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THE OCCUPATIONAL HEALTH & SAFETY + ENVIRONMENTAL QUARTERLY MAGAZINE VOL.12 - N.3 Jul-Sep 2014 UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIO basata sui concetti della teoria dei sistemi e della probabilità

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THE OCCUPATIONAL HEALTH & SAFETY + ENVIRONMENTAL QUARTERLY MAGAZINE

VOL.12 - N.3Jul-Sep 2014

UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIObasata sui concetti della teoria dei sistemi e della probabilità

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After a long-standing background in the civil, industrial and oil & gas sectors, a team of HSE engineers launched a consulting company in 1999 and began by assisting a handful of clients in our hometown.

Since then we have developed and refined our experience and know-how during our work with over 500 clients. So far, we have reached a record of 2000 HSE projects carried out in Italy and in several foreign countries.

We assist our clients with equal competence and passion, whether the surrounding environment is the most pleasant and relaxing or harsh and demanding to the extreme.

15 YEARS OF GROWING COMPETENCE AND EXPERIENCE.

1999-2014

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We assist our clients with equal competence and passion, whether the surrounding environment is the most pleasant and relaxing or harsh and demanding to the extreme.

15 YEARS OF GROWING COMPETENCE AND EXPERIENCE.

1999-2014

04 UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIO basata sui concetti della teoria dei sistemi e della probabilità

22 INTERVENTO DI BONIFICA DEL SOTTOSUOLO Il contributo si articola in senso cronologico partendo da una ricostruzione storica dell’accaduto - 2a Parte

14 L’LCA A SUPPORTO DELLE TECNOLOGIE applicate ai sistemi di produzione di energie rinnovabili

30 COMPLIANCE MANAGEMENT SYSTEMS E LA NUOVA ISO/DIS 19600 Aenor Informa

21 TOP GEAR D400 load-rated composite trench covers

19 PRESS REVIEW Beyond Health and Safety Expectation

10 L’ALTEZZA NEI LAVORI IN QUOTA CSEPlanner

13 BOOKSHOP Industrial ventilation: a manual of recommended practice for operation and maintenance

42 EVENTS CALENDAR I prossimi eventi del settore

34 TECHNO NEWS Le ultime notizie del mondo HSE

09 SITEMAP WorkSafe New Zealand

INTHISISSUEHS+E MAGAZINE Jul-Sep 2014 / VOL. XII - N. 3

OWNER Techno Srl

Via Pirano, 7 - 48122 Ravenna (I) ph. +39 0544 591393

[email protected]

EDITOR IN CHIEF Roberto Nicolucci

EDITING AND GRAPHIC DESIGN Graziela Duarte

[email protected]

CONTRIBUTORS Carlo Papale

Claudio Mattalia Gianfranco Bettoni

Giuseppe Semeraro Massimo Andretta

Roberto Cammardella

HS+E MAGAZINE è pubblicato trimestralmente. Tutti i diritti sono

riservati. Nessuna parte della pubblicazione può essere riprodotta

o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo, elettronico o meccanico,

inclusa la fotocopia, senza il preventivo consenso scritto dell’Editore. I punti di vista e le opinioni espresse dagli

Autori all’interno della rivista non necessariamente coincidono con quelli

del Proprietario, dell’Editore e del Direttore responsabile.

The HS+E MAGAZINE is published quarterly. All rights reserved. No part

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in the magazine are not necessarily those of the owner, publisher or Editor

in Chief.

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UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIObasata sui concetti della teoria dei sistemi e della probabilità

Massimo Andretta

4 HS+E Magazine jul-sep 2014

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INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni le tecniche di valutazione del rischio (“Risk Assessment”) sono state applicate con successo in numerosi campi delle scienze e dell’ingegneria: si pensi, ad esempio, alla valutazione del rischio sanitario ed ecologico in campo ambientale, alle applicazioni nel settore degli incidenti industriali rilevanti, alla stima del rischio sui luoghi di lavoro, in campo economico e degli investimenti, in quello della sicurezza nazionale e della difesa. Tuttavia, come emerge evidente dalla lettura della letteratura specialistica, anche gli esperti del settore concordano sul fatto che manchi, a tutt’oggi, una visione unitaria, universalmente accettata e scientificamente fondata dei concetti fondamentali e dei principi della disciplina del Risk Assessment. Un articolo pubblicato nel 2012 sulla rivista internazionale specializzata Risk Analysis(1), ha sottolineato, con il supporto di una approfondita analisi ed un’estesa bibliografia, l’elevato numero di idee divergenti e la mancanza di chiarezza su molti concetti fondamentali e principi nel settore della valutazione dei rischi. Le ragioni di questa situazione sono molteplici e diversificate; esse possono essere ricercate in una sorta di “ambiguità” di molte definizioni di rischio, in talune arbitrarie e, talvolta, imprecise estensioni delle definizioni formulate da differenti esperti del settore, nella “stratificazione” delle definizioni concettuali, operative e delle interpretazioni che si danno al concetto di rischio, alla sua rappresentazione ed alla sua valutazione. Tra le possibili ragioni di questa situazione di generale “non univoco rigore fondante” nel campo dell’analisi del rischio si può, invero, considerare anche l’eterogeneità del background specialistico, tecnico/scientifico degli operatori del settore e l’intrinseca multidisciplinarietà della materia. Si pensi, ad esempio, che nel 1987, la “Risk Definition Commitee”, un’apposita commissione insediatasi in occasione della costituzione della Society of Risk Analysis produsse un documento riportante queste testuali considerazioni:

“[…] After two years of work in which its members where themselves unable to arrive at a single definition of risk, the Definitions Committee decided that it would recognize that different definitions are in use among disciplines involved in risk analysis and management. […]”

Come esempio delle difficoltà incontrate, i membri della commissione citarono ben 13 differenti possibili definizioni di rischio che erano state considerate ugualmente valide e aventi valenza applicativa (2). A tali definizioni, si sono aggiunte e susseguite, fino ad oggi, molte altre definizioni ed approcci

metodologici per la rappresentazione del rischio. Una sintesi ragionata di tali approcci si può trovare, ad esempio, nella bibliografia citata(3) e nei riferimenti ivi riportati.

In questo articolo, nello specifico, si approfondiscono alcuni concetti basilari connessi alla definizione di rischio allo scopo di tentare una generalizzazione di alcune precedenti definizioni. L’approccio seguito è quello di rifarsi ad alcuni principi della teoria dei sistemi e della probabilità, con l’obbiettivo di tentare di formulare una definizione di rischio relativamente generale e con ampia valenza applicativa.

ALCUNI CONCETTI BASILARI DELLA TEORIA DEI SISTEMI UTILI ALLA DEFINIZIONE DI RISCHIO

L’idea alla base della definizione di rischio proposta in questo lavoro è quella che un’ampia classe di valutazioni del rischio (ad esempio: in campo ambientale, ingegneristico, della protezione dei lavoratori ecc.) possa essere condotta, al momento della elaborazione del modello concettuale, seguendo l’approccio metodologico sintetizzato nel seguito:

1. Identificazione del sistema che rappresenta la sorgente di pericolo principale

2. Individuazione della magnitudo dei danni prodotti dagli stati anomali del sistema di studio

3. Selezione dei potenziali bersagli di interesse e valutazione del tipo e della gravità dei possibili effetti negativi che essi possono subire a causa dell’anomalia nel sistema di studio.

L’enfasi viene quindi posta sul concetto di sistema che si viene a trovare in una condizione anomala, tale da rappresentare un pericolo per i bersagli di interesse, procurando loro effetti negativi. Nella più ampia definizione del termine, un sistema S può essere descritto come un complesso di componenti, detti sottosistemi, interagenti attraverso lo scambio di materia, energia o informazione, per i quali è possibile rappresentare e quantificare le mutue e reciproche interazioni, sì da poter individuare, in maniera non ambigua, l’insieme di studio; vale a dire le entità ed i processi di interesse, estraendoli dal contesto al contorno (4,5).

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Un sistema S

un danno D

in uno stato anomaloSTa

dalla sua magnitudo Md

bersagni di interesse{T }i

effetti avversi {E }

può stare che puòprodurre

che puòcausare

che può esserequali�icato

suia

Pertanto, in ogni sistema è possibile identificare un sotto-insieme dei possibili valori delle sue variabili di stato, che indichiamo con {STa}, per il quale il sistema S può essere considerato in una “stato anomalo”. Stato anomalo che produce un danno D, la cui magnitudo (Md) può essere valutata o misurata, che rappresenta un pericolo per i bersagli di interesse { Ti}, (che possono essere sia interni, sia esterni al sistema S). Vale a dire, che può loro procurare effetti avversi {Ea}.

Lo schema sintetico delle definizioni proposte e delle loro mutue interrelazioni sono schematizzate nella figura

seguente:

Fig. 1: Rappresentazione schematica della definizione proposta di rischio e delle mutue interrelazioni concettuali

UNA POSSIBILE DEFINIZIONE DI RISCHIO

Sulla base degli elementi descritti in precedenza, è ora possibile enunciare la definizione proposta di rischio(3).

Il rischio R per i bersagli di interesse { Ti}, prodotto da uno stato anomalo {STa} del sistema S, che produce un danno D di magnitudo Md, è dato dalla probabilità di effetti avversi {Ea} sui bersagli di interesse { Ti}

Rishio R = P{Ti} (STa, Md, Ea) (1)

In molte applicazioni di Risk Assessment si è interessati al rischio di specifici effetti avversi {Ea} sui bersagli di interesse {Ti} a prescindere dai singoli, specifici stati anomali {STa} che possono produrli. Vale a dire, si è interessati a determinare le relazioni causali fra i danni di

magnitudo Md del sistema di studio ed il rischio di effetti negativi {Ea} sui bersagli, indipendentemente da quali cause abbiano prodotto un’anomalia nel sistema S. In questi casi, l’equazione (1) può essere riscritta come:

Rishio R = P(Md, Ea) (2)

dove:

P(Md, Ea) = P{Ti}(UMd{STa}, Md, Ea) (3)

è la probabilità calcolata sull’unione di tutti gli stati anomali {STa} che possono produrre un danno di magnitudo Md nel sistema S (indicata con Umd{STa}).

Si osservi come, dalle proprietà generali delle probabilità condizionate e non condizionate(6), l’equazione (3) può essere espansa come segue:

Rischio R = P(Md, Ea) = P(Ea|Md)∙P(Md) (4)

dove P(Md) è la probabilità non condizionata di un danno di magnitudo Md nel sistema S e P(Ea|Md) è la probabilità condizionata di un effetto avverso Ea sui bersagli {Ti}, prodotto da un danno D di magnitudo Md.

In termini generale, l’equazione (4) può essere vista come una specificazione ed una formalizzazione matematica di molte precedenti definizioni di rischio, elaborate negli anni passati; prima fra tutte, ad esempio, la quinta definizione di rischio formulata dal precedentemente citato “Risk Definition Commitee” nel 1987(2):

[…] 5- Conditional probability of an adverse event (given that the causative events necessary have occurred) […]

Dall’equazione (1), risulta inoltre evidente come il rischio rappresenti la probabilità che si realizzi un così detto, specifico, scenario di rischio per i bersagli {Ti}(7). Scenario di rischio che è caratterizzato da proprietà specifiche riguardanti gli stati, la magnitudo del danno e gli effetti sui bersagli e che può essere rappresentato dalla tripletta:

Scenario di rischio = [{STa},{Md}, {Ea}] (5)

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CONCLUSIONI

In questo articolo è stata presentata una definizione di rischio basata sui concetti della teoria generale dei sistemi e della probabilità, con la speranza che possa risultare, al contempo, rigorosa nei fondamenti teorici e sufficientemente generale da poter essere utilizzata in una vasta gamma di situazioni e casi applicativi. Si ritiene, infatti, che molte delle difficoltà ed ambiguità delle precedenti definizioni di rischio, oltre che ascrivibili all’intrinseca multi-disciplinarietà delle competenze che concorrono al processo di Risk Assessment, siano anche dovute al fatto che ci si sia, spesso, focalizzati su cosa costituisca un rischio e quali siano i principali elementi che lo caratterizzino, tralasciando, invece, di definire come valutarlo e misurarlo, per lo meno in termini scientificamente rigorosi. In questo contributo si è cercato, pertanto, di presentare una possibile definizione di rischio basato su concetti propri di teorie matematiche consolidate. Successivi lavori potranno essere incentrati su considerazioni e riflessioni derivanti dalla definizione proposta di rischio e su come l’approccio proposto possa collegarsi alle specifiche, differenti, tecniche di Risk Assessment, utilizzate in diversi settori applicativi.

BIBLIOGRAFIA

1. Aven T. Foundational issues in risk assessment and risk management. Risk Analysis, 2012; 32(10): 1647-1656

2. Society of Risk Analysis. Risk Newsletters, 1987; 7(3):5

3. Andretta M. Some considerations on the definition of risk based on concepts of systems theory and probability. Risk Analysis, ISSN: 0272-4332, doi: 10.1111/risa.12092, 2013

4. Laszlo A, Krippner S. Systems theories: Their origins foundations and development, p. 47 in Jordan J S (ed). Systems Theories and a Priori Aspects of Perception. Amsterdam: Elsevier Science, 1998

5. Andretta M, Compiani M, Serra R, Zanarini G. Introduction to the Physics of Complex Systems: The Mesoscopic Approach to Fluctuations, Nonlinearity and Self-organization. Oxford, UK: Pergamon Press, 1986

6. Ross S M. Introduction to Probability and Statistics for Engineers and Scientists. Burlington, MA: Elsevier Accademic Press, 2004

7. Kaplan S, Garrick B J. On the quantitative definition of risk. Risk analysis, 1981; 1(1):11-27

MASSIMO ANDRETTA, Laureato in fisica, è stato consulente scientifico del Ministero dell’Ambiente all’OECD di Parigi e, dal 2001 ad oggi, docente in numerosi corsi di laurea presso l’Università di Bologna; ricercatore, pubblicista e conferenziere di livello internazionale si è occupato di numerose tematiche legate al rischio ambientale e alla conservazione dei beni culturali; è direttore del centro Ricerche e Servizi Ambientali di Marina di Ravenna.

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ECOMONDO PIATTAFORMA MEDITERRANEA DELLA GREEN ECONOMY

Torna dal 5 all’8 novembre 2014 a Rimini Fierail grande appuntamento fieristico dedicato alle principali strategie europee ed internazionali

sull’ecoinnovazione e la trasformazione del rifiuto in risorsa

Rimini, 6 maggio 2014 – Piattaforme internazionali di start-up, green jobs, trasporto sostenibile e veicoli ecologici, innovation tecnology, eco design industriale… Il settore ambientale è in continua evoluzione e solo ECOMONDO, la manifestazione espositiva leader del comparto, può raccoglierne le novità e presentarle in maniera organica. Da mercoledì 5 a sabato 8 novembre prossimi, Rimini Fiera alzerà il sipario sulla 18esima edizione della fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile. Nelle quattro giornate sono attesi 100mila operatori da tutto il mondo, in particolare dell’area Euro-Mediterranea nella quale la manifestazione ha assunto un ruolo guida, diventando non solo la piattaforma tecnologica di riferimento sull’economia del futuro, con particolare attenzione alle principali strategie europee ed internazionali sull’ecoinnovazione e la trasformazione dei rifiuti in risorsa, ma anche hub qualificato di formazione e informazione.ECOMONDO rappresenta il binomio vincente di concreta opportunità di business legato alla green economy e altissimo profilo del calendario di seminari impostato dal board scientifico guidato dal prof. Fabio Fava. La fiera attrae il contributo tecnologico e progettuale di imprese e istituzioni al lavoro per alimentare il volano più potente per le attese di ripresa economica, quello che guarda all’innovazione, per consentire risparmi all’ambiente ed efficienza nell’uso delle energie; e riunisce i grandi esperti europei per divulgare le conoscenze più avanzate in tema di ricerca scientifica, con particolare riguardo agli strumenti economici che la Commissione europea mette a disposizione per l’ecoinnovation.

OBIETTIVO MONDOObiettivo primario di ECOMONDO 2014 è l’aumento sostanziale del suo profilo di internazionalità, che parte da una base significativa e consolidata, ma che tramite un programma di promozione stimolerà nei i prossimi mesi i mercati più interessanti per le imprese del settore. E’ stata potenziata la rete commerciale e predisposto un ciclo di road show dove esperti, imprese e staff di ECOMONDO incontreranno operatori ed istituzioni; con tappe in Egitto, Giordania, Slovenia, Serbia,Turchia, Polonia, Romania, Brasile e Russia.

TORNANO NEL 2014 GLI STATI GENERALI DELLA GREEN ECONOMYECOMONDO conferma lo svolgimento, nelle prime due giornate di fiera, degli Stati Generali della Green Economy con a tema “Imprese e lavori per una green economy”. Organizzati dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, accentreranno i contenuti che si svilupperanno in questi mesi di incontri e di lavoro comune, con il contributo di tutte le più importanti associazioni di imprese impegnate nel settore ambientale. Nel corso dei primi incontri al Ministero dell’Ambiente, di concerto col Ministro Gian Luca Galletti, sono state delineate le linee guida del lavoro in vista delle giornate riminesi, particolarmente significative anche alla luce del semestre UE a guida italiana.

IL GRANDE POLO FIERISTICO EUROPEO DEDICATO AL ‘SISTEMA AMBIENTE’Non ci sarà solo ECOMONDO a Rimini Fiera, dal 5 all’8 novembre prossimi. I sedici padiglioni saranno interamente occupati dalle manifestazioni dedicate all’ambiente. In contemporane si svolgeranno infatti KEY ENERGY (fiera internazionale per l’energia e la mobilità sostenibile), KEY WIND (Salone dell’energia del vento), COOPERAMBIENTE (salone del sistema cooperativo legato all’ambiente) e H2R - Mobility for Sustainability.

COLPO D’OCCHIO:Qualifica: Fiera internazionale; periodicità: annuale; edizione: 18a; ingresso: operatori e grande pubblico; biglietti: intero 20 Euro; ingresso gratuito bambini 0-6 anni; ingresso ridotto 8 Euro; ingresso universitari (con presentazione libretto) 3 Euro; orari: 9-18, ultimo giorno 9-17; direttore business unit: Simone Castelli; project manager: Alessandra Astolfi; info visitatori: tel. 0541.744317, mail: [email protected]; website: www.ecomondo.com; facebook: www.facebook.com/EcomondoRimini; twitter: http://twitter.com/Ecomondo; hashtag ufficiale: #ecomondo

PRESS CONTACT: Servizi di comunicazione e media relation, Rimini Fiera Spa +39-0541-744.510 [email protected];responsabile: Elisabetta Vitali; coordinatore ufficio stampa: Marco Forcellini;addetti stampa: Alessandro Caprio e Nicoletta Mancini Evangelisti;media consultant: Cesare Trevisani, Nuova Comunicazione Associati [email protected]

Nota stampa n.1

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WorkSafe New Zealand è l’autorità pubblica che regolamenta tutti gli aspetti di sicurezza e salute dei cittadini in ambiente

lavorativo; come in altri Paesi di cultura anglosassone WSNZ è anche l’ente regolatore per quanto riguarda la sicurezza delle

utilities pubbliche (gas ed energia elettrica).

A fronte di un tasso infortunistico che, secondo le dichiarazioni del governo neozelandese, si colloca ad un livello inaccettabile

per un Paese evoluto, è stata avviata su tutto il territorio nazionale una campagna di sensibilizzazione, educazione e

controllo che ha l’obiettivo di ridurre del 25% entro il 2020 gli attuali indici di infortunio e di malattia professionale.

Il sito web di WSNZ è stato studiato per essere uno degli strumenti cardine di questa campagna; in esso è possibile trovare numerosi documenti che, pur pensati per la realtà

locale, possono risultare estremamente utili anche in altri contesti: fact sheet, action plan, best practice, local

regulation, training kit, survey report, statistiche e altro ancora sono disponibili in riferimento a vari settori produttivi tra i quali il settore delle costruzioni, quello manifatturiero e

dell’agricoltura.

Il sito, da poco rinnovato, promette di divenire nel prossimo futuro sempre più ricco di documenti di notevole interesse per

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Giuseppe Semeraro, Ingegnere

Una recente sentenza di cassazione (Cass. pen., sez. IV, sentenza n. 15028 del 1 aprile 2014) ha fatto molto discutere gli addetti ai lavori sul concetto legislativo di “lavori in quota”, come evoluzione di quello di “lavori in altezza”, derivante dal retaggio culturale delle norme antinfortunistiche degli anni cinquanta del secolo scorso.

La sentenza prende in esame il caso di infortunio da caduta dall’alto avvenuto all’interno di un cantiere per la costruzione di una caserma dei carabinieri, a causa della mancata predisposizione del parapetto ad un ponteggio, costituito da due soli cavalletti e da un tavolato formato da una sola tavola di calpestio da 50 centimetri di larghezza (probabilmente da carpenteria e non da ponteggio), di altezza inferiore a 2 metri da terra, sul quale un operaio provvedeva a disarmare una tavola di banchinaggio del solaio mediante l’utilizzo di un “piede di porco”. Nello specifico l’opera provvisionale sembra più vicina alla tipologia di ponte su cavalletti, incompleto, che di ponteggio vero e proprio.

Nella sentenza si puntualizza che le norme antinfortunistiche contro la caduta dall’alto nei cantieri si applicano

“a qualsiasi lavoro edilizio da eseguire ad altezza superiore a due metri dal suolo, intesa in riferimento alla altezza alla quale il lavoro viene eseguito e non a quella nella quale si trova il lavoratore.”

La corte suprema applica al caso il sistema legislativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro vigente al momento del fatto, antecedente all’emanazione del D.Lgs. 81/2008, costituito fondamentalmente dall’articolo 16 del DPR 164/56, il quale imponeva, utilizzando una frase della sentenza, l’allestimento di impalcature, ponteggi ed altre opere precauzionali per qualsiasi lavoro edilizio da eseguire ad altezza superiore a due metri dal suolo.

La giurisprudenza di merito aveva da tempo consolidato il principio, mai condiviso dagli addetti ai lavori, secondo il quale l’altezza in questione dovesse essere misurata a partire dal punto di esecuzione del lavoro e non dal punto di caduta (in pratica, dalle mani e non dai piedi).

Nel corso degli anni, però, le norme antinfortunistiche sono state aggiornate sotto l’impulso del legislatore europeo, che sin dal 2003, con la direttiva 2001/45/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 235/2003, ha introdotto

il concetto di “lavoro in quota”, dandone una definizione ben diversa dall’interpretazione di “lavoro in altezza” fornito dalla giurisprudenza. Cosicché con il D.Lgs. 81/2008, e soprattutto con il D.Lgs. 106/2009, si è stabilito l’obbligo dell’adozione di idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta dall’alto di persone nei lavori in quota, anziché nei lavori in altezza, secondo la vecchia legislazione.

Veniamo, dunque, alla definizione di “lavori in quota” fornita dall’articolo 107 del D.Lgs. 81/2008: lavori che espongono i lavoratori al rischio di caduta dall’alto da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto ad un piano stabile. Questa definizione credo che non lasci alcun dubbio interpretativo circa le modalità di misura dell’altezza al cui superamento vige l’obbligo dell’adozione delle misure antinfortunistiche stabilite dalla legge.

Pertanto, secondo le nuove norme, non è il punto a cui si esegue il lavoro ad essere determinante, ma il punto di potenziale caduta. Questa definizione è del tutto differente da concetto di lavoro in altezza della vecchia legislazione, così come interpretata sinora dalla giurisprudenza.

L’ALTEZZA NEI LAVORI IN QUOTA

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Cassazione Penale, Sez. 4, 01 aprile 2014, n. 15028 (stralcio)

DPR 164/56 D.Lgs. 81/2008

Art. 107. DefinizioniAttività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di cadu-ta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

Art. 16. Ponteggi ed opere provvisionaliNei lavori che sono eseguiti ad un’altezza superiore ai m2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature e ponteggi o idonee opere prov-visionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose.

Art. 122. Ponteggi ed opere provvisionaliNei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta dall’alto di persone e cose conformemente ai punti 2, 3.1, 3.2 e 3.3 dell’allegato XVIII.

“Orbene, “La disposizione dell’art. 16 del d.P.R. n. 164 del 1956 - che impone l’allestimento di impalcature, ponteggi ed altre opere precauzionali per qualsiasi lavoro edilizio da eseguire ad altezza superiore a due metri dal suolo - va intesa in riferimento alla altezza alla quale il lavoro viene eseguito e non a quella nella quale si trova il lavoratore” (Cass. pen. Sez. IV, n. 8978 del 20.5.1987).

Tale interpretazione, prevalentemente seguita da questa Corte, non può essere superata da qualsivoglia altra che non tenga conto del dato letterale della norma, secondo il quale le opere provvisionali per i ponteggi sono prescritte

per qualsiasi lavoro che venga “eseguito ad un’altezza su-periore a 2 mt.” (art. 16 dPR 164/56) e, cioè, a prescindere all’altezza dell’impalcato, sicché deve essere prevista e computata, ai fini della predisposizione dell’opera provvi-sionale del parapetto, oltre all’altezza alla quale è posto l’impalcato dall’eventuale piano di appoggio e all’altezza di quest’ultimo dal piano di terra o di calpestio, finanche la statura dell’operatore e, comunque, considerata l’effet-tiva altezza alla quale viene eseguito il lavoro in quota, che, nel caso di specie, trattandosi di disarmo del solaio, si svolgeva a ben mt. 3,60 dal suolo (v. sentenza di primo grado).”

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ambiente occupazionale.

Il secondo libro dell’opera, in particolare, è stato sviluppato in modo da fornire tutte le necessarie indicazioni e informazioni necessarie al personale coinvolto nelle attività di

gestione e manutenzione delle apparecchiature e in generale della parte impiantistica.

Il testo, per la sua natura tematica, si focalizza inoltre sull’identificazione dei motivi per cui molti impianti di ventilazione non forniscono un adeguato confort ai lavoratori, fornendo

anche relativamente a questo aspetto, gli strumenti necessari alla messa a punto e all’ottenimento della massima efficienza impiantistica.

Ogni capitolo del libro esamina in modo esaustivo una specifica tematica ed è stato pensato in modo da potersi rivolgere alla più ampia platea di utilizzatori, non in ultimo,

anche al personale operativo.

Pur non trattandosi di una novità editoriale, l’opera rappresenta a tutt’oggi uno dei migliori testi in circolazione su questa materia e quindi un sicuro riferimento per gli addetti ai lavori.

INDUSTRIAL VENTILATION: A MANUAL OF RECOMMENDED PRACTICE FOR OPERATION AND MAINTENANCE ACGIH Signature Publications

ISBN: 978-1-882417-66-7 © 2010 – pp 304 - $119.95

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jul-sep 2014 HS+E Magazine 13

Page 14: THE OCCUPATIONAL HEALTH & SAFETY + ENVIRONMENTAL … · THE OCCUPATIONAL HEALTH & SAFETY + ENVIRONMENTAL QUARTERLY MAGAZINE VOL.12 - N.3 Jul-Sep 2014 UNA DEFINIZIONE DEL RISCHIO basata

Il continuo peggioramento della qualità dell’ambiente e la continua attenzione da parte delle persone,

nonché dei Governi, alle problematiche ambientali ha portato, con il tempo, ad una sempre maggiore diffusione delle energie rinnovabili, ovvero di energie che riducono sensibilmente la dipendenza delle attività antropiche dai combustibili fossili. Inoltre, molte di queste permettono anche una riduzione delle emissioni nelle differenti sfere ecologiche (acqua, aria e suolo), aggiudicandosi così la definizione di “pulite”.

Il mercato delle energie rinnovabili ha permesso la diffusione di diverse forme di energia (elettrica, termica, meccanica, ecc.) ottenute attraverso processi molto più ecosostenibili rispetto agli omologhi processi produttivi che utilizzano prevalentemente combustibili fossili. Inoltre, le energie rinnovabili, grazie anche al fatto che è necessario che esse diano un guadagno economico ai produttori, sono sempre affiancate da innovazioni tecnologiche che possano garantire nuovi incentivi e, quindi, nuove forme di guadagno. Un esempio di questo fenomeno è la possibile

conversione degli impianti di digestione anaerobica da produzione di biogas (impiegato per ottenere energia elettrica e termica) a produzione di biometano (utilizzato come combustibile per usi domestici o industriali ma anche per l’autotrasporto) così come sta accadendo in numerosi Stati europei. In Italia, invece, nonostante gli impianti per la produzione di biogas siano largamente diffusi, vi sono carenze legislative riguardo la messa in commercio del biometano che, almeno per il momento, ne frenano la produzione.

L’LCA a supporto delle tecnologie applicate ai sistemi di produzione di energie rinnovabili.

Roberto Cammardella

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La driving force di ciò che sta accadendo nella maggior parte degli stati europei, e che tarda ad avvenire nel Bel paese, è senza dubbio da attribuire alla non indicizzazione degli incentivi che porta, negli anni, ad una riduzione dei guadagni dei vecchi impianti.

La continua innovazione tecnologica è dunque una condizione necessaria soprattutto per trovare nuovi ambiti applicativi a soluzioni più ecosostenibili ma anche per dare nuove possibilità di commercio per quelle aziende che lavorano e investono nell’ambito delle energie rinnovabili.

Ma cosa sono il biogas e il biometano? Il primo si origina da processi di digestione anaerobica ed è una miscela di differenti composti gassosi, di cui il metano è il componente maggiore; il secondo è, così come definito dal D. lgs. 28/2011, un <<gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo alla immissione nella rete del gas naturale>>. Come già accennato precedentemente, c’è stata dapprima la diffusione del biogas ottenuto dal processo di digestione anaerobica (DA) di biomasse, sia residuali (scarti di produzioni agricole e di allevamenti e/o la frazione organica dei rifiuti solidi urbani) sia dedicate (prevalentemente colture energetiche) che viene combusto all’interno di cogeneratori CHP che garantiscono anche l’autosufficienza energetica all’impianto. La produzione di biometano comporta, invece, l’abbandono dei cogeneratori, sostituiti da sistemi di separazione del metano dalle altre componenti gassose del biogas in modo da ottenere una miscela gassosa ad elevata concentrazione di metano (> 96%).

Il vantaggio del biometano è che può essere immesso all’interno nel sistema di distribuzione del gas naturale, senza che esso subisca una riduzione del potere calorifico evitando l’effetto “diluizione” che invece si avrebbe con l’immissione in rete del biogas. In questo modo lo si potrebbe utilizzare in sostituzione o in aggiunta del gas naturale di origine fossile. Inoltre, grazie alla maggiore purezza della miscela può essere trasportato, a parità di potere calorifico, con bombole di minore volume facilitandone così l’utilizzo per autotrazione. Ulteriore vantaggio offerto dalla combustione del biometano (così come anche del biogas) è l’immissione in atmosfera di CO2 biogenica, neutra per quanto concerne il bilancio

di anidride carbonica. Infatti, la combustione di questi due composti permette di rilasciare in atmosfera la stessa quantità di CO2 che era stata sottratta dalle biomasse durante la fotosintesi clorofilliana.

Ad oggi esistono differenti sistemi di purificazione (o upgrading) del biogas in biometano. Tra questi è possibile menzionare il pressure swing adsorption (PSA), il water scrubber, l’amine scrubber e le membrane. Di queste quattro tecnologie solo l’amine scrubber necessita sia di energia termica che di energia elettrica; le altre tecnologie, invece, richiedono soltanto energia elettrica in una quantità molto simile. Il differente approvvigionamento energetico tra l’amine scrubber e le altre tecnologie fa sì che anche gli impatti ambientali a valle del processo di purificazione siano differenti.

L’attenzione agli impatti ambientali dovrebbe godere di piena attenzione soprattutto quando si parla di energie rinnovabili poiché si potrebbe correre il rischio di creare, in nome della sostenibilità, processi più inquinanti di quelli che utilizzano fonti energetiche fossili. Per ridurre al minimo questo rischio è possibile utilizzare il Life Cycle Assessment o analisi del ciclo di vita (LCA), uno strumento standardizzato che permette di investigare i carichi ambientali di una o più fasi produttive di servizi e/o prodotti.

A tal proposito, così come dimostrato in uno studio preliminare di confronto di sistemi energetici per la produzione di energia elettrica da biogas e di produzione di biometano per autotrazione (Cammardella, 2014) non tutte le forme di produzione di energie rinnovabili sono maggiormente sostenibili di quelle di “origine” fossile. Infatti, ciò che è emerso dallo studio è che se si trascurano elementi importanti della progettazione degli impianti di DA per la produzione di biometano, si possono verificare dei fenomeni che peggiorano drasticamente le performance ambientali. Esempio tra tutti è l’immissione in atmosfera di gas metano che ha un elevato potenziale climalterante, ben 25 volte maggiore della CO2 se calcolato in un lasso temporale di 100 anni. L’immissione accidentale di questo composto può avvenire durante la fase di purificazione del biogas. Infatti, così come considerato nel caso studio, il processo di upgrading mediante utilizzo della tecnologia a membrane non gode di un’efficienza del 100% ma si attesta intorno al 96%.

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Ciò significa che soltanto il 96% del metano contenuto nel biogas riesce ad essere recuperato; il restante 4% viene rilasciato in atmosfera sotto forma di off-gas (o gas di fuga) aumentando così il potenziale di riscaldamento globale del processo che diventa ben più impattante, nonostante la dote di CO2 biogenica di cui si è già parlato, rispetto al tradizionale potenziale climalterante di cui è responsabile l’estrazione, raffinazione e distribuzione di un’uguale quantità di gas naturale di origine fossile. Tale impatto ambientale potrebbe però ridursi, al punto da rendere il processo più sostenibile rispetto all’estrazione, raffinazione e distribuzione di gas naturale, se i gas di fuga venissero intercettati e convogliati in sistemi di purificazione situati in serie (aumentando così l’efficienza del sistema) oppure in piccoli cogeneratori in modo da ridurre a zero le emissioni di metano e produrre una seppur minima quantità di energia elettrica e termica che potrebbe alimentare anche solo parzialmente l’impianto di DA riducendo gli impatti ambientali legati al suo approvvigionamento energetico.

Altro aspetto importante che merita attenzione è la gestione del digestato, ovvero il co-prodotto che si ottiene a valle del processo di DA, che risulta essere il maggiore responsabile delle emissioni con potenziale acidificante ed eutrofizzante dell’intero processo di digestione anaerobica. Il digestato contiene elevate quantità di elementi chimici quali l’azoto e il fosforo, ma anche una discreta quantità di carbonio organico. Questi elementi, durante la fase di stoccaggio, possono trasferirsi in ambiente sottoforma di diversi composti (CH4, N2O, NH3, NO3-, ecc.) e causare emissioni in atmosfera e nel suolo, quindi nelle acque dolci e/o salate. Tali emissioni, causano elevati problemi sia di accettabilità sociale, ad esempio causa delle emissioni di ammoniaca, sia problemi ambientali legati al potenziale di riscaldamento globale, di acidificazione ed eutrofizzazione. Anche in questo caso basterebbero dei piccoli accorgimenti progettuali per limitare gli impatti ambientali negativi che derivano da questa fase. Infatti, sarebbe sufficiente stoccare il digestato in locali chiusi dotati di sistemi di captazione e abbattimento delle emissioni gassose per ridurre notevolmente gli impatti globali.

Sempre dal medesimo studio, è emerso che l’utilizzo delle biomasse dedicate impiegate in DA è responsabile di elevati impatti ambientali. In particolare, ci sono colture come il mais (largamente impiegato grazie al suo elevato potere metanigeno) che necessitano di elevati quantitativi di fertilizzanti, pesticidi e acqua che lo rendono poco sostenibile. Infatti, è risultato che nonostante il mais concorresse per il 46% al quantitativo di biomasse in ingresso all’impianto, esso era causa, in media, del 70% degli impatti causati dalle biomasse, con punte dell’80% nel caso del potenziale di riscaldamento globale.

Ulteriore problema derivante dall’uso di tali biomasse è che si rischia di innescare una competizione tra colture energetiche e coltivazioni destinate all’uso umano e animale. Inoltre, molto spesso i terreni agricoli sono soggetti a monocolture energetiche intensive in monosuccessione che possono causare infertilità dei suoli e ulteriori nuovi problemi ambientali.

Nonostante le differenti problematiche e criticità ambientali individuate nello studio, ad oggi un impianto di DA per la produzione di biogas risulta essere meno impattante rispetto alla tradizionale produzione di energia elettrica da mix nazionale italiano soltanto per la categoria di impatto legata al potenziale di riscaldamento globale.

Dal grafico si vede l’elevato impatto ambientale che hanno le colture dedicate di mais, triticale, sorgo e barbabietola, la cui somma rappresenta il 67,5% del totale del feedstock. Nonostante concorrano solo per poco più dei 2/3, circa il 90% delle emissioni di gas climalteranti è imputabile a loro. Il mais, in particolare, è responsabile dell’80% delle emissioni causate dalle biomasse in seguito al massiccio utilizzo di fertilizzanti e all’utilizzo di motori per la sua irrigazione. Per questo motivo è necessario incentivare maggiormente le biomasse residuali.

Emissioni di gas climalteranti

16 HS+E Magazine jul-sep 2014

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Infatti, il potenziale di acidificazione e di eutrofizzazione risultano essere fortemente influenzati dalla cattiva gestione del digestato e dall’utilizzo di fertilizzanti per le colture dedicate.

Mix energetico italiano 2011

L’aspetto positivo legato al potenziale di riscaldamento globale è favorito soprattutto dal fatto che nel mix energetico italiano ci sono ancora elevate percentuali di energia elettrica prodotta in maniera poco sostenibile, ad esempio mediante l’utilizzo di centrali a carbone che nel 2011 fornivano il 15% circa dell’energia elettrica totale prodotta. D’altronde, però, si potrebbe pensare che in un futuro non troppo lontano, la continua diffusione di energie rinnovabili porterà ad una riduzione relativa dei vantaggi attualmente offerti dagli impianti di digestione anaerobica. Per questo motivo, è necessario iniziare sin da adesso a pensare ad eventuali azioni di mitigazione degli impatti ambientali in modo tale da rendere sostenibili i sistemi di produzione di energie rinnovabili anche in futuro.

ROBERTO CAMMARDELLA, laureato in scienze ambientali si occupa di energie rinnovabili e in particolare delle problematiche correlate al Life Cycle Assessment.

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Sistemi di Gestione secondo le norme :

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Certificazione di Personale e Processi di Saldatura Certificazione di Saldatori ed Operatori di saldatura industriale (Norme EN-ASME-AWS-API ecc.) Certificazione processi speciali di saldatura (Norme EN-ASME-AWS-API ecc.)

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certificazione secondo Reg. CE 761/2001-EMAS Elaborazione del fascicolo tecnico secondo direttiva 97/23/CE “PED” Elaborazione documentazione per certificazione di prodotto in regime

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PRESSREVIEW

La famosa Battersea Power Station - centrale elettrica a carbone situata nell’omonimo distretto del sud-est londinese - è stata, sin dal momento della sua costruzione negli anni Trenta del Novecento, una delle icone della potenza industriale britannica; messa fuori servizio nei primi anni Ottanta è rimasta poi per trent’anni un monumento di archeologia industriale, essendo, tra l’altro, il più grande edificio in mattoni mai realizzato in Europa; la rimozione delle coperture avvenuto pochi anni dopo la messa fuori servizio ha purtroppo condotto rapidamente ad un ammaloramento delle strutture interne; i proibitivi costi, hanno fatto sì che non si procedesse poi ad un decommissioning definitivo.

L’acquisto di tutto l’insediamento, avvenuto nel 2012 da parte di un developer malese, ha portato immediatamente all’avvio di un progetto di ristrutturazione che durerà undici anni per un costo stimato di circa 8 miliardi di sterline e che prevede la realizzazione di migliaia di appartamenti, uffici, teatri, cinema e centri commerciali e sportivi che offriranno lavoro a oltre 15.000 persone.

Questo enorme cantiere sarà anche, da qui fino al 2025, il teatro del progetto ‘Beyond Expectations’ ovvero la più sofisticata applicazione degli standard di protezione della sicurezza, della salute e benessere dei lavoratori mai realizzata fino ad ora in un cantiere di costruzione.

Oltre 100 milioni di sterline saranno immediatamente investiti per mettere in sicurezza la struttura esistente, incluse le quattro famose ciminiere che verranno smontate e ricostruite integralmente perfettamente identiche a quelle esistenti.

Nonostante l’amianto originariamente presente in abbondanza vista la tipologia di impianto sia stato completamente rimosso nei decenni passati, la potenziale presenza di fibre residue comporterà la messa in atto di speciali precauzioni sia di tipo organizzativo che tecnico. Massima attenzione verrà data al rischio derivante dal lavoro in quota cercando di meccanizzare tutte le attività più rischiose; per quanto riguarda il benessere dei lavoratori verranno realizzate site facilities che garantiscano il massimo confort durante tutte le fasi del lavoro.

Beyond Health

and Safety Expectation

Articolo di Nick Warburton pubblicato per

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Green Action in South Africa è una iniziativa promossa dalla Regione Emilia Romagna con il sostegno dell’Università di Ferrara per promuovere l’imprenditoria italiana nel settore delle Green Technologies in un mercato in piena crescita come il Sud Africa, attraverso la partecipazione a fiere settoriali e la promozione di accordi istituzionali.

Green Action in South Africa ha già permesso a diverse aziende italiane di partecipare con successo alla fiera African Utility Week 2014 di Cape Town e di incontrare espositori e visitatori provenienti dall’intero continente Africano. La aziende hanno esposto i loro prodotti e servizi all’interno dell’“Italian Pavillion”.La rete di contatti con le aziende e enti locali è in continua crescita e si sta consolidando anche grazie alla presenza continua di un nostro rappresentante in Sud Africa.

Green Action può fornire alle aziende un supporto strutturato grazie a una organizzazione capace di offrire un servizio di accompagnamento dedicato dall’Italia al Sud Africa.

Per maggiori informazioni sul progetto e dei suoi sviluppi, potete visitare il sito www.greenactioninsouthafrica.com oppure mettersi in contatto con [email protected].

www.greenactioninsouthafrica.com

Un proge�o italiano per le energie rinnovabili in Sudafrica

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FIBRELITE ha presentato una nuova serie di piani di copertura per trincee e scavi a sezione obbligata, tra questi le D400 load-rated composite trench

covers. Questi elementi di protezione risultano essere una alternativa molto più leggera rispetto a quelli realizzati in calcestruzzo armato o in metallo, entrambi movimentabili, a causa del loro peso, solamente tramite carrelli elevatori o altre macchine di cantiere.

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La realizzazione di questi elementi di protezione contro la caduta nel vuoto, è nata per rispondere alla richiesta proveniente dal sito di costruzione di una grande centrale elettrica sita nel nord dell’Inghilterra.

I tecnici impegnati in cantiere stavano cercando delle alternative ai piani di protezione tradizionali che tra le tante criticità hanno anche quella di essere facilmente danneggiabili oltreché maneggiabili con difficoltà.

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jul-sep 2014 HS+E Magazine 21

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Professionalità ed operatività integrate in un

Il presente contributo illustra un piccolo intervento di bonifica del sottosuolo eseguito da Enviars S.r.l. che, grazie alla professionalità e all’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori

Ambientali per la Categoria 9, ha integrato le diverse fasi di messa in sicurezza d’emergenza, indagini, monitoraggi, progettazione e bonifica di un sito contaminato da gasolio, a causa di un fenomeno di overfilling di un serbatoio.

Il contributo si articola in senso cronologico partendo da una ricostruzione storica dell’accaduto, illustrando i diversi interventi di messa in sicurezza d’emergenza, le indagini di caratterizzazione, il monitoraggio della falda acquifera, la bonifica dei terreni attraverso la rimozione di una porzione e l’applicazione del Soil vapor Extraction, fino al collaudo finale in contraddittorio con l’ARPA competente.

intervento di bonifica del sottosuoloDalla messa in sicurezza d’emergenza alla relazione di fine lavori, attraverso indagini, progettazione, monitoraggi e bonifica applicando diverse tecnologie.

Claudio Mattalia

2a Parte

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ANALISI DI RISCHIO

Le indagini di caratterizzazione hanno consentito di ricostruire il modello concettuale della contaminazione. Come già detto, il gasolio è fuoriuscito dal serbatoio percolando ai lati e sotto di esso per infiltrarsi nel sottosuolo del grado superiore e del gradone inferiore, dove, trovando un sistema fratturato ha raggiunto la cantina ed il pozzo P1.

Gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza hanno scongiurato la propagazione del gasolio in falda e contemporaneamente bonificato il Pozzo P1. La contaminazione residua interessa il terreno a tergo del muro di sostegno tra il gradone inferiore e quello intermedio, al di sotto della vasca dove era alloggiato il serbatoio di stoccaggio del gasolio, dove si registrano i massimi valori di concentrazione (11000 mg/kg per gli Idrocarburi pesanti, 1200 mg/kg per gli Idrocarburi leggeri, 18 mg/kg per gli Xileni).

In seguito all’intervento di rimozione del terreno impattato dal gasolio sul gradone inferiore, permane una contaminazione residua modesta e superficiale di Idrocarburi leggeri. Infine, una contaminazione contenuta da idrocarburi sia leggeri sia pesanti è anche stata rilevata nel sottosuolo del cortile.

In ottemperanza al manuale APAT “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati” rev. 2, Marzo 2008, Appendice P, sono state individuate:

» la sorgente di rischio primaria, rappresentata dal serbatoio, ma rimosso durante la fase di messa in sicurezza d’emergenza;

» le sorgenti secondarie di rischio, rappresentate dalle porzioni di terreno potenzialmente contaminate, cioè che presentano superamenti delle CSC-RES (Figura 4).

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La delimitazione della porzione di terreno potenzialmente contaminata, costituente la sorgente di rischio, è stata effettuata sulla base dei seguenti fattori:

1. le risultanze delle analisi chimiche, che evidenziano come il maggiore impatto sia localizzato sotto l’impronta della vasca che conteneva il serbatoio di stoccaggio del gasolio per riscaldamento;

2. le risultanze del rilievo dei VOC nell’aria interstiziale, che confermano come il maggiore impatto sia localizzato sotto l’impronta di tale vasca;

3. le modalità di sversamento del gasolio, avvenuto in corrispondenza della vasca di contenimento del serbatoio;

4. l’osservazione diretta del muro di sostegno tra il gradone inferiore e quello intermedio, che evidenzia come il maggiore impatto da idrocarburi sia localizzato sotto l’impronta del serbatoio,

5. l’assenza storica di segnalazioni della presenza di vapori idrocarburici nei locali dell’abitazione Morello più prossimi al gradone inferiore.

Per quanto concerne i contaminanti di interesse, le indagini hanno evidenziato superamenti delle CSC-RES per i seguenti parametri: Xileni, Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi pesanti C>12, di cui sono state utilizzate le speciazioni.

In funzione delle caratteristiche dei contaminanti presenti nel sito, delle caratteristiche del sito e dell’ubicazione della sorgente di rischio, risultano attivi tutti i seguenti percorsi di esposizione: ingestione di terreno, contatto dermico, inalazione outdoor di polveri, inalazione outdoor di vapori da suolo superficiale e profondo, inalazione indoor di vapori e lisciviazione terreno e migrazione verso la falda.

I recettori di rischio sono rappresentati dagli abitanti delle abitazioni presenti e dalla risorsa idrica sotterranea.

La valutazione del rischio verso il recettore uomo è stata effettuata utilizzando gli approcci proposti dagli standard ASTM RBCA e dal Manuale “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati, rev. 2” (APAT, 2008). Gli approcci utilizzati per la valutazione del rischio verso il recettore uomo sono stati implementati mediante i software BP RISC 4 e RBCA Toolkit for Chemical Releases 2.5. BP RISC presenta il vantaggio di tenere in considerazione la solubilità dei vari contaminanti quale limite massimo della fase disciolta. Al contrario, RBCA Toolkit for Chemical Releases implementa il percorso di esposizione inalazione di polveri.

Alla luce delle indicazioni del D.Lgs. 9/2008, il rischio verso la falda è stato valutato al confine verso valle flusso della sorgente di rischio.

I risultati dell’Analisi di Rischio verso il recettore uomo evidenziano un valore di Quoziente di Rischio non accettabile (superiore a 1) per i parametri:

` Idrocarburi leggeri e pesanti per il percorso di esposizione inalazione di vapori relativi allo scenario outdoor;

` Idrocarburi pesanti per i percorsi di esposizione contatto dermico+ingestione suolo;

` Idrocarburi pesanti e Xileni per il parametro Idrocarburi leggeri relativi allo scenario indoor.

Verso il recettore falda, risulta un rischio non accettabile sia per gli Idrocarburi totali, sia per lo Xilene.

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L’analisi di rischio ha consentito di definire le Concentrazione Soglia di Rischio (CSR), valide sull’intero sito, relative ai vari contaminanti di interesse Idrocarburi leggeri e pesanti, Xilene.

ParametroIdr. leggeri

C<12Idr. pesanti

C>12Xileni

CSR (mg/kg)

57 524 0,11

Pertanto, ai sensi dell’art. 240, c. 1, lettere c) ed e) del D.Lgs 152/06, il sito è contaminato e pertanto è necessario un intervento di messa in sicurezza e bonifica.

Interventi Messa in Sicurezza implementati

In seguito alla caratterizzazione del sito e all’applicazione dell’analisi di rischio sono stati implementati alcuni interventi di messa in sicurezza.

» realizzazione di un’impermeabilizzazione superficiale nell’area in cui era collocato il serbatoio per lo stoccaggio di gasolio, allo scopo di evitare l’infiltrazione dall’alto verso il sottosuolo contaminato (Figura 5);

» realizzazione di un impianto di captazione, pompaggio e trattamento mediante disoleatore della venuta d’acqua che in caso di eventi meteorici intensi si verifica nella cantina.

Figura 5 - Impianto Soil Vapor Extraction

jul-sep 2014 HS+E Magazine 25

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REVISIONE DOCUMENTO DI ANALISI DI RISCHIO

In seguito all’approvazione del Documento di Analisi di Rischio, gli enti competenti hanno prescritto di considerare anche i parametri Toluene, Naftalene e Benzo(a)pirene, e, cautelativamente, aumentare l’estensione verticale sorgente contaminazione nel cortile. Inoltre, considerando le diverse impermeabilizzazioni presenti sul sito, in particolare l’impermeabilizzazione dell’ex vasca serbatoio, sono stati variati i valori di infiltrazione efficace e del conseguente spessore della zona di miscelazione, e sono stati considerati inattivi i percorsi di esposizione ingestione di terreno e contatto dermico.

Pertanto, è stata eseguita una revisione dell’analisi di rischio che ha fornito rischi non accettabili per:

` uomo outdoor: Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi pesanti C>12 e Benzo(a)pirene;

` uomo indoor: Idrocarburi leggeri C<12 e Idrocarburi pesanti C>12;

` Falda: tutti i parametri, ad esclusione del Benzo(a)pirene.

Pertanto, sono state definite le nuove CSR e le COB (Concentrazione Obiettivo di Bonifica):

ParametroIdr.

leggeri C<12

Idr. pesanti

C>12Toluene Xileni

Benzo(a)pirene

Naftalene

CSR (mg/kg)

40 371 0,08 0,08 0,06 0,28

COB (mg/kg)

41 1410 0,31 0,29 1,31 1,05

BONIFICA

Alla luce dell’ubicazione delle porzioni di terreno contaminate e della tipologia di contaminanti presenti (composti organici medio-volatili e biodegradabili), la tecnologia di bonifica maggiormente idonea è stata individuata nel Soil Vapor Extraction SVE), cioè estrazione di vapori interstiziali dal sottosuolo.

Riguardo alla porzione di terreno contaminato ubicato nel gradone inferiore si provvederà ad un intervento di rimozione e smaltimento di terreno.

Il dimensionamento dell’impianto di SVE è stato effettuato sulla base delle risultanze delle indagini di caratterizzazione e delle due prove effettuate in sito.

La prova effettuata in un pozzo orizzontale (SH4) nel muro alla base del gradone inferiore ha fornito valori di VOC elevati (fino a 300 ppm), ma non ha consentito una stima attendibile della permeabilità terreno e del raggio di influenza, a causa della presenza dei contrafforti e delle eterogeneità del sottosuolo. Al termine della prova, è stato prelevato un campione di aria interstiziale, mediante adsorbimento su una fialetta di carboni attivi, sottoposto a determinazioni di laboratorio che hanno evidenziato la prevalenza di idrocarburi alifatici leggeri.

La prova effettuata in un pozzo verticale nel cortile (S1) ha fornito valori di VOC decisamente ridotti (2,1 ppm), ma è stata finalizzata esclusivamente al monitoraggio delle depressioni indotte che hanno evidenziato l’esistenza di vie preferenziali di infiltrazione di aria nel sottosuolo, probabilmente i numerosi sottoservizi presenti nel sottosuolo del cortile.

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Le conclusioni della prova sono la necessità di realizzare una fitta rete di pozzi di aspirazione per ovviare al limitato raggio di influenza.

L’impianto di bonifica SVE realizzato comprende (Figura 5):

` n. 9 pozzi di aspirazione aria interstiziale sub-orizzontali (SH3÷SH11) per la porzione di terreno a tergo del muro di sostegno tra il gradone inferiore e quello intermedio (Figura 5);

` n. 4 pozzi di aspirazione aria interstiziale verticale (S1, S7, S8, S9) per il sottosuolo del cortile(Figura 5);

` n. 1 collettore dotato di valvole e punti di ispezione;

` n. 4 decantatori per l’eventuale condensa;

` n. 1 aspiratore in configurazione antideflagrante alimentata con linea elettrica (380 V, 50 Hz);

` e strumentazione di controllo;

` n. 1 filtro a carboni attivi;

` n. 1 camino;

` quadro elettrico e gestionale.

L’impianto è gestito da un sistema di controllo dei livelli nei decantatori e dei tempi, in modo da funzionare con modalità intermittente nelle sole ore diurne per evitare l’impatto acustico notturno sulle vicine abitazioni civili. Riguardo all’impatto acustico, è stata effettuata una valutazione di impatto acustico ai sensi della normativa vigente.

In base ai risultati della prova pilota, è stato deciso di incrementare fino a 13 i pozzi di aspirazione in modo da intervenire capillarmente nel sottosuolo. Inoltre, le caratteristiche del sito non hanno consentito l’uso di una sonda ed è stato necessario utilizzare un fioretto per la realizzazione dei fori di alloggiamento dei pozzi di aspirazione orizzontali che necessariamente hanno dovuto essere di piccolo diametro (1”) e ravvicinati.

La portata di aria interstiziale estratta dai singoli pozzi è stata gestita dallo start-up ad ogni intervento di controllo al fine di ottimizzare la bonifica del sottosuolo. Ogni linea è dotata di un punto di ispezione per la misura dei seguenti parametri: VOC, ossigeno, anidride carbonica, metano, depressione e flusso di aria. La regolazione è stata eseguita mediante apposite valvole regolatrici manuali, in funzione dei VOC estratti e della depressione indotta.

Per l’aspirazione dell’aria interstiziale dalle 13 tubazioni, è stato utilizzato un aspiratore a canali laterali, con portata di circa 150 m3/h, collegato al quadro comandi e controlli che gestirà l’arresto in caso di troppo pieno dei decantatori.

Il trattamento dei gas interstiziali estratti è stato effettuato mediante un sistema di depurazione a carboni attivi da 210 kg, dimensionato sulla base della portata di aspirazione di progetto (150 m3/h) e sulla base delle risultanze delle determinazioni analitiche sul campione di aria interstiziale prelevato al termine della prova pilota.

Il terreno superficiale del gradone inferiore, risultato caratterizzato da superamenti delle CSR, è stato bonificato mediante rimozione e smaltimento. Al termine di tale intervento, sono stati prelevati due campioni di fondo scavo, al fine di verificare l’effettivo raggiungimento delle COB.

Completata la fase di attivazione dell’impianto di SVE, è stato attivato un piano di monitoraggio, al fine di controllare sia il funzionamento dell’impianto sia l’evoluzione della

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bonifica. Tale piano è stato articolato nel controllo strumentale (fotoionizzatore e analizzatore gas) con frequenza settimanale e successivamente quindicinale, e nel prelievo mensile di aria interstiziale dai punti più rappresentativi e analisi di speciazione degli idrocarburi in laboratorio.

È stato eseguito anche un piano dei controlli delle componenti: aspiratore, decantatori, filtri, strumenti di bordo, filtro a carboni attivi, le cui emissioni sono state monitorate sia con fotoionizzatore portatile sia con prelievo e analisi di campioni su fialetta.

In seguito alla ricostruzione dei circuiti idrici sotterranei, l’ARPA ha richiesto la realizzazione di un apposito pozzo di monitoraggio profondo (PMV, profondità 15 m, fino nel fratturato) a valle flusso per verificare un’eventuale diffusione degli idrocarburi più a valle del sito e l’integrazione del set analitico con Ferro e Manganese,. parametri indicatori di fenomeni di biodegradazione nel sottosuolo.

Il monitoraggio delle acque sotterranee è stato effettuato con frequenza quadrimestrale per tre anni su una rete di otto pozzi più la venuta d’acqua (quando presente) della cantina con lo scopo di verificare l’evoluzione dello stato qualitativo delle acque sotterranee. I risultati sono sempre stati favorevoli, senza alcun superamento delle CSC per i parametri ricercati, ad eccezione del Ferro e Manganese verosimilmente a causa di un inquinamento da reflui fognari civili.

COLLAUDI

I collaudi si sono svolti in più fasi in funzione delle aree e delle matrici (Figura 4). L’intervento di rimozione del terreno contaminato residuo sul gradone inferiore è stato verificato mediante il prelievo e l’analisi di due campioni di terreno, in contraddittorio con ARPA, ed il confronto con le COB previste per i seguenti parametri: Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi pesanti C>12, Toluene, Xilene, Benzo(a)pirene e Naftalene.

Per quanto concerne le porzioni di terreno a tergo del muro di sostegno tra il gradone inferiore e quello intermedio e sottostante il cortile, prima è stato verificato il raggiungimento di valori di concentrazione di idrocarburi nell’aria interstiziale trascurabili (<1 ppm VOC) ed il mantenimento degli stessi per un tempo pari ad almeno due mesi. Raggiunta tale situazione, l’impianto di SVE è stato spento ed è iniziato il monitoraggio della fase di rebound, durata circa 2 mesi. Completata positivamente tale fase, senza alcuna risalita significativa

delle concentrazioni di VOC, sono stati eseguiti tre sondaggi (2 orizzontali oltre il muro ed uno verticale nel cortile) per il prelievo di campioni di terreno in contraddittorio con ARPA.

ali sondaggi sono stati spinti fino al raggiungimento del substrato roccioso e dagli stessi sono stati prelevati due campioni per sondaggio, analizzati per la determinazione dei seguenti parametri: Idrocarburi leggeri C<12, Idrocarburi pesanti C>12, Toluene, Xilene, Benzo(a)pirene e Naftalene. Tutti i risultati analitici sono stati favorevoli e validati dal laboratorio ARPA.

Riguardo alle acque sotterranee, il monitoraggio è proseguito per circa un anno dopo il raggiungimento di valori di VOC inferiori all’unità. Tutti i risultati del monitoraggio hanno evidenziato l’assenza di inquinamento della falda acquifera. Pertanto, si è proceduto alla redazione della relazione di fine lavori.

TEMPI

Le difficili condizioni locali hanno reso poco affidabile una valutazione preventiva dei tempi di bonifica, che sono stati comunque stimati in circa 2 anni. Tuttavia, grazie al continuo monitoraggio e all’accurata gestione dei flussi, dopo circa 13 mesi i valori di concentrazione di VOC sono scesi al di sotto del valore di 1 ppm.

FIGURE

1. Planimetria e vista sito

2. Piezometria, monitoraggio pozzi P1 e P8 e andamento tetto substrato roccioso

3. Ubicazione risultati rilievo VOC

4. Sorgenti di Rischio, ubicazione pozzi estrazione vapori, indagini di collaudo

5. Impianto SVE e impermeabilizzazione vasca ex serbatoio

CLAUDIO MATTALIA, ingegnere, si occupa da oltre 25 anni di sicurezza ambientale e del territorio; fondatore della società ENVIARS srl di Torino è responsabile di tutte le attività di ingegneria ambientale di Techno srl. [email protected]

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†informa

“Le organizzazioni che ambiscono ad avere successo nel lungo periodo dovrebbero mantenere una cultura dell’integrità e della compliance, nonché considerare con attenzione i bisogni e le aspettative dei propri stakeholders”.

Con questa affermazione si apre l’introduzione alla nuova ISO/DIS 19600 sui Compliance Management Systems (CMS), la cui emissione è prevista entro la fine del 2014.

Dall’uso del condizionale (“dovrebbe”) si nota subito che è una Linea Guida e non una norma che stabilisce dei requisiti a fronte dei quali poter emettere certificati di conformità.

Può dunque essere interpretata ed adattata dalle piccole e medie imprese, tenendo conto del loro contesto, della complessità delle loro attività, dei loro rischi e delle risorse disponibili.

La norma è strutturata in modo da poter essere facilmente integrata ad un qualsiasi sistema di gestione per consentire una gestione strutturata e sistematica di tutti gli aspetti connessi con la “Compliance” e riprende l’impostazione metodologica della norma ISO 31000 sul Risk Management .

La Tab.1 riporta i principali termini utilizzati nella norma:

COMPLIANCE MANAGEMENT SYSTEMS E LA NUOVA ISO/DIS 19600

TERMINOLOGIA ASSOCIATA ALLA «COMPLIANCE» (ex ISO/DIS 19600)

• Compliance: adempimento di tutte le “Compliance Obligations” aziendali. E’ resa “sostenibile” integrandola nella cultura di un’organizzazione e nei

comportamenti ed orientamenti del personale

• Compliance Management System: l’insieme degli elementi della gestione aziendale interagenti ed interconnessi che stabiliscono le politiche di Compliance, gli

obiettivi di Compliance ed i processi necessari per il raggiungimento degli stessi

• Compliance Culture: i valori, l’etica e le convinzioni che esistono all’interno di un’organizzazione ed interagiscono con la struttura organizzativa ed i sistemi di

controllo nella produzione di norme comportamentali che favoriscono il raggiungimento della Compliance

• Compliance Obligation: requisito cui un’organizzazione deve o stabilisce di voler adempiere

• Non Compliance: mancato adempimento di una “Compliance Obligation”

• Compliance Risk: effetto dell’incertezza sugli obiettivi di Compliance

• Compliance Function: persone con assegnata responsabilità nella gestione della Compliance. Può essere assegnata una responsabilità generale e/o possono

essere individuate molteplici responsabilità. (in Italia può essere ad es. un Organismo di Vigilanza )

• Compliance Manager, Compliance Officer: ruoli assegnati nell’ambito della Compliance Function.

ing. Carlo Papale, direttore generale AENOR ITALIA S.r.l. ing. Gianfranco Bettoni, IAS REGISTER S.A

Fervono i lavori in seno al Comitato Tecnico ISO/PC 271 alle prese con la prima emissione della norma ISO 19600 sui Compliance Management Systems. Di seguito una prima anticipazione dell’impostazione della norma, grazie al contributo di AENOR, che, in qualità di ente di normazione, partecipa direttamente ai lavori.

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PERCHÉ UNA NORMA SUL CMS ?

L’elaborazione della norma in ambito ISO non è altro che la presa d’atto dell’importanza che ha assunto il Compliance Management soprattutto in quei settori “sensibili”, che devono sottostare a complicate legislazioni e regolamentazioni, quali ad es. il settore costruzioni, l’industria chimica, l’oil & gas, la generazione e la distribuzione di energia, ecc.

Assicurare la Compliance in questi settori non significa solo identificare, valutare e controllare il rischio ambientale e sulla salute e sicurezza, ma significa anche assicurare la “Business continuity” nell’erogare servizi di importanza vitale per la nostra società.

Le organizzazioni riconoscono che il presupposto di ogni politica di responsabilità sociale è una Compliance bene organizzata e gestita.

Le figure del “Compliance Officer” e del “Compliance Manager” sono sempre più richieste sul mercato e richiedono specifiche competenze, che meritano uno specifico approfondimento.

L’IMPOSTAZIONE

I punti fermi che questa norma stabilisce sono i seguenti :

` la Compliance è resa sostenibile solo integrandola nella cultura di un’organizzazione e nei comportamenti ed orientamenti del personale;

` la Compliance contribuisce al comportamento socialmente responsabile di un’organizzazione;

` la Compliance dovrebbe essere inserita fra gli obiettivi strategici di un’organizzazione;

` un efficace Compliance Management System (CMS) consente il raggiungimento di tali obiettivi;

` pur mantenendo la propria indipendenza, il CMS dovrebbe essere integrato ai diversi sistemi di gestione adottati;

` un efficace CMS consente ad una organizzazione di dimostrare il proprio impegno verso la Compliance, con riferimento non solo alle prescrizioni legislative e regolamenti, ma anche ai codici di buona prassi, ai codici etici ed alle linee guida stabilite dall’organizzazione stessa, tenendo conto dei bisogni e delle aspettative dei suoi stakeholders;

` un efficace CMS dovrebbe tener conto dei seguenti principi di buona “corporate governance”:

» diretto accesso della struttura preposta alla Compliance (“Compliance Function”) all’organo di governo aziendale;

» indipendenza della “Compliance Function”;

» appropriata autorità e risorse allocate per la “Compliance Function”.

` un CMS si pone come obiettivo la prevenzione delle “non-compliances”. L’estensione dei controlli da implementare per una specifica “Compliance Obligation” può dipendere dal livello di rischio valutato. In ogni caso le misure di mitigazione dl rischio sono limitate e può essere che rimanga un rischio residuo di “non-compliance” dopo l’implementazione;

` un efficace CMS dovrebbe perseguire il miglioramento continuo secondo la logica PDCA e seguendo l’impostazione della norma ISO 31000 sul Risk Management (ved. Tab.2)

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Definire il contesto

Identificare i rischi

Misurare i rischi

Pianificare il trattamento

Attuare il trattamento

Ponderazione dei rischiRisk evaluation

Valutarne la significatività

AENORitalia propone inoltre sempre su questo tema servizi di:

• Formazione su strumenti e metodologie di Risk Management e Risk Assessment• Percorsi strutturati di qualifica per Risk Assessor• Validazione di Risk Assessment condotti autonomamente dall’azienda.

1. Stabilire il contesto

` capire l’organizzazione ed il suo contesto;

` identificare le “parti interessate” e capirne i bisogni e le aspettative;

` stabilire il campo di applicazione del CMS .

2. Identificare i rischi ` identificare ed aggiornare le “Compliance

Obligations” (di natura “legale” e “volontaria”)

3. Analizzare i rischi (Misurare) ` identificare le possibili cause di non-compliance, la

loro probabilità e le conseguenze prodotte.

4. Valutare i rischi (Ponderare) ` confrontare i livelli di rischio misurati con I criteri di

rischio stabiliti nella fase 1.

5. Trattare e gestire i rischi ` determinare e prioritizzare l’implementazione dei

controlli

6. Monitorare e controllare i rischi residui ` monitoraggi sui rischi residui e sull’insorgere di

“non-complinaces”;

` correzione delle “non-compliances” ed attivazione di azioni correttive

7. Comunicare e consultare

32 HS+E Magazine jul-sep 2014

Aenor Informa

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INSPECTA s.r.l. International Inspection Agency

Head of f ice: v ia Ravegnana, 379/A - 47122 For l ì (FC ) - I ta ly

☎ +39 0543 806128 - fax +39 0543 724366 - mob. +39 393 9374013

info@inspectasr l .com - www.inspectasr l .com

Ispezioni ed Expedit ing

Supporto per attività di pianificazione e supervisione ai collaudi intermedi e finali dei vari cicli produttivi

Gestione del piano ispezioni e collaudi relativo a singola fornitura o di un intero progetto, impiegando personale qualificato e di comprovata esperienza per interventi puntuali e/o continuativi

Desk expediting ed expediting su

forniture di materiali, macchinari, impianti e relativi componenti, avvalendosi di personale certificato CICPND di III livello

Consulenza Tecnica

Consulenza di gestione progetto e controllo qualità nell’ambito delle costruzioni nel settore navale, industriale, chimico, petrolchimico e Oil & Gas

Consulenza relativa all’emissione di manuali della qualità e procedure di fabbricazione di elementi costruttivi per l’ottenimento della certificazione in accordo alle norme ISO 9001, ISO 1090, ISO 3834, EN 15085, direttiva PED 97/23/CE avvalendosi di personale con ventennale esperienza nel settore delle costruzioni.

Studio e messa a punto di processi di saldatura ed addestramento di personale addetto alla saldatura, avvalendosi di tecnici certificati IWE, IWT, IWI

Studio e redazione di procedure di

controlli distruttivi per i vari metodi, impiegando ispettori certificati secondo la norma ISO 9712 e SNT TC-1A di II e III livello

Studio, redazione ed

approvazione di procedure relative a rivestimenti e

verniciatura, avvalendosi di personale qualificato NACE e Frosio di I, II e III livello

Laboratorio

Realizzazione di prove tecnologiche per la verifica delle caratteristiche meccaniche di materiali e giunti saldati compresa la validazione di processi di saldatura, saldatori ed operatori di saldatura, avvalendosi dell’avanguardia tecnologica di macchinari di ultima generazione.

Formazione

Organizzazione di corsi di

formazione del personale di controlli non distruttivi per i metodi VT-PT-MT-UT-RT in accordo alla norma ISO 9712, di ispettori di saldatura, coordinatori di saldatura

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IN VIGORE I NUOVI CRITERI DI QUALIFICAZIONE PER I FORMATORI PER LA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

È entrato in vigore, il 18 marzo 2014, il Decreto Interministeriale del 6 marzo 2013, con il quale sono stati recepiti i criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro individuati dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’art.6, comma 8, lettera m-bis) del D. Lgs. 81/2008.

Il provvedimento stabilisce che i formatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro dei corsi di cui agli articoli 34 e 37 del D. Lgs. 81/2008, così come disciplinati dagli accordi sanciti in Conferenza Stato-Regioni il 21 dicembre 2011, devono essere in possesso dei seguenti requisiti minimi per la qualificazione:

` diploma di scuola secondaria di secondo grado (prerequisito non richiesto per il datore di lavoro che effettua formazione ai propri lavoratori);

` uno dei criteri riportati in allegato al decreto stesso, comprovato con idonea documentazione.

Fino al 18 marzo 2016, i datori di lavoro, nel rispetto delle condizioni dell’accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, sono legittimati a svolgere attività formativa per i

propri lavoratori se in possesso dei requisiti per effettuare il servizio di prevenzione e protezione di cui all’articolo 34 del D. Lgs. 81/2008.

Trascorso tale periodo, il datore di lavoro che intenda svolgere direttamente l’attività formativa dovrà possedere uno dei criteri previsti dal decreto 6 marzo 2013.

MODIFICHE AL D. LGS. 81/2008: LA PREVENZIONE DELLE FERITE DA TAGLIO O DA PUNTA

Il 25 marzo 2014 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 19 del 19 febbraio 2014, il quale recepisce la Direttiva 2010/32/UE in merito alla prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario. Viene aggiunto al D.Lgs. 81/2008 il nuovo Titolo X-bis; che consta di sei articoli, dal 286-bis al 286-septies.

L’ambito di applicazione è indicato nell’articolo 286-bis dove si segnala che le disposizioni del Titolo X-bis si applicano a tutti i lavoratori che operano, nei luoghi di lavoro interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ivi compresi i tirocinanti, gli apprendisti, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori somministrati, gli studenti

TECHNONEWS

SICUREZZA ED IGIENE INDUSTRIALE

34 HS+E Magazine jul-sep 2014

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che seguono corsi di formazione sanitaria e i sub-fornitori. L’art. 286-ter riporta una serie di definizioni, l’art. 286-quater definisce le misure generali di tutela, l’art. 286-quinquies affronta il tema della valutazione dei rischi e l’art. 286-sexies è relativo alle misure di prevenzione specifiche.

TUTELA MARITTIMI ABBANDONATI, EMENDAMENTI ILO ALLA CONVENZIONE MLC (MARITIME LABOUR CONVENTION) 2006

Adottati dall’Ilo degli emendamenti alla convenzione sul lavoro marittimo Mlc 2006 che introducono strumenti di tutela a favore dei marittimi imbarcati su navi abbandonate nei porti. Per marittimi abbandonati si intende il personale imbarcato su navi il cui armatore fallisce e che, non potendo più viaggiare, vengono abbandonate nei porti. I lavoratori a bordo, spesso non possono scendere da queste navi per motivi di visti o permessi negati. Sono quindi costretti a restare sulle navi anche se senza viveri, senza riscaldamento o condizionamento, senza acqua calda e con servizi igienici ridotti. Non possono lavorare e non hanno una fonte di reddito né per sé né da mandare alle famiglie, lontane. Sviluppati da un gruppo misto di lavoro istituito da Ilo e dall’Organizzazione marittima internazionale (Imo), gli emendamenti appena approvati introducono un sistema di tutela per questa categoria di lavoratori.

Le nuove norme stabiliscono che gli armatori garantiscano la sicurezza finanziaria necessaria a far fronte alle conseguenze dell’abbandono della nave e prevedono l’obbligo dell’armatore di provvedere all’indennizzo per la morte o la disabilità a dei marittimi a causa di infortuni avvenuti su navi abbandonate. Secondo le nuove disposizioni le navi dovranno

pertanto viaggiare con certificati che garantiscono la sicurezza finanziaria a tutela dei marittimi che lavorano a bordo. Se sprovvista di tale certificazione la nave ora potrebbe non essere autorizzata a salpare.

CERTIFICATO ANTI-PEDOFILIA: OBBLIGO SOLO PER I NUOVI ASSUNTI E IL VOLONTARIATO È ESCLUSO

A partire dal 6 aprile scorso, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 39/2014, viene richiesto il certificato penale del casellario giudiziale al soggetto che intende impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate, che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale.

L’adempimento in questione riguarda esclusivamente i nuovi rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 6 aprile e non si applica a tutti i rapporti già in essere a tale data.

Rimangono fuori, per lo meno sotto il profilo sanzionatorio, i rapporti diversi da quelli di lavoro in senso stretto e cioè i rapporti di volontariato. Pertanto, per le organizzazioni di volontariato, l’obbligo di richiedere il certificato sussiste nei soli casi in cui le stesse, per lo svolgimento di attività volontarie organizzate, assumono la veste di datori di lavoro.

ATTIVITÀ LAVORATIVE IN PRESENZA DI TRAFFICO VEICOLARE: DA MARZO NUOVI OBBLIGHI PER LA SEGNALETICA

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2013 il Decreto Interministeriale del 4 marzo 2013, all’interno del quale sono individuati, ai sensi dell’articolo 161, comma 2-bis, del D.Lgs. 81/2008,

jul-sep 2014 HS+E Magazine 35

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i criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare. L’applicazione dei criteri di cui al presente decreto non preclude l’utilizzo di altre metodologie di consolidata validità.

L’articolo 4 del decreto “Dispositivi di protezione individuale” stabilisce che gli indumenti ad alta visibilità di classe 1 non sono più ammessi e in particolare stabilisce:

1. i datori di lavoro mettono a disposizione dei lavoratori, fermo restando i vigenti obblighi di formazione e addestramento, dispositivi di protezione individuale conformi alle previsioni di cui al Titolo III del d.lgs. n. 81/2008. Gli indumenti ad alta visibilità devono rispondere a quanto previsto dal decreto legislativo 4 dicembre 1992 n. 475, dal decreto ministeriale 9 giugno 1995, dal decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 10, e dalla norma UNI EN 471, quindi devono essere di classe 3, o equivalente, per tutte le attività lavorative su strade di categoria A, B, C, e D, ed almeno di classe 2 per le strade E ed F urbane ed extraurbane, secondo la classificazione di cui all’articolo 2, comma 3, del codice della strada. Non sono più ammessi indumenti ad alta visibilità di classe 1;

2. fermi restando gli obblighi già vigenti in applicazione delle corrispondenti previsioni di cui al d.lgs. n. 81/2008, i datori di lavoro sono tenuti ad adeguarsi alle previsioni di cui al comma 1 entro e non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto;

3. i veicoli operativi di cui all’articolo 38 del regolamento codice della strada, devono essere segnalati, con dispositivi supplementari a luce lampeggiante, o pannelli luminosi, o segnali a messaggio variabile, ovvero la combinazione di questi segnali, in relazione alla categoria della

strada e alla tipologia di intervento;

4. la segnaletica della zona di intervento deve avere le caratteristiche di cui all’art. 3 del “disciplinare tecnico relativo agli schemi segnaletici, differenziati per categoria di strada, da adottare per il segnalamento temporaneo” approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 10 luglio 2002 .

PREVENZIONE INCENDI

CHIARIMENTI SULL’USO DELLA MODULISTICA DI PREVENZIONE INCENDI IN MATERIA DI RESISTENZA AL FUOCO

Con riferimento alla Circolare del Ministero dell’Interno Prot. N. 0001681 del 11/02/2014 si vanno a definire alcuni “Chiarimenti sull’uso della modulistica di prevenzione incendi in materia di resistenza al fuoco”, specificando quali siano i casi in cui usare la modulistica “CERT.REI” piuttosto che la modulistica “DICH.PROD..

Il professionista antincendio ricorrerà alla redazione del modulo CERT.REI per comprovare le prestazioni di resistenza al fuoco dei prodotti da costruzione o degli elementi costruttivi, così come riscontrate in opera (es. strutture portanti, murature, ecc.).

Il modulo DICH.PROD interviene in tutti i casi in cui la prestazione di resistenza al fuoco possa essere garantita dalla sola corretta posa in opera del prodotto (es. porte, controsoffitti, ecc.).

La Circolare definisce altresì alcuni casi in cui sia prevista la redazione congiunta dei modelli CERT.REI e DICH.PROD., ovvero nel caso in cui siano impiegati prodotti che migliorano l’intrinseca resistenza al fuoco di un elemento.

36 HS+E Magazine jul-sep 2014

Techno News

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MODIFICA DELLA MODULISTICA DI PRESENTAZIONE DELLE ISTANZE, DELLE SEGNALAZIONI E DELLE DICHIARAZIONI, PREVISTA NEL DECRETO DEL MINISTRO DELL’INTERNO 7 AGOSTO 2012 (PRATICHE DI PREVENZIONE INCENDI).

Con l’uscita del DCPREV 4849 del 11 aprile 2014, viene introdotta la nuova modulistica da utilizzare obbligatoriamente a partire dalla data del 1° maggio 2014 per la presentazione delle istanze, delle segnalazioni e delle dichiarazioni previste per le pratiche di prevenzione incendi. Entro tale data, la suddetta modulistica sarà resa disponibile anche nel sito istituzionale www.vigilfuoco.it.

La nuova modulistica riguarderà:

• Segnalazione Certificata di Inizio Attività (modello PIN 2-2014);

• Segnalazione Certificata di Inizio Attività per depositi di gas di petrolio liquefatto (PIN 2 gpl- 2014);

• Asseverazione ai fini della sicurezza antincendio (PIN 2.1-2014);

• Attestazione per depositi di gas di petrolio liquefatto (PIN 2.1-gpl-2014);

• Dichiarazione inerente i prodotti (PIN 2.3-2014 Dich. Prod.);

• Certificazione dell’ impianto significativo ai fini antincendio (PIN 2.5-2014 Cert. Imp.);

• Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio (PIN 3-2014);

• Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio per depositi di gas di petrolio liquefatto (PIN 3-gpl-2014);

• Asseverazione ai fini della attestazione di rinnovo periodico di conformità (PIN 3.1-2014).

DECRETO 28 FEBBRAIO 2014 - REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, LA COSTRUZIONE E L’ESERCIZIO DELLE STRUTTURE TURISTICO - RICETTIVE IN ARIA APERTA (CAMPEGGI, VILLAGGI TURISTICI, ECC.) CON CAPACITÀ RICETTIVA SUPERIORE A 400 PERSONE.

Sulla Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2014 è stato pubblicato il nuovo Decreto 28 febbraio 2014 riguardante la regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture turistico - ricettive in aria aperta (campeggi, villaggi turistici, ecc.) con capacità ricettiva superiore a 400 persone.

Questo Decreto ha lo scopo di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e alla tutela dei beni contro i rischi di incendio.

Il Decreto stabilisce inoltre i termini e le disposizioni in materia di sicurezza e di prevenzione incendi da soddisfare a seconda che la struttura sia di nuova realizzazione, esistente oppure in modifica e/o ampliamento.

Il decreto è entrato in vigore il 14 marzo 2014 e le attività esistenti dovranno adeguare la propria struttura entro il 7 ottobre 2014 mediante la presentazione di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) presso i Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco.

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EMISSIONI INDUSTRIALI: PREVENZIONE E RIDUZIONE INTEGRATE DELL’INQUINAMENTO

È stato pubblicato in G.U. il D. Lgs. n. 46 del 4 marzo 2014 che attua il recepimento della Direttiva 2010/75/UE relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento, generato dalle emissioni industriali.

Tale recepimento comporta importanti modifiche al complesso del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. “Testo Unico Ambientale” per quanto riguarda i Titoli II, III, IV e V, l’introduzione del Titolo III-bis riguardante l’incenerimento e coincenerimento dei rifiuti e delle relative sanzioni che sono state

inserite nel nuovo “Art. 261-bis (Sanzioni)” con abrogazione del D.Lgs. 133/05 dal 1 gennaio 2016 e l’inserimento della Parte Quinta – Bis riguardante particolari installazioni per la produzione di biossido di titanio.

Le modifiche più rilevanti interessano: nuovo allegato VIII alla parte II con nuove categorie di stabilimenti ricadenti nella disciplina dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), accorpamento della legislazione inerente incenerimento

e coincenerimento nel Testo Unico Ambientale, obbligo per gli stabilimenti ricadenti in tale categoria dell’applicazione della norma UNI EN 14818:2005 per la gestione in qualità dei Sistemi di Monitoraggio in continuo delle Emissioni (SME) e una modifica del quadro sanzionatorio.

SISTRI: PROROGATO AL 31 DICEMBRE IL DOPPIO REGIME CON SOSPENSIONE DELLE SANZIONI, MA CONFERMATO L’INIZIO DELL’OPERATIVITÀ PER I PRODUTTORI INIZIALI DI RIFIUTI PERICOLOSI

Sabato 1 marzo 2014 è entrato in vigore il c.d. “Milleproroghe” nella versione convertita in legge; l’art. 10 in particolare proroga dal 01 agosto 2014 al 31 dicembre 2014 il termine oltre il quale si applicheranno le sanzioni SISTRI; sino tale scadenza è in vigore un doppio regime SISTRI - FIR/Registro/MUD e si applicano le sole sanzioni sugli adempimenti antecedenti il Sistri.

Confermato, in quanto ignorato dal decreto, il termine iniziale di operatività del sistema per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi, fissato al 03 marzo 2014.

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AMBIENTE

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LAMPADINE ESAUSTE, DOVE LE BUTTO?

È importante per la salute dell’ambiente ed evitare sprechi, non gettare le lampadine insieme agli altri rifiuti. Dove buttare le lampade a basso consumo esauste? Per quale motivo è necessario raccoglierle separatamente? Sono pericolose per l’ambiente?

Legambiente in collaborazione con il Consorzio Ecolamp, sono a disposizione dei cittadini e delle aziende, per fornire le corrette risposte a queste domande e ad altri quesiti relativi alla modalità di raccolta e riciclo delle lampadine a basso consumo.

L’iniziativa si chiama “Illumina il riciclo”, giunta alla terza edizione, la quale è stata pensata per contribuire alla diffusione di comportamenti eco-compatibili, in particolare sul corretto smaltimento delle sorgenti luminose a basso consumo. Tali sorgenti contengono componenti tossici ma possono essere riciclati fino al 95%. Per maggiori informazioni si può visitare il sito di Ecolamp:

www.ecolamp.it.

I PANNELLI FOTOVOLTAICI DISMESSI SONO RAEE

Il 12 aprile scorso è entrato in vigore il D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49, di recepimento della Direttiva 2012/19/Ue, che ha incluso i pannelli fotovoltaici tra i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).

Anche i pannelli fotovoltaici dovranno rispettare gli obblighi cui sono sottoposti i RAEE e cioè l’istituzione di un sistema di raccolta differenziata, riciclo e recupero.

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COME TRASMETTERE ALL’ORGANO DI VIGILANZA LE MODIFICHE EDILI EFFETTUATE NEGLI AMBIENTI DI LAVORO

Lo scorso 18 aprile è stato pubblicato, dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, il “Modello unico nazionale per la notifica ai sensi dell’articolo 67 del D.Lgs. n. 81/2008 a seguito di intervento edilizio” esclusi i cantieri temporanei e mobili - Titolo IV del d.lgs. n. 81/2008. In caso di costruzione e di realizzazione di edifici o locali a lavorazioni industriali, nonché nei casi di ampliamenti e di ristrutturazioni

di quelli esistenti, vengono individuate le informazioni da trasmettere all’organo di vigilanza competente per il territorio secondo quanto specificato nel modello allegato al presente decreto.

PRESTAZIONI ENERGETICHE DEGLI EDIFICI: IN ARRIVO LA NUOVA VERSIONE DELLA NORMA UNI/TS 11300

Saranno pubblicate a breve le nuove versioni della UNI/TS 11300-1 e UNI/TS 11300-2 in tema di prestazioni energetiche degli edifici, che andranno a sostituire le corrispondenti parti pubblicate nel 2008.

La specifica tecnica UNI/TS 11300 è nata con l’obiettivo di fornire una metodologia univoca di calcolo per la determinazione del fabbisogno di energia degli edifici, riassumendo e integrando con i necessari dati nazionali quanto la normativa europea stava predisponendo, tramite il mandato M/343 a supporto dell’implementazione della direttiva 2002/91/CE.

A livello nazionale le UNI/TS 11300 costituiscono il principale riferimento normativo per la determinazione della prestazione energetica degli edifici e sono espressamente richiamate nei provvedimenti regolamentari che disciplinano la materia.

EDILIZIA E TERRITORIO

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BRAZIL

` RIO DE JANEIRO: Facilities subject to environmental licensing must pay environmental compensation 01-Nov-2013

` RIO DE JANEIRO: New requirements and producers for environmental authorization to drill water wells 08-Oct-2013

` SAO PAULO: Activities involving native Brazilian flora species in the Malta Atlantica biome are subject to specific producers and requirements 24-Oct-2013

` SAO PAULO: Analysis of physical, chemical and biological tests on environmental matters to be done by accredited laboratories 22-Oct-2013

SOUTH AFRICA

` Operation of small boilers must now meet additional emission restrictions and submits emission reports 01-Nov-2013

` Vehicle scrapping and recovery facilities must not be constructed in environmentally sensitive areas 29-Nov-2013

RUSSIA

` Water protection legislation amended 21-Oct-2013

` TURKEY

` Transport of waste oil to be re-regulated 05-Nov-2013

` Turkey applies ADR 2013 as of 1 January 2014 24-Oct-2013

` Turkey signed the ILO convention on Promotional Framework for Occupational Safety and Health 08-Oct-2013

` Workers’ exposure to dust regulated more strictly 05-Nov-2014

CHINA

` Explanatory notes issued in relation to terminologies and timelines prescribed in the Regulation on Safety Accident Reporting and Investigation 20-Nov-2013

` Full Environmental Impact Assessment reports/statements will be released for the public scrutiny under a new Regulation 14-Nov-2013

` HEBEI: Detailed measures to control dust pollution at construction sites provided 10-Oct2013

` HEBEI: Strengthened qualification and safety training requirements

imposed on industrial facilities 28-Oct-2013

` HENAN: Facilities emitting heavy air pollution have needed to conduct a self-inspection since 15 October 2013 15-Oct-2013

` HENAN: Use of pollution prevention and reduction technologies to be promoted 14-Nov-2013

UNITED STATES

` DELAWARE : Amendments to infectious waste labeling and packaging regulations 01-Nov-2013

` DELAWARE : Delaware removed from multi-state Nitrogen Oxides Budget Trading Program 01-Oct-2013

` EPA withdraws three direct final SNURs 05-Nov-2013

` FLORIDA: DEP implements a comprehensive permitting program for activities impounding or obstructing surface water and repeals previous rules 14-Nov-2013

` GEORGIA: EPA redesignates Atlanta area to attainment for ozone 02-Dec-2013

GLOBAL REGULATORY MONITORING

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EVENTSCALENDAR17-19 SET

23-26SET

22-24 OTT

28-31 OTT

29 OTT -

05-08NOV

REMTECH Salone sulle bonifiche dei siti contaminati e sulla riqualificazione del territorio

Ferrara - Italia

SECURITY ESSEN 2014 Salone sulla sicurezza e prevenzione incendi

Essen - Germania

AMBIENTE LAVORO Salone dell’igiene e della sicurezza in ambiente di lavoro

Bologna - Italia

SECURITY CHINA 2014 Mostra internazionale sulla sicurezza

Pechino - Cina

ASIAWORLD-EXPO Fiera internazionale sulla prevenzione ambientale

Hong Kong - Cina

ECOMONDO Fiera internazionale del recupero dei materiali, dell’energia e dello sviluppo sostenibile Rimini - Italia

01 NOV

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12-14 NOV

26-28NOV

27 NOV

10-13DIC

02-05DIC

SICUREZZA 2014 Biennale Internazionale di sicurezza e prevenzione incendi

Rho (MI) - Italia

SECUTECH THAILAND Fiera internazionale per la sicurezza

Bangkok - Thailandia

MCT SAFETY & SECURITY Convegno delle tecnologie sulla sicurezza

Milano - Italia

ENERGAIA Fiera internazionale del recupero dei materiali, dell’energia e dello sviluppo sostenibile

Montpellier - Francia

POLLUTEC Salone internazionale degli equipaggiamenti, delle tecnologie e dei servizi sull’ambiente

Lione - Francia

Le date indicate potrebbero subire variazioni o alcune manifestazioni potrebbero venire annullate.

Prima di recarsi alle manifestazioni si consiglia di verificare con gli organizzatori dei singoli eventi la correttezza delle date indicate.

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