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Teoria dei Linguaggi (2017-18) Semantica strutturale (3) Lyons: definizioni di significato semantica e pragmatica Dott.ssa Filomena Diodato ([email protected])

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Teoria dei Linguaggi (2017-18)

Semantica strutturale (3)

Lyons: definizioni di significato semantica e pragmatica

Dott.ssa Filomena Diodato ([email protected])

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La semantica strutturale di John Lyons

Una nozione di significato teoricamente ed empiricamente adeguata deve tener conto:

del rapporto tra significato e referente

della natura relazionale del significato (come associazione di suono e senso)

Ma non deve cedere a ipotesi mentaliste.

Definizione contestuale (o operazionale) di significato che si sostanzia nel rifiuto dell’equazione significato = concetto, idea, stato mentale.

Supera, però, l’approccio comportamentista che, viceversa, conduce alla negazione della semantica (v. Bloomfield 1933)..

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Da 'riferimento' ad 'applicazione'

La nozione di applicazione (application) coincide solo in parte con il concetto analitico di riferimento (reference).

Il contributo del linguista alla descrizione delle strutture grammaticali e ai processi che i sistemi linguistici utilizzano per fare riferimento a individui o a gruppi di individui deve essere accuratamente circoscritto: la linguistica non deve occuparsi del riferimento reale delle espressioni linguistiche, compito che spetta alla filosofia o alla logica.

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Semantic field e significato

Lyons recupera la tesi di impronta saussuriana secondo la quale i rapporti (paradigmatici e sintagmatici) tra le unità della lingua concorrono alla determinazione del significato.

Nella sua prospettiva, però, le nozioni di significato e sistema si restringono: il significato non è più globale e il sistema lessicale non è l’intero vocabolario, ma un sub-sistema o campo semantico (semantic field) formato dalle relazioni tra le parole nel contesto dell'analisi.

Olismo locale

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Significato descrittivo

Il significato lessicale coincide con il significato descrittivo (cognitivo, referenziale o proposizionale), definibile in termini fattuali poiché la sua negazione o affermazione può essere, nei casi più semplici, verificata empiricamente (per es. Qui ad Edimburgo, in questo momento, piove).

Il significato descrittivo si distingue:

dal significato espressivo, «quell’aspetto del significato che si modifica in rapporto alle caratteristiche del parlante»,

dal significato sociale, «quell’aspetto che serve a stabilire e a mantenere le relazioni sociali» (Lyons, 1977, trad. ti. 1980: 54).

La priorità del significato descrittivo è data dal fatto che, tra le molteplici funzioni semiotiche, le lingue soddisfano primariamente la funzione dichiarativa.

Il significato descrittivo coincide con la proposizione asserita nelle affermazioni, definita in termini di valori di verità.

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Senso e denotazione

La semantica lessicale tratta esclusivamente il significato descrittivo, dunque senso e denotazione delle espressioni linguistiche.

Il senso è il rapporto tra un lessema e gli altri lessemi che rientrano in un sub-sistema lessicale in un determinato contesto

La denotazione è il rapporto tra il lessema e il mondo esterno.

Senso e denotazione sono interdipendenti;

se consideriamo solo la denotazione riduciamo la lingua a una nomenclatura e l’apprendimento di una lingua alla semplice memorizzazione di una lista di etichette;

se consideriamo solo il senso neghiamo che per conoscere il senso di un lessema è necessario conoscere anche le condizioni della sua applicabilità.

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Senso e denotazione - Frege (Über Sinn und Bedeutung, 1892)

Distinzione tra segno (nome), senso e denotatum (l’oggetto che il segno designa)

Un nome o segno è collegato, oltre che all’oggetto che designa (denotazione o Bedeutung), anche al senso (Sinn), ovvero al «modo in cui l’oggetto viene dato».

Nomi propri (Eigennamen). Nomi propri come Roma, Mario Rossi, la luna e descrizioni definite, cioè sintagmi nominali preceduti dall’articolo determinativo, come la capitale d’Italia, la sorella di Franco, il fiume più lungo del mondo (termine singolare, un’espressione linguistica che denota uno e un solo oggetto).

Bedeutung (denotazione o riferimento) di un termine singolare è l’oggetto di cui esso è il nome (per es. la denotazione del nome proprio Mario Rossi è l’individuo Mario Rossi in persona).

Il senso è il modo in cui il nome presenta quel particolare oggetto, il ‘criterio di identificazione’ della denotazione che è associato al nome.

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stella del mattino = stella del mattino stella del mattino = stella della sera

Il primo enunciato esprime una tautologia (è un’espressione priva di contenuto informativo, ci dice semplicemente che un corpo celeste è uguale a se stesso).

Il secondo non solo implica l’asserzione del principio di identità ma ci informa di qualcosa che precedentemente non sapevamo, ha cioè un ‘valore conoscitivo’ (Erkenntniswert).

Il primo enunciato esprime una verità analitica a priori, un fatto autoevidente.

Il secondo, essendo verificabile solo dopo indagini empiriche, ha il valore di una scoperta. La distinzione tra senso e denotazione serve, quindi, a Frege per giustificare la differenza tra proposizioni analitiche dimostrate solo per via logica e proposizioni sintetiche dimostrabili per via empirica (quelle che per Leibniz erano ‘verità di fatto’ e ‘verità di ragione’).

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Senso di Frege vs senso strutturalista

Il senso è il valore conoscitivo di un’espressione, il «modo di presentazione» o «modo di essere dato» di un oggetto.

Stella del mattino e stella della sera, pur denotando lo stesso oggetto (il pianeta Venere), hanno sensi diversi poiché ciascuna costituisce uno specifico ‘percorso conoscitivo’ per giungere a quell’oggetto (infatti potremmo sapere che Venere è la stella del mattino, ma non che è la stella della sera).

Per Frege, la principale funzione delle parole «consiste nel contribuire a disegnare un particolare percorso conoscitivo» che «non è possesso privato e incomunicabile di colui che asserisce l’enunciato, ma è messo potenzialmente a disposizione di chi lo ascolta: esso è, per così dire, immanente nella lingua»; perciò «una delle funzioni principali della lingua è dare forma e rendere intersoggettivamente accessibile una rete articolata di pensieri e conoscenze sul mondo» (Picardi, 1992:118).

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Data la difficoltà di analizzare il significato globale, è teoricamente e metodologicamente più corretto limitare l’analisi al significato descrittivo o senso del segno nel particolare contesto di occorrenza (in un particolare testo, in un singolo autore o in un genere letterario).

Significato descrittivo e senso

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Contesto

La nozione di contesto comprende:

la situazione fisica (spazio-temporale) in cui l’enunciato è prodotto,

l’insieme delle conoscenze pregresse pertinenti,

il comportamento non verbale degli interlocutori

soprattutto, l’accettazione tacita, da parte del parlante e dell’interlocutore delle convenzioni, delle credenze e delle presupposizioni date per scontate dai membri di una comunità linguistica.

Si tratta di una definizione non mentalista poiché – a differenza di quanto si affermerà nella pragmatica cognitiva – per riconoscere il contesto di un enunciato non occorre leggere la mente del parlante.

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Wittgenstein, significato come usoGioco linguistico e 'somiglianza di famiglia' (RF, §§ 66-67)

Considera, ad es., i processi che chiamiamo “giuochi”. Intendo giuochi da scacchiera, giuochi di carte, giuochi di palla, gare sportive, e via discorrendo. Che cosa è comune a tutti questi giuochi? – Non dire: «Deve esservi qualcosa di comune a tutti, altrimenti non si chiamerebbero ‘giuochi’» – ma guarda se ci sia qualcosa di comune a tutti. – Infatti, se li osservi, non vedrai certamente qualche cosa che sia comune a tutti, ma vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie. Come ho detto: non pensare ma osserva! – Osserva ad es., i giuochi da scacchiera, con le loro molteplici affinità. Ora passa ai giuochi di carte: qui trovi molte corrispondenze con quelli della prima classe, ma molti tratti in comune sono scomparsi, altri ne sono subentrati. Se ora passiamo ai giuochi di palla, qualcosa di comune si è conservato, ma molto è andato perduto. Sono tutti ‘divertenti’? Confronta il giuoco degli scacchi con quello della tria. Oppure c’è dappertutto un perdere e un vincere, o una competizione tra i giocatori? Pensa allora ai solitari. Nei giuochi con la palla c’è vincere e perdere; ma quando un bambino getta la palla contro un muro e la riacchiappa, questa caratteristica è sparita. Considera quale parte abbiano abilità e fortuna. E quanto sia differente l’abilità negli scacchi da quella nel tennis. Pensa ora ai girotondi: qui c’è l’elemento del divertimento, ma quanti altri tratti caratteristici sono scomparsi! E così possiamo passare in rassegna molti altri gruppi di giuochi. Veder somiglianze emergere e sparire.

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E il risultato di questo esame suona; Vediamo una rete complicata di somiglianze che si sovrappongono e si incrociano a vicenda. Somiglianze in grande e in piccolo.

Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l’espressione «somiglianze di famiglia»; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono e s’incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperamento, ecc. ecc. E dirò: i giuochi formano una famiglia.

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Funzioni del linguaggio (RF § 23)

Ma quanti tipi di proposizioni ci sono? Per es.: asserzione, domanda e ordine? – Di tali tipi ne esistono innumerevoli: innumerevoli tipi differenti di impiego di tutto ci che chiamiamo «segni», «parole», «proposizioni». E questa molteplicità non è qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte; ma nuovi tipi di linguaggio, nuovi giuochi linguistici, come potremmo dire, sorgono e altri invecchiano e vengono dimenticati. (Un’immagine approssimativa potrebbero darcela i mutamenti della matematica.) Qui la parola «giuoco linguistico» è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare un linguaggio fa parte di un’attività, o di una forma di vita.

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Considera la molteplicità dei giuochi linguistici contenuti in questi (e in altri) esempi: Comandare, e agire secondo il comando

Descrivere un oggetto in base al suo aspetto o alle sue dimensioni –Costruire un oggetto in base a una descrizione (disegno) –Riferire un avvenimento –Fare congetture intorno all’avvenimento –Elaborare un’ipotesi e metterla alla prova –Rappresentare il risultato di un esperimento mediante tabelle e diagrammi –Inventare una storia; e leggerla –Recitare in teatro –Cantare in girotondo –Sciogliere indovinelli –Fare una battuta; raccontarla –Risolvere un problema di aritmetica applicata –Tradurre da una lingua in un’altra –Chiedere, ringraziare, imprecare, salutare, pregare.

– È interessante confrontare la molteplicità degli strumenti del linguaggio e dei loro modi di impiego, la molteplicità dei tipi di parole e di proposizioni, con quello che sulla struttura del linguaggio hanno detto i logici. (E anche l’autore del Tractatus logico-philosophicus.)

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Uso e gioco linguistico

Il significato è fondamentalmente uso: attraverso l’uso si fissano le regole che giustificano e determinano il significato delle parole. Le parole hanno confini sfumati; si possono usare, ma non si possono definire una volta per tutte.

L’uso di un termine non dipende dalla possibilità di darne una definizione.

Quando apprendiamo che cos’è un oggetto (poniamo un tavolo), si forma nella nostra mente l’immagine di quell’oggetto. Questa immagine può essere generalizzata, cioè applicata non solo a quel particolare oggetto ma fungere da schema, da prototipo dell’intera classe di oggetti. Così se penso a un triangolo non posso che figurarmi nella mente un particolare triangolo, eppure quest’immagine rappresenta anche tutta la classe dei triangoli.

La natura sfumata dei concetti giustifica il fatto che, per stabilire se un’entità appartiene a quel concetto, dobbiamo di volta in volta stabilire, a seconda del contesto, qual è il senso o l’uso di quel concetto.

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Seguire un regola, forma di vita

Se il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio, esso può essere compreso solo facendo ricorso alle forme di vita, ovvero al contesto delle attività umane non linguistiche, alle nostre abitudini, reazioni, atteggiamenti (Rf, § 43).

Una parola ha senso finché è utilizzata nel gioco linguistico che le è proprio (o nei giochi che le sono propri); fuori dal suo contesto (o dai suoi contesti) d’uso, la parola non ha senso.

Comprendere una parola equivale a «seguire una regola». Ma seguire una regola non equivale a interpretare una regola: seguire una regola è una pratica pubblica che ha poco a che vedere con l’intenzione o l’intuizione del parlante (Rf, § 199).

Seguire una regola è un’attività che si colloca nel contesto di una pratica sociale, di una forma di vita. Solo nel contesto sociale si stabiliscono le regole e si giudica la rispondenza del comportamento alla regola, ovvero si determina se una parola è usata conformemente al gioco linguistico che le è proprio. E allora conoscere un linguaggio è un ‘saper fare’ più che un sapere; apprendere un linguaggio significa imparare a usare una tecnica (Rf, § 224).

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I termini di sensazione

I termini di sensazione non rinviano a stati mentali o a fatti della coscienza individuale: il significato di rosso o di dolore non rimanda a un processo mentale privato ma a un determinato uso all’interno di un certo gioco linguistico. In ultima analisi, solo nel seno di una lingua è possibile comprendere le parole.

Alla domanda “come faccio a dire questo è rosso?”, Wittgenstein risponde “perché conosco l’italiano”

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Apprendimento del linguaggio

L’apprendimento linguistico non avviene per ostensione (se non nelle fasi estremamente rudimentali) poiché per comprendere una definizione ostensiva già occorre avere un linguaggio.

In altri termini la definizione ostensiva non si colloca all’inizio ma alla fine del processo di apprendimento: «Una volta che tu sappia che cosa la parola designa, la comprendi, ne conosci l’intera applicazione» (Rf, § 264).

È come dire a uno che non conosce le regole del gioco degli scacchi Questo è il re: solo conoscendo le regole del gioco la funzione del re e degli altri pezzi l’enunciato può avere un senso.

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Argomento contro il linguaggio privato (Rf, §§ 243, 344, 345)

Immaginiamo che un individuo istituisca un linguaggio per esprimere le sue sensazioni, nel quale le parole siano associate a determinate sensazioni provate dal soggetto in particolari momenti. Un linguaggio del genere non sarebbe accessibile ad altri che a colui che lo ha istituito, ma questo si potrebbe definire linguaggio?

Per Wittgenstein no, poiché il soggetto che ha istituito il linguaggio privato non ha alcun criterio per determinare la correttezza delle espressioni che utilizza e non è in grado di comunicare ad altri alcunché. Allora un linguaggio privato non è possibile: il linguaggio consiste primariamente nel seguire regole ‘pubbliche’ condivise dai parlanti di una data comunità e non nel credere di seguire una regola.

D’altra parte, una regola deve necessariamente essere posta al di fuori del soggetto poiché «non si può seguire una regola ‘privatim’» (Rf, § 202).

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Comprendere il significato di una parola significa saperla usare, ma per poterla usare occorre comprendere l’intero linguaggio a cui essa appartiene (olismo). L’olismo wittgensteiniano non si fonda, però, sull’ipotesi che per comprendere una parola occorra conoscerne tutti gli usi possibili, ma sull’assunto meno stringente che per conoscere il significato di una parola occorra padroneggiare il gioco linguistico nel quale essa è normalmente usata.

Chi apprende un linguaggio apprende una tecnica: impara a giocare con le parole.

Olismo