non lasciandosi catturare dalla rete degli interessi

di mercato e rifiutandosi di diventare una pedina, una merce nelle mani del sistema capitalistico; bisogna avere il coraggio di non cedere alle pressioni di coloro che vogliono ridurre ogni singolo atleta e l’intero stadio in una vetrina pubblicitaria finalizzata ad accrescere sempre più l’etica consumista e materialista. Uno stadio tappezzato di cartelli pubblicitari giganteschi della Coca-Cola, della Ferrari o della Benetton, non è, e non può essere, uno stadio cristiano. Ugualmente, il cristiano deve fare attenzione alle lusinghe del denaro, anche a quello che gli viene offerto in quanto atleta. In questo senso è chiaro che solo gli sport a dimensione domestica o paesana si salvano veramente dalle strumentalizzazioni e degenerazioni dei grandi sport professionali. Lo sport non deve mai avere per scopo l’arricchimento e l’avidità: «Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15).È anche fondamentale che colui che ha ricevuto la grazia del battesimo sappia opporsi, con l’esempio di un comportamento integro, a tutte quelle forme di volgarità, impudicizia, asprezza e violenza che non di rado si accompagnano alle grandi riunioni sportive. Faccia dunque sue le parole dell’Apostolo Paolo: «Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo» (Ef 4,31-32). A proposito di impudicizia non possiamo non evidenziare l’incompatibilità del pudore cristiano, specialmente femminile, con molte forme di sport odierni, in cui le donne si vestono e si muovono in maniere moralmente inaccettabili. Per le donne, ancora più che per gli uomini, gli sport, soprattutto quelli professionali, costituiscono una costante insidia al pudore e al dovere di occuparsi della famiglia. Basterebbe il rispetto di questi princìpi per caratterizzare inequivocabilmente colui che nel mezzo del mondo dello sport porta con sé Gesù Cristo. Basterebbe anche un semplice gesto come quello di innalzare una breve preghiera a Dio prima e dopo la partita, con discrezione ma senza vergogna, perché di Gesù Cristo non c’è da vergognarsi! E se la società in cui viviamo ci prospetta altri modelli, in cui la preghiera e il ricordo di Dio non trovano posto, il cristiano abbia il coraggio di testimoniare la sua scelta diversa. In conclusione di quanto detto, non possiamo però dimenticare che lo sport, la gara, la corsa, la lotta primaria e principale di ogni battezzato è interiore. Per questo San Paolo scriveva: «Io faccio pugilato» (1Cor 9,26); naturalmente parlava del pugilato spirituale, quello contro i vizi, le brame, le tentazioni. In questo senso certamente l’intera vita cristiana - sia del laico sia a maggior ragione del prete - è una lotta, che richiede disciplina e allenamento assiduo, sforzi, fatiche e sacrifici; ma il premio è una «corona incorruttibile».Allenatrice di ciascuno di noi in questa gara per la vita eterna possa essere la Santa Vergine, che mai risparmiò fatiche e sacrifici per prendersi cura della salute sia dell’anima che del corpo del suo figlio Gesù, modello per ogni atleta di fortezza, costanza e rifiuto di ogni compromesso con il mondo della disonenstà, dell’impudicizia e del peccato. DAG TESSORE

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Crisi finanziaria, crisi dell’Occidente, crisi di valori, non si parla d’altro. Ma forse è solo la fine della pacchia immeritata di una società che continua a vivere al di sopra delle proprie possibilità. E’ crisi mettere in discussione le scelte economiche, i parametri finanziari, i tetti di spesa, gli stili di vita? La crisi è tale per chi perde il lavoro, per chi lo cerca invano, per chi studia con profitto senza trovare sbocchi professionali. Ma per i più, per un mondo che corre alla velocità del suo folle consumismo, questa crisi rappresenta una salutare pausa critica, un prezioso bagno di umiltà.Saremo tutti meno ricchi, o un po’ più poveri? Bene, questa non è crisi. Crisi è altro. La vera crisi è sempre un fatto individuale, e riguarda l’anima, non il tenore di vita. Come rivela il suo etimo (greco krìsis, che vuol dire separazione, scelta, giudizio), crisi è quando sei separato da te stesso, quando le tue scelte paiono dettate da un demone che domina la mente e i pensieri. Crisi è smarrirsi,

entrare nel buio; sai che ti ha preso perché avverti il peso di un’angoscia che è impossibile sopportare.L’11 settembre 2001, nel disastro delle Torri Gemelle, muoiono i fratelli John e Joe Vigiano, vigile del fuoco il primo, poliziotto il secondo. Erano due uomini robusti, entusiasti, innamorati del loro lavoro; “due forze della natura”, come ha ricordato in una recente intervista il

Itinerario di una crisi

loro papà. Accorsi alle Twin Towers per prestare soccorso, non ne sono usciti vivi.“Da allora non abbiamo più una vita”, dicono i loro genitori. Non ridono più, non celebrano più feste né ricorrenze, non vogliono vedere nessuno. Ecco, questa è la crisi. Ti morde il cuore, e può prenderselo nel bel mezzo della tua esistenza comoda, pacifica, apparentemente sicura.Nel 2003, durante una gita in montagna organizzata dall’azienda svizzera per cui lavora, Matthias Schepp, un bell’uomo trentaquattrenne, simpatico e intelligente, conosce la collega Irina Lucidi. Si innamorano, si sposano e vanno a vivere a Champagne, cittadina non lontana da Losanna. Nel 2004 l’unione è allietata dalla nascita di Alessia e Livia, due splendide gemelline. “Lui”, dichiara Irina nei giorni del dramma che ha commosso l’Europa intera, ”era un uomo solare ed estroverso”, ma anche “inquadrato, metodico, pianificatore”; purtroppo, queste ultime caratteristiche si accentueranno nel tempo, imprigionando Irina in una gabbia di regole rigide e insopportabili. Anche con le bambine, Matthias è affettuoso, ma – afferma sempre Irina – tende a organizzare la loro vita nei

qualcosa che, secondo Irina, Matthias aveva completamente smarrito.Disperato, Matthias tenta la riconciliazione più volte, invia alla moglie appassionate lettere d’amore. Ma Irina il suo amore l’ha perso, e Matthias, infine, deve arrendersi all’evidenza. Fermiamo l’attenzione a questo momento. Schepp è un uomo che ha avuto tutto dalla vita: bello, intelligente, un buon lavoro, un ambiente sociale tranquillo e sicuro, due figlie meravigliose. Ne ha perso uno, però: la moglie. Ed è la crisi; tolto un sasso, crolla l’intero edificio.Domenica 30 gennaio 2011, Matthias Schepp è con le figlie, insieme alle quali ha trascorso il week-end. Fra il 30 e il 31 fugge da St. Sulpice, elegante periferia di Losanna, ed entra in Francia. Il 31 gennaio viene ripreso da una telecamera mentre ritira dei soldi da un bancomat di Marsiglia. Il 1° febbraio è a Propriano, in Corsica; attraversa l’isola, arriva a Bastia, e da qui, con un traghetto, torna in Francia, a Tolone. Il giorno seguente entra in Italia, dirigendosi verso sud. Il 3 febbraio pranza da solo in un ristorante di Vietri, sulla Costiera Amalfitana; lo stesso giorno, di sera, si getta sotto un treno a Cerignola,

Saremo tutti meno ricchi,o un po’ più poveri?Bene, questa non è crisi. Crisi è altro.La vera crisi è sempre un fatto individuale, e riguarda l’anima, non il tenore di vita.

minimi dettagli, non accorgendosi di soffocare la loro personalità. Dopo alcuni anni di felicità, l’unione entra inesorabilmente in crisi. Nell’agosto 2010 i due coniugi si separano; il 27 gennaio 2011, via mail, Irina trasmette a Matthias la richiesta di divorzio. Il guaio è che lui ama ancora sua moglie; a modo suo, certo, perché l’amore esige anzitutto rispetto della personalità dell’amato, un

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Schepp è il dramma dell’uomo in senso più generale: è l’incapacità di commisurare la portata dei nostri desideri alla crudezza della realtà. Ognuno di noi si sente il re del piccolo mondo nel quale vive ed opera. Ma anche nell’universo casalingo si può materializzare la famosa frase di Sartre: “L’inferno sono gli altri”. La perdita dell’amore di Irina, e la conseguente agonia del suo matrimonio, sono diventate, per Schepp, la crisi, il male assoluto.“Il male”, scrive Freud ne Il disagio della civiltà, “è in origine ciò che minaccia l’individuo con la perdita dell’amore”. Schepp, a un certo punto, deve essersi

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Il Moralista

Itinerario di una crisiin provincia di Foggia. Una mente sconvolta, eppure lucidissima: Schepp ha fatto scomparire le sue bambine, ma confondendo i suoi movimenti e le sue intenzioni ha sapientemente depistato le future indagini. Nonostante l’impegno delle Polizie nazionali di Francia, Svizzera e Italia, e l’uso delle più sofisticate tecnologie, a tutt’oggi il destino di Alessia e Livia rimane segnato da un angosciante punto interrogativo.Una cosa è certa: Matthias Schepp era in crisi, una crisi nera. Il naufragio del suo matrimonio non ha trovato conforto in nulla: non nell’immutato amore per le sue bambine, non nel protettivo ambiente nel quale viveva, non nelle soddisfazioni professionali, non nel sostegno che può dare una fede. Una mente malata? Può darsi; forse, inconsciamente, ce lo auguriamo tutti, perché questa vicenda ci ha messo di fronte non a una crisi, ma alla crisi. Non solo un buco nero: un buco nero nel quale un padre non esita a gettare i suoi figli, e poi se stesso.La crisi economica, l’impoverimento, la disoccupazione: sono eventi spaventosi, ma nessuno si suicida se non scendono a toccarti quella cosa, l’anima. E’ la crisi interiore, lo smarrimento dell’io a recidere le radici della vita. D’improvviso sei solo, staccato da tutto e da tutti, perduto nella voragine di un dolore infinito e silenzioso. Forse, la solitudine di un uomo innamorato e abbandonato è diversa e più terribile di ogni altra solitudine.Ogni amore comporta sacrificio, limitazione del proprio io, possibilità del fallimento. Schepp aveva una vita davanti a sé, poteva affrontare l’ostacolo della crisi del suo matrimonio e cercare di vincerlo, di superarlo. Ma per Schepp era arrivata la crisi, lo stato d’animo che ti fa negare l’esistenza di ogni cosa. Così, usa le figlie per punire la moglie: tu mi hai dato un dolore insopportabile, io te ne darò uno ancor più terribile.Nonostante l’istinto materno le faccia ancora sentire “il dolce abbraccio, la morbida pelle, il respiro lievissimo” dei propri figli, Medea non desiste dal proposito di ucciderli. “So bene”, le fa dire Euripide, “quali mali sto per commettere, ma la passione è più forte della mia volontà; la passione, che è causa ai mortali delle più grandi sventure”.E’ questo il cuore di tenebra dell’uomo? Sì, ed è un qualcosa che ci appartiene ontologicamente. Il dramma di Matthias

sentito come la creatura più disgraziata al mondo, un mondo indifferente e impotente verso l’angoscia di un uomo che pensava di soffrire ingiustamente. Ma l’egotismo di Schepp – l’incapacità morale di confrontarsi con la realtà, con la naturale alterità del mondo e degli esseri che lo abitano – è l’egotismo di tutti noi, confusi e fragili più che mai, delusi dagli ideali che per millenni hanno reso più facile la sopportazione del mal di vivere; la nostra è la prima società civile che non ha al proprio centro un qualcosa di trascendente. Siamo diventati noi il centro del mondo. Vogliamo, anzi pretendiamo, consenso, piacere, notorietà, soldi. Ma consenso, gloria, soldi, sicurezza personale e familiare sono degli obiettivi, non delle certezze. Quando pensiamo che dobbiamo centrarli a tutti i costi, e sbagliamo il tiro, il risultato può esserci fatale. La fuga di Schepp era la fuga impossibile da uno spettro che non lascia scampo: il vuoto di senso, ovvero l’immanenza della morte nella vita. L’eros sconfitto

diventa sempre thanatos. Benché, sin dal nostro concepimento, la vita ci chiami, ci alletti con le sue innumerevoli seduzioni, il buco nero, la crisi ultima è sempre accanto a noi, un metro più in là dei passi che abbiamo appena compiuto. E’ il pensiero che guida i capolavori dei primi tragediografi dell’Umanità, il già citato Euripide e, prima di lui, Eschilo e Sofocle.Nell’Edipo a Colono, Sofocle scrive, nel terzo stasimo, una delle frasi più terribili della storia letteraria: “Non nascere è sorte che vince tutte le altre; ma quando nati si sia, ritornare là donde s’è venuti,

al più presto, è molto miglior sorte”. Quando perdiamo ogni illusione, dinanzi a noi si spalanca l’abisso, e deve essere un sollievo gettarsi nell’infinità del nulla. Armando Santarelli

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Carissimi amici, dilatiamo la tendagorà per accogliere le testimonianze degli Incontri regionali, che hanno visto centinaia di ragazzi partecipare con gioia,veri “indignati” la cui unica bandiera è la Parola di Dio.

Gruppo Tend Fontanelle / Pescara30 ottobre 2011: una data che ha segnato una tappa importante nella storia della Tendopoli e soprattutto nella storia del Gruppo Tend di Fontanelle (Pescara).Era il lontano 1991 quando 6 “pionieri” della nostra parrocchia hanno partecipato per la prima volta alla Tendopoli a San Gabriele ed al loro ritorno, carichi di entusiasmo e pieni di voglia di mettersi in cammino per incontrare ogni giorno il Signore, hanno dato vita al Gruppo Tend di Fontanelle.Da allora il gruppo ha continuato a camminare senza mai fermarsi, affrontando come spesso accade in tutti

i gruppi, momenti di intensa attività e frequentazione, anche con 50 ragazzi, e momenti di riflessione e stanchezza, quando anche in 3 o 4 ci si è ritrovati riuniti in parrocchia, davanti a Gesù Eucarestia, a pregare e riflettere, a mettere in pratica lo STABAT di Maria, che nonostante tutto è restata sotto la croce per amare suo figlio fino alla fine.Negli anni sono stati in tanti a scrivere la storia di questo Gruppo Tend che ha cosi voluto celebrare proprio quest’anno venti anni di cammino. E per fare questo abbiamo voluto cogliere l’occasione di festeggiarlo durante l’Incontro Regionale Tend Abruzzo che si è svolto a Pescara, nella nostra Parrocchia di San Pietro Martire.Lo stesso è stato preceduto dall’Incontro Sentinelle Abruzzo che si è tenuto il sabato presso la Parrocchia della Santa Famiglia dove P.Francesco e P.Pino hanno iniziato proprio in quel giorno una missione popolare in occasione dei 25 anni di sacerdozio del parroco Don Nino. Un incontro caratterizzato dalla presenza di una ventina di sentinelle che hanno condiviso la gioia di trovarsi insieme e l’impegno di ri –trovare l’entusiasmo e la responsabilità di “essere svegli mentre gli altri dormono”, per vegliare sui propri gruppi con costanza e presenza.L’incontro regionale della domenica si è aperto con l’accoglienza dei gruppi presso la chiesa del Pr.mo Sangue di Gesù messa a disposizione dalle nostre Suore Maestre Pie Filippini (una volta dei Padri Passionisti che sono stati presenti nella nostra parrocchia diversi anni fa). Accoglienza “addolcita” dall’ottima e abbondante colazione preparata dagli amici del Gruppo Tend di Cheti – Tricalle!!

L’incontro è iniziato con la relazione di P.Francesco che si è svolto proprio dentro la chiesa della suore alla presenza di oltre 100 ragazzi che sono arrivati dai gruppi tend della nostra Regione. Abbiamo invitato tutti quelli che nei venti anni sono passati per il nostro Gruppo Tend e tutti gli amici che sono stati vicini al nostro gruppo (ed è stato bello ed importante vedere come alcuni di loro hanno partecipato alla nostra giornata o sono venuti anche

da fuori regione per festeggiare con noi, vedi Alfonso Tiziana ed i ragazzi che sono venuti da Morrovalle per vivere con noi questo giorno di festa)!!A seguire una Marcia della Gioia, accompagnata da palloncini colorati e canti festosi, ci ha portato in Parrocchia dove si è svolta la Santa Messa presieduta da P.Francesco e Don Massimiliano De Luca, nostro parroco e assistente spirituale del nostro Gruppo Tend. Durante la celebrazione è stato significativo vivere insieme con il gruppo e la comunità il battesimo del piccolo Luca, figlio di Lorenzo e Mariangela, ex Tendopolisti che hanno scelto di iniziare il proprio figlio alla vita cristiana proprio nel giorno dei festeggiamenti dei venti anni del Gruppo Tend di Fontanelle che li ha visti crescere insieme.Al termine della messa è stata tagliata una Mega Torta con il logo del nostro ventennale alla presenza di tutta la parrocchia.Quindi abbiamo condiviso un ottimo pranzo (preparato dalle fantastiche signore della Parrocchia alle quali non smetterò mai di dire grazie per il fantastico servizio che ci hanno reso) offerto dal nostro gruppo a tutti i partecipanti all’incontro, durante il quale abbiamo sorseggiato anche dell’ottimo vino, il “vino del ventennale”, preparato per l’occasione dal Gruppo Tend e venduto anche come forma di autofinanziamento.Il pomeriggio è iniziato con alcuni giochi a squadre che hanno animato la piazza davanti la parrocchia e contribuito a rafforzare il clima di festa che abbiamo vissuto fin dalla mattina (e per questo ringrazio il mitico Omar che da buon animatore di navi da crociera ha saputo sapientemente far divertire e giocare la piazza, Padre Francesco compreso, il quale si è lasciato coinvolgere in un limbo tutto da ridere!)Un piccolo spazio temporale è stato ritagliato per i lavori di gruppo che ci hanno aiutato a condividere ed interiorizzare la relazione della mattina oltre che a prepararci alla veglia finale che si è tenuta in parrocchia.Un grande puzzle su cui era riprodotta la preghiera del Tendopolista con una lampada ad illuminarlo sono stati il filo

“Lo seguono perchéconoscono la sua voce”.

GLI INCONTRI REGIONALI 2011

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conduttore della veglia…ed alla fine ognuno ha riportato a casa un pezzo di quel puzzle (oltre ad una maglietta celebrativa con il logo della giornata) che stava a significare che ognuno di noi da solo non può costruire nulla…la nostra storia è fatto di ognuno di noi, della nostra presenza…e se qualcuno venisse meno il puzzle della storia, della Tendopoli, resterebbe un quadro incompleto…quel pezzettino che abbiamo portato a casa sta a ricordarci ogni giorno che siamo dentro una storia, che siamo la parte fondamentale di questa e che il nostro Stabat, il nostro restare anche quando tutto intorno sembra crollare, quando tutto sembra remare contro, è segno di un amore cosi grande che a volte sottovalutiamo e non comprendiamo a pieno…lo stesso amore che ha accompagnato da 20 il nostro Gruppo Tend di Fontanelle e che rende il puzzle della nostra storia completo e che ci spinge ogni giorno a ripeterci “SPERA NEL SIGNORE SII FORTE”!Un ringraziamento particolare vogliamo farlo a Padre Francesco, che ci ha dato la possibilità di festeggiare questo ventennale unendo a questo la festa dell’Incontro Regionale e che da venti anni crede nel

Tendagoràa cura di Maria Cristina Teti

nostro gruppo e lo accompagna con la sua preghiera; al nostro parroco Don Massimiliano ed al nostro ex parroco Don Antonio che sono stati sempre guide spirituali attente e presenti nel nostro cammino; alla Parrocchia, nella persona di tutti gli operatori parrocchiali di tutti i movimenti presenti, che ci ha accolto ed per la quale da venti anni siamo al servizio; a tutti quelli che hanno lavorato, anche nell’ombra, per far si che la giornata di festa fosse perfetta come lo è stato; a tutti i ragazzi che in questi venti anni si sono alternati per dare vita al gruppo, a quelli che sono passati per poco o per molto tempo, che hanno contributi a far diventare grande il grande puzzle della Tendopoli; ad Alfonsina, Alessandra, Mariangela, Soraya, Franca (presente dal 1991!!), Marco, Omar, Daniele che sono il presente del nostro gruppo e che vivono la nostra storia con i piedi ben saldi a terra e con lo sguardo rivolto verso il cielo.

Gruppo Tend S. Martino in Pensilis (CB)Voglio iniziare questa testimonianza con le prime parole della preghiera del tendopolista, per dire grazie al Signore perché ancora una volta dopo tutti questi anni di tendopoli e incontri, ci ha reso tenda e ci ha abitati ancora. Quest’anno il tema dell’incontro che ci è stato proposto dal nostro “Boss, padre Franck” è stato: “Lo Seguono perché conoscono la sua voce”, un tema abbastanza profondo, che racchiude tutto quello che la chiesa cristiana oggi giorno ci invita a fare, specialmente a noi giovani. Seguire Cristo non per moda, ma spogliarsi per lui, fidarsi delle sue parole come un bimbo che cerca sua madre e lasciarsi attraversare il cuore dal soffio del suo amore, perché il vero problema di noi giovani è proprio questo. Nella nostra ingenuità c è il credere ad una società sbagliata, celarsi dietro ad un puro pessimismo perché si è pigri “… e ma tanto,..non succederà mai niente..” e lasciare chi ci ama, fuori dalla nostra vita perché si ha paura di amare, e di mettersi in gioco e in fine di non riconoscere

l’amore che Gesù Cristo ci regala ogni giorno dietro ad ogni gesto che il fratello di fianco ci dona. Rifugiarsi nelle caverne che la società e noi stessi ci imponiamo, non è l’ideale se vogliamo essere chiamati UOMINI, ma cercare l’infinito che ci abita, quello si che è speciale e che ci rende UOMINI liberi!!!!!. E poi non basta essere sulla buona strada, se ci stiamo soltanto seduti ai margini, ma bisogna essere bravi nel percorrerla tutta, non fermarci ai primi ostacoli, ma di saper affrontate la strada con determinazione e voglia di andare avanti. Di riconquistare quell’animo che abbiamo perso e di cambiarlo. Durante questo incontro parecchie volte mi sono sentito chiamato in ballo.. e nella mia piccola sensibilità, ho capito che ho bisogno di mettere in atto ciò che Cristo mi chiama a fare. Di ricordarci che cosa eravamo, e di riconquistare quella consapevolezza nell’ascoltare la sua voce, che ci chiama, e di vivere nella vita e nel gruppo, non come una persona senza nome, ma come una persona che ha nome, e che sa tirare avanti sempre. Perché Gesù Cristo con la sua croce ci ama .. e ci conosce per nome, e ci ha chiamati a vivere la storia che lui ha scritto per noi , e che tutto in lui deve sussistere. Concludo la mia testimonianza con le stesse parole proposte dal salmo 23 ringraziando tutti gli amici della tendopoli e chiunque che con la sua amicizia mi rende felice. Giuseppe Barruco

Gruppo Tend CampaniaL’ipocrisia di credere di essere arrivati, di essere completi e autosufficienti permea ogni attimo della vita reale. Il mondo dei finanzieri, dalla politica all’economia sembra dirci sempre e solo che ce l’abbiamo fatta. O che dobbiamo farcela o che ce la faremo dimentico, ma anche del tutto ignaro, delle parole di S. Agostino “eri affidato a un mercenario che al sopraggiungere del lupo non ti proteggeva.

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il denaro, per i falsi dei, è fasullo e tiranno perché a senso unico: chi ama il denaro non è amato dal denaro. Dio, invece, ama per primo e la nostra risposta null’altro è che un rapporto di fiducia reciproco e infinito. Come la pecora si fida del pastore che la ama.La Tendopoli si fa così mezzo per conoscere l’amore di Dio, per identificarsi come pellegrini in cammino, come gregge che risponde al richiamo della voce del proprio pastore. Un’identità che non si limita ad esistere una volta a settimana, ma che si trasforma in una scelta di vita sincera e testimoniale nella realtà di tutti i giorni, nella vita che si fa Eucarestia e Gioia da regalare agli altri. E che, per la sua bellezza, deve essere conosciuta.

Gruppo Tend MarcheIl 27 novembre si è svolto a Potenza Picena l’Incontro Regionale di gruppi Tend presso la parrocchia dei S.S.Stefano e Giacomo. Ogni gruppo Tend si è reso disponibile per la riuscita della giornata, dall’accoglienza, seguita dai ragazzi più grandi del Gruppo di Potenza Picena, alla cura della Celebrazione Eucaristica, ai

canti, allo svolgimento dei giochi fino al momento di preghiera finale. L’incontro annuale è rivolto soprattutto ai ragazzi adolescenti del dopo-cresima per far conoscere la realtà della Tendopoli, parte laica del movimento passionista che si caratterizza per la forte formazione spirituale attraverso momenti di preghiera animati dagli stessi ragazzi e permette di intrecciare fra tutti i partecipanti delle relazioni durature nel tempo che li rende uniti nel condividere lo stesso cammino pur vivendo in diverse parrocchie. L’incontro, iniziato con la preghiera guidata da Padre Marco Cola, responsabile regionale come assistente spirituale, è poi proseguito con la relazione di Padre Francesco Cordeschi sul tema:”Lo seguono perché conoscono

Ora invece sei stato cercato dal vero pastore che, per il Suo amore, Ti ha caricato sulle Sue spalle, Ti ha riportato all’ovile che è la casa del Signore, la Chiesa: qui Cristo è tuo pastore e qui sono riunite a dimorare insieme le pecore”. E pecore smarrite sono e sono state dalla Campania, riunite insieme nello stesso recinto in occasione dell’incontro regionale di metà novembre. Un piccolo gruppo, trenta volti conosciuti e nuove leve, faccia a faccia durante un cammino che li lega nonostante la distanza, accomunati da un passato d’incontri e confronti e dalla speranza di un futuro comune e parallelo che porti frutto e volti nuovi, giovani ed entusiasti. Costruire una dimora sicura per nuove greggi è l’obiettivo di un gruppo in cammino, di una religiosità che è amore incondizionato per gli altri e la propria parrocchia, proiezione dell’amore di Dio. Che salde dunque siano le basi della Testimonianza, che forti siano i pilastri della Sentinella che veglia, che gioioso sia il richiamo per il pellegrino desideroso di raggiungere la sua meta, di trovare il senso della propria vita e d’ingranare la direzione giusta dell’esistenza!Negare di essersi un po’ persi per strada sarebbe ingiusto, ingiusto anche non vedere la spinta che pur tiene alta la guardia nei periodi più bui. L’incontro sentinelle del sabato pomeriggio è servito proprio a rinvigorire la volontà di rimanere svegli e saldi nell’attesa che il volere di Dio si compia, che i dormienti si sveglino e che non si chiudano mai le porte dell’amore di Dio. E la Sentinella si nutre di preghiera, perdono ed Eucarestia: attinge forza e pazienza dal Signore e per lui resiste alle intemperie.E a fine giornata, mangia anche buona pizza nell’attesa dell’incontro di domenica: l’alzata, la colazione, le lodi al ritmo della grinta di Padre Francesco e dell’accoglienza dei ragazzi di Cesinali, Tavernola, Montesano sulla Marcellana, Solofra, Villa S. Nicola e Picarelli hanno fornito la spinta per affrontare al meglio la relazione. “ Il Signore è il mio pastore” recita il salmo e questo pone il presupposto che ci fa uomini, persone, amate da Dio: “Tu sei Qualcuno che ti ama” è il grido che deve guidare ogni attimo della giornata e dare la consapevolezza di esser parte di qualcosa di grande e di importante. La conseguenza logica, infatti, è l’annullamento di ogni sconforto che la cultura odierna sembra propugnare nonché del pessimismo che immobilizza l’iniziativa e cristallizza l’entusiasmo, lasciandoci fermi ai margini. L’amore per

la sua voce” che I circa 120 giovani partecipanti divisi in cinque gruppi hanno approfondito e discusso per poi arrivare alla condivisione finale che ha permesso ai ragazzi di portare a casa qualcosa nel marsupio personale della fede . Dopo la celebrazione della Santa Messa nella chiesa della parrocchia, il pranzo al sacco è stato compensato ampiamente dagli innumerevoli dolci portati dai ragazzi. Non poteva mancare un momento ludico, dove gli organizzatori hanno saputo mixare sapientemente la parte laica, le citazioni del vangelo e l’attualità, con un risultato tutto da ridere in dialetto marchigiano. La conclusione della giornata si è svolta nella chiesa di S.Sisto delle monache di clausura Benedettine, la cui foresteria è sede del Gruppo Tend di Potenza Picena, per un momento di preghiera finale veramente toccante : Gesù esce dal Tabernacolo e viene in mezzo a noi, ascolta le nostre preghiere e si prende cura di tutti. Noi di Potenza Picena ringraziamo il nostro parroco Don Andrea Bezzini per averci accolto, messo a disposizione l’oratorio, le stanze e la chiesa ma soprattutto per aver riconosciuto il nostro cammino, quello della Tendopoli di San Gabriele che, come dice spesso il fondatore Padre Francesco,

deve stare in parrocchia e nella stessa proporsi e lavorare. Un ultimo pensiero, ma non per questo meno importante, va

alle mamme dei nostri ragazzi Tend, che da mesi si incontrano per pregare insieme, che hanno svolto un servizio impeccabile per tutta la parte organizzativa a loro affidata; segno che la preghiera fa miracoli e il Signore non ci fa mancare il Suo Spirito in ogni cosa che poi andiamo a produrre ed un grazie a tutti i ragazzi che si sono impegnati per la riuscita della giornata.

Emanuela Carbonari

segue... GLI INCONTRI REGIONALI 2011

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“Nello scasso profondo dei nuclei familiari Natale arriva come un faro sui cocci e fa brillare i frantumi. Si aggiungono intorno alla tavola apparecchiata sedie vuote da tempo. Per una volta all’anno, come per i defunti, si va in visita al cerchio spezzato.Natale è l’ultima festa che costringe ai conti. Non quelli degli acquisti a strascico, fino a espiare la tredicesima, fino a indebitarsi. Altri conti e con deficit maggiori si presentano puntuali e insolvibili. I solitari scontano l’esclusione dalle tavole e si danno alla fuga di un viaggio se possono permetterselo, o si danno al più rischioso orgoglio d’infischiarsene.Ma la celebrazione non dà tregua: vetrine, addobbi, la persecuzione della pubblicità da novembre a febbraio preme a gomitate nelle costole degli sparpagliati. Natale è atto di accusa. Perfino Capodanno è meno perentorio, con la sua liturgia di accatastati intorno a un orologio con il bicchiere in mano. Natale incalza a fondo i disertori.Ma è giorno di nascita di chi? Del suo contrario, spedito a dire e a lasciare detto, a chi per ascoltarlo si azzittiva. Dovrebbe essere festa del silenzio, di chi tende l’orecchio e scruta con speranza dentro il buio. Converge non sopra i palazzi e i centri commerciali, ma sopra una baracca, la cometa. Porta la buona notizia che rallegra i modesti e angoscia i re.La notizia si è fatta largo dentro il corpo di una ragazza di Israele, incinta

La Sacra Famiglia,che meraviglioso esempiodi indignazione!!!

fuorilegge, partoriente dove non c’è tetto, salvata dal mistero di amore del marito che l’ha difesa, gravida non di lui. Niente di questa festa deve lusingare i benpensanti. Meglio dimenticare le circostanze e tenersi l’occasione commerciale. Non è di buon esempio la sacra famiglia: scandalo il figlio della vergine, presto saranno in fuga, latitanti per le forze dell’ordine di allora.Lì dentro la baracca, che oggi sgombererebbero le ruspe, lontano dalla casa e dai parenti a Nazareth, si annuncia festa per chi non ha un uovo da sbattere in due. Per chi è finito solo, per il viandante, per la svestita sul viale d’inverno, per chi è stato messo alla porta e licenziato, per chi non ha di che pagarsi il tetto, per i malcapitati è proclamata festa. Natale con i tuoi: buon per te se ne hai. Ma non è vero che si celebra l’agio familiare. Natale è lo sbaraglio di un cucciolo di redentore

privo pure di una coperta. Chi è in affanno, steso in una corsia, dietro un filo spinato, chi è sparigliato, sia stanotte lieto. È di lui, del suo ingombro che si celebra l’avvento.È contro di lui che si alza il ponte levatoio del castello famiglia, che, crollato all’interno, mostra ancora da fuori le fortificazioni di Natale.”

Erri De Luca.

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a cura di Marco Cola

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Il mondo della Chiesa …

stamane da uno sconosciuto, mentre si preparava a partire dalla parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo soccorso ad Arakan, in North Cotabato. Come ogni lunedì, aveva un incontro con i sacerdoti della diocesi nella casa del vescovo. L’assassino si è avvicinato a lui e lo ha ucciso con due colpi alla testa. Non si conosce ancora l’autore né il movente dell’uccisione. Secondo testimoni egli indossava un casco di sicurezza ed

«Uno speciale Anno della fede è stato annunciato da Benedetto XVI, che ne ha indicato le motivazioni, le finalità e le linee direttrici nella Lettera apostolica Porta fidei . L’inizio è previsto per l’11 ottobre 2012, 50° anniversario dell’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, e la conclusione sarà il 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’universo. Anche Paolo VI indisse un Anno della fede nel 1967, in occasione del 19° centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo. “Ritengo che, trascorso mezzo secolo dall’apertura del Concilio, sia opportuno richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla a livello personale e comunitario, e farlo in prospettiva non tanto celebrativa, ma piuttosto missionaria, nella prospettiva, appunto, della missione ad gentes e della nuova evangelizzazione”. Benedetto XVI ha auspicato che mediante le iniziative del nuovo organismo vaticano, affidato alla presidenza dell’arcivescovo Rino

Fisichella, “la forza del Vangelo penetri le famiglie, gli ambienti di lavoro, il mondo della cultura, la politica, la vita sociale”. L’Anno della fede, ha concluso, “sarà un momento di grazia e di impegno per una sempre più piena conversione a Dio” e “per annunciare Cristo a chi non lo conosce, oppure lo ha ridotto a semplice personaggio storico”» (Saverio GAETA, famigliacristiana.it, 17 ottobre 2011).

«P. Fausto Tentorio, 59 anni, da oltre 32 anni nelle Filippine, è stato ucciso

Questa vuole essere una pagina aperta sul mondo. Riporteremo notizie di attualità, che ci sembrano interessanti riguardanti la vita della Chiesa, e il mondo che le gira intorno nel bene e nel male.IL PAPA ANNUNCIAL’ANNO DELLA FEDE

era impossibile vederlo in viso. Dopo l’assassinio, il killer si è allontanato sicuro con una motocicletta. P. Tentorio lavorava da tempo fra i gruppi tribali della diocesi, vivendo con loro. La sua evangelizzazione comprendeva anche l’impegno per garantire sopravvivenza e diritti a queste popolazioni spesso derubati delle terre ed emarginate» (asianews.it, 17 ottobre 2011). Ecco il commento di Orlando Quevedo, ex vescovo di Kidapawan, sulla morte del missionario.«La morte di p. Fausto è un puro assassinio. Io lo condanno totalmente come un

crimine che grida al cielo. Se gli autori pensano che la sua uccisione azzittirà sacerdoti, religiosi, fratelli e sorelle, e vescovi dal proclamare la giustizia del regno di Dio, si sbagliano. Il sangue dei martiri come p. Fausto sostiene il coraggio e l’audacia di coloro che si interessano alla pace e alla giustizia abbastanza da sacrificare loro stessi mentre percorrono la strada della non violenza attiva. Lancio un forte appello alle autorità affinché cerchino gli autori e li consegnino alla giustizia. (Estratto da “Martire per la Giustizia e la Pace” di mons. Orlando B. Quevedo, Omi)» (asianews.it, 19 ottobre 2011).

«L’hanno uccisa perché si opponeva alla mafia delle miniere di carbone. Ieri si sono tenuti i funerali di suor Valsa John, delle Suore della Carità di Gesù e Maria, uccisa alle prime ore di mercoledì in circostanze ancora non chiarite nello Stato indiano nord-orientale del Jharkhand. Secondo le ricostruzioni, la religiosa 53enne è stata assassinata durante la protesta di una cinquantina di persone davanti la sua abitazione, probabilmente istigate dalle compagnie minerarie del carbone che in lei avevano trovano una combattiva oppositrice ai loro progetti sulle terre tribali.

La sua morte ha interrotto 20 anni di lavoro pastorale svolti perlopiù tra i diseredati e i gruppi minoritari del distretto di Pakur. […] Secondo la testimonianza del Provinciale dei Gesuiti di Dumka, padre Nirmal Raj, tra quelli che più conoscevano l’impegno della suora uccisa – raccolta dall’agenzia Fides – “suor Valsa viveva con i poveri, dava la sua testimonianza cristiana e li evangelizzava, condividendo le loro fatiche e difficoltà. Stava accanto alle comunità tribali più emarginate, i gruppi di etnia Santhal nel distretto di Pakur”. La religiosa, ricorda ancora padre Nirmal, “era impegnata soprattutto nel difendere gli indigeni dall’esproprio delle terre ancestrali da parte dalle compagnie minerarie per estrarvi carbone”».(Stefano VECCHIA, avvenire.it, 17 novembre 2011).

FILIPPINE - UCCISO MISSIONARIO DEL PIME

INDIA - UCCISA SUORACHE DIFENDEVA I DIRITTI DEGLI INDIGENI

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… La chiesa nel mondo.In questa rubrica desideriamo esporre brevemente il pensiero della Chiesasu alcuni problemi di attualità. Ci serviremo della parola del magisteroin particolare del Papa e dei vescovi.

Il 27 ottobre scorso Benedetto XVI ha partecipato alla giornata di preghiera e di riflessione per la pace e la giustizia nel mondo, organizzato ad Assisi a 25 anni di distanza dallo storico raduno voluto dal suo predecessore, Giovanni Paolo II nel 1986. Nel suo intervento il papa si è soffermato sul problema della violenza causati dalla negazione di Dio ma anche da una concezione distorta della religione e ha rivolto l’invito a purificare la religione e ad essere cercatori di verità. Ecco un passaggio del suo discorso. «La critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che la religione fosse causa di violenza, e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni. […] Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è “Dio dell’amore e della pace” (2 Corinzi 13, 11). È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire dal suo centro interiore, affinché – nonostante la debolezza dell’uomo – sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo. […] I nemici della religione – come abbiamo detto – vedono in questa una fonte primaria di violenza nella

storia dell’umanità e pretendono quindi la scomparsa della religione. Ma il “no” a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio. […] L’assenza di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo» (vatican.va, 27 ottobre 2011).

Il Santo Padre si è recato nel Benin tra il 18 e il 20 novembre scorso per una visita apostolica, in occasione della quale ha firmato e pubblicato l’esortazione apostolica post-sinodale relativa ai problemi della Chiesa in Africa. Nel programma fitto di visite e incontri assume particolare rilievo il discorso tenuto dal Papa ai rappresentanti delle istituzioni e delle religioni, in cui esorta i responsabili politici ed economici ad essere seminatori della speranza. «In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente. […] Ci troviamo dunque davanti ad una rivendicazione legittima che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità, e soprattutto una maggiore umanità. L’uomo vuole che la sua umanità sia rispettata e promossa. I responsabili politici ed economici dei Paesi si trovano di fronte a decisioni determinanti e a scelte che non possono più evitare. Da questa tribuna, lancio un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza. Questa sapienza vi farà comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri servitori della speranza.Non è facile vivere la condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi potenti. Il potere, qualunque sia, acceca con facilità,

IL PAPA AD ASSISI: L’ASSENZA DI DIO PORTA AL DECADIMENTO DELL’UOMO

IL PAPA AI GOVERNANTI DELL’AFRICA: NON PRIVATE I VOSTRI POPOLI DELLA SPERANZA!

soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi. Dio solo purifica i cuori e le intenzioni.La Chiesa non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica. Essa ripete: non abbiate paura! L’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo. Dio è presente. E’ questo un messaggio di speranza, una speranza generatrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo. Un Arcivescovo di Toulouse, il Cardinale Saliège, diceva: “Sperare, non è abbandonare; è raddoppiare l’attività”. La Chiesa accompagna lo Stato nella sua missione; vuole essere come l’anima di questo corpo indicando infaticabilmente

l’essenziale: Dio e l’uomo. Essa desidera compiere, apertamente e senza paura, questo immenso compito di colei che educa e cura, e soprattutto che prega continuamente (cfr Lc 18,1), che indica dove è Dio (cfr Mt 6,21) e dov’è il vero uomo (cfr Mt 20,26 e Gv 19,5). La disperazione è individualista. La speranza è comunione. Non è questa una via splendida che ci è proposta? Invito ad essa tutti i responsabili politici, economici, così come il mondo universitario e quello della cultura. Siate, anche voi, seminatori di speranza!» (vatican.va, 19 novembre 2011)

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consapevoli del loro rapporto di paren-tela, si limitano ad un rapporto freddo e distante. Ma l’occasione per cono-scersi meglio arriva quando, a causa della partenza per l’Africa della madre di Luca, Bruno accetterà di prender-si cura del giovane per qualche mese.Con questo film il regista tocca diversi punti importanti della nostra realtà e su cui vale la pena soffermarsi a riflet-tere. C’è il tema della famiglia divisa: il regista tratta questo punto “sottovoce” ma con qualche accenno che ne rivela il motivo. La paternità, nello specifico, gioie e responsabilità che l’arrivo di un figlio comporta: Bruni vuole rivalutare la figura dei padri che oggi non sono messi in una buona luce, come del resto il ruolo maschile - ha afferma-to lo stesso regista - che è sempre sui giornali di cronaca per delitti, stupri, crimini e rapine, ma anche per motivi di lavoro. Un altro punto è la scuola

e l’educazione: «Volevo mettere l’accento su una scuola trascurata, dimenticata da chi ci governa. Ma dove ci sono persone che lavorano sodo, con passione, senza neanche preoccuparsi troppo di quanto guadagnano», ha detto il regista.E ancora, l’interazione: nel film, Luca è un ragazzo collocato al chiuso di una stanza e poi riversato sulla tastiera di un iPad, rispecchiando cosi una parte di questa nostra società italiana (ma un po’ in tutto il mondo), che ha ri-nunciato ormai alle relazioni personali per vivere in quelle virtuali.. L’uomo non interagisce più, forse anche per la poca fiducia in se stesso e quindi nel-le proprie capacità. Un film piacevole, chi lo ha visto è rimasto impressionato

Dopo una lun-ga pausa, eccoci tornati ragazzi.A Natale non possiamo non parlare di fami-glia.Un film che sicu-ramente vale la pena vedere ,”un film per genitori e figli, o meglio che i figli dovrebbero far vedere ai genitori - come racconta-no i protagonisti - per capirsi meglio, e venirsi incontro” è Scialla! (Stai sereno) - nelle sale dal 18 novembre, film d’esordio del-lo sceneggiatore livornese Francesco Bruni,vincitore della sezione Contro-campo alla 68° Mostra del cinema di Venezia. Dal nome un po’ bizzarro, “Scialla” (un modo gergale per dire “stai sereno” nel linguaggio dei gio-vani di oggi e che il regista stesso ha rubato a suo figlio diciasettenne), è la storia di uno svogliato insegnante di mezza età, Bruno (Fabrizio Ben-tivoglio), la cui vita viene sconvolta dalla frequentazione di un ragazzo di quindici anni, Luca (Filippo Scicchita-no), vivace e irriverente che, quasi per caso,scopre essere suo figlio. I due, in-

La luce cheunisce

to difficile, quale può essere la malat-tia) con il suo immancabile sorriso, ha rivolto queste bellissime parole ai suoi genitori: “Quando abbiamo la presenza di Gesù in mezzo a noi, siamo la fami-glia più felice del mondo”.Allora anche attraverso l’aiuto di Chia-ra Luce e le sue preghiere, auguro a tutti voi che possiate trascorrere un Santo Natale, nel calore intenso di questo Amore che tanto stava a cuore a Chiara e che ha unito, sin dall’inizio dei tempi, la Santa famiglia. Vi faccio anche l’augurio di un anno sempre alla continua, costante e “frenetica” ricerca della Sua luce.Ah, dimenticavo... Ciak! E buona visione!

con quanta facilità e tranquillità ven-gono affrontati certi temi, ed è il caso di dire che il film scorre “sciallo” senza intoppi. Da questo Natale quindi, per chi come me, sente la necessità di cambiare le cose, iniziamo a spegnere il televiso-re, il computer, l’ iPad e tutto quello che impedisce di comunicare con il fra-tello (come anche l’odio, la superbia, l’ira, i rancori) e svuotiamo il nostro cuore,facciamo spazio per accogliere e farci guidare dalla luce di Dio che si fa uomo per noi. Lasciamoci invade-re dall’Amore di Gesù, ricominciando ad esempio, da un piccolo gesto - che può essere un sorriso, un abbraccio, un ciao, un grazie - prima nelle nostre fa-miglie poi con il nostro “vicino”, quel-lo della porta accanto.La Beata Chiara Luce Badano un giorno dopo una meditazione (in un momen-

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Eccoci tornati per il quarto anno consecutivo con la rubrica musicale del giornale!!! Non mi dite niente, lo so.. sono vecchio e il tempo vola!!! Ma non pensiamo alla mia età e mettiamoci subito ad ascoltare in questo primo numero, il brano che ho scelto per parlare di famiglia. Stiamo parlando “family portrait” (ritratto di famiglia) di Alecia Beth Moore, in arte Pink, cantautrice statunitense.Come sempre, vi segnalo il link youtube dove potete ascoltare la canzone: http://www.youtube.com/watch?v=hSjIz8oQukoQui invece, trovate la traduzione in italiano: http://www.angolotesti.it/traduzioni/P/traduzione_testo_canzone_tradotto_family_portrait_pink_2507.html

Mi sembra di aver detto tutto.. scarpe allacciate, occhiali pronti, l’aria è frizzante, accendete l’iPod, cuffie a posto.. play!!

Giacomo

Note sotto il Gran Sasso

La canzone è la storia di una famiglia che sta per finire in pezzi, mostrando i conflitti interni attraverso gli occhi un bambino.Le urla della madre che si sovrappongono a quelle del padre e viceversa, l’impossibi-lità di comunicare e la pretesa di far valere sempre le proprie ragioni sull’altro, sono solo i primi sintomi di una situazione “al collasso” che non considera mai (quasi), il delicato equilibrio dei figli. Storie a cui purtroppo siamo chiamati ad assistere e nelle quali spesso e malvolentieri, siamo chiamati a vivere.Non è facile affrontare queste cose, spe-cie perché non vi è un protocollo “ope-rativo”.Non esiste una modo di operare già col-laudato per il quale è possibile sapere cosa si deve fare e come si deve fare.

“..litigate sui soldi, su me e mio fratello. E’ questo ciò che trovo tornando a casa, que-sto è il mio riparo. Non è facile crescere nel mezzo della “terza guerra mondiale”, non sapendo mai come sarebbe potuto essere l’amore..”

È evidente il disagio personale della can-tante che ha vissuto “in primis” una situa-zione del genere, e che cerca di far aprire gli occhi a tutte le persone che si trovano coinvolte nello stesso disagio. La situa-zione familiare precaria paragonata a una guerra mondiale, la dice lunga sul clima di caos e incertezza mista a paura e delu-sione che serpeggiano spesso nelle fami-glie che non riescono a trovare un punto d’incontro, nelle famiglie in cui molto spesso manca Gesù.

“Possiamo trovare una soluzione?Possiamo essere una famiglia? Prometto che sarò più buona, mamma farò qualun-que cosa. Possiamo trovare una soluzione? Possiamo essere una famiglia? Prometto che sarò più buona, papà per favore non andartene!”La cosa brutta molte volte è proprio che a subire tutto sono i figli che somatizzano

i problemi che ci sono addossandosi col-pe che non hanno per far si che i genitori non si separino. Quel “posso fare qual-cosa, possiamo essere una famiglia” è un grido di dolore che andrebbe ascoltato e per il quale dovrebbero essere fatte scel-

te ponderate e non dettata dall’aggressivi-tà e dalla voglia che molti adulti hanno, di “ritornare in pista”..

Non spetta certo a me dare giudizi o esse-re da esempio, però a mio parere, quando in una famiglia viene a mancare qualco-sa, prima di arrivare alla separazione ci si dovrebbe fermare a riflettere “in due”, cer-cando di analizzare gli errori e le mancan-ze (umane) di “entrambi”.. troppo sem-plice scappare, troppo comodo mollare gli ormeggi.. è difficile lottare, è scomodo

“family portrait” (ritratto di famiglia) di Alecia Beth Moore, in arte Pink!

lottare, è limitante la “libertà apparente” lottare.. ma a questo siamo chiamati e per questo noi cristiani siamo stati scelti.. per lottare!

E non dire “sono troppo giovane, io non so parlare” ma va.. IO SONO con te..

Un grosso abbraccio e al prossimonumero!! Giacomo

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A tutta vita!Ringraziamo e lodiamo il Signore per il dono della vita..., con gioia diamo il benvenuto al piccolo FILIPPO figlio di Annalisa e Luca: AUGURI!E, notizia dell’ultim’ora, Mario e Alfonsina hanno abbracciato la loro piccola Lucilla: nata il 16 dicembre alle ore 6,20.

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Coloriamodi gioia il 2012!Sembra un paradosso… ma proprio il nuovo anno 2012 che stiamo per inizia-re e che viene descritto come anno apo-calittico, ci riserva una grande occasione di riflessione e di festa che dobbiamo cogliere e vivere con entusiasmo.Non sarà l’anno che segna la fine, ma un anno che ci ricorda e ripropone un inizio: 150 anni fa venivabeatificato San Gabriele.

Cammineremo in questo anno coloran-dolo di questa memoria. San Gabriele sarà presente in tutte le nostre attività. 1- NEGLI EVENTI TRADIZIONALI:

Tendopoli Venezuela 19-23 febbraioTenda Giovani 15-17 Giugno Tendopoli Colombia 29 giugno 2 luglioTendopoli di San Gabriele 21-25

E i due pellegrinaggi a piedi Morrovalle - Loreto 22 LuglioTeramo - San Gabriele 4-5 agosto

2- NEGLI EVENTI SPECIALI:Grande missione Giovani a Casoli di Atri Pellegrinaggio dei gruppi tendopoli al santuario (data da concordare)Peregrinatio per i gruppi della immagine di San Gabriele.

Dottore o infermiere!?!Congratulazioni a Cristian Giannini lau-reatosi in infermieristica con il massimo dei voti.

Non abbiate paura!L’umanità non è sola davanti alle sfidedel mondo. Dio è presente.È questo un messaggio di speranza,una speranza generatrice di energia,che stimola l’intelligenza e conferiscealla volontà tutto il suo dinamismo.(Benedetto XVI)

Dio ha “posto” la sua tenda in mezzo a noi.Ai giovani senza “posto”, ai lavoratori che hanno perso il “posto”, ai potenti ché hanno paura di lasciare il “posto”, a chi non ha la coscienza a “posto”, auguro di essere nella gioia perché Colui che viene e “non c’era posto per lui nella città” è stato capace di far dormire insieme “il lupo e l’agnello” allo stesso “posto”. P. Francesco

Auguri!

LUCILLA

FILIPPO