tesina di vittorio casillo
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Tesina di Vittorio CasilloTRANSCRIPT
Anni accademici 2009/2010-2010/2011
RELAZIONE FINALE
Corso Biennale di Perfezionamento in
Tecniche educative e didattiche nella società della conoscenza: Tecnologie didattiche, nuovi
scenari della comunicazione, cambiamenti della società
PERF.006
L’ESSERE COMUNICANTE(La fiaba del pifferaio magico)
RELATORE : PROF. CARMINE PISCOPO CORSISTA: VITTORIO CASILLO
INDICE
Prefazione p. 3
1. Essere comunicante p. 6
2. Oltre il nichilismo mediatico p. 10
3. Un caso nazionale: la lezione hi-tech p. 17
Conclusioni p. 21
Bibliografia p. 23
Sitografia p. 24
2
PREFAZIONE
Le incessanti trasformazioni nel campo della comunicazione,
dovute al mutato ruolo del mezzo mediatico, che in termini spazio-
temporali imposta ritmi tali da stravolgere la durata cronologica
dell’uomo, hanno prodotto un salto creativo che, di fatto, rende non
pienamente gestibile le stesse alterazioni apportate.
Emblematico è l’esempio della memoria digitale, che pure riconducendo
ad una cultura, quella dell’accumulo delle informazioni, sfavorisce
l’aspetto puramente relazionale, tipico di un vero dialogo, e
inevitabilmente finisce con il provocare una vera e propria “deriva
comunicativa” 1 .
In ambito epistemologico poi, affascinante è i l paragone proposto da
Marc Augé 2 , i l quale prefigura la posizione dello studioso, nella
fatt ispecie quella dell’antropologo, alla stessa stregua di Fabrizio Del
Dongo, celebre personaggio dell’opera di Stendhal: entrambi sanno che
c’è una “battaglia” in corso, ma non ne vedono lo svolgimento.
Come il protagonista del romanzo, lo studioso transalpino ammette la
visione opaca, rispetto al contesto contemporaneo, nel constatare le
difficoltà implicite nei cambiamenti e nelle trasformazioni prodotte dalla
mondializzazione.
Il rischio è quello di trovarsi “di fronte ad una realtà globale in continuo
movimento che disconnette lo spazio e i l tempo, alterando la nostra
percezione delle cose”3 , ponendo l’individuo alla ricerca di aree
relazionali.
Aree che risultano essere dei “non luoghi”, cioè “ spazi di circolazione,
di consumo e di comunicazione, vale a dire quei luoghi in cui tutti noi
c’imbattiamo quasi quotidianamente: aeroporti, supermercati , aree di
1 Cambi F. e Toschi L., La comunicazione formativa. Strutture, percorsi, frontiere, Apogeo, Milano 2006, p. 3 e ss.2 Gambaro F., MARC AUGÈ- Così Internet è diventata la nostra realtà (R2 CUL-TURA), La Repubblica, 27/07/2011, p. 39.3 Ivi.
3
servizio, ecc. […] se i luoghi sono spazi dove è possibile decifrare
relazioni sociali e forme di appartenenza, i non luoghi al contrario sono
privi di storia e di relazioni con chi li frequenta solo di passaggio.
Sono luoghi senz’anima e senza identità… ” 4 .
Accumulo d’informazioni e difficoltà nell’inquadrare parametri
conoscitivi uniformi con i quali stabilire margini efficaci di
comportamento, senza dubbio, rappresentano uno “strumento diabolico” e
una “finestra sul mondo” che offrono continuamente immagini di vita e
modelli identificativi spesso con un fortissimo scarto rispetto
all’esperienza reale 5 .
Il Novecento è stato il secolo che storicamente ha fissato le
contraddizioni epistemiche tra l’individuo in quanto tale ed il suo essere
conglobato.
In modo rilevante ne hanno palesato tale confusa condizione sia le
scienze umane che l’ambito letterario (i l pirandelliano “Uno, nessuno e
centomila”), fino alla celebrazione della globalizzazione, laddove
sembrerebbe che quest’ultima abbia definitivamente posto la tecnologia
al centro dell’esistenza, tanto da de-strutturare definitivamente l’io.
Il cogito , in altre parole il “pensiero forte”, è stato minimizzato e reso
“molteplice” nell’interpretazione di sé, dell’altro da sé e del mondo. 6
Tale molteplicità ha evidenziato un’enorme crepa esistenziale tanto
nell’individuo quanto nel suo habitus sociale.
La percezione di sé inevitabilmente muta, si trasforma in un mondo
nuovo in cui l’esperienza della vita appare come qualcosa di
estemporaneo e immateriale.
La stessa corporeità, tradizionalmente intesa come un sistema di
assimilazione delle sollecitazioni esterne a cui si adattano le strutture
psicomotorie dell’individuo, finisce con il relazionarsi con apparati
cibernetici e tecnologici piuttosto che fisici in senso stretto 7 .
4 Gambaro F., MARC AUGÈ- Così Internet è diventata la nostra realtà, cit., p. 39.5 Cambi F., Abitare il disincanto. Una pedagogia per il postmoderno, UTET, Torino 2006, p. 526 Ibidem.7 Mariani A. (a cura di), Corpo e modernità. Strategie di formazione, Unicopli edizioni, Milano 2004, p. 192 e ss.
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L’approccio sensoriale, tipico di ogni forma d’interazione tra i soggetti ,
lascia i l campo ad un tipo di “conversazione” asettica, che rimanda a
quello stato di frustrazione ben narrato da Isaac Asimov, autore tra
l’altro del celeberrimo “The fun they had” (Chissà come si
divertivano!) 8 .
In quel racconto, ambientato nell’anno 2157, veniva evidenziato il senso
di disagio della piccola protagonista, Margie, costretta a studiare a casa
con un insegnante meccanico, immaginando, con non poco rammarico,
una scuola con altri bambini dove divertirsi e leggere un vero libro di
carta insieme ad un maestro in carne ed ossa.
8 Asimov I., Chissà come si divertivano! , Tutti i racconti, Arnoldo Mondadori, Milano 1991.
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1. L’ESSERE COMUNICANTE
La comunicazione è divenuta centrale nella società contemporanea,
sempre più governata da tecniche e strumenti di interscambio in grado di
liberare quanto di soggiogare l’uomo 9 .
La visione del mondo, quello reale, ci consegna dunque un soggetto
umano completamente stravolto rispetto al passato.
La parcell izzazione del singolo, si è detto, è stata la fase finale dello
storico processo corrosivo della persona, ma, di fatto, il vuoto creatosi
finisce con l’avvalorare le tesi di quelli che vedono il “cittadino globale”
irretito in un inarrestabile senso di smarrimento. A tal proposito,
l’incertezza, l’insicurezza esistenziale, l’assenza di garanzie diventano
specchi deformanti dell’Unsicherheit 1 0 .
Il paradigma della precarietà, sempre più eloquente in tutti i settori della
quotidianità (lavoro, scuola, economia, ecc.), e del senso stesso di
appartenenza ad una comunità, la cittadinanza per intenderci, appaiono
paradossi inspiegabili in seno ad una società multietnica e culturale, che
vede nella comunicazione, nel contatto con l’altro, il feed-back
dell’esistenza.
Il contrasto che ne scaturisce è purtroppo evidente, il divario tra reality e
realtà, tra virtuale e concreto, colloca il congegno educativo non più in
una posizione privilegiata di osservatore esterno di un cambiamento
storico (quello che vede protagonisti il “mondo-cit tà” e la “città –
mondo”) 1 1 , ma quale disposit ivo interno in confli tto tra il suo essere
9 Cambi F. e Toschi L., La comunicazione formativa. Strutture, percorsi, frontiere, cit., p.158.10 Bauman Z., La solitudine del cittadino globale (Saggi Universale Economica Feltrinelli), Feltrinelli Editore, Milano 2008. (postfazione a cura di Alessandro del Lago- traduzione a cura di Giovanna Battini), p.13: “Le più infauste e dolorose tra le angust ie contemporanee sono rese perfet tamente dal termine tedesco Unsicherhei t , che designa i l complesso del le esperienze def ini te nel la l ingua inglese Uncertainty [Incertezza], Insecurity [Insicurezzza esis tenziale]e Unsafe ty [Assenza di garanzie di s icurezza per la propria persona, precarietà] . Le is t i tuzioni pol i t iche esis tent i , che dovrebbero sostenerle ne lla lot ta contro l’ insicurezza, sono di scarso aiuto. In un mondo carat ter izzato da una rapida globalizzazione, ne l quale una larga fet ta di potere, e la fet ta più importante, è preda del la pol i t ica, queste is t i tuzioni non possono fare granché per of fr ire s icurezza o certezza ” .
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paideia (linea guida sì , ma quale?) e maieutica (dialogare anche, ma
come?).
Indispensabile, pertanto, è i l bisogno di recuperare la direzione
dell’educazione, preservandone i capisaldi del paradigma della “cura”. 1 2
Tale criterio ci può resti tuire l’individuo nelle sue categorie esistenziali :
come autoriflessione e ricercatore di un orizzonte di senso
(cura di sé);
come paradigma alternativo, nonché vero e proprio
imperativo categorico capace di stabilire un rapporto empatico ed etico
con l’alterità (cura dell’altro);
infine, come responsabile di rinnovamento e salvaguardia
verso tutto ciò che implica una condotta morale e pedagogica
irrinunciabile (cura del mondo).
Ovviamente, tali presupposti pragmatici trovano fondamento nell’eredità
storica dell’educare, la quale risiede appunto nel carattere “polimorfo”
della pedagogia, nella sua specifica identità teorica di assumere nel
corso dei tempi diversi impianti mentali e metodologici , desunti dalla
mediazione dialett ica con le differenti scienze umane.
Questo se da un lato permette un dialogo con le trasformazioni
multimediali in atto, dall’altro ne salvaguarda la propria complessa
fisionomia, fissata nei cri teri della cura sui (educazione) e dello
sviluppo delle potenzialità soggettive (formazione) 1 3 .
In tale contesto, le nuove tecnologie riconfigurano le frontiere, le
modalità e l’ampiezza di campo delle strategie di formazione, soprattutto
quelle a distanza.
11 Gambaro F., MARC AUGÈ, Così Internet è diventata la nostra realtà, cit., p. 39: “ i l pr imo è la real tà global izzata degl i af fari , dei media e del turismo. Un mondo come un’unica ci t tà uni f icata dai mezzi di trasporto e dal le re ti di comunicazione che propongono un immagine ideal izzata del pianeta, dove tut to circola e tut to è raggiungibi le , dove ovunque s i r i trovano le medesime valenze estet iche, archi tet toniche e tecnologiche . Al l’opposto c’è la c i t tà-mondo, la megalopoli concreta che accogl ie tut te le diversi tà de l pianeta e le sue contraddizioni , uno spazio circoscri t to dominato dal l’esclusione sociale e at traversato dalle front iere interne che designano una real tà urbana mol to più r igida, immobile , di f ferenziata del l ’ immagine ideale proposta dal mondo-ci t tà” .12 Boffo V. (a cura di), La cura in pedagogia. Linee di lettura, CLUEB, Bologna 2006, p. 26.13 Ibidem, p. 101.
7
Grazie alla loro applicazione, si pensi alle reti telematiche, anche al di
fuori delle sedi formative isti tuzionali risulta ipotizzabile progettare un
sistema di formazione continua, flessibile nel tempo e nello spazio.
Simili innovativi sistemi rispondono a molteplici aspetti relativi
all’apprendimento 1 4 .
Accessibil ità al sistema, schematizzazione di percorsi modulari,
l’organizzazione strutturata su tematiche interdisciplinari , l’assenza di
simultaneità tra insegnamento e apprendimento, ripetibilità dei percorsi,
forma di comunicazione aperta (i forum per esempio), costituiscono solo
alcune delle tante possibilità di sviluppo sia dell’apprendimento in
quanto tale che di stimolo alla ricerca individuale e/o di gruppo.
Di base vi è il convincimento che l’uomo sia per sua natura un ”essere
comunicante” 1 5 , predisposto all’interazione 1 6 e dotato di strumenti
linguistici ed espressivi determinanti per il progressivo sviluppo del
linguaggio 1 7 .
Ciò che evidentemente viene a modificarsi è il campo della
comunicazione stessa, sicuramente sempre più condizionato dal medium
rispetto alla sua forma espressiva.
14 Mariani A., La comunicazione formativa. Strutture, percorsi, frontiere, cit., p. 158.15 Boffo V., Per una comunicazione empatica. La conversazione nella formazione familiare, ETS, Pisa 2005, p. 28.16 vedi Petrosino S.R., Donna e feto. Comunicazione psicofisica in gravidanza, Loffredo, Napoli, 1996.17 Boffo V., Per una comunicazione empatica. La conversazione nella formazione familiare, cit., p. 63 e ss. In sintesi si possono individuare due matrici entro le quali si diramano le diverse teorie della conversazione: la prima, riguarda le pratiche e i metodi con cui i soggetti costruiscono il loro discorso; la seconda, invece, è legata alla teoria degli atti linguistici. Connessi alla prima matrice risultano essere gli studi in ambito etnometodologico, all’interno del quale studiosi, Garfinkel (fondatore della disciplina di riferimento), Goffman e Sacks per citare alcuni esempi, hanno evidenziato come l’analisi conversazionale” presupponga la capacità da parte dei conversanti di attuare ragionamenti che dimostrino la validità dei propri ragionamenti. Alla seconda matrice, viceversa, fanno riferimento quei modelli filosofici legati alla “interazione verbale”, di cui si possono citare autori quali Austin (capofila e teorico degli atti linguistici), Habermas (teoria dell’agire comunicativo), Ricoeur (semantica dell’azione), Apel (a-priorismo interpretativo), Rorty (comunicazione formativa). Nell’ultimo ventennio, però, le due metodologie hanno trovato un punto d’incontro nelle disparate discipline inserite in ambito sociologico, evidenziando una “svolta interazionista”, dovuta alla scuola francese rispetto a quella americo/anglosassone e tedesca, che di fatto mostra come il contesto dei conversanti venga di volta in volta ridisegnato al di là del loro status sociale e culturale. A tal proposito, si ricordano gli studi di Caillè (la parola come dono), ma anche di Grice (implicatura conversazionale), Ricci Bitti e Zani (intenzionalità della conversazione), non ultimi quelli di Cambi (il telos comunicativo).
8
Comunque, proprio per la sua predisposizione all’interazione tra
soggetti , non necessita di un approccio esclusivamente negativo.
Come si tenterà di dimostrare, anche attraverso l’esempio che verrà
riportato in seno al III capitolo di questo lavoro, tale campo può essere
visto anche come opportunità di confronto e operatività sociale, quindi
scolastica.
9
2. OLTRE IL NICHILISMO MEDIATICO
La conversazione, fino all’avvento del digitale, è stata considerata
la modalità di espressione della comunità umana occidentale, attraverso
la quale si è manifestata l’apertura verso l’altro da sé.
In l inea con la teoria rortyana, la conversazione ha permesso, e sotto
altre forme ancora permette, di introdurre i l modello di una
comunicazione formativa, dove la condivisione e la solidarietà
richiamano un alto ideale di formazione dell’umanità 1 8 .
In tale ott ica, la comunicazione si è posta e si pone come l’atto fondante
della soggettività umana, mediante i l riconoscimento dell’altro, con il
quale il soggetto parlante condivide l’universo del discorso.
La parola, pertanto, è il ponte della relazione, matrice dell’esistenza
umana, e cessa di essere pensiero soggettivo (l inguaggio egocentrico) per
“convergere”, in modo reciproco, nella dimensione dell’altro-da-me 1 9 .
Basti pensare alle teorie di Simmel, il quale ri tiene che la conversazione
sia fine a se stessa, si autoriproduca per i l puro piacere del conversare.
È dunque un’arte dell’intrattenimento, dove la reciprocità e la
comunicazione hanno un valore maggiore dei contenuti stessi della
comunicazione.
Il messaggio dunque, come elemento puramente prescrit tivo, viene
sosti tuito dal piacere dello “stare insieme”, giungendo ad una vera e
propria dimensione empatica 2 0 .
Ad avvalorare tale punto di vista le teorie di Rogers, che sperimentò
come sia possibile imparare dall’esperienza e soprattutto dall’ascolto:
“Comunicare è saper ascoltare”.
Ascoltando profondamente, difatti, è possibile sentire suoni e percepire
le forme del modo intero della persona che si ha di fronte.
18 Boffo V., Per una comunicazione empatica. La conversazione nella formazione familiare, cit., p.16.19 Ibidem, p. 29.20 Ibidem, p. 56.
10
Ragion per cui può esserci in chi ascolta una risonanza così profonda per
quello che l’altro asserisce al punto da intuirne i significati più
nascosti 2 1 .
Eppure con l’avvento della postmodernità gli schemi comunicativi
sembrano essere in crisi.
Il messaggio, come già detto, varia il campo degli interlocutori,
ponendosi quale intermediario che non sempre garantisce la piena
fluidità dell’intenzionalità dialogica, o peggio sottintendendo
modificazioni strutturali rispetto al suo essere manifesto.
Un esempio è quello del computer, con il quale prende vita un t ipo di
comunicazione mediata che modifica il rapporto tra i soggetti.
Comunicazione sincrona e asincrona sono le due t ipologie di tale
mediazione: nel primo caso, lo scambio comunicativo è immediato e
simultaneo, come avviene nelle videoconferenze e nelle chat; nel
secondo caso, si verifica uno scarto temporale nell’interazione tra due
soggetti , come accade nei forum e /o tramite e-mail .
La caratteristica comune è che le comunicazioni tra soggetti sono rapide,
perciò è necessario riequilibrare il confronto fra di essi attraverso una
“formazione” allo scambio comunicativo 2 2 , nella quale relazione e
apprendimento siano due dinamiche correlate, in costante rapporto tra
loro e i l sistema educativo, partendo dalle specifiche individualità dei
soggetti presenti , quali potrebbero essere in via ipotetica l’all ievo e i l
docente.
21 Boffo V., Per una comunicazione empatica. La conversazione nella formazione familiare, cit., p. 206.22 Boffo V., Comunicare a scuola. Autori e testi, Apogeo, Milano 2007, p. 12 e ss. In sintesi essi sono: a)
modello lineare: teorie di Shannon e Weaver ( passaggio dell’informazione da un soggetto o sistema ad
un secondo individuo o meccanismo); teoria linguistica di Jakobson (operazione di feedback: emittente-
messaggio-destinatario); b)Modello interattivo della comunicazione: Scuola di Palo Alto di Bateson
(modello della pragmatica della comunicazione umana), teoria degli atti linguistici di Austin e
l’interazionismo sociale di Goffman (analisi della conversazione quotidiana attraverso l’unità di
osservazione data dalla “coppia adiacente”)
11
Tale rapporto presuppone varie modalità di apprendimento, dando la
possibilità all’individuo di capire e interpretare il mondo attraverso
mezzi che prima non conosceva 2 3 .
Le dinamiche legate alla formazione, pertanto, esigono una
consapevolezza pedagogica del comunicare, poiché la postmodernità è
stata interpretata nei corsi degli ultimi anni in maniera per lo più
nichilistica 2 4 .
Da quanto fin qui affermato, la condizione del postmoderno non può
avvalersi di schemi formativi legati ormai ad una paideia classica, ma
facendo riferimento all’integralità e all’autonomia del soggetto si pone
come nuova condizione storica e quale parametro flessibile per la
formazione dell’individuo.
La pedagogia, sotto questo profilo, deve guardare con rinnovato senso
della ricerca, senza frustrazioni o smarrimenti metodologici.
Centro di tale ricerca è sempre lo sviluppo della “persona” 2 5 .
Essa implica una multiforme funzionalità nel complesso sistema di rete
tesa a favorire e a tutelare il proprio aspetto individualistico, nonché ad
inquadrarla come componente della società.
Pedagogicamente e in linea di continuità con quanto prima affermato, il
soggetto, laddove palesa la capacità di raccogliere l’aspetto molteplice
del proprio io, può recuperare i caratteri dell’unicità, della costruttività e
dell’ermeneutica del proprio essere, attraverso un percorso che
ricosti tuisca il proprio esser-ci in una prospettiva aperta.
In altre parole, quando è consapevole del suo continuo processo di
costruzione 2 6 .
Capace cioè di realizzare e realizzarsi in un rinnovato processo di
civilizzazione, quest’ultima intesa come categoria pedagogica che 23 Boffo V., Comunicare a scuola. Autori e testi, cit., p. 58.24 Galimberti U., L’ospite inquietante: il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano (Serie Bianca) 2008, p. 135: “Dopo la generazione dei giovani con il pugno chiuso […] siamo precipitati nel collasso della comunicazione: o perché non si ha niente da dire(“generazione X” degli indifferenti), o perché si è incapaci di stabilire relazioni (“generazione Q” dei sociopatici)”.25 Chiereghin F., Dall’antropologia all’etica: all’origine della domanda sull’uomo, Guerrini e Associati, Napoli 1997.26 Cambi F., Abitare il disincanto. Una pedagogia per il postmoderno, UTET, Torino 2006, p. 51.
12
dissemina la formazione in molti nodi della società, imponendosi quale
frontiera-chiave per capire l’educativo nel complicato percorso della
modernità.
Capace, inoltre, di costituire una rete di interventi educativi all’interno
della vita sociale stessa, dove svolge un ruolo “ambiguo” di governo,
proliferazione, crescita e sviluppo 2 7 .
Capace, infine, di raccogliere la sfida del tempo attuale, dove
l’alfabetizzazione e la globalizzazione tendono a sollecitare la
costituzione di una coscienza non più individuale, bensì “planetaria”, in
cui la maieutica, metodo e insieme modello nella prospettiva socratica,
appare obsoleta.
Occorre rivedere la comunicazione quale focus della formazione del
soggetto sociale e personale, esigendo una consapevolezza pedagogica
del comunicare nella e per la formazione e realizzando un processo
costituito da un fascio di itinera comunicativi , in cui il rapporto tra
formazione e comunicazione sia integrato e dialett ico.
Pertanto, se la formazione passa sempre di più attraverso i canali della
comunicazione, quest’ultima viene gestita dagli organizzatori stessi
delle informazioni, con effett i di subalternità a poteri ed apparati, che
esigono di essere esposti ed esaminati in maniera critica, e che del cui
potere ci si deve rendere consapevoli 2 8 .
In altri termini, la comunicazione è uno scambio tra soggetti regolati sia
da un bisogno intrinseco sia da una necessità sociale e culturale.
Vanno però distinte almeno due accezioni: come trasmissione e come
comunicazione in senso proprio.
La prima riguarda le informazioni, la seconda verte sugli atteggiamenti
dei soggetti.
Fissare i l telos della comunicazione, ben distinta dalla trasmissione, è un
compito preliminare di chi educa, consistente nel creare comunione, nel
disporsi in maniera radicale all’apertura l’uno con l’altro.
27 Cambi F., Studi sulla formazione, 1, Gedit Edizioni, Firenze 2006, p.10.28 Cambi F., Toschi L., La comunicazione formativa. Strutture, percorsi, frontiere, cit., p. 68.
13
Il connotato più alto di questa comunicazione trasparente è l’empatia 2 9 .
Ma proprio per i l suo essere in divenire, attraverso un percorso di
comprensione critica e di sviluppo autentico del comunicare si può
tentare di garantire, con strumenti specifici, una “ media education”.
A tal fine, risultano fondamentali alcuni fattori, tra i quali la conoscenza
delle regole dello scambio comunicativo (semiosfera e semiologia).
Tramite un’adeguata competenza del l inguaggio, difatti , si può avviare
un’analisi della comunicazione, partendo dal presupposto che il
messaggio, i l centro motore della comunicazione sempre più
condizionato dal mezzo, debba essere tutelato nella dialettica tra la
dimensione funzionalistica e quella crit ica, e favorito da un ritmo
alternato/ integrato alla formazione (ecologia e uso ecologico dei media),
nel rispetto del contesto e della storia in cui esso è stato pensato, in
modo da permetterne l’identificazione della struttura e delle
contraddizioni 3 0 .
Il dibattito tra promotori e i detrattori delle tecnologie all’interno di un
sistema educativo, si è evidenziato, si muove di pari passo con
l’evoluzione dei moderni (o forse meglio dire “contemporanei”)
strumenti di trasmissione.
Così facendo, i media hanno ridisegnato i tempi dell’azione in maniera
alternativa e seriale, scandendo a livello globale un’interminabile
sequenza d’informazioni che investono e invadono la quotidianità e le
sue categorie della presenza e della casualità 3 1 .
Ma oltre la ripetit ività, ciò che lascia addirittura sbalorditi sono
l’immediatezza e la simultaneità dell’informazione.
Un esempio eclatante, tra i tanti , l’insieme degli accadimenti negli ultimi
mesi, quando in diretta si è assistito inermi alla messa in onda delle
catastrofiche immagini dell’alluvione di Genova.
29 Cambi F. e Toschi L., La comunicazione formativa. Strutture, percorsi, frontiere, cit., p. 10130 Ibidem, p 67.31 Reda Gily C., Tempo e Comunicazione, Parresia editrice, Napoli 1996, p. 56.
14
Filmate da malcapitati protagonisti della vicenda stessa e trasmesse su
Internet, sono state oggetto, in rapida successione, di una speculazione
senza riserbo evidentemente dettata da logiche commerciali.
La ricerca spasmodica di nuove e più seducenti informazioni, o presunti
scoop da vendere al pubblico, così come la deformazione delle immagini
medesime, per gli stessi motivi prima enunciati, hanno rischiato di
inflazionare le attese e la partecipazione emotiva degli spettatori .
Diventa perciò preponderante, per il superamento di una visione
prettamente nichilistica, identificare logiche e metodologie consone allo
sviluppo del nuovo comunicatore.
A tal proposito, il rischio della deriva comunicativa, dunque educativa,
trova forse la più lucida analisi negli Orientamenti del ’91.
Redatti per la scuola dell’infanzia, a distanza di vent’anni, quasi in
maniera previsionale conservano delle indicazioni operative tali da poter
essere approfondite a tutti i livell i scolastici, avendo carpito
l’importanza e la capillarità delle sfide lanciate dalla tecnologica ai
bambini del tempo, gli adulti di oggi.
Soprattutto quando stabiliscono la priorità del recupero sia dell’aspetto
relazionale che creativo della comunicazione.
In un passaggio chiave, senza possibili tà di visione interpretative
subordinanti , i l testo degli Orientamenti recita in maniera chiara: “ La
scuola si adopera aff inché i linguaggi corporei, sonori e visuali più
accessibili ai bambini vengano accolti ed usati i l più consapevolmente e
correttamente possibile, al f ine di avviarli tempestivamente ad una
fruizione att ivamente crit ica dei messaggi diretti ed indirett i dai quali
sono continuamente investiti e, di conseguenza, di attrezzarli ad una
eff icace difesa nei confronti dei rischi di omologazione immaginativa ed
ideativa che la comunicazione mass-mediale comporta, in modo da porre
le basi per lo sviluppo di una creatività ordinata e produttiva.
L'orientamento metodologico fondamentale consiste nell 'utilizzazione in
forma educativa della stessa multimedialità, l iberata dall'usuale
approccio consumistico per essere ricondotta ad una vasta serie di
15
esperienze dirette. La scuola stessa può dare luogo, a questo scopo, ad
una propria multimedialità che comprende sia esperienze fantastiche e
narrative sia sollecitazioni derivanti dalla esplorazione di ambiente. È
fondamentale ricordare la rilevanza culturale ed educativa dei linguaggi
non verbali, per cui è della massima importanza impadronirsi delle
forme codificate di ciascuno di essi”3 2 .
Ciò è possibile se si è propensi a formare la capacità dell’individuo di
intendere i l pensiero non solo come spontaneo, ossia quale percorso
intellettivo capace di esprimerne in forma dinamica ed emotiva le
potenzialità, ma anche come “riflessivo o critico”.
Cogliendo, insomma, le implicazioni che sono alla base di una logica di
apprendimento che veda nella metacognizione “la promozione di una
forte autonomia intellettuale degli alunni, sulla base di un rapporto
educativo fondato sul sostegno, sulla cura, sulla relazione. La base resta
il rapporto educativo,che è veramente l’architrave di tutto i l discorso
didattico,educativo, istruttivo, formativo. Ma questo deve promuovere
sempre di più un’autonomia cognitiva e intellett iva dell’all ievo. Quindi
una mente critica, una mente aperta, una mente autonoma” 3 3 .
Il riappropriarsi della propria abilità creativa, la ricerca di ulteriori
aspetti fantasiosi della comunicazione, ma non per questo svincolati
dalla dimensione della contemporaneità, e, infine, la volontà di ritrovare
il senso stesso dell’educativo e del pedagogico, ossia la “ricerca senza
remore”, il proposito del confronto ai fini della crescita, sono elementi
imprescindibili su cui meditare ed operare.
32 Orientamenti del ’91 – testo completo su http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm3691.html . 33 Mariani A., Sarsini D. (a cura di), Sulla meta cognizione. Itinerari formativi nella scuola, CLUEB, Bologna 2006, p. 57.
16
3. UN CASO NAZIONALE: LA LEZIONE HI-TECH
Ricercare possibil i soluzioni alla questione del pensiero “riflessivo
o critico”, con la quale si era concluso i l capitolo precedente, è dunque
compito delle agenzie formative, in primis della scuola.
I tentativi sono molteplici , ma in questa sede si analizzerà in particolare
un progetto scolastico di una classe terza della scuola media di Faloppio
(Co), paesino al confine con la Svizzera, che ha inteso sviluppare un
podcasting.
Con il termine podcasting si “ indica una risorsa audio/video fruibile in qualsiasi
momento, scaricata automaticamente in formato mp3 (o altro) dal sito dell'emittente e
salvata nella memoria di un dispositivo per la riproduzione. È quindi: asincrona, off-
line e nomadica”3 4 .
Proprio per la sua natura apparentemente commerciale, tale
sperimentazione all’inizio ha destato non poche perplessità da parte di
alcuni rappresentanti dell’organo formativo per eccellenza.
In concreto si è invece dimostrato un più che valido strumento didattico
e formativo.
Esso ha inteso appunto sviluppare un podcast, CHOCOLAT 3B 3 5 , sotto la
guida del suo ideatore, il prof. Luca Piergiovanni 3 6 , docente originario di
Pieve Santo Stefano di Arezzo, ma da anni inserito nelle graduatorie
permanenti della provincia di Como.
A conferma del pregevole lavoro svolto, CHOCOLAT 3B, tra l’altro, è
stato premiato al Global Junior Challenge, concorso internazionale
promosso dal Comune di Roma, indetto ogni due anni ed organizzato
dalla Fondazione Mondo Digitale.
È utile ricordare in questa sede che i l Global Junior Challenge si
inserisce nell 'ambito del programma E-learning lanciato dalla
34 http://it.wikipedia.org/wiki/Podcasting35 Indirizzo del Podcast è http://chocolat3b.podomatic.com/ 36 Il prof. Luca Piergiovanni è salito agli onori della cronaca perché eletto miglior docente italiano nell’anno 2010, nonostante il suo stato di “precario”. Ha inoltre ricevuto premi prestigiosi in Italia e all’estero, dove il suo lavoro è molto apprezzato. Vedi http://issuu.com/lucapiergiovanni/docs/curriculum_luca_piergiovanni?mode=a_p
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Commissione Europea nel vertice di Lisbona, a garanzia della diffusione
di una consapevole cultura digitale nelle scuole, tra gli insegnanti e tra i
giovani.
Il piano di lavoro è nato per gioco 3 7 , come ha ammesso il suo stesso
autore, ma ha garantito quella “produttività creativa” richiamata dagli
Orientamenti prima citati .
Infatt i, se da un lato ha sostenuto l’aspetto ludico ed emotivo, dall’altro
ha rivalutato una critica riflessione sull’uti lizzo educativo e non solo
commerciale di un prodotto ad alta definizione e quindi per sua natura
visto solo come un accessorio per lo svago.
In quest’ultima accezione, il progetto ha messo in luce la capacità degli
studenti di conoscere non solo l’uso pratico di un pacchetto
preconfezionato, ma di saperlo analizzare e addirit tura re- inventare con
competenza, spiri to di collaborazione e comprensione, secondo dettami
tipici della metacognizione, ossia di un processo cosciente delle proprie
att itudini 3 8 .
I vari procedimenti hanno seguito almeno tre parametri fondamentali
tipici del “pensiero crit ico” 3 9 , di seguito riportati:
1) il paradigma metalogico.
Agire in maniera che i cri teri di coesione e coerenza del procedimento
razionale siano rafforzati da un atteggiamento di fondazione e di
autocontrollo della mente, così da gestire l’emotività nella cooperazione
di un progetto condiviso.
Per la realizzazione di questo punto, il docente ha r ispolverato una
vecchia passione, quella del dj.
37 Cambi F. e Staccioli G. (a cura di), Il gioco in Occidente: storia, teorie e pratiche, Armando Editore, Roma 2007, p. 162: “Allora, lo spirito del gioco è essenziale alla cultura, sia come origine che come esito, e trae da questa alimento e modi di riproduzione […] Sempre restando al carattere sociale del gioco, si può annotare come l’aspetto della collaborazione gli sia connaturato e quanto rilievo assuma il bisogno dell’altro o degli altri per condividere finalità ludiche; alla competizione, alla violenza e all’aggressività che dominano il mondo ’realÈ, ma spesso anche le manifestazioni sportive, si sostituisce uno spirito di ricerca, di ascolto e di attenzione verso l’altro che non è il rivale da schiacciare ma il rivale da coinvolgere in un compito comune, con il quale costruire uno “spazio di socialità” che seppur antagonista è sempre giocoso e piacevole” (Sarsini D.). 38 Cambi F., Abitare il disincanto. Una pedagogia per il postmoderno, cit., p. 73.39 Ibidem, p. 77.
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Constata la difficoltà da parte degli allievi nell’acquisire le sensazioni
degli scrittori studiati, ha pensato di rendere più accattivanti le lezioni
d’Italiano.
In particolare si è soffermato sullo studio della poesia, vista l’astrusità,
secondo i giovani discenti, delle parole usate dai padri della letteratura
italiana.
Ha quindi deciso di portare il proprio mixer in classe, mentre i ragazzi
incuriositi si sono procurati computer e microfono.
L’idea è stata quella di mettere a confronto alcuni testi l irici con le
canzoni di grandi cantautori italiani.
Le parole all’interno delle canzoni sono sembrate più chiare, ma
l’intenzione comunicativa dei testi antichi non più così lontane.
Successivamente, attraverso uno studio approfondito dei testi, si è andati
alla ricerca di eventuali sfumature, nonché di analogie e differenze è la
sorpresa è stata enorme.
Si è proceduto al passaggio successivo.
2) il paradigma genealogico.
Esso indica il contesto in cui l’esercizio meditativo viene messo in atto,
crea un luogo dove le indicazioni proposte si incontrano con le esigenze
del progetto in essere.
A tal fine, il materiale prodotto è stato trasformato in dialoghi
radiofonici dagli allievi e registrati con un’attrezzatura adeguata
supportata da software specifici.
Ragion per cui gli all ievi, da semplici fruitori del sapere, si sono
ricollocati quali co-autori delle opere stesse.
Hanno ascoltato e si sono ascoltati attraverso un’attività di laboratorio
intensa, ma ben condivisa.
Si è poi passati con entusiasmo all’ult ima fase.
3) Il paradigma dialettico.
In esso i l dialogo e i l confronto tra diversi punti di vista realizzano una
perfetta collaborazione.
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Dalle precedenti fasi di cooperazione si è giunti ad una favorevole
conclusione del percorso intrapreso.
La particolarità progettuale però sta anche nel fatto che essa non si
esaurita, anzi, come si vedrà in seguito, non si è più fermata trovando
continua linfa e nuovi curiosi adepti.
Il lavoro degli studenti è stato pubblicato tutto quanto sul web con l 'aiuto
di un audio hosting dove è possibile scaricarlo.
La musica, inoltre, non è stata relegata ad un ruolo marginale.
La lettura e la spiegazione delle poesie è sempre stata abbinata a delle
canzoni dai ragazzi.
Ogni settimana poi, gli stessi allievi con il loro insegnante si ritrovano
per registrare e discutere.
Parlano di musica, danno le cosiddette “drit te” per le interrogazioni,
descrivono poesie altrimenti “noiosissime” ai loro coetanei, informano
sul mondo del podcast.
In sostanza, CHOCOLAT 3B ha oltre 700 abbonati ed è tra i primi
podcast i taliani dedicati all’istruzione.
Insomma, un modo diverso di studiare grazie a quelle tecnologie che
ancora sembrano essere lontane dalle aule scolastiche. Professore e
studenti hanno ripensato a queste con uno spirito costruttivo, capace non
solo di intendere lo studio sotto un’altra forma, ma anche di aprire
dibattit i su temi come la condivisione, la partecipazione e lo studiare
insieme.
Una nuova forma di didattica quindi, fatta dai ragazzi stessi, che si sta
rivelando più divertente e diretta, quale forma di apprendimento.
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CONCLUSIONI
Al termine di questo breve lavoro non si può che ri levare come la
mediazione tra gli individui resti alla base della natura stessa dei
rapporti tra i soggetti .
È facile osservare fin dai primi anni di vita quale importanza abbia ad
esempio la situazione diadica, il rapporto madre-figlio, nella quale la
comunicazione vive proprio perché essa è vita.
Ciò che in definitiva si è inteso definire è che le sfide poste da un
diverso modo di “colloquiare” sono ampie, ma l’atteggiamento di Davide
contro Golia non è auspicabile.
In ogni caso ci sarebbero un vincitore e un vinto, ma la comunicazione
deve porsi come egida del vivere civile.
Lo squilibrio accresce in campo formativo, si è più volte accennato,
quando la logica della “commercializzazione” tende ad avere il
sopravvento, relegando il “fare scuola” ad un ruolo prettamente
contraddittorio e/o inquisitorio, se non addirit tura secondario o
marginale.
Sono molti e notevoli i casi in cui l’approccio interdisciplinare e
l’ausil io della tecnologia hanno prodotto effett i insperati : si pensi alle
difficoltà insite nelle zone di montagna, dove per giorni gli alunni sono
impossibil itati ad essere fisicamente a scuola; ancora, si pensi ad allievi
che per motivi di salute grave non possono raggiungere l’aula e da casa
(con buona pace della piccola Margie di Asimov), sentono il “calore”
degli amici e della scuola.
Tra le tante metafore didatt iche proposte per indicare il difficile
processo in atto, se ne azzarda forse un’inusuale e troppo fantasiosa, ma
proprio per questo avanzata, quella del pifferaio magico.
Il suonatore che con un semplice strumento fa sparire dal municipio i
topi che l’hanno invaso.
Per quanto poco convenzionale, ci si aspetterebbe una derattizzazione
drastica, gli strumenti (anche quelli tecnologicamente più avanzati) se
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ben suonati possono fugare i dubbi (i topi) sulla loro valenza didatt ica
all’interno della scuola (municipio).
Infine, i saluti e gli abbracci all’amico Luca sono un onore ed un onere.
Il piacere nasce dall’aver conosciuto il miglior docente d’Italia non come
collega, ma come persona.
Il dovere, invece, è che come collega ne ho potuto apprezzare la persona.
A lui questo piccolo testo è dedicato, sicuro di non rovinargli la
reputazione ma di dare un minutissimo contributo, qualora ve ne fosse
ancora bisogno, al suo prezioso lavoro.
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BIBLIOGRAFIA
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Milano, 1991.
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http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm3691.html
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