teoria del portafoglio

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE SAFE CENTER CENTER FOR STUDIES IN ACTUARIAL AND FINANCIAL ENGINEERING -ECONOMICS SAFE CENTER DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA Via Giardino Giusti, 2 - 37129 VERONA Fax 045 8054935; http://dse.univr.it/safe Francesco Rossi Teoria della selezione del portafoglio e modelli di equilibrio del mercato dei capitali

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Teoria di Gestione del portafoglio

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE

SAFE CENTER CENTER FOR STUDIES IN ACTUARIAL AND FINANCIAL ENGINEERING -ECONOMICS

SAFE CENTER DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA Via Giardino Giusti, 2 - 37129 VERONA Fax 045 8054935; http://dse.univr.it/safe

Francesco Rossi

Teoria della selezione del portafoglio

e

modelli di equilibrio del mercato dei capitali

Introduzione CAPITOLO 1 - RENDIMENTO E RISCHIO DI UN’ATTIVITÀ 1.1 Rendimento di un titolo 1.2 Rendimento di un prodotto o business 1.3 Rendimento atteso e rischio di un titolo o business 1.4 Confronto fra più titoli o business CAPITOLO 2 - ANALISI DI UN PORTAFOGLIO COMPOSTO DA DUE TITOLI O

BUSINESS 2.1 Introduzione 2.2 Analisi dei portafoglio possibili nel caso di due titoli o business a rendimento aleatorio 2.2.1 Un’applicazione 2.3 Selezione dei portafogli efficienti (frontiera efficiente) nel caso di due titoli o business a

rendimento aleatorio 2.3.1 Caso con perfetta correlazione lineare positiva fra i rendimenti di due titoli o business 2.3.2 Caso con perfetta correlazione lineare negativa fra i rendimenti di due titoli o business 2.3.3 Caso con non perfetta correlazione lineare fra i rendimenti di due titoli o business (di

rilevante interesse operativo) 2.4 L’introduzione nel portafoglio di un titolo a rendimento certo CAPITOLO 3 - ANALISI DI PORTAFOGLIO CON n TITOLI O BUSINESS 3.1 Rendimento e rischio di portafogli fattibili 3.2 Analisi del rischio del portafoglio all’aumentare del numero di titoli o business rischiosi

in portafoglio 3.2.1 Caso di titoli o business con rendimenti aleatori tutti linearmente indipendenti fra loro 3.2.2 Caso di titoli o business con rendimenti aleatori linearmente correlati 3.3 La selezione dei portafogli efficienti ovvero la valutazione della frontiera efficiente 3.4 Il modello parametrico Appendice Teorema di separazione Teorema di ortogonalità CAPITOLO 4 - ANALISI DEL PORTAFOGLIO IN PRESENZA DI TITOLI O

BUSINESS A RENDIMENTO ALEATORIO, INVESTIMENTI E FINANZIAMENTI A TASSO CERTO

4.1 Portafogli efficienti (frontiera efficiente) nel caso di n-1 titoli o business a rendimento aleatorio e un titolo a rendimento certo

4.2 Alcune simulazioni 4.3 Portafogli efficienti, (frontiera efficiente) utilizzando sia titoli o business a rendimento

aleatori sia un titolo a rendimento certo sia la possibilità di indebitamento a tasso certo CAPITOLO 5 - ROI, ROE E SOSTENIBILITÀ DEI DEBITI 5.1 Valore atteso e varianza di ROI e ROE 5.2 Ipotesi di tasso certo di debiti e rendimento aleatorio dei business 5.2.1 Scelte efficienti 5.2.2 Tasso massimo dei debiti razionalmente sostenibile dall’azienda 5.2.3 Simulazioni sulla valutazione del tasso massimo razionalmente sostenibile 5.2.4 L’effetto dei vincoli operativi sul tasso certo massimo sostenibile

5.2.5 Alcune simulazioni della valutazione del tasso certo massimo sostenibile in presenza di vincoli operativi sulle variabile decisionali

CAPITOLO 6 - MODELLI SEMPLIFICATI DI SELEZIONE DEL PORTAFOGLIO:

IL MODELLO DIAGONALE DI SHARPE 6.1 Il modello diagonale di Sharpe 6.1.1 Rendimento e rischio di un titolo 6.1.2 Rendimento e rischio di portafogli fattibili con n titoli a rendimento aleatorio 6.1.3 La valutazione del rischio al crescere del numero di titoli o business in portafoglio o

azienda 6.1.4 La valutazione delle soluzioni efficienti CAPITOLO 7 - MODELLI SEMPLIFICATI DI SELEZIONE DEL PORTAFOGLIO:

MODELLI A PIÙ INDICI 7.1 Modelli a più indici 7.2.0 Richiami su autovalori e autovettori 7.2.1 La tecnica delle Componenti Principali (P.C.A.) 7.2.2 Alcune esperienze CAPITOLO 8 - LA SCELTA PREFERITA 8.1 Introduzione 8.2 La teoria dell’utilità attesa 8.3 Valutazione della funzione di utilità 8.4 Individuazione del portafoglio a rendimento aleatorio preferito 8.4.1 Criterio di scelta: la funzione di utilità e le curve di indifferenza in E-V 8.4.2 Utilizzo dell’arco di circonferenza tangente alla frontiera efficiente E-V come curva di

indifferenza CAPITOLO 9 - MODELLI DI EQUILIBRIO 9.1 Equilibrio di mercato 9.2 Il Capital Asset Pricing Model (C.A.P.M.) 9.2.1 Le ipotesi del C.A.P.M. 9.2.2 La Security Market Line (S.M.L.) 9.3 L’Arbitrage Pricing Theory (A.P.T.) 9.3.1 Le ipotesi dell’A.P.T. 9.3.2 Il modello di equilibrio Allegato - Indicatori di Performance Bibliografia

1

Introduzione

Nel mercato finanziario o produttivo o commerciale o del lavoro, ovvero nel mercato globale dei capitali, un decisore si trova ad operare su più possibilità e deve utilizzare tutte le informazioni disponibili per la valutazione dei rendimenti futuri delle attività che sono oggetto della sua analisi.

Per molte attività, in genere la maggior parte di esse, i rendimenti futuri non sono certi, quindi la decisione si svolge in ambito incerto per mancanza, incompletezza o inattendibilità, delle conoscenze ed informazioni a disposizione1.

Poiché "distinguere ciò che ad un certo momento ignoriamo da ciò che invece ci risulta essere o certo o impossibile serve a permetterci di contemplare l'ambito delle possibilità, ossia l'ambito su cui si estende la nostra incertezza. Ciò non basta tuttavia come strumento e guida per orientarci, per decidere, per agire: per tale scopo occorrerà basarsi su un ulteriore concetto: quello di probabilità" 2, vi è allora la convenienza, opportunità a dare una valutazione probabilistica ad ogni rendimento futuro che si ritenga possibile. Si giunge così a descrivere la variabile aleatoria rendimento del progetto di investimento.

La Selezione del Portafoglio3 è stata proposta per affrontare il problema della ripartizione di risorse finanziarie tra diverse possibilità di investimento con rendimento aleatorio. Scopo primario è quello di controllare sia il rendimento sia il rischio degli investimenti. Per risolvere tale problema il metodo analizza una sola unità temporale ed applica all'insieme delle possibili scelte il criterio E-V (Expected value-Variance).

Il criterio E-V ipotizza che il decisore scelga il proprio portafoglio perseguendo non solo la massimizzazione del rendimento atteso (E), ma anche la minimizzazione del rischio (V), approfondendo così il tema della diversificazione e della individuazione delle scelte efficienti.

Poichè le opportunità d'investimento possono assumere varie forme, azioni, obbligazioni, valute e loro derivati (in ambito strettamente finanziario), affari, servizi, prodotti (in ambito commerciale ed industriale) si propone di applicare la selezione del portafoglio, e quindi il criterio E-V, anche a questi ultimi, dato che è facile convenire sul fatto che un’azienda può essere vista come un portafoglio di prodotti o di servizi. Si propone quindi di controllare anche il rendimento atteso e il rischio aziendale e di dare una risposta al problema noto come sostenibilità dei debiti, ovvero la valutazione del tasso certo massimo sostenibile per un’impresa, dati i rendimenti attesi dei suoi business e i vincoli operativi.

D'ora in avanti si parlerà semplicemente di titoli o business, intendendo con ciò una qualunque forma d'investimento omogenea con altre con cui viene confrontata, e si supporrà l'esistenza di un numero finito di titoli, o business, in cui poter investire qualunque frazione del capitale disponibile, nonché, al fine di semplificare la presentazione, l'assenza di costi di transazione o altri. Preme sottolineare che la metodica qui esposta è la base su cui poggia la metodica Value at Risk (VaR) per il controllo del rischio finanziario.

1 DE FINETTI B., Teoria delle Probabilità, vol. 1, Einaudi Ed., Torino, 1970, pag. 33. 2 DE FINETTI B., 1970, op. cit., pag. 35. 3 MARKOWITZ H. M., "Portfolio Selection", Journal of Finance, March 1952.

2

1

RENDIMENTO E RISCHIO DI UN’ATTIVITA’

1.1 Rendimento di un titolo

Si definisce Ri,t il tasso di rendimento previsto in t dell'i-esimo titolo, azionario od obbligazionario, nell'intervallo temporale (t,t+1), anno, mese, decade, settimana, giorno, ora, minuto, come

RP P D

Pi ti t i t i t

i t, =

− ++ +, , ,

,

1 1

dove: Pi,t prezzo (quotazione) dell'i-esimo titolo all'istante t; Di,t+1 cedola o dividendo ed eventuali premi4 previsti all'istante t+1; Pi,t+1 prezzo (quotazione) dell'i-esimo titolo all'istante t+1. Per semplificare l'analisi non verranno considerati, in seguito, premi e dividendo. Se si considera un intervallo (t,t+1) tendente a zero, utilizzando, per esempio, serie di

prezzi rilevate su un mercato telematico, e si calcola il rapporto PP

P P PP

P PP

Ri t

i t

i t i t i t

i t

i t i t

i ti t

,

,

, , ,

,

, ,

,=+ + +=

+ −= +

−+1 1 11 1 $

,

posto PPi t

i t

,

,

+ >1 0 allora P P

PRi t i t

i ti t

, ,

,= > -1+ −1 $

, .

Se si applica il logaritmo si ottiene:

log log $ $ ( ),

PP

R ti t

i ti t i

,

,( )+ = + =1 1 δ

dove $ ( )δ i t è il tasso istantaneo di rendimento5 (da capital gain) dell'alternativa i in t.

1.2. Rendimento di un prodotto o business Lavorando su prodotti o business la valutazione del tasso di rendimento del business i

per l’anno da t a t+1 è facile solo nel caso di aziende monoprodotto. Nel caso di aziende multiprodotto è possibile ed auspicabile l’analisi per cui l’azienda sia vista anche come un portafoglio di prodotti. In questo caso i processi di valutazione della redditività del capitale investito per prodotto sono complessi, basati su ipotesi forti (per esempio su chiavi di ripartizione dei costi generali e comuni), costosi, ma non impossibili visto che, per esempio, nel settore assicurativo si dispone già di bilanci per ramo e che nel settore del credito è prassi valutare, per esempio, la redditività e il rischio della “linea” fidi per settore economico6.

4 Il rendimento del titolo deve essere corretto nel caso di variazioni del capitale sociale e nel caso in cui dividendi o premi o cedole fossero corrisposti in momenti diversi dall'istante finale. 5 Vedasi questo testo nella parte riguardante i tassi di interesse. 6 Per chi sia interessato a questo tema si rimanda a testi come: SELLERI L., Contabilità dei costi e contabilità analitica. Determinazioni quantitative e controllo di gestione, Etas Libri, Milano, 1990; BRUSA L., ZAMPROGNA L., Pianificazione e controllo di gestione: creazione del valore, cost accounting e reporting

3

Si deve comunque arrivare a valutare il rendimento del business i intrapreso in t con

RPR

Ci ti t

i t, = +,

,

1

dove: Pri,t+1 profitto derivante dalla produzione e vendita dell'i-esimo prodotto o business nel periodo (t, t+1) e riportato alla fine del periodo, cioè in t+1; Ci,t capitale investito in t, inizio del periodo, nell’i-esimo prodotto o business.

Naturalmente tutto questo deve essere valutato ex-ante, anche sulla base di esperienze trascorse, ma “corrette” per il futuro, o di simulazioni sulla distribuzione dei rendimenti (Monte Carlo, brainstorming, analisi top down) o di ipotesi, tutte tecniche che portano poi alla valutazione del rendimento atteso e del rischio delle singole possibilità di investimento. 1.3. Rendimento atteso e rischio di un titolo o business

D'ora in poi per rendimento si intenderà il tasso di rendimento moltiplicato per 100 (per esempio, 17 sta per 17%) e si trascurerà l'indice temporale, dato che ci si occuperà di una sola, prossima, unità temporale rilevante per il decisore.

Si utilizza quindi un modello uniperiodale. Se un decisore ha scelto il mese come unità periodale, è scontato che prima della fine di ogni mese applichi, uttilizzando le informazioni disponibili al momento, mese dopo mese, il modello decisionale monoperiodale per simulare, controllare a priori, gli effetti delle nuove informazioni sul rendimento e rischio del suo portafoglio o della sua azienda per il mese prossimo.

A priori, il prezzo di un titolo in t=0, cioè inizio periodo, è noto, ma in t+1 non è certo e quindi il rendimento è una variabile casuale (v.c.) e il decisore dovrà assegnarle una distribuzione di probabilità7. Quale sia nella realtà il tipo di distribuzione di probabilità del rendimento di un titolo o business, in generale, è un problema del tutto illusorio.

Si sa che l'unità temporale influenza la distribuzione; alcune verifiche empiriche hanno portato ad accettare distribuzioni diverse anche se, ancor oggi, per convenienza didattica od operativa, si ricorre spesso alla distribuzione Gaussiana8. L'utilizzo della trasformazione logaritmica appena vista è ritenuto utile anche per verificare la normalità delle distribuzioni dei rendimenti9. Allora, per eludere tali problemi e semplificare l'approccio,

direzionale: tendenze evolutive, Etas Libri, Milano, 1991; CODA V., I costi standard nella programmazione e nel controllo, Giuffrè, Milano, 1975; DEAKIN E.B., MAHER M.W., Cost Accounting, Irwin, Homewood, 1992; EMMANUEL C., OTLEY D., MERCHANT K., Accounting for Management Control, Chapman & Hall, London, 1990; MACIARIELLO J.A., KIRBY C.J., Management Control Systems, Prentice Hall Intl, Englewood Cliffs, 1994; BURCH J.G., Contabilità direzionale e controllo di gestione; impatto delle nuove tecnologie, EGEA, Milano, 1997. 7 LINTNER J., "The Valuation of Risky Assets and the Selection of Risky Investments in Stock Portfolios and Capital Budgets", Review of Economics and Statistics. Feb. 1965; LEVY H., SARNAT M., Capital Investment and Financial Decisions, Prentice Hall Int., N.Y., 1986. 8 BREALEY R., EDWARDS H., A Bibliography of Finance, Vol. 2, cap.10.3, The MIT Press, Cambridge, Mass., 1991; CANESTRELLI E., NARDELLI C., Criteri per la Selezione del Portafoglio, Giappichelli, Torino, 1991; BOOKSTABER R.M., MCDONALD J.B., "A General Distribution for Describing Security Price Returns", Journal of Business, July 1987, vol. 60.3, pagg. 401-424; FAMA E.F., "The Behavior of Stock Market Prices", Journal of Business, Jan. 1965, vol. 38, pagg. 34-105; ALEXANDER G.J., FRANCIS J.C., Portfolio Analysis, Prentice Hall, New York 1986. 9 GARBADE K., Teoria dei Mercati Finanziari, Il Mulino, Bologna, 1989, pagg. 85 e seg.

4

invece della distribuzione di probabilità dei rendimenti, qualsiasi essa sia, si utilizzano degli indici sintetici; tipicamente i momenti10. I più usati sono il valore atteso e la varianza.

Nel caso che la v.c. rendimento sia discreta si assegna un valore di probabilità ad ogni rendimento, quindi il valore atteso e la varianza del rendimento futuro sono rispettivamente dati da

( ) ( )

E R p R R

V R E R R p R R

i ij ijj

M

i

i ij i ij ij ij

M

i

( )

( )

= =

= − = − =

=

=

∑1

2 2

1

dove E Ri( )= Ri : rendimento atteso dell'i-esimo titolo, con i =1,2,...N; Rij : j-esimo possibile rendimento dell'i-esimo titolo, con j=1,2,...M;

pij : probabilità associata a Rij , con 0 1≤ ≤pij , ∀j e pijj

M

=∑ =

1

1, ∀i.

La varianza è il valore atteso del quadrato degli scarti dei valori della variabile casuale dal suo valore atteso. La Tab.1 mostra la distribuzione di probabilità del rendimento del titolo o business B per

il quale sono previsti solo tre possibili diversi rendimenti per il prossimo anno.

Possibili rendimenti del titolo o business B

Probabilità

10.8 1/6 16.4 3/6 15 2/6 Totale 6/6= 1.00

Tab. 1: Distribuzione di probabilità dei rendimenti del titolo o business B per il prossimo anno

Il rendimento atteso di B è 15, la varianza è 3.92, lo scarto quadratico medio (s.q.m. oppure σ), radice quadrata della varianza, è 1.98. Infatti:

( ) ( ) ( )

E R

V R

i

i

Ri

( ) . .

( ) . . .

. .

= × + × + × =

= − × + − × + − × =

= = ≅

10 8 16

16 4 36

15 26

15

10 8 15 16

16 4 15 36

15 15 26

392

392 198 2

2 2 2

σ

H.M. Markowitz11 nel 1952 propose la varianza come misura del rischio d'investimento per cui: a varianza via via più elevata si associa rischio via via più elevato. Naturalmente, un titolo con varianza nulla è un titolo privo di rischio, cioè a rendimento certo, come nel caso di obbligazioni senza cedola a scadenza fissa (per esempio i BOT e gli Zero Coupon Bond) se e solo se acquistati all'emissione e detenuti fino a scadenza. Valore atteso e varianza, ovviamente, non sintetizzano tutte le informazioni contenute nella distribuzione

10 VAJANI L., Statistica Descrittiva, Etas Libri, Milano, 1974. 11 MARKOWITZ H.W., 1952, op. cit.

5

della variabile aleatoria rendimento, salvo casi particolari come quello della distribuzione Gaussiana ed alcune altre12. Di conseguenza la proposta di Markowitz è suscettibile di critiche13. Per esempio, si obietta che, razionalmente, il rischio dovrebbe considerare i rendimenti al di sotto di una certa soglia, diversa da operatore ad operatore, e che quindi si dovrebbero considerare solo gli scarti negativi e non quelli positivi da quella soglia. D'altro canto la varianza gode di vantaggi analitici che altre misure di variabilità non hanno14. La proposta di Markowitz è comunque ancor oggi utilizzata sia nella teoria finanziaria

(come nel Capital Asset Pricing Model, CAPM15) sia nella pratica finanziaria16, non ultima in RiskMetrics della J.P. Morgan/Reuters per il controllo del Value at Risk17.

1.4. Confronto fra più titoli o business Nella Tab. 2 sono riportati valore atteso, scarto quadratico medio, rendimento atteso per

unità di rischio, rischio per unità di rendimento atteso di cinque titoli o business denominati A, B, C, D, E18.

A B C D E Ri 15 15 17 20 12 σi 1.4142 2.0000 1.6903 1.8516 1.0690

Ri /σi 10.6067 7.5000 10.0574 10.8015 11.2254 σi/ Ri 0.0943 0.1333 0.0994 0.0926 0.0891

Tab. 2: Rendimento atteso, scarto quadratico medio, rendimento atteso per unità di rischio, rischio per unità di rendimeto atteso di cinque titoli o business.

Si può notare che: − D ha il rendimento atteso più alto, ma non il rischio più alto;

12 ALEXANDER G.J., FRANCIS G.C., 1986, op.cit. 13 BAMBERG G., SPREMANN K., Capital Market Equilibria, Springer Verlag, N.Y., 1986, pag. 7-49 14PESARIN F. , Elementi di Calcolo delle Probabilitá, Cleup, Padova, 1985. 15 CAPM: Capital Asset Pricing Model; SHARPE W.F:, "Capital Asset Prices: a Theory of Market Equilibrium under Conditions of Risk", Journal of Finance, 19, 1964, pag, 425-442; LINTNER J., 1965, op. cit., pag 13-1; MOSSIN J., "Equilibrium in a Capital Asset Market", EM, Oct. 1966, vol. 34, pag, 768-783. 16 BARRA, The Global Equity Model Handbook, Barra, University Avenue, Berkeley CA 94704-1058 USA, 1995 17 MORGAN J.P./REUTERS, Technical Document, December 1996, Morgan Guaranty Trust Company, New York; JORION P., Value at Risk: The New Benchmark for Controlling Market Risk, 1997, IRWIN, Chicago. 18Per poter valutare i rendimenti attesi e gli scarti in Tab. 2 si deve procedere come già detto oppure si possono trattare dei rendimenti ex-ante forniti da più analisti:

A B C D E 15 17 17 19 12 17 13 20 22 10 ... ... ... ... ... 16 18 18 21 13 15 12 16 18 12

e quindi calcolare il valore atteso e lo scarto quadratico medio con le opportune tecniche statistiche. Talvolta un analista ha informazioni circa il valore atteso, il rendimento massimo, xmax , e minimo, xmin , previsti per il periodo in esame e non ha lo s.q.m.. Allora, nell’ipotesi di una distribuzione gaussiana dei rendimenti, ponendo xmin = x2.5 e xmax = x97.5 valori percentili della stessa, si può valutare lo scarto quadratico medio come: σ ≅ (x97.5 - x2.5)/4.

6

− E ha il rendimento più basso ed anche il rischio più basso; − A e B hanno uguale rendimento atteso, ma B risulta più rischioso perché ha lo s.q.m.

maggiore di quello di A. Il rapporto

Ri i/σ valuta il rendimento atteso per unità di rischio ed è un indice utilmente impiegabile per confrontare più alternative a rendimento e rischio diversi (è definito coefficiente di variazione dagli statistici, mentre in finanza è detto anche "rendimento periodale medio aggiustato per il rischio"19, o "rendimento per unità di rischio"). Tale rapporto Ri/σi rileva come A, C, D, E abbiano da 10.0574 a 11.2254 punti di rendimento atteso per unità di rischio, mentre B riporta un rendimento aggiustato del rischio decisamente più basso: 7.5.

Il reciproco di tale indice quantifica, naturalmente, il rischio per unità di rendimento atteso. B emerge, negativamente, sugli altri. In Fig. 1 il rendimento atteso e lo scarto quadratico medio di ciascun titolo è stato rappresentato sul piano [ ]R ,σ .

Fig. 1: Rendimento atteso e scarto quadratico medio dei cinque titoli o business esaminati

Si supponga di voler investire, per il prossimo anno, tutto il capitale disponibile in uno

solo dei cinque titoli o business considerati, ipotizzando che siano i soli disponibili per il decisore. Per attuare la scelta si deve ricorrere all’individuazione di un criterio e a dei parametri che informino lo stesso.

La selezione per ordine alfabetico o casuale, lanciando per esempio un dado a cinque facce, sono metodi sicuramente interessanti, ma qui proponiamo un metodo che controlli sia il valore atteso sia il rischio, quest’ultimo misurato dallo scarto quadratico medio (o varianza).

19 RUOZI R., Manuale dei Fondi Comuni di Investimento, Giuffrè Ed., Milano 1987, pag, 89.

7

Utilizzando il metodo della dominanza20 e come parametri decisionali il valore atteso e la varianza, metodo E-V, possiamo ordinare (scegliere, preferire) i titoli rischiosi in analisi.

Tale metodo propone che si operi come segue: 1) a parità di rendimento atteso viene scelta l'opportunità meno rischiosa (dominanza per

rischio); 2) a parità di varianza (o di σ) viene scelta l'opportunità con rendimento atteso maggiore

(dominanza per rendimento); 3) nel caso in cui R R i ji j e < <σ σ2 2 il titolo j-esimo non domina il titolo i-esimo:

in questo caso il metodo evidenzia che le possibilità con rendimento maggiore hanno maggior rischio (a maggior rendimento maggior rischio o viceversa) e niente altro. Quindi, in questo caso il metodo E-V, da solo, non aiuta a scegliere (non attua un ordinamento totale, ma parziale), ovvero si ha indecisione. L’applicazione del criterio E-V alle nostre cinque possibilità porta a verificare che:

1) nessun decisore razionale deve scegliere B, perché dominato da: − A per rischio; − C e D sia per rendimento sia per rischio;

2) E, A, C, D sono non dominati, quindi efficienti in quanto a maggior rendimento corrisponde maggior rischio.

Quindi, scartato B, non esiste, per ora, tra A, C, D, E, una soluzione migliore delle altre e “la scelta di uno di essi sia invece questione da lasciare al decisore sulla base del suo atteggiamento verso il rischio o, più in generale, sulla base del proprio sistema di preferenze”21.

20 MARKOWITZ H.M., Mean-Variance Analysis in Portfolio Choice and Capital Markets, Basil Blackwell Inc., N.Y., 1987; CASTAGNOLI E., PECCATI L., Introduzione alla Selezione del Portafoglio, Coop. Lorenzo Milani, Milano, 1991; CANESTRELLI E., NARDELLI C., 1991, op. cit. 21 CASTAGNOLI E., PECCATI L., 1991, pag. 11, op.cit.

8

2

ANALISI DI UN PORTAFOGLIO COMPOSTO DA DUE TITOLI O BUSINESS

2.1 Introduzione

L'analisi rendimento-rischio non riguarda solo e semplicemente i singoli titoli, come quelli indicati in Tab. 2, ma anche tutte le possibili composizioni degli stessi ovvero le varie configurazioni di mix di portafoglio, sia esso un fondo comune azionario o un mix produttivo-commerciale di una compagnia di assicurazioni operante nei rami danni o di un’impresa commerciale qualsiasi.

Tali configurazioni possono essere infinite se definiamo xi la quota di capitale investita nell'i-esimo titolo, o nel i-esimo business, nel campo dei numeri reali e si pone il vincolo

xi∑ = 1 noto come vincolo di bilancio: tutto il capitale disponibile viene investito.

Nel caso di due titoli il vincolo di bilancio diventa: x x1 2 1+ = . Trattando investimenti, la frazione di capitale xi assume tutti e solo i valori

compresi tra 0 e 1 (estremi inclusi)22 quindi 0 ≤ xi ≤ 1.

Nel caso in cui fossero ammessi finanziamenti, o investimenti allo scoperto, la variabile xi può assumere anche valori esterni a tale intervallo, negativi o maggiori di 1.

Scopo della Selezione del Portafoglio è quello di individuare la migliore ripartizione, secondo il criterio E-V, del capitale tra i titoli o business, ossia stabilire i "giusti" pesi xi da attribuire ad ogni titolo o business.

Tali “giusti” pesi dovranno razionalmente permettere di avere un progetto di investimenti con il massimo rendimento a parità di rischio o a minimo rischio a parità di rendimento, cioè portare a comporre un progetto di portafoglio efficiente in E-V.

Il problema che si affronta è anche noto come il problema della diversificazione, problema che nel gergo comune si esprime dicendo: “vorrei un portafoglio che mi permetta di guadagnare intorno al 10% con il minor rischio” ovvero “partendo da un rischio di portafoglio, per esempio di due punti, vorrei sapere quale mix mi dà il massimo rendimento”.

2.2 Analisi dei portafogli possibili nel caso di due titoli o business a rendimento

aleatorio Il rendimento atteso di un portafoglio, R P , è la media aritmetica ponderata dei

rendimenti attesi dei singoli titoli o, in altre parole, trasformazione lineare dei rendimenti attesi dei singoli titoli. La varianza di portafoglio, σP

2 , è data dal valore

22Tale ipotesi è da ritenersi d'ora in poi sempre presente, salvo che non venga detto diversamente.

9

atteso del quadrato degli scarti del rendimento di portafoglio dal rendimento atteso del portafoglio stesso. Per un portafoglio composto da due titoli o business si ha: rendimento atteso di portafoglio

( ) ( )R E R x E R x E R x R x RP P= = + = +( ) 1 1 2 2 1 1 2 2 varianza di portafoglio (meglio, dei rendimenti futuri dei titoli o business in portafoglio)

( ) ( )[ ]( ) ( )[ ]( ) ( ) ( )( )[ ]( ) ( ) ( )( )[ ]

σ

σ σ σ

P P PE R R E x R x R x R x R

E x R R x R R

E x R R x R R x x R R R R

x E R R x E R R x x E R R R R

x x x x

2 21 1 2 2 1 1 2 2

2

1 1 1 2 2 2

2

12

1 12

22

2 22

1 2 1 1 2 2

12

1 12

22

2 22

1 2 1 1 2 2

12

12

22

22

1 2 12

2

2

2

= − = + − + =

= − + − =

= − + − + − − =

= − + − + − − =

= + +

dove: ( )( )[ ]σ12 1 1 2 2= − −E R R R R

è la covarianza fra i rendimenti delle due alternative disponibili23. Da quanto sopra, si nota come la varianza di portafoglio è una trasformazione

quadratica del “rischio” dei singoli titoli o business. La covarianza, σ12 , misura quanto i rendimenti dei due titoli siano legati da una

relazione lineare, ed essendo il valore atteso del prodotto di due scarti, può assumere valori positivi, nulli o negativi: − positivi quando gli scarti dei rendimenti dei due titoli hanno prevalentemente lo

stesso segno (entrambi positivi o entrambi negativi, Fig. 2); − negativi quando a scarti positivi di un investimento corrispondono

prevalentemente scarti negativi nell'altro o viceversa (Fig. 3); − nullo quando si ha indipendenza lineare tra i rendimenti dei due titoli24 (Fig. 4a e

4b). Una caratteristica evidente della covarianza è la simmetria, cioè σ12 = σ21.

Inoltre

( )( )[ ] ( )σ σ11 1 1 1 1 1 12

12= − − = − =E R R R R E R R

e, naturalmente,

( )( )[ ] ( )σ σ22 2 2 2 2 2 22

22= − − = − =E R R R R E R R

23La covarianza è data da: ( )( )σ12 1 1 2 2 12= − −R R R R p

con p12 probabilità congiunta dei rendimenti dei due titoli (probabilità che si abbiano contemporaneamente R1 e R 2 ). 24 STEWART M.B., WALLIS K.F., Introductory Econometrics, Basil Blakwell, Oxford, 1981.

10

Si può standardizzare la covarianza dividendola per σ1σ2> 0, prodotto degli scarti quadratici medi dei rendimenti dei due titoli; in questo modo si possono confrontare le relazioni fra i rendimenti dei titoli o business che compongono i portafogli indipendentemente dall'unità di misura.

Si ottiene così il coefficiente di correlazione lineare, ρ12,

− ≤ = = = ≤ +1 11212

1 2

21

1 221ρ

σσ σ

σσ σ

ρ

Il coefficiente di correlazione lineare ha il medesimo significato e le medesime proprietà della covarianza (Fig. 2, Fig. 3, Fig. 4a, Fig. 4b) con il vantaggio di essere un buon indice, poiché possiede valore minimo (-1) e massimo (+1) noti.

Inoltre se: ρ12= +1, i rendimenti dei due titoli o business sono legati da una legge

deterministica lineare crescente; ρ12= -1, i rendimenti dei due business si muovono in direzioni opposte evidenziando

una legge deterministica lineare decrescente; ρ12= 0, i rendimenti dei due business sono linearmente non correlati.

E' importante evidenziare la relazione

σ ρ σ σ12 12 1 2= che permette di trovare il valore massimo della covarianza dei rendimenti di due business in corrispondenza di ρ12 1= . Quindi il valore massimo della covarianza è pari al prodotto dei due scarti quadratici medi. Essa, inoltre, mostra che il segno della covarianza dipende da quello del coefficiente di correlazione lineare (σ1 e σ2 sono sempre positivi) e solo quando ρ12 0= la covarianza è nulla.

In generale tra σij e ρij sussistono le seguenti relazioni: se i=j allora ρii =1 e ( )σ σ σ σii i i i= = 2 (il numeratore è uguale al denominatore); se i≠j allora ρii ≤1 e σ ρ σ σij ij i j= . 2.2.1. Un'applicazione

In Tab. 3 e Tab. 4 è riportata rispettivamente la matrice delle varianze-covarianze e la matrice dei coefficienti di correlazione lineare tra i rendimenti futuri dei 5 titoli o business i cui rendimenti attesi e scarti sono in Tab. 2.

A B C D E

A 2.0000 -0.4286 2.2857 0.1429 -0.2857 B 4.0000 -0.2857 1.1429 1.1429 C 2.8571 0.7143 -0.5714 D 3.4286 0.1429 E 1.1429

Tab. 3: Matrice delle varianze-covarianze fra i rendimenti futuri di cinque titoli o business

A B C D E

11

A 1 -0.1515 0.9592 0.0546 -0.1890 B 1 -0.0845 0.3086 0.5345 C 1 0.2282 -0.3162 D 1 0.0722 E 1

Tab. 4: Matrice dei coefficienti di correlazione lineare fra i rendimenti futuri di cinque titoli o business

Quanto in Tab. 3 e Tab. 4 può essere frutto: - dell’analisi bivariata delle rispettive variabili casuali rendimenti ex-ante; - di valutazioni a seguito di stime ex-post modificate per identificare quanto vede il decisore per il periodo in analisi; - di ipotesi, di simulazioni. Si ricorda che se il decisore non ha informazioni sulle singole correlazioni può imporre a tutte le coppie il coefficiente di correlazione lineare medio previsto, del mercato o dell’azienda, e che le varianze e covarianze si possono calcolare anche utilizzando gli scarti quadratici medi, valutati in Tab. 2, e i coefficienti di correlazione.

Si ricorda che ρij2 , ( )0 12≤ ≤ρij è detto coefficiente di determinazione lineare e

quantifica la percentuale di casi, rendimenti, spiegati dalla relazione lineare fra i due titoli o business. Tale coefficiente permette di valutare il grado di aderenza alla funzione lineare per la descrizione della variabilità dei rendimenti.

Si può osservare come:

− A e C (ρA,C = 0.96), sono i titoli o business a più elevata correlazione lineare

diretta nei rendimenti, segue la coppia B ed E con ρB,E = 0.53; − è verificata una debole correlazione lineare inversa fra i rendimenti di A con B, di

A con E, di C con E; − negli altri casi la correlazione lineare è o debole o debolissima. Si propongono alcune simulazioni di composizioni di due titoli o business, scelti fra i cinque disponibili, per analizzare empiricamente le “proprietà nascoste” rendimento-rischio dei portafogli risultanti25.

25 Nelle simulazioni si utilizzano i valori riportati nelle tabelle 2, 3 e 4 arrotondati alla seconda cifra decimale.

12

Fig. 2: Un esempio di dispersione congiunta dei rendimenti di due titoli o business nel caso di covarianza e coefficiente di correlazione lineare positivi.

Fig. 3: Un esempio di dispersione congiunta dei rendimenti di due titoli o business nel caso di covarianza e coefficiente di correlazione lineare negativi.

13

Figure 4a e 4b: Due esempi, fra i molti, di dispersione congiunta dei rendimenti di due titoli o business nel caso di covarianza e coefficiente di correlazione lineare praticamente nulli.

14

A) Componendo un portafoglio F ripartendo, empiricamente, il capitale 50% in A e 50% in C:

dati: RR

A A

C C

AC

= =

= ==

⎨⎪

⎩⎪

15 14117 1690 96

; ; σ

σρ

..

.

si hanno rendimento atteso R F e scarto quadratico medio σ F (Fig. 5):

[ ]R F

F

= × + × =

= × + × + × × × × × =

15 0 5 17 0 5 16

141 0 5 169 0 5 2 0 96 141 169 0 5 0 5 1532 2 2 2 1 2

. .

. . . . . . . . . ./

σ

Se si compongono “diversamente” i due titoli si ha, ad esempio: a) 80% in A, 20% in C. Allora si avrà :

R P

P

= × + × ==

15 0 8 17 0 2 15 4146

. . ..σ

b) 20% in A, 80% in C. Allora si avrà:

RP

P

= × + × ==

15 0 2 17 0 8 16 6162

. . ..σ

Fig. 5: Rendimento atteso e scarto quadratico medio del portafoglio F ottenuto ripartendo il capitale: 50% nel business A e 50% nel business C.

15

La curva AC rappresenta in [ ]R ,σ gli infiniti portafogli fattibili componendo A e C con i pesi, infiniti, da A=100% e B=0% via via fino a A=0% e B=100%. Andando a valutare tutti i possibili portafogli componibili con A e C (infiniti) si potrebbe osservare che (Fig. 5): - a maggior rendimento corrisponde sempre maggior rischio; - nessun portafoglio è dominato (tutti sono dominanti); - non si ha mai σ σP A< . ossia il rischio di portafoglio non è mai minore di quello di A; vedremo più avanti che ciò è causato dall’elevata correlazione lineare positiva tra i rendimenti.

16

B) Componendo un portafoglio Q ripartendo, empiricamente, il capitale 50% in B e 50% in D:

dati:RR

B B

D D

BD

= =

= ==

⎨⎪

⎩⎪

15 220 1850 31

; ; σ

σρ

..

si hanno rendimento atteso R Q e scarto quadratico medio σQ (Fig. 6):

( )( )

RQ

Q

= × + × =

= × + × + × × × × × =

= + + =

15 0 5 20 0 5 17 5

2 0 5 185 0 5 2 0 31 2 185 0 5 0 5

1 0 86 0 57 156

2 2 2 2 1 2

1 2

. . .

. . . . . . .

. . .

/

/

σ

Si può osservare che componendo B con D come sopra si è ottenuto un rischio di portafoglio, σQ =1.56, inferiore a quello dei singoli titoli, 2 e 1.85 rispettivamente; vedremo che ciò è dovuto alla non elevata correlazione lineare positiva fra i rendimenti dei due titoli o business trattati. Andando ad analizzare altre composizioni di B con D si trova che componendo il 40% in B ed il 60% in D esiste un portafoglio, che indichiamo Q', con R Q' =18 e σ ′Q =1.56. Quindi, Q' domina Q: ha lo stesso s.q.m., ma maggior rendimento di Q. La composizione, empirica, 50% di capitale in B e 50% in D ha prodotto un portafoglio Q inefficiente in E-σ, perché dominato da Q’. Si analizzi la figura alla pagina successiva.

17

Fig. 6: Rendimento atteso e scarto quadratico medio del portafoglio Q e Q' ottenuti ripartendo rispettivamente il capitale: 50% in B e 50% per Q, 40% in B e 60% in D per Q'. Q' domina Q perchè a parità di rischio ha rendimento maggiore. La curva che unisce B a D rappresenta i rendimenti-rischi degli infiniti portafogli fattibili; la parte della curva che dal minimo della funzione sale fino a D rappresenta l’insieme dei portafogli dominanti, efficienti.

18

C) Componendo empiricamente un portafoglio S con capitale 50% in C e 50% in E:

dati:RR

C C

E E

CE

= =

= == −

⎨⎪

⎩⎪

17 16912 107

0 32

; ; σ

σρ

.

..

si ha rendimento atteso R S e scarto quadratico medio σS di portafoglio:

( )[ ]RS

S

= × + × =

= × + × + × − × × × × =

17 0 5 12 0 5 14 5

169 0 5 107 0 5 2 0 32 169 107 0 5 0 5 0 842 2 2 2 1 2

. . .

. . . . . . . . . ./

σ

Fig. 7: Rendimento atteso e scarto quadratico medio del portafoglio S, efficiente, ottenuto ripartendo il capitale: 50% in E , 50% in C.

Andando ad analizzare tutte le possibili composizioni di C con E si verifica che il portafoglio S è efficiente, Fig. 7. Esso ha, inoltre, rischio inferiore a quello di E e a quello di C, grazie alla correlazione lineare negativa esistente fra i rendimenti di E e quelli di C. Interessante è osservare che, pur riportando S un rischio minore di quello di E, S rende più di E. Visti i risultati di queste esperienze dovrebbe essere naturale chiedersi come si deve operare per selezionare, a basso costo, i portafogli efficienti fra gli infiniti portafogli possibili.

19

2.3. Selezione dei portafogli efficienti (frontiera efficiente) nel caso di due titoli o business a rendimento aleatorio.

Nei precedenti paragrafi sono state esaminate le caratteristiche di rendimento e rischio di singoli titoli e di alcuni portafogli possibili composti in maniera empirica. Si è anche introdotto il concetto di dominanza e di efficienza in E-σ.

Si è altresì rilevato come: − il controllo del rendimento di portafoglio obblighi la valutazione di valore

atteso di ogni titolo o business, come ognuno sa; − il controllo del rischio di portafoglio obblighi la valutazione di valore atteso,

varianza e correlazione lineare dei rendimenti di ogni titolo o business con tutti gli altri, fatto non a tutti noto.

Ora si approfondirà lo studio della teoria della Selezione del Portafoglio26 al fine di valutare i pesi xi che, dato un rendimento atteso, minimizzino il rischio di portafoglio ovvero, trattando il problema equivalente, dato il rischio di portafoglio massimizzino il rendimento. Si tratta, cioè, di valutare “scientificamente” la composizione di titoli o business per progettare portafogli efficienti, dominanti, e non semplicemente portafogli possibili. L'analisi partirà dal caso di portafogli con due titoli o business e verrà estesa al caso di n titoli o business nel Capitolo 3. In particolare si illustrerà come la selezione dei portafogli efficienti (economicamente sensati) non possa esaurirsi con un approccio euristico e/o informatico e/o tecnico economico-finanziario al problema, ma debba utilizzare l'approccio quantitativo27, basato su modelli ed algoritmi propri dell’analisi matematica e della programmazione matematica28. Si rileverà come l'insieme dei portafogli efficienti formi la frontiera efficiente e che “la scelta di uno di essi sia invece questione da lasciare al decisore sulla base del suo atteggiamento verso il rischio o, più in generale, sulla base del proprio sistema di preferenze”29.

Le caratteristiche geometriche della frontiera efficiente dipendono dai seguenti

parametri: − rendimenti attesi dei titoli o business; − varianze dei rendimenti dei titoli o business, quindi singoli “rischi”; − covarianze (correlazioni) fra i rendimenti dei titoli o business.

Per facilitare il lettore, si pone, una volta per tutte, che i due titoli o business abbiano, da qui in poi,

R R1 2< ; 0 1 2< <σ σ e si debba osservare il vincolo

26 MARKOWITZ H.M., Portfolio Selection: Efficient Diversification of Investments, Wiley, N.Y., 1959; MARKOWITZ H.M., Mean-Variance Analysis in Portfolio Choice and Capital Markets, Basil Blackwell Inc., 1987; SHARPE W.F., Portfolio Theory and Capital Markets, McGraw Hill Book Co., N.Y., 1970; SZEGO G.P., Portfolio Theory, Academic Press, N.Y., 1980; SHARPE W.F., ALEXANDER G.J., Investments, Prentice Hall, N.Y., 1990. 27 BARALDI S., La Scienza della Direzione, F. Angeli Ed., Milano, 1979. 28 MARKOWITZ H.M., 1987, op. cit. 29 CASTAGNOLI E., PECCATI L., 1991, pag. 11, op.cit.

20

x1 + x2 = 1 Il rendimento atteso di portafoglio è

( )R x R 1 x RP 1 1 1= + − 2 da cui si può avere anche che

x R RR R1

P 2

1 2

=−−

,

mentre il rischio di portafoglio è

( ) ( )[ ]σ σ σ ρ σ σP x x x x= + − + −12

12

12

22

1 1 12 1 2

121 2 1

ovvero, sostituendo x R RR R1

P 2

1 2

=−−

si ha

( )( )( )

σ σ σ ρ σ σ

σ σ ρ σ σ

P =−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + −

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

−−

−−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

=

=−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

− −

⎢⎢

⎥⎥

R RR R

R RR R

R RR R

R RR R

R RR R

R RR R

R R R R

R R

P 2

1 2

P 2

1 2

P 2

1 2

P 2

1 2

P 2

1 2

1 P

1 2

P 2 1 P

1 2

2

12

2

22

12 1 2

12

2

12

2

22

2 12 1 2

12

1 2 1

2

cioè l’equazione per cui il rischio di portafoglio è funzione del rendimento atteso di portafoglio. Si nota che, rispetto a x1 : − l'equazione del rendimento atteso di portafoglio è funzione lineare dei due

rendimenti; − l'equazione del rischio di portafoglio è:

− una funzione lineare del rischio delle alternative solo se |ρ12| = 1; − la radice quadrata di un polinomio di secondo grado se -1<ρ12<1.

2.3.1 Caso con perfetta correlazione lineare positiva fra i rendimenti di due

titoli o business In caso di perfetta correlazione lineare positiva, ρ12 = 1, fra i rendimenti futuri dei

due business trattati, il rischio di portafoglio è pari a:

( ) ( )[ ]( )[ ] ( )

σ σ σ σ σ

σ σ σ σ

P x x x x

x x x x

= + − + − =

= + − = + −

12

12

12

22

1 1 1 2

12

1 1 1 22

12

1 1 1 2

1 2 1

1 1

ed è quindi combinazione lineare degli s.q.m. dei rendimenti dei due business, quantità positive.

Il rendimento ed il rischio di portafoglio sono rispettivamente medie ponderate di rendimento e rischio dei singoli business in portafoglio. Dato il concetto di media, investendo in entrambi i business non si ha alcuna possibilità di avere un rischio di portafoglio, d’azienda, inferiore a quello dell'alternativa meno rischiosa. Pur operando su due business l’azienda in questione più “investe” nell’alternativa 2 più

21

aumenta il rendimento e il rischio aziendale, secondo una relazione lineare, ed è impossibilitata ad ottiene “minor rischio” dall’aumento della quota nell’alternativa 2, anzi, per minimizzare il rischio non deve che investire tutto nell’attività 1. In questo caso tutti i punti-portafoglio possibili sono anche punti-portafogli sulla frontiera efficiente rappresentata da un segmento che unisce i due punti ( R1 , σ1), ( R 2 , σ2), Fig.8.

Fig. 8: Portafogli possibili e portafogli efficienti ottenuti dalla composizione di due titoli o business con perfetta correlazione lineare positiva dei rendimenti, ρ12=+1.

Sostituendo ρ12 = +1 nella equazione che definisce il rischio di portafoglio, si ha l'equazione ( )σP Pf R= , lineare, della frontiera efficiente (Fig. 8)

σσ σ σ σ

P PR RR R R

R R=

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟1 2

1 2

1 2 2 1

1 2

2.3.2. Caso con perfetta correlazione lineare negativa fra rendimenti di due titoli

o business Nel caso in cui si abbia perfetta correlazione lineare negativa, ρ12 = -1, il rischio

di portafoglio è ancora combinazione lineare del rischio dei titoli

( ) ( )[ ]( )[ ]

σ σ σ σ σ

σ σ

P x x x x

x x

= + − − − =

= − −

12

12

12

22

1 1 1 2

12

1 1 1 22

12

1 2 1

1 .

quindi ( )σ σ σP x x= − −1 1 1 21 .

Si ha ora da operare la differenza fra due addendi comunque positivi.

22

Operando su due business a rendimento variabile e con perfetta correlazione inversa degli stessi, l’operatore ha la possibilità di ottenere un portafoglio a rendimento certo? Se si, quanto valgono le quote da investire nel business 1 e nel business 2 per avere tale rendimento certo? La soluzione si trova uguagliando a zero l’equazione del rischio di portafoglio.

( )( )

( )

σ σ σ

σ σ

σ σ σ

σ σ σ

P x x

xx

= − − =

− − =

− + =

+ =

1 1 1 2

1 1 1 2

1 1 2 1 2

1 1 2 2

1 0

1 00

x x x

e risolvendo per i pesi

x12

1 2

=+σ

σ σ ; x2

1

1 2

=+σ

σ σ ;

che permettono di avere un portafoglio a rischio nullo, cioè a rendimento certo.

Poiché σ1 e σ2 sono strettamente positivi, come si è detto in precedenza, per ottenere un portafoglio a rischio zero è necessario investire in entrambi i titoli secondo quelle esatte proporzioni. Tale situazione corrisponde alla perfetta immunizzazione del rischio.

In questa situazione è possibile ottenere altri portafogli con

σ σ σ σP < =min ,1 2 1 e R RP 1> cioè portafogli in cui si verifica l'effetto diversificazione.

Ricordando che x R R R RP1 2 1 2 = ( - ) / ( - ) , la funzione ( )σP Pf R= può essere

scritta come:

σ

σ σ σ σ

σ σ σ σp

P P

P P

R RR R R

R RR R R

R RR R R

R RR R R

=

+−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ −

+−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ ≤ <

−+−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

+−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ ≤ <

⎪⎪

⎪⎪

1 2

1 2

1 2 2 1

1 21

0

1 2

1 2

1 2 2 1

1 2

02

per

per

dove R0 indica il rendimento di portafoglio a rischio nullo, portafoglio composto da due titoli rischiosi con ρ12 = -1.

Il rendimento certo di un portafoglio così composto è pari a

R R R0 1 2 2 1

1 2

=++

σ σσ σ

La funzione ( )σP Pf R= , esposta in Fig. 9, è quindi formata da due segmenti: uno decrescente e l'altro crescente, con:

− uguale coefficiente angolare, ma di segno opposto; − uguale intercetta, ma di segno opposto.

23

I due segmenti rappresentano le caratteristiche E-σ di tutti i portafogli possibili con i due titoli. Solo il segmento crescente rappresenta i portafogli efficienti, dominando quello decrescente.

Fig. 9: Portafogli fattibili ed efficienti nel caso di perfetta correlazione lineare negativa tra i rendimenti dei titoli o business 1 e 2, ρ12 = -1. Si distingue la frontiera efficiente combinazione di portafogli efficienti ottenuti componendo il titolo 2 con il portafoglio privo di rischio e la combinazione di portafogli non efficienti ottenuti componendo il titolo 1 con il portafoglio privo di rischio.

2.3.3 Caso con non perfetta correlazione lineare fra i rendimenti di due titoli o business (di rilevante interesse operativo)

Nella realtà economico-finanziaria la correlazione tra i rendimenti dei titoli o prodotti o business è “raramente” perfetta, diretta o inversa; la “normalità” della correlazione lineare fra i rendimenti futuri di due alternative vede -1 < ρ12 < 1. Anzi, operando nella stessa economia è molto frequente che il coefficiente di correlazione lineare fra i rendimenti sia positivo, 0 < ρ12 < 1. Allora la frontiera efficiente non è una funzione lineare. Essa risulta definita dalla funzione radice quadrata di un polinomio di secondo grado. Per verificare ciò basta studiare il rischio di portafoglio

( ) ( )[ ]σ σ σ ρ σ σP x x x x= + − + −12

12

12

22

1 1 12 1 2

121 2 1

nella forma:

( )( )( )

σ σ σ ρ σ σPP P P PR R

R RR RR R

R R R R

R R=

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

− −

⎢⎢

⎥⎥

2

1 2

2

12 1

1 2

2

22 2 1

1 22 12 1 2

12

2

24

dalla quale risulta evidente che, a parità di R R RP , , , , , 1 21 2 σ σ il rischio di portafoglio diminuisce al ridursi di ρ12 nel suo dominio da +1 a -1.

Tale funzione ha un minimo che può essere (Fig. 10): a) σ σ σ σP = =min ,1 2 1 , ovvero uguale al σi del titolo con minor rischio; b) σ σ σ σP < =min ,1 2 1 , ovvero σP minore di quello in a), a partire dal quale inizia

la frontiera efficiente.

Fig. 10: Esempi di frontiere efficienti nel caso in cui i due titoli o business

abbiano rendimenti non perfettamente correlati: − < < +1 112ρ

Il caso b) illustra l'effetto della diversificazione secondo la selezione del

portafoglio. Si ricorda che stiamo trattando ancora il caso di soli due titoli o business e che ora si è verificato, analiticamente, come non occorra ricorrere a molti titoli o business per veder diminuito il rischio di portafoglio o d’azienda.

Per calcolare il valore di x1 che minimizza il rischio, lo scarto quadratico medio del portafoglio di titoli azionari o del portafoglio di business (in questo caso si minimizza il rischio aziendale), basta uguagliare a zero la derivata prima di σp rispetto a x1:

( ) ( )[ ]ddx

x x x

x x x xPσ σ σ σ ρ σ σ ρ σ σ

σ σ ρ σ σ1

1 12

1 22

22

12 1 2 1 12 1 2

12

12

12

22

1 1 12 1 2

1 212

2 2 2 2 4

1 2 10=

+ − + −

+ − + −=/

e risolverla per x1:

x112 1 2

12

22

12 1 22 = 2

2σ ρ σ σσ σ ρ σ σ

−+ −

Sostituendo x1 nel vincolo di bilancio, x x1 2 1+ = , si ottiene x2:

25

x212 1 2

12

22

12 1 22 = 1

2σ ρ σ σσ σ ρ σ σ

−+ −

.

I valori di x1 e x2 sono le coordinate del punto di minimo della funzione

( )σP Pf R= , visto che la stessa è convessa (concava verso l'alto).

Si può osservare che per ρ12 = 0, cioè l’indipendenza lineare fra rendimenti, si ha

x122

12

22 2

12

12

22=

+=

σ σσ

σ σ ; x ;

frazioni che non permettono, generalmente, l’annullamento del rischio di portafoglio. Imponendo di non investire o produrre tutto nella alternativa 1, titolo o business a

minimo rischio, si ha la disequazione

x112 1 2

12

22

12 1 221 = 2

2σ ρ σ σσ σ ρ σ σ

−+ −

< .

Ponendo la condizione σ σ ρ σ σ1

222+ − >2 012 1 2 ,

possiamo avere σ ρ σ σ σ σ ρ σ σ2

212

22− < + −12 1 2 12 1 22

che porta a

ρσσ12

1

2

< .

Cioè: il minimo rischio del portafoglio o il minimo rischio dell’azienda è inferiore

a quello del prodotto 1 se e solo se ρ12 è inferiore al rapporto σσ

1

2

(ricordando che si

è imposto σ σ2 1> ). In tutti gli altri casi il rischio minimo si ha investendo o investendo-producendo tutto e solo nel titolo o prodotto a minor rischio.

26

SIMULAZIONI : valutazione del portafoglio a rischio minimo 1) Componendo i titoli o business D ed E, che presentano correlazione positiva nei rendimenti assai debole (vedi Tabella 4), si ha

x D DE E D

E D DE E D1

2

2 2

2

2 22185 0 07 107 185

107 185 2 0 07 107 1850 77=

−+ −

=− × ×

+ − × × ×=

σ ρ σ σσ σ ρ σ σ

. . . .. . . . .

.

x E DE E D

E D DE E D2

2

2 2

2

2 22107 0 07 107 185

107 185 2 0 07 107 1850 23=

−+ −

=− × ×

+ − × × ×=

σ ρ σ σσ σ ρ σ σ

. . . .. . . . .

.

ovvero x x2 11 1 0 77 0 23= − = − =, , Il portafoglio che minimizza il rischio é quindi composto per il 77% dal titolo E e per il 23% dal titolo D. A questa soluzione corrispondono i seguenti rendimento e rischio di portafoglio:

[ ]R P

P

= × + × =

= × + × + × × × × × =

12 0 77 20 0 23 1384

107 0 77 185 0 23 2 0 77 0 23 0 07 107 185 0 952 2 2 2 1 2

. . .

. . . . . . . . . ./

σ

2) Componendo i titoli A e C, altamente correlati nei rendimenti (vedi Tabella 4), si ha:

x C AC A C

A C AC A C1

2

2 2

2

2 22169 0 96 141 169

141 169 2 0 96 14 169211=

+ −=

− × ×+ − × × ×

=σ ρ σ σ

σ σ ρ σ σ. . . .

. . . . ..

x A AC A C

A C AC A C2

2

2 2

2

2 22141 0 96 141 169

141 169 2 0 96 141 169111=

−+ −

=− × ×

+ − × × ×= −

σ ρ σ σσ σ ρ σ σ

. . . .. . . . .

.

I risultati dimostrano come la composizione di portafoglio mantenga il vincolo di bilancio in quanto 2.11-1.11=1, ma con x1>1 e x2<0. Si tratta infatti di un portafoglio ottenibile mediante vendita allo scoperto di C per acquistare A, sopra le proprie disponibilità. Nel calcolare il minimo non si sono poste le condizioni xi≥0, cioè si è operato con metodi non vincolati. A questa composizione corrispondono i seguenti rendimento e rischio:

[ ]R P

P

= × + × − =

= × + × − + × × − × × × =

15 211 17 111 12 78

141 211 169 111 2 211 111 0 96 141 169 1292 2 2 2 1 2

. ( . ) .

. . . ( . ) . ( . ) . . . ./

σ

I due esempi mostrano come investendo in titoli con bassa correlazione si ottenga un portafoglio che, rispetto all'alternativa a minor rischio, ha rendimento maggiore e rischio inferiore.

27

2.4. L’introduzione nel portafoglio di un titolo a rendimento certo

Si supponga ora di avere un: − titolo a rendimento certo Rf e rischio σf =0; − titolo o business a rendimento aleatorio con rendimento atteso R1 e rischio σ1;

e quindi, coerentemente, sia: R Rf1 > e σ1>0. Il rendimento atteso di portafoglio ovvero dell’azienda che investa in BOT e un

solo prodotto a rendimento aleatorio è ( )R x R x RP f= + −1 1 11

ed il rischio di portafoglio o dell’azienda è pari a

( )σ σ σP x x= =12

12 1 2

1 1

/

Dato che l’alternativa a rendimento certo ha: − varianza nulla; − correlazione lineare nulla con qualsiasi variabile; se il decisore vuole, desidera, un portafoglio con rischio σP può determinare la quantità di capitale x1 da investire nel titolo a rendimento aleatorio risolvendo l'equazione

x P1

1

=σσ

che, sostituita nell'equazione del rendimento di portafoglio ed esplicitata rispetto al rischio di portafoglio, dà:

σσ σ

Pf

f fP

RR R R R

R= −−

+−

1

1

1

1

.

Se i vincoli di bilancio e di non negatività delle xi sono operanti, la funzione ( )σP Pf R= è rappresentata da un segmento condotto tra i punti ( )Rf f,σ = 0 e

( )R1 1,σ in Fig. 11. Si supponga ora di poter prendere a prestito al tasso Rf una quantità aggiuntiva di

capitale per investirla nell’alternativa rischiosa, titolo o business. Risulterà, stante il vincolo di bilancio x x1 2 1+ = ,

x1 > 1 e quindi xf = (1-x1) < 0. Allora, supponendo di poter prendere a prestito quantità “enormi” (illimitate) di capitale “visto che l’ente finanziatore accetta le smisurate nostre garanzie ipotecarie su beni immobili”, la frontiera efficiente diventa una semiretta, uscente dal punto ( )Rf f,σ = 0 e passante per ( )R1 1,σ , Fig.1130.

30 Si desidera determinare il coefficiente angolare della frontiera efficiente ed il premio per unità

di rischio di un generico portafoglio P composto per il 60% dal titolo A ( RA =15 e σA =141. ) e per il 40% da un BOT con rendimento Rf = 8 .

R x R x RP A A A f= + − == × + × =

( ). . .

10 6 15 0 4 8 12 2

28

Visto il coefficiente angolare della semiretta in Fig. 11, σ1

1R Rf− è importante

evidenziare il significato del suo reciproco, R R f1

1

−σ

, che è definito "premio al

rischio" o "prezzo del rischio", valutazione rilevante per le scelte finanziarie, recepita anche nei modelli di equilibrio del mercato dei capitali come il Capital Asset Pricing Model31. Infatti, esplicitando la

σσ σ

Pf

f fP

RR R R R

R= −−

+−

1

1

1

1

per RP si ha

R R R RP f

fP= +

−1

1σσ

ovvero che rendimentoatteso diportafoglio

prezzo deltempo

premio perunità dirischio

rischiodi portafoglio

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟=⎛

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟+⎛

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟×⎛

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

per qualsiasi portafoglio, efficiente o no. Si supponga ora che su un mercato coesistano:

− un titolo a rendimento certo con Rf = 8 e σf = 0; − i cinque business a rendimento aleatorio di cui alle Tab. 2, 3, 4;

e si voglia analizzare la composizione dell'alternativa non rischiosa con ognuna delle alternative a rischio.

Si hanno allora cinque segmenti da (Rf = 8, σf = 0) ai punti A, B, C, D, E (in Fig.12) rispettivamente. I coefficienti angolari sono rispettivamente: 0.20, 0.29, 0.19, 0.15, 0.27.

( )σ σ σP A A A Ax x= = = × =2 2 1 20 6 141 0 85

/. . .

Si verifica che il calcolo del rischio di portafoglio può essere fatto usando il rendimento di portafoglio nell'equazione:

σσ σ

PA f

A f

A

A fP

RR R R R

R= −−

+−

=

= −×−

+−

× = 141 815 8

14115 8

12 2 0 85. . . ..

Il coefficiente angolare della retta-frontiera efficiente in [ ]R P , Pσ è:

σA

A fR R−=

−=

14115 8

0 20. .

Il suo reciproco è pari a 5, ovvero, in questo caso si hanno cinque punti di rendimento per unità di rischio. 31 SHARPE W.F., 1964, op.cit.

29

Il decisore razionale deve considerare solo portafogli componibili con il titolo a rendimento certo e il titolo D in quanto:

− procurano il maggior premio al rischio: 1/0.15 = 6.67; − sono portafogli efficienti.

Fig. 11: Frontiera efficiente nel caso si possa investire e prendere a prestito allo stesso tasso certo Rf; x1 è la quantità da investire nell'alternativa, titolo o business, a rendimento aleatorio.

D

EA

BC

Fig. 12: Portafogli possibili e frontiera efficiente ottenuti componendo di volta in volta il titolo a rendimento certo con ognuno dei business A, B, C, D, E. La combinazione con D è quella che a parità di rischio “paga” di più: 6,67 punti di rendimento per unità di rischio.

30

3

ANALISI DI PORTAFOGLIO CON n TITOLI O BUSINESS

3.1 Rendimento e rischio di portafogli fattibili Anche in questo caso il rendimento atteso di un portafoglio è la media aritmetica

ponderata dei rendimenti attesi dei singoli titoli o business

( )R E R E x R x E R x RP P i ii

n

i ii

n

i ii

n

= =⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ = =

= = =∑ ∑ ∑( )

1 1 1

ovvero trasformazione lineare dei rendimenti attesi delle singole possibilità.

La varianza del rendimento di un portafoglio è

( )σP P PE R R2 2= −

che nel caso di n possibilità è sempre una trasformazione quadratica:

σ σ σP ii

n

i i j ijj

n

i

nx x x

i j

2 2

1

2

112= + ∑∑

= ==∑

<

Nell’equazione:

− i primi n termini contengono le varianze dei rendimenti degli n titoli; − i successivi n(n-1)/2 termini contengono le covarianze dei rendimenti di ciascuna

possibilità con quelli delle restanti (n-1). Forme alternative per rappresentare la varianza di portafoglio sono

σ σ σ σ σ σ σ ρP i j i i i j ij i j ij i j i j ijj

n

i

n

j

n

i

n

j

n

i

n

j

n

i

n

x x x x x x x xi ji j

2

11111111

= + = =========

∑∑∑∑∑∑∑∑≠=

3.2 Analisi del rischio del portafoglio all'aumentare del numero di titoli o business rischiosi in portafoglio

Possiamo ora analizzare il comportamento del rischio di portafoglio all'aumentare del numero di titoli o business composti nello stesso32, pratica attuata da molti operatori con

32ELTON E., GRUBER M., Modern Portfolio Theory and Investment Analysis, Wiley, N.Y., 1984.

31

l'intento di diversificare, ovvero di "frazionare i rischi e ridurre la variabilità del rendimento medio degli investimenti"33 cioè del portafoglio.

3.2.1 Caso di titoli o business con rendimenti aleatori tutti linearmente indipendenti fra di loro

L’analisi in questo paragrafo ha rilevante significato logico e formale, ma, come osserveremo, purtroppo scarsa rilevanza operativa in quanto rappresenta un caso che è pressochè impossibile da riscontrare nella realtà.

Riprendendo l’equazione della varianza di portafoglio, ora con tutte le covarianze nulle:

σ σP ii

n

ix2 2

1

2==∑

se si suppone di equiripartire il capitale tra le n possibilità, cioè xi=1/n per ogni xi , la varianza di portafoglio diventa

σ σσ

Pi

n

ii

i

n

n n n

2 2

1

22

1

1 1= =⎡

⎣⎢

⎦⎥

= =∑ ∑( / ) /

Si definisce il termine entro parentesi quadrata come varianza media dei titoli o

business in portafoglio, σi2 , ed è facile verificare che al divergere di n essa (varianza

media) tende a zero

nP

nin

→∞ →∞= =lim lim ( / )σ σ2 21 0

Quindi, operando con infiniti titoli o business, tutti non correlati linearmente nei

rendimenti, si riesce ad annullare il rischio di portafoglio o d’azienda. Purtroppo, nella realtà è impossibile trovare infiniti titoli o business che risultino tutti

con rendimenti non linearmente correlati. Quindi, questo risultato è di puro riferimento e stimolo data l’ipotesi forte dell’indipendenza dei rendimenti.

33DE LUCA G., VERRILLI A., Dizionario Economico Finanziario e Contabile, Edizioni Simone, Napoli, 1992.

32

3.2.2 Caso di titoli o business con rendimenti aleatori linearmente correlati

E’ il caso di rilevante interesse operativo, in quanto rappresenta la “totalità” delle realtà sia produttive che finanziarie.

Riprendendo l’equazione della varianza ed equiripartendo il capitale tra gli n titoli o

business si ha una varianza di portafoglio o aziendale pari a34:

σ σ σPi

n

i ijj

n

i

n

n n n2 2

1

2

1

1 1 1= += ==∑ ∑∑

( / ) ( / )( / )1i j

Raccogliendo: - 1/n nel primo addendo; - (n-1)/n nel secondo addendo, dopo aver moltiplicato e diviso per (n-1); si ottiene

σσ σ

Pi

i

nij

j

n

i

n

nn

nn n n

i j

22

1 11

1 11

=⎡

⎣⎢

⎦⎥ +

−−

⎣⎢

⎦⎥

= ==∑ ∑∑

/( )

Entrambi i termini entro parentesi quadre rappresentano medie: - il primo, come già detto, è la varianza media dei titoli o business in portafoglio, σi

2 ; - il secondo è la covarianza media dei titoli in portafoglio, σij (le covarianze sono in numero di n(n-1)). Allora, l'equazione precedente può essere riscritta come

[ ]σ σ σP i ijn n n2 21 1= + −( / ) ( ) / Essa permette di verificare che per n che tende ad infinito: - il primo addendo tende a zero; - il secondo addendo tende al valore asintotico σij , che non può essere annullato (vedasi la Fig.13). Quindi

lim limn P n i ij ij i j ij i ijn

nn→∞ →∞

= +−⎡

⎣⎢⎤⎦⎥

= = =σ σ σ σ σ σ ρ σ ρ2 2 21 1

34 Utilizzando i cinque titoli o business A, B, C, D, E, ed i dati in Tab. 3, matrice simmetrica delle varianze e covarianze tra i rendimenti delle cinque possibilità, si calcoli il rischio di portafoglio nell'ipotesi di xi = ∀1 5/ , i (Arrotondamenti alla seconda cifra decimale).

σ σ σPi

iji

ij2

1

5 22

1

5

1

515

15

15

= ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟∑ + ⎛

⎝⎜⎞⎠⎟⎛⎝⎜

⎞⎠⎟∑∑

= ==

( )σ

σ σP

i

i

ij

ji

22

1

5

1

5

1

515 5

5 15 5 5 1

15

2 4 2 86 3 43 1145

2 45

0 43 2 29 014 0 29 0 29 114 114 0 71 0 57 01420

15

2 69 2 45

0 2 0 86

= ∑⎡

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

+−

−∑∑ =

=+ + + +⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

+ ×− + + − − + + + − +⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

=

= × + × × =

= ==

. . . . . . . . . . . . .

. . .

33

ove σ ij è la covarianza media fra i rendimenti delle alternative considerate.

La covarianza σ ij così calcolata è detta anche "rischio sistematico", “rischio ineliminabile” e può essere letta come prodotto della varianza media per il coefficiente di correlazione lineare medio fra i rendimenti degli n business. Il coefficiente di correlazione lineare medio fra i rendimenti degli n business è, nella realtà operativa, mediamente positivo (ricordo che ha massimo in +1). E’ quindi “LUI” che smorza il rischio (la varianza media) dei titoli o business trattati, rischio che ogni singolo operatore non può influenzare. Si riporta il risultato di Whitmore35che ha valutato, su portafogli azionari, la percentuale di riduzione del rischio attuabile in alcuni paesi (quindi, con il complemento a uno, il rischio sistematico di ogni paese).

PAESE rischio % eliminabile

rischio % non eliminabile

ovvero sistematico BELGIO 80.0 20.0 OLANDA 76.1 23.9 USA 73.0 27.0 FRANCIA 67.3 32.7 UK 65.5 34.5 ITALIA 60.0 40.0 GERMANIA 56.2 43.8 SVIZZERA 56.0 44.0 UN PORTAFOGLIO INTERNAZIONALEPER UN AMERICANO

89.3 10.7

Tab. 5: Percentuale di rischio eliminabile con la diversificazione e percentuale di rischio ineliminabile sul mercato azionario di alcuni paesi. (Fonte: WHITMORE G.A., “Diversification and the reduction of Dispersion: a note”, Journal of Financial and Quantitative Analysis, V, n. 2, May 1970, pp.263-264)

Si può verificare come Svizzera, Germania e Italia risentano dell’elevata covarianza positiva fra i rendimenti dei titoli, ovvero del fatto che i titoli tendono a muoversi insieme, mentre Belgio e Olanda possono avere un rischio sistematico molto basso (l’Italia ha rischio sistematico doppio rispetto a quello del Belgio). Si rileva come la diversificazione possibile con un portafoglio internazionale di azioni, per un americano, riduca il rischio del 90% circa.

In Fig. 13 si rappresenta, per un americano, l'andamento del rischio di portafoglio all'aumentare del numero n di titoli azionari USA36 in portafoglio; si rileva che già con 20

35 WHITMORE, G.A., “Diversification and the reduction of Dispersion: a note”, Journal of Financial and Quantitative Analysis, V, n. 2, May 1970, pp.263-264 36 ELTON E.J., GRUBER M.J., 1984, op. cit., pag. 36.; SOLNIK B., "The advantages of Domestic and International Diversification", in Elton e Gruber, International Capital Markets, Amsterdam, North Holland, 1975.

34

titoli, negli Stati Uniti, si può attuare una buona diversificazione. Alcune ricerche37 hanno dimostrato che i mercati internazionali mostrano una relativa indipendenza gli uni dagli altri. In Tab. 6 si riporta la matrice dei coefficienti di correlazione lineare fra le variazioni mensili, dal 1971 al 1986, degli indici azionari delle principali borse mondiali e le fluttuazioni di alcune valute38. Si rileva la debole o debolissima correlazione lineare, spesso di segno negativo. Allora si può affermare

Fig. 13: Effetto dell'aumento del numero di azioni U.S.A. in portafoglio sul rischio di portafoglio per un investitore statunitense (WHITMORE, G.A., “Diversification and the Reduction of Dispersion: a note”, Journal of Financial and Quantitative Analysis, V, n. 2, May 1970, pp.263-264)

Fig. 14: L'effetto del numero di sole azioni U.S.A. e di quello del numero di azioni appartenenti ad alcuni diversi mercati (senza copertura del rischio di cambio) sul rischio di portafoglio: per un investitore statunitense la diversificazione internazionale riduce il rischio sistematico (SOLNIK B., “Why not Diversify Internationally Rather Than Domestically “, Financial Analysts Journal, July 1974).

37 ELTON .E., GRUBER M.J., 1984 op. cit., cap. 10. 38 SOLNIK B., 1988, op. cit., pag. 20.

35

che investire su più mercati è un'operazione vantaggiosa nell'ottica E-σ: la diversificazione internazionale riduce il rischio sistematico39 (Fig. 14). Per quanto sopra esposto è importante evidenziare che portafogli realizzati con investimenti frazionati su un grande numero di titoli, che sullo stesso mercato hanno mediamente correlazione positiva nei rendimenti, portano sì ad avere un rischio quantificabile nella

Valute $ USA Yen Marco Sterl F.F. $Can Cor.Ol. F.Svi F.Belg

a Mercati

USA 0.08 0.16 0.10 0.16 0.19 0.17 0.03 0.18 Giapp. -0.06 0.02 -0 0.05 -0.02 0.01 -0.03 0.09 Germ. -0.03 0.05 0.11 0.09 -0.01 0.11 0.09 0.07

Gran. Br. -0.15 -0.07 -0.07 -0.01 -0.09 -0.07 -0.10 -0.06 Francia -0.21 -0.11 -0.15 0.05 -0.15 -0.17 -0.09 -0.18 Canada -0.33 -0.01 0.07 0.06 0.13 0.05 0.04 0.09 Olanda 0.05 0.05 -0.01 0.15 0.09 0.09 -0.02 0.05

Svizzera 0.04 0.06 0.12 0.18 0.19 0.08 0.19 0.17 Belgio -0.16 0 0.05 -0.04 0.06 -0.15 0.03 -0.02

Tab. 6: Matrice dei coefficienti di correlazione lineare fra rendimenti mensili, dal 1973 al 1982, sulle azioni delle principali borse mondiali e le fluttuazioni dei singoli tassi di cambio, tratta da SOLNIK B., International Investments, Addison Wesley, 1988, pag 40. covarianza media dei rendimenti, non annullabile, ma nulla dicono circa il rendimento

atteso dello stesso. Posto Rii

< ∞=

∑1

, al tendere di n all'infinito il rendimento atteso di

portafoglio, Rn

RP ii

==

∑ 11

, tenderà, purtroppo, a zero quindi detenere un portafoglio con

tantissimi titoli, ognuno pesato 1/n delle proprie risorse, non comporta l’annullamento del rischio, ma, sicuramente, quello del rendimento. In Tab. 7 si riportano i coefficienti di correlazione lineare fra le variazioni relative di indici delle principali borse mondiali40. E' bene ricordare che gli indici sono dei panieri, dei portafogli di quotazioni, di prezzi o di rendimenti. In tabella si può notare la presenza di non elevati valori dei coefficienti di correlazione lineare. Quindi, portafogli composti su diversi mercati permettono, a parità di rendimento, notevoli riduzioni di rischio.

39 ELTON J.E., GRUBER M.J., 1984, op. cit., pag.47. 40 SOLNIK B., International Investments, Addison Wesley, 1988, pag 40.

36

Tab. 7: Matrice dei coefficienti di correlazione lineare fra le variazioni degli indici azionari delle principali borse mondiali (elaborazioni mensili in dollari USA dal 1971 al 1986), tratta da SOLNIK B., International Investments, Addison Wesley, 1988, pag 40.

Ger Bel Dan Fra Ita Nor Ola Reg Sve Sviz

Germania 1 .63 .42 .55 .33 .33 .66 .41 .36 .69 Belgio .63 1 .47 .62 .41 .51 .65 .51 .42 .64

Danimarca .42 .47 1 .31 .29 .32 .48 .36 .38 .43 Francia .55 .62 .31 1 .43 .44 .57 .52 .31 .59

Italia .33 .41 .29 .43 1 .24 .35 .35 .30 .32 Norvegia .33 .51 .32 .44 .24 1 .48 .34 .32 .41 Olanda .66 .65 .48 .57 .35 .48 1 .61 .42 .68

Regno Unito .41 .51 .36 .52 .35 .34 .61 1 .36 .52 Svezia .36 .42 .38 .31 .30 .32 .42 .36 1 .44

Svizzera .69 .64 .43 .59 .32 .41 .68 .52 .44 1 Spagna .34 .36 .25 .35 .37 .20 .34 .26 .29 .28

Australia .26 .28 .28 .35 .26 .36 .36 .41 .30 .36 Giappone .45 .44 .36 .40 .38 .10 .44 .32 .31 .41

Hong Kong .18 .23 .31 .21 .18 .20 .34 .29 .17 .26 Singapore .07 .14 .20 .14 .10 .15 .24 .40 .16 .21

Canada .28 .32 .31 .42 .25 .36 .52 .50 .32 .44 Stati Uniti .32 .36 .31 .40 .23 .37 .55 .47 .35 .44

Miniere d'oro .11 .23 .01 .21 .13 .25 .17 .08 .10 .22 Oro .19 .29 .11 .25 .18 .28 .22 .08 .15 .24

Indice Mondiale .55 .57 .44 .60 .44 .44 .73 .65 .45 .61 Indice EAFE .64 .62 .44 .62 .52 .35 .70 .69 .43 .61

Spa Aus Gia Hon Sin Can Sta Min Oro Mon EAFE

Germania .34 .26 .45 .18 .07 .28 .32 .11 .19 .55 .64 Belgio .36 .28 .44 .23 .14 .32 .36 .23 .29 .57 .62

Danimarca .25 .28 .36 .31 .20 .31 .31 .01 .11 .44 .44 Francia .35 .35 .40 .21 .14 .42 .40 .21 .25 .60 .62

Italia .37 .26 .38 .18 .10 .25 .23 .13 .18 .44 .52 Norvegia .20 .36 .10 .20 .15 .36 .37 .25 .28 .44 .35 Olanda .34 .36 .44 .34 .24 .52 .55 .17 .22 .73 .70

Regno Unito .26 .41 .32 .29 .40 .50 .47 .08 .08 .65 .69 Svezia .29 .30 .31 .17 .16 .32 .35 .10 .15 .45 .43

Svizzera .28 .36 .41 .26 .21 .44 .44 .22 .24 .61 .61 Spagna 1 .22 .34 .15 -.02 .19 .15 -.01 .13 .35 .43

Australia .22 1 .27 .29 .29 .56 .47 .15 .32 .56 .46 Giappone .34 .27 1 .28 .21 .25 .27 .09 .17 .60 .77

Hong Kong .15 .29 .28 1 .41 .22 .26 -.08 .07 .32 .28 Singapore -.02 .29 .21 .41 1 .29 .37 -.04 -.07 .39 .31

Canada .19 .56 .25 .22 .29 1 .66 .23 .26 .70 .48 Stati Uniti .15 .47 .27 .26 .37 .66 1 .10 .01 .87 .47

Miniere d'oro -.01 .15 .09 -.08 -.04 .23 .10 1 .58 .17 .14 Oro .13 .32 .17 .07 -.07 .26 .01 .58 1 .16 .22

Indice Mondiale .35 .56 .60 .32 .39 .70 .87 .17 .16 1 .83 Indice EAFE .43 .46 .77 .28 .31 .48 .47 .14 .22 .83 1

37

3.3. La selezione dei portafogli efficienti ovvero la valutazione della frontiera efficiente

Dati i nostri cinque titoli o business A, B, C, D, E (si vedano le Tab. 2, 3 e 4) si ipotizzi di voler comporre un portafoglio G suddividendo, in maniera empirica, il capitale nel modo seguente:

35% in A, 35% in C, 10% in B, 10% in E, 10% in D La “ragione” di questa ripartizione, proposta dal Rossi, sta nel fatto che i business A e

C hanno rendimento e rischio “centrali” nella distribuzione bivariata rendimento-rischio (vedi Fig.1), mentre i business B, E, D risultano troppo o troppo poco redditivi e rischiosi.

Utilizzando le equazioni studiate, G ha rendimento atteso RG =15.9 e σG=1.11. Queste due informazioni sono sicuramente interessanti, ma, come gestori di un fondo o

direttori generali di un’impresa, ci si deve chiedere: − qual’è la posizione di G nello spazio E−σ dei portafogli fattibili? − esiste un portafoglio (o mix di prodotti) che ha lo stesso rischio, ma maggior

rendimento di G? − esiste un portafoglio (o mix di prodotti) che ha lo stesso rendimento, ma minor

rischio di G? cioè, in sintesi: G è un portafoglio (mix) dominante (efficiente)?

Se G è dominante in E-V il decisore è stato efficiente nella scelta, se non lo è il decisore che lo ha proposto non ha pianificato le risorse in maniera efficiente.

La risposta alla domanda fatta, assai importante, si imposta adottando un modello in cui:

− o si massimizzi il rendimento atteso di portafoglio, fissata una varianza di portafoglio VP

∗ desiderata (parametro); − o si minimizzi la varianza di portafoglio, fissato un rendimento atteso di portafoglio

R P∗ desiderato (parametro);

e, trascurando il vincolo di non negatività sulle risorse (cioè non ponendo xi ≥ 0), allora si hanno o l’uno o l’altro dei seguenti modelli

max

*

x Z R x R

x

x x V

P ii

n

i

ii

n

ij

n

j ij Pi

n

11

1

11

1

con vincoli

= =

=

=

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

=

=

==

∑∑ σ

min

*

x Z x x

x

x R R

P ij

n

i

n

j ij

ii

n

i i Pi

n

211

1

1

1

V

con vincoli

= =

=

=

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

==

=

=

∑∑

σ

Il primo modello vuole massimizzare il rendimento di portafoglio, mentre il secondo

vuole la minimizzazione del rischio di portafoglio. Se la distribuzione dei rendimenti è simmetrica (ad esempio una distribuzione

Gaussiana) si può utilizzare la semivarianza (0.5 VP ) per semplificare i calcoli; si ottiene comunque lo stesso vettore soluzione della minimizzazione di Z2.

38

min

*

x Z x x

x

x R R

P ij

n

i

n

j iji

ii

n

i i Pi

n

311

1

1

1

0.5 V 0.5

con vincoli

= =

=

=

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

==

=

=

∑∑

σ

I vincoli del modello sono: − di bilancio (quantità di risorse tutte investite) − sul rendimento atteso di portafoglio R P

* reso parametro. L'assenza di vincoli del tipo 0 ≤ xi ≤ 1, il cui significato economico è già stato spiegato,

facilita la ricerca della soluzione del problema di ottimo di funzioni non lineari in presenza di vincoli di sole uguaglianze.

Il vettore soluzione annulla le derivate parziali della funzione lagrangiana41 e risolve il problema di ottimizzazione vincolata utilizzando il modello con funzione obiettivo Z3. Il vettore soluzione trovato dà l’ottimo globale del problema in studio perchè rispetta le seguenti condizioni: la funzione obiettivo è una funzione convessa (e lo spazio delle soluzioni ammissibili è convesso), la matrice di varianza-covarianza è semidefinita positiva ed i vincoli sono lineari.

La funzione lagrangiana è:

L x V x R x Ri S R P S ii

n

R P i ii

n

( , , ) . *λ λ λ λ= + −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + −

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

= =∑ ∑0 5 1

1 1

e le n+2 derivate parziali costituiscono un sistema di equazioni ∂∂

σ σ λ λ

∂∂λ∂

∂λ

Lx

x x R

x x

R R x R x R x

ii i in n S R i

n

P n n

= + + − − =

= − − −

= − − − − =

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

1

1

1 1 2 2

0

1

0

....

.......

...*

i:1,2,3...., n

L = 0

LS

R

Questo sistema può essere riscritto in forma matriciale Mx = b

dove: M matrice dei coefficienti del sistema di derivate parziali della funzione lagrangiana; x vettore colonna42 delle incognite del problema, costituito dalle n variabili e dai due lagrangiani λS e λR

41Vedasi il capitolo di questo volume ove trattasi problemi di ottimizzazione non lineare vincolata. 42 Il trasposto del vettore x viene indicato con x', vettore riga.

39

σ σ σσ σ σ

σ σ σλλ

11 1 1

1

M x b2 1

2 22 2 2

1 2

1 2

1

2

11

11 1 1 0 0

0 0

00

01

...

...: : : : : :

...

...

...

: :

n

n

n n nn n

n

n

S

R P

RR

R

R R R

xx

x

R

− −− −

− −

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥∗

La matrice M è invertibile se e solo se il coefficiente di correlazione ρij ≠ ±1 (se ciò accadesse si avrebbe σ σ σij i j= e le righe sarebbero combinazioni lineari) e se manca il titolo a rendimento certo che ha rischio nullo (se la matrice contenesse una riga di valori a zero non sarebbe invertibile). Se M è invertibile il vettore soluzione è dato da:

x M b M M= =

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

+

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

− − −1 1 1

00

010

00

001

: :R P

* = h + k R P* ⇒

= +

= +

= +

= +

= +

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

x h k Rx h k R

x h k Rl Rl R

P

P

n n n P

S S S P

R R R P

1 1 1

2 2 2

*

*

*

*

*

..................

λ

λ

Λ

Λ

dove i vettori colonna sono rispettivamente formati da: h : hi, ΛS, ΛR i = 1, 2, ....., n k : ki, lS, lR i = 1, 2, ....., n

Allora, il vettore soluzione dipende linearmente da R P* ; la varianza può essere scritta

in forma matriciale come VP = x'Cx

dove: x vettore colonna (nx1) delle xi; C matrice di varianza-covarianza, σij di dimensione (n x n).

Se si sostituiscono le prime n righe del vettore x nella equazione della varianza, scritta in forma matriciale43, si trovano i parametri della funzione di secondo grado ( )σP Pf R2 = * ,

per un generico R P* :

σP P P

P P

P P

R R

R R

a a R a R

2

2

1 22

2

= = + + =

+ =

+ +

x'Cx (h k C(h k

h'Ch + k'Ch k'Ck

* )' )*

* *

* *

=

= 0

Il tratto crescente di questa funzione quadratica costituisce la frontiera efficiente nel

piano [ ]Rp p,σ2 . Estraendo la radice quadrata di tale polinomio si ottiene un'altra funzione

che rappresenta la frontiera efficiente nello spazio [ ]Rp p,σ .

43 Si controllino le proprietà studiate per il prodotto di vettori e matrici.

40

Possiamo ora “criticare” il portafoglio G, costruito empiricamente dal Rossi: A) IN RIFERIMENTO AL CASO IN CUI SI POSSA VENDERE A BREVE QUALSIASI QUANTITÀ

DELLE CINQUE POSSIBILITÀ SI HA: A1) fissato il rischio, σP

* =1.11 uguale a quello del portafoglio G e risolto il modello

max

.*

x Z R x R

x

x x V

P ii

n

i

ii

n

ij

n

j ij Pi

n

con vincoli

= =

=

= =

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

=

=

==

∑∑

1

1

11

1

12321σ

il portafoglio efficiente è Mss con

Rendimeto Scarto XA XB XC XD XE 17.325 1.11 -0.4921 -0.0159 0.7803 0.3685 0.3592

che ha rendimento superiore a quello di G. L’inefficienza di G per rendimento è di 17 325 15 9 1425. . .− = punti (su mille miliardi, l’inefficienza della scelta G vale 14.25 miliardi, secondo la nuova tecnica VaR (Value at Risk)).

Fig 15: Portafoglio efficiente Mss ottenuto imponendo σp=1.11 e massimizzando il rendimento atteso con il solo vincolo di bilancio (e senza il vincolo 0 ≤ xi ≤ 1 ∀i).

41

A2) Posto R P* =15.9 uguale a quello del portafoglio G e risolto il modello

min

*

x Z x x

x

x R R

P ij

n

i

n

j ij

ii

n

i i Pi

n

= =

=

=

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

==

=

=

∑∑

V

con vincoli11

1

1

1

σ

il portafoglio efficiente è Nss con Rendimento Scarto XA XB XC XD XE

15.9 0.8782 -0.1199 -0.0187 0.4298 0.2709 0.4379 che ha rischio inferiore a quello di G. L’inefficienza di G per rischio è di 1.11-0.88 = 0.23 punti.

Fig 16: Portafoglio efficiente Nss ottento imponendo R P

* =15.9 e minimizzando il rischio con il solo vincolo di bilancio (e senza i vincoli 0 ≤ xi ≤1 ∀i ).

42

B) IN RIFERIMENTO AL CASO IN CUI NON SI POSSA VENDERE A BREVE (OVVERO OPERANDO ANCHE CON I VINCOLI SULLE Xi≥0) SI HA:

B1) fissato il rischio σP

* =1.11 uguale a quello del portafoglio G si può costruire il modello

max

*

x Z R x R

x

x x V

x

P ii

n

i

ii

n

ij

n

j ij Pi

n

i

= =

=

=

⎪⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪⎪

=

=

==

∑∑

con vincoli1

1

11

1

0

σ

e risolverlo, ricorrendo alle condizioni di Kuhn-Tucker introdotte nel capitolo di programmazione matematica dal Prof. Bortot. Il portafoglio trovato è Mnss con Rendimento Scarto XA XB XC XD XE

17.25 1.11 0.00 0.0329 0.3418 0.4303 0.1950 L'inefficienza di G per rendimento si può quindi calcolare in 1.40 punti (data da: 17.3-

15.9).

Fig. 17: Portafoglio efficiente Mnss ottenuto imponendo σp=1.11 e massimizzando il rendimento di portafoglio con il vincolo di bilancio e il vincolo 0 ≤ xi ≤1 ∀i.

43

B2) Posto R P* =15.9, uguale a quello del portafoglio G, il portafoglio efficiente con lo

stesso rendimento è valutabile risolvendo, con l’utilizzo delle condizioni di Kuhn-Tucker, il sistema

min

*

x Z x x

x

x R R

x

P ij

n

i

n

j ij

ii

n

i i Pi

n

i

= =

=

=

⎪⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪⎪

==

=

=

∑∑

V

con vincoli11

1

1

1

0

σ

che porge il portafoglio Nnss

Rendimento Scarto XA XB XC XD XE

15.9 0.879 0.00 0.00 0.3236 0.2853 0.3911 L'inefficienza di G per rischio si può calcolare in 0.23 punti (data da: 1.11-0.88).

Fig 18: Portafoglio efficiente Nnss, ottenuto imponendo R P

* =15.9 e minimizzando il rischio con il vincolo di bilancio e il vincolo 0 ≤ xi ≤1 ∀i.

44

In conclusione: G è dominato sia nel caso con “short selling” sia nel caso senza “short selling” e non solo dai portafogli dominanti appena trovati, ma da infiniti portafogli, visto che G non è sulla frontiera E-V.

La Fig. 19 rappresenta la sintesi delle simulazioni fatte per analizzare criticamente l’inefficienza del portafoglio G in presenza di vincoli di non negatività dei pesi. Preme sottolineare (Figg. 15 e 16) che nel caso con “short selling” l’area che rappresenta le possibilità, infinite, si è allargata rispetto a quella del caso senza “short selling” (e le infinite possibilità stanno nell’insieme convesso delimitato dalla frontiera, efficiente ed inefficiente, non superiormente limitata).

Fig. 19: Regione di tutte le possibili soluzioni ( )R P P,σ componendo portafogli con i

cinque titoli o business in analisi, con vincolo di bilancio 0 ≤ xi ≤1 ∀i. Soluzioni efficienti, portafoglio Mnss e portafoglio Nnss, dominanti G rispettivamente per rendimento e rischio (ma anche tutti gli infiniti fra M o N e G dominano G).

45

3.4. Il modello parametrico Il problema generale per il calcolo degli infiniti portafogli efficienti che compongono la

frontiera efficiente nel caso in cui si abbiano solo alternative rischiose e con “short selling” può anche essere espresso come:

min . .x Z R V x R x xP P i i i j ijj

n

i

n

i

n

4111

0 5 0 5= − + = − +

=

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

===

=

∑∑∑

µ µ σ

soggetto a x 1ii 1

n

Questa è la forma più semplice e generale del problema in studio (valutazione delle soluzioni efficienti, dominanti in E-V), con un unico vincolo lineare di uguaglianza.

La minimizzazione di Z4 differisce da quella di Z3 per: − l'assenza del vincolo sul rendimento atteso di portafoglio; − la presenza nella funzione obiettivo di due obiettivi pesati; − la massimizzazione del rendimento (il primo addendo) con peso µ, parametro. E'

bene ricordare44 che -min (-µ R P ) è uguale a max (µ R P ) e che min(-µ R P ) ha lo stesso vettore soluzione di max (µ R P );

− la minimizzazione del rischio (secondo addendo) con peso 0.5. Il parametro µ è interpretato come misura sintetica del grado di propensione al rischio45 del decisore. Se:

µ = 0 , la Funzione Obiettivo vede annullarsi il primo addendo e il decisore opera solo per la minimizzazione del rischio. Il modello sarà adatto ad un decisore che vuole sopportare il minimo rischio, a prescindere dai rendimenti attesi; µ tende a +∝ la Funzione Obiettivo è determinata soprattutto dal primo addendo, il rendimento atteso. Il modello sarà adatto ad un decisore con propensione al rischio tale da considerare solo i rendimenti attesi e trascurare il rischio.

Applicando i metodi analitici già visti (3.3), il sistema risolutivo del problema di minimizzazione Z4 diventa:

M x bσ σ σ

σ σ σ

σ σ σ

λ

µ

µ

µ

11 12 1

21 22 2

1 2

1

2

1

2

1

1

1

1 1 1 0 1

...

...

: : ... : :...

...

: :

n

n

n n nn n

S

n

x

x

x

R

R

R

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

Il vettore soluzione, dipendente dal parametro µ, è dato da

44 Si riveda quanto esposto nella parte curata dal Professor Paolo Bortot. 45 Markowitz H.M., 1987, op. cit.

46

x M b M M1 1 1= =

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

+

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

= += +

= += +

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

− − −

00

01 0

1

2

1 1 1

2 2 2

: : .........

RR

R

x p qx p q

x p ql

n n n n

S S S

µ

µµ

µλ µΛ

Per valori di µ>0 i problemi Z3 e Z4 sono equivalenti (µ=0 è un caso limite46). In Fig. 20 sono indicate le diverse composizioni di titoli o business che, sui vari archi

delimitati da punti-portafogli d'angolo, formano via via la frontiera efficiente nel caso “no short sales”. I portafogli d'angolo sono quei punti-portafogli in cui cambia il vettore soluzione perché almeno un titolo entra o esce dal vettore soluzione.

Fig. 20: Composizione qualitativa dei cinque titoli sui tratti della frontiera efficiente (delimitati dai portafogli d'angolo in cui cambia la composizione qualitativa dei titoli nei portafogli efficienti) con il vincolo di bilancio e quelli di 0 ≤ x ≤ 1 ∀i. Il portafoglio efficiente a rischio minimo presenta σP = 0.73 ed è ottenuto componendo: 33.83% di A, 12.31% di D, 53.85% di E. Si deve sottolineare che il titolo D compare in ogni punto-portafoglio sulla frontiera efficiente grazie al suo elevato rendimento atteso e al suo basso grado di correlazione lineare con tutti gli altri quattro titoli.

46 Markowitz H.M., 1987. op. cit., pag. 152.

47

SIMULAZIONE Determinazione del portafoglio efficiente componendo i tre business B, D, E. (I dati utilizzati si rifanno alle tabelle 2, 3 e 4, arrotondati alla quarta cifra decimale). Si ponga di voler ottenere un rendimento atteso di portafoglio di 15.6.

F.O. 0.5 min 0.5 = ===

∑∑min V x xP ij

n

i

n

j ij11

σ con vincoli

x

x R R

ii

n

i i Pi

n

=

=

⎪⎪

⎪⎪

=

=

11

1

*

L x V x R x Ri S R P S ii

R P i ii

( , , ) . *λ λ λ λ= + −⎛

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ + −

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟

= =∑ ∑0 5 1

1

3

1

3

( )

( )( )( )[ ]

L x x x xxxx

x R x R

x x x x x x x x xxxx

i S R S ii

R P i ii

S

( , , ) .

.

λ λσ σ σσ σ σσ σ σ

λ λ

σ σ σ σ σ σ σ σ σ

λ

=⎛

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

+ −⎛

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ + −

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ =

= + + + + + +⎛

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

+

+ −

=

=∑ ∑0 5 1

0 5

1

1 2 3

11 12 13

21 22 23

31 32 33

1

2

31

3

1

3

1 11 2 21 3 31 1 12 2 22 3 32 1 13 2 23 3 33

1

2

3

( ) ( ) ( )[ ]

x R x R

x x x x x x x x x x x x

x R x R

x x x x x x x x x

ii

R P i ii

S ii

R P i ii

=

=

=

=

∑ ∑

∑ ∑

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ + −

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ =

= + + + + + + + + +

+ −⎛

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ + −

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ =

= + + + + +

1

3

1

3

1 1 11 2 21 3 31 2 1 12 2 22 3 32 3 1 13 2 23 3 33

1

3

1

3

12

11 1 2 21 1 3 31 1 2 12 22

22 2

0 5

1

0 5

λ

σ σ σ σ σ σ σ σ σ

λ λ

σ σ σ σ σ

.

.

( )( ) ( )

( )( ) ( )

x x x x x x

x x x R x R x R x R

x x x x x x x x x

x x x R x R x R x R

S R P

S R P

3 32 1 3 13 2 3 23 32

33

1 2 3 1 1 2 2 3 3

12

11 22

22 32

33 1 2 12 1 3 13 2 3 23

1 2 3 1 1 2 2 3 3

1

2 2 2

1

σ σ σ σ

λ λ

σ σ σ σ σ σ

λ λ

+ + + +

+ − − − + − − − =

+ + + + + +

+ − − − + − − − =

= 0.5

per la simmetria delle covarianze si ha:

L'ottimo si ha uguagliando a zero le derivate parziali:

( )

( )

( )

∂∂

σ σ σ λ λ

∂∂

σ σ σ λ λ

∂∂

σ σ σ λ λ

∂∂λ∂

∂λ

Lx

x x x R

Lx

x x x R

Lx

x x x R

L x x x x x x

L R R x R x R x R x R x R x R

S R

S R

S R

S

RP P

11 11 2 12 3 13 1

22 22 1 21 3 23 2

33 33 1 31 2 32 3

1 2 3 1 2 3

1 1 2 2 3 3 1 1 2 2 3 3

12

2 2 2 0

12

2 2 2 0

12

2 2 2 0

1 0 1

0

= + + − − =

= + + − − =

= + + − − =

= − − − = ⇒ + + =

= − − − = ⇒ + + =

∗ ∗

⎪⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪⎪⎪

che posto in forma matriciale:

48

M x b

σ σ σσ σ σσ σ σ

λλ

11 12 13 1

21 22 23 2

31 32 33 3

1 2 3

1

2

3

111

1 1 1 0 00 0

0001

− −− −− −

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

=

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟∗

RRR

R R R

xxx

RS

R P

Da tale relazione si vuole estrarre il vettore soluzione della composizione efficiente di portafoglio.

x M b M M1 1 1= =

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

+

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

− − − ∗

00010

00001

RP

Sostituendo i dati a nostra disposizione nella matrice M questa risulta:

M =

− −− −− −

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

4 11429 11429 1 1511429 34286 01429 1 2011429 01429 11429 1 12

1 1 1 0 015 20 12 0 0

. .. . .. . .

Calcolando l'inversa della matrice M:

M − =

− − −− −− −

− −− − −

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

1

0 3690 01384 0 2306 0 4745 0 028001384 0 0519 0 0865 13221 011450 2306 0 0865 01442 2 7965 01425

0 4745 13221 2 7965 131757 0 89260 0280 01145 01425 0 8926 0 0648

. . . . .. . . . .. . . . .

. . . . .. . . . .

e sostituendola nell'equazione x M b1= − si ottiene: −−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

+ −−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

× =

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

0 474513221

2 7966131746

0 8925

0 028001145014250 8925

0 0648

15 6

0 03760 46410 57350 7483

01189

.

....

.

...

.

.

....

.

Se si sommano i primi tre valori, percentuali di capitale investito nei tre titoli, si ottiene l'unità ed è quindi rispettato il vincolo di bilancio.

Il portafoglio efficiente è quindi composto da:xxx

1

2

3

0 03760 46410 5735

= −==

⎨⎪

⎩⎪

...

Si può determinare ora anche l'equazione che descrive la frontiera efficiente:

σ P P P

P P

P P

R R

R R

R R

2 2

2

2

0 474513221

2 7966

4 11429 1142911429 34286 0142911429 01429 11429

0 474513221

2 79662

0 02800114501425

131757 17851 0 0648

= + + =

=−−

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

−−

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

+−

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

× + =

= − +

∗ ∗

∗ ∗

∗ ∗

h'Ch 2k'Ch k'Ck

Ch k'Ck

.

..

. .. . .. . .

.

..

...

. . .

'

Dall'equazione, sostituendo il rendimento atteso di portafoglio di 15.6 si ottiene il rischio di portafoglio di: σ P

2 131757 27 8479 15 7790 11069= − + =. . . .

49

Valutazione del rendimento e rischio del portafoglio con i cinque business equiripartiti Si consideri il caso di un portafoglio formato dai cinque business A, B, C, D, E ciascuno con peso 20%. Esso avrà rischio e rendimento rispettivamente pari a:

( )

σ P

PR

2

0 2 0 2 0 2 0 2 0 2

2 0 4286 2 2857 01429 0 28570 4286 4 0 2857 11429 11429

2 2857 0 2857 2 8571 0 7143 0 571401429 11429 0 7143 34286 014290 2857 11429 0 5714 01429 11429

0 20 20 20 20 2

0 8572

0 2 15 0 2 15 0 2 17

=

=

− −− −

− −

− −

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

=

= × + × + ×

x Cx'

. . . . .

. . . .. . . .

. . . . .

. . . . .. . . . .

.

.

.

.

.

.

. . .

+ × + × =0 2 20 0 2 12 158. . .

Si vuole ora determinare la composizione efficiente di portafoglio che dia un rendimento pari a 16 e discutere il comportamento del rischio in base ai risultati dell’esercizio precedente. Come nell'esempio a tre titoli si determina la composizione efficiente di portafoglio con:

x M b1=

=

− − − −− − − −

− − − −− −

− − − −

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

2 0 4286 2 2857 01429 0 2857 1 150 4286 4 0 2857 11429 11429 1 15

2 2857 0 2857 2 8571 0 7143 0 5714 1 1701429 11429 0 7143 34286 01429 1 200 2857 11429 0 5714 01429 11429 1 12

1 1 1 1 1 0 015 15 17 20 12 0 0

0000010

1. . . .. . . .

. . . . .

. . . . .. . . . .

+

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

× =

=

−−−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

+

−−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

× =

−−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

−M 1

0000001

16

4 03310 0500348190 8175

1316212 2932

0 8438

0 28120 00200 24600 06850 05520 8438

0 0606

16

014620 0185

0 45450 27770 432512075

01252

....

...

......

.

.

......

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

Il portafoglio efficiente che dà un rendimento pari a 16 è quindi così composto: -14.62 % di A, -1.85% di B, 45.45% di C, 27.77% di D,43.25% di E. Si calcola ora la frontiera efficiente con la tecnica utilizzata nell'esercizio precedente di cui si omettono i calcoli:

σ P P PR R2 212 2932 16876 0 0606= − +∗ ∗. . .

Si sostituisce il rendimento desiderato nell'equazione della frontiera efficiente per ottenere il rischio di portafoglio: σ P

2 12 2932 27 0014 155039 0 5977= − + =. . . . Si nota così che, rispetto al portafoglio composto dai cinque titoli con peso 1/5, il nuovo portafoglio ha sia maggiore rendimento, sia minor rischio.

50

SIMULAZIONE Determinazione della composizione efficiente dei tre business B, D, E senza il vincolo sul rendimento atteso di portafoglio:

x M M M1 1 1=

− −

⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟

+

⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟

==

−−−

⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟

+

⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟

=

=

−⎛

⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟

+−

0001 0

4 11429 11429 111429 34286 01429 111429 01429 11429 1

1 1 1 0

0001

1520120

0 08890 25410 83480 8888

0 43191765921978

13

1

2

3

1RRR

µ µ

. .. . .. . .

....

....5678

⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟µ

A questo punto si può ipotizzare il comportamento dell'investitore per quanto riguarda la propensione al rischio. Al variare di µ si otterranno infatti diverse composizioni di portafoglio; si considereranno valori di µ inferiori a 0.5.

Dato µ=0.3 si avrà la seguente soluzione:

0 04070 783901755

32410

.

.

..−

⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟

cui corrisponderà un portafoglio composto per il 4.07% di B, 78.39% di D e 17.55% di E. Applicazione come la precedente utilizzando tutti i cinque titoli disponibili:

x

RRRRR

=

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

+

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

=

− − −− − −

− − −−

− − −

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟

− −M M1 1

000001 0

2 0 4286 2 2857 01429 0 2857 10 4286 4 0 2857 11429 11429 1

2 2857 0 2857 2 8571 0 7143 0 5714 101429 11429 0 7143 34286 01429 10 2857 11429 0 5714 01429 11429 1

1 1 1 1 1 0

1

2

3

4

5

µ

. . . .. . . .

. . . . .

. . . . .. . . . .

⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

+

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

=

=

−−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

+

−−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⇒ =

−−

⎜⎜

1 000001

15151720120

0 39380 02260 0541

0 013620 54670 5369

4 31300 02254 062311302

0 9120139326

0 90010 0128

116460 47530 2731

36429

M

x

1 µ

µ

µ

Se = 0.3

...

.

.

.

....

..

.

.

....

.

⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⇒ =

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

; Se = 0.05µ x

017810 0209

01490019270 5011

01598

..

.

.

..

51

APPENDICE AL CAPITOLO 3 TEOREMA DI SEPARAZIONE (o dei due fondi) Nel caso si possa operare con “short selling” e fissati xa ed xb due portafogli a varianza

minima con rendimento medio rispettivamente Raed Rb , con R Ra b≠ si ha che: a) qualsiasi portafoglio a varianza minima xc è una combinazione lineare dei portafogli xa

ed xb; b) ogni portafoglio ottenuto dalla combinazione lineare di xa ed xb, αxa+(1-α)xb, è un

portafoglio a varianza minima, situato sulla frontiera; c) in particolare, se xa ed xb sono portafogli a varianza minima efficienti, allora, per ogni

0 1≤ ≤α , anche αxa+(1-α)xb è un portafoglio efficiente a varianza minima. Dimostrazione a) Poniamo Rc il rendimento medio di un portafoglio a varianza minima xc. Scegliamo il

parametro α in modo tale che ( )R R Rc a b= + −α α1

ciò significa scegliere α pari a

α =−−

R RR R

c b

a b

Nota che α esiste ed è unico se si ipotizzaR Ra b≠ . Dimostriamo che ( )x x xc a b= + −α α1 Ricordimo che x h kRc c= + e sostituendo a Rc la combinazione lineare di Ra ed Rb si

ottiene

( ) ( )( )( ) ( )

( ) ( )( )( )

x h kR

h k R R

h h kR kR

h kR h kR

x x

c c

a b

a b

a b

a b

= +

= + − + + −

= + − + + −

= + + − +

= + −

α α α α

α α α α

α α

α α

1 1

1 1

1

1

c.v.d.

52

b) Consideriamo il portafoglio xc come combinazione lineare di xa ed xb. Quindi

( )

( ) ( )( )( ) ( )

( ) ( )( )

x x x

h kR h kR

h kR h kR

h k R R

h kR

c a b

a b

a b

a b

c

= + −

= + + − +

= + + − + −

= + − + + −

= +

α α

α α

α α α α

α α α α

1

1

1 1

1 1

da cui si conclude che se xa ed xb sono portafogli a varianza minima lo è anche xc. c) Questo si dimostra come nel punto b) introducendo la restrizione 0 1≤ ≤α la quale

implica che se R Ra b≤ allora ( )R R R Ra a b b≤ + − ≤α α1 .

TEOREMA DI ORTOGONALITA’ Due portafogli a varianza minima xa ed xb , nel caso con “short selling”, si definiscono

ortogonali se la loro covarianza è zero, cioè, ′ =x xa bC 0 . Vogliamo dimostrare che per ogni portafoglio, eccetto quello definito nel punto di minimo della frontiera dei portafogli fattibili, esiste un unico portafoglio ortogonale a quello dato. Inoltre, definito Rb il rendimento del portafoglio dato, è possibile calcolare il rendimento Ra dell’unico portafoglio ortogonale nel modo seguente:

( ) ( )( )( )

′ =

′ + ′ + =

′ + ′ + =

′ + ′ + ′ + ′ =

= −′ + ′′ + ′

x x

R R

R R

R R R R

RRR

a b

a b

a b

b a a b

ab

b

C

h k C h k

h k Ch Ck

h Ch h Ck k Ch k Ckh Ch h Ckk Ch k Ck

0

0

0

0

ponendo: abc

= ′= ′ = ′= ′

h Chh Ck k Chk Ck

risulta

Ra bRb cRa

b

b= −

++

53

b

Portafogliefficienti avarianzaminima

Portafogliinefficienti a

varianzaminima

Portafoglifattibili

a

RGRa

σG

σa

σp

G

Rp

Nel caso con “short selling”, considerate n possibilità a rendimento aleatorio, scelto il portafoglio efficiente b si può valutare il portafoglio ortogonale ad esso, detto portafoglio a , utilizzando il vertice G.

L’interpretazione geometrica della proprietà di ortogonalità è descritta nella figura

precedente. Dato il portafoglio b posizionato sul tratto di frontiera efficiente, il portafoglio ortogonale si determina tracciando una retta passante per i portafogli b, quello scelto, e G (portafoglio a varianza minima globale). Il punto di intersezione della retta, passante per b e G, con l’asse dei rendimenti attesi identifica il rendimento atteso del portafoglio a. ortogonale al portafoglio b. Una volta valutato Ra si determina lo scarto associato con la verticale su Ra che individua l’unico portafoglio dominato a varianza minima.

E’ interessante notare che se il portafoglio dato si trova sul tratto di frontiera dei portafogli efficienti a varianza minima allora il relativo portafoglio ortogonale si trova sul tratto di frontiera inefficiente. E’ pertanto dimostrato che non possono esistere due portafogli efficienti tra loro ortogonali.

54

4

ANALISI DEL PORTAFOGLIO

IN PRESENZA DI TITOLI O BUSINESS A RENDIMENTO ALEATORIO,

INVESTIMENTI E FINANZIAMENTI A TASSO CERTO

E’ noto che ogni mercato (per esempio il mercato azionario, l’obbligazionario, il

valutario, l’assicurativo quotato e no, l’automobilistico quotato e no, l’elettronico quotato e no) è inserito nel più grande mercato, omnicomprensivo, detto globale, nazionale o sovranazionale. Se ci fermiano, per comodità, al mercato nazionale, si sa che ogni mercato ha:

− più possibilità a rendimento certo (imperfezione del mercato) lucrabile in una certa unità temporale e che fra queste si deve razionalmente scegliere solo quella a rendimento massimo;

− molte, spesso moltissime, possibilità a rendimento-rischio diversi; − molte possibilità di indebitarsi a tasso certo (imperfezione del mercato); fra queste

deve interessare solo quella a tasso più basso. Quindi il mercato-portafoglio nazionale azionario, obbligazionario, valutario, assicurativo, automobilistico, elettronico, tutti a rendimento aleatorio, non bastano a formare il mercato globale-nazionale perchè esiste e opera, in competizione, anche l’alternativa di investimento a rendimento certo e quella di finanziamento a tasso certo che devono essere inserite nei modelli formali studiati perchè ogni operatore può investire ed indebitarsi a questi tassi. 4.1. Portafogli efficienti (frontiera efficiente) nel caso di n-1 titoli o business a rendimento aleatorio ed un titolo a rendimento certo

Il problema di minimizzazione nella Z4 torna utile in questa nuova fase che utilizza il teorema detto di Separazione47 .

La presenza di un titolo a rendimento certo48 accanto ad altri a rendimento aleatorio semplifica notevolmente il calcolo della nuova frontiera efficiente.

L'investitore infatti, come già visto, sceglierà il tratto di retta che, partendo da Rf tange la frontiera efficiente del portafoglio composto dai soli titoli rischiosi. Il Teorema di Separazione afferma che: "l'ammontare investito in ogni singolo titolo rischioso è una quota costante dell'ammontare totale investito in titoli a rendimento aleatorio pur al variare della propensione al rischio"49.

Si supponga che esistano un titolo a rendimento non rischioso ed n-1 titoli a rendimento aleatorio e sia:

R R i nf i i1 1 1 0 12= = = ∀ =; σ σ ; , ,... , .

47Vedasi l’appendice al Cap. 3 e SHARPE W.F., 1964, op. cit. 48 Questo caso corrisponde a quello in cui vi sia perfetta correlazione lineare negativa tra due titoli a rendimento aleatorio (in quanto è possibile trovare almeno una combinazione di portafoglio che annulli il rischio). 49 SHARPE.W.F., Portfolio Theory and Capital Markets, McGraw Hill Book Co., N.Y., 1970.

55

A partire da queste informazioni, il sistema da risolvere è dato da:

M x b0 0 0 10 1

0 11 1 1 0 1

22 2

2

1

2 2

...

...: : ... : :

...

...

: :

−−

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥

σ σ

σ σ

λ

µµ

µ

n

n nn n

f

n

xx

x

RR

R

S

Esso permette di trovare subito il valore dell'incognita:

λS =-µR f che, sostituito nel sistema di equazioni, dà:

M x b0

01 1 1 1

22 2

2

1

1

2σ σ

σ σ

µ

µ

n

n nn n

n

f

n f

x

xx

R R

R R:

...

:( )

:( )

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥ −

⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥

un sistema di n equazioni ed n incognite.

Questo sistema può essere ulteriormente semplificato trascurando la prima colonna e

l'ultima riga. Esse infatti servono solo a determinare l'incognita x1, che può essere calcolata per differenza dopo aver determinato i valori delle altre xi; essa assumerà il valore che farà rispettare il vincolo di bilancio (di somma 1).

Ricordando che le xi possono assumere qualunque valore, positivo, negativo o nullo, il

sistema diventa M x b

σ σ

σ σ

µ

µ

22 2

2

2 2...: ... :

...:

( ):

( )

n

n nn n

f

n f

x

x

R R

R R

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥=

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

Il vettore soluzione di questo sistema di n-1 incognite ed n-1 equazioni è

x M b M= =−

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

⇒=

=

⎨⎪

⎩⎪

− −1 12 2R R

R R

g

g

f

n f n

: : x

x

2

n

µµ

µ

Ciò porta direttamente al Teorema di Separazione, il quale afferma che se:

56

1) l'unico vincolo del problema di ottimizzazione è quello di bilancio xii

n

=⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

=∑ 1

1

;

2) esiste la possibilità di investimento e indebitamento non rischioso al tasso Rf ; allora: − la quota di investimento rischioso in un portafoglio è pari a −

x gi ii

n

i

n

===∑∑ µ

22

− la quota investita in ciascun titolo a rendimento aleatorio è pari a:

x

x

g

g

g

g

i

ii

ni

ii

ni

ii

n

= = =∑ ∑ ∑

= =

2 2 2

µ

µ

che non dipende da µ..

In altre parole: il mix del portafoglio rischioso efficiente è uguale per tutti gli investitori e non è influenzato dal loro diverso grado di propensione al rischio.

Il parametro µ influisce invece sulla ripartizione del capitale disponibile tra

investimento rischioso e non rischioso, che sarà pari a

x g x xii

n

ii

n

12 2

11 1= − = −= =∑ ∑µ poichè

Il Teorema di Separazione è a base del modello di equilibrio del mercato dei capitali

denominato Capital Asset Pricing Model (CAPM)50.

4.2. Alcune simulazioni

Considerando: − i cinque titoli o business A, B, C, D, E a rendimento aleatorio; − la possibilità di investire in un'attività T con rendimento certo R f =8; con ∑xi=1 e xi≥0; allora: − i rendimenti-rischi degli infiniti portafogli fattibili sono rappresentati in Fig. 21; − i rendimenti-rischi delle scelte efficienti sono in Fig. 22 e dati dall'unione del segmento TU con la curva UD.

50 Vedi nota 15.

57

Fig. 21: Regione rendimenti-rischi degli infiniti portafogli fattibili (0≤xi

≤1) con sei business, di cui: cinque a rendimento aleatorio e uno a rendimento certo.

Il portafoglio U è quello individuato dalla semiretta uscente da T e tangente alla curva-frontiera efficiente calcolata considerando solo i titoli a rendimento aleatorio, Fig. 18. Esso ha rendimento atteso R U =15.43 e σU=0.82 ed è così composto:

7.08% di A 0 di B 25.44% di C 24.32% di D 43.16% di E

Fig. 22: Scelte efficienti, con 0≤xi

≤1, date dall'unione del segmento TU con la curva UD Il decisore può decidere efficientemente di investire: − o tutto in T con un rendimento certo 8; − o componendo T con U se è disposto ad accettare un rischio massimo di 0.82 o vuole un rendimento fino a 15.43;

Se, ad esempio, il decisore vuole un portafoglio V con σV =0.5 dovrà:

58

− investire xU = 0.5/0.82 = 0.61 = 61% del suo capitale in U; − e quindi il restante 39% in T;

ottenendo R V = 15.43 × 0.61 + 8 × 0.39 = 12.53. V è composto: 39% di T, 4.31% di A, 15.52% di C, 14.84% di D e 26.33% di E dove i pesi di A, C, D, E sono il 61% dei rispettivi pesi con cui compaiono in U.

− o in portafogli che non contengono T e dati dalla frontiera efficiente con le sole alternative a rendimento aleatorio, se vuole un rendimento superiore a 15.43 o un rischio maggiore di 0.82.

4.3. Portafogli efficienti (frontiera efficiente) utilizzando sia titoli o business a rendimento aleatorio sia un titolo a rendimento certo sia la possibilità di indebitamento a tasso certo

Tutte le considerazioni fatte in 4.1. per il titolo a rendimento certo valgono anche per l’indebitamento a tasso certo. Allora, nel nostro caso guida, dati:

− i cinque titoli o business a rendimento aleatorio; − la possibilità di investire in T con rendimento certo Rfc = 8 e prendere a prestito in T a tasso certo Rfd =8;

allora, la frontiera efficiente è la semiretta uscente da T e tangente in U, Fig. 23.

Fig Fig. 23: Frontiera efficiente uscente da T, possibilità di investimento e di finanziamento a tasso certo Rfc = Rfd = 8, e tangente in U. I punti sulla semiretta da U in poi identificano i portafogli ottenuti indebitandosi e sovrainvestendo sempre nel portafoglio, mix di business, U

Il decisore può decidere efficientemente di investire: − o tutto in T, con un rendimento certo 8; − o componendo T con U, se vuole un rischio maggiore di zero e inferiore a 0.82 o vuole

un rendimento atteso inferiore a 15.43 e maggiore di 8; − o tutto in U se vuole un rischio 0.82 o un rendimento atteso di 15.43; − o tutto, capitale proprio più capitale a debito, in U finanziandosi in T a tasso certo 8, se

vuole un rendimento atteso maggiore di 15.43 o un rischio maggiore di 0.82.

59

Si verifica l’effetto leva dell’indebitamento: indebitandosi aumenta il rendimento, ma anche il rischio dell’investimento, secondo una relazione lineare. Poichè il nostro sistema finanziario non opera con Rfc=Rfd , purtroppo, ma con Rfc<Rfd possiamo ritornare sul nostro esempio con:

− i cinque titoli o business a rendimento aleatorio; − la possibilità di investire in T a rendimento certo Rfc=8; − la possibilità di prendere a prestito in W a tasso certo Rfd=13;

la nuova frontiera efficiente, Fig. 24, è data dall'unione di: − segmento TU, se vuole investire componendo T con U ( )σmax . .= =0 82 15 4; maxR ;

− arco UZ, se vuole non investire in T e non finanziarsi in W; − da Z sulla semiretta uscente da W e tangente in Z, se vuole finanziarsi in W a tasso certo Rfd=13 ed investire oltre le proprie possibilità nel portafoglio Z. Si verifica l’effetto leva dell’indebitamento in presenza di tasso a debito maggiore di quello a credito.

Fig. 24: Frontiera efficiente data dall'unione del segmento TU con la curva UZ e col tratto da Z in poi della semiretta uscente da W (tasso certo d’indebitamento Rfd =13) e tangente in Z ( R Z =18.91, σZ =1.45).

Il portafoglio efficiente Z ha rendimento atteso R Z =18.91, σZ =1.45 ed è così

composto: 1.59% di B, 33.57% di C, 64.84% di D.

Se il decisore volesse un rendimento atteso di 20 dovrebbe coerentemente: − investire solo in Z tutta la sua disponibilità; − indebitarsi al tasso certo del 13% per una quantità incognita y da investire in Z tale che: −

13(-y) + 18.91(1+y) = 20 ⇒ y = 0.184433 Il nuovo portafoglio Ω, Fig. 25, vede: − debito in W del 18.4433%, rispetto al capitale proprio, al tasso del 13%; − investimento del 118.4433% del capitale proprio nel portafoglio Z;

60

− rendimento lordo di lire 22.397628, costo dell'indebitamento di 2.397628, quindi un rendimento netto di 20 e σΩ valutabile utilizzando l’equazione della semiretta uscente da (13, 0) e tangente alla frontiera efficiente delle sole attività a rendimento aleatorio nel punto Z:

( )

0 13145 18 91

145 0 18 91 130 2453473189511

1189511 0 245347

1189511 0 245347 20 1717429 172

= += +

⎧⎨⎩

− = − + −

== −

= − +

= − + ⋅ = ≅

a ba b

a a bba

Rp p

p

. .

. ...

. .

. . . .

σ

σda cui si ha:

È facile verificare che il titolo D ha rendimento atteso 20 e rischio 1.85 e che potendo indebitarsi a tasso Rfd=13 si può ottenere il portafoglio Ω che ha stesso rendimento di D e rischio 1.72: Ω domina D per rischio. Quindi, lavorando con capitale a debito si riesce a migliorare l’efficienza dell’investimento.

Fig. 25: Soluzione efficiente Ω con rendimento atteso di 20 indebitandosi a tasso certo Rfd =13 e investendo tutto nel portafoglio Z.

61

SIMULAZIONI 1) Si considera il caso di un portafoglio composto dai tre business B, D, E e si suppone inoltre la possibilità di investire in un titolo con rendimento certo pari a 8. Si indica la quota da investire nel titolo a rendimento certo x0

Mx b= ⇒

−−−−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

=

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

0 0 0 0 10 4 11429 11429 10 11429 3 4286 01429 10 11429 01429 11429 11 1 1 1 0 1

0

1

2

3

1

2

3

. .. . .. . .

xxxx

RRRR

s

f

λ

µ

che diventa

x M 1=−−−

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

=⎛

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

−−−

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

=−⎛

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

−R RR RR R

f

f

f

1

2

3

14 11429 1142911429 3 4286 0142911429 01429 11429

15 820 812 8

0 50 0725

1707116090

µ. .

. . .

. . ..

...

Si deve ora determinare la quota di capitale da investire o prendere a prestito al tasso certo affinchè sia rispettato il vincolo di bilancio, data la propensione al rischio 0.5. Dato x x x1 2 3 0 0725 17071 16090 3 2436+ + = − + + =. . . . Dovrà essere x0 1 3 2436 2 2436= − = −. . , quantitá da prendere a prestito al tasso certo. 2) Si consideri ora il portafoglio composto utilizzando i cinque business A, B, C, D, E e con le ipotesi formulate nel precedente esempio:

x M 1=

−−−−−

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

=

− −− −

− −

− −

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

=−

−R RR RR RR RR R

f

f

f

f

f

1

2

3

4

5

12 0 4286 2 2857 01429 0 28570 4286 4 0 2857 11429 11429

2 2857 0 2857 2 8571 0 7143 0 571401429 11429 0 7143 3 4286 014290 2857 11429 0 5714 01429 11429

779

124

0 03850

µ µ

. . . .. . . .

. . . . .

. . . . .. . . . .

..2168

3 46452 635151289

...

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

µ

Si avrà, dato µ = 0.5,

0 019301084

17323131752 5645

..

.

..

−⎛

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

Per rispettare il vincolo di bilancio l'investitore dovrà prendere a prestito al tasso certo l'importo 4.5251.

62

5

ROI, ROE E SOSTENIBILITA' DEI DEBITI

5.1. Valore atteso e varianza di ROI e ROE Giunti ad una buona conoscenza del criterio E-V si ritiene interessante inserire il presente capitolo per mostrare come tale criterio risulti utile anche nella gestione, non solo finanziaria, di una azienda, dove la variabile casuale non è più il rendimento di un titolo bensì il roi (return on investment) oppure il roe (return on equity) dell'azienda vista come portafoglio di prodotti.

Il roe è definito, utilizzando parametri deterministici, cioè valori certi e costanti, da: roe = roi + L(roi-c)

con: L rapporto tra quota di capitale di terzi e capitale investito (leva finanziaria); c rapporto interessi passivi/capitale di terzi; roi>c.

Il ricorso all'indebitamento permette alle aziende di aumentare il rendimento sul capitale

proprio, roe, attraverso l'effetto leva, posto che il tasso a debito, c (media aritmetica ponderata di più tassi certi), sia minore del tasso di rendimento degli investimenti, roi.

Nel caso in cui l'azienda non ricorra all'indebitamento si ha L=0 e, naturalmente, roi=roe. Viste queste premesse è lecito chiedersi ed in molte aziende ci si chiede: − quanto e come aumenta il rischio aziendale al variare del grado di indebitamento? − qual'è il tasso massimo a debito che l'azienda può razionalmente sostenere? − esiste una struttura finanziaria-produttiva efficiente? Tali quesiti rimangono spesso irrisolti poichè nella realtà operativa c'è scarsa consapevolezza che le condizioni in cui operano le aziende si possano tradurre in termini di distribuzioni di probabilità della variabile casuale rendimento, roe o roi, o di suoi indici sintetici quali valore atteso, varianza ed altri momenti51. Poichè tutti devono ammettere che roe e roi non possono trattarsi come deterministici, si propone l’utilizzo del criterio E-σ proposto da Markowitz per studiare le variabili aziendali roi e roe come trasformazione di quelle di prodotto o business. Il portafoglio che deve essere composto è quello di una generica azienda che operi con n business (prodotti, aree d'affari). Consideriamo il generico k-esimo portafoglio così caratterizzato:

( ) ( )E roi E roik i==∑ k ii

n

x1

dove: ( )E roik : valore atteso del roi del mix k;

k ix : quota di capitale destinata all'i-esimo business nel mix k, dove ki

n

ix=∑ =

1

1, con

0 1≤ ≤k ix ;

51TREGLIA B., ROSSI F.A., "Il Criterio Media-Varianza nelle Scelte Finanziarie con Costo del Capitale Certo o Aleatorio", Il Risparmio, n 6, 1991.

63

( )E roii : valore atteso del roi dell'i-esimo business;

( ) ( ) ( )σ σ σ ρk k i k j ijj

n

i

n

x xroi roi roii j=⎡

⎣⎢

⎦⎥

==∑∑

11

1 2/

dove: ( )σ k roi scarto quadratico medio del roi del mix k;

( )σ roii scarto quadratico medio del roi dell'i-esimo business; ρ ij coefficiente di correlazione lineare tra i roi dell'i-esimo e j-esimo business.

Si ricorda che ( ) ( ) ( )σ σ ρ σroi roi roii j ij ij= è:

−la covarianza del roi dell'i-esimo business con quello del j-esimo se i≠j −la varianza del roi dell'i-esimo business se i=j. 5.2. Ipotesi di indebitamento a tasso certo e di rendimento aleatorio dei business: scelte possibili

Nell'ipotesi di tasso certo dell'indebitamento, si propone di valutare il tasso massimo che l'azienda può sostenere utilizzando la frontiera efficiente del roe aziendale ed il Teorema di Separazione già visto in Cap. 3 e Cap. 4. In questo caso il decisore potrà scegliere tra infiniti livelli di indebitamento senza modificare il mix efficiente di investimenti/prodotti.

Se il tasso dei debiti c è certo, allora il valore atteso del roe del mix k ( )( )E roek è una

combinazione lineare tra una variabile aleatoria ( )E roik i ed una grandezza costante c:

( ) ( ) ( )[ ]( ) ( )

( ) ( )

E roe E roi L E roi c

E roi L E roi L c

L E roi c L

k k k k

k k k k

k k k

= + −

= + −

= + −

1

dove: ( )E roek valore atteso del roe del mix k;

c tasso (medio ponderato) certo dei debiti, con c ≥0; k L quota di indebitamento dell'azienda investita nel mix k, con k L≥0

Lo scarto quadratico medio del roe del k-esimo mix, ( )σ k roe , finanziato con un grado di indebitamento pari k L sarà dato da:

( ) ( )( )σ σk k kroe roi L= +1 = ( ) ( )σ σk k kroi L roi+ In assenza di indebitamento, ( ) ( )k k kL roe roi= ⇒ =0 σ σ Quest'ultima relazione mostra che in tale contesto σ(roe), dato σ(roi), cresce

linearmente al crescere di L. Il decisore è chiamato ad affrontare i seguenti due problemi:

1) in quale portafoglio rischioso investire/produrre, tra gli infiniti possibili; 2) quale grado di leva finanziaria adottare.

Con il Teorema di Separazione si dimostra che: a) la composizione del mix rischioso è indipendente dal grado di leva finanziaria;

64

b) l’intensità della leva finanziaria dipende dal profilo ( ) ( )( ) ( ) ( )( )E roi roi E roe roek k k k; ;σ σ= , con L = 0, del mix di business, scelto per

leverare.

17

1.69

c = 8

2.25

Profilorendimento-rischio per l’aziendache voglia ulteriormente indebitarsial tasso certo dell’8%σ(roe)

E(roe)

Profilo (20, 2.25) per l’azienda chepuò indebitarsi a tasso certo 8%e voglia un L= 0.3333

Rendimento rischiodell’azienda non leverata

Fig. 26: L’azienda non indebitata che operi con un E(roe)=17%=E(roi) e σ(roe)=1.69%=σ(roi), avendo la possibilità di indebitarsi a tasso certo dell’8% se vuole un E(roe)=20% deve indebitarsi secondo: 8%(-L)+(1+L)17%=20% da cui L=0.3333. σ(roe) sarà: σ(roe)=σ(roi)(1+L)=1.69%⋅1.3333=2.2533%.

Sostituendo (1+ k L ) con ( )( )

σσ

k

k

roeroi

, la determinazione del valore atteso del roe diventa:

( ) ( )[ ] ( )( )E roe c E roi c

roeroik k

k

k

= + −σσ

In questa espressione del valore atteso del roe del k-esimo mix di business, mix di prodotti, d’azienda, il leverage k L non compare e si è dimostrato l'asserto a), concordando con quanto esposto da Modigliani-Miller52. 5.2.1 Scelte efficienti

Valutiamo ora in quale portafoglio rischioso investire/produrre in modo efficiente. Le due determinazioni del valore atteso del roe viste sopra presuppongono di aver calcolato i parametri della frontiera efficiente dei business aleatori dell'azienda. Tale frontiera efficiente é ottenibile risolvendo il seguente problema di programmazione quadratica parametrica in cui, fissato un roe atteso desiderato ( )( )E roe * , si cerca il portafoglio a

rischio minimo:

52MODIGLIANI F., MILLER M., The cost of Capital,Corporation Finance and The Theory of Investment, in American Economic Review, June 1958; MODIGLIANI F., MILLER M., Dividend Policy, Growth and the Valuation of Shares, in Journal of Business, October 1961.

65

( ) ( ) ( )

( ) ( )

min x x

con vincoli

x E E

x

x i n

k i k jj

n

i

n

ij

k ii

n

k ii

n

k i

x σ σ σ ρ2

11

1

1

1

0 1 1 2

k i j

i

roe roe roe

roe roe

= ∑∑

=

=

≤ ≤ ∀

⎪⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪⎪

==

=

=

*

: , ,........ ,

Il primo vincolo è in riferimento al roe atteso desiderato, il secondo è il già noto vincolo

di bilancio, mentre il terzo riguarda i vincoli economico-strutturali, interni ed esterni all'azienda, sulle variabili decisionali che non possono essere negative.

Nello spazio E-σ la frontiera efficiente è definita (vedi paragrafo 3.3) da:

( ) ( )( )σ( )/

roe a a E roe a E roe= + +0 1 22 1 2

dove a2 0≥ . Conoscendo la frontiera valutata solo sui business rischiosi (tratto di curva U nella Fig.

27) è possibile trovare il portafoglio rischioso (punto H in Fig. 27) in cui si deve investire una volta noto il tasso (medio ponderato) certo c dei debiti. Esso è il portafoglio che massimizza il premio di rischio e viene identificato dal punto di tangenza tra una semiretta, tra le infinite uscenti dal punto c, e la frontiera efficiente delle sole attività rischiose. Si dimostra che questa semiretta ha la minima pendenza ovvero garantisce il massimo premio di rischio: essa è la nuova frontiera efficiente (semiretta H in Fig. 27), la frontiera efficiente del roe aziendale.

Il modello (vedi sub b) però non spiega analiticamente la scelta del decisore della

coppia ( ) ( )( )E roe roek k;σ , informazione necessaria per determinare l'intensità della leva. Per valutare questa si dovrebbe ricorrere anche ad altre tecniche come l’indifferenza in

E-σ associata alla utilità attesa del decisore (per cui si rimanda al Cap. 8)

66

H

H

c = 8

U

insieme efficiente deipunti [E(roe), σ(roe)]configurabili perdiversi gradi di levafinanziaria

E(roe)

σ(roe)

Fig. 27: La semiretta H è la frontiera efficiente del roe aziendale nel caso in cui i debiti abbiano tasso certo c=8 ed il decisore abbia rendimenti aleatori di prodotti con portafogli efficienti descritti dalla curva U.

5.2.2 Tasso massimo di indebitamento razionalmente sostenibile dall'azienda

Dopo aver definito la frontiera efficiente si può dare una risposta al problema, convenzionalmente denominato della "sostenibilità" ovvero di quale sia il tasso certo massimo che l'azienda può economicamente (razionalmente) sostenere.

Mentre nel problema precedente (5.2.1) il tasso c è noto, ora esso è preso come incognita. Si propone di calcolarlo trovando l'intersezione con l'asse delle ascisse della retta tangente la frontiera efficiente nel suo estremo superiore; nel nostro caso l'estremo superiore è anche il massimo. Si ricorda infatti che la frontiera efficiente è una funzione continua ovunque definita in un intervallo chiuso e limitato: ciò garantisce la presenza di un minimo e di un massimo assoluti i quali sono anche unici visto che la funzione è strettamente crescente. Nell'intervallo, quindi, la funzione della frontiera efficiente, sopra definita, ha una tangente con pendenza massima nel suo estremo superiore. L'intersezione di tale tangente con l'asse dei rendimenti identifica il tasso certo massimo sostenibile.

Se per un'azienda è pari a max c , è ancora possibile trovare un mix rischioso efficiente in cui investire (produrre, vendere); esso è caratterizzato dalla terna

( ) ( )( )E roe roemax max max; ;σ σ ' dove maxσ ' è la derivata della frontiera efficiente così calcolata:

[ ]d roedE roe

a a E roe

a a E roe a E roe

σ( )( )

( )

( ) ( ( ))=

+

+ +1 2

0 1 22 1 2

2

2

e valutata nel suo punto di massimo. Se invece l'azienda ricorre a debiti ad un tasso c con c> max c non esiste più alcun

portafoglio efficiente in cui poter investire. La semiretta uscente da un punto c scelto maggiore di max c non può più tangere la frontiera efficiente nel suo estremo superiore. Essa può solo secare tale funzione venendo così a determinare un insieme inefficiente.

L'intersezione con l'asse delle ascisse della semiretta tangente alla frontiera efficiente nel punto ( ) ( )( )E roe roek k;σ si ha in:

67

( ) ( )E roeroe

kk

k

−′

⎝⎜

⎠⎟

σσ

;0

Infatti, dato il coefficiente angolare della retta tangente il generico portafoglio k k σ ' e il generico punto ( ) ( )( )E roe roek k;σ si può determinare l'equazione della retta attraverso la formulazione generale di una retta dato il coefficiente angolare ed un punto (x0,y0):

y y m x x− = −0 0( ) che nel nostro caso, dato:

( )y y roe m

x R x E roek k

k

= = =

= =

σ σ σ , ,

, 0

0

'

( )

diventa σ σ σ− = − ( ) ' ( ( ))k k kroe R E roe σ σ σ = − +k k kR E roe roe' ( ( )) ( )

Si trova l'intersezione con l'asse delle ordinate per R =0 che si ha nel punto: σ σ σ = −( ) ' ( )k k kroe E roe

Da cui, ricordando l'equazione generale della retta y=mx+q, si ha l'equazione della retta tangente:

σ σ σ σ = + −k k k kR roe E roe' ( ) ' ( ) In σ = 0 si trova il valore di R in cui la retta interseca l'asse delle ascisse

0 = + −k k k kR roe E roeσ σ σ' ( ) ' ( ) da cui

R E roe roek

k

k

= −( ) ( )'

σσ

Se al punto di intersezione si sostituisce la terna ( ) ( )[ ]E roe roemax max max; ;σ σ′ si ottiene la formulazione del tasso massimo sostenibile:

( ) ( )max max

max

max 'c E roe

roe= −

σσ

Tale relazione dimostra come max c è uguale a ( )E roemax solo se maxσ ' tende all'infinito (oltre al caso banale che il numeratore sia nullo tale per cui ( )σ max roe = 0 ): cioè quando la frontiera efficiente ha tangente all'estremo superiore praticamente verticale; in questo caso si ha un premio al rischio nullo: non conviene indebitarsi! 5.2.3 Simulazioni sulla valutazione del tasso massimo razionalmente sostenibile A) Si supponga l'esistenza di un'azienda che nel proprio portafoglio detenga cinque business e, per facilitare la comprensione, si considerino i valori dei soliti cinque business A, B, C, D, E finora utilizzati. Il roe atteso ed il rischio corrispondono ai valori in Tabella 2. Si prendano inoltre in considerazione la loro matrice di varianze e covarianze e quella dei coefficienti di correlazione (Tab. 3 e 4).

Ipotizziamo che sia data la funzione

σ = (183.111 - 19.7778 E(roe)+ 0.539682 (E(roe))2)1/2

68

definita fra un roe atteso di 19 e 20 e si voglia calcolare il costo massimo sopportabile nell’ipotesi di produrre secondo un portafoglio che ha roe atteso 20 e rischio 1.85. Allora, vista l’ultima equazione del paragrafo precedente, si ha:

max.

..c = − =20 185

0 4886716 21

cioè, in questa azienda: − il 16.21% è il tasso certo massimo razionalmente sostenibile come tasso di

finanziamento; − se tale azienda si indebita per L=0.5 allora essa avrà:

− E(roe) = 20 (1 + 0.5) - 16.21⋅ 0.5 = 21.8950; − σ(roe) = 1.851432 (1 + 0.5) = 2.777148.

B) Vediamo ora come si comporta max c al variare della correlazione tra il roe dei business prima di introdurre vincoli operativi alla scelta degli stessi. Come già mostrato più è correlato il rendimento dei business, minori sono le possibilità di ridurre la rischiosità del portafoglio. Ne discende che maggiore è la correlazione media tra i rendimenti dei business, minore è il costo certo massimo sostenibile, a parità di altre condizioni.

Ciò è chiaro anche dalla formulazione del max c che mostra come all'aumentare di σ e a

parità di altre condizioni si riduce il tasso massimo sostenibile. In Figura 28 sono riportate le possibili frontiere efficienti ottenibili con i cinque

business al variare della correlazione tra questi: − frontiera 1: calcolata dopo aver posto nella matrice di correlazione tutti i ρij = 0 , ∀i≠j; (tasso massimo sostenibile 17%) − frontiera 2: calcolata in base alla matrice dei coefficienti di correlazione in Tab. 4; (tasso massimo sostenibile 16.21%) − frontiera 3: calcolata dopo aver posto nella matrice di correlazione tutti i ρij = 0 5. , ∀ i≠j; (tasso massimo sostenibile 14.49%) − frontiera 4: calcolata dopo aver posto nella matrice di correlazione tutti i ρij = 0 7. , ∀ i≠j; (tasso massimo sostenibile 11.71%). Si ricorda che in tutte queste simulazioni il roe atteso aziendale era sempre del 20% ed

il rischio dell’1.85%. Come si può vedere in Figura 28, la frontiera 1, calcolata nell'ipotesi che tutti i business

siano non correlati linearmente, permette all'azienda di sostenere un tasso massimo certo di 17. La frontiera 4 permette di sostenere, al più, un costo di 11.71.

69

Fig. 28: Possibili tassi certi massimi coerentemente sostenibili in presenza di diversi gradi di correlazione esistenti fra i rendimenti degli stessi cinque business.

5.2.4. L’effetto dei vincoli operativi sul tasso certo massimo sostenibile

La realtà aziendale suggerisce di inserire nel modello eventuali vincoli strutturali, di mercato, del tipo: 0 1≤ ≤ ≤ ≤k i k i k ixα β ∀i n: , ,........,1 2 , dove:

k iα : estremo inferiore dei valori ammissibili per k ix ; k iβ : estremo superiore dei valori ammissibili per k ix . Gli effetti ottenibili dall'introduzione di tali vincoli sono sintetizzabili nei seguenti tre

punti: − si riduce l'ampiezza sia del dominio sia del codominio della frontiera efficiente, rispetto

ad una frontiera calcolata in assenza di tali vincoli; − la frontiera efficiente si localizza nello spazio E-σ in una posizione interna, rispetto ad

una frontiera calcolata in assenza di vincoli, cioè, a parità di rendimento atteso, aumenta il rischio minimo che deve essere assunto (ci si sposta verso l'angolo di Nord-Ovest);

− si riduce il numero di portafogli d'angolo della frontiera efficiente; Visto che max c dipende dalla terna ( ) ( )( )E roe roemax max max; ;σ σ ' e, in base a quanto

detto sopra, per i nuovi portafogli componibili si ha che: ( )E roemax diminuisce;

( )σ max roe aumenta; se max ′σ rimane invariato, come solitamente succede, allora max c sarà inferiore rispetto

a quello valutato in assenza di vincoli operativi.

70

5.2.5 Alcune simulazioni della valutazione del tasso certo massimo sostenibile in presenza di vincoli operativi sulle variabili decisionali

Tra le frontiere efficienti viste in Fig. 28, la frontiera numero 2 è calcolata in base ai coefficienti di correlazione riportati in Tab. 4; per la sua determinazione si sono considerati solo i vincoli 0 1 1≤ ≤ =∑ x , i ix . Il punto massimo della frontiera è D in cui si hanno: E(roe)=20, σ(roe)=1.85, σ'=0.49 (derivata sinistra). Il tasso massimo sostenibile calcolato è in 16.21.

Considerando la stessa matrice di correlazione, ma imponendo i seguenti vincoli:

0 05 0150 30 0 35010 0150 40 0 500 05 010

. .

. .

. .

. .

. .

≤ ≤≤ ≤≤ ≤≤ ≤≤ ≤

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

xxxxx

A

B

C

D

E

si è calcolata la frontiera numero 5, tratto di curva assai corto, che in Fig. 29 viene confrontata con la frontiera 2 della Fig. 28. Nel punto di massimo della nuova frontiera si hanno: E(roe)=17.55, σ(roe)=1.30, σ'=0.25. Il tasso massimo sostenibile è di 13.32, inferiore al tasso massimo di 16.21 corrispondente alla frontiera 2.

σ(roe)

E(roe)

Fig. 29: Confronto fra tasso massimo coerentemente sostenibile in presenza ed assenza di vincoli operativi nel mix dei cinque business.

71

6

MODELLI SEMPLIFICATI DI SELEZIONE DEL PORTAFOGLIO IL MODELLO DIAGONALE DI SHARPE

Per informare il modello di selezione del portafoglio proposto da Markowitz, finora

utilizzato, si deve disporre, nel caso di n titoli, di 2n+n(n-1)/2 parametri di cui: n rendimenti attesi; n varianze; n(n-1)/2 , con i≠j coefficienti di correlazione lineare ρij o covarianze. È evidente l'elevato costo delle attività di informazione (di ordine n2) per fornire i

parametri al modello di Markowitz. Questo è uno dei motivi che hanno favorito la ricerca di semplificazioni del modello

stesso. Tra i modelli semplificati proposti verranno analizzati in seguito il modello diagonale di Sharpe e modelli a più indici.

6.1 Il modello diagonale di Sharpe

Il modello diagonale di Sharpe53 assume che i rendimenti dei titoli o business siano influenzati solo e soltanto da un unico fattore. In pratica Sharpe propone di calcolare il rendimento di un titolo attraverso una funzione lineare in cui la variabile esogena è data dall’andamento, variazione, rendimento di un basic underlying factor (trattando azioni, l'indice potrebbe essere quello del mercato azionario).

6.1.1 Rendimento e rischio di un titolo

Sharpe ha ipotizzato che il rendimento dell'i-esimo titolo, con i = 1, 2, 3,...,n, sia dato da:

R Ii i i= iα β ε+ + con: αi, βi parametri; εi componente erratica (unica) del rendimento con distribuzione Gaussiana e con

valore atteso ( )E iε = 0 e varianza ( )Var Qi iε = . La varianza del rendimento dei titoli è supposta costante lungo tutta la retta.;

I variazione dell'indice di mercato scelto come rappresentativo dell'andamento dei titoli.

Il valore di I viene definito da un parametro fissato e da una variabile aleatoria: I n n= ++ +α ε1 1

αn+1 parametro; εn+1 componente erratica con ( )E nε + =1 0 e ( ) ( )Var Q Var In nε + += =1 1

Infatti ( ) ( ) ( )Var I Var Var Var Covn n n n n n= + = + ++ + + + + +α ε α ε α ε1 1 1 1 1 12( ) ( ) , ; il primo ed il terzo addendo sono nulli in quanto (vedi sopra) αn+1 é una costante. Le informazioni necessare all'applicazione del modello diagonale sono quindi i parametri della retta αi e βi, la varianza Qi del rendimento dei titoli, il valore atteso dell’indice E(I)=αn+1 e la varianza Qn+1 dell’indice scelto come base di riferimento dal decisore. In

53 SHARPE W.F., "Simplifed Model for Portfolio Analysis", Management Science, Jan.1963.

72

Fig. 30 si illustrano le relazioni viste sinora. Gli αi e βi identificano la retta che lega i rendimenti del titolo i-esimo ai rendimenti dell'indice I.

Fig. 30: Relazione tra la variazione dell’indice di mercato e il rendimento dell'i-esimo titolo, con specificazione dell'andamento gaussiano della componente erratica e dell'indice di mercato.

Sharpe assume inoltre che:

( )( )[ ] ( )( )[ ] ( )Cov E E E E E Qi j i i j j i j i j ij( , ) ( ) ( ) ,ε ε ε ε ε ε ε ε ε ε= − − = − − = = =0 0 0

( ) ( ) ( )( )[ ] ( )Cov I Cov E Ei i n n i n n n i nε ε α ε ε α ε α ε ε, , ,= + = − + − = =+ + + + + +1 1 1 1 1 10 0 La prima condizione sostiene l'indipendenza di ciascuna delle n variabili casuali εi dalle

altre n-1. Quindi, solo l'indice, e niente altro, muove i rendimenti dei titoli. La seconda impone indipendenza tra gli n εi ed I e quindi che gli errori valutati sul titolo i-esimo siano indipendenti da quelli valutati sull'indice.

Il rendimento atteso dell'i-esimo titolo è

( ) ( )E R E I E E I E E Ii i i i i i i i i i i n= + + = + + = + = + +α β ε α β ε α β α β α( ) ( ) ( ) ( ) 1 La varianza del rendimento54 dello stesso titolo risulta pari a

54Si premette che la varianza di una variabile può essere espressa anche come differenza tra valore atteso del quadrato della variabile e il quadrato del valore atteso: V E Ei i i( ) ( ) ( )ε ε ε= −2 2

73

[ ] ( )[ ] [ ][ ] [ ] ( )[ ]( )[ ] ( )[ ] ( )[ ][ ] [ ]

σ α β ε α β α β α ε

β α β ε α ε

β α ε α β ε α ε α ε

β ε ε β

i i i i i i i i n i n i

i n i i n i

i n n n i i n n n i

i n i i n i

E R E R E I E I

E I E I E

E E E

E E Q Q

2 21

21

2

21

21

2

21 1 1

21 1 1

2

21

2 2 21

2

2

= − = + + − + = − + =

= − + − + =

= + − + + − + =

= + = +

+ +

+ +

+ + + + + +

+ +

( ) ( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

La covarianza del rendimento del titolo i con il titolo j è data da:

( )( )[ ]( )[ ] ( )[ ] [ ][ ] [ ][ ] [ ]

σ

α β ε α β α α β ε α β α

β α ε β α ε β ε ε β ε ε

β β ε ε ε β ε ε β ε ε

β β β β β β

ij i i i j

i i i i i n j j j j j n

i n i j n j i n i j n j

i j n i j i n j j n i

i j n ij i j n j i n i j n

E R R R R

E I I

E I I E

E

Q Q Q Q Q

= − − =

= + + − + + + − + =

= − + − + = + + =

= + + + =

= + + + =

+ +

+ + + +

+ + +

+ + +

( ) ( )

( ) ( )

, ,

1 1

1 1 1 1

12

1 1

1 1 1 +1

6.1.2 Rendimento e rischio di portafogli fattibili con n titoli a rendimento aleatorio

Secondo il modello diagonale, il rendimento di portafoglio R x RP i ii

n

==∑

1

, con xi quota

di portafoglio investita nell'i-esimo titolo, é dato da:

( )R x R x IP i ii

n

i i i ii

n

= = + += =∑ ∑

1 1

α β ε

che può essere scomposto nel seguente modo:

( ) ( )R x xP i i ii

n

i i n ni

n

= + + +=

+ +=

∑ ∑α ε β α ε1

1 11

ipotizzando quindi che il rendimento di portafoglio sia dato dal rendimento di base, caratteristico di ogni titolo, e, un ipotetico "investimento" nell'indice.

Al variare di I il rendimento di portafoglio varierà della quantità xi ii

n

β=∑

1

, che è la media

ponderata dei βi dei titoli in portafoglio, e che viene definito come

x xn i ii

n

P+=∑1

1

= =β β

Il rendimento di portafoglio si può quindi esprimere come:

( ) ( ) ( )R x x xP i i ii

n

n n n i i ii

n

= + + + = +=

+ + +=

+

∑ ∑α ε α ε α ε1

1 1 11

1

avendo tenuto conto della formulazione di I.

74

Il rendimento di portafoglio avrà valore atteso

( )R E x xP i i ii

n

i ii

n

= +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ =

=

+

=

+

∑ ∑α ε α1

1

1

1

dato che ( )E x x Ei ii

n

i ii

n

ε ε=

+

=

+

∑ ∑⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ = =

1

1

1

1

0

L'equazione evidenzia che il rendimento atteso di portafoglio è dato dalla media

aritmetica ponderata degli αi , compreso quello dell'indice. La varianza di portafoglio è

( ) ( ) ( )

( ) ( )

σ α ε α

ε ε ε

P P P i i ii

n

i ii

n

i ii

n

i ii

n

i ii

n

i ii

n

E R R E x x

E x E x x E x Q

2 2

1

1

1

1 2

1

1 22 2

1

12 2

1

12

1

1

= − = + −⎡

⎣⎢

⎦⎥ =

=⎡

⎣⎢

⎦⎥ = = =

=

+

=

+

=

+

=

+

=

+

=

+

∑ ∑

∑ ∑ ∑ ∑

Ora dovrebbe essere chiaro il motivo per cui Sharpe ha scelto di definire che l’indice

scelto I abbia valore atteso α n+1 e varianza Qn+1 .

6.1.3 La valutazione del rischio al crescere del numero di titoli o business in portafoglio o azienda

Se si ipotizza un portafoglio di n titoli equiripartito con:

xn

i n

x

i

n P

= =

=+

1 1 2

1

con , ,...,

β

la varianza di portafoglio è data da:

σ β

β

Pi

n

i n ni

n

i P n

i P n

n Q x Q n n Q Q

n Q Q

2 2

11

21

1

21

21

1 1 1

1

= + = +

= +=

+ +=

+

+

∑ ∑

che al divergere di n:

( )lim limn P n i P n P nn Q Q Q→∞ →∞ + += + =σ β β2 2

12

11 .

75

Tale valore rappresenta il rischio sistematico ineliminabile secondo questo modello. Vale la pena di soffermarsi a commentare quest’ultimo risultato: − è il prodotto di due fattori; − uno è il quadrato della misura del legame sistematico rendimento portafoglio-

benchmark, l’altro la varianza del benchmark (indice di base, di riferimento); − se il portafoglio ha βp = 1 con il benchmark, il portafoglio avrà il rischio (varianza) del

benchmark ( limn P P nQ→∞ +=σ β2 2

1 = Qn+1 );

− se il portafoglio ha βp < 1 con il benchmark, il portafoglio avrà rischio più basso di quello del benchmark secondo una quadratica ( lim

n P P nQ→∞ +=σ β2 2

1 < Qn+1 );

− se il portafoglio ha βp> 1 con il benchmark, il portafoglio avrà rischio più grande di quello del benchmark secondo una quadratica ( lim

n P P nQ→∞ +=σ β2 2

1 > Qn+1 ).

Si rileva che, quindi, la scelta dell’economia di riferimento, del benchmark, è assai importante per discutere del rendimento e del rischio di portafoglio o d’azienda perchè, in questo modello semplificato, il rischio non è più assoluto, ma relativo al movimento del benchmark: il rischio del portafoglio o dell’azienda è legato, riflesso, letto, attraverso il rischio del benchmark.

Visto che xi ii

n

Pβ β=∑ =

1

è una componente ineliminabile del rischio sistematico si è

proposta una classificazione dei titoli secondo il loro βi, che è stato eletto a indice di rischio. Se: β i > 1, il titolo ha rischio maggiore di quello del benchmark (titolo aggressivo); β i =1, il titolo ha il rischio in linea con quello del benchmark (titolo neutro); β i < 1, il titolo ha rischio minore di quello del benchmark (titolo difensivo).

Naturalmente, le stesse considerazioni si fanno sul portafoglio utilizzando βp.

76

6.1.4. La valutazione delle soluzioni efficienti

Il modello da ottimizzare è ora dato da:

min Z

con vincoli

5

=

=

x = − + = − +

= =

− =

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

=

+

=

+

+

∑ ∑

µ σ µ α

β β

R x x Q

x x

x

x

P P i ii

n

i ii

n

i ii

n

n P

ii

n

i

2

1

12

1

1

11

11 0

0

La matrice delle varianze-covarianze da trattare è Q

Q =

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

+

QQ

Q

Q

i

n

1

2

1

0 0 00 0

000 00 0 0

. ... ....

..... .

. .

di dimensione (n+1)(n+1), ma con solo (n+1) elementi diagonali non nulli e zero altrove, quindi facile da trattare per valutare le soluzioni che interessano (gran parte degli sforzi dei “matematici” è devoluto alla diagonalizzazione delle matrici proprio al fine di trovare poi a costo molto basso le soluzioni al sistema in studio).

Consideriamo tutti i parametri da inserire nel modello. Essi sono ora 3n+2: n+1 per

gliαi , n per i βi , n per i Qi , nonché Qn+1 . La soluzione al modello è data utilizzando i metodi esposti nel cap.3.

La proposta di Sharpe porta anche alla attribuzione di un preciso significato economico alla trasformazione lineare delle variabili. Interessante è sopratutto xn+1 che esprime il legame sistematico del rendimento del portafoglio alla variabile esterna di riferimento. Tale grandezza è utile per valutare la sensibilità, il rischio sistematico che il portafoglio del decisore ha con l'economia, la congiuntura di cui I , indice di base, benchmark, è la sintesi. Volendo far risaltare questo concetto si ponga:

α n nA x B+ += =1 1,

il modello si può quindi riscrivere come:

77

min Z

con vincoli

7

=

=

x = − + = − +⎡⎣⎢

⎤⎦⎥+ +

=

− =

⎪⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪⎪

= = =+∑ ∑ ∑

µ σ µ α

β

R x BA x x Q B Q

x B

x

x

P P i ii

n

j

n

i jj

n

ij in

i ii

n

ii

n

i

2

1 1 1

21

1

11 0

0

( )

dove risulta più chiara anche la possibilità data al decisore di scegliere, parametrizzare, imporre B cioè quantificare a priori il legame sistematico voluto con il benchmark. Per esempio, imporre:

− B<1, se il decisore vuole un portafoglio difensivo riguardo il benchmark; − B=1, se il decisore vuole riprodurre i rendimenti del benchmark; − B>1, se il decisore vuole un portafoglio aggressivo riguardo il benchmark.

SIMULAZIONI A) Con i nostri soliti cinque titoli o business si ipotizza di aver scelto, per esempio: I = variazione percentuale Indice Azionario Generale Comit, per controllare il rendimento e rischio di un portafoglio di titoli azionari; oppure I = tasso di rendimento di tutte le aziende del settore assicurativo danni, per controllare il rendimento e rischio dell’azienda assicurativa che opera nei cinque rami danni A, B, C, D, E.

Date le informazioni in Tab.8 si può valutare il rendimento e la varianza dei titoli azionari o rami A, B,

C, D, E nonchè la covarianza dei rendimenti dei titoli o rami secondo il modello diagonale proposto da Sharpe:

A B C D E αi 0.9592 0.7245 4.1224 1.6939 9.1837 βi 0.9913 0.9767 1.3120 1.1370 0.1749 Qi 1.2099 3.5760 1.3654 2.5219 1.2983

Tab. 8: αi , βi , Qi dei cinque titoli o rami assicurativi con il benchmark I Le informazioni in Tab. 8 possono essere determinate o l’analisi probabilistica bivariata o con la regressione su serie prospettiche o su basi ipotetiche, simulative, ottenute anche modificando stime ex-post degli stessi parametri decisionali55.

55 Alcune società, nazionali e internazionali, calcolano sistematicamente per i vari mercati quanto in Tab. 8 sulle serie storiche dei titoli e degli indici più trattati. Naturalmente, ogni operatore deve poi adattare tali informazioni alla congiuntura prevista per l’unità periodale in analisi. La valutazione dei parametri αi e βi , in Ri = αi + βiI + εi , può essere anche il frutto di ipotesi, ovvero di simulazioni, sintesi di più proiezioni ex-ante dei rendimenti, dei titoli azionari o rami e dell'indice. Per esempio, nel nostro caso si possono proporre:

A B C D E I 15 17 17 19 12 16.3 13 15 15 19 11 14.8 ... ... ... ... ... ... 16 18 18 21 13 17.5 15 12 16 18 12 14.9

78

Siano, inoltre: E I n( ) .= = +161 1α , Var I Qn( ) .= = +0 98 1 . Si sono calcolati i coefficienti di determinazione lineare ρ2 in: 0.4811, 0.2337, 0.5904, 0.3695 e 0.0262 rispettivamente per A, B, C, D, E con I.

Dalla Tab. 8 si può verificare che:

− sono titoli aggressivi C e D; − sono sicuramente titoli difensivi B, E; − A, che ha β=0.99, puó essere etichettato come "quasi neutro". B) Si consideri un portafoglio equiripartito tra i cinque titoli A, B, C, D, E e gli αi e βi di Tab.6. Si avrà x

i = 1/n = 0.2.

x xi ii

n

P nβ β= = = + + + + ==

+∑1

1 0 2 0 9913 0 9767 13120 11370 01749 0 9184 . ( . . . . . ) .

Si desidera ora determinare il valore atteso del rendimento di portafoglio e la varianza di portafoglio tenendo conto che x Q Var In n P+ + =1 1 β ( )

R xx con i nx E I i nP i i

i

ni

n n P=

= == = +

⎧⎨⎩

= − − − + + + × =

=

+

+ +∑ α

α β1

1

1 1

0 2 1 21

0 2 0 9592 0 7245 41224 16939 91837 0 9184 161 1580

. , ,...,( )

. ( . . . . . ) . . .

PER IL TITOLO O BUSINESS A Dato: R IA i= − + +0 9592 0 9913. . ε

( ) ( )E R E I E I

Q Q

A i

n

A A n A

B

= − + + = − + =

= − + == − + × =

= + = × + ==

+

+

0 9592 0 9913 0 9592 0 99130 9592 0 99130 9592 0 9913 161 15 0007

0 9913 0 98 12099 2172914741

1

2 21

2

. . . . ( ). .. . . .

. . . ..

ε

α

σ βσ

PER IL TITOLO O BUSINESS B Dato: R IB i= − + +0 724 0 977. . ε

( ) ( )E R E I E I

Q Q

B i

n

B B n B

B

= − + + = − + =

= − + == − + × =

= + = × + ==

+

+

0 7245 0 9767 0 7245 0 97670 7245 0 97670 7245 0 9767 161 22 37

0 9767 0 98 35760 4 510921239

1

2 21

2

. . . . ( ). .. . . .

. . . ..

ε

α

σ βσ

su cui operare con il metodo dei minimi quadrati per valutare gli αi e βi ed i valori delle varianze residue esposti in Tab. 8.

79

PER IL TITOLO O BUSINESS C Dato: R IC i= − + +4122 1312. . ε

( ) ( )E R E I E I

Q Q

C i

n

C C n C

C

= − + + = − + =

= − + == − + × =

= + = × + ==

+

+

41224 13120 41224 1312041224 1312041224 13120 161 17 0008

13120 0 98 13654 3052317471

1

2 21

2

. . . . ( ). .. . . .

. . . ..

ε

α

σ βσ

PER IL TITOLO O BUSINESS D Dato: R ID i= + +1694 1137. . ε

( ) ( )E R E I E I

Q Q

D i

n

D D n D

D

= + + = + =

= + == + × =

= + = × + ==

+

+

16939 11370 16939 1137016939 1137016939 11370 161 36 95

11370 0 98 2 5219 3788819465

1

2 21

2

. . . . ( ). .. . . .

. . . ..

ε

α

σ βσ

PER IL TITOLO O BUSINESS E Dato: R IE i= + +9184 0175. . ε

( ) ( )E R E I E I

Q Q

E i

n

E E n E

E

= + + = + =

= + == + × =

= + = × + ==

+

+

91837 01749 91837 0174991837 0174991837 01749 161 119996

01749 0 98 12983 1328311525

1

2 21

2

. . . . ( ). .. . . .

. . . ..

ε

α

σ βσ

Qui sotto è riportato il calcolo delle covarianze, viste attraverso il Benchmark I, dei rendimenti dei titoli:

σAB = βAβBQn+1 = 0.9488 σAC = βAβCQn+1 = 1.2746 σAD = βAβDQn+1 = 1.1046 σAE = βAβEQn+1 = 0.1699 σBC = βBβCQn+1 = 1.2558

σBD = βBβDQn+1 = 1.0883 σBE = βBβEQn+1 = 0.1674 σCD = βCβDQn+1 = 1.4619 σCE = βCβEQn+1 = 0.2249 σDE = βDβEQn+1 = 0.1949

80

7 MODELLI SEMPLIFICATI DI SELEZIONE DEL PORTAFOGLIO

MODELLI A PIU’ INDICI I modelli unifattoriali valutabili con quanto esposto nel capitolo 6 si basano sull'ipotesi che i rendimenti dei titoli considerati siano funzione del rendimento di un unico indice di base, che in genere è un indice di mercato. Tale ipotesi è assai forte ovvero è da tempo chiaro che i rendimenti dei titoli non possono essere mossi da un solo “basic underlying factor”, ma risentono di molti fattori, spesso di difficile rilevazione diretta. Considerando il modello unifattoriale come caso particolare, si può generalizzare questa ipotesi introducendo più variabili esplicative dell'andamento dei rendimenti dei titoli, più indici di riferimento. Si parla in questo caso di modelli multifattoriali. 7.1. Modelli a più indici Lo scopo di questi modelli è di spiegare meglio dei modelli unifattoriali la variabilità dei rendimenti pur mantenendo basso il numero di informazioni necessarie all'analisi, numero che deve essere inferiore a quello del modello generale di Markowitz56 e, possibilmente, di ordine n. In questi modelli il rendimento del titolo i-esimo si esprime come combinazione lineare del valore degli indici scelti:

R I I I ui i i i iK K i= + + + + +α β β β* * * * * * *.......1 1 2 2 dove: αi

∗ , βij∗ parametri;

ui variabile erratica costante (differenza tra valore del rendimento e rendimento previsto) con E(ui)=0 e V(ui)=σui

2 . Questo valore rappresenta la misura del rischio associato all'i-esimo titolo che non dipende dalla relazione del titolo stesso con gli indici; I j∗ variabili esplicative, j=1, 2, ..., k.

Nell'analisi multivariata non si può prescindere dal considerare la possibilità di correlazione tra le variabili, gli indici. Operativamente ciò disturba57 sia la stima dei parametri sia la loro gestione e si rende necessario ortogonalizzare (rendere indipendenti) le variabili del sistema. Se, ad esempio, si considera un modello bifattoriale (si usano due soli indici) si può esprimere il rendimento di un titolo come:

R I I ui i i i i= + + +α β β* * * * *1 1 2 2

dove gli indici I1* e I2

* sono linearmente dipendenti; bisogna quindi depurare una variabile dall'effetto dell'altra. Posto I I1 1

* = (dove la mancanza dell'asterisco indica d'ora in poi la variabile ortogonale) e utilizzando la tecnica della regressione si ottiene

I I di2 0 1 1* = + +γ γ

Si chiama I2 un nuovo indice ottenuto depurando I2* dall'effetto di I1 ossia

( )I I I di2 0 1 1= − + =2* γ γ

56ELTON E., GRUBER M.J., 1984, op. cit. 57Si considerino le problematiche circa la correttezza, l'efficienza, la consistenza delle stime nella statistica inferente e nell'econometria.

81

Si sostituiscono tali risultati nell'equazione del rendimento ( )

( ) ( )

R I I I u

I I I u

I I u

i i i i i

i i i i i i

i i i i i i

= + + + + + =

+ + + + + =

+ + + + +

α β β γ γ

α β β γ β γ β

α β γ β β γ β

* * * *

* * * * * *

* * * * *

1 1 2 0 1

1 1 2 0 2 1 2 2

2 0 1 2 1 1 2 2

1 2

1 =

=

e si ottiene un’equazione con variabili esplicative ortogonali. Posto poi: α β γ αi i i

* *+ =2 0 , valore costante; β β γ βi i i1 2 1 1

* *+ = , l'effetto delle variazioni di I1 sul rendimento del titolo i-esimo. In esso sono compresi sia l'effetto di I1 (β i1

* ), sia l'effetto indiretto attraverso I2* (β γi2 1

* ); β βi i2 2

* = , l'effetto della differenza dell'indice I2 dalla sua relazione prevista con I2* (errore

di stima I2* con I2 ) sul rendimento del titolo i-esimo;

l'equazione del rendimento del titolo i-esimo diventa: R I I ui i i i i= + + +α β β1 1 2 2

Supponendo di applicare questo procedimento all'equazione generale si ottiene R I I I ui i i iK K i= + + + + +α β β βi 1 21 2 .....

dove I j sono variabili esplicative non correlate con:

( ) ( ) ( )( )[ ]E I I Var I E I I I I j mj j j Ij j j m m= = − − = ∀ ≠; ; σ2 0 .

Viene ovviamente mantenuta anche l'ipotesi di indipendenza tra le variabili esplicative ed i residui ui , cioè:

( )[ ]E I I uj j i− =, 0

affinchè il valore effettivo assunto dalla variabile esplicativa non distorca la stima di Ri . La semplificazione del modello è dovuta soprattutto all'ipotesi di indipendenza dei residui, cioè [ ]E u ui j = 0 . Essa permette di escludere altri fattori quali cause della variabilità dei rendimenti dei titoli oltre gli indici previsti, che sono in numero di K. Considerando queste ipotesi si ottiene: − il rendimento atteso di un titolo

( ) ( )( ) ( ) ( ) ( ) ( )

E R E I I I u

E E I E I E I E u

I I I

i i i i iK K i

i i i iK K i

i i i iK K

= + + + + + =

= + + + + + =

= + + + +

α β β β

α β β β

α β β β

1 1 2 2

1 1 2 2

1 1 2 2

.....

...

...

− la varianza del rendimento di un titolo (considerando che tutti i termini incrociati sono pari a zero) è

( ) ( )[ ]

( ) ( )

σ α β β β α β β β

β β σ

β σ β σ β σ σ

i i i i iK K i i i i iK K

ij j j ij

K

ij j j uij

K

i I i I iK IK ui

E I I I u I I I

E I I u E I I

21 1 2 2 1 1 2 2

2

1

2

22

2

1

12

12

22

22 2 2 2

= + + + + + − + + + +

= − +⎡

⎣⎢

⎦⎥ = − + =

+ + + +

= =∑ ∑

..... .....

....=

82

− la covarianza del rendimento del titolo i-esimo con quello del titolo j-esimo, considerando che tutti i termini incrociati sono nulli per ipotesi, è:

( )( )[ ]( ) ( )[ ]

( ) ( )[ ]( ) ( )

σ

α β β β α β β β

α β β β α β β β

β β

ij i i j j

i i i iK K i i i i iK K

j j j jK K j j j j jK K

ik k kk

K

i jk k kk

K

j

E R R R R

E I I I u I I I

I I I u I I I

E I I u I I u

= − − =

= + + + + + − + + + + ⋅

⋅ + + + + + − + + + + =

= − +⎡

⎣⎢

⎦⎥ − +⎡

⎣⎢

⎦⎥

⎧⎨⎩

⎫⎬⎭=

=

= =∑ ∑

1 1 2 2 1 1 2 2

1 1 2 2 1 1 2 2

1 1

..... .....

..... .....

β β σ β β σ β β σi j I i j I iK jK IK1 1 12

2 2 22 2+ + +..........

Si è verificato che i modelli a più indici operano meglio dei modelli ad un solo indice nel riprodurre la matrice storica delle correlazioni, ma non sempre migliorano la capacità previsiva degli stessi. Quest'ultima migliora se si procede ad una classificazione dei titoli per pseudo-industrie o comunque per raggruppamenti omogenei58. Tali raggruppamenti equivalgono alla trasformazione del sistema iniziale dei rendimenti, che spesso nella realtà sono altamente correlati, in un sistema semplificato, composto da un numero inferiore di nuove variabili fra di loro indipendenti che esprimano la maggior parte della variabilità iniziale del sistema. Si desidera quindi trovare un insieme di nuove variabili che riassumano l'insieme delle informazioni dei rendimenti osservati. La tecnica per determinare queste nuove variabili è detta tecnica delle componenti principali (PCA), che, applicata alla matrice delle varianze-covarianze o delle correlazioni fra rendimenti, spiega l'analisi della variabilità dei rendimenti con uno o più componenti, indici, fattori, ortogonali59. Prima di procedere all'esposizione della tecnica delle componenti principali è utile aprire una parentesi per richiamare come si calcolano gli autovalori e gli autovettori di una matrice.

58ELTON E., GRUBER M.J., 1984, op. cit., pag. 147. 59LEBART L., MORINEAU A., WARWICK K.M., Multivariate Descriptive Statistical Analysis, Wiley, N.Y., 1984.

83

7.2.0. Richiami su autovalori ed autovettori Dovendo descrivere il comportamento di sistemi reali di grandi dimensioni può essere utile ricercare sottoinsiemi di definizione i cui elementi siano trasformati dall'applicazione lineare f in elementi del sottoinsieme stesso; ovvero sottoinsiemi W tali che ( )f W W⊂ . Ricordando che:

− le applicazioni lineari f n m:ℜ → ℜ si possono esprimere come

( )f n( )a Ta a= ∈ℜ

con T(nxm) matrice associata all'applicazione f. Essa è unica data la base scelta per ℜn e ℜm ;

− dato lo scalare λ l'applicazione f ( )a a= λ trasforma ogni elemento di a in multipli di se stesso.

Data la matrice quadrata T di ordine n associata a f n n:ℜ → ℜ , lo scalare λ ed il vettore a ∈ℜn con a ≠ 0 , che soddisfano l'equazione

Ta a= λ sono detti rispettivamente λ autovalore ed a autovettore (associato all'autovalore λ) della matrice T. Il calcolo degli autovalori della matrice T segue dalla definizione. Infatti dato Ta a= λ si ricava il sistema omogeneo

Ta a− =λ 0 che si può scrivere come

( )T I a− =λ 0 con I matrice identità in ℜn . Supponendo λ noto si ricercano i vettori a soluzione del sistema omogeneo ( )T I a− =λ 0 che ha n equazioni ed n incognite. Affinchè il sistema abbia soluzione non banale (a≠0) dovrà essere

det( )T I− =λ 0 Il primo membro dell'equazione è un polinomio in λ di grado n detto polinomio caratteristico della matrice T. L'equazione è detta equazione caratteristica. Le sue n radici sono gli autovalori della matrice T. Per il Teorema Fondamentale dell'algebra ogni polinomio di grado n ha n radici complesse. Per ogni autovalore (si possono avere anche autovalori uguali) esiste un autovettore a che soddisfa l'equazione

Ta a= λ

84

ESEMPIO Data l'applicazione lineare

f ( )a Ta a= =− −⎡

⎣⎢

⎦⎥

2 31 2

si determinano gli autovalori (due). Data l'equazione caratteristica

det( ) detT I− = ⇒−− − −

⎣⎢

⎦⎥ =λ

λλ

02 3

1 20

si avrà: ( )( )

;

2 2 3 0

4 2 2 3 0

4 3 0

1 0 1 1

2

2

21 2

− − − + =

− − + + + =

− + + =

− = ⇒ = − =

λ λ

λ λ λ

λ

λ λ λ

L'autovettore a associato a λ1 1= − è tale che f(a)=-a mentre l'autovettore associato a λ2 1= è tale che f(b)=b. Gli autovettori si ottengono risolvendo il sistema Ta a= λ :

dato λ1 1= − Þ 2 3

21 2 1

1 2 21 2

a a aa a a

a a+ = −

− − = −⎧⎨⎩

= − da cui

l'autovettore associato è dato da a =−⎡

⎣⎢

⎦⎥ ∈ℜ

11

k k con .

Dato λ 2 1= Þ 2 3

231 2 1

1 2 21 2

b b bb b b

b b+ =

− − =⎧⎨⎩

= − da cui

l'autovettore associato è dato da b =−⎡

⎣⎢

⎦⎥ ∈ℜ

31

h h con .

Come visto anche dall'esempio, gli autovettori hanno lunghezza arbitraria e quindi se a soddisfa l'equazione Ta a= λ per qualche λ, anche ca risulta una soluzione, per c scalare arbitrario. E' convenzione utilizzare, tra gli infiniti autovettori generati dall’autovalore associato, l’autovettore che risponde a:

a'a =1 ovvero che ha norma unitaria. Si citano ora, senza dimostrarli, alcuni teoremi e proprietà degli autovalori:

− ogni matrice quadrata T di ordine n ha n autovalori (conseguenza del teorema fondamentale dell'algebra); − λ =0 è un autovalore di T se e solo se det(T)=0; − gli autovalori di una matrice diagonale sono gli elementi della diagonale principale; − se λ è un autovalore di T allora 1/λ è un autovalore dell'inversa T-1; − λp è autovalore di T

p.

Nel nostro ambito di studio (selezione del portafoglio) la matrice T è simmetrica semidefinita positiva essendo la matrice di varianze e covarianze (o delle correlazioni lineari) tra rendimenti di n titoli. Per le matrici simmetriche valgono queste ulteriori proprietà:

− gli autovalori di una matrice simmetrica sono reali; − gli autovettori associati ad autovalori distinti sono ortogonali fra di loro (cioè a ai j = 0) per ogni i≠j; T é quindi diagonalizzabile;

85

− gli autovalori associati ad una matrice semidefinita positiva sono positivi o, al piú, nulli. − la matrice A ottenuta accostando gli autovettori normalizzati è tale che ′ = −A A 1

Determinate a questo punto le coppie ( )ai i,λ , con = ,.....,i n1 , si può riassumere in forma matriciale l'insieme di relazioni:

Ta ai i i= =λ con i n1,....., come TA A= Λ con ( )A a a1 n= ,....., matrice ottenuta accostando gli n autovettori e Λ matrice diagonale degli autovalori di T

Λ =

⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥

λλ

λ

1

2

0 00

0 0

..

.... .. .. ..

.. n

Da questa relazione, ricordando che trattando matrici di varianze-covarianze o di correlazione si ha ′ = −A A 1 la diagonalizzazione di T:

′ =A TA Λ 7.2.1. La tecnica delle Componenti Principali (PCA). L'analisi fattoriale60 permette di trovare un insieme di fattori latenti, fra di loro stocasticamente indipendenti, esplicativi delle variabili iniziali per noi diversi indici di mercato. Per determinare tali fattori si può applicare la Tecnica delle Componenti Principali. La tecnica delle Componenti Principali si propone di rappresentare, con la minor perdita possibile di informazioni, un insieme di variabili attraverso un numero relativamente piccolo di relazioni lineari. Dal punto di vista matematico la PCA ha lo scopo di trasformare p variabili non tutte indipendenti in un insieme m<p di nuove variabili indipendenti stocasticamente che riproducano la maggior parte della variabilità, varianza, del sistema in studio. Per determinare le componenti principali si determinano gli autovalori e relativi autovettori della matrice C = σ ij delle varianze e covarianze, oppure della matrice di correlazione

R = ijρ (che si ottiene dividendo ogni elemento della matrice di varianza covarianza per il prodotto degli scarti quadratici medi dei rispettivi indici). Se si utilizzano variabili inizialmente standardizzate allora le due matrici considerate risultano uguali. C ed R inoltre sono matrici simmetriche e come tali hanno autovalori reali cui corrispondono autovettori ortogonali fra di loro. Le nuove variabili ottenute sono chiamate componenti principali e forniscono la maggior parte delle informazioni relative alle variabili di partenza. Quanto più sono correlate le variabili iniziali tanto minore è il numero di componenti necessarie alla loro approssimazione.

60HARMAN H.H., Modern Factor Analysis, University of Chicago Press, 1968.

86

Per semplificazione si tratterà la determinazione delle componenti principali con il solo utilizzo della matrice di varianza-covarianza, specificando le differenze effettive che si riscontrano nell'utilizzo della matrice di correlazione solo alla fine della trattazione.

Dato il vettore ( )x =′

x x x x p1 2 3, , ,......., di variabili casuali con media nulla61 e matrice di varianza e covarianza C=σ ij , data la matrice A ottenuta dall'accostamento degli autovettori normalizzati di C, si considera la seguente trasformazione lineare:

z a x a x a xz a x a x a x

z a x a x a x

p p

p p

p p p pp p p

1 11 1 21 2 1

2 12 1 22 2 2 2

1 1 2 2

= + + + =

= + + + =

= + + + =

......................

...........................

a' xa' x

a' x

1

dove zi è la i-esima componente principale. La generica componente principale z i ia' x= avrà:

− valore atteso: E z a E xi i( ) ' ( )= = 0 − varianza pari a: [ ] ( )( )[ ] ( )Var z E E z E z E Ei i i( ) ( ( ))( ( )) ' '= − − ′ = = =a' x a' x a' x a' x a' xx a a' Cai i i i i i i i con

i=1, 2, ......p, e con E(xx')=C. La covarianza tra due componenti è data da

( ) ( ) ( )( )[ ] ( )Cov z z E z z E Ei j i j

j j

, '= ⋅ = = =

= = = = =

a' x a' x a' xx' a

a' Ca a' a a' a a' ai j i j

i j i j i j i jλ λ 0 0 essendo

con i≠j , vista l’ortogonalità degli autovettori. In forma matriciale si avrà z A x= ′ con: − z ( , , , . . .= z z z z p1 2 3 )' vettore delle nuove variabili casuali, le componenti principali; − A matrice (p x p) ottenuta dall'accostamento degli autovettori normalizzati. Si definisce forma quadratica associata a T la funzione scalare di a

Q( )a a' Ta= considerando T matrice simmetrica. Ad esempio nel caso di T(2x2) e di un generico vettore a di due elementi, la forma quadratica avrà la seguente espressione:

a' Ta = + +t a t a a t a11 12

12 1 2 22 222

e nel caso generale di matrice di ordine n a' Ta

+

+

= + + + +

+ + + +

+ +

t a t a a t a a t a at a t a a t a a

t a t a a

t a

n n

n n

n n

nn n

11 12

12 1 2 13 1 3 1 1

22 22

23 2 3 2 2

33 32

3 3

2

2 2 22 2

2

......

.............

...........

Si osserva che la varianza di zi = ′a Ca1 1 è una forma quadratica semidefinita positiva.

61Questa condizione non risulta gravosa perchè, se y ha media E(y), allora x=y-E(y) ha media nulla.

87

PRIMO PASSO: l'obiettivo è quello di determinare il vettore a che massimizza la varianza del sistema in analisi, con il vincolo che tale vettore abbia norma unitaria. Il problema di programmazione matematica diventa quindi:

maxa a'Ca

a' a

soggetta al vincolo

φ =

=

⎧⎨⎪

⎩⎪ 1

Esso si risolve definendo la funzione Lagrangiana

( ) ( )L ,a a'Ca a'aλ λ= − −1

e imponendo le condizioni necessarie: ∂∂

∂∂λ

L La= =0 0 e .

Se si deriva la Lagrangiana rispetto ad a si ha: ( )[ ]

( )

∂∂

∂ λ

∂λ

λ

La

a'Ca a'aa

Ca aC I a

=− −

=

− =

− =

10

2 2 00

= =

dove I è la matrice identità in ℜ p . Il sistema da risolvere risulta quindi:

( )C I aa a

− =

=

⎧⎨⎩

λ 01'

Si tratta in pratica di trovare il massimo autovalore e il corrispondente autovettore della matrice C, con il vincolo che l'autovettore abbia norma unitaria. Come visto, gli autovalori sono gli zeri del polinomio caratteristico

det( )C I− =λ 0 . Se gli autovalori che si ottengono da tale equazione sono posti in ordine decrescente ( )λ λ λ1 2≥ ≥ ≥... p , essendo non negativi, dato che C è una matrice simmetrica semidefinita

positiva, il problema è risolto prendendo λmax = λ1. Sostituendo λ1 nella relazione ( )C I a− =λ1 0 si determina l'autovettore amax = a1 ad esso corrispondente soluzione del problema di massimo. La prima componente principale è data da:

z1 1= a' x . λ1 rappresenta la varianza della prima componente principale, cioè la quantitá di informazione del sistema iniziale che entra nel nuovo insieme dato dalla prima componente principale. Infatti dalle equazioni Ca a a a1 1 1 1 1 1= ′ =λ e si ricava che

λ λ1 1 1 1 1 1= = =a Ca a a' ' ( )Var z . SECONDO PASSO: per trovare la seconda componente z2 2= a' x si risolve il problema

maxa a'Ca

a'aa 'a

soggetta ai vincoli

φ =

==

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

101

88

determinando λ2 e a2. Dopo p iterazioni si deve risolvere il problema

max

,.....,

a a'Ca

a'aa 'a

soggetta ai vincoli

, per

φ =

== = −

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

10 1 1i i p

che determina la coppia (λp, ap). Tale procedura corrisponde, più semplicemente, alla determinazione degli autovalori della matrice C, ordinandoli come visto sopra e calcolando i rispettivi autovettori. Si nota come si possano determinare tante componenti principali quante sono le variabili di partenza, ma nelle applicazioni non si eseguono tutte le p iterazioni; se ne considera in genere un numero m<p, cercando di mantenere alta la variabilità spiegata dalle m componenti. Il numero di componenti estratte comunque non dovrebbe superare il seguente valore62:

( )m p p< + − +05 2 1 8 1.

dove: m = numero delle componenti estratte p = numero delle variabili iniziali.

Tra i metodi adottati per scegliere il numero m di componenti da estrarre si osservano i seguenti:

1) estrazione dei soli autovalori superiori a 1; 2) specificazione iniziale di una percentuale H di variabilità cumulata desiderata (in

genere maggiore del 60-70% della variabilità totale del sistema) e si ferma la procedura per la determinazione delle componenti quando

λ

λ

ii

m

ii

p H=

=

∑≥1

1

Si esprime con λii

p

=∑

1

la variabilità totale del sistema iniziale poichè, essendo C matrice

diagonalizzabile con C A A= ′ Λ , secondo le annotazioni del paragrafo precedente, si ha che la traccia di C (somma dei valori sulla diagonale principale) è uguale alla somma degli autovalori. Infatti, poichè per la traccia vale la proprietà

tr( ) tr( )PQ QP= e ′ =A A I, si ha

tr( ) tr( ) tr( ) tr( ) .....C A A AA= ′ = ′ = = + + + + ==∑Λ Λ Λ λ λ λ λ λ1 2 3

1p i

i

p

ed essendo la traccia di C la somma delle varianze delle variabili iniziali si ha:

tr( ) ( )C = == =∑ ∑Var xii

p

ii

p

1 1

λ

62KOUTSOYIANNIS A., Theory of Econometrics, Macmillian, London, 1993.

89

3) limitazione dell'analisi alle componenti con autovalore uguale o superiore al valore considerato "punto di gomito" del diagramma ottenuto dopo aver rappresentato in [i, λi], con i=1, 2, ...,p, gli autovalori (Fig. 31)63.

Fig. 31: Autovalori estratti da una matrice di varianze-covarianze con specificazione del punto di "gomito". Si consiglia di estrarre soltanto i primi tre autovalori e autovettori associati.

Dopo aver determinato le componenti principali si desidera esprimere una stima delle variabili casuali iniziali come combinazione lineare delle componenti principali stesse. Infatti, da z A x= ′ si ha x Az= poichè ′ = −A A 1. Se si desidera ora esprimere le variabili iniziali in funzione delle sole m p< componenti principali si otterrà un nuovo sistema: $x Bz= dove B è la matrice (p x m), ottenuta eliminando le ultime ( p m− ) colonne della matrice A; $x esprime la stima di x mediante z. Se si considerano realmente le sole m p< colonne della matrice dei coefficienti della PCA non si parlerà più di componenti principali, ma di fattori. La nuova matrice B è quindi detta matrice dei factor loadings (coefficienti di saturazione) rappresentanti l'analisi fattoriale, che se letta per riga analizza la stima delle variabili iniziali in funzione dei fattori, mentre se letta per colonna esprime i coefficienti della combinazione lineare delle variabili per la determinazione delle componenti principali. Inoltre, se si elevano al quadrato i singoli coefficienti di saturazione si ottiene la variabilità spiegata da ogni fattore su ogni variabile, mentre la variabilità spiegata dai fattori comuni per le singole variabili è detta comunalità. Se si dispone della matrice di correlazione R invece della matrice di varianza-covarianza, lo svolgimento per la determinazione delle componenti principali e quindi dei fattori si mantiene. Unica distinzione effettiva da considerare è che in questo caso si ha:

63KOUTSOYIANNIS A., 1993, op. cit., pag. 424.

90

λii

p

p=∑ =

1,

poichè tale somma equivale al calcolo della traccia della matrice presa in considerazione che nel caso della matrice di correlazione, con diagonale principale unitaria, risulta uguale alla dimensione della matrice stessa. Si deve inoltre sottolineare che, in seguito alla normalizzazione con cui si passa da C ad

R = =⎧⎨⎪

⎩⎪

⎫⎬⎪

⎭⎪ρ

σσ σij

ij

i j

,

gli autovalori e autovettori di R sono, in generale, diversi da quelli di C. Prima di passare agli esempi sull'applicazione della PCA risulta utile determinare i coefficienti di correlazione fra i fattori e le variabili iniziali. Si definisce coefficiente di correlazione fra la k-esima variabile iniziale e l'i-esimo fattore il seguente rapporto:

ρx zk i

k ik i

Cov x zVar x Var z

=( , )

( ) ( ).

Si osserva che la k-esima variabile può essere indicata come: x l lk k k= =x con ( ,..., ,.... )0 1 0 . La covarianza Cov x zk i( , ) può ora essere scritta nel seguente modo:

Cov x z E l lk i k i k i( , ) ( )( )= ′ =x a x Ca valendo l'uguaglianza Ca ai i= λi

Cov x z l ak i k i i ik( , ) = =λ λai . Se Var xk k( ) = σ2 , essendo la varianza di zi uguale all'i-esimo autovalore λi , si ha:

ρ λσ λ

λσx z

k i

k i

i ik

k i

ik i

kk i

Cov x zVar x Var z

a a= = =

( , )( ) ( ) 2

Il coefficiente di correlazione ρx zk i descrive quanto la variabile casuale k-esima sia legata

linearmente all'i-esimo fattore. Se la matrice utilizzata è quella di correlazione R tale coefficiente risulta uguale a

ρ λx z ik ik ia= ,

essendo in questo caso le variabili x standardizzate e quindi con varianza unitaria. Inoltre, se i fattori stimati sono fra loro ortogonali, i factor loadings rappresentano anche la correlazione fra i fattori e le variabili; di conseguenza la somma per riga dei quadrati dei

factor loadings risulterà uguale a λσ

i

k2 se la matrice iniziale è C, oppure a λ i se la matrice

originaria è R. Spesso, purtroppo, da una prima analisi i fattori determinati rappresentano significativamente più di una variabile alla volta risultando così di difficile interpretazione. Per risolvere questo problema si può applicare una rotazione dei fattori, per esempio utilizzando il metodo VARIMAX64, che cerca di minimizzare il numero di variabili che

64HARMANN H.H., Modern factor analysis, The University of Chicago Press, Chicago, 1967, 2nd Edition; CHILD D., The essentials of Factor Analysis, Holt, Rineart and Winstone, London, 1970; MORRISON D.F., Metodi di analisi statistica multivariata, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 1976;

91

hanno alti legami con un fattore per ottenere un sistema finale di fattori indipendenti esplicativi di insiemi distinti di variabili. Con questa rotazione la matrice iniziale dei factor loadings cambia mantenendo però costante la comunalità di ogni variabile. Nel paragrafo successivo verranno mostrate applicazioni economiche dell'analisi fattoriale, con la tecnica delle componenti principali, in cui si cercherà di interpretare la matrice dei coefficienti di saturazione per poter dare significato ai fattori estratti. SIMULAZIONI 1) Date due variabili, cui corrisponde la seguente matrice di varianza-covarianza

C =⎡

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

4 22 3

si propone di trovarne le componenti principali Si devono calcolare dapprima gli autovalori di C, trovando i valori che annullano il determinante del sistema

( )( )det det4 22 3

1 00 1

4 22 3

5 2 0⎡

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥−

⎣⎢

⎦⎥

⎧⎨⎪

⎩⎪

⎫⎬⎪

⎭⎪=

−−

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥= = − − =λ λ

λλ λ........

Si hanno soluzioni per λ1 = 5 e λ2 = 2. La prima componente principale sarà quella corrispondente all'autovalore più grande, λ1 = 5. Il corrispondente autovettore si ottiene sostituendo l1 e risolvendo il sistema

4 5 22 3 5

00

11

21

−−

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

⎣⎢

⎦⎥ =

⎣⎢⎤

⎦⎥

aa

cioè − + =

− =

⎧⎨⎪

⎩⎪

a a

a a11 21

11 21

2 0

2 2 0

l'autovettore corrispondente è: a =⎡

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

∈2

1k k R,

Tenendo presente il vincolo ′ =a a1 1 1, si ottiene l'autovettore: a= 2 31 3

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

da cui la prima componente

principale

z a x a x x x1 1 11 1 21 2 1 223

13

= = + = +a x'

La variabilità spiegata dalla prima componente è pari a 5/(5+2) cioè il 71,4% della variabilità totale. Si determina il secondo autovettore in modo analogo:

z a x a x x x2 2 12 1 22 2 1 213

23

= = + = +a x'

Allora si può calcolare x attraverso

xxx

Az1

2

=⎡

⎣⎢

⎦⎥ = =

++

⎣⎢

⎦⎥ =

+

+

⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥

a z a za z a z

z z

z z

11 1 12 2

21 1 22 2

1 2

1 2

23

13

13

23

Se si vuole approssimare x tramite l'utilizzo della sola prima componente principale si ha:

KAISER H.F., Computer Program for varimax rotation in factor analysis, in Journal of Educatiorn and Psycological Measurement, 1959, Vol.19, Pagg 413-420

92

$xaa

z=⎛⎝⎜

⎞⎠⎟11

211

2) Determinare le componenti principali utilizzando la matrice delle varianze e covarianze fra i rendimenti

dei titoli A e C : 196 2 292 29 2 85. .. .

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

det( ) det. .

. .C I− =

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ =λ

λλ

196 2 292 29 2 85

0

( . )( . ) . . . . . . .1 96 2 85 2 29 5 586 1 96 2 85 5 2441 4 81 0 3419 02 2 2− − − = − − + − = − + =λ λ λ λ λ λ λ Gli autovalori sono:

λ =± − ×

=4 81 23 1361 4 0 3419

24 81 4 666

2. . . . .

λ1 4 738= . e λ2 0 072= .

La variabilità spiegata da λ1 è pari a 4 7384 738 0 072

0 985.. .

.+

=

Si determina l'autovettore associato al primo autovalore risolvendo il sistema

196 4 738 2 292 29 2 85 4 738

011

21

. . .. . .−

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ =

aa

soggetto al vincolo di normalizzazione a a112

212 1+ = ovvero il sistema:

− + =− =

+ =

⎨⎪

⎩⎪

2 778 2 29 02 29 1888 0

1

11 21

11 21

112

212

. .. .

a aa a

a a

Dalla prima equazione ricavo la soluzione generale a a a11 21 212 292 778

0 824= =..

. ⇒⎡

⎣⎢

⎦⎥

0 8241

.k ;

imponendo il vincolo di norma unitaria si ottiene l'autovettore corrispondente al primo autovalore

a =⎡

⎣⎢

⎦⎥

0 63580 7716..

La prima componente principale è data: z x x1 1 20 6358 0 7716= +. .

Utilizzando il secondo autovalore si ricava anche la seconda componente z x x2 1 20 7716 0 6361= − +. .

Se si vogliono esprimere le variabili x in funzione di z si avrà: x z zx z z

1 1 2

2 1 2

0 6358 0 77160 7716 0 6361

= −= +

. .. .

Si vuole ora illustrare lo stesso esempio utilizzando però la matrice di correlazione R:

R =⎡

⎣⎢

⎦⎥

1 0 960 96 1

..

Data la funzione caratteristica si ha

det( ) det.

.R I− =

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ =λ

λλ

1 0 960 96 1

0

( )( )1 1 0 96 1 2 0 9216 2 0 0784 02 2 2− − − = + − − = − + =λ λ λ λ λ λ. . . con i seguenti autovalori:

λλλ1 2

1

2

1 1 0 07841

1 0 961960 04,

. ...

=± −

= ± ⇒==

⎧⎨⎩

dove la variabilità spiegata da l1 è pari a 1 961 96 0 04

0 98.. .

.+

=

93

Si determina ora l'autovettore associato a questo primo autovalore risolvendo il seguente sistema 1 196 0 96

0 96 1 196011

21

−−

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ =

. .. .

aa

soggetto al vincolo a a112

212 1+ = , ovvero il sistema:

− + =− =

+ =

⎨⎪

⎩⎪

0 96 0 96 00 96 0 96 0

1

11 21

11 21

112

212

. .. .

a aa a

a a

Dalla prima equazione ricavo la soluzione generale a a11 21= ⇒ a =

⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥

12

12

;

La prima componente principale è data:

z x x1 1 212

12

= +

Utilizzando il secondo autovalore si ricava anche la seconda componente

z x x2 1 212

12

= − +

3) Si ipotizzi di applicare la PCA sulla matrice delle varianze e covarianze dei rendimenti dei tre titoli A, C, E:

C =−−

− −

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

196 2 29 0 282 29 2 85 0570 28 057 114

. . .

. . .. . .

da cui

det. . .

. . .. . .

196 2 29 0 282 29 2 85 0 570 28 0 57 114

0− −

− −− − −

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟=

λλ

λ

si ottengono gli autovalori l1=4.8411, l2=1.058, l3=0.0509 la cui somma è pari a 5.95. La variabilità spiegata dai singoli autovalori è la seguente:

λλ

λλ

λλ

1 2 30 81 0 178 0 008i i i∑ ∑ ∑= = =. ; . ; .

Per le fasi successive si sceglie solo il primo autovalore poiché esprime l'81% della variabilità dei rendimenti. Per il calcolo del corrispondente autovettore si deve risolvere il sistema omogeneo:

196 4 8411 2 29 0 282 29 2 85 4 8411 0 570 28 0 57 114 4 8411

011

21

31

. . . .. . . .. . . .

− −− −

− − −

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟

⎜⎜⎜

⎟⎟⎟=

aaa

con vincolo a a a112

212

312 1+ + = cioè:

− + − =− − =

− − − =

+ + =

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

2 8811 2 29 0 28 02 29 19811 0 57 0

0 28 0 57 3 701 0

1

11 21 31

11 21 31

11 21 31

112

212

312

. . .. . .

. . .

a a aa a a

a a a

a a a

L' autovettore risulta così composto: a11=0.623, a21=0.764, a31=-0.165. La prima componente principale quindi è data da:

z A C E1 0 623 0 764 0165= + −. . .

94

A questo punto, pur avendo determinato una sola componente principale, si può calcolare il vettore dei coefficienti di correlazione fra la componente principale e le variabili iniziali:

ρλ

σAzA

a1

11 1 0 623 4 8411196

0 623 2 214

0 979= = =⋅

=. .

.. .

..

ρλ

σBzB

a1

21 1 0 764 4 84112 85

0 764 2 21688

0 996= = =⋅

=. .

.. .

..

( ) ( )ρ

λσCz

C

a1

31 1 0165 4 8411114

0165 2 21067

0 34= =−

=− ⋅

= −. .

.. ..

.

Si otterrà così il seguente vettore correlazione:

zABC

1

0 9790 996

0 34

.

..−

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

Analizzando tale vettore si vede come la componente principale sia altamente correlata positivamente con i titoli A e B.

95

7.2.2. Alcune esperienze Molti studiosi hanno analizzato i mercati finanziari con la tecnica della componenti

principali. Meric I. e Meric G.65 hanno applicato la tecnica delle componenti principali alla matrice di varianza e covarianza delle serie storiche dei rendimenti mensili, dal 1973 al 1987, degli indici azionari di 17 paesi e delle serie storiche dei rendimenti di 17 settori industriali internazionali.

Data l'estrazione di quattro componenti, nell'analisi di 17 indici di borsa, e l'estrazione

di due componenti, nell'analisi dei rendimenti di 17 settori industriali, si sono calcolate le due matrici delle correlazioni indici-componenti (Tab.9 e Tab. 10).

In grassetto si sono segnati i coefficienti massimi per riga. In Tab. 10 si nota come l'estrazione di due soli fattori spiega che i rendimenti dei settori

industriali sono più correlati tra loro dei rendimenti dei mercati azionari nazionali (Tab.9). Portafogli diversificati per nazione permettono quindi risultati migliori, in termini di rendimento-rischio, di portafogli diversificati per settore industriale.

In Tabella 9 si può notare, analizzando la varianza spiegata cumulata, come i primi

quattro fattori spiegano insieme il 62% della variabilità dei rendimenti delle 17 nazioni. Il primo fattore è altamente correlato con i rendimenti di mercato dell'area del marco e quindi riassume la variabilità degli indicatori di tale area. Il secondo invece riassume la variabilità dei rendimenti dei paesi dell'area del dollaro. Il terzo considera i rendimenti di Spagna, Italia e Giappone. Il quarto riassume la variabilità dei paesi del sud-est asiatico. La Francia ha rendimenti legati con tutti i primi tre fattori. Si possono così utilizzare solo quattro variabili (le quattro componenti) per spiegare la variabilità dei rendimenti di ben 17 nazioni.

Analizzando la Tab.10 é evidente che i settori industriali internazionali sono molto

correlati nei rendimenti; bastano infatti due componenti per spiegare il 67.6% della variabilità totale, inoltre si hanno settori con rendimenti correlati sia con la prima sia con la seconda componente.

Elton e Gruber66 hanno applicato la PCA alla matrice delle correlazioni dei prezzi di 76 società di sette comparti industriali. Essi hanno trovato che la variabilità totale è stata spiegata:

− dalla prima componente per il 36%; − dalle prime tre componenti per il 45%; − dalle prime otto per il 61%; − dalle prime diciassette per il 75%.

65MERIC I. e MERIC G., "Potential Gains from International Portfolio Diversification and Intertemporal Stability and Seasonality in International Market Relationship", Journal of Banking and Finance, 13, 1989. 66ELTON J.E., GRUBER J.M., “Estimating the Dependence Structure of Share Price”, Journal of Finance, Dec., 1973.

96

Anche in Italia si è utilizzato più volte tale tecnica sia nella selezione del portafoglio nel caso in cui le osservazioni siano in numero inferiore rispetto alle possibilità67, sia per l'analisi delle performance dei fondi comuni di diritto italiano68.

Tab. 9: Correlazioni fra i rendimenti dei mercati azionari di 17 paesi e le quattro componenti estratte da Meric I. e Meric G.:"Potential Gains from International Portfolio Diversification and Intertemporal Stability and Seasonality in International Market Relationship", Journal of Banking and Finance, 13, 1989 (in grassetto il coefficiente di correlazione massimo per riga).

COMPONENTI PRINCIPALI Mercati Prima Seconda Terza Quarta azionari I1 I2 I3 I4 Germania 0.837 0.133 0.151 0.154 Austria 0.767 -0.008 0.181 0.063 Svizzera 0.720 0.371 0.167 0.203

Paesi Bassi 0.683 0.457 0.134 0.183 Belgio 0.651 0.373 0.331 0.036 Canada 0.076 0.784 0.173 0.203 U.S.A. 0.186 0.719 -0.026 0.322

Norvegia 0.374 0.658 0.092 -0.003 Gran Bretagna 0.273 0.591 0.307 0.122

Italia 0.160 0.223 0.674 0.034 Spagna 0.188 0.086 0.656 0.001

Giappone 0.386 -0.077 0.610 0.404 Hong Kong 0.195 0.114 0.098 0.796 Singapore 0.108 0.339 0.019 0.716

Svezia 0.392 0.347 0.166 0.225 Francia 0.420 0.458 0.451 -0.043

Australia -0.059 0.493 0.466 0.373 % varianza

spiegata

40.1

9.2

6.4

6.3 % var. spiegata

cumulata

40.1

49.4

55.8

62.0

67ROSSI F.A., "La Selezione del Portafoglio nel caso di Alternative in Numero Maggiore delle Osservazioni e in Presenza di Strutture di Dipendenza Lineare", Il Risparmio, n.3, Marzo 1981. 68ROSSI F.A., ERLACHER E., "Efficienza ed Equilibrio Finanziario dei Fondi Comuni di Diritto Italiano", Atti del XII convegno A:M.A.S.E.S., Palermo, Settembre, 1988.

97

Tab. 10: Correlazioni fra i rendimenti di 17 settori internazionali e le due componenti estratte da Meric I. e Meric G.: "Potential Gains from International Portfolio Diversification and Intertemporal Stability and Seasonality in International Market Relationship", Journal of Banking and Finance, 13, 1989 (in grassetto i coefficienti massimi per riga).

Componenti Principali Settori Prima Seconda

Internazionali I1 I2 Distribuzione 0.852 0.254

Alimentari 0.837 0.366 Sanità 0.832 0.328

Assicurazioni 0.745 0.444 Tessile 0.680 0.505 Energia 0.679 0.115 Edilizia 0.665 0.589 Chimica 0.648 0.604 Legno 0.644 0.487

Acciaio 0.097 0.861 Metalmeccanica 0.454 0.785

Elettronica 0.503 0.705 Aviotrasporti 0.168 0.678 Automobili 0.413 0.610

Banche 0.491 0.584 Metalli non ferrosi 0.381 0.567

Altri 0.445 0.547

% varianza spiegata

60.7

6.9 % varianza spiegata

cumulata

60.7

67.6

98

8

LA SCELTA PREFERITA

8.1 Introduzione Credo che se si chiedesse a un decisore qualsiasi “Avendo due possibilità, l’investimento A con rendimento certo 8 milioni e l’investimento B con rendimento certo 12 milioni, quale sceglieresti a parità di capitale da investire e di orizzonte temporale?” , la risposta, coerente, deve essere “scelgo B, perchè è l’alternativa che garantisce il maggior rendimento e quindi il maggior capitale finale (capitale iniziale + rendimento)”. Il rischio è nullo in entrambi i casi, quindi si parla di decisioni in ambito certo. Il decisore che utilizza il comune buon senso commenta che 12 milioni “è meglio” di 8 milioni e poggiando sull’adagio che più è meglio di meno non va a scomodare l’utilità derivante da tali possibilità: applica direttamente l’utilità della moneta. Ma se dovessimo chiedere allo stesso decisore “Avendo due possibilità, a parità di capitale investito e di orizzonte temporale: l’investimento A con rendimento certo 6 milioni e l’investimento B con rendimento 0 milioni con probabilità 0.5 e 20 milioni con probabilità 0.5, quale seglieresti?”, credo che il decisore in questione avrà: - prima, qualche momento di riflessione; - poi, l’accenno di una risposta che: - nel caso più frequente è “non saprei” o “dovrei vedere” o “le alternative non sono a pari condizioni, quindi non confrontabili” (una dà un rendimento certo, l’altra aleatorio); - talvolta è “scelgo B perchè i 6 milioni di A sono inferiori ai 10 milioni (= 0×0.5 + 20×0.5) di B” e costui potrebbe passare per persona istruita, competente ed in grado di gestire il rischio avendo evidenziato che il valore atteso di B è maggiore del valore certo di A. Taluno potrebbe forse spingersi a classificare tale decisore come propenso al rischio; - tal’altra “scelgo A, perchè mi garantisce 6 milioni certi, non accettando 0 milioni con probabilità 0.5, anche se ho la possibilità di 20 milioni con probabilità 0.5”, e costui passerebbe per persona avversa al rischio. In questo capitolo si studieranno questi problemi. L’approcio alle scelte in condizioni di incertezza sarà attuato utilizzando la metodologia dell’utilità attesa che sarà poi applicata alle scelte di portafoglio per la individuazione del portafoglio ottimo (la scelta migliore). 8.2 La teoria dell’utilità attesa Definiti con

Xa=xa,1,...,xa,n; Xb=xb,1,...,xb,n ; ...... gli insiemi delle possibili realizzazioni di variabili casuali rappresentanti, nell’ordine, gli esiti degli eventi finanziari a,b,..., al fine di ottenere un ordinamento di preferenza nell’insieme X è necessario introdurre una funzione di valutazione

y=g(Xj), j=a,b,... , con y∈ℜ ; g:X→ℜ.

99

Il valore di utilità è, pertanto, un numero reale associato ad una determinata situazione, tale da rappresentarne il grado di desiderabilità69. Ad ogni alternativa, predeterminata e caratterizzata da diversi gradi di convincimento, risulta possibile assegnare un valore di probabilitá70 dato dalle considerazioni coerenti che l'individuo soggettivamente compie. Inoltre, per poter utilizzare tale approccio è necessario che la scelta tra le diverse alternative permetta al decisore di massimizzare la propria funzione di utilitá (o soddisfacimento). Il criterio di scelta, in tal caso, è espresso dalla massimizzazione dell’utilità attesa. Scegliere l'utilitá attesa come criterio per la selezione fra diverse attivitá vuol dire associare ad ognuna di esse, indipendenti fra di loro, una coppia di valori: l'utilitá dell’evento e la probabilità associata all’evento. I problemi decisionali attinenti a conseguenze di carattere monetario richiedono, al fine di una soluzione razionale, la definizione di una funzione, detta funzione di utilità della moneta ed espressa da u(x), con x variabile aleatoria a carattere monetario come la ricchezza, il reddito, il Valore Attuale di flussi netti futuri. Si passa quindi da una teoria dell'utilitá in ambito certo dove71

( ) ( )U x U x x x1 2 1 2≥ ⇔ f

cioè l'utilità della situazione x1 è maggiore o uguale all'utilità della situazione x2 se e solo se x1 è preferito a x2 , alla teoria dell'utilità in ambito probabilistico ove il decisore associa ad ogni possibile ammontare aleatorio il valore dell’utilità che lo stesso decisore ne trae, quindi l'utilità di un insieme di possibilità è data dal valore atteso della funzione di utilità u x( ):

U X u x f x dx( ) ( ) ( )=−∞

∫ con x definito nel continuo

U X u x pi ii

n

( ) ( )==∑

1

con x carattere discreto

X, insieme delle possibilità; f x pi( ) , , rispettivamente la funzione di densità di probabilità e le probabilità assegnate alle varie possibilità (eventi). Generalizzando, la relazione può essere scritta come:

( )[ ]U X E u x( ) = .

69VARIAN H., Microeconomia, Cafoscarina, Venezia, 1987. 70VON NEUMANN J., MORGESTERN O., Theory of Games and Economic Behavior, Princeton University Press, 1944; FAMA E. F. E MILLER M. H., The Theory of Finance, Holt, Rinehart and Winston, New York, 1972, cap. 5; COPELAND T. E. e WESTON J. F., Financial Theory and Corporate Policy, Addison Wesley, Reading Mass., 1988; HUANG C., LITZENBERGER R.H., Foudations for Financial Economics, North-Holland, New York, 1988; INGERSOLL J.E., Theory of Financial Decision Making, Rowman and Littlefield, Savage, 1987; ZIEMBA W.T., VICKSON R.G., Stochastic Optimisation Models in Finance, Academic Press, New York, 1975. 71 In termini formali con il simbolo f si indica la relazione “essere preferito a”, mentre la relazione di indifferenza si indica con ≈.

100

Come in ambito certo, anche per l'utilità attesa esiste un ordinamento delle preferenze (dominanza stocastica di primo ordine) tale per cui:

( )[ ] ( )[ ]E u x E u x x x1 2 1 2> ⇔ f ;

( )[ ] ( )[ ]E u x E u x x x1 2 1 2= ⇔ ≈ . Tale approccio deriva dall'impostazione che Von Neumann-Morgenstern (VN-M) proposero nel 194472 in riferimento a possibili preferenze fra diverse lotterie affermando che: se L è una lotteria con poste x x xn1 2, ,..., associate agli eventi E E En1 2, ,..., con probabilità p p pn1 2, , ..., prefissate dal giocatore, la sua utilità è data dalla media ponderata delle funzioni di utilità delle singole poste con pesi le corrispondenti probabilità:

U L u x pi ii

n

( ) ( )==∑

1

.

VN-M hanno introdotto un insieme di postulati, o assiomi, su come si formano le preferenze, che permettono di creare una funzione di utilità che abbia la proprietà di stabilire non solo l’ordine di preferenza delle azioni, ma anche la misura delle differenze nell’utilità di azioni diverse. I postulati sono73: 1) comparabilità o completezza: un investitore ordina tutti i possibili risultati stabilendo se un risultato x è preferito, indifferente o non preferito ad un risultato y, cioè per ogni coppia x, y vale una ed una sola fra le seguenti alternative: x y x y x yf p, , ;≈ 2) transitività o consistenza: se un investitore preferisce x a y e y a z allora preferisce x a z: x y y z x zf f f, ⇒ ; tale postulato sottolinea quindi che l'attrattiva di un'alternativa è valutata indipendentemente dalle altre alternative; 3) indipendenza o assioma di sostituzione: se un investitore è indifferente fra due alternative x e y, medie dei possibili risultati ponderati con le rispettive probabilità, e se viene data un'alternativa incerta z allora l'investitore risulta indifferente tra le seguenti altre due alternative:

x con probabilità p e z con probabilità 1-p y con probabilità p e z con probabilità 1-p:

[ ] [ ]x y px p z py p z≈ ⇒ + − ≈ + −( ) ( )1 1 . L'elemento fondamentale di questo assioma è che impone alla funzione di utilità una forma lineare nelle probabilità; inoltre, va osservato che la formulazione dell’assioma di indipendenza, come ne suggerisce la denominazione, comporta una distribuzione di probabilità di più alternative tra loro indipendenti. 4) misurabilità: se un investitore preferisce x a y e y a z allora esiste un’unica probabilità p tale che y sia indifferente a x con probabilità p e z con probabilità 1-p:

( ) ( )[ ]x y z p y px p zf f ⇒∃ ∈ ≈ + −! ,0 1 1 5) ordinabilità: se x e y sono preferiti ad a e non preferiti a b e si possono determinare due sitazioni tali per cui x è indifferente ad a con probabilità p1 e b con probabilità (1-p1) e y è

72VON NEUMANN J., MORGESTERN O., 1944, op. cit.; MORICONI F., Matematica Finanziaria, il Mulino, Milano, 1994. 73 L’approccio assiomatico presentato rispecchia la formulazione sviluppata in FAMA E. F. E MILLER M. H., 1972, op. cit.

101

indifferente ad a con probabilità p2 e b con probabilità (1-p2), allora se p1 è maggiore di p2 ne deriva che x è preferito ad y:

( )[ ] ( )[ ]Se e ed inoltre

e

allora se:

a x b a y b

x p a p b y p a p b

p p x yp p x yp p x y

p p p p

f

p

≈ + − ≈ + −

> ⇒= ⇒ ≈< ⇒

1 1 2 2

1 2

1 2

1 2

1 1

A questi assiomi va affiancato il postulato di non sazietà, espresso dal “preferire il più al meno”. In tal caso l’utilità marginale della ricchezza è sempre positiva. Questi postulati permettono la costruzione dell'ipotesi fondamentale di una funzione di utilità crescente e continua su tutto il suo insieme di definizione che rappresenta le scelte razionali dell'operatore. Al fine di ottenere una funzione di utilità, per un determinato soggetto e in relazione ad un insieme di alternative aleatorie, è necessario indagare l’atteggiamento del decisore verso il rischio. Si possono verificare tre atteggiamenti diversi da parte del decisore nei confronti del rischio consistenti con gli assiomi di VN-M (vedi Fig. 32):

a) investitore avverso al rischio (risk averter) dotato di una curva di utilità concava in quanto ad incrementi uguali di capitale corrispondono incrementi di utilità via via decrescenti;

b) investitore indifferente al rischio (risk neutral) denota interesse esclusivo per il rendimento atteso senza considerare il livello di rischio associato all’investimento: la scelta ricadrebbe sull’alternativa con rendimento atteso più elevato;

c) investitore propenso al rischio (risk lover) dotato di una funzione di utilità convessa in quanto l’utilità marginale è in relazione crescente con la ricchezza: il decisore si orienterebbe sull’alternativa con rischio più elevato (anche se non con redditività attesa più alta).

xx

u(x)u(x)

x

u(x)avverso indifferente propenso

(a) (b) (c)

Fig. 32 Esempi di funzioni di utilità di decisiori avversi, neutrali, propensi al rischio.

102

In sintesi, mentre il postulato di non sazietà consente di suffragare la monotonicità della funzione di utilità, l’atteggiamento del soggetto di fronte al rischio (avverso, neutrale o propenso) permette di circoscrivere la famiglia di funzioni di utilità (concava, lineare o convessa), caratterizzata in termini di derivata seconda (rispettivamente negativa, nulla o positiva). Come anticipato, un individuo chiamato a scegliere razionalmente tra più possibilità aleatorie (il caso di alternativa certa può essere assunta ad alternativa aleatoria degenere) deve attuare un confronto non già tra i valori attesi delle grandezze, ma tra i valori attesi delle corrispondenti utilità e, dalla formulazione assiomatica precedente, è possibile definire il certo equivalente. Per ogni alternativa casuale esiste sempre un ammontare certo che produce un'utilità pari all'utilità attesa della somma aleatoria, rendendo per l'investitore indifferente la scelta tra esso, certo, e l'alternativa casuale. Tale ammontare è detto certo equivalente74. Allora, se si considera m il certo equivalente e x l'importo aleatorio si ha:

( )[ ]u m E u x( ) = .

Se la funzione di utilità è continua e strettamente monotona sull'intervallo considerato, essa è invertibile e si può calcolare come

( )[ ] m u E u x= −1

vedi grafico in Fig. 33. Poichè si è detto che l'utilità del certo equivalente vale l'utilità del valore atteso dell'importo aleatorio allora

E[u(x)]= u(m)=u[E(x)] vale se e solo se il soggetto è indifferente al rischio, cioè ha funzione di utilità lineare. Se ciò non accade si può dimostrare che75:

• l'utilità del certo equivalente risulta minore dell’utilità del valore atteso E[u(x)]=u(m)<u[E(x)],

allorquando il decisore sia avverso al rischio, cioè abbia funzione di utilità concava; • l'utilità del certo equivalente risulta maggiore dell’utilità del valore atteso

E[u(x)]=u(m)>u[E(x)],

74 VON NEUMANN J., MORGESTERN O., 1944, op. cit. 75 COPELAND T. E. e WESTON J. F., op. cit.; CACCIAFESTA F., Lezioni di matematica finanziaria classica e moderna, Giappichelli, Torino, 1993.

103

allorquando il decisore sia propenso al rischio, cioè abbia funzione di utilità convessa.

Con questo si vuole confermare il fatto che ogni ammontare aleatorio possiede il suo certo equivalente e che non sempre esso vale il valore atteso della variabile aleatoria.

x1 x2E(X)m

A

u[E(X)]

E[u(X)]

x

u(x)

P1

P2

Posto x l’importo monetarioaleatorio con

X

xx

=⎧⎨⎩

1

2

con probabilità p con probabilità p

1

2

u(x), utilità della moneta

Fig. 33 Determinazione del certo equivalente m per un individuo avverso al rischio di fronte ad una somma incerta con due possibili determinazioni: x1 e x2 con probabilità rispettivamente p1 e p2.

La Figura 33 presenta la curva di utilità di un individuo avverso al rischio il quale si trova in una situazione aleatoria X definita da due possibili determinazioni x1 ed x2 rispettivamente con probabilità p1 e p2. Il valore atteso della variabile aleatoria è indicato con E(X)=p1x1+p2x2 la cui utilità è pari a u[E(X)]. Per determinare l’equivalente certo di questa situazione aleatoria si deve calcolare l’utilità attesa data da E[u(X)]=u(x1)p1+u(x2)p2. In base all’assioma 4), l’utilità dell’equivalente certo deve essere uguale all’utilità attesa della situazione aleatoria, cioè E[u(X)]=u(m). Accettando gli assiomi, esposti in precedenza, è possibile giustificare la determinazione del certo equivalente per mezzo del calcolo della funzione inversa di utilità calcolata nel punto E[u(X)]. Graficamente, proiettando l’utilità attesa sulla funzione di utilità si determina il punto A la cui ascissa è il certo equivalente m. Risulta chiaro che l’utilità del valore atteso è minore (per un soggetto avverso al rischio) dell’utilità attesa dell’importo aleatorio e quindi il certo equivalente è minore del valore atteso. Soltanto se il soggetto è indifferente al rischio e quindi la sua funzione di utilità è data dalla retta passante per i punti P1 e P2, il certo equivalente è pari al valore atteso della situazione aleatoria: l’utilità attesa è pari all’utilità del valore atteso. Per mezzo dell’analisi sopra esposta il decisore è in grado di scegliere razionalmente tra più alternative aleatorie confrontando i relativi equivalenti certi.

104

Ritornando alla Fig. 33, se il soggetto avesse a disposizione un ammontare certo k > m (oppure una seconda situazione aleatoria con equivalente certo k > m ) egli coerentemente sceglierebbe la situazione certa k (o la situazione aleatoria ad esso collegata) in quanto gli procurerebbe una utilità maggiore. Un’interessante osservazione è data dalla differenza tra il valore atteso e il certo equivalente

( )π = −E x m che viene definita premio per il rischio. Un premio positivo, π>0 (si pensi al premio di assicurazione), può essere interpretato come l’importo massimo che un soggetto avverso al rischio è disposto a pagare per sottrarsi alla situazione aleatoria. Al contrario, un premio negativo, π<0 (si pensi al giocatore d’azzardo, colui che parcheggia oggia in sosta vietata di fronte a un parcheggio a pagamento, colui che investe, per 12 mesi, in un titolo azionario con rendimento atteso inferiore a quello dei B.O.T. a 12 mesi), indica il costo massimo che un soggetto propenso al rischio è disposto a pagare per partecipare alla situazione aleatoria. Infine, un soggetto indifferente al rischio è identificato dal fatto di non essere disposto a pagare alcunchè sia per partecipare sia per astenersi dalla situazione aleatoria, situazione che vale π=0=premio=penalità al rischio. Per quantificare l’atteggiamento del decisore di fronte al rischio è stato proposto il seguente

rapporto: r x u xu x

( ) ( )( )

= − ′′′

, il cui segno dipende dal numeratore, definito misura assoluta di

avversione al rischio di Arrow-Pratt (in forma locale)76. Questo rapporto risulta costantemente nullo se e solo se u x( ) è una funzione lineare a cui corrisponde ovviamente indifferenza al rischio; se la funzione è concava (avversione al rischio) il rapporto risulta positivo (in quanto la derivata seconda di tale funzione è negativa); la propensione al rischio caratterizza, al contrario, una misura di segno negativo. Questa misura risulta, pertanto, strettamente dipendente dalla concavità della funzione ed è corretta su tutto l’insieme di definizione della funzione di utilità77. L’attributo “locale” vuol significare che r(x) misura la concavità relativa della funzione di utilità solo in un intorno di x, sufficientemente piccolo. E’ stato proposto anche il coefficiente relativo di avversione al rischio, x⋅r(x).

76 ARROW K.J., Aspects of the Theory of Risk Bearing, Helsinki, 1971; PRATT J.W., Risk aversion in the Small and in the Large, Econometrica, Gen-Apr, 1964. Tale misura è stata proposta anche da DE FINETTI B., Sulla preferibilità, Giornale degli Economisti e Annali di Economia, 1952. 77 Ci limitiamo solamente ad accennare al fatto che la derivata seconda della funzione di utilità non risulta un indicatore corretto dell’avversione al rischio del decisore in quanto non è invariante per una trasformazione lineare di u(x). Questo impasse viene superato adottando la formulazione di Arrow-Pratt. Per maggiori specificazioni al riguardo si vedano, tra gli altri, MORICONI F., op. cit., pag. 252; ELTON E. J. GRUBER M. J., Modern Portfolio Theory and Investment Analysis, Wiley & Sons, New York, 1995, pagg. 226-228.

105

Al fine di una migliore interpretazione di questa quantità, assunta a misura dell’atteggiamento del decisore di fronte al rischio, risulta interessante e necessaria una semplice osservazione: considerati due decisori, caratterizzati dalle proprie funzioni di utilità u1 e u2, si calcolano m1 e m2, rispettivamente, gli equivalenti certi ad una stessa situazione aleatoria X. Se:

r x u xu x

u xu x

r x x D11

1

2

22( ) ( )

( )( )( )

( )= −′′′

> −′′′

= ∀ ∈ allora m m1 2<

ossia un decisore più avverso al rischio di un altro valuterà la medesima situazione aleatoria attribuendole un equivalente certo minore, o allo stesso modo sarà disposto a sostenere un maggiore premio per il rischio. Si riportano in Tabella 11 le funzioni di utilità più diffuse in letteratura, il dominio dei parametri e della variabile, il coefficiente assoluto e relativo di avversione al rischio.

Funzioni di utilità

Dominio dei parametri e della

variabile

Coefficiente assoluto di avversione al

rischio

Coefficiente relativo di avversione al

rischio

Lineare ( )u x ax= a > 0 zero zero

Quadratica ( )u x a x a x= −1 2

2 x aa

< 1

22 ; a2 >0 2

22

1 2

aa a x−

2

22

1 2

a xa a x−

Esponenziale ( )u x e a x= − −1

1

a > 0 1a

xa

Potenza

( )u xxa

a

= x > 0 a > 0

1− ax

1− a

Logaritmica ( ) ( )u x a x d= +log

xad

>>>

000

1

x d+

xx d+

Tab. 11: Alcune funzioni di utilità

Scelta una funzione di utilità, qualsiasi trasformazione lineare crescente di questa la modifica, ma non muta il sistema di preferenze lì sintetizzato. Quindi, ad esempio, invece di considerare la funzione di utilità quadratica u(x)=a1x-a2x2 si può considerare u(x+k)=b0+b1x-b2x2, trasformazione lineare della prima, ma il sistema di preferenze non cambia. E’ interessante notare come le funzioni di utilità in Tab. 9 (ad esclusione della funzione lineare) sono di tipo HARA (Hyperbolic Absolute Risk Aversion)78 in quanto hanno un r(x) di tipo iperbolico:

( )r xa a x

=+1

1 2

78 MORICONI F., op. cit.

106

con i parametri a1 ed a2 costanti tali da garantire un r(x) sempre positivo. Uno tra i possibili metodi utilizzati per costruire la curva di utilità consiste nel determinare per più situazioni aleatorie, della forma x1, p1 = 0.5; x2, p2 = 0.5 i corrispondenti certi equivalenti. Questo metodo, definito Equally Likely Certainty Equivalent (ELCE)79, consente di approntare la costruzione della curva di utilità per un decisore senza incorrere nei paradossi e nelle difficoltà evidenziate da altre tecniche80. 8.3 Valutazione della funzione di utilità Al fine di determinare la funzione di utilità del Rossi lo si sottopone ad una serie di domande. In primo luogo si chiede a Rossi per quale importo certo è disposto a scambiare un gioco (scommessa, lotteria, investimento, business) che gli procura un guadagno di 0 milioni con probabilità 0.5 e 20 milioni con probabilità 0.5. La risposta “6 milioni”, fornita da Rossi, rappresenta la situazione per cui gli è indifferente avere un guadagno certo di 6 milioni oppure 0 milioni con probabiltà 0.5 e 20 milioni con probabilità 0.5. Per costruire la funzione di utilità si fissano, arbitrariamente, a priori le utilità corrispondenti al valore minimo e massimo delle somme aleatorie (0 e 20 milioni). Il Rossi afferma di dare utilità zero al guadagno zero e utilità 100 al guadagno 20. Allora, possiamo scrivere

x 0 20 ug(x) 0 100

e calcolare l’utilità attesa della situazione aleatoria

( )[ ] ( ) ( )E u x u ug g g= + = + =12

012

2012

012

100 50 Poichè l’utilità derivante dalla situazione aleatoria deve essere uguale all’utilità associata alla situazione certa si ha

( ) ( )[ ]uutilità

E u xutilità

g g6 50 dei sei

milioni certi attesa della

situazione aleatoria

= =

In tal caso, sul piano [x, ug(x)], si sono già individuati, con le valutazioni di cui sopra, 3 punti della funzione di utilità del Rossi in relazione alle quantità monetarie:

x 0 6 20 ug(x) 0 50 100

Si ripete ora la medesima procedura sottoponendo il Rossi alla determinazione del valore equivalente alle due lotterie ottenute suddividendo la lotteria iniziale in:

• 0 milioni con probabilità 0.5 e 6 milioni con probabiltà 0.5 • 6 milioni con probabilità 0.5 e 20 milioni con probabiltà 0.5

Il Rossi risponde, rispettivamente, i valori certi equivalenti 2 milioni e 11 milioni, da cui si ricavano le utilità attese nel modo precedentemente descritto

79 ANDERSON J., DILLON J., HARDAKER B., Agricultural Decision Analysis, Iowa State University Press, Ames, Iowa, 1977. 80 Vedi (tra gli altri) QUIGGIN J., Generalized Expected Utility Theory-The Rank Dependent Model, Kluwer Academic Publishers, Boston, 1993.

107

( )[ ] ( ) ( ) ( )

( )[ ] ( ) ( ) ( )

E u x u u u

E u x u u u

g g g g

g g g g

= + = + = =

= + = + = =

12

012

612

012

50 25 2

12

612

2012

5012

100 75 11

Procedendo ulteriormente, come sopra, sul Rossi, si ottiene: x1 p(x1) ug(x1) x2 p(x2) ug(x2) mu ug(mu)=

E[ug(x)] 0 0.5 0 20 0.5 100 6 50 0 0.5 0 6 0.5 50 2 25 6 0.5 50 20 0.5 100 11 75 0 0.5 0 2 0.5 25 1 12.5 2 0.5 25 6 0.5 50 5 37.5 6 0.5 50 11 0.5 75 8 62.5 11 0.5 75 20 0.5 100 15 87.5 L’insieme dei punti osservati nel piano [x, ug(x)] è dato da

x 0 1 2 5 6 8 11 15 20 ug(x) 0 12.5 25 37.5 50 62.5 75 87.5 100

Adottando una funzione di utilità quadratica del tipo ( )u x a a x a x= + +0 1 2

2 si devono ora calcolare valori dei parametri della stessa. Applicando le regole d’interpolazione secondo il principio dei minimi quadrati ordinari e volendo far passare la funzione per i punti (0,0) e (20,100) si ha un problema di ottimizzazione quadratica vincolata:

( ) ( )[ ]

( )

( )

min, ,a a a u x a a x a x

u

u

g i i ii

g

g

0 1 20 1 2

22

0 0

20 100

c.v.

− + +

=

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

risolto il quale, con la Lagrangiana, si ottengono i parametri della quadratica, funzione di utilità del guadagno del Rossi

( )u x x xg = − +0 21492 9 298362. . per il business in esame.

108

0

20

40

60

80

100

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

x

ug(x)

Fig. 34: Funzione di utilità del decisore Rossi, al quale, circa un certo business basato sui rendimenti, sono state prospettate diverse situazioni aleatorie per le quali egli ha fornito i rispetttivi certi equivalenti. La funzione di utilità quadratica del tipo ug(x)=a1x+a2x2 è stata ottenuta per mezzo di interpolazione statistica vincolata a passare per i punti (0,0) e (20,100).

E’ interessante evidenziare che il sistema di preferenze del Rossi, espresso dalla funzione soggettiva di utilità, non muta allorquando si attua sulla funzione in oggetto una trasformazione lineare crescente. In termini economici ciò vale a sostenere che risulta indifferente stimare la funzione di utilità del decisore Rossi in termini di guadagno o di dotazione di capitale. Nel procedere alla stima della funzione di utilità in termini di capitale disponibile è sufficiente impostare la scelta, per la determinazione del certo equivalente, tra l’ottenere un capitale di 170 milioni (dotazione iniziale di capitale del Rossi) con probabilità 0.5 e di 190 milioni con probabilità 0.5. Si procede poi come descritto in precedenza. Assegnati arbitrariamente i valori di utilità 10 e 20 corrispondenti a 170 e a 190, si ottiene la seguente serie di osservazioni

x 170 171 172 175 176 178 181 185 190 uc(x) 10 11.25 12.5 13.75 15 16.25 17.5 18.75 20

dalla quale si stima la seguente funzione di utilità del Rossi, valutata ora sul capitale, utilizzando:

( ) ( )[ ]

( )( )

min, ,b b b

u x b b x b x

uu

c i i ii

c

c

0 1 20 1 2

22

170 10190 20

c.v.

− + +

=

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

che fornisce la

( )u x x xc = − + −0 02149 8 23704 7691852. . .

109

1 01 1

1 21 31 41 5

1 61 71 8

1 92 0

170

172

174

176

178

180

182

184

186

188

190

x

u c(x)

Fig. 35: Funzione di utilità del decisore Rossi, al quale, circa un certo business basato sulla dotazione di capitale, sono state prospettate diverse situazioni aleatorie per le quali egli ha fornito i rispetttivi certi equivalenti. La funzione di utilità quadratica del tipo uc(x)=b0+b1x+b2x2 è stata ottenuta per mezzo di interpolazione statistica vincolata a passare per i punti (170,10) e (190,20).

Definite le funzioni di utilità del Rossi, sia in termini di guadagno sia in termini di capitale, possiamo ora procedere a determinare i parametri a e b della funzione di trasformazione lineare del tipo ( ) ( )u x k au x bc g+ = + (ove uc(x) e ug(x) sono rispettivamente le funzioni precedentemente stimate di utilità in termini di capitale e di guadagno).

I parametri risultano rispettivamente: a b k= = =1

1010 170; ; da cui

uc(x+170)=1/10 ug(x) + 10 ; ∀x∈D, D = 0 ≤ x ≤ 20

Ribadiamo che il sistema di preferenze del Rossi non viene alterato dalla definizione della curva di utilità in termini di guadagno o di capitale. Ne deriva che la trasformazione lineare della funzione risulta valida se definita sull’appropriato dominio, cioè D xg = ≤ ≤0 20 o

D xc = ≤ ≤170 190 , il che spiega la scrittura 1/10 ug(x) + 10 quale trasformazione lineare della ug. Valutiamo ora l’avversione al rischio del Rossi, quale misura sintetica del suo comportamento di fronte al business aleatorio in discussione:

( )( )( )

( )( )

r xu xu x

x

x D D x

c = −′′′

= −⋅ −

⋅ − +>

∀ ∈ = ≤ ≤

2 0 021492 0 02149 8 23704

0

170 190

.. .

,

Osserviamo che rc(x) risulta maggiore di zero su tutto l’intervallo di definizione della funzione di utilità; a significare che il Rossi è avverso al rischio con un grado di avversione crescente al crescere del capitale (vedi Fig. 36). Alcuni studiosi ed operatori non condividono l’utilizzo della funzione quadratica quale funzione di utilità, in quanto un indice di avversione al rischio che cresce all’aumentare del

110

capitale (ricchezza) disponibile sembra non corrispondere al comportamento effettivo di molti di noi. Per questo sono state proposte diverse famiglie di funzioni di utilità come quelle esposte in Tab. 11 alcune delle quali hanno caratteristiche apprezzate come l’indice assoluto di avversione al rischio costante o decrescente.

00,10,20,30,40,50,60,7

170

172

174

176

178

180

182

184

186

188

190

x

r(x)

Fig. 36: Funzione di avversione al rischio del decisore al variare del capitale

Anche la funzione di avversione al rischio nella formulazione proposta da Arrow-Pratt risulta invariante per trasformazioni lineari della funzione di utilità, quindi l’atteggiamento del decisore di fronte al rischio risulta unicamente determinato sia in relazione a situazioni rischiose in termini di capitale che in termini di guadagno. 8.4 Individuazione del portafoglio a rendimento aleatorio preferito E' utile specificare i casi in cui l'utilità attesa non smentisce il principio E-V. Ciò accade se81:

1) per qualsiasi funzione di utilità u x( ), la variabile aleatoria x è Normalmente distribuita con media µ e varianza σ2: ( )x N→ µ σ, 2 ; nella selezione del portafoglio, utilizzando la

simbologia adottata in precedenza: R N R→⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

_,σ 2

2) per qualsiasi distribuzione dell’importo aleatorio x, u x( ) è una funzione di utilità quadratica.

Nel primo caso si dimostra come l'utilità attesa sia funzione della media e della varianza, poichè per calcolare il valore atteso dell'utilità si deve risolvere il seguente integrale:

[ ]E u x u x f x dx( ) ( ) ( )=−∞

∫ .

Da questa relazione si capisce come essa sia funzione della media (per noi valore atteso) degli importi aleatori e della varianza degli stessi.

81 COPELAND T. E. e WESTON J. F., 1988, op. cit.; ELTON E. J. E GRUBER M. J., 1995, op. cit.; CASTAGNOLI E., PECCATI L., 1991, op. cit..

111

Per dimostrare che anche nel secondo caso l'utilità attesa è funzione della media e della varianza si utilizza la funzione quadratica u x a x a x( ) = −1 2

2 con a2 parametro positivo e quindi si attuano i seguenti passaggi:

( )[ ] [ ] ( ) ( ) ( ) ( )[ ]( ) ( )( )E u x E a x a x a E x a E x a E x a E x f E x= − = − = − + =1 22

1 22

1 22 2 2σ σ,

che con la legenda della selezione del portafoglio diventa: ( )[ ] [ ] ( ) ( )

( ) ( )[ ]( ) ( )( )E u R E a R a R a E R a E R

a E R a E R f E R

= − = − =

= − + =

1 22

1 22

1 22 2 2σ σ,

Nella selezione di portafoglio secondo il metodo E-V si deve, per individuare il portafoglio ottimo, o adottare come ipotesi di base una funzione di utilità quadratica o ipotizzare una distribuzione Gaussiana dei rendimenti futuri. Ritornando all'analisi di portafoglio tramite l'utilizzo delle frontiere efficienti, si può considerare l'utilità attesa funzione del rendimento atteso e del rischio di portafoglio e massimizzarla per individuare il portafoglio ottimo. Ciò può avvenire riportando i valori della funzione dell'utilità, funzione di E e V, associando ad ognuno di essi una curva di indifferenza quadratica in E-V (nel caso, circonferenza con centro sull'asse dei rendimenti). 8.4.1 Critero di scelta: la funzione di utilità e le curve di indifferenza in E-V La funzione di utilità che si associa a curve di indifferenza descritte da circonferenze nel piano E-V deve risultare quadratica e concava a rappresentare l'avversione al rischio del decisore:

U x a a x a x( ) = + +0 1 22 ; a a1 ≥ <0 e 02

e dove il capitale x è costituito da due variabili: la ricchezza non nulla W a disposizione, che è nota, ed il profitto π = ∆W , cioè l'incremento di ricchezza, che è una variabile aleatoria. Si ha quindi che ( )U x U W( ) = + π , con W > 0, inoltre moltiplicando e dividendo π per W la funzione di utilità risulta

U x U W WW

( ) = +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

π

e, se si considera la nuova variabile RW

=π intesa come profitto percentuale, ossia tasso di

rendimento, la relazione diventa: ( )U x U W WR( ) = +

La funzione di utilità assunta per l'investitore dipende pertanto da una sola variabile casuale R , tasso di rendimento, tale per cui si ha:

U R R R( ) = + +α β γ 2 con R appartenente all'insieme [ ]R R1 , * con: - R1, rendimento minimo;

- R* = −βγ2

.

112

Se si considerano la variabile aleatoria rendimento e l'importo certo ricchezza, la funzione di utilità diventa:

( ) ( ) ( )U x U W WR a a W WR a W WR

a a W a WR a W a W R a W Ra a W a W a W a W R a W R

R R

( )

( )

= + = + + + + =

= + + + + + =

= + + + + + =

= + +

0 1 22

0 1 1 22

22

22 2

0 1 22

1 22

22 2

2

22

α β γ

con: α

β

γ

= + +

= +

=

⎨⎪

⎩⎪

a a W a Wa W a Wa W

0 1 22

12

22

2 2

dove W è la ricchezza nota. Poichè si è supposto W a a> ≥ <0, 0, 021 , allora γ < 0 ; mentre

β β≥ ≥ + ≥ ≤ −0 se + 2 0, cioè se 2 0, ovvero 22 1 2W a W a a W W a a2 1

2 .

Quest'ultima è anche la condizione per cui il vertice della funzione di utilità sia non negativo, dato che:

− = −+

= − − ≥ − ≥ ≤ −βγ2

22 2

1 0, se 2

1 cioè 2

2

2 2 2 2

a W a Wa W

aa W

aa W

W aa

12

21 1 1

dove, come precedentemente mostrato, R aa W

* = − = − −βγ2 2

12

1 .

Il valore atteso dell'utilità associata ad un portafoglio di attività a rendimento aleatorio è quindi il valore atteso dell'utilità associata al suo rendimento. Se il rendimento è una variabile casuale continua appartenente all'insieme reale, con funzione di densità di probabilità f R( ), allora il valore atteso dell'utilità associata ad un portafoglio p equivale a:

[ ] [ ]E u R u R f R dR R R f R dR

Rf R dR R f R dR R R

p p p p

p p p p

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )

= = + + =

= + + = + +

−∞

+∞

−∞

+∞

−∞

+∞

−∞

+∞

∫ ∫

∫ ∫

α β γ

α β γ α β γ

2

2 2

Grazie alla relazione della varianza determinata dalla differenza del valore atteso del quadrato della variabile meno il quadrato del valore atteso, si ottiene:

( ) ( )E R E Rp p p2 2 2= +σ , con ( ) ( )E R R E R Rp p p P

2 2 2 2= =, ( ) trasformando così la determinazione dell'utilità attesa in:

[ ]E u R R Rp p p p( ) ( )= + + +α β γ γσ2 2 .

Dividendo per γ e aggiungendo successivamente βγ

2

24 si ottiene

113

[ ]

[ ]

[ ]

( )( )

( )( )

( )

R RE u R

R RE u R

RE u R

p p pp

p p pp

p pp

2 2

2 22

2

2

2

22

2

2

+ + =−

+ + + =−

+

+⎡

⎣⎢

⎦⎥ + =

−+

βγ

σα

γ

βγ

σβγ

α

γβγ

βγ

σα

γβγ

4 4

2 4

Tale relazione rappresenta una generica circonferenza sul piano [ ]Rp p,σ con

centro in −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

βγ2

,0 , raggio rE u

cp=−

+⎡

⎣⎢⎤

⎦⎥( ) αγ

βγ

2

2

12

4.

Questa circonferenza descrive la generica curva di indifferenza associata all'utilità attesa, da massimizzare, con il vincolo che il portafoglio appartenga alla frontiera efficiente

[ ]σP P Pa a R a R= + +0 1 22 1 2

( )/

.

Se la variabile casuale R assume valore R R= = −* βγ2

allora l'utilità attesa risulta

E up( ) = − + + ⋅ = −−

= −αβγ

γβγ

γ αβ β

γα

βγ

2 2

2

2 2 2

2 40 2

4 4

e quindi

rc =− −

+

⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥

= − +⎡

⎣⎢

⎦⎥ =

αβγ

α

γβγ

βγ

βγ

2

2

2

12

2

2

2

2

124

4 4 40

cioè qualora il rendimento, quindi l'utilità, fosse massimo, il raggio della circonferenza, con centro sull’asse dei rendimenti, è nullo, quindi si ha una circonferenza degenere e la scelta ottima massimizza l’utilità del decisore. Questo avviene solo se la frontiera efficiente tange l'asse dei rendimenti nel centro. Determinata l'utilità attesa da massimizzare e la sua rispettiva curva di indifferenza si valutano i parametri della funzione di utilità sopra spiegati. Il decisore analizza e discute le informazioni ( )Rp p p, ,σ σ′ dei punti-portafogli sulla frontiera efficiente e con queste informazioni per ogni portafoglio rischioso efficiente può calcolare:. - le coordinate del centro, ( )Rct ,0 , della circonferenza tangente la frontiera efficiente, quindi il tasso di rendimento certo corrispondente alla sua massima utilità; - il raggio della stessa rc . calcolato come distanza euclidea tra ( )Rct ,0 e ( )Rp p,σ ,

- il rendimento certo indifferente, ( )Rfq ,0 , a quello del portafoglio rischioso tangente e ottimo

selezionato sulla frontiera ( )Rp p,σ .

114

Allora, data l'equazione della circonferenza generale ( ) ( )x a y a c r− − − = =2 2 2 si ha :

( ) ( )R R R Rp ct p ct fq− + = −2

22

σ . Dimostrato che la circonferenza è utilizzabile per sintetizzare l’indifferenza secondo una funzione di utilità quadratica si propone, operando su portafogli efficienti secondo il criterio media-varianza, di utilizzare le informazioni contenute nella frontiera efficiente per valutare i parametri della curva di indifferenza e della funzione di utilità del decisore che scegliesse uno di questi punti-portafoglio82. Con questa analisi si possono inoltre valutare l'avversione al rischio e il grado di soddisfazione del decisore. 8.4.2 Utilizzo dell’arco di circonferenza tangente alla frontiera efficiente E-V come curva di indifferenza In E-V l'insieme degli infiniti portafogli efficienti è definito dall'equazione ( )σP Pf R= di cui al paragrafo 3.3. Essa può essere riscritta come

[ ]σP P Pb b R b R= + +0 1 22 1 2

( )/

con derivata prima

[ ]′ = =

+

+ +σ

σP

P

P

P

P P

ddR

b b Rb b R b R

1 2

0 1 22 1 2

22 ( )

/

che rappresenta la pendenza della tangente alla frontiera efficiente in uno qualsiasi dei punti del dominio ed il cui reciproco rappresenta il premio di rischio della frontiera efficiente in quel punto. Individuato dal decisore un punto-portafoglio sulla frontiera, per tale punto-portafoglio rischioso sono noti: - il rendimento atteso; - lo s.q.m. (e quindi il rendimento per unità di rischio); - la derivata prima ′σ P ; Per determinare la curva di indifferenza che massimizza l'utilità attesa dall'investitore si determina prima la retta perpendicolare alla tangente nel punto portafoglio scelto. Il punto in cui questa retta interseca l'asse dei rendimenti è il centro della circonferenza che tange la frontiera efficiente nel punto portafoglio scelto. E l’arco di Nord-Ovest della circonferenza, fino al punto di tangenza, è la curva di indifferenza che massimizza l'utilità attesa dell'investitore. Si determinano innanzitutto i parametri della retta perpendicolare alla tangente nel punto portafoglio scelto ( , )RP Pσ . La retta ha equazione generica

σ = +q mR

82ROSSI F.A.,"Valutazione dell'Avversione al Rischio del Decisore dall'Analisi dell'Insieme delle Alternative Non Dominate" Atti del XII convegno A.M.A.S.E.S, Palermo, Settembre 1988; ROSSI F.A. GIACOMELLO B., "Valutazione della Funzione di Utilità Quadratica dall'Analisi delle Scelte E-V Efficienti" Atti del XVI convegno A.M.A.S.E.S, Trieste, Settembre 1992.

115

Il coefficiente angolare sarà allora mP

= −′

e con esso si determina q

σ

σp p

p p

mR q

q mR

= +

= −

La retta avrà allora equazione σ σ= + −mR mRp p .

Essa interseca l'asse dei rendimenti in RmR

mqm

p p=− +

= −σ

Il centro della circonferenza tangente alla frontiera efficiente nel punto-portafoglio cui il decisore è interessato, Rct , è individuato dalle coordinate

R qmct = −⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

,0

La circonferenza con centro come sopra e tangente il punto-portafoglio interessato seca l'asse dei rendimenti nel punto:

R qm

rfq c= − −

rc è il raggio della curva di indifferenza e viene determinato attraverso la formula per calcolare la distanza tra due punti: nel nostro caso il centro ed il punto portofoglio selezionato

r R qmc P P= +⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

+⎡

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

22

1 2

σ/

Rfq è il rendimento a rischio zero indifferente a quello del portafoglio rischioso individuato dal decisore sulla frontiera. In presenza di un titolo a rendimento certo R f ed n-1 titoli a rendimento aleatorio la frontiera

efficiente é descritta dalla semiretta uscente da ( )Rf ,0 e tangente alla frontiera efficiente nel caso di soli titoli rischiosi con coefficiente angolare ′σP . Allora si può operare come sopra.

Fig. 37, 38: Frontiere efficienti e curve di indifferenza in assenza e in presenza del rendimento del titolo privo di rischio.

116

SIMULAZIONI Si consideri la frontiera efficiente e i parametri della curva di indifferenza utilizzando i cinque titoli aleatori e il titolo privo di rischio già utilizzati nei capitoli precendenti. La frontiera sia definita da:

( )σ = − +12 2932 16876 0 0606 2 1 2. . .

/R R

e il decisore sia interessato al punto-portafoglio (19, 1.4510) sulla frontiera efficiente con rendimento atteso 19, e rischio σ =1.4510. Per tale punto-portafoglio efficiente si ha: - ′ =σ P 0 2120.

- Rct = (19.3076, 0) - Rfq = (17.8244, 0) Quindi il decisore che scegliesse il portafoglio efficiente rischioso (19, 1.4510) deve considerare l'alternativa a rendimento certo 17.8244 come indifferente. Inoltre, si verifica che la massimizzazione della sua funzione di utilità si avrebbe con alternativa a rendimento certo 19.3076 che, nel caso in esame, non é disponibile, vedi Fig. 39. Siano dati i cinque titoli a rendimento aleatorio A,B,C,D,E, e un'alternativa a rendimento certo Rf = 8 . La

frontiera efficiente valutata con i titoli a rendimento aleatorio è così determinata:

( )σ = − +12 2932 16876 0 0606 2 1 2. . .

/R R

La retta uscente dal punto (8, 0) tange la curva-frontiera efficiente nel punto-portafoglio di coordinate (15.43, 0.82). La semiretta uscente da (8, 0) e tangente in (15.43, 0.82) ha equazione

( )σ = −0 1111 0 8888. .R ed è la nuova frontiera efficiente nel tratto considerato. Si supponga un investitore interessato ad un portafoglio con rendimento aleatorio pari a 15. In questo caso si avrà (Fig.40): - Rct = (15.0872, 0) - Rfq =(14.3039, 0)

117

Fig. 39: Data la funzione ( )σ = − +12 2932 16876 0 0606 2 1 2

. . ./

R R , e individuato su di

essa il portafoglio efficiente con rendimento atteso 19 e rischio 1.4510 si valuta in 17.8244 il rendimento certo indifferente associato e in 19.3076 quello che massimizzerebbe l'utilità del decisore

Fig. 40: Data la funzione ( )σ = −0 1111 0 8888. .R , e individuato su di essa il portafoglio

efficiente con rendimento atteso 15 e rischio 0.82 si valuta in 14.3039 il rendimento certo indifferente associato e in 15.0872 quello che massimizzerebbe l'utilità del decisore.

118

9

MODELLI DI EQUILIBRIO

9.1. Equilibrio di mercato Si definisce mercato di capitali in equilibrio quel mercato in cui la domanda e l'offerta totali di ciascun titolo sono uguali; in esso si creano prezzi di equilibrio che permettano a ciascun investitore di soddisfare le proprie esigenze83. Per descrivere le ipotesi di un mercato finanziario in equilibrio si devono considerare tre concetti base che successivamente verranno strutturati come ipotesi per i singoli modelli. Principalmente si devono specificare le regole che i partecipanti al mercato devono rispettare nelle decisioni di investimento, quindi strutturare il processo per attuare tali scelte ed infine creare una procedura che renda compatibili le scelte di tutti i partecipanti.

9.2. Il Capital Asset Pricing Model (C.A.P.M.) Il CAPM é un modello di equilibrio del mercato dei capitali, sviluppato indipendentemente da Sharpe, Lintner e Mossin84 e che ha come proposta finale: - la misura di rischio per qualunque tipo di investimento; - la relazione tra rendimento atteso e rischio di ogni attività quando il mercato é in equilibrio. Questi risultati sono ottenuti introducendo alcune ipotesi comportamentali ed aggregando i risultati validi per ciascun investitore. 9.2.1. Le ipotesi del C.A.P.M. Per poter formalizzare un modello di equilibrio del mercato é necessario introdurre delle ipotesi semplificatrici sul funzionamento del mercato e sul comportamento degli investitori85: 1) assenza di costi di transazione, altrimenti il rendimento atteso di un titolo sarebbe legato al fatto di essere o meno posseduto dall'investitore prima del periodo di decisione, questo infatti impedirebbe il verificarsi dell'ipotesi n.9; 2) infinita divisibilità delle attività, necessaria per rendere irrilevante nella scelta la dimensione della ricchezza disponibile; 3) assenza di imposte sui redditi, necessaria per rendere irrilevante la forma nella quale il rendimento del titolo si materializza, sia esso dividendo o capital gain; 4) concorrenza perfetta nel mercato dei capitali, per poter supporre che tutti abbiano le stesse informazioni, il mercato non sia protetto da barriere all'entrata e all'uscita e che nessuno riesca individualmente ad influenzare il prezzo del titolo; 5) possibilità di vendite illimitate allo scoperto (ovvero possibilità di indebitarsi), necessaria per non dover porre alcun vincolo sul valore che possono assumere le xi;

83 GARBADE K., 1989,.op. cit. 84 LINTNER J., 1965, op. cit., "The Aggregation of Investors Diverse Judgments and Preferences in Purely Competitive Security Markets", Journal of Financial and Quantitative Analysis, Dicembre, 1969, "The Market Price of Risk, Size of Market and Investor's Risk Aversion", Review of Economics and Statistics, 1970; MOSSIN J., 1966, op. cit.; SHARPE W.F., 1964, op.cit. 85ELTON E.J. GRUBER M.J., 1995, op. cit.

119

6) illimitata possibilità di investimento o indebitamento allo stesso tasso di rendimento o costo certo Rf con Var(Rf)=0; 7) vendita e acquisto liberi di qualsiasi bene sul mercato; 8) decisione degli operatori, per il medesimo ed unico periodo di tempo, solo in base al rendimento atteso e allo scarto quadratico medio dei rendimenti dei loro portafogli; 9) aspettative omogenee degli operatori sui valori di input ( )( )E Ri i ij, ,σ ρ , necessari a formulare e a risolvere il problema di selezione del portafoglio. Con le precedenti ipotesi il problema di programmazione quadratica può essere risolto in modo tale da arrivare alla definizione della Security Market Line86. 9. 2. La Security Market Line (S.M.L.) Il problema decisionale che tutti gli operatori, in base all'ipotesi 8), devono affrontare é il seguente:

min . .x Z R V x R x x

x

p p i ii

N

ij

N

j iji

N

ii

N

= − + = − +

=

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

= ==

=

∑ ∑∑

µ µ σ05 05

1

1 11

1con , vincolo di bilancio

L'ipotesi 6) suppone inoltre che esista un titolo (o un insieme di titoli) privo di rischio il cui rendimento atteso R Rf1 = con σ σ1 1 0 1i i i N= = ∀ =...... ,....., . Il sistema risolutivo, valendosi del Teorema di Separazione (vedi cap.3), per la parte rischiosa del portafoglio é:

Mx b=

ovvero:

( )

( )

σ σ

σ σ

µ

µ

22 2

2

2 2. .. .. .

. .

.

...

N

N NN N

f

N f

x

x

R R

R R

⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥

Se gli investitori hanno aspettative omogenee, come l'ipotesi 9) assicura, essi formuleranno il problema con i medesimi parametri di input arrivando quindi tutti alla medesima soluzione del problema di selezione del portafoglio. Ne discende che, se tutti gli operatori scelgono lo stesso portafoglio rischioso, allora, in equilibrio, la composizione di quel portafoglio deve essere tale per cui tutte le attività sono presenti nella medesima percentuale wi con cui sono presenti sul mercato, ove

wi =Valore di mercato dell' attività i - esima

Valore di mercato di tutte le attività

86ELTON E.J. GRUBER M.J., 1995, op. cit; CANDIA B., "Teoria e Tecnica della Gestione Quantitativa", XI Corso di Formazione per Analisti Finanziari, Milano, Settembre 1994.

120

Una supposizione iniziale per formulare la S.M.L. é quella di conoscere la proporzione wi con la quale una attività é presente sul mercato. Il rendimento atteso del portafoglio di mercato é allora

R w RM i ii

N=

=∑

2

Risulta utile introdurre, prima di procedere ulteriormente all’esposizione del C.A.P.M., il seguente TEOREMA87: per un dato portafoglio P il vettore delle covarianze delle singole attività rispetto al portafoglio dato è linearmente dipendente dal vettore dei rendimenti se e solo se il portafoglio P è un portafoglio a varianza minima. Dimostrazione: la covarianza del titolo k-esimo rispetto al rendimento del portafoglio di mercato risulta

( ) ( )

( ) ( )

( )[ ]

Cov R R E R R w R w R

E R R w R R E w R R R R

w E R R R R w

k M k k i ii

N

i ii

N

k k i ii

N

i i ii

N

i k k

i i i k ki

N

i iki

N

;

( ) ( )

( )

= − −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎣⎢

⎦⎥ =

= − −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎣⎢

⎦⎥ = − −

⎣⎢

⎦⎥ =

= − − =

= =

= =

= =

∑ ∑

∑ ∑

∑ ∑

2 2

2 2

2 2

σ

espresso dalla combinazione lineare delle covarianze del titolo k-esimo con gli altri N −1 titoli rischiosi (compreso il titolo k stesso) con pesi wi, proporzione di equilibrio dell’attività i-esima nel portafoglio di mercato. Se e solo se il portafoglio di mercato M risulta efficiente in E-V, allora il vettore x, soluzione del problema decisionale, è uguale al vettore, w, delle attività negoziabili detenute proporzionalmente al loro valore:

( )

( )

( )

σ σ

σ σ

σ σ

µ

µ

µ

22 2

2

2

2 2. . .. . . . .

. . .. . . . .

. . .

.

.

.

.

N

i iN

N NN

i

N

f

i f

N f

w

w

w

R R

R R

R R

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

La covarianza del titolo k-esimo con il portafoglio di mercato si ottiene moltiplicando la i-esima riga del sistema solutorio per il vettore w.

87vedi (tra gli altri): CONSTANTINIDES G.M., MALLIARIS A.G., Portfolio Theory, in JARROW R. ET. AL., Handbooks in OR &MS, Vol. 9, Elsevier Science B.V., Amsterdam, 1995.

121

[ ] ( ) ( )σ σ σ µik kk

N

i iN

N

k f k Mw

w

w

R R Cov R R=∑ =

⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥

= − =2

2

2

. . ....

,

da cui risulta

( ) ( )Cov R R R Rk M k f, = −µ dimostrando che la covarianza del titolo k-esimo con il portafoglio di mercato è linearmente dipendente dal rendimento del titolo k-esimo, indipendentemente dalla matrice varianza-covarianza. Dato che questa equazione deve valere per qualunque titolo e per qualunque portafoglio efficiente la si può applicare al portafoglio di mercato, e visto che ( )Cov R RM M M, = σ 2 , si ottiene

( )σ µM M fR R2 = −

e

( )µ

σ=

−M

M fR R

2

µ viene considerato misura sintetica del grado di propensione al rischio del decisore (vedi paragrafo 3.4) e ora è leggibile anche come rischio sistematico di mercato per unità di premio. Se si sostituisce il valore trovato di µ nell'equazione precedente si ha:

( ) ( ) ( )Cov R RR R

R Ri MM

M fi f, =

−−

σ 2

Isolando Ri si ottiene la Security Market Line (Fig. 41)88:

( ) ( ) ( )R RR R

Cov R R R R Ri fM f

Mi M f i M f= +

−= + −

σβ2 ,

88 Il coefficiente

( )β

σii M

M

Cov R R=

,2 è dato dal rapporto tra la covarianza, del rendimento del titolo i-esimo

con il rendimento di mercato, ed il rischio di mercato.

122

Fig. 41: Security Market Line con specificazione delle possibili interpretazioni di β i

Un'analisi della S.M.L. permette di evidenziare alcune sue caratteristiche: - Rf ed RM non sono funzioni della singola attività, visto che sono parametri del problema; - la misura adeguata del rischio sistematico dell'attività con il mercato é rappresentata dal suo β i , variazione media del rendimento di un titolo a seguito della variazione del rendimento dell'indice di mercato; - per β i = 0 si ha R Ri f= : attività non rischiose hanno rendimento uguale al solo prezzo del tempo, essendo nulla la covarianza con il rendimento di mercato; - per β i = 1 si ha R Ri M= : l’attività deve avere rendimenti uguali a quelli del portafoglio di mercato; - per β i >1 l'attività i-esima comporta un rischio maggiore di quello del mercato e quindi da essa si attendono profitti maggiori di quelli del portafoglio di mercato e perdite maggiori di quelle del mercato, venendo così definita attività aggressiva; - per 0<β i <1 il titolo viene considerato difensivo in quanto β i tende a smorzare le fluttuazioni che avvengono nel mercato; - per β i <0 l’attività è in controtendenza rispetto al mercato: i titoli aventi un β i negativo hanno rendimenti crescenti in fasi del mercato decrescenti e viceversa. Ma cosa significa che la S.M.L. rappresenta il mercato dei capitali in equilibrio? Che non può esistere un titolo con caratteristiche ( )Ri i,β diverse da quelle indicate dalla S.M.L.. In caso contrario si verificano sul mercato arbitraggi, cioè operazioni di

123

acquisto e di vendita, con rendimento a rischio nullo, che riportano il titolo in questione sui valori definiti dalla S.M.L. . Si supponga, ad esempio, che la S.M.L. di un mercato sia la seguente:

( ) ( )R f R Ri i f M i= = = = + −β β10 15 10 15 10; .

Il rendimento atteso del mercato in corrispondenza di un titolo T1 con β1=2 sarà R1 10 2 5 20= + × = . Se però sul mercato fosse presente un titolo T2 con β2=2 che presenta un rendimento atteso di 30 risulta conveniente acquistarlo, finanziandosi con la vendita (anche allo scoperto) o indebitandosi nel titolo T1. Infatti vendendo allo scoperto il titolo T1 si riceve nel momento del perfezionamento dell’atto un controvalore, ipotizziamo pari a 100, da investire integralmente nell’acquisto del titolo T2. In un contesto uniperiodale, al termine dell’investimento il montante maturato sul titolo T2 pari a 130, di cui 100 di quota capitale e 30 di rendimento, consente di chiudere la posizione aperta sul titolo T1 versando 120 complessive (100 rimborso del capitale e 20 rimborso del rendimento) ottenendo un guadagno di 10. Il rischio dell’operazione è nullo in quanto i due titoli hanno lo stesso valore β. Gli importanti risultati ottenuti dipendono evidentemente dalla presenza delle nove ipotesi sottostanti il C.A.P.M.. Si deve notare però che il venir meno di una o piú ipotesi, fuorchè per la 4 e la 9 che sono ipotesi fondamentali, rende il modello piú complesso, ma comunque in grado di ritornare a delle condizioni di equilibrio. Inoltre, si riesce a mantenere la maggior parte delle conclusioni anche in assenza di una o piú delle ipotesi sottostanti.

Il limite dato dalla presenza, spesso obbligata, delle nove ipotesi si contrappone comunque alle molte caratteristiche positive del modello C.A.P.M. che lo portano ad essere scelto per l'analisi di portafoglio, avendo utilizzato il “single index model”, in alternativa al modello di Markowitz. Come è stato precedentemente detto per valutare il rischio di portafoglio secondo il modello di Markowitz si deve calcolare la varianza di ogni attività e le loro rispettive covarianze, mentre con il C.A.P.M. si devono calcolare le singole varianze e le sole covarianze con l'indice preso in considerazione come media ponderata di tutti gli investimenti. Di conseguenza, i costi di rilevazione e calcolo vengono notevolmente diminuiti senza però perdere informazioni utili per la determinazione del rischio e del rendimento dell'attività analizzata. Infatti tale modello tiene in considerazione:

a) un indice, l'indice di mercato che riassume le informazioni disponibili sulle attività rischiose che entrano a far parte del portafoglio di attività finanziarie dell'investitore;

b) un'attività priva di rischio; tutti elementi che ci permettono di conoscere il mercato finanziario nella sua globalità.

Infine, risulta utile sottolineare che l'unica stima che deve essere effettuata per ogni titolo nel modello C.A.P.M. è quella del rischio dei singoli titoli, misurato dal coefficiente β, poichè nella relazione entrano le sole stime del rendimento dall'attività priva di rischio e dell'indice di mercato, stime che poi verranno utilizzate per tutto l'insieme delle attività considerate.

124

9.3. L'Arbitrage Pricing Theory (A.P.T.) Tale modello di equilibrio del mercato dei capitali é una generalizzazione dei modelli multifattoriali di selezione del portafoglio89. In questa luce, il modello diagonale di Sharpe rappresenta un modello unifattoriale. Il contributo dato da Ross, infatti, consiste nell’aver trovato le condizioni sufficienti di equilibrio del mercato di cui si conosce, per ipotesi, il processo che genera i rendimenti dei titoli (un modello multifattoriale appunto). 9.3.1 Le ipotesi dell'A.P.T. Il modello A.P.T. è derivato sotto la consueta ipotesi di mercati perfettamente competitivi e privi di attriti. Come nel precedente modello anche in questo si devono introdurre le ipotesi base che ne permettono la sua formulazione: 1) tutti gli operatori sono consapevoli che i rendimenti dei titoli sul mercato sono linearmente collegati ad un insieme di più indici:

R a b I b I b I e

i Nj k

i i i i ik k i= + + + + +

==

1 1 2 2

11

.....

,...,,...,

con

dove: ai costante, del rendimento dell'i-esimo titolo, indipendente dai fattori esplicativi; I j fattore esplicativo; bij sensitivitá del rendimento del titolo i-esimo a variazioni del valore del j-esimo fattore esplicativo; ei errore casuale con ( ) ( )E e Var ei i ei

= =0 2; σ che rappresenta il rischio non sistematico dell’i-esima attività. Questa ipotesi sostituisce il criterio E-V come modello decisionale del C.A.P.M.; 2) aspettative omogenee per tutti gli operatori che: -adoperano il modello di cui all'ipotesi 1) come unico criterio decisionale; -conoscono tutti i fattori esplicativi I j ; -stimano ai , bij ed ei di tutti i titoli nello stesso modo; 3) ipotesi sulle covarianze:

( )Cov e e i ki k, ,= ∀ ≠0 , cioè gli errori relativi a due titoli diversi non sono correlati fra

loro, ( )[ ]Cov e I Ii j j, ,− = 0 cioè non c'è correlazione tra l'errore relativo al titolo i-esimo e

l'indice j-esimo, ∀ i e j; 4) il numero dei titoli N deve essere grande a tal punto da poter applicare la legge dei grandi numeri; 5) illimitata possibilitá di vendite allo scoperto. 9.3.2 Il modello di equilibrio

89 ROLL R.: "A Critique of the Asset Pricing Theory's Tests", Journal of Financial Economics, Marzo 1978; ROSS S. A. "The Arbitrage Theory of Capital Asset Pricing", Journal of Economic Theory, Dicembre 1976; "Return Risk and Arbitrage", Risk and Return in Finance, I.Friend & J.L. Bicksler Edition, Cambridge, Mass., 1977.

125

Secondo il modello esplicativo della determinazione dei rendimenti tramite l'insieme di indici, il valore atteso del rendimento di ogni titolo é dato da:

R a b I b I b Ii i i i ik k= + + + +1 1 2 2 ..... Il rendimento di qualunque portafoglio P é dato da:

R x RP i ii

N

==∑

1

ove xi è il valore dell'investimento nel titolo i-esimo e non le quote, come era invece considerato nei capitoli precedenti. Il rischio del rendimento del portafoglio P é formato da tante componenti quanti sono i fattori esplicativi:

b x b b x b b x bP i ii

N

P i ii

N

Pk i iki

N

1 11

2 21 1

= = == = =∑ ∑ ∑; ; .........;

ed inoltre dal rischio inserito dalla componente erratica:

e x eP i ii

N

==∑

1

La condizione sufficiente affinché sia valido il modello A.P.T. é che sul mercato ci sia un numero sufficiente di alternative d'investimento in modo tale che non possano esistere portafogli d'arbitraggio, cioé portafogli con rendimento positivo ma rischio ed investimento netto nullo. In termini matematici un portafoglio di arbitraggio è caratterizzato dalle seguenti equazioni: 1. il vincolo di bilancio é nullo: la quantitá di capitale impiegata deve essere nulla. Gli

acquisti e le vendite di titoli devono cioé compensarsi esattamente.

xii

N

==∑ 0

1

2. il portafoglio d'arbitraggio deve permettere guadagni a rischio nullo, quindi tutte le componenti di rischio del portafoglio (cioè rischio diversificabile o non sistematico e rischio sistematico) devono essere nulle:

b x b b x b b x bP i ii

N

P i ii

N

Pk i iki

N

1 11

2 21 1

0 0 0= = = = = == = =∑ ∑ ∑ ; ;.........;

e

e x eP i ii

N

= ≅=∑

1

0 , cioè eP tende asintoticamente a 0 secondo le ipotesi 3 e 4

3. il rendimento atteso del portafoglio di arbitraggio deve risultare strettamente maggiore di zero:

R x RP i ii

N

= >=∑

1

0

In un mercato in equilibrio non possono esistere opportunitá di arbitraggio non rischiose. Ovvero qualunque portafoglio di arbitraggio a rischio nullo non puó che dare un rendimento nullo. Quindi le precedenti equazioni in una situazione di equilibrio implicano:

R x RP i ii

N

= ==∑

1

0

126

Per poter raggiungere la specificazione del modello si deve introdurre il seguente teorema (Minkowski-Farkas)90: PROPOSIZIONE: siano w1, w2,..., wm e z vettori non nulli in ℜn. Posto ′ =w x 0 per tutti gli x tali che ′ =w xi 0 con i = 1, ..., m, con x ∈ ℜn. Esistono allora m numeri reali non negativi λ1 , λ2, ... λm, non tutti nulli, tali che

z wi==∑λ ii

m

1

.

Nel caso in esame, le suddette condizioni 1. e 2. per la determinazione di un portafoglio di arbitraggio implicano che il vettore x sia ortogonale ad altri k+1 vettori: un vettore unitario 1 (che rappresenta il vincolo di bilancio) e k vettori bj con j=1, ..., k (che esprimono la sensibilità del vettore dei rendimenti al fattore j-esimo). Se il mercato è in equilibrio non sono possibili portafogli di arbitraggio e quindi il vettore x è ortogonale anche al vettore dei rendimenti attesi R . In base al teorema di Minkowski-Farkas, poichè il vettore x è ortogonale sia al vettore R , Rx = 0 , sia a k+1 vettori, 1x = 0 e ′ =b xj 0 , con j = 1, .., k allora esistono k+1 coefficienti non negativi λ0 , λ2, ... λk tali che

R 1 bj= ⋅ +=∑λ λ0

1i

i

k

ovvero R b b bi i i k ik= + + + +λ λ λ λ0 1 1 2 2 ..... .

In questo modo il rendimento atteso del titolo i-esimo può essere espresso come combinazione lineare di un vettore di 1 e di k vettori bj con j=1, ..., k. Se consideriamo un’attività priva di rischio con rendimento Rf (risk-free), essa avrà tutti i bij pari a zero in quanto non è sensibile alle variazioni dei k fattori esplicativi Ij. L’equazione precedente risulta quindi:

Rf = λ0 dalla quale risulta che il coefficiente λ0 è pari al tasso di rendimento dell’attività senza rischio. Se consideriamo ora un portafoglio di attività rischiose con rendimento atteso δ1 e con sensibilità unitaria al fattore di rischio I1 (quindi con bi1 = 1 e bij = 0 con j=2,...,k) possiamo riscrivere l’equazione precedente come

δ λ1 11= +Rf

da cui si ricava λ δ1 1= − Rf . Procedendo in modo analogo si può considerare l’equazione del rendimento atteso nell’ipotesi di assenza di arbitraggio come:

( ) ( ) ( )R R R b R b R bi f f i f i k f ik= + − + − + + −δ δ δ1 1 2 2 .....

In generale, il coefficiente λj (j=1,...,k) può essere interpretato come premio per il rischio, in condizioni di equilibrio, per il j-esimo fattore. Il premio per il rischio λj risulta pari alla differenza fra: 90 Per la dimostrazione del teorema e per maggiori approfondimenti in merito si vedano, tra gli altri, CASTAGNOLI E. PECCATI L., Matematica per l’analisi economica - Ottimizzazione statica e dinamica, ETASLIBRI, Milano, 1979; TAKAYAMA A., Mathematical Economics, Cambridge University Press, London, 1985.

127

• il rendimento atteso di un portafoglio con sensibilità unitaria al j-esimo fattore e sensibilità nulla rispetto agli altri k-1 fattori

• il tasso risk-free, Rf. Se si stima l’equazione precedente a minimi quadrati ordinari91 i coefficienti bij saranno dati da:

( )( )b

Cov R

Variji j

j

=,δ

δ

in tal caso i bij vengono definiti nello stesso modo dei βi del CAPM. In quest’ottica il CAPM può essere interpretato come un modello APT in cui il rendimento del portafoglio di mercato risulta essere l’unico fattore esplicativo del rendimento delle singole attività rischiose. L’APT si rivela quindi un modello caratterizzato da una generalità maggiore rispetto al CAPM ed inoltre si basa su ipotesi meno stringenti in quanto92: • non formula alcuna ipotesi sulla distribuzione dei rendimenti delle singole attività; • permette ai rendimenti di equilibrio delle attività di essere dipendenti da più fattori e

non solo dal rendimento del portafoglio di mercato, come fa, riduttivamente, il CAPM; • consente di determinare il prezzo relativo di equilibrio di un qualsiasi sottoinsieme di

attività senza dover necessariamente considerare l’intero mercato; • non richiede che il portafoglio di mercato sia efficiente; • non impone ipotesi circa la funzione di utilità degli individui. Nell’ambito delle scelte di investimento il decisore deve costantemente valutarne il rendimento ed il rischio. In questo contesto il CAPM si rivela uno strumento più approssimativo dell’APT ai fini decisionali. Il CAPM misura il rischio in una sola dimensione mentre l’APT consente di identificare più portafogli con uguale rendimento e con diverse combinazioni dei coefficienti di sensibilità ai fattori di rischio sottostanti. Infatti non è indifferente scegliere tra due portafogli che presentano lo stesso grado di rendimento, ma con rischio complessivo distribuito su più fattori che lo generano. Se ipotizziamo che il rischio sia generato da inflazione e produzione industriale un soggetto potrebbe preferire un portafoglio il cui rischio dipende per il 70% dall’inflazione e per il 30% dalla produzione industriale mentre un altro soggetto, a parità di rendimento e rischio complessivo, potrebbe preferire un portafoglio con il 25% del rischio dipendente dall’inflazione ed il 75% dipendente dalla produzione industriale. Allo scopo di applicare il modello APT è necessario determinare i fattori esplicativi dei rendimenti. A tal fine sono stati proposti due differenti approcci. Un primo approccio identifica le variabili esplicative Ij sulla base delle teorie economiche. Un modello a quattro fattori proposto da Chen, Roll e Ross93 ha specificato quattro variabili economiche quali fattori generatori dei rendimenti in quanto influenzano o la 91si considerano valide implicitamente le ipotesi sottostanti al generale problema di minimizzazione a minimi quadrati ordinari. 92COPELAND T. E. e WESTON J. F., Financial Theory and Corporate Policy, Addison Wesley, Reading Mass., 1988.

128

dimensione dei futuri flussi di cassa derivanti dalla detenzione del titolo o il valore dei futuri flussi di cassa: 1. il tasso di crescita della produzione industriale, in quanto influenza le opportunità di

investimento e quindi il valore reale dei flussi di cassa; 2. il tasso di inflazione non anticipato, che manifesta un impatto sia sul tasso di sconto che

sul valore dei flussi; 3. la struttura a termine dei tassi di interesse, espressa dal differenziale tra tasso di

interesse a lungo e a breve che influenza il valore dei pagamenti in relazione all’epoca di scadenza;

4. il premio al rischio, stimato come differenza nel rendimento di titoli con rating (Aaa) e (Baa), cioè tra titoli con diverso grado di rischio per misurare la reazione del mercato al rischio.

Altri autori hanno suggerito di inserire tra i fattori esplicativi anche l’andamento dell’economia mondiale in relazione alla correlazione positiva esistente tra gli andamenti dei prezzi dei titoli azionari nelle varie borse mondiali e i movimenti valutari in relazione alla struttura e alla valuta di denominazione degli investimenti delle società quotate. Un secondo approccio per identificare i fattori generanti i rendimenti delle attività rischiose studiate consiste nell’utilizzo dell’analisi fattoriale, un corpo di tecniche che consente di spiegare o di rappresentare determinate relazioni osservate per mezzo di variabili indipendenti (fattori). Consiste nell’estrarre un numero limitato di fattori indipendenti sulla base delle correlazioni tra le variabili osservate. Uno dei metodi fondamentali per l’analisi fattoriale è dato dall’analisi delle componenti principali. In tal caso è possibile identificare degli indici che non hanno una specificazione economica, ma che derivano dalle prime componenti principali estratte dalle stesse variabili osservate, come visto nel capitolo 7.

93CHEN N., ROLL R. E ROSS S., Economic Forces and the Stock Market, Journal of Business, 59, 1986, pagg. 386-403.

129

Allegato

Indicatori di Performance Misure di Performance Performance assoluta Rendimento Medio Rendimento Medio Geometrico Mean Excess Return Misure di Rischio Volatilità (Standard Deviation) Volatilità attesa (EWMA volatility) Downside Deviation Tracking Error Var Misure di Rischio/Rendimento Indice di Sharpe Indice di Sortino Indice di Modigliani Information Ratio Analisi della correlazione Coefficiente di correlazione Alfa Beta Alfa di Jensen Granularità: se tutti gli indicatori sono espressi su base giornaliera il fattore di annualizzazione = 252 Misure di Performance Performance assoluta Rappresenta l’incremento di valore percentuale dell’asset considerato. V F = Valore finale dell’asset

V I = Valore inziale dell’asset

Total Return = ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−1

I

F

VV

130

Rendimento Medio E’ la semplice media dei rendimenti giornalieri, calcolata sommando i risultati di ciascun periodo e dividendo il totale per il numero dei periodi. N = Numero dei periodi R i = Rendimento periodo i

Rendimento Medio = N

RN

Ii∑

=1

= R Dato annualizzato Rendimento medio annualizzato = R * 252 = aR Rendimento Medio Geometrico E’ la media geometrica dei rendimenti giornalieri. Rappresenta il rendimento giornaliero da attribuire ad ogni periodo per arrivare ad ottenere a fine periodo il rendimento composto di periodo corrispondente. N = Numero dei periodi V F = Valore finale dell’asset V I = Valore inziale dell’asset

Rendimento medio geometrico = 1−N

I

F

VV = GR

Dato annualizzato Rendimento medio geometrico annualizzato = ( ) 11 252

−+ GR = aRG

131

Mean Excess Return Rappresenta la media della performance relativa rispetto ad un Benchmark definito. N = numero di periodi R i = Rendimento periodo i RD i = Rendimento Benchmark periodo i

Mean Excess Return = ER =

( )

N

RDRN

iii∑

=

−1

Dato annualizzato Se per il rendimento annualizzato utilizziamo il rendimento composto allora

aRG = rendimento medio geometrico annualizzato

aRDG = rendimento medio geometrico annualizzato del Benchmark Mean Excess Return annualizzato = aRG

- aRDG = aER Se invece si usa il rendimento non composto Mean Excess Return annualizzato = ER * 252 Misure di Rischio Volatilità (Standard Deviation) Serve a misurare la dispersione media dei rendimenti. Misura il grado di variabilità dei rendimenti intorno alla media. E’ spesso utilizzata come misura del rischio dell’investimento. R i = Rendimento periodo i R = Media dei rendimenti R N = Numero dei periodi

Standard Deviation = Rσ = ( )

11

2

−∑=

N

RRN

Ii

Dato annualizzato Standard Deviation Annualizzata = Rσ * 252 = aRσ Volatilità attesa (EWMA volatility) (Exponentially Weighted Moving Average Standard Deviation ) E’ uno stimatore delle volatilità, che permette di catturare la dinamicità dei rendimenti delle attività finanziarie dando maggior enfasi alle osservazioni più recenti. In particolare

132

il suo utilizzo permette di considerare gli shock più recenti cui è stato soggetto il mercato e di mantenere memoria (effetto di persistenza tipico delle serie finanziarie) per periodi più o meno lunghi, in funzione del valore attribuito al fattore di decadimento (decay factor), e quindi al sistema di pesi esponenziali. R i = Rendimento periodo i R = Media dei rendimenti R N = Numero dei periodi λ = Decay Factor =0.94 (cfr. Risk Metrics® J.P.Morgan per dati giornalieri)

Standard Deviation = Rewσ = ∑ −−=

−N

ii

i RR1

21 )(**)1( λλ

Dato annualizzato Standard Deviation Annualizzata = Rewσ * 252 = aewRσ

Nota Per avere valori “attendibili” si consiglia di considerare almeno 3 mesi di dati giornalieri (circa 70 osservazioni). Con una numerosità dei dati bassa possono esserci alcuni problemi:

Utilizzando lo stimatore Ewma, si applica l’approssimazione : ∑−

≅=

−T

j

i

1

1

)1(1λ

λ

Le due espressioni sono equivalenti per T ∞→ . Per valori di T bassi i valori così ottenuti non sono confrontabili con il modello della volatilità non esponenziale. Il numero di osservazioni è inoltre collegato al livello di confidenza del risultato: con il fattore di decay scelto (0.94) per avere un grado di confidenza dell’1% occorre avere almeno 74 osservazioni (Cfr. Riskmetrics Technical Document pag. 79) Downside Deviation Rappresenta la deviazione standard in cui vengono considerati però solo i rendimenti inferiori ad un certo livello minimo (solitamente il livello minimo è 0) N = Numero dei periodi R i = Rendimento periodo i Li = R i se R i< 0; 0 se R i≥ 0

Downside Deviation =

( )N

LN

I∑=1

2

= RDσ Dato annualizzato

Downside Deviation annualizzata = RDσ * 252 = aDRσ

133

Tracking Error (Volatility) Indica la variabilità delle differenze di rendimento tra l’asset considerato e il benchmark. Fornisce indicazioni sulla rischiosità che si sopporta investendo nel fondo anziché detenere direttamente il benchmark. Quindi, indica quanto rischio corre il gestore per avere un determinato differenziale di rendimento. Da tale analisi possiamo valutare se un gestore adotta una strategia attiva o passiva. R i = Rendimento periodo i RD i = Rendimento Benchmark periodo i

Tracking Error Volatility =

( )

11

2

−∑=

N

RDRN

Iii

=TEV Dato annualizzato = Daily Tracking Error* 252 = TEVa VaR (Value at Risk) Il VaR è una stima, con un adeguato intervallo di confidenza, delle massime perdite di un determinato portafoglio, in un determinato intervallo di tempo.

Rσ = Standard Deviation giornaliera α = grado di confidenza p = intervallo di tempo c = valore associato nella tavola di distribuzione, al grado di confidenza scelto (α)

VAR = c * Rσ * p

Misure di Rischio/Rendimento Indice di Sharpe E’ la più utilizzata misura di Risk Adjusted Performance, cioè misure che considerano congiuntamente rischio e rendimento. Rappresenta una misura del premio al rischio calcolato su basi unitarie, cioè su ogni unità di rischio.

aRG = Rendimento medio geometrico annualizzato

N = Numero dei periodi aRσ = Standard Deviation annualizzata aRRF = Rendimento annuo dell’attività “Risk Free” (Euribor a 3 mesi )

134

Indice di Sharpe = ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −a

aRaR

R

RFG

σ

Molto diffusa è la versione con il rendimento medio annuo invece che quello geometrico; si ritiene più corretta questa indicazione del rendimento. Indice di Sortino Un’altra misura di rischio/rendimento, rappresenta il sovra-rendimento per unità di volatilità negativa (la volatilità dei soli rendimenti negativi). Il sovra-rendimento può essere calcolato rispetto al benchmark o rispetto all’attività priva di rischio.

aRG = Rendimento medio geometrico annualizzato aRRF = Rendimento annuo dell’attività “Risk Free” (Euribor a 3 mesi ) aDRσ = Downside Deviation

Indice di Sortino = ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −aD

aRaR

R

RFG

σ

Indice di Modigliani E’ un indice che permette di confrontare asset con lo stesso obiettivo d’investimento (medesimo benchmark) portandoli ad un uguale livello di rischio, cioè variando la loro rischiosità fino a farla coincidere con quella del benchmark e in seguito calcolando il rendimento dell’asset modificato. In pratica, per ciascun asset con un dato rischio e rendimento, la misura di Modigliani determina il rendimento che l’asset avrebbe avuto se avesse assunto lo stesso livello del rischio del Benchmark. E’ analogo all’indice di Sharpe, ma mentre il primo rappresenta un “coefficiente”, l’indice di Modigliani è espresso con un valore percentuale, è cioè un “ rendimento”.

aRG = Rendimento medio geometrico annualizzato

aRσ = Standard Deviation annualizzata aRDσ = Standard Deviation del Benchmark annualizzata aRRF = Rendimento annuo dell’attività “Risk Free” (Euribor a 3 mesi )

Indice di Modigliani = ( ) +−aaaRaR

R

RDRFG σ

σ* aRRF

Information Ratio E’ una misura che mostra quanto rischio aggiuntivo, rispetto al benchmark, il gestore ha assunto al fine di produrre un determinato differenziale di rendimento.

aER = Mean Excess Return annualizzato

TEVa =Tracking Error Volatility annualized

Information Ratio =TEVaERa

135

Analisi della correlazione Coefficiente di correlazione lineare Misura il grado di correlazione lineare tra due variabili. Il valore è compreso tra –1 (perfetta relazione lineare inversa) e +1 (perfetta relazione lineare diretta). Il coefficiente di determinazione lineare, il quadrato del coefficiente di correlazione lineare ovvero ρ2, R2 su valori campionari, misura quanto buona sia l’aderenza dei valori osservati intorno ad un’interpolante lineare (rappresenta la percentuale di varianza “spiegata” dalla regressione lineare). N = numero di periodi R i = Rendimento periodo i

RD i = Rendimento Benchmark periodo i

R = Media dei rendimenti R RD = Media dei rendimenti del Benchmark

coefficiente di correlazione =( ) ( )

( ) ( )21

2

1

1

*

*

RDRDRR

RDRDRR

i

N

ii

N

i

N

iii

−−

−−=

∑∑

==

Dove: ( ) ( )∑

=

−−N

iii RDRDRR

1*

= Covarianza

RRD

RDR

σσρ

*cov ,=

Beta Il Beta misura il rischio di un particolare asset relativamente al mercato nel suo complesso. Descrive la sensibilità dell’investimento all’andamento del mercato. Un portafoglio aggressivo ha un beta maggiore dell’unità. Beta rappresenta, geometricamente, la pendenza della retta di regressione. N = Numero dei periodi R i = Rendimento periodo i

RD i = Rendimento Benchmark periodo i

136

( ) ( )

( )2

1

1

*

RDRD

RDRDRR

i

N

i

N

iii

−−=

=

Dove: ( ) ( )∑

=

−−N

iii RDRDRR

1*

= Covarianza

RD

RDR2

,covσ

β =

Alfa E’ la misura del valore aggiunto dall’attività di gestione. L’alfa indica in che misura l’andamento del portafoglio è stato migliore o peggiore delle previsioni basate sulla sua rischiosità intrinseca: è la differenza tra la performance effettiva del portafoglio e la performance prevista alla luce del suo fattore beta e dall’andamento del mercato. Geometricamente, rappresenta l’intercetta della retta di regressione. R = Media dei rendimenti R RD = Media dei rendimenti del Benchmark Alfa = RDR *βα −= Alfa annualizzato = ( ) 11 252 −+α = aα

Alfa di Jensen E’ un indicatore dell’abilità di selezione dell’asset manager. Analiticamente l’Alfa di Jensen è misurata dalla differenza tra il sovrarendimento rispetto al free risk effettivamente realizzato e quello atteso di equilibrio (secondo la Security Market Line), per un portafoglio avente lo stesso rischio sistematico cioè lo stesso beta. RD = Rendimento medio del Benchmark

RFR = Rendimento dell’attività “Risk Free” (Euribor a 3 mesi ) Alfa di Jensen = ( ) )(* RFRRDRFR −−− β = jα Alfa di Jensen annualizzato = ( ) 11 252 −+ jα = jaα

137

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