terapia della malattia di cushing

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166 Cattedra di Endocrinologia, Università di Milano, Divisione di Endocrinologia, Ospedale San Luca IRCCS, Istituto Auxologico Italiano, Milano Corrispondenza: D.ssa Francesca Pecori Giraldi Cattedra di Endocrinologia Università di Milano Ospedale San Luca IRCCS Istituto Auxologico Italiano Via Spagnoletto 3 20149 Milano E-mail: [email protected] © 2002, Editrice Kurtis L a malattia di Cushing è una patologia che a tutt’oggi non dispone di un trattamento piena- mente soddisfacente. Il primo approccio terapeutico, la rimozione dell’adenoma ipofisario secernente ACTH, si rivela risolutivo, infatti, nel 70% circa dei pazienti con un rischio di recidiva del 15%. Delle restanti opzioni terapeutiche, rein- tervento ipofisario, terapia ra- ridotta sensibilità al feedback inibito- rio dei glicocorticoidi che gli con- sente di mantenere una secrezione normale o addirittura aumentata di ACTH a fronte degli elevati livelli circolanti di cortisolo. Di qui il con- cetto di inappropriata secrezione di ACTH nella malattia di Cushing. La terapia di questa affezione endocrina si propone come obiettivi ideali: 1) la rimozione del tumore ipofisario preservando una normale funzione ipofisaria; 2) la correzione di eventuali disturbi visivi legati all’espansione sovrasellare del tumo- re; 3) la correzione dell’ipercortisoli- smo senza necessità di una terapia sostitutiva steroidea permanente. Il trattamento della malattia di Cushing si avvale di diverse strate- gie terapeutiche, anzitutto chirurgi- che e in seconda battuta radianti o farmacologiche. In molti casi è necessario il ricorso a più di una di queste misure terapeutiche, adottate simultaneamente o in successione, per giungere alla risoluzione, talvol- ta solo parziale, della malattia. Anche la scelta dei provvedimenti da adottare dopo il fallimento di precedenti tentativi non è facilmen- te codificabile ed è lasciata all’espe- rienza del singolo medico. Verranno qui passate in rassegna le diverse opzioni terapeutiche oggi disponibi- li per questa malattia e le relative indicazioni. TERAPIA CHIRURGICA ESPLORAZIONE IPOFISARIA L’esplorazione ipofisaria per via tras- sfenoidale rappresenta l’approccio terapeutico di prima scelta per i pazienti affetti da malattia di Cushing (1) in quanto mira a rimuovere il tumore ipofisario responsabile del quadro clinico e quindi a curare la malattia alla base. La tecnica chirurgi- ca impiegata per questo intervento, introdotta da Koenig e in seguito per- fezionata da Cushing e, più recente- mente, da Hardy con l’introduzione Terapia della malattia di Cushing Francesca Pecori Giraldi, Francesco Cavagnini diante e surrenectomia bilaterale, solo quest’ultima dà garanzie di guarigione a spese, però, della necessità di una terapia sostituti- va ad vitam. La terapia farmaco- logica ha solamente una valenza di ripiego nei pazienti inoperabili o in attesa di efficacia della terapia radiante. Pur con queste limita- zioni, è tuttavia possibile, attra- verso un uso oculato delle diverse risorse terapeutiche, talvolta impiegate in successione e/o in con- comitanza, portare alla guarigione la maggior parte dei pazienti. INTRODUZIONE La malattia di Cushing è sostenuta da un tumore ipofisario, quasi sem- pre di piccole dimensioni (microa- denoma) secernente ACTH, a sua volta responsabile di una secrezione eccessiva di cortisolo da parte del corticosurrene. Caratteristica del tumore ACTH-secernente è la sua giugno Vol. 3, n° 2

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Page 1: Terapia della malattia di Cushing

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Cattedra di Endocrinologia, Università di Milano, Divisione di Endocrinologia,Ospedale San Luca IRCCS, IstitutoAuxologico Italiano, Milano

Corrispondenza:D.ssa Francesca Pecori GiraldiCattedra di EndocrinologiaUniversità di MilanoOspedale San Luca IRCCSIstituto Auxologico ItalianoVia Spagnoletto 320149 MilanoE-mail: [email protected]

© 2002, Editrice Kurtis

La malattia di Cushing è unapatologia che a tutt’oggi non

dispone di un trattamento piena-mente soddisfacente. Il primoapproccio terapeutico, la rimozionedell’adenoma ipofisario secernenteACTH, si rivela risolutivo, infatti,nel 70% circa dei pazienti con unrischio di recidiva del 15%. Dellerestanti opzioni terapeutiche, rein-tervento ipofisario, terapia ra-

ridotta sensibilità al feedback inibito-rio dei glicocorticoidi che gli con-sente di mantenere una secrezionenormale o addirittura aumentata diACTH a fronte degli elevati livellicircolanti di cortisolo. Di qui il con-cetto di inappropriata secrezione diACTH nella malattia di Cushing.

La terapia di questa affezioneendocrina si propone come obiettiviideali: 1) la rimozione del tumoreipofisario preservando una normalefunzione ipofisaria; 2) la correzionedi eventuali disturbi visivi legatiall’espansione sovrasellare del tumo-re; 3) la correzione dell’ipercortisoli-smo senza necessità di una terapiasostitutiva steroidea permanente. Iltrattamento della malattia diCushing si avvale di diverse strate-gie terapeutiche, anzitutto chirurgi-che e in seconda battuta radianti ofarmacologiche. In molti casi ènecessario il ricorso a più di una diqueste misure terapeutiche, adottatesimultaneamente o in successione,per giungere alla risoluzione, talvol-ta solo parziale, della malattia.Anche la scelta dei provvedimentida adottare dopo il fallimento diprecedenti tentativi non è facilmen-te codificabile ed è lasciata all’espe-rienza del singolo medico. Verrannoqui passate in rassegna le diverseopzioni terapeutiche oggi disponibi-li per questa malattia e le relativeindicazioni.

TERAPIA CHIRURGICA

ESPLORAZIONE IPOFISARIAL’esplorazione ipofisaria per via tras-

sfenoidale rappresenta l’approccioterapeutico di prima scelta per ipazienti affetti da malattia di Cushing(1) in quanto mira a rimuovere iltumore ipofisario responsabile delquadro clinico e quindi a curare lamalattia alla base. La tecnica chirurgi-ca impiegata per questo intervento,introdotta da Koenig e in seguito per-fezionata da Cushing e, più recente-mente, da Hardy con l’introduzione

Terapia della malattiadi Cushing

Francesca Pecori Giraldi, Francesco Cavagnini

diante e surrenectomia bilaterale,solo quest’ultima dà garanzie diguarigione a spese, però, dellanecessità di una terapia sostituti-va ad vitam. La terapia farmaco-logica ha solamente una valenza diripiego nei pazienti inoperabili oin attesa di efficacia della terapiaradiante. Pur con queste limita-zioni, è tuttavia possibile, attra-verso un uso oculato delle diverserisorse terapeutiche, talvoltaimpiegate in successione e/o in con-comitanza, portare alla guarigionela maggior parte dei pazienti.

INTRODUZIONE

La malattia di Cushing è sostenutada un tumore ipofisario, quasi sem-pre di piccole dimensioni (microa-denoma) secernente ACTH, a suavolta responsabile di una secrezioneeccessiva di cortisolo da parte delcorticosurrene. Caratteristica deltumore ACTH-secernente è la sua

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del microscopio intraoperatorio, hasubito negli anni una continua evolu-zione approdando, in tempi più recen-ti, all’approccio endoscopico e all’im-piego della robotica. Queste tecnicheconsentono di minimizzare il trauma-tismo tissutale durante l’accesso allasella turcica e di ampliare notevol-mente la visione del campo operatorioin sede intraipofisaria. Merita quiricordare come, nella rimozione deltumore, il chirurgo possa spingersimaggiormente verso le porzioni ante-riori e posteriori della sella turcica,delimitate da pareti ossee, mentre siacostretto a manovrare con maggioreprudenza nelle porzioni laterali, deli-mitate dal tessuto membranoso deiseni cavernosi. Essenziale, per la qua-lità dei risultati, la disponibilità di unneurochirurgo specializzato, abituatoad eseguire numerosi interventi diquesto tipo nell’arco dell’anno.

Il paziente affetto da malattia diCushing può essere inviato all’inter-vento anche in assenza di evidenzaneuroradiologica (risonanza magne-tica nucleare) di tumore ipofisario,purché le prove di laboratorio indi-chino inequivocabilmente un iper-cortisolismo di origine ipofisaria (2).In questi casi, il neurochirurgo effet-tua un’accurata esplorazione dellaghiandola ipofisaria mediante inci-sioni longitudinali parallele o untaglio a croce alla ricerca dell’adeno-ma. Se tale ispezione non consentedi reperire tessuto patologico, siprocede in genere alla rimozione diun cuneo centrale ipofisario o,secondo alcune Scuole, a un’emi-ipofisectomia. L’informazione deri-vante dal cateterismo dei seni petro-si inferiori, procedura diretta a sta-bilire l’esistenza di un gradientenelle concentrazioni di ACTH pla-smatico tra centro (seni petrosi) eperiferia (vena brachiale) e tra lato elato dell’ipofisi (seno petroso destroe sinistro), è altamente affidabile(accuratezza diagnostica dell’85%)nel distinguere l’origine ipofisariadell’eccesso di ACTH (malattia diCushing) da quella extraipofisaria

(sindrome da ACTH ectopico),mentre lo è assai meno nello stabili-re il lato dove è localizzato l’adeno-ma ipofisario. Solo in due terzi deicasi, infatti, l’indicazione del gra-diente lato-lato si dimostra esatta,mentre nel restante 33% l’adenomarisulta situato al lato opposto rispet-to a quello suggerito dal gradiente.

L’esplorazione ipofisaria consentedi reperire e rimuovere il tumoresecernente ACTH nel 70-80% deicasi. La rimozione dell’adenomacostituisce un indice prognosticoaltamente favorevole, anche se nonassoluto, agli effetti della guarigio-ne. Vi sono infatti pazienti in cui l’i-percortisolismo persiste nonostantel’asportazione chirurgica del tumore.Per contro, in un piccolo numero dipazienti nei quali il neurochirurgonon è riuscito a reperire l’adenoma eanche l’esame istologico del tessutoasportato è risultato negativo, siconstata la regressione dell’ipercorti-solismo; si può presumere in questicasi che il frammento tumorale siastato inconsapevolmente aspirato nelcorso dell’intervento, cosa non inve-rosimile data la friabilità e le piccoledimensioni del tumore, e sia quindiandato disperso.

Conseguenza immediata dell’a-sportazione completa del tumoreipofisario è la comparsa di insuffi-cienza surrenalica secondaria; le cel-lule corticotrope normali sono infat-ti inibite dagli elevati livelli circo-lanti di cortisolo oltre che, probabil-mente, dall’ACTH secreto dall’ade-noma e dall’assenza di corticotropin-releasing hormone (CRH) ipotala-mico, anch’esso inibito dall’aumen-tata secrezione di cortisolo.L’avvento di segni clinici e biochi-mici di iposurrenalismo costituisceaddirittura un criterio per decretareil successo dell’intervento (Tabella1). Vi è ancora un acceso dibattitosui criteri biochimici in grado didefinire la remissione della malattia(3) e ciò è tanto più rilevante inquanto alcuni Autori consigliano unreintervento immediato quando non

siano soddisfatti i criteri di remis-sione. Nella nostra esperienza, ilriscontro di concentrazioni plasma-tiche e urinarie di cortisolo ai limitiinferiori della norma è sufficienteper indicare l’avvenuta remissione.Parimenti, il ripristino del ritmocircadiano del cortisolo e della suainibizione da parte di basse dosi didesametasone testimoniano la corre-zione dell’ipercortisolismo (4).L’esito del test al CRH fornisceinvece indicazioni prognosticheriguardo al rischio di recidiva (1).L’assenza di una risposta dell’ACTHe del cortisolo al CRH e/o alladesmopressina, risposta presenteprima dell’intervento, costituisceinfatti un indice prognostico favore-vole, mentre una risposta positiva aquesti stimoli riveste il significatoopposto anche in pazienti che risul-tano iposurrenalici nell’immediatopost-intervento. Per contro, i livellidi cortisolo plasmatico e urinarionon costituiscono un indice utile perstabilire il rischio di recidiva.

Applicando questi criteri, l’adeno-mectomia ipofisaria porta alla remis-sione il 70% circa dei pazienti affettida malattia di Cushing. Come dettosopra, l’identificazione e l’asportazio-ne del tumore in corso di interventocostituiscono un indice predittivofavorevole per un buon esito dell’in-tervento stesso, mentre reperti pre-operatori come la visualizzazioneradiologica dell’adenoma o i livelliplasmatici di cortisolo o di ACTHnon rivestono valore prognostico.Chiare implicazioni prognostichederivano invece dalla presenza di unmacroadenoma. Infatti, in presenza diun tumore ipofisario di dimensionisuperiori ad 1 cm, l’intervento risultarisolutivo solo nel 50% dei casi e puòanche richiedere un approccio chirur-gico transcranico.

Reintervento ipofisarioIn caso di insuccesso del primo

intervento è possibile reintervenireeffettuando un’emiipofisectomia o,in pazienti adulti e/o non interessati

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Terapia della malattia di Cushing

alla fertilità, una ipofisectomia tota-le. Questo approccio, consigliato daalcuni Autori, ha tuttavia una per-centuale di successo inferiore al 50%(1). Anche un’ipofisectomia totale,infatti, può non essere seguita daremissione, probabilmente a causadell’infiltrazione di cellule adeno-matose nella dura madre. Infine, unanuova esplorazione ipofisaria puòessere presa in considerazione neicasi di recidiva o quando sia necessa-

rio un debulking tumorale rapido enon sia consentito aspettare l’esitodella radioterapia.

Complicanze dell’intervento ipofisarioIposurrenalismo secondario postopera-

torio: Come già detto, la completarimozione del tumore ipofisariosecernente ACTH è seguita da uniposurrenalismo derivante dallostato di inibizione funzionale dellecellule corticotrope normali. Nesegue che, per evitare una crisi ipo-surrenalica postoperatoria, si deveprovvedere ad un’adeguata coperturasteroidea subito prima dell’interven-to (200 mg di idrocortisone i.m. oe.v.), nell’immediato postoperatorio(300 mg/die di idrocortisone i.m. oe.v.) e successivamente (cortone ace-tato 25-37,5 mg/die a scalare) per unperiodo variabile da 6 mesi ad oltre1 anno, tempo necessario per unaripresa della normale secrezione diACTH (Tabella 2).

Complicanze chirurgiche: L’esplora-zione ipofisaria è un intervento soli-tamente ben tollerato, nonostante lecondizioni cliniche talora scadentidi questi pazienti. L’intervento tras-sfenoidale ha, infatti, una mortalitàprossima allo zero e una morbilitàinferiore al 5%, che riguarda soprat-tutto i macroadenomi (5). Le com-plicanze più frequenti sono rappre-sentate da diabete insipido con ipo-

Tabella 1 – Criteri per definire la remissionedopo adenomectomia ipofisaria.

Tabella 2 – Follow-up del paziente in remis-sione dopo adenomectomia ipofisaria.

TABELLA 1

Segni clinici di iposurrenalismoAsteniaIpotensioneArtralgieDesquamazione cutaneaIperkaliemia

Criteri biochimiciCortisolo plasmatico ai limiti inferiori o al di sotto dei valori normaliCortisolo libero urinario ai limiti inferiori della normaNormale inibizione del cortisolo dopo 1 mg desametasoneCortisolo plasmatico alla mezzanotte <7,5 μg/dl

Criteri prognostici favorevoli (basso rischio di recidiva)Risposta di ACTH e cortisolo assente al test con CRH e con desmopressina

TABELLA 2

N.B. Tutte le valutazioni vanno effettuate dopo almeno 24 h di sospensione della terapia sostitutiva

1. 7-10 giorni dopo l’intervento: - stabilire presenza di iposurrenalismo (cortisolo plasmatico ed urinario) e rischio di recidiva (test alCRH)- impostare terapia steroidea sostitutiva (cortone acetato 25-37,5 mg/die)

2. Dopo 3 mesi:- valutare la funzione surrenalica (cortisolo plasmatico ed urinario). Se cortisolo plasmatico ≤10μg/dl proseguire con terapia sostitutiva, cercando di ridurre il dosaggio

3. Dopo 6-8 mesi:- valutare la funzione surrenalica come sopra. Se cortisolo plasmatico ≤10 μg/dl proseguire conterapia sostitutiva, cercando di ridurre ulteriormente il dosaggio

4. Dopo 12-18 mesi:- valutare la funzione surrenalica. Se cortisolo plasmatico >10 μg/dl, sospendere gradualmente laterapia sostitutiva, somministrando steroide solo in caso di eventi stressanti- valutare la risposta al test al CRH: un picco di cortisolo >20 μg/dl attesta una completa ripresa fun-zionale dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene

5. Con cadenza annuale:- valutare la funzione surrenalica (cortisolo plasmatico ed urinario)- valutare la risposta al test alla desmopressina: la ricomparsa di una risposta potrebbe indicare unarecidiva della malattia

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vento ipofisario, anche quello surre-nalico andrà preceduto e fattoseguire nei giorni successivi all’in-tervento, da un trattamento paren-terale con dosi generose di idrocor-tisone (300 mg/die i.m. o e.v.) alfine di prevenire una crisi iposurre-nalica postoperatoria.

TERAPIA RADIANTE

La terapia radiante può trovareindicazione in diverse condizioni: 1) rimozione incompleta di macroa-denoma ipofisario; 2) recidiva diadenoma ipofisario non operabile; 3) profilassi della sindrome diNelson nei pazienti sottoposti a sur-renectomia bilaterale. Essa è indica-ta solo se l’adenoma ipofisario è visi-bile, poiché il fascio di radiazionideve essere il più possibile focalizza-to su un bersaglio tissutale preciso.Pertanto, non possono essere irradia-ti quei pazienti con recidiva o persi-stenza di malattia dopo interventoipofisario nei quali la risonanzamagnetica nucleare non visualizzachiaramente la lesione adenomatosa.

La terapia radiante può essere con-dotta secondo diverse modalità: 1) radioterapia convenzionale (som-ministrazione di 42-45 Gy fraziona-ti in 20-25 sedute, ciascuna di 1,8-2Gy, nell’arco di circa un mese) tra-mite collimazione a tre campi oppu-re acceleratori lineari; 2) radiotera-pia stereotattica, definita ancheradiochirurgia. Può essere effettuatacon protoni oppure particelle α, conuna tecnologia disponibile solo inpochi centri al mondo e comunquenon in Italia, oppure mediante γknife, procedura che consente diimpartire oltre 100 Gy, emessi dapiù di 200 emittenti di cobalto60

perfettamente collimate su di un’a-rea di 4-18 mm di diametro, inun’unica seduta. Questo tipo diradioterapia, disponibile in Italia,minimizza l’irradiazione dei tessutiadiacenti all’area bersaglio (cosid-detto “fall off”) e trova applicazione

natriemia, che in genere si risolvespontaneamente nel giro di 5-10giorni, rinorrea da fistola liquorale,cefalea, epistassi ed ematomi perina-sali. Più temibile, ma fortunatamen-te rara, è l’infezione meningea, cheva trattata in modo deciso con tera-pia antibiotica. Raramente l’inter-vento di adenomectomia ipofisariacomporta un deficit secretorio di altriormoni ipofisari, fatta salva ovvia-mente l’ipofisectomia totale.

SURRENECTOMIA BILATERALELa surrenectomia totale bilaterale

trova indicazione dopo il fallimentodi interventi ipofisari, allorquando laterapia radiante non può essere effet-tuata e quella farmacologica non èsufficientemente efficace o tollerata ocomunque non può essere previstacome permanente. La surrenectomiaconsente la rapida risoluzione dell’i-percortisolismo a scapito, ovviamen-te, della necessità di una terapia ste-roidea sostitutiva permanente.L’intervento, tendenzialmente accan-tonato negli ultimi 20 anni anche peri concomitanti progressi della chirur-gia ipofisaria, è stato recentementericonsiderato grazie principalmenteall’evoluzione delle tecniche laparo-scopiche (6). Esso viene propostosoprattutto per pazienti con quadroclinico particolarmente grave e cheper questo non possono attendere alungo i risultati di altri tipi di tratta-mento. In passato, la surrenectomiaveniva effettuata a cielo aperto per vialaparotomica o lombotomica retrope-ritoneale ed era gravata da un’impor-tante morbilità e mortalità, rispetti-vamente 13% e 7% (7). Per contro,con le moderne tecniche laparoscopi-che che consentono la rimozionedelle due ghiandole in meno di 4 ore,le complicanze dell’intervento sonoassai diminuite di numero ed entità.Sono controindicazioni alla surrenec-tomia per via laparoscopica la presen-za di coagulopatie importanti oppuredimensioni delle ghiandole surrenalisuperiori a 10 cm.

Complicanze della surrenectomiabilaterale

La surrenectomia totale bilaterale,che conduce alla correzione imme-diata e definitiva dell’ipercortisoli-smo pressoché in tutti i pazienti,può eccezionalmente essere seguitadalla permanenza di una secrezioneresidua, talvolta ancora eccessiva, dicortisolo. Questa evenienza è ingenere dovuta alla presenza di tes-suto surrenalico in sedi ectopiche epuò essere svelata da una elevazionedei livelli plasmatici di cortisolo inseguito alla somministrazione diACTH. Una complicanza ben piùfrequente e temibile è lo sviluppodi un macroadenoma ipofisariosecernente ACTH (sindrome diNelson) che può avere tendenzaall’invasività. Lo sviluppo tumoraleè favorito dalla mancanza del feed-back inibitorio dei glicocorticoidi,in quanto la terapia steroidea sosti-tutiva, per ragioni non del tuttoovvie, lascia l’ACTH plasmatico alivelli più alti che di norma. Questacomplicanza si verifica circa nel20% dei pazienti surrenectomizzati(1) e la sua incidenza può essereridotta praticando una radioterapiaipofisaria dopo la surrenectomia (6).Per contro, un precedente interven-to ipofisario non sembra proteggeredall’insorgenza della sindrome diNelson. Per le ragioni esposte, ilpaziente con malattia di Cushing,specie se di età inferiore a 35 anni,sottoposto a surrenectomia perrisolvere rapidamente le manifesta-zioni dell’ipercortisolismo, andreb-be sottoposto a terapia radiante 1-2mesi dopo l’intervento. Conse-guenza inevitabile, piuttosto checomplicanza, della surrenectomia èovviamente l’insufficienza surrenali-ca totale, che richiede una terapiasostitutiva permanente con glico- emineralocorticoidi. La terapia nondovrà mai essere sospesa, pena larapida insorgenza di una crisi surre-nalica con ipotensione, vomito,iperpiressia, ipoglicemia, iperpotas-siemia e iperazotemia. Come l’inter-

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Terapia della malattia di Cushing

elettiva negli adenomi che invadonoil seno cavernoso.

La radioterapia risulta efficace nel40-50% dei pazienti adulti (1, 8) enell’80% dei bambini (9), scegliendoopportunamente la modalità di irra-diazione. Gli effetti della radioterapiasi manifestano tuttavia solo dopo 8-24 mesi, con risultati definitivi dopo5-10 anni; pertanto, è spesso necessa-rio ricorrere ad una concomitanteterapia farmacologica nell’attesa che ilivelli di cortisolo si siano normaliz-zati (vedi Terapia Farmacologica). Laterapia radiante non è scevra da effet-ti collaterali, rappresentati dall’ipopi-tuitarismo, che interessa soprattuttol’ormone della crescita e le gonado-tropine e che si manifesta anche adistanza di anni dall’irradiazione, edalla lesione delle vie ottiche. Questecomplicanze, seppure divenute menofrequenti che in passato, rimangonopresenti anche con le tecniche di irra-diazione più evolute. Il rischio ditumori cerebrali indotti dalla terapiaradiante si aggira intorno al 2%,mentre vi è una possibilità del 12%

circa di recidiva dell’adenoma ipofi-sario.

TERAPIA FARMACOLOGICA

Nel complesso, la terapia farmaco-logica della malattia di Cushing nonha dato finora risultati risolutivi.Essa trova tuttavia impiego per cor-reggere o contenere l’ipercortisoli-smo, ad esempio in attesa dell’inter-vento ipofisario o degli effetti dellaradioterapia, oppure quando lamalattia non è altrimenti controlla-bile. I farmaci impiegati si suddivi-dono, a seconda della sede d’azione,in inibitori della steroidogenesi,antagonisti recettoriali dei glicocor-ticoidi e inibitori della secrezione diACTH. I farmaci del primo gruppoagiscono direttamente sul surrene econsentono di controllare in variamisura l’ipercortisolismo; alcuni diessi sono dotati anche di un effettoadrenolitico. Quelli del secondogruppo possono trovare impiego, ingenere per brevi periodi di tempo,per contrastare i quadri clinici piùgravi di ipercortisolismo. Gli inibi-tori della secrezione di ACTH confi-gurano un approccio teoricamentepiù razionale ma risultano purtrop-po poco efficaci sul piano clinico.

FARMACI INIBITORI DELLA STEROIDOGENESI

Appartengono a questa classediversi composti capaci di interfe-rire con una o più tappe enzimati-che della steroidogenesi surrenalica(Figura 2). Scopo di questa terapiaè di ridurre l’attività secretoria delcorticosurrene fino ad ottenere lanormalizzazione dei livelli di corti-solo libero urinario. L’intensità del-l’effetto di questi farmaci, tuttavia,non è facilmente prevedibile e nonè infrequente l’occorrenza di ipo-surrenalismo durante la loro som-ministrazione. È essenziale pertan-to monitorare attentamente ipazienti ed eventualmente instau-

Esplorazione ipofisaria

Remissionedell’ipercortisolismo

Recidiva

Follow-up

Remissioneduratura

Follow-up

Persistenzadell’ipercortisolismo

Terapiaradiante

Terapiafarmacologica

Surrenectomia

Remissione

RecidivaRemissione

Follow-up

Terapia steroidea sostitutiva permanenteFollow-up per possibile sindrome di Nelson

FIGURA 1

Figura 1 – Iter terapeutico nella malattia diCushing (=== indica un approccio terapeuticocombinato).

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(Figura 2). Esso è anche in grado diinibire l’attività secretoria dellacellula corticotropa ipofisaria atte-nuando in tal modo l’incrementocompensatorio dell’ACTH. La dosegiornaliera di ketoconazolo comu-nemente impiegata varia da 400 a1200 mg suddivisi in 2-3 sommi-nistrazioni. Questa posologia riescesolitamente a determinare unariduzione dei livelli di cortisololibero urinario che possono ancherientrare nei limiti di normalità,insieme ad un miglioramento delquadro clinico, segnatamente del-l’ipertensione. Con una posologiacorretta non è in genere necessarioaggiungere una terapia sostitutivacon glicocorticoidi. Il ketoconazolopresenta un’ottima tollerabilità.Tra i disturbi collaterali che il far-maco può indurre figurano cefalea,nausea, vomito, sonnolenza, gine-comastia e impotenza. L’effettoavverso più importante è costituitodall’epatotossicità, peraltro reversi-

rare una terapia sostitutiva con gli-cocorticoidi sintetici al fine di evi-tare una crisi iposurrenalica. Nonsi tratta ovviamente di una terapiacausale e quindi la sospensione delfarmaco è seguita dalla ripresadella malattia. Gli inibitori dellasteroidogenesi (Figura 3) possonoindurre effetti collaterali talora dinotevole entità e per questo siricorre talvolta alla loro associazio-ne, per raggiungere gli stessi risul-tati con dosaggi inferiori e quindicon minori reazioni avverse.

KetoconazoloIl ketoconazolo, un imidazolico

antifungino, è attualmente il far-maco più utilizzato per ridurre far-macologicamente la secrezione dicortisolo (10). Il farmaco agisceinibendo i citocromi mitocondrialicoinvolti nella prima e nell’ultimatappa della biosintesi del cortisolocatalizzate rispettivamente dalladesmolasi e dalla 11β-idrossilasi

Colesterolo

Colesterolodesmolasi

MitotanoKetoconazolo, etomidatoAminoglutetimide

Pregnenolone

Progesterone

17α-idrossilasi17OH-pregnenolone Deidroepiandrosterone

17,20-liasi

17β-idrossisteroido-deidrogenasi

MitotanoKetoconazolo, etomidatoAminoglutetimide

Desossicorticosterone

Corticosterone

17OH-pregesterone Androstenediolo

3β-idrossisteroldo-deidrogenasi Trilostano

11β-idrossisteroido-deidrogenasi

Testosterone

Estrone Estradiolo

AromatasiAminoglutetimide21-idrossilasi

17β-idrossilasi

11-deossicortisolo

CortisoloMetopirone

Cortisone

11β-idrossilasi

18-ossidasi

18OH-corticosterone

Aldosterone

Androstenediolo

FIGURA 2

Figura 2 – Tappe della steroidogenesi surre-nalica (●=== indica l’enzima inibito dai singolifarmaci).

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Terapia della malattia di Cushing

bile con la sospensione del farma-co, riscontrabile nel 10% circa deipazienti trattati. L’insorgenza diun’insufficienza epatica letale èverosimilmente di natura idiosin-crasica, in quanto appare indipen-dente dal dosaggio e dalla duratadella terapia.

AminoglutetimideL’aminoglutetimide è un compo-

sto dotato di attività inibitoriasulla desmolasi, l’enzima che cata-

lizza la prima tappa della steroido-genesi, sulla 11β-idrossilasi, e sul-l’aromatasi periferica la quale con-verte gli androgeni in estrogeni(Figura 2). La sua somministrazio-ne induce un’inibizione della sinte-si di tutti gli steroidi, compresol’aldosterone e pertanto è in generenecessario associare una terapia ste-roidea sostitutiva. A quest’ultimofine è opportuno utilizzare cortiso-lo anziché desametasone, in quantol ’aminoglutetimide accelera i lmetabolismo microsomiale di que-st’ultimo. Per sopperire alla caren-za di mineralocorticoidi può ren-dersi necessario somministrare ilfludrocortisone. La dose di amino-glutetimide comunemente impie-gata è di 1-2 g/die in monoterapiaoppure, a dosaggi inferiori, in asso-ciazione a ketoconazolo e/o meto-pirone. Circa la metà dei pazientitrattati con aminoglutetimide pre-senta sonnolenza, torpore, eruzionicutanee, nausea e va incontro adipotiroidismo, colelitiasi e, piùraramente, leucopenia e agranulo-citosi. Questi disturbi, peraltro,tendono a diminuire di intensitàcon il protrarsi della terapia, pro-babilmente per effetto dell’accele-razione del metabolismo dell’ami-noglutetimide indotta dal farmacostesso.

MitotanoIl mitotano (o,p’-DDD) è un deri-

vato dell’insetticida DDT che ini-bisce la desmolasi e la 11β-idrossi-lasi ed interferisce con il cataboli-smo del cortisolo. Il risultato finaleè una riduzione netta dei livelli dicortisolo libero urinario. Esso èinoltre dotato di attività citotossicasulle zone fascicolata e reticolaredel corticosurrene. Il mitotano èuna molecola liposolubile e pertan-to si accumula nell’organismo perlungo tempo, ciò che contribuiscea ridurre la maneggevolezza dellaterapia. Esso induce anche diversienzimi epatici, potenziando il suostesso catabolismo così come quel-

Figura 3 – Struttura chimica dei farmaci inibi-tori della steroidogenesi.

FIGURA 3

Ketoconazolo

CH2 O N N COCH3

CI O

CI N

N

C C

N NCH3

CH3

CH3 CH

CH3CH2OOC N

CH

OH

ON

N

N CCH3

CH3

CH2H3

NH2

CO

OO

H

O N O

H

C C CH3

C CI

CI

CI CI

O

O

CH2

Metopirone Mitotano

Etomidato Mifepristone (RU-486)

Trilostano Aminoglutetimide

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e gli androgeni. La terapia con meto-pirone consente una rapida riduzionedella secrezione surrenalica e puòessere utilizzata, come il ketoconazo-lo, in attesa degli effetti della radio-terapia ipofisaria. Il dosaggio giorna-liero del farmaco varia da 2 a 4 g sud-divisi in tre dosi da assumersi aipasti. Per stabilire l’adeguatezza dellaposologia è necessario monitorare ilivelli di cortisolo libero urinariofacendo attenzione ad impiegare unametodica di dosaggio che non ricono-sca anche l’11-desossicortisolo, penail rischio di sottostimare l’effetto ini-bitorio del farmaco ed indurre unacrisi iposurrenalica. Il metopirone èin genere discretamente tollerato,potendo tuttavia indurre disturbigastrointestinali, vertigini, cefalea,sonnolenza ed eruzioni cutanee.Nelle donne, l’aumento dei livelliplasmatici di androgeni può portaread irsutismo e acne.

L’etomidato e il trilostano non sonoutilizzati comunemente nella praticaclinica. L’etomidato è un imidazolicocome il ketoconazolo e viene impie-gato nell’induzione dell’anestesia.Esso agisce bloccando la 11β-idrossi-lasi e la colesterolo desmolasi. Le dosiimpiegate per contrastare le manife-stazioni cliniche acute dell’ipercorti-solismo sono di 0,3 mg/Kg/h in infu-sione e.v., ben inferiori alle dosi ipno-tiche. Il trilostano, invece, è uno ste-roide sintetico che agisce come inibi-tore competitivo della 3β-steroido-deidrogenasi. Viene solitamenteimpiegato al dosaggio di 240-1400mg/die e, poiché riduce anche la sin-tesi di aldosterone e testosterone, puòportare a disturbi elettrolitici, ridu-zione della libido e impotenza. Il far-maco può indurre inoltre diarrea,dolori addominali, nausea, sensazioneurente delle mucose e cefalea.

FARMACI ANTAGONISTI DEI RECETTORI PER I GLICOCORTICOIDI

Il mifepristone (RU 486), identifica-to dapprima come antiprogestinicoe utilizzato quindi come farmaco

anticoncezionale, è stato solo recen-temente introdotto in Italia. Essocompete con il cortisolo per il lega-me con i suoi recettori citosolici,antagonizzandone quindi l’azione. Ilfarmaco viene elettivamente impie-gato per contrastare le manifestazio-ni cliniche più gravi dell’ipercorti-solismo tra cui le crisi psicoticheacute. La posologia riportata nellevarie sperimentazioni varia dai 5 ai20 mg/Kg/die (13). In virtù del suomeccanismo d’azione, il mifepristo-ne blocca peraltro anche l’attivitàdei glicocorticoidi esogeni, impe-dendo quindi il trattamento di uneventuale iposurrenalismo iatroge-no. Attualmente, il mifepristone èimpiegato essenzialmente nella sin-drome di Cushing di origine para-neoplastica non controllabile conterapia farmacologica e chirurgica,mentre la malattia di Cushing è peril momento espressamente esclusadalle indicazioni ministeriali perl’uso di questo farmaco.

FARMACI INIBITORI DELLA SECREZIONE DI ACTH

Questi farmaci riducono la secre-zione ipofisaria di ACTH interfe-rendo con l’attività dei sistemineurotrasmettitoriali di controllo.Essi comprendono agonisti dopa-minergici e GABAergici e antago-nisti serotoninergici. Ad onta diun razionale inconfutabile, come lapresenza di recettori dopaminergiciD2 sulla cellula corticotropa, l’effi-cacia di questi farmaci è stata pre-valentemente oggetto di neurotra-smettitoriali osservazioni aneddoti-che e pertanto nessuno di essi puòattualmente essere raccomandatoper l’impiego clinico routinario.

Tra gli agonisti dopaminergicisono state impiegate, ad alte dosi,la bromocriptina (17,5-40 mg/die peros in 2-3 somministrazioni) e lacabergolina (fino a 2 mg/die in unicasomministrazione). Questi tratta-menti risultano in genere efficacidopo diversi mesi in una minoran-

lo di altri farmaci, tra cui il desa-metasone e il fludrocortisone. Aifini di una terapia steroidea sosti-tutiva è quindi bene utilizzareprednisone e idrocortisone. Sonoriportati casi trattati con successoper lunghi periodi di tempo, neiquali è stato possibile raggiungerela remissione della malattia e addi-rittura sospendere la terapia adre-nolitica (11). In questi casi, oltreall’effetto citotossico sulle cellulesurrenali, è stato ipotizzato uneffetto diretto del farmaco sullecellule corticotrope ipofisarie. Laposologia usuale è di 1-4 g/die, mapuò essere necessario ridurre ildosaggio per la comparsa di impor-tanti effetti collaterali quali ano-ressia, nausea, vomito, diarrea, ver-tigini, lesioni dei nervi ottici, eru-zioni cutanee. Più raramente sipossono osservare letargia e confu-sione mentale, atassia, leucopenia eartralgie, mentre un’evenienzacomune è rappresentata dalla com-parsa di ipercolesterolemia, peral-tro agevolmente controllabile con icomuni ipolipemizzanti. Le reazio-ni avverse possono essere invali-danti e sembrano associate ad ele-vati livelli plasmatici del farmaco.È pertanto opportuno monitorarele concentrazioni plasmatiche dimitotane che non devono superare14 mg/dl.

Altri inibitori della steroidogene-si, non in commercio in Italia e quidi seguito elencati, possono essereimpiegati in alternativa o in associa-zione al ketoconazolo ed all’amino-glutetimide.

Il metopirone inibisce l’enzima checatalizza l’ultima tappa della sintesidel cortisolo, la 11β-idrossilasi(Figura 2). L’aumentata secrezione diACTH derivante dalla riduzione delfeedback negativo del cortisolo e laconseguente stimolazione surrenalicanon pregiudicano l’efficacia del far-maco (12), mentre portano ad unaccumulo dei precursori del cortisolotra cui figurano l’11-desossicortisolo

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Terapia della malattia di Cushing

za di pazienti (30-40% dei casi),talora anche con riduzione di volu-me dell’adenoma ipofisario (14).Dosi così elevate di questi farmaciinducono spesso effetti collateralidifficilmente tollerabili rappresen-tati da epigastralgie, nausea, cefa-lea ed ipotensione.

L’agonista GABAergico maggior-mente sperimentato nella malattiadi Cushing è il sodio valproato .Questo farmaco aumenta i livellisinaptici di GABA interferendocon la sua ricaptazione ed inibendol’attività della GABA transamina-si; l’aumento del tono GABAergicocentrale ridurrebbe la secrezioneipotalamica di CRH e per questavia quella ipofisaria di ACTH.Somministrato per diversi mesialla dose di 600-1.200 mg/die sud-divisi in 3 somministrazioni, il far-maco ha indotto un significativomiglioramento o la remissionedella malattia in alcuni pazienti(15). Gli effetti collaterali sonoprincipalmente a carico del fegatoe del metabolismo lipidico.

Due farmaci antiserotoninergici,somministrati ad alte dosi, hannoriportato qualche successo nellamalattia di Cushing, la ciproeptadi-na (24-32 mg/die) e la metergolina(10-15 mg/die). Si tratta di farmacinon specifici in quanto la ciproep-tadina possiede anche un’azioneantiistaminica, mentre la metergo-lina svolge un’attività dopaminer-gica. In che misura il loro effettosia dovuto a queste ultime azionipiuttosto che all’inibizione dell’ef-fetto stimolatorio della serotoninasul CRH e sull’ACTH non è chia-ro. Le segnalazioni aneddotichesull’uso di questi farmaci (16)riportano anche una discreta effica-cia del loro impiego in associazionecon il ketoconazolo. Tra gli effetticollaterali figurano sonnolenza,aumento dell’appetito e del pesocorporeo ed epigastralgie.

Complessivamente, i farmaci ini-bitori della secrezione di ACTHrisultano efficaci in non più del

30% dei pazienti trattati. L’effettosi manifesta in genere tardivamen-te e sono frequenti i casi di “scap-pamento” in corso di terapia. Inogni caso, i benefici del trattamen-to scompaiono con la sospensionedel farmaco. Solo raramente sonostate riportate remissioni di lungadurata dopo cessazione della tera-pia. Si è fatto anche ricorso, conrisultati alterni ma in generale nonconvincenti, alla somministrazionecombinata di diversi di questi far-maci.

MALATTIA DI CUSHING IN GRAVIDANZA

Nei casi in cui la malattia diCushing insorga o sia diagnosticatain gravidanza, l’approccio terapeu-tico è differente a seconda dellagravità del quadro clinico e dell’e-poca di gestazione in cui la diagno-si viene formulata. Se il quadro cli-nico e laboratoristico dell’ipercor-tisolismo è blando ed insorto negliultimi mesi di gestazione, mani-festandosi essenzialmente con au-mento ponderale, diabete, striepurpuree ed ipertricosi, è preferibi-le proseguire la gravidanza attuan-do un approccio conservativo (tera-pia insulinica, monitoraggio dellapressione arteriosa e dell’albumi-nuria), rimandando la correzionechirurgica della malattia a dopo ilparto. Per contro, un quadro clini-co florido, riconosciuto nel 1° o 2°trimestre di gravidanza, deve esseretrattato per salvaguardare la madree il nascituro; in questo caso èindicato l’intervento chirurgico, daeffettuarsi tra il 4° ed il 6° mese.Se invece la malattia di Cushing siè manifestata nell’ultimo trimestree sono presenti complicanze gravi-diche come gestosi o iposviluppofetale, allora può essere impiegatala terapia medica. A questo riguar-do sono stati utilizzati con successoe senza effetti teratogeni sia ilketoconazolo che il metopirone.

TERAPIA DELLE COMPLICANZEDELLA MALATTIA DI CUSHING

La malattia di Cushing comportauna serie di complicanze cherichiedono un trattamento appro-priato, almeno fino ad avvenutacorrezione dell’ipercortisolismo. Inparticolare, questi pazienti possonorichiedere una terapia antiiperten-siva, antidiabetica (per lo più sonosufficienti gli antidiabetici orali),gastroprotettiva, antiosteoporotica,oppure diretta a ridurre la pressio-ne endooculare nel caso di glauco-ma. Anche le alterazioni psichiche,dalle forme depressive a quellemaniacali, possono richiedere unintervento psicofarmacologico spe-cifico. Dopo la correzione dell’iper-cortisolismo è spesso possibileridurre la posologia dei farmaci oaddirittura sospenderli del tutto,mentre è bene proseguire la terapiaper l’osteoporosi fino a normalizza-zione del quadro osseo.

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QUADRO SINOTTICO DEI FARMACI CITATI

Sostanza farmaceutica Nome registrato

Ketoconazolo Nizoral

Aminoglutetimide Orimeten

Mitotano Lysodren

Metopirone Metopiron (non in commercio in Italia)

Etomidato Hypnomidate (non in commercio in Italia)

Trilostano Modrenal (non in commercio in Italia)

Mifepristone (RU 486) Mifegyne

Bromocriptina Parlodel

Cabergolina Dostinex, Cabaser, Actualen

Sodio valproato Depakin

Ciproeptadina Periactin

Metergolina Liserdol

Idrocortisone Flebocortid, Solucortef

Cortone acetato Cortone