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TITOLO, MeTOdO, cOnTenuTO e dIrITTI sOnO rIservaTI

Vietata ogni forma di riproduzione se non autorizzata dall’editore

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla simone s.r.l.(art. 64, d.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Vol. 2 • Manuale di Diritto CostituzionaleIl Manuale di Diritto Costituzionale analizza gli aspetti caratteriz-zanti dell’ordinamento costituzionale italiano, oggi più che mai og-getto di attenzione dopo l’approvazione della nuova legge elettora-le (cd. Rosatellum).Il testo, inoltre, è aggiornato alle novità legislative e giurispruden-ziali che comunque hanno inciso sul diritto costituzionale.Per come è strutturato, garantisce una preparazione completa e docu-mentata in vista di esami universitari, abilitazioni professionali e concorsi pubblici.

Avviso ai docenti che consigliano e/o adottano i nostri volumi

dietro cortese richiesta (corredata dei dati relativi all’università, facoltà e cattedra di appartenenza da inviare alla mail «[email protected]») ciascun docente po-trà ricevere in saggio la nuova edizione di questo e di altri volumi di interesse adozio-nale, nonché altro materiale didattico.

Ha collaborato al presente volume il dott. Pietro Emanuele

Finito di stampare nel mese di gennaio 2018da «PL PrInT s.r.l.» - via don Minzoni, n. 302 - cercola (na)

per conto della sIMOne s.r.l. - via F. russo, 33/d - 80123 napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PrefAzione

Il successo della «Costituzione esplicata» è stato scandito, nel corso degli anni, dal consenso di diverse categorie di lettori quali studenti, concorsisti, cittadini, nonché con-fermato da due noti docenti universitari che hanno ritenuto di dover pubblicare una loro «lettura ragionata» della carta repubblicana ricalcando in pieno nella lettera e nello spi-rito il nostro volume a conferma della ineccepibile validità dello stesso.

La «Costituzione esplicata», nel corso degli anni, ha consentito di colmare una lacu-na culturale che, proprio nella scuola superiore (nella quale si dovrebbe formare una co-scienza civica), viene colpevolmente trascurata dai programmi causando così una diffu-sa ignoranza sui diritti, doveri e libertà riconosciuti ai cittadini.

conoscere la costituzione e i suoi principi, al contrario, costituisce un dovere per tut-ti, giacché la nostra «legge fondamentale» statuisce le garanzie invalicabili delle liber-tà di ciascun individuo.

Il risultato ammirevole dell’assemblea costituente di costruire una «muraglia insu-perabile» a difesa dei diritti inviolabili che nei decenni antecedenti erano stati arbitra-riamente calpestati dalla monarchia sabauda e dalla dittatura fascista non può essere tra-dito ma deve oggi convertirsi nel dovere di ogni cittadino di difendere tale sforzo a dife-sa della democrazia.

negli ultimi anni, la repubblica, grazie alla reazione convinta dei cittadini, è usci-ta vittoriosa da ben due tentativi da parte dei governi Berlusconi e renzi di eludere – ma anche di prevaricare – lo spirito e la lettera della costituzione cercando di consolidare i poteri del Premier e ridimensionare il ruolo del popolo, esclusivo titolare della sovranità.

La paura e la disillusione di questi ed altri tentativi di ribaltamento dei valori costitu-zionali ha spezzato la fiducia degli elettori nelle istituzioni e nei partiti, ha allontanato i cittadini «onesti» dalla politica causando una preoccupante diserzione dalle urne.

Proprio per evitare ulteriori siffatti tentativi è oggi necessario conoscere la nostra co-stituzione, affinché gli sforzi dei Padri costituenti non siano dimenticati, anzi rivitaliz-zati da ciascun cittadino per alimentare la consapevolezza del proprio status e l’intangi-bilità dei propri diritti.

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ABBreViAzioni

art./artt. = articolo/articoliatt. = disposizioni di attuazionec.c. = codice civilec.nav. = codice della navigazionec.p. = codice penalec.p.c. = codice di procedura civilec.p.m.g. = codice penale militare di guerrac.p.m.p. = codice penale militare di pacec.p.p. = codice di procedura penalecfr. = confrontaconv. in l. = convertito in leggecoord. = disposizioni di coordinamento e transitoriecorte cost. = corte costituzionalecost. = costituzione della repubblicad.gen. = disposizioni sulla legge in generaledisp. att. = disposizioni di attuazioned.l. = decreto legged.lgs. = decreto legislativod.lgs.c.p.s. = decreto legislativo del capo provvisorio dello statod.lgs.lgt. = decreto legislativo luogotenenzialed.lgs. pres. = decreto legislativo presidenzialed.lgt. = decreto luogotenenzialed.m. = decreto ministerialed.P.r. = decreto del Presidente della repubblical. = leggeL. cost. = legge costituzionalelett. = letteran./nn. = numero/numerir.d. = regio decretor.d.l. = regio decreto-legger.d.lgs. = regio decreto legislativosent./sentt. = sentenza/sentenzeTce = Trattato istitutivo della comunità europeaTFue = Trattato sul funzionamento dell’unione europeat.u. = testo unicoTue = Trattato sull’unione europeav. = vedi

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Nascita e viceNde della costituzioNe italiaNa

Il 12 aprile 1944 vittorio emanuele III, preso atto dell’impossibilità del ripristino del regime liberale, lasciò la corona, istituendo una luogotenenza del regno a favore del fi-glio Umberto e affidando ad un’Assemblea Costituente il compito di scegliere fra mo-narchia e repubblica: tale decisione fu formalizzata nel decreto legislativo luogotenen-ziale 25 giugno 1944, n. 151.

concluso il secondo conflitto mondiale (1945), un nuovo decreto luogotenenziale del 31 luglio 1945, n. 435 istituì un apposito Ministero per la Costituente, col compito di predisporre tutti gli strumenti per redigere una nuova costituzione.

La risoluzione della «questione istituzionale» (cioè la scelta tra monarchia e repub-blica) venne affidata direttamente al popolo con la previsione di un referendum istitu-zionale che si sarebbe tenuto contemporaneamente all’elezione della costituente, il 2 giugno 1946.

La consultazione popolare diede (anche se di misura e accompagnata da numerose polemiche e contestazioni sul conteggio dei voti) esito favorevole alla scelta della re-pubblica e, così, il 22 giugno cadde la monarchia e si tenne la prima seduta dell’Assem-blea Costituente.

Preso atto che un’assemblea così numerosa non poteva elaborare un testo costitu-zionale, si decise di istituire una Commissione ristretta composta solo da 75 deputati. Tale commissione si articolò a sua volta in tre sottocommissioni incaricate di rediger-ne tre diverse parti: diritti e doveri dei cittadini, organizzazione costituzionale dello Sta-to, diritti e doveri nel campo economico e sociale.

Il progetto di costituzione si concluse con l’approvazione del testo definitivo nella seduta del 22 dicembre 1947, con 453 voti favorevoli e 62 contrari.

La Costituzione repubblicana entrò in vigore il 1° gennaio 1948, anche se la co-stituente continuò ad operare, in base alla diciassettesima disposizione transitoria, fino al 30 giugno, per poter approvare le leggi sulla stampa e sull’elezione del senato nonché gli Statuti delle regioni Speciali.

La costituzione, frutto del compromesso fra le eterogenee forze politiche protagoni-ste dalla «resistenza» che aveva abbattuto il fascismo (cattolici, socialisti, comunisti, li-berali, azionisti), si compone di 139 articoli cui si aggiungono 18 disposizioni transi-torie e finali.

I primi dodici articoli sono dedicati ai Principi fondamentali della repubblica men-tre i successivi articoli sono suddivisi in Diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54) e or-dinamento della repubblica (artt. 55-139).

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nel corso del tempo, il testo della costituzione ha subito modifiche solo marginali. una riforma sostanziale si è avuta con la L. cost. 3/2001, che ha ridisegnato il Ti-

tolo V, Parte Seconda relativo all’assetto di regioni, Province e Comuni traghettando la nostra forma di «Stato Regionale» verso un’altra che si avvicina allo «Stato federale» denominata «repubblica delle autonomie».

da ultimo, con la L. cost. 20 aprile 2012, n. 1, sotto la pressione dell’unione euro-pea, è stato introdotto nella costituzione il principio del pareggio di bilancio, modifi-cando gli artt. 81, 97, 117 e 119, per adeguare gli standard della nostra contabilità pub-blica al sistema europeo.

Il 4 dicembre 2016 si è tenuto il referendum che ha bocciato un tentativo di rifor-ma del bicameralismo e del Titolo v della Parte II della costituzione. Tale riforma, nel-la quale si inseriva l’approvazione della legge elettorale per la camera dei deputati, cd. Italicum (L. 52/2015), avrebbe trasformato la nostra forma di governo da «parlamenta-re» in «premierale», riducendo la portata del suffragio universale e, soprattutto, metten-do in piedi un senato con funzioni anomale non più rappresentativo del popolo, ma del-le istituzioni territoriali.

con sent. 35/2017 la consulta ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’Italicum quanto all’ipotesi di ballottaggio e alla possibilità per i capolista, se eletti in più collegi, di scegliere il collegio in cui risultare eletti, prevedendo invece il sorteggio.

Questa sentenza chiedeva, fra l’altro, al Parlamento l’approvazione di una legge elet-torale “omogenea” fra camera e senato al fine di dare maggiori certezze al cittadino-elet-tore quanto al meccanismo da seguire per l’elezione dei suoi rappresentanti.

così si è giunti all’approvazione della L. 3 novembre 2017, n. 165 (cd. Rosatellum) che delinea un sistema elettorale misto, giacché il 37% dei seggi dovrà essere assegnato mediante l’adozione di un sistema maggioritario, il 61% mediante proporzionale e il re-stante 2% destinato agli italiani all’estero. anche il «Rosatellum» nasce «viziato» come l’«Italicum» e il «Porcellum» perchè non consente agli elettori, seppur in misura mino-re rispetto alle precedenti leggi elettorali, la libera e piena scelta dei propri candidati per l’accesso ai seggi del Parlamento.

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Costituzione della RepubbliCa italiana

PrinciPi fondamentali (artt. 1-12)

Parte i - diritti e doveri dei cittadini

Titolo I

Rapporticivili

(artt. 13-28)

Titolo II

Rapportietico-sociali

(artt. 29-34)

Titolo III

Rapportieconomici

(artt. 35-47)

Titolo IV

Rapportipolitici

(artt. 48-54)

Parte ii - ordinamento della Repubblica

Titolo III

il Governo

Sezione I - Il Consigliodei Ministri(artt. 92-96)

Sezione II - La PubblicaAmministrazione

(artt. 97-98)Sezione III - Gli organi ausiliari

(artt. 99-100)

Titolo II

il presidentedella Repubblica

(artt. 83-91)

Titolo I

il parlamento

Sezione I - Le Camere(artt. 55-69)

Sezione II - La formazionedelle leggi

(artt. 70-82)

Titolo VI

Garanziecostituzionali

Sezione I - La Cortecostituzionale

(artt. 134-137)Sezione II - Revisione

della CostituzioneLeggi costituzionali

(artt. 138-139)

Titolo V

le Regioni,le province,i Comuni

(artt. 114-133)

Titolo IV

la Magistratura

Sezione I - Ordinamentogiurisdizionale(artt. 101-110)

Sezione II - Normesulla giurisdizione(artt. 111-113)

disPosizioni transitorie e finali (I-XVIII)

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Indice Generale

nascita e vicende della costituzione italiana ...................................................................... Pag. 5

La Costituzione repubblicana

Principi fondamentali ...................................................................................................... » 9

Parte I Diritti e doveri dei cittadini

TiTolo i - rapporti civili ............................................................................................... » 39TiTolo ii - rapporti etico-sociali .................................................................................... » 74TiTolo iii - rapporti economici ...................................................................................... » 89TiTolo iV - rapporti politici ........................................................................................... » 115

Parte IIordinamento della repubblica

TiTolo i - il Parlamento .................................................................................................. » 136 sezione I - Le Camere ................................................................................................. » 136 sezione II - La formazione delle leggi ......................................................................... » 162TiTolo ii - il Presidente della repubblica ..................................................................... » 186TiTolo iii - il Governo ..................................................................................................... » 201 sezione I - Il Consiglio dei Ministri ............................................................................ » 202 sezione II - La Pubblica Amministrazione .................................................................. » 212 sezione III - Gli organi ausiliari ................................................................................. » 219TiTolo iV - La Magistratura ........................................................................................... » 223 sezione I - Ordinamento giurisdizionale ..................................................................... » 224 sezione II - Norme sulla giurisdizione ........................................................................ » 240TiTolo V - Le regioni, le Province, i Comuni ............................................................... » 246TiTolo Vi - Garanzie costituzionali ................................................................................ » 294 sezione I - La Corte costituzionale ............................................................................. » 295 sezione II - Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali .................................. » 305

Disposizioni transitorie e finali ....................................................................................... » 311

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indice generale 382

APPenDiCe PriMAStatuto del Regno

il precedente della Costituzione: lo Statuto Albertino

1. L’emanazione dello statuto albertino .......................................................................... Pag. 331 2. La forma di Governo introdotta dallo statuto .............................................................. » 331 3. La corona ..................................................................................................................... » 332 4. camera dei deputati e senato del regno ...................................................................... » 332 5. disposizioni comuni alle due camere .......................................................................... » 333 6. rapporti fra Governo e Parlamento .............................................................................. » 333 7. La Magistratura ............................................................................................................. » 334 8. diritti e doveri dei cittadini .......................................................................................... » 334

Statuto del regno - Promulgato da carlo alberto di savoia il 4 marzo 1848 .................. » 335

APPenDiCe SeConDA

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

1. I diritti fondamentali nei trattati istitutivi delle comunità europee .............................. » 343 2. La carta dei diritti fondamentali dell’unione europea ................................................. » 344 3. I contenuti della carta ................................................................................................... » 345

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

Preambolo ........................................................................................................................... » 350TiTolo I - Dignità .............................................................................................................. » 351TiTolo II - Libertà ............................................................................................................. » 351TiTolo III - Uguaglianza ................................................................................................... » 353TiTolo Iv - Solidarietà ...................................................................................................... » 354TiTolo v - Cittadinanza ................................................................................................... » 356TiTolo vI - Giustizia ......................................................................................................... » 357TiTolo vII - Disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta .............................................................................................................................. » 358

Indice analitico ....................................................................................................................... » 363

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Principi fondamentali19 art. 4

4 La repubblica riconosce a tutti i cittadini (1) il diritto al lavoro (2) [35 ss.; c.c. 2060 ss.] e promuove le condizioni che rendano effettivo

questo diritto (3).Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità

e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progres-so materiale o spirituale della società (4).

Diritto al lavoro: non si tratta di un di-ritto soggettivo perfetto che conferisce al singolo la pretesa a ottenere un posto di lavoro, ma postula un’obiettivo socia-le a carico della Repubblica: assicurare il lavoro a tutti. L’articolo invita i pote-ri pubblici alla creazione delle condizioni che garantiscano il lavoro a tutti i cittadi-ni attraverso il perseguimento di una po-litica sociale ed economica rivolta al rag-giungimento della piena occupazione.Possibilità e scelta: lo Stato deve con-sentire al singolo di essere in grado di de-cidere la propria attività lavorativa libera-mente, in conformità alle proprie atti-tudini e al titolo professionale acquisito.Promuove le condizioni: è l’impegno concreto assunto dallo Stato-interventi-sta, che si fa carico di una serie di obiet-tivi di politica nazionale (massima occu-pazione, sviluppo etc.).Attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale del-la società: questa espressione impone uno specifico dovere di solidarietà che ciascuno è tenuto ad adempiere per ap-portare una concreta utilità alla collettività e al progresso complessivo della società.

(1) avendo aderito il nostro Paese all’unio-ne europea per «cittadini» devono intendersi tutti i cittadini che sono in possesso anche della cittadinanza europea e che possono far vale-re i propri diritti su tutto il territorio dell’Unio-ne europea (circolazione, soggiorno, tutela di-plomatica, accesso ai documenti delle istituzio-ni europee etc.).

(2) Il diritto al lavoro è innanzitutto un di-ritto di libertà, che consente di scegliere il tipo e le modalità di esercizio della propria attività lavorativa. sono, quindi, da considerarsi inco-

stituzionali [v. 134] quelle leggi che introdu-cono limitazioni od ostacoli al libero eserci-zio dell’attività lavorativa.

Il diritto al lavoro e all’esercizio di una pro-fessione liberamente scelta trova idonea tutela anche a livello sovranazionale e, precisamente, all’art. 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. Appendice). Quest’ulti-ma, inoltre, estende tale diritto ad ogni cittadino dell’Unione – garantendo quindi la libertà di cir-colazione dei lavoratori sul territorio dell’unio-ne – ed equipara, come detto, i cittadini europei ai cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare negli stati membri.

(3) Il lavoro è lo strumento con cui ciascuno si procura i mezzi per il proprio sostentamento.

Tale diritto, nello Stato-sociale, deve esse-re considerato, al pari della sovranità popolare, una norma base, ossia il fondamento dell’in-tero ordinamento repubblicano [v. 1].

Per questo motivo i pubblici poteri sono chiamati ad intervenire per rendere effettivo tale diritto. I mezzi, le modalità, i tempi, sono, però, lasciati alla discrezionalità dei pubblici po-teri e al libero gioco delle parti sociali (rappre-sentanti dei lavoratori e datori).

La norma ha valore programmatico, non precettivo, in quanto sancisce l’obbligo della re-pubblica di favorire la stabilità dell’occupazio-ne attraverso il controllo pubblico alla corretta disciplina dell’accesso, dello svolgimento e del-la cessazione del rapporto di lavoro.

Tale principio comporta il diritto del lavora-tore illegittimamente licenziato di essere reinte-grato nel posto di lavoro.

Questo diritto, tuttavia, è stato fortemente ridimensionato negli ultimi anni. In particola-re, con l’introduzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (d.Lgs. 23/2015 di attuazione del Jobs Act) viene rea-lizzato un vero e proprio cambio di paradigma

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Costituzione della repubblica italiana 20art. 5

nella concezione stessa del rapporto di lavoro con il superamento del modello di tutela del la-voro incentrato sulla stabilità, considerato come un fattore frenante dell’occupazione.

Inoltre, non è configurabile un diritto al man-tenimento del posto di lavoro, che trova nei cd.

«ammortizzatori sociali» (art. 38) una specifica forma di tutela a carico dello stato.

(4) Il lavoro non rappresenta solo un dirit-to, bensì anche un dovere di solidarietà socia-le (v. 2) che ciascuno è tenuto ad adempiere per contribuire al progresso dell’intera collettività.

Lo Statuto albertino, come tutte le Costituzioni liberali dell’800, non disci-plinava né la materia economica né il lavoro fondandosi sul noto principio del cd. laisser-faire: lasciare cioè che l’equilibrio economico (che si regge sulle leggi della domanda e dell’offerta) fosse determinato dal libero gioco delle leg-gi di mercato a prescindere dal raggiungimento dell’obiettivo del pieno impiego.La Costituzione, al contrario, pone a fondamento del nuovo ordinamento repubblicano il lavoro, sancendo l’obbligo del legislatore e dei poteri pub-blici di favorire la piena occupazione.Corollario di tale principio è il catalogo dei diritti sociali che il Costi-tuente ha previsto, per quanto riguarda il lavoro subordinato, nelle suc-cessive disposizioni costituzionali (artt. 35-38) che connotano il nostro come «stato sociale» (la tutela di ogni forma di lavoro, il diritto ad una retribu-zione proporzionata e adeguata, il diritto alle ferie e al riposo settimanale, il diritto all’eguale trattamento giuridico ed economico di uomini e donne a parità di qualifica etc.).La norma in esame, però, si limita a dettare solo i principi cui debba ispirar-si il mercato del lavoro al fine di eliminare inique barriere di accesso e favo-rire per quanto possibile la stabilità e la durata del rapporto di lavoro.Questo articolo, definito in sede di Assemblea Costituente da Calamandrei come una «rivoluzione promessa», nell’attuale crisi del nostro Paese ha il triste sapore di «rivoluzione mancata».

5 La repubblica, una e indivisibile (1), riconosce e promuove (2) le autonomie locali [114 ss.]; attua nei servizi che dipendono dallo stato

[97] il più ampio decentramento amministrativo (3); adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decen-tramento (4).

Repubblica unica e indivisibile: la Costituzione italiana ribadisce l’opzio-ne del popolo italiano per una forma di Stato unitario.Il carattere unitario della Repubblica va inteso in una triplice accezione (RoLLa):— politico-istituzionale: che assolve ad

una funzione garantista, proponendo-si di conservare l’unità raggiunta con l’Unità (1861) ed evitare che un even-

tuale pluralismo federale possa dege-nerare in separatismo istituzionale;

— giuridico-ordinamentale: che riaffer-ma l’esigenza che tutte le articola-zioni territoriali del sistema si ispi-rino ad un comune sistema di valori di condivisione nazionali;

— unitaria, che ne postula l’intervento per tutelare, su tutto il territorio na-zionale, le pari opportunità e i dove-

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Principi fondamentali21 art. 5

ri di solidarietà previsti in capo ai sin-goli dalla Costituzione.

L’indivisibilità, dunque, sancisce il divie-to di dividere il territorio in più entità di tipo statuale nemmeno mediante un procedimento di revisione costituziona-le (v. 139).Riconosce e promuove: la Repubbli-ca «riconosce» gli enti locali già presen-ti sul territorio già dalla nascita del Re-gno d’Italia (1861) (Comuni), mentre il legislatore del ’48, riferendosi alle allora costituende «Regioni», adopera il termine «promuove» per sancire l’impegno della Repubblica ad ampliare le sfere delle au-tonomie territoriali dello Stato-comunità.Autonomia locale: riconoscimento del-la capacità dell’ente locale di regolamen-tare e gestire una parte di affari pubbli-ci connessi a specifiche esigenze locali.Tale potestà va esercitata nel rispetto del-la Costituzione ed è limitata al solo ter-ritorio dell’ente locale.Decentramento amministrativo: forma di ramificazione sul territorio dell’amministrazione diretta statale che affida ad appositi uffici decentrati (Pre-fetture, Questure, Direzioni regionali dei ministeri) le funzioni e le competenze am-ministrative.

(1) L’affermazione dell’unità e dell’indivi-sibilità della repubblica è il principio guida che rappresenta la «facciata» interna della «so-vranità» (BerTI).Tale disposizione si configura come norma di:— principio in quanto costituisce un presup-

posto necessario e indefettibile della strut-tura della repubblica italiana;

— organizzazione che caratterizza la forma di stato italiana;

— programma che non consente modifiche della costituzione che mettano in pericolo l’unità dello Stato.rileva, in proposito, quanto affermato dalla

Corte costituzionale che, con sent. 118/2015, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la legge della regione veneto 19 giugno 2014, n. 16, che prevedeva un referendum consulti-vo avente, come quesito, l’indipendenza del

Veneto. La consulta ha rimarcato come, seb-bene l’ordinamento repubblicano riconosca i principi di pluralismo sociale e istituziona-le e l’autonomia territoriale, questi non pos-sano essere estremizzati fino alla frammenta-zione dell’ordinamento e non possano essere invocati a giustificazione di iniziative volte a interpellare gli elettori, sia pure a scopo mera-mente consultivo, su prospettive di secessione in vista della istituzione di un nuovo soggetto sovrano. Tale referendum, infatti, non solo ri-guardava scelte fondamentali di livello costi-tuzionale, come tali precluse ai referendum re-gionali, ma istigava sovvertimenti istituzio-nali radicalmente incompatibili con i fonda-mentali principi di unità e indivisibilità del-la repubblica.

(2) La costituzione non si è limitata soltan-to a prendere atto delle realtà locali già esisten-ti nel regno d’italia (1861-1948) ma ha inte-so promuovere anche l’istituzione ex novo del-le regioni al fine di ampliare la sfera di auto-nomia delle comunità territoriali per consenti-re al cittadino di partecipare più da vicino alla vita politica del paese.

Tale esercizio si attua per le regioni ordi-narie nelle forme e nei limiti stabiliti dal Tito-lo v della Parte seconda, mentre per le regio-ni speciali vigono come norme primarie i loro Statuti che hanno il rango e valore di leggi co-stituzionali.

La riforma costituzionale realizzata dalla L. cost. 3/2001, oltre ad ampliare i margini di au-tonomia delle regioni ordinarie, ha costituzio-nalizzato anche la Città metropolitana [v. 114] che rappresenta un nuovo ente locale discipli-nato dall’art. 23 d.Lgs. 267/2000 (Testo unico degli enti locali).

(3) In base al principio del decentramen-to, l’organizzazione dello stato è invitata, al fine di evitare un ingiustificabile irrigidimento cen-tralizzato, ad articolarsi in più centri di pote-re, ciascuno dei quali con ragionevoli margini di libertà di azione.

all’interno della nozione unitaria è, inoltre, possibile distinguere fra decentramento del po-tere centrale:— autarchico, quando le funzioni vengono tra-

sferite ad enti diversi dalla persona dello Stato dotati di autarchia, cioè capacità di

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Costituzione della repubblica italiana 22art. 6

porre in essere atti amministrativi che abbia-no la stessa natura e la stessa efficacia degli atti statali;

— burocratico, quando agli uffici periferici vengono trasferite potestà decisionali (con relative responsabilità) e non soltanto com-piti preparatori o esecutivi;

— funzionale, quando determinate funzioni vengono attribuite a strutture che godono

di autonomia operativa, finanziaria e conta-bile.(4) alla promozione si affianca l’adegua-

mento della legislazione alle esigenze dell’au-tonomia e del decentramento. L’art. 5 rappresen-ta un vincolo specifico per il legislatore sia sta-tale, che conserva rilevanti funzioni in materia di ordinamento degli enti locali e di allocazio-ne delle funzioni amministrative, che regionale.

Contrapponendosi all’ordinamento fascista, fortemente accentrato, la Co-stituzione riconosce il principio del pluralismo territoriale, in base al quale lo Stato non ha più il monopolio delle funzioni sovrane, ma le affida ad autonomi centri di potere locali diversi da esso.L’art. 5, infatti, nel ribadire l’intangibile principio di unità e indivisibili-tà della Repubblica, riconosce anche il principio del decentramento.Dall’esame della norma sono desumibili tre corollari fondamentali:1) l’unità e l’indivisibilità territoriale della Repubblica, riconosciu-

ti come limiti invalicabili al riconoscimento e alla promozione delle auto-nomie locali;

2) l’attuazione del più ampio decentramento amministrativo nell’ero-gazione dei servizi;

3) l’adeguamento della legislazione dello Stato alle esigenze dell’au-tonomia e del decentramento.

Il Costituente, dunque, si impegna a potenziare la «pluridimensionalità del cittadino» (PIZZeTTI) ovvero il suo coinvolgimento sia a livello di sta-to persona che di enti locali.«Decentramento» e «autonomia», pur non essendo sinonimi, perseguono a livello costituzionale lo stesso fine: permettono, cioè, di avvicinare i citta-dini alle istituzioni sia centrali che locali.L’autonomia riconosciuta agli enti territoriali, consente, dunque ad essi, di formulare un proprio indirizzo politico e amministrativo in base alle istanze politiche e programmatiche, che, attraverso libere elezioni, proven-gono dalle singole comunità che li compone e li elegge. Si noti, infatti, che gli organi di Governo di ciascuna Regione, essendo eletti dai cittadini di appartenenza, sono talvolta composti da maggioranza diverse da quelle che governano dello Stato.Lo Stato resta ente sovrano centrale e indefettibile, che comunque deve garantire l’esercizio dei poteri agli enti territoriali.

6 La repubblica (1) tutela (2) con apposite norme le minoranze lin-guistiche [X disp. trans. e fin.] (3) (4).

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Principi fondamentali23 art. 6

Repubblica: [v. 2].Apposite norme: a differenza dell’art. 3 Cost. che garantisce solo in negativo la libertà linguistica (per difenderla contro ogni forma di discriminazione), tale di-sposizione tutela in positivo le minoranze linguistiche concedendo un potere nor-mativo alle Regioni in cui tali comunità sono presenti e attive.Minoranza linguistica: formazione sociale che risiede storicamente sul ter-ritorio e che si caratterizza per l’uso di una lingua differente da quella italiana: da ciò si desume l’appartenenza di tali comunità a etnie diverse definite «comu-nità diffuse sul territorio nazionale», prive di una propria organizzazione istituzio-nale, di cui la Repubblica intende, co-munque, conservare l’identità cultura-le proprio a partire dalla tutela del pa-trimonio linguistico.

(1) La costituzione usa in questo comma il termine «repubblica» e non quello di «sta-to» perché l’impegno di tutelare le minoranze è un obbligo che ricade non soltanto sugli orga-ni dello stato centrale, ma si estende parimen-ti a tutte le comunità territoriali e istituzionali in cui queste formazioni sociali sono presenti e che costituiscono nel loro insieme la repubblica.

anche la comunità internazionale, al pari di quella statale, tende a tutelare le minoran-ze, soprattutto attraverso specifici trattati, con i quali gli Stati, nel cui territorio sono presen-ti tali gruppi, sono obbligati a garantire alle mi-noranze parità di diritti, libertà ed autonomia.

(2) La norma in esame oltre a vietare, alla stregua dell’art. 3, ogni forma di discriminazione (vale a dire un trattamento peggiorativo fondato sulla diversità di lingua) offre anche una tutela positiva, al fine di conservare il patrimonio lin-guistico e culturale delle minoranze in ossequio ai principi generali di pluralismo e tolleranza.

Il contenuto della norma trova tutela anche a livello sovranazionale: la Carta dei diritti fon-damentali dell’Unione europea sancisce all’art. 21 (v. Appendice), nella versione del 2007 en-trata in vigore con il Trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, il divieto di qualsiasi discrimi-nazione fondata (anche) sulla lingua e, all’art.

22, il rispetto da parte dell’unione della diver-sità linguistica (oltre che culturale e religiosa). Quest’ultimo principio si fonda soprattutto sulla natura stessa dell’Unione europea, intesa come struttura sovranazionale formata da diversi stati membri portatori di culture e tradizioni differenti.

(3) Fino alla emanazione della legge n. 482 del 1999, non esisteva nel nostro ordinamento una legge-quadro che dettasse principi e cri-teri direttivi uniformi per la tutela delle mi-noranze, tale da assicurare su tutto il territorio nazionale standard minimi di tutela per tutte le comunità alloglotte.

uno status giuridico privilegiato veniva ri-conosciuto soltanto alle minoranze nazionali (francofona in Valle d’Aosta, germanofona in Trentino Alto Adige, slovena in friuli-Vene-zia Giulia) cui una legislazione di rango inter-nazionale (trattati di pace del ’45) o costituzio-nale (gli statuti delle regioni speciali) e di at-tuazione statutaria, riservava forme particolari di tutela per tutte le comunità alloglotte.

La legge 482/99 assicura, invece, interven-ti a tutela del patrimonio culturale e linguistico di tutte le minoranze storiche (albanesi, cata-lane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenza-le, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo) a livello di scuole, università, amministrazioni pubbliche, favorendone la conoscenza, l’uso, la conservazione della loro tradizione linguisti-ca e culturale.

si noti che l’elenco dei soggetti tutelati dal-la L. 482/1999 non include i nomadi, gli immi-grati e, più in generale, le nuove minoranze che si vanno formando nel nostro Paese. Tale esclu-sione non ha tuttavia impedito, anche al nostro governo, di ricomprendere i suddetti gruppi nel-le categorie specificamente tutelate dalla Con-venzione-quadro sulle minoranze nazionali del consiglio d’europa.

(4) Pur non dichiarando la costituzione quale sia la lingua ufficiale della repubblica, la cor-te costituzionale ha più volte ribadito che, fer-mo restando la tutela delle minoranze linguisti-che ex art. 6, va in ogni caso preservato l’uti-lizzo della lingua italiana (sentt. n. 28/1982 e 159/2006). Tale principio è stato ribadito dalla consulta nella sent. 42/2017 con la quale è sta-to deciso il contenzioso nato in seguito alla de-

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Costituzione della repubblica italiana 24art. 6

cisione del senato accademico del Politecnico di Milano di attivare un corso di laurea magi-strale e un dottorato di ricerca in lingua ingle-se. alcuni docenti dello stesso ateneo avevano impugnato tale decisione ottenendo l’annulla-mento dal Tar Lombardia (sent. n. 1348/2013). Il Politecnico di Milano e il Ministero dell’uni-versità e della ricerca ricorrevano in appello al consiglio di stato il quale, dubitando della le-gittimità circa l’attivazione dei corsi in lingua inglese, rimetteva la questione alla corte co-stituzionale.

Il principio confermato ancora una volta dalla consulta è che l’unica lingua ufficiale del siste-ma costituzionale è la lingua italiana, la qua-le nella sua ufficialità, e quindi primazia, costi-

tuisce il vettore della cultura e della tradizione immanenti nella comunità nazionale.

La progressiva integrazione sovranazionale degli ordinamenti e l’erosione dei confini nazio-nali determinati dalla globalizzazione possono insidiare tale funzione della lingua italiana consi-derato che si assiste alla diffusione, a livello glo-bale, di più lingue. Tali fenomeni, tuttavia, non debbono costringere la lingua italiana in una po-sizione di marginalità: al contrario, il primato della lingua italiana non solo è costituzional-mente indefettibile, ma diventa ancor più deci-sivo per la perdurante trasmissione del patrimo-nio storico e dell’identità della repubblica, ol-tre che garanzia di salvaguardia e di valorizza-zione dell’italiano come bene culturale in sé.

La Costituzione, differentemente da quanto previsto da altre Carte costitu-zionali (come quella francese, spagnola etc.), non indica la lingua ufficia-le della Repubblica, ma si limita a ribadire il precetto già contenuto nell’art. 3 nella parte in cui vieta ogni forma di discriminazione in base alla lingua, impegnandosi a promuovere la tutela delle minoranze alloglotte che rientrano a pieno titolo nel novero delle «formazioni sociali» (art. 2).L’articolo 6 non si limita a ribadire le prescrizioni dell’art. 3 ma sancisce l’uguaglianza nella diversità e tutela le minoranze linguistiche e il loro patrimonio culturale (secondo la nota espressione transalpina «langue culture») come diretta conseguenza del mutato trattamento delle minoran-ze dopo la caduta del regime fascista e la nascita di un nuovo Stato demo-cratico, pluralista e sociale (PIZZoRUSSo).

Il regime fascista, esaltando i valori dell’unità e della nazione, adottò una indiscri-minata politica repressiva verso tutte le minoranze (come, ad esempio, le dispo-sizioni sulla italianizzazione dei cognomi) e ne promosse la forzata assimilazione e ade-guamento al gruppo linguistico dominante.

I diritti riconosciuti alle minoranze sulla base di tale norma sono diversi: si va dal semplice bilinguismo (nell’istruzione scolastica, nei rapporti con le pub-bliche amministrazioni e nelle indicazioni topografiche) alla coufficialità della lingua francese e di quella tedesca, rispettivamente in Val d’aosta e Trentino.anche le regole relative ai concorsi e alle assunzioni nelle pubbliche ammi-nistrazioni devono tener conto della consistenza numerica dei gruppi lingui-stici, a tutela dell’uso della lingua minoritaria nei rapporti tra cittadini e pub-blica amministrazione.

Identico riconoscimento del rispetto delle minoranze linguistiche è ravvisabile nella nuova formulazione dell’art. 116 (v.), così come modificato dalla L. cost. 3/2001, che denomina la Valle d’aosta utilizzando la lingua francese (Vallée d’Aoste), mentre il Trentino-alto adige viene menzionato in lingua tedesca con il toponimo Südtirol.

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Principi fondamentali25 art. 7

Bisogna ribadire comunque che il principio di unitarietà della nazione costituisce comunque un baluardo insormontabile dell’uso della lingua ita-liana, che è (e resta) la lingua ufficiale del Paese che conserva un suo pri-mato rispetto alle altre lingue (TaR Lombardia, sez. III, 25-5-2013, n. 1348).

7 Lo stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indi-pendenti e sovrani (1).I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi (2). Le modificazio-

ni dei Patti (3), accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale [138] (4) (5).

Chiesa cattolica: entità religiosa che, dal punto di vista giuridico, può definir-si come quel territorio sul quale, in base al Trattato del Laterano, il Papa eseci-ta la sua sovranità. Il suo ordinamento detta regole e precetti religiosi che tal-volta si intersecano con le norme della Repubblica.Indipendenti e sovrani: questa locu-zione sottolinea il carattere originario e indipendente della Chiesa cattolica, la quale costituisce, al contrario delle altre confessioni religiose, un soggetto di di-ritto internazionale con il nome di «sta-to della Città del Vaticano».Patti Lateranensi: accordi sottoscrit-ti l’11 febbraio 1929 nel Palazzo di San Giovanni in Laterano da Mussolini (per l’Italia) e dal Cardinale Gasparri (per la Santa Sede) con i quali si affermò il principio della contrattazione bilatera-le (principio pattizio) con la Chiesa catto-lica, considerata sullo stesso piano ne-goziale dello Stato italiano (v. nota 2). Le norme contenute nei Patti godono di una autonoma posizione nel quadro delle fonti del diritto italiano e, come tali, pos-sono essere modificate solo previo accor-do tra Stato e Chiesa.

(1) La costituzione configura stato e chie-sa cattolica come due ordinamenti indipeden-ti sovrani, i cui rapporti sono sottratti al legisla-tore ordinario e sono regolati mediante accor-di bilaterali, secondo il modello delle relazio-ni internazionali fra stati.

(2) I Patti Lateranensi stipulati nel 1929 erano formati da tre documenti: un Trattato, un Concordato e una Convenzione finanziaria.

Il Trattato riconosceva la piena soggetti-vità internazionale allo «Stato della Città del Vaticano».

L’art. 1 affermava il principio della religio-ne cattolica intesa come religione ufficiale dello Stato, principio successivamente superato dal-la costituzione repubblicana.

Il Concordato disciplinava le condizio-ni della chiesa cattolica in Italia, riconoscendo ad essa il libero esercizio del potere spiritua-le e della giurisdizione in materia ecclesiastica, regolando la posizione giuridica dei vescovi e del clero, il regime del matrimonio canonico (al quale si riconosceva automaticamente rilevanza agli effetti civili) nonché la disciplina degli edi-fici di culto e degli enti ecclesiastici (v. nota 3).

La Convenzione finanziaria, infine, preve-deva un risarcimento (mai corrisposto da par-te del regno d’Italia) al Papa per la perdita dei territori dello stato Pontificio occupati dal re-gno d’Italia.

(3) Il 18 febbraio 1984 è stato sottoscritto tra il Governo italiano e la santa sede un nuovo Ac-cordo, detto di Villa Madama, contenente «mo-difiche consensuali del Concordato lateranense».

In tal modo, i rapporti fra stato e chiesa cattolica sono improntati al rispetto dei prin-cipi espressi dalla costituzione repubblicana e più consoni anche ai valori sanciti dal Conci-lio Vaticano II.Il nuovo Concordato, consta di tre parti:— il Preambolo, in cui si fa riferimento alle

trasformazioni che hanno interessato la so-