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261 Ottobre-Dicembre 2016 • Vol. 46 • N. 184 • Pp. 261-275 Prospettive in Pediatria Gastroenterologia pediatrica Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino Massimo Martinelli 1 Caterina Strisciuglio 2 Erasmo Miele 1 1 Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università degli Studi “Federico II”, Napoli; 2 Dipartimento della Donna e del Bambino e di Chirurgia Generale e Specialistica, Seconda Università degli Studi di Napoli In the last two decades, a progressive increase in the incidence of inflammatory bowel disease (IBD) in childhood has been observed. It is well known that about 25% of IBD diagnoses present within 20 years of age. In particular, the increase in the number of diagnoses is taking place in the age group < 6 years, so-called early-onset disease, char- acterised by extremely severe and heterogeneous phenotypes and complex therapeutic management. As already known, the pathogenesis of IBD is multifactorial. Research has helped to identify several of the genetic pathways involved; however, the latest evidence also confirms the importance of environmental factors. The concept of “exposome” has now been established, which is characterized by all the factors to which the individual is exposed from birth, able to induce epigenetic changes, and potentially responsible for the induction and chronicity of intestinal inflammation. Paediatric IBD, particularly early onset disease, represents both a diagnostic and a therapeutic challenge, being characterised by higher severity, including poor response to medical treatment, presence of extra-intesti- nal manifestations, and increased risk of surgery.The gold standard for diagnosis remains traditional endoscopy associated with radiological and endoscopic studies of the small intestine. The advent of biological therapies has undoubtedly improved the prognosis of children IBD, who, however, remain at high risk of failure of medical therapy. This review will trace the latest literature in terms of pathogenesis, diagnostic and therapeutic man- agement, and will attempt to clarify the gap between research and clinical management. Summary Nelle ultime due decadi si è assistito a un progressivo aumento dell’incidenza delle ma- lattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) in età pediatrica. Si ritiene che circa il 25% delle MICI venga diagnosticato entro i 20 anni di età. In particolare, l’aumento del numero di diagnosi si è verificato nella fascia d’età < 6 anni, le cosiddette malattie a esordio pre- coce (early onset), caratterizzate da fenotipi estremamente severi ed eterogenei di difficile gestione terapeutica. Come già noto, la patogenesi delle MICI è multifattoriale. La ricerca ha consentito di individuare molti dei pathway genetici coinvolti; tuttavia, le evidenze più recenti confermano l’importanza dei fattori ambientali. Si va affermando in misura sempre maggiore il concetto di “esposoma” , rappresentato dall’insieme di tutti i fattori cui l’individuo è esposto dalla nascita, in grado di indurre modifiche epigenetiche, a loro volta poten- zialmente responsabili dell’induzione e della cronicizzazione del processo infiammatorio intestinale. Le MICI diagnosticate in età pediatrica, in particolare le early onset, rappre- sentano un challenge diagnostico e terapeutico, essendo caratterizzate da una maggiore severità, che include la scarsa risposta alla terapia medica, la presenza di manifestazioni extra-intestinali e il rischio concreto di ricorso alla chirurgia. Il gold standard per la diagnosi resta l’endoscopia tradizionale, associata alle tecniche radiologiche ed endoscopiche per lo studio del piccolo intestino. L’avvento delle terapie biologiche ha senz’altro migliorato la prognosi dei bambini con MICI, che restano tuttavia ad alto rischio di fallimento della terapia medica. Questa review ripercorrerà le ultime novità di letteratura in termini di ezio- patogenesi e di management diagnostico-terapeutico, ma soprattutto cercherà di chiarire quanto è ancora ampio il gap tra la ricerca e la gestione del clinico. Riassunto

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Ottobre-Dicembre 2016 • Vol. 46 • N. 184 • Pp. 261-275 Prospettive in Pediatria

Gastroenterologia pediatrica

Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino

Massimo Martinelli1 Caterina Strisciuglio2

Erasmo Miele1

1 Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione

di Pediatria, Università degli Studi “Federico II”, Napoli;

2 Dipartimento della Donna e del Bambino e di Chirurgia

Generale e Specialistica, Seconda Università degli Studi di Napoli

In the last two decades, a progressive increase in the incidence of inflammatory bowel disease (IBD) in childhood has been observed. It is well known that about 25% of IBD diagnoses present within 20 years of age. In particular, the increase in the number of diagnoses is taking place in the age group < 6 years, so-called early-onset disease, char-acterised by extremely severe and heterogeneous phenotypes and complex therapeutic management. As already known, the pathogenesis of IBD is multifactorial. Research has helped to identify several of the genetic pathways involved; however, the latest evidence also confirms the importance of environmental factors. The concept of “exposome” has now been established, which is characterized by all the factors to which the individual is exposed from birth, able to induce epigenetic changes, and potentially responsible for the induction and chronicity of intestinal inflammation. Paediatric IBD, particularly early onset disease, represents both a diagnostic and a therapeutic challenge, being characterised by higher severity, including poor response to medical treatment, presence of extra-intesti-nal manifestations, and increased risk of surgery. The gold standard for diagnosis remains traditional endoscopy associated with radiological and endoscopic studies of the small intestine. The advent of biological therapies has undoubtedly improved the prognosis of children IBD, who, however, remain at high risk of failure of medical therapy. This review will trace the latest literature in terms of pathogenesis, diagnostic and therapeutic man-agement, and will attempt to clarify the gap between research and clinical management.

Summary

Nelle ultime due decadi si è assistito a un progressivo aumento dell’incidenza delle ma-lattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) in età pediatrica. Si ritiene che circa il 25% delle MICI venga diagnosticato entro i 20 anni di età. In particolare, l’aumento del numero di diagnosi si è verificato nella fascia d’età < 6 anni, le cosiddette malattie a esordio pre-coce (early onset), caratterizzate da fenotipi estremamente severi ed eterogenei di difficile gestione terapeutica. Come già noto, la patogenesi delle MICI è multifattoriale. La ricerca ha consentito di individuare molti dei pathway genetici coinvolti; tuttavia, le evidenze più recenti confermano l’importanza dei fattori ambientali. Si va affermando in misura sempre maggiore il concetto di “esposoma”, rappresentato dall’insieme di tutti i fattori cui l’individuo è esposto dalla nascita, in grado di indurre modifiche epigenetiche, a loro volta poten-zialmente responsabili dell’induzione e della cronicizzazione del processo infiammatorio intestinale. Le MICI diagnosticate in età pediatrica, in particolare le early onset, rappre-sentano un challenge diagnostico e terapeutico, essendo caratterizzate da una maggiore severità, che include la scarsa risposta alla terapia medica, la presenza di manifestazioni extra-intestinali e il rischio concreto di ricorso alla chirurgia. Il gold standard per la diagnosi resta l’endoscopia tradizionale, associata alle tecniche radiologiche ed endoscopiche per lo studio del piccolo intestino. L’avvento delle terapie biologiche ha senz’altro migliorato la prognosi dei bambini con MICI, che restano tuttavia ad alto rischio di fallimento della terapia medica. Questa review ripercorrerà le ultime novità di letteratura in termini di ezio-patogenesi e di management diagnostico-terapeutico, ma soprattutto cercherà di chiarire quanto è ancora ampio il gap tra la ricerca e la gestione del clinico.

Riassunto

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M. Martinelli et al.

Metodologia della ricerca bibliografica effettuataGli autori hanno selezionato dalla letteratura più re-cente i contributi scientifici più rilevanti sull’epidemio-logia, la diagnosi e la terapia delle MICI in età pe-diatrica. La ricerca degli articoli è stata effettuata su banca bibliografica (Medline), utilizzando come mo-tore di ricerca PubMed e le seguenti parole chiave per i diversi argomenti: “inflammatory bowel disease”, “pediatric inflammatory bowel disease”, “ulcerative co-litis”, “crohn’s disease”, “early-onset IBD”.

IntroduzioneNel corso degli ultimi 20  anni si è assistito a un progressivo incremento dell’incidenza delle malat-tie infiammatorie croniche intestinali (MICI) in età pediatrica. Come noto, le MICI rappresentano un gruppo di patologie ad andamento cronico-recidi-vante, a carico di uno o più segmenti intestinali, che secondo la più recente classificazione pediatrica, includono 3 diversi fenotipi clinici: la rettocolite ul-cerosa (RCU), la malattia di Crohn (MC) e la colite non classificata (IBD-U). Secondo i dati epidemio-logici più recenti, circa il 25% dei pazienti riceve una diagnosi di MICI prima dell’età dei 20  anni (Rosen et al., 2015). L’attuale prevalenza stimata negli USA è di 100-200/100.000 bambini, mentre l’incidenza complessiva in età pediatrica risulta es-sere di 10/100.000 bambini. Altro dato allarmante è l’anticipazione dell’insorgenza della malattia. Tra i bambini affetti da MICI, il 4% ha un’età < 5 anni e il 18% < 10 anni (Molodecky et al., 2012). L’esordio in età precoce ha portato alla definizione delle co-siddette MICI a esordio precoce (early-onset), che rappresentano oggi il maggiore challenge per il ga-stroenterologo pediatra, essendo caratterizzate da un fenotipo più severo e da una difficile gestione diagnostico-terapeutica. Sebbene di pertinenza dello specialista, l’aumento dell’incidenza delle MICI e le complessità del ma-nagement clinico e terapeutico, rendono necessaria un’ampia diffusione del problema anche tra i pediatri non specialisti, al fine di organizzare la gestione com-plessiva di questi bambini.

Obiettivi della revisione• Definire le ultime novità in termini di eziopatogene-

si delle MICI in età pediatrica.• Caratterizzare il fenotipo delle MICI in età pediatri-

ca, incluso quello delle MICI a esordio precoce.• Descrivere l’algoritmo diagnostico delineato negli

ultimi criteri di Porto (Levine et al., 2014).• Valutare le attuali strategie terapeutiche e i possi-

bili sviluppi nei prossimi anni.

EziopatogenesiLe MICI sono patologie a eziopatogenesi multifattoriale. Sebbene non del tutto definita, l’ipotesi più verosimile prevede una complessa interazione tra predisposizione genetica, microbiota intestinale e altri fattori ambientali (Sartor et al., 2016). L’intestino è costantemente stimo-lato sia da parte di agenti microbici che dagli antigeni assunti con la dieta; in condizioni fisiologiche, tale stimo-lazione favorisce una risposta infiammatoria controllata e autolimitantesi da parte del sistema immune mucosa-le. Nelle MICI si assiste alla perdita di questo sistema di autocontrollo che induce un’aberrante e spropositata reazione immunologica capace di avviare la prolifera-zione e l’iperattivazione delle cellule immunitarie, con conseguente danno tissutale e la determinazione di uno stato infiammatorio cronico. Diverse evidenze supporta-no l’importanza della predisposizione genetica (Bianco et al., 2015). Già dai primi studi nella MC veniva dimo-strata una concordanza nei gemelli monozigoti del 50-70% e un rischio relativo di sviluppare la malattia circa 800 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Tale percentuale si riduceva per la RCU, dove la con-cordanza gemellare si attesta attorno al 15%. Comples-sivamente, si ritiene che il 20% dei bambini affetti da MICI abbia un’anamnesi familiare positiva. Nell’ultimo decennio, il perfezionamento degli studi di associazione genetica (GWAS, genome-wide association studies) e l’individuazione di numerose mutazioni monogeniche alla base dell’insorgenza di alcuni tipi di MICI dell’età in-fantile hanno consentito una maggiore conoscenza dei loci di suscettibilità genica correlati a queste patologie. È ormai chiaro il paradigma secondo cui più precoce è l’in-sorgenza della malattia, maggiore sarà la possibilità di individuare pathway genetici (Uhlig et al., 2014). A oggi sono stati identificati circa 163 loci di cui 110 associati a entrambe le patologie, 30 specifici per la MC e 23 per la RCU (Barrett et al., 2008). Queste regioni contengo-no geni candidati, la cui funzione è prevalentemente implicata nei meccanismi di tolleranza orale mucosale a opera del sistema immune. Tra i più noti ricordiamo NOD2, il primo gene di suscettibilità associato alla MC. Questo gene codifica per una proteina che agisce da recettore intracellulare per gli antigeni batterici all’interno dei monociti e trasduce per il pathway proinfiammatorio di NFkB. L’attivazione di NOD2 a opera del muramil-di-peptide batterico induce inoltre il processo dell’autofagia nelle cellule dendritiche intestinali (CD); attraverso que-sto meccanismo, i batteri vengono processati ad antige-ni e successivamente presentati ai linfociti attraverso il complesso maggiore di istocompatibilità (tipo 1 e 2) per indurre la successiva risposta di tolleranza verso il self o di risposta infiammatoria verso il non self. Le CD dei pa-zienti portatori di varianti di suscettibilità per NOD2 pre-sentano una ridotta capacità di effettuare l’autofagia e di processare i batteri negli autofagolisosomi. Lo studio del pathway di NOD2 ha consentito di individuare altri geni coinvolti nella patogenesi della MC, tra cui ATG16L2 e IRGM, anch’essi correlati in modo diretto all’autofagia

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Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino

(Parkes et al., 2007). Per quanto riguarda la RCU, le as-sociazioni più significative sono state trovate nella regio-ne genetica del complesso maggiore di istocompatibilità di classe II (HLA-DR II). Tuttavia, l’incremento dell’incidenza e della prevalenza delle MICI degli ultimi anni non può essere spiegato esclusivamente dalla predisposizione genetica, giacché è noto che i cambiamenti dei fattori di rischio genetici generalmente richiedono un tempo molto maggiore (migliaia di anni). Attualmente, se si escludono i fenoti-pi a esordio precoce, si ritiene che la genetica influisca soltanto per il 20% nell’insorgenza delle MICI. Si ritiene quindi che il cambiamento dei fattori ambientali avvenu-to nella seconda metà del 20° secolo in Nord-America e in Europa possa essere responsabile dell’aumento del numero dei pazienti affetti da MICI. Tutti i fattori am-bientali che possano contribuire all’insorgenza e all’e-sacerbazione della malattia sono stati recentemente raccolti in una nuova “omica”, il cosiddetto “esposoma”. L’esposoma rappresenta l’insieme dei fattori cui l’indivi-duo viene esposto nel corso della sua esistenza, che attraverso specifiche modifiche epigenetiche, modula-zione del microbiota o interazione diretta con le cellule epiteliali e le cellule del sistema immunitario mucosale ed extra-intestinale, sono in grado di far passare da uno stato preclinico a uno stato di malattia, e nel corso della malattia sono in grado di determinare l’insorgenza di ri-cadute (Rogler et al., 2015). I fattori che contribuiscono all’esposoma sono innumerevoli. Tra i principali ritenia-mo di maggiore importanza la dieta, l’inquinamento at-mosferico e dell’acqua, le infezioni, i farmaci e lo stress. Molti studi effettuati per valutare i fattori di rischio asso-ciati all’insorgenza delle MICI hanno il limite di essere retrospettivi. Tra i fattori ambientali, anche le più recenti evidenze hanno confermato un’associazione con il fumo che sembra essere protettivo nei confronti della RCU e predisponente per la MC, e con l’appendicectomia, an-che questa protettiva per la RCU. Coerentemente con la sempre più accreditata ipotesi igienica, diversi auto-ri hanno riscontrato che l’esposizione precoce a fattori associati a uno stile di vita occidentale possano predi-sporre all’aumentata incidenza delle MICI, spiegando in questo modo la maggiore prevalenza nei paesi svi-luppati rispetto a quelli in via di sviluppo. Ricordiamo tra questi l’esposizione precoce alle terapie antibiotiche, un minor contatto con antigeni virali e batterici dovuto alle condizioni socio-economiche più agiate associate ad ambienti domestici più puliti, la sostituzione dell’allatta-mento materno con quello artificiale, gli elevati livelli di stress psicologico legati alla società moderna e la dieta a più elevato contenuto di grassi (Baron et al., 2005; Stri-sciuglio et al., 2016).

Presentazione clinicaMalattia di CrohnNella malattia di Crohn (MC) la presentazione clinica è influenzata dalla sede e dall’estensione di malattia.

All’esordio la sintomatologia tende a essere molto insi-diosa, soprattutto nel caso di interessamento esclusivo del piccolo intestino e il bambino può presentare come unico sintomo un ridotto accrescimento staturo-ponde-rale. La MC può avere un decorso subdolo capace di ritardare la diagnosi anche di diversi mesi. Quando il coinvolgimento riguarda l’ileo terminale e il colon de-stro, i segni sono caratterizzati principalmente da epi-sodi di dolore addominale ricorrente di tipo crampifor-me, spesso notturni, nella fossa iliaca destra o in sede peri-ombelicale (Levine et al., 2014). Talvolta, in caso di localizzazione ileo-cecale, il quadro può simulare quello dell’appendicite acuta con febbre, leucocitosi e presenza di una massa palpabile in fossa iliaca destra (dovuta generalmente all’ispessimento dell’ultima ansa ileale). Nella localizzazione colonica la sintomatologia tende a essere più eclatante e diviene più simile alla RCU. Tra i sintomi più frequenti ricordiamo il tenesmo, l’urgenza evacuativa e la diarrea muco-ematica. Infi-ne, nelle localizzazioni del tratto gastrointestinale alto, il paziente può riferire epigastralgia, pirosi, nausea e vomito associati a inappetenza e anoressia. L’esordio classico della patologia può essere accompagnato da sintomi aspecifici quali: febbre, astenia, malessere ge-nerale, anemia, calo ponderale, ritardo dello sviluppo puberale e arresto della crescita. In aggiunta occorre rilevare che in età pediatrica la MC può esordire con un fenotipo già complicato da stenosi o fistole. In caso di stenosi, il paziente può presentare un quadro sub-occlusivo o occlusivo con dolori addominali di tipo crampiforme e alvo chiuso a feci e a gas. Allo stesso modo il riscontro di fistole perianali o in altre sedi deve sempre rappresentare una spia di MC (Fig. 1) (Levine

Figura 1. Fistola perianale in un bambino affetto da ma-lattia di Crohn.

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M. Martinelli et al.

et al., 2014). Per la MC è stato recentemente validato un nuovo punteggio per valutare l’attività di malattia, il WPCDAI (Weighted Pediatric Crohn’s Disease Activity Index) che ha sostituito il precedente PCDAI (Turner et al., 2012). Lo score è basato sulla valutazione di alcu-ni sintomi clinici, quali dolore addominale, consistenza delle feci e frequenza evacuativa, stato di benessere del paziente, perdita di peso e presenza di manifesta-zioni extra-intestinali o di malattia perianale. In aggiun-ta, vengono inclusi 2 parametri di laboratorio (VES e albumina). Un punteggio ≤ 12,5 indica una fase di re-missione clinica di malattia, tra 12 e 40 malattia lieve, > 40 malattia moderata e > 57,5 malattia severa.

Rettocolite ulcerosaIl sintomo più comune all’esordio di malattia è la ret-torragia, associata o meno a diarrea muco-ematica caratterizzata da feci poltacee o semi-liquide, tene-smo, urgenza evacuativa e dolore addominale, che nelle forme più severe, può accompagnarsi a febbre e a perdita di peso. Il dolore addominale, di tipo colico, tende a regredire con l’evacuazione, ed è presumibil-mente dovuto all’impossibilità dell’onda peristaltica di propagarsi attraverso la sede infiammata dell’intesti-no, con distensione del viscere a monte dell’ostacolo (Levine et al., 2014). L’esordio della RCU può essere insidioso con una lenta progressione dei sintomi, op-pure acuto con alto numero scariche al giorno di feci ematiche e/o sanguinamento massivo, fino a condur-re il paziente a uno stato di severa anemizzazione, disidratazione associata a disionemie, ipoalbumine-mia, perdita di peso e febbre elevata, segni che po-trebbero rappresentare il preludio di un megacolon tossico, la più temuta complicanza della RCU. L’atti-vità clinica di malattia può essere monitorata da un punteggio esclusivamente clinico, validato e specifico quale il PUCAI (Pediatric Ulcerative Colitis Activity Index) (Turner et al., 2007). I parametri valutati dal PUCAI sono: dolore addominale, presenza di rettor-ragia, consistenza delle feci, frequenza evacuativa, presenza di evacuazioni notturne e limitazione fun-zionale delle attività. Un PUCAI ≤ 10 indica una fase di remissione clinica. Quando il punteggio si colloca tra 10 e 34 indica malattia in fase lieve, moderata tra 35 e 64, e severa quando lo score è > 65.

Manifestazioni extra-intestinaliCirca il 20% dei bambini e adolescenti con diagnosi di MICI manifesta sintomi extra-intestinali che possono comparire prima, durante o dopo lo sviluppo della pa-tologia classica (Greuter et al., 2016). Le manifesta-zioni extra-intestinali spesso decorrono indipenden-temente dall’attività clinica di malattia correlata all’in-fiammazione mucosale. Tra le più comuni ritroviamo l’artropatia, che compare nel 5-20% dei bambini affet-ti da RCU (in percentuale maggiore rispetto alla MC), di tipo periferico, con coinvolgimento delle grandi arti-colazioni, o assiale, associata al genotipo HLAB27+.

Tra le manifestazioni cutanee ricordiamo il pioderma gangrenoso e l’eritema nodoso (EN). Le manifesta-zioni oculari compaiono nell’1-3% dei bambini affetti da MICI e includono l’episclerite e l’uveite, spesso a decorso asintomatico. Tra le alterazioni epatiche, di frequente riscontro è il rialzo dell’aminotransferasi, che può essere sia correlato alla tossicità legata alle terapie mediche, che suggerire l’insorgenza di colan-gite sclerosante primitiva o di epatite autoimmune. Inoltre, nei pazienti affetti da MICI, vi è un aumentato rischio di malattia tromboembolica con un’incidenza nell’1-2% dei bambini e adolescenti ricoverati per ma-lattia in fase attiva.

MICI a esordio precoce La definizione del termine “esordio precoce” è stata a lungo oggetto di discussione. Infatti, nelle classifi-cazioni dell’adulto, tutte le MICI diagnosticate in età pediatrica venivano etichettate quali MICI a esordio precoce. Nel 2011, la classificazione di Parigi ha defi-nito early-onset tutte le diagnosi < 10 anni (Levine et al., 2011). Tuttavia, questa classificazione non teneva conto delle caratteristiche peculiari delle MICI dell’età infantile. A tal proposito, molto recentemente è stata proposta una nuova classificazione che differenzia le MICI a esordio precoce a seconda dell’età d’insor-genza (Uhlig et al., 2014) (Tab. I). Nel corso della se-guente review ci riferiremo esclusivamente al fenotipo delle MICI a esordio infantile (età < 2 anni). Nella stra-grande maggioranza dei casi l’esordio di malattia ten-de a essere drammatico. Sebbene la distinzione tra RCU e MC sia spesso difficile a quest’età, con un’alta prevalenza di IBD-U, il fenotipo di malattia è più spes-so simile a una MC severa. I sintomi principali sono il risultato dell’interessamento del colon, altra peculia-rità di queste forme, e sono rappresentati da diarrea muco-ematica, ritardo di crescita staturo-ponderale, rapida anemizzazione e severa malnutrizione. Più che il quadro macroscopico della colite, le MICI delle età infantile sono simili al Crohn per l’alta incidenza di malattia perianale severa e per la presenza di malat-tia aftosa ricorrente al cavo orale. A questi sintomi di pertinenza gastrointestinale si associano quasi inva-riabilmente manifestazioni extra-intestinali. Tra le più frequenti l’interessamento della cute (follicolite, pio-derma gangrenoso, ascessi, ect) e del sistema artico-lare (Glocker et al., 2009). L’insorgenza di un quadro sintomatologico simile a una MICI a quest’età, deve

Tabella I. Classificazione delle MICI a esordio precoce.

Definizione Età d’esordio

Early onsetVery early onsetInfantileNeonatale

< 10 anni< 6 anni< 2 anni< 28 giorni

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Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino

sempre far sospettare un’immunodeficienza primitiva, ragion per cui sarà fondamentale andare a ricercare eventuali sintomi che possano avvalorare questo so-spetto (infezioni e ascessi cutanei recidivanti, manca-ta risposta ai vaccini ecc.) (Uhlig et al., 2014).

DiagnosiLa diagnosi di MICI viene posta sulla base di criteri clinici, radiologici ed endoscopici. Nel 2014 sono stati ridefiniti i cosiddetti criteri di Porto per la diagnosi del-le MICI pediatriche, che hanno ulteriormente permes-so di caratterizzare il fenotipo pediatrico dalle MICI dell’adulto (Levine et al., 2014). Anche negli ultimi cri-teri viene rilevata l’importanza di un’accurata anam-nesi, sia familiare, per indagare l’eventuale presenza di MICI tra i parenti di primo grado, che personale, al fine di cogliere eventuali sintomi di allarme. Inoltre, un attento esame obiettivo dovrà essere incentrato sul-la valutazione dello stato auxologico del paziente e di tutti gli organi e apparati, al fine di identificare sia i segni ascrivibili allo stato infiammatorio intestinale, che obiettivare la presenza di eventuali manifestazio-ni extra-intestinali. A questo proposito risulterà fonda-mentale oggettivare l’eventuale presenza di patologia perianale (Figg. 1 e 2). Una volta posto il sospetto cli-nico si dovrà procedere con le appropriate indagini la-boratoristiche e strumentali. Discorso a parte, merita-no le MICI a esordio precoce, per la complessità della diagnosi differenziale e soprattutto per la necessità di ricorrere a una diagnostica molecolare sofisticata.

Esami di laboratorioNella fase pre-diagnostica un supporto alla clinica

potrà essere fornito dalla valutazione di alcuni esami ematici di routine, tra cui VES, PCR, fibrinogeno, con-ta piastrinica e ferritina, associati all’esecuzione di un emocromo con formula per identificare la presenza di eventuale anemia. Sarà inoltre opportuno esaminare alcuni parametri nutrizionali quali l’albumina e le vita-mine (Vitamina D, B6, B12, folati), e gli indici di funzio-nalità d’organo (AST, ALT, gamma-GT, lipasi pancrea-tica) utili nel caso della coesistenza di manifestazioni extra-intestinali di patologia. I marker di infiammazione ematica, per quanto solitamente elevati nella fase acu-ta di malattia e quindi utili sia al momento della diagno-si che nel follow-up clinico, talvolta possono risultare normali. Dati raccolti dai registri di MICI in età pedia-trica indicano che, al momento della diagnosi, il 54% dei pazienti affetti da RCU lieve e il 21% di affetti da MC lieve mostrano esami ematici (Hb, albumina, VES, PCR) nella norma. I marker sierologici più usati conti-nuano a essere gli anticorpi (Ab) anti-Saccharomyces Cerevisiae (ASCA) e gli Ab anti-citoplasma dei neu-trofili (p-ANCA), che possono fornire un supporto nel guidare la diagnosi nei casi di MICI a decorso atipi-co e aiutare a differenziare tra RCU e MC nei casi di IBD-U. La positività degli ASCA è riscontrata maggior-mente nella MC (50-70%) rispetto alla RCU (10-15%) e ai controlli sani (< 5%). Tuttavia, la sensibilità resta il maggiore limite di queste indagini sierologiche. Un valore negativo di ASCA e ANCA non esclude quin-di la diagnosi di MICI (Markowitz et al., 2009; Russel et al., 2007). I marker fecali, estremamente sensibili come spie di infiammazione mucosale, non possiedo-no tuttavia un’altrettanta elevata specificità nel porre diagnosi di MICI. Tra questi il più utilizzato e studiato è la calprotectina fecale (FC). Uno studio prospettico effettuato in 60 pazienti con MC ha mostrato che, al momento della diagnosi, la FC risulta elevata nel 95% dei soggetti. Inoltre, un aumento della FC associato al riscontro di ispessimento dell’ultima ansa ileale all’e-cografia, presenta un valore predittivo positivo di circa il 98% nel porre diagnosi di MC (Shaoul et al., 2012). Quindi, la FC rappresenta uno strumento più sensibile della VES e della PCR nel guidare la diagnosi di MICI e valori normali di questa rendono meno probabile la possibilità di trovarsi di fronte a un quadro di malattia in fase attiva (Levine et al., 2014). Nell’algoritmo diagno-stico stilato dal Porto IBD Working Group ESPGHAN nel 2014, i markers fecali sono considerati utili spie diagnostiche nei bambini con sintomi aspecifici e/o in caso di manifestazioni extra-intestinali in assenza del rialzo dei parametri ematici di infiammazione. Oltre ai marker di infiammazione sulle feci sarà ovviamente fondamentale escludere in tutti i casi un’eziologia in-fettiva. In un bambino con sospetta MICI, la diagnosti-ca differenziale prevede in prima istanza l’esecuzione della coprocoltura con esame parassitologico delle feci. Il pannello di esami da effettuare deve mirare alla ricerca di agenti batterici quali Salmonella, Shigella, Yersinia, Campylobacter e di patogeni intracellulari

Figura 2. Skin tags perianali in un bambino affetto da ma-lattia di Crohn.

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M. Martinelli et al.

come la Giardia lamblia. In pazienti in precedenza sottoposti a terapia antibiotica andrà praticata la ricer-ca delle tossine A e B del Clostridium difficile, la cui infezione può simulare il quadro tipico delle MICI con diarrea e rettorragia. Lo screening per virus enterici è raramente di supporto, fatta eccezione per il Citome-galovirus (CMV) che può essere identificato sul cam-pione istologico. I criteri di Porto raccomandano anche che in caso di sintomatologia severa, l’identificazione di un agente infettivo non debba escludere necessa-riamente la diagnosi di MICI, giacché l’infezione può essere il trigger capace di attivare la malattia.

Work-up diagnostico nelle MICI a esordio precoceCome già in precedenza menzionato, la severità del quadro clinico delle MICI dei primi 2 anni di vita rende necessaria un’accurata esclusione di patologie mo-nogeniche, quali i difetti del recettore dell’IL10, e le più comuni immunodeficienze primitive con manifestazio-ni intestinali, tra cui la malattia granulomatosa cronica (CGD). Pertanto, i nuovi criteri di Porto raccomanda-no esplicitamente di praticare indagini specifiche vol-te a escludere queste diverse entità diagnostiche. Il work-up diagnostico prevede l’esecuzione di test di primo livello per le immunodeficienze, quale emocro-mo con formula leucocitaria, immunoglobuline totali e sottopopolazioni linfocitarie. In seguito andranno al-lestite le prove funzionali in vitro sia dei linfociti (test di proliferazione ai mitogeni) che dei neutrofili (test alla diidrorodamina 123 o DHR123 e test al nitroblu di tetrazolio) per escludere la malattia granulomatosa cronica (CGD). In caso di risultati negativi, sarà ne-cessario passare a una diagnostica molecolare più complessa. Dapprima, andranno ricercate mutazioni specifiche dei pathways più comunemente riscontra-ti, quali FOXP3, XIAP, IL-10 e recettore. Infine, in caso di mancato riscontro di specifiche mutazioni è indica-ta una diagnostica di terzo livello con l’esecuzione di whole exome sequencing o anche di whole genome sequencing (Uhlig et al., 2014).

Indagini strumentali

EcografiaNell’ambito dei test di primo livello, l’ecografia delle anse intestinali rappresenta sicuramente l’indagine strumentale non invasiva maggiormente raccomanda-ta. Essa viene utilizzata per la sua non invasività, per la sicurezza e il basso costo, associati a una buona sensibilità e specificità. L’esame ecografico in mani esperte possiede un alto valore predittivo negativo per la diagnosi di MICI, in particolar modo per la MC. Studi comparativi hanno mostrato specificità e sensi-bilità sovrapponibili confrontando i reperti ecografici con quelli endoscopici ed entero-RMN nell’identifica-

zione delle lesioni della MC. Le alterazioni ecografiche dell’intestino infiammato possono essere divise in due gruppi: extramurali e murali. Le prime, si associano a ispessimento e iperecogenicità del ventaglio mesente-riale, alterazioni del tessuto adiposo peri-intestinale e ingrossamento linfonodale di tipo reattivo; le alterazioni di tipo murale invece si manifestano attraverso l’ispessi-mento della parete intestinale, che può apparire ipo- o iper- ecogena con perdita di stratificazione e mostrare un aumentato segnale all’eco-color doppler (iperemia), oltre che riduzione o perdita della peristalsi. I valori di spessore limite per porre il sospetto ecografico di uno stato di infiammazione patologico a livello della parete intestinale sono: > 3 mm per l’ileo terminale e > 2 mm per il colon (Levine et al., 2014). La sensibilità dell’e-same ecografico è maggiore per le porzioni terminali dell’ileo, diminuendo in senso prossimale e a livello co-lonico. Il limite più grande dell’ultrasonografia è rappre-sentato dalla variabilità inter-operatore. Recentemente, l’utilizzo di mezzo di contrasto anecoico, Polietilenglico-le iso-osmolare (PEG), durante l’esecuzione dell’esa-me ecografico ha contribuito allo sviluppo di una nuova tecnica, la cosiddetta SICUS (Small Intestine Contrast Ultrasonography). La SICUS si è dimostrata in grado di migliorare notevolmente la sensibilità dell’esame e di ridurre la variabilità inter-operatore (Pallotta et al., 2013).

Risonanza MagneticaUna review sistematica di 11 studi effettuati su un to-tale complessivo di 496 casi ha confermato che la entero-Risonanza Magnetica (entero-RMN) è altamen-te sensibile e specifica nel supportare la diagnosi di MICI in età pediatrica (Siddiki et al., 2009). Le recenti linee guida raccomandano l’utilizzo della entero-RMN con mezzo di contrasto (gadolinio) in vena dopo l’as-sunzione di PEG per os, per la valutazione del piccolo intestino in bambini con sospetta o confermata dia-gnosi di MC. Alla diagnosi, l’entero-RMN può essere utile sia per definire l’estensione dell’infiammazione, che la presenza di un eventuale danno a livello del-la parete intestinale (stenosi e/o fistole) (Levine et al., 2014). Le variabili utilizzate per stadiare l’infiammazio-ne intestinale attraverso l’entero-RMN sono: l’aumen-tato spessore di parete e l’aumentata impregnazione parietale con il mezzo di contrasto, la congestione dei vasi mesenterici, la linfoadenopatia e l’infiltrazione adi-posa mesenteriale (Chalian et al., 2011). L’ispessimen-to mucosale, associato a una riduzione del diametro luminale, indica un fenotipo di MC stenosante, spesso accompagnato da una dilatazione del segmento inte-stinale a monte della stenosi. Un reperto stenotico ca-ratterizzato da parete intestinale ispessita e ipointensa e assente enhancement del mezzo di contrasto indica la presenza di stenosi fibrotica serrata, che potrebbe non beneficiare della terapia medica tradizionale. Le fistole appaiono invece come tratti a contenuto fluido, associati a enhancement periferico. Nonostante le pre-cedenti linee guida raccomandassero l’effettuazione

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Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino

dell’entero-RMN in tutti i pazienti pediatrici al momento della diagnosi di MICI, i recenti criteri di Porto consi-derano tale indagine essenziale soprattutto nel caso di MC, IBD-U o RCU atipica. Nei pazienti con diagnosi endoscopica e istologica certa di RCU la diagnostica per immagini del piccolo intestino può essere omessa (Levine et al., 2014). L’utilizzo della RMN pelvi è invece approvato per la valutazione di pazienti con coinvolgi-mento peri-anale, perché consente di definire la pre-cisa estensione e localizzazione, sia delle fistole che degli ascessi e fornisce informazioni preziose, sia per la valutazione della risposta alla terapia medica che per il management chirurgico delle lesioni.

EndoscopiaL’indagine endoscopica con prelievi bioptici multipli rappresenta, a oggi, il gold standard per porre dia-gnosi di MICI. Per meglio stadiare la malattia ed evi-tare di incorrere in casi di IBD-U, tutti i pazienti con un fondato sospetto di MICI devono praticare alla dia-gnosi sia ileocolonoscopia, che esofago-gastro-duo-denoscopia (EGDS), dopo appropriata preparazione intestinale in base all’età del paziente, in anestesia generale o in sedazione profonda con analgesia (Le-vine et al., 2014). L’esame endoscopico deve essere praticato da un gastroenterologo pediatra in un set-ting appropriato al bambino, assistito da personale infermieristico adeguatamente formato nella gestio-ne delle MICI in età pediatrica. Nel corso dell’esame, l’operatore dovrà effettuare biopsie mucosali multiple (almeno 2 o più per segmento) a livello di tutti i tratti esplorati, sia in presenza che in assenza di reperti infiammatori macroscopici (Levine et al., 2014).

Malattia di CrohnLa MC, a differenza della RCU, può interessare qual-siasi tratto del canale digerente dalla bocca all’ano. Le lesioni endoscopiche caratteristiche sono erosioni aftoidi e ulcerazioni superficiali. L’interessamento è di tipo discontinuo con zone colpite che si alternano ad aree di mucosa indenne (skip lesions). Nelle forme moderate/severe sono presenti ulcere serpiginose che vanno a delimitare zone di mucosa apparente-mente indenne, delineando il tipico aspetto ad “acciot-tolato” del lume intestinale (Fig.  3). L’infiammazione interessa la parete intestinale a tutto spessore; in al-cuni casi, le ulcerazioni penetrano in modo transmu-rale fino alla tonaca muscolare e causano la forma-zione di tramiti fistolosi (entero-enterici, entero-vesci-cali, entero-vaginali, entero-cutanei). Alla diagnosi è frequente una localizzazione estesa di malattia con coinvolgimento del colon e dell’ileo. Le localizzazio-ni più frequenti nel bambino sono l’ileo terminale e il colon destro (40%); nel 30% dei casi si ha un inte-ressamento esclusivamente ileale e nel 30% esclu-sivamente colonico. Nel 2011 per la MC è stata va-lidata la classificazione di Parigi che oltre alla sede (L1: 1/3 distale dell’ileo ± malattia limitata al cieco; L2:

colonica; L3: ileo-colonica; L4a: tratto gastrointestina-le alto prossimalmente al legamento del Treitz; L4b: tratto gastrointestinale alto distalmente al legamento del Treitz e prossimalmente al terzo distale dell’ileo), tiene conto dell’età di insorgenza (A1a: 0 -< 10 anni; A1b: 10 -< 17 anni; A2: 17-40 anni; A3: > 40 anni), del fenotipo clinico di malattia (B1: infiammatorio classi-co; B2: stenosante; B3: fistolizzante; B2B3: stenosan-te e fistolizzante; p: perianale) e dell’accrescimento del bambino (G0: no ritardo di crescita; G1: ritardo di crescita) (Levine et al., 2011). La presenza di B2 o B3 si associa a un decorso più severo della malattia ca-ratterizzato da un maggior numero di complicanze e recidive, al ricorso a terapie mediche più aggressive e a un aumentato rischio di ricorso alla chirurgia. Gene-ralmente, alla diagnosi, si riscontra un fenotipo di tipo infiammatorio (B1) nel 70% dei casi. Tuttavia la storia naturale della patologia prevede, in un follow-up di 10 anni, lo switch del fenotipo iniziale verso un fenotipo complicato nel 60% dei casi, la maggior parte delle volte di tipo stenosante. È stato inoltre riportato che il 5% dei bambini affetti da MC presentano alla dia-gnosi un fenotipo di malattia con coinvolgimento orale e/o perianale isolato e che il 70% di questi sviluppa patologia luminale dopo 4 anni di follow-up (Van Lim-bergen et al., 2008). A livello endoscopico, il grado di severità di malattia è definito dal SES-CD uno score semplificato che si basa sul numero, la lunghezza e la profondità di ulcere lineariformi della mucosa (Da-perno et al., 2014). Da un punto di vista microscopico, si riscontrano criptite e distorsione dell’architettura mucosale, con atrofia dei villi e ramificazione delle cripte. Il reperto istologico tipico che differenzia la MC dalla RCU è la presenza del granuloma non caseoso. Il riconoscimento dell’infiammazione granulomatosa,

Figura 3. Classico esempio di pattern endoscopico della malattia di Crohn pediatrica.

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riscontrabile in circa il 30% dei casi, rappresenta l’u-nico marker istologico patognomonico di MC (Levine et al., 2014).

Rettocolite ulcerosaLe caratteristiche endoscopiche tipiche della RCU includono eritema, granularità, friabilità, muco-pus, erosioni e ulcere della mucosa (Fig.  4). Tali reperti si ritrovano generalmente a partire dal retto (procti-te ulcerativa), potendo arrivare a estendersi in ma-niera continua e in direzione prossimale ai restanti segmenti intestinali (discendente, trasverso e ascen-dente), fino a coinvolgere l’intero colon (pancolite). La pancolite è più frequentemente associata a manife-stazioni sistemiche. Nelle forme più gravi sono pre-senti pseudopolipi della mucosa causati dalla rigene-razione epiteliale. Sebbene la RCU sia caratterizza-ta dall’interessamento del lume colonico uniforme e continuo, senza aree di mucosa sana nell’ambito dei segmenti infiammati, negli ultimi criteri di Porto sono stati riconosciuti 5 diversi fenotipi atipici pediatrici di RCU, che si distinguono dalla classica definizione endoscopica e che in passato avrebbero fatto porre diagnosi di IBD-U: 1. Rectal sparing con assenza di patologia macroscopica nel retto/sigma; 2. Short du-ration, caratterizzata da lesioni patchy all’istologia e mancanza delle alterazioni tipiche microscopiche di distorsione architetturale mucosale; 3. Cecal patch che mostra colite confinata al lato sinistro con un’area di infiammazione cecale generalmente peri-appendi-colare (Fig. 5); 4. UGI (Upper gastrointestinal tract) contraddistinto da ulcere gastriche non serpiginose; 5. Acute severe colitis con caratteristiche tipiche del-la MC quali le ulcerazioni profonde e l’infiammazione transmurale, che in questo caso riflettono la gravità e non il tipo di patologia (Levine et al., 2014). Anche per

la RCU la classificazione attualmente validata è quel-la di Parigi (Levine et al., 2011). La stadiazione tiene conto dei segmenti intestinali interessati dal proces-so flogistico (E1: proctite ulcerosa; E2: colite ulcerosa sinistra, distalmente alla flessura splenica; E3: colite estesa, distalmente alla flessura epatica; E4: panco-lite) e dell’attività clinica di malattia in base al PUCAI (S0: mai grave con PUCAI mai ≥ 65; S1: sempre gra-ve con PUCAI ≥ 65). A livello endoscopico, il grado di severità di malattia viene definito dal Mayo score, che attribuisce un punteggio da 0 a 3 (rispettivamente assenza di malattia o malattia lieve, moderata e seve-ra) in base alla presenza di ulcere mucosali (Schro-eder et al., 1987). A livello istologico, l’infiammazione cronica spesso si accompagna a criptite e/o ascessi criptici, con infiltrato infiammatorio della lamina pro-pria, deplezione mucinica e ramificazione delle cripte. L’alterazione dell’architettura delle cripte e l’associata plasmocitosi basale focale o diffusa sono dei buoni predittori di RCU essendo, il secondo in particolare, in grado di discriminare tra la RCU (70% dei casi) e le coliti di natura infettiva (5% dei casi) (Levine et al., 2014).

Altre indagini strumentaliNegli ultimi anni hanno assunto maggiore rilievo l’ile-oscopia con videocapsula e l’enteroscopia a singolo pallone e doppio pallone. La prima, consente di vi-sualizzare la mucosa dell’intestino tenue e di poter discriminare tra MC e RCU laddove ci si trovi di fronte a casi dubbi; la seconda è invece una metodica en-doscopica che consente di praticare i prelievi bioptici anche a livello digiunale e ileale, con risvolti sia dia-gnostici che terapeutici (es. dilatazione endoscopica delle stenosi).

Figura 4. Classico esempio di pattern endoscopico della rettocolite ulcerosa pediatrica.

Figura 5. Esempio di cecal patch, fenotipo atipico di ret-tocolite ulcerosa pediatrica, caratterizzato da un’area di infiammazione a livello periappendicolare, circondata da mucosa sana.

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TerapiaGli obiettivi primari della terapia nelle MICI in età pe-diatrica sono: l’induzione e il mantenimento di una remissione prolungata, la prevenzione delle ricadute cliniche, l’ottimizzazione della crescita e dello svilup-po puberale e il miglioramento della qualità di vita del paziente. Accanto a questi obiettivi convenzionali, nel corso degli ultimi anni si è andato affermando in mi-sura sempre maggiore, il concetto di mucosal healing (MH). Per mucosal healing s’intende letteralmente il raggiungimento di una guarigione della mucosa in-fiammata alla visuale dell’endoscopio. Va pertanto di-stinto dalla guarigione istologica, caratterizzata dalla remissione dei parametri microscopici di infiammazio-ne. Diversi lavori hanno mostrato come nei soggetti in cui viene raggiunto il MH, gli outcome della malattia a breve e lungo termine si dimostrano superiori, in termine di remissione, ricorso alla chirurgia, utilizzo di farmaci biologici e incidenza di complicanze. Per tale motivo il MH è stato annoverato a tutti gli effet-ti tra gli obiettivi primari del trattamento. Le strategie terapeutiche sia della RCU, che della MC sono state oggetto di due diverse e recenti linee guida esclusi-vamente pediatriche (Turner et al., 2012; Ruemmele et al., 2014). Gran parte della terapia convenzionale si basa ancora sul cosiddetto approccio step-up che prevede l’utilizzo, in prima istanza, di farmaci con una minore efficacia e un migliore profilo di sicurezza. Tale approccio non può essere attuato laddove la malattia si presenti con caratteristiche di severità già alla dia-gnosi. In questi casi viene praticato il metodo dello “step-up accelerato”, in cui i farmaci immunosoppres-sori vengono utilizzati fin dall’inizio in associazione agli steroidi. Entrambi gli approcci non sembrano mo-dificare la storia naturale della patologia. Per raggiun-gere questo obiettivo, di recente è stato proposto di attuare un approccio più aggressivo, per questo de-finito top-down, utilizzando i farmaci biologici come prima linea di terapia. Tuttavia come potremo osser-vare nel dettaglio nei paragrafi seguenti, le evidenze al momento permettono di raccomandare l’utilizzo della strategia top-down esclusivamente in casi mol-to selezionati.

Management terapeutico della malattia di CrohnL’algoritmo terapeutico della MC pediatrica, è sinte-tizzato nella Figura  6. La principale differenza nelle strategie terapeutiche tra RCU e MC è senza dubbio rappresentata dalla terapia nutrizionale. La terapia nutrizionale anche detta nutrizione enterale esclusiva (EEN, exclusive enteral nutrition) è basata sulla som-ministrazione esclusiva di una formula polimerica per un periodo variabile dalle 6 alle 8 settimane. Una me-tanalisi condotta su studi pediatrici ha dimostrato che la EEN ha la stessa efficacia dei corticosteroidi nell’in-durre la remissione nei pazienti con MC in fase attiva,

con il vantaggio di ridurre gli effetti collaterali correlati all’uso dei corticosteroidi (Zachos et al., 2007). Il mec-canismo di azione di questa strategia terapeutica non è del tutto chiaro. Le attuali evidenze permettono di attribuire alla EEN sia la capacità di modificare il mi-crobiota intestinale, che di esercitare un’azione pretta-mente immunomodulante (Schwerd et al., 2016). Ol-tre all’efficacia nell’indurre la remissione, alcuni studi supportano il ruolo dell’EEN nell’indurre il MH. Per-tanto, in conformità a queste evidenze, le ultime linee guida sul management terapeutico della MC in età pediatrica, sanciscono per la prima volta che la EEN debba essere preferita alla terapia steroidea come te-rapia di induzione di prima linea nella MC luminale (Ruemmele et al., 2014). Il principale limite della EEN è rappresentato dalla scarsa compliance da parte dei pazienti, che non sempre sono in grado di assumere un’adeguata quantità di prodotto, richiedendo in alcu-ni casi il ricorso al sondino naso-gastrico. I corticosteroidi (CCs) sono generalmente utilizzati per indurre la remissione nelle forme moderate/seve-re di MC, nei casi di scarsa compliance o inefficacia della terapia nutrizionale. Lo schema terapeutico pre-vede la somministrazione di prednisone/prednisolone al dosaggio di 1  mg/kg, fino a un tetto massimo di 40 mg per circa 4 settimane con progressivo déca-lage nel giro di 10  settimane. Nei casi più severi è possibile ricorrere alla terapia con steroidi endovena (metilprednisolone al dosaggio di 40-60 mg/die divisi in due somministrazioni, pari a 1-2 mg/kg/die). Come noto, la terapia steroidea non è raccomandata nella fase di mantenimento a causa dei noti effetti colla-terali, caratterizzati tra gli altri da ritardo di crescita, osteopenia, necrosi asettica della testa del femore e cataratta. Possibile alternativa nei casi lievi-moderati è l’utilizzo della budesonide, una preparazione steroi-dea per uso orale, rilasciata a livello dell’ileo distale e del colon prossimale, con un minor numero di effetti collaterali sistemici rispetto alla terapia steroidea con-venzionale (Ruemmele et al., 2014). Il gruppo delle tiopurine, che include l’azatioprina (AZA) e il suo metabolita, 6-mercaptopurina, è am-piamente utilizzato come terapia di mantenimento nella MC. A causa dell’effetto farmacologico ritardato (dalle 8 alle 14 settimane), non rappresentano farma-ci utilizzabili nell’induzione della remissione. Le linee guida raccomandano l’utilizzo delle tiopurine per il mantenimento della remissione nei pazienti con pato-logia a decorso complicato e a rischio di ricadute alla sospensione della terapia steroidea (Ruemmele et al., 2014). Le linee guida raccomandano di utilizzare l’AZA al dosaggio di 2,0-2,5 mg/kg/die. Per la 6-mer-captopurina la dose consigliata è di 1,0-1,5  mg/kg/die. Effetti collaterali legati all’utilizzo delle tiopurine includono: rialzo delle transaminasi, pancreatiti, mie-losoppressione; per tale motivo è necessario effettua-re controlli dell’emocromo e degli indici di funziona-lità epatica e pancreatica con una frequenza di ogni

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Figura 6. Algoritmo per il management terapeutico della malattia di Crohn pediatrica.

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Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino

2 settimane all’inizio della terapia e successivamen-te ogni 3 mesi. Alla stessa categoria di farmaci ap-partiene il Metotrexate (MTX), che è utilizzato come terapia di seconda linea nei pazienti non responder o intolleranti alle tiopurine. L’MTX è un inibitore della diidro-folato reduttasi. A bassi dosaggi il MTX funge da immunomodulatore attraverso un meccanismo che inibisce l’adenosina, induce l’apoptosi e riduce la produzione di mediatori pro-infiammatori. A differenza delle evidenze nell’adulto, che mostrano un’efficacia limitata, sia nell’induzione, che nel mantenimento della remissione, l’utilizzo dell’MTX sembra più pro-mettente in età pediatrica (Ruemmele et al., 2014). Il dosaggio raccomandato di MTX è di 15 mg/m2 1 volta a settimana, fino ad arrivare a una dose massima di 25 mg per i primi 3 mesi. Successivamente, la dose di mantenimento è di 10-15 mg/m2/settimana. Il MTX va somministrato per via sottocutanea; in caso di intolle-ranza è possibile utilizzare la via orale. Risulta essen-ziale associare la supplementazione con acido folico, al fine di limitarne gli effetti collaterali. I farmaci biologici attualmente approvati per il tratta-mento della MC pediatrica, sono molecole costituite da anticorpi monoclonali diretti contro la citochina pro-infiammatoria TNF-α: infliximab (IFX) e adalimumab (ADA) (Colombel et al., 2010; Hyams et al., 2012). La prima molecola di questa classe a essere stata ap-provata in età pediatrica è l’IFX, anticorpo chimeri-co (in parte umano, in parte murino) di classe IgG1 che, somministrato per via endovenosa, è in grado di indurre e mantenere la remissione nei pazienti af-fetti. L’Adalimumab (ADA) è un analogo ricombinante umano dell’IFX. I farmaci biologici si sono dimostrati efficaci nel ridurre il ricorso ai CCs, il tasso di ospe-dalizzazione e la percentuale di soggetti che neces-sitano intervento chirurgico. Pertanto, le attuali linee guida suggeriscono un loro utilizzo nei pazienti refrat-tari alla terapia steroidea o nel caso abbiano fallito la terapia immunomodulante e la patologia sia steroido-dipendente (Ruemmele et al., 2014). In aggiunta, il loro utilizzo deve essere considerato come strategia terapeutica di prima linea (top-down) esclusivamente nei bambini con malattia perianale, in associazione ad appropriato curettage antibiotico/chirurgico, e in caso di MC a esordio clinico/endoscopico severo as-sociato a grave ritardo di crescita staturo-ponderale. I dati disponibili suggeriscono un’efficacia e un profilo di safety comparabili per IFX e ADA. Pertanto, pos-sono essere utilizzati indifferentemente secondo la disponibilità, la via di somministrazione, la preferen-za del paziente e il costo. IFX viene somministrato al dosaggio di 5  mg/kg secondo uno schema tera-peutico che prevede l’effettuazione delle prime 3 dosi nell’arco di 6 settimane (0-2-6 settimane), seguite da un periodo di mantenimento in cui lo stesso dosag-gio viene praticato ogni 8 settimane. Dosi più elevate (fino a 10 mg/kg) e/o intervalli di somministrazione più brevi (ogni 4 settimane) possono essere praticati nei

pazienti non responder o in quelli in cui i livelli ematici del farmaco sono inferiori al range terapeutico. ADA viene somministrato al dosaggio di 2,4 mg/kg (dose massima 160  mg) nel corso della prima infusione, 1,2 mg/kg (dose massima 80 mg) in seconda setti-mana, seguite da 0,6 mg/kg (dose massima di 40 mg) ogni 2 settimane. Gli effetti collaterali della terapia in-cludono reazioni allergiche locali nel sito di infusione o anafilattiche. Inoltre, vi è un aumentato il rischio di infezioni batteriche, virali, fungine e micobatteriche. Per tale motivo, prima di iniziare il trattamento, è con-sigliabile effettuare uno screening virologico completo ed escludere l’infezione tubercolare. Gli aminosalicilati (5-ASA) sono comunemente utiliz-zati nel trattamento della MC, nonostante non esista-no a oggi studi randomizzati e controllati che dimostri-no la loro efficacia nell’induzione e nel mantenimento della remissione nei pazienti pediatrici. Inoltre, i dati disponibili in letteratura nella popolazione adulta non supportano l’utilizzo dei 5-ASA nella MC a localizza-zione ileale. Attualmente le linee guida raccomanda-no l’utilizzo dei 5-ASA solo in pazienti con malattia colonica di grado lieve al dosaggio di 50-80 mg/kg/die, fino a un massimo di 4 g/die per os (Ruemmele et al., 2014). La terapia chirurgica nella MC pediatrica è essen-zialmente limitata al trattamento delle complicanze, quali malattia stenosante e/o fistolizzante, nei quali la terapia medica non si sia dimostrata efficace. In tali casi, le resezioni intestinali devono essere limitate per quanto possibile, al fine di ridurre il rischio di sindro-me dell’intestino corto.

Management terapeutico della RCUL’algoritmo terapeutico della RCU pediatrica è sinte-tizzato nella Figura 7. La terapia di induzione nei casi di RCU moderata o severa alla diagnosi prevede l’uti-lizzo dei corticosteroidi (CCS), con lo stesso schema adoperato nella malattia di Crohn (prednisone/predni-solone al dosaggio di 1 mg/kg, fino a un tetto massi-mo di 40 mg). Anche nei pazienti con RCU di grado severo in caso di risposta non adeguata può essere indicato il ricorso alla terapia con steroidi endovena (metilprednisolone al dosaggio di 40-60 mg/die divisi in due somministrazioni, pari a 1-2 mg/kg/die) (Turner et al., 2012). I 5-ASA sono raccomandati come terapia di prima li-nea nell’induzione delle forme lievi di RCU e come terapia di mantenimento negli altri casi. La terapia è iniziata al dosaggio di 50-75  mg/kg/die. Nei casi di localizzazione distale, procto-sigmoidite, l’associazio-ne della terapia con 5-ASA per os con quella topica risulta più efficace. I clisteri rettali di 5-ASA possie-dono un’efficacia superiore rispetto agli steroidi som-ministrati per via rettale (Turner et al., 2012). Tra gli immunosoppressori utilizzati per la terapia della RCU ricordiamo le tiopurine. Le tiopurine sono raccoman-date nella fase di mantenimento della remissione nei

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Figura 7. Algoritmo per il management terapeutico della rettocolite ulcerosa pediatrica.

Steppingdown

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Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino

bambini intolleranti alla terapia con 5-ASA, alla pre-senza di ricadute frequenti (2-3/anno) o nei casi di malattia steroido-dipendente. Differentemente rispetto alla MC, al momento, non esistono evidenze sufficien-ti per supportare l’utilizzo del MTX nei pazienti pedia-trici affetti da RCU. L’unica terapia biologica attualmente approvata nel-la RCU pediatrica è quella a base di IFX. L’utilizzo della terapia biologica è limitato ai casi con patologia persistentemente attiva, steroido-dipendente o ste-roido-refrattaria, non responsiva alle tiopurine. L’IFX rappresenta una valida alternativa prima di ricorrere alla chirurgia. Il dosaggio standard è di 5 mg/kg alle settimane 0, 2 e 6, seguito da una somministrazione ogni 8 settimane. Tuttavia, numerose evidenze recenti dimostrano come nei casi di RCU refrattaria alla tera-pia convenzionale per ottenere una reale efficacia del farmaco biologico, il dosaggio dell’IFX debba essere aumentato fin da subito a 10 mg/kg/dose. In aggiunta anche il tempo di somministrazione tra una dose e all’altra può essere sensibilmente ridotto rispetto allo schema standard. L’ADA, pur essendo ancora off-la-bel per la RCU pediatrica, può essere considerato nei pazienti resistenti o intolleranti alla terapia con IFX. Circa 10 anni fa veniva stimato che il 20% dei bambini con diagnosi di RCU andasse incontro a colectomia nel giro di 5 anni. Grazie all’avvento e all’inizio preco-ce delle terapie immunosoppressive e biologiche, si ritiene che tale percentuale sia oggi attestata attorno al 10-15%. Tuttavia, considerando il potenziale effetto curativo della chirurgia e le tossicità di molti dei far-maci utilizzati, in tutti i bambini refrattari alle terapie mediche dovrebbe essere considerata l’indicazione alla chirurgia. L’approccio raccomandato è quello del-la proctocolectomia restorativa, con confezionamento di pouch e anastomosi ileo-pouch-anale, al fine di consentire al bambino il mantenimento della conti-nenza dello sfintere anale (Turner et al., 2012).

Terapia delle MICI a esordio precoceL’algoritmo terapeutico delle MICI a esordio precoce non differisce da quelli tradizionali. Tuttavia, la severità del quadro endoscopico e la presenza di manifesta-zioni extra-intestinali inducono spesso a uno step-up accelerato e in taluni casi a una strategia top-down con il biologico. Nonostante, l’approccio terapeutico aggressivo, nella stragrande maggioranza di questi bambini si arriverà molto precocemente alla chirurgia. In tal senso, è fondamentale accelerare per quanto possibile il processo diagnostico; infatti, come già ri-levato, molte delle MICI a esordio in età infantile sono riconducibili a mutazioni specifiche o a vere e proprie immunodeficienze primitive, per cui esistono del-le strategie terapeutiche alternative alla colectomia, quali il trapianto di midollo osseo allogenico. Tra le più frequenti, occorre ricordare le mutazioni a carico del recettore dell’IL10 o di XIAP, per il quale il trapianto si è dimostrato risolutivo (Glocker et al., 2010).

Nuove terapie farmacologicheL’alto tasso di resistenza alla terapia medica, l’insorgen-za di complicanze e il ricorso frequente alla chirurgia rendono le MICI un campo ad altissimo interesse per la ricerca farmacologica. Lo sviluppo di nuovi farmaci biologici e di molecole in grado di migliorare la progno-si dei pazienti con MICI è in continua evoluzione. Nella Tabella II sono elencati alcuni tra i farmaci approvati e in via di approvazione nelle MICI dell’adulto. Tra i far-maci più promettenti va certamente ricordato Vedolizu-mab. Questo farmaco biologico è un anticorpo mono-clonale umanizzato, che si lega selettivamente all’inte-grina a4B7. Tale integrina è espressa su un sottogrup-po di linfociti T helper della memoria, che di preferenza migrano nel tratto gastrointestinale (GI), contribuendo al processo infiammatorio. Il legame del Vedolizumab ad a4B7 impedisce il suo legame ad un’altra molecola MAdCAM-1, essenziale per il passaggio dei linfociti T helper dal circolo nel tratto GI (Coskun et al., 2016). Vedolizumab è stato approvato per l’induzione e per il mantenimento della remissione nella RCU, e per il mantenimento della remissione della MC. L’altro farma-co biologico di recente approvato per la MC resistente alle terapie convenzionali è l’Ustekinumab. Ustekinu-mab è un anticorpo monoclonale che ha come bersa-glio terapeutico le citochine IL12 e IL23. Ustekinumab inibisce l’attività biologica di IL-12 e di IL-23, impedendo il legame di p40, subunità condivisa da entrambe le ci-tochine, con la proteina recettoriale IL-12Rb1 espressa sulla superficie delle cellule immunitarie. Oltre che sul-lo sviluppo di nuovi biologici, la ricerca farmacologica si è anche concentrata sull’utilizzo di piccole molecole in grado di interferire con il processo infiammatorio. A questa categoria appartiene il Tofacitinib, in via di ap-provazione per la RCU. Tofacitinib si lega in maniera selettiva alle chinasi JAK1 e JAK3, fondamentali per espletare gli effetti infiammatori indotti da numerose citochine (IL-2,IL-3,IL-4,IL-5,IL-6,IL-12,IL-15,IL-21, IFN-gamma). Il legame di Tofacitinib a JAK 1 e JAK 3 è per-tanto in grado di modulare a livello intestinale gli effetti

Tabella II. Nuove molecole approvate e in via di approva-zione per il trattamento delle malattie infiammatorie croni-che intestinali dell’età adulta.

Farmaco Tipo Molecola bersaglio

EtrolizumabFligotinibMongersenNatalizumab*TofacitinibUstekinumab*Vedolizumab**

Ab monoclonalePiccola molecolaOligonucleotideAb monoclonalePiccola molecolaAb monoclonaleAb monoclonale

b7 integrinaJAK 1SMAD 7a4 integrinaJAK 1/JAK 3IL12/IL23 (p40)a4B7

Ab: Anticorpo; * approvato per il trattamento della MC dell’adulto; ** approvato per il trattamento della RCU e della MC dell’adulto.

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M. Martinelli et al.

Baron S, Turck D, Leplat C, et al. Envi-ronmental risk factors in paediatric inflam-matory bowel diseases: a population based case control study. Gut.2005;54:357-63.

* Interessante studio che ha per primo messo in luce l’importanza dei fattori di ri-schio ambientali nella patogenesi delle MICI.

Barrett JC, Hansoul S, Nicolae DL, et al. Genome-wide association defi-nes more than 30 distinct susceptibi-lity loci for Crohn’s disease. Nat Genet 2008;40:955-62.

Bianco AM, Girardelli M, Tommasini A. Genetics of inflammatory bowel disease

from multifactorial to monogenic forms. World J Gastroenterol 2015;21:12296-310.

Chalian M, Ozturk A, Oliva-Hemker M, et al. MR enterography findings of inflam-matory bowel disease in pediatric patients. Am J Roentgenol 2011;196:W810-6.

Colombel J-F, Sandborn WJ, Reinisch W, et al. SONIC Study Group. Infliximab, azathio-prine, or combination therapy for Crohn’s di-sease. N Engl J Med 2010;362:1383-95.

** Primo RCT che ha dimostrato l’effica-cia dell’Infliximab nella malattia di Crohn.

Coskun M, Vermeire S, Nielsen OH. Novel targeted therapies for inflammato-

ry bowel disease. Trends Pharmacol Sci 2017;38:127-42.

* Interessante review sulle nuove mo-lecole sviluppate per il trattamento delle MICI.

Daperno M, D’Haens G, Van Assche G, et al. Development and validation of a new, simplified endoscopic activity score for Crohn’s disease: the SES-CD. Gastrointest Endosc 2004;60:505-12.

Glocker EO, Kotlarz D, Boztug K, et al. Inflammatory bowel disease and muta-tions affecting the interleukin-10 receptor. N Engl J Med 2009;361:2033-45.

Box di orientamento

• Cosa sapevamo primaNegli ultimi 20 anni l’incidenza delle MICI in età pediatrica è aumentata costantemente, caratterizzandosi come una vera e propria emergenza medica.

• Cosa sappiamo adessoNel corso degli ultimi anni la crescente letteratura ha permesso di sviluppare linee guida specifiche per il bambino, consentendo di meglio caratterizzare il fenotipo unico e ben distinto dalle malattie dell’adulto, e soprattutto di standardizzare le strategie terapeutiche. Le MICI a esordio precoce rappresentano oggi la nuova sfida del gastroenterologo pediatra. Dato l’alto numero di bambini che hanno ancora necessità di ricorso alla chirurgia, l’avvento di nuove molecole sarà cruciale per un ulteriore avanzamento nel ma-nagement di queste patologie.

• Quali ricadute sulla pratica clinicaLe MICI pediatriche rappresentano un challenge diagnostico e terapeutico. In quanto tali, richiedono una complessa gestione multidisciplinare e una stretta interazione tra pediatra specialista, pediatra genera-lista e territorio.

nocivi di un grosso subset di citochine e si è dimostrato efficace nell’indurre la remissione nei pazienti affetti da RCU, refrattari ad altri trattamenti. Menzione a parte merita il Mongersen, che utilizza un meccanismo del tutto originale. Mongersen è un oligonucleotide anti-senso in grado di legare e indurre la degradazione di una molecola, SMAD7, iperespressa nel processo in-fiammatorio intestinale della MC. SMAD-7 agisce inter-ferendo con l’azione del TGF-β, potente citochina con attività anti-infiammatoria. La degradazione di SMAD-7 induce un up-regolazione di TGF-β, che a sua volta attraverso l’inibizione della proliferazione e della diffe-renziazione delle cellule T, la riduzione dell’attivazione dei macrofagi e della maturazione delle cellule dendri-tiche, è in grado di limitare il processo infiammatorio. Morgensen si è dimostrato significativamente più effi-cace del placebo nell’indurre la remissione in pazienti adulti con MC in unico trial. In questo momento sono in corso ulteriori RCT per meglio definirne l’efficacia. Nei prossimi anni, pertanto, assisteremo all’immis-sione di nuove molecole anche in età pediatrica. Questo ci permetterà di usufruire di un maggior nu-

mero di alternative terapeutiche e probabilmente di migliorare ulteriormente la prognosi dei bambini af-fetti da MICI.

ConclusioniNel corso degli ultimi anni la crescente letteratura ha permesso di chiarire molti dei meccanismi patogene-tici della malattia, di sviluppare linee guida specifiche per il bambino, di meglio caratterizzare il fenotipo uni-co e ben distinto dalle malattie dell’adulto, e soprat-tutto di standardizzare le strategie terapeutiche. Seb-bene l’avvento delle terapie biologiche abbia almeno in parte modificato la storia naturale della malattia, ancora oggi le MICI pediatriche, in particolar modo nei casi di esordio in età infantile, rappresentano un challenge, sia diagnostico che terapeutico, e richie-dono una complessa gestione multidisciplinare e una stretta interazione tra pediatra specialista, pediatra generalista e territorio. L’avvento di nuove molecole sarà cruciale per un ulteriore avanzamento nel mana-gement di queste patologie.

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Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali del bambino

* Importante studio che ha dimostrato la presenza di mutazioni a carico del recet-tore dell’IL10 in pazienti affetti da MICI a esordio precoce e la loro risoluzione dopo trapianto di midollo osseo allogenico.

Greuter T, Bertoldo F, Rechner R, et al.; Swiss IBD Cohort Study Group. Extraintesti-nal manifestations of pediatric inflammatory bowel disease: prevalence, presentation and anti-TNF treatment. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2016. [Epub ahead of print].

Hyams J, Crandall W, Kugathasan S, et al. Induction and maintenance infliximab therapy for the treatment of moderate to severe Crohn’s disease in children. Gastro-enterology 2007;132:863-73.

Hyams JS, Griffiths A, Markowitz J, et al. Safety and efficacy of adalimumab for moderate to severe Crohn’s disease in children. Gastroenterology 2012;143:365-74.

Levine A, de Bie CL, Turner D, et al. At-ypical disease phenotypes in paediatric ulcerative colitis: 5-year analyses of the EUROKIDS registry. Inflamm Bowel Dis 2013;19:370-7.

** Studio che deriva dal più importan-te registro prospettico europeo sulle MICI pediatriche.

Levine A, Griffiths A, Markowitz J, et al. Pediatric modification of the Montreal clas-sification for inflammatory bowel disease: the Paris classification. Inflamm Bowel Dis 2011;17:1314-21.

Levine A, Koletzko S, Turner D, et al. ESPGHAN revised Porto criteria for the diagnosis of inflammatory bowel dise-ase in children and adolescents. JPGN 2014;58:795-806.

** Le linee guida per la diagnosi di MICI in età pediatrica: i criteri di Porto.

Markowitz J, Kugathasan S, Dubinsky M, et al. Age of diagnosis influences sero-logic responses in children with Crohn’s di-sease: a possible clue to etiology? Inflamm Bowel Dis 2009;15:714-9.

Molodecky NA, Soon IS, Rabi DM, et al. Increasing incidence and prevalence of the inflammatory bowel diseases with time, based on systematic review. Gastroentero-logy 2012;142:46-54.e42; quiz e30.

Pallotta N, Civitelli F, Di Nardo G, et al. Small intestine contrast ultrasonography

in pediatric Crohn’s disease. J Pediatr 2013;163:778-84.e1.

Parkes M, Barrett JC, Prescott NJ, et al. Sequence variants in the autophagy gene IRGM and multiple other replicating loci contribute to Crohn’s disease susceptibili-ty. Nat Genet 2007;39:830-2.

Rogler G, Vavricka S. Exposome in IBD: recent insights in environmental factors that influence the onset and course of IBD. Inflamm Bowel Dis 2015;21:400-8.

** Interessante articolo che ha definito il concetto di esposoma e ha nuovamente ri-valutato l’importanza dei fattori ambientali nella patogenesi delle MICI.

Rosen MJ, Dhawan A, Saeed SA. Inflam-matory bowel disease in children and ado-lescents. JAMA Pediatr 2015;169:1053-60.

* Interessante review sulle MICI pedia-triche.

Ruemmele FM, Veres G, Kolho KL, et al.; European Crohn’s and Colitis Orga-nisation; European Society of Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nu-trition. Consensus guidelines of ECCO/ESPGHAN on the medical management of pediatric Crohn’s disease. J Crohns Colitis 2014;8:1179-207.

** Linee guida pediatriche per il mana-gement terapeutico della malattia di Crohn.

Russell RK, Ip B, Aldhous MC, et al. Anti-Saccharomyces cerevisiae antibodies sta-tus is associated with oral involvement and disease severity in Crohn disease. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2009;48:161-7.

Sartor RB, Wu GD. Roles for intestinal bacteria, viruses, and fungi in pathogene-sis of inflammatory bowel diseases and therapeutic approaches. Gastroenterology 2017;152:327-39.e4.

Schroeder KW, Tremaine WJ, Ilstrup DM. Coated oral 5-aminosalicylic acid therapy for mildly to moderately active ul-cerative colitis. A randomized study. N Engl J Med 1987;317:1625-9.

Schwerd T, Frivolt K, Clavel T, et al. Exclusive enteral nutrition in active pedia-tric Crohn disease: Effects on intestinal mi-crobiota and immune regulation. J Allergy Clin Immunol 2016;138:592-6.

* Articolo molto interessante che chiari-sce i meccanismi d’azione della terapia nu-trizionale nella malattia di Crohn pediatrica.

Shaoul R, Sladek M, Turner D, et al. Li-mitations of fecal calprotectin at diagnosis in untreated pediatric Crohn’s disease. In-flamm Bowel Dis 2012;18:1493-7.

Siddiki HA, Fidler JL, Fletcher JG, et al. Prospective comparison of state-of-the-art MR enterography and CT enterography in small-bowel Crohn’s disease. Am J Roent-genol 2009;193:113-21.

Strisciuglio C, Giugliano FP, Martinelli M, et al. Impact of environmental and familial factors in a cohort of pediatric patients with inflammatory bowel disease. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2016. [Epub ahead of print]

Turner D, Levine A, Escher JC, et al. Ma-nagement of pediatric ulcerative colitis: Joint ECCO and ESPGHAN evidence-based con-sensus guidelines. JPGN 2012;55:340-61.

** Linee guida pediatriche per il mana-gement terapeutico della malattia di Crohn.

Turner D, Otley AR, Mack D, et al. De-velopment, validation, and evaluation of a pediatric ulcerative colitis activity index: a prospective multicenter study. Gastroente-rology 2007;133:423-32.

Turner D, Griffiths AM, Walters TD, et al. Mathematical weighting of the pediatric Crohn’s disease activity index (PCDAI) and comparison with its other short versions. Inflamm Bowel Dis 2012;18:55-62.

Uhlig HH, Schwerd T, Koletzko S, et al.; COLORS in IBD Study Group and NEO-PICS. The diagnostic approach to mono-genic very early onset inflammatory bowel disease. Gastroenterology 2014;147:990-1007.e3.

** Review molto accurata sull’approccio diagnostico al bambino con MICI a esordio precoce.

Van Limbergen J, Russell RK, Drum-mond HE, et al. Definition of phenotypic characteristics of childhood-onset inflam-matory bowel disease. Gastroenterology 2008;135:1114-22.

Zachos M, Tondeur M, Griffiths AM. En-teral nutritional therapy for induction of re-mission in Crohn’s disease. Cochrane Data-base Syst Rev 2007 Jan 24;(1):CD000542.

* L’ultima metanalisi che dimostra l’e-quivalenza della terapia nutrizionale e dei corticosteroidi nel trattamento della malat-tia di Crohn pediatrica.

CorrispondenzaErasmo Miele, Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università di Napoli “Federico II”, via Pansini 5, 80131 Napoli. Tel.: +39 081 7464565. E-mail: [email protected]