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REGIONE SICILIANA ASSESSORATO BENI CULTURALI COMUNE DI S. LUCIA DEL MELA … da LA LOCANDIERA di Carlo Goldoni QUELL' ADORABILE BIRBA D'UNA MIRANDOLINA DI CASA NOSTRA Traduzione ed adattamento di Mimmo Cirino ASSOCIAZIONE CULTURALE " Piccolo Teatro S. Lucia del Mela

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REGIONE SICILIANA ASSESSORATO BENI CULTURALI

COMUNE DI S . LUC IA DEL MEL A

… da LA LOCANDIERAdi Carlo Goldoni

QUELL' ADORABILE BIRBA

D'UNA MIRANDOLINADI CASA NOSTRA

Traduzione ed adattamento di Mimmo Cirino

ASSOCIAZIONE CULTURALE

"Piccolo Teatro „

S. Lucia del Mela

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Sabato 29 e Domenica 30 dicembre 1984 alle ore 18.

al Castello, nella sala del Seminario .-

. ================= .

Personaggi = Interpreti

MIRANDOLINA <La locandiera> : Maria Salvadore

ORTENSIA <Commediante> : Santina Amalfi

DEJANIRA <Commediante> : Lilla Ragusa

MARCHESE <Nobile decaduto> : Giuseppe Burrascano

CONTE <Parvenu danaroso> : Lucio Giunta

CAVALIERE <Misogino, ricco e titolato>: Nino Mazzù

FABRIZIO <Cameriere fidato> : Nino Campo

. - Eliminati i 2 servitori - per convenienza - .

Regia di MIMMO CIRINO

Collaboratori :

Cettina e Nicola Amico

Nata Cirino

Angela Lipari

Caterina Vaccarino

Franco Cirino

Francesco D'Amico

Diego Ilacqua

Giovanni Merulla

Gli utili saranno devoluti alla “Caritas Diocesana” per soccorrere il

“popolo di Etiopia” colpito da carestia .

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Patrocinato dall'Assessore Regionale B. C. e P.I.

. On.le LUCIANO ORDILE

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Quando il gruppo SPES mi propose la messinscena di

"La Locandiera" ebbi non poche perplessità.

Scene - Costumi d'epoca - Recitazione d'Accademia -

Dilettanti alla prima esperienza - che fare ?

Non volli deludere l'aspettativa del gruppo giovani, né

spegnere il loro entusiasmo, così, stesa, assieme a Nino

Mazzù, una versione dialettale, posi mano alla

strutturazione di:"Quella Adorabile Birba d'una

MIRANDOLINA di Casa Nostra" . - Per scena uno

spazio con strutture minime; gli uomini in calzamaglia e

faccia da clown; le donne vere pur nella finzione

scenica e sempre vincenti, come Goldoni le vide e come

sono e saranno nella realtà; le armi, i colletti e le

patacche servono solo a portare ancor più fuori dal

tempo i personaggi definiti da Goldoni in "La

Locandiera"; la recitazione è quella più naturale e

consona allo spirito ed alla lingua Siciliana.

Il risultato della sperimentazione condotta starà a voi

giudicarlo . - Io presumo di non aver recato offesa al

maestro della commedia, perché non è mio intendimento

dissacrare bensì dare una rilettura nuova al canovaccio

goldoniano sempre valido e vivo perché vero prodotto

d'arte .Mimmo Cirino

Sin qui la locandina

del tempo .

Lo spettacolo è statoreplicato in piazzaDuomo il 3 Agosto1985 in occasione del“Seminario di aggior-namento e formazioneper Attori” tenuto da -Raul Manso 3

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L’opera, “La Locandiera” di Carlo Goldoni, è troppoconosciuta e famosa , farò quindi solo qualche accenno suipersonaggi ed il loro contesto culturale da cui verrà fuorianche la trama . (*- Vi consiglio comunque di leggere il

testooriginalesicuramentereperibile inunabibliotecapubblica –leggere nonfa mai male)

(La prof. Calì

Cett ina Amico

trucca gli attori)

I personaggi

agiscono in

base alla classe sociale cui appartengono, si muovono in

commedia da “nobili o borghesi” e , pur esaspe-randone la

tipologia, restano coerenti .

Fra i nobili notiamo comunque delle sostanziali differenze :

I Personaggi

Il “Marchese” di Forlimpopoli , si è impoverito ed è

molto taccagno , ma, orgoglioso del suo titolo, ha bisogno

continuamente di ribadire la sua posizione sociale (ripetendo

”SON CHI SONO” con ostinazione) per convincersi che ciò

bastasse a supplire alla generosità che gli manca , come gli

manca il denaro . - Egli rappresenta la nobiltà decaduta, fa

parte di una aristocrazia fuori dal tempo ed è incapace di

adattarsi alla nuova realtà storica . - Ostenta la famigerata

“Protezione” che il titolo nobiliare può offrire a Mirandolina ,

benché nulla vale e lei lo sa perfettamente .

Il Conte di Albafiorita rappresenta una nuova nobiltà

spregiudicata perché legata al denaro, egli ha comprato la sua

contea, ed è convinto che col denaro possa acquistare

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qualunque cosa : l’onore, la stima e perfino l’amore, altro che

osservare le tradizioni gentili degli aristocratici .

Il Cavaliere di Ripafratta possiede sia la ricchezza che il

titolo nobiliare, rappresenta il ceto medio ed impersona la

piccola nobiltà, per niente attaccata alla propria condizione

aristocratica (come lo è il Marchese) e non ha poi tutta quella

fiducia nella ricchezza come grimaldello atto ad aprire

qualsiasi porta (come il Conte) . - E’ certamente un prototipo

della “borghesia emergente”, esaltata ed ammirata per le sue

caratteristiche peculiari . - Nello svolgersi della “commedia”

si afferma lo spessore psicologico del personaggio e si

sviluppa in lui un mutamento, tanto più evidente – quanto ne è

cosapevole . - E’ un “misogino” che odia le donne e le tratta

con sdegno e con tanta aria di superiorità , ma viene “irretito”

inesorabilmente dai vezzi artificiosi e dalla malizia della

Locandiera .

Ma é proprio

Mirandolina che si fa

immagine e simbolo

della “piccola borghesia

imprenditoriale”,

inferiore per

collocazione sociale ,

rispetto agli ospiti della

locanda, ma che sa

sfruttare al meglio tutte

le armi di cui dispone .

E’ la protagonista ;

esprime perfettamente

l’intelligenza arguta,

l’autonomia e le

consapevolezze della

donna del 700 -e di

ogni epoca-, che la

“femminilità” scaltra

rende capace di dissimulazione ed impietosa determi-

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nazione a prendersi gioco della sua vittima ( il Cavaliere) .

Il suo carattere di donna intraprendente, si attua nella pragmatica

risolutezza del relazionarsi con i suoi avventori -: brusca col

Marchese ; opportunista ma senza compromessi col Conte ;

battagliera col Cavaliere .

FABRIZIO è il cameriere , l’uomo di fiducia della locanda,

da tempo innamorato

della locandiera e

come gli altri

personaggi in sospeso

per via dei

comportamenti

ambigui della

pretenziosa donna .

Alla fine Mirandolina,

rispettando la volontà

del padre defunto,

deciderà di sposarlo . - Nonostante la sua gelosia egli cederà

volentieri alle attenzioni tardive, non del tutto sincere ed

amorose, ma certamente ragionate .

Ortenzia e Dejanira sono le due commedianti che si spac-ciano

come

nobildonne

per il piacere

di

sbeffeggiare

i nobili

ospiti della

locanda e

soddisfare un

forte bisogno

di rivalsa .

Ottengono

quel rispetto

che possibilmente la vita quotidiana non offriva . Solo Mirandolina

intuisce subito l’imbroglio, poi anche il Conte capirà .

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Le due comiche sono

probabilmente un tributo

al mestiere degli attori .

- Certamente Goldoni

ha voluto sottolineare la

figura femminile

“vincente” .

L’affermazione della

donna è rispecchiata

nella protagonista,

sveglia, sagace, pronta a

cogliere l’occasione, perspicace e capace di mandare avanti

l’attività lasciatale dal padre con successo . - La commedia

trova collocazione temporale nel Settecento , secolo

considerato “libertino” .

La relazione tra le due Commedianti e il Conte, nonché la

civetteria di Mirandolina, ne è un valido esempio .=/=/=/=/=/=/=

Letto e discusso coi ragazzi il “testo originale” del Goldoni , ho poi

dettato a Nino Mazzù la traduzione nella nostra parlata locale .

Ora (Luglo 2013) mi sono deciso a ricopiare il tutto e mi ci è

voluto molto, in volontà e fatica … ma ce l’ho fatta ed eccovi, qui di

seguito, il canovaccio in lingua siciliana .

È il mio amico VASCO e m’ha fatto compagnia . M . Cirno.

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Contributo per la parlata Sicula -:

SPIEGAZIONI DI ALCUNE VOCI DI DIFFERENTE

SIGNIFICATO di Giuseppe Pitré

La lingua parlata del Dialetto Siciliano

Ca, che (pron.o congiun.); cà, perchè ,

poiché; ‘ca, dunque.

Cci, ci, gli, ce, le, lo, li, loro, a lui, vi, noi, ce.

Cu, ccu, con; cu', chi, à chi.

Fora, fuori; fÓra, sarebbe, fosseHa, ha, è; ha', hai, sei.

Hé, ho; é, ai, agli, alle.

Ma, ma; mà, mio, mia; mà', madre.

Mè, mio, mia; me', miei, mie.

‘N, in; 'n (in Aci) un, uno; n',nu.

'Na, nna, una.

Nni, da, in; ed è anche riempitivo.

Ò , al; o, o, ossia.

Pò, può; pÓ, pòi, puoi; po'; poi.Si se; si, sì; si', sei (verbo) sei, sei.

Sò, suo, sua; so', suoi, sue.

Sta, questa; stà, sta (verbo).

Su', io sono, essi sono.

Tò, tuo, tua; to', tuoi, tue.

Un, nu, uno; 'un, non.

Va, va (verbo), via, su via; va', vai, vài, va.

Vòi, v Ó` , vuoi; voi, bue.Vota, volta; gira, vòta, volta (verbo).

= = =

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La scena si rappresenta in Firenze, nella locanda di

Mirandolina

L'autore a chi legge

Fra tutte le Commedie da me sinora composte, starei per dire

essere questa la più morale, la più utile, la più istruttiva.

Sembrerà ciò essere un paradosso a chi soltanto vorrà fermarsi a

considerare il carattere della Locandiera, e dirà anzi non aver io

dipinto altrove una donna più lusinghiera, più pericolosa di

questa. Ma chi rifletterà al carattere e agli avvenimenti del

Cavaliere, troverà un esempio vivissimo della presunzione

avvilita, ed una scuola che insegna a fuggire i pericoli, per non

soccombere alle cadute.

Mirandolina fa altrui vedere come s'innamorano gli uomini.

Principia a entrar in grazia del disprezzator delle donne,

secondandolo nel modo suo di pensare, lodandolo in quelle cose

che lo compiacciono, ed eccitandolo perfino a biasimare le

donne istesse. Superata con ciò l'avversione che aveva il

Cavaliere per essa, principia a usargli delle attenzioni, gli fa

delle finezze studiate, mostrandosi lontana dal volerlo obbligare

alla gratitudine. Lo visita, lo serve in tavola, gli parla con

umiltà e con rispetto, e in lui vedendo scemare la ruvidezza, in

lei s'aumenta l'ardire.

Dice delle tronche parole, avanza degli sguardi, e senza ch'ei

se ne avveda, gli dà delle ferite mortali. Il pover'uomo conosce

il pericolo, e lo vorrebbe fuggire, ma la femmina accorta con

due lagrimette l'arresta, e con uno svenimento l'atterra, lo

precipita, l 'avvilisce. Pare impossibile, che in poche ore un

uomo possa innamorarsi a tal segno: un uomo, aggiungasi,

disprezzator delle donne, che mai ha seco loro trattato; ma

appunto per questo più facilmente egli cade, perché

sprezzandole senza conoscerle, e non sapendo quali sieno le arti

loro, e dove fondino la speranza de' loro trionfi, ha creduto che

bastar gli dovesse a difendersi la sua avversione, ed ha offerto

il petto ignudo ai colpi dell'inimico.

Io medesimo diffidava quasi a principio di vederlo

innamorato ragionevolmente sul fine della Commedia, e pure,

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condotto dalla natura, di passo in passo, come nella Commedia

si vede, mi è riuscito di darlo vinto alla fine dell'Atto secondo.

lo non sapeva quasi cosa mi . fare nel terzo, ma venutomi in

mente, che sogliono coteste lusinghiere donne, quando vedono

ne' loro lacci gli amanti, aspramente trattarli, ho voluto dar un

esempio di questa barbara crudeltà, di questo ingiurioso

disprezzo con cui si burlano dei miserabili che hanno vinti, per

mettere in orrore la schiavitù che si procurano gli sciagurati, e

rendere odioso il carattere delle incantatrici Sirene.

La Scena dello stirare, allora quando la Locandiera si burla

del Cavaliere che languisce, non muove gli animi a sdegno

contro colei, che dopo averlo innamorato l'insulta? Oh bello

specchio agli occhi della gioventù! Dio volesse che io

medesimo cotale specchio avessi avuto per tempo, che non avrei

veduto ridere del mio pianto qualche barbara Locandiera. Oh di

quante Scene mi hanno provveduto le mie vicende, medesime!...

Ma non è il luogo questo né di vantarmi delle mie follie, né di

pentirmi delle mie debolezze. Bastami che alcun mi sia grato

della lezione che gli offerisco. Le donne che oneste sono,

giubileranno anch'esse che si smentiscano codeste simulatrici,

che disonorano il loro sesso, ed esse femmine lusinghiere

arrossiranno in guardarmi, e non importa che mi dicano

nell'incontrarmi: che tu sia maledetto!

Deggio avvisarvi, Lettor carissimo, di una picciolo

mutazione, che alla presente Commedia ho fatto. Fabrizio, il

cameriere della Locanda, parlava in veneziano, quando si recitò

la prima volta; l'ho fatto allora per comodo del personaggio,

solito a favellar da Brighella; ove l'ho convertito in toscano,

sendo disdicevole cosa introdurre senza necessità in una

Commedia un linguaggio straniero. Ciò ho voluto avvertire,

perché non so come la stamperà il Bettinelli; può essere ch'ei si

serva di questo mio originale, e Dio lo voglia, perché almeno

sarà a dover penneggiato. Ma lo scrupolo ch'ei si è fatto di

stampare le cose mie come io le ho abbozzate, lo farà trascurare

anche questa comodità.

10.