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TOKYO-TO APARTMENT unità abitative per pendolari tesi di laurea politecnico di milano ottobre 2007 rel. arch. prof. gennaro postiglione valentina cocco

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tesi di laurea di Valentina Cocco

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TOKYO-TO APARTMENTunità abitative per pendolari

tesi di laurea politecnico di milano ottobre 2007 rel. arch. prof. gennaro postiglione valent ina cocco

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ai mie i geni tor i

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MU, il vuoto

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m i c r o v u o t i d a p r o g e t t a r e riflessioni sullo spazio in architettura

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Il vuoto si fa protagonista dell’architettura come elemento g e n e r a t o r e o s i g n i f i c a n t e .

Elemento g e n e r a t o r e se costruisce un’azione o inquadra un soggetto, con la capacità di accogliere l’atto umano (o di altro tipo) e risaltarlo.In tal modo lo spazio vuoto è inteso come spazio non occupato o non caratterizzato, come luogo disponibile, luogo sul quale vengono proiettate le possibilità.

‘S i può vedere i l vuoto come luogo dove i l pensiero può generare parole nuove’ parafrasando loos

Il vuoto inteso come mancanza di caratterizzazione dello spazio fa si che questo sia trasformabile ed adattabile ad usi alternativi.

Elemento s i g n i f i c a n t e se serve per ordinare quegli spazi che la densità costruttiva e la diversificazione funzionale rendono difficilmente conciliabili. In questo caso il vuoto, grazie alla sua minor intensità, attrae a se gli spazi contigui, ed è per questo utilizzato per far risaltare l’immagine di tali spazi.

La città è il contesto ideale per un “vuoto da progettare”. In effetti nel vuoto assoluto c’è l’inesistente, per cui non si parla di vuoto ma di assenza. La configurazione di vuoto urbano richiede perciò come primo requisito la densificazione ed il raggruppamento dell’edificazione che lo conforma fino a perdere il carattere “rurale/naturale”.

Lo spazio ambientale, in questo processo, viene prevaricato dallo spazio architettonico preteso dallo sviluppo sociale. Il vuoto urbano considerato riguarda proprio lo spazio ambientale “superstite”; e poiché solo attraverso la forma è possibile percepire il vuoto, maggiore sarà l’edificazione, maggiore sarà il valore/significato attribuibile a quel vuoto urbano.

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.1analisi delle città

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.1stepPer capire all’interno di quale città fosse “giusto” soffermarsi per dedicarsi allo studio riflessivo dei micro vuoti, è stato essenziale compiere un’analisi che evidenziasse lo stato contemporaneo dell’urbanizzazione globale, in modo da individuare le città con il maggior numero di abitanti e indice di densità più alto. Dai dati si deduce come, spingendo lo sguardo oltre l’America e l’Europa, sia possibile individuare zone caratterizzate da un intenso dinamismo urbano. Visto dal cielo, l’intero arcipelago giapponese, un sistema urbano relativamente più antico che presenta molti tratti in comune con l’America settentrionale e l’Europa, appare quasi come uno spazio urbano ininterrotto. Il planisfero evidenzia con chiarezza le estese regioni metropolitane che si stanno rapidamente formando in Asia meridionale, lungo le coste della Cina e in Giappone, e si prevede che nell’arco di un paio di decenni in queste zone si concentrerà quasi metà della popolazione urbana globale. Secondo le indicazioni delle Nazioni Unite, Tokyo appare la città con il maggior numero di abitanti ( 35.879.000 ab.) con un tasso di crescita che la inserisce al primo posto nella classifica mondiale (precedendo Mumbai, Mexico City, Sao Paulo, Cairo, New York, Shanghai, Los Angeles, Calcutta, Buenos Aires). Tokyo fa parte della regione del Kanto, che costituisce la regione urbana più ampia e più integrata del mondo. Sebbene soggetta a gravi disastri naturali e a catastrofi provocate dall’uomo, la popolazione di Tokyo è aumentata moltissimo nel corso del XX secolo. Dopo la seconda guerra mondiale, l’area urbanizzata ha moltiplicato le proprie dimensioni, e i nuovi venuti che si sono andati ammassando nella fiorente capitale hanno trovato sistemazione presso i sobborghi adiacenti, collegati ai centri di lavoro e di commercio attraverso la rete ferroviaria. Attualmente, la Grande Tokyo ha una superficie di circa 2187 chilometri quadrati che si estende su una fascia di terra lunga e stretta che si sviluppa per circa 90 chilometri da est a ovest e per 25 chilometri da nord a sud.

A Tokyo, lo sviluppo sociale e quindi architettonico ha oltrepassato la concezione logico razionale dello spazio costruibile e del contesto ambientale inteso come opportunità che uno spazio vuoto può fornire allo sviluppo sociale. E’ la dimostrazione di come il contesto sociale e architettonico sovrasta quello ambientale in un ciclo che porta quasi alla totale esclusione del vuoto.

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.2stepConfrontando la planimetria della città di Tokyo con le altre nove città che presentano comunque un elevato tasso di crescita e un importante sviluppo urbano, è evidente come la maglia della città giapponese non segua una logica di sviluppo razionale e programmata. Il paesaggio urbano è costruito per sovrapposizioni e stratificazioni che il più delle volte incollano highway su due o tre piani, piccole abitazioni in legno, lussuosi e perfetti grattacieli su una divisione del terreno che appare medioevale ai nostri occhi. Si tratta di un territorio con una tradizione di pianificazione dal profilo molto irregolare e frastagliato. Lo spazio urbano è caratterizzato dalla mancanza di un ordine geometrico ricostruibile nella nostra mente, in cui, come nelle città occidentali, i vuoti hanno altrettanto valore dei pieni. Uno spazio leggibile piuttosto come una rete di punti distinti: luoghi ed edifici noti e molto frequentati, centri di attività collegati dal flusso di circolazione della gente, quartieri senza “indirizzi” che possono essere conosciuti, come scrive Barthes, “solo grazie ad un’attività di tipo etnografico”, di cui ci si può orientare solo con “il camminare a piedi, la vista, l’abitudine, l’esperienza”.La città cresce seguendo un ciclo continuo di un accumulo infinito e caotico di edifici diversi eppure curiosamente simili; dimensioni minime e colossali si inseguono e si contrastano all’interno di un potente flusso energetico che non conosce soste, mentre aggrovigliati fasci di infrastrutture si insinuano tra le costruzioni in spettacolari coreografie spaziali. Tokyo non mostra di possedere una riconoscibilità strutturale, presenta piuttosto una totale casualità nel disegno del tracciato e nella disposizione degli edifici. La città è caratterizzata da un tessuto fatto di insiemi insediativi plurimi e frattali; insiemi che si organizzano in “ammassi autosimilari”, allusivi di una spazialità urbana non definita da evidenti gerarchie scalari e da distinti materiali tipomorfologici, ma, per così dire, costituita da una compresenza non programmata di “individui architettonici” e dall’accostamento incidentale del piccolo e del grande, del semplice e del complesso, dell’uniforme e del variabile.

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1950_Prague1002 Kyoto1002 Harbin1012 Warsaw1014 Seoul1021 Singapore1022 Karachi1028 Alexandria1037 Tehran1041 Xiaoshan1070 RheinNeckar1077 Bucharest1111 Hyderabad1122 Montevideo1140 Havana1147 Baltimore1168 HoChiMinhCity1213 Copenhagen1216 Wuhan1228 Xintai1237 Munich1258 Liupanshui1275 Xinghua1282 Washington1298 Yangon1302 Santiago1330 Melbourne1331 Montreal1343 Guangzhou1343 Bangkok1360 Liverpool1382 Delhi1390 Cleveland1392 Chennai1397 St.Louis1407 Jakarta1452 Zibo1453 Stuttgart1483 Pittsburgh1539 MetroManila1544 Madrid1550 Barcellona1557 Roma1566 Toronto1608 Budapest1618 HongKong1631 Chongqing1680 Katowice1689 Leeds1692 Sydney1696 RheinRuhrSouth1770 Athens1783 Vienna1787 SanFrancisco1855 RheinRuhrMiddle2001 Shenyang2091 Hamburg2171 Birmingham2229 RheinMain2295 SaoPaulo2313 Tianjin2374 Manchester2422 Cairo2436 Boston2551 Napoli2749 Detroit2769 MexicoCity2883 SaintPetersburg2903 RiodeJaneiro2930 Mumbai2981 Philadelphia3128 Berlin3337 Milano3633 Beijing3913 LosAngeles4046 OsakaKobe4147 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Daqing1076 Basra1076 Huzhou1077 Dnepropetrovsk1077 Copenhagen1079 Jamshedpur1081 Pretoria1084 Chifeng1087 Chelyabinsk1088 Maputo1094 Rotterdam1094 Yongzhou1097 Yerevan1100 Tbilisi1100 Jabalpur1100 Kazan1103 Adelaide1104 PhnomPenh1108 Yixing1108 Kampala1111 Bamako1114 Nashik1117 Suzhou1118 Zaoyang1121 Belgrade1121 Adana1123 Xiaoshan1124 Shiraz1124 Wuxi1127 Amsterdam1127 Almaty1130 Shenzhen1131 Sofia1133 Omsk1136 Leshan1137 Columbus1138 Meerut1143 Amman1147 Davao1152 Jingmen1153 Datong1165 Orlando1165 Ningbo1173 Yuzhou1173 Samara1173 KuwaitCity1175 Shantou1176 Providence1178 Prague1181 Bursa1182 Tianshui1187 Madurai1187 Suqian1189 Nuremberg1193 Kaduna1194 Varanasi1199 Yueyang1213 Hyderabad1221 Gujranwala1226 Indianapolis1228 Rosario1231 Huaian1232 Conakry1234 CiudadJuarez1239 Hefei1242 Torino1247 Porto1254 Multan1263 Khulna1264 Sana’a1264 Wenzhou1269 Tabriz1274 Weifang1287 Hannover1287 Agra1293 Leon1293 KualaLumpur1297 Tijuana1297 Bielefeld1298 Ekaterinburg1303 Lusaka1307 Visakhapatnam1309 Baotou1319 Dongguan1319 Montevideo1324 Xintai1325 Mecca1326 NizhniNovgorod1331 Milwaukee1331 SanAntonio1333 LasVegas1335 SanSalvador1339 Kochi1340 Yiyang1343 Kwangju1346 Huainan1354 Quito1357 MarseilleAixenProvence1357 Lyon1362 Taejon1362 KansasCity1365 Zhanjiang1368 Ludhiana1368 Chengde1374 Perth1376 Esfahan1381 Harare1386 Manaus1392 Nanjing1393 LaPaz1394 Fujian1397 Virginia1397 GrandeVitoria1398 Sacramento1402 Fushun1413 Wulumuqi1415 Leeds1417 Coimbatore1420 Palembang1422 Bhopal1426 Novosibirsk1426 Suining1428 Jilin1435 Qiqihar1435 Yaoundè1438 Cordoba1444 Luoyang1451 Anshan1453 Toluca1455 Asuncion1457 Kaohsiung1463 Vadodara1465 BaixadaSantista1468 Kharkov1484 Antananarivo1494 Pingxiang1502 Taian1503 Cincinnati1508 Riverside1516 Rawalpindi1521 SanJose1543 Xuzhou1548 Xinghua1556 Yulin1558 Yancheng1562 Yantai1590 Portland1595 Indore1597 Heze1600 Shijiazhuang1603 Goiania1609 RheinNeckar1609 Rabat1610 Xiantao1614 Nanchang1623 Brisbane1626 Beirut1639 Stockholm1641 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Hamburg2668 Zibo2675 Stuttgart2677 SanDiego2683 Surat2699 CapeTown2715 FukuokaKitakyushu2716 Seattle2727 Johannersburg2732 Roma2743

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Brasilia2746 TelAvivJaffa2752 Algiers2761 Medellin2866 Fortaleza2875 Changchun2881 Harbin2928 Phoenix2934 Salvador2968 Napoli2995 RheinRuhrSouth3055 Abidjan3057 Katowice3069 Nagoya3122 Xian3123Pyongyang3124 Caracas3153 Jidda3171 Athens3179 Ankara3179 Recife3230 SanFrancisco3236 RheinRuhrMiddle3238 Monterrey3267 Chittagong3271 Chengdu3294 Berlin3325 Casablanca3344 Montreal3409 Bandung3409 Melbourne3447 PortoAlegre3505 Alexandria3506 Atlanta3542 Yangon3594 Pune3655 Pusan3673 RheinMain3688 Guadalajara3697 Hanoi3751 Houston3849 Guangzhou3893 Detroit3909 Khartoum3949 Washington3949 Singapore4016 Boston4049 Sydney4099 Dallas4172 Milano4183 Barcellona4378 Ahmadabad4427 Riyadh4519 Toronto4607 HoChiMinhCity4619 Chongqing4635 BeloHorizonte4659 Kinshasa4745 Shenyang4828 Miami4946 Madrid5036 Philadelphia5160 Wuhan5169 Baghdad5200 SaintPetersburg5214 Santiago5266 Hyderabad5445 Lahore5452 Bangalore5567 Bangkok6332 Chennai6353 RheinRuhrNorth6542 SantaFèdeBogotà6771 HongKong6807 Tehran6979 Lima7454 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Columbus1372 Xintai1378 Srinagar1379 Yongzhou1380 KuwaitCity1388 Suzhou1392 Porto1395 Madurai1402 Freetown1402 Jingmen1403 Allahabad1404 Leeds1404 Pretoria1405 Montevideo1413 Zaoyang1418 Suqian1422 Fujian1428 Mianyang1429 MarseilleAixenProvence1432 Basra1440 Maceio1441 SanJosè1441 Milwaukee1449 Huaian1451 Adana1452 Rosario1457 Tianshui1460 Yueyang1460 Aurangabad1465 Lyon1475 Fushun1478 Shiraz1483 Baotou1488 Orlando1493 PhnomPenh1496 Managua1497 Anshan1499 Dhanbad1502 Hefei1503 Amritsar1510 Suwon1511 Jabalpur1512 Qiqihar1515 Varanasi1526 Weifang1534 Kwangju1539 KansasCity1549 Amman1550 Taejon1556 Virginia1563 Karaj1566 UjungPandang1573 SanAntonio1581 Jamshedpur1583 Huainan1584 Neijiang1586 Indianapolis1597 Brazzaville1609 Mosul1618 Kaohsiung1620 RheinNeckar1628 KualaLumpur1635 Jilin1645 Shenzhen1652 Perth1659 Budapest1670 Leon1671 Taian1672 Xinghua1677 Rajkot1677 Tabriz1684 Asansol1691 Davao1694 Pingxiang1712 SanSalvador1718 Minsk1722 Kochi1726 Cincinnati1734 Chengde1735 Suining1737 Meerut1738 Peshawar1745 Niamey1753 Sacramento1759 Bucharest1764 SanJose1764 Mogadishu1787 Shantou1788 Kyoto1792 Lusaka1792 Visakhapatnam1799 CiudadJuarez1800 Harare1801 Stockholm1803 Quito1806 Bursa1806 LaPaz1817 Cordoba1844 Kunming1872 Maputo1880 Hyderabad1886 BaixadaSantista1890 Esfahan1898GrandeVitoria1903 Yiyang1903 Pittsburgh1903 Wulumuqi1905 Sapporo1909 Riverside1920 Xuzhou1926 Luoyang1927 SantaCruz1932 Lanzhou1938 Yancheng1950 Tijuana1957 Mecca1959 Baku1962 Cleveland1968 Wenzhou1971 Yantai1978 Faridabad1983 Puebla1987 Multan1995 Brisbane1996 Agra1996 Yulin1999 Nashik2003 Tangshan2012 Ludhiana2017 Nanchang2020 Kampala2022 Zhanjiang2024 Ghaziabad2033 Shijiazhuang2034 Khulna2045 Coimbatore2050 Lisbon2057 Gujranwala2064 Portland2090 Xiantao2091 Bhopal2122 Manaus2134 Vadodara2134 Conakry2138 Jinxi2144 Ibadan2160 Yaoundè2171 Beirut2174 Bamako2178 SantoDomingo2185 Manchester2194 Havana2200 Vienna2214 Birmingham2215 Warsaw2217 Palembang2229 LasVegas2237 Linyi2280 St.Louis2288 Asuncion2290 HaiPhong2290 Barranquilla2305 Goiania2308 Munich2323 Rabat2325 Tianmen2339 Liupanshui2348 Hangzhou2360 Tunis2360 Baltimore2382 Vancouver2393 SanJuan2398 Handan2410 Wanxian2438 Heze2439 Taipei2447 Taegu2463 Liuan2473 Tampa2493 Rawalpindi2494 Tripoli2497 Zaozhuang2516 Mashhad2545 Denver2550 Kiev2591 Odessa2591 Antananarivo2598 Accra2607 Roma2619 Indore2633 Maracaibo2634 Sana’a2658 Belem2663 Zhengzhou2666 Hamburg2690 Medan2690 Qingdao2705 Durban2709 Stuttgart2710 Changsha2713 Toluca2735 Taiyuan2763 PortauPrice2765 Minneapolis2777 Inch’on2788 Damascus2849 Guiyang2858 Jinan2871 Napoli2889 Patna2892 Nagpur2911 Katowice2914 Dalian2918 Harbin2924 FukuokaKitakyushu2924 Guayaquil2953 Izmir2956 Valencia2982 Nanjing2989 Zibo3024 SanDiego3085 RheinRuhrSouth3090 Cali3134 Aleppo3136 Dakar3140 Campinas3233 CapeTown3239 Nagoya3253 Lucknow3322 Seattle3328 Berlin3329 Athens3330 RheinRuhrMiddle3342 Pusan3400 EastRand3439 Surabaja3453 Curitiba3456 Pyongyang3504 Faisalabad3512 TelAvivJaffa3542 Xian3580 Changchun3582 SanFrancisco3603 Caracas3628 Johannersburg3666 Kano3689 Montreal3691 RheinMain3728 Kanpur3838 Medellin3842 Fortaleza3849 Jaipur3871 Salvador3880 Chengdu3910 Guangzhou3943 Monterrey3947 Recife3965 Milano3985 Melbourne3996 Nairobi4016 Phoenix4020 DaresSalaam4123 AddisAbab4138 Algiers4165 PortoAlegre4220 Detroit4234 Ankara4250 Luanda4271 Guadalajara4309 Brasilia4312 Abidjan4432 Barcellona4468 Alexandria4469 Casablanca4579 Washington4611 Singapore4707 Boston4760 Sydney4829 Houston4904 Jidda4921 Shenyang5176 SaintPetersburg5202 Dallas5249 Yangon5256 Atlanta5260 Madrid5269 Hanoi5276 Bandung5312 Kabul5362 Khartoum5638 Philadelphia5714 Surat5731 Chongqing5758 Toronto5762 Miami6034 Pune6130 Chittagong6223 BeloHorizonte6275 Santiago6297 HoChiMinhCity6308 RheinRuhrNorth6571 Ahmadabad6632 Riyadh7155 Baghdad7390 Bangkok7465 Hyderabad7536 London7615 HongKong7872 Wuhan8002 Chennai8092 Bangalore8416 Tehran8457 Kinshasa8686 Lahore8699 SantaFèdeBogotà8900Seoul9215 Lima9365 Chicago9411 Tianjin9874 Paris10008 Moscow10934 Beijing11060 Istanbul11302 OsakaKobe11359 RiodeJaneiro12364 MetroManila12637 Shanghai12666 LosAngeles12904 Cairo13123 BuenosAires14563 Karachi16155 Calcutta16798 Lagos17036 Jakarta17498 Dhaka17907 NewYork19717 SaoPaulo19963 MexicoCity20647 Delhi20946 Mumbai22645 Tokyo36214

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analisi forma/densità

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I vuoti di Tokyo appaiono così, come rimasugli di un contesto ambientale non invaso. Emblematicamente la società e la cultura che si è sviluppata in un contesto ambientale instabile, ha prodotto un contesto architettonico che evidenzia i caratteri di questa natura. Lo spazio si genera seguendo un processo temporale di accumulazione e modificazione senza alcuna chiara prefigurazione.

Risulta interessante compiere una riflessione su tali spazi vuoti; intesi quindi come luoghi sui quali di volta in volta vengono proiettate le possibilità all’interno di un contesto sempre mutevole. Diventa una sfida per cui soffermarsi per cercare di identificarli e contestualizzarli.

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.2archetipi_pet architecture

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La mancanza di pianificazione, che da origine ad un inevitabile disordine e frammentazione che caratterizza il tessuto urbano di Tokyo, può essere riletta alla luce di questa continuità e valorizzata come espressione di una nuova vitalità e di una flessibilità che da origine ad una diversa concezione dello spazio. In questo modo, il disordine visivo diventa un “ordine nascosto”. I tantissimi spazi di risulta, le intercapedini, gli spazi interstiziali,le incongruenze spaziali, frutto di tale logica di stratificazione di cui si è persa la ratio, formano, una sorta di sottosistema urbano indipendente.

La ricerca condotta dall’atelier bow-wow, con il loro lavoro ‘pet architecture’, pone l’attenzione su costruzioni che vivono e vogliono far rivivere proprio tali spazi marginali, ponendo un interesse particolare sulla comprensione delle dimensioni architettoniche, che necessita un rinnovato interesse verso i temi spaziali. L’atelier bow-wow in collaborazione con il Tokyo Institute of Technology Tsukamoto Architectural Laboratory mette in catalogo oggetti singolari che contengono le più disparate destinazioni d’uso mostrando una sapienza notevole nel risolvere problemi di organizzazione di spazi che a volte non superano un metro di larghezza e si sviluppano in una profondità di dieci metri. Le pet architecture sono quindi costruzioni poco più grandi di una conigliera, bizzarre, sorprendenti, spontanee, che occupano spazi di risulta, intercapedini, incongruenze di geometrie urbane. Queste costruzioni vivono gli spazi marginali, sono informali, simpatiche ed attraenti. Le dimensioni sembrerebbero veramente impossibili, tanto più che sovente si trovano su aree triangolari o trapezoidali, magari ritagliate da strade carrabili. A volte sono vicoli poco più larghi di una camera d'aria; hanno volumi improbabili, difficili, la cui profondità si ferma talvolta ai quaranta centimetri, per altezze, di contro, che toccano i quattro o cinque metri. Insomma, graziosi bugigattoli che vanno a colmare interstizi, riempiono minuscoli vuoti urbani, colonizzano orli.

Le pet architecture sono veri e propri testimoni parlanti della storia della città e dei suoi micro vuoti: dalla loro ubicazione e dalla loro forma si traggono indicazioni uniche e preziose dei mutamenti, dei traumi, e di ogni altra vicenda urbanistica di Tokyo; e soprattutto sono esempi di un modo di costruire economico e oltretutto possibile in ogni angolo della città, e per questo dei veri e propri “ … s t r u m e n t i p e r i n d i r i z z a r e l ’ u s o d e g l i s p a z i u r b a n i e i l r i c i c l o d i v u o t i u r b a n i i n u t i l i z z a t i , n e l p r o s s i m o f u t u r o ” .

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Per catalogare tali micro vuoti che, come visto, caratterizzano in maniera rilevante il tessuto urbano di Tokyo ( formando un vero e proprio sottosistema urbano), è stata condotta un’analisi sullo spazio-tipo. Esaminando la maglia urbana della città unitamente agli interventi riportati nel catalogo ‘pet architecture’, è emerso che l’unità comune di tali microspazi è definito dalla presenza di elementi che delimitano e allo stesso modo caratterizzano l’area del vuoto. Tali elementi definibili come barriere sono rappresentati da strade carrabili, strade sopraelevate, linee ferroviarie, edifici. Per cui si è cercato di ricondurre queste aree ad uno spazio archetipo ordinato in base al numero di superfici libere. In tal modo supponendo di avere un microspazio riconducibile ad un archetipo costituito da un volume regolare (quale potrebbe essere quello di un parallelepipedo con base rettangolare) il maggior numero di superfici libere (che si supponga possa avere) è dato da quattro piani: tre superfici verticali, più la superficie orizzontale superiore (la superficie orizzontale inferiore è stata considerata delimitata sempre dal suolo, dato che non sono stati riscontrati casi contrari). I microspazi che presentano tale caratteristica sono stati catalogati come archetipo1. L’archetipo2, invece, è caratterizzato dalla coesistenza di tre superfici libere, combinabili a loro volta in tre sotto categorie: l’archetipo2a dato dalle due superfici verticali opposte tra di loro più la superficie orizzontale superiore; l’archetipo2b definito dalle due superfici verticali adiacenti tra di loro più la superficie orizzontale superiore; ed infine l’archetipo2c dato dalle sole tre superfici verticali. L’archetipo3 è, invece, caratterizzato dalla presenza contemporanea di due superfici libere, che, anche in questo caso danno origine a tre sottogruppi: archetipo3a, definito dalle due superfici verticali opposte tra loro; archetipo3b, dato dalla superficie verticale(1) più la superficie orizzontale superiore; archetipo3c, caratterizzato dalla superficie verticale(2) più la superficie orizzontale superiore. Infine l’archetipo4 risulta essere caratterizzato dalla presenza di una sola superficie libera, e quindi in base al tipo di superfici verticali che risulta essere svincolata da tali barriere si avrà l’archetipo4a oppure l’archetipo4b.

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sushi bar + residence 2.1 x 9.0 x 7.5h

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diving shop 2.0 x 7.0 x 7.0h

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take-away shop + residence 6.5 x 1.9 x 7.5h

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real estate agency 0.8 x 10 x 2.0h

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boutique + residence 2.1 x 8.3 x 5.4h

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warehouse 4.5 x 3.2 x 5.5h

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chinese herbal shop + residence 1.9 x 10 x 6.9h

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bar + residence 1.8 x 4.0 x 7.4h

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antique forniture shop 1.8 x 10 x 3.3h

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food shop + residence 6.0 x 1.0 x 7.2h

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costume shop 4.9 x 1.1 x 4.8h

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apartment building 4.0 x 2.1 x 5.5h

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restaurant + residence 4.8 x 0.9 x 6.2h

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residential building 5.0 x 1.8 x 5.5h

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seal shop + residence 8.0 x 0.6 x 6.0h

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real estate agency 5.1 x 0.8 x 6.2h

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shop + residence 4 .0 x 1.1 x 6.0h

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residential building 12 x 0.6 x 5.5h

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E’ necessario considerare che l’atto di creare un’opera d’architettura o, piuttosto, di metterla in scena in una città come Tokyo è come il gioco degli scacchi, del tutto imprevedibile. Edifici che sorgono intorno ad un particolare sito differiscono per volume, forma, altezza, materiali e struttura. Inoltre, non c’è mezzo di sapere quando questi edifici saranno demoliti per essere sostituiti da qualcos’altro. E anche questo è un gioco senza fine. In uno spazio urbano a scacchiera come può essere quello di Tokyo, ciò che possiamo ottenere con una delle nostre prossime mosse non è altro che la mera creazione di una relazione, provvisoria e tesa. In altre parole, quello che è possibile fare è semplicemente di gettarvi un nuovo vortice per smuovere o stimolare lo spazio e indurre un nuovo flusso.

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.3individuazione vuoti

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inquadramento

Tokyo sorge, com’è noto, sull’isola di Honshu, la maggiore e di gran lunga la più popolata dell’arcipelago giapponese, e occupa l’estesa pianura alluvionale del Kanto, affacciata, lungo la costa orientale dove si concentra la gran parte della popolazione del paese, su di un’ampia e protetta baia dalle acque relativamente poco profonde, aperta a sud verso l’oceano Pacifico. Il suo territorio, solcato da numerosi corsi d’acqua (il fiume principale è il Sumida, nome dell’ultimo tratto dell’Arakawa), è lievemente ondulato dalla presenza di colline ed è racchiuso, in lontananza, da una catena montuosa dove, verso sud-est, s’innalza altissimo il vulcano Fuji. Ancora oggi, a Tokyo, si contano 2155 km di vie d’acqua, fra fiumi e canali, attraversate da quasi 6000 ponti: l’acqua è anzi, forse, l’unica vera e abbondante risorsa naturale e su di essa sono fondate la ricchezza e l’antica cultura insediativa della città.

Lo spettacolo urbano offerto da Tokyo è impressionante, forse, anche in questo caso, più di ogni altro al mondo. Vista dal Rainbow Bridge, il lungo e vertiginoso ponte sulla baia, dai nastri autostradali sopraelevati ‘che trasformano uno spostamento in città in un giro sull’”otto volante”, dalla Tokyo Tower, una copia della Tour Eiffel della fine degli anni cinquanta poco più alta dell’originale, o dalle imponenti torri di City Hall, che ospitano il governo metropolitano, la città si estende a perdita d’occhio, sempre in movimento, in tutta la sua sconfinata vastità. Se ne sente il rumore, la forza, l’infinita vitalità. Se ne rimane schiacciati, affascinati, ipnotizzati. I dati quantitativi sono anch’essi affatto impressionanti. La popolazione supera i 15 milioni di abitanti, all’interno di una prefettura –Tokyo-to – amministrativamente autonoma e oggi suddivisa in ventitre ku, municipi, che si estendono per 598kmq. All’interno di questo sistema retto dal Tokyo Metropolitan Government, i tre municipi centrali di Chioda, Chuo, e Minato formano il CBD, Central Business District, ove, oltre a estese zone residenziali e turistiche, si registra la più alta concentrazione di edifici governativi, sedi di società giapponesi e straniere, banche, ambasciate ecc. Dal 1991 la stessa sede del Tokyo Metropolitan Government è stata peraltro spostata a Shinjuku, all’interno di un piano di decentramento che prevede lo sviluppo di sei dei ventitre municipi in altrettanti nuovi centri cittadini: oltre a Shinjuku, Shibuya, Ikebukuro, Ueno, Kinshicho, Osaki. Ma l’area metropolitana della capitale giapponese è in realtà formata da un ancor più estesa conurbazione, misurata sul pendolarismo dei lavoratori giornalieri, che si estende per un raggio di oltre 150 km dal centro e dipende da altre tre prefetture (ken): Kanagawa a sud, Saitama a nord e Chiba a sud-est, che nel loro insieme formano un entità amministrativa chiamata Tokyo Metropolitan Region. Ancora più estesa è la National Capital Region, entità amministrativa così vasta da funzionare a fatica come unità economicamente riconoscibile, chiaramente dominata da Tokyo, ma contenente tutta una serie di centri minori lontani e appartenenti a prefetture diverse, come Ibaraki. Nel suo insieme, è una delle regioni urbanizzate più estese e popolate del pianeta, un articolato e complesso sistema continuo e policentrico che nel tempo ha integrato al suo interno una serie di città originariamente del tutto separate.

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Tokyo è anche la megalopoli che più di ogni altra sembra concentrare in sé le contraddizioni delle culture urbane. Alcuni esempi: lo spazio privato pro capite è inferiore del 66% rispetto a quello di New York; le dimensioni medie di un alloggio sono pari a 45mq, contro gli 85 di Roma o Singapore e i 90 di Parigi; soltanto il 5% della superficie è destinato a parchi, a fronte del 30% di Londra; nonostante l’efficientissimo sistema ferroviario metropolitano, tre lavoratori su quattro sono costretti a spostamenti quotidiani che superano l’ora; oltre il 70% dorme non più di 6 ore a notte; il 41% delle coppie sposate non si parla per più di 15 minuti al giorno e, all’interno di tale percentuale, è compreso un 10% che non parla per niente. Il costo della vita sopravanza del 50% quello di New York. Anche il rinnovamento edilizio è molto elevato: la vita media di un edificio è di 26 anni, contro i 44 degli Stati Uniti e il 75% del Regno Unito Fumihiro Maki, con sottile senso dell’understatment, ha detto in proposito: ‘mi chiedo se stiamo sprecando le nostre risorse nel considerare con una certa attenzione la durata di un edificio che costruiamo’. Contraddittoriamente rispetto alle alte densità, le enormi dimensioni fanno poi sì che lo spazio effettivamente utilizzato all’interno dei ventitre ku sia solo il 52% del totale (anche se nelle zone centrali tale percentuale sale al 70%): ciò dà un’idea delle ancora elevate potenzialità di sviluppo. Siamo, infine, di fronte ad un sistema che sembra mettere effettivamente in scena il futuro e che non può non farci pensare che in fondo “il caos”’ sia soltanto “un ordine da decifrare”.

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individuazione kmq

Il nucleo centrale di Tokyo è costituito da nove zone distinte. Chioda-ku ospita l’imponente Palazzo Imperiale con i suoi parchi, antico complesso residenziale distrutto dai bombardamenti nel 1944 e ricostruito 20 anni dopo. Non lontano è il Palazzo del Parlamento (1918-1936), cuore della vita politica giapponese. Chuo-ku comprende la sede della borsa, il centro finanziario e la rinomata zona di Ginza, ricca di lussuosi negozi. Caratteristiche spiccatamente residenziali hanno le zone Shibuya-ku e Shinjuku-ku, altrettanto ricche di aree verdi; qui sorgono molti degli impianti sportivi costruiti per i giochi olimpici. Shibuya è senza dubbio uno dei quartieri più famosi ed alla moda di Tokyo. Il quartiere è illuminato da megaschermi, presenti su tutti i palazzi della zona, e vi si trova una grande varietà di negozi e ristoranti. Shinjuku è, invece, un importante centro commerciale e amministrativo, così come la sede di uno dei maggiori nodi dei trasporti pubblici di Tokyo, la stazione di Shinjuku. Si stima che attraverso le tre linee metropolitane, due linee urbane ferroviarie private, e diverse linee ferroviarie della JR passino 2 milioni di persone ogni giorno. Inoltre Shinjuku è la sede del Palazzo del Governo Metropolitano di Tokyo, uno dei più alti edifici della città, dove viene gestita l’amministrazione politica e pubblica di Tokyo. Taito-ku, con i suoi musei, il celebre parco di Ueno e i locali notturni di Asakusa rappresenta la zona più turistica di Tokyo. Prevalentemente industriali sono Sumida-ku e Koto-ku. Infine, Minato-ku alterna avveniristiche costruzioni come il Palazzo del World Trade Center o la Tokyo Tower (alta 333m) e pittoreschi luoghi di culto, circondati da aree verdi e zone residenziali.

Come visto, per le smisurate dimensioni del tessuto urbano di Tokyo, risultava al quanto impossibile provare ad individuare l’effettiva presenza di micro vuoti, conducendo un’analisi su tutta l’area metropolitana; per cui si è preferito individuare un’area di 1kmq, intesa come area campione, sulla quale andare a verificare la concreta esistenza di tali micro aree, per poi provare a quantificare il numero di quest’ultime.

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Il kmq preso in esame è situato all’interno di uno dei 23 quartieri speciali di Tokyo, si tratta del quartiere Minato-ku. Tale quartiere ha una popolazione stimata di 175.467 abitanti in un area di 20,34 kmq e una densità di 8.627 persone per kmq. Minato ospita 49 ambasciate ed è sede di varie società: Dentsu, Fuji Xerox, Mitsubishi Heavy Industries Ltd., e Mitsubishi Motors Corporation, Morinaga & Co.e Morinaga Milk Industry Co.,, NEC Corporation, Nippon Television, Toshiba e Vodafone (Japan). Geograficamente è posta a sud del palazzo imperiale e confina con i municipi speciali di Chiyoda, Chuo, Shinagawa, e Shibuya. Il municipio fu fondato il 15 marzo 1947. L’immagine è quindi quella di una continua coesistenza tra vecchio e nuovo, tra grande e piccolo. Il kmq è situato proprio nel cuore del quartiere, racchiudendo al suo interno sette distretti/sottoquartieri: Roppongi, Azabujuban, Azabunagasaka-cho, Azabumamiana-cho, Higashi-azabu, Azabudai, Toranomon. L’area risulta essere ben servita e collegata all’intera città con una intensa rete di trasporti pubblici e privati. Infatti l’area presa in esame è attraversata dalla rete metropolitana, vi sono ben cinque stazioni metro: roppongi, roppongi-itchome, akabanebashi, azabujuban. Inoltre è percorsa da una delle strade con il più alto tasso di flusso automobilistico presente a Tokyo: l’Exspressway n°3.

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Il negativo della planimetria dell’area in analisi mostra, effettivamente, come siano numerose le aree non edificate che potenzialmente potrebbero essere catalogate secondo la definizione di archetipo spaziale legato alle dimensioni ridotte e al numero di superfici libere; per cui l’individuazione e la successiva catalogazione secondo tali caratteristiche è stata effettuata compiendo un’ indagine per ogni sottodistretto.

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.4/.5minato-ku/tokyo

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L’individuazione dei micro vuoti è avvenuta in due fasi distinte. Nella prima fase l’ identificazione delle aree è stata compiuta in planimetria, per cui sono state individuate tutte quelle superfici aventi la caratteristica comune di possedere dimensioni ridotte (si parla di aree con una larghezza inferiore o uguale ai 4m) e di essere delimitate/inserite tra due ‘barriere’ (quali possono essere due edifici, due strade, edificio e strada, ecc.) Successivamente tramite il supporto digitale di GoogleEarth, è stata verificata la concreta esistenza di tali aree e l’effettiva non presenza di alcun tipo di attività all’interno di quest’ultime. Inoltre, con l’utilizzo di tale supporto sono state calcolate le relative altezze degli edifici adiacenti ad essi, in modo da poter comprendere a pieno le potenzialità che possono offrire tali spazi. Infine i vari microspazi individuati, ipotizzati come “volumi pieni”, sono stati catalogati secondo il loro numero di superfici libere.

Questo tipo di analisi è stata svolta per ogni sottodistretto.

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I microspazi individuati sono così distribuiti:Roppongi 35vuoti - 38216.14mc e 1733.52mq tot.;Toranomon 20vuoti - 26852.63mc e 903.97mq tot.;Azabujuban 35vuoti - 40100.54mc e 1409.44mq tot.;Higashi-azabu 35vuoti - 45360.75mc e 1863.51mq tot.;Azabunagasaka-cho 4vuoti - 2856.51mc e 222.11mq tot.; Azabumamiana-cho 7vuoti - 4490.27mc e 202.49mq tot.; Azadubai 31vuoti - 28662.68mc e 1033.82mq tot;

per un totale di:

174 micro vuoti urbani 162372.52 mc 7368.86mq

Interessante è stato osservare come vuoti che apparentemente in pianta presentavano caratteri comuni (quali potevano essere dimensione e forma) in alzato fossero poi tutti differenti; e questo perché legati all’altezza degli edifici adiacenti che rivelano e confermano, in tal modo, il carattere caotico del tessuto urbano dell’intera città che si presenta come un accumulo infinito di edifici diversi, un insieme di dimensioni minime e colossali che si inseguono e si contrastano.

Infine, l’analisi evidenzia come la maggior parte dei micro vuoti presenti nel tessuto urbano sia in realtà un ritaglio di aree inserite tra due o più edifici e per questo catalogabili o come archetipo2, definito da tre superfici libere (ossia, dalle due superfici verticali opposte, più la superficie orizzontale superiore), o come archetipo3, caratterizzato da due superfici libere (una superficie verticale, più la superficie orizzontale superiore).

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.6problema abitazione

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Come visto, Tokyo rappresenta l’area metropolitana più popolosa del pianeta, composta da una molteplicità amministrativa che opera su più livelli. La prefettura di Tokyo-to è divisa in due aree amministrative: la Ku-area, divisa a sua volta in 23 municipalità (considerate entità pubbliche locali speciali) di quasi 9 milioni di abitanti distribuiti in un’area di circa 15 chilometri di raggio, e la Kama-area, con oltre 26 municipalità (-shi, entità pubbliche locali ordinarie), tre città (-machi), un ‘villaggio’ (-mura), con più di 4 milioni di abitanti, per un totale di oltre 13 milioni. Inoltre la prefettura comprende le numerose isole dell’arcipelago Izu e Ogasawara (una costellazione di isole e isolotti tra il 34° e il 20° parallelo). La Greater Metropolitan Tokyo Area è l’insieme delle prefetture di Tokyo, Saitama, Kanagawa e Chiba, che complessivamente contano oltre 33 milioni di abitanti in un’area di circa 50 chilometri di raggio, mentre la National Capital Region congloba alla GMTA le prefetture di Gumma, Tochigi, Yamanashi e Ibaraki per un totale di oltre 40 milioni di abitanti. Paragonando questi dati a quelli di nazioni intere, con territori ben più estesi come l’Argentina o il Canada, si coglie a pieno la proporzione dei numeri di Tokyo. In effetti la popolazione del Giappone (circa 127 milioni) è poco più del doppio della popolazione della National Capital Region, anche se al di fuori di quest’ultima ci sono città di ragguardevoli dimensioni come Osaka (2.605.000 ab.), Sapporo (1.757.000 ab.), Kyoto (1.464.000 ab.), Kobe (1.424.000 ab.), Fukuoka (1.109.000 ab.), Hiroshima (1.109.000 ab.) e Kitakyushu (1.020.000 ab.), solo per citare le città con oltre un milione di abitanti. La proporzione tra le altre città e Tokyo, inoltre, suggerisce che gli indicatori demografici ed economici della capitale dipendono solo in parte dalla situazione nazionale: del resto Tokyo non è solo il più grande agglomerato urbano del paese (e del mondo intero) ma anche il luogo in cui si concentra una larghissima parte dell’economia del Giappone, con connotazione talvolta molto differenti dal resto del paese. Osservando l’andamento demografico della città si evince che dopo la restaurazione mejii (1868) Tokyo conta poco oltre il milione di abitanti, più che raddoppiati negli anni 20 del XIX secolo, con una lieve flessione nel 1923 (a causa del terremoto che ha sconvolto l’intero kanto), per esplodere fino ad arrivare alla quota di oltre 6 milioni di abitanti intorno agli anni 40. I bombardamenti della seconda guerra mondiale, tra vittime e profughi, dimezzano la popolazione che, in pochi anni, torna alla misura anteguerra superandola già nel 1960, saturando Tokyo che da allora, si attesta tra gli 8 e i 9 milioni di abitanti. Comparando questi dati con la crescita di altre grandi città giapponesi (Yokohama, Osaka e Kyoto), è evidente come la crescita di Tokyo (non considerando i due stravolgimenti appena citati) sia regolare rispetto al processo di conurbazione del Giappone intero. Anche la distribuzione della popolazione all’interno dell’area metropolitana dimostra che successivamente alla grande espansione degli anni 60, l’ulteriore aumento degli abitanti è stato assorbito dalle periferie, contemporaneamente all’utile alleggerimento della congestione del centro della città.

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Questo tipo di espansione urbana però ha dato origine ad una serie di problemi correlati tra loro, primo tra tutti _lunghe distanza di percorrenza giornaliera_.In effetti, il numero di persone che quotidianamente dalla prefettura di Tokyo si reca nel centro della metropoli è composto da un totale di 2.727.663 pendolari così distribuiti: Saitama pref. 945.945 ; Yamanashi pref. 8.919; Kanagawa pref. 937.562; Chiba pref. 743.932; Ibaraki 67.285; Tochigi pref. 14.938; Gumma pref. 9.082.Come si vede nel grafico relativo al movimento della popolazione tra la città di Tokyo e le prefetture che la circondano le distanze tra quest’ultime sono notevoli, raggiungendo, come visto, un raggio di 150 km. Ciò ha determinato l’inevitabile incremento di mezzi di trasporto che provano a canalizzare la maggior parte del flusso di ingresso giornaliero. Osservando il grafico relativo all’evoluzione dei mezzi, si evince che nel 2000 il flusso di ingresso nella città ha raggiunto i 23 miliardi di passeggeri avvenuto con il solo utilizzo di collegamenti su ferro: treni suburbani, treni ad alta velocità, monorotaie e metropolitana. È da notare l’elevato aumento dei mezzi di trasporto segnati dalla presenza di autovetture con relativo incremento rispetto ai dati del 1975 del 122.4%. Questi numeri sottolineano il secondo grande problema: _congestione del traffico urbano_Inoltre, osservando i tempi medi di percorrenza casa-lavoro si nota che Tokyo si colloca al primo posto nella lista mondiale con una media di 54.0min. di percorrenza giornaliera, contro i 17min. segnate dai pendolari delle città italiane, i 48min. indicati dalla città di Londra, 35.2min. contrassegnati da Parigi e 30.0min. distinti da New York.I 54.0min. di percorrenza giornaliera sono il risultato delle lunghe distanze di percorrenza associato alla crescente congestione del traffico urbano. Il terzo problema, di conseguenza, è dato proprio dai _lunghitempi di percorrenza casa-lavoro_.

È facile trovare persone che, spesso, rinunciano al viaggio di ritorno e trovano una sistemazione per la notte all’interno dello stesso posto di lavoro. Infatti, i pendolari (lavoratori o studenti che siano) hanno sempre con loro (conservato ad esempio in un cassetto della scrivania) il futon (sorta di piumino) che all’occorrenza viene steso sulla pavimentazione e utilizzato come letto.Un’altra soluzione adottata da molti pendolari è segnato dall’utilizzo di “strutture speciali” rappresentate dai cosiddetti cubehotel, che con una quota non superiore ai trenta euro garantisce la permanenza in città, tramite pernottamento all’interno di veri e propri loculi. Infatti le dimensioni del posto letto hanno in media una superficie di 90cm x 200cm inserita all’interno di un volume con un’altezza di 90cm. Date le ridotte dimensioni, i cube hotel non possono che rappresentare delle soluzioni temporanee.

Il Governo Metropolitano, per far fronte a tali disagi, ha promulgato nel marzo del 1992 un’ordinanza speciale di base per il rifornimento dell’alloggiamento. Il progetto prevedeva la costruzione di unità abitative all’interno dell’area metropolitana di Tokyo. Entro il 2005 l’ordinanza si aspettava la realizzazione di 5.480.000 unità abitative. Il numero di aree ritenute necessarie per la costruzione degli alloggi era di 346 con un numero totale di aree nel centro urbano pari a 173 ampliato successivamente a 194. In dieci anni, però, il numero totale di unità abitative costruite ammonta a 1.650.000, un quinto rispetto al programma fissato. L’ ostacolo riscontrato nel realizzare tali alloggi è definito dalla difficoltà nell’individuare aree centrali libere.

M a a l l o r a p e r c h é n o n u t i l i z z a r e i m i c r o v u o t i u r b a n i c o m e r i s o r s a p e r l a c o s t r u z i o n e d i u n i t à a b i t a t i v e ?

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.7storia della residenza giapponese

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Stabilito come utilizzare i micro vuoti “scoperti” (inserimento di unità abitative) ed individuati gli utenti che colonizzeranno tali spazi (lavoratori pendolari), ai fini progettuali è stato necessario individuare le caratteristiche essenziali della casa tradizionale giapponese. Dovendo realizzare alloggi da porre all’interno di un contesto che, come visto, si presenta completamente diverso da quello occidentale si è rivelato indispensabile svolgere un’analisi sulla casa tradizionale orientale, in modo da individuare i tratti fondamentali dell’abitazione nipponica. L’analisi è stata condotta dalle prime testimonianze (rinvenute in epoca preistorica) fino ai giorni nostri. Per ogni epoca sono state evidenziate le caratteristiche predominanti delle varie residenze.

È stato interessante scoprire come alcuni tratti presenti nelle primissime testimonianze si ritrovino poi nelle unità abitative delle epoche più recenti.

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s t o r i a d e l l ’ a b i t a z i o n e dalle originifino all’inizio del periodo meiji

1868-1912

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300dC periodi jomon e yayoi dal 7500 a.C. al 300 d.C.

prime testimonianze storiche

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In giappone, in epoca preistorica, esisteva una cultura che oggi viene generalmente indicata con il nome di jomon e che, secondo gli archeologi, fu espressione di una popolazione di cacciatori-pescatori. Il primo tipo di casa di cui si hanno informazioni, che apparteneva probabilmente a tale popolazione, è la casa interrata tateana jukyo.Si tratta essenzialmente di capanne ricoperte di semplici tetti, edificate scavando nel terreno una fossa circolare o rettangolare con angoli arrotondati, di 50 o 60 centimetri di profondità e dai cinque ai sette metri di diametro, poi ricoperta con un tetto di paglia spiovente, ramaglie o cortecce d’albero.La struttura di base del tetto era costituita da quattro pali collegati in cima da traverse; attorno a tale struttura erano collocati rozzi travetti di sostegno disposti a raggiera che arrivavano sino a terra.

Le forme create non indicano alcuna comprensione e alcuna consapevolezza dei principi geometrici o dei canoni estetici, ma in esse troviamo uno spiccato senso spaziale e una nitida coscienza dei volumi.

In epoca più tarda, fino allla metà del primo millennio a.C., si diffusero tipi di capanne con piani di calpestio al livello del suolo. Questa innovazione diede inizio ad una vera e propria evoluzione architettonica, in quanto lo scopo non era più quello di ricavare un riparo, ma di costruire un edificio che richiedeva un alzato non soltanto per sostenere il tetto, ma anche per delimitare il vano con pareti, sia pur rivestite con materiali vegetali.

Nel periodo yayoi, circa nel III secolo a.C., a seguito di un più sofisticato uso di utensili di ferro e bronzo, ne derivano tecniche di costruzione più avanzate con lo sviluppo di un secondo tipo di costruzione preistorica, elevata su pilastri.Questa nuova tipologia, che si ritiene fosse importata dall’Asia meridionale, fu impiegata in un primo tempo dai coltivatori dei campi irrigati per conservare i cereali, in quanto il pavimento sopraelevato preservava le provviste dall’umidità e dai topi. Al progredire della divisione in classi della società, le case sopraelevate cominciarono a diventare le residenze tipiche dei ceti più alti.

A differenza delle antiche capanne, il nuovo tipo di abitazione aveva una struttura formata da pali e travi, con un elemento verticale, o monaco, che sorreggeva la trave di colmo. La copertura era un semplice tetto a due falde sorretto da travetti paralleli.

Questo è il primo esempio di architettura giapponese in cui sia all’interno che all’esterno è visibile una struttura geometricamente ordinata. A differenza dello spontaneo senso volumetrico dell’epoca jomon, il nuovo spazio tendeva a essere definito da concetti geometrici puramente estetici

Fin dalle origini, l’architettura giapponese fu strettamente dipendente dal materiale utilizzato, che fu in ogni tempo principalmente il legno. Veniva inoltre utilizzati la paglia di riso, la corteccia dell’albero e il miscanthus, una graminacea dell’Asia, soprattutto per il rivestimento del tetto.

Il largo impiego di materiali vegetali nell’edilizia favorì implicitamente l’intima compenetrazione dell’architettura nel paesaggio, alla base dell’arte giapponese. L’uso predominante del legno, inoltre, contribuì allo sviluppo e al perfezionamento delle tecniche che ne utilizzano le qualità naturali, come la capacità di assorbire l’umidità dell’aria per restituirla nelle condizioni di siccità, così da climatizzare gli ambienti. Proprio per questi motivi non erano usate vernici o materiali impermeabili in modo da lasciare scoperti gli elementi strutturali e mantenere un aspetto il più possibile naturale.

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tateana jukyo _ casa interrata jomon

1 3

2 4 5

casa su pilastri _ ipotetica ricostruzione

scala in legno scalfita

nodo strutturale pilastro_soletta modalità d’incastro d’angolo

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sezione tipo

fossa circolare o rettangolare con angoli arrotondati di 50-60 cm di profondità

Struttura in legno

tetto spiovente con paglia di riso o miscanthus Struttura di ramaglie o di cortecce d’albero

s p i c c a t o s e n s o s p a z i a l e e v o l u m e t r i c o

sezione tipo

piano rialzato tramite struttura a pilastri posti all’estremità della pianta che solitamente è di forma rettangolare

struttura in legno

tetto spiovente con paglia di riso o miscanthusStruttura di ramaglie o di cortecce d’albero

s p a z i o d e f i n i t o d a c o n c e t t i g e o m e t r i c i + s e n s o e s t e t i c o

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periodi jomon e yayoicaratteri architettonici

armonia con l’ambiente circostante

intima penetrazione tra architettura e paesaggio

impiego di materiali naturali uso predominante del legno che contribuì allo sviluppo e al perfezionamento delle tecniche

rispetto per la bellezza dei materiali

gli elementi materiali mantengono il loro aspetto naturale

non venivano utilizzate vernici o materiali impermeabili in modo da utilizzare la capacità del legno di assorbire l’umidità dell’aria per poi restituirla nelle condizioni di siccità

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784 periodo Nara 710_784

Nel 710 fu fondata Heijo-kyo, l’antica Nara, che fu la prima capitale permanente dello stato giapponese. In questo periodo l’architettura imitò forme e piante degli edifici cinesi. Il prototipo di tali architetture è costituito da un complesso di edifici distribuiti intorno ad un giardino centrale secondo i punti cardinali; l’edificio principale era orientato verso sud e collegato agli edifici minori tramite verande coperte.Delle strutture di tipo residenziale della capitale Heijo, oggi ne rimane una sola, il Dempodo, situato nel recinto orientale del Tempio Horyuji. L’attuale Dempodo misura sette intercolumni di lunghezza per quattro di larghezza. La presenza del piano calpestabile in assi di legno inoltre, tradisce le sue origini domestiche, poiché i templi di quel periodo avevano tale piano in terra battuta. Osservazioni effettuate durante lo smantellamento dell’edificio per riparazioni hanno permesso agli storici dell’architettura di immaginare con una certa sicurezza come dovesse apparire la costruzione originaria. Quando fu edificata la prima volta la costruzione misurava cinque intercolumni di lunghezza per quattro di larghezza, era ricoperto da un tetto di corteccia di cipresso e sul fronte era situata una veranda. Gli ultimi tre intercolumni furono chiusi con pareti o porte e ne furono lasciati aperti due sul fronte, passando gradualmente da una veranda completamente aperta ad uno spazio chiuso.

Grazie ad una descrizione presente in una collezione di documenti intitolata ‘Shosoin monjo’, è stata possibile la ricostruzione parziale di un’altra residenza del periodo Nara, la casa di Fujiwara no Toyonari 704?-765. Si ritiene che l’edificio misurasse cinque intercolumni di lunghezza per tre di larghezza, con il piano calpestabile in assi di legno elevato rispetto al suolo e partizioni dello spazio interno non fisse. Il ‘Shosoin monjo’ rivela inoltre la presenza di una veranda aperta e, basandosi su questi elementi, ne venne fatta una ipotetica ricostruzione. Una seconda ipotesi sosteneva al contrario che il ‘Shosoin monjo’ avesse riportato errori nella ricopiatura e che ci fossero in realtà due verande che rendevano l’edificio simmetrico lungo la linea di colmo.

Sebbene non si possa stabilire con certezza il ruolo preciso che il Dempodo originale e la casa di Toyonari avevano nei rispettivi complessi residenziali, nondimeno sono storicamente preziosi, in quanto si hanno poche conoscenze riguardo le residenze di quest’epoca.

Le due costruzioni presagiscono chiaramente lo sviluppo dello Stile Shinden del periodo Heian nell’utilizzo di spazi aperti e chiusi, nel piano calpestabile realizzato con tavole di legno ed elevato dal suolo e nella mancanza di partizioni dello spazio nelle aree centrali.

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Tempio Horyuji

complesso di residenze della capitale heijo 710

edifici distribuiti intorno ad un giardino centrale edificio principale orientato verso sud collegamenti agli altri edifici minori tramite verande coperte

Dempodo

struttura di tiporesidenziale della capitale heijo unica testimonianza situata nel recinto orientale del tempio horyuji 710

struttura di sette intercolumni di lunghezza per quattro di larghezza tetto di tegole

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seconda ricostruzione

ultimi tre intercolumni della casa chiusi con pareti o porte

da una veranda completamente aperta si ottiene uno spazio chiuso

prima ricostruzione

tetto a corteccia di cipresso struttura portante principale in pilastri

cinque intercolumni di lunghezza e quattro di larghezza

pareti come cortine tra i vari sostegni realizzate in pietra e argilla

partizioni interne non fisse veranda aperta sul fronte dell’edificio

piano calpestabile rialzato in assi di legno

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casa di fujiwara no toyonari

struttura di tipo residenziale della capitale heijo 705_765 ricostruzione semplificata

struttura di cinque intercolumni di lunghezza per tre di larghezza tetto in legno

schema strutturale

moya_ corpo centrale dell’edificio hisashi_ parte coperta dalla porzione di tetto proietta verso l’esterno

prima ricostruzione

edificio ricoperto da un tetto con struttura lignea struttura portante principale in pilastri cinque intercolumni di lunghezza e tre di larghezza parete come cortina tra i vari sostegni mancanza di partizioni dello spazio nelle aree centrali veranda aperta lungo un lato piano calpestabile rialzato in assi di legno

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seconda ricostruzione

due verande aperte laterali edificio simmetrico lungo la linea di colmo

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periodo Nara _ caratteri architettonici

armonia con l’ambiente circostante

intima penetrazione tra architettura e paesaggio

impiego di materiali naturali

hisashispazio di transizione che separa e nello stesso tempo congiunge l’interno dell’abitazione con la natura

la natura è invitata a condividere lo spazio co l’uomo

la costruzione dello spazio architettonico pone l’attenzione alla fusione tra interno e esterno

rispetto per la bellezza dei materiali

gli elementi materiali mantengono il loro aspetto naturale

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1185 epoca Heian 784_1185

stile Shinden-zukuri

Gli edifici erano ancora ispirati ai modelli cinesi, ma furono influenzati profondamente dal gusto locale dei materiali, nelle strutture e nei sistemi di costruzione. Oltre alle tegole in legno e in laterizio tornano ad essere impiegate le cortecce dell’albero e la paglia di riso per le coperture, mentre per gli elementi murari, invece di pietra e argilla, vennero usate esclusivamente strutture in legno. Gli edifici potevano avere dimensioni anche notevoli e ciò comportò una serie di soluzioni tecniche che furono definitivamente acquisite dall’architettura giapponese. Le strutture portanti principali erano i pilastri, mentre le pareti non venivano progettate come supporti, ma semplicemente come cortine tra i vari sostegni per articolare gli spazi interni. Le dimore nobiliari di quest’epoca, corrispondono ad un tipo definito shinden zukuri, che prende il nome dallo shinden, la costruzione centrale di un complesso che comprendeva le stanze occupate dal capofamiglia, ed è quindi più precisamente un tipo di abitazione di un particolare strato sociale del periodo Heian, l’aristocrazia. Il vocabolo stesso significa letteralmente ‘stanza per il sonno’. Sebbene ogni complesso conosciuto di stile Shinden abbia una propria peculiarità, la maggior parte di essi si affaccia, a sud, su una corte nella quale si svolgevano cerimonie ed intrattenimenti. Davanti ad essa veniva scavato uno stagno con un isolotto al centro, raggiungibile da ponti, e con la terra ottenuta dallo scavo dello stagno stesso poteva esserte ottenuta a nord una collina, piantumata con alberi.

Il ‘Rotolo Dipinto dei Riti Annuali e delle Cerimonie’ e altre fonti hanno permesso agli storici di ricostruire la planimetria della Residenza Hojuji, uno dei più fini esempi di stile Shinden, costruita su un’area corrispondente all’odierna zona sud-orientale di Kyoto. Al centro della residenza è visibile lo shinden stesso, ovvero il corpo padronale, formato da un rettangolo centrale profondo due campate, con un tetto a timpano e una gronda ausiliaria aggettante per una larghezza pari a una campata su tutti e quattro i lati. Le raffigurazioni di queste fonti mostrano la presenza di verande il cui piano era costituito da assi di legno leggermente separati fra loro, al fine di prevenire il ristagno dell’acqua piovana, e delimitate da balaustre elegantemente curvate negli angoli. I pavimenti interni erano di assi di legno più massicci, e stuoie movibili di paglia intrecciata con bordature di seta venivano usate per sedersi o coricarsi. La partizione esterna avveniva tramite chiusure reticolate o semplici cortine di bambù, chiamate sudare, spesso corredate da tendaggi interni. Tutto l’ambiente interno era sprovvisto di pareti divisorie fisse; le stanze erano ricavate all’occorrenza, mediante tende e pannelli scorrevoli. Più frequentemente gli spazi interni erano suddivisi tramite pannelli movibili, paraventi pieghevoli, byobu, tendaggi, kicho, e drappi appesi, decorati con scenari cinesi o giapponesi. Questi elementi di partizione erano però solo utili a schermare la vista senza impedire il passaggio dei suoni, e neppure proteggere dal freddo.

Fondamentalmente, lo shinden non era altro che un ampio spazio vuoto coperto da un tetto, completamente integrato con il giardino che lo circondava, eccellente esempio di quella compenetrazione tra edificio e ambiente tipico dell’architettura giapponese in generale.

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Residenza hojuji esempio di stile shinden

caratteristiche delle residenze dello stile shinden

disposizione degli spazi progettata da est a ovest fronte principale rivolto a sud affaccio su una corte nella quale si svolgevano cerimonie irregolarità e asimmetria

Rotolo Dipinto dei Riti Annuali e delle Cerimonie

rappresentazioni di interni della residenza shinden

pavimenti in legno massiccio stuoie movibili. tatamipannelli scorrevoli dipinti. shojipannelli movibili. tsuitateparaventi pieghevoli. byobutendaggi. kichodrappi appesi decorati

veranda e alloggiamento periferico hisashi

verande con assi di legno leggermente separate balaustre elegantemente curvate negli angoli partizione esterna con chiusure reticolate semplici cortine di banbù sudare tendaggi

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shaku‘pied’

unità di misura distanza dal centro di due pilastri

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epoca Heian _ caratteri architettonici

armonia con l’ambiente circostante

intima penetrazione tra architettura e paesaggio

impiego di materiali naturali

fusione tra interno e esterno i limiti non sono ben definiti; anziché una semplice divisione netta tra esterno ed interno, una serie di dispositivi spaziali, come gli ingressi, mon, i muri, hei, le siepi, ikegaki, la veranda, engawa, la tettoia, hisashi, creano un confine multiplo

diverso grado di trasparenza e permeabilitàgli scambi tra interno ed esterno sono regolati da una sequenza di schermi sottili: tende avvolgibili in banbù, sudare, grate di legno, koshi, porte scorrevoli di carta, shoji, tendaggi, kicho

rispetto per la bellezza dei materiali

gli elementi materiali mantengono il loro aspetto naturale

sensibilità per la materia l’esigenza di purezza non fu solo fisica e fisiologica, ma ebbe fin dall’antico una controparte morale nella maggiorparte delle opere troviamo sempre un felice connubio tra forma e funzione, una cristallina trasparenza strutturale, il rispetto per la materia i pilastri, il soffitto, l’arredamento vengono lasciati al naturale per mostrare il colore del legno anche le pareti non essendo rivestite rivelano la loro primitiva struttura

esigenza di una unità modulare

modulo strutturale

shaku ‘piedi’ = 303 mm distanza dal centro di due pilastri

sistemi di disegni modulari attraverso l’utilizzo di proposizioni prestabilite generano un equilibrio architettonico globale

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1185 epoca muromachi 1333-1573

stile shoin-zukuri

Lo stile shoin-zukuri nell’architettura residenziale si sviluppò gradualmente dallo stile shinden, e anche in questo caso il termine evoca non tanto uno stile architettonico, quanto un modo di vivere. Il nome derivò dall’introduzione di uno shoin, o studio, e queste case erano decorate con un vigoroso gusto maschile totalmente giapponese e non influenzato dall’architettura di altri paesi. La parola shoin letteralmente significa ‘sala per la scrittura’, in quanto spesso veniva realizzata una stanza d’angolo destinata allo studio e alla conversazione. Essa costituisce una delle principali innovazioni dell’architettura residenziale dell’epoca, caratterizzata in generale dall’uso di legni lasciati al naturale e da costruzioni con pilastri quadrati e travature sottili. La stanza più formale di una struttura shoin contiene tipicamente: una nicchia decorativa, tokonoma, nella quale trovano posto un dipinto a rotolo disteso e i tre ‘oggetti’, un incensiere, un vaso di fiori e un candelabro; scaffalature su piani sfalsati, chigaidana; una scrivania racchiusa, tsukeshoin, che solitamente sporge sulla veranda; porte decorative, chodaigamae, che costituivano il solo accesso ad un’ulteriore area interamente chiusa e porotetta destinata al riposo e al sonno, chodai. Tuttavia, solo un numero relativo di strutture shoin presenta contemporaneamente questi quattro elementi tipici. Altre caratteristiche sono la presenza delle stuoie tatami che ricoprono l’intero pavimento; i pali quadrati, sebbene leggermente smussati sugli angoli; le plafonature spesso arcuate alla congiunzione delle pareti, oppure arquate e a cassettoni; le fusuma, porte scorrevoli tra gli spazi interni, non decorate oppure dipinte; e gli shoji, pannelli scorrevoli di carta bianca traslucida rinforzati da intelaiatura reticolare di legno, protette all’esterno da pannelli più consistenti amado, posizionati di fronte ad essi di notte e in caso di maltempo.

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Stile shoin-zukuri

nome deriva dall’introduzione di uno shoin - studio

stanza formale di una struttura shoin

tokonoma nicchia decorata con dipinto a rotolo su piani sfalsati, incensiere, vaso chigaidana scaffalature su piani sfalsati tsukeshoin scrivania racchiusa che sporge sulla veranda chodaigamae porte decorate tatami porte scorrevoli tra gli spazi interni non decorate oppure dipinte shoji pannelli scorrevoli di carta bianca traslucida con intelaiatura reticolare di legno amado pannelli posizionati all’esterno di fronte agli shoji di notte e in caso di maltempo

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shoin del Castello Nijo 1601_1603

proporzioni utilizzate per la creazione degli spazi interni e per la veranda dello shoin del Castello Nijo

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Ken _ unità base di misura 1.82m

spazi interni-veranda

a _ 1/10 ken larghezza alberino

b _ 1/10a smussatura alberino

c _ 8/10a faccia piana

alberino smussato

d _ 9/10a faccia piana più

alberino smussato

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epoca Muromachi _ caratteri architettonici

armonia con l’ambiente circostante

intima penetrazione tra architettura e paesaggio

impiego di materiali naturali

fusione tra interno e esterno i limiti non sono ben definiti; anziché una semplice divisione netta tra esterno ed interno, una serie di dispositivi spaziali, come gli ingressi, mon, i muri, hei, le siepi, ikegaki, la veranda, engawa, la tettoia, hisashi, creano un confine multiplo

diverso grado di trasparenza e permeabilitàgli scambi tra interno ed esterno sono regolati da una sequenza di schermi sottili: tende avvolgibili in banbù, sudare, grate di legno, koshi, porte scorrevoli di carta, shoji, tendaggi, kicho

rispetto per la bellezza dei materiali

gli elementi materiali mantengono il loro aspetto naturale

sensibilità per la materia

esigenza di una unità modulare

modulo strutturale

viene abbandonato il sistema di misura shaku e sostituito con il ken 1 ken = 6 shaku = 1820 mm

la modularità costruttiva ha consentito di realizzare piante e strutture semplici e flessibili, al contempo articolate e variate: in particolare la flessibilità funzionale è derivata dalla netta distinzione di struttura primaria, che ne determinava la composizione globale, e secondaria, che ne delimitava la pianta e le partizioni interne.

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1868 epoca edo 1603_1868

stile shoin-sukiya

Durante questo periodo il coordinamento modulare diviene il fulcro del progetto costruttivo. La costruzione dell’edificio è definita sulla base di moduli strettamente legati alla pratica ereditaria. I dettagli venivano disegnati durante il processo costruttivo usando proporzioni basati su dimensioni modulari. Queste proporzioni erano applicate automaticamente dal costruttore secondo criteri stabiliti dalla pratica. Il ken si conferma l’unità di misura principale affiancato dal tatami, ritenuto il secondo importante modulo progettuale, usato per il dimensionamento degli ambienti.

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confronto

unità di misura tradizionale giapponese sistema inch/footsistema metrico

1 shaku = 10 sun = 303 mm = 11,93 inch

1 foot = 12 inch = 1,01 shaku = 305 mm

1 m = 1.000 mm =3,30 shaku = 3,28 foot = 39,37 inch

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unità di misura come ordine per controllare scala, proporzioni, forma degli edifici

modulo di base

adottato per la costruzione delle case tradizionali giapponesi del periodo Edo

1 ken = 6 shaku 1820mm = 6 ft

stuoie tatami come modulo di base per il dimensionamento delle stanze

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Lo stile Shoin formale visto nel Palazzo Ninomaru del Castello Nijo era appropriato per grandiose cerimonie, in considerazione delle sue pareti brillantemente dipinte, le plafonature a cassettoni, le colonne squadrate, e le massicce travi disposte lungo il perimetro delle pareti delle stanze; ma tale ambientazione era troppo imponente per l’attività quotidiana. Conseguentemente, in parallelo con lo stile formale, si sviluppò un differente tipo di stile Shoin, con colonne di tipo meno raffinato e non squadrate, elementi strutturali delicati e decorazioni più attenuate rispetto a quelle delle stanze di stile Shoin formale. Ogni struttura Sukiya è peculiare, ma tutte riflettono delle caratteristiche generali comuni e, probabilmente, la più importante fra queste è un certo grado di incompletezza e irregolarità, quasi al limite della rusticità. Gli ambienti in stile formale Shoin, come già descritto, solitamente hanno la nicchia decorativa e le scaffalature lungo lo stesso lato, sulla parete di fondo dell’area superiore, jodan, la ‘scrivania racchiusa’ su un lato della veranda e le porte decorative di fronte ed opposte ad essa. Gli interni Sukiya, al contrario, non fanno quasi uso di porte decorative e ripensano costantemente la tradizionale disposizione degli altri elementi dello Shoin formale.

L’esempio più rappresentativo dello stile Sukiya, che spesso è stato presentato dai critici giapponesi ed occidentali come la quintessenza del gusto giapponese è il palazzo distaccato di Katsura, la villa di campagna della stirpe dei principi Katsuranomiya. Il complesso è situato nella zona sud-occidentale di Kyoto ed è costituito dall’Antico Shoin, il Medio Shoin, la Stanza della Musica, e il Palazzo Nuovo. Nel giardino circostante ci sono cinque case da tè: il Gepparo (Torre delle Onde Illuminate dalla Luna), lo Shokintei (Padiglione del Liuto nei Pini), lo Shoiken (Capanna dei Sorridenti Pensieri), lo Shokatei (Padiglione dell’Osservazione della Fioritura) e l’Enrindo (Sala della Foresta Giardino).

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Katsura è palazzo e giardini insieme, entrambi interpretati come insiemi infinitamente differenziati…ogni particolare del palazzo è bello, semplice, perfetto nella forma; ma ciò che veramente da vita a Katsura è il modo in cui tutti questi elementi si armonizzano tra loro…non esiste alcuna differenza tra componenti ‘importanti’ e ‘meno importanti’, tra ‘fronte principale’ e ‘facciata posteriore’… perfetto esempio di quello che, con formula moderna, potremmo definire funzionalismo‘

L’intera costruzione è completamente visibile, tutto è solo costruzione, solo materiale puro e lavorazione, come un tipo ridotto alla massima semplicità, solo semplici tetti a spioventi’

‘un’architettura dove lo stile e il carattere si sviluppano in maniera tale che le forme nascono in armonia con i bisogni’

‘l’ossatura strutturale è assai leggera i vari elementi hanno tutti misure standard’

‘i divisori mobili, intercambiabili, in carta traslucida forniscono un estremo tocco di raffinatezza. La loro qualità di diffusione della luce è ineguagliabile e di gran lunga superiore a quella di ogni possibile vetro smerigliato’

‘questo spazio semplice e libero fa si che l’abitante non sia oppresso da suppellettili e decorazioni puramente ornamentali, ma abbia la possibilità di essere completamente se stesso’

bruno taut

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‘la struttura è costituita da una semplice ossatura di pali e gtravi, essendo quasi tutte le pareti esterne e interne mobili e non portanti. La controventatura è sotto il tetto, celata alla vista, e solidi giunti nascosti rendono il telaio a prova di tifone. Il sistema modulare utilizzato all’epoca era il più sofisticato tra quelli conosciuti, molto più di quello degli egizi, e addirittura superiore a quello degli antichi greci. Le stanze erano organizzate in base a un multiplo di una stuoia di formato standard (75x150cm); le proporzione delle parti dell’edificio erano calcolate in orizzontale e in verticale in base ad un multiplo dello spessore del pilastro, che variava a seconda delle dimensioni degli spazi e delle loro campate.Gli ambienti sono di dimensioni modeste, a misura d’uomo. Grazie all’uso di tramezzi e di telai mobili per le finestre, le loro proporzioni sono estremamente variabili. L’accentuata nudità degli ambienti, con le pareti spoglie, è frutto di una scelta, che ha lo scopo di dare risalto alla figura umana e di offrirle uno sfondo adeguato.Come nella maggior parte delle creazioni giapponesi, si nota qui una predilezione per i contrasti netti: l’austera purezza della struttura architettonica si contrappone al carattere spontaneo dei dipinti, simili a schizzi, e alla ricchezza dei magnifici tessuti, mentre l’ariosa, trasparente struttura dell’edificio contrasta con la scultorea pesantezza della copertura. Il rapporto intimo con la natura è espresso dall’uso di materiali grezzi e di dettagli non finiti, incompleti, poiché solo l’incompleto era considerato parte del fluire della vita, mentre la simmetria, simbolo della perfezione, era una prerogativa dei templi.Sul piano estetico, ciò si traduce in una purezza architettonica, illustrata attraverso semplici contrapposizioni di chiaro e scuro, di superfici liscie e scabre, di forme geometriche pure, quadrati rettangoli e linee. Tutte queste soluzioni non sono astratte, ma realtà dotate di senso, connesse alla vita quotidiana e chi le ha concepite ha subordinato le sue scelte e il suo lavoro allo scopo di creare un ambiente unitario, evitando la vanità della novità e delle invenzioni a effetto. Così qui possiamo ammirare la nobile dimora di un uomo che vive in sereno equilibrio.’

walter gropius

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antico shoin 1920

gli interni sukiya. al contrario degli zukuri. non fanno quasi uso di porte decorative e ripensano costantemente la tradizionale disposizione degli elementi dello shoin formale

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la minka

I giapponesi, oltre agli stili di residenza tradizionale delle case Shinden, Shoin e Sukiya dell’aristocrazia, produssero un’ulteriore tipologia di abitazione completamente diversa e poco conosciuta dagli occidentali, che corrisponde alla minka, la residenza della gente comune. La separazione tra questi due stili riflette nettamente la differenza tra coloro che governavano l’antico Giappone e coloro che venivano governati. La parola minka è in realtà un termine generalmente usato per indicare una grande varietà di edifici residenziali, che si sviluppavano durante il periodo del controllo militare, di certe classi sociali come contadini, pescatori, mercanti, commercianti, artigiani. Designava inoltre anche le case dei sacerdoti shintoisti e persino quelle di samurai di basso rango o senza padrone, costretti a vivere di agricoltura. Le tipologie della minka sono tanto diverse quanto gli stessi proprietari e la maggior parte di esse è stata rinnovata o ingrandita nel tempo, secondo i cambiamenti delle esigenze e delle disponibilità delle varie generazioni di abitanti. Le prime informazioni veramente attendibili sulla minka sono un insieme di testimonianze degli inizi del XVI secolo, che riguardano due villaggi nelle vicinanze di Kyoto. Esaminandole emergono quattro punti di interesse.In primo luogo, la maggioranza delle case aveva una pianta quadrata. Secondariamente, quasi tutte avevano entrate posizionate alla fine del lato della facciata; i pochi edifici con gli ingressi sul lato parallelo al colmo del tetto, erano prevalentemente minka di grandi dimensioni. Terzo, la maggior parte era piuttosto piccola, il 28% con un’area inferiore a 4 tsubo (13,2mq) e l’82% inferiore a 12 tsubo (39,7mq).

I tetti erano solitamente di assi o di miscanthus, tutti molto ampi. Le gronde lunghe e molto inclinate impediscano che ci siano infiltrazioni durante le frequenti piogge e i tifoni; inoltre permettono sia la protezione dai forti raggi verticali del sole in estate, sia l’accesso nelle stanze della calda luce del più basso sole invernale. Queste lunghe gronde danno inoltre origine ad un’area sottostante detta hokihita. Spesso in quest’area c’è una veranda, engawa, che talvolta è lasciata aperta e talvolta chiusa sul suo lato esterno, mediante pannelli scorrevoli di legno e carta. La natura della veranda è duplice. Posta oltre i muri esterni della casa, è naturalmente uno spazio esterno, ma poiché la sua pavimentazione è in legno, in un certo senso è un’estensione dei pavimenti interni e quindi si può considerare anche uno spazio interno. tutte le residenze dei contadini dipendenti e l’80% delle case principali avevano pilastri che erano parzialmente conficcati nel terreno, senza fondazioni di nessun genere: si usava infatti carbonizzare le estremità, prima di conficcarli nel terreno, per evitare che nel tempo marciscano. Inoltre, le porte di bambù intrecciato erano molto più comuni di quelle di legno fino alla seconda metà del XVII secolo, mentre i pavimenti in terra battuta erano più frequenti di quelli in legno. La minka era sempre costruita in legno; un esame dell’interno rivela che le strutture portanti erano travi e pilastri di legno, solo con una finitura protettiva esterna in argilla. Tutti gli edifici tradizionali giapponesi, residenze, magazzini, santuari o templi, possiedono una struttura primaria che ne determina la composizione globale ed una secondaria che ne delimita la pianta e le partizioni interne. La flessibilità funzionale della minka deriva dalla netta distinzione tra queste due strutture. I pilastri primari sono disposti in modo da costruire la struttura di base; reggono il carico totale dell’edificio, incluso quello del terreno. Il gruppo secondario di pilastri è composto da quelli che, dal punto di vista strutturale, hanno un’importanza subordinata. Quindi il gruppo dei pilastri primari è sistemato a seconda delle maggiori esigenze strutturali, i secondari in base alle esigenze funzionali mostrate in pianta. Al variare delle esigenze funzionali, dovute alle diverse composizioni delle famiglie, diversi stili di vita, diversi gusti, le minka hanno potuto conformarsi ai cambiamenti in modo flessibile, semplicemente variando la struttura secondaria, che comprende divisori, pavimenti, soffitti, scaffali, aperture e pannelli divisori. Solitamente l’ingresso, come tutte le aperture, era rivolto a sud. La parte centrale della casa era divisa, come la maggioranza delle minka, in due aree: una di terra battuta (doma) dove si trovava la cucina, ritenuta una zona spaziale mediana, di trasformazione dal crudo al cotto; ed una seconda rialzata dal suolo e pavimentata con tatami che era la parte più importante dell’abitazione.

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minka kitamura

esempio di struttura residenziale per lagente comune 1720

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epoca Edo _ caratteri architettonici

armonia con l’ambiente circostante

intima penetrazione tra architettura e paesaggio

impiego di materiali naturali

fusione tra interno e esterno i limiti non sono ben definiti; anziché una semplice divisione netta tra esterno ed interno, una serie di dispositivi spaziali, come gli ingressi, mon, i muri, hei, le siepi, ikegaki, la veranda, engawa, la tettoia, hisashi, creano un confine multiplo

diverso grado di trasparenza e permeabilitàgli scambi tra interno ed esterno sono regolati da una sequenza di schermi sottili: tende avvolgibili in banbù, sudare, grate di legno, koshi, porte scorrevoli di carta, shoji, tendaggi, kicho

rispetto per la bellezza dei materiali

gli elementi materiali mantengono il loro aspetto naturale

sensibilità per la materia

esigenza di una unità modulare

modulo strutturale + modulo spaziale

il tatami divenne il secondo importante modulo progettuale divenne necessario per ragioni di ordine estetico allineare i pilastri ai bordi dei tatami in modo da assicurare l’unità degli interni; di conseguenza i pilastri venivano posizionati secondo le dimensioni e la disposizione delle stuoie, rovesciando la precedente usanza di stendere le stuoie tra pilastri preesistenti ciò segnò una svolta dal modulo strutturale al modulo spaziale

tatami = 900x1800 mm

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asimmetria e giustapposizione

volumetria non uniforme ogni elemento individuale possiede un proprio carattere che insieme agli altri crea un equilibrio dinamico influenza filosofia zen la perfezione della bellezza risiede nella sua imperfezione, l’attenzione è posta sul processo attraverso cui si ricerca laperfezione piuttosto che sulla perfezione stessala natura non è simmetrica, quindi la simmetria è considerata opposta alla natura e poco stimolante

essenzialità

yohakugli elementi inutili sono progressivamente eliminati sino all’estremo, lasciando solo la parte essenziale, condensata al minimo wabinell’estetica giapponese, esiste la tendenza a togliere il più possibile per rendere bella una cosa si tratta in poche parole della filosofia estetica per la quale si raggiunge la perfezione eliminando il superfluo

architettura delle parti

questo termine definisce una composizione spaziale di cui non è possibile vedere tutti gli elementi nello stesso momento, con uno sguardo d’insieme si ha la possibilità di ricostruire un’immagine mentale dell’intero edificio e per rivelare la bellezza del cambiamento

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1912 periodo meiji 1868_1912

Le case della gente comune nelle città e nelle cittadine giapponesi apparivano ancora costruite in legno, stipate l’una all’altra e appena separate da vicoletti e stadine che si intersecavano in tutte le direzioni. A Tokyo, le case che si affacciavano direttamente sulla strada apparivano sbarrate come prigioni, in quanto i muri di assi o malta erano forati con una o due piccole finestre chiuse da graticci di bambù oppure da pesanti sbarre di legno. L’ingresso di queste case era generalmente su un lato o su un angolo, mentre il retro e almeno un lato avevano una veranda. Generalmente la residenza ed il negozio erano una cosa sola, in quanto le merci venivano esposte nella stanza che dava sulla strada, mentre la famiglia occupava i locali retrostanti. Visitando il museo Shitamachi, costruito nel 1980 a Ueno, quartiere di Tokyo, si ha l’opportunità di osservare in grandezza naturale le ricostruzioni di una casa di mercante e di una simile casa comune che esistevano proprio in questa zona durante l’era Meiji. A Shitamachi c’erano molte case-negozio allineate lungo strade principali; dietro di esse si trovavano le semplici residenze comuni a formare un labirinto di vicoli. Queste ultime erano dette negaya, erano sempre di legno, ad un piano, avevano il tetto di coppi giapponesi. Un’abitazione di questo genere misurava due ken di larghezza per tre di profondità (1ken=1.8m) e aveva solo una stanza pavimentata con quattro tatami e mezzo (3.6mq) con alcuni armadietti e un armadio a muro chiuso da pannelli scorrevoli. Lo spazio di ingresso si apriva sulla strada e serviva anche come cucina. Nelle case a due piani, le scale, che spesso salivano in prossimità della cucina, formavano una serie di piccoli ripostigli con cassetti o aperture scorrevoli.

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le abitazioni misurano

2 ken di larghezza per 3 ken di profondità

1 sola stanza pavimentata con 4 tatami e mezzo

ottimizzazione dello spazio

armadi a muro chiusi da pannelli scorrevoli

scale _ ripostiglio con aperture scorrevoli

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caratteri essenziali dell’abitazione giapponese

armonia con l’ambiente circostante

impiego di materiali naturali

fusione tra interno e esterno tramite dispositivi spaziali

rispetto per la bellezza dei materiali

aspetto naturale degli elementi strutturali

sensibilità per la materia

esigenza di una unità modulare

piante e strutture semplici

flessibilità dello spazio

asimmetria e giustapposizione

volumetria non uniforme

essenzialità

yohaku

wabi

architettura delle parti

miegakure

ottimizzazione dello spazio

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architettura giapponese nel dopoguerra

Alla fine della seconda guerra mondiale, vi erano in giappone 2.7 milioni di case distrutte. Mancavano circa 4.2 milioni di alloggi e circa 14 milioni di persone avevano solo ricoveri di fortuna. Il compito più immediato fu dunque quello di soddisfare a questo fabbisogno di alloggi al più presto possibile, a basso costo, con sistemi produttivi economici e con tempi costruttivi ridotti. Gli architetti svilupparono piccoli alloggi come soluzione transitoria e si impostò una edilizia razionale, con l’aiuto della prefabbricazione e della produzione industriale. Fra i primi tentativi di prefabbricazione del dopoguerra quelli sviluppati da Kunio Mayekawa e dal suo gruppo, fra il 1945 e il 1950, i tipi prefabbricati ‘Premos’ possono essere considerati dei capolavori. Le case in legno che potevano essere montate in una settimana e che venivano progettate in base al modulo dimensionale del tatami, avevano una superficie utile di 55 mq. I lavori di Kiyoshi Ikebe offrono un altro esempio di alloggi prefabbricati minimi. Questo architetto apparteneva alla generazione giovane ed ebbe un notevole influsso con i suoi progetti di case a basso costo. I suoi piccoli alloggi in legno per una famiglia con bambino, sono testimonianze storiche dei tentativi dell’epoca di risolvere con metodi razionali il problema della mancanza di alloggi. Le case progettate nell’immediato dopoguerra avevano tutte piante minime ed erano molto semplici, realizzate secondo i modelli tradizionali in legno. Negli anni 50, la produzione delle materie prime per l’edilizia, cemento, acciaio, e vetro, aumentò rapidamente; inoltrala la costruzione in acciaio si rivelò da subito un sistema costruttivo facilmente assimilabile con la tecnologia tradizionale in legno, il che ne spiegò il suo successo. In effetti, partendo dalla tradizionale concezione spaziale giapponese, si cercò di creare nuove forme. Ciò che dall’eredità storica appariva importante agli architetti progressisti, ai quali l’architettura giapponese deve oggi la sua fama mondiale, non era il particolare, bensì la struttura di base e la concezione spaziale.

Il critico di architettura Noboru Kawazoe, redattore capo della rivista Shinkenchiku, e successivamente uno dei portavoce dei metabolisti, scrive in proposito nel suo volume ‘Cultura e architettura giapponese’ : ‘pietre e laterizi costituiscono elementi divisori strutturali di parete. Acciaio e cemento armato, sotto forma di pilastri e travi, formano strutture a telaio. La struttura a telaio conferisce alla distribuzione dei locali maggior apertura e flessibilità e rende superflua la massiccia parete chiusa quale elemento strutturale. Per la continuità tra spazi interni ed esterni, per la trasformabilità dei locali con l’aiuto di pareti divisorie mobili, l’architettura tradizionale giapponese aveva già trovato molte soluzioni orientative’.

Non si voleva però richiamare artificialmente in vita motivi architettonici tradizionali, bensì interpretare modernamente la cultura tradizionale giapponese. L’0biettivo era quello di creare, con gli strumenti espressivi del tempo, uno stile architettonico giapponese autentico.

Col progredire dei livelli tecnici si aprirono nuove strade all’industria edilizia giapponese; vennero progettate per la prima volta ossature in acciaio rivestite con elementi in calcestruzzo, finestre scorrevoli con telai in alluminio, compensato forato per pareti fonoassorbenti e soffitti acustici in lastre di alluminio.

Si dispongono le basi sulle quali si porrà tutta l’architettura giapponese.

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u n i t à a b i t a t i v e c o n t e m p o r a n e e

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.9dimensionamento attrezzature

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Dovendo progettare un’unità abitativa in un contesto, quale quello orientale, che si mostra, come visto, completamente diverso da quello occidentale, è stato indispensabile effettuare un’analisi sul tipo di attrezzature da inserire nelle abitazioni e sul relativo dimensionamento di quest’ultime.

La carenza di spazio che caratterizza gli insediamenti giapponesi si traduce, nella città, in un’estrema concentrazione delle attività e degli uomini. Inoltre, l’elevato prezzo dei terreni a Tokyo, rappresenta la causa principale della ristrettezza della maggior parte degli alloggi. E’ stato per cui di fondamentale relazionarsi con il modo di vivere nipponico contraddistinto dalle sue dimensioni ridotte. In effetti, in città, quasi tutte le abitazioni sono di dimensioni esigue: la superficie media è di 45mq, anche meno nelle zone centrali. Capita spesso che i genitori o i figli dormano nella stanza utilizzata come soggiorno: generalmente, si stende sul pavimento coperto dal tatami (stuoia fissa, in fine tessitura di paglia di riso ricoperta da una stuoia di giunco intrecciato verde pallido, che ingiallisce con il tempo) un giaciglio mobile costituito da materassi leggeri e futon (piumini), che il mattino si ripongono in un apposito armadio dopo averli arieggiati al sole sul davanzale (cosa che conferisce alle strade un colore mediterraneo).

Per cui, per progettare gli interni dell’alloggio, e quindi capire il tipo di attrezzature da introdurre, il loro spazio di ingombro e il relativo spazio di utilizzo, è stato indispensabile capire e quindi individuare i tratti tipici del modo di abitare nipponico.

Nonostante il processo di adattamento alle abitudini e alle culture di altri paesi, i giapponesi hanno sempre mantenuto il proprio carattere nazionale non modificando se stessi per adattarsi a quanto di nuovo viene introdotto dall’esterno; al contrario essi plasmano le novità per adattarle alla propria inalterabile personalità.Uno dei punti fondamentale che determina l’interno della residenza giapponese, emerso sia dall’analisi storica sull’abitazione tradizionale che dall’analisi sugli alloggi contemporanei, è rappresentato dall’abitudine di sedersi e dormire direttamente sul pavimento. La gente, infatti, siede e dorme direttamente sul pavimento a tatami. E.Morse, al ritorno da un suo viaggio in Giappone alla fine del 1800 scrisse “su queste stuoie la gente mangia, dorme, e muore; esse sono il letto, la sedia, il divano e qualche volta anche il tavolo”. Anche un vecchio proverbio “ningen wa okite, nete ichijo” (un essere umano ha bisogno solo di mezza stuoia quando è sveglio, di una intera stuoia quando dorme) è significativo. Non importa quanto ricco e famoso tu possa essere, non occupi comunque più dello spazio di una stuoia. Le dimensioni di un tatami regolare sono, infatti, abbastanza ampie per una persona che vi si corichi sopra, ed è per questo che, come già riportato nella sezione .7, sono diventate l’unità di base nella costruzione dello spazio che distingue l’architettura giapponese. Le dimensioni di ogni vano si ottengono così moltiplicando il modulo del tatami. Lo spazio tra i pilastri di fondazione viene, quindi, calcolato in base a questa unità, e le parti mobili che devono essere sistemate tra i pilastri sono anch’esse dimensionate in obbedienza al modulo.

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Il modo di abitare nipponico è definito da alcune attività che i giapponesi continuano a tramandarsi con il passare del tempo:si tolgono le scarpe all’ingresso, per salire poi un gradino e trovarsi al livello dell’impiantito e indossare le calzature per l’interno, che si tolgono al momento di entrare nella stanza tatami e si sostituiscono con altre nella toilette. Tali abitudini sono strettamente collegate a determinate zone degli alloggi che hanno acquistato durante gli anni una notevole importanza, ottenendo la denominazione di “micro luoghi sacri”. Il Genkan rappresenta uno di questi luoghi; si tratta dell’ingresso o atrio formale della casa giapponese. Non solo è un luogo dove togliersi le scarpe e i soprabiti ma anche un posto dove scambiarsi i saluti e i doni convenzionali. Secondo l’originario significato religioso di questa parola, poiché è qui che ci si tolgono le scarpe, questa zona rappresenta la divisione tra l’esterno sporco e impuro, e l’interno invece pulito e curato. Questa funzione di demarcazione è solitamente enfatizzato sia dal diverso materiale che si usa nell’atrio, che dalla presenza di un gradino che determina una differenza di quota tra l’ingresso a livello del suolo e il pavimento sollevato dell’interno della casa. Il Genkan è una parte essenziale di qualsiasi casa o appartamento, rappresentando la soglia di ingresso alla casa vera e propria. Il tradizionale invito ad entrare non è infatti “entri”, bensì “o-agari kudasai”, che significa “prego salga ed entri nella mia casa”.

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Se la prima caratteristica degli interni tradizionali giapponesi è in stretta relazione con lo stile di vita caratterizzato dall’abitudine di sedersi sul pavimento, la seconda è segnata dalla mancanza di stanze, intese come scomparti con funzioni precise. Infatti, capita ancora oggi, nonostante il fatto che i giapponesi tendano ad imitare i modelli occidentali, di visitare delle abitazioni senza vedere neanche una stanza con un letto: i futon durante il giorno vengono infatti raccolti in armadi a muro, per poi essere stesi la notte sui tatami del pavimento. Nella vita domestica noi occidentali rispettiamo come prima necessità la personalità individuale e distribuiamo perciò i vani delle case tenendo conto dell’uso e degli utenti: così abbiamo il soggiorno, la sala da pranzo, lo studio, la camera dei bambini e quella dei genitori. Queste sono tutte stanze indipendenti, la maggior parte delle quali possono essere isolate chiudendo a chiave la porta. In un’abitazione tradizionale giapponese invece è piuttosto raro avere stanze nettamente separate, o chiuse a chiave e questa abitudine continua ancora oggi nonostante l’influenza dei modelli abitativi occidentali. La privacy si ottiene non tanto fisicamente per mezzo di strutture architettoniche, ma attraverso il rispetto della distanza interpersonale. Basta pensare, a tal proposito, alla loro abitudine di inchinarsi reciprocamente per salutarsi, invece che stringersi la mano.Un altro ambiente indispensabile nelle abitazioni nipponiche è il bagno.Nessun popolo al mondo ama il bagno come i giapponesi. La conformazione architettonica delle loro case serviva a riparare dall’afoso caldo estivo, ma non proteggeva dal freddo invernale. I giapponesi, infatti, pensavano che fosse più facile e comodo tenere caldo il proprio corpo che cercava di riscaldare inutilmente l’interno dell’abitazione. Da qui l’abitudine di bere bevande molto calde, di immergersi nell’acqua bollente per scaldare tutto il corpo e di coprirsi con vestiti a più strati per conservare il più a lungo possibile il calore assimilato. La stanza da bagno, presente nella maggior parte degli alloggi, comprende una zona attrezzata con un attacco per la doccia, dove di regola ci si lava, e di una vasca adiacente nella quale ci si immerge per scaldare e rilassare il corpo. Spesso la vasca è incassata nel pavimento o, dove ciò non è possibile, può esserci un gradino che aiuta ad accedervi. La vasca è abbastanza profonda perché l’acqua deve arrivare a coprire le spalle di una persona seduta. Nella casa tradizionale giapponese, poi, la distinzione tra spazio interno e spazio esterno non è chiaramente definita, e oltre ad essere controlla dal Genkan, ingresso, è segnata dall’Engawa,veranda. Questa può essere considerata un’estensione dello spazio interno, e può anche servire, quando necessario, come zona soggiorno informale. L’Engawa è sempre protetta dall’aggetto di una gronda. Questa impedisce alla pioggia di cadere nella stanza e, al tempo stesso, serve da schermo contro il sole in estate.

Il giardino privato, infine, è una tradizione che si è mantenuta praticamente immutata, sopravvive anche nell’abitazione contemporanea come spazio irrinunciabile per allargare, almeno metafisicamente, gli angusti limiti del vivere quotidiano. L’acqua viene impiegata in qualsiasi forma naturale: laghetto, ruscello, cascata. Inoltre, tale elemento aveva in passato un preciso significato religioso: i laghetti della venerazione scintoista avevano parecchie isole, ognuna delle quali serviva per venerare una divinità.

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Dopo aver chiarito i tratti tipici del modo di abitare giapponese contemporaneamente agli ambienti tradizionali (genkan, ingresso; engawa, veranda; bagno; stanza tatami), ed dopo aver individuato il tipo di attrezzature presenti negli diversi alloggi (ad esempio vasca profonda incassata nel pavimento), ciò che era necessario definire erano le loro dimensioni minime di ingombro insieme a quelle minime di utilizzo. Il dimensionamento è avvenuto con il supporto di alcuni casi studi di alloggi giapponesi contemporanei; che hanno permesso così di stabilire le dimensioni minime e quelle standard sia degli ambienti che delle attrezzature in essi presenti. L’analisi e stata divisa per ambienti tipo. Gli ambienti interni stabiliti sono quattro: spazio del benessere, spazio preparazione cibi, spazio consumazione pasti, spazio della convivenza/riposo. Ad ogni spazio sono state attribuite le relative attrezzature (ad es. spazio del benessere: wc,lavabo,vasca; spazio preparazione cibi: lavello, forno; spazio consumazione cibi: tavolo, sgabello; spazio convivenza/riposo: stuoie tatami) e in base alle attività svolte è stata determinata l’area di utilizzo.

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Dopo aver fissato le dimensioni minime delle attrezzature da inserire negli alloggi, insieme a l’ampiezza dell’area di utilizzo di quest’ultime, si è notato che, in realtà, esse potevano essere rilette come sotto moduli della stuoia tatami. Considerando che lo standard minimo di un modulo abitativo giapponese è di 12mq, che corrisponde a circa 8 stuoie tatami, ossia a 64 quadrati di 1/8 di tatami, è stato possibile osservare come l’insieme di tutte le attrezzature con il relativo spazio di ingombro + spazio minimo di utilizzo raggiunga proprio tale metratura. Per cui ai fini della progettazione delle unità abitative per ottenere i metri quadri minimi e definire così gli spazi interni, non bisognava altro che organizzare tali moduli all’interno di uno spazio dato.

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.10concept di progetto

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Come visto l’area minima di un alloggio nipponico è di 12mq, riconducibili a 64 quadrati di 1/8 di tatami. Tale metratura è da introdurre all’interno dei micro vuoti individuati nel tessuto urbano di Tokyo; micro vuoti che per definizione hanno una larghezza compresa tra i due e i quattro metri. Ipotizzando una struttura minima delle unità abitative di 10cm, le dimensioni interne delle varie cellule varia da un minimo di 180cm, fino ad un massimo di 360cm. Ancora una volta osservando le dimensioni di una stuoia tatami (90x180cm) è facile considerare le dimensioni degli alloggi compresi tra una larghezza minima di 2 stuoie tatami e una larghezza massima di 4. Considerando sia il limite dimensionale, dato dalla larghezza dei vuoti, che quello relativo alla metratura minima di un alloggio, cio che varia è la forma delle unità che di volta in volta assume una determinata configurazione in base alla larghezza del vuoto in cui viene inserita. Di conseguenza, di fronte ad un vuoto con una larghezza di due metri (ossia di 2 stuoie tatami più 20 cm di struttura), i 64 quadrati di 1/8 di tatami che vanno a costituire la metratura dell’alloggio non potranno che essere disposti all’interno di un rettangolo con una larghezza di 2 stuoie tatami (4 quadrati di 1/8 di tatami) e una lunghezza di 8 stuoie tatami (16 quadrati di 1/8 di tatami). Nel caso opposto (di fronte ad un micro vuoto con una larghezza massima di 4 stuoie tatami più 20 cm da considerare per la struttura) la distribuzione dei 12 mq dell’unità abitativa avverrà all’interno di un quadrato con una dimensione di 4 stuoie tatami per lato (8 quadrati di 1/8 di tatami). Si deduce che il disegno delle varie unità da progettare seguirà una forma che varierà dal modello rettangolare fino ad assumere una sagoma quadrata.

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In tale processo di “evoluzione della forma” sono stati individuate tre dimensioni regolari segnate rispettivamente dall’ampiezza del vuoto riconducibile all’ intera superficie della stuoia tatami. Si tratta dell’unita 1: inserita in una larghezza di 2 stuoie tatami; dell’unità 2: introdotta in una larghezza di 3 stuoie tatami; ed infine di una unità 3: compresa in una larghezza di 4 stuoie tatami. A questo punto il passo successivo è stato quello di inserire e ordinare all’interno di tali forme spaziali i moduli delle varie attrezzature, cercando di conferire allo spazio le varie caratteristiche emerse sia dall’analisi dell’abitazione tradizionale giapponese che dai casi studio degli alloggi contemporanei nipponici. Tra le caratteristiche elencate è di fondamentale importanza la concezione di pianta e struttura semplice che segue un’unità modulare flessibile ricondotta ad un’essenzialità assoluta. Nel distribuire i vari moduli delle attività si è cercato di mantenere il senso di flessibilità non limitando lo spazio con partizioni interne, ma assegnando alle attrezzature il compito di delimitare e differenziare l’area dell’alloggio, pur conservando un certo grado di correlazione. A tal proposito si è “giocato” con l’altezza dei blocchi di servizio, pensati più bassi della cellula stessa, in modo da stabilire sempre un contatto tra gli ambienti. Inoltre, date le dimensioni ridotte degli affacci, presenti solo nei due lati corti, tale differenza di quota agevola il più possibile lo scambio di luce naturale. Con l’obiettivo di ottimizzare al massimo l’area dei micro vuoti urbani, l’aumento di larghezza è di volta in volta regolata dall’inserimento nei vari alloggi di una parete attrezzata; progettata con una dimensione compresa tra un minimo di 15 cm più i 10cm di struttura (>25cm totali) e un massimo di 35cm più 10cm di struttura (<45cm totali). Tale parete attrezzata consente di regolare gli spazi intermedi compresi tra 2 e 3 stuoie tatami, e tra 3 e 4 stuoie tatami. Inoltre, se l’ampiezza del vuoto aumenta di una dimensione pari a 45cm (corrispondente ad 1/8 di tatami) la distribuzione dei 64 quadrati di 1/8 di tatami cambia. Di conseguenza la forma dell’alloggio subisce un aumento di larghezza segnato dall’inserimento di 1/8 di tatami, con una diminuzione di lunghezza. All’interno della nuova forma stabilità vengono ridistribuiti i moduli delle attività dando origine ad una nuova unità abitativa. Anche in questo caso il successivo aumento della larghezza del vuoto sarà regolato dalla presenza di una parete attrezzata, la quale garantirà l’ottimizzazione dello spazio fino a quanto non sarà possibile inserire la successiva unità abitativa. Seguendo questo processo costruttivo le unità abitative risultano essere 5: unità abitativa 2stuoie tatami (con la possibilità di aggiunta della parete attrezzata); unità abitativa 2 stuoie tatami + 1/8 di tatami (più parete attrezzata); unità abitativa 3 stuoie tatami (più parete attrezzata); unità abitativa 3 stuoie tatami + 1/8 di tatami (più parete attrezzata); unità abitativa 4 stuoie tatami.

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.11moduli abitativi

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Per la collocazione delle varie attività all’interno dei diversi alloggi è stato necessario individuare una logica comune. Da subito si è cercato di raggruppare tutte quelle attrezzature che appartengono alla stessa attività (ad esempio attività_preparazione cibi / attrezzature_lavello e forno), creando così dei veri e propri “luoghi di servizio”. A questo punto, è stata fatta una riflessione su come in realtà fossero definiti tali luoghi. Una delle soluzioni proposte ipotizza l’utilizzo di alcune attrezzature fisse che correlate all’introduzione di partizioni interne (mobili o fisse) assieme all’utilizzo delle pareti perimetrali dell’unita stessa delimitano delle aree all’interno delle quali svolgere l’attività stabilita. Un’altra soluzione prevede, invece, il solo utilizzo di attrezzature fisse e partizioni interne, le quali vanno a delimitare in maniera uniforme tali aree. Alla fine si è optati, per la realizzazione di aree con un carattere proprio (diverso dal resto dell’alloggio) considerate come blocchi chiusi all’interno dei quali introdurre le varie attrezzature, ed utilizzati come elementi di separazione dei diversi ambienti dell’intera unità abitativa. Perciò, se inizialmente si pensava di introdurre delle partizioni per definire lo spazio di servizio, adesso è il blocco di servizio stesso ad essere considerato l’ elemento di separazione degli ambienti interni degli alloggi. Le attrezzature sono state così raggruppate: ingresso/veranda-doccia; fornelli-forno/lavello-lavabo più , dove possibile, modulo wc (come nel caso dell’unità 2 stuoie tatami); stanza tatami. I vari blocchi, ad esclusione della stanza tatami, se posti nella parte centrale delle varie unità, presentano sempre un’altezza inferiore rispetto a quella della cellula, in modo da garantire comunque un collegamento tra i vari ambienti e un passaggio diretto di luce naturale. Tali aree sono costituite da superfici in legno; sia le pareti verticali che il piano orizzontale sono stati pensati con pannelli di legno di acero (materiale frequentemente utilizzati in Giappone per le ridotte dimensioni che può raggiungere -16mm di spessore grazie all’elevato grado di durezza-). La struttura delle varie unità è, invece, costituita da uno scheletro di acciaio rinforzato da controventi inseriti nello spessore del solaio. L’intera costruzione, riprendendo il carattere di essenzialità e rispetto per la bellezza dei materiali emerso dall’analisi dell’abitazione giapponese, è totalmente a vista. Per ottimizzare al massimo lo spazio dei vuoti, i tamponamenti perimetrali verticali sono stati inseriti quasi totalmente all’interno dello spessore dei pilastri; solamente uno spessore di 40mm, costituito da pannelli isolanti, fuoriesce dalla struttura (in modo da isolare al massimo la cellula ed evitare così ponti termici).

La parete attrezzata che regola l’ampiezza dei vuoti è stata considerata anch’essa come un blocco servizio e va ad inserirsi tra la struttura primaria dell’unità, in modo da lasciarla sempre a vista. Tutte le partizioni interne sono costituite da pannelli scorrevoli ( che possono essere definiti , come si vedrà nel capitolo .13, in base al tipo di privacy necessario da pannelli di legno, di vetro trasparente o opaco, di metallo, oppure di tessuto). Tutte le unità abitative, come visto in precedenza, sono caratterizzate da una metratura composta da 64 quadrati di 1/8 di tatami, rigorosamente tenuti anche nei casi in cui la morfologia dell’alloggio evidenziata dallo scheletro strutturale sembrava opporsi a tale rigore, per cui i quadrati in eccesso non sono stati mai inclusi all’interno della metratura dell’alloggio, ma considerati come spazi verdi esterni. Nel caso dell’unità di 3 stuoie tatami più 1/8 di tatami, rispetto alla maglia strutturale vi è un “quadrato di troppo”, quadrato che però è stato progettato come sporgenza che va a caratterizzare la facciata dell’alloggio.

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.12collegamenti verticali

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Per utilizzare completamente il volume del micro vuoto a disposizione, le varie unità abitative sono state pensate sovrapponibili tra di loro. Come visto nel capitolo precedente, lo scheletro strutturale degli alloggi è interamente di acciaio composto da un sistema puntiforme di travi e pilastri con controventi orizzontali che conferiscono rigidità all’intera costruzione. I collegamenti verticali, per aumentare ulteriormente il grado di stabilità strutturale, sono stati pensati in cemento armato. Il vano ascensore è così contornato da una struttura a C realizzata totalmente in cemento, mentre il vano scala è costituito da un setto portante in cemento armato e da scale e piani orizzontali definiti da pannelli di metallo forati che si agganciano a quest’ultima. La struttura delle unità abitative si estende al di fuori di esse fino ad incontrare il blocco dei collegamenti verticali. Lo spazio tra l’unità e il blocco scale, rinforzato anch’esso da controventi, genera un cavedio all’interno del quale filtra la luce che raggiunge così i livelli più bassi.La modalità di aggregazione tra le unità è determinata dalla lunghezza del vuoto e dal tipo di limite presente. La lunghezza minima da considerare è quindi rappresentata dalla lunghezza dell’unità abitativa più la lunghezza del blocco scale.Questa situazione definisce la modalità di aggregazione base definita dall’alloggio più il blocco scale, racchiusi o tra due strade oppure delimitati da una strada e un edificio/parete. All’aumentare della lunghezza del vuoto si ha la possibilità di aggiungere ulteriori moduli abitativi. Se però lo spazio all’interno del quale andiamo ad inserire tali alloggi risulta essere delimitato in un lato da un edificio, sarà necessario calcolare bene le dimensioni. Infatti, per garantire che entrambi il lati dell’unità restino libere da tale barriera, è indispensabile inserire un ulteriore elemento che regoli tale distanza. Siamo nel caso dato dall’aggregazione di unità abitativa + collegamento verticale + unità abitativa + blocco verde.

Le varie unità abitative si inseriscono all’interno del vuoto lasciando libero il piano strada in quanto potrebbe essere utilizzato come accesso ad edifici retrostanti. Il primo livello di alloggi è posto quindi ad un’altezza di 3 m. Il livello strada conserva sempre un percorso ed è colonizzato da micro attività commerciali rivolte verso la strada. Inoltre nel sottopassaggio sono state previste aree di parcheggio per biciclette. Le dimensioni dell’area riservata alle attività commerciali così come quelle assegnate al parcheggio bici non cambiano al variare della larghezza del vuoto, per cui, come le unità abitati, di volta in volta si adattano alle nuove larghezze modificando la loro forma.Il cavedio verticale è caratterizzato da una parete verde che da uno stagno d’acqua presente al livello strada si ramifica fino a raggiungere l’ultimo livello definito da terrazze all’aperto. Tali spazi possono accogliere varie attività: da quelle di piacere a quelle legate alla meditazione. Per favorire l’attività meditativa è stata prevista una stanza da tè, costituita da una struttura in legno, che affaccia su una stanza a cielo aperto caratterizzata da un giardino zen. La stanza da tè è definita sempre da un’area di ingresso e da una veranda dalla quale è possibile sostare per osservare il giardino.

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.13dettagli costruttivi

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L’approfondimento sugli elementi costruttivi è stata fatta sull’unità abitativa più stretta con inclusa la parete attrezzata (unità abitativa 2 tatami + 1/8 di tatami dato dalla parete attrezzata). Il modulo abitativo è stato diviso in tre aree: ingresso_veranda/doccia; blocco servizi; stanza tatami.

La struttura primaria dell’alloggio è costituito da uno scheletro di acciaio composto da pilastri HEA120 e travi IPE160. La costruzione è resa rigida da controventi di acciaio inseriti nello spessore del solaio. Il piano orizzontale è definito da una lamiera grecata più un getto di completamento in cls e un massetto di 35mm. Al di sopra di esso, ad un’altezza di 150mm, troviamo la pavimentazione dell’unità, composta da pannelli industriali in monolito levigato con dimensioni di 900x900x60mm. Le pareti verticali sono costituite, partendo dallo strato più esterno, da pannelli prefabbricati foranti finiti in alluminio. Questi sono posti a filo esterno dello scheletro strutturale in modo da isolare in maniera ottimale l’alloggio, evitando possibili ponti termici. Nello spessore dei pilastri troviamo pannelli prefabbricati in calcestruzzo alveolare, che costituiscono il rivestimento interno dell’unità abitativa, e un ulteriore spessore di pannelli isolanti da 60mm in fibra di legno naturale. I vari pannelli sono tenuti insieme da una struttura secondaria composta da montanti in lamiera presso-piegata posizionati con un intervallo regolare di 45cm. La chiusura verticale composta dalla parete attrezzata è sorretta da staffe metalliche (con una dimensione di 20x10mm posizionate anch’esse con un intervallo di 45cm) che poggiano su uno scatolare metallico necessario per portare il piano orizzontale del vano allo stesso livello della pavimentazione dell’alloggio. Esternamente tale parete è definita da un doppio strato di pannelli isolanti. Anche in questo caso il rivestimento più esterno è costituito da pannelli prefabbricati foranti finiti in alluminio dallo spessore di 40mm, mentre quello interno da pannelli isolanti in fibra di legno naturale. Il rivestimento interno è definito da pannelli in legno di acero con finitura naturale dallo spessore di 16mm. Tale materiale è stato utilizzato anche per i pannelli scorrevoli di chiusura del vano attrezzato.

La prima parte dell’alloggio e caratterizzato dall’ingresso progettato in modo da conservare tutti i tratti tipici del genkan tradizionale giapponese. Tale ambiente è ricoperto interamente in legno, sia i due piani orizzontali (pavimento/soffitto) che i due verticali sono stati rivestiti con pannelli di legno di acero. Il piano orizzontale è posto ad un livello più basso di 50mm rispetto alla pavimentazione dell’intera unità ed il soffitto è posto ad un’altezza di 190cm con una differenza di quota rispetto al soffitto dell’alloggio di 50cm (necessari, come si vedrà, per contenere le dimensioni della vasca).

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Di fianco all’ingresso troviamo l’area riservata alla veranda (engawa), volume scavato all’interno dell’alloggio che all’occorrenza si trasforma in vasca. Infatti i due ambienti (ingresso e veranda) sono separati da una parete attrezzata che contiene l’attacco per la doccia. Essa è realizzata con pannelli di legno di acero dallo spessore di 32mm, i quali sulla superficie rivolta verso l’ingresso presentano una finitura naturale, mentre nella parte rivolta sulla veranda/doccia presentano un trattamento impermeabilizzante. Tale parete attrezzata è tamponata da un pannello in vetro acido che quando chiuso nasconde l’attrezzatura per la doccia, e quando aperto definisce e isola l’ambiente. Il piano orizzontale della veranda è caratterizzato da una struttura in legno movibile, che verrà sollevata è posta all’interno della parete attrezzata al momento di utilizzo della vasca. Quest’ultima presenta tutte le caratteristiche della vasca tradizionale giapponese essendo realizzata in pietra naturale, con una profondità di 70cm e una dimensione di 90x90cm (1/2 di tatami). Il blocco ingresso_veranda/doccia è inoltre separato dal resto dell’alloggio da due pannelli scorrevoli: un pannello con struttura di acciaio rivestito in tessuto, e una porta finestra con struttura di alluminio in vetro trasparente (necessario per isolare l’interno dell’unità dall’esterno). Con la sovrapposizione dei tre pannelli (quello in tessuto, in vetro trasparente e in vetro opaco) è possibile creare differenti effetti cromati generati dal diverso filtraggio della luce naturale. L’impianto elettrico (così come l’impianto idro-sanitario) è completamente a vista; sulle pareti verticali è definito da percorsi regolari mentre sul soffitto reinterpreta le forme generate dagli ideogrammi tradizionali giapponesi (e forse rappresenta l’unico elemento che contrasta la rigidità strutturale e modulare dell’intera costruzione). Tutti gli altri impianti sono stati inseriti nello spessore del solaio all’interno del cavedio.

La parte centrale dell’unità abitativa è definita dalla presenza del blocco servizi, realizzato interamente con pannelli di legno di acero di 16mm con finitura naturale. Il blocco ospita l’area wc, piano cucina composto da lavabo/lavello e forno, più contenitori vari. Tale modulo, come già visto, presenta un’altezza inferiore a quello dell’alloggio (l’altezza è di 190cm uguale a quello del blocco ingresso_veranda/doccia) che garantisce una miglior diffusine della luce naturale (dato le dimensioni ridotte e gli affacci presenti solo sui due lati corti). La parte superiore del blocco è tamponata anch’essa da pannelli di legno; solo l’area che ospita il wc non presenta alcuna chiusura orizzontale superiore in modo da poter ricevere luce naturale. In tal modo per isolare tale ambiente il blocco servizi nella parte superiore è contornato da un vetro fisso.

Infine la stanza tatami definisce un ambiente totalmente rivestito in legno; i pannelli utilizzati sono sempre di acero ma questa volta la loro superficie è trattata a vernice naturale, in modo da distinguerli dagli altri utilizzati nel resto dell’alloggio e conferire così all’ambiente quel senso di sacralità che da sempre ha assunto nell’abitazione tradizionale giapponese. La pavimentazione è ricoperta da stuoie tatami; l’impianto elettrico disegna linee morbide sul soffitto, che sul piano verticale diventano rette riacquistando la rigidità razionale che caratterizza tutta la costruzione.Infine la parete corta verticale rivolta sulla stanza tatami è caratterizzata da porte finestre scorrevoli in alluminio/vetro.

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calligrafia giapponese shodo

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Zekkai chushin

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ambientazioni interne

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.14inserimento isolato

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L’isolato scelto per l’inserimento delle unità abitative è situato all’interno del quartiere Higashi-azabu, che, come visto nel paragrafo .3, appartiene al distretto Minato-ku. Tale zona è caratterizzata dalla presenza di un elevato numero di edifici a carattere residenziale per cui ritenuto idoneo per verificare l’effettiva adattabilità delle unità abitative ai micro vuoti individuati. All’interno del quartiere è stato selezionato l’isolato che contiene più di un micro vuoto con dimensioni diverse, in modo da osservare contemporaneamente la collocazione delle diverse tipologie di alloggio. I micro vuoti presenti sono tre, già catalogati nella fase iniziale come: arch.2a_10, arch.3b_11 e arch.3b_12. Il prefisso arch.2a indicava la presenza di tre superfici libere, per cui il vuoto 10 risulta in questo caso delimitato soltanto da due edifici.Il prefisso arch.3b segnava, invece, la presenza di due sole superfici libere di conseguenza i vuoti 11 e 12 sono entrambi delimitati da edifici per ben tre dei loro quattro lati. Il tipo di alloggio da inserire nei rispettivi vuoti è stato scelto in base alla larghezza di quest’ultimi. Rispettivamente il vuoto 10, con una larghezza media di 280cm, una profondità di 1180cm ed un’altezza di 2000cm, ospita una sola fila di unita abitativa dalle 2 stuoie tatami + 1/8 di tatami + parete attrezzata (la quale ha permesso di ottimizzare al massimo l’area irregolare del vuoto) più relativo blocco di collegamento verticale. Per quanto riguarda lo sviluppo in altezza, l’alloggio si ripete per cinque unità e si conclude con la terrazza contenente la stanza da tè e relativo giardino zen. Il vuoto 11, presentando una larghezza di 255cm, un’altezza di 9000cm, ed una profondità di ben 2200cm, ha permesso l’aggregazione di due unità abitative più relativo blocco di collegamento verticale. Il modulo inserito è definito dalle due stuoie tatami + parete attrezzata, e si ripete in altezza per 4 unità terminando con terrazze che ospitano sia attività legate al piacere che attività meditative, con relative stanze da tè e giardini zen. Infine, il vuoto 10 con una dimensione di 220cm non poteva che essere colonizzato dall’unità più piccola di larghezza costituita dalle due stuoie tatami. L’elevata altezza del vuoto ha poi permesso una sovrapposizione di alloggi fino a 13 unità che come di norma si conclude con una terrazza contenente stanza da tè e giardino zen.

Inoltre, l’intervento, con la colonizzazione a livello della strada delle diverse micro attività commerciali, cerca di riqualificare l’intero isolato e generare nuovi vortici per smuovere o stimolare lo spazio e indurre nuovi flussi.

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conclusioni

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Come verifica finale, relazionando il volume dato dal totale dei micro vuoti individuati all’interno della maglia urbana della città di Tokyo con quello relativo alla singola unità abitativa (definita per un singolo lavoratore pendolare) si è cercato di stimare la complessiva capacità di accoglienza delle aree.

Il volume totale dei vuoti (come visto nel paragrafo .4/.5) è pari a 162.372.52mc, definiti da un totale di 174 vuoti presenti all’interno del kmq del distretto Minato-ku preso come area campione.Una singola unità abitativa (come definita invece nel paragrafo .10-.11) è costituita da un volume di 32.4mc. A questo punto suddividendo il volume totale dei vuoti per quello della singola unità abitativa + il volume occupato dal relativo blocco servizi necessario per i collegamenti verticali (44.4mc da sommare al volume di due alloggi), si evince che all’interno del kmq è possibile introdurre un totale di 3.657 unità.

Considerando che l’area di Tokyo è composta da 2.187 kmq e ipotizzando che per ogni chilometro quadrato sia possibile riscontrare una situazione simile al kmq campione, moltiplicando il numero totale di unità abitative che si riesce ad introdurre in un singolo chilometro quadrato per la superficie complessiva della città, è possibile stimare (seppur a grandi linee) una introduzione totale di 7.997.859 alloggi (da 12mq ognuna).

Come visto nel paragrafo .6 il Governo Metropolitano, per far fronte ai disagi dei pendolari (lunghe distanze di percorrenza giornaliera, congestione del traffico urbano, lunghi tempi di percorrenza casa-lavoro) aveva promulgato nel marzo del 1992 un’ordinanza speciale di base per il rifornimento dell’alloggiamento che prevedeva la costruzione di unità abitative all’interno dell’area metropolitana di Tokyo pari ad un totale di 5.480.000 unità con una media di 45mq cada una.In dieci anni, però, il numero totale di unità abitative costruite, per la scarsità di aree libere, ammonta a soli 1.650.000.

A questo punto, considerando che per ogni alloggio previsto dal programma del GM (composto da 45mq) ne corrispondono all’incirca quattro di quello proposto come supporto aggiuntivo (12mq ognuno) il numero totale di alloggi da considerare corrisponde a quasi 2.000.000 di moduli abitativi, che, come si vede, è superiore al numero di alloggi realizzati fino a questo momento.

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Mi auguro che il programma TOKYO-TO APARTMENT possaessere preso realmente in considerazione in relazione al fatto che oltre a consentire l’introduzione di un numero elevato di alloggi (senza la necessità di effettuare grandi interventi di pianificazione residenziale), permette allo stesso tempo una riqualificazione di tutte quelle aree che (come visto nella parte finale del lavoro) si presentano il più delle volte “abbandonate a se stesse”, conferendo un aspetto negativo all’area circostante.

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L ’ i d e o g r a m m a r i e n t r a n d o c o s ì n e l l a c o l o n n a , s o v r a p p o n e n d o s i c o m e u n a c o m p l e s s a b a r r a l i b e r a d a l m o n o s i l l a b o n e l c a m p o d e l l a v o c e : q u e s t a c o l o n n a p u ò e s s e r e d e f i n i t a c o m e i l “ p o l s o v u o t o ” i n c u i a p p a r e , i n p r i m o l u o g o , u n “ u n i c o t r a t t o ” , i l s o f f i o c h e a t t r a v e r s a i l b r a c c i o i n c a v a t o , l ’ o p e r a z i o n e p e r f e t t a d o v e n d o e s s e r e q u e l l a d e l l a “ p u n t a c e l a t a ” o v v e r o d e l l ’ ” a s s e n z a d i t r a c c e ” .

p h i l i p p e s o l l e r s

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bibliografia

LIBRI

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PERIODICI

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progetti

a+u_2000-03a+u_2000-05a+u_2000-08a+u_2000-10a+u_2001-08a+u_2002-02a+u_2002-05a+u_2002-06a+u_2002-07a+u_2002-12a+u_2003-02a+u_2003-05a+u_2003-08a+u_2033-10a+u_2004-08a+u_2004-11a+u_2004-12a+u_2005-03a+u_2005-04a+u_2005-07a+u_2006-02a+u_2006-03a+u_2006-06a+u_2006-12

detail_2000-01detail_2000-07detail_2001-03detail_2001-07detail_2001-08detail_2002-05detail_2003-06detail_2004-06detail_2004-12detail_2006-07

GA 63 GA 64GA 67GA 73GA 83

interni_2004-05

l’architecture d’aujourdui_2005-09

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SITI INTERNET

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un ringraziamento particolare al prof. gennaro postiglione, all’ing. claudio bernuzzi per la consulenza strutturale e al prof. francesco dolce per la consulenza tecnologica dei materiali

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