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torsanlorenzo Sommario Informa Informa Foto di copertina: Un esemplare di olivo millenario del Parco S’Ortu Mannu di Villamassargia (CA) Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 15/2003 del 01.09.2003 Pubblicazione mensile di Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico Viale P. Luigi Nervi - Centro Com.le “Latinafiori” - Torre 5 Gigli 04100 Latina Tel. +39.06.91.01.90.05 Fax +39.06.91.01.16.02 http://www .gruppotorsanlorenzo.com e-mail: [email protected] Anno 10 - numero 09 Settembre 2008 - Diffusione gratuita Direttore Editoriale: Mario Margheriti Direttore Responsabile: Silvia Margheriti In Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti, Liana Margheriti Redazione: Via Campo di Carne, 51 00040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma) Tel. +39.06.91.01.90.05 Fax +39.06.91.01.16.02 e-mail: [email protected] Realizzazione: Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico Davide Ultimieri Stampa: CSR S.r.l. Via di Pietralata 157, 00158 - Roma Pubblicazione mensile di Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico VERDE PUBBLICO Giardini di limoni nel Parco Alto Garda Bresciano 13 Tornare alle origini 18 PAESAGGISMO I limoni in vaso 22 XXIII Congresso Mondiale di Architettura - UIA TORINO 23 Cipro, Verde dorata foglia del Mediterraneo 26 Un giardino creato sotto gli olivi 29 NEWS In ricordo di Giancarlo Ius 30 Conferenze, Corsi, Fiere, Libri, Mostre 31 VIVAISMO Una coltura antica dal carattere moderno: il melograno 3 Il melograno - Punica granatum 5 Da frutto o ornamentale, rustico e polivalente olivo 6 Il paesaggio d’agrumi della Costa d’Amalfi 9

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torsanlorenzoSommario

InformaInforma

Foto di copertina: Un esemplare di olivo millenario del Parco S’Ortu Mannu di Villamassargia (CA)

Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 15/2003 del 01.09.2003Pubblicazione mensile di Torsanlorenzo Gruppo FlorovivaisticoViale P. Luigi Nervi - Centro Com.le “Latinafiori” - Torre 5 Gigli04100 LatinaTel. +39.06.91.01.90.05Fax +39.06.91.01.16.02http://www.gruppotorsanlorenzo.come-mail: [email protected]

Anno 10 - numero 09Settembre 2008 - Diffusione gratuita

Direttore Editoriale: Mario MargheritiDirettore Responsabile: Silvia MargheritiIn Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti,

Liana Margheriti

Redazione: Via Campo di Carne, 5100040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma)Tel. +39.06.91.01.90.05Fax +39.06.91.01.16.02e-mail: [email protected]

Realizzazione: Torsanlorenzo Gruppo FlorovivaisticoDavide Ultimieri

Stampa: CSR S.r.l.Via di Pietralata 157, 00158 - Roma

Pubblicazione mensile di Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico

VERDE PUBBLICOGiardini di limoni nel Parco Alto Garda Bresciano 13Tornare alle origini 18

PAESAGGISMOI limoni in vaso 22XXIII Congresso Mondiale di Architettura - UIA TORINO 23Cipro, Verde dorata foglia del Mediterraneo 26Un giardino creato sotto gli olivi 29

NEWSIn ricordo di Giancarlo Ius 30Conferenze, Corsi, Fiere, Libri, Mostre 31

VIVAISMOUna coltura antica dal carattere moderno: il melograno 3Il melograno - Punica granatum 5Da frutto o ornamentale, rustico e polivalente olivo 6Il paesaggio d’agrumi della Costa d’Amalfi 9

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Il melograno (Punica granatum L.) della famiglia dellePunicaceae è una specie originaria dell’Afghanistan edella Persia, cresce spontaneo dal sud del Caucaso finoal Punjab ed è diffuso in Estremo Oriente, oltre che neipaesi del Mediterraneo.Era tra gli alberi sacri agli Egizi e simbolo di amicizia econcordia. Secondo la mitologia greca, il melogranonasce dal sangue del dio Bacco, ucciso dai Titani eriportato in vita da Rea madre di Giove; era pianta sacraa Giunone e a Venere rappresentando la fecondità e l’a-more.In Italia è diffuso da tempi antichissimi per uso alimenta-re e terapeutico nell’areale di coltivazione della vite (0-800 m s.l.m.). La pianta ha forma di alberello o arbusto afoglia caduca; il fusto è nodoso e i rami esili, talvolta spi-nescenti. Le foglie sono piccole, ovali, glabre e lucide. Il melograno è specie termo-eliofila e il suo ciclo bio-produttivo è tipicamente primaverile-estivo; il germo-gliamento, infatti, ha luogo tra marzo e aprile mentre lafioritura, che è molto scalare, inizia ad aprile-maggio e sipuò protrarre fino a luglio. I fiori di forma tubulare, rossie carnosi si sviluppano perlopiù all’apice dei rametti.Il frutto è una falsa bacca carnosa, denominata balausta,con buccia spessa; matura tra la fine dell’estate e l’ini-zio dell’autunno. All’interno contiene molti semi carno-si, di forma prismatica, polposi con tegumento legnoso,molto succosi. Il frutto maturo è giallo-verde, con areerossastre che occasionalmente o, a secondo della varie-

tà, occupano l’intera superficie del frutto. È proprio gra-zie alle proprietà alimentari e terapeutiche del frutto cheil melograno deve la sua originaria e antica diffusione.Le varietà da frutto (in Italia: Dente di Cavallo,Neirana, Profeta, Partanna, Selinunte, Ragana eRacalmuto) producono bacche agro-dolci o dolci adatteal consumo fresco e molto spesso usate per la prepara-zione bibite ghiacciate. Inoltre, il tegumento dei semi haproprietà astringenti e diuretiche, la corteccia contienealcaloidi, i fiori ed i frutti tannini e mucillaggini; i fiorisi usano in infuso contro la dissenteria.A tutte queste virtù del melograno si deve aggiungere ilvalore ornamentale, legato alla lunga e scalare fioritura,ai frutti appariscenti e decorativi, ai tronchi spesso con-torti, alla lucentezza delle foglie che mutano colore conle stagioni: sono rossastre in primavera mentre in autun-no sfumano in diverse gradazioni di giallo oro. Alla dif-fusione del melograno come specie ornamentale contri-buisce la plasticità di impiego della specie che, graziealla selezione di varietà con caratteristiche diverse,trova molteplici usi nell’arredo a verde. Punica grana-tum, con frutti eduli, è utilizzato nella progettazione dipiccoli e grandi giardini e di parchi urbani come singo-lo elemento o a gruppi; P. granatum var. nana, varietà ataglia ridotta e con frutti non commestibili, è impiegataper la formazione di siepi e bordure, è commercializza-ta anche come ornamentale in vaso, disponibile in con-tenitori di diverso diametro ed in grandi mastelli.

Una coltura antica dal carattere moderno: il melograno

Testo di Simona Aprile C.R.A. – Unità di Ricerca per il recupero e la valorizzazione delle specie floricole mediterranee

Foto Archivio Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico

Fiore di Punica granatum Punica granatum ‘Nana Gracilissima’

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Dall’inizio dello scorso secolo il melograno si coltiva,in Giappone, come bonsai per la formazione dei qualirisultano molto adatte le varietà a taglia contenuta chesopportano anche le potature drastiche e la pinzaturacontinua delle gemme.Applicando le tecniche bonsai, il melograno assumecaratteristiche molto affascinanti, legate soprattutto allaramificazione che diviene finissima e all’abbondanteproduzione di piccoli fiori e frutti.Il melograno è pianta rustica, comunque sia coltivato,ama il sole e teme i ristagni idrici e non ha grandi esi-genze di coltivazione sia nelle regioni meridionali chesettentrionali, dove deve essere messo a dimora conesposizione a mezzogiorno. Nei paesi del Nord, in par-ticolare, è consigliabile coltivarlo in grandi mastelli da

porre al riparo nei mesi invernali, infatti, pur soppor-tando molto bene le alte temperature, la pianta patisce ilfreddo e l’umidità. Predilige terreni ben drenati, profondi, fertili e con unleggero tasso di acidità; inoltre, per le piante che vivonoin piena terra è sufficiente l’acqua piovana; quelle colti-vate in vaso devono essere annaffiate moderatamente,facendo molta attenzione a non creare ristagni d’acqua.

Fiori all’apice dei rametti di Punica granatum Punica granatum in vaso

Bibliografia

Pignatti S. - Flora d’Italia (3 voll.) - Edagricole - 1982Tutin, T.G. et al. - Flora europaea, second edition - 1993Zangheri P. - Flora Italica (2 voll.) - Cedam - 1976

Frutti in maturazione Punica granatum var. nana

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Personalmente utilizzo spesso questo arbusto nellaprogettazione sia di giardini che di terrazze perché loconsidero molto decorativo soprattutto durante ilperiodo della fioritura bellissima e prolungata a cuiseguono i frutti altrettanto attraenti. Consiglio avolte di non asportarli completamente dalla pianta:così nella stagione invernale, restando appesi tra irami spogli, fungono da ornamento testimoni dellagenerosità di questo arbusto.Lo impiego come elemento solitario sotto forma digrosso cespuglio o utilizzando vari elementi adia-centi per formare siepi di discreta altezza. Ho ancheusato il melograno come piccola alberatura per dareprofondità e sottolineare il profilo di un viale didimensioni ridotte; in questo caso scelgo la forma diallevamento ad alberello. Altra forma di allevamen-to che prediligo per il melograno e che mi ha datomolte soddisfazioni è quella a spalliera. Infatti, adesempio nella progettazione di un orto, spesso hoposto file di melograni a spalliera lungo il perimetro,sostenute da una staccionata in legno, o appoggiatead un muro a secco.Anche sui terrazzi, l’uso del melograno non ha maideluso le mie aspettative: la varietà “nana” adattaalla coltivazione in vaso, mantiene le meravigliosecaratteristiche di fioritura e fruttificazione di quellain piena terra creando un’atmosfera naturale rigo-gliosa e vivace. Esistono diverse varietà di melograno create a scopoornamentale tra le quali: ‘Albescens’, a fiori bianchi;‘Flavescens’, a fiori gialli e foglie verde pallido.Particolarmente adatta alla coltivazione in vaso è,come ho già detto, la varietà Punica granatum var.nana, che, di taglia ridotta (difficilmente supera ilmetro di altezza), si adatta alla coltivazione all’ester-no in tutte le zone a clima mite (la pianta adulta resi-ste anche a sporadiche gelate) o in locali molto lumi-nosi e arieggiati, producendo piccoli fiori, general-mente rossi e piccoli frutti sempre rossastri.

Voglio riepilogare le potature e le varie forme di alle-vamento del melograno per sottolineare quanto sianoimportanti per poter utilizzare in modo differenziatoquesto arbusto.Poiché il melograno è una pianta molto pollonifera,se lasciata crescere in modo naturale, assume un por-

tamento cespuglioso, mentre mediante particolaripotature si possono ottenere svariate forme. Sevogliamo sottolinearne il bel colore del fogliame e ladecoratività dei frutti quando sono maturi, le formead alberello con fusto a 1,5 m sono le più indicate; inquesto caso bisogna avere l’accorgimento di elimi-nare i polloni che crescono al piede della pianta. Èpossibile allevare la pianta anche con forma a vaso oa spalliera, facendo crescere tre o quattro rami prin-cipali dalla base, disponendoli poi nel modo deside-rato. In seguito, per una buona messa a frutto, si eli-mineranno i rametti che hanno fatto i frutti l’annoprecedente e si spunteranno i rami di un anno; biso-gna eliminare poi i polloni che crescono al piede pernon togliere vigoria alla pianta formata.

Il melograno resiste bene alle alte temperature esti-ve mentre, nelle zone meno calde teme parecchio lepiogge e l’elevata umidità del terreno e dell’ariadurante l’autunno, facendo sì che la pianta si spoglipiuttosto precocemente.

Il melograno - Punica granatumTesto di Maria Cristina Leonardi - Agronomo paesaggista

Foto Archivio Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico

Punica granatum ‘Nana Hybrida’

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Originario dell’Asia Minore, l’olivo (Olea europaea L.)è stato diffuso dall’uomo, fin dall’antichità, per l’ali-mentazione in tutto il Bacino del Mediterraneo ed inaltre aree con clima analogo. Dai suoi frutti, le olive, siestrae l’olio e esse stesse sono consumate come alimen-to dopo specifici trattamenti deamarizzanti. L’olivo, specie tipicamente termofila ed eliofila, conspiccati caratteri di xenofilia, nel Bacino del Mediter-raneo, è coltivato principalmente in Spagna, Grecia eItalia e nei Paesi dell’Africa settentrionale, come laTunisia. Si tratta di regioni il cui clima è caratterizzatoda lunghe estati calde, asciutte e siccitose e da invernimiti. Sensibile alle basse temperature, l’olivo, in Italia, èpresente in coltura in tutte le regioni, con l’eccezionedella Val d’Aosta e del Piemonte, formando in ognuna diesse sistemi colturali specificamente adattati al territorioe paesaggi che ne rimangono fortemente caratterizzati.

Fra le piante arboree, l’Olea europaea si distingue, oltreche per la sua frugalità, anche per la longevità; se neconoscono esemplari millenari, segnati dal tempo, con iloro grossi fusti contorti, maestosi protagonisti del pae-saggio mediterraneo. Anche una sola pianta, infatti,riesce ad evocare i colori, i profumi di quel paesaggio ela storia del suo territorio. Per questo e per l’indiscussovalore ornamentale, legato alla chioma sempreverdecolor argento, alla maestosità del tronco, ecc. da anni,l’olivo è consacrato pianta ornamentale oltre che ali-mentare, entrando nella progettazione di parchi e giar-dini. Sopportando bene il trapianto, gli olivi di grandidimensioni possono essere utilizzati come esemplariisolati; piccoli gruppi di piante, invece, si prestano arealizzare accoglienti zone d’ombra; inoltre, oggi, convarietà adatte è possibile formare siepi o barriere anchefrangivento (‘Cipressino’). Le piante da utilizzare per

Da frutto o ornamentale, rustico e polivalente olivo

Testo e foto di Simona Aprile e Gianvito Zizzo - Dottori Agronomi

Particolare del tronco di olivo in esemplare centenario

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arredo da esterni generalmente,vengono, lasciate cre-scere in forma naturale, senza intervenire con la potatu-ra necessaria per la produzione dei frutti. Ma il piaceredi godere di una pianta di olivo anche in un piccologiardino o sul terrazzo ha alimentato la diffusione dellacoltivazione di piante ornamentali in vaso e di formebonsai.Notevole è la disponibilità dei diversi tipi e varietà pres-so i vivai specializzati: piante allevate ad alberello, conil tronco dritto e una piccola chioma globosa o espansae vigoria media o con portamento pendulo (‘Raja’) efoglie strette (‘Pendolino’) sono commercializzate invasi con diametro dai 16 ai 26 cm, fino a 70; olivi acespuglio, per la realizzazione di siepi; forme altamen-te ornamentali con tronchi singoli o multipli intrecciativanno sempre più diffondendosi; alcune varietà naneper bonsai offrono agli appassionati la possibilità diacquistare giovani piante dotate di un pronto effettoornamentale.La diffusione dell’olivo è, ovviamente, legata alle sueesigenze climatiche; essendo una pianta eliofila soffrel’ombreggiamento, producendo una vegetazione lassae, soprattutto, una scarsa fioritura ma il fattore climati-co determinante sulla distribuzione dell’olivo è la tem-peratura, infatti, la pianta manifesta sintomi di sofferen-za a temperature di 3-4°C; sotto queste, gli apici deigermogli disseccano e attorno ai -7°C il legno è dan-neggiato. Le forti gelate possono provocare la morte ditutto l’apparato aereo con sopravvivenza della sola cep-paia. Anche il forte vento danneggia la pianta, soprat-tutto se associato a basse temperature; l’olivo teme l’ec-cessiva piovosità e l’elevata umidità dell’aria.È proprio nel periodo più freddo dell’anno che la pian-ta attraversa la fase di riposo vegetativo, mentre laripresa si ha verso febbraio, in relazione all’andamentoclimatico, insieme alla differenziazione a fiore. Finoalla fine di marzo-aprile l’attività della pianta è moltointensa: i germogli si accrescono, vengono emesse lemignole (infiorescenze a grappolo prodotte all’ascelladelle foglie dei rametti dell’anno precedente). La“mignolatura” ha il culmine in piena primavera anchese le infiorescenze restano ancora chiuse. Da maggio alla prima metà di giugno, secondo la varie-tà e la regione, ha luogo la fioritura, molto abbondante.In realtà, la percentuale di fiori che porteranno a compi-mento la fruttificazione è veramente bassa, generalmen-te inferiore al 2%. Alla fioritura segue l’allegagione, inlinea di massima dalla metà di giugno ma sufficiente adottenere un’ottima produzione. Anche la percentuale diallegagione è molto bassa, inferiore al 5%, a fioriturainoltrata; si verifica, infatti, un’abbondante caduta deifiori (colatura). Sulla percentuale di allegagione possonoincidere negativamente le piogge, gli abbassamenti ditemperatura, gli stress idrici e i venti caldi.

Dopo l’allegagione, i frutticini si accrescono attraver-sando diversi stadi (indurimento del nocciolo, da luglioad agosto e poi accrescimento vero e proprio). Con-siderando che l’olivo ha due attitudini produttive (olioo olive), queste possono essere più o meno modificateattraverso la tecnica colturale (irrigazione, potatura,concimazione, difesa, ecc.). In linea generale, ai finiproduttivi, in regime non irriguo, le piogge di fine esta-te (dalla metà di agosto fino a tutto settembre) influi-scono sia sull’accrescimento delle olive che sull’accu-mulo di olio nei loro lipovacuoli: in condizioni di sicci-tà le olive restano di piccole dimensioni, possono subireuna cascola più o meno intensa e avranno bassa resa inolio o ridotta pezzatura delle drupe; in condizioni diumidità favorevoli invece le olive raggiungono il com-pleto sviluppo a settembre. Questo è generalmente ilperiodo di raccolta delle olive da mensa.Da ottobre a dicembre, nelle varietà da olio, ha luogol’invaiatura, cioè il cambiamento di colore, che indicala completa maturazione dell’oliva. L’invaiatura è più omeno scalare e segna il termine in cui l’oliva cessa diaccumulare olio. Dopo l’invaiatura le olive persistonosulla pianta; se non raccolte vanno incontro ad unacascola più o meno intensa ma scalare, che può protrar-si fino alla primavera successiva.Nell’ambito di un utilizzo ornamentale dell’olivo, lascalarità nell’invaiatura, la persistenza dei frutti sulla

Esemplare di olivo millenario in Puglia

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pianta, oltre ad un vigore contenuto sono caratteristicheimportanti.La diffusione dell’olivo come pianta ornamentale èsicuramente dovuto, oltre che al valore estetico intrin-seco alla pianta, alla sua rusticità che ne fa una piantafacile da coltivare e dalle parche esigenze pedologiche.Alcuni accorgimenti consentiranno il certo attecchi-mento delle piante in piena terra e una crescita costantee sviluppo equilibrato in vaso. Mettendo a dimora unolivo, è importante fornire un substrato sciolto e bendrenato; in piena terra, la pianta si sviluppa anche susubstrati con rocciosità affiorante; soffre invece nei ter-reni pesanti e soggetti al ristagno. In merito alla fertili-tà chimica, l’olivo si adatta anche ai terreni poveri e conreazione lontana dalla neutralità (terreni acidi e calca-

rei) fino a tollerare valori del pH di 8,5-9.Fra gli alberi da frutto è una delle specie più tolleranti lasalinità, sviluppandosi rigoglioso anche in prossimità deilitorali, dove, soprattutto nel Meridione d’Italia, si posso-no riscontrare impianti specializzati per la produzione egiardini costieri che ospitano grandi esemplari o gruppidi piante esaltando il legame con il mondo rurale.

Bibliografia

AA.VV., 2000. I sistemi frutticoli tradizionali nelMeridione: tutela e valorizzazione delle risorse genetichee territoriali (a cura di G. Barbera). Italus Hortus, 7 (3-4).AA.VV., 2003. Olea. Trattato di Olivicoltura (a cura diP.Fiorino), Edagricole, Bologna.Barbera G., 2003. I sistemi frutticoli tradizionali nellavalorizzazione del paesaggio. Italus Hortus, Numerospeciale sul 50° anniversario della SOI, 10 (5): 40-45. Barbera, Giuseppe; Inglese, Paolo; La Mantia Tomma-so. La tutela e la valorizzazione del paesaggio dei siste-mi tradizionali dell’olivo in Italia. “Estimo e Territorio”,Anno LXVIII, n°2 Febbraio 2005, Il Sole24ore, Ed.agricole.Morettini A. (1950). - Olivicoltura. Ed. REDA, Roma.Morettini A., 1968. La nuova olivicoltura. Dalla tradi-zione alla realtà economica. Italia Agricola, 1:5-32.

Olivi secolari nella pianura costiera del palermitano

L’olivo millenario evoca il mondo rurale anche quando ilvecchio “baglio” cambia destinazione

C.R.A. – Unità di Ricerca per il recupero e la valoriz-zazione delle specie floricole mediterranee. S.S.113 – km 245,500 90011- Bagheria (PA) [email protected]

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La Costiera Amalfitana è paesaggio d’agrumi. Oggi, inparticolare, di limoni, sopra tutti l’esclusivo ‘Sfusato’amalfitano, allevato sui tipici terrazzamenti sostenuti damuri a secco e con i lunghi rami adagiati sulle ancorapiù tipiche pergole: un sistema sicuramente “unico”,che connota fortemente, quasi identificandosi con esso,il paesaggio. Ma perché gli agrumi, perché i terrazzi,perché le pergole? E, soprattutto, perché l’insieme diquesti elementi a connotare il Sistema Paesaggio?Nell’ottobre del 1997 l’UNESCO ha dichiarato la Costad’Amalfi, paesaggio culturale in cui particolarmentearmonico appare il rapporto tra Natura e opera dell’uo-mo, Patrimonio dell’Umanità. Il motivo del prestigioso riconoscimento trova le sueorigini storiche nel momento felice in cui la civiltà clas-sica, gelosamente custodita in conventi e monasteri,incontra il mondo arabo, attraverso l’apertura agliscambi, commerciali e culturali, favoriti dalla Repub-blica d’Amalfi. E’ proprio tra il X e il XIV secolo che la trasformazio-ne di tale paesaggio riceve il suo impulso maggiore,conservandosi nelle sue linee principali sino ad oggi.

Cultura e colture, mentre subiscono fortemente l’in-fluenza (...ed il fascino) del mondo arabo, riescono arielaborarla e sposarla con la grande tradizione classica,imprimendone gli indelebili segni, oltre che nel patri-monio culturale, nella fisicità del paesaggio. Non quin-di in meri caratteri stilistici, più evidenti in luoghi didominazione araba quali Sicilia o Andalusia, ma piùprofondamente strutturali, fino a condizionare l’ideastessa di giardino nell’unificazione di “bello” e “utile”.Fino a definire ante litteram quel concetto di “giardinomediterraneo”, comunemente inteso come giardino diagrumi, integrato da specie orticole e ornamentali, checoincide con quello di paesaggio mediterraneo antro-pizzato. Ad ulteriore riprova il termine “giardino”, nel-l’accezione locale, non fa differenza tra concetto utilita-ristico - frutteto, orto - e quello più propriamente esteti-co-contemplativo.

La trasformazione del paesaggio amalfitanoIbn Hawqal, famoso viaggiatore arabo che visitò Napolinegli anni 972-973 così parla di Amalfi: «Poi c’èAmalfi, la città più ricca della Lombardia, la più nobile

Il paesaggio d’agrumi della Costa d’AmalfiTesto e foto di Enrico Auletta, Architetto paesaggista AIAPP

e Luciano Mauro, paesaggista AIAPP

Le terrazze e le pergole di coltivazione, una volta molto più presenti nel paesaggio, spesso occupano luoghi impervi

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e la più illustre per le sue condizioni, la più frequentatae la più opulenta. Il territorio di Amalfi confina conquello di Napoli. Questa è una bella città, ma menoimportante di Amalfi»1.Un’opulenza ben apprezzabile sul territorio, per lapeculiarità del sistema commercio-agricoltura: la classemercantile amalfitana si generava dal tessuto agricolo, ead esso restituiva i frutti della sua attività. Mario del Treppo, in Amalfi Medioevale, ben descrivela situazione: «Infatti si tratta certamente di uomini di condizionemodesta, che tentano l’avventura sui mari, che nellaesaltante congiuntura del momento si fanno mercanti,ma non di sradicati, vissuti ai margini della società; essisono prima di tutto contadini, la cui estrazione è visibi-le nei cognomi fortemente plasmati dalle abitudini delmondo rurale (Zappafossa, Pullastrella, Alzasepe ...),che alla terra ritornano quando il tempo dell’avventurasui mari è finito, ed anzi con la terra mantengono unlegame costante: marinai-contadini dunque, un piedesulla barca, un altro nella vigna. Nei periodi delle loro temporanee assenze, perché inmare o su lontani mercati, provvedono al lavoro dellaterra la moglie, i figli, i fratelli, quanti della famigliarimangono a casa; altrimenti le piccole proprietà ven-gono fittate o temporaneamente alienate, per ricavarnequalche frutto, salvo a ricondurle sotto la propria diret-ta conduzione; (...) mai però questi uomini si risolvonoa liquidare completamente e definitivamente le loroproprietà per correre dietro ad una prospettiva e a unmodo di vita del tutto nuovi e diversi. (...) Questi piccolimercanti, armatori, proprietari di barche, pescatori,sono tutti possessori di vigne»2.È proprio l’ampliamento della coltivazione della vite, adiscapito di meno produttive colture di cereali e legumi,che, con lo spetramento, la recinzione con muri e il ter-

razzamento delle “terre vacue”, generalmente coinci-denti con terreni rocciosi e non boscati, genera la primaimportante trasformazione del paesaggio. Lo strumentoprincipe che la determina è l’affermazione diffusa delcontratto «ad pastinandum» che, al di là di norme chepossono qui interessare poco, contiene essenzialmentel’obbligo, da parte del concessionario, dell’introduzio-ne di specie o varietà nuove e più redditizie nel fondo,e non soltanto di mantenere e migliorare l’esistente(contratto «ad laborandum»). Principale oggetto deicontratti di pastinato, in questa prima fase, sono ilmiglioramento della coltura arborea del castagno, conl’introduzione di varietà più pregiate (particolarmentela dolcissima zenzale, oggetto di una forte esportazio-ne), e la diffusione dei terrazzamenti per la coltura dellavite, allevata su pergole di pali di castagno. Una così capillare trasformazione del territorio è anchefunzione della parcellizzazione della proprietà fondia-ria, dovuta allo status sociale dei proprietari e, per lamorfologia stessa del suolo, all’assenza della grandeproprietà. Del resto una così complessa e sofisticata tra-sformazione del territorio agricolo, condizionata daipesanti obblighi del contratto di pastinato, non potevaesprimersi che su ridotti appezzamenti. Ma è solo nel XIII secolo, quando l’influenza delmondo arabo è oramai consolidata, che si manifesta unapiù profonda trasformazione del paesaggio. Se l’aspet-to più evidente è la diffusione di roseti, frutteti e agru-meti, questi ultimi tradizionalmente considerati il segnopiù tangibile dell’influsso arabo, è in realtà nelle tecni-che di irrigazione e coltivazione, nonché nello sfrutta-mento intensivo del suolo, che esso si manifesta inmaniera determinante. Illuminante un brano di un autore spagnolo della finecinquecento sulle consuetudini agricole dei “Mori”:«(...) y hazen muy mal los señores que tienen granjas y

Pietra calcarea per i muri a secco di contenimento I teli neri “a rete” hanno sostituito il tradizionale frascame

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las dan a Moriscos, para que debaxo de ellos crìen ver-dura, y los señores lleven la fruta de los àrboles, y ellosse aprovechen de la hortaliza. En esto hazen muy mal,porque dexado del daño que reciben los àrboles con lamucha agua y estiércol, por amor de la hortaliza que lorequiere para criarse: dexa la tierra sin virtud, porque noay palmo de la tierra que no esté trabajando, (...)»3.Al di là del giudizio negativo dell’autore, che descrivela realtà agricola dell’interno della Spagna, risulta chia-ro che l’uso intensivo della risorsa “suolo” appare idea-le per le caratteristiche della Costiera Amalfitana. Lapossibilità infatti, in una situazione felice per clima,esposizione e disponibilità d’acqua, ma limitata dallamorfologia nella quantità di suolo, di trarne il massimoutile attraverso tecniche adeguate, produce nel territorioamalfitano una completa integrazione del modelloarabo con la tradizione locale.L’acqua viene captata a monte e canalizzata, per esseredistribuita, attraverso una fitta rete di canali e acquedot-ti, a cisterne e peschiere dimensionate sull’appezza-mento da irrigare, a loro volta afferenti ai solchi di irri-gazione, e, attraverso un “troppo pieno”, a vasche postea livello più basso. Il passaggio dalla coltivazione della vite a quella degliagrumi lascia in eredità la struttura a pergola. Nel primocaso la specie deve essere sostenuta per le sue stessecaratteristiche, ma nel secondo, probabilmente frutto disuccessive sperimentazioni, soprattutto finalizzate allaprotezione della coltura, si inventa un sistema raziona-lizzato, originale rispetto al modello importato. Alle-vare gli agrumi su pergole consente di ampliare al mas-simo la superficie fogliare soleggiata, non coincidendosemplicemente con quella del terrazzamento, ma addi-rittura sporgendosi da esso o inclinandosi per raggiun-gere il successivo. In tale modo, in un territorio scosce-so ed esposto principalmente a sud, si eliminano le zone

d’ombra tra pianta e pianta, e tra pianta e terrazzi o muridi cinta. Inoltre si libera il suolo per una coltivazioneorticola a ciclo continuo, protetta d’estate dall’eccessivainsolazione, di fatto un ombraio, e soleggiata, nelle sta-gioni intermedie e d’inverno, a causa del più basso ango-lo di incidenza dei raggi solari. Nel periodo più freddogli agrumi venivano più facilmente coperti con frasche eincannucciate, con il duplice effetto di proteggerli daeventuali grandinate e dalla salsedine, e di mantenereuna temperatura meno rigida, sia per la maturazione deifrutti, che avviene nel tardo autunno, che per i prodottiorticoli. Il sistema si configura così come una vera e pro-pria “forzatura”, che permetterà poi l’introduzione ed ilsuccesso delle note varietà di limoni rifiorenti.Il geografo Blondo Flavio da Forlì, già a metà del XIIIsecolo, scrive degli agrumi di Amalfi e del golfo diSalerno in questi termini: «La regione di Amalfi è la più gradevole dell’interaItalia, produttrice di cedri e di pomi che chiamiamoarance».L’evoluzione del paesaggio raggiungerà il suo apice nelsecolo successivo, sia per quanto riguarda l’espansioneche per i caratteri oramai maturi. Il 24 novembre del 1343 è tradizionalmente considera-to la fine della lunga e gloriosa storia commerciale dellaRepubblica d’Amalfi:«In quel giorno fatale, una tempesta furiosa, accompa-gnata da un terribile maremoto, distrusse la parte bassadella città ed inghiottì tutte le installazioni portuali,incluse le famose mura che difendevano la città dalmare. Da quel colpo Amalfi non si riprese più »4.Al di là del dibattito sui reali motivi della decadenza,ancora aperto, è a questo periodo che si può far risalireil consolidamento della struttura del paesaggio, e l’ini-zio della sua fase di “conservazione”, che, nei suoicaratteri fondativi, giunge fino ai nostri giorni.

Pietra calcarea e legno di castagno insieme a calce e lapillo per il rustico a servizio del limoneto.

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Il risultato di questa lunga fase di elaborazione, dell’in-tegrazione delle esperienze e delle conoscenze derivan-ti dalle influenze arabo-persiane, di una trasformazionecosì radicale del paesaggio costiero, sarà la creazione diuna struttura le cui componenti ed invarianti coincido-no con quelle del giardino, più propriamente detto, ter-razzato e cinto di ambiente mediterraneo. Terrazze, muri, scale, pergole, vasche e canali, l’apertu-ra visiva sull’intorno, l’alternanza di luce ed ombra,l’uso sapiente di materiali poveri derivanti dall’ambien-te stesso, la ricca, colorata e profumata vegetazioneautoctona, in perfetta simbiosi con le forme, i colori e iprofumi di quella introdotta a fini utilitaristici, sono difatto gli stessi elementi che segneranno lo sviluppo ditale giardino attraverso i secoli. Certo con cambi di gusto, con introduzione di nuovespecie più propriamente decorative, ma sempre fondan-dosi su quella struttura di base impressa indelebilmentenel paesaggio. In quel paesaggio che si conforma comeun grande giardino, in cui i limiti tra l’uno e l’altro sfu-mano, in cui l’unione di “bello” ed “utile” appare ilcarattere predominante; quel carattere impresso, non daun famoso architetto dei giardini, ma da innumerevoli esconosciuti autori, uniti da un intento comune.

Limoneti terrazzati evidenti nel paesaggio

Bibliografia

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4A.O. Citarella op. cit., p.33.

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IL TERRITORIOIstituito nel 1989, il Parco Alto Garda Bresciano occu-pa una superficie di circa 38.000 ettari e comprende iterritori dei Comuni di Salò, Gardone Riviera, Tosco-lano Maderno, Valvestino, Magasa, Gargnano, Limonesul Garda, Tignale e Tremosine.A differenza degli altri Parchi ritagliati in zone sostan-zialmente omogenee e con interesse prevalentementenaturalistico, il Parco gardesano è caratterizzato da forticontrasti ambientali: altimetrici (dai 65 metri del lago aiquasi 2000 delle montagne più elevate), climatici, vege-tazionali (dalla macchia mediterranea agli endemismirupicoli subalpini). E la storia ha esaltato ancor più talidifferenze a causa del diverso sviluppo delle singolearee, in particolare dell’entroterra, rimasto sempre lega-to ad un’economia di montagna, a differenza della fa-scia costiera, storicamente interessata da precoci e va-riate attività produttive di respiro ben più ampio. E’ questa, in effetti, la vera novità del Parco gardesano:gli elementi di interesse ambientale si uniscono ad uningente patrimonio storico e culturale. I numerosi abita-ti, con episodi di alto valore artistico e testimoniale, si

articolano in una gerarchia che va dal centro con fun-zioni urbane (Salò), alla villa rinascimentale o settecen-tesca, alla città del primo turismo d’élite (GardoneRiviera), alle minuscole frazioni di un insediamentorurale e montano diffuso. Gli importanti segni di ar-cheologia industriale si affiancano alle originali archi-tetture rurali delle limonaie, o ai fienili di arcaica strut-tura dei Prati di Rest, sino alle prime testimonianze diun paesaggio del turismo.

LE LIMONAIE“Giardini disposti a forma di terrazza, piantati di limo-ni, hanno un aspetto d’ordine e di ricchezza. Tutto ilgiardino è adorno di pilastri bianchi e quadrati messi infila, situati a una certa distanza gli uni dagli altri inguisa che, come una scala, si elevano gradatamentesulla montagna”. Così descrive Goethe nel suo Viaggioin Italia, edito nel 1786, le limonaie del Garda, definiteanche giardini-serra. Le limonaie modellano il paesaggio del Garda nell’ulti-mo tratto di costa bresciana: il lago, soprattutto lungo lariva che da Limone porta a Salò, conserva infatti alcuni

Giardini di limoni nel Parco Alto Garda Bresciano

Testo a cura dell’Ufficio Cultura Comunità Montana Parco Alto Garda Bresciano

Ecomuseo Limonaia Pra de la Fam (Foto di Marino Colato - Archivio Parco Alto Garda)

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tra i più importanti esempi di limonaie, strutture archi-tettoniche uniche che testimoniano un’epoca in cui que-sti giardini di limoni erano famosi in tutta Europa.Probabilmente la coltivazione degli agrumi in questazona fu introdotta dai frati francescani nel XIII secolo,ma fu il lungo lavoro dei “giardinieri” locali a trasfor-mare le colline della riva occidentale del Lago nellazona più settentrionale di produzione di agrumi in Italia.

IL PRODOTTONell’immaginario comune gli agrumi richiamano il soleed il calore del Sud. L’esempio delle limonaie nell’AltoGarda spezza questa linea di continuità e di associazio-ne quasi matematica. Poeticamente chiamate giardini, lelimonaie arrivarono sulle rive del Lago di Garda duran-te il Medioevo: nacquero le caratteristiche grandi serreche ancora oggi vediamo, costruite in modo tale da pro-teggere le piante dal freddo dei mesi invernali, convetrate ed assi che venivano fissate alle strutture apertetra novembre e marzo. L’introduzione di queste coltiva-zioni non cambiò solamente l’aspetto del territorio ma lavita stessa degli abitanti della riviera, che da contadini,barcaioli e pescatori si reinventarono giardinieri.L’economia locale ebbe positive ripercussioni da questanovità: la produzione era abbondante, la qualità dei frut-ti pregiata e buono il commercio con i paesi europei.Nel periodo di massima espansione della coltura lelimonaie furono un’attività economica redditizia soprat-tutto per il centro di Gargnano, dove si trovava il 70%delle limonaie del Bresciano: da solo questo paese pro-duceva - nella metà dell’Ottocento - circa 4/5 milioni dilimoni l’anno. L’abolizione dei dazi doganali, lo svilup-po dei trasporti ed infine la malattia della gommosi por-tarono successivamente ad un sempre più veloce abban-dono di questa attività agricola. A noi rimangono lelimonaie come testimonianze murarie uniche di unperiodo in cui la coltivazione degli agrumi fu una verae propria industria locale.Limonaie della Rete Museale Alto Garda: Pra’ de laFam di Tignale e Castèl di Limone s/G.La vasta serra, ubicata in riva al lago, a monte dellaStrada Gardesana, tra le rocce a picco sul lago, in stret-ta connessione con esemplari secolari di cipresso ingruppo, risulta di notevole interesse paesistico – archi-tettonico. La limonaia costituisce il primo esempio distruttura museale realizzata dalla Comunità MontanaParco Alto Garda Bresciano. Dal 1985 la ComunitàMontana ha iniziato i lavori di recupero delle tre coleinferiori del Giardino Nuovo. Dopo interventi di consolidamento strutturale e di rimo-zione della vegetazione infestante, degli alberi morti,etc., si sono ripristinati gli elementi fissi di copertura esi sono ricostruiti, su modello di quelli storicamente, iserramenti del fronte solare. La limonaia viene quindi

coperta e chiusa secondo le tecniche tradizionali. Lalimonaia è stata dotata di impianti quali quello di illu-minazione, quello di irrigazione automatica e quello diriscaldamento ad aria. Storicamente, nelle notti moltofredde nelle limonaie venivano accesi dei fuochi cheprovocavano molto fumo all’interno della serra e richie-devano la presenza continua di un uomo. Sono state poiimpiantate 80 piante di agrumi (nella maggioranza li-moni, con qualche esemplare di mandarino e bergamot-to). Le piante, disposte secondo il tradizionale sestod’impianto e sorrette dalla storica incastellatura lignea,provenivano dai vivai della Liguria. La limonaia è stata dunque recuperata secondo le tecni-che storiche, ma, per ridurre gli alti costi di gestione, èstata anche modernizzata. In tal senso non si può direche la limonaia costituisca l’esempio di limonaia garde-sana storica, come quelle di altre zone. La LimonaiaPra’ de la Fam è quindi da considerarsi più un’inter-pretazione moderna, se pur di buona qualità, di quellache fu una coltura agricola tradizionale, piuttosto che undocumento storico integro. La limonaia è aperta al pubblico il mercoledì (10-12);da aprile a settembre anche il venerdì (15-17) e ladomenica (10-12).

Interno limonaia Pra' dela Fam (foto di Ruggero Bontempi)

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Oggi alla Limonaia è stato concluso un intervento diristrutturazione a fini didattico – museali. Al Prà de laFam è stato realizzato un allestimento “leggero”, noninvasivo, tuttavia in grado di offrire informazioni essen-ziali per la comprensione del luogo. Il primo percorso divisita riguarda l’area esterna al lago, dove sono statiposizionati tre pannelli informativi; il secondo l’areaesterna a monte, da dove si ha una visione complessivadel «giardino vecchio», posto sopra il «giardinonuovo», quello oggi occupato dalla limonaia, ma che untempo rappresentava solo una porzione del complessoproduttivo. All’interno sono stati poi creati altri percor-si e un “osservatorio”, ricavato nell’attuale depositodelle assi e delle vetrate utilizzate per la chiusura inver-nale della limonaia (che assicura una temperatura supe-riore di circa 3 gradi rispetto a quella ambientale, ilminimo indispensabile per far sì che le preziose pianted’agrumi possano superare indenni anche le più freddegiornate invernali). La Limonaia del Castel si trova nel centro storico diLimone sul Garda ed è uno di più antichi e caratteristi-ci giardini d’agrumi del Garda. La struttura è di originesettecentesca, documentata nel catasto napoleonico del1817. Il progetto di recupero è stato portato avanti dal-l’amministrazione comunale, che la acquistò nel 1995,con l’intento di tutelare e valorizzare la cultura del lavo-ro umano e manuale su cui si basano queste complesseopere di ingegneria agricola. La limonaia fu costruita aridosso delle pareti rocciose del Monte Sughera, secon-do la tecnica della coltivazione a terrazza. Facilmenteaccessibile, alle spalle del lungolago e le vie Orti eCastello, è dotata di un centro didattico-museale per-manente ricavato in un antico “casello” per il ricoverodegli attrezzi. La particolare attenzione alla didattica si nota nell’of-ferta di un pacchetto per le scuole specifico sulle limo-naie, formulata dal Museo del Parco Alto GardaBresciano - Centro Visitatori o insieme alle altre tipolo-gie di visita. Tra le tematiche trattate troviamo l’origine della colturadel limone sul lago: la leggenda di san Francesco; lalimonaia come architettura caratteristica del Garda; ilavori nella limonaia nel corso dell’anno e gli strumen-ti del giardiniere; il commercio e la vendita con le causedella crisi della produzione gardesana; l’abbandono e latrasformazione delle limonaie; la pianta del limone e iprodotti derivati dal suo frutto; oli essenziali, spezie epiante aromatiche; la struttura della limonaia del Pràdela Fam. La giornata si conclude con la visita ad una delle ultimelimonaie rimaste ancora in funzione lungo la spondabresciana. All’interno del Museo del Parco è anche pos-sibile consultare testi ed audiovisivi dedicati.

ALTRE LIMONAIE NEL PARCOLa limonaia di “Reamòl” a Limone sul GardaIl litorale che dal nucleo più antico di Limone si esten-de fino alla punta di Reamòl, verso Riva, è un susse-guirsi fitto e piacevole di limonaie, tra le più vaste emonumentali dell’intera costa gardesana.Le limonaie a GargnanoGargnano fu il primo e maggior centro della coltivazio-ne degli agrumi sul Garda. Qui, nel 1840, fu costituitala Società Lago di Garda per l’esportazione dei limonisui mercati europei. Una delle limonaie ancora in fun-zione è di proprietà del sig. Giuseppe Gandossi, che concura prosegue l’attività di coltivazione degli agrumi,per pura passione personale.Limonaie a BezzuglioBezzuglio è una minuscola frazione collinare del comu-ne di Toscolano Maderno. Il paesaggio conserva ancorail fascino di un tempo, con i pilastri e le muraglie di pie-tra, caratteristiche delle limonaie.Gardone RivieraAddossata alla Chiesa di S. Nicolò, nei pressi delVittoriale degli Italiani, è uno dei pochi esempi rimastiin paese di ”giardino di limoni”, il più caratteristico dalpunto di vista architettonico.

Interno della Limonaia del Castel

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In una metropoli così assediata dal traffico e dal cemen-to, Parco Nord è una risorsa straordinaria: oltre 600ettari tutelati tra i quartieri della periferia nord diMilano, di cui 350 a verde, organizzati in zone boschi-ve, radure, filari, macchie arbustive, siepi e piccolispecchi d’acqua. La sua ideazione risale alla fine deglianni ‘60, ma è solo nel 1975 che viene riconosciutodalla Regione Lombardia come parco regionale. La suagestione è affidata ad un Consorzio composto dai seiComuni intorno al Parco e della Provincia di Milano.Il parco sorge in un contesto tra i più densamente urba-nizzati d’Europa, caratterizzato dalla presenza di stori-che fabbriche (oggi quasi del tutto scomparse a seguitodella de-industrializzazione) e grandi quartieri ediliziche, nel tempo, hanno saldato la periferia nord di Milanoal suo hinterland senza alcun disegno urbanistico. Grazie all’istituzione del Parco, i residui appezzamentiagricoli scampati alla cementificazione e condannati ascomparire in breve tempo, sono stati in parte bonifica-ti, rinverditi ed attrezzati per la fruizione pubblica; in

parte sono rimasti intatti, a testimonianza delle profon-de modificazioni subite dal territorio. La gestione di Parco Nord è molto vivace e svariate atti-vità lo animano e lo difendono da usi impropri: tra que-ste il Festival della Biodiversità, quest’anno alla sua 2°edizione, svoltosi dal 18 maggio all’8 giugno. La biodiversità è quel patrimonio universale frutto di tremiliardi e mezzo di anni di evoluzione, che rischia oradi essere fortemente impoverito e che, al contrario, deveessere salvaguardato per garantire la nostra vita e quel-la delle generazioni future. Obiettivo del festival è coin-volgere sempre più persone a comprendere ed apprez-zare l’importanza della riqualificazione ambientale enaturalistica, i paesaggi rurali e naturali anche nellegrandi città, gli ecosistemi a rischio di estinzione, leculture rispettose della natura.Tra le molteplici funzioni e valenze della biodiversità, ilprogetto “Tornare alle Origini” di PROGETTO NATU-RA- PN Studio di Milano ha inteso evidenziare l’aspet-to terapeutico e rigenerativo connesso alla natura.

Tornare alle originiTesto e foto di Francesca Neonato - Agronomo paesaggista, PN Studio Milano

Il secondo cerchio degli arbusti da fiore e da bacca

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Per lungo tempo la natura è stata al centro della vita del-l’uomo portando insegnamenti e valori, come il sensodel tempo, l’integrazione, la diversità ed elargendodoni: dal campo del puro piacere edonistico-visivo, aquello alimentare per approdare a quello medico. Cosìse un tempo relazionarsi in modo diretto alla natura erapratica comune e indispensabile, studiandola, manipo-landola e ricavandone i prodotti più svariati, con lo svi-luppo della tecnologia e delle scienze (in particolare lamedicina) e con l’allontanamento dalla produzioneagricola, oggi non è più così. D’altronde è dimostrato come la psiche dell’uomo si siaevoluta in simbiosi con la natura, il genere umano è pro-grammato per avere un’affinità con essa. Tale predispo-sizione è detta biofilia (Wilson), è definita come innato,ereditario ed inconscio bisogno biologico dell’uomo dicercare il legame con la natura. E’ proprio l’esclusionedi essa dalla nostra quotidianità a determinare alcuni deiprincipali disagi rintracciabili nella sfera fisica e psico-logica dell’uomo; il ricongiungimento dell’uomo con ilcontesto naturale è vitale e non è differibile.Il progetto si è articolato in 3 distinti eventi, collegati daun filo di Arianna sia su un piano simbolico che ecolo-gico.Il primo elemento di questo percorso rigenerativo è ilnido-scultura di Maria Grazia Bruno “Rebis”, che vuolerappresentare la sintesi fra cielo e terra, utilizzando il lin-guaggio simbolico delle antiche tradizioni che sono all’o-rigine delle nostre culture. Il violetto rappresenta il colo-re dell’energia dell’uccello che costruisce il proprio nido:ottenuto con uguali proporzioni di rosso (la terra, lapotenza ctonia) e di azzurro (il cielo che la feconda), èsimbolo di equilibrio fra lucidità e azione riflessa, sensi espirito, passione ed intelligenza, amore e saggezza.Lo specchio, dal latino speculum, ha dato origine allaparola speculazione: in origine speculare significavaosservare il cielo e i relativi movimenti delle stelle conl’aiuto di uno specchio. Da qui deriva nella tradizioneun simbolismo estremamente ricco sul piano conosciti-vo. Che cosa riflette lo specchio? La verità, la sincerità,

il contenuto della coscienza. Rebis, nella tradizioneermetica rappresenta l’unione di sole e luna, di cielo eterra, essenzialmente UNO, apparentemente duplice.Il sentiero che da Rebis conduce al giardino di MadreNatura, è punteggiato dagli 8 nidi realizzati con mate-riali naturali (rami, paglia, licheni, pigne) all’interno diun laboratorio esperienziale condotto da PROGETTONATURA- PN Studio con gli ortisti del Parco.Ecco quindi il giardino: pur manifestandosi immediata-mente come luogo piacevole, il giardino intende sugge-rire qualcosa in più, ovvero un legame più diretto e pro-fondo con la natura che ci circonda e quasi un abban-dono benefico tra le sue braccia.Infatti l’esperienza da vivere all’interno del Giardino,accompagnata dai racconti sui miti dell’associazioneEupsichia, ha come esito un progressivo e coscientericongiungersi alla Natura. Pur non essendo propria-mente un giardino terapeutico, in quanto non diretta-mente indirizzato a specifiche categorie di disagio,intende evidenziare l’enorme potenziale curativo,riequilibrante e rilassante insito nella natura, sia allostato spontaneo che progettata. Non solo piante quindi,ma tutte le componenti naturali concorrono a definireuna matrice, un sostegno sia per le attività terapeuticheche per quelle preventive ed educative.Il giardino è realizzato all’interno di un grande prato aridosso di un’ampia fascia boscata. L’ingresso è marca-to dalla preesistenza di due splendidi esemplari di bian-cospino (Crataegus monogyna), pilastri di un grandeovale di circa 20 metri, costituito da alberi da frutta(meli, peri, ciliegi, susini, fichi, nespoli europei) chedefinisce lo spazio simbolico oltre che fisico del giardi-no. Sullo sfondo l’ovale è completato da aceri campe-stri che si riconnettono alla fascia boscata retrostante.Il secondo cerchio più interno è costituito da arbusti fio-riferi e bacciferi, come ribes e lamponi, weigele e ligu-stri, a sottolineare le funzioni di nutrizione e protezioneper piccoli e grandi animali.Da questo cerchio un tunnel ombroso, di carpini bianchie vite americana, costituisce un corridoio verde che

Scultura vegetale di Madre Natura Biancospini all’ingresso del giardino di Madre Natura

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modifica la nostra percezione, costringendoci a chinareil capo e a farsi piccoli e attenti. Dal tunnel si arriva alterzo cerchio, delimitato da fiori e piante officinali cheaccoglie una figura femminile dormiente adagiata sulterreno. Ricoperta di prato, con capelli folti e scompi-gliati fatti da graminacee, stende la mano nel lago divetri blu e trasparenti. È lei Madre Natura, figura sim-bolica, generatrice di ricchezza e meraviglia che conaria distesa e tranquilla ci accoglie e protegge nel suoventre pieno di vita.Da sfondo rose dai variopinti colori (rosa, rosa pallido,rosso, giallo, giallo pallido), heuchera, solanum, vinca,ceanothus, ai piedi della Madre dei melograni, simbolodi fertilità e prosperità ma anche di morte e rigenera-zione. Sotto il grembo è posizionata della soffice sagi-na dal colore verde brillante.L’area del cerchio è all’incirca di 12 m² e ospita unnumero volutamente ridotto di persone per renderequasi privata l’esperienza.L’uscita è diversa dall’entrata: simbolicamente si trattadi un passaggio, un attraversamento che può portare alcambiamento del proprio stato emotivo e mentale.L’associazione Eupsichia di Milano ha condotto le visi-te guidate per adulti e bambini: il racconto di miti pro-venienti da civiltà in profonda sintonia con il mondonaturale, quali quelli dell’antica Creta minoica, haaccompagnato questo percorso altamente evocativo, percondurre il visitatore a ritrovare, attraverso l’unione tral’ascolto del filo della parola e le piacevoli sensazionivisive, tattili ed uditive provenienti dalla natura circo-stante, un diverso e più stretto contatto con l’universoarcaico e naturale in cui tali narrazioni simboliche furo-no elaborate. Nel tentativo di risentire dentro con mera-viglia, camminando e sostando nella bellezza, lo scor-rere ed il vivo pulsare di quel tempo cosmico, ciclico emisterioso, da sempre foriero di tranquillità interiore,scandito dal ritmo delle piogge e delle stagioni, che solole piante e gli animali oggi sembrano non avere dimen-ticato.Il giardino di Madre Natura vuole essere un esempio e

una proposta sia di progettazione che di esperienza chepuò trovare collocazione in diversi ambiti, quali ospe-dali, cliniche, scuole ecc. ossia strutture “dedicate” asupporto di diversi gruppi di ospiti, che si occupanodella cura della persona in termini terapeutici, riabilita-tivi, didattici od educativi. L’ambiente naturale, come iparchi e le aree naturalistiche, si prestano facilmentealle attività esperienziali proposte; queste però non sivincolano alla sola presenza di grandi spazi naturali masi possono svolgere in giardini pubblici o privati esi-stenti o progettati, anche di piccole dimensioni. Proprioin questi casi la qualità della componente naturale, intermini di complessità e biodiversità, determina la qua-lità esperienziale. Inserire delle piante in un ambiente può non bastare arendere la qualità della vita migliore; sono infatti lediverse componenti naturali a creare un sistema disostegno e vitalità per chi vive più o meno attivamentetale ambiente. Il benessere della persona deriva, infatti,dal sentirsi parte di un sistema grande, complesso ediversificato delle sue componenti e dal riconoscere laprofonda connessione tra noi stessi e tutte le altre formedi vita.

1° CERCHIOAlberi e grandi arbustiAcer campestreCalcanthus praecoxFicus caricaLaurus nobilisMalus domesticaMespilus germanicaPrunus aviumPrunus cerasiferaPrunus domesticaPyrus communis

2° CERCHIOArbustiBerberis t. f. atropurpurea

Zona intermedia tra il primo e secondo cerchio Grosse radici all’ingresso del tunnel che porta al III cerchio

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Calcanthus praecoxLigustrum ovalifolium ‘Aureum’Rubus idaeusRibes nigrum ‘Wellington XXX’Weigela ‘Bristol Ruby’

TUNNEL VERDEAmpelopsis quinquefoliaCarpinus betulusRosa ‘Alcantara’

3° CERCHIO MADRE NATURAAromatiche & OfficinaliSiepe perimetraleArbutus unedoBuxus sempervirensLaurus nobilisRosa ‘Lady Elsie May’

Gruppo Aromatiche-Rose GialloRosa ‘Rimosa’Rosa ‘Loredo’Rosmarinus officinalisRosa ‘Teasing Georgia’Santolina chamaecyparissusSalvia officinalisSalvia officinalis ‘Icterina’Thymus vulgarisThymus vulgaris variegatoThymus x citriodorus ‘Silver Queen’

Madre NaturaCalamagrostis x acut. ‘Overdam’Carex hachijoensis ‘Evergold’Ceanothus t. var. repensFestuca glaucaFragraiaHeuchera micranthaHeuchera micrantha var. diversifoglia ‘Palace Purple’Lavandula angustifolia ‘Hidcote’Lavandula spicaMentha x piperitaPunica granatum var. nanaRosa ‘Alcantara’Rosa ‘Lady Elsie May’Sagina subulataSolanum jasminoidesThymus x citriodorus ‘Silver Queen’Vinca minor

Bibliografia e riferimenti

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Atti del Convegno (2007) - Paesaggi terapeuticicome conservare la diversità per il “Ben-Essere”dell’uomo”, a cura di Adriana Ghersi, Universitàdegli Studi di Genova, Dipartimento POLIS,Sezione Paesaggio, ALINEA Editrice, Impruneta(FI).

Borghi C. (2007) - Il giardino che cura - Giunti edi-tore, Firenze.

Margheriti E. (2007), Terrazze terapeutiche,Torsanlorenzo Informa, 2007.

Minter S. (1995) - The healing garden, a naturalhaven for body, senses and spirit – Tuttle publishing,Londra.

Motulese M.R. (2006) - Il “CISA” a Mirandola.Dalla casa protetta al Giardino Alzheimer -Assistenza Anziani Luglio ’06.

Neonato F. (2002) - Il giardino delle stagioni -ACER n°1/02

Neonato F. (2006) - Il ghetto si colora di verde -ACER n°4/06

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Pedretti Burls A., Neonato F. (2005) - Il giardino cheguarisce - ACER n°6/05

Siti web:

www.pnstudio.netwww.eupsichia.itwww.festvalbiodiversita.itwww.healinglandscapes.orghttp://www.ahta.org/http://www.thrive.org.uk/www.naturetherapy.org

Ideazione e progetto di PROGETTO NATURA – PNStudio, Milano, www.pnstudio.netEsperienze guidate a cura dell’associazione Eupsi-chia – Centro psicologico Milano, www.eupsichia.it

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Tutti gli agrumi hanno frutti vistosamente colorati e fioriprofumatissimi, soprattutto quelli dell’arancio e del limo-ne noti anche come “Zagare” nome derivato da Zahri, fio-re in arabo.Studi recenti dicono che probabilmente i romani conobbe-ro il limone e il cedro nel primo secolo dopo Cristo per leconquiste dei territori orientali; in realtà la prima descri-zione del limone si trova negli scritti arabi del XII secolo.E’ quanto afferma il botanico Giorgio Gallesio (1972-1839) nel suo Traité du Citre, del 1811.La lucentezza del fogliame permanente, la vivacità delcolore dei frutti, e i profumati fiori bianchi certamenteaccrescono l’ammirazione per questo gruppo di piante cheassumeranno una nuova importanza nella concezione delgiardino. Francesco di Giorgio Martini (1432-1502), nelsuo “Trattato di Architettura”, pur rifacendosi a Vitruvio,rappresenta un passo importante nella impostazione deirapporti tra luogo e paesaggio ma soprattutto per l’idea diporre il giardino in diretto contatto con la casa per mezzodi portici, logge e scale in una composizione unitariadisciplinata da norme architettoniche. Dapprima questischemi trovano sporadiche ed incerte applicazioni ma benpresto la chiarezza delle sue concezioni e l’evidente sfor-zo di emancipazione avranno la meglio e porteranno amaturazione questa visione del giardino dando la premes-sa fondamentale delle grandi realizzazioni rinascimentali. Nel Quattrocento si teorizza un giardino nuovo, nel Cin-quecento ci saranno le grandi realizzazioni rinascimetali.Per vivificare le strutture in pietra, che con eleganza gli

architetti dei giardini inventano per accostarsi alla nuovaconcezione di fusione casa-giardino, gli agrumi in vasi diterracotta sono i protagonisti del verde. Soprattutto neigiardini di collina che caratterizzano il vero stile italianodove le forme murarie, trasformate in più leggere balau-stre e ripetute simmetrie nelle parti opposte, sono arric-chite da grandi contenitori in terracotta ricolmi del verdelucido degli agrumi o in più piccole anfore.Queste presenze oltre a sottolineare le linee del disegno,fanno nascere una curiosità nel visitatore che viene prepa-rato così gradualmente alla contemplazione del giardinovero e proprio. È così si cominciano ad interrompere lestrutture architettoniche, e a mescolare il verde a materia-li inerti, a moltiplicare l’attenzione dei punti d’incontrodei viali: a questo si aggiunge la possibilità, in climi fred-di per alcune piante termofile, di essere ricoverate in serrafredda che spesso viene chiamata limonaia.La pratica di interrompere il costruito nel giardino con ivasi di agrumi dà spazio anche all’uso di disporre i limo-ni nei loro contenitori, in aiuole cinte di bosso come nelgiardino dei limoni di Villa Capponi, nella splendida cor-nice di Villa Ruspoli a Vignanello, nel giardino dei limonidi Villa Palmieri, nel piccolo giardino circolare di VillaRizzardi Pojega e ancora da ricordare i vasi di VillaBonaccorsi, del Castello di Agliè e di Villa Doria Pam-phili. Gli agrumi della lontana origine orientale non dannopiù ricordo tanto nella nostra terra, sono ad essa connatu-rati: quale più poetica citazione in quella Goethiana “Nonconosci la terra dove fioriscono i limoni…”.

I limoni in vasoTesto di Paola Lanzara - Presidente Giardino Romano – Garden Club

Limoni in vaso nel giardino La Petra (Firenze)

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L’architettura è in grado di affrontare le grandi questio-ni dell’umanità perchè l’architettura, se pur mediatadalla sensibilità personale dell’architetto è: cultura,stratificazione storica di culture anche molto diverse traloro – comunicazione tra culture e tra differenti stratisociali – futuro, la sopravvivenza dell’uomo è stretta-mente legata all’architettura e al modo di fare architet-tura, nell’ambiente costruito e in quello naturale.

Tema centrale del XXIII Congresso Mondiale diArchitettura, organizzato dall’UIA (International Unionof Architects) è Transmitting Architecture – Trasmet-tere l’Architettura.Un titolo che il padre dell’architettura partecipata,Lucien Kroll, intervistato dal Giornale dell’Architetturadefinisce “inopportuno”...“una definizione che sottin-tende il possesso da parte degli architetti di un’archi-tettura già bella e fatta da trasmettere con generositàagli utenti..”...“non condivido il valore dell’architettu-ra in quanto oggetto autonomo, chiuso in se stesso,arrogante, definitivo e che nulla deve al contesto in cuisi trova.”Sottotitolo del congresso e slogan del convegno è “l’ar-chitettura è per tutti”.Se “per tutti” significa che tutto passa attraverso l’ar-chitettura e quindi non solo l’aspetto pratico dell’abita-

re e della convivenza sociale, ma anche l’emozione, lasuggestione e cioè che la nostra vita è fortemente dipen-dente dall’architettura, è una realtà innegabile, troppospesso sottovalutata. Tutti sono coinvolti dall’architet-tura in gran parte della loro vita.Ma se “per tutti” significa che chiunque può occuparsidi architettura e fare architettura, non sono d’accordo.L’architettura è un’arte troppo importante.L’architettura, come del resto la musica, è per tutti, manon è democratica perchè è in grado di influenzare for-temente i nostri comportamenti anche in modo subdoloe da sempre viene utilizzata per questo scopo nel benee nel male.Pensiamo alle chiese, alle fortezze, alle piazze, alle resi-denze palladiane..., prima ancora di rispondere alloscopo funzionale lanciano dei messaggi di suggestioneinequivocabile.Ci sono fortezze che non sono mai state attaccate perchè laloro imponenza ne scoraggiava anche solo il pensiero, cisono chiese nelle quali è impossibile il raccoglimento per-chè pensate per incutere suggestione e sottomissione, cisono ville dove è scomodo abitare perchè sono solo rap-presentative del potere di chi le possiede, abbiamo costrui-to palazzi enormi per mostrare che lo stato può dare ospi-talità a chi se lo merita prima ancora di sapere se sonoveramente adatti alla convivenza individuale e sociale.

XXIII Congresso Mondiale di Architettura - UIATORINO 2008

Testo di Edoardo Milesi - ArchiettoFoto di Giulia Milesi

Michael Sorkin

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Così dopo Barcellona, Beijing, Berlino e Istambul ilcongresso mondiale degli architetti è a Torino.Ci vado con mia figlia al 3° anno di architettura e arri-vo domenica sera alla Reggia di Venaria sotto un cieloplumbeo.Le poche automobili nei parcheggi non ancora ultimatie semiallagati da recenti temporali ci spinge a control-lare il programma. 19,30 – 22,30 cerimonia di aperturadel congresso e celebrazione del 60° anniversario dellafondazione Unione Internazionale Architetti.Giriamo attorno al cantiere e ci appare la folta popola-zione multicolore e multietnica degli architetti che, piùinteressata alla Reggia che ai discorsi delle autorità,satura il parterre neobarocco, si ripara dagli scroscid’acqua sotto il porticato di Castelvecchio, passeggianelle stanze del palazzo come fosse sempre stata lì.Un diluvio improvviso e poi un raggio di sole al tramon-to dritto sull’orologio di Castelvecchio danno la stura aun convegno ricco di incontri, povero di dibattiti.Gli architetti che contano amano soprattutto ascoltarsi.Lunedì mattina ci rendiamo subito conto che è impossi-bile seguire tutto, ma vogliamo fare una scorpacciata checi nutra almeno fino al prossimo congresso di Tokyoquindi pianifichiamo un programma a largo spettro.Gli argomenti hanno l’ambizione di focalizzare l’atten-zione sulle problematiche legate alla crescita e lo svi-luppo della società globale con soluzioni improntate auna sempre maggiore sostenibilità economica, ambien-tale e territoriale in genere.Pochi incontri per il progetto sul paesaggio, paesaggiourbano, paesaggio naturale, paesaggio agricolo, paesag-gio artificiale.Del paesaggio si parlerà nelle main session di lunedì,moderatore Carla di Francesco e di mercoledì, modera-tore Andreas Kipar con Rohit Aggarwala, Claudia Cas-satella, Rolf Kühn, Claude Raffestin, James Wines.Ancora una volta forse il paesaggio, il progetto del pae-saggio, è solo un valore aggiunto rispetto alle grandiproblematiche ambientali e sociali. È un esercizio perpochi intellettuali romantici.

Spero di no, credo fortemente che l’esigenza per unacultura ambientale debba necessariamente passare dauna profonda coscienza progettuale ugualmente riparti-ta tra l’urbanistica, l’architettura e il verde quale ele-mento essenziale dell’ecosistema urbano e extraurbano.Il poco interesse per il paesaggio si coglie con stridorequando l’architetto Hani Rashid risponde alle importantiquestioni poste da De Michelis, moderatore della primatavola rotonda (come definire l’architettura oggi nei suoirapporti con la città e con l’ambiente) sciorinando unamoltitudine di sinuosi e insulsi grattacieli da costruire ingiro per il mondo, magnificamente modellati al CAD.Una specie di abaco di forme attorcigliate in una tristeomologazione, vittima del computer, senza nessun inte-resse per il contesto, peraltro mai neppure rappresentato.Solo Betsky risponde con eleganza alle pressantidomande del professor De Michelis promettendo, nellasua biennale di Venezia, di andare “oltre l’architettura”e dimostrando una sensibilità che azzera tutte le critichenei suoi confronti e promette molto bene.Arriviamo in ritardo al colloquio di Jolanda Lima conPaolo Soleri per il protrarsi di un’intrigante confrontoprovocato da un tema classico: mestiere e creatività traZhu Pei, George Kunihiro, Italo Rota e MarkAnthony Wigley.Una folla sicuramente inattesa quella che accoglie e insilenzio ascolta le tremanti parole dell’ottantanovenneSoleri. I più sono fuori nei corridoi trattenuti dalla sicu-rezza.L’ideatore dell’Arcologia, ma soprattutto il fondatoredelle comunità di Cosanti e Arcosanti in Arizona - ingenerale poco considerato dalle nostre università - è ingrado di suscitare grande emozione anche nei giovanis-simi che non lo conoscono e alla fine della conferenzalo accompagnano come un profeta.Per Paolo Soleri “il mestiere dell’architetto deve radi-calmente cambiare, mettendo al centro della riflessioneun uomo nuovo, anticonsumistico”.Martedì 1 luglio è la giornata delle grandi lectio magi-stralis.

Design in mostra al Lingotto Peter Eisenman

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Apre Mathias Klotz, spiccio, sintetico, umile, moltopiacevole e soprattutto bravo.Critico del fenomeno contemporaneo dell’Architettura-Spettacolo, dove quel che conta non è più il contenuto mala singolarità del contenitore, presenta architetture noneccezionali ma quotidiane, sempre calate nel contesto inmodo raffinato, attendo al dettaglio e alla materialità.Teodoro Gonzales de Léon (1926), medaglia d’oroUIA 2008, l’architetto più rappresentativo dell’architet-tura razionalista sudamericana, allievo di Le Corbusier,presenta le sue architetture, monumentali quasi scono-sciute a critica e pubblico europeo, in un interessanteexcursus cronologico, sostenendo una lezione di archi-tettura moderna che riesce a commuovere me e miafiglia Giulia con pari intensità, dimostrando che nellaricerca di un’architettura emozionale il computer non èuno strumento essenziale, se addirittura non ne costitui-sce un limite.Massimiliano Fuksas mostra da subito le sue doti daistrione chiedendo di spegnere le luci e gli schermi su dilui per lasciare spazio solo alla sua architettura, fruttonon solo di sensibilità e creatività, ma anche di verafatica quotidiana che si può sostenere solo con unagrande passione.La sua lectio, in un palasport gremito di architetti, èsoprattutto un incitamento a sperimentare e a costruire.La lectio magistralis di Peter Eisenman è al Palavela lamattina successiva. E’ la seconda volta negli ultimi dueanni che in Italia ascolto quello che è stato il maestrodella trasgressione, colui che attraverso la storia dell’ar-chitettura ha voluto insegnare la necessità di mantenerel’architettura nell’ambito del progetto metafisico.Eviterò una terza volta limitandomi ai suoi scritti.Buona parte della lezione la spreca per criticare learchistar europee (che lavorano più di lui), apre undibattito col pubblico che chiude subito dopo la prima

critica per concedersi ai flashes del pubblico che siassiepa sul palco per l’autografo.Dominique Perrault nel pomeriggio parla dei suoilavori in modo pacato e professionale. È per me una veralezione e lo spunto forte su quello che determinerà e sta’già determinando la trasformazione dell’architetturamediante la neutralizzazione della forma architettonica. L’edificio non si giustifica più in un contesto urbanoche in continua e incessante trasformazione si deveadattare a una mobilità sempre crescente, a densità dif-ficilmente programmabili, a inquinanti imprevedibili.L’urbanistica, la pianificazione territoriale ha lasciato ilposto alla contrattazione. La città, da luogo rassicuran-te di radicamento, diventa un insieme di paesaggi spes-so poco relazionati tra loro.Gli edifici di Perrault da tempo hanno perso la connota-zione dell’edificio tradizionale con muri, finestre e tettie questo perchè, lui dice “occorre pensare all’architet-tura in termini di paesaggi, essere quindi consapevolidel fatto che stiamo creando paesaggi artificiali, che lanatura in cui viviamo è sempre più artificiale...“ occor-re sostituire il muro con un “in mezzo” un tipo nuovo dispazio che susciti la curiosità degli utenti, ne colpiscal’emotività”.9600 iscritti, 8645 registrati, una folla di partecipantiinattesa, una grande arena dove soprattutto si è percepi-ta la voglia di incontrarsi e discutere.Positiva la numerosità e anche la sovrapposizione e stra-tificazione di sessioni, convegni e mostre e la possibilitàda parte dei convegnisti di entrare e uscire dalle stanzedei dibattiti dimostrando il loro consenso o dissenso.Una formula vincente per incontri su temi così vari evasti che non possono essere esaustivi ma provocatori.Gli architetti se ne vanno con ottimismo e voglia di fare.Arricchire e migliorare il prossimo convegno dipendeda tutti noi.

Massimiliano Fuksas Lingotto sezione concorsi

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Verde dorata foglia buttata nel pelago ...conclude così in un poema la descrizione della sua isolail poeta cipriota Leonidas Malenis.Con questo breve articolo intendo introdurvi all’isola diVenere, molto di più ne scoprirete da soli visitandola inqualsiasi stagione.La flora di Cipro comprende 1908 varietà di piantedelle quali 139 endemiche (sesta in Europa), molte diqueste piante endemiche sono considerate rare, perchési incontrano in limitatissimi luoghi, e minacciate, per-ché sempre più a rischio, a causa degli interventi umanisul territorio.Dall’invasione militare turca del nord di Cipro, nel1974, ad oggi, la popolazione rifugiatasi nel sud dell’i-sola ha sconvolto irrimediabilmente, in certi luoghil’assetto rurale dell’isola. La necessità di nuove retistradali, la militarizzazione di luoghi, prima inaccessi-bili ai mezzi motorizzati, per la difesa del territorio,hanno fatto sì che alcune specie endemiche vegetino inaree molto ristrette. Questi fattori contingenti e negati-vi hanno comunque fatto crescere nella collettivitàcipriota la consapevolezza della necessità di proteggeree conservare la sua flora.Percorrendo l’isola (terza in grandezza nel mediterra-neo) che si estende per circa 200 km in longitudine e 90in altitudine, si nota che la flora cambia a seconda del-l’altitudine a breve distanza (zone a vegetazione cespu-gliosa a pochi metri dal mare le troviamo ad Akamas,Cavo greco, Akrotiri e la zona di Karpassia e sonocaratterizzate da Juniperus phoenicea).La penisola di Akamas, a nord ovest di Pafos è un’areaunica per la notevole varietà di vegetazione, fauna,composizione geologia, bellezza di panorami, spiagge ecoste rocciose e ricca eredità storico-culturale.Si narra che il nome derivi dal figlio di Theseo,Akamos, e che Afrodite usasse bagnarsi in queste splen-dide acque.Il clima particolarmente ospitale, è caratterizzato dacorti inverni, in cui la temperatura è intorno ai 16°, elunghe estati calde e secche, in cui si raggiungono i 31°.Akamas ha un sorprendente valore ecologico e scienti-fico; ospita infatti 530 specie botaniche di cui 33 ende-miche ed una fauna numerosa, 168 varietà di uccelli, 12di mammiferi, 20 di rettili e 16 di farfalle. La vastagamma di formazioni geologiche dell’isola è intera-mente presente ad Akamas, e combinandosi con la topo-

grafia dell’area, dà luogo a differenti micro climi chefavoriscono le varietà della flora e soprattutto l’elevatonumero di endemiche. Ci sono percorsi indicati, rivoltiai non-specialisti desiderosi di osservare e scoprire dasoli alberi e arbusti che incontrano lungo il percorso,Juniperus phoenicea, Pistacia lentiscus, Quercus cocci-fera ssp. calliprinos, Pinus brutia, Ceratonia siliqua,cespugli bassi di Cistus ssp., Salvia fruticosa, Tulipacypria, Cyclamen persicum, il Ranunculus asiaticus edaltri.Il Cedrus brevifolia cresce maestoso in una zona circo-scritta nella foresta di Paphos, (in diversi sentieri nelbosco la vista delle cime di questi alberi è un emozioneindescrivibile) ... mentre sul Troodos convive con ilPinus brutia. I boschi di Pinus nigra ssp. pallasiana chesi trovano da 1200 a 1950 m. sono forse i territori piùricchi di varietà botaniche.In alcuni posti il Pinus nigra convive con il Juniperusfoetidissima; è caratteristica anche la presenza diArbutus andrachne, di Juniperus oxycedrus, del Sorbusaria ssp. cretica, della Berberis cretica, della endemicaGenista sphacelata ssp. crudelis, della Rosa chionistraecon i caratteristici cinorrodi, del Crocus cyprius edaltre.Nei terreni coltivati, ai margini dei campi e sulle stradedi campagna fioriscono i gialli Chryranthemum corona-rium, l’Anemone coronaria, la Tulipa agenensis, laSilene aegyptiaca, la Matricaria recutita var. coronata,il Gladiolus byzantinus ed altri fiori che a turno forma-no estesi tappeti di colore, come le scie gialle di ferule

CiproVerde dorata foglia del Mediterraneo

Testo e foto di Veronica Hadjiphani Lorenzetti

Ranunculus asiaticus

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fiorite lungo le strade asfaltate, in marzo-aprile.La piccola zona acquitrinosa intorno a Phassuri, ed ilaghi salati di Akrotiri a Limassol e di Larmaca, - visi-bile già all’uscita dall’aeroporto di Larnaca - offronorifugio a vari uccelli migratori a seconda della stagione. Lungo i fiumi e vicino alle sorgenti d’acqua, troviamouna ricca vegetazione di Platanus orientalis in maesto-si esemplari, Nerium oleander, Laurus nobilis, Styraxofficinalis, Alnus orientalis, Menta longifolia ssp.cypria, Myrtus communis, Solenopsis minuta ssp. nobi-lis. La catena montagnosa di Troodos ha un’importanzageologica che va oltre i confini dell’isola: il suo com-plesso ophiolitico, uno dei pochi al mondo, permettericerche finalizzate alla conoscenza della formazionedella crosta terrestre; mentre monasteri e villaggi, ospi-tali e caratteristici, sono punti di partenza e arrivo dipercorsi naturalistici.Non si possono dimenticare le orchidee: 61 varietà diorchidee spontanee delle quali 4 endemiche, l’Ophryskotschyi, l’Ophrys lapethica, l’Orchis troodi e laSerapias aphrodite.

I giardini di Cipro, siano essi in villaggi o in città, pic-coli e grandi hanno tutti tre piante in comune: il gelso-mino, l’arancio, il limone o il mandarino ed il melogra-no. Nelle sere d’estate, è inconfondibile il soave profu-mo del gelsomino, che lungo le strade in città o in paeseconcilia la calma ed il riposo dopo una giornata dicaldo.A primavera, gli agrumi in fiore, il cui profumo è per iciprioti strettamente legato alla Pasqua ed alla gioia,offrono alla vista uno straordinario laboratorio apistico.A causa della scarsa quantità di acqua disponibiledurante l’estate (quest’anno è proprio razionata) neigiardini si vedono sempre di più piante capaci di so-pravvivere alla siccità estiva; fanno bella figura cacta-cee che raggiungono dimensioni notevoli, vari tipi dificus, palme e cicas, hibiscus di tutti i colori, da giugno

fino a tutto ottobre è fiorita la Plumeria che raggiungedimensioni di piccolo albero con spettacolari profuma-tissimi fiori in competizione con il profumo del gelso-mino, né sono da meno la Delonix flamboyant con esu-beranti fioriture e le bougainville un po’ più esigentid’acqua.Da dicembre con le prime piogge, cominciano a spun-tare i narcisi e le giunchiglie, a febbraio, marzo, le fre-sie piccole bianco-crema, le calle, i ranuncoli, e vasi edaiuole di Hippeastrum rossi o bianchi striati di rosso,seguiti a maggio dai Delphinium in tutti i toni del blu erosa, invece le rose damascate e moderne fiorisconogenerose all’ombra di maestose araucarie, perché ognigiardino piccolo che sia sembri un giardino botanico.A Cipro non ci sono parchi o grandissimi giardini pri-vati, ma tanti piccoli giardini con un’incredibile varietàdi piante che assicurano fiori in tutte le stagioni.Il paesaggio agricolo costiero del sud est è dominato dacampi di terra rossa destinati alla coltivazione dellepatate, - le prime ad arrivare sul mercato tedesco edinglese - che si stagliano contro un mare profondamen-te turchese; la vite, coltivata nell’isola fin dall’antichitàoccupa ancora grande parte del territorio collinare: sonoin prevalenza vitigni di vecchie varietà per la produzio-ne di vini tradizionali, con l’aggiunta di nuove varietàimportate negli anni recenti per la produzione di nuovivini dai toni sempre caldi. Il Vériko o Karidostàfilo èuna varietà di uva da tavola di eccellente gusto e resaoltre che di bellissimo aspetto, viene allevata a pergola-to in quasi tutte le case sia in città che in campagna.Mentre la sultanina dorata a chicco piccolo viene utiliz-zata sia per la vinificazione che per il consumo fresco el’essiccamento.I fichi, parte integrante del paesaggio di pianura e bassacollina insieme agli ulivi e la Ceratonia siliqua, (tegamarina), sono coltivati come in tutti i paesi delMediterraneo fin dall’antichità. Troviamo le varietà lo-cali di fico come il Vasanàto ed il Vàrdico per il consu-

Araucarie e palme - Limassol Foto dell’isola in primavera

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mo fresco mentre lo Smirneico introdotto da Smirne dapiù di un secolo è più adatto all’essiccamento.Decisamente il colore di Cipro è il giallo, l’inverno coni limoni, a primavera con i campi di Crisantemum e l’e-state con i campi di erba secca giallo-dorato.

Veronica Hudjiphani Lorenzetti, cipriota. Disegnatrice,vive e lavora in Italia si occupa di illustrazione botani-ca e disegno di giardini tematici in Italia, Cipro,Francia e Germania, è socia AICU, AssociazioneItaliana Curatori di parchi, giardini ed orti botanici.

“Impressioni”Un monaco italiano, Giovanni Mariti nel 1760 scrive.“La terra produce ogni tipo di erba commestibile edaltre piante selvatiche, la conoscenza più approfonditadi queste contribuirà in maniera non indifferente allafama della botanica. La frutta è rara perché gli alberisono stati trascurati ma l’isola è ricca di fiori senzacure coltivari; crescono giacinti, anemoni ranuncolisingoli e doppi, narcisi che portano fino a 14 fiorellinia stelo. Crescono sulle montagne e sono molto richiestiin Francia ed Olanda dove ne spediscono migliaia ognianno. I giardini sono ricchi di ogni tipo di agrumesoprattutto arance con fine ed eccellente aroma. Tra ifiori selvatici si trova una piccola orchidea che noichiamiamo fiore ape ed i greci ape per la sua assomi-glianza all’insetto. Da questa nascono uno o due stelicon 5 o 6 fiori cadauno, la radice è bulbosa ed il suosucco si usa per curare le ferite!...”

“La coltivazione delle piante aromatiche e farma-ceutiche”Nel 1991 il Dipartimento Agricoltura del Ministerodell’Agricoltura e Risorse Naturali ha studiato e messoin pratica un piano per lo sviluppo della coltivazionedelle Piante aromatiche e farmaceutiche. Lo scopo preciso è stato di coprire il fabbisogno del

mercato interno ed in seguito di promuovere l’esporta-zione.Quindi è stato organizzato un vivaio statale per fornirele piante o i semi ai coltivatori interessati. Contempora-neamente sono state avviate coltivazioni sperimentali invarie zone dell’isola sui terreni di diversa consistenza,ed è stato constatato che in molte località prospera laproduzione di: Ocimum basilicum, Salvia fruticosa e S.officinalis, Lavandula hybrida e L. vera, Capparis spi-nosa, Origanum majorana e O. dubium, Aloe vera,Melissa officinalis, Rosmarinus officinalis, Menthapiperita e M. viridis, Thymus vulgaris, Rosa damasce-na, Hyssopus officinalis, Artemisia dracunculus,Sideritis perfoliata.Sono stati istallati impianti per la raccolta di olii essen-ziali.

Per visite di interesse botanico per professionisti, il per-sonale Reparto Foreste del Ministero dell’Agricoltura eRisorse Naturali è disponibile per ogni informazione edeventualmente l’accompagnamento.

Ulivo secolare Diga artificiale

Vigneti a Paphos

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Il “Giardino degli olivi” nasce su un vecchio olivetoabbandonato da decenni, dove ogni pianta era rico-perta da spine, erbacce ed ogni sorta di vegetazionespontanea tipica dell’area mediterranea.Le piante erano in cattive condizioni non solo acausa della totale assenza di cure ma anche per laposizione poco idonea del terreno. In inverno è infat-ti assidua la presenza di densi banchi di nebbia e dibasse temperature che, sommate ad un’eccessivaumidità, interferiscono nello sviluppo della pianta.Sono inoltre frequenti le gelate, la più dura ed inten-sa fu quella del 1985 che colpì questa zona e causòla morte di molte essenze. Alcuni olivi che si posso-no osservare oggi sono quelli sopravvissuti alla gela-ta, sono olivi secolari che hanno tronchi statuarimentre altri si sono formati dalle vecchie radici for-mando piante con due o tre fusti. Il paesaggistaThomas Andreas Reinhardt ha compiuto un’opera dibonifica in tutta la zona e modificato i livelli, crean-do in questo vecchio oliveto un particolare e origi-nale giardino. Esso è composto da valli, colline, sen-tieri che lo attraversano per intero e da numeroserocce dalle più svariate forme e dimensioni, le qualisono state trovate durante i lavori di scavo. Bellis-simo il panorama che si può osservare dal sentieroprincipale: in basso la grande vallata con le due col-line centrali create dal paesaggista, in alto da unaparte l’antica e suggestiva città di Cortona e dall’al-tra le montagne dell’Appennino umbro-toscano.Tutto questo da un senso di tridimensionalità accen-

tuato anche dalle piante tappezzanti, sia mediterra-nee che alpine, che sono predominanti nel giardino.Il Giardino sotto gli Olivi ha una sua bellezza duran-te tutto l’arco dell’anno. Prima di tutto ci sono gliarbusti sempreverdi – la maggior parte tagliati aforma - come gli Ilex, Buxus, juniperus ed altri. Poici sono i tappeti di erbacee perenni sempreverdi checoprono le colline create intorno agli olivi comel’Ophiopogon che diventa alto circa 10 cm e diversevarietà di Liriope alte circa 30 cm. In primaverainvece c’è un’esplosione di colori come quando fio-riscono gli arbusti della Kerria japonica, le rose, ilViburnum tinus, insieme alle erbacee perenni comela Digitalis purpurea di diversi colori, la Aquilegiaflabellata azzurra, vari tipi di Hosta, la Hemerocalliso la Pachysandra terminalis ‘Variegata’.Intorno alle rocce crescono vari tipi di piante cheproducono fiori in abbondanza durante la stagioneprimaverile come il Sedum, il Semprevivum, la Sas-sifragra, il Thymus, l’Orinum majorano. L’insiemedi queste essenze riporta alla natura della zonaAlpina da cui hanno origine. Nell’ombra di unaquercia è stata creata una piattaforma dove è possi-bile trovare ristoro. Protetta dall’enorme albero e dauna siepe di Canna glauca, essa si affaccia su unapiccola valle dove è presente la Lysimachia nummu-laria ‘Aurea’ che si espande intorno alle isole for-mate dagli olivi, è un posto davvero mistico dove sipuò riposare, riflettere, leggere un libro e ascoltare ilcinguettio degli uccelli e il canto dei grilli.

Un giardino creato sotto gli oliviTesto e foto di Martina Reinhardt - Paesaggista

Una parte del giardino

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Sono passati pochi giorni da quei primi di luglio a Torinodove è deceduto improvvisamente l’architetto GiancarloIus. In quella stessa mattinata avrebbe dovuto compete-re alle elezioni per diventare il presidente dell’UIA(Unione Internazionale degli Architetti). Una carica pre-stigiosa perseguita con energia non disgiunta da idee edintenzioni che possiamo ritrovare nel suo programma dicandidatura. Sono punti programmatici che dichiarano lasua capacità di aprire prospettive e scenari nuovi per isti-tuzioni così importati, che hanno bisogno di un rinnova-mento e di nuovi punti di vista.L’architetto Giancarlo Ius era nato in provincia di Por-denone e nel capoluogo viveva ed operava con uno stu-dio personale. Nella periferia, anzi dalla campagna delpordenonese erano le sue radici. Negli anni aveva intra-preso anche una carriera nel mondo delle istituzioni pro-fessionali: è stato Presidente dell’Ordine Provinciale,Segretario Generale della Federazione Regionale, mem-bro della Delegazione italiana in seno all’OrganizzazioneEuropea degli Architetti CAE, ed infine Vice-PresidenteMondiale degli Architetti (UIA) nell’ultimo triennio.Il Presidente Mondiale degli architetti Gaetan Siew hacosì ricordato Giancarlo:1. La presidenza all’Unione Internazionale degli Ar-chitetti di Gaetan Siew, iniziata a Istanbul nel 2005, sarànon solo condivisa con Giancarlo Ius ma anche una pre-sidenza ufficialmente iscritta negli Annali dell’UIA. 2. La Giornata Mondiale dell’Architettura, in programmail 6 ottobre 2008, verrà dedicata non solo a Giancarlo Iusma anche a “Child Be the Architect”: la canzone di cuiaveva recentemente curato la realizzazione.3. L’Unione Internazionale degli Architetti inaugureràun nuovo premio che si svolgerà ogni tre anni:“Giancarlo Ius Prize for Architecture” (Premio Gian-carlo Ius per l’Architettura) sul tema di “Child Be theArchitect”. La prima edizione del Premio si svolgerà aTokyo nel 2011.La sua attenzione alle realtà locali gli hanno permesso dipromuovere a livello internazionale iniziative come quel-la del “Premio Internazionale Torsanlorenzo” di Roma oil “Premio Barbara Capocchin” di Padova che hanno tro-vato nel tempo quella visibilità e rilevanza che meritano.Questa sua capacità di porre attenzione a quello chepoteva essere marginale ed invece è identità dei luoghi,delle tradizioni, delle culture e delle persone lo rendeva-no un punto di riferimento importante e puntuale al qualerivolgersi costantemente. La sua disponibilità e capacitàorganizzativa facevano il resto, emergeva così la sua per-sonalità generosa di energie e passioni.

Il Comitato organizzatore del “Premio Internazio-nale Torsanlorenzo – Progetto e Tutela delPaesaggio”, ricorda l’esemplare figura dell’Archi-tetto Giancarlo Ius, Vice presidente dell’UIA (Unio-ne Internazionale degli Architetti) e Presidentedella Regione Uno.Esempio per tutti di impegno etico e civile perl’architettura e per il rispetto del paesaggio.Per noi prezioso consigliere e prestigiosa presenzanell’ambito delle edizioni del Premio.

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In ricordo di Giancarlo IusTesto di Stefano Gri - Presidente dell’Ordine degli Architetti di Pordenone

G. Ius consegna il Premio Torsanlorenzo a Regine Keller