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RICERCA QUANTITATIVA: MODELLI DI INDAGINE Gabriella Agrusti – Università degli Studi Roma Tre

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RICERCA QUANTITATIVA: MODELLI DI INDAGINE

Gabriella Agrusti – Università degli Studi Roma Tre

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Ricerca

«In campo scientifico, indagine o studio condotti con criteri di sistematicità per scoprire o approfondire fatti, fenomeni o processi, ricostruire eventi, individuare documenti ecc.» ◦ Re-search (cercare di nuovo, ancora): studiare

fenomeni sui quali si ha già conoscenza ma per una ragione qualsiasi (ad es. un cambiamento intervenuto) questa non più è sufficiente

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Tipi di ricerca

Molte classificazioni possibili (argomento: studi sulle tecniche di insegnamento, sul clima di classe, sull’impiego dei fondi scolastici; metodologia: studi longitudinali, esperimenti, ricerca correlazionale)

Studi esplorativi

Studi confermativi

In mancanza di un quadro teorico condiviso sull’argomento

Si cerca di provare attraverso i dati un quadro teorico di

riferimento

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Tipi di ricerca

Ricerca storica: produce descrizioni e talvolta prova a fornire spiegazioni di condizioni, situazioni ed eventi che sono accaduti nel passato (es.: evoluzione dei curricoli)

Ricerca descrittiva: fornisce informazioni sulle condizioni, situazioni ed eventi relativi al presente (es.: lo stato degli edifici scolastici)

Ricerca correlazionale: cerca le relazioni tra variabili attraverso l’uso di misure statistiche di associazione (es: soddisfazione degli insegnanti in relazione alla paga, alle condizioni di lavoro, all’orario)

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Tipi di ricerca

Ricerca causale: cerca le cause tra variabili (es. il perché del drop out nella scuola superiore)

Ricerca sperimentale: in un ambiente più o meno artificiale si manipolano sistematicamente una o più «cause» per individuare e definire gli effetti che esse hanno sulle altre variabili (es. indagine sull’efficacia di due nuovi libri di testo su tre gruppi, due sperimentali e uno di controllo con un libro di testo già in uso precedentemente)

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« Multi pertransibunt et augebitur scientia » (Molti passeranno oltre e la scenza si svilupperà)

Incisione che compare nel Novum Organum di Bacone

(1620).

Colonne d’Ercole metafora delle angustie che limitano l’intelligenza, da superare insieme (“multi”) per navigare in mare aperto La conoscenza si accresce solo se sono in molti ad esercitare pienamente l’intelligenza

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Ancora su deduzione e induzione

LEGGI E TEORIE

FATTI ACQUISITI TRAMITE L’OSSERVAZIONE

PREVISIONI E SPIEGAZIONI

Chalmers, A. F., Che cos’è questa scienza? La sua natura e i suoi metodi, Milano, Mondadori, 1979.

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Struttura tipo della ricerca quantitativa

FASI

teoria

ipotesi

rilevazione dati

analisi dati

risultati

PROCESSI

deduzione

operativizzatione (disegno della ricerca)

organizzazione dati (matrice dati)

interpretazione

induzione

Corbetta P., Metodologia e tecnica della ricerca sociale, Bologna, il Mulino, 1999,

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Dai concetti alle variabili Concetto: contenuto semantico

(=significato) dei segni linguistici e delle immagini mentali ◦ Dal lat. cum-capio = prendo insieme, ordinare

il molteplice sotto un unico atto di pensiero ◦ Consiste nell’elevare ad astrazione dal

significato universale ciò che percepiamo attraverso i sensi come particolare

Come trasformarli in qualcosa di “empirico”?

Corbetta P., Metodologia e tecnica della ricerca sociale, Bologna, il Mulino, 1999,

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Dai concetti alle variabili Proprietà: il concetto trasformato in

attributo di un oggetto (l’oggetto di studio = l’unità di analisi)

Definizione operativa: stabilire le regole per la sua traduzione in operazioni empiriche ◦ Operativizzazione: applicazione delle regole ai

casi concreti studiati => trasformazione in VARIABILI, ossia proprietà operativizzate Gli stati che la variabile può assumere sono detti

“modalità” della variabile stessa

Corbetta P., Metodologia e tecnica della ricerca sociale, Bologna, il Mulino, 1999,

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Dai concetti alle variabili

LUNGHEZZA

Lunghezza di una strada

(classificazione, ordinamento, misurazione, conteggio)

Km 3

CONCETTO

PROPRIETA’

OPERATIVIZZAZIONE

VARIABILE

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Tipi di variabili Variabile = concetto operativizzato Quando la “variabile” non varia,

(“invariante”) si tratta di una costante ◦ Es.: se facciamo uno studio su bambini iscritti

alla IV elementare, questo è un dato fisso Possono variare: ◦ Nel tempo, sugli stessi casi => studio

longitudinale (diacronico, longitudinal) ◦ Fra casi, nello stessa finestra temporale =>

studio trasversale (sincronico, cross-sectional)

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Tipi di variabili

Indipendenti (explicans): fattori esplicativi; nei modelli causali => la causa (VI)

Dipendenti (explicandum): ciò che vogliamo spiegare; nei modelli causali => l’effetto (VD)

Potenzialmente tutte le variabili possono ricadere nell’una o nell’altra tipologia, dipende dalle finalità di indagine

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Esperimento

Bacone nel XVII sec. distinse per la prima volta tra esperienza osservativa e esperienza provocata dall’uomo

Galileo pose l’esperimento a fondamento della conoscenza scientifica moderna

Quando si introduce una variabile “manipolata” dal ricercatore si realizza un esperimento

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Concetto di causa

Se C, allora (e soltanto allora) E sempre prodotto da C ◦ Covariazione tra VI e VD: se c’è un rapporto

di causa-effetto, devono variare entrambe ◦ Direzione causale: deve essere la VI che

modifica la VD e non viceversa; successione temporale o manipolazione diretta ◦ Controllo delle variabili estranee: tenendo

costanti tutte le altre variabili, siamo in grado di affermare che solo una VI è causa della VD

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Perché non siamo “scienziati” Le unità di analisi sono individui, tutti dissimili tra

loro ◦ X = esposizione ad un metodo di apprendimento

della lettura ◦ Y = risultati ai test di comprensione della lettura ◦ Xsì = il soggetto è esposto al metodo ◦ Xno = il soggetto non è esposto al metodo ◦ Effetto di causa = Ysì – Yno (nello stesso attimo di

tempo) Problema fondamentale dell’inferenza causale: è

impossibile una osservazione simultanea sulla stessa unità di analisi (ci vorrebbe la macchina del tempo!)

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Quali soluzioni?

Soluzione scientifica: ◦ Assunto di invarianza (stabilità temporale: si

possono fare più rilevazioni successive; ininfluenza della rilevazione precedente sulle successive); ◦ Assunto di equivalenza (possiamo lavorare su

unità di analisi presumibilmente equivalenti) ◦ ENTRAMBI SONO IMPLAUSIBILI NELLE

SCIENZE SOCIALI

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Quali soluzioni?

Soluzione statistica: ◦ Due gruppi di individui equivalenti ottenuti

mediante il procedimento di randomizzazione ◦ I due gruppi di individui differiranno in media

in tutte le variabili per differenze accidentali e minime ◦ Il prodotto sarà un effetto di causa MEDIO

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Esperimento: pro e contro Artificialità: ◦ Dell’ambiente (se diverso da quello “naturale”, in cui

normalmente i soggetti operano) ◦ Della reattività dei soggetti (celebre l’effetto

Hawthorne: se ci si sente osservati, ci si comporta in modo diverso dal solito; in campo educativo, noto l’esperimento di Rosenthal e Jacobson che ha dimostrato come le aspettative degli insegnanti possano influire sul comportamento degli allievi, in positivo quanto in negativo, «effetto pigmalione»)

Non rappresentatività: ◦ Per ragioni di ampiezza del campione o per via dei

criteri di selezione Elton Mayo, Hawthorne and the Western Electric Company, The Social Problems of an Industrial Civilisation, Routledge, 1949;

Robert Rosenthal & Lenore Jacobson, Pygmalion in the classroom, Expanded edition, New York, Irvington, 1992.

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Perché la correlazione non basta e abbiamo bisogno degli esperimenti

Kish, Leslie (1959). Some statistical problems in research design. Amer. Soc. Rev. 24: 328-338.

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CHI QUADRATO: LA DIFFERENZA TRA GRUPPI

Esercitazione di Metodologia

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Immaginiamo di..

aver sottoposto ad una prova di inglese 100 maschi e 100 femmine

di aver convertito i punteggi ottenuti in cinque fasce utilizzando la distribuzione pentenaria (A, B, C, D, E)

di aver riportato i punteggi in una tabella nella quale in colonna i dati sono riportati per genere e in riga per fascia di punteggio

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Le frequenze effettive

Frequenze osservate

Punteggio Maschi Femmine totale A 20 40 60 B 20 20 40 C 20 20 40 D 20 10 30 E 20 10 30 totale 100 100 200

La differenza tra le classi di punteggi per i maschi e per le femmine è significativa oppure è accidentale?

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Se non ci fosse differenza..

Nella tabella ho inserito le frequenze effettivamente osservate nella mia distribuzione ma..

.. proviamo a costruire un’altra tabella nella quale “spalmiamo” in modo omogeneo i 200 rispondenti nelle fasce e nelle categorie rispettando i totali di riga e di colonna

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Le frequenze possibili

Per calcolare quanti maschi avrebbero teoricamente potuto prendere A in condizioni di parità tra maschi e femmine:

=60*100/200 ossia

=totale di riga*totale di colonna / totale complessivo

Frequenze attese

Punteggio Maschi Femmine totale A 30 30 60 B 20 20 40 C 20 20 40 D 15 15 30 E 15 15 30 totale 100 100 200

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Il chi quadrato

È la sommatoria delle frequenze osservate meno le attese al quadrato..

Fratto le attese, ovvero..

( )aao 2

2 −Σ=χ

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Non basta.. Per capire se il valore ottenuto ci permette di dire se la

differenza sia significativa, ossia di rigettare l’ipotesi nulla, dobbiamo confrontarlo con una distribuzione appropriata del chi in base ai gradi di libertà

I gradi di libertà rappresentano le possibilità di variare che hanno i dati di una distribuzione in base ai vincoli posti

Sulle tabelle delle fq osservate e attese si calcolano Gdl = (colonne -1) * (righe -1)

Quindi, nella nostra tabella Gdl = (2-1)*(5-1)= 4

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E finalmente arriva Excel..

Chi quadrato / controllo DISTRIB.CHI

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I risultati Chi quadrato = 9,903 GdL = 4, p = 0.04 Ovvero: esistono quattro probabilità su 100 che

la differenza tra i risultati sia dovuta al caso Il p deve essere almeno < di 0.05 per avere una

significatività del 95% - la soglia comunemente accettata per determinare la significatività dei risultati..

..quindi il nostro risultato sarà statisticamente significativo, ossia NON dovuto al caso

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I limiti

Sappiamo che la differenza esiste ma non sappiamo dove risieda, né quale sia l’intensità, né quale sia la causa

Risultati affidabili solo su scale nominali e ordinali (no continue), per frequenze attese sempre superiori all’unità

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L’intesità del chi quadrato

Il φ (phi) misura l’effetto della dimensione del campione sul chi quadrato

Corrisponde alla radice quadrata del rapporto tra chi quadrato e numero di studenti considerati

Si interpreta così: <0,1 debole <0,3 modesto <0,5 moderato <0,8 forte >0,8 molto forte