teoria dei vincoli nella meccanica classica...2.1 introduzione alla teoria dei campi classici un...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA
Corso di Laurea in FISICA
Teoria dei Vincolinella Meccanica Classica
Relatrice: Laureando:Dr. Isabella Masina Mirko Ferracioli
Correlatore:Dr. Denis Comelli
Anno Accademico 2014–2015
Nella pagina successiva l’opera dell’artista olandese M. C. Escher“Boven en onder” (High and Low).Nel libro “M. C. Escher – Grafica e disegni”, EVERGREEN, 1992,è data spiegazione (Pag. 14):« 64. Su e giú, litografia, 1947, 50,5 ⇥ 20,5 cm.In questo disegno ricorre due volte la stessa rappresentazione vista però da due punti di vista diversi.La metà superiore mostra la vista che avrebbe un osservatore trovandosi all’altezza del terzo piano.La metà inferiore, invece, mostra la scena che egli vede stando al pianterreno.Se da tale punto volge lo sguardo verso l’alto vede, ripetuto come soffitto al centro della composizione,il pavimento di piastrelle sul quale si trova.Il soffitto funge, a sua volta, da pavimento per la scena superiore.Questa superficie di piastrelle è ripetuta ancora una volta nella parte piú alta,qui però esclusivamente come soffitto.»
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A Eleonora, Laura e Cristina
Indice
Glossario iii
1 Introduzione 1
1.1 Struttura della Tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
2 Formalismo Lagrangiano 3
2.1 Introduzione alla Teoria dei Campi Classici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
2.2 Equazioni di Lagrange per campi continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
3 Sistemi Lagrangiani Singolari 21
3.1 Impostazione del problema: sistemi discreti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.1.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.2 Sistemi singolari continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4 Formalismo Hamiltoniano 37
4.1 Trasformazioni di Legendre e funzione di Hamilton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
4.2 Equazioni di Hamilton e parentesi di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
4.3 Formalismo per i campi continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4.4 Trasformazioni canoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
4.4.1 Trasformazioni canoniche infinitesime . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
4.4.2 Trasformazioni canoniche finite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
5 Sistemi Hamiltoniani Singolari 53
5.1 Formalismo di Dirac-Bergmann per i sistemi discreti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
5.2 Classificazione dei vincoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
5.2.1 Vincoli secondari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
5.2.2 Vincoli di prima e seconda classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
i
ii Indice
5.2.3 Estensione al caso di Lagrangiana dipendente esplicitamente dal tempo . . . . . 69
5.2.4 Corrispondenza col formalismo Lagrangiano dei vincoli . . . . . . . . . . . . . 69
5.2.5 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
5.3 Cenni alle Teorie di Campo con vincoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
6 Il campo elettromagnetico 77
6.1 Deduzione dalle equazioni del campo dal principio di minima azione . . . . . . . . . . . 77
6.2 Natura singolare del campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
7 Conclusioni 85
Bibliografia 93
Indice analitico 95
Glossario
N = {1, 2, · · · } insieme dei numeri naturaliR insieme dei numeri realiC insieme dei numeri complessi
q =
dq
dtderivata temporale (totale) della funzione q(t)
@µf =
@f
@xµderivata parziale rispetto coordinata xµ della funzionef(x); quando è presente sia la dipendenza esplicita daxµ che implicita, tramite un’altra funzione g(xµ), è daintendersi come derivata "totale" rispetto la xµ stessa
�q variazione infinitesima (semplice) della grandezza q
��l= �
0l(x)� �
l(x) variazione infinitesima del campo � in corrispondenza
dello stesso punto dello spazio x
�F variazione finita (generica) della grandezza Fq = {qi}ni=1 insieme delle coordinate generalizzatep = {pi}ni=1 insieme dei momenti coniugati alle coordinate generaliz-
zateT ⇤Q = {q,p} spazio delle fasiA = [Aij ] matrice rettangolare il cui elemento occupa la riga i e la
colonna jAT
= [Aji] matrice trasposta della matrice A (scambio righe concolonne)
A(ij) =1
2
(Aij +Aji) simmetrizzazione della matrice A
detB determinante della matrice quadrata BB�1 matrice inversa della matrice quadrata invertibile B
Li =@L
@qi� d
dt
✓@L
@qi
◆derivata di Eulero (caso discreto)
Ll =@L
@�l� @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆derivata di Eulero (caso continuo)
Lin(X,Y ) insieme degli operatori lineari dallo spazio X allo spazioY
@VN frontiera (N � 1)-dimensionale dell’insiemeN -dimensionale VN
�F
�Qderivata funzionale del funzionale F rispetto la funzioneQ
� ·⌦ prodotto scalare (N -dimensionale) fra i vettori � e ⌦
ˆ
n versore N -dimensionale in direzione n
r =
✓@
@x1, · · · , @
@xN
◆vettore simbolico nabla (N -dimensionale)
rf =
✓@f
@x1, · · · , @f
@xN
◆gradiente (N -dimensionale) della funzione scalare f
r⌧f =
✓@f
@⌧1, · · · , @f
@⌧N
◆gradiente della funzione scalare f rispetto il sistemaN -dimensionale di coordinate generalizzate ⌧
iii
iv Glossario
r ·⇤ = @µ⇤µ divergenza (N -dimensionale) della funzione vettoriale ⇤
(è utilizzata la convenzione di Einstein)r⇥ ~A rotore (3-dimensionale) della funzione vettoriale ~A
⇤f = r2f � 1
c2@2f
@t2d’alembertiano (operatore di D’Alembert o operatore del-le onde) della funzione f = f(~x, t), come estensione del-l’operatore di Laplace (laplaciano � = r2) nello spaziodi Minkowski
�⌫µ =
(1 , ⌫ = µ
0 , ⌫ 6= µdelta di Kronecker, corrispondente alla matrice identità
�N (x) delta (o distribuzione) di Dirac, funzione generalizzata
con la proprietà f(y) =
Z
VN
�N (x� y)f(x) dx
✏ijk···l = ✏ijk···l =
8><
>:
+1 , se ‘A’�1 , se ‘B’0 , se ‘C’
tensore di Levi Civita o simbolo di permutazione di ran-go n, ove ‘A’ indica che (i, j, k, · · · , l) è una permuta-zione pari di (1, 2, 3, · · · , n), ‘B’ che è dispari e ‘C’ neirimanenti casi
(gµ⌫) = (gµ⌫) =
0
BB@
1 0 0 0
0 �1 0 0
0 0 �1 0
0 0 0 �1
1
CCA tensore metrico g dello spazio di Minkowski
[⇥,⌅ ] = ⇥⌅�⌅⇥ commutatore dei due operatori ⇥ e ⌅
[F,G] =
@F
@qi@G
@pi� @G
@qi@F
@piparentesi di Poisson fra le funzioni F = F (q,p, t) eG = G(q,p, t)
[F,G] =
Z
VN�1
✓�F
��l
�G
�⇧l� �G
��l
�F
�⇧l
◆d~x parentesi di Poisson fra i funzionali F = F (�
l,⇧l, x0) e
G = G(�
l,⇧l, x0)
⇡ simbolo di uguaglianza debole nel formalismo Dirac-Bergmann (uguaglianza di funzioni, ristretta ad unasotto-varietà dello spazio delle fasi)
' simbolo di uguaglianza forte nel formalismo Dirac-Bergmann (uguaglianza di funzioni e delle relative deri-vate rispetto qi e pj , ristretta ad una sotto-varietà dellospazio delle fasi)
c = 299 792 458 m s�1 costante universale della velocità della luce nel vuo-to, considerato esatto (dato aggiornato al 2014 dalsito: http://physics.nist.gov/constants,“CODATA Recommended Values of the FundamentalPhysical Constants: 2014”)
Per quanto possibile, si è sempre sempre cercato di non creare ambiguità nella scelta della simbologia, in particolare
cercando di non utilizzare lo stesso simbolo per indici con significato differente. Ove ciò non fosse stato possibile,
è il contesto stesso a togliere ogni rischio di confusione (come per esempio nell’utilizzo delle parentesi di Poisson,
che condividono il simbolo col commutatore).
Capitolo 1
Introduzione
La presente Tesi introduce allo studio della Teoria dei Vincoli, sia nel formalismo Lagrangiano che
in quello Hamiltoniano.
L’approccio astratto allo studio dei sistemi fisici consiste nel dedurre le equazioni del moto di ambiti
diversi a partire da un unico principio variazionale, il cosiddetto principio di minima azione; pertanto un
unico apparato formale può essere applicato a situazioni fisiche diverse. Inoltre, è insito in tale approccio
il concetto di simmetria, che comporta l’esistenza di leggi di conservazione, che sono formalizzate nelle
varie forme del Teorema di Noether.
Una funzione di Lagrange singolare contiene intrinsecamente vincoli per la dinamica del sistema
fisico in questione. Lo studio di queste situazioni, il cui formalismo è stato fondato da Dirac, è premessa
indispensabile alle moderne teorie fisiche sulle interazioni fondamentali quantizzate (elettromagnetica,
debole e forte), che sono di natura singolare.
Pertanto, il seguente lavoro ha avuto lo scopo di organizzare in una trattazione organica il materiale
presente in diversi lavori specialistici, come introduzione allo studio dei sistemi singolari nell’ambito
della Meccanica Classica, la cui importanza è già stata premessa. Per far ciò, si sono richiamati i concetti
fondamentali dell’approccio astratto della Meccanica, sia Lagrangiano che Hamiltoniano, introducendo
anche il formalismo dei sistemi continui (Teoria dei Campi classici).
Oltre all’impostazione presentata, come contributi originali sono stati proposti alcuni esempi a sup-
porto dell’impianto teorico sviluppato. Gli argomenti sono stati sviluppati cercando di approfondire tutti
gli aspetti ritenuti delicati, che a volte sono dati per scontati in certi lavori specialistici. Pertanto, sono
state riportate in Bibliografia numerose fonti, tutte ritenute importanti per l’argomento centrale o di utile
supporto per aspetti critici (come alcuni passaggi matematici) o collaterali.
1
2 Capitolo 1. Introduzione
1.1 Struttura della Tesi
Oltre la presente breve introduzione, gli argomenti sono stati sviluppati come segue:
• nel Capitolo 2 è introdotto il formalismo relativo all’approccio Lagrangiano della Meccanica, sia
nel caso discreto (come breve richiamo) sia nel caso continuo (introduzione alla Teoria dei Cam-
pi); sono di conseguenza sviluppate le equazioni del moto (nel caso continuo) ed è introdotto il
concetto di simmetria per trasformazioni, per arrivare al risultato piú importante, dato dal Teorema
di Noether;
• nel Capitolo 3 si affronta il problema dei sistemi singolari (sia discreti che continui) dal punto
di vista Lagrangiano; in particolare, la catalogazione dei vincoli e il processo di riduzione. A
supporto dei concetti generali vengono portati numerosi esempi;
• nel Capitolo 4 si presenta il punto di vista Hamiltoniano della Meccanica Classica, introducendo
anche in questo approccio lo studio dei sistemi continui;
• nel Capitolo 5 si estendono al formalismo Hamiltoniano i concetti di sistema singolare, con relativi
vincoli. In particolare si presenta la classificazione di Dirac dei vincoli, con le relative conseguenze
sulla dinamica del sistema. Anche in questo caso si sono portati alcuni esempi;
• nel Capitolo 6 si ricava la Lagrangiana classica dell’interazione elettromagnetica allo scopo di
mostrarne la singolarità;
• infine, nel Capitolo 7 si riassumono i principali risultati presentati nel corso della trattazione.
A corredo dello scritto, sono stati inseriti un glossario dei simboli e un indice analitico delle parole
chiave utilizzate.
Capitolo 2
Formalismo Lagrangiano
L’impostazione astratta della Meccanica, come introdotta da Eulero e Lagrange, permette di affron-
tare lo studio dei sistemi meccanici tramite un’unica funzione che racchiude tutte le equazioni del moto
che governano il sistema, a differenza dell’impostazione piú fisica (e vetusta) introdotta da Newton, che
si basa sullo studio puntuale delle forze.
Il cuore concettuale del metodo analitico è dato da un principio variazionale, che permette di dedurre
le equazioni del moto a partire dalla minimizzazione di una quantità, detta Azione. Il vantaggio di questa
impostazione è dato dal fatto che non si è legati ad un particolare sistema di coordinate, che possono
essere quindi definite in base alla convenienza del caso specifico.
2.1 Introduzione alla Teoria dei Campi Classici
Un sistema meccanico con un numero finito di gradi di libertà n, nella formulazione Lagrangiana è
descritto completamente tramite una funzione (la funzione di Lagrange, come indicato in ogni trattato
di Meccanica Analitica, per esempio [3, 4, 5]) delle cosiddette coordinate generalizzate qi (che indi-
viduano il cosiddetto spazio delle configurazioni, indicato generalmente con Q), delle relative derivate
temporali qi ed eventualmente del tempo t; la Lagrangiana serve a definire una quantità, l’Azione, in cui
la traiettoria del moto q = q(t) = {q1(t), . . . , qn(t)} è quella che la rende stazionaria (curva estremale).
Formalmente, detta L = L(qi, qi, t), i = 1, . . . , n la funzione di Lagrange 1, l’Azione è il funzionale
S =
Z t2
t1
L(qi, qi, t)dt , (2.1)
e la traiettoria del moto q = q(t) nell’intervallo [t1, t2] è tale che:
�S =
Z t2
t1
L(qi, ˙qi, t)dt�Z t2
t1
L(qi, qi, t)dt = 0 , (2.2)
1Pur non essendoci preclusioni matematiche agli argomenti della Lagrangiana L, usualmente la dipendenza è solo tramitele coordinate generalizzate e le relative derivate temporali; la principale considerazione fisica è data dal fatto che le equazionidi Lagrange devono descrivere un sistema fisico in modo equivalente alle leggi di Newton, che sono del secondo ordine rispettoal tempo. Tuttavia, la generalizzazione della teoria con derivate di ordine superiore puó essere trovata, per esempio, in [18, 19].
3
4 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
avendo variato le coordinate generalizzate attorno alla traiettoria effettiva q(t) = q(t) + �q(t); ge-
neralmente si impone solamente la condizione al contorno temporale �q(t1) = �q(t2) = 0 (traiettoria
“bloccata” agli estremi dell’intervallo temporale).
Utilizzando tecniche di calcolo delle variazioni, si arriva a descrivere il sistema meccanico discreto
(cioè con un numero finito di gradi di libertà) tramite il sistema di n equazioni differenziali ordinarie del
secondo ordine:d
dt
✓@L
@qi
◆� @L
@qi= 0 , i = 1, . . . , n . (2.3)
(Equazioni di Lagrange 2). Si ricorda però che tali equazioni sono solo una condizione necessaria per
l’esistenza del punto stazionario.
È importante in questa sede sottolineare la proprietà di regolatità della Lagrangiana: una funzione di
Lagrange (non il sistema da esso descritto) è detta regolare (o non degenere) se è non singolare la matrice
hessiana
W =
@2L
@qi@qj
�; (2.4)
cosí facendo le (2.3)nX
j=1
✓@2L
@qi@qjqj +
@2L
@qi@qjqj◆+
@2L
@qi@t� @L
@qi= 0 (2.5)
possono essere messe in forma normale:
¨Q = W�1VQ �W�1MQ˙Q�W�1VT (2.6)
(con le ovvie posizioni ¨Q =
⇥qj⇤, ˙Q =
⇥qj⇤, VQ =
h@L@qi
i, VT =
h@2L@qi@t
ie MQ =
h@2L
@qi@qj
i); in questo
modo con 2n condizioni iniziali 3, il problema di Cauchy relativo al sistema (2.6) ammette soluzione
unica (cioè le accelerazioni generalizzate possono essere determinate univocamente [2, 15]).
Fatta questa premessa, lo sviluppo delle Teorie di Campo nasce dall’esigenza di estendere questo tipo
di formulazione a sistemi con un numero infinito non numerabile di gradi di libertà (sistemi continui);
per esempio, [4] al § 13.1 propone la descrizione di un’asta elastica continua a partire da un sistema di
punti materiali collegati da molle ideali per poi passare al limite del continuo; in tal modo, il numero di
gradi di libertà passa da un valore finito ad uno infinito.
In generale, per sistemi continui, si opera la seguente estensione nel formalismo. Il passaggio da un
numero finito di gradi di libertà, riferiti dall’indice i = 1, . . . , n, ad un’infinità non numerabile è fatta
2 In alcuni testi, la quantità Li
=@L@qi
� ddt
✓@L@qi
◆è chiamata derivata di Eulero; pertanto, con tale definizione, le
equazioni di Lagrange si possono scrivere nella forma Li
= 0, i = 1, . . . , n.3Le condizioni tipiche del problema di Cauchy relative al tempo iniziale delle coordinate generalizzate e delle relative
derivate temporali (qi(t1) e qi(t1), i = 1, . . . , n) possono equivalentemente essere sostituite con le condizioni estremali delproblema variazionale (qi(t1) e qi(t2), i = 1, . . . , n), [1, 3].
2.2 Equazioni di Lagrange per campi continui 5
utilizzando un parametro continuo in un opportuno spazio o varietà (N � 1)-dimensionale ~x 2 VN�1,
in modo che le coordinate generalizzate diventano campi funzioni del paramentro continuo
qi(t) = q(t, i) ! �(t, ~x) = �(x) , (2.7)
essendo x 2 VN (N -dimensionale; in questo modo il tempo è “allineato” alle altre variabili spaziali, e
non ha necessariamente un ruolo privilegiato). Il valore di N può essere qualsiasi, in base al contesto
meccanico sotto indagine 4. Naturalmente il sistema potrebbe necessitare di piú di un campo, nel qual
caso si introduce un indice per riferire i diversi campi: �l(x).
In quest’ottica, la Lagrangiana ha lo stesso significato che nel caso discreto, in particolare per la
definizione dell’Azione; la natura continua del sistema suggerisce però di scrivere le equazioni per la
densità di Lagrangiana L , definita da 5:
L(�l, @µ�l, x0) =
Z
VN�1
L (�
l, @µ�l,x)d~x , (2.8)
indicando in modo sintetico @µ�l=
@�l
@xµ; in questo modo l’Azione (2.1) risulta
S(�l, @µ�l) =
Z
VN
L (�
l, @µ�l,x)dx . (2.9)
2.2 Equazioni di Lagrange per campi continui
Nel contesto della Teoria dei Campi, l’Azione è un Funzionale dei campi �l (che sono funzioni) e
delle loro derivate. Per quest’ultimo si danno definizioni simili alle funzioni ordinarie per quanto riguarda
la continuità e la differenziabilità.
Definizione 2.1 (Continuità di un funzionale). Un Funzionale F (Q) : D ! R è detto continuo se
8⇠ 2 D vale: lim
✏!0F (Q+ ✏ ⇠) = F (Q).
La variazione del valore di un funzionale �F = F (Q+ �Q)� F (Q), al variare dell’argomento
�Q = ✏ ⇠ 2 D , è premessa alla seguente:
Definizione 2.2 (Derivata funzionale o variazionale). Un Funzionale continuo F (Q) è derivabile rispetto
l’argomento Q se la sua variazione può essere espressa nella forma (a meno di infinitesimi di ordine
superiore)
�F =
Z
VN
�F
�Q�Qdx , (2.10)
4Ad esempio, per uno spazio fisico euclideo o nel caso dello spazio di Minkowski N = 4.5Seguendo la convenzione della teoria della Relatività, la dipendenza temporale è associata alla coordinata x0. Valgono
inoltre le stesse considerazioni della Nota 1 a Pag. 3, relativa alle dipendenze funzionali dei campi e delle prime derivate.
6 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
essendo�F
�Qun funzionale lineare rispetto �Q 6.
Questa è una definizione implicita che sarà utile per vedere la stazionarietà di un funzionale come
estensione di quanto accade all’omologo delle funzioni ordinarie.
Nel caso il funzionale dipenda da piú di un argomento �
l, la (2.10) diventa
�F =
Z
VN
�F
�Ql�Ql dx , (2.11)
essendo sottintesa la convenzione di Einstein (somma sugli indici ripetuti) 7.
Anche nel contesto continuo, per la descrizione dell’evoluzione del sistema si assume il seguente:
Postulato 2.1 (Stazionarietà dell’integrale di Azione). La traiettoria effettiva del moto, cioè il valore
delle funzioni di campo �
l= �
l(x) nel dominio VN , è quella che rende stazionario il funzionale di
Azione (2.9), avendo assunto i campi �l vincolati sulla frontiera del dominio di integrazione stesso @VN
(��l(x) = 0, x 2 @VN ).
Ciò premesso vale il seguente:
Lemma 2.1 (Fondamentale del calcolo delle variazioni). Se, per ogni funzione continua ⌘(x), l’integrale
Z
VN
(x) ⌘(x) dx = 0 , (2.12)
essendo (x) anch’essa continua e fissata, allora dev’essere (x) ⌘ 0, x 2 VN .
Dimostrazione. Dalla continuità dell’ipotesi, se fosse per assurdo (x) > 0 in un punto interno x 2 VN
del dominio di integrazione, ci sarebbe tutto un sotto dominio AN ⇢ VN in cui la funzione (x) > 0,
x 2 AN ; vista l’arbitrarietà di ⌘(x), si potrebbe sceglierne una tale che ⌘(x) > 0, x 2 AN ; in tal modo,
l’integrale richiesto avrebbe integrando altresí positivo nel sotto-dominio in questione, risultando
Z
AN
(x) ⌘(x) dx > 0 ,
il che contraddice l’ipotesi [16]. ⌅
Applicando questo risultato alla (2.10), si ottiene il seguente 8
6È interessante notare come la presente definizione di derivata funzionale, adatta ai presenti scopi, sia un caso particolaredella derivata forte di Fréchet, rigorosamente definita in [8], che di seguito viene riportata.
Siano X ed Y due spazi normati ed F un’applicazione F : x 2 O ⇢ X 7�! y 2 Y , con O aperto; l’applicazione(funzionale) F è differenziabile in x 2 O se 9L
x
2 Lin(X,Y ): 8✏ 2 R+ , 9�✏
2 R+: kF (x+h)�F (x)�Lx
(h)k < ✏khk,8h 2 X: khk < �
✏
; il valore di Lx
(h) è detto differenziale forte o di Fréchet di F in x, mentre l’operatore lineare Lx
è dettoderivata forte di F in x. Questa altro non è che l’estensione a spazi di dimensione infinita del concetto di differenziale e derivataparziale per funzioni di Rn [15]: se la derivata di una funzione ordinaria è a sua volta una funzione, la derivata funzionale è asua volta un funzionale.
7Tale convenzione sarà sempre utilizzata nel seguito, se non esplicitato il contrario.8Anche questa è un’estensione a quanto accade per le funzioni ordinarie.
2.2 Equazioni di Lagrange per campi continui 7
Corollario 2.2 (Stazionarietà di un funzionale). Un Funzionale F (Q) è stazionario, cioè vale �F = 0,
lungo una curva Q(x) se vale:�F
�Q
����Q=Q
= 0 . (2.13)
Il Corollario si estende in modo ovvio a tutte le derivate funzionali nel caso ci siano piú dipendenze:
�F
�Ql
����Ql=Q
l
= 0 , 8l . (2.14)
A questo punto, per ottenere le equazioni del moto, bisogna mettere la variazione del funzionale di
Azione (2.9) nella forma (2.10), sotto opportune ipotesi relativamente alla forma delle funzioni di campo
(analogamente al caso discreto); si ottiene cosí il seguente 9
Teorema 2.3 (Derivata funzionale dell’Azione). Le derivate funzionali dell’Azione rispetto ai campi
valgono�S
��l=
@L
@�l� @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆, (2.15)
avendo ipotizzato che la variazione di detti campi sia nulla sulla frontiera del dominio di integrazione,
cioè ��l(x) = 0, x 2 @VN .
Dimostrazione. La variazione dell’Azione �S = S(˜�l, @µ ˜�l) � S(�l, @µ�
l) si ottiene confrontando il
valore del funzionale (2.9) per le funzioni �l(x) e ˜
�
l(x) = �
l(x) + ��l
(x); operando uno sviluppo
di Taylor al primo ordine della densità di Lagrangiana, tenendo conto che le operazioni di variazione e
derivazione commutano 10, �(@µ�l) = @µ(��
l), si ha:
L (
˜
�
l, @µ ˜�l,x) = L (�
l, @µ�l,x) +
@L
@�l��l
+
@L
@(@µ�l)
@µ(��l) . (2.16)
Pertanto, al primo ordine si ha:
�S =
Z
VN
@L
@�l��l
+
@L
@ (@µ�l)
@µ(��l)
�dx ; (2.17)
integrando per parti il secondo termine della (2.17), si ottiene:Z
VN
@L
@(@µ�l)
@µ(��l)dx =
Z
VN
@µ
✓@L
@ (@µ�l)
��l
◆dx �
Z
VN
@µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆��l dx , (2.18)
in cui il primo termine del secondo membro si annulla in quanto, per il teorema della divergenza (ap-
plicato al caso N -dimensionale), l’integrale sul dominio VN è equivalente ad un integrale sulla frontiera
@VN , su cui, per ipotesi, ��l(x) = 0.
9La dimostrazione seguente è formalmente identica al caso discreto, che per tale motivo non è stata riportata nella sezioneprecedente.
10Infatti, �(@µ
�l) = @µ
�l � @µ
�l = @µ
(�l � �l) = @µ
(��l).
8 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
In definitiva, per come impostato il problema, la (2.17) diventa:
�S =
Z
VN
@L
@�l� @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆���l dx . (2.19)
Confrontando, infine, la (2.19) con la (2.11) si ottiene la (2.15). ⌅
Infine, applicando il precedente Teorema 2.3, si ottiene il risultato piú importante, riportato nel
seguente
Corollario 2.4 (Equazioni di Lagrange – caso continuo). La traiettoria del moto del sistema è data dalle
funzioni di campo �
l(x) = �
l(x) che soddisfano le equazioni di Lagrange 11
@L
@�l� @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆= 0 , (2.20)
con la condizione ��l(x) = 0, x 2 @VN .
Dimostrazione. Inserendo la (2.15) nella (2.14) si ottiene la tesi (2.20). ⌅
Osservazione 2.1 (Scrittura matriciale per sistemi continui). Lo sviluppo della (2.20) produce
0 = @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆� @L
@�l=
=
@2L
@ (@⌫�p) @ (@µ�l
)
@µ@⌫�p+
@2L
@�p@ (@µ�l)
@µ�p+
@2L
@xµ@ (@µ�l)
� @L
@�l,
(2.21)
che può essere espressa in forma matriciale del tipo
Wµ⌫�µ⌫ +
bV = 0 , (2.22)
ove si sono fatte le ovvie posizioni
Wµ⌫=
@2L
@ (@⌫�p) @ (@µ�l
)
�=
hWµ⌫
pl
i(2.23a)
�µ⌫ = [@µ@⌫�p] (2.23b)
bV =
@2L
@�p@ (@µ�l)
@µ�p+
@2L
@xµ@ (@µ�l)
� @L
@�l
�=
hbVl
i(2.23c)
(essendo µ e ⌫ gli indici di coordinata); in questo modo la derivata di Eulero può essere espressa da:
Ll = �Wµ⌫pl @µ@⌫�
p � bVl . (2.24)
Queste posizioni saranno utili successivamente per l’analisi della singolarità del sistema. ⌥11Anche nel caso continuo, alcuni testi definiscono la derivata funzionale (o il primo membro delle equazioni di Lagrange)
con la dicitura derivata di Eulero, che riferita al campo l-esimo, viene soventemente indicata Ll
=@L
@�l
� @µ
✓@L
@ (@µ
�l)
◆
(come nella Nota 2 di Pag. 4); pertanto, anche in questo caso, le equazioni di Lagrange si possono scrivere nella forma Ll
= 0.
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti 9
Osservazione 2.2 (Lagrangiane equivalenti). La formulazione variazionale permette anche di vedere
come due densità di Lagrangiana che differiscono per una divergenza siano equivalenti.
Infatti, detta fL = L + @µ⇤µ, essendo ⇤
µ= ⇤
µ(�
l,x) 2 RN , si ottiene:
�S =
Z
VN
� fL dx =
Z
VN
�L dx+ �
Z
VN
@µ⇤µ dx =
Z
VN
�L dx , (2.25)
in quanto, per il teorema della divergenza, l’integrale di volume N -dimensionale diventa un integrale di
iper-superficie, in cui i campi sono vincolati (��l(x) = 0, x 2 @VN ; ˆ
n è il versore uscente da @VN
ortogonale all’elemento d�):
�
Z
VN
@µ⇤µ dx = �
Z
@VN
⇤ · ˆn d� = 0 . (2.26)
Non è superfluo notare che l’equivalenza delle Lagrangiane (corrispondete all’invarianza delle equa-
zioni del moto) nel caso di sistemi con un numero finito di gradi di libertà si riduce a
eL = L+
d
dtF (qi, t) , (2.27)
ove F (qi, t) è una funzione derivabile qualsiasi delle coordinate generalizzate e del tempo. ⌥
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti
Un problema centrale nel formalismo della meccanica è quello delle Trasformazioni, cioè di come
cambiano le rappresentazioni (grandezze fisiche e campi) a seguito di un cambio di coordinate.
Matematicamente, si da la seguente:
Definizione 2.3 (Trasformazione puntuale). Un cambio di coordinate (o trasformazione puntuale) in un
dominio VN è un insieme di funzioni
x0⌫= x
0⌫(x,0 , x1, · · · , xN�1
) , ⌫ = 0, 1, · · · , N � 1 , (2.28)
tutte continue e differenziabili e pure invertibili, cioè con Jacobiano
det J = det
"@x
0⌫
@xµ
#6= 0 , x 2 VN , (2.29)
che produce una trasformazione per i campi del tipo
�
0p= �
0p(�
l,x) , 8 p, l . (2.30)
Per il Teorema della funzione implicita [15], le (2.28) sono invertibili in VN :
xµ = xµ(x00, x
01, · · · , x0N�1) , µ = 0, 1, · · · , N � 1 . (2.31)
10 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
In forma compatta, la trasformazione (2.28) e la sua inversa (2.31) verranno indicate rispettivamente
x
0= x
0(x) e x = x(x
0).
Il senso fisico induce il seguente [1, 4, 12, 14]:
Postulato 2.2 (Invarianza dell’Azione). L’Azione è uno scalare, cioè non cambia al variare del sistema
di coordinate.
S0(�
0l, @⌫�0l) = S(�l, @µ�
l) . (2.32)
Pertanto, utilizzando la (2.9) e il teorema del cambio di variabile all’interno dell’integrale [15], si ha:Z
VN
L (�
l, @µ�l,x)dx =
Z
V 0N
=x
0 (VN
)L
0(�
0l, @⌫�0l,x
0)dx
0=
=
Z
VN
L0(�
0l(x
0(x)), @⌫�
0l,x0(x))
�����det"@x
0⌫
@xµ
#����� dx ;
(2.33)
tenuto conto che il dominio di integrazione è arbitrario, devono risultare uguali gli integrandi:
L (�
l, @µ�l,x) = L
0(�
0l(x
0(x)), @⌫�
0l,x0(x))
�����det"@x
0⌫
@xµ
#����� . (2.34)
Osservazione 2.3. Come visto nell’Osservazione 2.2, due Lagrangiane equivalenti possono differire di
una divergenza ( fL = L +@µ⇤µ), come conseguenza del fatto che in tali condizioni vengono preservate
le equazioni del moto. Ma in tal caso risultano definiti due scalari di Azione che differiscono della
quantità �S =
Z
VN
@µ⇤µdx (mentre ��S = 0); questo non contraddice il Postulato 2.2 (che afferma
la costanza dell’azione per trasformazione di coordinate dopo la definizione della stessa in un sistema
specifico), purché ci siano opportune condizioni di trasformazione sulle funzioni ⇤µ.
Tenuto in conto che, per il teorema della divergenza, vale
�S =
Z
VN
@µ⇤µ dx =
Z
@VN
⇤ · ˆn d� , (2.35)
è sufficiente imporre che la funzione arbitraria si annulli sulla frontiera 12 (⇤µ(x) = 0, x 2 @VN ) per
avere comunque �S = 0; con questa scelta, la Lagrangiana risulta definita a meno di una divergenza,
esattamente come indicato precedentemente, pur conservando l’Azione; in tal senso è conveniente porre:
fL (x) = L0(�
0l(x
0(x)), @⌫�
0l,x0(x))
�����det"@x
0⌫
@xµ
#����� , (2.36)
per ottenere la relazione desiderata. ⌥
Un semplice calcolo permette di ottenere il seguente:12Questa risulta la scelta piú ragionevole, in quanto il dominio stesso V
N
è a priori arbitrario, ed è sensato supporre come aldi fuori di esso anche detta funzione debba annullarsi.
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti 11
Lemma 2.5 (Trasformazione della derivata funzionale). Le trasfomazioni (2.28) e (2.32) fan sí che le
derivate funzionali si trasformino come
�S0
��0l=
�S
��p
��p
��0l
����det@xµ
@x0⌫
����� . (2.37)
Di conseguenza:
Teorema 2.6 (Invarianza canonica delle equazioni di Lagrange). Le equazioni di Lagrange (2.20) val-
gono anche a seguito della trasformazione puntuale di coordinate.
Dimostrazione. Inserendo le equazioni di Lagrange�S
��p= 0 nella (2.37) si ottiene
�S0
��0l= 0, che sono
le equazioni di Lagrange nel nuovo sistema di coordinate. ⌅
Osservazione 2.4. Il risultato del teorema precedente è ovvio, in quanto la formulazione variazionale
nel nuovo sistema di coordinate (con la nuova Lagrangiana) porta in modo naturale ancora alle equazioni
di Lagrange. Questo fatto in [1] è definito Invarianza Canonica. ⌥
Formalmente si pongono le seguenti:
Definizione 2.4 (Trasformazione di simmetria). Una trasformazione delle coordinate (non necessaria-
mente puntuale) è detta di simmetria se lascia invariata la descrizione del sistema, nel senso che map-
pa soluzioni delle equazioni del moto in altrettante soluzioni del moto (in altri termini lo spazio delle
soluzioni è invariante a seguito della trasformazione).
Definizione 2.5 (Trasformazione di gauge). Data una funzione o un funzionale F = F (Q), ove Q
sono delle generiche variabili o funzioni, argomenti della F , si dice Trasformazione di gauge un oppor-
tuno numero di funzioni o funzionali delle Q e di altri eventuali parametri ↵, tali che utilizzati come
argomento nella funzione o funzionale F lo rende invariato:
Q
0= Q
0(Q,↵) =) F (Q
0) = F (Q) . (2.38)
Inoltre, se la trasformazione non dipende dal punto x 2 VN del dominio di definizione delle gran-
dezze, funzioni e funzionali, si dice globale (o di prima specie), viceversa se dipende dal punto x 2 VN
si definisce locale (o di seconda specie).
Tipicamente, F è collegato agli osservabili fisici, mentre le grandezze Q fanno parte degli as-
sunti teorici, congeniali al modello formale utilizzato; alcuni esempi possono chiarire ulteriormente il
concetto.
12 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
Esempio 2.1. È già stato notato – Osservazione 2.2 a Pag. 9 – come una Lagrangiana sia definita a meno
di una divergenza (che diventa una derivata totale nel caso discreto) di una funzione opportunamente
regolare; anche questa è una Trasformazione di gauge locale, in quanto il ruolo di invarianti è giocato
dalle equazioni del moto; con l’invarianza delle equazioni del moto si ha invarianza delle soluzioni,
pertanto questa è anche una Trasformazione di simmetria. •
Esempio 2.2. Si consideri il moto armonico unidimensionale, descritto dall’equazione q + q = 0, la
cui soluzione generale può essere espressa nella forma q(t) = a cos(t + t0). È facile verificare come le
trasformazioni t ! t + ⌧ e q ! �q siano due simmetrie, mentre la trasformazione q ! q + k, con k
una costante, non sia una trasformazione di simmetria per il sistema. •
Esempio 2.3. Nell’ambito dell’elettromagnetismo classico, risulta opportuno definire un potenziale vet-
tore ~A(~x, t) e un potenziale scalare �(~x, t) (uniti in un unico 4-vettore nell’ambito della Relatività [22]),
in modo che i campi elettrico ~E e magnetico ~B
~B = r⇥ ~A (2.39a)
~E = �r�� @ ~A
@t(2.39b)
siano esprimibili in funzione di detti potenziali.
È rapido verificare che pure i potenziali
�0 = �� @
@t(2.40a)
~A0=
~A+r (2.40b)
portano agli stessi valori dei campi ~E e ~B (gli osservabili); pertanto, le (2.40) costituiscono la Trasfor-
mazione di gauge per il campo elettromagnetico ; si nota come non ci sono particolari ipotesi (oltre la
regolarità) per la funzione di gauge , pertanto questa è una gauge locale.
Per restringere il campo, si impone la condizione di Lorenz per i potenziali,
r · ~A+
1
c2@�
@t= 0 , (2.41)
che permette di disaccoppiare le equazioni per i potenziali stessi (nel vuoto):
⇤� = r2�� 1
c2@2�
@t2= � ⇢
✏0(2.42a)
⇤ ~A = r2 ~A� 1
c2@2 ~A
@t2= �µ0~j (2.42b)
essendo ⇢ e ~j le densità volumetrica di carica e corrente rispettivamente, ✏0 e µ0 la costante dielettrica e
quella di permeabilità magnetica del vuoto; questo si traduce nella condizione, per la funzione di gauge,
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti 13
nota come Gauge di Lorenz:
⇤ = r2 � 1
c2@2
@t2= 0 , (2.43)
che è anch’essa un’equazione d’onda. •
Esempio 2.4. In meccanica quantistica non relativistica, gli osservabili sono collegati al modulo della
Funzione d’onda | (~x, t)|2 (per esempio come densità di probabilità); pertanto una trasformazione del
tipo 0(~x, t,↵(~x, t)) = e�i↵(~x,t) (~x, t) (cambiamento di fase) è una Trasformazione di gauge, in quanto
il modulo è preservato: | (~x, t)|2 = | 0(~x, t,↵(~x, t))|2. In questo caso, il fatto che la relazione vale pur
potendo dipendere il parametro ↵ dalle coordinate spaziali e temporali rende la trasformazione di tipo
locale.
Però, per quanto riguarda l’equazione di Schrödinger
� ~22m
r2 + V = i~@ @t
, (2.44)
valida per la funzione d’onda di partenza, applicando la trasformazione, si ottiene per i singoli addendi
� ~22m
r2 0= � ~2
2me�i↵
⇥r2 � 2ir↵ ·r � i r2↵� r↵ ·r↵
⇤(2.45a)
V 0= V e�i↵ (2.45b)
i~@ 0
@t= i~e�i↵
@
@t� i
@↵
@t
�(2.45c)
che ricomposti nella forma (2.44), tenendo conto della validità della (2.44) stessa per la funzione , e
riaggiustati in forma normale, forniscono la condizione sul parametro ↵:
2ir↵ ·r +
ir2↵+r↵ ·r↵� 2m
~@↵
@t
� = 0 . (2.46)
È abbastanza evidente che il modo piú semplice per soddisfare tale condizione è avere ↵ indipendente
dalle coordinate spazio-temporali, cioè una trasformazione di gauge globale. •
Con riferimento alle trasformazioni di gauge, per quanto segue, si richiederà che
S(�0l, @⌫�
0l) = S(�l, @µ�
l) , (2.47)
nel senso che la forma funzionale dell’azione è la stessa nei due diversi sistemi di coordinate. Ripetendo
un calcolo simile a (2.33) col vincolo (2.47) e quello dell’Osservazione 2.3, si ottiene 13:
fL (x) = L (x) + @µ⇤µ , (2.48)
13Per lo scopo del presente passaggio si evidenzia esclusivamente la dipendenza dal sistema di coordinate.
14 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
avendo posto:
fL (x) = L (�
0l(x
0(x)), @⌫�
0l,x0(x))
�����det"@x
0⌫
@xµ
#����� , (2.49)
che è la condizione di invarianza per il funzionale di Azione per la funzione di Lagrange.
La Lagrangiana non rimane necessariamente immutata a seguito del cambio di coordinate; in altri
termini, detta:
�L = L (�
0l(x
0(x)), @⌫�
0l,x0(x))� L (�
l, @µ�l,x) , (2.50)
in generale si avrà �L 6= 0; in caso contrario (�L = 0) la Lagrangiana è detta invariante (in senso
forte).
La (quasi-)invarianza della Lagrangiana ha conseguenze importanti, in termini di leggi di conserva-
zione, formalizzate dal Teorema di Noether, che sarà di seguito presentato nelle sue diverse forme.
Per arrivare a questo risultato è necessario analizzare il comportamento del sistema a seguito di
trasformazioni infinitesime, definite come:
Definizione 2.6 (Trasformazione infinitesima). Una trasformazione puntuale (2.28) è infinitesima se
x0⌫= x⌫ + �x⌫ , �x⌫ ! 0 , 8⌫ , (2.51)
e produce una variazione sui campi infinitesima 14:
�
0l(x
0) = �
l(x) + ��l ,
����l��
|�l(x)| ����!�x⌫!0
0 , 8l . (2.52)
In quest’ottica una trasformazione infinitesima è sempre connessa all’identità e una trasformazio-
ne finita è una sequenza di trasformazioni infinitesime. Inoltre, tali trasformazioni, possono essere
interpretate in due modi:
• passivo, in cui i domini VN e V 0N sono diversi, il secondo essendo il trasformato del primo;
• attivo, in cui la trasformazione infinitesima (2.51) porta un punto del dominio VN in un altro
infinitamente vicino dello stesso dominio; il vettore spostamento infinitesimo è pertanto tangente
alla curva lungo cui avviene la trasformazione.
In quest’ultima accezione, utilizzando la (2.51), si ha, a meno di infinitesimi di ordine superiore 15,
det
"@x
0⌫
@xµ
#= det
⇥�⌫µ + @µ(�x
⌫)
⇤= 1 + @µ(�x
µ) , (2.53)
14Questa richiesta altro non è che la ovvia richiesta che i campi siano funzioni continue.15È utilizzato il simbolo di Kronecker �⌫
µ
, che corrisponde alla matrice identità.
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti 15
che permette di scrivere la (2.47) nella forma:
Z
VN
L (�
l+ ��l, @µ�
l+ @µ(��
l),x+ �x) |1 + @µ(�x
µ)| dx =
Z
VN
L (�
l, @µ�l,x)dx , (2.54)
che a sua volta, per l’uguaglianza degli integrandi, e tenendo conto della (2.48), fornisce al primo ordine:
�L + L @µ(�xµ) = @µ⇤
µ , (2.55)
ove �L è la variazione della Lagrangiana (2.50) in corrispondenza della trasformazione infinitesima
(2.51)–(2.52).
Altresí, è possibile sviluppare al primo ordine anche la variazione stessa della Lagrangiana:
�L =
@L
@�l��l
+
@L
@(@µ�l)
�(@µ�l) +
@L
@xµ�xµ , (2.56)
ove l’ultimo termine contiene la derivata parziale rispetto la dipendenza esplicita da xµ, che può essere
espressa tramite la derivata totale 16 rispetto la dipendenza complessiva da detta coordinata:
@µL =
@L
@�l@µ�
l+
@L
@(@⌫�l)
@µ@⌫�l+
@L
@xµ. (2.57)
Esplicitando@L
@xµdalla precedente (2.57), e sostituendolo nella (2.56), il primo membro della (2.55)
diventa:
�L + L @µ(�xµ) =
=
@L
@�l��l
+
@L
@(@µ�l)
�(@µ�l) +
@µL � @L
@�l@µ�
l � @L
@(@⌫�l)
@µ@⌫�l
��xµ + L @µ(�x
µ) =
= @µ(L �xµ) +@L
@�l
h��l � @µ�
l�xµi+
@L
@(@µ�l)
h�(@µ�
l)� @µ@⌫�
l�x⌫i=
= @µ(L �xµ) +@L
@�l��l
+
@L
@(@µ�l)
�(@µ�l) ,
(2.58)
avendo operato una ridefinizione degli indici muti nell’ultimo termine ed avendo definito (sempre al
primo ordine)
��l= �
0l(x)� �
l(x) = ��l � @µ�
l�xµ (2.59)
la variazione del campo trasformato rispetto il campo di partenza nello stesso punto. Osservando che
gli operatori � e @µ commutano 17,⇥�, @µ
⇤= 0, l’ultimo termine della (2.58) diventa:
@L
@(@µ�l)
@µ(��l) = @µ
✓@L
@(@µ�l)
��l
◆� @µ
✓@L
@(@µ�l)
◆��l
; (2.60)
16Si sottolinea come, pur essendoci differenza fra la sola dipendenza esplicita e quella totale della variabile xµ, rispetto atutte le dipendenze della Lagrangiana le suddette sono pur sempre derivate parziali, da cui la scelta del simbolo di derivazionenel testo.
17Come già osservato nella Nota 10 di Pag. 7.
16 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
inserendo la (2.60) nella (2.58), unitamente alla (2.55), si ottiene in definitiva:
@µ
✓L �xµ +
@L
@(@µ�l)
��l � ⇤
µ
◆+
@L
@�l� @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆���l
= 0 , (2.61)
in cui si riconosce nel secondo termine la derivata di Eulero (2.15).
Resta cosí dimostrato il seguente:
Lemma 2.7 (Identità generalizzata di Bianchi). L’invarianza di gauge implica, a prescindere dalla
traiettoria effettiva del moto (o come si dice off-shell), la relazione:
@µ
✓L �xµ +
@L
@(@µ�l)
��l � ⇤
µ
◆+ Ll��
l= 0 . (2.62)
Utilizzando la relazione di Bianchi, si arriva a dimostrare il seguente:
Teorema 2.8 (Primo Teorema di Noether). Se l’Azione è invariante per trasformazioni infinitesime di
un gruppo continuo finito (cioè un gruppo di Lie R-dimensionale) devono esistere R combinazioni li-
nearmente indipendenti delle derivate di Eulero della Lagrangiana (il primo membro delle equazioni di
Lagrange) che sono divergenze.
Dimostrazione. La richiesta del teorema, per trasformazioni infinitesime, si può esprimere nella forma
(come per esempio sviluppato in [24]):
�xµ = "⌘A⌘µ , ��l
= "⌘B⌘l , (2.63)
ove i parametri "⌘ (⌘ = 1, · · · , R) sono gli R parametri indipendenti e costanti 18 della trasformazione
richiesta, mentre, in generale, A⌘µ= A⌘µ
(x) e B⌘l= B⌘l
(�
p,x); con tali assunti, utilizzando la (2.59),
si ha pure:
��l= "⌘(B
⌘l �A⌘⌫@⌫�l) = �"⌘K⌘l , (2.64)
in cui la posizione K⌘l= A⌘⌫@⌫�
l � B⌘l, oltre alla comodità di scrittura, serve per evidenziare la
dipendenza lineare di tale quantità dai parametri "⌘. Altresí, si possono sempre esprimere le funzioni ⇤µ
nella forma:
⇤
µ= "⌘�
⌘µ , (2.65)
che sostituite nella (2.62), unitamente alle (2.63) e (2.64), fornisce:
"⌘
⇣@µj
⌘µ � LlK⌘l⌘= 0 , (2.66)
ove si è posto:
j⌘µ = A⌘µL �K⌘l @L
@(@µ�l)
� �⌘µ . (2.67)
18È implicita, in questa versione del teorema, la richiesta di una trasformazione di gauge globale.
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti 17
Tenendo conto che le quantità "⌘ sono indipendenti per ipotesi, si ottiene:
LlK⌘l= @µj
⌘µ , ⌘ = 1, · · · , R , (2.68)
che rappresentano in effetti R relazioni che sono combinazioni lineari delle derivate di Eulero della
Lagrangiana pari a divergenze. ⌅
Una conseguenza importante del Primo Teorema di Noether è data dal seguente:
Corollario 2.9 (Leggi di conservazione on-shell). Se l’Azione è invariante per trasformazioni infinite-
sime di un gruppo continuo finito, in corrispondenza del moto reale si deve conservare il flusso di R
quantità 19j
⌘= [j⌘µ], ⌘ = 1, · · · , R.
Dimostrazione. Sostituendo le equazioni del moto Ll = 0 (condizione definita on-shell) nella tesi del
Primo Teorema di Noether (2.68), si ottiene:
@µj⌘µ
= r · j⌘ = 0 , ⌘ = 1, · · · , R , (2.69)
che sono le R relazioni di conservazione dette 20. ⌅
Osservazione 2.5 (Teorema di Noether per sistemi discreti). La versione delle leggi di conservazione
conseguenti al Teorema di Noether per i sistemi discreti ricalca pari pari quella appena svolta per i sistemi
continui. Per ottenerla brevemente, pertanto, si opereranno le trasposizioni:
Z
VN
L dx !Z t2
t1
Ldt =)
L ! L
xµ ! t
�
l ! qi
@µ�l ! qi
(2.70)
(la corrispondenza dell’integrale di Azione sottolinea come, nei sistemi discreti, l’unica variabile indi-
pendente sia il tempo); cosí facendo, la (2.69) diventa:
d
dt
✓L� @L
@qiqi◆A⌘ � @L
@qiB⌘i�⌘
�=
d
dtj⌘(t) = 0 , ⌘ = 1, · · · , R , (2.71)
ove le j⌘ sono le quantità conservate. ⌥19Tali quantità sono spesso interpretate come “correnti” (in un opportuno spazio astratto di definizione), essendo la (2.69)
un’estensione della condizione di campo solenoidale dell’elettrodinamica (o della fluidodinamica) classica.20Nello spazio euclideo 3-dimensionale, la divergenza di un vettore ~A può essere definita, a prescindere dal sistema di
coordinate [25], dalla relazione div ~A = limV3!0
R@V3
~A · n d�
V3, che permette un collegamento immediato fra detto operatore
e il flusso uscente da una superficie (il resto della simbologia assume ovvio significato); pertanto, un campo solenoidale,definito dalla div ~A ⌘ 0 è tale da avere il flusso sempre nullo per qualsiasi superficie attraversata chiusa; col linguaggiodell’elettrodinamica, vi è costanza del flusso che attraversa i cosiddetti tubi di flusso. Pertanto, l’interpretazione data al risultatodel Corollario risulta un’estensione naturale di questo fatto.
Un risultato analogo si ottiene col Teorema di Liouville [4, 5], ma in tal caso la variabile tempo assume un significatospeciale, mentre in questa sede è completamente simmetrica rispetto le altre coordinate, come da impostazione data.
18 Capitolo 2. Formalismo Lagrangiano
Quando la richiesta di simmetria è una gauge locale, vale la seguente versione del teorema:
Teorema 2.10 (Secondo Teorema di Noether). Se l’Azione è invariante per trasformazioni infinitesime
di un gruppo continuo infinito parametrizzato da R funzioni arbitrarie, devono esistere R identità (al-
gebriche o differenziali) indipendenti delle derivate di Eulero della Lagrangiana (il primo membro delle
equazioni di Lagrange).
Dimostrazione. In questo caso la trasformazione (2.63) si generalizza come:
�xµ = "⌘A⌘µ , ��l
= "⌘B⌘l+ @µ"⌘C
⌘µl , (2.72)
ove le R funzioni "⌘ = "⌘(x) (⌘ = 1, · · · , R) parametrizzano la trasformazione infinitesima locale
(da cui la dipendenza dal punto), ancora A⌘µ= A⌘µ
(x), e i descrittori B⌘l= B⌘l
(�
p, @⌫�p,x) e
C⌘µl= C⌘µl
(�
p, @⌫�p,x) dipendono sia dai campi che dalle loro prime derivate; si suppone pertanto
che detti parametri non abbiano dipendenze da derivate di ordine superiore. Essendo importante che la
trasformazione formi un gruppo, dovrà risultare che il commutatore di due trasformazioni di questo tipo
dia ancora una trasformazione dello stesso tipo:
[ �", �"0 ] = �"00 =) (�"�"0 � �"0�")�l= �"00�
l= "
00⌘B
⌘l+ @µ"
00⌘C
⌘µl; (2.73)
questa richiesta, ovviamente, pone delle restrizioni alla forma funzionale dei descrittori B⌘l e C⌘µl.
Con tale trasformazione, la (2.64) si generalizza:
��l= "⌘(B
⌘l �A⌘⌫@⌫�l) + C⌘µl@µ"⌘ ; (2.74)
inoltre, detto ⇣µ il termine di divergenza della (2.62), si ha:
⇣µ = L �xµ +
@L
@(@µ�l)
��l � ⇤
µ=
= "⌘
LA⌘⌫
+
@L
@(@µ�l)
(B⌘l �A⌘⌫@⌫�l)� �⌘µ
�+ @µ"⌘
@L
@(@µ�l)
C⌘µl ,
(2.75)
avendo utilizzato altresí la (2.65) con la scelta fatta per le funzioni "⌘(x).
Inserendo le (2.74) e (2.75) nella (2.62), a seguito di una integrazione si ha:
Z
VN
h@µ⇣
µ+ Ll��
lidx =
Z
VN
Ll
h"⌘(B
⌘l �A⌘⌫@⌫�l) + C⌘µl@µ"⌘
idx = 0 , (2.76)
ove l’integrale del primo termine si annulla in quanto, per il teorema della divergenza, si possono sempre
scegliere le funzioni "⌘ in modo tale che si annullino, con le derivate, sulla frontiera del dominio di
integrazione ("⌘(x) = 0, @µ"⌘(x) = 0 per x 2 @VN ). Tenendo conto che il contributo del secondo
2.3 Trasformazioni, simmetrie ed invarianti 19
termine si può sviluppare ulteriormente tramite derivazione:Z
VN
LlC⌘µl@µ"⌘dx =
Z
VN
@µ
⇣LlC
⌘µl"⌘
⌘dx�
Z
VN
"⌘@µ
⇣LlC
⌘µl⌘dx =
= 0�Z
VN
"⌘@µ
⇣LlC
⌘µl⌘dx
(2.77)
(ancora una volta l’integrale della divergenza si annulla per la scelta fatta sulle "⌘), la (2.76) si riduce a:
Z
VN
"⌘
hLl(B
⌘l �A⌘⌫@⌫�l)� @µ
⇣LlC
⌘µl⌘i
dx = 0 . (2.78)
Essendo le "⌘ arbitrarie ed indipendenti, per il Lemma 2.1 le R quantità entro parentesi quadra devono
annullarsi:
Ll(B⌘l �A⌘⌫@⌫�
l)� @µ(LlC
⌘µl) = 0 , ⌘ = 1, · · · , R , (2.79)
relazione che dimostra il teorema. ⌅
Osservazione 2.6. Le relazioni (2.79), oltre ad essere soddisfatte banalmente sulle traiettorie del moto
(Ll = 0), mostrano che le derivate di Eulero della Lagrangiana, e quindi le equazioni di Lagrange, non
sono indipendenti. ⌥
Infine, per un sistema regolare discreto, è utile porre la seguente definizione, che permetterà un’ulte-
riore forma del Teorema di Noether 21.
Definizione 2.7 (Lagrangiana quasi-invariante). La Lagrangiana L = L(qi, qi) di un sistema regola-
re discreto, che a seguito di una trasformazione infinitesima 22, non necessariamente di punto, delle
coordinate generalizzate del tipo qi = qi + �qi, con �qi = "f i(qj , qj , t), subisca una trasformazio-
ne L(qi, ˙qi) = L(qi, qi) + �L, con �L = "d
dtF (qi, qi), è detta quasi-invariante (o invariante in senso
debole).
21Teorema 4.14 a Pag. 50 del Capitolo 4. In questa sede, ci si appoggerà al formalismo Hamiltoniano per la dimostrazione;in [28] si opera una dimostrazione tutta Lagrangiana.
22In questo caso, la natura infinitesima della trasformazione delle coordinate, e la conseguente trasformazione dellaLagrangiana, è evidenziata dalla costante ", da considerarsi “piccola a piacere”.
Capitolo 3
Sistemi Lagrangiani Singolari
Lo studio dei sistemi con Lagrangiana singolare è la premessa concettuale per le Teorie di Gauge, su
cui si basa la moderna descrizione delle forze fondamentali. In questo capitolo si riassumono pertanto i
principali risultati relativi ai campi classici.
3.1 Impostazione del problema: sistemi discreti
Riprendendo il formalismo indicato al § 2.1, nel caso di sistemi con un numero finito di gradi di
libertà, si usa dare la seguente:
Definizione 3.1 (Lagrangiana singolare). Una funzione di Lagrange è detta singolare (o degenere) se la
sua matrice hessiana (2.4) ha determinante nullo:
detW = det
@2L
@qi@qj
�= 0 . (3.1)
In tale ipotesi, le equazioni di Lagrange (2.5) si possono scrivere nella forma matriciale:
W ¨Q+MQ˙Q+ VT � VQ = W (qi, qi, t) ¨Q+ VG(q
i, qi, t) = 0 , (3.2)
avendo posto VG = MQ˙Q+ VT � VQ, in cui si sottolinea che tale matrice non dipende dalle qi.
Pertanto, detto r = rankW , r < n, il rango della matrice hessiana, si ha che 1 l’equazione (3.2),
rispetto ¨Q ha 1n�r soluzioni; in altri termini, esistono m = n � r autovettori Yk (k = 1, · · · ,m) tali
per cui 2:
Y Tk W = 0 , k = 1, · · · ,m . (3.3)
Premoltiplicando, pertanto, le (3.2) per Y Tk , tenendo conto delle (3.3), si ottiene:
�k(qi, qi, t) = Y T
k VG(qi, qi, t) = 0 , k = 1, · · · ,m , (3.4)
1Applicando noti risultati dell’algebra lineare, sviluppati ad esempio in [17].2Intendendo generalmente il vettore V , in un certo sistema di riferimento, come matrice colonna, il vettore V T è il
corrispondente vettore trasposto (matrice riga).
21
22 Capitolo 3. Sistemi Lagrangiani Singolari
che sono delle (generiche) relazioni fra qi, qi e t, ma non qi. Supponendo, senza perdita di generalità,
che fra le (3.4) le prime m0 m siano relazioni funzionalmente indipendenti, tali �k(qi, qi, t) = 0,
k = 1, · · · ,m0 , sono definite vincoli Lagrangiani.
Naturalmente, esistono anche r autovettori tali per cui:
Y Tk W 6= 0 , k = m+ 1, · · · , n ; (3.5)
premoltiplicando, pertanto le (3.2) per tali Y Tk , si ottengono r relazioni contenenti le qi, di cui le r
0 r
relazioni indipendenti costituiscono le vere equazioni del moto del sistema.
Prima di affrontare il caso generale “non-patologico”, è utile sottolineare come esistano due forme
estreme di situazione “patologica” per le (3.4):
• i vincoli sono identicamente soddisfatti; in questo caso le r equazioni del moto potrebbero essere
poste nella forma di r accelerazioni in funzione di r coordinate generalizzate ed altrettante velocità,
oltre ad m funzioni indipendenti con le rispettive velocità ed accelerazioni:
qi = qi(qj , qj , qk, qk, qk, t) , k = 1, · · · ,m ; i, j = m+ 1, · · · , n ; (3.6)
queste sono r equazioni differenziali del secondo ordine, che necessitano quindi di 2r condizioni
iniziali, ma dipendono anche da m = n � r funzioni arbitrarie, che se non specificate non per-
mettono di definire le traiettorie del sistema (funzioni del moto); in altri termini, le 2r condizioni
iniziali non sono sufficienti per individuare univocamente la soluzione del problema, in quanto
scelte diverse per le funzioni arbitrarie portano in generale a soluzioni diverse delle equazioni del
moto.
• i vincoli possono essere inconsistenti, cioè portare a relazioni contraddittorie; questo è legato
principalmente al fatto che le equazioni di Eulero-Lagrange per la condizione di stazionarietà
del funzionale di Azione sono solo condizioni necessarie, e l’inconsistenza dimostra che quel
funzionale non ammette punto stazionario.
Esempio 3.1. [1] Sia L(q, q) = q � q; le “equazioni di Lagrange” si riducono a 1 = 0 (relazione
contraddittoria). •
Esempio 3.2. Sia 3 L =
1
2
q1�q22 + 1
�+ q2q3; le “equazioni di Lagrange” diverrebbero:
8<
:
q22 + 1 = 0
q1q2 + q1q2 � q3 = 0
q2 = 0
; (3.7)
3Per non appesantire le notazioni, e per non generare confusione con le potenze, in particolare con l’elevamento al quadrato,gli indici delle coordinate generalizzate e le relative derivate temporali, sono posti in basso, contrariamente al formalismogenerale fin qui sviluppato.
3.1 Impostazione del problema: sistemi discreti 23
la prima e l’ultima relazione, come si vede, sono contraddittorie. •
Di seguito verrà presentato l’analisi dei vincoli (3.4), limitando lo studio ad una Lagrangiana che non
dipende esplicitamente dal tempo, L = L(qi, qi), come presentato in [1].
Una proprietà importante è data dal seguente:
Teorema 3.1 (Singolarità della Lagrangiana per trasformazioni di punto). La proprietà di singolarità di
una Lagrangiana L = L(qi, qi), di hessiano W , è una caratteristica geometrica, cioè, per una trasfor-
mazione di punto non dipendente dal tempo q0j= q
0j(qi), detti L
0(q
0j , q0j) = L(qi(q
0j), qi(q
0j , q0j)) la
Lagrangiana trasformata e W0
il relativo hessiano, si ha che rankW = rankW0.
Dimostrazione. Una trasformazione puntuale q0j= q
0j(qi) deve avere lo Jacobiano non singolare (cioè
rango massimo, in questo caso n),
det J = det
"@q
0j
@qi
#6= 0 , (3.8)
come visto nella Definizione 2.3 a Pag. 9; dato che:
q0j=
dq0j
dt=
@q0j
@qidqi
dt=
@q0j
@qiqi =) ˙Q
0= J ˙Q =) J =
"@q
0j
@qi
#(3.9)
(ove si sono utilizzate le notazioni matriciali ˙Q = [qi] e ˙Q0= [q
0j]), sviluppando l’hessiano nel sistema
trasformato rispetto quello di partenza, in notazione matriciale si ottiene:
W0=
"@2L
0
@q0j@q0p
#= J�1WJ�1 , (3.10)
ed applicando le proprietà dei determinanti e del rango si ottiene la tesi. ⌅
Con riferimento alla (3.4), sia m = m0+ m1 + m2, essendo m
0 il numero di relazioni funzio-
nalmente indipendenti, m1 il numero di relazioni funzionalmente dipendenti ed m2 quello di relazioni
identicamente soddisfatte; come detto sopra, le relazioni:
�k(qi, qi) = Y T
k VG(qi, qi) = 0 , k = 1, · · · ,m0
, (3.11)
sono i vincoli Lagrangiani.
La determinazione del rango r della matrice hessiana è stata fatta senza tener conto dei vincoli
(3.11), anzi, questi sono proprio conseguenza del valore di r; ciononostante, detti vincoli possono a loro
volta “ridurre” il sistema in termini del numero di gradi di libertà, il che equivale a ridurre il rango
della matrice hessiana ad un valore r0< r; questo potrebbe portare ad ulteriori vincoli che potrebbero
ridurre ulteriormente i gradi di libertà del sistema e cosí via; il processo di riduzione termina quando i
24 Capitolo 3. Sistemi Lagrangiani Singolari
nuovi vincoli non riducono ulteriormente il valore corrente di r, il che significa che i nuovi vincoli sono
linearmente dipendenti da quelli già ottenuti.
Dal punto di vista analitico vengono distinti (sia in [1] che in altri lavori) due tipologie di vincoli
nella formulazione Lagrangiana:
• i vincoli cosiddetti di tipo-A sono relazioni esclusivamente con coordinate generalizzate, cioè del
tipo:
A↵(qi) = 0 ; (3.12)
• i vincoli cosiddetti di tipo-B sono relazioni che contengono anche le derivate delle coordinate
generalizzate, cioè sono del tipo:
B�(qi, qi) = 0 . (3.13)
La distinzione ha la sua rilevanza dovuta al fatto che la consistenza di un vincolo è legata alla “tenuta”
temporale del vincolo stesso; in altre parole, la derivata del vincolo dev’essere una relazione valida nel
sistema:
�k(qi, qi) = 0 =) d
dt�k(q
i, qi) = 0 . (3.14)
In tal senso, derivare un vincolo tipo-A (3.12) può produrre esclusivamente un altro vincolo, al
piú di tipo-B (3.13), mentre derivare un vincolo tipo-B (3.13) potrebbe produrre un’equazione utile alla
descrizione del moto, per la possibile presenza di derivate seconde.
In generale, quindi, la derivata temporale di un vincolo tipo-A potrebbe produrre un nuovo vincolo
oppure essere linearmente dipendente dai vincoli precedenti (in tal caso non si avrebbe un nuovo vincolo
per il sistema):
d
dtA↵(q
i) = a�↵A�(q
i) + b�↵B�(q
i, qi) . (3.15)
Altresí, la derivata temporale di un vincolo tipo-B potrebbe produrre un’equazione del moto fun-
zionalmente indipendente dalle altre, o un nuovo vincolo: in tal caso il sistema andrebbe rivalutato per
eventuali riduzioni; nel caso l’equazione prodotta fosse dipendente dalle precedenti (sia di tipo vincolo
che tipo equazione del moto) non sarebbe di nessuna utilità ai fini della riduzione.
Il processo di rimaneggiamento algebrico e differenziale appena indicato proseguirà finché nessuna
ulteriore riduzione dovesse risultare.
3.1 Impostazione del problema: sistemi discreti 25
In definitiva, alla fine del processo di riduzione, le equazioni che descrivono il sistema diventano:
cWki(qi, qi)qi + bVk(q
i, qi) = 0 , k = 1, · · · , p (3.16a)
A↵(qi) = 0 , ↵ = 1, · · · , p0
(3.16b)
B�(qi, qi) = 0 , � = 1, · · · , p00
(3.16c)
essendo le matrici cW =
hcWki
i(p⇥n, p n) e bV =
hbVk
i(p⇥ 1) quelle ottenute a seguito del processo
di riduzione.
Pertanto, le equazionid
dtA↵(q
i) = 0 risultano soddisfatte algebricamente dalle (3.16b) – (3.16c),
mentre le equazionid2
dt2A↵(q
i) = 0 e
d
dtB�(q
i, qi) = 0 risultano soddisfatte algebricamente da tutte
le (3.16); in definitiva, i vincoli (3.16b) – (3.16c) costituiscono un sistema invariante delle equazioni
differenziali (3.16a).
Da questo fatto, il sistema (3.16) si può riorganizzare nel seguente modo. Visto che le relazioni
(3.16b) sono indipendenti, la matrice Jacobiana p0 ⇥ n dei vincoli tipo-A deve avere rango massimo,
cioè:
rank
@A↵
@qi
�= p
0; (3.17)
pertanto è possibile, in linea di principio, riscrivere p0 equazioni di vincolo 4 tipo-B nella forma:
bB↵(qi, qi) =
@A↵
@qiqi = 0 , ↵ = 1, · · · , p0
. (3.18)
Le rimanenti equazioni di vincolo di tipo-B verranno rinominate:
B�(qi, qi) = 0 , � = p
0+ 1, · · · , p00
. (3.19)
Con tale ridefinizione, osservando che, per l’indipendenza delle (3.16c), la matrice@B�
@qi
�ha rango
massimo (p00), deve valere pure:
rank
@A↵
@qi,@B�
@qi
�= p
00. (3.20)
Analogamente a quanto fatto sopra per le relazioni di vincolo, operando un’ulteriore derivazione tempo-
rale delle relazioni (3.18) e (3.19), tenuto conto che queste non dipendono esplicitamente dal tempo, si
possono scrivere p00 fra le equazioni (3.16a) contenenti accelerazioni 4 nella forma:
@A↵
@qiqi +
@2A↵
@qi@qjqiqj = 0 , ↵ = 1, · · · , p0
(3.21a)
@B�
@qiqi +
@B�
@qiqi = 0 , � = p
0+ 1, · · · , p00
(3.21b)
4Nel senso di una opportuna combinazione lineare a pari rango, con opportuno riordinamento delle stesse equazioni.
26 Capitolo 3. Sistemi Lagrangiani Singolari
Infine, le rimanenti equazioni contenenti accelerazioni (cioè le relazioni fra le (3.16a) che sono indipen-
denti dalle (3.21)), si possono scrivere nella forma:
W ki(qi, qi)qi + V k(q
i, qi) = 0 , k = p00+ 1, · · · , p . (3.22)
Con questi riaggiustamenti, tutte le informazioni relative alla dinamica del sistema sono racchiuse
quindi nelle equazioni (3.16b), (3.18), (3.19), (3.21) e (3.22). Pertanto, risolvendo preliminarmente
le equazioni di vincolo tipo-A (3.16b), si possono esprimere p0 coordinare in funzione delle rimanenti
n� p0 , che per comodità si possono rinumerare in modo che sia:
q↵ = q↵(qs) , ↵ = 1, · · · , p0; s = p
0+ 1, · · · , n ; (3.23)
in questo modo, anche le equazioni di vincolo (3.18) e del moto (3.21a) risultano soddisfatte automati-
camente. Introducendo le (3.23) nelle (3.19), si ottiene:
B�(qi, qi) = B�(q
↵(qs), qs, q↵(qs, qs), qs) = B�(q
s, qs) = 0 , � = p0+ 1, · · · , p00
, (3.24)
che utilizzate, unitamente alle (3.23), nelle (3.21b) e (3.22), producono le equazioni:
@B�
@qsqs +
@B�
@qsqs = 0 , � = p
0+ 1, · · · , p00
(3.25a)
W ksqs+ V k = 0 , k = p
00+ 1, · · · , p (3.25b)
essendo le matrici W ks e V k le ridotte delle W ki e V k con le (3.23).
Le (3.25) sono p � p0 equazioni in funzione di n � p
0 incognite (accelerazioni generalizzate); per-
tanto, visto che p < n, il sistema ha 1(n�p0)�(p�p
0)= 1n�p soluzioni, il che vuol dire che si possono
esprimere p� p0 accelerazioni in funzione delle corrispondenti coordinate e velocità generalizzate e di
n� p funzioni qA, che sono arbitrarie in quanto, non potendo le relazioni (3.24) dipendere esclusiva-
mente dalle qA, per esse non vi sono equazioni del moto (e quindi non sono determinate univocamente
dal sistema):
qs = qs⇣qs, qs, qA, qA
⌘, s, s = 1, · · · , p� p
0; A = 1, · · · , n� p ; (3.26)
pertanto la soluzione del sistema (3.26) dipende da 2(p � p0) condizioni iniziali (per esempio qs(0) e
qs(0)) e da n� p funzioni arbitrarie (le funzioni qA(t)).
Osservazione 3.1. Ricordando che l’impostazione variazionale vista al § 2.1 richiede che la stazionarietà
del funzionale di azione S sia data da una curva, i cui estremi sono fissati, cosí come tutte le curve variate
di confronto, si vede una prima differenza fra i sistemi regolari e quelli singolari: nei sistemi regolari
3.1 Impostazione del problema: sistemi discreti 27
è possibile ridurre le equazioni in forma normale con hessiano non singolare, quindi avere un’unica
soluzione, quella che soddisfa il vincolo dei 2n punti estremali; nei sistemi singolari, tipicamente esistono
n � p funzioni completamente arbitrarie, per cui non è sempre possibile imporre valori estremali per
dette curve arbitrarie. ⌥
Osservazione 3.2 (Sistemi regolari con vincoli olonomi e non-olonomi). La teoria fino qui sviluppata
può comprendere il caso di Lagrangiana regolare con vincoli imposti dall’esterno, quali vincoli olonomi
e anolonomi (che è quello che succede quando la formulazione Lagrangiana deriva dalla meccanica
classica Newtoniana).
Un vincolo esterno è una relazione fra le coordinate generalizzate, le rispettive derivate temporali ed
eventualmente il tempo che può essere espresso nella forma:
f↵(qi, qi, t) = 0 ; (3.27)
tale tipo di relazione restringe il campo di variazione delle coordinate generalizzate ad un sottinsieme
V ⇢ Rn. Un metodo elegante di risoluzione è quello cosiddetto dei moltiplicatori di Lagrange, valido
sia per problemi di meccanica vincolata, e ben descritto in [3], che in generale per la ricerca di massimi
e minimi di funzioni in spazi multidimensionali (rigorosamente trattato in [15]).
Nel caso meccanico in questione, detta L(qi, qi, t) la Lagrangiana (che si suppone regolare) del
sistema e f↵(qi, qi, t) = 0, ↵ = 1, · · · ,m le equazioni di vincolo, il metodo consiste nella ricerca del
valore estremale (senza vincoli) dell’Azione definita per la nuova Lagrangiana:
bL(qi, qi,�↵, t) = L(qi, qi, t) + �↵f↵(qi, qi, t) , (3.28)
ove i fattori �↵ assumono il significato di coordinate ausiliarie (associate ai vincoli); in altri termini, si
“trasforma” un problema con n coordinate ed m vincoli (n � m gradi di libertà) in un problema con
n + m coordinate libere 5. Con tale trasformazione, visto che la nuova lagrangiana non dipende dalle
˙�↵, la matrice hessiana
"@2bL
@ ˙�↵@ ˙��
#avrà m righe nulle, pertanto sarà singolare. ⌥
3.1.1 Esempi
Di seguito verranno presentati alcuni esempi per esemplificare i concetti esposti, alcuni tratti dalla
letteratura, altri sintetizzati nel presente lavoro 6.5Ovviamente questo è un puro artificio matematico, che non cambia la fisica del problema. Infatti, come nel problema
originale la condizione di unicità della soluzione è legata al fatto di poter assegnare n�m condizioni iniziali per le coordinate ele velocità generalizzate, essendo le rimanenti ottenute dai vincoli (3.27), cosí nel problema trasformato, applicando le equazioni
di Lagrangeddt
@bL@�↵
� @bL@�↵
= 0, si ottengono giusto le equazioni dei vincoli, rendendo di fatto superflua la determinazione
delle funzioni ausiliarie �↵(t), e quindi superflua la necessità di specificare per esse le condizioni iniziali.6Per non appesantire le notazioni, e per non generare confusione con le potenze, in particolare con l’elevamento al quadrato,
gli indici delle coordinate generalizzate e le relative derivate temporali, saranno posti in basso in tutti gli esempi seguenti,
28 Capitolo 3. Sistemi Lagrangiani Singolari
Esempio 3.3. [20] Consideriamo la Lagrangiana L =
1
2
�q21 + q22
�+ q1q2 +
1
2
�q21 + q22
�; le equazioni
di Lagrange diventano: ⇢q1 + q2 � q1 = 0
q1 + q2 � q2 = 0
; (3.29)
dalla prima equazione si ottiene q1 = q1 + q2, che sostituita nella seconda produce il vincolo di tipo-A:
A1 = q1 � q2 = 0. (3.30)
Pertanto il sistema si riduce a: ⇢2q2 � q2 = 0
q1 = q2, (3.31)
che ha come soluzione generale q1(t) = q2(t) = c1e1p2t+ c2e
� 1p2t, la quale richiede solo 2 condizioni
iniziali, per determinare le costanti c1 e c2, per esempio all’istante t = 0:(
q2(0) = c1 + c2q2(0) =
c1p2� c2p
2
=)(
c1 =q2(0)2 +
q2(0)p2
c2 =q2(0)2 � q2(0)p
2
. (3.32)
Infatti, n = 2,
detW = det
1 1
1 1
�= 0 =) r = 1 (3.33)
ed m = n� r = 1, cioè un solo vincolo, la (3.30). •
Esempio 3.4. [20] Consideriamo la Lagrangiana L =
1
2
q21 + q1q2 +1
2
q22 + 4q1q2 + 2q21 + 4q1q2; le
equazioni di Lagrange diventano:⇢
q1 + q2 � 4q2 � 4 (q1 + q2) = 0
q1 + q2 + 4q1 � 4q1 = 0
; (3.34)
dalla seconda equazione si ottiene q1 + q2 = 4q1 � 4q1, che sostituita nella prima produce il vincolo di
tipo-B:
B1 = q1 + q2 + q2 = 0 ; (3.35)
derivando successivamente la (3.35) si ottiene
˙B1 = q1 + q2 + q2 = 0 =) q1 + q2 = �q2 , (3.36)
che sostituita nella prima delle (3.34) produce un ulteriore vincolo tipo-B:
B2 = 5q2 + 4 (q1 + q2) = 0 . (3.37)
Derivando ulteriormente la (3.37), si ottiene, sostituendovi la (3.36),
˙B2 = 5q2 + 4 (q1 + q2) = 0 =) 5q2 � 4q2 = 0 , (3.38)
che ha come soluzione generale q2(t) = c1e2p5t+ c2e
� 2p5t, la quale richiede solo 2 condizioni iniziali,
per determinare le costanti c1 e c2, come nel precedente esempio. •contrariamente al formalismo generale fin qui sviluppato.
3.1 Impostazione del problema: sistemi discreti 29
Esempio 3.5. Consideriamo la Lagrangiana L =
1
2
q21+1
2
q22+q2q3; le equazioni di Lagrange diventano:
8<
:
q1 = 0
q2 � q3 = 0
�q2 = 0
=)
8<
:
q1 = 0
q2 = 0
q3 = 0
, (3.39)
in cui la prima equazione ha come soluzione generale q1(t) = c1t + c2, la quale richiede 2 condizioni
iniziali per determinare le costanti c1 e c2, per esempio all’istante t = 0:
⇢q1(0) = c2q1(0) = c1
(3.40)
Si nota come, essendo n = 3, e
detW = det
2
41 0 0
0 1 0
0 0 0
3
5= 0 =) r = 2 , (3.41)
la presenza dei 2 vincoli q2 ⌘ 0 e q3 ⌘ 0 riduce ad 1 i gradi di libertà del sistema. •
Esempio 3.6. Consideriamo la Lagrangiana L =
1
2
q21 + q2q3 + q3 � q1q3; le equazioni di Lagrange
diventano: 8<
:
q1 + q3 = 0
0 = 0
q1 = 0
=)
8<
:
q3 = 0
q2 indeterminataq1 = 0
; (3.42)
l’ultima equazione (q1 = 0) è un vincolo di tipo-A, che ne induce un ulteriore (q3 = 0), pertanto il
sistema presenta 1 solo grado di libertà.
Infatti:
detW = det
2
41 0 0
0 0 0
0 0 0
3
5= 0 =) r = 1 , (3.43)
che conferma quanto ottenuto. •
Esempio 3.7. Consideriamo la Lagrangiana L = (q1 + q2)2 � (q2 + q3)
2; le equazioni di Lagrange
diventano: 8<
:
2 (q1 + q2) = 0
�2 (q2 + q3)� 2 (q1 + q2) = 0
2 (q2 + q3) = 0
=)
8<
:
q1 + q2 = 0
q2 + q3 + q1 + q2 = 0
q2 + q3 = 0
. (3.44)
L’ultima relazione è un vincolo di tipo-B, che derivato rispetto al tempo produce:
B1 = q2 + q3 = 0 =) ˙B1 = q2 + q3 = 0 =) q2 = �q3 , (3.45)
che sostituita nelle (3.44) le riduce a: ⇢q1 + q2 = 0
q1 + q2 = 0
, (3.46)
in cui la seconda relazione è un ulteriore vincolo di tipo-B:
B2 = q1 + q2 = 0 =) q2 = �q1 , (3.47)
30 Capitolo 3. Sistemi Lagrangiani Singolari
che nuovamente sostituita nelle (3.46) produce l’equazione nella forma finale:
q1 � q1 = 0 . (3.48)
Pertanto, la soluzione completa del sistema (3.44) diventa:8<
:
q1(t) = c1et+ c2
q2(t) = �q1 = �c1et
q3(t) = �q2 = +c1et
, (3.49)
che richiede 2 informazioni iniziali, per esempio al tempo t = 0, dovuto al fatto che il sistema ha 1 solo
grado di libertà e 2 vincoli (n = 3, m = 2 e r = 1); in tal caso⇢
c1 = q1(0)c2 = q1(0)� q1(0)
. (3.50)
È importante sottolineare in questo caso come la presenza dei vincoli abbia “abbassato” il rango
dell’hessiano; infatti, la prima valutazione produce
detW = det
2
42 0 0
0 �2 0
0 0 0
3
5= 0 =) r = 2 , (3.51)
a riprova del ruolo del vincolo. •
Esempio 3.8. Consideriamo la Lagrangiana L =
1
2
q21 � 1
2
q22 + q3 (q1 � q2); le equazioni di Lagrange
diventano: 8<
:
q1 � q3 = 0
q2 � q3 = 0
q2 � q1 = 0
; (3.52)
l’ultima relazione è un vincolo di tipo-A, che sostituito nelle relazioni precedenti fa sí che queste siano
la stessa equazione; pertanto, la soluzione del sistema è del tipo
q1(t) = q2(t) =
Z t
0
"Z t0
0q3(t
00)dt00
#dt0 + c1t+ c2, (3.53)
essendo c1 e c2 due costanti dipendenti dalle condizioni iniziali, e q3(t) una funzione completamente
arbitraria (cioè il sistema ha 1 solo grado di libertà).
In altri termini, il vincolo ha “abbassato” il rango del sistema; infatti, n = 3 e
detW = det
2
41 0 0
0 �1 0
0 0 0
3
5= 0 =) r = 2 , (3.54)
come nell’esempio precedente. •
Esempio 3.9. [21] Consideriamo la Lagrangiana L = (q2 + q3) q1 + q4q3 +1
2
�q24 � 2q2q3 � q23
�; le
equazioni di Lagrange diventano:8>><
>>:
q2 + q3 = 0
q1 � q3 = 0
q4 � q1 + q2 + q3 = 0
q3 + q4 = 0
; (3.55)
3.1 Impostazione del problema: sistemi discreti 31
tutte le equazioni del sistema sono prive delle derivate seconde (hessiano identicamente nullo, rango 0),
pertanto sono esclusivamente equazioni di vincolo (nella fattispecie tutte di tipo-B). •
Esempio 3.10. Consideriamo la Lagrangiana L = (q1 + q2)2 � (q3 � q4)
2+ q3q4; le equazioni di
Lagrange diventano: 8>><
>>:
q1 + q2 = 0
q1 + q2 = 0
2q3 � 2q4 + q4 = 0
2q3 � 2q4 + q3 = 0
. (3.56)
Si nota che le prime due relazioni sono completamente disaccoppiate dalle ultime due; da W si ottiene:
detW = det
2
664
1 0 0 0
0 0 0 0
0 0 2 0
0 0 0 0
3
775 = 0 =) r = 2 . (3.57)
La seconda equazione è un vincolo di tipo-B:
B1 = q1 + q2 = 0 =) q1 = �q2 , (3.58)
la cui derivata è la prima equazione; altresí, l’ultima relazione è un altro vincolo di tipo-B:
B2 = 2q3 � q4 + q3 = 0 , (3.59)
la cui derivata temporale produce una relazione che unita alla terza produce un ulteriore vincolo di tipo-B:
B3 = q3 � q4 = 0 =) q3 = q4 , (3.60)
che derivata ulteriormente e riutilizzata nella terza equazione fornisce la condizione finale q4 = 0.
In definitiva il sistema diventa:8>><
>>:
q1 = �q2q2 arbitrariaq3 = 0
q4 = 0
=)
8>><
>>:
q1 = �Rq2dt+ c1
q2 arbitrariaq3 = c2q4 = 0
, (3.61)
ove c1 e c2 sono due costanti iniziali; pertanto il sistema presenta 1 solo grado di libertà. •
Esempio 3.11. [1] Consideriamo la Lagrangiana L(q, q, t) = f(q, t)q+h(q, t); l’equazione di Lagrange
@f
@t� @h
@q= 0 (3.62)
consente due possibilità:
• è identicamente soddisfatta; in altri termini non ci sono condizioni su q(t), che risulta pertanto
completamente arbitraria; ad esempio, se f(q, t) = qt2 e h(q, t) = q2t;
32 Capitolo 3. Sistemi Lagrangiani Singolari
• e ciò significa che tale relazione è un vincolo per q(t); ad esempio, se f(q, t) = q2t e h(q, t) = qt2,
la (3.62) diventa q2 � t2 = 0, che produce i vincoli q(t) = ±t.
Questo esempio sarebbe dovuto ad Eulero già nel 1744. •
Esempio 3.12. [1] Consideriamo la Lagrangiana L =
1
2
q21 + q1q2 + (1� ↵)q1q2 +�
2
(q1 � q2)2, in cui
↵ e � giocano il ruolo di parametri costanti; le equazioni di Lagrange diventano:⇢
q1 + ↵q2 � �(q1 � q2) = 0
↵q1 � �(q1 � q2) = 0
. (3.63)
Si nota come la prima sia un’effettiva equazione del moto, mentre la seconda un generico vincolo tipo-B;
infatti, l’analisi della matrice Hessiana produce
detW = det
1 0
0 0
�= 0 =) r = 1 , (3.64)
indipendentemente dai valori di ↵ e �.
È interessante distinguere i casi in base ai valori di detti parametri.
a) ↵ = 0 e � = 0. L’equazione di vincolo è identicamente soddisfatta, mentre quella del moto si riduce
all’equazione di un moto libero per la prima coordinata: q1 = 0; pertanto la seconda coordinata
non è soggetta a condizioni (funzione completamente arbitraria). Infatti la Lagrangiana può essere
scritta nella forma L =
1
2
q21 +d
dt(q1q2), che, ricordando la (2.27) dell’Osservazione 2.2 di Pag. 9, è
equivalente (cioè produce le stesse equazioni del moto) alla L =
1
2
q21 , che non contiene la coordinata
q2; in altri termini è invariante per arbitrarie trasformazioni di q2.
b) ↵ = 0 e � 6= 0. In questo caso il vincolo diventa di tipo-A nella forma A1 = q2 � q1 = 0, cioè
q2 = q1, mentre l’equazione del moto rimane q1 = 0; ivi, quindi, non vi è arbitrarietà sulla traiettoria
q2(t).
c) ↵ 6= 0. Questo è il caso piú generale di vincolo per il sistema in questione (B1 = ↵q1 � �(q1 � q2));
pertanto, operando un’ulteriore derivazione, si ottiene l’equazione
d
dtB1 = ↵q1 � �(q1 � q2) = 0 , (3.65)
che può essere messa nella forma
↵q1 + �q2 ��2
↵(q1 � q2)�
�
↵B1 = 0 ; (3.66)
combinando la (3.66) con la prima delle equazioni di Lagrange (3.63), tenendo conto del fatto che
B1 ⌘ 0, si ottiene l’equazione
(↵2 � �) [↵q2 � �(q1 � q2)] = (↵2 � �)B2 = 0 , (3.67)
3.2 Sistemi singolari continui 33
ove si è posto per comodità B2 = ↵q2��(q1� q2). Il comportamento del sistema si distingue in due
ulteriori sottocasi:
i) � = ↵2. In tal caso la (3.67) è identicamente soddisfatta, e l’unica relazione che determina
il moto del sistema è la seconda delle (3.63), da cui si vede che q2(t), pur essendo arbitraria,
influisce sulla dinamica di q1(t).
ii) � 6= ↵2. In tal caso la (3.67) implica B2 = 0, e, pertanto, il moto è descritto dal sistema del
primo ordine:⇢↵q2 � �(q1 � q2) = 0
↵q1 � �(q1 � q2) = 0
=)⇢
q2 = q1↵q1 � �(q1 � q2) = 0
, (3.68)
la cui soluzione è 8>>><
>>>:
q1(t) =�
↵c2t+ c1
q2(t) =�
↵c2t+ c1 + c2
, (3.69)
essendo c1 = q1(0) e c2 = q2(0) � q1(0) due costanti di integrazione, corrispondenti ai va-
lori iniziali, per poter determinare univocamente il moto; si nota altresí come la singolarità del
sistema richieda meno condizioni iniziali rispetto ad un sistema regolare (2 al posto di 4).
In questo esempio, pertanto, i vincoli dipendono fortemente dal valore dei parametri in gioco. •
3.2 Sistemi singolari continui
Analogamente alla Definizione 3.1 del caso finito-dimensionale, con riferimento al formalismo in-
trodotto al § 2.2, anche nel caso di sistemi continui si pone la seguente:
Definizione 3.2 (Lagrangiana singolare – caso continuo). Una densità di Lagrangiana, nell’ambito
delle Teorie di Campo, è detta singolare (o degenere) se la sua matrice hessiana (2.23a), riferita alle
coordinate di tipo temporale, ha determinante nullo (cioè risulta non invertibile):
detW 00= det
@2L
@ (@0�p) @ (@0�l
)
�= 0 ; (3.70)
in caso opposto si definisce regolare.
Il procedimento utilizzato, per lo studio di tali sistemi, ripercorre, con gli ovvi aggiustamenti, quello
del caso discreto. Infatti, detto r = rankW 00, r < n, 7 il rango della matrice hessiana W 00, si ha che
esistono m = n� r autovettori Yk (k = 1, · · · ,m) tali per cui
Y Tk W 00
= 0 , k = 1, · · · ,m . (3.71)7Per allinearsi al formalismo del caso discreto, si suppone che ci siano n campi (l, p = 1, · · · , n), e, pertanto, la matrice
W 00 sia n⇥ n.
34 Capitolo 3. Sistemi Lagrangiani Singolari
Premoltiplicando, anche qui, le (2.22) per Y Tk , e tenendo conto delle (3.71), si ottengono:
�k(�l, @µ�
l, @g@h�l,x) = Y T
kbV = 0 , k = 1, · · · ,m , (g, h) 6= (0, 0) , (3.72)
che sono delle (generiche) relazioni fra le coordinate, i campi, e le derivate dei campi tranne le @20�l
(corrispondenti alle accelerazioni generalizzate del caso discreto) 8. Supponendo, senza perdita di gene-
ralità, che fra le (3.72) le prime m0 m siano relazioni funzionalmente indipendenti, tali �k(·) = 0,
k = 1, · · · ,m0 , sono definite, anche nel caso continuo, vincoli Lagrangiani.
La singolarità di un sistema continuo per trasformazioni di gauge locali è una conseguenza del
Secondo Teorema di Noether (Teorema 2.10 a Pag. 18):
Teorema 3.2. Una Lagrangiana invariante per una trasformazione di gauge locale è necessariamente
singolare.
Dimostrazione. Inserendo lo sviluppo (2.24) della derivata di Eulero nel secondo termine della relazione
(2.79), si ottiene 9, 8⌘:
Ll(B⌘l �A⌘⌫@⌫�
l � @µC⌘µl
)� C⌘µl(@µ bVl + @µW
⇠⌫pl @⇠@⌫�
p)� C⌘µlW ⇠⌫
pl @µ@⇠@⌫�p= 0 , (3.73)
in cui solo nell’ultimo termine, che contiene derivate del terzo ordine dei campi, l’hessiano della Lagran-
giana è presente direttamente. Pertanto visto che la (3.73) deve valere anche off-shell (cioè per generiche
forme funzionali dei campi che forniscono, in generale, Ll 6= 0), quest’ultimo termine dovrà annullarsi
identicamente, cioè per tutte le possibili derivate di ordine 3; formalmente
C⌘µlW ⇠⌫pl @µ@⇠@⌫�
p ⌘ 0 =) C⌘l(µW⇠⌫)pl = 0 , (3.74)
dove le parentesi attorno agli indici indicano simmetrizzazione.
Con riferimento agli indici temporali nella (3.74), se i descrittori C⌘0l non sono nulli risultano essere
gli autovettori nulli della matrice hessiana [17], che pertanto dev’essere singolare.
Viceversa, se i descrittori C⌘µl= 0, 8⌘, µ, l, la (2.79) si riduce, 8⌘, a
0 = Ll(B⌘l �A⌘⌫@⌫�
l) = (B⌘l �A⌘⌫@⌫�
l)(�Wµ⌫
pl @µ@⌫�p � bVl) , (3.75)
che richiede, analogamente, che il termine con le derivate seconde si annulli identicamente:
(B⌘l �A⌘⌫@⌫�l)W
(µ⌫)pl = 0 ; (3.76)
supponendo che i coefficienti B⌘l �A⌘⌫@⌫�l non siano identicamente nulli, ancora una volta si ottiene
l’hessiano singolare. ⌅8In altri termini, le derivate rispetto le coordinate associate al tempo sono al piú del primo ordine.9Per non generare confusione col significato dell’indice µ nella (2.79), l’indice muto µ presente nella (2.24) è stato ridefinito
col simbolo ⇠.
3.2 Sistemi singolari continui 35
Osservazione 3.3. È importante sottolineare come la singolarità della Lagrangiana sia solo una condi-
zione necessaria (ma non sufficiente) per l’invarianza di gauge (cioè non vale la proprietà opposta del
precedente Teorema); in altri termini, esistono Lagrangiane singolari che non hanno invarianza di gauge,
dunque non tutte le Lagrangiane singolari sono trasformazioni di gauge locali. ⌥
Capitolo 4
Formalismo Hamiltoniano
Il punto di vista Lagrangiano analizzato finora può essere esteso al formalismo Hamiltoniano. In
questo capitolo verrà brevemente richiamato tale approccio, per gli aspetti ritenuti essenziali per quanto
seguirà, con estensione ai sistemi continui (vedi [3, 4, 5]).
4.1 Trasformazioni di Legendre e funzione di Hamilton
Il formalismo Hamiltoniano, anche detto formalismo canonico, estende l’analisi del sistema dallo
spazio delle configurazioni 1 allo spazio delle fasi.
Per far questo si premette la seguente:
Definizione 4.1 (Momenti coniugati). 2 Data la Lagrangiana L = L(qi, qi, t), i = 1, . . . , n, le quantità
pi =@L
@qii = 1, . . . , n (4.1)
sono dette momenti coniugati alle coordinate generalizzate qi.
Osservazione 4.1 (Dimensioni fisiche). L’approccio analitico finora presentato permette di definire ar-
bitrariamente, a seconda delle esigenze del problema meccanico, le coordinate generalizzate, le quali
non necessariamente hanno dimensione fisica di lunghezza; pertanto, i momenti coniugati non hanno
necessariamente la dimensione dell’impulso dell’approccio newtoniano; viceversa, la Lagrangiana di
un sistema discreto ha sempre la dimensione fisica dell’energia ([L] = ML2T�2) e l’Azione quella di
un momento angolare newtoniano ([S] = ML2T�1). ⌥
Con tale definizione, la forza dell’approccio Hamiltoniano è data dal seguente:
Postulato 4.1 (Indipendenza dei momenti). L’insieme dei momenti p = {pi}ni=1 definiti dalla (4.1) è
indipendente dall’insieme delle coordinate generalizzate q = {qi}ni=1; pertanto il sistema è descritto
dall’insieme di 2n variabili indipendenti {q,p}.1Come richiamato al § 2.1, è la struttura geometrica di supporto all’approccio Lagrangiano.2In letteratura, per tale definizione si utilizzano anche le espressioni alternative momenti canonici e momenti generalizzati,
con ovvia motivazione.
37
38 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
A seguito del precedente postulato, si pone anche la seguente:
Definizione 4.2 (spazio delle fasi). L’insieme T ⇤Q = {q,p} delle 2n variabili indipendenti (coordinate
generalizzate e momenti coniugati) che descrive la dinamica del sistema è detto spazio delle fasi 3.
L’obiettivo che si prefigge tale approccio è di descrivere il sistema tramite una funzione delle sole
variabili dello spazio delle fasi:
Definizione 4.3 (Funzione di Hamilton). La funzione definita da
H = qipi � L(qi, qi, t) (4.2)
è detta funzione di Hamilton o Hamiltoniana.
Tale definizione raggiunge l’obiettivo, dimostrato nel seguente:
Lemma 4.1 (Dipendenza funzionale dell’Hamiltoniana). L’Hamiltoniana è una funzione solo delle
variabili dello spazio delle fasi e al piú del tempo, cioè H = H(q,p, t).
Dimostrazione. Dalla definizione (4.2), si può valutare la variazione di H come:
�H = pi�qi+ qi�pi �
@L
@qi�qi � @L
@qi�qi � @L
@t�t = qi�pi �
@L
@qi�qi � @L
@t�t , (4.3)
avendo sfruttato la definizione (4.1) di momenti coniugati; sfruttando altresí le equazioni di Lagrange
(2.3), in corrispondenza della traiettoria del moto si ottiene:
�H = qi�pi � pi�qi � @L
@t�t . (4.4)
Da tali sviluppi si vede come la variazione dell’Hamiltoniana si ottiene variando solo le variabili qi, pi e
t, che conduce alla tesi. ⌅
Osservazione 4.2 (Simmetria fra Lagrangiana ed Hamiltoniana). La definizione dell’Hamiltoniana, a
partire dalla Lagrangiana, è un caso particolare di Trasformazione di Legendre [3, 29]; tra le varie ca-
ratteristiche si ha la simmetria della trasformazione, nel senso che anche la Lagrangiana può dedursi
dall’Hamiltoniana con trasformazione analoga: L = piqi �H(q,p, t), avendo definito qi =
@H
@pi. ⌥
L’intercambiabilità delle due descrizioni è soggetta alla seguente condizione:3La simbologia adottata per indicare tale spazio è quella della geometria differenziale [5, 7], dal cui punto di vista i momenti
coniugati sono i duali delle velocità generalizzate (che sono tangenti allo spazio delle configurazioni); pertanto, lo spazio dellefasi risulta lo spazio duale (fibrato cotangente) dello spazio costituito dalle coordinate e velocità generalizzate, che a sua voltacostituisce il fibrato tangente allo spazio delle configurazioni (indicato con TQ); da cui il simbolo T ⇤Q per indicare lo spaziodelle fasi.
4.2 Equazioni di Hamilton e parentesi di Poisson 39
Teorema 4.2 (Inversione del sistema di coordinate). La descrizione Hamiltoniana è equivalente a quel-
la Lagrangiana se l’hessiano (2.4) della funzione di Lagrange è non singolare (cioè per Lagrangiana
regolare).
Dimostrazione. Per il Teorema della funzione implicita, le (4.1) sono invertibili nelle qi solo se lo
Jacobiano collegato ha determinante non nullo; in simboli:
det
@pi@qj
�= det
@2L
@qi@qj
�= detW 6= 0 ; (4.5)
per come definiti i momenti, tale Jacobiano coincide con l’Hessiano della Lagrangiana, la cui regolarità
garantisce l’inversione, quindi l’intercambiabilità del sistema di coordinate. ⌅
Come nella descrizione Lagrangiana la singolarità produceva vincoli alla dinamica, cosí nella descri-
zione Hamiltoniana, la singolarità rende i momenti coniugati non tutti indipendenti; tali dipendenze si
traducono, anche in questo approccio, in equazioni di vincolo, che possono essere espresse nella forma:
'k(q,p, t) = 0 , k = 1, · · · ,m , (4.6)
ove, senza perdita di generalità, si assume che tali relazioni siano funzionalmente indipendenti 4. In
conseguenza a ciò, Bergmann [31] ha posto la seguente:
Definizione 4.4 (Vincoli primari). Le relazioni (4.6) di non indipendenza dei momenti coniugati, che
discendono direttamente dalla carattestica della Lagrangiana, si dicono Vincoli primari.
Per contro:
Definizione 4.5 (Hamiltoniana regolare). Una funzione di Hamilton è detta regolare se tutti i momenti
coniugati sono mutuamente indipendenti, cioè se non sono presenti vincoli del tipo (4.6).
4.2 Equazioni di Hamilton e parentesi di Poisson
Il moto del sistema nell’approccio Hamiloniano è descritto dalle equazioni di Hamilton.
Teorema 4.3 (Moto Hamiltoniano). Data l’Hamiltoniana regolare H = H(q,p, t), il moto del sistema
è descritto dal sistema di 2n equazioni del primo ordine8>>>><
>>>>:
qi = +
@H
@pi
pi = �@H@qi
, (4.7)
4Rispetto a quanto fatto nel Capitolo 3, per semplicità, qui si suppone di aver già selezionato l’insieme di relazioniindipendenti fra tutte quelle che emergono dalla singolarità dell’hessiano.
40 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
comunemente noto come equazioni di Hamilton. Nel caso l’Hamiltoniana derivi da una Lagrangiana
(non singolare), si ha la condizione aggiuntiva
@H
@t= �@L
@t. (4.8)
Dimostrazione. Lo sviluppo della variazione dell’Hamiltoniana, rispetto le variabili da cui dipende, porta
a:
�H =
@H
@pi�pi +
@H
@qi�qi +
@H
@t�t ; (4.9)
vista l’indipendenza, per ipotesi, degli argomenti, il confronto termine a termine con la (4.4), valutata in
corrispondenza della traiettoria del moto, porta alla tesi. ⌅
Osservazione 4.3. È quasi banale notare che, nel caso di Hamiltoniana regolare, il sistema (4.7) di
2n equazioni del primo ordine richiede 2n condizioni iniziali come il sistema (2.3) di n equazioni del
secondo ordine. ⌥
Il formalismo Hamiltoniano si avvale anche di un operatore che semplifica la scrittura delle relazioni
meccaniche; si utilizza la seguente:
Definizione 4.6 (Parentesi di Poisson). Date due funzioni generiche delle variabili dello spazio delle fasi
e del tempo, F = F (q,p, t) e G = G(q,p, t), si definisce Parentesi di Poisson fra le funzioni F e G la
relazione
[F,G] =
@F
@qi@G
@pi� @G
@qi@F
@pi. (4.10)
L’operatore sopra definito gode di alcune notevoli proprietà 5:
i) antisimmetria: [F,G] = � [G,F ]; come conseguenza diretta, se G = F , si ha [F, F ] = 0;
ii) linearità: [c1F1 + c2F2, G] = c1 [F1, G] + c2 [F2, G], essendo c1, c2 2 R costanti;
iii) esistenza dell’elemento neutro: [c,G] = 0, essendo c 2 R costante;
iv) identità di Jacobi: [E, [F,G]] + [F, [G,E]] + [G, [E,F ]] = 0;
v) regola del prodotto: [EF,G] = E [F,G] + [E,G]F .
L’utilità immediata di questo operatore è nell’esprimere la derivata totale rispetto al tempo di una
funzione F = F (q,p, t) definita sullo spazio delle fasi, utilizzando le equazioni di Hamilton (4.7):
dF
dt=
@F
@qiqi +
@F
@pipi +
@F
@t=
@F
@qi@H
@pi� @F
@pi
@H
@qi+
@F
@t= [F,H] +
@F
@t. (4.11)
5Le dimostrazioni sono immediate, applicando la definizione, richiedendo, come nella proprietà iv), alcuni calcoli noiosi(vedi [29] in Appendice).
4.2 Equazioni di Hamilton e parentesi di Poisson 41
Applicando questo sviluppo all’Hamiltoniana stessa, si ottiene, dalla proprietà i), chedH
dt=
@H
@t.
Applicando, inoltre, le parentesi di Poisson alle variabili canoniche, ricordando il Postulato 4.1, si
ottengono le parentesi fondamentali: 8><
>:
[qi, qj ] = 0
[pi, pj ] = 0
[qi, pj ] = �ij
. (4.12)
Osservazione 4.4. Le parentesi di Poisson sono un esempio importante di algebra non-associativa e
non-commutativa, nota come algebra di Lie, analogamente al prodotto vettoriale nello spazio euclideo e
al commutatore di operatori nella meccanica quantistica. ⌥
Osservazione 4.5 (Notazione simplettica). È uso anche scrivere le equazioni di Hamilton (4.7) in forma
compatta, come indicato per esempio in [1, 4, 29]. Per far ciò si fanno le posizioni:(zi = qi
zi+n = pi, i = 1, · · · , n , (4.13)
che permettono di scrivere le (4.7) nella forma
zi = �ij@H
@zii, j = 1, · · · , 2n ; (4.14)
si è definita conseguentemente la matrice � (2n⇥ 2n)
� = [�ij ] =
0 1
�1 0
�, (4.15)
ove 0 e 1 sono rispettivamente le matrici (n⇥ n) nulla ed identità. Per � valgono 6:
i) ortogonalità: �T� = 1;
ii) antisimmetria: �T= ��;
iii) inversa: ��1= �
T= �� (che deriva dalle due precedenti);
iv) �
2= �1;
v) unimodularità: det� = 1.
Le parentesi di Poisson (4.10) in notazione simplettica diventano pertanto, in generale:
[F,G] = �ij@F
@zi
@G
@zj, (4.16)
mentre le parentesi fondamentali si scrivono:
[zi, zj ] = �ij . (4.17)
Tale notazione sarà utile anche per definire la condizione di canonicità di una trasformazione. ⌥6Le proprietà della matrice � ivi elencate “ricordano” il comportamento dell’unità immaginaria i dei numeri complessi.
42 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
Infine, è agevole dedurre il seguente:
Corollario 4.4. Le equazioni del moto di Hamilton si possono esprimere utilizzando le Parentesi di
Poisson nella forma:(qi = [qi, H]
pi = [pi, H]
equivalentemente zi = [zi, H] , (4.18)
rispettivamente esplicita e simplettica.
Dimostrazione. Utilizzando la (4.11) con F = qi ed F = pi, tenendo conto che per tali funzioni vale@F
@t= 0, si ottiene la forma scritta a sinistra; ricordando la posizione simplettica (4.13) si ottiene la
scrittura di destra. ⌅
4.3 Formalismo per i campi continui
L’estensione del formalismo per la Teoria dei campi classici segue l’impostazione presentata al Ca-
pitolo 2. L’Hamiltoniana è espressa come integrale di una densità di Hamiltoniana, analogamente alla
(2.8), ed operando quindi con un funzionale dei campi, risulta naturale la
Definizione 4.7 (Momenti coniugati – caso continuo). Data la Lagrangiana L = L(�l, @µ�l, x0), le
quantità 7
⇧l =�L
�(@0�l)
(4.19)
sono dette momenti coniugati 8 ai campi �l.
L’estensione al formalismo dei campi permette di scrivere l’espressione dell’Hamiltoniana (4.2) so-
stituendo il termine di sommatoria con l’integrale sullo spazio di definizione; in tal modo, l’Hamiltoniana
assume la forma:
H(�
l,⇧l, x0) =
Z
VN�1
⇧l@0�ld~x�L(�l, @µ�
l, x0) =
Z
VN�1
⇣⇧l@0�
l � L (�
l, @µ�l,x)
⌘d~x , (4.20)
ove si è tenuto conto dell’espressione (2.8) relativa alla densità di Lagrangiana. Pertanto, vista l’arbitra-
rietà del dominio di integrazione, ha senso porre la seguente:
Definizione 4.8 (Densità di Hamiltoniana). Per un sistema meccanico di tipo continuo, dotato di densità
di Lagrangiana L (�
l, @µ�l,x), su cui sono definiti i momenti coniugati ai campi secondo la (4.19), si
definisce densità di Hamiltoniana la funzione
H (�
l,⇧l,x) = ⇧l@0�l � L (�
l, @µ�l,x) . (4.21)
7Si utilizza la Definizione 2.2, ricordando che, in questo formalismo, la coordinata x0 è quella associata al tempo.8Anche in questo caso si utilizzano di sovente in letteratura diciture alternative, quali momenti canonici, densità di momenti
coniugati, ecc.
4.3 Formalismo per i campi continui 43
Con tale definizione, la funzione di Hamilton si esprime come integrale della densità di Hamiltoniana,
analogamente a quanto avveniva per la Lagrangiana:
H(�
l,⇧l, x0) =
Z
VN�1
H (�
l,⇧l,x)d~x . (4.22)
Osservazione 4.6. L’estensione del formalismo hamiltoniano all’ambito continuo si applica a tutti gli
aspetti; in particolare vale la versione estesa del Lemma 4.1, automaticamente indicato nelle dipendenze
funzionali di cui sopra. ⌥
Osservazione 4.7 (Ruolo della variabile temporale). Come sottolineato in [1, 4], la definizione dei mo-
menti (4.19) attribuisce un ruolo “privilegiato” alla variabile x0, diversamente a quanto avveniva nel-
l’approccio Lagrangiano della Teoria dei Campi. Tale “asimmetria” nel trattamento delle variabili nello
spazio di definizione, può essere scomoda in ambito relativistico, ove non è garantita la covarianza del-
l’Hamiltoniana, covarianza garantita per la Lagrangiana in forza del Postulato 2.2. Per minimizzare
l’impatto di tale asimmetria di trattamento (con impostazione differente rispetto, per esempio, [1, 2]), si
è preferito utilizzare @0�l rispetto la notazione usuale ˙
�
l, che richiede tipicamente un fattore di scala per
la corretta dimensionalità fisica (come per esempio nello spazio di Minkowski x0 = ct). ⌥
Con tali presupposti, l’estensione del Teorema 4.3 è data dal seguente:
Teorema 4.5 (Moto Hamiltoniano – caso continuo). Data un’Hamiltoniana regolare H = H(�
l,⇧l, x0),
intesa come funzionale integrale della densità H = H (�
l,⇧l,x), nel senso della (4.22), il moto del
sistema è descritto dal sistema di equazioni alle derivate parziali
8>>><
>>>:
@0�l= +
�H
�⇧l
@0⇧l = � �H��l
, (4.23)
comunemente noto come equazioni di Hamilton per il caso continuo.
Dimostrazione. Utilizzando la (2.15), applicata al funzionale H , visto rispettivamente dipendente dai
campi ⇧l e �
l, e tenuto conto della linearità dello stesso, per la prima equazione si ha:
�H(⇧l)
�⇧l= @0�
l , (4.24)
in quanto non vi è dipendenza dai momenti nella “parte Lagrangiana”; d’altra parte, per la seconda, che
contiene la dinamica (cioè si devono utilizzare le Equazioni di Lagrange), si ottiene:
�H(�
l)
��l= �@L
@�l+ @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆
| {z }Equazioni di Lagrange
�@0✓
@L
@ (@0�l)
◆= �@0 (⇧l) , (4.25)
44 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
ove si è sottratto l’ultimo termine, in quanto il funzionale H ha dominio di integrazione che non contiene
x0 (è cioè variabile “libera”); l’argomento di quest’ultima derivata (sempre rispetto alla coordinata x0)
coincide col momento (4.19), tenuto conto che nell’ottica della relazione (2.15) la densità di Lagrangiana
non dipende da derivate di ordine superiore. ⌅
Osservazione 4.8. Rispetto quanto affermato in [4, 23], l’utilizzo della derivata funzionale non è un mero
artificio matematico per ritrovare la simmetria nelle equazioni di Hamilton nel contesto della Teoria dei
Campi; infatti, se dal punto di vista matematico la relazione (2.15) è legata alla minimizzazione del
funzionale, da un punto di vista fisico l’estensione da un numero finito ad un’infinità continua di gradi di
libertà comporta il passaggio da funzioni a funzionali, pertanto la derivata ordinaria ha come corrispettivo
la derivata funzionale, che pertanto ricopre un ruolo sostanziale e non semplicemente una comodità di
scrittura. ⌥
Analogamente si opera l’estensione con il formalismo delle Parentesi di Poisson.
Definizione 4.9 (Parentesi di Poisson – caso continuo). Dati due funzionali generici dei campi, dei
relativi momenti coniugati ed eventualmente di x0, F = F (�
l,⇧l, x0) e G = G(�
l,⇧l, x0), si definisce
Parentesi di Poisson fra i funzionali F e G la relazione
[F,G]x0=x0 =
Z
VN�1
✓�F
��l
�G
�⇧l� �G
��l
�F
�⇧l
◆d~x . (4.26)
In tale definizione si evidenzia (a primo membro) come la variabile temporale sia fissata in tutte le
derivazioni funzionali, in quanto l’integrale è svolto nel dominio (N�1)-dimensionale (che esclude x0);
inoltre, l’estensione è coerente con l’approccio, avendo “sostituito” la derivata parziale con quella fun-
zionale, e trasformando la sommatoria finita relativa alle coordinate-momenti di indice i con l’integrale
sul dominio spaziale di definizione dei campi e dei relativi momenti coniugati.
Per definire le Parentesi fondamentali anche per il caso continuo, è opportuno notare che, utilizzando
la relazione (2.10) con F = Q, dev’essere necessariamente (dovuto alla definizione integrale)
�Q
�Q= �N (x) , (4.27)
ove l’apice N nel simbolo della delta (o distribuzione) di Dirac sta ad indicare la “dimensionalità” dello
spazio su cui rimane definita tale distribuzione 9. Con tale osservazione, è facile dimostrare il
9Si ricorda che la proprietà fondamentale di tale funzione generalizzata è quella di “selezionare” il valore di un punto di una
funzione ordinaria, tramite un integrale: per esempio, nel caso monodimensionale, f(t) =Z +1
�1�(⌧ � t)f(⌧)d⌧ [8].
4.4 Trasformazioni canoniche 45
Teorema 4.6 (Parentesi fondamentali di Poisson – caso continuo). Valgono le relazioni:8><
>:
[�
l(x),�p
(y)]x0=y0 = 0
[⇧l(x),⇧p(y)]x0=y0 = 0
[�
l(x),⇧p(y)]x0=y0 = �lp �
N�1(~x� ~y)
. (4.28)
Dimostrazione. Tenendo conto del risultato (4.27), che applicato alle parentesi di Poisson lavora solo
sul dominio spaziale (dimensionalità N � 1), e ricordando che i campi e i momenti coniugati sono indi-
pendenti per Hamiltoniana regolare, l’unica situazione di derivata funzionale non zero nell’espressione
generale (4.26) si verifica per l’ultima delle (4.28), solo in corrispondenza dello stesso campo e momento
(da cui la delta di Kronecker). ⌅
Infine, si estende anche il Corollario 4.4:
Corollario 4.7. Le equazioni di Hamilton (4.26) si possono esprimere utilizzando le Parentesi di Poisson
nella forma: (@0�
l= [�
l, H]
@0⇧l = [⇧l, H]
. (4.29)
Dimostrazione. Utilizzando le stesse considerazioni relative alla dimostrazione del Teorema precedente,
le (4.29) si ottengono inserendo le equazioni di Hamilton (4.23) nelle parentesi [�l, H] e [⇧l, H], tenendo
in conto la proprietà fondamentale della distribuzione delta. ⌅
4.4 Trasformazioni canoniche
Ci sono diversi modi per definire la canonicità di una trasformazione [1, 3, 4, 5]. Con riferimento al
caso finito-dimensionale, una delle possibilità sfrutta le parentesi di Poisson:
Definizione 4.10 (Trasformazione canonica). Una trasformazione nello spazio delle fasi del tipo(qi = qi(q,p, t)
pi = pi(q,p, t), i = 1, · · · , n (4.30)
è detta canonica se conserva le parentesi fondamentali di Poisson delle nuove coordinate, effettuate
rispetto le vecchie, cioè se valgono anche per le nuove grandezze le relazioni:8><
>:
[qi, qj ]q,p = 0
[pi, pj ]q,p = 0
[qi, pj ]q,p = �ij
, i, j = 1, · · · , n , (4.31)
ove l’indicazione a pedice serve ad indicare che le parentesi sono valutate rispetto le coordinate dello
spazio delle fasi originale. In notazione simplettica si ha la scrittura sintetica:
[zi, zj ]z = �ijzi
=zi
(z,t)=) [zi, zj ]z = �ij . (4.32)
46 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
Osservazione 4.9. Una trasformazione canonica è pertanto una trasformazione di simmetria, secondo
la Definizione 2.4 di Pag. 11. ⌥
Detto pertanto X = [Xih] =
@zi@zh
�lo Jacobiano della trasformazione di coordinate, è rapido
dimostrare il seguente:
Teorema 4.8 (Condizione simplettica di canonicità). La trasformazione (4.30) è canonica se e solo se
vale la relazione matriciale:
X
T�X = � . (4.33)
Dimostrazione. Lo sviluppo delle parentesi di Poisson (4.32), imponendo che la trasformazione sia
canonica, produce:
�ij = [zi, zj ]z = �hk@zi@zh
@zj@zk
= �hkXihXjk , (4.34)
che scritta in forma matriciale per gli estremi della catena di uguaglianze porta alla (4.33). ⌅
Corollario 4.9. Le trasformazioni canoniche su un sistema costituiscono un gruppo.
Dimostrazione. Se le matrici X e eX caratterizzano rispettivamente le trasformazioni canoniche z 7! ˆ
z e
ˆ
z 7! ˜
z, utilizzando la relazione in successione per entrambe le trasformazioni dette, si ha:
beX
T�
beX = (
eXX)
T�(
eXX) = X
T(
eX
T�
eX)X = X
T�X = � , (4.35)
che mostra come la trasformazione complessiva z 7! ˜
z, caratterizzata dalla matrice beX =
eXX, sia a sua
volta una trasformazione canonica.
Inoltre, vale in modo ovvio 1
T�1 = �, che conferma l’esistenza dell’elemento identità, ed inver-
tendo la (4.33) si ottiene l’elemento inverso di un generico elemento X del gruppo:
X
T�XX
�1= �X
�1=) X
�1= �
�1X
T� = ��X
T� , (4.36)
ove si è ricordata la proprietà iii) della matrice �.
Tale gruppo è definito gruppo simplettico, ed essendo definito per matrici (2n ⇥ 2n) in R si indica
con Sp(2n,R).
Infine, prendendo il determinante della (4.33), tenendo conto della proprietà v), si ha la per la generica
matrice simplettica X:
(detX)
2= 1 =) detX = ±1 , (4.37)
ove si sono utilizzate le proprietà dei determinanti [17]. ⌅
4.4 Trasformazioni canoniche 47
Da quanto detto, quindi, si deduce che un modo algebrico per vedere se una trasformazione è
canonica è quello di vedere se lo Jacobiano della trasformazione X 2 Sp(2n,R).
La forma piú generale di simmetria di una trasformazione canonica è data dal seguente:
Teorema 4.10 (Invarianza delle parentesi di Poisson). Date due funzioni F = F (z, t) e G = G(z, t)
definite nello spazio degli stati, e data una trasformazione canonica z 7! ˆ
z, la parentesi di Poisson delle
due funzioni non cambia se valutata nei due sistemi di riferimento z e ˆ
z, cioè vale
[F (z, t), G(z, t)]z
= [F (z(z), t), G(z(z), t)]z
. (4.38)
Dimostrazione. Lo sviluppo analitico della (4.38) produce:
[F (z, t), G(z, t)]z
= �hk@F
@zh
@G
@zk= �hk
@F
@zi
@zi@zh
@G
@zj
@zj@zk
=
=
✓�hk
@zi@zh
@zj@zk
◆
| {z }condizione di canonicità
@F
@zi
@G
@zj= �ij
@F
@zi
@G
@zj= [F (z(z), t), G(z(z), t)]
z
, (4.39)
ove si è sfruttata l’ipotesi di trasformazione canonica tramite la (4.34). ⌅
Infine, è importante sottolineare come la canonicità della trasformazione preservi la struttura formale
delle equazioni di Hamilton 10:
Corollario 4.11 (Invarianza delle equazioni di Hamilton). Una trasformazione canonica z 7! ˆ
z su
di un sistema Hamiltoniano, descritto cioè dalle equazioni zi = [zi, H]
z
per le coordinate canoniche
di partenza, fa sí che le equazioni nelle nuove coordinate siano ancora con struttura canonica, cioè
˙zi = [zi, H]
z
.
Dimostrazione. Analogamente alla dimostrazione del Corollario 4.4, non avendo le coordinate dello
spazio delle fasi dipendenza parziale dal tempo (@zi@t
= 0), si può scrivere:
˙zi =dzidt
=
@zi@zh
dzhdt
= Xihzh = Xih[zh, H]
z
= Xih[zh, H]
z
=
=
@zi@zh
�kj@zh@zk
@H
@zj= �kj
@zi@zk
@H
@zj= [zi, H]
z
,(4.40)
ove si è utilizzato il risultato del Teorema precedente sull’invarianza delle parentesi di Poisson. ⌅
Osservazione 4.10. La trasformazione canonica ovviamente “trasforma” la forma funzionale dell’Ha-
miltoniana, e nella (4.40) H è da intendersi nell’opportuno sistema di riferimento. Pertanto la canonicità
impone vincoli al modo di trasformarsi dell’Hamiltoniana, come sarà evindenziato successivamente nelle
Trasformazioni Canoniche Infinitesime. ⌥10In molti approcci, come in [4] il percorso è esattamente l’opposto di quanto ivi presentato: si parte dall’esigenza di
preservare la struttura formale delle equazioni di Hamilton per arrivare alle condizioni col formalismo delle parentesi di Poisson.
48 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
4.4.1 Trasformazioni canoniche infinitesime
Definizione 4.11 (Trasformazione canonica infinitesima). Una trasformazione canonica è infinitesima
se, oltre a soddisfare la condizione di canonicità (4.32), o equivalentemente (4.33), è connessa con
continuità all’identità, cioè è del tipo:
zi = zi + �zi ,�zizi
! 0 , i = 1, · · · , 2n . (4.41)
Sostituendo la trasformazione infinitesima (4.41) nella condizione di canonicità (4.34), deve risultare:
�hk
✓�ih +
@(�zi)
@zh
◆✓�jk +
@(�zj)
@zk
◆= �ij , i, j = 1, · · · , 2n , (4.42)
che, semplificata e a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo, diventa:
�ik@(�zj)
@zk+ �hj
@(�zi)
@zh= 0 , i, j = 1, · · · , 2n ; (4.43)
moltiplicando ora la relazione precedente per �rj�si, si ottiene:
0 = �rj�si
⇢�ik
@(�zj)
@zk+ �hj
@(�zi)
@zh
�= �rj �si�ik| {z }
��sk
@(�zj)
@zk+ �si �rj�hj| {z }
�rh
@(�zi)
@zh=
= ��rj@(�zj)
@zs+ �si
@(�zi)
@zr=
@
@zs(�jr�zj)�
@
@zr(�is�zi)
, (4.44)
ove si sono sfruttate rispettivamente le proprietà iv) e i) della matrice �; la (4.44) è la condizione di chiu-
sura delle forme differenziali [15], che consente di esprimere le �is�zi come gradiente 11 di un’opportuna
funzione dello spazio delle fasi, che può essere espressa nella forma " ·g(z), con " costante “piccola a
piacere” 12. Pertanto:
�is�zi =@
@zs("·g(z)) =) �zi = "�is
@g
@zs= "�is
@zi@zi
@g
@zs= "[zi, g] , (4.45)
dove, nell’inversione, si è utilizzata la proprietà iii) della matrice � e la forma (4.16) delle parentesi di
Poisson.
Risulta cosí provato il:
Teorema 4.12 (Funzione generatrice). La forma generale dell’incremento di una trasformazione cano-
nica infinitesima è data dalla relazione:
�gzi = "[zi, g] , i = 1, · · · , 2n , (4.46)
11Per ottenere tale risultato, serve anche la condizione che il dominio di definizione della g sia topologicamente uno stellato;dal punto di vista fisico, il fatto che la trasformazione sotto indagine sia infinitesima fa sí che localmente non ci siano preclusionia tale richiesta, e quindi la condizione di esattezza della forma differenziale sia “implicitamente” soddisfatta.
Inoltre, la stessa condizione vale per �si
�zi
, che produce lo stesso risultato col segno invertito rispetto quanto indicato neltesto; in questa sede si è scelta quella possibilità, perché, cosí facendo, si ottengono gli incrementi della trasformazione con lastessa struttura formale delle equazioni di Hamilton scritte con le parentesi di Poisson.
12Questo per evidenziare la natura infinitesima degli incrementi, disaccoppiandone la struttura funzionale.
4.4 Trasformazioni canoniche 49
ove la funzione g(z, t), definita nello spazio delle fasi, è detta funzione generatrice 13 della trasforma-
zione stessa.
Osservazione 4.11. Utilizzando il risultato del Teorema precedente, si può vedere il legame fra il com-
mutatore degli operatori di trasformazione canonica infinitesima e le parentesi di Poisson. Valutando,
infatti, il commutatore 14 delle trasformazioni generate, rispettivamente, dalle funzioni g ed h, si ha:
[�g, �h]zi = (�g�h � �h�g) zi = " (["[zi, h], g]� ["[zi, g], h]) =
= "2 ([[zi, h], g]� [[zi, g], h]) = "2 [zi, [h, g]] = "�[h,g]zi
, (4.47)
in cui il penultimo passaggio è stato ottenuto applicando l’identità di Jacobi e l’ultimo è di nuovo un’ap-
plicazione del Teorema 4.12. In questo modo la parentesi di Poisson delle generatrici è in corrispon-
denza biunivoca con il commutatore delle trasformazioni associate. ⌥
Detto approccio si può estendere a funzioni qualsiasi, definite sullo spazio delle fasi, tramite il
seguente:
Corollario 4.13. Una arbitraria funzione delle coordinate canoniche A = A(z), a fronte di una trasfor-
mazione canonica di funzione generatrice g, subisce un incremento dato da:
�gA = "[A, g] . (4.48)
Inoltre, se l’Hamiltoniana è invariante in corrispondenza della trasformazione canonica infinitesima
(�gH = 0) e la funzione generatrice non dipende esplicitamente dal tempo (@g
@t= 0) si ha che g è
una quantità conservata (g = 0) in corrispondenza della traiettoria del moto. Infine, se un’ulteriore
generatrice g0 è conservata, anche la parentesi [g, g0] rimane conservata.
Dimostrazione. Sviluppando l’incremento della funzione A, in corrispondenza della trasformazione
canonica, si ha (al primo ordine):
�gA = A(z+ �gz)�A(z) =
@A
@zi�gzi = "�is
@A
@zi
@g
@zs= "[A, g] , (4.49)
avendo utilizzato la (4.45), con la “soppressione” dell’inutile fattore@zi@zi
.
Utilizzando la relazione precedente per A = H , si ottiene che �gH = 0 () [H, g] = 0, che inserita
nella (4.11), che tiene conto delle equazioni del moto, con l’ulteriore ipotesi@g
@t= 0, fornisce
dg
dt= 0.
13Per ricordare il fatto che la trasformazione infinitesima, per essere canonica, deve avere la sua funzione generatrice, ilsimbolo della stessa è inserito a pedice del simbolo di variazione.
14Ovviamente il contesto toglie l’ambiguità dell’utilizzo dello stesso simbolo [·,·] per due ruoli concettualmente diversi; ilfatto che, come sottolineato in questa Osservazione, siano corrispondenti, giustifica la scelta comune di tale formalismo [29].In certe trattazioni (ad esempio [1, 23]), per ovviare a questo fatto, si utilizza per le parentesi di Poisson la simbologia {·,·}; inquesto scritto non si è scelta questa via, per lasciare il simbolo delle graffe all’operatore Parentesi di Lagrange, come in [4, 29].
50 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
Infine, inserendo [H, g] = 0 e [H, g0] = 0 nell’identità di Jacobi 15:
⇥[H, g], g0
⇤+
⇥[g0, H], g
⇤+
⇥[g, g0], H
⇤= 0 =)
⇥H, [g, g0]
⇤= 0 =) d
dt[g, g0] = 0 , (4.50)
si ottiene l’ultimo asserto. ⌅
Esempio 4.1. Utilizzando come generatrice l’Hamiltoniana stessa, la (4.46) diventa:
�Hzi = "[zi, H] = "zi = "dzidt
, i = 1, · · · , 2n , (4.51)
che può essere interpretata come la variazione delle coordinate canoniche a seguito di un incremento
temporale infinitesimo " = dt (evoluzione temporale del sistema); in altri termini, l’Hamiltoniana agisce
come generatore infinitesimo del moto del sistema stesso. Per il Corollario precedente, poi, si ha che
la stessa Hamiltoniana è una quantità conservata 16 nel moto se essa non dipende esplicitamente dal
tempo. •
Come ultima conseguenza importante, si presenta un’ulteriore forma del Teorema di Noether, legato
alla quasi-invarianza della Lagrangiana (secondo la Definizione 2.7 di Pag. 19).
Teorema 4.14 (Teorema di Noether per Lagrangiana quasi-invariante). Dato un sistema discreto con La-
grangiana regolare, una trasformazione canonica infinitesima che renda la Lagrangiana quasi-invariante
fa sí che l’Hamiltoniana sia invariante (in senso forte), cioè produce una simmetria del sistema; pertanto
la funzione generatrice risulta una costante del moto.
Dimostrazione. Dalla Definizione 2.7 si ha che la variazione della Lagrangiana è dovuta alla variazione
infinitesima delle coordinate generalizzate �qi = "f i, che a loro volta producono la trasformazione
sulle velocità generalizzate: ˙qi = qi + �qi, con �qi = " ˙f i; pertanto, sviluppando al primo ordine la
Lagrangiana stessa si ha:
ˆL(qi, ˙qi) = L(qi, qi) +@L
@qi�qi +
@L
@qi�qi = L(qi, qi) + "
✓@L
@qif i
+
@L
@qi˙f i
◆, (4.52)
che individua la condizione sulla variazione, in funzione della trasformazione infinitesima in questione e
dell’ipotesi di quasi-invarianza:
"
✓@L
@qif i
+
@L
@qi˙f i
◆= �L = "
d
dtF (qi, qi) = "
✓@F
@qiqi +
@F
@qiqi◆
. (4.53)
15Si è utilizzata la proprietà di antisimmetria delle parentesi per presentare le relazioni in modo “esteticamente” coerente.16Questo ovvio risultato discende direttamente dalla (4.11), con F = H; l’osservazione ivi fatta vuole sottolineare il ruolo
fisico dell’Hamiltoniana, collegata alle trasformazioni canoniche. Da tale collegamento nasce l’interpretazione attiva delletrasformazioni, come accennato al § 2.3.
4.4 Trasformazioni canoniche 51
Ora, si tratta di trovare una trasformazione canonica infinitesima corrispondente alla trasformazione
di coordinate sopra indicata; a tal scopo, utilizzando la (4.46), si cercano le condizioni sulla funzione
generatrice g che realizzi tale trasformazione canonica. Scrivendo in forma non simplettica, le condizioni
separatamente diventano:8>>>><
>>>>:
�qi = "[qi, g] = +"@g
@pi
�pi = "[pi, g] = �" @g@qi
, i = 1, · · · , n ; (4.54)
per quanto riguarda i momenti, ricordando la (4.1), è opportuno scrivere:
�pi = �
✓@L
@qi
◆=
@
@qi(�L) = "
@F
@qi, (4.55)
avendo utilizzato la parte a destra della (4.53) e ricordando che la variazione commuta con la derivata.
Di conseguenza, si ottiene per la funzione generatrice:
g(q,p) = pifi � F (q, ˙q) , (4.56)
in cui la dipendenza dai momenti è consentita dall’ipotesi di regolarità della Lagrangiana, che permette
di esprimere qi = qi(q,p) (per il Teorema 4.2).
Svolgendo la derivata totale rispetto al tempo della g si ottiene:
g = pifi+ pi ˙f
i � d
dtF (qi, qi) = �@H
@qif i
+
@L
@qi˙f i � d
dtF (qi, qi) =
=
@L
@qif i
+
@L
@qi˙f i � d
dtF (qi, qi) =
�L
"� �L
"= 0
, (4.57)
dove si sono utilizzate le (4.1), (4.7), (4.53) e (4.2) (per vedere che@H
@qi= � @L
@qi); questo dimostra che
la generatrice (4.56) è una quantità conservata del moto. Visto che le dipendenze funzionali mostrano
che@g
@t= 0, applicando il Corollario 4.13, si vede come l’Hamiltoniana sia invariante (�gH = 0). ⌅
4.4.2 Trasformazioni canoniche finite
Vista la connessione all’identità delle trasformazioni infinitesime, una trasformazione canonica finita
può essere vista come successione di trasformazioni infinitesime.
Per tale scopo, risulta utile reinterpretare il risultato del Teorema 4.12 in termini finiti; pensando
una quantità ⇣ 2 R utilizzata come parametro, tale per cui la sua variazione sia responsabile della
trasformazione infinitesima (" = �⇣), la (4.46) può essere scritta come:
dzid⇣
= lim
�⇣!0
�gzi�⇣
= [zi, g] , i = 1, · · · , 2n , (4.58)
equazione differenziale la cui soluzione è una curva z = z(⇣) parametrizzata dalla quantità ⇣.
52 Capitolo 4. Formalismo Hamiltoniano
In tal modo, il moto del sistema è descritto dalla curva z(⇣) di ascissa curvilinea ⇣, il cui significato
dipende dal sistema meccanico in questione; nell’Esempio 4.1 il ruolo di tale parametro era assunto dal
tempo (⇣ = t), e la descrizione riguardava l’evoluzione del sistema nel tempo (infatti si sono ritrovate le
equazioni di Hamilton).
Capitolo 5
Sistemi Hamiltoniani Singolari
In questo capitolo verranno estese le considerazioni del Capitolo 3 al formalismo Hamiltoniano.
Importanti contributi a questo ambito sono stati quelli di P. A. M. Dirac, che ha posto le basi per l’utilizzo
del formalismo dei sistemi vincolati nell’ambito quantistico [27].
5.1 Formalismo di Dirac-Bergmann per i sistemi discreti
La presenza dei Vincoli primari è dovuta alla singolarità dell’Hessiano della Lagrangiana, che corri-
sponde alla singolarità dello Jacobiano dei momenti coniugati:
det
@pi@qj
�= det
@2L
@qi@qj
�= detW = 0 =) 'k(q,p, t) = 0 , k = 1, · · · ,m . (5.1)
Da un punto di vista geometrico, il moto Hamiltoniano avviene all’interno di una sotto-varietà
(2n�m)-dimensionale dell’intero spazio delle fasi 2n-dimensionale: Pp ⇢ P = T ⇤Q; tale sotto-
varietà è anche detta iper-superficie dei vincoli primari [1].
È importante notare che, non essendo usate finora le equazioni del moto, non vi sono restrizioni del
moto sul fibrato tangente Q = TQ = {q, ˙q}; in altri termini, la presenza dei vincoli mappa la varietà
2n-dimensionale Q nella sottovarietà (2n�m)-dimensionale Pp (mappatura non iniettiva), che significa
che un punto di Pp corrisponde ad un’intera sotto-varietà m-dimensionale in Q.
Per entrare piú nel dettaglio, con la simbologia del § 3.1, se r < n è il rango della matrice Hessia-
na, solo opportune sotto-matrici r ⇥ r dell’Hessiano possono essere non singolari; si possono sempre
riordinare gli indici in modo tale da esprimere una tale sotto-matrice nella forma simmetrica@pa@qb
�,
con gli indici a, b = 1, · · · , r. Per tale sottinsieme di indici, pertanto, le (4.1) sono invertibili, nel senso
di esprimere r velocità generalizzate in funzione di detti momenti, di tutte le coordinate e delle restanti
velocità generalizzate:
qb = f b(qi, pa, q
c) , in cui
8><
>:
a, b = 1, · · · , rc = r + 1, · · · , ni = 1, · · · , n
, (5.2)
53
54 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
ove si è considerata una Lagrangiana L(qi, qi) non dipendente esplicitamente dal tempo.
Riscrivendo la definizione dei momenti coniugati (4.1) con le opportune dipendenze, e sostituendovi
la (5.2), si ottiene (j = 1, · · · , n) 1:
pj =@L(qi, qb, qc)
@qj= egj(qi, qb, qc) = egj(qi, f b
(qi, pa, qc), qc) = gj(q
i, pa, qc) ; (5.3)
avendo esplicitate le dipendenze funzionali, dev’essere necessariamente:
pj =
(ga = pa j = a
ge(qi, pa) j = e = r + 1, · · · , n
, (5.4)
in quanto i primi momenti sono per ipotesi quelli indipendenti, mentre gli altri, pur essendo dipendenti,
non possono dipendere dalle qc perché altrimenti verrebbe meno l’ipotesi di rango r (le qc sono le ve-
locità “escluse” dall’inversione a causa del rango); tali ultime relazioni legano tutti i momenti coniugati
in m = n � r relazioni, sono cioè i Vincoli primari espressi in altra forma rispetto la forma implicita
presentata nella (5.1).
In tale contesto, l’Hamiltoniana (4.2) risulta definita nello stesso modo, ricordando però che non tutti
i momenti sono variabili indipendenti; per tale motivo, indicandola con un pedice 2 ‘C’, l’Hamiltoniana
vincolata diventa:
HC(qi, pa, q
c) = qjpj � L(qi, qi) = qbpb + qepe � L(qi, qi) =
= f b(qi, pa, q
c)pb + qege(q
i, pa)� L(qi, f b(qi, pa, q
c), qc) ,
(5.5)
ove sono evidenziate le dipendenze dalle variabili indipendenti in gioco e sono tenute in conto le (5.4).
Pertanto, riprendendo l’idea delle equazioni di Hamilton (4.7), le derivate parziali di HC rispetto le
variabili indipendenti producono:
@HC
@qc=
@f b
@qcpb + gc �
@L
@qc|{z}pc
=gc
� @L
@qb|{z}pb
@f b
@qc= 0 ; (5.6a)
@HC
@qi=
@f b
@qipb + qe
@ge@qi
� @L
@qi� @L
@qb|{z}pb
@f b
@qi= qe
@ge@qi
� @L
@qi; (5.6b)
@HC
@pa=
@f b
@papb + f b�ab|{z}
fa=qa
+qe@ge@pa
� @L
@qb|{z}pb
@f b
@pa= qa + qe
@ge@pa
. (5.6c)
La (5.6a) evidenzia come l’Hamiltoniana vincolata non dipenda dalle velocità generalizzate “escluse”
dall’inversione; d’altra parte, la (5.6c) si può banalmente scrivere:
qa =
@HC
@pa� qe
@ge@pa
, (5.7)
1Valgono ovviamente gli “intervalli” di valori per i diversi indici utilizzati nella (5.2), che pertanto non vengono riportatiper non appesantire la simbologia.
2Da Constrained (Dynamics), come in [1].
5.1 Formalismo di Dirac-Bergmann per i sistemi discreti 55
mentre, tenendo conto che@L
@qi=
d
dt
✓@L
@qi
◆= pi (equazioni di Lagrange e definizione di momenti
coniugati), la (5.6b) può essere riscritta nella forma:
pi = �@HC
@qi+ qe
@ge@qi
; (5.8)
queste ultime due equazioni ricordano le equazioni di Hamilton (4.7) relative ai sistemi non singolari,
con la differenza di avere termini aggiuntivi relativi ad n � r funzioni (nella forma) e di essere n + r
contro 2n (nel numero di equazioni).
La HC è pertanto definita solo in Pp; l’obiettivo dell’approccio è quello di estenderne la validità in
tutto P . A tal fine servono le seguenti definizioni, introdotte da Dirac:
Definizione 5.1 (Equazioni deboli). Sia F (qi, pj) una funzione definita in un intorno di Pp, sotto-varietà
individuata dalla relazione (5.1); se la restrizione di F a Pp è identicamente nulla, si dice che F è
debolmente zero e l’equazione debole corrispondente si indica col simbolo ⇡:
F (qi, pj)��Pp
= 0 () F (qi, pj) ⇡ 0 . (5.9)
Definizione 5.2 (Equazioni forti). Sia F (qi, pj) una funzione definita in un intorno di Pp, sotto-varietà
individuata dalla relazione (5.1); se le restrizioni di F e del suo gradiente a Pp sono identicamente nulle,
si dice che F è fortemente zero e l’equazione forte corrispondente si indica col simbolo ':
8>>><
>>>:
F (qi, pj)��Pp
= 0
✓@F
@qi,@F
@pj
◆����Pp
= 0
() F (qi, pj) ' 0 . (5.10)
Osservazione 5.1. La sotto-varietà Pp può essere definita tramite un sistema di equazioni deboli:
Ge(qi, pj) ⇡ 0 , Ge(q
i, pj) '6 0 . (5.11)
Infatti, le funzioni di vincolo Ge(qi, pj) = pe � ge(q
i, pa) si annullano solo in Pp, pur non annullandosi
il gradiente (@Ge
@pc= �ce). ⌥
Un primo importante collegamento fra queste due definizioni è dato dal seguente:
Lemma 5.1. Data una funzione F = F (qi, pj) definita su P , con riferimento a Pp si ha che:
F (qi, pj) ⇡ 0 () F (qi, pj) ' Ge@F
@pe, (5.12)
cioè la funzione F è una combinazione lineare delle equazioni che definiscono la sotto-varietà Pp.
56 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
Dimostrazione. (=)) Considerando la variazione di F su Pp, si ha:
�F |Pp
=
@F
@qi�qi +
@F
@pi�pi =
@F
@qi�qi +
@F
@pa�pa +
@F
@pe�pe =
=
✓@F
@qi+
@F
@pe
@ge@qi
◆�qi +
✓@F
@pa+
@F
@pe
@ge@pa
◆�pa ,
(5.13)
ove si è tenuto conto del fatto che in Pp solo le variazioni �pa sono indipendenti, e pertanto:
�pe|Pp
=
@ge@qi
�qi +@ge@pa
�pa . (5.14)
Visto che F ⇡ 0 =) �F |Pp
= 0, per l’indipendenza di qi e pa dev’essere necessariamente:
8>>>>><
>>>>>:
@F
@qi+
@F
@pe
@ge@qi
����Pp
= 0
@F
@pa+
@F
@pe
@ge@pa
����Pp
= 0
. (5.15)
Ricordando l’ipotesi Ge(qi, pj) ⇡ 0, si hanno inoltre le equazioni deboli:
8>>><
>>>:
@
@qi
✓Ge
@F
@pe
◆=
@Ge
@qi@F
@pe+Ge
@2F
@qi@pe=) @
@qi
✓Ge
@F
@pe
◆⇡ @Ge
@qi@F
@pe
@
@pa
✓Ge
@F
@pe
◆=
@Ge
@pa
@F
@pe+Ge
@2F
@pa@pe=) @
@pa
✓Ge
@F
@pe
◆⇡ @Ge
@pa
@F
@pe
. (5.16)
Sostituendo ora ge(qi, pa) = pe �Ge(q
i, pj) nelle (5.15), e sfruttando le precedenti (5.16), si giunge a:8>>>><
>>>>:
@
@qi
✓F �Ge
@F
@pe
◆⇡ 0
@
@pa
✓F �Ge
@F
@pe
◆⇡ 0
, (5.17)
essendo: 8>>>><
>>>>:
@ge@qi
=
@
@qi(pe �Ge) = �@Ge
@qi
@ge@pa
=
@
@pa(pe �Ge) = �@Ge
@pa
. (5.18)
Infine, la seconda delle (5.17) può essere scritta con la derivazione parziale rispetto la generica pj , in
quanto, in Pp:@
@pc
✓F �Ge
@F
@pe
◆=
@F
@pc� �ce
@F
@pe=
@F
@pc� @F
@pc⌘ 0 . (5.19)
Dal confronto con la (5.10) si ottiene la tesi F �Ge@F
@pe' 0.
((=) L’ipotesi F (qi, pj) ' Ge@F
@perichiede tra le altre cose l’annullamento in Pp:
0 =
✓F �Ge
@F
@pe
◆����Pp
= F |Pp
() F ⇡ 0 , (5.20)
avendo usato il fatto che Ge ⇡ 0 per ipotesi. ⌅
5.1 Formalismo di Dirac-Bergmann per i sistemi discreti 57
Il precedente Lemma è il punto di partenza per estendere il formalismo a tutto P e ritrovare la
simmetria formale delle equazioni di Hamilton come nel caso regolare. Infatti, considerando la funzione
eH =
eH(qi, pj), definita in P , tale che 3 eH ⇡ HC , applicando le (5.17) a bH =
eH �HC ⇡ 0 si ottiene:8>>>>>><
>>>>>>:
@
@qi
bH �Ge
@ bH@pe
!⇡ 0
@
@pa
bH �Ge
@ bH@pe
!⇡ 0
=)
8>>>>>><
>>>>>>:
@HC
@qi⇡ @
@qi
eH �Ge
@ eH@pe
!
@HC
@pa⇡ @
@pa
eH �Ge
@ eH@pe
! , (5.21)
ove si è sfruttato il fatto che HC non dipende dalle pe. Confrontando ora le ultime (5.21) con le (5.6b) e
(5.6c) rispettivamente, si ottiene:8>>>>>><
>>>>>>:
�qe@Ge
@qi� @L
@qi⇡ @
@qi
eH �Ge
@ eH@pe
!
qa � qe@Ge
@pa⇡ @
@pa
eH �Ge
@ eH@pe
! , (5.22)
avendo sfruttato altresí le (5.18). Riordinando infine le precedenti equazioni, tenendo presente che le
qe sono variabili libere, ed inserendo anche le equazioni di Lagrange (@L
@qi= pi), si ottiene la forma
desiderata: 8>>>>>><
>>>>>>:
�pi ⇡@
@qi
eH �Ge
@ eH@pe
+ qeGe
!
+qj ⇡ @
@pj
eH �Ge
@ eH@pe
+ qeGe
! , (5.23)
ove si è estesa la derivazione a tutti i momenti pj nel secondo insieme di equazioni, per motivo analogo
a quanto indicato nella (5.19) del Lemma 5.1.
La struttura delle precedenti equazioni giustifica l’attribuzione di un significato speciale alla quantità
entro parentesi, tramite la seguente:
Definizione 5.3 (Hamiltoniana estesa). Con la simbologia finora utilizzata, la funzione
H =
eH �Ge@ eH@pe
+ qeGe =eH +Ge
qe � @ eH
@pe
!(5.24)
è detta Hamiltoniana estesa.
Osservazione 5.2. L’estensione a tutto P dell’Hamiltoniana utilizza le funzioni di vincolo Ge, dovendo
coincidere con HC in Pp: H ⇡ HC . D’altra parte, l’applicazione del Lemma 5.1 a bH fa sí che:
bH ' Ge@ bH@pe
=) eH �Ge@ eH@pe
' HC � @HC
@pe= HC , (5.25)
visto che HC non dipende da pe; pertanto H ' HC + qeGe. ⌥3È importante ricordare che H
C
è definita solo in Pp
.
58 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
La sostituzione di H nella (5.23) conclude la dimostrazione del seguente:
Teorema 5.2 (Equazioni di Hamilton per i sistemi singolari). Data l’Hamiltoniana HC = HC(qi, pa)
definita sulla sotto-varietà Pp ⇢ P , individuato a sua volta dalle relazioni Ge(qi, pj) = 0, essendo Ge
definita sull’intero spazio delle fasi P , per l’Hamiltoniana estesa (5.24) valgono le equazioni di Hamilton
in tutto P: 8>>>>><
>>>>>:
pi ⇡ �@H@qi
' � @
@qi(HC + qeGe)
qj ⇡ +
@H
@pj' +
@
@pj(HC + qeGe)
, (5.26)
essendo eH =
eH(qi, pj) definita in P , tale che eH ⇡ HC , e qe le velocità generalizzate indipendenti.
Va da sé, utilizzando il formalismo delle parentesi di Poisson, il seguente:
Corollario 5.3. Le equazioni del moto di Hamilton nel caso singolare (con le ipotesi e il formalismo del
precedente Teorema 5.2) si possono esprimere, utilizzando le Parentesi di Poisson, nella forma:
(qi ⇡ [qi, HC + qeGe]
pj ⇡ [pj , HC + qeGe]equivalentemente zi ⇡ [zi, HC + qeGe] , (5.27)
rispettivamente esplicita e simplettica.
Osservazione 5.3. È solo a questo punto che si capisce l’importanza delle Definizioni 5.1 e 5.2, come
accennato in [1, 27]: visto che l’obiettivo è di ricondurre il caso di sistemi singolari al formalismo di
quelli regolari, che a loro volta trattano le variabili dello spazio delle fasi come indipendenti, si possono
applicare gli operatori visti (in particolare le parentesi di Poisson) come se le qi e le pj fossero indipen-
denti, e solo successivamente applicare le condizioni di vincolo; questo è il significato del simbolo ⇡
introdotto da Dirac. Per contro, le (5.26) e (5.27) mostrano chiaramente il “prezzo da pagare” per tale
estesione: le equazioni sono diventate deboli e contengono m = n� r funzioni arbitrarie. ⌥
Nelle (5.26) e (5.27) le equazioni dei vincoli compaiono nella forma esplicita Ge = pe� ge, coeren-
temente con lo sviluppo fin qui svolto. È opportuno, per contro, poter esprimere l’Hamiltoniana estesa
tramite le equazioni di vincolo in una generica forma implicita, quale quella indicata inizialmente nella
(5.1), riscritta come:
'c(qi, pj) ⇡ 0 , c = r + 1, · · · , n . (5.28)
Per tale scopo, indicando con T =
@'c
@pe
�la matrice non-singolare (m ⇥ m), si arriva a dare la
seguente [1, 2]:
5.1 Formalismo di Dirac-Bergmann per i sistemi discreti 59
Definizione 5.4 (Hamiltoniana primaria). Con la simbologia finora utilizzata, la funzione
HP = HC + uc'c (5.29)
è detta Hamiltoniana primaria o totale [27], ove uc = qe⇥T
�1⇤ce.
Osservazione 5.4. La non-singolarità di T, e la conseguente esistenza dell’inversa, è dovuta al fatto
che se cosí non fosse tale matrice avrebbe rango inferiore ad m, di conseguenza un numero di momenti
indipendenti nel sistema superiore ad r, contraddicendo l’ipotesi: i vincoli primari definiscono il numero
di momenti non-indipendenti. In altri termini, l’equivalenza fra l’insieme esplicito Ge e quello implicito
'c deve garantire la biiettività del passaggio da uno all’altro, e tale matrice è costruita consistentemente
a tale esigenza. ⌥
Pertanto si raggiunge l’obiettivo prefisso tramite il seguente:
Teorema 5.4 (Equazioni di Hamilton con Hamiltoniana primaria). Dato il sistema singolare di Hamil-
toniana primaria HP = HC + uc'c , con m vincoli 'c(qi, pj) ⇡ 0 che definiscono implicitamente una
sotto-varietà Pp ⇢ P dello spazio delle fasi, il moto del sistema descritto dalle equazioni deboli:8>>>><
>>>>:
pi ⇡ �@HP
@qi
qj ⇡ +
@HP
@pj
, (5.30)
o, in alternativa, tramite il formalismo delle parentesi di Poisson:(qi ⇡ [qi, HP ]
pj ⇡ [pj , HP ]equivalentemente zi ⇡ [zi, HP ] , (5.31)
rispettivamente esplicita e simplettica.
Dimostrazione. Le funzioni di vincolo 'c(qi, pj) sono nelle ipotesi del Lemma 5.1; pertanto, applican-
dovi le (5.17), con l’estensione 4 a tutti i momenti pj , si ottiene:8>>>><
>>>>:
@
@qi
✓'c �Ge
@'c
@pe
◆⇡ 0
@
@pj
✓'c �Ge
@'c
@pe
◆⇡ 0
=)
8>>>><
>>>>:
@'c
@qi� @Ge
@qi@'c
@pe�Ge
@2'c
@qi@pe⇡ 0
@'c
@pj� @Ge
@pj
@'c
@pe�Ge
@2'c
@pj@pe⇡ 0
; (5.32)
le precedenti equazioni si possono invertire, nel senso di esplicitare le derivate parziali di Ge in funzione
delle stesse di 'c: 8>>>><
>>>>:
@Ge
@qi⇡⇥T
�1⇤ce
@'c
@qi
@Ge
@pj⇡⇥T
�1⇤ce
@'c
@pj
, (5.33)
4È sfruttata la relazione (5.19) per giustificare tale estensione.
60 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
visto che anche l’ultimo termine delle (5.32) è debolmente zero a causa del prodotto per Ge.
Valutando ora il secondo termine delle (5.26), si ottiene:
8>>>><
>>>>:
@
@qi(qeGe) = qe
@Ge
@qi⇡ qe
⇥T
�1⇤ce| {z }
uc
@'c
@qi=
@
@qi(uc'c)� 'c
@uc
@qi⇡ @
@qi(uc'c)
@
@pj(qeGe) = qe
@Ge
@pj⇡ qe
⇥T
�1⇤ce| {z }
uc
@'c
@pj=
@
@pj(uc'c)� 'c
@uc
@pj⇡ @
@pj(uc'c)
, (5.34)
avendo sfruttato il precedente risultato (5.33) e la condizione debole di vincolo (5.28). Inserendo que-
st’ultima condizione debole nella (5.26) si ottiene la (5.30), tenendo conto della definizione di Hamilto-
niana primaria (5.29). La scrittura col formalismo delle parentesi di Poisson è a questo punto immediata
e chiude la dimostrazione. ⌅
Infine, utilizzando le equazioni di Hamilton in quest’ultima forma, è immediata la “generalizzazione”
della (4.11) per l’evoluzione di una generica funzione:
Corollario 5.5. Una generica funzione delle variabili dello spazio delle fasi, ma non esplicitamente del
tempo, F = F (q,p), ha l’evoluzione nel tempo data dall’equazione:
˙F ⇡ [F,HP ] ⇡ [F,HC ] + uc[F,'c] , (5.35)
essendo HP l’Hamiltoniana primaria definita come nella (5.29), in cui 'c ⇡ 0 costituiscono le equazioni
di vincolo e uc = uc(q,p) sono funzioni arbitrarie col ruolo di moltiplicatori.
Dimostrazione. Sviluppando la derivata totale rispetto al tempo, si ottiene:
˙F =
dF
dt=
@F
@qiqi +
@F
@pipi ⇡
@F
@qi@HP
@pi� @F
@pi
@HP
@qi= [F,HP ] ⇡ [F,HC ] + uc[F,'c] , (5.36)
essendo l’ultimo passaggio dovulto all’ultima equazione debole della (5.34). ⌅
5.2 Classificazione dei vincoli
Come per l’approccio Lagrangiano (sviluppato al § 3.1), anche in quello Hamiltoniano le equazioni
di vincolo sono sottoposte a condizioni di consistenza rispetto l’evoluzione temporale, nel senso che la
traiettoria del moto deve comunque appartenere a Pp; in altri termini, la sotto-varietà sede del moto non
può cambiare 5.
Col formalismo appena sviluppato si assume 6 pertanto il seguente:
5Nel senso che il moto non può uscire da Pp
; si vedrà successivamente che tale sotto-varietà può “ridursi”.6Inizialmente proposto da Dirac nel 1950 in [32].
5.2 Classificazione dei vincoli 61
Postulato 5.1 (Consistenza temporale dei Vincoli). In un sistema Hamiltoniano singolare, le derivate
totali rispetto al tempo delle funzioni di vincolo (primario 7) sono debolmente zero per tutta l’evoluzione
del sistema:
'c(qi, pj) ⇡ 0 =) 'c(q
i, pj) ⇡ 0 , 8t , c = r + 1, · · · , n . (5.37)
Con tale assunzione, la classificazione dei vincoli può essere fatta inserendo le funzioni 'e nella
relazione (5.35):
0 ⇡ 'e ⇡ ['e, HC ] + uc['e,'c] = he + ucCec , (5.38)
che può convenientemente scriversi in forma matriciale:
Cu+ h ⇡ 0 , (5.39)
ove h = [he] e C = [Cec] sono due matrici (m ⇥ 1) e (m ⇥ m) rispettivamente, i cui elementi sono
definiti tramite le parentesi di Poisson fra le funzioni di vincolo (Cec = ['e,'c]) e con l’Hamiltoniana
vincolata (he = ['e, HC ]), mentre u = [uc] è la matrice colonna (m⇥ 1) dei moltiplicatori.
Come per l’approccio Lagrangiano, in quanto segue verranno esclusi casi di inconsistenza diretta,
nel senso di Hamiltoniane che portano immediatamente a relazioni contraddittorie.
Esempio 5.1. [27] Riprendendo l’Esempio 3.1 di Pag. 22, nell’approccio Hamiltoniano risulta HC = q
e l’unica funzione di vincolo ' = p� 1, che portano 8 alla condizione contraddittoria 1 ⇡ 0. •
5.2.1 Vincoli secondari
Focalizzando l’attenzione sulla possibilità di risolvere la (5.39) rispetto u, si possono verificare le
situazioni indicate di seguito.
a) detC ⇡6 0: in questo caso la relazione è invertibile:
u ⇡ �C
�1h ; (5.40)
è opportuno distinguere:
i) h ⇡6 0: in questo caso la soluzione debole non è completamente nulla; utilizzando questo risul-
tato nella (5.36), l’evoluzione del moto di una generica funzione diventa:
˙F ⇡ [F,HC ]� [F,'c]bCce
['e, HC ] , (5.41)7Come indicato successivamente, questi non saranno gli unici tipi di vincolo; pertanto, tale postulato verrà assunto per tutti
i tipi di vincolo.8Come già sottolineato a Pag. 22, ciò è dovuto alla mancanza di punto stazionario per il funzionale di Azione.
62 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
avendo posto C
�1= [
bCce] la matrice (m⇥m) inversa di C.
Specificando i valori iniziali delle coordinate e dei momenti, soggetti ai vincoli imposti dal siste-
ma, permette di determinare univocamente la traiettoria del sistema, che rimarrà confinata alla
sotto-varietà Pp;
ii) h ⇡ 0: in questo caso è possibile solo la soluzione banale u ⇡ 0, che implica coincidenza fra
l’Hamiltoniana vincolata e quella primaria (HP = HC).
È da notare come una possibilità di tale genere possa realizzarsi in caso di Hamiltoniana iden-
ticamente nulla (HC ⌘ 0 =) he = ['e, 0] ⌘ 0); questo è un caso di “assenza” di dina-
mica, nel senso che le variabili dello spazio delle fasi del moto rimangono al valore iniziale:
zi ⇡ [zi, 0] =) zi(t) ⇡ zi(0).
b) detC ⇡ 0, il cui rango vale m0= rankC < m = n� r; anche qui è opportuno distinguere i casi:
i) h ⇡6 0: in questo caso devono esistere m � m0 autovettori 9 linearmente indipendenti yk0 tali
che:
y
Tk0C ⇡ 0 , k0 = 1, · · · ,m�m0
; (5.42)
premoltiplicando quindi la (5.39) per detti yTk0 , la (5.42) fornisce le condizioni:
'k0 = y
Tk0h ⇡ 0 , k0 = 1, · · · ,m�m0 . (5.43)
Può succedere che un certo numero fra le condizioni precedenti siano relazioni aggiuntive di
vincolo per il moto del sistema, cioè 9 k0: 'k0 è indipendente dall’insieme {'c}; questo implica
che la sotto-varietà in cui avviene il moto reale P2 sia un sottinsieme di dimensione inferiore di
quella originariamente definita tramite i vincoli primari: P2 ⇢ Pp. In questo caso le relazioni
'k0 ⇡ 0 sono state definite Vincoli secondari [1, 27, 31]. Le relazioni che non ricadono in questa
situazione o sono identicamente soddisfatte, o sono dipendenti dai vincoli primari (e pertanto
non aggiungono nessuna informazione aggiuntiva per lo studio del sistema).
ii) h ⇡ 0: in questo caso esiste tutto un sotto-spazio di dimensione m�m0 (sotto-spazio di nullità
o nucleo [17]) per la soluzione u, ma non si aggiungono ulteriori condizioni di vincolo al moto
del sistema.
Emerge pertanto dall’analisi testé svolta come le condizioni di consistenza possano contenere impli-
citamente ulteriori vincoli rispetto quelli primari. Detto pertanto k2 il numero di vincoli aggiuntivi 10
9Come nel § 3.1, gli autovettori di nullità sono presi come matrici colonna.10In prima battuta si suppone ce ne siano; in caso contrario si ha la terminazione della procedura.
5.2 Classificazione dei vincoli 63
emersi come conseguenza del Postulato 5.1, è possibile riordinarli in modo tale che 'k00 ⇡ 0, con
k00 = 1, · · · , k2; cosí facendo, l’insieme totale di vincoli è riorganizzato nel seguente modo:
'j00 =
('c , j00 = c� r = 1, · · · ,m'k00 , j00 = n� r + k00 = m+ 1, · · · ,m+ k2
. (5.44)
A questo punto, la condizione di consistenza dev’essere verificata per l’insieme complessivo di
vincoli sulla sotto-varietà da essi definita, cioè su P2:
'j00 ⇡ ['j00 , HC ] + uc['j00 ,'c] = hj00 + ucCj00cP2⇡ 0 , (5.45)
che in forma matriciale diventa:
C
00u+ h
00 ⇡ 0 , (5.46)
ove h00= [hj00 ] e C00
= [Cj00c] sono di dimensioni ((m+k2)⇥1) e ((m+k2)⇥m) rispettivamente, con
Cj00c = ['j00 ,'c] e hj00 = ['j00 , HC ], mentre u rimane la matrice colonna (m⇥ 1) dei moltiplicatori.
Di nuovo, eventuali autovettori di nullità di C00 su P2 possono fornire ulteriori vincoli indipendenti,
del tipo (5.43); tali vincoli andranno ad aggiungersi ai vincoli precedenti 11, come nella (5.44), che
definiranno una nuova sotto-varietà P3 ✓ P2 ⇢ Pp, su cui andrà verificata la consistenza come in (5.45),
con conseguente “ampliamento” delle matrici C00 e h
00.
Pertanto, la procedura di riduzione della sotto-varietà su cui avviene il moto appena indicata può
essere re-iterata per ottenere un insieme (che potrebbe essere via via piú esteso), cui corrispondono
sotto-varietà successivamente piú ristrette. Questa reiterazione è lecita, in quanto anche per i vincoli
secondari deve valere il Postulato di consistenza (in quanto vincoli a tutti gli effetti).
Risulta ovvio che se l’iterazione L-esima (finita 12) produce
PL+1 = PL , (5.47)
cioè non si generano nuovi vincoli indipendenti, qualsiasi altra riapplicazione della procedura risultereb-
be inutile; pertanto la (5.47) diventa la condizione di terminazione della procedura di ricerca dei vincoli
aggiuntivi, e la sotto-varietà definitiva in cui avviene il moto viene indicata con PC = PL. In questo
caso l’insieme definitivo dei vincoli sarà indicato con:
'j =
('c , j = c� r = 1, · · · ,m'k, j = n� r + k = m+ 1, · · · ,m+ k
, (5.48)
da cui segue la:11A livello transitorio, gli ulteriori vincoli aggiuntivi possono essere definiti terziari [2]; ma questo ha poco senso, vista la
natura iterativa della procedura, come si indicherà di seguito.12Parlando di sistemi discreti, e quindi di spazi delle fasi di dimensione finita, è ragionevole escludere la situazione di non
convergenza della procedura; per contro, in [1] si afferma che tipicamente per questi sistemi la procedura converge in pochipassi, e con semplicità formale per la riduzione tale da poter “dimenticare” le caratteristiche algebriche delle strutture coinvolte,quali rango delle matrici, autovettori, ecc.
64 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
Definizione 5.5 (Vincoli secondari). Con riferimento alla (5.48), tutte le relazioni 'kPC⇡ 0 sono det-
te Vincoli secondari, dove il simbolo ⇡ è riferito alla sotto-varietà PC , anche se non espressamente
indicato.
Osservazione 5.5. Da quanto sviluppato finora, è opportuno evidenziare la differenza fra Vincoli pri-
mari e secondari, tale da giustificarne la distinzione in sede di definizione. I Vincoli primari sono di-
retta conseguenza della definizione dei momenti coniugati, tramite la loro non indipendenza reciproca
(detW = 0); quelli secondari discendono dal Postulato di consistenza, tramite le equazioni del moto.
La natura è pertanto diversa, ma entrambi concorrono a definire la sotto-varietà entro cui avverrà il moto,
e per entrambi vale la condizione di consistenza. Altresí, visto che nelle eventuali iterazioni successive
alla seconda il meccanismo di ricerca di ulteriori vincoli non cambia, non ha alcun senso attribuire nomi
progressivi quali terziario, quaternario, ecc. ⌥
Osservazione 5.6. L’emergere di vincoli secondari implica l’incremento delle dimensioni delle matrici
nella relazione generale (5.39), riscritta, con riferimento alla sotto-varietà di vincolo definitiva PC , nella
forma:
Cu+ h ⇡ 0 , (5.49)
con h matrice ((m+ k)⇥ 1) e C una matrice ((m+ k)⇥m); in componenti:
['j , HC ] + uc['j ,'c]PC⇡ 0 . (5.50)
Alcuni dei moltiplicatori uc in certe circostanze possono non essere determinati univocamente; in
altri termini, la dinamica non è univocamente determinata a partire da fissate condizioni iniziali del
sistema, visto che nella soluzione generale possono apparire delle funzioni arbitrarie.
Piú precisamente, detto m = rankC m, si hanno m�m moltiplicatori arbitrari; quindi solo nel
caso in cui m = m (rango massimo) u è completamente fissato.
Questo, come osservato da Dirac [27], è il prezzo da pagare per la scelta arbitraria della struttura
matematica di supporto al formalismo. ⌥
Osservazione 5.7. Una qualsiasi combinazione lineare di vincoli, è ancora un vincolo. Infatti la relazio-
ne
' = aj 'j|{z}⇡0
⇡ 0 (5.51)
è a tutti gli effetti un vincolo. ⌥
5.2 Classificazione dei vincoli 65
5.2.2 Vincoli di prima e seconda classe
Il processo che porta alla definizione della sotto-varietà definitiva PC è il punto di partenza per una
classificazione piú significativa dei vincoli.
Con riferimento alla (5.49), la soluzione generale riferita alla matrice colonna u è del tipo [17]:
u =
eu+ µs
vs , (5.52)
ove eu è una soluzione particolare del sistema e l’insieme {vs}, s = 1, · · · ,m � m una base di kerC
(sotto-spazio di nullità o nucleo della trasformazione lineare descritta da C):
Cvs ⇡ 0 equivalentemente ['j ,'c]vcs ⇡ 0 , s = 1, · · · ,m�m, (5.53)
e µs sono m�m costanti arbitrarie.
Ricordando ora la proprietà ii) di Pag. 40 (linearità delle Parentesi di Poisson), si ha che le funzioni
's = vcs'c , s = 1, · · · ,m�m, (5.54)
combinazioni lineari dei vincoli primari tramite le componenti dei vettori di base del nucleo di C,
commutano debolmente 13 con tutte le funzioni di vincolo che definiscono PC :
['j ,'s] ⇡ 0 , in cui
(s = 1, · · · ,m�m
j = 1, · · · ,m+ k. (5.55)
L’idea di questo confronto con tutti i vincoli tramite le Parentesi di Poisson può essere generalizzata
tramite la seguente [27]:
Definizione 5.6 (Funzioni di prima classe). Una funzione F = F (q,p) che commuta debolmente con
tutte le funzioni di vincolo 'j , che definiscono la sotto-varietà PC , è detta di prima classe:
[F,'j ] ⇡ 0 , j = 1, · · · ,m+ k . (5.56)
Per contro, nello stesso ambito:
Definizione 5.7 (Funzioni di seconda classe). Una funzione G = G(q,p) che non sia di prima classe è
detta di seconda classe; cioè:
9 ¯j : [G,'j ] ⇡6 0 . (5.57)
In conseguenza di tali definizioni, si riconosce che le funzioni 's, definite nella (5.54), sono di prima
classe; questo induce la classificazione dei vincoli anche secondo questa accezione:13Naturalmente, perché sia lecita l’applicazione della proprietà di linearità, le componenti vc
s
devono essere costanti rispettole variabili dello spazio delle fasi, ipotesi implicitamente assunta.
66 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
Definizione 5.8 (Vincoli di prima e seconda classe). I Vincoli �s ⇡ 0, tali per cui le funzioni �s sono di
prima classe, si dicono di prima classe:
[�s,'j ] ⇡ 0 , j = 1, · · · ,m+ k ; (5.58)
i Vincoli �r ⇡ 0 che non sono di prima classe si dicono di seconda classe.
Inserendo la (5.52), scritta per componenti, nell’espressione dell’Hamiltoniana primaria (5.29), si
ottiene lo sviluppo:
HP = HC + uc'c = HC + (euc + µsvcs)'c = HC + euc'c| {z }H0
+µs vcs'c|{z}'s
= H 0+ µs's , (5.59)
avendo posto H 0= HC + euc'c e ricordando la posizione (5.54).
È abbastanza immediato provare il:
Teorema 5.6. L’Hamiltoninana primaria è una funzione di prima classe.
Dimostrazione. Dalla (5.35), applicata alle funzioni di vincolo 'j , si ha:
[HP ,'j ] ⇡ �'j ⇡ 0 , j = 1, · · · ,m+ k , (5.60)
ove l’ultima condizione debole è l’applicazione del Postulato 5.1 di consistenza dei vincoli. ⌅
Di conseguenza:
Corollario 5.7. Anche la funzione H 0= HC + euc'c è di prima classe.
Dimostrazione. Dalla (5.59), si ha:
[HP ,'j ]| {z }
⇡0
= [H 0,'j ] + µs['s,'j ]| {z }
⇡0
, j = 1, · · · ,m+ k , (5.61)
ove sia il primo membro che l’ultimo termine si annullano debolmente per le (5.60) e (5.55) rispettiva-
mente; pertanto [H 0,'j ] ⇡ 0, 8j. ⌅
Quest’ultimo risultato giustifica la seguente:
Definizione 5.9 (Hamiltoniana di prima classe). Con le posizioni fatte, la funzione H 0= HC + euc'c è
detta Hamiltoniana di prima classe.
Per le funzioni di prima classe vale un importante:
5.2 Classificazione dei vincoli 67
Teorema 5.8 (Chiusura rispetto le Parentesi di Poisson). L’insieme delle funzioni di prima classe è chiuso
rispetto le Parentesi di Poisson, cioè la Parentesi di Poisson di due funzioni di prima classe è ancora una
funzione di prima classe.
Dimostrazione. Siano F e G due funzioni di prima classe; per il Lemma 5.1, si ha che le Parentesi di
Poisson di dette funzioni con le funzioni di vincolo sono sviluppabili in senso forte come combinazione
lineare delle funzioni di vincolo 14:8>><
>>:
[F,'j ] ' f j?
j 'j?
[G,'j ] ' gj?
j 'j?
, j, j? = 1, · · · ,m+ k , (5.62)
essendo f j?
j e gj?
j gli opportuni coefficienti relativi alle due funzioni.
Applicando ora la (5.56) alla nuova funzione E = [F,G], utilizzando l’identità di Jacobi, le (5.62),
la regola del prodotto, l’ipotesi di funzioni di prima classe per F e G, e ricordando che le funzioni di
vincolo, per definizione, sono debolmente zero, si ottiene:
[E,'j ] = [[F,G],'j ] = [[F,'j ], G]� [[G,'j ], F ] ' [f j?
j 'j? , G]� [gj?
j 'j? , F ] =
= f j?
j ['j? , G]
| {z }⇡0
+[f j?
j , G] 'j?|{z}⇡0
� gj?
j ['j? , F ]
| {z }⇡0
� [gj?
j , F ] 'j?|{z}⇡0
⇡ 0 .(5.63)
Il risultato complessivo [E,'j ] ⇡ 0 dice pertanto che anche E = [F,G] è di prima classe. ⌅
Per le funzioni di seconda classe vale il seguente:
Teorema 5.9. La matrice delle Parentesi di Poisson dei vincoli di seconda classe è non-singolare, cioè
vale:
detD ⇡6 0 , D = [D⇢�] , D⇢� = [�⇢,��] ; (5.64)
inoltre tale matrice è di ordine pari.
Dimostrazione. Si supponga per assurdo che D sia singolare; dovrebbe esistere allora almeno un
autovettore w = [w⇢] tale che w
TD ⇡ 0, che scritta per componenti diventa:
w⇢D⇢� ⇡ 0 =) [w⇢�⇢,��] ⇡ 0 . (5.65)
La funzione w⇢�⇢ già commuta debolmente con tutte le funzioni di vincolo di prima classe �s (per
la Definizione 5.8), che, unitamente al risultato della (5.65), implica che w⇢�⇢ commuti con tutte le
funzioni di vincolo (essendo le �� di seconda classe). Da ciò si conclude che anche w⇢�⇢ è di prima14Il Lemma 5.1 è stato dedotto per la forma esplicita delle equazioni di Vincolo; purtuttavia, non ci sono difficoltà nel
pensarlo valido anche per le piú generali funzioni di vincolo 'e
, grazie all’Osservazione 5.4 relativa all’equivalenza delle duedescrizioni.
68 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
classe, contraddicendo l’ipotesi di aver costruito la matrice D a partire dal massimo insieme di vincoli
di prima classe.
L’ordine pari deriva dalla proprietà di antisimmetria di D:
D
T= �D = �Iord ·D =) detD = detD
T= det Iord detD = (�1)
orddetD , (5.66)
essendo Iord la matrice identità di ordine ord. Pertanto, se ord fosse dispari si avrebbe detD = � detD,
cioè singolarità della matrice stessa, contraddicendo la prima parte del teorema. ⌅
Quest’ultimo risultato relativo ai vincoli di seconda classe permette di arrivare all’ultimo importante
risultato:
Corollario 5.10. Il numero di moltiplicatori uc indeterminati è pari al numero di vincoli primari di
prima classe (indipendenti). Inoltre vale la relazione, per la dinamica della generica funzione F , in
forma simmetrica, in cui compaiono tutti vincoli di seconda classe:
˙F ⇡ [F,HC ] + µs[F,'s]� [F,��]
bD�⇢[�⇢, HC ] , (5.67)
essendo bD�⇢ gli elementi dell’inversa della matrice D.
Dimostrazione. La relazione (5.50) può convenientemente essere scritta in forma estesa, comprendendo
tutti i vincoli 15 :
['j , HC ] + uc ['j ,'c ] ⇡ 0 , uc =
(uc , c = c = 1, · · · ,m0 , c 6= c
, c = 1, · · · ,m+ k . (5.68)
Visto che la catalogazione dei vincoli fra primari/secondari e di prima/seconda classe è indipendente
(cioè si possono realizzare tutte e quattro le combinazioni), l’applicazione della precedente relazione ai
soli vincoli di prima classe �s produce:
[�s, HC ] ⇡ 0 , (5.69)
che non è utile ai fini della determinazione dei moltiplicatori. Viceversa, l’applicazione ai vincoli di
seconda classe, se ristretta ai moltiplicatori relativi a questo stesso tipo di vincoli, permette di evidenziare
la matrice non-singolare D del Teorema precedente:
[�⇢, HC ] + u� [�⇢,��]| {z }D
⇢�
⇡ 0 , (5.70)
ove si sottintende una opportuna corrispondenza fra l’indicizzazione (c, j) e (⇢,�) dei vincoli. Essendo
D invertibile, vuol dire che un numero di moltiplicatori pari ai vincoli secondari sono univocamente
determinati:
u� ⇡ � bD�⇢[�⇢, HC ] , (5.71)
15La regolarità della struttura algebrica obbliga di imporre il valore nullo ai moltiplicatori aggiuntivi.
5.2 Classificazione dei vincoli 69
avendo posto D
�1= [
bD�⇢] la matrice inversa di D; tenendo conto che i moltiplicatori effettivi sono
collegati solo ai vincoli primari, per differenza si ha che quelli indeterminati sono relativi (e quindi in
numero pari) ai vincoli di prima classe primari.
Inserendo infine le (5.52) nella (5.35), con la posizione (5.54) e la soluzione particolare (5.71), si
ottiene la (5.67) della tesi, tenendo conto che per l’estensione fatta, u� = 0 se �� è un vincolo secondario
(cioè l’espressione che contiene tutti i vincoli, per motivi di simmetria formale, introduce dei termini che
sono puramente fittizi). ⌅
Osservazione 5.8. Se nel sistema ci fossero solo vincoli primari di seconda classe la (5.67) si riduce alla
precedente (5.41), visto che D = C. ⌥
5.2.3 Estensione al caso di Lagrangiana dipendente esplicitamente dal tempo
Nel caso@L
@t6= 0, la dinamica è definita, in generale, in una sottovarietà Pt ✓ P ⇥ R; pertanto,
come per la (4.11), la (5.36) deve estendersi tenendo conto della derivata parziale rispetto al tempo della
funzione sotto indagine:
˙F =
dF
dt⇡ [F,HP ] +
@F
@t⇡ [F,HC ] + uc[F,'c] +
@F
@t. (5.72)
L’analisi dei vincoli ricalca quella svolta, a partire dal Postulato di consistenza temporale dei vincoli,
per vincoli che ora dipendono esplicitamente dal tempo:
0 ⇡ 'e ⇡ ['e, HC ] + uc['e,'c] +@'e
@t. (5.73)
La dinamica della generica funzione quindi è descritta dall’equazione:
˙F ⇡ [F,HC ] + µs[F,'s]� [F,��]
bD�⇢
✓[�⇢, HC ] +
@�⇢
@t
◆+
@F
@t. (5.74)
5.2.4 Corrispondenza col formalismo Lagrangiano dei vincoli
Ovviamente, essendo la descrizione Hamiltoniana equivalente a quella Lagrangiana, dev’esserci
corrispondenza fra la descrizione dei vincoli in ambito Lagrangiano ed Hamiltoniano.
Per vedere questo fatto, si riscrivono i vincoli primari (5.1) tenendo conto della definizione di mo-
menti coniugati (4.1):
'k(q,p) = 0 =) 'k
✓qi,
@L
@qi
◆= 0 , k = 1, · · · ,m ; (5.75)
70 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
differenziando le precedenti relazioni sia rispetto qi che qi, si ottiene:
@'k
@qi+
@'k
@pj
@pj@qi
= 0 =) ⇠jk@pj@qi
= �@'k
@qi(5.76a)
@'k
@pj
@pj@qi
=
@'k
@pj
@2L
@qi@qj= 0 =) rT
p 'kW = 0 (5.76b)
(avendo ricordato la posizione di Pag. 4 e utilizzando la simbologia rp'k =
@'k
@pj
�=
h⇠jk
iper la
matrice colonna delle derivate dei vincoli rispetto i momenti). L’ultima relazione permette di riconoscere
rp'k come m autovettori di nullità della trasformazione W , ed è strutturalmente identica alla (3.3) di
Pag. 21. Pertanto dev’esserci una trasformazione lineare che lega gli autovettori di nullità delle due
descrizioni:
Yk0 = ⌅
k0krp'k , k, k0 = 1, · · · ,m , (5.77)
nel senso che ogni autovettore del contesto Lagrangiano è una combinazione lineare di autovettori del
contesto Hamiltoniano. Inserendo quindi la (5.77) nella (3.4) di Pag. 21, si ottiene:
�k0(qi, qi) = ⌅
k0k⇠ik
✓@2L
@qi@qjqj � @L
@qi
◆= ⌅
k0k⇠ik
✓@pi@qj
qj � pi
◆= 0 , (5.78)
avendo altresí ricordato lo sviluppo (2.5), ove la Lagrangiana non dipende esplicitamente da t, la de-
finizione di momenti coniugati e la relazione pi =
@L
@qi. Sostituendo ora la (5.76a) nella relazione
precedente, si arriva a:
�k0(qi, qi) = �⌅
k0k
✓@'k
@qjqj +
@'k
@pipi
◆= �⌅
k0k d'k
dt= 0 ; (5.79)
quest’ultima relazione pertanto lega gli evenutuali vincoli di tipo Lagrangiano alle derivate dei vincoli
primari del contesto Hamiltoniano (da cui possono nascere i vincoli secondari). In definitiva, la presenza
di vincoli secondari Hamiltoniani è subordinata alla presenza di vincoli Lagrangiani e, viceversa, l’as-
senza di vincoli Lagrangiani (le eventuali relazioni (3.4) identicamente soddisfatte) esclude la presenza
di vincoli secondari Hamiltoniani.
5.2.5 Esempi
Esempio 5.2. Consideriamo la Lagrangiana L = qifi(q); I momenti coniugati e la relativa matrice
hessiana valgono:
pi =@L
@qi= fi(q) =) W =
@pi@qj
�=
@2L
@qj qi
�⌘ 0 =) detW = 0 e rankW = 0 ; (5.80)
infatti, tutti i momenti coniugati sono vincolati alle coordinate generalizzate. L’Hamiltoniana vincolata
di conseguenza si annulla identicamente:
HC = qipi � L = qifi � qifi ⌘ 0 , (5.81)
5.2 Classificazione dei vincoli 71
e il sistema è descritto dai vincoli:
'i = pi � fi(q) ⇡ 0 ; (5.82)
le componenti della matrice C valgono:
Cec = ['e,'c] = �@fe@qi
�ic +@fc@qi
�ie =@fc@qe
� @fe@qc
. (5.83)
Le equazioni di Lagrange in questo caso valgono:✓@fi@qj
� @fj@qi
◆
| {z }C
ji
qj = 0 , 8i , (5.84)
ove si evidenzia la presenza della matrice C.
Possono presentarsi 3 situazioni:
i) detC 6= 0: di conseguenza qi = 0, 8i; questo significa “assenza” di dinamica: qi(t) = qi(t0),
t > t0;
ii) detC = 0: si avrà un certo numero di qi indipendenti, con le rimanenti dipendenti da queste ultime,
in base a rankC;
iii) fi =@F
@qi, ove F = F (q); l’esistenza della funzione F è la condizione di chiusura delle forme
differenziali, che con opportuna regolarità del dominio (dominio stellato) fa sí che la forma sia
esatta. In tal caso la matrice C è identicamente nulla, cioè tutte le qi sono indipendenti.
Questa sembra la situazione piú generale di Hamiltoniana vincolata identicamente nulla. •
Esempio 5.3. [1] Questa è la versione Hamiltoniana dell’Esempio 3.12 di Pag. 32, con Lagrangiana
L =
1
2
q21 + q1q2 + (1� ↵)q1q2 +�
2
(q1 � q2)2, in cui ↵ e � giocano il ruolo di parametri costanti.
Il calcolo dei momenti coniugati produce:8>>>><
>>>>:
p1 =@L
@q1= q1 + q2
p2 =@L
@q2= (1� ↵)q1
=)(q1 = p1 � q2
'1 = p2 + (↵� 1)q1 ⇡ 0
, (5.85)
ove si vede che solo la velocità generalizzata q1 è invertibile, mentre q2 risulta variabile “libera”; nasce
quindi un vincolo, come evidenziato precedentemente sul rango dell’Hessiano (3.64).
La valutazione delle Hamiltoniane, vincolata e primaria, produce quindi:
HC =
1
2
(p1 � q2)2 � �
2
(q1 � q2)2
=) HP = HC + u1'1 , (5.86)
essendo u1 l’unico moltiplicatore.
72 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
La condizione di consistenza temporale dei vincoli si traduce in:
0 ⇡ '1 ⇡ ['1, HP ] ⇡ ['1, HC ] = ↵(p1 � q2)� �(q1 � q2) = '2 =) '2 ⇡ 0 , (5.87)
equazione che di fatto coincide, con la sostituzione q1 = p1 � q2, con la seconda delle Equazioni di
Lagrange (3.63) – che ovviamente è un’equazione di vincolo.
Ripercorrendo la casistica analizzata nell’approccio Lagrangiano, si possono distinguere le seguenti
situazioni.
a) ↵ = 0 e � = 0. La (5.87) è soddisfatta identicamente; pertanto non emergono ulteriori vincoli e '1 è
di prima classe. Le equazioni di Hamilton diventano:8>>>><
>>>>:
q1 ⇡ p1 � q2
q2 ⇡ u1
p1 ⇡ u1
p2 ⇡ p1 � q2
; (5.88)
q2 rimane quindi arbitrario e q1 (differenza di due quantità con derivata uguale) rimane costante.
b) ↵ = 0 e � 6= 0. La (5.87) fa nascere il vincolo secondario '2 = q1 � q2 ⇡ 0, che corrisponde al
vincolo tipo-A dell’analisi Lagrangiana.
La valutazione di consistenza temporale di quest’ultimo vincolo produce:
0 ⇡ '2 ⇡ ['2, HP ] = p1 � q2 � u1 =) u1 ⇡ p1 � q2 , (5.89)
che permette di determinare il valore del moltiplicatore. Da ciò, l’Hamiltoniana primaria diventa:
HP =
1
2
(p1 � q2)2 � �
2
(q1 � q2)2+ (p1 � q2)(p2 � q1) ; (5.90)
visto che la parentesi di Poisson degli unici due vincoli ['1,'2] = 1 ⇡6 0, si ha che questi sono
entrambi di seconda classe.
Infine, le equazioni di Hamilton diventano:8>>>>>>>>>>>><
>>>>>>>>>>>>:
q1 ⇡ (p1 � q2)| {z }⇡u1
+(p2 � q1)| {z }⇡0
⇡ u1
q2 ⇡ (p1 � q2)| {z }⇡u1
⇡ u1
p1 ⇡ � (q1 � q2)| {z }⇡0
+(p1 � q2)| {z }⇡u1
⇡ u1
p2 ⇡ (p1 � q2)| {z }⇡u1
�� (q1 � q2)| {z }⇡0
+(p2 � q1)| {z }⇡0
⇡ u1
, (5.91)
avendo sfruttato la determinazione del moltiplicatore e le equazioni di vincolo.
c) ↵ 6= 0. Il vincolo della (5.87) richiede l’ulteriore consistenza:
0 ⇡ '2 ⇡ ['2, HP ] = ��⇣(p1 � q2)� ↵(q1 � q2)
⌘+
⇣� � ↵2
⌘u1 . (5.92)
Anche qui si distinguono i sottocasi:
5.3 Cenni alle Teorie di Campo con vincoli 73
i) � = ↵2. Confrontando la (5.92) con la (5.87), in questo caso si ha:
0 ⇡ '2 = �↵'2 ⇡ 0 , (5.93)
che non introduce nuovi vincoli; visto che ['1,'2] = 0, entrambi i vincoli sono di prima classe.
Le equazioni di Hamilton diventano:8>>>><
>>>>:
q1 ⇡ p1
q2 ⇡ u1
p1 ⇡ ↵2(q1 � q2)� u1(↵� 1)
p2 ⇡ (p1 � q2)� ↵2(q1 � q2)
. (5.94)
ii) � 6= ↵2. In questo caso generale, la (5.92) permette di determinare u1:
u1 ⇡�
� � ↵2
⇣(p1 � q2)� ↵(q1 � q2)
⌘; (5.95)
invertendo la '2 ⇡ 0, si riesce ad identificare u1 nella forma semplice:
p1 � q2 ⇡�
↵(q1 � q2) =) u1 ⇡
�
↵(q1 � q2) . (5.96)
Le equazioni di Hamilton diventano:8>>>>>>>><
>>>>>>>>:
q1 ⇡ (p1 � q2) ⇡ u1
q2 ⇡ u1
p1 ⇡ �(q1 � q2)| {z }⇡↵u1
+u1(1� ↵) ⇡ u1
p2 ⇡ (p1 � q2)| {z }⇡u1
��(q1 � q2)| {z }⇡↵u1
⇡ (1� ↵)u1
, (5.97)
la cui soluzione è ancora data dalla (3.69) di Pag. 33. Inoltre, ['1,'2] = ↵2 � � 6= 0, quindi
anche in questo caso i vincoli sono entrambi di seconda classe.
Nell’esempio si nota come l’arbitrarietà di alcune funzioni della formulazione Lagrangiana – casi a) e
ci) dell’Esempio 3.12 – corrispondono alla presenza di vincoli di prima classe, mentre in caso contrario
a vincoli di seconda classe – casi omologhi del presente Esempio.
In [1] si sottolinea come questa correlazione è un fatto tipico dei sistemi vincolati. •
5.3 Cenni alle Teorie di Campo con vincoli
Anche nel caso infinito-dimensionale si possono trattare sistemi con Lagrangiana singolare, secon-
do la Definizione 3.2 del § 3.2, utilizzando l’approccio Hamiltoniano. A tal scopo, si può operare
un’opportuna estensione dei risultati precedenti, alla luce del formalismo presentato al § 4.3.
74 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
È importante evidenziare come l’estensione della (5.1) all’ambito dei Campi, da cui può nascere la
presenza di vincoli, corrisponde alla possibilità di inversione dei momenti coniugati (4.19) rispetto @0�l,
per cui serve valutare la (non-)singolarità della matrice:
�⇧l
�(@0�p)
=
�2L
�(@0�p)�(@0�l
)
. (5.98)
Visto che la densità di Lagrangiana L = L (�
l, @µ�l,x) non dipende da derivate di ordine superiore al
primo, utilizzando il risultato (2.15) per il funzionale (N � 1)-dimensionale L, indicato nella (2.8), si ha
che:�2L
�(@0�p)�(@0�l
)
=
@2L
@ (@0�p) @ (@0�l
)
= W 00 , (5.99)
ove il secondo membro è quello che compare nella matrice della relazione (3.70). Pertanto le “visioni”
Lagrangiana ed Hamiltoniana, per la valutazione dell’eventuale singolarità del sistema, coincidono.
L’estensione, tuttavia, deve tener conto che, passando a spazi di dimensione infinita, i vincoli che
discendono, nel caso in cui la matrice Hessiana W 00 sia singolare, sono, in generale, relazioni differen-
ziali, e non semplicemente algebriche:
'k(�l,⇧p, @µ�
l, @⌫⇧p,x) ⇡ 0 . (5.100)
Altresí, la condizione di consistenza si estende a tutte le variabili del dominio, sia quella temporale
che quelle spaziali (@µ'k ⇡ 0 , µ = 0, · · · , N � 1), cosí come compaiono relazioni integrali debolmen-
te zero (dovute, fondamentalmente, al comportamento della divergenza sul bordo del dominio, come
analizzato nell’Osservazione 2.3 di Pag. 10).
L’Hamiltoniana primaria diventa pertanto:
HP (�l,⇧p, @0⇧q, x
0) = HC +
Z
VN�1
uk(x)'k(x)d~x =
Z
VN�1
HP d~x , (5.101)
ove si è evidenziato come la dipendenza possa essere anche tramite alcune derivate dei campi, dovuta alla
singolarità del sistema, analogamente al caso discreto; altresí, si è evidenziata la densità di Hamiltoniana
primaria, esattamente come nel caso regolare. Le funzioni moltiplicatrici di vincolo uk(x) dipendono,
in generale, dal punto x dello spazio N -dimensionale.
La condizione di consistenza diventa pertanto 16:
0 ⇡ ['k? , HP ] = ['k? , HC ] +
Z
VN�1
uk(y) ['k?(x),'k(y)] d~y ; (5.102)
16La parentesi di Poisson si può portare dentro l’integrale per la proprietà di linearità, e per il fatto che i moltiplicatori nondipendono dai campi.
5.3 Cenni alle Teorie di Campo con vincoli 75
analogamente al caso discreto, le parentesi di Poisson 17 delle funzioni di vincolo definiscono una matrice
C(~x, ~y) di elementi:
Ck?k(~x, ~y) = ['k?(x),'k(y)] , (5.103)
con indici discreti k e k? e con dipendenza continua in (~x, ~y) 2 VN�1 ⇥ VN�1.
Se tale matrice è non-singolare (detC(~x, ~y) 6= 0) possiede un’inversa C
�1(~x, ~y) =
hbCkk?
(~x, ~y)i,
che dipende con continuità dalle variabili spaziali:Z
VN�1
Ck?k(~x, ~y) bCkk0(~y, ~z)d~y = �k
0k? �
N�1(~x� ~z) ; (5.104)
detta, tuttavia, eC(~x, ~y) =heCkk?
(~x, ~y)i
una matrice tale che:Z
VN�1
Ck?k(~x, ~y) eCkk0(~y, ~z)d~y = 0 , 8 k?, k0 , 8 ~x, ~z , (5.105)
si ha che anche la matrice C
�1(~x, ~y) + e
C(~x, ~y) risulta pertanto un’inversa di C(~x, ~y). Questo a riprova
che, in generale, l’inversa di tale matrice non è unica, e questa è una peculiarità delle Teorie di Campo.
Si osserva altresí come solo nel caso in cui Ck?k(~x, ~y) = �k?k �N�1
(~x� ~y) la (5.102) permette di
esprimere delle relazioni puramente algebriche per le funzioni moltiplicatrici; altrimenti, le relazioni
sono integro-differenziali, per la cui determinazione univoca servono opportune condizioni al bordo.
Viceversa, nel caso detC(~x, ~y) = 0, analogamente alla (5.53) del caso discreto, si devono cercare
gli autovettori di nullità, scritti in questo caso in forma integrale:Z
VN�1
Ck?k(~x, ~y)vks (~y)d~y = 0 , 8 k? , s = 1, · · · rankC(~x, ~y) ; (5.106)
anche in questo caso la relazione integrale non basta per determinare univocamente gli autovettori vs(~x).
In generale, anche per quanto riguarda la classificazione dei vincoli la situazione è piú complicata:
per esempio, come si dice in [1], possono essere vincoli di prima classe combinazioni lineari di vincoli e
derivate spaziali di altri vincoli; altresí, la corrispondente matrice continua D(~x, ~y) dei vincoli di seconda
classe non è necessariamente non-singolare, e quand’anche fosse invertibile, analogamente alla matrice
C(~x, ~y), la sua inversa non è necessariamente unica.
Infine, una combinazione lineare di vincoli, nel contesto dei Campi, assume la forma distribuita:
F [w] =
Z
VN
w(x)'k(x)dx . (5.107)
La richiesta che il funzionale F [w] costituisca una funzione di vincolo impone delle restrizioni alle
funzioni peso w(x); l’insieme di queste definisce lo spazio duale allo spazio dei vincoli:
D = {w(x) : F [w] ⇡ 0 , 'k(x) ⇡ 0} . (5.108)17La dipendenza funzionale rispetto le sole componenti spaziali si vede ricordando la posizione (4.26) e il risultato (4.28).
76 Capitolo 5. Sistemi Hamiltoniani Singolari
In tutte le relazioni integrali, pertanto, può essere decisivo il comportamento delle funzioni integran-
de sul bordo di integrazione @VN ; tipicamente si richiede che su questa ipersuperficie tali funzioni si
annullino 18.
18Questo è particolarmente importante per quelle definizioni/sviluppi che richiedono integrazioni per parti.
Capitolo 6
Il campo elettromagnetico
Obiettivo del presente capitolo è quello di mostrare brevemente come la Lagrangiana che descrive il
campo elettromagnetico sia singolare. Per comodità, ci si riallaccia alle considerazioni e alla simbologia
indicata nell’Esempio 2.3 di Pag. 12.
6.1 Deduzione dalle equazioni del campo dal principio di minima azione
Anche il campo elettromagnetico può dedursi dal principio variazionale di minima azione [11]. A
tale scopo, si richiama l’espressione dei campi ~E e ~B, espressi tramite i potenziali scalare � e vettore
~A = (Ax, Ay, Az):
~B = r⇥ ~A , (6.1a)
~E = �r�� @ ~A
@t. (6.1b)
Seguendo l’approccio della Relatività ristretta, i potenziali si possono riunire in un unico 4-vettore,
detto 4-potenziale,
Aµ=
✓�
c, ~A
◆=
✓A0
=
�
c, A1
= Ax , A2= Ay , A
3= Az
◆, (6.2)
ove l’indice in alto corrisponde alla forma in componenti controvarianti, e c = 299 792 458 m s�1 è
la costante universale 1 della velocità della luce nel vuoto 2; analoga fusione si opera anche fra densità
di carica ⇢ e densità di corrente ~j (che sono aspetti diversi della stessa realà fisica) nel 4-vettore detto
4-corrente:
jµ =
⇣c⇢ , ~j
⌘=
�j0 = c⇢ , j1 = jx , j
2= jy , j
3= jz
�. (6.3)
1Il dato è aggiornato al 2014 dal sito http://physics.nist.gov/constants (“CODATA Recommended Valuesof the Fundamental Physical Constants: 2014”), ed è considerato esatto.
2Fra diverse possibilità, questa impostazione per l’elettromagnetismo è scritta nell’ambito del Sistema Internazionaledi misura; pertanto compare la costante c nelle relazioni. Inoltre, [ ~E] = V m�1, [ ~B] = T = V s m�2, [⇢] = A s m�3,[~j] = A m�2, [ ~A] = V s m�1, [�] = V, µ0 = 4⇡ · 10�7 V s A�1m�1 e ✏0 = 8.854187817 · 10�12 A s V�1m�1 (ri-spettivamente permeabilità magnetica e costante dielettrica del vuoto); un modo elegante per ottenere il valore “arrotondato”
c = 3 · 108 m s�1 è quello di porre ✏0 ' 136⇡
10�9 A s V�1m�1 [34].
77
78 Capitolo 6. Il campo elettromagnetico
In generale, detto g il tensore metrico dello spazio di Minkowski (simmetrico di rango 2):
g = (gµ⌫) = (gµ⌫) =
0
BB@
1 0 0 0
0 �1 0 0
0 0 �1 0
0 0 0 �1
1
CCA , (6.4)
la forma covariante (indici in basso) dei 4-vettori si ottiene moltiplicando la forma controvariante per g,
e viceversa; nel caso del 4-potenziale, per esempio, si ha (per componenti):
Aµ = gµ⌫A⌫ () Aµ
= gµ⌫A⌫ ; (6.5)
altresí, è facile verificare che:
gµ�g�⌫ = �µ⌫ () ggT = gT g = I . (6.6)
Con tali posizioni, ricordando che:
xµ =
�x0 = ct , x1 = x , x2 = y , x3 = z
�, (6.7)
ove (x, y, z) è l’usuale terna cartesiana delle coordinate spaziali e t il tempo in un dato sistema iner-
ziale, si definisce il tensore del campo elettromagnetico (o tensore di di Faraday) covariante il tensore
antisimmetrico di rango 2 dato da 3:
Fµ⌫ = c
✓@A⌫
@xµ� @Aµ
@x⌫
◆= c (@µA⌫ � @⌫Aµ) . (6.8)
L’estensione della (6.5) permette di ottenere la versione controvariante del tensore del campo elettro-
magnetico:
Fµ⌫= gµ�g⌫�F�� () Fµ⌫
= c
✓@A⌫
@xµ� @Aµ
@x⌫
◆. (6.9)
Esplicitando le due forme, si ottiene:
(Fµ⌫) =
0
BB@
0 Ex Ey Ez
�Ex 0 �cBz cBy
�Ey cBz 0 �cBx
�Ez �cBy cBx 0
1
CCA e (Fµ⌫) =
0
BB@
0 �Ex �Ey �Ez
Ex 0 �cBz cBy
Ey cBz 0 �cBx
Ez �cBy cBx 0
1
CCA . (6.10)
Con tale formalismo, le (2.40) diventano:
A0µ = Aµ + @µ =) F 0
µ⌫ = Fµ⌫ + c (@µ@⌫ � @⌫@µ ) = Fµ⌫ , (6.11)
avendo supposto la funzione di gauge regolare per l’inversione dell’ordine di derivazione; pertanto il
tensore del campo rimane invariante, a fronte della trasformazione di gauge, in quanto le componenti di
tale tensore altro non sono che le 6 componenti del campo (le osservabili):(F i0
= Ei
F ij= �c ✏ijkBk
equivalentemente
8><
>:
Ei =1
2
F0i �1
2
Fi0
Bi= � 1
2c✏ijkFjk
, (6.12)
3Con l’impostazione data, gli elementi del tensore sono dimensionalmente campi elettrici: [Fµ⌫
] = V m�1.
6.1 Deduzione dalle equazioni del campo dal principio di minima azione 79
essendo ✏ijk il tensore completamente antisimmetrico di rango 3 (tensore di Levi Civita o simbolo di
permutazione 4), Ei= Exi
e Bi = Bxi
le componenti cartesiane dei campi elettrici e di induzione
magnetica rispettivamente.
La struttura a 4-tensore permette la trasformazione delle componenti secondo le trasformazioni di
Lorenz; pertanto, lo scalare Fµ⌫Fµ⌫ risulta Lorenz-invariante, proprietà compatibile col Postulato 2.2
relativo all’invarianza dell’Azione. La densità di Lagrangiana del campo è subordinata al riottenimento
delle equazioni descrittive dello stesso, cioè delle equazioni di Maxwell (nel vuoto):
r⇥ ~E = �@~B
@t✏ijk@jEk = �c @0B
i (6.13a)
r⇥ ~B = ✏0µ0@ ~E
@t+ µ0~j ✏ijk@jBk =
1
c@0E
i+ µ0 j
i (6.13b)
r · ~E =
⇢
✏0@iE
i=
⇢
✏0= cµ0 j
0 (6.13c)
r · ~B = 0 @iBi= 0 (6.13d)
scritte rispettivamente in forma vettoriale e per componenti, in cui l’indice in basso o in alto per le
componenti dei campi (i, j, k = 1, 2, 3) è stato utilizzato in base alla convenienza formale 5.
Ora, utilizzando le prime (6.12), la (6.13b) diventa:
@0Fi0+ @jF
ij
| {z }@µ
F iµ
= �cµ0 ji
=) @µFµi
= cµ0 ji , (6.14)
ove si è sfruttata l’antisimmetria del tensore F e si sono riunite le derivate parziali sotto un unico indice;
la (6.13c) parimenti si riscrive come:
@iFi0= cµ0 j
0; (6.15)
l’unione delle ultime due relazioni, visto che F 00= 0, fornisce la prima relazione covariante dell’elet-
tromagnetismo:
@µFµ⌫
= cµ0 j⌫ . (6.16)
Analogamente, utilizzando le seconde (6.12), le (6.13a) e (6.13d) si possono riunire nella seconda
relazione covariante dell’elettromagnetismo:
@µF⌫� + @⌫F�µ + @�Fµ⌫ = 0 . (6.17)
4Tale struttura algebrica, per un rango generico n (n indici) è definito come:
✏ijk···l = ✏ijk···l =
8><
>:
+1 , se (i, j, k, · · · , l) è una permutazione pari di (1, 2, 3, · · · , n)�1 , se (i, j, k, · · · , l) è una permutazione dispari di (1, 2, 3, · · · , n)0 , altrimenti
.
5La simbologia storica per l’elettromagnetismo potrebbe indurre sovrapposizione di alcuni simboli (✏ per la costante dielet-trica e il tensore di Levi Civita, µ per la permeabilità o per gli indici dello spazio di Minkowski); ovviamente il contesto (indicie pedici collegati, oltre alla posizione formale) aiuta nella disambiguazione.
80 Capitolo 6. Il campo elettromagnetico
A questo punto è facile verificare il:
Teorema 6.1. La densità di Lagrangiana 6
L = � ✏04c
Fµ⌫Fµ⌫ � 1
cAµj
µ . (6.18)
è compatibile con le equazioni del campo elettromagnetico nel vuoto.
Dimostrazione. Si osserva, preliminarmente, che la seconda relazione covariante (6.17) è automatica-
mente soddisfatta dalla definizione (6.8) del tensore F , grazie alla commutatività dell’ordine di deriva-
zione.
Inoltre, applicando le Equazioni di Lagrange (2.20) alla funzione L definita dalla (6.18), in cui i
campi sono rappresentati dalle componenti del 4-potenziale (�l= A⌫), si ottiene:
@L
@A⌫� @µ
✓@L
@ (@µA⌫)
◆= 0 . (6.19)
Il calcolo del primo termine produce:
@L
@A⌫= �1
c�⌫µj
µ= �1
cj⌫ . (6.20)
Per quanto riguarda il secondo termine, a parte il coefficiente, la quantità entro parentesi (la deriva-
ta piú interna) può essere sviluppata (con opportuna ridefinizione degli indici muti) per evidenziare
esclusivamente le componenti covarianti del tensore:
Fµ⌫Fµ⌫
= F↵�F↵�
= F↵�g↵�g��F�� , (6.21)
per cui:@(F↵�F
↵�)
@ (@µA⌫)= g↵�g��
✓@F↵�
@ (@µA⌫)
◆F�� + F↵�
✓@F��
@ (@µA⌫)
◆�; (6.22)
utilizzando la (6.8) si vede che le singole derivate parziali della relazione precedente valgono:✓
@F↵�
@ (@µA⌫)
◆= c
⇣�µ↵�
⌫� � �µ��
⌫↵
⌘e
✓@F��
@ (@µA⌫)
◆= c
��µ��
⌫� � �µ��
⌫�
�, (6.23)
che inserite nella (6.22) forniscono:
@(F↵�F↵�
)
@ (@µA⌫)= c g↵�g��
h⇣�µ↵�
⌫� � �µ��
⌫↵
⌘F�� + F↵�
��µ��
⌫� � �µ��
⌫�
�i=
= c⇥gµ�g⌫�F��| {z }
Fµ⌫
� g⌫�gµ�F��| {z }F ⌫µ
+ g↵µg�⌫F↵�| {z }Fµ⌫
� g↵⌫g�µF↵�| {z }F ⌫µ
⇤= 4c Fµ⌫ ,
(6.24)
ove l’ultima uguaglianza sfrutta l’antisimmetria del tensore F . Quindi, utilizzando il precedente risultato,
si ottiene:@L
@ (@µA⌫)= �✏0Fµ⌫
=) @µ
✓@L
@ (@µA⌫)
◆= �✏0@µFµ⌫ . (6.25)
6Coerentemente con la scelta delle unità di misura nel presente approccio, risulta [L ] = J s m�4.
6.2 Natura singolare del campo elettromagnetico 81
Infine, inserendo le (6.20) e (6.25) nella (6.19) si ottiene:
✏0@µFµ⌫
=
1
cj⌫ , (6.26)
che coincide con la prima relazione covariante dell’elettromagnetismo (6.16), visto che c2 =1
✏0µ0. ⌅
6.2 Natura singolare del campo elettromagnetico
La caratteristica di singolarità del campo è subordinata all’analisi del determinante della matrice
hessiana (3.70), applicata al presente contesto:
detW 00= det
@2L
@ (@0A⌫) @ (@0A�)
�. (6.27)
Il calcolo del singolo elemento della matrice,
Wµµ⌫� =
@2L
@ (@µA⌫) @ (@µA�)(6.28)
(in cui non è sottintesa la somma sull’indice µ, e gli indici del campo sono posti comunque a pedice),
può sfruttare il risultato (6.23):
Wµµ⌫� = �✏0
@Fµ⌫
@ (@µA�)= �✏0cgµ↵g⌫�
⇣�µ↵�
�� � �µ��
�↵
⌘=
= �✏0c⇣gµµg⌫� � gµ�g⌫µ
⌘=
1
cµ0
⇣gµ⌫gµ� � g⌫�gµµ
⌘,
(6.29)
avendo sfruttato, a convenienza, la simmetria del tensore g.
Pertanto, con la scelta µ = 0, si ottiene:
W 00 /
2
664
1 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
3
775�
2
664
1 0 0 0
0 �1 0 0
0 0 �1 0
0 0 0 �1
3
775 =
2
664
0 0 0 0
0 1 0 0
0 0 1 0
0 0 0 1
3
775 =) rankW 00= 3 , (6.30)
che conferma la singolarità del campo; in questo caso è quindi presente un vincolo primario.
Dal punto di vista Hamiltoniano, ricordando la (4.19) di Pag. 42, i momenti coniugati ai campi A⌫
sono dati da:
⇧
⌫=
�L
�(@0A⌫)=
@L
@ (@0A⌫)= �✏0F 0⌫ , (6.31)
avendo sottinteso un ragionamento analogo a quello che ha permesso di dedurre la (5.99) di Pag. 74 per
l’uguaglianza delle due differenti derivate.
Tenendo conto dell’antisimmetria del tensore F , in questa scelta di coordinate il vincolo primario
diventa dunque:
'1 = ⇧
0(x) = 0 , (6.32)
82 Capitolo 6. Il campo elettromagnetico
avendo evidenziato la dipendenza del momento dal punto x dello spazio di Minkowski. Si evidenzia il
fatto che, essendo nell’ambito continuo, questo unico vincolo formale dipende dal singolo punto dello
spazio, per cui il “conteggio” del numero dei vincoli effettivi è da intendersi, in questo caso, come
1⇥13 vincoli (la coordinata x0 è il parametro rispetto cui si svolge la dinamica).
Utilizzando la (6.6) nella (6.31) si ottiene la versione covariante dei momenti:
⇧↵ = g↵⌫⇧⌫= �✏0g↵⌫F 0⌫
= �✏0g↵⌫g0�g⌫�F�� =
= �✏0g0���↵F�� = �✏0g0�F�↵ = �✏0F0↵
=) F0i = �⇧i
✏0; (6.33)
questa può essere utilmente utilizzata per esprimere le “velocità” dei campi in funzione dei momenti e
delle derivate spaziali, invertendo la (6.8) per gli indici 0 e i:
@0Ai =F0i
c+ @iA0 = �⇧i
c✏0+ @iA0 = �cµ0⇧i + @iA0 . (6.34)
Prima di scrivere l’Hamiltoniana, è utile osservare che vale la seguente relazione, tenendo conto
dell’antisimmetria del tensore F :
Fµ⌫Fµ⌫
= F0iF0i+ FikF
ik+ Fi0F
i0= 2F0iF
0i+ FikF
ik; (6.35)
pertanto, inserendo opportunamente i precedenti risultati (6.31) – (6.35), si ha per la densità di Hamito-
niana vincolata:
HC = ⇧
i@0Ai � L = �cµ0⇧i⇧i +⇧
i@iA0 +✏04c
Fµ⌫Fµ⌫
+
1
cAµj
µ=
= �cµ0
2
⇧
i⇧i +⇧
i@iA0 +✏04c
FikFik+
1
cAµj
µ ,(6.36)
ove si evidenzia il fatto che non ci sono dipendenze da derivate “temporali” (analogamente al caso
discreto).
Integrando per parti la HC nel dominio spaziale, si ottiene:
HC =
Z
V3
HC d~x =
Z
V3
✓�cµ0
2
⇧
i⇧i �A0 @i⇧
i+
✏04c
FikFik+
1
cAµj
µ
◆d~x , (6.37)
avendo supposto che i contributi dei campi e dei momenti si annullino sul bordo del dominio (tipicamente
all’infinito). Da ciò, introducendo l’unico vincolo primario, si arriva all’Hamiltoniana primaria:
HP = HC +
Z
V3
V1(x)⇧0(x) d~x , (6.38)
essendo V1(x) la funzione moltiplicatrice.
La condizione di consistenza temporale del vincolo diventa quindi:
0 ⇡ [⇧
0, HP ] =
⇧
0,
Z
V3
✓�A0 @i⇧
i+
1
cAµj
µ
◆d~x
�= �@i⇧i
+ ⇢ , (6.39)
6.2 Natura singolare del campo elettromagnetico 83
essendo, in questo caso, le parentesi fondamentali di Poisson (4.28) non identicamente nulle le relazioni:
[Aµ(x),⇧⌫(y)]x0=y0 = �⌫µ �
3(~x� ~y) , (6.40)
eZ
V3
�3(~x� ~y)j0(~y)
cd~y = ⇢(~x) . (6.41)
Pertanto, '2 = @i⇧i � ⇢ ⇡ 0 è un’ulteriore vincolo (secondario) per il sistema (è la legge di Gauss).
Siccome ['2, HP ] ⌘ 0, non ci sono ulteriori vincoli reiterando la procedura vista al Capitolo 5. Infine,
visto che ['1,'2] ⇡ 0, entrambi i vincoli sono di prima classe.
Concludendo, con questa scelta di coordinate, il campo elettromagnetico è un sistema vincolato con
due gradi di libertà “continui”, nel senso di 2⇥13.
Capitolo 7
Conclusioni
Obiettivo di questa tesi è stato quello di presentare l’apparato formale, sia Lagrangiano che Ha-
miltoniano dei sistemi cosiddetti vincolati, caratteristica conseguente alla singolarità della Lagrangia-
na; la trattazione ha riguardato i sistemi con un numero finito di gradi di libertà (sistemi discreti), pur
presentando qualche risultato importante anche per i sistemi continui.
L’apparato formale è stato introdotto inizialmente da Dirac [27], Anderson e Bergmann [31]; una
successiva rielaborazione e sistematizzazione importante è stata svolta da Sundermeyer [1]. Di seguito
verranno elencati le definizioni e i risultati principali presentati all’interno del presente lavoro.
Le equazioni di Lagrange nascono a partire dal funzionale di Azione:
S =
Z t2
t1
L(qi, qi, t)dt ,
definito tramite la funzione di Lagrange L (che è caratteristica del sistema), che può essere reso stazio-
nario con tecniche di calcolo delle variazioni:
d
dt
✓@L
@qi
◆� @L
@qi= 0 , i = 1, . . . , n ;
nel caso il sistema sia distribuito, si introduce la densità di Lagrangiana L , in cui le coordinate genera-
lizzate diventano campi, e le equazioni di Lagrange sono scritte in funzione di quest’ultima:
@L
@�l� @µ
✓@L
@ (@µ�l)
◆= 0 .
L’eventuale singolarità del sistema emerge nel caso l’Hessiano della Lagrangiana (o densità di La-
grangiana, nel caso continuo) abbia determinante nullo:
detW = det
@2L
@qi@qj
�= 0 ,
e, rispettivamente, per il caso continuo:
detW 00= det
@2L
@ (@0�p) @ (@0�l
)
�= 0 .
85
86 Capitolo 7. Conclusioni
Importanza notevole rivestono le trasformazioni di coordinate, in particolare le trasformazioni pun-
tuali:
x0⌫= x
0⌫(x,0 , x1, · · · , xN�1
) , ⌫ = 0, 1, · · · , N � 1 ,
in cui si necessita dell’invertibilità, con la condizione
det J = det
"@x
0⌫
@xµ
#6= 0 , x 2 VN .
Nell’ottica delle trasformazioni, si richiede che l’Azione sia uno scalare invariante:
S0(�
0l, @⌫�0l) = S(�l, @µ�
l) .
Trasformazioni che lasciano invariata la descrizione del sistema si dicono trasformazioni di simmetria,
mentre trasformazioni che lasciano invariato un opportuno funzionale F = F (Q):
Q
0= Q
0(Q,↵) =) F (Q
0) = F (Q) ,
si dicono trasformazioni di gauge (locali, se dipendono dal punto, globali viceversa). Gli osservabili
fisici corrispondono tipicamente ai funzionali, mentre le coordinate all’impianto descrittivo del sistema
(che è di natura astratta).
Lo studio si restringe alle trasformazioni infinitesime, che costituiscono un gruppo continuo:
x0⌫= x⌫ + �x⌫ , �x⌫ ! 0 , 8⌫ ,
in cui i campi si trasformano di conseguenza:
�
0l(x
0) = �
l(x) + ��l ,
����l��
|�l(x)| ����!�x⌫!0
0 , 8l .
L’analisi di tali trasformazioni produce un risultato preliminare importante:
@µ
✓L �xµ +
@L
@(@µ�l)
��l � ⇤
µ
◆+ Ll��
l= 0 ,
detta identità generalizzata di Bianchi. I conseguenti teoremi di Noether indicano leggi di conservazione,
in varie accezioni.
Se l’Azione è invariante per trasformazioni infinitesime di un gruppo continuo finito (cioè un grup-
po di Lie R-dimensionale) devono esistere R combinazioni linearmente indipendenti delle derivate di
Eulero della Lagrangiana (il primo membro delle equazioni di Lagrange) che sono divergenze (Primo
Teorema di Noether).
Se l’Azione è invariante per trasformazioni infinitesime di un gruppo continuo infinito parametriz-
zato da R funzioni arbitrarie, devono esistere R identità (algebriche o differenziali) indipendenti delle
87
derivate di Eulero della Lagrangiana (il primo membro delle equazioni di Lagrange) (Secondo Teorema
di Noether).
La conseguenza del primo Teorema è che se l’Azione è invariante per trasformazioni infinitesime di
un gruppo continuo finito, in corrispondenza del moto reale si deve conservare il flusso di R quantità
(spesso interpretate come “correnti”) j⌘ = [j⌘µ], ⌘ = 1, · · · , R.
Nell’ambito discreto le quantità conservate soddisfano la relazione:
d
dt
✓L� @L
@qiqi◆A⌘ � @L
@qiB⌘i�⌘
�=
d
dtj⌘(t) = 0 , ⌘ = 1, · · · , R .
Inoltre, anche nel caso di Lagrangiana quasi-invariante si genera una simmetria.
La singolarità del sistema fa nascere vincoli (sia nell’ambito discreto che in quello continuo), a partire
dagli autovalori di nullità della matrice singolare. Tali relazioni di vincolo devono anch’esse soddisfare
alla dinamica, e pertanto fanno nascere nuovi vincoli: nella forma normale sono funzioni che si annullano
identicamente, e quindi anche la derivata temporale delle funzioni di vincolo deve annullarsi. Si genera
quindi un processo di riduzione che termina quando dai vincoli ottenuti non se ne generano ulteriori
indipendenti.
Nell’ambito Lagrangiano, i vincoli si distinguono nel tipo-A (funzioni di vincolo dipendenti solo dal-
le coordinate generalizzate) e tipo-B (funzioni di vincolo dipendenti anche dalle velocità generalizzate).
I vincoli, in definitiva, dicono che alcune coordinate sono funzioni arbitrarie, cioè la cui dinamica non
dipende dal sistema stesso, e creano un’indeterminazione nello stato futuro del sistema stesso.
Anche l’approccio tradizionale di vedere i vincoli come imposti dall’esterno nel sistema rientra in
questo formalismo, purché si definisca un’opportuna estensione della Lagrangiana, contenente le funzio-
ni di vincolo sommate linearmente tramite moltiplicatori indeterminati, che assumono il significato di
coordinate aggiuntive: tale Lagrangiana estesa risulterà pertanto singolare.
Il risultato piú importante nell’ambito continuo è che una Lagrangiana invariante per una trasfor-
mazione di gauge locale è necessariamente singolare.
Il formalismo Hamiltoniano parte dalla definizione di momenti coniugati alle coordinate (sistemi
discreti):
pi =@L
@qii = 1, . . . , n ;
nel contesto continuo diventano:
⇧l =�L
�(@0�l)
,
ove si utilizza la derivata funzionale come estensione della derivata parziale ordinaria.
88 Capitolo 7. Conclusioni
L’idea di fondo di questo approccio è quella di avere l’insieme di coordinate e momenti coniugati
come un insieme di nuove variabili tutte indipendenti, che definiscono uno spazio nuovo, lo spazio delle
fasi su cui determinare la dinamica del sistema. A tale scopo si utilizza la funzione di Hamilton, che nel
discreto è definita come:
H = qipi � L(qi, qi, t) ,
mentre nel continuo come (la quantità entro parentesi sotto il segno di integrale è la densità di Hamilto-
niana):
H(�
l,⇧l, x0) =
Z
VN�1
⇧l@0�ld~x� L(�l, @µ�
l, x0) =
Z
VN�1
⇣⇧l@0�
l � L (�
l, @µ�l,x)
⌘d~x ,
applicazione alla Meccanica di trasformazioni dette di Legendre.
Un’Hamiltoniana che deriva da una Lagrangiana non singolare è funzione di tutte e sole le coordinate
dello spazio delle fasi, ed è detta regolare; viceversa, alcuni momenti coniugati non sono indipendenti, la
dipendenza dell’Hamiltoniana è anche tramite alcune velocità generalizzate, e, alla stregua dell’approc-
cio Lagrangiano, nascono vincoli nel sistema; in questo caso l’Hamiltoniana è detta singolare. I vincoli
che nascono direttamente dai momenti dipendenti sono detti vincoli primari.
Nel caso regolare, la dinamica del sistema è retta dalle cosiddette equazioni di Hamilton, che in
ambito discreto si scrivono: 8>>>><
>>>>:
qi = +
@H
@pi
pi = �@H@qi
,
mentre nel continuo: 8>>><
>>>:
@0�l= +
�H
�⇧l
@0⇧l = � �H��l
.
Il formalismo Hamiltoniano diventa piú elegante e di pratico utilizzo con l’introduzione delle paren-
tesi di Poisson:
[F,G] =
@F
@qi@G
@pi� @G
@qi@F
@pi
e
[F,G]x0=x0 =
Z
VN�1
✓�F
��l
�G
�⇧l� �G
��l
�F
�⇧l
◆d~x ,
rispettivamente per sistemi discreti e continui.
Cosí facendo, le equazioni di Hamilton diventano(qi = [qi, H]
pi = [pi, H]
,
89
per il caso discreto, e: (@0�
l= [�
l, H]
@0⇧l = [⇧l, H]
,
per il caso continuo. Le parentesi speciali:8><
>:
[qi, qj ] = 0
[pi, pj ] = 0
[qi, pj ] = �ij
e 8><
>:
[�
l(x),�p
(y)]x0=y0 = 0
[⇧l(x),⇧p(y)]x0=y0 = 0
[�
l(x),⇧p(y)]x0=y0 = �lp �
N�1(~x� ~y)
si dicono parentesi fondamentali (rispettivamente discrete e continue).
Le parentesi fondamentali definiscono in modo molto elegante la canonicità di una trasformazione
se queste sono conservate dalla trasformazione stessa. La conseguenza è che, sempre tramite le parentesi
di Poisson, ogni trasformazione canonica infinitesima è caratterizzata da una funzione g, detta funzione
caratteristica. Con tale funzione vige la seguente proprietà: una arbitraria funzione delle coordinate
canoniche A = A(z), a fronte di una trasformazione canonica di funzione generatrice g, subisce un
incremento dato da:
�gA = "[A, g] .
Inoltre, se l’Hamiltoniana è invariante in corrispondenza della trasformazione canonica infinitesima
(�gH = 0) e la funzione generatrice non dipende esplicitamente dal tempo (@g
@t= 0) si ha che g
è una quantità conservata (g = 0) in corrispondenza della traiettoria del moto. Infine, se un’ulteriore
generatrice g0 è conservata, anche la parentesi [g, g0] rimane conservata. Ad un’Hamiltoniana invariante
corrisponde una Lagrangiana quasi-invariante.
Nel caso l’Hamiltoniana sia singolare, si opera un processo di riduzione per la ricerca di nuovi
vincoli, tramite il postulato di consistenza temporale degli stessi. Ma in questo ambito, una prima classi-
ficazione prevedere di definire secondari quelli ottenuti successivamente nel processo di riduzione, come
contrapposizione a quelli primari, ottenuti direttamente dalla singolarità dell’Hessiano.
Altresí, visto che le relazioni di vincolo restringono la dinamica ad una sotto-varietà dello spazio
degli stati, Dirac ha proposto la dicitura di uguaglianza debole, di simbolo ⇡ (se verificata solo nell’am-
bito della sotto-varietà) e forte, di simbolo ' (se accompagnata dall’annullarsi delle derivate rispetto le
variabili dello stesso spazio delle fasi, sempre all’interno della stessa sotto-varietà).
Con tale nomenclatura, si possono catalogare le funzioni come di prima classe se commutano de-
bolmente con tutti i vincoli che definiscono la sotto-varietà su cui si attua la dinamica del sistema, e di
90 Capitolo 7. Conclusioni
seconda classe se tale richiesta non è soddisfatta. In tali definizioni ricadono anche le funzioni di vinco-
lo, per cui i vincoli si possono catalogare in vincoli di prima e seconda classe, indipendentemente dalla
catalogazione fra primari e secondari.
Lo studio dei sistemi singolari parte dalla definizione dell’Hamiltoniana vincolata:
HC(qi, pa, q
c) = f b
(qi, pa, qc)pb + qege(q
i, pa)� L(qi, f b(qi, pa, q
c), qc) ,
dove qe sono le velocità generalizzate libere e pe = ge(qi, pa) sono i momenti coniugati non-indipendenti.
Il formalismo si completa e generalizza con la definizione dell’Hamiltoniana primaria:
HP = HC + uc'c ,
essendo 'c ⇡ 0 i vincoli scritti in forma normale (come uguaglianza debole, alla Dirac). Cosí, la
dinamica del sistema vincolato è descritta dal sistema di equazioni (equazioni di Hamilton):8>>>><
>>>>:
pi ⇡ �@HP
@qi
qj ⇡ +
@HP
@pj
equivalentemente
(qi ⇡ [qi, HP ]
pj ⇡ [pj , HP ].
L’evoluzione della generica F = F (q,p) si scrive nella forma:
˙F ⇡ [F,HP ] ⇡ [F,HC ] + uc[F,'c] ,
L’Hamiltoniana primaria può essere riscritta evidenziando le funzioni di vincolo di prima classe 's:
HP = HC + euc'c| {z }H0
+µs vcs'c|{z}'s
= H 0+ µs's ;
si dimostra facilmente che sia HP che H 0 sono funzioni di prima classe.
Un risultato importante è che l’insieme delle funzioni di prima classe è chiuso rispetto le Parentesi
di Poisson, cioè la Parentesi di Poisson di due funzioni di prima classe è ancora una funzione di prima
classe.
D’altro canto, la matrice delle Parentesi di Poisson dei vincoli di seconda classe è non-singolare e
tale matrice è di ordine pari.
Infine, si trova che il numero di moltiplicatori uc indeterminati è pari al numero di vincoli primari
di prima classe (indipendenti) e vale la relazione, per la dinamica della generica funzione F , in forma
simmetrica, in cui compaiono tutti vincoli di seconda classe �⇢:
˙F ⇡ [F,HC ] + µs[F,'s]� [F,��]
bD�⇢[�⇢, HC ] ,
91
essendo bD�⇢ gli elementi dell’inversa della matrice delle Parentesi di Poisson dei vincoli di seconda
classe.
Per i sistemi continui, i vincoli diventano relazioni integro-differenziali, in cui i gradi di libertà vanno
contati come numero di “infiniti”.
Come esempio notevole di campo singolare reale, si trova che il campo elettromagnetico (classico)
possiede due (infiniti) vincoli, uno primario e uno secondario, entrambi di prima classe, se i campi della
Lagrangiana sono le componenti del 4-potenziale Aµ.
In questo caso, la densita di Lagrangiana (scritta con le unità di misura del Sistema Internazionale)
assume la forma:
L = � ✏04c
Fµ⌫Fµ⌫ � 1
cAµj
µ ,
dove jµ sono le componenti della 4-corrente e
Fµ⌫ = c
✓@A⌫
@xµ� @Aµ
@x⌫
◆= c (@µA⌫ � @⌫Aµ) (7.1)
è il tensore del campo elettromagnetico (nella forma covariante; Fµ⌫= gµ�g⌫�F�� è la corrispondente
forma controvariante, essendo g il tensore metrico dello spazio di Minkowski).
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93
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http://www.unife.it/scienze/fisica/insegnamenti/meccanica-analitica/materiale-didattico/
note-sul-formalismo-lagrangiano/view
[29] Carlo Ferrario, “Note sul formalismo Hamiltoniano – Corso di Meccanica Superiore e Relatività”,A.A. 2009/2010, consultabile all’indirizzo:
http://www.unife.it/scienze/fisica/insegnamenti/meccanica-analitica/materiale-didattico/
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[30] J. Brian Pitts, “A First Class Constraint Generates Not a Gauge Transformation, But a Bad PhysicalChange: The Case of Electromagnetism”, Annals of Physics 351 (2014) pp. 382–406; Philsci;arxiv:1310.2756, consultabile all’indirizzo:
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[31] J. L. Anderson and P. G. Bergmann, Phys. Rev. 83, 1018 (1951).
[32] Paul A. M. Dirac, Can. J. Math., 2, 129 (1950).
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[34] Gian Carlo Corazza, “Campi Elettromagnetici”, Zanichelli, 1994.
Indice analitico
4-corrente, 77
4-potenziale, 77
Azione, 3, 5, 7, 10, 17
campo
elettromagnetico, 12, 77
potenziali, 77
tensore del, 78
solenoidale, 17
commutatore, 49
convenzione
di Einstein, iv, 6
teoria della Relatività, 5
coordinate generalizzate, 3
delta di Dirac, iv, 44
proprietà fondamentale, 44
delta di Kronecker, iv
derivata
di Eulero, iii, 4, 8, 16, 34
di Fréchet, 6
funzionale, 5, 7, 11
variazionale, 5
descrittori della trasformazione infinitesima, 18
divergenza
definizione 3-dimensionale, 17
elettromagnetismo
Hamiltoniana primaria, 82
relazioni covarianti, 79
equazione di Schrödinger, 13
Equazioni
deboli, 55
forti, 55
equazioni di Hamilton, 39
caso continuo, 43
con Parentesi di Poisson, 42
caso continuo, 45
forma simplettica, 41
invarianza delle, 47
sistemi singolari, 58
con Hamiltoniana primaria, 59
con Parentesi di Poisson, 58
Equazioni di Lagrange, 4, 8, 11, 21, 27, 43
equazioni di Maxwell, 79
fibrato
cotangente, 38
tangente, 38, 53
flusso
di un campo vettoriale, 17
tubi di, 17
formalismo canonico, 37
Funzionale, 5
continuità, 5
derivata funzionale, 5
Funzioni
95
96 INDICE ANALITICO
di prima classe, 65
di seconda classe, 65
di vincolo, 55, 57
Gauge
di Lorenz, 13
Teorie di, 21
Trasformazione di, 11
gruppo simplettico, 46
Hamiltoniana
definizione, 38
densità di, 42
di prima classe, 66
estesa, 57
primaria, 59
regolare, 39
totale, 59
vincolata, 54
Identità generalizzata di Bianchi, 16
Lagrangiana
densità di, 5
invariante
in senso debole, 19
in senso forte, 14
quasi-invariante, 19
regolare, 4, 33
singolare, 21, 33, 34
Lie
algebra, 41
matrice simplettica, 46
momenti
canonici, 37
coniugati, 37
caso continuo, 42
densità di, 42
generalizzati, 37
Noether
Primo Teorema di, 16
Secondo Teorema di, 18
Teorema con Lagrangiana quasi-invariante, 50
Notazione simplettica, 41
off-shell, 16, 34
on-shell, 17
osservabili fisici, 11
Parentesi di Lagrange, 49
Parentesi di Poisson, 40
caso continuo, 44
chiusura delle funzioni di prima classe, 67
fondamentali, 41
caso continuo, 44
notazione simplettica, 41
notazione simplettica, 41
Teorema di Invarianza, 47
potenziali elettromagnetici, 12
Relatività, 12
simbolo di permutazione, iv, 79
simmetrizzazione, iii, 34
sotto-spazio di nullità, 62, 65
spazio
delle configurazioni, 3, 37
delle fasi, iii, 37, 38
INDICE ANALITICO 97
di Minkowski, iv, 5
forma controvariante, 77
forma covariante, 78
tensore metrico, iv, 78
duale, 38
allo spazio dei vincoli, 75
tensore di Levi Civita, iv, 79
Teorema
di Liouville, 17
Trasformazione
canonica, 45
condizione simplettica, 46
funzione generatrice, 48
infinitesima, 48
di gauge, 11
campo e.m., 12
globale, 11
locale, 11
di Legendre, 38
di simmetria, 11
finita, 14
infinitesima, 14
puntuale, 9
velocità della luce, iv, 77
Vincoli
consistenza
caso continuo, 74
temporale, 61
di prima classe, 66
di seconda classe, 66
primari, 39, 53, 54
secondari, 62, 64, 70
condizione di terminazione, 63
procedura di riduzione, 63
tipo-A, 24
tipo-B, 24
Ringraziamenti
Al termine di questo percorso il mio pensiero non può che andare innanzitutto alla mia famiglia, a
mia moglie Cristina che ha “sopportato” e supportato le interminabili ore di studio, e alle mie splendide
figlie Eleonora e Laura che, seppur piccole, hanno iniziato anche loro ad appassionarsi alla Fisica.
Dal punto di vista scientifico un sentito grazie al Dr. Denis Comelli, che ha saputo stimolare ed
indirizzare il mio interesse verso un campo tanto affascinante quanto di elevato profilo concettuale, oltre
all’attenta revisione di questo scritto, con osservazioni e suggerimenti importanti; altresí ringrazio la
disponibilissima Dr. Isabella Masina nel suo ruolo di Relatrice ed esperta nel settore, unitamente a tutti
i docenti del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra che ho avuto modo di incontrare in questo
percorso.
Mi sento in dovere di ringraziare (anche se non lo sapranno mai!) illustri scienziati, tra i quali
Antonino Zichichi, Lawrence M. Krauss, Igor D. Novikov e soprattutto Roger Penrose, perché anche
grazie alla lettura di loro intriganti opere divugative che ho maturato il desiderio di approfondire la
conoscenza della Fisica oltre gli studi svolti in gioventú.
Ringrazio inoltre mio fratello Graziano, gli amici e i colleghi che, vedendo un non-piú-ragazzino
studiare come un ragazzino, mi hanno incoraggiato a proseguire in questa strana sfida.
Infine, un dolce pensiero va ai miei genitori, Flora e Giuseppe, che dall’Alto mi hanno aiutato in
questo percorso, e quando erano con me nell’insegnarmi a non scoraggiarmi.