tutto in regola niente a posto - il lavoro debilita ...  · web viewpierucci adelaide. «era solo...

81
INFORTUNIO . Condove, operaio ha una mano stritolata dal rullo CONDOVE. Infortunio sul lavoro ieri mattina alla Vertek di Condove: un operaio si è schiacciato una mano in un rullo trasportatore. E' stato ricoverato all'ospedale di Rivoli ma non è grave: guarirà in trenta giorni. Andrea Nensor, 30 anni, residente a Sant’Ambrogio di Torino ieri mattina alle 6,15 aveva appena iniziato il turno di lavoro del mattino nel reparto della linea 1 dove avviene la trasformazione delle barre di metallo lunghe sei metri. Le cause dell'infortunio sono in corso di accertamento da parte dei carabinieri di Condove e dei tecnici dell'Asl 5. L'operaio era infatti solo quando la sua mano sinistra è finita fra il rullo trasportatore in movimento e la barra di ferro. Altri operai lo hanno sentito gridare e sono subito intervenuti dando poi l'allarme al 118 ed ai vigili del fuoco che lo hanno liberato. Un'ambulanza della Croce Rossa lo ha trasportato all'ospedale di Rivoli dove è stato ricoverato per lo schiacciamento delle dita della mano sinistra. La Stampa – Torino Cronaca 2/11/03 Marco, morto alla dodicesima ora di lavoro Sit-in dei sindacati e polemiche sulla sicurezza dopo il crollo con 2 vittime nella clinica di Guidonia «Intelaiatura inzuppata». «Non erano stati piazzati bene i puntelli di ferro». «No, prima causa è la fretta»Uno dei due operai rimasti uccisi aveva solo 18 anni. «Assurdo fare la gettata di cemento alla fine della giornata» Pierucci Adelaide. «Era solo un ragazzo. Non doveva morire sotto una colata di cemento». Aveva 18 anni Marco Amorini e per la famiglia, i genitori e i tre fratelli, non c' è rassegnazione. Ieri piangevano nella camera mortuaria dell' ospedale di Tivoli. Abbracciandosi l' un l' altro. Marco è uno dei due operai morti l' altra sera, a Guidonia Montecelio, nel crollo di una cabina elettrica in costruzione nel parco della clinica Italian Hospital Group, un ex manicomio in riconversione. Sotto i cavi di ferro e la gettata di cemento fresco gridava «salvatemi, tiratemi fuori». Spuntava solo un braccio. I dipendenti della clinica si sono messi a scavare con le mani prima che arrivassero i vigili del fuoco. Un' ora di scavi, due di operazione, ma Marco non ce l' ha fatta. E' morto dopo una giornata interminabile. Era partito all' alba da Monte San Giovanni Campano, nel frusinate. Il contratto degli edili prevede 8 ore al giorno, ma lui lavorava già da 12. Alle 18,45 stava ancora stendendo il cemento. Dalle macerie dopo

Upload: ngoquynh

Post on 11-Nov-2018

217 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

INFORTUNIO . Condove, operaio ha una mano stritolata dal rullo

CONDOVE. Infortunio sul lavoro ieri mattina alla Vertek di Condove: un operaio si è schiacciato una mano in un rullo trasportatore. E' stato ricoverato all'ospedale di Rivoli ma non è grave: guarirà in trenta giorni. Andrea Nensor, 30 anni, residente a Sant’Ambrogio di Torino ieri mattina alle 6,15 aveva appena iniziato il turno di lavoro del mattino nel reparto della linea 1 dove avviene la trasformazione delle barre di metallo lunghe sei metri. Le cause dell'infortunio sono in corso di accertamento da parte dei carabinieri di Condove e dei tecnici dell'Asl 5. L'operaio era infatti solo quando la sua mano sinistra è finita fra il rullo trasportatore in movimento e la barra di ferro. Altri operai lo hanno sentito gridare e sono subito intervenuti dando poi l'allarme al 118 ed ai vigili del fuoco che lo hanno liberato. Un'ambulanza della Croce Rossa lo ha trasportato all'ospedale di Rivoli dove è stato ricoverato per lo schiacciamento delle dita della mano sinistra.

La Stampa – Torino Cronaca 2/11/03

Marco, morto alla dodicesima ora di lavoro Sit-in dei sindacati e polemiche sulla sicurezza dopo il crollo con 2 vittime nella clinica di Guidonia «Intelaiatura inzuppata». «Non erano stati piazzati bene i puntelli di ferro». «No, prima causa è la fretta»Uno dei due operai rimasti uccisi aveva solo 18 anni. «Assurdo fare la gettata di cemento alla fine della giornata»

Pierucci Adelaide. «Era solo un ragazzo. Non doveva morire sotto una colata di cemento». Aveva 18 anni Marco Amorini e per la famiglia, i genitori e i tre fratelli, non c' è rassegnazione. Ieri piangevano nella camera mortuaria dell' ospedale di Tivoli. Abbracciandosi l' un l' altro. Marco è uno dei due operai morti l' altra sera, a Guidonia Montecelio, nel crollo di una cabina elettrica in costruzione nel parco della clinica Italian Hospital Group, un ex manicomio in riconversione. Sotto i cavi di ferro e la gettata di cemento fresco gridava «salvatemi, tiratemi fuori». Spuntava solo un braccio. I dipendenti della clinica si sono messi a scavare con le mani prima che arrivassero i vigili del fuoco. Un' ora di scavi, due di operazione, ma Marco non ce l' ha fatta. E' morto dopo una giornata interminabile. Era partito all' alba da Monte San Giovanni Campano, nel frusinate. Il contratto degli edili prevede 8 ore al giorno, ma lui lavorava già da 12. Alle 18,45 stava ancora stendendo il cemento. Dalle macerie dopo di lui è stato tirato fuori Giancarlo Favoriti, 47 anni, di Anagni. Lui lavorava in nero. Il giorno dopo la disgrazia, che ha contato due morti e tre feriti, si cercano le responsabilità. «Forse con la pioggia si era inzuppata l' intelaiatura di legno che doveva tenere la gettata», ipotizzavano ieri degli operai. «Guarda, secondo me, non erano stati piazzati bene i puntelli di ferro». «La prima causa è stata la fretta. Le altre verranno accertate poi», ha detto Vladimiro Perretta, responsabile dell' ufficio prevenzione infortuni sul lavoro della Asl RmG. «Di sicuro non si può iniziare a fare una gettata di cemento a quell' ora e al buio. Una volta cominciata va finita». Nell' incidente è rimasto ferito anche Vincenzo Cianchetti, il titolare della ditta, la Edil Costruzioni di Veroli. «E' crollato tutto all'improvviso. Come sia potuto succedere, non lo so». Sono stati sentiti dagli ispettori del lavoro anche Fabrizio Di Giovambattista, 32 anni, di Marcellina, addetto alla betoniera, e Biagio Verrelli, 39 anni, di Veroli, muratore. «Noi stavano sopra il solaio. Il crollo ci ha travolti. Terribile». I carabinieri hanno sequestrato il cantiere e la Procura ha aperto un' inchiesta per omicidio colposo. All'alba di ieri una delegazione della Cgil ha manifestato in silenzio davanti all' ingresso dell' Italian Hospital Group. Dalla società, che fa capo a Lupo Rattazzi e al manager Antonello Isabella, hanno fatto sapere di

essere addolorati: «Ma noi avevamo appaltato regolarmente i lavori». Il sindaco di Monte San Giovanni Campano, Antonio Cinelli, si è recato dalla famiglia Amorini: «Quel giovanotto era già un gran lavoratore. La nostra risorsa è l'edilizia e nessuno si tira indietro davanti al sacrificio».

Corriere della Sera 2/11/03

AVVENNE NEL 2001 ALL’AUSIMONT . Infortunio mortale Quattro accusati

ALESSANDRIA. In quattro davanti al giudice con l’accusa di concorso in omicidio colposo (udienza preliminare 23 gennaio 2004) per la morte, causa infortunio sul lavoro all’Ausimont di Spinetta Marengo, di Claudio Vido, 45 anni, socio lavoratore della Geat, cooperativa appaltatrice dell’attività di carico e scarico di materiale. Sono Corrado Tartuferi, allora direttore dello stabilimento, Bruno Rossi, titolare della Geat, Renzo Olivieri, capo cantiere, e Michele Deramo, operaio. Claudo Vido il 1 giugno 2001 stava scaricando bombole da un container nel cantiere della cooperativa, fuori dall’area Ausimont, quando una di esse, da caricare sul muletto manovrato da Deramo, gli cadde su una gamba schiacciandola contro il forcone del muletto. L’arteria del polpaccio si recise, sopraggiunse un’emoraggia e l’operaio morì. I quattro non avrebbero osservato le norme di prevenzione infortuni. e. c.

La Stampa – Cronaca di Alessandria 7/11/03

Una squadra stava lavorando all'edificio in ristrutturazione E' venuto giù il solaio che stavano disarmando. Quattro feritiGenova, crolla palazzo al Porto. Operaio muore sotto le macerieLa procura di Genova apre un'inchiesta. Il sindacato di categoria proclama uno sciopero di otto ore per lunedì: "Poca sicurezza"

GENOVA - Crolla un solaio di uno dei palazzi del Museo del mare e della navigazione di Genova. Sotto ci sono sette operai che stanno lavorando. Prima, avvertono uno scricchiolio, poi viene giù di tutto. Sei operai si salvano, il settimo rimane sotto le macerie. Le squadre di soccorso lavorano tutto il giorno sotto la pioggia per tirarlo fuori vivo. In serata le unità cinofile dei vigili del fuoco individuano il corpo. Un medico si cala nel foro praticato tra le macerie, per vedere se Albert Kolgjegja, 30 anni, operaio albanese, venuto in Italia per lavorare, è ancora vivo. Una speranza flebile. L'uomo non risponde al cellulare né ai richiami. E' incastrato sotto due solette di cemento armato. Una è stata rimossa, per l'altra ci vorranno altre ore. "E' presumibile che sia morto", spiegano in serata i vigili del fuoco. Alle 3, la conferma: l'uomo viene estratto dalle macerie senza vita. E' ormai notte a Genova. I soccorritori scavano alla luce delle fotoelettriche, sotto la pioggia. E' da questa mattina che scavano. Dalle 8,30 quando si è verificato il crollo. Gli operai, albanesi e siciliani, lavorano per una ditta di subappalto, vanno in cantiere anche di sabato, per "alzare" un po' di soldi. Devono disarmare una soletta di cemento armato di un vecchio palazzo in ristrutturazione. Ma la soletta crolla, travolge quelle sottostanti. Viene giù l'impalcatura d'acciaio che sorregge parte della costruzione. "Hanno ceduto le solette di cemento, trascinando tutto dietro", ha dichiarato il comandante provinciale dei vigili del fuoco, Davide Meta. La procura di Genova apre un'inchiesta per crollo colposo e lesioni grave colpose. "Un atto dovuto", ha spiegato nel tardo pomeriggio il sindaco Giuseppe Pericu in conferenza

stampa congiunta con Renato Picco, presidente della Porto Antico spa, società committente dei lavori nell'ambito dell'appuntamento 2004, Genova capitale europea della cultura. Il sindaco di Genova e le società che hanno appaltato il lavoro spiegano che è tutto regolare. Ma qualcosa non ha funzionato come doveva. Prima di tutto, non tutti gli operai erano regolari. Uno di loro si fa medicare all'ospedale e sparisce nel nulla. Poi qualcuno sostiene che il cemento non era pronto per essere liberato dalle gabbie di acciaio, che i lavori erano in ritardo e che, proprio per questo, le solette sarebbero state liberate prima. La risposta del sindacato è netta: lunedì, a Genova, il lavoro si ferma otto ore, per denunciare che nell'edilizia aumenta il rischio di morire. Parole dure, quelle pronunciate dai sindacalisti davanti alle macerie dell'ala est del costruendo Museo del mare e della navigazione. La prima imputata, in questa tragedia è, secondo i sindacalisti, la fretta: sono i tempi stretti della consegna dei lavori, sono gli operai che lavorano senza le protezioni necessarie, sono i turni massacranti. Oggi è sabato, e in genere nell'edilizia non si lavora. Eppure di quella squadra di sette operai tutti erano presenti. Perché il lavoro andava fatto, perchè il Museo doveva esser pronto per Genova 2004, l'anno in cui il capoluogo ligure sarà capitale europea della cultura. Il sindacato ripete che sarà sciopero perché "la sicurezza non deve essere un optional nei cantieri edili". E tutti gli operai che lavorano nei cantieri del porto di Genova lunedì incroceranno le braccia. Ci vuole riflessione, ci vuole iniziativa, soprattutto ci vogliono i tempi giusti: "il tempo per lavorare. Perché anche una eventuale accelerazione dei lavori - dicono i sindacati di categoria - non deve voler dire che si può anche morire". Gli attimi prima del crollo li ricostruisce Nicolò Flagiello, 32 anni, di Bagheria (Palermo), in forza al cantiere da aprile, il ferito più grave. Ricorda: "Mentre stavamo disarmando il solaio, ho sentito un boato e poi tutto ci è caduto addosso. E' allora che ho pensato di morire e di non vedere più mia madre, i miei familiari. Bisogna chiedere agli ingegneri i motivi di questo disastro - aggiunge - perché noi eseguivamo i lavori secondo i disegni e i tempi programmati". L'altro ferito ancora in ospedale è Skenger Ndoy, 42 anni, albanese, che ha riportato gravi fratture ad una mano. Prima di entrare in sala operatoria, in un italiano stentato, riesce soltanto a spiegare: "Abbiamo sentito un forte rumore e siamo scappati. Io sono fuggito subito e ho anche cercato di stendermi a terra. Eravamo sei, sette persone". Gli altri due operai salvati sono Giovanni Calvo, 41 anni, di Pozzallo (Ragusa), medicato e già dimesso dall'ospedale con 15 giorni di prognosi e un albanese, le cui generalità non sono ancora note, a sua volta dimesso. Dei cinque operai rimasti sotto le macerie tre sono albanesi. Uno, non ce la farà. Albert Kolgjegja, 30 anni, originario di Lura, da tre anni a Genova. Il suo corpo senza vita viene recuperato a tarda notte. Aveva una fidanzata, racconta il cugino Albert, era venuto in Italia per lavorare. Era inserito in una azienda? Era a cottimo? Era al nero? Albert non risponde, piange e dice "lasciatemi stare". C' è qualcuno che dice che gli albanesi guadagnano solo 6 euro al giorno. Ma nessuno conferma, nessuno smentisce.

La Repubblica 8/11/03

La Procura indaga, Maroni ordina un'inchiesta sul gravissimo incidente al Museo del Mare. Ottomila edili "in nero" Non succede solo a GenovaCantiere con appalto pubblico e contratti irregolari

GENOVA - Sono almeno ottomila, secondo la Fillea-Cgil, gli operai edili che lavorano in nero a Genova. E' l'agghiacciante dato reso pubblico il giorno dopo il gravissimo

incidente al Museo del Mare, in cui ha perso la vita il trentenne Albert Kolgjegja, albanese che lavorava in nero in uno dei cantieri più importanti della città. "Gli operai coinvolti nel crollo - afferma il segretario provinciale della Cgil, Venanzio Maurici - non avevano sicuramente un contratto in regola con le norme del settore. Succede a Genova come in altre città". Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha ordinato un'inchiesta sull'accaduto: "Un fatto orribile, a maggior ragione perché si tratta di un appalto pubblico". Mentre va avanti l'inchiesta della Procura (l'intera area è stata posta sotto sequestro), il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini chiede che le cause di questa tragedia "vengano celermente chiarite". E scoppia la polemica politica. Il sindaco della città Giuseppe Pericu, che si dichiara solidale con lo sciopero indetto per domani dalle associazioni sindacali, viene attaccato dal vicepresidente della Regione, Gianni Plinio. Che afferma: "Sono gravissime le responsabilità del Comune di Genova, almeno in termini di omessa vigilanza". In quel cantiere si operava in carenza di regole per la sicurezza". Commosso il progettista, l'architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra. "Non so davvero come sia potuto succedere".

La Repubblica 8/11/03

Si è scavato per più di undici ore sotto l'acciaio.

Si è scavato per più di undici ore sotto l'acciaio. Doveva essere il nuovo museo del mare di Genova, capitale della cultura, ed è venuto giù - dicono - come un mazzo di carte, con un fragore assordante. Poi il dramma. Sotto le macerie resta intrappolato un operaio, altri quattro sono feriti. E' l'ultimo bilancio dell'ennesima tragedia "in cantiere". L'ultima storia di emarginazione e precarietà. Al lavoro, in una giornata di riposo, c'era una squadra di una decina di operai, tutti "migranti". Come i cinque rimasti coinvolti nel dramma: Nicolò Flagiello di Bagheria (Palermo), il più grave, ora al San Martino di Genova con lesioni da schiacciamento o Skender Ndoy, 42 anni, albanese, con 30 giorni di prognosi; o ancora Giovanni Calvo, 51 anni, di Pozzallo (Ragusa) e un altro giovane albanese entrambi dimessi. Infine, come Albert Kolgyegya 30 anni, albanese, di cui solo nella notte viene individuato il luogo in cui è sepolto, sotto le macerie, ma non si sa ancora, mentre si va in stampa, se vivo o morto, anche se la speranza si fa sempre più flebile. «Abbiamo sentito un rumore e siamo scappati», dice nel suo italiano stentato Skender dal suo lettino d'ospedale. «Io ho anche cercato di stendermi a terra. Siamo scappati, ma siamo rimasti sotto tutti insieme. Eravamo sei, sette persone». Non si conoscono ancora le cause del cedimento ma secondo le prime ricostruzioni gli operai stavano disarmando una soletta e per farlo avevano smontato alcuni puntelli. La soletta avrebbe ceduto, trascinandosi dietro la pesante impalcatura. La procura di Genova ha aperto un'inchiesta per crollo colposo e lesioni colpose. Restano da accertare le cause di un «cedimento inspiegabile» come lo definisce Sandro Biasiotti, presidente della Regione Liguria. Sotto accusa la gestione e la tempistica dei lavori commissionati dalla Porto Antico spa alla società "Vecchia Darsena" spa per il museo che doveva essere inaugurato a marzo. Ma l'urgenza non giustifica nulla. Certamente non il motivo per cui quegli operai erano sotto la pioggia battente a togliere i puntelli in una giornata di riposo. «Nello specifico questo cantiere non era nemmeno tanto regolare - denuncia Venanzio Maurici, responsabile della Fillea Cgil -. Quando siamo arrivati abbiamo assistito ad un fuggi fuggi generale che fa capire molto del modo con cui sono stati gestiti i lavori». Con un regime di appalti e sub-appalti incrociati, «tanto che alcune imprese del cantiere fino a qualche giorno fa non erano nemmeno note alla Cassa edile», accusa Franco Martini, segretario della Fillea Cgil. E si riaccendono i

riflettori sulla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Su quelle morti bianche che ormai - dicono gli edili - sono una «vera mattanza». Nel 2003 sono già 185 gli operai morti. Una vera ecatombe che si registra annualmente. Negli ultimi cinque anni - ancora dati Fillea Cgil - gli incidenti verificatisi hanno provocato 450mila invalidi, di cui 25mila permanenti e 1.600 morti. «Attendiamo il responso delle indagini per capire meglio la dinamica di questa ennesima grave tragedia sul lavoro nei cantieri, ma è difficile - sottolinea ancora Martini - non attribuire anche in questo caso pesanti responsabilità alla prassi del ricorso incontrollato al subappalto, che è diventata la principale forma di attività imprenditoriale nel settore». «Questa è la conseguenza - prosegue - di una deregolamentazione spregiudicatamente perseguita nel settore degli appalti alla quale si aggiungono gli effetti di quella libertà ad organizzare unilateralmente il cantiere, tanto rivendicata dagli imprenditori, che porta alla negazione dei più elementari diritti dei lavoratori, a partire da quelli alla sicurezza. La tragedia di Genova sembra chiamare in causa anche responsabilità progettuali o di gestione del cantiere». Per questi motivi domani Genova si ferma. La risposta di Cgil, Cisl e Uil è il fermo di otto ore proclamato nella zona del porto. Sotto la pioggia si è scavato per un'intera giornata tra le lacrime e la speranza. Appesi al suono di un cellulare, quello di Albert che si faceva squillare senza ottenere risposta. I compagni intorno al cantiere piangono. Albert, dicono, ha una fidanzata ed era venuto in Italia per lavorare. Qualcuno fa circolare la notizia che gli albanesi nei cantieri guadagnano solo 6 euro al giorno. Ma nessuno conferma, né smentisce. «La grave sciagura di Genova - afferma il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani - oltre a ferire la coscienza civile per un ennesimo incidente sul lavoro, esige che si dia risposta alla seguente domanda: come è possibile, in una città come Genova, in un luogo come il porto, che si siano lavoratori in nero, all'opera in un cantiere per Genova 2004? Questa domanda - conclude - è rivolta a tutti, all'amministrazione, alle imprese e al sindacato». Qualcuno risponderà? Castalda Musacchio Liberazione 9/11/03

E' il momento di affrontare la questione sociale.

A quei lavoratori non era concesso neppure il lusso della lotta Non spetta a noi stabilire le responsabilità dirette di quanto è accaduto a Genova, sarà la magistratura a dover svolgere tale ruolo nei prossimi giorni. Mentre scriviamo si sta ancora scavando fra le macerie, con la speranza flebile di ritrovare in vita un giovane operaio albanese di ventotto anni. Ma conosciamo bene il contesto che ha determinato tale tragedia. Nei cantieri per Genova 2004 capitale della cultura, si lavora sempre. Entro i primi mesi del prossimo anno i lavori dovranno essere ultimati, per lasciare spazio al grande evento. Grazie ad una speciale deroga, spesso non ci si ferma neanche il sabato e la domenica, e non si fanno scioperi. Il 24 ottobre, giorno dello sciopero generale, mentre sfilavano a Genova settantamila persone, in quei cantieri si lavorava. Il grande corteo, composto dai lavoratori delle fabbriche del ponente, dagli edili, dai portuali, dai lavoratori dei centri commerciali, dagli studenti e dal movimento dei movimenti, che non a caso aveva scelto di caratterizzare la sua presenza in piazza sul tema della precarietà, scorreva davanti a quel cantiere, invitando inutilmente i lavoratori ad unirsi a quella marea multicolore. Ma per loro non vi era tempo di scendere in piazza per i diritti, i termini della consegna erano troppo ravvicinati. Ai lavoratori non era concesso il lusso della lotta, e forse vedersi decurtato il già misero salario, non sarebbe stato comunque sopportabile.

Probabilmente per ragioni simili, nonostante il freddo e la pioggia, venerdì e sabato si è continuato a lavorare, ed è possibile che la fretta abbia prevalso sulle norme e sulla ragione, anche quando si è scelto di togliere i puntelli alla struttura. Non lo possiamo ancora sapere. Sappiamo però con certezza quali sono le condizioni di lavoro in tanta parte dell'edilizia. Conosciamo bene il metodo degli appalti e degli infiniti subappalti, che rendono il tutto incontrollabile. Il sindaco Pericu, anche in quanto massimo rappresentante dell'ente appaltatore, ha giustamente detto che si impegnerà a verificare ogni dettaglio sull'accaduto. Ne siamo lieti. Ma crediamo che ciò non basti, e che sia giunta l'ora di mettere complessivamente mano al sistema, imponendo regole su tutti gli appalti, che esigano il rispetto delle condizioni di lavoro, ed oltre ad includere compatibilità di bilancio, siano compatibili con la dignità, la salute e la vita delle persone. In una città come Genova, in cui la povertà cresce, non è più possibile derubricare il tema del lavoro e quindi della precarietà. Vi è poi una particolare condizione di sfruttamento e disagio, che emerge da questo tragico evento, quella degli immigrati, considerati nei fatti uomini e donne di categoria inferiore, privi di voce e diritti. Soltanto due giorni fa abbiamo assistito ad una maxi-retata proprio di fronte al luogo del crollo. Come sempre rileviamo che si è solerti nella repressione, ma ciechi e sordi quanto si tratta di tutelare. Non basta nemmeno la proposta, pur importantissima, del voto amministrativo ai migranti. Qui come altrove, è giunta l'ora di affrontare l'enorme questione sociale, figlia delle politiche liberiste. Anche di questo parlava il corteo del 24 a cui quei lavoratori non hanno potuto partecipare. Simone Leoncini

Liberazione 9/11/03

«Con gli appalti le imprese si muovono senza controllo» La denuncia di Angelo Sottanis, segretario della Fillea Cgil della Regione Liguria

«La sicurezza sui luoghi di lavoro, purtroppo, riemerge solo quando si verificano tragedie come queste». A Genova si è scavato per undici ore sotto le macerie di quello che sarebbe dovuto essere il nuovo museo del mare. Per tutta la giornata si è cercato l'ultimo operaio rimasto intrappolato. Solo nella notte si è individuato il luogo dove era sepolto sotto un cumulo di detriti; ma mentre si scrive, non si sa ancora se sia vivo o morto. E potrebbe esserci anche un altro disperso. La notizia viene confermata anche da Angelo Sottanis, segretario regionale della Fillea Cgil. «Sotto accusa - afferma - ci sono le modalità di produzione delle nuove imprese che mirano, come sempre, a ridurre i costi a scapito della qualità. E, naturalmente, a pagarne il tributo maggiore sono sempre i lavoratori». Anche per questo domani Genova si ferma con uno sciopero generale unitario di otto ore. L'ennesima tragedia in un cantiere edile. Anche in questo caso, sotto accusa, la mancanza di sicurezza sui luoghi di lavoro. Le imprese continuano a muoversi senza alcun controllo... La tensione scatta sempre dopo la tragedia. In Liguria siamo a sei morti sui luoghi di lavoro dall'inizio dell'anno. Ma, sicuramente, anche quel che è accaduto a Genova dipende da quel meccanismo distorto che utilizzano le imprese per diminuire i costi: si lavora con appalti e subappalti attraverso i quali si riducono gli organici, ci si sottrae ai controlli, per scoprire poi che si utilizzano squadre di cottimisti se non addirittura di caporali. Il che significa che si lavora "in nero" con operai che non hanno alcuna garanzia. Anche gli operai coinvolti nell'ultimo crollo erano irregolari?

Stiamo accertando la regolarità dei lavori. Quel che è certo è che sappiamo che l'Impreval, una delle imprese che gestiva il cantiere, non ha mai fatto un versamento nella cassa edile. Hanno sempre dichiarato che l'appalto era di un'entità tale che non erano obbligati ad alcun versamento. Questo però significa che non c'è alcuna tutela per i lavoratori: ferie, tredicesima e tutti gli istituti contrattuali non sono applicati. Inoltre, è altrettanto certo che gli operai coinvolti nella tragedia non stavano comunque lavorando in sicurezza. Avete avuto modo di fare altre verifiche? A Genova piove a dirotto da 48 ore. Gli operai stavano lavorando sotto la pioggia e non al riparo. Inoltre, c'è anche da accertare l'urgenza dei lavori. Oggi (ieri per chi legge, ndr) è sabato. Un giorno dove solo per motivi straordinari gli operai dovrebbero prestare la loro attività lavorativa e, inoltre, i sindacati ne dovrebbero sempre essere informati. Stiamo accertando tutte queste responsabilità. Sulle cause dell'incidente le ipotesi sulle quali stiamo indagando sono tre: o si è verificato un errore di progettazione o di esecuzione rispetto alla progettazione; oppure si è disarmata la soletta non lasciando il tempo necessario al cemento di compiere la sua reazione chimica. Se c'è un errore di progettazione lo verificheremo. Così come se ci sono stati errori sulla tempistica. Per domani, insieme con Cisl e Uil, avete proclamato uno sciopero di otto ore. Servirà per riflettere su quanto è accaduto e che poteva non accadere? Servirà a riaccendere i riflettori sul problema della sicurezza che coinvolge migliaia di lavoratori su cui persino lo Stato lancia messaggi sbagliati. Questo governo continua a privilegiare il punto di vista delle imprese, e a morire continuano ad essere gli operai. CM

Liberazione 9/11/03

In cinque anni più di 1.400 morti nei cantieri: «Una mattanza»

Una vera ecatombe quella che si registra annualmente sui cantieri edili. Dai dati forniti dalla Fillea-Cgil emerge, infatti, che negli ultimi cinque anni (escluso quindi il 2003) gli incidenti verificatisi hanno provocato 450mila invalidi, di cui 25 mila permanenti e 1. 600 morti. Solo nel 2001, denuncia ancora la Fillea-Cgil, si sono registrati 180mila incidenti e 414 morti. Nel 2002, i morti sono scesi del 18% (340). In generale, il numero di infortuni avvenuti sul luogo di lavoro (oltre i cantieri edili) registrato nel 2002 nel nostro Paese è di circa 1 milione. Questa volta il dato viene fornito dall'Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl). Proprio il 6 novembre scorso Antonio Moccaldi, Presidente dell'Ispels nel corso di un intervento al seminario inaugurale per la designazione dell'istituto come centro di collaborazione dell'Oms, aveva sottolineato che «il fenomeno infortunistico appare ancora rilevante in termini sia di numero di eventi sia di gravità degli effetti conseguenti». Sebbene, infatti, nel 2002 si sia registrata una diminuzione degli infortuni nel settore dell'industria e dei servizi (-3,6% rispetto all'anno precedente) e una crescita occupazionale pari al +1,5%, il numero delle morti sul lavoro in Italia rimane elevato, con 1.400 vittime nel 2002, e pone il nostro Paese tra i primi in Europa nelle statistiche riguardanti tale fenomeno. «La sicurezza nei cantieri edili - denuncia ancora la Fillea-Cgil - non interessa ormai a nessuno. Nel 2003 si contano 185 operai edili morti. Una "mattanza" che non ha fine». «Attendiamo il responso delle indagini per capire meglio la dinamica dell'ultima ennesima grave tragedia sul lavoro nei cantieri, ma è difficile - sottolinea il Segretario Generale della Fillea Cgil, Franco Martini - non attribuire anche in questo caso pesanti responsabilità alla prassi del ricorso incontrollato al subappalto, che è diventata la principale forma di attività imprenditoriale

nel settore».

Liberazione 9/11/03

I cantieri del Museo del Mare dove è avvenuto il crollo che ha travolto sei lavoratori sono stati commissionati dalla Porto Antico spa alla società "V I cantieri del Museo del Mare dove è avvenuto il crollo che ha travolto sei lavoratori sono stati commissionati dalla Porto Antico spa alla società "Vecchia Darsena" spa. Questa ha incaricato dei lavori due delle ditte socie, la Carena e la Cemedile, entrambe genovesi, unite nella"Galata scarl", appaltatore responsabile. Secondo regolare subappalto, dei lavori si è occupata la ditta Impreval, con sede sociale ad Aosta ma da tempo passata a imprenditori bergamaschi. In Valle d' Aosta la ditta si era occupata prevalentemente di lavori commissionati dalle Comunità Montane.

Liberazione 9/11/03

Crollo al Museo, travolti cinque operai Cinque operai travolti nel crollo di un'ala del museo del Mare, nel porto a Genova. Quattro di loro sono stati tratti in salvo nelle ore successive. Il corpo del quinto, un cittadino albanese, è stato recuperato ormai senza vita dai soccorritori durante la notte. Duro giudizio di Epifani

AUGUSTO BOSCHI. GENOVA . «Fine lavori: Novembre 2003». E' la data che si trova sul cartello che indica cosa si sta facendo nel cantiere, i suoi responsabili e il termine stabilito dei lavori. «Una scadenza indicativa - dice un operaio stringendosi le spalle - la data di consegna vera doveva essere a febbraio». Già, perché a marzo, il 18, il presidente Ciampi sarebbe venuto a inaugurare il nuovo Museo del Mare e della Navigazione, una delle opere previste nel programma di «Genova 2004 capitale della cultura europea». Tempi stretti, troppo forse. E forse è proprio nella fretta di concludere presto i lavori che si possono trovare le cause di quanto accaduto ieri mattina, nel cantiere Darsena a Genova. Alle 8.00, dopo un venerdì notte di pioggia, un paio di squadre dell'azienda aostana Impreval salgono sull'edificio che ospiterà il museo: una delle vecchie costruzioni in ristrutturazione che si affacciano sulla Darsena e che - una volta ultimate - termineranno l'opera di recupero del porto antico genovese. In un'altra parte dell'edificio, ai piani bassi, lavorano altre squadre occupate a sistemare la parte già consegnata del nuovo Museo del Mare. Le testimonianze di quanto succede alle 8.30 sono discordi: «Non abbiamo sentito nulla, è accaduto all'improvviso», dice uno degli scampati, un operaio con la barba. «C'è stato come un rumore di terremoto», dice invece Kaci Zaim, anch'egli al lavoro sulle impalcature. Di fatto c'è che la soletta su cui stavano lavorando gli edili della Impreval crolla insieme alle impalcature: sotto i detriti restano in cinque, altri quattro riescono a scappare prima di essere travolti. Subito i vigili del fuoco riescono a estrarre tre uomini dalle macerie; in tarda mattinata anche il quarto viene tirato fuori dall'ammasso di metallo e cemento.Intervistati dal Tg3, alcuni degli operai coinvolti nel crollo hanno dichiarato di essere impiegati in nero. Dei quattro salvati il più grave, ma non in pericolo di vita, è Nicolò Flagiello, 32 anni, originario di Bagheria (Palermo). Gli altri feriti sono Skender Ndoy, 42 anni, albanese, ricoverato con prognosi di 30 giorni; Giovanni Calvo, 51 anni, di Pozzallo (Ragusa), e un giovane albanese, che non ha fornito le sue generalità, entrambi già dimessi dopo essere stati medicati. Sotto le macerie resta ancora Albert Kolgjegja, 30 anni, albanese da tre anni a Genova. I vigili del fuoco lo cercano anche con i cani addestrati, tagliano con il flessibile le strutture di metallo, scavano con le mani

nel fango ma via via che la mattinata se ne va, se ne vanno anche le speranze di poterlo trovare in vita.Il sindaco Giuseppe Pericu - il comune di Genova è il committente dei lavori per Genova 2004 - si precipita sul luogo dove arrivano anche il prefetto Antonio Russo e il presidente della Regione Sandro Biasotti. «Un incidente inspiegabile, molto strano» - dice Biasotti - Qui dovremo rivedere tutto. Ci saranno dei ritardi, ma questo non è importante, l'importante è che non si verifichino più queste tragedie». «Certo che vogliamo che tutto sia pronto per le date stabilite - fa eco il sindaco - ma nel rispetto delle regole della sicurezza». Intanto il procuratore capo Francesco Lalla, che si è recato al cantiere insieme al pm di turno Sergio Merlo, ha aperto un fascicolo per crollo colposo e lesioni gravi colpose e ha disposto il sequestro degli atti e della parte di edificio crollata.Il cantiere è appalto del consorzio formato da Carena e Cemenedil, che a sua volta ha subappaltato alcuni lavori ad altre aziende, tra cui la Impreval di Aosta. In attesa che la magistratura ricostruisca responsabilità e dinamica dell'incidente, sulle cause del crollo si possono fare solo delle supposizioni. Il comandante dei vigili del fuoco di Genova, Davide Meta, ha detto che probabilmente a cedere sono state «le solette di cemento che si sono trascinate tutto dietro» e ha parlato genericamente di collasso strutturale. Il che significa solo che il crollo non è stato provocato da cause esterne, ma non spiega come sia stato possibile che una struttura nuova sia venuta giù come un castello di carte. Di collasso strutturale parla anche Venanzio Maurici, segretario provinciale di Fillea-Cgil che però aggiunge: «Secondo quanto hanno riferito i compagni feriti, gli operai stavano smontando i puntelli dell'impalcatura, disarmando l'ultima soletta. Un'operazione che si fa quando si ha la sicurezza che tutta la struttura sia consolidata. Ma se c'è fretta, se hanno accelerato il procedimento allora...».In Liguria gli incidenti sul lavoro nel 2003 sono stati 16.667 con un aumento dell'1.3% (dati Inail). Gli edili di Cgil, Cisl e Uil, hanno annunciato che, dopo l'incidente di Genova, osserveranno otto ore di sciopero nei cantieri del Porto antico. Nel pomeriggio, il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha duramente stigmatizzato l'episodio: «La grave sciagura di Genova di oggi, oltre a ferire la coscienza civile per un ennesimo incidente sul lavoro, esige però che si dia risposta alla seguente domanda: come è possibile, in una città come Genova, in un luogo come il porto, che si siano lavoratori in nero, all'opera in un cantiere per Genova 2004? Questa domanda ovviamente è rivolta a tutti, all'amministrazione, alle imprese e al sindacato».

Il Manifesto 9/11/03

LAVORO . La tragica catena delle morti bianche

L'edilizia è da sempre in testa alla vergognosa classifica degli incidenti (e dei morti) sul lavoro. Secondo le statistiche, infatti, il 38% degli infortuni avviene proprio ai lavoratori dell'edilizia, un settore nel quale operano ufficialmente circa 1,6 milioni di lavoratori. Negli ultimi cinque anni (dal 1998 al 2002) a seguito di infortuni 450 mila lavoratori sono rimasti invalidi. Di questi, 25 mila sono gli invalidi permanenti. Quindi non più abili al lavoro e, quindi, percettori di indennità che consentono al massimo una difficile sopravvivenza. Negli stessi 5 anni i morti bianchi sono stati 1.487: secondo le statistiche si può osservare una leggera flessione nel numero dei morti. I dati ufficiali mostrano un leggero regresso del 18% degli incidenti mortali nel 2002. Nonostante questo, dall'inizio dell'anno il cantiere ha ucciso altri 185 lavoratori. A volte si dice: sono gli stessi lavoratori a non rispettare tutte le norme di sicurezza. In parte vero, ma non sono di certo i lavoratori a volere giornate lavorative di 12 ore e più.

Il Manifesto 9/11/03

«Le nuove regole sugli appalti moltiplicano i rischi»Intervista a Franco Martini, segretario della Fillea Cgil. «Fondi tagliati agli enti locali e i controlli saltano»

FRANCESCO PICCIONI. Il crollo di Genova segue di pochi giorni quello di Guidonia Montecelio (Roma), simile per dimensioni e conseguenze. A Genova, però, l'ambito dell'appalto è «pubblico»; e questo aggrava il sospetto (praticamente una certezza) che la sicurezza dei lavoratori nei cantieri sia l'ultimo dei problemi per le ditte che si aggiudicano gli appalti. Senza che la pubblica amministrazione si curi troppo di controllare il rispetto di regole e leggi. Ne abbiamo parlato perciò con Franco Martini, segretario generale della Fillea Cgil.E' esatta l'impressione che gli infortuni mortali nell'edilizia siano in crescita?

Ci sono dati ufficiali fuorvianti, basati su rilevazioni parziali, che minimizzano molto. Noi abbiamo invece sottoposto il fenomeno a monitoraggio quotidiano, e constatiamo una repentina inversione di tendenza. C'è uno scarto crescente tra dati ufficiali e tendenze reali.Da cosa dipende questo peggioramento?I cambiamenti introdotti da questo governo nella legislazione sugli appalti favoriscono la destrutturazione delle imprese. Apportati per «velocizzare»le grandi opere e cose simili hanno portato a un solo risultato concreto: la convinzione per chi opera nel mercato degli appalti di poter agire in un quadro di regole sostanzialmente allentato. Che favorisce la tendenza delle imprese a «galleggiare» ricorrendo a manodopera in nero e a modalità organizzative nei cantieri fortemente rischiose.Non si fanno più i controlli?Il sistema dei controlli è stato fortemente indebolito. Gli enti locali hanno subito drastici tagli nei finanziamenti e mancano spesso le risorse umane e operative per un controllo e un monitoraggio effettivo. Noi chiediamo sistemi sinergici (tra Asl, Inail, ecc), ma è una continua rincorsa a cantieri che sorgono come funghi in condizioni spesso di aperta illegalità.Il morto di Genova è di nazionalità albanese. Quanto pesa la manodopera straniera nell'edilizia?E' in crescita esponenziale, a livelli preoccupanti. In aree di forte sviluppo - con progetti importanti, come Genova, Torino, i cantieri dell'alta velocità - il ricorso a manodopera straniera sopperisce a una minore disponibilità di quella italiana. Ci sono anche i giovani disposti a entrare in cantiere, ma ne escono prestissimo. In alcune zone del paese il bisogno di forza-lavoro è superiore a quello che possono assicurare i flussi programmati. Per questo, come si visto anche oggi (ieri, ndr) a Genova, dopo un incidente mortale c'è un fuggi fuggi generale all'arrivo di ambulanze, polizia, controlli. Un episodio che la dice lunga sulla reale volontà degli appaltanti pubblici di controllare tutto il processo. E questo allontana da cantiere le «responsabilità in solido» dell'impresa che ha avuto l'appalto ma che non controlla affatto il processo lavorativo reale.

Il Manifesto 9/11/03

Morti sul lavoro: 184 da gennaio, 25 erano stranieri

Il leader della associazione costruttori De Albertis: infortuni legati alle irregolarità L' Inail: nei primi sei mesi di quest' anno registrato un calo rilevante degli incidenti IL PROBLEMA SICUREZZA / Nell' edilizia gli extracomunitari in regola sono il 15 per cento degli occupati. Ma il sommerso dilaga

Rizzo Sergio. ROMA - Nel sito Internet della Fillea, il sindacato degli edili Cgil, c' è un numero che scorre, inesorabile. E' il macabro «pallottoliere», come lo chiama il segretario Franco Martini, dei morti sul lavoro. Lo hanno messo lì perché nessuno dimentichi la mattanza. Alla fine dello scorso mese di ottobre era arrivato al 184. Il numero 1, cioè il primo morto del 2003, era un macedone di 33 anni, schiacciato da un muro perimetrale che gli era crollato addosso, in un cantiere privo di misure di sicurezza, a Sirolo, in provincia di Ancona. Il numero 184, vale a dire l' ultimo, era invece un muratore tunisino di 47 anni, ucciso da una trave caduta da una ruspa, che gli ha fracassato la testa. EXTRACOMUNITARI - Non è una semplice coincidenza. Albanesi, romeni, kossovari, nordafricani, ucraini: nella lista ci sono davvero tutti. Le cifre ufficiali dicono che i lavoratori extracomunitari «legali», quelli iscritti alle casse edili, sono ormai circa il 15% del totale. Ma siccome la maggior parte è sommersa, sono certamente molti di più dei 160 mila che questa percentuale indicherebbe. La dimostrazione sta nel fatto che nelle zone dove è maggiore il tasso di legalità gli extracomunitari che figurano in regola con i contributi previdenziali superano di gran lunga la media nazionale. Martini fa il caso di Firenze, «dove sono il 40%». Così le statistiche sulle morti bianche finiscono forse per perdere di significato. Anche se fanno impressione. Quel «pallottoliere» informa che dal primo gennaio al 31 ottobre di quest' anno nei cantieri italiani sono morti 25 operai stranieri. La maggioranza, una decina, albanesi. Ma ci sono anche cinque romeni, tre magrebini, due macedoni. Poi un kossovaro, un turco, uno sloveno, un ucraino e un sudamericano. IL SOMMERSO - Il caso di Genova non poteva quindi che far riaccendere le polemiche sulla piaga del lavoro nero. Con il durissimo affondo del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Ma pure Claudio De Albertis, il presidente dell' Ance, l' associazione dei costruttori, punta il dito sul sommerso. «Il problema degli infortuni sul lavoro, per una parte consistente, è correlato al lavoro irregolare. E nel nostro settore il peso di questa componente è decisamente più rilevante», ammette. Aggiunge che gli organismi bilaterali messi in piedi con i sindacati, come le cosiddette «scuole edili», si stanno ponendo «il problema della formazione dei lavoratori extracomunitari ai fini della sicurezza». Ma De Albertis precisa che «i dati mettono in evidenza una diminuzione degli incidenti prossima al 10%». Un trend «che continua ormai da cinque anni». Nei primi sei mesi di quest' anno l' Inail, istituto per l' assicurazione contro gli infortuni, ne ha registrati per il settore delle costruzioni 47.208, a fronte di 51.517 un anno prima. I morti sarebbero diminuiti da 154 a 133, con una flessione del 13,2%, contro il -7,2% dell' industria manifatturiera. Un progresso statisticamente apprezzabile. L' EDILIZIA - Ma il numero 133 significa in ogni caso una vittima ogni 13 mila occupati, frequenza quasi tripla rispetto al rapporto di un morto ogni 33.600 lavoratori che si riscontra nel resto dell' industria manifatturiera. E non può consolare la considerazione che il lavoro in cantiere sia «oggettivamente» più pericoloso di quello in fabbrica. Per giunta, non manca chi mette in dubbio l' attendibilità dei dati ufficiali. Il segretario della Fillea, per esempio, non esita a giudicare «una cosa demenziale l' inversione di tendenza negli infortuni nell' edilizia». MORTI DI NESSUNO - Tanto più, suggeriscono al sindacato, se si leggono in controluce proprio le statistiche dell' Inail. Mentre nell' edilizia si registra infatti un calo di circa 4 mila incidenti, il numero degli infortuni definiti dall' istituto «non determinati» aumenta invece di quasi 38 mila unità, superando il 31% di tutti gli infortuni sul lavoro (449.840) denunciati nel primo semestre del 2003. E se le vittime ufficiali

nelle costruzioni scendono da 154 a 133, quelle «non determinate», cioè che non sono classificabili in nessun settore specifico, salgono da 56 a 130, con un aumento del 132 per cento. Passando così, fra i primi sei mesi del 2002 e il periodo gennaio-giugno di quest' anno, dall' 8,5% a ben il 20,1% di tutte le 644 morti bianche censite in Italia. E' forse uno di questi anche Gabril Durnea, clandestino romeno di 25 anni? Il 14 maggio scorso l' hanno trovato cadavere in un vano scala di una palazzina in costruzione a Sarezzo, nella provincia di Brescia. Forse precipitato da un' impalcatura. Sergio Rizzo 184 LE VITTIME sul lavoro calcolate sul sito della Fillea, il sindacato edili Cgil, dal 1° gennaio a fine ottobre 47.208 GLI INFORTUNI registrati nei primi sei mesi di quest' anno dall' Inail, a fronte dei 51.517 del 2002 133 I MORTI sul lavoro nei primi sei mesi di quest' anno nel settore delle costruzioni: il 13,2% in meno del 2002 449.840 TUTTI GLI INFORTUNI sul lavoro denunciati nei primi sei mesi del 2003 in ogni settore professionale

Corriere della Sera 9/11/03

Solo numeri

GALAPAGOS. Le morti nei cantieri interessano poco i media: sono giudicate la norma in un mestiere - l'edile - vecchio come il mondo e da tutti giudicato naturalmente pericoloso. Solo eccezionalmente gli «omicidi bianchi» conquistano le prime pagine. Quest'anno è accaduto due volte: quando un operaio è precipitato sul sagrato di piazza San Pietro e quando, un paio di settimane fa, due operai sono morti durante i lavori di una clinica a Guidonia, vicino Roma. Quei due morti attirarono l'attenzione solo perché nei giardini di quella stessa clinica qualche mese prima un gruppo di cani avevano aggredito alcune persone. La conferma che quei morti erano solo numeri si è avuta osservando lo spazio che stampa, radio e tv hanno dedicato allo sciopero di protesta e alle ragioni dei lavoratori e delle loro organizzazioni che chiedevano non salario, ma diritto alla vita. Oggi la stampa sicuramente darà grande risalto al crollo di Genova. Ma non lo farà per scrivere che in quell'incidente sono stati coinvolti Kaci Zaim. Skender Ndoy e Albert Kolgjegja, l'ultimo sotto le macerie. La notizia «vera» è che con il crollo sparisce l'edificio che doveva ospitare il nuovo museo del mare che Carlo Azeglio Ciampi avrebbe dovuto inaugurare il 18 marzo del prossimo anno. Tempi stretti. E allora, via di corsa con i lavori: non si può far attendere il presidente.Incidente improvviso e non previsto, è stato il solito commento. Cedimento strutturale, hanno aggiunto i bene informati. Per favore, lasciamo perdere la fatalità: negli infortuni sul lavoro, in particolare in edilizia, il fato proprio non c'entra. Come per gli incidenti automobilistici la prima causa è la velocità: le otto ore di lavoro debbono essere piene e la produttività altissima. E per risparmiare si ricorre agli straordinari, spesso in nero, allungando l'orario a 10-12 ore. che diventano 15-16 considerando il tempi dei trasporti casa/cantiere/casa. E quando l'orario si allunga, le braccia e le gambe diventano molli, gli occhi si socchiudono, l'attenzione si allenta, così come il rispetto delle norme di sicurezza (salvo l'immancabile caschetto giallo, quasi sempre inutile) a volte trascurate dagli stessi lavoratori, incalzati dai tempi e bisognosi di conquistarsi la fama di bravi operai, senza, però, che il capomastro o il capocantiere trovi nulla da ridire. Anzi.Le cifre di questi omicidi bianchi dovrebbero suscitare sdegno. Invece sembra non interessare che tra il '98 e il 2002 sono stati 1.487 gli ammazzati nei cantieri. Quasi uno al giorno. E nel 2003 non è andata meglio: i morti sono già 185. Per «buon peso» si può aggiungere che tra il '98 e il 2002 gli incidenti hanno creato 25 mila nuovi invalidi permanenti. Persone non più in grado di lavorare, di arrampicarsi sulle impalcature, un lavoro che non gli era stato affidato dal fato.

Non a caso l'attività edilizia è sempre più «appannaggio» degli immigrati: non hanno diritto al voto e a una casa, ma sono addetti a costruire le nostre case, a ristrutturale. A lavorare di notte se la casa che stanno costruendo è abusiva. Tanto per gli abusivi c'è sempre un condono, mentre per gli immigrati scoperti c'è il foglio di via. E se protestano per essere regolarizzati corrono il rischio che il padrone di turno gli getti una tanica di benzina addosso e poi accenda un cerino.

Il Manifesto 9/11/03

TRAGEDIA IN UN CANTIERE, DURANTE LA RISTRUTTURAZIONE DI UN EDIFICIO STORICO . Crolla il Museo del mare, angoscia a Genova

GENOVA . Albert Kolgjegja, 30 anni, era originario di un minuscolo centro delle montagne dell’Albania vicino a Scutari, a Genova faceva l’operaio edile: è morto ieri alle 8,30, schiacciato da una soletta di cemento sotto le macerie di un’ala dello storico edificio cinquecentesco di Galata. Il palazzo è crollato in pochi secondi mentre erano in corso i lavori di allestimento del Museo del Mare e della Navigazione, biglietto da visita di Genova che nel 2004 sarà Capitale europea della cultura. Dopo molte ore di ricerche il punto dove si trovava il corpo è stato individuato, con l’aiuto dei cani dei vigili del fuoco. Un medico ha anche cercato di calarsi in un pozzo scavato tra le macerie, invano. In tarda serata le operazioni sono state sospese e riprenderanno all’alba. Quattro compagni di Kolgjegja se la sono cavata con ferite, più o meno gravi: nessuno è in pericolo di vita. Genova ha vissuto ieri uno dei giorni più neri: una tragedia che sembra arrestare lo slancio della città al cambiamento e alla trasformazione, in corso da vent’anni, del suo imponente centro storico, uno dei maggiori d’Europa, e del Porto antico, ormai inadatto alle moderne tecnologie navali. Molti hanno ricordato che i morti nei cantieri del 1992, quando ci furono le Colombiadi, furono sei, due dei quali allo stadio Luigi Ferraris. Ieri mattina tre solette esterne di cemento armato dell’edificio, quelle aggiunte in un secondo momento alla struttura storica sul lato di levante che «guarda» l’Acquario e la Città dei Bambini, hanno ceduto di colpo. Tra grida, urla di allarme e invocazioni di aiuto, per alcuni minuti la scena è stata avvolta da un fitto polverone: quando s’è diradato, in via Gramsci si udivano le sirene dei vigili del fuoco. È stato bloccato il traffico nella strada parallela al porto storico e sulla Sopraelevata che s’affaccia sul Galata, mentre sulla città imperversava un temporale. Hanno lavorato per tutto il giorno centinaia di soccorritori, impiegando ruspe e cani per la ricerca. Tre operai sono stati subito salvati e portati all’ospedale Galliera (uno è stato dimesso poco dopo); un quarto, verso le 11,30, è stato estratto dai detriti di pietra, legno e cemento. Era malconcio, ma non in pericolo di vita. Poi è cominciata la ricerca di Kolgjegja, rimuovendo le macerie anche con le mani, alla luce dei riflettori, cercando per quanto possibile di evitare l’impiego di mezzi pesanti che potevano causare nuovi crolli. Mentre le ricerche erano ancora in corso è iniziata l’inchiesta. Il sindaco di Genova, visibilmente scosso ha tenuto una breve conferenza stampa a Palazzo Tursi, sede del Comune, dopo aver passato tutta la giornata nel cantiere con i soccorritori. «Il nostro appalto - ha detto - è in perfetta regola, agiamo su terreno comunale per conto della società Porto Antico. Questa a sua volta ha assegnato l’appalto alla Società Vecchia Darsena che opera con i suoi soci, la Carena e la Cemedile». Si tratta di imprese di livello nazionale che lavorano a Genova dal dopoguerra. Il sindaco ha precisato che, sia pure nei limiti di legge, sono previsti i subappalti (come in questo caso) ma ha escluso, salvo atti dolosi o false dichiarazioni, che operassero lavoratori in stato di «illegalità» o retribuiti in nero. Ha aggiunto che, accanto all’inchiesta della magistratura aperta in mattinata (tra i primi ad arrivare sul luogo del sinistro il procuratore Francesco Lalla), ci sarà un’inchiesta

amministrativa del Comune. «Sono d’accordo - ha concluso - anche sullo sciopero di 8 ore indetto dai sindacati per lunedì in difesa della sicurezza sul lavoro». Il presidente della Porto Antico (la società che è il braccio operativo del Comune in porto), Renato Picco, ha sottolineato che «i lavori erano realizzati nei tempi previsti, anzi con lievi anticipi»: quindi nessun recupero affannoso per i tagli di nastri previsti per il marzo 2004, alla presenza di Ciampi. Il Galata (nome del quartiere genovese di Costantinopoli) era destinato a diventare il Museo del Mare e a ospitare la copia della galea seicentesca realizzata in Olanda, il cui scafo è giunto a Genova nei giorni scorsi. Il progetto era stato affidato all’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra, che alla notizia del crollo s’è messo immediatamente in viaggio per il capoluogo ligure. L’intero edificio è stato transennato e posto sotto sequestro dalla magistratura: i tempi dell’inaugurazione slitteranno. E da oggi comincerà la lunga battaglia dei periti per capire chi, in buona o in malafede, ha sbagliato.

La Stampa - Sezione Cronache italiane 9/11/03

IL SINDACO: LE PROCEDURE ERANO CONTROLLATE E A NORMA I troppi misteri di un «collasso strutturale» Tre ipotesi: errori di progettazione, cattiva esecuzione dei lavori, materiali inadatti

GENOVA . «Pensiamo che il costoso, forse impossibile recupero di questa struttura in cemento armato costituirebbe una stravaganza, una mancanza di fiducia nella capacità dell’architettura contemporanea di dotare di una nuova e suggestiva immagine l’edificio rinnovato». Su Internet suona beffarda, e sinistramente ironica, l’introduzione all’ambizioso progetto di recupero dell’edificio Galata del Porto Antico, destinato ad ospitare il Museo del Mare e della Navigazione nell’ambito di Genova 2004. Beffarda perché sono state proprio le nuove strutture, arditamente progettate dall’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra, a cedere ieri mattina con un drammatico «effetto domino» travolgendo quattro operai. Mentre le strutture storiche, che del Galata sono il cuore antico, sono ancora lì, da secoli. Ieri il sindaco Giuseppe Pericu non ha voluto nemmeno rispondere a chi gli chiedeva anticipazioni sul futuro del progetto, del Museo, sull’inaugurazione - già fissata al 18 marzo alla presenza del Capo dello Stato. «In queste ore il nostro pensiero è rivolto ai feriti, alla persona ancora prigioniera tra le macerie. C’è un’inchiesta, vogliamo capire cos’è successo, perchè un edificio nuovo, realizzato con tecnologie moderne e quasi ultimato, è potuto crollare. Il resto si vedrà. «Collasso strutturale»:, per il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Genova, Davide Meta, è questa la possibile spiegazione per l’improvviso cedimento delle solette di cemento. Una tesi che trova concordi i responsabili sindacali. Si affacciano ora tre ipotesi, tutte inquietanti: errori di progettazione, errori di esecuzione dei lavori, l’impiego di materiali inadatti o insufficienti. Errori che, spesso, costano vite umane. Per Angelo Sottanis, segretario regionale ligure della federazione edili della Cgil, il bilancio del 2003 in Liguria conta già sei vittime. E la tragedia di ieri aggrava questo bilancio. Domani tutti i cantieri edili della Liguria si fermeranno, ci saranno incontri con le aziende e le istituzioni. «Per riflettere sui problemi della sicurezza, sui meccanismi che regolano gli appalti e i subappalti nelle grandi opere, per evitare altri disastri e altri lutti». Si associa Francesco Marabottini, segretario generale Feneal-Uil: «Un episodio gravissimo, che deve far riflettere». Un cantiere, quello del «Galata» per il quale il sindaco Pericu, l’assessore Claudio Montaldo e il presidente della «Porto Antico Spa», Renato Picco, preferiscono non usare il termine «modello», anche se qui come negli altri interventi - «sono state garantite procedure corrette nella trafila dei subappalti e nel rispetto delle

leggi, e una particolare attenzione sulle questioni della sicurezza, anche rafforzando i servizi di vigilanza». Anche il sindacato si occupa di verifiche nei cantieri, e spesso i risultati non sono incoraggianti. Marino Tricarico, funzionario Fillea-Cgil, al «Galata» ci andava quasi ogni giorno. «Spesso non riuscivo neppure a entrare, l’atteggiamento non era di grande collaborazione. Gli operai siciliani li avevo già visti. Degli albanesi, che spesso si spostano da un cantiere all’altro, ho informazioni frammentarie. Ieri mattina, davanti al disastro, alcuni operai mi hanno confidato che facevano parte di una ’squadra’’, agli ordini di un ‘’caporale’’. Tutte cose da verificare, ma la normativa non ci aiuta». Appalti, subappalti, obblighi di denuncia alla Cassa edile che scattano solo dopo certi importi e quando il lavoro si protrae per più mesi. E’ ancora Sottanis a denunciare: «Nel cantiere del Galata avevamo avuto un paio di questioni: con una ditta che per un certo periodo non aveva pagato i suoi dipendenti e con un’altra che, sostenendo di avere un subappalto inferiore al limite di legge dei 150 mila euro, si rifiutava di versare i contributi alla cassa edile. Grazie a quei contributi avremmo potuto sapere con esattezza chi, quando, dove e come gli operai erano impiegati dalla ditta di appartenenza. E verificare l’esistenza di cottimisti, di lavoratori in nero».

La Stampa - Sezione Cronache italiane 9/11/03

IL RACCONTO DI COLLEGHI E PARENTI DELLA VITTIMA «Una vita di miseria per finire come topi» «Avevamo il permesso, ma nessuno ci affittava un alloggio Abbiamo dormito sotto i ponti, all’aperto: maledetto lavoro»

GENOVA . AVEVA lasciato le povere campagne d’Albania per la sicurezza del lavoro in Italia. Aveva dormito sotto i ponti quando nessuno gli voleva dare una casa, accettando di sgobbare per 10 ore al giorno a 7 euro l’ora, tutti i giorni della settimana senza feste né riposi, fantasma in mezzo agli altri fantasmi clandestini, manipoli agli ordini dei caporali, prima di conquistare una regolare assunzione e il permesso di soggiorno. Per finire, a trent’anni, giovane allegro, generoso e innamorato (la fidanzata lo aspettava a Scutari), tra le macerie di un «gioiello architettonico» di Genova 2004, schiacciato sotto tonnellate di un cemento armato traditore, forse crollato per il peso di una fretta criminale. Albert Kolgjegia era nato a Diber, figlio di contadini. Aveva studiato agraria, grazie al fratello maggiore Ilja che era partito per l’Italia e da qui aveva mantenuto la famiglia facendo il cottimista. Albert voleva sposarsi, ma la terra non bastava per garantirgli il futuro. Così tre anni fa è partito anche lui per raggiungere a Genova il fratello, il cugino, lo zio, l’amico d’infanzia Peka, l’altro amico Kaci. Tutti di Diber, a formare un compatto clan in grado di garantire la prima accoglienza e un lavoro, grazie a «conoscenze», come dice Peka. Albert abitava con il fratello e gli altri familiari in via Belvedere, a Sampierdarena, il quartiere del Ponente dove la comunità albanese è particolarmente numerosa. I parenti e gli amici erano lì, ieri, dalla mattina fino a notte, dietro il nastro bianco e rosso che delimita la zona del crollo del Galata, nella Darsena accanto al Porto Antico: i visi impietriti dal gelo e dal dolore, le mani nelle tasche dei giubbotti di pelle, i jeans consumati, i berretti di lana calati sulla fronte. In silenzio, spiavano il movimento delle benne, il lavoro dei vigili del fuoco che scavavano a mani nude nel terreno sconvolto dai detriti, i tentativi del rotweiller Barbara di localizzare il muratore disperso. Ilja è arrivato alle 22, avvertito da una drammatica telefonata che lo ha raggiunto in Grecia, dove si trovava per motivi di famiglia. Anch’egli muto, le parole raggelate dal dolore, il viso tumefatto dal pianto, gli occhi fissi sulle scintille della grossa sega circolare che aggrediva il cemento sopra suo fratello. «Maledetto lavoro» è il grido trattenuto di Kaci Zaim. Kaci ce l’ha fatta. Ieri mattina alle 8,30 ha sentito tremare il

suolo sotto i piedi e l’istinto di sopravvivenza lo ha fatto saltare di sotto, giù dall’altezza di un secondo piano. Ha rischiato la vita per guadagnare dagli 800 ai 1000 euro al mese. Trentasette anni, una moglie e due figli in Albania che non può far arrivare in Italia perchè non riesce a trovare una casa, Kaci zoppica per il salto, il dolore gli attanaglia la schiena, ma non abbastanza da fargli abbandonare il cantiere dov’è rimasto il suo amico Albert. All’ospedale si è fatto medicare e poi è scappato di nuovo in Darsena. «Sono arrivato in Italia quattro anni fa, ho il permesso di soggiorno, ho un lavoro ma nessuno vuole darmi un alloggio in affitto. Le agenzie mi dicono che sono straniero e non possono far nulla. Per un anno ho dormito sotto un ponte, all’aperto, finchè un amico non mi ha dato un letto in casa sua». «Stavamo disarmando le solette, quando tutto ha cominciato a tremare, sembrava il terremoto» racconta. «Quelle solette erano una trappola» dice Peka, che lavora in un altro cantiere nel centro storico. «Ho visto fare le gettate all’ultimo piano giovedì» dice. Non può essere vero: ci vogliono 28 giorni prima di poter disarmare, cioè togliere i supporti al cemento armato. «Abbiamo tolto una decina di puntelli ed è venuto giù tutto» conferma Kaci. Skender Ndoy è più vecchio, ha 42 anni ed è ricoverato in ortopedia, con prognosi di un mese. «Abbiamo sentito un boato e siamo scappati, ci siamo buttati a terra, tutti insieme, ma Albert non c’era». Quattro albanesi e due italiani: così era composta la squadra che ieri mattina, sotto il nubifragio, doveva liberare tre solette di cemento armato, avveniristiche terrazze protese verso il mare. Giovanni Calvo, 51 anni, originario di Ragusa, è rimasto ferito in modo lieve ed è stato subito dimesso dall’ospedale. Nicolò Flagiello, 32 anni, palermitano, ha passato tre ore e mezzo sotto le macerie, guidando i soccorritori con il cellulare. Ora è ricoverato in chirurgia, ma non è in pericolo di vita. «E’ stato un incubo» può dire con un filo di voce, il collare che gli immobilizza la testa. Anche Albert aveva il cellulare. Lo hanno chiamato per tutto il giorno, senza ottenere risposta. Le speranze di trovare il giovane muratore ancora in vita si sgretolano alle 19,30, quando è stato visto il corpo, immoto e irraggiungibile. La sega speciale per il cemento, portata da una ditta di Alba, ha continuato per ore a tagliare rabbiosamente le rovine, illuminate dalle fotoelettriche, la benna pronta a rimuovere i detriti. Gli amici di Albert sono rimasti, nel gelo della notte. «Come faremo a dirlo a casa, ai genitori, alla fidanzata?» si chiedeva il cugino sottovoce, perchè Ilja non sentisse.

La Stampa - Sezione Cronache italiane 9/11/03

DOMANI OTTO ORE DI SCIOPERO A GENOVA «Basta tragedie . I cantieri sicuri non sono optional» Epifani: com’è possibile che in una città come questa ci siano lavoratori in nero? Aumenta il rischio di incidenti. Da inizio anno sono 185 le vittime nell’edilizia

Otto ore di sciopero. L’agitazione è stata indetta per domani dai sindacati di Genova, dopo la tragedia di ieri. Vogliono denunciare che nell’edilizia aumenta il rischio di morte e rilanciano la proposta (così come aveva già fatto la Cisl un mese fa) di una «patente a punti» che sanzioni le imprese che non rispettano le norme sulla sicurezza. Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, s’interroga su «come è possibile, in una città come Genova, in un luogo come il porto, che ci siano lavoratori in nero, all’opera in un cantiere per Genova 2004? La sciagura di Genova oltre a ferire la coscienza civile per un ennesimo incidente sul lavoro, esige che si dia risposta a questa domanda che è rivolta a tutti, all’amministrazione, alle imprese e al sindacato». I sindacati ripetono che si è deciso lo sciopero perché «la sicurezza non deve essere un optional nei cantieri edili. «E’ una mattanza che non ha fine», denuncia la Fillea-Cgil. Secondo i sindacati sono già 185 gli operai edili morti nei cantieri da inizio anno. Solo una settimana fa a

Guidonia era crollato il solaio di una cabina elettrica in costruzione, dove sono morti due operai e tre sono rimasti feriti. «Attendiamo il responso delle indagini per capire meglio la dinamica di questa ennesima grave tragedia sul lavoro nei cantieri, ma è difficile - sottolinea il segretario generale della Fillea Cgil, Franco Martini - non attribuire anche in questo caso pesanti responsabilità alla prassi del ricorso incontrollato al subappalto, diventata la principale forma di attività imprenditoriale nel settore». «Una settimana fa a Roma - precisano i rappresentanti sindacali - si operava una gettata di calcestruzzo al buio, dopo 12 ore di lavoro; oggi a Genova si lavorava in un giorno, il sabato, dove solo per motivi straordinari dovrebbe essere prestata l’attività lavorativa e comunque informandone i sindacati e concordando con loro le modalità». Secondo l’Inail, in base alle statistiche dei primi sei mesi del 2003, gli infortuni sul lavoro calano ma gli incidenti mortali restano più di cento al mese, venti dei quali riguardano lavoratori delle costruzioni. La diminuzione del numero di tragedie, secondo i dati ufficiali, risulta dello 0,4% rispetto allo stesso periodo del 2002 (da 486.449 a 484.512) mentre gli infortuni mortali sono scesi nel periodo da 716 a 694 (-3%). Nei primi sei mesi dell'anno le costruzioni, stando al monitoraggio dell’Inail, hanno registrato un calo di infortuni dell'8% (da 51.517 a 47.208) e le vittime sono state 133. «Ogni anno in Italia si registrano 10 mila cadute dall’alto, causa principale di infortuni nell’edilizia - rileva l’Inail - di queste circa 100 sono mortali. Comunque anche se negli ultimi anni si registra un continuo miglioramento, il settore delle costruzioni resta uno dei più rischiosi con un indice di frequenza pari a 67,85 infortuni indennizzati per 1000 addetti, contro un valore medio nazionale pari a 40,91 e che pone il settore al 4° posto nella scala di pericolosità dopo metallurgia, industria della trasformazione e legno. Le costruzioni salgono al 3° posto (dopo estrazione minerali e trasporti) nella graduatoria di rischio di infortunio mortale». «Gli infortuni nelle costruzioni - dice ancora l’Inail nel suo rapporto annuale - costano alla collettività mediamente all'anno 5 miliardi di euro su un totale di 28.

La Stampa - Sezione Cronache italiane 9/11/03

LA DENUNCIA DEI SINDACATI. La Cgil: 3500 lavoratori in nero Casini: si indaghi sul fenomeno senza timidezze

GENOVA . Sono 3500, secondo la Fillea Cgil, gli operai edili che lavorano in nero nei cantieri di Genova. Dei 12 mila addetti regolari, quasi uno su tre è straniero, in maggioranza ecuadoriani. Secondo le stime del sindacato, «il numero reale degli addetti a Genova è di circa 20 mila operai, e questo vuol dire che per 8 mila persone non si fanno versamenti alla Cassa edile e di questi 3500 sono in nero». In tutta Italia sono 23, compreso il muratore morto ieri, gli extracomunitari che hanno perso la vita nei cantieri edili nel 2003. Dieci sono albanesi. Il giorno dopo il disastro del quartiere Galata, e soprattutto dopo le dichiarazioni del segretario della Cgil Epifani che sabato si è chiesto «com’è possibile che ci siano lavoratori in nero all’opera in un cantiere di Genova 2004», in città ci si interroga sulle condizioni in cui lavoravano gli operai travolti dal crollo, mentre il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, chiede di «indagare senza timidezze per diradare ombre di un possibile utilizzo di lavoro nero». Oggi, intanto, oltre allo sciopero di 8 ore di tutti i cantieri del centro storico, i sindacati incontreranno negli uffici comunali il sindaco, Giuseppe Pericu, e l’assessore ai Lavori Pubblici, Claudio Montaldo. Alle 15 è in programma una riunione tra i rappresentanti confederali di Cgil, Cisl e Uil per discutere altre iniziative. Tra le proposte c’è quella di uno sciopero ligure della categoria. Pericu, che ieri si è recato all’ospedale San Martino per incontrare i due operai ricoverati, Nicolò Flagiello e l’albanese Ndj Skender, ha annunciato che sta preparando una risposta a Epifani: «Se veramente verrà accertato

che nei cantieri del Porto Antico ci sono situazioni di lavoro nero, siamo proprio noi, come Comune, a essere parte lesa. Ben vengano dunque le inchieste della magistratura, le iniziative del sindacato, gli accertamenti del ministro Maroni. Provvederemo anche noi con un’indagine amministrativa per verificare il rispetto dei rigorosi capitolati d’appalto che avevamo studiato proprio per evitare iregolarità e abusi». Appalti, subappalti e maestranze. Per Renato Picco della «Porto Antico Spa», tutte le procedure si sono svolte nella massima trasparenza. «La legge consente di subappaltare fino al 30 per cento dell’importo dei lavori prevalenti di un’opera. Il Galata “vale” 50 miliardi di vecchie lire, l’entità del subappalto che Carena-Cemedil ci ha prospettato per la Impreval era di un miliardo e mezzo, quindi nei limiti. Verificata la regolarità dell’impresa, abbiamo dato il nulla osta. Del resto, eravamo tenuti a farlo per legge. Maestranze in nero? Non ci risulta, nè d’altra parte compete al committente fare verifiche in questo senso. Posso però dire che da parte nostra non c’è mai stata alcuna richiesta di accelerazione nei lavori, che procedevano nell’assoluto rispetto di tempi e scadenze. Nessuna fretta, insomma». Sul fronte sindacale però, Angelo Sottanis, segretario ligure della Federazione edili della Cgil, incalza con una denuncia e una provocazione. «Sappiamo che la Impreval, l’azienda subappaltatrice che lavorava al cantiere Galata, si era rifiutata di effettuare i pagamenti alla Cassa edile. I dirigenti avevano sostenuto di non essere tenuti a farlo. Sarà l’inchiesta a stabilire se queste circostanze sono reali o no. E allo stesso modo si appurerà se in quel cantiere ci si avvaleva, come da molte parti si sta sostenendo, di lavoratori assunti in modo irregolare. Noi, già domani (lunedì, ndr) faremo un’altra verifica, molto più semplice: capire se per Albert Kolgjegja era stata aperta, a suo tempo, una procedura Inail. In altre parole, se l’operaio vittima di questa tragedia aveva o meno la copertura infortuni che è obbligatoria per legge». Non è tutto. Aggiunge Sottanis: «Bisognerebbe anche indagare sul perché uno degli operai coinvolti nel crollo, medicato sabato in ospedale, si è rifiutato di fornire le generalità alla polizia. La spiegazione potrebbe essere tanto semplice quanto inquietante». m. r.

La Stampa - Sezione Cronache italiane 10/11/03

Un operaio valdostano dopo il disastro denuncia l'azienda per la quale lavorava "Io, irregolare in quel cantiere". E spuntano tre feriti nascosti . Alcuni non sanno neppure da quale azienda dipendono. "Per essere pagati litighiamo con uno di Bergamo"

di GIUSEPPE FILETTO. GENOVA - "Anch'io ho lavorato in quel cantiere, ma in tre mesi ho visto solo 200 euro - dice Giuliano Sarteur, muratore di Verres, in Val d'Aosta - così, con il mio collega siamo andati via il 18 settembre, e dopo abbiamo scoperto che non ci avevano versato neppure un centesimo di contributi". La denuncia arriva subito dopo il crollo dei magazzini "Galata" che dovranno diventare museo nel 2004, anno per Genova Capitale Europea della Cultura. Sabato pomeriggio Sarteur, appena saputo della disgrazia, si è precipitato nel capoluogo ligure all'ospedale San Martino, per avere notizie degli ex compagni. Operai in nero, cottimisti clandestini, immigrati irregolari, trasfertisti senza un domicilio a Genova. Si dice questo ed altro all'indomani del disastro che ha provocato 4 feriti e un morto, Albert Kolgjegja, albanese di 30 anni. Sono i numeri ufficiali, ma la mattina di sabato scorso nel cantiere c'era altra gente. Giovanni Calvo, il capo squadra originario di Pozzallo (Ragusa), all'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale Galliera sembra abbia detto ai medici "Sotto le tre solette crollate ci sono sei neri". Lui lavorava al secondo piano, con Albert e Nicola Flagiello, di Bagheria: stavano togliendo i puntelli. Al piano terra c'erano gli altri, quelli che sarebbero rimasti contusi,

poi scomparsi, ufficialmente non inclusi nella lista. La mattina del crollo, i militi della Croce Verde di Ponte Parodi hanno caricato sull'ambulanza un altro ferito: un giovane di colore. "All'arrivo al pronto soccorso i medici gli hanno detto di attendere in sala, poiché aveva ferite alle mani - precisa il direttore, Paolo Cremonesi - prima di lui avrebbero medicato Calvo, il più grave, ma quando lo hanno cercato, era sparito". Perché? La sera, mentre si scavava per recuperare il corpo del disperso, un altro manovale ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere. "È venuto da noi, qui, nella sede della pubblica assistenza - ricorda Stefano Rizzo, responsabile della Croce Verde - ci ha detto che aveva male alla schiena, aveva una gamba nera, lo abbiamo portato al Galliera". Alle 21, all'ospedale è stato registrato come Ardian Veizi, 32 anni, anche lui albanese, ha detto di essersi fatto male in un cantiere di via Gramsci, alle 8,30 del mattino, la stessa ora del crollo. Sul referto i medici hanno scritto "contusione alla gamba, alla colonna vertebrale ed escoriazioni multiple". Dimesso, non risulta tra i feriti ufficiali. Sarteur e gli altri confessano di non sapere esattamente con quale ditta hanno lavorato, se con l'Impreval con sede a Torino, oppure con la Carena, la Galata o la Cemedil di Genova: "Noi abbiamo sempre trattato con uno di Bergamo. Non so quante telefonate gli abbiamo fatto per poter essere pagati".

La Repubblica 10/11/03

Tutto in regola niente a posto . L'operaio albanese morto a Genova e i suoi compagni erano assunti regolarmente, dice la procura. Non c'è traccia dell'esistenza lavorativa di Albert e degli altri edili, contesta la Cgil. Giovedì lo sciopero sarà generale

MANUELA CARTOSIO. Procura della repubblica di Genova, primo pomeriggio. «Gli operai coinvolti nel crollo, compreso l'albanese morto, erano tutti assunti con regolare contratto», dice ai giornalisti il capo della procura Francesco Lalla. Mattina, Porto antico, manifestazione di protesta degli edili. «A Genova non c'è traccia dell'esistenza lavoratoriva di Albert Kolgjegja. L'operaio non risulta né sui documenti dell'Inps, né su quelli dell'Inail, né su quelli della Cassa edile», dichiara Angelo Sottanis, segretario regionale della Fillea Cgil. Come possono stare insieme due versioni così discordanti? L'unica ipotesi plausibile è che otto operai al lavoro a Palazzo Galata al momento del crollo siano stati «dichiarati» in un'altra città. Probabilmente a Bergamo dove ha sede la Impreval, una delle ditte che operano in subappalto alla costruzione del Museo del mare. E' buona regola registrare gli edili dove c'è il cantiere in cui lavorano. Che non sia stato fatto deve essere sembrato agli inquirenti un'infrazione lieve. Secondo la procura, oltre agli otto dell'Impreval c'era un nono operaio quando sabato mattina ha ceduto la soletta. E' dipendente di una ditta di Genova Voltri e pure lui è munito di regolare contratto di lavoro. E il fuggi fuggi che, secondo più di un testimone oculare, si sarebbe verificato subito dopo il crollo? Il capo della procura non ne fa cenno. E gli edili che sabato si sono fatti medicare «in incognito» negli ospedali genovesi? Secondo la polizia guidiziaria, sarebbero state medicazioni «strumentali» (sic), non collegate «all'evento» nel Porto Antico. Se abbiamo capito bene: gli edili che a Genova sabato si sono infortunati, avrebbero colto l'occasione del crollo a Palazzo Galata per presentarsi a un pronto soccorso. Piuttosto incredibile.Questa versione tranquillizzante cozza con quanto ieri mattina raccontavano gli amici e i compagni di lavoro di Albert Kolgjegja al presidio al Porto vecchio. «Lavoramo senza sicurezza e in nero, a sei euro l'ora, ci chiedevano solo la fotocopia del permesso di soggiorno. Se ce l'avevi, potevi lavorare, non ti chiedevano altro». «Volevano accorciare

il tempi, abbiamo disarmato la soletta troppo presto, il cemento era ancora fresco». «Albert era là, l'ho visto sprofondare», dice Zaim Kaci, uno degli scampati alla macerie. Qualcuno ha portato una bandiera albanese, qualcuno ha lanciato fiori oltre le transenne, uno ha lasciato un biglietto con su scritto «nessuno più al mondo deve essere sfruttato».Dopo lo sciopero di ieri degli edili, la protesta contro le morti bianche e il lavoro nero proseguirà giovedì. Cgil, Cisl e Uil genovesi hanno proclamato due ore di sciopero per tutta l'industria, otto per l'edilizia. Al vertice che si terrà giovedì in prefettura i sindacati chiederanno nuove regole per gli appalti e i subappalti pubblici che inchiodino alle loro responsabilità le aziende madri. Oggi la procura dovrebbe scrivere una decina di nomi nel registro degli indagati, nomi di progettisti ed esecutori, non di funzionari comunali. Maroni ha disposto una commissione d'inchiesta del ministero del welfare e annuncia l'istituzione di commissario straordimario per la lotta al sommerso. Quattro ispettori ieri hanno fatto un sopralluogo a palazzo Galata. Hanno interrogato il capocantiere e alcuni dipendenti dell'Impreval; i titolari della ditta non si sono fatti trovare e il sottosegretario Sacconi spera che «si presentino spontaneamente con la documentazione richiesta».Oggi torna in Albania la salma di Albert Kolgjegja, non ci sarà bisogno di autopsia. Rientrato ieri da un viaggio all'estero, il cardinale Tarcisio Bertone ha espresso il dolore della chiesa genovese: «La fretta è sempre cattiva consigliera, bisogna tutelare meglio i lavoratori, soprattutto quelli stranieri che rischiano d'avere meno diritti».La tragedia al Porto antico è un'occassione ghiotta per il centro destra per andare all'attacco del sindaco Pericu. Il vicepresidente della giunta regionale Gianni Plinio ne chiede la dimissioni. «Sciacallaggio politico», replica il primo cittadino. Rilancia il gruppo di An in consiglio comunale: «Il sindaco ha omesso verifiche e controlli, deve dimettersi».

Il Manifesto 11/11/03

ANCHE IL MINISTRO MARONI ORDINA UNA INDAGINE . Il museo crollato: tre inchieste e avvisi di garanzia . La tragedia di Genova causata dal cedimento di una soletta appena ultimata

GENOVA . L’ultima fiammella di speranza si è spenta, nella gelida notte del Porto Antico di Genova, intorno alle due di notte, sotto la luce impietosa delle fotoelettriche. Soltanto quando l’ultimo diaframma di cemento armato ha ceduto, rivelando il corpo senza vita di Albert Kolgjegja, trentenne operaio albanese, si è potuto dire ad alta voce quello che tutti, tra le macerie, sapevano da ore: che nessun essere umano avrebbe potuto uscire vivo da quell’inferno. Forse, ed è pietoso crederlo, l’operaio, travolto da tonnellate di cemento e metallo, è morto all’istante senza rendersi conto di che cosa stesse accadendo. I vigili del fuoco, che con la loro esperienza avevano capito prima degli altri che non c’era più speranza, da ore lavoravano senza sosta concentrati sull’obiettivo di ritrovare Albert, di restituire ai suoi cari almeno il corpo. Momenti di fatica, di coraggio, di grande commozione. A Genova, ma non soltanto, il dolore e la rabbia si sono fusi con lo stupore per una tragedia che sembrava impossibile, e per la «scoperta» di un fenomeno - il lavoro nero nell’edilizia - di cui ci si augurava che fossero immuni almeno i grandi cantieri pubblici, quelli sotto gli occhi di tutti. E così l’indignazione espressa sabato dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha trovato immediato riscontro nel ministro del Welfare, Roberto Maroni, che ha annunciato di aver ordinato un'inchiesta per verificare «chi doveva controllare e non ha controllato, perchè quello che è accaduto è tanto più orribile se pensiamo che si trattava di un appalto pubblico». Ieri sono stati eseguiti alcuni prelievi di materiale e sono stati

ascoltati alcuni testimoni del crollo. Per oggi sono attese le iscrizioni nel registro degli indagati, un atto dovuto. Ma che cosa è successo, esattamente, in quella maledetta manciata di secondi che sabato mattina, alle 8,30, hanno trasformato un cantiere «facile», per usare le parole del sindaco Giuseppe Pericu, in una trappola mortale? Le inchieste giudiziarie e le perizie daranno una risposta sulle cause, nel frattempo può essere utile ricostruire la dinamica dell’accaduto grazie a Davide Meta, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Genova, che è stato tra i primi ad accorrere sul luogo del disastro e che per tutta la giornata ha coordinato i difficili e pericolosi interventi di soccorso. «Attorno alla struttura antica del Galata sono state realizzate solette in cemento armato ancorate in parte alla facciata, in parte a putrelle verticali di sostegno. Delle quattro solette previste, più la quinta con funzioni di copertura, fino a ieri ne erano state ultimate tre. Gli operai stavano procedendo al ‘’disarmo’’ della soletta del secondo piano. Durante le operazioni di rimozione dei puntelli, la soletta ha ceduto provocando due ulteriori crolli: precipitando verso il basso ha travolto con il suo peso la soletta del primo piano, e al tempo stesso ha fatto mancare il sostegno a quella del terzo, la più recente, ancora ‘’fresca’’ e puntellata». Albert Kolgjegja, la vittima, stava lavorando al primo piano, ed è stato quindi travolto da due strati sovrapposti di cemento armato: la soletta crollata alla rimozione dei puntelli e quella ancora superiore. Sulla facciata lato Sopraelevata si vedono sporgere, tranciati di netto, i tondini di ferro che collegavano la soletta alla parte antica del palazzo, mentre alcune putrelle verticali sono state piegate come fuscelli, e in un paio di casi proiettate a distanza di metri, distruggendo auto e furgoni. Il disastro apre molti interrogativi: si è trattato di un errore di progettazione, che non ha tenuto conto dei problemi di stabilità e di peso delle solette? Oppure di errori di esecuzione del progetto stesso, oppure ancora l’impiego di materiali non idonei o insufficienti? Nessuno, ieri, ha accettato di sbilanciarsi. Renato Picco, presidente della società committente «Porto Antico Spa», ha smentito le voci secondo le quali le operazioni di «disarmo» della struttura sarebbero state compiute in anticipo rispetto ai canonici 28 giorni necessari per ottenere il consolidamento standard delle strutture. Così almeno - precisa Picco - mi è stato riferito dall’impresa che sta eseguendo i lavori». Turbato il progettista, l’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra che ha appreso della tragedia sabato dalla tv, nella sua casa di Siviglia, e si è precipitato a Genova: «In tanti anni di professione è la prima volta che una mia creatura si comporta così».

La Stampa – Sezione Cronache italiane 10/11/03

La Procura invia oggi gli avvisi di garanzia: c'è anche il progettista spagnolo.Crollo di Genova, dieci indagati. Maroni convoca un vertice sul "sommerso" nell'edilizia Ispezione del ministero, si autodenunciano gli operai "in nero"

di MASSIMO CALANDRI e GIUSEPPE FILETTO. GENOVA - Sono dieci gli indagati per "disastro, omicidio ed incidente colposo". Sono i diversi protagonisti del futuro Museo del mare e della navigazione, quello che doveva essere il fiore all'occhiello di Genova 2004. Sono, dice il procuratore Francesco Lalla, "tutti quelli che hanno avuto un rilievo causale nella tragedia di sabato: dal progettista al capo cantiere, fino al capo della squadra che l'altra mattina dirigeva gli operai". Il magistrato non fa nomi, ma inevitabilmente stamani riceverà un avviso di garanzia anche l'architetto spagnolo Giullermo Vasquez Consegra, che dell'edificio sul porto è titolare del progetto strutturale, architettonico, della progettazione e direzione artistica. E che viene tirato in ballo pure dal consorzio Galata, appaltatore dei lavori: "L'architetto ha firmato anche il

progetto esecutivo e strutturale, dovrebbe sapere come hanno fatto i calcoli". Le indagini della Procura sono due, spiega Lalla, mentre un terzo filone (quello della regolarità nell'assegnazione di appalti e subappalti) sarà affrontato nei prossimi giorni: "La prima sul crollo, i motivi e le responsabilità. La seconda sull'eventuale presenza di lavoratori in "nero". Ma vorrei sottolineare che i nove operai presenti al momento del disastro, lo abbiamo accertato, erano in possesso di un regolare contratto edile". Non sa ancora, il procuratore, che altri due manovali - e c'è chi giura che nelle stesse condizioni fossero almeno in venti, tutti extracomunitari - si sono appena autodenunciati: "Noi albanesi eravamo tutti in nero, compreso il nostro amico morto - giura Zaim Kaci - Non abbiamo mai visto una lira ed un contratto, eppure lavoravamo dal 4 ottobre. Ci hanno chiesto solo il permesso di soggiorno". Davanti ai cancelli sigillati dall'autorità giudiziaria, si ascoltano storie di operai irregolari, di caporalato: "Ci presentavamo la mattina alle 7", prosegue Zaim in uno stentato italiano, aiutato da Roland Aiazi, nipote di Albert Kolgjegja, l'operaio morto. "Ai cancelli c'era Domenico, il capo, il siciliano, era lui che ci diceva se c'era lavoro, era lui che faceva le squadre di lavoro. Sei euro all'ora. Domenico non so per chi lavora, ma ho il numero del suo telefonino". Domenico Zocco, dipendente della Impreval, respinge tutto: "Nessuno è in nero, dateci il tempo di preparare la documentazione e vi dimostriamo che tutti erano in regola". La Impreval è finita nel mirino degli ispettori mandati da Roberto Maroni, ministro del Welfare: "Abbiano interrogato solo il capo-cantiere della ditta e alcuni dipendenti, non siamo invece riusciti a parlare con i responsabili dell'impresa. Abbiamo chiesto anche ad altri ispettorati di fare queste ricerche, per ora vane. A questo punto speriamo che decidano di presentarsi spontaneamente con la documentazione". Maroni, che vuole entro pochi giorni "una relazione non tanto sui calcoli del cemento armato, ma sull'attività di controllo dei servizi ispettivi del ministero", ha convocato per oggi tutte le organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori che sottoscrivono il contratto nazionale del settore edile, i responsabili dei servizi ispettivi di Inps e Inail e dello stesso ministero. E mentre un gruppo di senatori Ds gli presenta un'interrogazione chiedendo "quali iniziative intenda adottare il governo per contrastare il lavoro sommerso nel settore dell'edilizia", parla l'Arcivescovo di Genova, Tarcisio Bertone: "Bisogna tutelare meglio i lavoratori, soprattutto quelli stranieri che rischiano di avere meno diritti. La fretta è sempre una cattiva consigliera".

La Repubblica 11/0303

Niente libro paga né matricola. Ancora irreperibili i dirigenti della ditta che aveva in gestione i lavori al Museo del mareCrollo di Genova, per gli ispettori nel cantiere "gravi irregolarità"

Anche Cgil, Cisl e Uil all'attacco: "Alcuni operai non risultano"GENOVA - Gravi irregolarità, libri paga e matricola non presenti nel cantiere, e amministratori della ditta incaricata dei lavori ancora "latitanti": sono questi i primi risultati dei controlli svolti dai quattro ispettori della Direzione provinciale del lavoro dopo il crollo al Museo del mare di Genova, che sabato scorso ha provocato la morte di un operaio e il ferimento di altri quattro.

Gli ispettori stanno lavorando su mandato del ministro del Welfare, Roberto Maroni, e da oggi anche della Procura, e ancora non hanno potuto mettersi in contatto con i dirigenti dell'Impreval, società con sede ad Aosta e sede operativa in provincia di Bergamo, che sembrano essersi volatilizzati nel nulla.

Amministratore unico della società, da quanto risulta alla Camera di Commercio della Valle d' Aosta, è Giulivo Fenaroli, 46 anni, originario di Adrara San Rocco (Bergamo). "Finora però - spiegano gli ispettori - i nostri colleghi di Aosta hanno trovato in ditta solo una segretaria, che ha fornito alcuni documenti, arrivati oggi via fax". Come detto, l'ispezione ha già accertato gravi irregolarità nella gestione dei lavori e della manodopera. Non sono stati trovati nel cantiere i libri "matricola" e "paga", dove vengono registrati i lavoratori, le ore di lavoro fatte e la paga corrisposta; secondo le prime testimonianze rese dal geometra e dal capo cantiere della Impreval, ciascun lavoratore avrebbe lavorato 30-40 ore alla settimana, mentre dalle dichiarazioni di alcuni operai, molti avrebbero invece lavorato "in nero" molte più ore settimanali, compreso il sabato, e con una paga di 6 euro all' ora. E mentre il dirigente dell' ispettorato del Lavoro di Genova, Carlo Alberto Legittimo, è in viaggio verso Roma, dove è stato convocato dal ministero per conoscere i primi risultati delle indagini, arriva anche un corposo dossier dei sindacati. Quello degli edili di Cgil, Cisl e Uil è un duro atto di accusa. "Alla Darsena - dicono - ci sono ditte subappaltatrici, che contro ogni legge, hanno subappaltato a loro volta ad altre imprese, per ridurre i costi; ed emergono anche irregolarità nell'iscrizione dei lavoratori alla cassa edile e nel pagamento dei contributi Inail ed Inps". A parlare sono i segretari Venanzio Maurici per la Filca-Cgil, Salvatore Sorace per la Fillea-Cisl e Silvio Errico per Feneal-Uil, tutti segretari generali provinciali, hanno detto: "più che lavoro in nero, abbiamo riscontrato gravi irregolarità nell'applicazione del contratto e nel lavoro sub-sub appaltato, vietato dalla legge". E poi i sindacati denunciano che Impreval ha pagato i contributi solo a tre degli otto lavoratori che risultavano sul cantiere sabato, e non lo ha fatto alla Cassa edile genovese, ma a quella di Bergamo, contravvenendo a un protocollo d'intesa in proposito. "Le imprese hanno sempre omesso l'informativa ai sindacati stessi sui subappalti - denuncia Maurici - contravvenendo anche all'articolo 15 del contratto nazionale del lavoro". Quanto ai sub-subappalti, vietati dalla legge, "per ora ci risulta solo una ditta di Voltri, per cui lavorava uno degli operai presenti sabato nel cantiere ufficialmente gestito da Impreval - dicono i sindacati - ma non escludiamo che vengano fuori altri lavoratori autonomi o addirittura artigiani". Secondo Cgil, Cisl e Uil, ci sono ancora altre gravi irregolarità. Degli otto lavoratori, risultano oggi in regola solo tre e non risulta l'operaio albanese morto: "nessuno dei lavoratori era iscritto alla cassa edile genovese, come prevede il protocollo e solo tre risultano iscritti a ottobre alla cassa edile di Bergamo". Non c'è dunque traccia degli altri cinque, "ai quali quindi al momento non risulta sia stato pagato nessun contributo". In relazione a ciò, i sindacati fanno rilevare che l'inscrizione all'Inail, per legge, deve avvenire il giorno stesso dell'inizio della prestazione d'opera del lavoratore o al massimo il giorno successivo. Inoltre i singoli lavoratori devono essere registrati anche nel libro matricola tenuto dall'impresa.

La Repubblica 11/03/03

Roma, tra gli operai che costruiscono venti palazzi a Tor Vergata: "Paghe basse e la sicurezza..." Viaggio nei cantieri senza regole "Solo uno su tre ha il contratto"

di RICCARDO DE GENNARO. ROMA - "La metà un corno: per ogni lavoratore in regola, ce ne sono due in nero, anche tre", sussurra un operaio sgattaiolando via da uno dei cantieri edili di Tor Vergata, dove stanno tirando su una ventina di palazzi. "Lavoro nero? Ce n'è tanto, tanto, tanto", conferma un suo collega più anziano. Lui si

ferma. Si chiama Francesco Anello, 62 anni, una vita intera nei cantieri. Racconta di un'edilizia che non c'è più: "Sono 6-7 anni che il settore è caduto sotto la tazza del cesso. Qualità del lavoro e paga fanno schifo". Dice che "oggi i padroni non guardano più l'esperienza, non ti chiedono cosa sai fare, conta solo se sei giovane, robusto e se te ne freghi di salire lassù senza protezioni". Perché la sicurezza costa: "Pesa per il 60 per cento ed è la prima cosa che tagliano. Poi c'è che non tutti gli immigrati sono all'altezza", aggiunge Anello. Ma bisogna capirli. Basta ascoltare George Golie, berrettino giallo in testa con la scritta "Lavorare in sicurezza", oppure Ovidio, tutt'e due rumeni che in patria facevano un altro mestiere. Il primo in dogana, confine con la Moldavia, poi in una cantina sociale, il secondo poliziotto. "Faccio questo lavoro perché è tutto quello che ho trovato", dice Ovidio, 31 anni, in Italia da quattro. "Poi succede che il padrone non ti paghi per due mesi e per avere quello che ti spetta devi minacciarlo di brutto, o denunciarlo", racconta. Ma la maggior parte accetta sfruttamento e ricatto. Le loro storie fanno impallidire i muratori di Riff raff, il film di Ken Loach. Viktor è albanese, proviene dallo stesso villaggio di Albert, l'operaio edile rimasto ucciso a Genova: "Lo conoscevo, conosco la sua famiglia, era partito prima di me. Il problema è che controlli non ce ne sono, gli ispettori vengono qui e non chiedono nulla, parlano con il principale, si fermano ai cancelli, a noi non chiedono neppure i documenti". Prima di "strappare" un permesso di soggiorno, Golie viveva come tutti gli edili extracomunitari in nero: "Paga di 25 euro al giorno per 9-10 ore di lavoro, 17 euro i miei figli. Lavoravamo la calce senza guanti e mascherine, il padrone ci faceva dormire in un cascinale senza acqua, vietato accendere la luce, vietato uscire, per non farsi scoprire dai carabinieri". Poi gli ha detto: "O mi regolarizzi e mi dai almeno 50 euro, o ti denuncio". A fine luglio ce l'ha fatta: "Ma mi sono pagato io la Bossi-Fini, 320 euro più 40 di spese". Prima di andarsene Golie mostra il contenuto del sacchetto di plastica: una mozzarella, un po' di funghi trifolati, una pagnotta, una birra. Il suo pranzo. Ha 45 anni, ma ne dimostra 60. La vita da schiavi dei manovali rumeni comincia sui marciapiedi di viale Tor di Quinto. Di qua loro, dall'altro lato i moldavi. Stessa scena in via dell'Acqua Cetosa, o in via Togliatti. Sono i tre grandi punti di raccolta della manodopera clandestina. Arrivano all'alba, quando se ne sono andate le prostitute. Sembra prostituzione anche la loro: una macchina accosta, il guidatore propone una cifra, tipo 2-3 euro all'ora, l'operaio sale e viene portato in cantiere. Tutto in silenzio, tutto in nero. Guai a protestare. Marian Fleica l'ha fatto, il padrone l'ha gettato giù da una scala. È rimasto due settimane in rianimazione al S. Camillo, tre costole rotte. Per venire in Italia e fare questa bella vita i rumeni pagano al caporalato internazionale 600 euro, i moldavi - che sono più lontani - 2000-2.500. Sono entrati di nascosto, non si sa come, probabilmente nascosti dentro scatoloni con un foro per l'aria, trattati come bestiame. "Mi hanno detto che la scorsa settimana, un certo Aldo di Foggia - racconta uno di loro - ne ha fatti venire dodici dalla Romania, grazie a un contatto con una donna rumena". Mostra un bigliettino, c'è scritto un nome: Valeria S. I suoi 12 connazionali ora lavorano nei campi, a cottimo. Sono scomparsi dalla Romania, non esistono in Italia. Fantasmi. I sindacalisti della Fillea-Cgil del Lazio si sono messi in testa di fotografarli. Nel frattempo, non mollano sulla sicurezza: "Vogliamo un'agenzia regionale che si occupi solo di questo", dice il segretario Sandro Grugnetti, che contesta i dati sugli infortuni. "Non è vero che diminuiscono - dice - non vengono denunciati. Com'è che qui, nei primi 10 mesi del 2003, abbiamo avuto 12 morti, contro i due dell'anno scorso?". È che i morti non si possono nascondere.

La Repubblica 11 novembre 2003

Crollo Museo del mare: tre avvisi di garanzia

Il pubblico ministero Sergio Merlo ha inviato tre avvisi di garanzia per il crollo del Museo del mare, nella Vecchia darsena a Genova, avvenuto sabato e costato la vita ad un operaio albanese. I destinatari sono i responsabili dei lavori in relazione al cemento armato. "L'accertamento sul cemento - ha spiegato Merlo - è urgente e irripetibile. La priorità consiste nel fatto che il cemento è la parte soggetta a modificazione e non si può perdere tempo". L'ipotesi è che il cemento abbia ceduto perchè l'armatura è stata tolta precocemente. Domani, intanto, i consulenti nominati dal pm, gli ingegneri genovesi Lamberto Panfoli e Giorgio Ermanno Maggiorelli inizieranno a lavorare; in particolare dovranno accertare con urgenza la maturazione del cemento e la sua lavorazione. Secondo i primi risultati dei sopralluoghi effettuati dagli ispettori della direzione provinciale del lavoro e avviate dopo il crollo ci sono state gravi irregolarità con libri paga e matricola non presenti nel cantiere. Inoltre mancano ancora all'appello gli amministratori della ditta Impreval di Aosta. Indagini sono ora in corso per verificare se la ditta facesse lavorare operai anche in nero, come hanno denunciato alcuni lavoratori presenti nel cantiere. (red)

La Repubblica – News Online 11/11/03

Rischiano la vita tutti i giorni lavorando in nero «per una paga di sei euro l'ora».

I colleghi di Albert Rischiano la vita tutti i giorni lavorando in nero «per una paga di sei euro l'ora». I colleghi di Albert Kolgjegja, l'operaio albanese di 30 anni morto sabato scorso a Genova sotto le macerie del futuro Museo del mare e della navigazione, stringono i pugni con rabbia davanti al cantiere sotto sequestro. Si sentono come carne da macello, non hanno paura di raccontare la verità: è giunta l'ora che tutti sappiano le cose come stanno. Uno di loro fa persino il nome del "caporale" che li ha reclutati. Appare subito chiaro che è da queste testimonianze che bisogna partire se si vuole fare luce su questa nuova tragedia del lavoro, fatta di sfruttamento e di mancato rispetto delle regole. Del resto, i numeri forniti dalla Fillea Cgil sono fin troppo eloquenti: dal 1997 al 2002, gli incidenti nei cantieri edili hanno provocato 450mila invalidi e mille e 400 morti. Una vera e propria "mattanza", alla quale non ci si può e non ci si deve rassegnare. Ieri mattina c'erano 200 persone, tra lavoratori e gente comune, al presidio deciso dai sindacati Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil in concomitanza con lo sciopero di otto ore degli edili genovesi per sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi della sicurezza e del lavoro nero. Alle 13 i rappresentanti dei manifestanti si sono incontrati con Claudio Montaldo, assessore comunale ai Lavori pubblici. Quindi alle 17, con il prefetto Giuseppe Romano. Tra le bandiere delle organizzazioni sindacali, spiccava anche quella dell'Albania, a ricordare la nazionalità dell'operaio scomparso e di molti suoi compagni di lavoro. Sulle reti che circondano il cantiere sono stati deposti dei mazzi di fiori, uno dei quali accompagnato da un biglietto con scritto: "Nessuno al mondo deve essere sfruttato". La denuncia dei sindacati viene appoggiata da Rifondazione comunista. Secondo l'assessore al Lavoro del comune di Roma, Luigi Nieri, per evitare il ripetersi di queste tragedie «occorre prima di tutto intensificare l'attività ispettiva». Sulla vicenda intervengono anche i senatori Ds, che hanno presentato una interrogazione al ministro

Maroni nella quale chiedono «quali iniziative il governo intenda adottare al fine di contrastare in modo efficace il lavoro sommerso nel settore dell'edilizia». Intanto sono partite le indagini della magistratura. Sono già finite sotto inchiesta una decina di persone, dal progettista al capocantiere, dal caposquadra ai fornitori di materiale, che riceveranno l'avviso di garanzia, presumibilmente oggi. Ieri il procuratore capo Francesco Lalla ha inserito tra le possibili ipotesi sul crollo della palazzina alla vecchia darsena quella di difetti progettuali, l'errore umano o l'anticipata rimozione dell'armamento che sosteneva le tre solette collassate. Alla domanda se il progetto dell'architetto Guillermo Vasquez Consuegra è da archiviare, il magistrato ha risposto: «Saranno i nostri consulenti a dirlo. Il cantiere resta sotto sequestro, chiederemo ai due professionisti rapidità nell'accertamento per consentirne lo sgombro». A questo proposito Lalla ha precisato che si è provveduto al sequestro di materiali e di una macchina fotografica digitale con le foto dello stato di avanzamento dei lavori nei giorni precedenti il crollo. Le ipotesi di reato sono crollo colposo, omicidio colposo, lesioni colpose plurime. Il procuratore ha anche voluto precisare che «gli operai coinvolti nel crollo, compreso l'albanese morto, erano tutti assunti con un regolare contratto». Secondo le prime informazioni la notizia sarebbe stata verificata dalla polizia. Eppure dopo due giorni di controlli a Genova non c'è traccia dell'esistenza lavorativa di Albert Kolgjegja. «L'operaio non risulta iscritto né alla Cassa Edile, né all'Inail né all'Inps da parte di Impreval di Bergamo, la ditta che si occupava della costruzione delle solette in cemento armato poi crollate», afferma il segretario regionale della Fillea Cgil Angelo Sottanis, presente alla manifestazione. Da quanto si è potuto apprendere, l'operaio albanese lavorava nel cantiere dell'incidente dal 4 ottobre scorso: un tempo troppo breve perché si possa essere certi della irregolarità della sua posizione. Roberto Farneti

Liberazione 11/11/03

Intervista a Paola Agnello Modica, della segreteria nazionale Cgil. Le responsabilità del governo «Con la deregulation è una lotta impari » Lavoro nero, violazione delle norme sulla sicurezza, grandi opere e appalti. La tragedia di Genova rischia di diventare emblematica di quello che sta accadendo nel "paese reale". Il sindacato fino ad oggi, anche a causa delle grandi fratture sul fronte unitario, sembra essere rimasto un po' a guardare. Liberazione ha intervistato la segretaria nazionale della Cgil Paola Agnello Modica, che si occupa di sicurezza sul lavoro.

Genova è una tragedia annunciata... da questo governo. La vicenda di Genova è purtroppo l'ennesima riprova che nel nostro paese non si devono smantellare le leggi che ci sono, come 626 e non solo, ma occorre applicarle e per applicarle servono i controlli. Noi abbiamo verificato un allentamento dei controlli probablimente dovuti a due cose tra loro connesse: da una aprte l'idea che dà questo governo dell'abbassamento del costo dle lavoro e dell'azzeramento dei diritti e, dall'altra, il depotenziamento dei servizi ispettivi con il taglio dei trasfrimenti agli enti locali, vedi la vicenda dei dipartimenti di prevenzione delle "asl", che sono i primi ad essere penalizzati. In più tutta la normativa che sta venendo avanti su appalti e subappalti, che peggiora drammaticamente la situazione. Il governo non sembra aver reagito con determinazione a questo ennesimo grave incidente sul lavoro. Lunardi dice che il governo tiene alta l'attenzione. E Maroni aggiunge che farà l'inchiesta sui controlli. Più che le inchieste, noi vorremmo che ognuno facesse la sua parte. E quando dico ognuno intendo il governo e il ministero del Lavoro, per quanto

riguarda il controllo del lavoro nero. Quanto ha fatto questo governo sul lavoro nero grida vendetta. E in ogni caso hanno fatto emergere pochissimo. C'è un problema di lavoro nero e del resto un governo che condona tuttto non ha la vocazione ai controlli. Il ministero del Lavoro deve fare la sua parte sul lavoro nero e sui meccanismi di appalto. Le amministrazioni locali che danno gli appalti devono controllare. Le grandi opere rappresentano una sfida anche per il sindacato, sotto tutti i punti di vista. Non credi? Il sindacato rappresenta i lavoratori e si batte da sempre per regole applicate e corrette. La categoria degli edili, la Fillea, è impegnatissima su questo versante, ma assurge agli onori della cronaca solo quando ci sono i grandi disatstri. Noi chiediamo e pretendiamo che si facciano azioni vere di tutela del lavoro e dei diritti nel lavoro. Le grandi opere pongono interrrogativi molto seri. Questo governo ha promesso tanti grandi opere, ha pochi soldi per farne alcune e non vorremmo che i risparmi fossero fatti sulla pelle degli operai sia con una riduzione del meccanismo di sicurezza sia con velocizzazioni dei lavori improprie. Ripeto, anche sul sindacato esercitano sempre un grande fascino... Non è che il sindacato sia affascinato. Il sindacato ritiene tutte importanti le opere e ne valuta la portata ogni volta, sia delle grandi che delle piccole opere. Davvero in edilizia la prima cosa che ci si pone sono le norme relative alla sicurezza. I nostri segretari giorno per giorno fanno i conti con questa questione. Si è addirittura parlato di contrattazione di anticipo. Come fai a garantire i meccanismi se ha un governo che ti sottrae terreno? Ultimamente avete avuto un incontro con il governo in una sede informale... Il disegno che ha in mente Sacconi sulla revisione della salute e sicurezza sul lavoro, però, ci terrorizza. Addirittura si ipotizzano i controlli in capo agli enti bilaterali. Gli abbiamo già detto "no grazie" unitariamente. C'è un'idea di superare le norme prescrittive e andare verso una politica per obiettivi. Insomma, ci sono le condizioni per una ripresa dell'iniziativa sindacale. Se l'orario di lavoro per legge può diventare di tredici ore al giorno è più difficile contrattare condizioni di lavoro decenti. Se la precarizzazione galoppa con le nuove norme la sicurezza dei lavoratori è maggiormente a rischio. Se ci sono gli appalti a catena il controllo sociale del sindacato diventa più complesso. Il presidio di oggi è stato importante e c'è stata una reazione forte e partecipata. Sicuramente per noi Genova non si chiude oggi. Chiediamo agli organi d'informazione e alle istituzioni tutte, e al padronato, che non si chiuda con oggi. Sappiano che li tampineremo. Fabio Sebastiani

Liberazione 11/11/03

Crollo, procuratore: contratto vittima depositato dopo morte

Il contratto di lavoro di Albert Kolgjegja, l'operaio albanese deceduto sabato nel crollo al Museo del Mare, a Genova, è stato depositato due giorni dopo la sua morte al centro dell'impiego di Grumello del Monte (Bergamo), dove c'è la sede operativa della ditta Impreval. E' quanto ha detto il procuratore Francesco Lalla confermando quanto pubblicato questa mattina dal quotidiano la Repubblica. L'operaio albanese è stato assunto il 17 ottobre ma l'Impreval lo ha comunicato al centro dell'impiego di Grumello del Monte solo il 10 novembre: due giorni dopo la sua morte. Lalla ha poi spiegato che la stessa prassi è stata seguita per altri tre operai interessati dal crollo. (red)

La Repubblica – News Online 12/11/03

LA DELIBERA APPROVATA 18 ANNI FA . Una norma del Comune vietava i subappalti

GENOVA . Un altro «mistero» si aggiunge a tutti quelli ancora da sciogliere attorno al tragico crollo delle solette esterne del Museo del Mare nel porto antico di Genova, avvenuto sabato mattina e che è costato la vita a un giovane operaio edile albanese, mentre quattro suoi compagni di lavoro sono rimasti feriti più o meno seriamente sotto la pioggia dei detriti. I «misteri» da dissipare riguardano gli eventuali errori di costruzione (errori nei calcoli del cemento armato, insufficienza della tenuta delle putrelle, tempi di lavoro troppo frettolosi), ma si riferiscono anche al problema, che qualcuno ha definito delle «matrioske» (le bamboline russe che a decine sono contenute una dentro l’altra, a seconda delle dimensioni), ovvero la sequenza degli appalti e dei subappalti. Questo aspetto è sotto i riflettori da quando è avvenuto il sinistro: da parte dello stesso sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, che tra l’altro è un avvocato di grande fama e un cattedratico di diritto amministrativo, nonchè di Renato Picco, amministratore della «Porto Antico spa», braccio esecutivo del Comune in materia d’appalti in area portuale (anche Picco è un manager di lungo corso ed è stato amministratore delegato e direttore generale dell’«Eridania»), è stato ribadito con fermezza che il Comune e la «Porto Antico» sono a posto e così pure lo sono le imprese che hanno ottenuto direttamente gli appalti operativi per la ristrutturazione del cinquecentesco edificio del Galata dove appunto doveva trovare la sua sede il Museo del mare e della Navigazione, un museo emblematico per la storia e l’essenza stessa della cultura di Genova e della sua gente. E’ stata aggiunta anche una postilla: i subappalti sono ammessi della legge, purchè il personale impiegato sia in regola con retribuzioni, assistenza e contributi e, comunque, entro certi limiti, in proporzione alla dimensione dell’appalto stesso. Tutto vero. Ma c’è un ma. Infatti nel 1985 il Comune di Genova approvò una rigorosa delibera che, più severa delle norme nazionali, proibiva categoricamente i subappalti all’interno degli appalti comunali, limitandoli soltanto agli interventi specialistici e non genericamente edili. Questo, è evidente, chiudeva ogni possibilità, perchè è difficile che gli interventi di specializzazione siano affidabili a lavoratori pagati «in nero». Si arrivò a quella severa delibera in seguito a un evento luttuoso. Due operai che lavoravano alla ristrutturazione dello stadio di calcio Luigi Ferraris (su progetto di Vittorio Gregotti) che doveva essere pronto per i Mondiali del 1990, morirono. «Stadio assassino» intitolarono allora i giornali (i due precipitarono da una gru che risultò inadeguata: l’impresa venne ritenuta responsabile, dopo l’inchiesta e il processo). Il vicesindaco e assessore all’edilizia di allora Fabio Morchio, socialista, presentò in Consiglio comunale la delibera del rigore e che venne votata dalla maggioranza di centrosinistra. I sindacati di categoria approvarono l’amministrazione che «una volta tanto aveva preso una decisione di sinistra». Protestarono le associazioni degli imprenditori edili. Che cosa è successo in questi 18 anni, dopo che si sono susseguite due giunte di centrosinistra (Romano Merlo e Claudio Burlando), un commissario prefettizio, nonchè altre tre giunte di centrosinistra (Adriano Sansa e due mandati di Giuseppe Pericu)? Chi ha annullato quella delibera che vietava i subappalti? Fabio Morchio - che oggi è consigliere regionale e leader ligure dello Sdi - non lo sa e non lo ricorda, anche perché è uscito dal Comune dal 1990. «Non ricordo polemiche e discussioni, se non quelle degli Anni Ottanta oltre che delle preoccupazioni per i morti degli anni che hanno preceduto le celebrazioni Colombiane del 1992 - dice - Non me la sento di puntare l’indice contro nessuno. Posso dire soltanto una cosa dopo oltre trent’anni di successi, sconfitte, illusioni e delusioni: non mi è mai piaciuto l’abito, a volte

farisaico, del moralista, ma devo riconoscere che non mi sono mai pentito quando ho agito con rigore».

La Stampa – Cronache italiane 11/11/03

Morti per amianto: ex operai depongono alla ripresa del processo contro la Dalmine

E' ripreso stamane, dopo diversi rinvii causati dalla morte per malattia - in particolare tumori ai polmoni - di alcuni operai, parti offese nel procedimento, il processo che vede imputati a vario titolo di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose tre ex dirigenti dello stabilimento di Sabbio della Dalmine Spa. Davanti al giudice Vittorio Masia hanno deposto alcuni ex operai, ora pensionati, che lavoravano come saldatori nel periodo tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, quello in cui si sono concentrati decessi e patologie: tutti hanno spiegato di aver lavorato con l'amianto. In particolare hanno chiarito che questo elemento veniva utilizzato sotto forma delle cosiddette «coperte coibentanti» in rotoli, che venivano prima tagliate, quindi riscaldate e adagiate sulle saldature appena fatte, con spargimento di polvere di amianto nell'aria, problema accentuato da alcune ventole di riscaldamento (a detta di alcuni testimoni) e non risolto dagli aspiratori di fumo messi sopra ogni postazione di saldatura negli anni '70. Secondo l'accusa proprio la polvere sarebbe all'origine delle malattie che hanno colpito 21 persone, solo tre delle quali ancora in vita. Secondo il pm l'azienda non avrebbe adottato le necessarie misure di prevenzione per evitare la diffusione delle polveri e, in seconda battuta, non avrebbe nemmeno informato gli operai del reparto dei rischi. Dal canto suo la difesa ha sempre sostenuto che l'amianto non veniva lavorato nello stabilimento di Sabbio, veniva acquistato già pronto; inoltre tutte le misure di sicurezza previste dalla legge di quel periodo erano applicate con rigore: non erano noti i rischi legati all'amianto all'epoca. Il processo proseguirà la prossima settimana.

L’Eco di Bergamo Online 11/11/2003

10 indagati per Genova . Gli ispettori del lavoro scoprono gravi irregolarità

FR. PI. Dopo il crollo nel porto antico di Genova - un operaio albanese morto, quattro feriti - la polizia si era affrettata a «smentire» che nel cantiere ci fossero lavoratori «in nero». Da una prima, sommaria, indagine dei quattro ispettori del lavoro incaricati dal ministero emerge invece un quadro semplicemente abnorme: i dirigenti della Impreval (società valdostana con sede in provincia di Bergamo) risultano «latitanti» o comunque irreperibili. Nel cantiere, perdipiù, erano assenti sia i libri paga e quelli matricoli; impossibile insomma sapere quanti operai fossero al lavoro, per quante ore, con quale paga e quanti contributi versati. Irregolarità macroscopiche, che sarebbero dovute saltare agli occhi anche di un investigatore alle prime armi che non si fosse voluto fidare della parola degli operai. Due operai albanesi si sono autodenunciati, dichiarando poi a Repubblica: «noi albanesi - dice Zaim Kaci - eravamo tutti in nero, compreso il nostro amico morto. Non abbiamo mai visto una lira e un contratto. Ci hanno chiesto solo il permesso di soggiorno. Ci presentavamo ai cancelli la mattina alle sette; il capo era Domenico, un siciliano, che faceva le squadre di lavoro, a sei euro l'ora. Non so per chi lavora, ma ho il numero del suo telefonino». Anche i sindacati edili genovesi aderenti a Cgil, Cisl e Uil hanno presentato un dossier di denuncia sulle molte irregolarità. Più che sulle assunzioni al nero, però - in assenza dei libri contabili - hanno preferito puntare il dito sul altre violazioni, come le aziende in subappalto che a loro volta subappaltavano

ad altre società (prassi espressamente vietata dalla legge). Altra irregolarità manifesta è il mancato o parziale pagamento dei contributi Inps e Inail, o le analoghe carenze nell'iscrizione dei lavoratori alla cassa edile. Tutte pratiche «usuali» nei cantieri edili per ridurre al minimo il costo del lavoro e che incidono in vario modo sul non rispetto delle regole, ovvero sulle «abitudini» che favoriscono il moltiplicarsi degli infortuni.La Impreval, per esempio, avrebbe pagato i contributi solo per tre degli otto operai coinvolti nell'incidente mortale di sabato. Gli stessi tre, probabilmente, che risultano in regola. Tra loro non c'era Albert Kolgjegja, rimasto ucciso nel crollo. La procura di Genova - che considera invece «in regola» i nove coinvolti nel crollo - ha iscritto al registro degli indagati dieci persone. «Tutti quelli - ha dichiarato il procuratore Francesco Lalla - che hanno avuto un ruolo di rilievo causale nella tragedia: dal progettista al capocantiere, fino al capo della squadra che l'altra mattina dirigeva gli operai». Il provvedimento raggiungerà anche l'architetto spagnolo Guillermo Vasquez Consegra, titolare della progettazione della direzione artistica. Il sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, ha annunciato che il Comune si costituirà nel processo come parte offesa.

Il Manifesto 12/11/03

I morti della Dalmine . Sabbio di Bergamo, via al processo per l'amianto

ANTONIO SCIOTTO. Si è aperto ieri nel tribunale di Bergamo il processo per la morte di 14 operai (altri 4 sono gravemente malati) che per vent'anni avevano lavorato nel reparto «Pfa-pezzi speciali» dello stabilimento di Sabbio della Dalmine. Secondo l'accusa, il tumore ai polmoni che ha portato a morte i lavoratori tra la metà degli anni `90 e l'inizio di quest'anno è da attribuire all'inalazione di polveri di amianto derivanti dalla lavorazione di prodotti coibentanti. Imputati di concorso in omicidio colposo plurimo i tre direttori dello stabilimento che si sono succeduti nell'incarico dal 1970 al 1978 Giuseppe D'Antoni, Giorgio Lania e Massimo Pugliese. Tutti e tre hanno sempre respinto gli addebiti sostenendo che all'epoca non si conosceva la pericolosità dell'amianto e che comunque le norme allora vigenti venivano fatte rispettare con rigore e che quindi la morte degli operai non può essere collegata a una loro responsabilità. Nella prima udienza hanno testimoniato alcuni operai che hanno riferito sui sistemi di lavorazione nel reparto dei pezzi speciali. Sono previste almeno cinque udienze prima della sentenza. Gli operai, come spiega Luciano Ongaro, l'avvocato che segue le cause alla Dalmine sin dalla prima morte per amianto accertata, nel 1991, erano in continuo contatto con la sostanza tossica, senza nessuna forma di protezione. Il reparto Pfa contava ben 80 postazioni saldatura, dove venivano montati dei grossi tubi per i metanodotti. Come materiale di raffreddamento, veniva utilizzato proprio l'amianto, avvolto intorno ai tubi sotto forma di fogli spessi 5 centimetri. I fogli di amianto venivano movimentati a mani nude, tagliati con coltelli e forbici dagli stessi operai, tutte operazioni svolte senza uso di guanti e mascherine.

Tanta era la poca informazione dei lavoratori sulla pericolosità dell'amianto, che molti, almeno fino a quando non fu istituito il servizio mensa, usavano anche consumare la «schiscetta» (borsa con il pranzo) seduti sopra i fogli. E ancora, altri operai restavano nel reparto Pfa anche di notte, fermandosi a dormire tra un turno e l'altro. Le stesse polveri venivano scopate via con una semplice ramazza, come si fanno i lavori di pulizia in casa. Tutti rischi ai quali i lavoratori sono rimasti esposti dagli anni '40 fino alla fine degli anni '80. Solo a fine dei '70 sono arrivate le prime mascherine, che non tutti usavano, e a metà anni '80 l'amianto è stato parzialmente sostituito da involucri di

ceramica. Amianto che, una volta eliminati i fogli, fino al 1992 è rimasto comunque presente negli impianti fissi. Negli anni '90 sono arrivati i primi processi, e se la causa di ieri riguarda una ventina di operai, si calcola che i morti alla Dalmine di Sabbio potrebbero raggiungere la cifra di 40.

Il Manifesto 12/11/03

GRAVE UN ELETTRICISTA . Novi, precipita da un ponteggio alla Campari

NOVI. Grave infortunio alla Campari, ieri pomeriggio. Nello stabilimento in fase di realizzazione, un elettricista di una ditta esterna è precipitato da un ponteggio. L’operaio ha riportato fratture multiple, ma per fortuna le sue condizioni sono migliorate nel corso della giornata. Vittima dell’incidente è Giuseppe Faraci, 29 anni, di Novara, dipendente della ditta Smes di Savona, incaricata dell’installazione degli impianti elettrici nello stabilimento. L’elettricista stava lavorando su un ponteggio a un’altezza di circa 6 metri. Per cause ancora in via di accertamento da parte dei carabinieri di Novi, che sull’episodio hanno aperto un’inchiesta, l’operaio è precipitato al suolo, soccorso poi dai compagni di lavoro. E’ intervenuto l’elisoccorso del 118 che ha trasportato l’uomo all’ospedale civile di Alessandria. Faraci è stato giudicato guaribile in 40 giorni. Sul posto hanno svolto verifiche anche i tecnici dell’infortunistica dell’Asl 22. m. pu.

La Stampa – Sezione Alessandria 12/11/03

CAMINO . Infortunio sul lavoro Dirigente multato

Maurizio Bianco, 38 anni, di Brusaschetto, dirigente all'Ibl, pagherà una multa di 309 euro per lesioni colpose in seguito a un infortunio sul lavoro in cui era rimasto coinvolto un operaio della ditta di Coniolo con una prognosi di 61 giorni. r. sa.

La Stampa – Sezione Alessandria 13/11/03

IVREA, INFORTUNIO.

Aveva quasi terminato il suo turno di lavoro, ancora mezzora e poi sarebbe tornata a casa. Patrizia Vinciguerra, 32 anni, di Ivrea, ha perso una falange del terzo dito della mano sinistra mentre stava effettuando un'operazione ad un macchinario che costruisce le «gabbiette» in ferro per i tappi di spumante. E' accaduto ieri, alle 5,30, alla Icas di Ivrea, in stradale Torino numero 288.

La Stampa – Torino Cronaca 13/11/03

INFORTUNIO A SAN RAFFAELE, VITTIMA UN ROMENO Giovane operaio muore precipitando dal tetto

SAN RAFFAELE CIMENA . Infortunio mortale sul lavoro ieri pomeriggio nella zona industriale di San Raffaele Cimena. La vittima è un romeno con regolare permesso di soggiorno, Ionel Hrehorciuc, di 21 anni; abitava a Torino in via Avet Giacinto 2. La disgrazia è avvenuta intorno alle 16. Il giovane operaio, dipendente dell'impresa edile Maurizio Amico, di Gassino Torinese, con un collega si trovava sul tetto di un capannone di via Chivasso 39, della ditta Pietro Cornaglia, 59 anni, di Settimo Torinese, utilizzato come deposito di materiale e macchinari per l'edilizia. Dovevano provvedere

alla sostituzione di alcune onduline rotte della copertura del capannone. Una di queste ha ceduta e il giovane operaio romeno è precipitato dentro al capannone da una altezza di oltre sei metri. L'impatto del corpo del giovane extracomunitario con il pavimento della struttura è stato violentissimo. In soccorso di Ionel Hrehorciuc è prontamente accorso il compagno di lavoro che ha richiesto l'intervento del 118. Ma le condizioni dell'infortunato sono subito apparse disperate. In poco tempo sul posto dalla base di Torino è arrivata l'equipe medica dell'Elisoccorso del 118 che ha sottoposto il giovane ad un lungo massaggio cardiaco, ma purtroppo il cuore non ha più ripreso a battere. Il referto medico parla di decesso per politrauma. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Castiglione Torinese guidati dal comandante, maresciallo capo Giuseppe Fazzino, ed i tecnici dello Spresal dell'Asl 7 di Chivasso. La zona interessata alla tragedia è stata posta sotto sequestro al fine delle indagini disposte dalla magistratura torinese. Espletate le prime formalità da parte degli inquirenti, il cadavere di Ionel Hrehorciuc è stato recuperato dai necrofori e composto presso l'obitorio dell'Ospedale di Chivasso.

La Stampa – Torino Cronaca 18/11/03

“Processi rinviati Basta con questa vergogna”

SAN MARINO - Il sindacato insorge sul problema della prescrizione dei processi per infortuni sul lavoro, all’indomani del rinvio del procedimento, arrivato in aula dopo cinque anni, sull’incidente in cui perse la vita l’operaio 58enne Felice Feduzzi.Il segretario della Federazione servizi della Cdls Mirco Battazza rivolge un appello ai segretari di Stato alla Sanità e Giustizia affinché trovino in fretta una soluzione amministrativa, e visto che è stata annunciata la nascita di un apposito gruppo tecnico, Battazza afferma che “a costo di lavorare giorno e notte, questo gruppo deve impedire che i tempi lunghi delle indagini vanifichino l’emissione delle sentenze. A partire proprio da quella che interessa i familiari di Felice Feduzzi”.“Il Governo metta fine a questa vergogna - gli fa eco il segretario confederale della Csdl Gian Luigi Macina - E’ ancora possibile fare giustizia se si interviene per bloccare i termini per la prescrizione del reato, dal momento in cui la Polizia Giudiziaria avvia la fase istruttoria per l’accertamento del reato stesso, facendo ripartire i termini dal deposito del rapporto conclusivo. Tecnicamente, si tratta di inserire un articolo 49 bis nella legge quadro sulla sicurezza del 1998. Il sindacato ha fatto una precisa proposta che impedisce questa vergogna. Il Governo - continua Macina - deve uscire dalla logica del rinvio, anche con commissioni tecniche, che si sono insediate formalmente da oltre 6 mesi e nulla risulta abbiano prodotto, ed impegnarsi seriamente per impedire l’annullamento dei processi e assicurare l’accertamento della verità, dimostrando in tal modo la reale volontà di fare giustizia”.

Corriere Romagna – 20/11/03

UN OPERAIO DELL’AEROPORTO DI CASELLE CADDE DA CINQUE METRI DI ALTEZZA . Morì sul lavoro, Sagat a giudizio Il legale: sicurezza carente, non c’erano imbragature né corde

Vertici Sagat sotto accusa per un infortunio sul lavoro all’aeroporto di Caselle. Nel gennaio dello scorso anno, un operaio addetto alla manutenzione del nastro trasportatore dei bagagli cadde da circa cinque metri di altezza. Per la sua morte ora il gip Patrizia Gambardella ha imposto alla procura di chiedere il rinvio a giudizio dei responsabili della società. Sono l’amministratore delegato Fabio Battaggia e il

responsabile della sicurezza Ruggero Poli. Rispondono entrambi di omicidio colposo. L’incidente mortale avvenne la mattina del 22 gennaio 2002. Erano da poco passate le 11 quando Enrico Fornero, 34 anni, mentre faceva manutenzione, cadde dal nastro trasportatore nell’area di smistamento dei bagagli. Nel volo l’operaio sfondò una controsoffittatura, probabilmente di cartongesso, e finì al suolo. Un collega raccontò: «Stavamo lavorando a pochi metri l’uno dall’altro. Ad un certo punto ho sentito un tonfo secco, mi sono girato e lui non c’era più. Giaceva a terra privo di sensi». I soccorsi dell’équipe medica in servizio permanente all’aeroporto furono immediati. L’operaio venne trasportato d’urgenza all’ospedale di Ciriè ma morì qualche ora dopo senza riprendere conoscenza. Enrico Fornero era stato assunto alla Sagat una decina d’anni prima. Era stato prima operatore di piazzale, poi in falegnameria, infine alla manutenzione e nei momenti liberi continuava a studiare. Così aveva conseguito il diploma in ragioneria. Abitava con la madre in una graziosa villetta, in via Gamberi 19, a San Francesco al Campo. I famigliari, seguendo le sue volontà, donarono gli organi. La morte di Fornero scosse molto i dipendenti Sagat allo scalo «Sandro Pertini». «In 50 anni - spiegò un sindacalista - è il terzo infortunio mortale in aeroporto. Per gli altri due bisogna andare indietro nel tempo di almeno trent’anni, a metà degli Anni Sessanta quando un operaio finì nell’elica di un aereo e all’inizio degli Anni Settanta quando un mezzo antineve fu travolto da un aeromobile». E i sindacati non furono teneri nell’occasione. In un comunicato le segreterie di Cgil-Cisl-Uil condannarono «la politica ricorrente delle aziende che punta solo ed esclusivamente alla riduzione dei costi». Le indagini preliminari sembravano destinate a chiudersi con un’archiviazione, come aveva chiesto il pm Curti. Ma gli avvocati di parte civile Gian Maria Nicastro e Gabriella Boero si sono opposti e sono riusciti a convincere il gip Patrizia Gambardella a disporre l’imputazione coatta dei vertici aziendali. Spiega il legale Nicastro: «Dopo l’infortunio, l’Asl aveva individuato una serie di violazioni antinfortunistiche e aveva rilevato una relazione tra l’assenza di quelle misure e l’incidente. Anche il consulente del pm aveva parlato di un rapporto causale con l’evento morte. E’ certo che, per uno che lavorava a cinque metri di altezza, non c’erano protezioni di sorta, né imbragature, né corde».

La Stampa – Torino Cronaca 21/11/03

ALBA . Lesioni, condannato a un mese dal tribunale

Il giudice del tribunale, Raffaella Poggi, ha condannato Flavio Sottimano di Diano a un mese con la condizionale. In qualità di legale rappresentate della ditta Sottimano Fratelli era accusato di lesioni in seguito all'infortunio di un lavoratore che era rimasto ferito cadendo dal ponteggio in un cantiere. Il fatto era accaduto ad Alba nel 2002. g. f.

La Stampa – Sezione Cuneo 23/11/03

PONTECURONE, ERA SOTTO UN CAMION E STAVA CONTROLLANDO I FRENI Gravissimo: gli esplode in viso

PONTECURONE . Ieri pomeriggio verso le 17 gravissimo infortunio sul lavoro. E’ accaduto nell'officina Boemio, di Boemio Dell'Omo, in via Emilia Sud 13, località Solista. Uno dei titolari, Marco Dell'Omo, 41 anni, abitante in paese, via Statuto 50, mentre stava lavorando sotto ad un camion è stato investito dall'esplosione di un serbatoio ad aria compressa che lo ha colpito al volto. E' ricoverato in Rianimazione all'ospedale di Tortona. L'officina Boemio si occupa in particolare della manutenzione dei freni dei

camion. Ieri pomeriggio Marco Dell'Omo stava eseguendo un'operazione di routine: era sotto al camion e stava controllando che i freni si sbloccassero per registrarli. Per una tragica fatalità, però, il serbatoio ad aria compressa che comanda i freni del camion si è squarciato e l'aria lo ha investito in pieno. Un trauma violentissimo al volto. E' scattato l'allarme, sono giunti i soccorsi. Le condizioni del meccanico sono subito apparse gravissime. Il personale medico del 118 gli ha prestato le prime cure, per circa mezz'ora. Marco Dell'Omo era una maschera di sangue: era necessario intervenire immediatamente. Lo hanno intubato e poi caricato a bordo dell'unità mobile di rianimazione che l'ha trasportato all'ospedale di Tortona. Qui i medici si sono riservati la prognosi. Sono intervenuti anche i vigili del fuoco di Tortona, che hanno aiutato il 118 nelle operazioni di soccorso, e i carabinieri di Pontecurone, oltre al personale del servizio prevenzione e sicurezza del lavoro dell'Asl. Marco Dell'Omo è sposato e padre di due bimbi. La sua famiglia è originaria di Zeddiani, in provincia di Oristano, ma lui e i suoi fratelli sono cresciuti a Pontecurone. In paese, intanto, ieri sera si è diffusa la notizia del gravissimo incidente e c'è molta apprensione per le sue condizioni.

La Stampa – Sezione Alessandria 25/11/03

IN UN CANTIERE . Infortunio sul lavoro a Rosta

ROSTA. Forse una distrazione o un piede messo male la causa dell'incidente avvenuto martedì mattina, verso le 10, a Rosta in un cantiere edile. N.M., 42 anni residente a Volpiano, stava lavorando alla costruzione di un alloggio in via Rivoli a Rosta, quando è caduto dalla scala su cui stava salendo. Mentre N.M. cadeva, però, il piede destro è rimasto incastrato in un piolo della scala, provocandogli, nella torsione, la frattura della tibia. A soccorrerlo sono stati i suoi colleghi di lavoro, che hanno chiamato immediatamente il 118. L'uomo è stato quindi trasportato all'ospedale San Luigi di Orbassano da un'ambulanza. E lì è stato poi operato d'urgenza. Sul posto invece sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Rivoli e anche i responsabili della sicurezza sul lavoro dell'Asl 5, che dovranno stabilire le cause dell'incidente ed, casomai, le responsabilità del caso.

La Stampa – Sezione Torino 27/11/03

INFORTUNI SUL LAVORO . Aperta inchiesta per l’incidente nel cantiere della nuova Fiera

È stata avviata un’inchiesta dalla Procura per la morte di Umberto Tani, il 63enne precipitato mercoledì mattina da un corridoio esterno di uno dei padiglioni in costruzione nel nuovo polo fieristico Rho-Pero. Il pm Fabio Roia ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo a carico di ignoti e ha disposto l’autopsia sul corpo dell’uomo, caduto da un’altezza di circa 14 metri, mentre ispezionava la zona di posa dei grigliati metallici. Tani aveva indossato casco e imbracatura, ma non sarebbe stato assicurato al gancio di sicurezza. Ma da una prima ispezione effettuata emerge che nel punto dove stava lavorando l’uomo, titolare di una ditta individuale, non c’erano le reti anticaduta presenti invece in alte parti del cantiere. Dove, per esempio, gli operai stanno montando i tetti. L’inchiesta è tesa proprio a verificare come mai non ci fossero le reti in quel punto. Intanto, in attesa della relazione degli ispettori dell’Asl intervenuti sul posto, sono stati sequestrati i ganci (di proprietà di Tani) per stabilire se fossero in buone condizioni. È ancora ricoverato nell’ospedale di Rho il secondo operaio, un cittadino romeno di 35 anni, ferito mercoledì sempre all’interno del cantiere della nuova fiera per la caduta di un pannello di calcestruzzo. Ne avrà per trenta giorni per la frattura del perone. Sono,

invece, gravissime le condizioni di un altro operaio rimasto ferito mercoledì in un cantiere di via Ripamonti. A. B., 59 anni, caduto da un’impalcatura, è tutt’ora tenuto in coma farmacologico dai medici dell’ospedale Fatebenefratelli.

La Stampa – Vivere Milano 28/11/03

AUTISTA QUARANTADUENNE . Perde il braccio in macchinario a Cavallerleone

CAVALLERLEONE. Grave infortunio sul lavoro, ieri, poco prima delle 8, nella filiale del mangimificio «Ferrero». Roberto Rosi, 42 anni, di Fiorenzuola d'Adda, ha subito l’amputazione di un braccio, che gli è stato strappato quasi all'altezza dell'omero dalla coclea montata sull'autocarro, attorno a cui stava lavorando a scaricare il materiale per produrre il mangime. Il ferito è autista per la ditta Cristella Vincenzo Autotrasporti di Alseno: ieri mattina, terminate le operazioni di scarico, pare che, fermando il dispositivo, abbia inavvertitamente infilato la mano nello sportello della coclea, una vite senza fine che ruotando trasferisce il materiale dall'autocarro al silos. Il macchinario ha agganciato prima il guanto, poi la manica del maglione, amputandogli quasi tutto l'arto. La scena non ha avuto testimoni e l'uomo, sanguinante, ha raggiunto da solo il capannone, dove ha ricevuto i primi soccorsi dagli operai, prima di essere ricoverato all'ospedale di Savigliano. La dinamica dell'incidente è al vaglio di ufficio del Lavoro e carabinieri di Cavallermaggiore. a. m.

La Stampa – Sezione Cuneo 30/11/03

Muore un operaio a Como

Un operaio è deceduto questa mattina, attorno alle 10.30, in un infortunio sul lavoro avvenuto all'interno di un cantiere edile a Carlazzo, in provincia di Como. Secondo una prima ricostruzione dell'accaduto, l'uomo è rimasto schiacciato da una lastra di marmo staccatasi da una gru che la stava sollevando. Sul posto sono giunti i mezzi del 118 e la Croce Azzurra di Menaggio ma ogni tentativo di salvargli la vita è stato inutile.

Il Manifesto 28/11/03

Vicenza

Un operaio algerino di 32 anni è morto, dopo 24 ore di coma, cadendo da una altezza di 10 metri mentre stava lavorando sul tetto di un capannone.

http://www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 5/11/2003

Apricena (FG)

Leonardo Di Lillo, operaio in pensione di 68 anni, ha perso la vita schiacciato da un masso che è improvvisamente caduto, mentre lavorava nella cava denominata CAP MARMI.

http://www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 5/11/2003 10/11/2003

Crollo di Genova, prime verità sul lavoro nero nei cantieri Gravi irregolarità, libri paga e matricola non presenti nel cantiere. I responsabili della ditta incaricata sembrano spariti nel nulla

Gravi irregolarità, libri paga e matricola non presenti nel cantiere, e amministratori della ditta incaricata dei lavori che sembrano spariti nel nulla. Intanto, alla decina di indagati di due giorni fa se ne aggiungono altri tre. Quest'ultimi, almeno, hanno mandato i loro legali in procura. Cambia bruscamente lo scenario del crollo al Museo del mare di Genova in cui ha perso la vita un edile albanese e altri cinque lavoratori sono rimasti feriti. Dai primi risultati dei controlli svolti dai quattro ispettori della Direzione provinciale del lavoro, e dalle denunce dei sindacati, emerge una realtà completamente diversa da quella tratteggiata dai magistrati "a caldo". Intanto, il capogruppo del Prc alla Camera, Franco Giordano invita il ministro Maroni a venire a discutere in aula sui gravi fatti di Genova. «Credo - aggiunge Giordano - che questo Parlamento e tutte le forze politiche dovrebbero discutere in ordine a tali drammatiche condizioni di vita, frenando il processo di precarizzazione del rapporto di lavoro». Amministratore unico dell'Impreval, società con sede ad Aosta e sede operativa in provincia di Bergamo, da quanto risulta alla Camera di Commercio è Giulivo Fenaroli, 46 anni, originario di Adrara San Rocco (Bergamo). Sui nomi effettivi degli indagati, però, c'è il più stretto riserbo. «Finora però - spiegano gli ispettori spediti a Genova da Maroni - i nostri colleghi di Aosta hanno trovato in ditta solo una segretaria, che ha fornito alcuni documenti, arrivati oggi via fax». L'ispezione ha già accertato gravi irregolarità nella gestione dei lavori e della manodopera. Non sono stati trovati nel cantiere i libri matricola e paga, dove vengono registrati i lavoratori, le ore di lavoro fatte e la paga corrisposta; secondo le prime testimonianze rese dal geometra e dal capo cantiere della Impreval, ciascun lavoratore avrebbe lavorato 30-40 ore alla settimana, mentre dalle dichiarazioni di alcuni operai, molti avrebbero invece lavorato "in nero" molte più ore settimanali, compreso il sabato, e con una paga di 6 euro all'ora. Più o meno simili le conclusioni contenute nella denuncia dei sindacati. Quello degli edili di Cgil, Cisl e Uil è un duro atto di accusa. «Alla Darsena - dicono - ci sono ditte subappaltatrici, che contro ogni legge, hanno subappaltato a loro volta ad altre imprese, per ridurre i costi; ed emergono anche irregolarità nell'iscrizione dei lavoratori alla cassa edile e nel pagamento dei contributi Inail ed Inps». I tre sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil denunciano senza problemi che Impreval ha pagato i contributi solo a tre degli otto lavoratori che risultavano sul cantiere sabato, e non lo ha fatto alla Cassa edile genovese, ma a quella di Bergamo, contravvenendo a un protocollo d'intesa in proposito. Secondo Cgil, Cisl e Uil, ci sono ancora altre gravi irregolarità. Degli otto lavoratori, risultano oggi in regola solo tre e non risulta l'operaio albanese morto. Ugo Boghetta responsabile del lavoro del Prc, commenta così: «La precarizzazione, ed ora l'elevamento dell'età pensionabile, non faranno che aumentare il fenomeno degli incidenti sul lavoro. L'occasione per invertire la tendenza può essere il passaggio di tale legge alle Regioni che, per impedirne l'applicazione va anche stravolta; ad esempio imponendo nuovi, sistematici e più frequenti controlli. Ciò potrebbe avvenire attivando, come già si sta sperimentando in alcuni comuni, l'utilizzo dei vigili; magari a partire dai cantieri edili che sono il punti più grave e delicato». Fabio Sebastiani 

Liberazione 12/11/03

Como, operaio dell'Enel rimane schiacciato

Si chiamava Irmo Mario Trivelli, di 47 anni, e faceva l'operaio dell'Enel, l'uomo che ha perso la vita ieri in un incidente sul lavoro avvenuto all'interno di un cantiere edile a Grandola e Uniti (Co). Secondo quanto accertato, la vittima è rimasta intrappolata sotto un pesante autocarro carico di piloni in cemento a causa del cattivo ancoraggio di questo al terreno. E' il secondo infortunio sul lavoro di una certa gravità avvenuto nel Comasco in poche ore: l'altro ieri un 57enne di Cislago (Va) è rimasto schiacciato da una gru che si è ribaltata.

Liberazione 12/11/03

INCIDENTI LAVORO: COMO, OGGI SCIOPERO ENEL Si svolge oggi lo sciopero, per un'ora, del personale Enel della provincia di Como 'in segno di protesta e denuncia di un clima che fa della sicurezza una merce di scambio', dopo l'infortunio sul lavoro costato la vita ieri a un operaio di 48 anni. 'Anche l'Enel, che qualche anno fa era all'avanguardia nella prevenzione, oggi collabora al triste primato che fa dell'Italia il fanalino di coda in Europa sia per numero di infortuni, sia per gravità degli stessi', scrivono in una nota i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil. Secondo le organizzazioni sindacali 'l'attenzione aziendale tutta proiettata al contenimento dei costi

e al rispetto dei parametri della qualità del servizio, fa sì che i problemi della sicurezza vengano in secondo piano'.

www.rassegna.it 12/11/03  

FINANZIARIA, AMIANTO: SODDISFAZIONE IN LIGURIA Soddisfazione per l' emendamento approvato ieri dal Senato sui lavoratori esposti all' amianto viene espressa oggi sia dai parlamentari Lorenzo Forcieri e Graziano Mazzarello (Ds) che dal presidente del consiglio regionale Francesco Bruzzone e dal senatore Andrea Corrado (Lega Nord). Secondo l' emendamento approvato stanotte, saranno garantiti i diritti e conseguentemente i benefici previdenziali acquisiti al 2 ottobre 2003. La soluzione e' stata approvata come norma autonoma e non come correzione al decretone, che contiene disposizioni in materia. La Liguria e' una delle regioni italiane piu' interessate dal problema: a essere coinvolti sono infatti lavoratori di numerosi stabilimenti come la Fincantieri di Riva Trigoso, Marconi, Ansaldo, Piaggio, Abb, Elsag, Ilva e stabilimenti alla Spezia e Savona. ''Si tratta di un risultato molto importante - commentano Mazzarello e Forcieri - che avviene grazie alle battaglie dei lavoratori e del centrosinistra in parlamento'', e auspicano comunque ''ulteriori miglioramenti ne prossimi passaggi parlamentari''. ''La soddisfazione e' duplice - afferma Bruzzone - perche' da una parte ho raggiunto l' obbiettivo che mi ero prefisso con il ministro del Welfare Maroni e dall' altra come ligure perche' l' emendamento va a risolvere questo caso che avrebbe colpito i moltissimi lavoratori italiani e liguri esposti per anni all' amianto''. ''Abbiamo operato a lungo e quasi sempre nell' ombra, senza badare alla ribalta dei media - e' il commento di Corrado - per raggungere un risultato che ci e' costato molta fatica''.

www.rassegna.it 14/11/03  

Infortunio nel deposito Gabrielli a Maltignano/ L’uomo, un trentenne di Porto d’Ascoli, è ricoverato nel reparto Rianimazione del Mazzoni Operaio schiacciato da un carrello, è grave Mentre trasportava della merce ha perso l’equilibrio finendo incastrato contro gli scaffali

di RENZO ASTICI . Ha rischiato di restare schiacciato tra una «transpallet» elettrica che stava manovrando a piedi e alcuni bancali contenenti generi alimentari. L’incidente sul lavoro è accaduto all’interno dei magazzini Gabrielli, nel centro distribuzione di Maltignano. Ne è rimasto vittima Giuseppe P., trentenne di Porto d’Ascoli. L’uomo è ora ricoverato nel reparto Rianimazione del «Mazzoni», ma fortunatamente le sue condizioni non fanno pensare al peggio. Giuseppe P., secondo i sanitari, non sarebbe in pericolo di vita. E’ stato immediato l’intervento dei sanitari del Dipartimento di emergenza del 118 accorsi sul posto. Il medico di servizio ha subito intuito la gravità dell'infortunio e soprattutto a causa dello schiacciamento del torace. In questo frangente l’immediato soccorso a Giuseppe P. gli ha praticamente salvato la vita. Trasferito al «Mazzoni», oltre alla forte compressione pneumotoracica, all’operaio di Porto d’Ascoli sono state riscontrate fratture alle costole ed altre lesioni. Il grave infortunio sul lavoro si è verificato ieri poco dopo mezzogiorno. Secondo una prima ricostruzione sembrerebbe che l’operaio stesse lavorando utilizzando una macchina operatrice elettrica, una sorta di carrello, che serve solitamente per la movimentazione delle merci. In particolare l’uomo, muovendosi a piedi, stava curando il trasporto delle scatole di generi alimentari destinate al trasferimento dal deposito ai negozi della grande distribuzione. Probabilmente nel compiere un movimento brusco è scivolato finendo contro i bancali. Il mezzo meccanico, ormai senza controllo, lo ha schiacciato contro gli scaffali. Il fulmineo intervento dei colleghi ha evitato conseguenze

più gravi. Sul posto sono intervenuti gli ispettori del Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria di Ascoli. I militari dell’Arma hanno aperto un fascicolo sul caso. Ed è proprio di questi giorni la notizia che nella nostra provincia nell’anno 2002 il calo degli infortuni sul lavoro, nei settori industria e servizi, è stato del 3%. Un dato apparentemente confortante, almeno se riferito alle altre province della regione, ma comunque sempre molto alto. Nel rapporto annuale presentato dall’Inail si evidenzia come gli infortuni nel settore industria e servizi sono stati 33.998 (diminuiti da 51 a 37 quelli mortali), e 4.119 in agricoltura (da 9 a 3 i mortali). In controtendenza sono invece gli incidenti in itinere (da casa al luogo di lavoro) cresciuti di 434 unità. Ma proprio nel settore agricoltura nei primi dieci mesi di quest’anno il numero di morti, nella provincia di Ascoli, ha di gran lunga superato quello del 2002. Un altro infortunio sul lavoro è avvenuto giovedì pomeriggio alla Italpannelli e ha visto coinvolto un dipendente, Massimo Duccini, che è tra l’altro giocatore dilettante della Jrvs Ascoli: ha subito una frattura scomposta ad una mano. Il Messaggero – Cronaca di Roma 15/11/03

La delusione Per beneficiare del decreto serve il certificato dell’Inail L’hanno ottenuto solo 60 operai Altri 260 restano esclusi

Beffa al sapore di amianto per i lavoratori di Portovesme. Ci sarebbe di che essere contenti: giovedì notte il Senato ha salvato i benefici pensionistici maturati fino al due ottobre dagli operai che hanno subito l’esposizione prolungata all’amianto. Il taglio del moltiplicatore pensionistico da 1,50 a 1,25 diventerà operativo dopo il due ottobre. Dal Fondo per l’occupazione sono state reperite risorse per tre anni, fino al 2006, per un totale di circa 300 milioni di euro. Obiettivo raggiunto? Non per i lavoratori ex Alumix. C’è una condizione che mette fuori gioco gli aspiranti beneficiari che lavorano tra le ciminiere di Portovesme: per usufruire del decreto serve la certificazione dell’Inail. Un attestato in cui l’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro metta nero su bianco che l’operaio Tal dei Tali ha lavorato per un certo numero di anni a contatto con la pericolosa sostanza. Finora il certificato dei sogni è stato rilasciato a sessanta operai, e questi potranno senza dubbio usufruire dei benefici. Ma a restare al palo, e quindi a vedere sfumata una pensione anticipata, saranno 260 lavoratori. Un piccolo esercito sul piede di guerra, che non intende rinunciare a benefici previsti dalla legge, irraggiungibili per un certificato mancante. Quel pezzo di carta che può fare la differenza. Lavoratori e sindacati sono in rivolta, a giorni potrebbe esserci una manifestazione, dopo il sit in di due settimane fa davanti alla sede Inail di Carbonia. I sindacati incontrarono i responsabili territoriali e provinciali dell’Inail. «Chiediamo giustizia- dice Angelo Diciotti - della Css - Cub- ci sono situazioni limite in cui due colleghi con lo stesso percorso lavorativo hanno trattamenti pensionistici differenti. E a fare la differenza è proprio la certificazione dell’Inail. Abbiamo tanti, tantissimi documenti che dimostrano la presenza di amianto in fabbrica, sin dai tempi dell’Alumix. C’è anche un procedimento in corso al Tribunale di Cagliari. Esiste uno studio della Asl che dimostra come, tra qualche anno, in questa zona potrebbe esserci un picco di asbestosi. E’ la malattia dovuta all’esposizione prolungata all’amianto: ha un periodo lungo di incubazione e non fa piacere sapere di essere potenziali malati. Noi sappiamo di aver lavorato a stretto contatto con l’amianto, ma l’Inail questo non lo certifica». La battaglia con l’Inail inizia nel ’97: operai e sindacati mettono in moto tutto l’iter necessario per riconoscere la presenza dell’amianto. Arrivano tante domande di benefici. In fabbrica (oggi Alcoa) arrivarono gli ispettori della Consart (settore investigativo dell’Inail), ma non furono riscontrate quantità significative di amianto.

Boccone amaro, non ingoiato dagli operai: c’è ancora un procedimento giudiziario in corso. Lo scorso anno ci riprovano: in tutta Italia la legge sull’amianto funziona benissimo, chi è stato esposto al rischio asbestosi va in pensione prima. A Portovesme fioccano le domande e ricomincia l’iter necessario per ottenere i famigerati certificati. A settembre ancora nulla e quindi sfumano i benefici maturati fino al due ottobre. Cronaca di un documento mancante, che fa allontanare il tempo della pensione per 260 operai. Intanto si prospetta una nuova ispezione dell’Inail in fabbrica, per verificare ciò che sostengono gli operai. Un bis che potrebbe spianare la strada per i prossimi anni, ma che ne sarà dei benefici maturati fino al due ottobre? Operai e lavoratori ( in molti hanno partecipato ieri sera ad un convegno sul capitolo amianto) non intendono arrendersi. Antonella PaniL’Unione Sarda 15/11/03

Immagini dall’Alumix . I sopravvissuti

C’era l’avvocato che ha seguito le pratiche dell’amianto, c’era il parlamentare Antonello Mereu, molti lavoratori e tanti esponenti sindacali, al convegno sull’amianto che ieri sera si è tenuto nel salone Velio Spano a Carbonia, organizzato dalla Css. A catturare l’attenzione la proiezione del filmato «I sopravvissuti dell’Alumix», una pellicola girata nel ’96 da Francesca Ziccheddu e Massimo Coraddu, con due interviste- shock ai primi due operai che chiesero i benefici per l’esposizione all’amianto. Il racconto«Lavoravamo in condizioni durissime, su strutture di ferro imbottite di amianto per isolare dal calore. Sì, era proprio amianto, ma non conoscevamo ancora i suoi effetti. Erano gli anni ’70, il nostro era un posto d’oro perché ci garantiva lo stipendio. Poi ad un certo punto, alla fine degli anni Ottanta, cominciarono ad arrivare le morti per tumore. Prima uno, poi un altro, poi molti miei colleghi. Anche io mi ammalai di tumore, per fortuna sono qui a raccontarlo, ma non venitemi a dire che lì dentro non c’era amianto. Adesso sarà diverso, ci sono le leggi, ma prima l’amianto c’era». Il racconto dal video prosegue instancabile, con dovizia di particolari. Sembra di essere tornati indietro di un secolo, ma di anni ne sono passati solo trenta. (a.pa.)

L’Unione Sarda 15/11/03

Legge-beffa sull’amianto Serve la certificazione InailPortovesme. Beffa al sapore di amianto per i lavoratori di Portovesme. Dopo che giovedì notte il Senato ha salvato i benefici pensionistici maturati fino al due ottobre dagli operai che hanno subito l’esposizione prolungata all’amianto e che dal Fondo per l’occupazione sono state reperite risorse fino al 2006 per un totale di 300 milioni di euro, è comparso un vincolo: per usufruire del decreto serve la certificazione dell’Inail. Un attestato in cui si metta nero su bianco che l’operaio Tal dei Tali ha lavorato per un certo periodo a contatto con la pericolosa sostanza. Finora il certificato è stato rilasciato a 60 operai. Restano al palo 260 lavoratori che coi sindacati annunciano: a giorni potrebbe esserci una manifestazione. «Chiediamo giustizia - dice Angelo Diciotti della Css-Cub -, ci sono casi in cui due colleghi con lo stesso percorso lavorativo hanno trattamenti pensionistici diversi. Fa la differenza proprio la certificazione Inail. Abbiamo tanti documenti che dimostrano la presenza di amianto in fabbrica, sin dai tempi dell’Alumix. C’è anche un procedimento in corso al Tribunale di Cagliari. Uno studio della Asl attesta come, tra qualche anno potrebbe esserci un picco di asbestosi, la malattia dovuta all’esposizione all’amianto». La battaglia con l’Inail inizia nel ’97: operai e sindacati mettono in moto l’iter necessario per riconoscere la presenza dell’amianto.

Arrivano tante domande di benefici. In fabbrica (oggi Alcoa) arrivarono gli ispettori della Consart (settore investigativo dell’Inail) che non riscontrò quantità significative di amianto. Boccone non digerito dagli operai: c’è ancora un procedimento giudiziario in corso. Lo scorso anno ci riprovano: a Portovesme fioccano le domande e ricomincia l’iter necessario per ottenere i certificati. A settembre ancora nulla e quindi sfumano i benefici maturati fino al due ottobre. Intanto si prospetta una nuova ispezione dell’Inail in fabbrica, per verificare ciò che sostengono gli operai. Un bis che potrebbe spianare la strada per i prossimi anni, ma che ne sarà dei benefici maturati fino al due ottobre? (a. pa.)L’Unione Sarda 15/11/03

Un’involontaria manovra di una gru la probabile causa della tragedia. La magistratura indaga. MUORE IN UN CANTIERE DELLA FIERA. Cosmin Stoian, lavoratore rumeno di 28 anni, è precipitato da 10 metri di altezza. Inutili i soccorsi per l giovane che non indossava il casco.

Di Gianluca Rotondi. Un giovane rumeno di 28 anni, Cosmin Stopia, è morto ieri mattina intorno alle 11, precipitando dal primo piano del nuovo padiglione di due piani in costruzione presso il quartiere fieristico di Bologna. L’operaio, impiegato nel cantiere da una quindicina di giorni, stava lavorando in squadra con due connazionali per la realizzazione dei pannelli esterni del padiglione, quando la pedana prefabbricata su cui poggiava ha ceduto di colpo, facendolo sprofondare da un’altezza di circa 10 metri. Il giovane, che al momento dell’incidente non indossava scarpe e casco protettivo, ha sbattuto la testa ed è moto sul colpo.. Inutili i soccorsi del 118 che hanno potuto solo trasportare il corpo del giovane operaio alla medicina legale per la probabile autopsia che verrà conferita domani dal magistrato titolare dell’inchiesta. Sul luogo dell’incidente, non molto distante dal centro della città, sono intervenute tre volanti della polizia oltre al personale di servizio di sicurezza della USL di Bologna. Uno dei due ragazzi testimoni dell’incidente siè subito allontanato dal cantiere, mentre il secondo è stato portatoin questura per ricostruire l’accaduto perché aveva bisogno di un interprete per rendere la propria testimonianza. Secondo i primi accertamenti, la pesante pedana metallica sarebbe stata urtata inavvertitamente da una gru che stava trasportando un gran numero di tondini di acciaio. Il passaggio del braccio meccanico avrebbe così spostato la pedana dalla sua sede naturale determinando il fatale incidente. L’operaio che già da qualche ora stava camminando su quella pedana, non poteva immaginare che a quel punto la base su cui poggiava i piedi non fosse più stabile. Una volta tornato sopra la pedana è infatti caduto irrimediabilmente nel vuoto. In attesa dei rilievi definitivi della USL, l’area dove è avvenuto l’incidente è stata posta sotto sequestro giudiziario e la relazione del servizio di sicurezza verrà inviata al PM Lucia Musti che, come vuole la prassi, aprirà un fascicolo per omicidio colposo per ora a carico di ignoti. Il magistrato è, infatti, ancora inattesa di conoscere ruoli e responsabilità all’interno del cantiere ed eventuali procedure di subappalto. Secondo fonti vicine al consorzio che esegue i lavori, su committenza di Bologna Fiere, l’operaio era in regola, anche se questo aspetto potranno definitivamente chiarirlo solo gli accertamenti coordinati dal Pm Lucia Musti. Potrebbe essere eseguita lunedì l’autopsia sul corpo del giovane.In serata Bologna Fiere ha espresso il proprio cordoglio alla famiglia di Soian: “Pur sottolineando la propria estraneità ad ogni responsabilità – ha scritto in una nota – Bologna Fiere sente il dovere di esprimere il proprio stato d’animo perché il giovane era impegnato nella realizzazione del futuro padiglione che la Fiera acquisterà come utilizzatore al termine dei lavori”.

Il Domani - Cronaca di Bologna 15/11/03

OPERAIO FERITO AL FRULLO

Può davvero ringraziare la sua buona stella un operaio italiano di 33 anni, precipitato nel vuoto mentre era impegnato nei lavori di manutenzione dell’inceneritore di via del frullo, all’estrema periferia della città. L’uomo, 33 anni appena compiuti, è precipitato dall’alto, da un’altezza di circa 3 metri, riportando fortunatamente solo ferite di media gravità. Sul posto sono intervenute due volanti della polizia oltre a uomini del personale del servizio di sicurezza della USL di Bologna. L’uomo è stato trasportato d’urgenza all’ospedale Maggiore dove è stato ricoverato in condizioni di media gravità. Ne avrà per qualche giorno, ma rispetto al volo che ha fatto può reputarsi davvero fortunato. Secondo una prima ricostruzione e per ragioni ancora da accertare, il giovane sarebbe scivolato dalla sua postazione mentre stava lavorando nella parte più bassa dell’inceneritore. Fortunatamente l’operaio non avrebbe sbattuto la testa e se la sarebbe cavata con un forte trauma toracico e qualche costola rotta. Sul luogo dell’incidente, temporaneamente sottoposto a sequestro giudiziario, sono intervenuti i tecnici dell’USL che hanno effettuato i primi rilievi e compilato una relazione sul rispetto delle norme antinfortunistiche e di regolamentazione del rapporto di lavoro. Questa stessa relazione verrà inviata oggi al magistrato di turno della Procura della Repubblica Lucia Musti che disporrà gli accertamenti necessari ad inquadrare l’incidente. Il capo cantiere e il responsabile della sicurezza sono stati sentiti dagli uomini dell’USL nell’immediatezza del fatto.

Il Domani - Cronaca di Bologna 15/11/03

Parma. Esplode un fusto in azienda: muore operaio

Un operaio di un'azienda che produce carrelli elevatori a Fornovo (Parma) è stato ucciso stamane dall'esplosione di un fusto che conteneva solventi. L'uomo, Sergio Stabile, di 44 anni, nato a Napoli e residente a Ramiola di Medesano (Parma), stando ai primi accertamenti stava tagliando con una mola un fusto che aveva contenuto solventi. Il gas che si era formato all'interno del fusto avrebbe causato un effetto- bomba. La violenta esplosione ha ucciso sul colpo l'operaio. Sul posto, per compiere gli accertamenti, si sono portati i carabinieri della stazione di Fornovo - che hanno ascoltato la testimonianza di alcuni operai che in quel momento lavoravano assieme a Stabile nell'azienda - e gli addetti della medicina legale dell'Ausl di Parma. (red) Sergio Stabile, sposato e padre di un figlio di vent' anni, si era trasferito assieme alla famiglia a Ramiola dal marzo del 2002 da Fornovo.

La Gazzetta di Modena – News Online - 15/11/03

Granella Di Tezze ( VI)

Un muratore, pensionato di 60 anni, ha perso la vita travolto e schiacciato  da un carico metallico in un deposito di materiale edile a Granella di Tezze.

http://www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 16/11/2003

LAVORO: DUE OPERAI MORTI TRAVOLTI DA FRANA 

Due operai sono morti oggi, a Ionadi, nel vibonese, dopo essere stati travolti da una massa di terra. I due, Domenico Mazzeo e Francesco Iannello, stavano eseguendo dei lavori di scavo per realizzare le fondamenta di un palazzo quando sono stati travolti dalla terra che avevano rimosso. Sul posto sono giunti immediatamente i vigili del fuoco che hanno cominciato le operazioni di scavo nella speranza di trovare i due ancora in vita, ma l' intervento e' stato vano. Quando i vigili hanno raggiunto i corpi degli operai, questi erano gia' morti.

www.rassegna.it 17/11/03  

Chivasso (TO)

Ionel Hrehorciuc, un rumeno di 22 anni è morto per un infortunio sul lavoro a San Raffaele Cinema (Torino). Il giovane è precipitato dal tetto di un capannone industriale. La magistratura ha aperto un’inchiesta.

http://www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 17/11/2003

CROLLO GENOVA: 12 AVVISI DI GARANZIA Sono complessivamente 12 gli avvisi di garanzia inviati dal pm Sergio Merlo nell' ambito dell' inchiesta sul crollo al Museo del Mare, nel quale e' morto l' operaio albanese Albert Kongjegja e altri quattro sono rimasti feriti. L' invio degli avvisi consentira' di compiere la consulenza tecnica per stabilire cosa e' accaduto. Si e' anche appreso che uno studio legale di Barcellona ha assunto la difesa del progettista spagnolo Jimenez Canas al quale sabato scorso era stato mandato l' avviso di garanzia internazionale perche' non aveva eletto domicilio in Italia. Canas, che ha studio a Madrid ma insegna all' universita' di Barcellona, dovra' poi nominare un corrispondente a Genova per consentire il domicilio del suo cliente.

www.rassegna.it 17/11/03  

CROLLO GENOVA: ISPETTORI IN PROCURA Sono sei gli ispettori romani inviati a Genova dal ministro del Welfare Roberto Maroni, ricevuti stamani dal Procuratore capo Francesco Lalla per confrontarsi sullo stato delle indagini sul crollo dell' ala nuova del Museo del Mare in Darsena. Oltre alla delegazione romana, con a capo una ispettrice, era presente all' incontro in Procura anche il dirigente della Direzione Provinciale dell' Ispettorato del Lavoro di Genova. ''Il crollo di Genova - ha commentato il Procuratore Lalla - e' stato l' occasione per ridiscutere e introdurre eventuali modifiche alla normativa sul lavoro che si sta discutendo in questi giorni anche a livello nazionale''. Gli Ispettori, nel corso dell' incontro, hanno chiesto alla Procura di Genova collaborazione per le indagini e accesso ai primi atti non coperti da segretezza che sono gia' stati svolti dagli inquirenti genovesi. Nel corso dell' incontro Francesco Lalla ha gia' suggerito agli Ispettori alcune modifiche alla normativa sul lavoro soprattutto nel settore edile.

www.rassegna.it 17/11/03  

Infortunio mortale a Vibo Valentia

Due operai di una ditta impegnata in lavori di viabilità in provincia di Vibo valentia sono morti ieri pomeriggio in un incidente sul lavoro. Stavano lavorando lungo la Statale 18, nei pressi di Mileto, quando sono stati travolti dal crollo di un muro di sostegno. Domenico Mazzeo, 37 anni sposato e padre di un ragazzino, e Francesco Iannello, 47 anni, anche lui sposato e padre di quattro figli, erano entrambi residenti a Pernocari, una frazione del comune di Rombiolo. Secondo le prime indagini stavano lavorando a uno scavo per la realizzazione delle fondamenta di un fabbricato nel Vibonese, nei pressi della statale, quando sono stati travolti da oltre mezzo metro di terra. Inutili i tentativi di soccorso.

Liberazione 18/11/03

Portovesme. Accuse ai funzionari.Amianto negli stabilimenti. I sindacati denunciano l’INAIL

È guerra aperta sulle certificazioni Inail per l’amianto in fabbrica: Cgil, Cisl, Uil e Css - Cub hanno annunciato un esposto alla Procura della Repubblica contro i funzionari dell’Istituto Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro. «Pensiamo che il comportamento di questi funzionari abbia arrecato un grave danno ai lavoratori e per questo chiediamo alla Procura di verificare» si legge in un documento firmato dai sindacati e distribuiti ieri agli operai oggi Alcoa (ex Alumix).I termini della disputa: per ottenere i benefici previdenziali dell’esposizione all’amianto è necessaria la certificazione dell’Inail. Da Portovesme sono partite centinaia di domande ma più di duecento operai non hanno ottenuto il certificato. «I funzionari con le loro lungaggini e negligenze - si legge ancora nel volantino - hanno impedito ai lavoratori di usufruire di un diritto riconosciuto dalla legge». Le organizzazioni sindacali invieranno nei prossimi giorni un esposto alla Procura. Ma non solo carta bollata per salvare i benefici previdenziali: domani i lavoratori saranno a Cagliari per una manifestare contro l’Inail e contro il Governo «che nega i benefici». La battaglia dell’amianto sembra appena cominciata, ed è sicuramente un tema molto sentito dagli operai. Soprattutto da quelli più vicini alla pensione che, con il riconoscimento dell’esposizione all’amianto, vedrebbero diminuire la loro attesa previdenziale. Nei giorni scorsi il Governo ha salvato i benefici maturati fino al due ottobre di quest’anno. Ma per i lavoratori ex Alumix c’è stato ben poco da gioire, visto che senza certificato Inail non esistono scorciatoie pensionistiche. Una battaglia che va avanti da sette anni e che finora non ha avuto vincitori. Due settimane fa però le trattative e gli incontri sono ripresi: prima l’incontro con i responsabili locali e provinciali dell’Inail, poi con il responsabile regionale nei giorni scorsi a Cagliari. Ma i sindacati non hanno apprezzato le risposte e domani gli operai manifesteranno nel capoluogo. (a.pa.)

L’Unione Sarda 18/11/03

Conclusa la prima fase delle indagini della RmG sulla vicenda dei due operai vittime dell’incidente all’Italian Hospital I morti nel crollo, è pronto il dossier Guidonia: gli ispettori della Asl consegnano la relazione al magistrato

di KAREN LEONARDI . A distanza di due settimane dalla morte dei due operai sepolti dal crollo di un solaio in costruzione nel parco dell'Italian Hospital Group, l'ex manicomio di Guidonia, si è conclusa la prima fase delle indagini svolte dal Servizio prevenzione infortuni sui posti di lavoro dell'Asl RmG. L'incidente nel cantiere, avvenuto venerdì 31 ottobre intorno alle 19, ha provocato la morte di Giancarlo Favoriti, 47 anni, di Anagni, e del diciottenne Marco Amorini, residente a Monte San Giovanni Campano. Altre tre persone, tra le quali il titolare della ditta appaltatrice, sono rimasti, invece, feriti. Una relazione dettagliata, stilata da un pool di quattro ispettori - al quale le indagini sono state affidate dalla Procura della Repubblica di Tivoli - verrà consegnata nei prossimi giorni al sostituto procuratore Gaetano Postiglione, titolare dell'inchiesta aperta contro ignoti per omicidio colposo. Il fascicolo dovrebbe passare nella mani di Postiglione, specializzato nei reati in materia edilizia, oggi stesso. Le eventuali responsabilità, dirette ed indirette, delle persone coinvolte nella vicenda saranno quindi accertate dal magistrato sulla base del lavoro prodotto dagli ispettori in collaborazione con i carabinieri della compagnia di Tivoli. «Nella genesi di questo tragico incidente - è l'unico commento rilasciato da Vladimiro Perretta, responsabile dello Spil (Servizio prevenzione infortuni sul lavoro) - che è costato la vita a due operai e altri tre sono rimasti feriti ognuno potrebbe avere una sua,

anche piccola, responsabilità di quanto accaduto». I due operai, la sera del 31, lavoravano da 12 ore: il contratto degli edili ne prevede 8 al giorno. Tra l'altro, un'indagine effettuata anche dalle organizzazioni sindacali nei giorni immediatamente successivi al tragico incidente, ha confermato che Favoriti lavorava in nero, mentre al ragazzo non venivano pagati i contributi alla cassa edile da più di un anno. Accertamenti, interrogatori, ricostruzione dell'incidente e sopralluoghi nel cantiere dove i due operai stavano lavorando, niente è stato tralasciato dagli inquirenti che hanno ascoltato tutte le persone coinvolte nel fatto, dal trasportatore di calcestruzzo ai rappresentanti della Stradaioli di Pomezia, la società che ha dato in subappalto i lavori, dal titolare dell'Edil Costruzione di Veroli Vincenzo Cianchetti ad un tecnico dell'Italian Hospital Group, l'ex clinica psichiatrica nella cui area si stava realizzando una centralina elettrica. Gli ispettori del lavoro hanno anche sentito Fabrizio Di Giovambattista, 32 anni, di Marcellina, addetto alla betoniera, e Biagio Verrelli, 39 anni, di Veroli, muratore, che per poco non restavano travolti anche loro dal crollo del solaio. Il Messaggero – Cronaca di Roma 18/11/03

Bologna. Operaio morto in cantiere, sette indagati

Sette persone sono state iscritte nel registro degli indagati per la morte di un operaio romeno avvenuta venerdì scorso in un cantiere edile all'interno del quartiere fieristico di Bologna. Fra i sette, secondo quanto si è appreso, ci sono il direttore tecnico del cantiere, i coordinatori della sicurezza i legali rappresentanti della ditta per la quale lavorava il giovane. (red)

La Gazzetta di Modena – News Online - 18/11/03

Bologna. Incidenti sul lavoro, grave operaio edile

E' in prognosi riservata all'ospedale Sant'Orsola di Bologna, l'operaio albanese di 26 anni che questa mattina, verso le 10, è rimasto vittima di un infortunio sul lavoro in un cantiere edile di Medicina.Il ragazzo, residente a Villa di Briano in provincia di Caserta, stava sistemando dei portoni basculanti per garage quando gli sono cadute addosso le altre porte che erano accatastate da una parte, procurandogli gravi lesioni.Sul posto è arrivata anche la medicina del lavoro dell'Ausl Bologna Nord, per verificare che il cantiere sia in regola con le leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. (cor)

La Gazzetta di Modena – News Online - 19/11/03

INCIDENTI LAVORO: NAPOLI, UNA VITTIMA IN CANTIERE E' morto schiacciato da un nastro trasportatore, dopo essere stato colpito alla testa da un pezzo staccatosi dalla struttura su cui stava lavorando. La vittima è Mario Russo, 44 anni, titolare di una impresa che fornisce macchinari per l'edilizia. L'incidente sul lavoro è avvenuto questa mattina in un cantiere a Casalnuovo, nel Napoletano. Nel cantiere, situato in via dei Ligustri, sono giunti i vigili del fuoco che hanno rimosso il nastro trasportatore per liberare Russo. L'uomo era però già morto per le gravi ferite riportate nel crollo del macchinario. Titolare della 'Franchini e Russo, Macchinari edilizi', il piccolo imprenditore era accanto al nastro trasportatore, agganciato ad una parete, quando dalla struttura si è staccato un pezzo che lo ha colpito alla testa. Poco dopo il macchinario é crollato, investendolo in pieno.

www.rassegna.it 19/11/03  

Aprilia/L’incidente nella vetreria Avir Operaio scivola in una buca salvato dai vigili del fuoco

Stava recuperando del materiale quando è scivolato sprofondando in una grossa buca. L’incidente sul lavoro si è verificato nella vetreria Avir di Campo di Carne ad Aprilia. La vittima è un operaio di 43 anni, Vincenzo Fiorani. Sul posto sono subito accorsi i sanitari del 118 e i vigili del fuoco. L’operaio è stato imbracato e tirato su con il verricello e poi trasportato con l’eliambulanza al Goretti di Latina, dove dovrà trascorrere qualche giorno, l’infortunio non è particolarmente grave. L’incidente si è verificato verso le 9 del mattino di ieri all’interno della vetreria dove sono in corso dei lavori di ampliamento di un altoforno. La buca era profonda quattro metri, un grosso invaso lungo quindici coperto con delle lamiere. Vincenzo Fiorani pare stesse recuperando del materiale quando forse è scivolato, cadendo nell’invaso. La squadra 7A dei vigili del fuoco si è subito portata sul posto. «Ci avevano parlato di un pozzo profondo venti metri», raccontano i vigili. Per fortuna la situazione era molto meno difficile da risolvere. I caposquadra Errico e Berti si sono calati con il verricello, hanno imbracato l’operaio che non riusciva a muoversi e l’hanno tirato su con l’argano. Poi l’eliambulanza del 118 lo ha trasportato il ferito con al pronto soccorso del Goretti. G.Nard.

Il Messaggero – Cronaca di Latina 20/11/03Top secret degli inquirenti sui nomi delle persone coinvolte. La Fillea conferma: «Ci costituiremo parte civile». Tre indagati per il tragico crollo Guidonia, consegnato alla Procura il rapporto finale dei carabinieri .

di CATERINA CIAVARELLA .A questo punto le indagini sul tragico crollo nel cantiere di Guidonia possono considerarsi concluse: alle relazioni degli ispettori della Asl si sono aggiunte ora quelle dei carabinieri. Gli investigatori per settimane hanno interrogato i testimoni, redatto verbali e ieri mattina hanno consegnato tutto al sostituto procuratore di Tivoli, Gaetano Postiglione. Sarebbero almeno tre gli indagati con l'ipotesi di omicidio colposo per la morte di due operai durante l'incidente sul lavoro avvenuto venerdì trentuno ottobre nel parco dell'Italian Hospital Group, l'ex ospedale psichiatrico in riconversione sulla via Tiburtina. Sulla loro identità, tuttavia, c’è ancora il massimo riserbo. Era già buio quando la squadra che stava costruendo una cabina elettrica ha iniziato la gettata di cemento del solaio: la struttura di legno ed acciaio non ha retto, e sotto le macerie sono rimasti Giancarlo Favoriti, 47 anni di Anagni e Marco Amorini, appena diciottenne, di Monte San Giovanni Campano. Nel crollo sono rimaste inoltre ferite altre 3 persone, due operai ed il responsabile della Edil Costruzioni, la ditta di Veroli che stava effettuando i lavori in sub appalto. «Un caso esemplare e tragico - dice Sandro Grugnetti, segretario regionale della Fillea - entrambe le vittime lavoravano per la Edil Costruzioni: Giancarlo Favoriti era completamente a nero, a Marco Amorini, invece, non venivano versati i contributi da un anno. Solo dopo l'incidente mortale la sua situazione è stata sanata dalla ditta. Come sindacato ci costitueremo parte civile insieme ai parenti della vittime». Le indagini, coordinate dalla Procura di Tivoli, sono arrivate ad una svolta sostanziale. Nel fascicolo - centinaia di pagine redatte dal pool di 4 ispettori del Servizio Infortuni sui luoghi di Lavoro della Asl in cui sono raccolte anche le perizie tecniche dei vigili del fuoco ed il dossier compilato dai carabinieri della compagnia di Tivoli - viene ripercorsa passo per passo la dinamica del crollo per far emergere tutta la verità sulla tragica fine dei due lavoratori edili. Si dovrà accertare se la tragedia poteva essere evitata: ci sono dei responsabili diretti ed indiretti, ma sull'identità degli indagati c'è la consegna del top

secret. Le indagini scattate all'indomani dell'incidente nel cantiere nell'ex clinica psichiatrica di Martellona hanno impegnato per giorni gli investigatori su più fronti. Ci sono stati sopralluoghi, verifiche statiche sul manufatto e sono stati ascoltati almeno una decina di testimon. Tra questi anche il titolare della Edil Costruzioni, Vincenzo Cianchetti. La costruzione della centrale elettrica di circa cento metri quadrati destinata a servire il grande centro sanitario polispecialistico gli era stata commissionata in sub appalto dalla Stradaioli di Pomezia, la società incaricata dei lavori di ristrutturazione in corso nell'Italian Hospital. La squadra di operai, quel maledetto venerdì, era arrivata prestissimo nel cantiere: la gettata di cemento sul solaio doveva essere ultimata entro la giornata. Anche se ormai era sera e stavano lavorando da dodici ore.

Il Messaggero – Cronaca di Roma 20/11/03Si attendono i controlli nella fabbricaLa protesta dell’ amianto fa rotta su Cagliari: ieri mattina gli operai dell’Alcoa (ex Alumix e Alsar) hanno occupato la direzione regionale dell’Inail. Non sono mancati i momenti di tensione quando alcuni lavoratori, staccandosi dal sit-in organizzato in via Nuoro, hanno forzato la guardiania della direzione, occupando un ufficio. La trasferta è cominciata di buon mattino, in pullman: un centinaio di operai risponde all’appello di Cgil, Cisl, Uil e Css-Cub. In ballo c’è una bella sforbiciata ai tempi di attesa della pensione: per ogni anno lavorato a contatto con l’amianto la legge prevede uno scivolo di sei mesi. I conti sono presto fatti: un lavoratore che è stato esposto alla pericolosa sostanza per 10 anni, potrà usufruire di 5 anni di scivolo. Ma tra i calcoli degli operai, che ricordano con lucidità quei rivestimenti di amianto usati nei reparti più caldi come isolanti dal calore, e il raggiungimento di una pensione anticipata c’è di mezzo una relazione dell’Inail. Il certificato dei è stato richiesto dalle organizzazioni sindacali, ma ancora non c’è stata risposta e proprio da qui sono nate le manifestazioni di protesta. Prima a Carbonia, davanti alla sede territoriale dell’Inail in viale Trieste, poi la decisione del sindacato di presentare un esposto alla Procura della Repubblica per la presunta negligenza dei funzionari Inail e ieri la manifestazione a Cagliari. In tarda mattinata i lavoratori hanno ottenuto un colloquio con il direttore regionale dell’Inail. «Ha detto che lui è in Sardegna solo da settembre - dice Angelo Diciotti, Css- Cub - ma non è una questione di direttore. L’ufficio Inail era funzionante da molto prima eppure la relazione non è ancora stata fatta. Siamo preoccupati e arrabbiati: l’Inail già una volta con un suo ispettore aveva dichiarato che in fabbrica non era presente l’amianto. E adesso sembra tutto in salita: se anche ci concedessero la nuova ispezione dovrebbero smentire la prima relazione». Ma gli operai hanno deciso di non mollare: quello scivolo pensionistico sentono di averlo conquistato giorno dopo giorno, lavorando a contatto con una sostanza che poi, qualche anno dopo, è stata dichiarata fuori legge. Fino a quel momento però, sostengono operai e sindacati, l’amianto era presente, eccome. Per questo si sono presentati davanti all’Inail regionale con cartelli e bandiere invocando la certificazione che li separa da una pensione anticipata: due, tre, quattro anni, chissà. Ad aver presentato la domanda sono 260, e non è la prima volta che si combatte questa battaglia: alla fine degli anni ’90 gli operai dell’Alumix cercarono di vedersi riconosciuto il diritto ai benefici pensionistici. L’ispezione dell’Inail si concluse con un nulla di fatto, perché i funzionari non trovarono in fabbrica presenze di amianto. Una rivelazione che provocò lo sconcerto dei lavoratori, i quali ben sapevano di avere operato per lungo tempo a contatto con la sostanza. Alcuni operai proseguirono la loro battaglia in Tribunale. Adesso la richiesta della certificazione Inail è tornata d’attualità e nel Sulcis Iglesiente. Intanto ieri mattina a Cagliari i sindacati hanno fissato un termine: «Entro venerdì risposte sulla certificazione o ci vedremo costretti a presentare l’esposto-

denuncia in Procura. Lì dovranno verificare se le nostre accuse sono vere». Antonella PaniL’Unione Sarda 20/11/03

INCIDENTI LAVORO: LECCE, MUORE OPERAIO SENEGALESE E' morto dopo essere caduto da un' impalcatura, da un' altezza di circa cinque metri. La vittima è un extracomunitario di circa 30 anni, di nazionalità senegalese. L'incidente è accaduto in un cantiere edile in via De Mura, alla periferia di Lecce. Indagini sono state avviate dall'Ispettorato provinciale del lavoro per chiarire la dinamica dell' incidente. Il magistrato di turno, il pm Patrizia Ciccarese, ha aperto un' inchiesta.

www.rassegna.it 20/11/03  

Lecce e La Spezia, morti sul lavoro

Ancora morti nei cantieri edili. A pagare il prezzo del mancato rispetto delle norme sulla sicurezza è stato questa volta un immigrato di origine africana, precipitato da un'impalcatura allestita in Via De Mura a Lecce, dove è in costruzione un complesso industriale. L'altra vittima della giornata di ieri è un collaudatore di moto, Fabrizio Berliochi, 40 anni. L'uomo, dipendente della Suzuki, stava collaudando un nuovo prototipo di moto sulla statale del Bracco, in localita' Mattarana (Sp) quando ha perso aderenza in curva slittando con la parte posteriore e ha sbattuto contro il guard rail.

Liberazione 21/11/03

Albano, migliora l'operaio caduto in cantiere

Il muratore albanese era volato per 4 metri dalla tromba delle scale in costruzioneMigliorano le condizioni dell'operaio albanese che era rimasto vittima ieri poco dopo le 17 di un infortunio sul lavoro ad Albano Sant'Alessandro. Teatro dell'incidente un cantiere (nella foto Bedolis) edile di via San Francesco d'Assisi, una laterale della provinciale che porta a Pedrengo e Scanzorosciate. Fejzj Shkelqim, 33 anni, era precipitato dalla tromba delle scale all'interno di un fabbricato che fa parte di un complesso residenziale in costruzione su di un'area di nuova lottizzazione tra Albano e Torre de' Roveri.I carabinieri di Seriate, che sono al lavoro al fianco dell'Asl, oggi hanno effettuato un nuovo sopralluogo, dopo quello di ieri a tarda ora, per cercare di capire bene cosa sia accaduto. L'infortunio era avvenuto quando gli operai avevano appena concluso la giornata di lavoro e stavano salendo sul pulmino per rientrare a casa.

L’Eco di Bergamo 21/11/03

LE VITTIME ERANO DI ANAGNI E MONTE SAN GIOVANNI. Operai morti, in tre denunciati per omicidio

Tre persone sono state denunciate dai carabinieri di Tivoli e dagli ispettori del del lavoro della Asl RmG alla magistratura della città tiburtina per la morte dei due operai edili ciociari che il 31 ottobre sono rimasti sepolti nel crollo di un manufatto in costruzione nella clinica Italian Hospital Group a Guidonia Montecelio. L'accusa di duplice omicidio colposo e lesioni colpose è stata formulata per Vincenzo Cianchetti il titolare della ditta, la Edil Costruzioni di Veroli; per Antonio Manno, il

geometra responsabile della società appaltatrice, la Stradaioli di Pomezia, e Eleuterio Pillo, l'ingegnere responsabile della sicurezza all'interno dell'Italian Hospital Group. L'ultima relazione sul caso, redatta dai carabinieri e dagli ispettori del servizio infortuni della Asl, è stata inviata ieri alla Procura di Tivoli. Il sostituto procuratore Gaetano Postglione, specializzato in reati edilizi, intanto, ha nominato un perito per gli accertamenti del caso sulla struttura crollata. Nell'incidente sono morti due operai ciociari: Marco Amorini, 18 anni, di Monte San Giovanni Campano, e Giancarlo Favoriti, 47 anni, di Anagni. Il datore di lavoro, Vincenzo Cianchetti, ha regolarizzato l'assunzione del diciottenne dopo la morte: risultava in servizio alla ditta, ma da un anno non gli venivano versati i contributi; Favoriti, invece, lavorava in nero. L'incidente si è verificato alle 18,50 mentre gli operai, alla dodicesima ora di lavoro, facevano la gettata di cemento sul tetto di una piccola centrale elettrica in costruzione. Durante il crollo erano rimasti feriti lievemente anche due colleghi e il titolare dell'azienda. La Cgil Fillea all'indomani della tragedia ha annunciato che il sindacato si sarebbe costituito parte civile nel processo.

Il Messaggero – Cronaca di Frosinone 21/11/03Si teme per Graziano Ciabuschi, 40 anni. L’infortunio alla Ciemme. Trasferito da Fabriano a Torrette Operaio cade da impalcatura: gravissimo

FABRIANO - Cade dall'impalcatura all'interno dell'azienda ed ora è in prognosi riservata. E' successo ieri mattina intorno alle 8, in via delle Fornaci, presso la “Ciemme ” , ditta per la lavorazione delle materie plastiche. Graziano Ciabuschi, operaio fabrianese di 40 anni, stava lavorando in cima ad un'impalcatura per sistemare una lamiera all'interno dello stabilimento aziendale, quando all'improvviso, per cause ancora in corso di accertamento, ha perso l'equilibrio ed è caduto a terra. Un volo che gli ha causato un forte politrauma. In men che non si dica i colleghi hanno chiamato l'ambulanza, che è accorsa subito sul luogo dell'infortunio. Graziano Ciabuschi è stato trasportato al pronto soccorso dell'ospedale “Engles Profili” di Fabriano, dove però i medici, vista la gravità della situazione, hanno deciso per il trasferimento al Torrette di Ancona. Qui l'operaio è stato ricoverato, ma la prognosi resta riservata, a causa delle sue condizioni, considerate gravi dai medici. Sul posto sono giunti anche i carabinieri di Fabriano e gli ispettori della Asl n.6, che si occupano di verificare le cause dell'incidente e se ci sono state eventuali omissioni delle misure di sicurezza. Paura anche a Maiolati Spontini. Giovane operaia resta col braccio incastrato ma fortunatamente se la cava solo con escoriazioni. L'episodio si è verificato ieri mattina, verso le 9.30 presso la ditta “Cam” di Maiolati. L'operaia forse per distrazione, probabilmente, ha perso il controllo del macchinario con cui stava lavorando e le è rimasto incastrato il braccio negli ingranaggi. Sono stati chiamati i vigili del fuoco, che a metà strada sono tornati indietro, perché nel frattempo era riuscita a liberare l'arto dall'ingranaggio. L'escoriazioni si guariranno in 15 giorni. L.B.S. e V. Lann.

Il Messaggero – Cronaca di Ancona 21/11/03 INCIDENTI LAVORO: BRESCIA, MUORE OPERAIO E' morto schiacciato da una pala meccanica mentre questa veniva scaricata da un rimorchio. La vittima è un operaio residente a Peschiera (Verona), l'incidente è avvenuto a Pozzolengo (Brescia) stamane verso le 7.30. L'incidente è avvenuto lungo una strada a circa 200 metri dal cantiere in cui il mezzo meccanico avrebbe dovuto essere impiegato.

www.rassegna.it 24/11/03  

CINA: 14 MINATORI MORTI IN ESPLOSIONE 14 operai sono morti in Cina a causa di un'esplosione avvenuta in una miniera di carbone. L'incidente è avvenuto nell'impianto di Sundian, nella città di Xiaotun. Dall'inizio del 2003 in Cina sono morte in miniera 4.150 persone.

www.rassegna.it 24/11/03  

Amianto. Un emendamento in finanziaria salva i diritti acquisiti dai lavoratori

Le recenti disposizioni di legge dettate dal governo per contenere al massimo la spesa previdenziale fino ad oggi sostenuta per tutelare i lavoratori occupati in settori a contatto diretto con l’amianto, hanno allarmato lo specifico settore di lavoro presente in Sardegna. Fortunatamente un’ancora di salvezza è stata data da un emendamento governativo che interessa i lavoratori che al 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto alla pensione anche con i contributi riconosciuti per i dipendenti esposti all’amianto oppure destinatari dei trattamenti di mobilità o che abbiano concluso il rapporto di lavoro con la domanda di pensionamento. In tutti questi casi, grazie all’emendamento governativo approvato nel testo della nuova finanziaria, scatta l’applicazione delle vecchie disposizioni, per cui i lavoratori interessati sfuggono alle severe restrizioni introdotte dal decreto legge 269/03. È anche prevista l’eventuale facoltà di opzione tra i benefici pensionistici legati all’amianto a quelli che comportino il pensionamento anticipato oppure l’aumento dell’anzianità contributiva. Con l’emendamento, inoltre, rientrano tra i beneficiari delle agevolazioni legate alle lavorazioni esposte all’amianto anche i ferrovieri, i portuali ed i marittimi. È possibile, inoltre, una mini sanatoria sugli indebiti pensionistici derivanti da sentenze con le quali è stato riconosciuto ai lavoratori il beneficio legato all’amianto e successivamente negato da altri gradi di giudizio che hanno dato ragione all’ente di previdenza. In questi casi non si procede più al recupero degli importi ancora dovuti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto 269. L’approvazione dell’emendamento presentato dal Governo ha permesso in parte di tranquillizzare quei lavoratori che al 31 ottobre scorso, avendo già maturato il diritto, potranno andare in pensione con la vecchia normativa.

L’Unione Sarda 24/11/03

Un operaio è deceduto, ieri, in un infortunio sul lavoro

Un operaio è deceduto, ieri, in un infortunio sul lavoro avvenuto all'interno di un cantiere edile a Carlazzo, in provincia di Como. L'uomo è rimasto Un operaio è deceduto, ieri, in un infortunio sul lavoro avvenuto all'interno di un cantiere edile a Carlazzo, in provincia di Como. L'uomo è rimasto schiacciato da una lastra di marmo staccatasi da una gru che la stava sollevando. Sul posto sono giunti i mezzi del 118 e la Croce Azzurra di Menaggio ma ogni tentativo di salvargli la vita è stato inutile. La vittima è un 31enne residente a Garzeno (Co). Walter Bordessa è stato colpito alla testa dalla pesante lastra di marmo staccatasi dalla gru che stava spostando da un lato all'altro del piazzale-deposito dell'azienda di cui era dipendente. Solo poche settimane fa, a Carlazzo, era deceduto in un altro incidente sul lavoro un operaio 45enne dell'Enel, schiacciato da un autocarro ribaltatosi mentre lo scaricava. Intanto, oggi si svolgerà a Rho, presso il cantiere della nuova Fiera di Milano, un sit in di un ora in coincidenza con lo sciopero dei lavoratori edili. La protesta, indetta dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, si è resa necessaria dopo la morte due giorni fa di Umberto Taini, coinvolto nell'ennesimo incidente sul lavoro.

Liberazione 28/11/03

Tabacchera di Pozzolengo- VR

 Un imprenditore edile di 36 anni ha perso la vita schiacciato sotto il peso di 8 quintali della pedana di carico del suo autoarticolato che ha ceduto forse a causa di un guasto all’impianto idraulico.

http://www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 25/11/2003

Milano

Umberto Taini, lavoratore autonomo di 63 anni, ha perso la vita in un infortunio sul lavoro cadendo da un ponteggio metallico in un cantiere della nuova Fiera di Milano.

http://www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 26/11/2003

Il giovane vittima di un infortunio durante la costruzione di una stazione di servizio a Colbuccaro

ANCONA - E’ l’ennesimo incidente sul lavoro che finisce in tragedia con la morte di un operaio. Ma questa volta la tragedia può essere sopportata meglio, perchè da quella morte altre persone riceveranno la speranza di una vita migliore. Il giovane è deceduto in un incidente sul lavoro a 23 anni, a Corridonia, ma grazie a lui cinque persone in attesa di trapianto potranno vivere. La generosità dei genitori di Marco Carrareto, operaio di Portogruaro vittima di un infortunio sul lavoro a Colbuccaro di Corridonia, in una stazione di servizio in costruzione, ha consentito ai sanitari dell'ospedale di Torrette di Ancona di eseguire un prelievo multiorgano sul cadavere del ragazzo. Espiantati cuore, fegato e reni. Per espiantare il cuore è intervenuta l'equipe specialistica dell'ospedale Niguarda di Milano, mentre un'equipe di Palermo è arrivata ad Ancona per eseguire uno ”split” sul fegato, avviando i due lobi a due centri diversi: Bergamo e lo stesso capoluogo siciliano. La clinica chirurgica dell'ospedale Umberto I di Ancona ha effettuato il prelievo dei reni, destinati al Centro trapianti di Genova e a quello di Verona. Qui, a ricevere un rene di Marco, sarà un paziente marchigiano da tempo in lista d'attesa. Marco Carrareto era stato ricoverato nell'Unità operativa di anestesia e rianimazione dell'ospedale di Torrette di Ancona domenica scorsa, dopo essere caduto da una scala mentre montava un’apparecchiatura. Il suo quadro cerebrale era apparso subito gravissimo. Due giorni dopo è morto.

Il Messaggero – Cronaca delle Marche 27/11/03Riccione. Donna incastra la mano in tirapasta di ristorante

Ad una donna che lavora nella cucina di un ristorante è rimasta incastrata la mano nel tirapasta. E' accaduto ieri sera, verso le 21.45, nel ristorante Santa Lucia di Riccione. Per liberare la cuoca e soccorrerla sono intervenuti i vigili del fuco e un'unità del 118. Sul posto, come di prassi nei casi di incidente sul lavoro, sono intervenuti anche i carabinieri. Dopo le medicazioni al pronto soccorso di Rimini la donna è stata dimessa con 15 giorni di prognosi. (cor)La Gazzetta di Modena – News Online - 27/11/03

INCIDENTI LAVORO: COMO, MUORE GIOVANE OPERAIO Un operaio di 31 anni, Walter Bordessa di Garzeno (Como), è morto questa mattina per le gravi lesioni riportate in un infortunio nell' azienda in cui lavora, la 'Tommasi marmi' di

Carlazzo (Como). L'operaio stava caricando una lastra di marmo sulla gru, quando la pietra si è spezzata e una parte lo ha investito. L'uomo è morto all' istante.

www.rassegna.it 27/11/03  

Cade dalla scala e muore: due gli indagati

CORRIDONIA Due indagati per la morte di Marco Carrareto, 23 anni, l’operaio di Portogruaro caduto da un’altezza di sei metri mentre stava lavorando e morto dopo due giorni di agonia a Ancona. Il Pm Massimiliano Siddi ha iscritto al momento due persone nel registro degli indagati (si tratta di addetti alla sicurezza). Il reato da lesioni gravissime passa a omicidio colposo. Per ora l’inchiesta è alle prime battute. I carabinieri di Corridonia, delegati alle indagini, stanno accertando le cause del tragico volo. Il giovane, dipendente della ditta Mbl di Concordia Sagittaria (Veneto) il cui titolare è Adelino Zanon, era salito su una scala e stava montando un’apparecchiatura in un distributore di benzina in costruzione a Colbuccaro di Corridonia quando ha preso l’equilibrio ed è caduto sull’asfalto. Un volo di sei metri che gli ha provocato un forte trauma cranico e lo stato di coma irreversibile. La pompa di benzina, di proprietà di Nello Corradini, è stata in parte sequestrata per permettere di ricostruire la dinamica dell’ennesimo infortunio mortale sul lavoro. I famiglia del ragazzo hanno dato il consenso per l’espianto degli organi, anche per questo non è stato possibile effettuare l’autopsia. Il Messaggero – Cronaca delle Marche 28/11/03

La Asl invita ad una maggiore prevenzione.Oltre all’edilizia anche l’agricoltura in testa alle statistiche. Infortuni sul lavoro, è allarme rosso. In fin di vita il muratore precipitato giovedì da un palazzo di Porto S.Elpidio

di DIANA MARILUNGO. E'allarme rosso sul fronte degli infortuni sul lavoro nel Fermano. Il numero degli incidenti, infatti, sta aumentando specialmente nei settori dell'agricoltura e dell'edilizia. Sono circa 30 i referti che pervengono all'ufficio preposto dell'Asl 11 ogni settimana. Ieri mattina è stato consegnato alla Procura della Repubblica di Fermo un fascicolo riguardante il grave incidente sul lavoro avvenuto giovedì a Porto Sant'Elpidio. Emanuele Marziali, un operaio edile trentacinquenne dipendente di un'impresa locale, versa tutt'ora in prognosi riservata nel reparto Rianimazione dell'ospedale Torrette di Ancona dopo essere precipitato da circa 5 metri da un palazzo in via di ultimazione, sito nel quartiere faleriense del centro calzaturiero. I lavori che la ditta incaricata stava eseguendo erano all'interno dell'edificio. Il fabbricato è già in uso per la parte a pianterreno dove hanno sede alcuni negozi, mentre gli ultimi lavori erano programmati per la parte superiore dell'edificio. Non si sa per quale ragione l'operaio si sia diretto verso la parte adibita a terrazzo dove pare mancassero, tra l'altro, ponteggi e parapetti. L'uomo è caduto schiantandosi al suolo. Subito soccorso è stato trasferito presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale Murri di Fermo. I sanitari del reparto di emergenza viste le sue gravi condizioni lo hanno trasferito, nella stessa serata, in ambulanza, presso l'ospedale di Torrette. Dopo poche ore i medici hanno deciso di sottoporlo ad intervento chirurgico alla testa. Sul luogo hanno operato, per i rilievi del caso e per ricostruire la dinamica del drammatico evento, gli Ispettori del Servizio Prevenzione sul Lavoro della Asl 11. Secondo una rilevazione dello stesso Servizio, dall'inizio di gennaio al 22 novembre scorso, gli incidenti sul lavoro accaduti nel Fermano e trattati dal Pronto Soccorso del Murri sono 1582. Di questi 1026, ovvero il 64,85% sono avvenuti nel settore dell'Industria. Questo comprende: l'edilizia, la calzatura, la metalmeccanica e quant'altro. Il settore degli edili è sicuramente tra quelli maggiormente a rischio. Quest'anno nel settore dell'edilizia ci sono stati finora ben tre

incidenti mortali a fronte di uno solo avvenuto lo scorso anno e rispetto al periodo 2000 -2001 in cui non c’è stato alcun caso. Preoccupante, inoltre, è sicuramente il dato che emerge riguardo all'agricoltura. Dall'inizio dell'anno ad oggi sono stati 253 gli incidenti sul lavoro che hanno avuto luogo nel settore agricolo con una percentuale del 15,93%. Certamente un dato alto rispetto agli altri. E' un settore, tra l'altro che è difficile da controllare anche per la parcellizzazione delle imprese che lo compongono e dove è quasi impossibile fare prevenzione. «Possiamo svolgere un attento e fruttuoso lavoro di informazione dicono alla Asl 11- in quelle realtà dove sono impiegati lavoratori subordinati. Nell'agricoltura ci sono lavoratori prevalentemente autonomi cui la normativa di prevenzione non può essere applicata». Infine sono 303 con una percentuale del 19,15% gli infortuni in itinere, cioè quelli che accadono mentre il lavoratore si reca al lavoro. L'organico dell'Ufficio Prevenzione della Asl 11, tra l'altro, nonostante gli sforzi della direzione, è sotto dimensionato per far fronte a tutte le richieste. Il Messaggero – Cronaca delle Marche 30/11/03

Pistoia

Un muratore albanese di 51 anni, P.L. regolarmente impiegato,  ha perso la vita dopo essere caduto da un terrazzo su cui stava effettuando lavori di muratura, nella zona industriale di Sant’Agostino.

http://www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 30/11/2003