tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

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Vampiri e angeli vestono in nero Tendenze Il fascino della «fantasy dark», dalle saghe della Meyer e Lisa J. Smith a un nuovo filone di creature alate tenebrose e ribelli: nessun incubo, ma ricerca di sé e dell’amore, con lieto fine garantito RUGGERO BIANCHI Grazie allo straordina- rio successo delle saghe di Ste- phenie Meyer (Twilight, Fazi) e Lisa Jane Smith (Il diario del vampiro, Newton Compton) li- brerie e sale cinematografiche sono più che mai affollate da vampiri e zombies, demoni e li- cantropi, angeli caduti e arcane creature proteiformi di ogni sorta che anziché minacciare seducono, anziché terrorizzare attraggono. A celebrarne l'av- vento e a subirne il fascino un po' perverso non sono tanto i cultori del brivido - cui si indiriz- zano piuttosto i vampiri doc di casa Gargoyle - né della fantasy tradizionale quanto i «giovani adulti»traiquindicieitrent'an- ni,chediuncertoclimacontem- poraneo fortemente adolescen- ziale sono gli esponenti più esposti e indifesi; e in particola- re le sempre più irrequiete gio- vinette, insofferenti dei loro coe- tanei immaturi e imbranati e tuttavia a propria volta intima- mente irrisolte. Sono soprattut- to loro a ricercarsi e ritrovarsi in questo tipo di storie, ad assu- merle come eretici ma esempla- ri romanzi di formazione, a ve- dere nei loro personaggi non già incarnazioni di incubi terrifi- ci e agghiaccianti bensì figure salvifiche e sagge, capaci di sur- rogare lacunose figure paterne (la maggior parte delle eroine sonoorfane). Alla resa dei conti, c'è una ragione in questa follia. Vampi- ri, angeli e demoni dovrebbero possedere il dono della cono- scenza, della saggezza e dell' esperienza, se non altro in virtù della propria immemoriale lon- gevità. La pensa così l’adole- scente «novizia vampira» in Un- tamed di PC. & Kristin Cast (Nord). Ne è convinta persino Anne Rice, l'autrice, già nel 1976, di Intervista con il vampiro (uscito nel 1993 da Salani e ap- pena riproposto da Longanesi) e di interi scaffali di vampirolo- gia, la quale ha dichiarato di re- cente, dopo il suo ritorno al cat- tolicesimo, che gli angeli stessi sono i nuovi vampiri, depositari comesonodivirtùesaperianti- chi. Anche se poi il suo ultimo romanzo, ancora inedito da noi, Angel Time, primo episodio del- la saga Songs of the Seraphim, elegge a protagonista un killer mercenario reclutato da un se- rafino, il quale lo spedisce nel Medioevo perché possa redi- mersi.Maquinaturalmente,co- me nel caso della Smith e della Meyer, alle scelte narrative si sovrappongono gradualmente le esigenze del mercato. Non a caso, in concomitanza con l'uscita sugli schermi di Eclipse, la Meyer pubblica La breve se- conda vita di Bree Tanner (Fazi), spin-off del terzo volume della saga, la cui protagonista appar- tiene al temibile ceppo dei «vampiri neonati». Alla manie- ra, in miniatura, del tv serial Buffy l’ammazzavampiri che ha partorito il ciclo parallelo di An- gel, unico vampiro dotato di un' anima. Non sorprende allora che i novissimi della dark fantasy tendano gradualmente a far su- A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ OggiVincenzoGallo dettoVincinoriceve ilPremio«Viareggio Terzapagina-Cesare Garboli».Vignettista perfido,anarchicoche siriconoscevain«Lotta continua»,direttore afineAnniSettanta del«Male»,lapiùferoce testatasatiricaitaliana, questodisegnatore genialeecorrosivo, anchenelsegno volutamentesgorbiato, riceveidealmente iltestimonedella divulgazioneculturale dallemanidiGarboli, unodeipiùfinicritici letterariitaliani.L’asse «Garboli-Vincino» sembrafattoper scandalizzare,inrealtà suonapiuttostocome unaripescaggio dalpassato.Queste provocazioni funzionavanoquando iVincino,gliZac, gliAngese,iForattini, iChiappori,gliAltane gliStaino,emagari Benigni,prendevanodi miraunacultura impettita.Maoggi ilpanoramaculturale italianoègià disarticolato eframmentato, siprovocadasé, simescolacoltrash, sprofondanelpulp:c’è postopertutti,anche perVincino,cheoggi pubblicasul«Corriere dellasera»esul «Foglio»diFerrara, pensachenoncisiano peggioricensori diquelliasinistra ericevea64anni ilpremioche (ingiustamente)nonha maiavuto.Malavera provocazioneper ilViareggiosarebbe trovaregliautentici eredidiGarboli. L’ intrusionedellohorrornelromance,inuna contaminazione che peraltro non esclude lo happy ending, investe persino i classici, a cominciare da Orgoglio e pregiudizio. Che Jane Austenfosseattrattadalgoticoèrisaputo,comedi- mostra L'abbaziadi Northanger;macheilsuoca- polavoro, considerato il modello del rosa moderno del quale anticipò canoni e schemi, potesse trasfor- marsi da love-story in un fantasy alla Bram Stoker pareva davvero improponibile. E invece, dopo Or- goglio e pregiudizio e Zombie di Seth Graham Smith (Nord), mash-up divertito e divertente che impasta il clima della Reggenza con le atmosfere splatter di George A. Romero, la TEA (che alle ri- scritture e ai sequel in chiave giallonera della Au- stendedicabentrecollane: LeindaginidiJaneAu- sten di Stephanie Barron, Le indagini di Mr. e Mrs. Darcy di Carrie Bebris e I romanzi di Fi- tzwilliam Darcy di Pamela Aidan) annuncia ora Mr. Darcy, Vampyre di Amanda Grange, autrice che già si era dilettata a riscrivere Orgoglio e pre- giudizio dal punto di vista di «lui» in Mr. Darcy's Diary, inedito in Italia. La Grange segue i novelli sposi in un imprevisto e imprevedibile viaggio di nozze in Europa durante il quale, come anticipa il titolo, i nostri eroi devono affrontare problemi non da poco, che consentono peraltro a Elizabeth e ai lettori di comprendere perché mai i due non siano subitopassatidall'altarealtalamoeperqualmoti- vo il gentiluomo si ritrovi con uno zio il cui nome è Polidori, il medesimo del dottore amico dei Byron e degliShelleychecon Il vampiro anticipòilpiùrino- matoDracula.Nientepaura,comunque: amorom- niavicit,illietofinerestaassicurato. [r.b.] Continuaapag.II TUTTOLIBRI LA STAMPA NUMERO 1720 ANNO XXXIV SABATO 26 GIUGNO 2010 ALBERTO PAPUZZI VINCE VINCINO PERDE G ARBOLI tutto LIBRI FOTOGRAFIA L’etica e l’immagine A lezione da Scianna Ghirri e Dondero BELPOLITI P. VI DIARIO DI LETTURA Il Millennium di Corsini Tra l’Apocalisse e i gialli nordici QUARANTA P. XI Unafoto diColin Anderson/ Gettyimages, copertina delromanzodi LiliSt.Crown «Ildiariodegli angeli» editoda Newton Compton (trad.di Alberto Frigo, pp.330, e 12,90). Tralealtre novità,sul versante vampiri, «Morsidi ghiaccio» di Richelle Mead (Rizzoli), secondo episodiode «l’Accademia dei vampiri». Gargoyle, che dell’horrorsiè fattacasa storicae filologica, annuncia «Ivampiri diCiudad Juarez» di Clanash Farjeon,già autore delle «Memorie diJacklo Squartatore» p Guide salvifiche per«giovaniadulti» eragazzeinsofferenti deilorocoetanei immaturie imbranati E adesso mordono anche Jane Austen DE LILLO Tra Psycho e Omega Un romanzo da filosofi GORLIER P. II VIE D’ITALIA Po e Piave, storia e mito Da Bacchelli al fiume che non mormorò TESIO-BOATTI P. IX I

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Page 1: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.56

Vampiri e angelivestono in nero

Tendenze Il fascino della «fantasy dark», dalle saghe della Meyere Lisa J. Smith a un nuovo filone di creature alate tenebrose e ribelli:nessun incubo, ma ricerca di sé e dell’amore, con lieto fine garantito

RUGGEROBIANCHI

Grazie allo straordina-rio successo delle saghe di Ste-phenie Meyer (Twilight, Fazi) eLisa Jane Smith (Il diario delvampiro, Newton Compton) li-brerie e sale cinematografichesono più che mai affollate davampiri e zombies, demoni e li-cantropi, angeli caduti e arcanecreature proteiformi di ognisorta che anziché minacciareseducono, anziché terrorizzareattraggono. A celebrarne l'av-vento e a subirne il fascino unpo' perverso non sono tanto icultori del brivido - cui si indiriz-zano piuttosto i vampiri doc dicasa Gargoyle - né della fantasytradizionale quanto i «giovaniadulti» tra i quindici e i trent'an-ni, che di un certo clima contem-poraneo fortemente adolescen-ziale sono gli esponenti piùesposti e indifesi; e in particola-re le sempre più irrequiete gio-vinette, insofferenti dei loro coe-tanei immaturi e imbranati etuttavia a propria volta intima-mente irrisolte. Sono soprattut-

to loro a ricercarsi e ritrovarsiin questo tipo di storie, ad assu-merle come eretici ma esempla-ri romanzi di formazione, a ve-dere nei loro personaggi nongià incarnazioni di incubi terrifi-ci e agghiaccianti bensì figuresalvifiche e sagge, capaci di sur-rogare lacunose figure paterne(la maggior parte delle eroinesono orfane).

Alla resa dei conti, c'è unaragione in questa follia. Vampi-ri, angeli e demoni dovrebberopossedere il dono della cono-scenza, della saggezza e dell'esperienza, se non altro in virtùdella propria immemoriale lon-gevità. La pensa così l’adole-scente «novizia vampira» in Un-tamed di PC. & Kristin Cast(Nord). Ne è convinta persinoAnne Rice, l'autrice, già nel1976, di Intervista con il vampiro(uscito nel 1993 da Salani e ap-pena riproposto da Longanesi)e di interi scaffali di vampirolo-gia, la quale ha dichiarato di re-cente, dopo il suo ritorno al cat-tolicesimo, che gli angeli stessisono i nuovi vampiri, depositaricome sono di virtù e saperi anti-chi. Anche se poi il suo ultimoromanzo, ancora inedito da noi,Angel Time, primo episodio del-la saga Songs of the Seraphim,elegge a protagonista un killermercenario reclutato da un se-rafino, il quale lo spedisce nelMedioevo perché possa redi-mersi. Ma qui naturalmente, co-me nel caso della Smith e dellaMeyer, alle scelte narrative si

sovrappongono gradualmentele esigenze del mercato. Non acaso, in concomitanza conl'uscita sugli schermi di Eclipse,la Meyer pubblica La breve se-conda vita di Bree Tanner (Fazi),spin-off del terzo volume dellasaga, la cui protagonista appar-tiene al temibile ceppo dei«vampiri neonati». Alla manie-ra, in miniatura, del tv serialBuffy l’ammazzavampiri che hapartorito il ciclo parallelo di An-gel, unico vampiro dotato di un'anima.

Non sorprende allora che inovissimi della dark fantasytendano gradualmente a far su-

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Oggi Vincenzo Gallodetto Vincino riceveil Premio «Viareggio

Terza pagina - CesareGarboli». Vignettista

perfido, anarchico chesi riconosceva in «Lotta

continua», direttorea fine Anni Settanta

del «Male», la più ferocetestata satirica italiana,

questo disegnatoregeniale e corrosivo,

anche nel segnovolutamente sgorbiato,

riceve idealmenteil testimone della

divulgazione culturaledalle mani di Garboli,uno dei più fini critici

letterari italiani. L’asse«Garboli - Vincino»

sembra fatto perscandalizzare, in realtà

suona piuttosto comeuna ripescaggio

dal passato. Questeprovocazioni

funzionavano quandoi Vincino, gli Zac,

gli Angese, i Forattini,i Chiappori, gli Altan e

gli Staino, e magariBenigni, prendevano di

mira una culturaimpettita. Ma oggi

il panorama culturaleitaliano è già

disarticolatoe frammentato,

si provoca da sé,si mescola col trash,

sprofonda nel pulp: c’èposto per tutti, ancheper Vincino, che oggi

pubblica sul «Corrieredella sera» e sul

«Foglio» di Ferrara,pensa che non ci siano

peggiori censoridi quelli a sinistra

e riceve a 64 anniil premio che

(ingiustamente) non hamai avuto. Ma la vera

provocazione peril Viareggio sarebbetrovare gli autentici

eredi di Garboli. L’intrusione dello horror nel romance, in unacontaminazione che peraltro non esclude lohappy ending, investe persino i classici, a

cominciare da Orgoglio e pregiudizio. Che JaneAusten fosse attratta dal gotico è risaputo, come di-mostra L'abbazia di Northanger; ma che il suo ca-polavoro, considerato il modello del rosa modernodel quale anticipò canoni e schemi, potesse trasfor-marsi da love-story in un fantasy alla Bram Stokerpareva davvero improponibile. E invece, dopo Or-goglio e pregiudizio e Zombie di Seth GrahamSmith (Nord), mash-up divertito e divertente cheimpasta il clima della Reggenza con le atmosferesplatter di George A. Romero, la TEA (che alle ri-scritture e ai sequel in chiave giallonera della Au-sten dedica ben tre collane: Le indagini di Jane Au-sten di Stephanie Barron, Le indagini di Mr. e

Mrs. Darcy di Carrie Bebris e I romanzi di Fi-tzwilliam Darcy di Pamela Aidan) annuncia oraMr. Darcy, Vampyre di Amanda Grange, autriceche già si era dilettata a riscrivere Orgoglio e pre-giudizio dal punto di vista di «lui» in Mr. Darcy'sDiary, inedito in Italia. La Grange segue i novellisposi in un imprevisto e imprevedibile viaggio dinozze in Europa durante il quale, come anticipa iltitolo, i nostri eroi devono affrontare problemi nonda poco, che consentono peraltro a Elizabeth e ailettori di comprendere perché mai i due non sianosubito passati dall'altare al talamo e per qual moti-vo il gentiluomo si ritrovi con uno zio il cui nome èPolidori, il medesimo del dottore amico dei Byron edegli Shelley che con Il vampiro anticipò il più rino-mato Dracula. Niente paura, comunque: amor om-nia vicit, il lieto fine resta assicurato. [r. b.]Continua a pag. II

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

NUMERO 1720ANNO XXXIVSABATO 26 GIUGNO 2010

ALBERTO PAPUZZI

VINCEVINCINO

PERDEGARBOLI

tuttoLIBRI

FOTOGRAFIA

L’eticae l’immagineA lezione da SciannaGhirri e DonderoBELPOLITI P. VI

DIARIO DI LETTURA

Il Millenniumdi CorsiniTra l’Apocalissee i gialli nordiciQUARANTA P. XI

Una fotodi Colin

Anderson/Gettyimages,

copertinadel romanzo diLili St. Crown

«Il diario degliangeli»

edito daNewton

Compton(trad. di

Alberto Frigo,pp. 330,

€ 12, 90).Tra le altrenovità, sul

versantevampiri,

«Morsi dighiaccio» di

Richelle Mead(Rizzoli),

secondoepisodio de

«l’Accademiadei vampiri».Gargoyle, che

dell’horror si èfatta casa

storica efilologica,annuncia

«I vampiridi Ciudad

Juarez» diClanash

Farjeon, giàautore delle

«Memoriedi Jack lo

Squartatore»

p

Guide salvificheper «giovani adulti»e ragazze insofferentidei loro coetaneiimmaturi e imbranati

E adesso mordono anche Jane Austen

DE LILLO

Tra Psychoe OmegaUn romanzoda filosofiGORLIER P. II

VIE D’ITALIA

Po e Piave,storia e mitoDa Bacchelli al fiumeche non mormoròTESIO-BOATTI P. IX

I

Page 2: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: LUCRUV - Ora di stampa: 26/06/10 00.59

DeLillo Un romanzo filosofico ispiratoa Teilhard de Chardin e Hitchcock

CLAUDIOGORLIER

È il 2006, e al Mu-seum of Modern Art di NewYork un uomo assiste, nel buiodi un auditorio, alla proiezionedi 24 Hour Psycho, una videoin-stallazione di Douglas Gordon,in cui il classico, perturbantefilm di Hitchcock si dilata in unmuto, appunto, di 24 ore. Ini-zia così, e si chiude, il contur-bante romanzo di Don DeLilloPunto omega. Il solitario spetta-tore è un giovane e problemati-co cineasta, Jim Finley, il qua-le si propone di registrare unvideo, con protagonista l’anzia-no Richard Elster, personag-gio - è il caso a dirlo - con unpassato ambiguo e sotto certiaspetti torbido, visto che, con-sulente del Pentagono, ha so-stenuto una parte attiva nel-l’invasione dell’Iraq.

Da Elster, Finley vorrebbeuna vera e propria videocon-fessione, che saremmo tentatidi definire un videotestamen-to, un lascito degno di Hi-tchcock. Elster è, notate, un in-tellettuale, uno studioso, e que-sta sua personalità conferireb-be al film un fascino insieme re-alistico e simbolico, crudamen-te disinibito. Ma Elster non nevuol sapere, e i due si trasferi-scono in California, nel deser-

to prossimo a San Diego, par-lando quasi ininterrottamen-te, per lo più seduti sul terraz-zo di casa Elster, bevendo, ac-carezzati dalla brezza.

Elster non crede al valoredella parola, poiché «la vita ve-ra non si può ridurre a paroledette o scritte». Ciò che davve-ro conta è il tempo, inteso co-me una esistenziale, fonda-mentale percezione dell’istan-te, reale e insieme profonda-mente dimenticato. Nulla me-glio del deserto del Sonora puòrappresentarlo: si può viverlo

e dimenticarlo, se ne può tocca-re l’estremo, il punto Omega, equi si definisce la struttura filo-sofica del romanzo, mutuata dalfilosofo francese Teilhard deChardin, la cui visione religiosa,neotestamentaria, nel segno delCristo creatore e della visionepaolina, postula un fine divino ilcui traguardo egli definisce, sin-teticamente, «punto omega».

DeLillo manipola così, si sa-rebbe tentati di dire, il fattorenarrativo vero e proprio ma lotrascende, addirittura nella suaquotidianità. Elster lo cita alme-no un paio di volte.

Sopravviene, improvvisa-mente, una giovane donna, figliadi Elster, Jessie, di cui sapremola tormentata personalità soloquando, inspiegabilmente,

scomparirà nel deserto, alla ri-cerca di se stessa o forse addirit-tura della morte. Di certo, Jes-sie entra a far parte della pro-spettiva filmica del libro, dove lavisione e la parola convivono.Sappiamo da Jessie, diremmoemblematicamente, che ama ivecchi film presentati in tv, doveun uomo accende la sigaretta diuna donna. Chiaramente, nonmeno del padre è un personag-gio cinematografico.

No, Elster non si presterà acomparire in un film, e resteran-no le domande sulla scomparsadi Jessie. Resteranno, soprattut-to, le raffigurazioni di Psycho, ilfilm che ha originato l’incontrotra i due, e che, specularmente,chiuderà il romanzo come loaveva aperto, con il ritorno diFinley a New York, superato or-mai, o più verosimilmente acqui-sito, introiettato, il punto ome-ga. Si incontrano lo spazio e iltempo, ma segnatamente la pa-rola, così reale, così effimera,quanto può valere in un roman-zo che rimette in gioco l’ideastessa di romanzo.

MASOLINOD’AMICO

La cittadina gallese diHay-on-Wye, proprio al confinecon l’Inghilterra, deve la sua at-tuale prosperità all’essere di-ventata un enorme centro dicompravendita di libri usati,meta di turisti attirati dai più ditrenta pittoreschi negozi e daun festival letterario. Tutto que-sto cominciò nel 1977, quando ilpiù intraprendente dei piccoli li-brai antiquari locali, RichardBooth, proclamò pubblicamen-te l’indipendenza della città e sestesso come sovrano del nuovoregno, reclamando anche il di-ritto di battere moneta. Ovvia-mente nessuno prese sul seriole stravaganti dichiarazioni,ma i giornali diedero loro moltorilievo, e la pubblicità mise inmoto verso Hay un flusso di cu-riosi e di turisti bibliofili chenon si sarebbe più arrestato.

Uno di costoro, agli inizi delnostro secolo, fu il simpaticogiovane scrittore nonché inna-morato della carta stampata

Paul Collins, americano figlio diinglesi che un bel giorno sentì ilrichiamo delle origini e quasi dipunto in bianco decise di cam-biare radicalmente l’esistenzapropria, della paziente moglie edel figlioletto, trasferendosi daSan Francisco, dove la vita eradiventata sempre più cara,nientemeno che nel villaggio di-ventato la Mecca dei suoi corre-ligionari. Anzi, più che una Mec-ca, il Paradiso: per Collins, cheaveva avuto occasione di visita-re Hay in precedenza, questoluogo lontano da tutto mettevainsieme come nessun altro lapossibilità illimitata di cercareprelibatezze dimenticate den-

tro montagne di libri vecchi conuna pittoresca quiete rurale, os-sia aria buona, costi contenuti,sapori genuini, incantevoli dimo-re antiche con travi a vista e lindigiardinetti.

Il racconto della sua esperien-za, durata circa un anno, ridimen-siona bonariamente entrambequeste illusioni. Di libri in effetti aHay ce ne sono a tonnellate, scari-cati lì da robivecchi di tutto ilmondo e comprati a peso; ma nes-

suno dei commercianti del luo-go, a cominciare dal surricorda-to Richard Booth, signorotto delcastello locale, bada minimamen-te ai loro contenuti. Booth stessoingaggiaCollins perché gli mettain ordine il settore americano,ma poi non presta la minima at-tenzione al risultato, e quandoCollins si imbatte in qualchetrouvaille di valore e lealmentela segnala, più che indifferentesembra addirittura infastidito.

Neanche il lato bucolico, dalcanto suo, si rivela all’altezzadelle premesse. Sì, Hay conti-nua a mostrare ai turisti unaspetto accogliente, per quantosempre più fasullo, da VecchiaInghilterra (o Galles) delle carto-line; ma gli abitanti sono diven-tati avidi, e il prezzo delle abita-zioni è salito senza che ciò com-porti un ammodernamento del-le trafile riguardanti la compra-vendita, rimaste primitive e di-scretamente truffaldine.

A sostenere il nuovo arrivatonelle sue disavventure resta ilsuo incrollabile amore per quelloche nessuno legge più. Abituatofino dall’infanzia a divorare sen-za metodo qualunque pubblica-zione gli capiti a tiro, Collins hacosì un inesauribile repertorio dicitazioni inconsuete e di informa-zioniantiquate, di cui si serve percommentare o per movimentarecon incisi sempre divertenti epi-sodi porti con quell’umorismo se-reno e ottimista che si aspettanoi suoi lettori, ormai discretamen-te numerosi anche da noi.

bentrare ai più classici «figlidella notte» un'ampia e artico-lata galleria di angeli. I qualisoltanto in pochi casi sono an-geli custodi o comunque crea-ture della luce e assai più difrequente sono angeli cadutipiù o meno in cerca di riscattoo angeli enigmatici e ambiguiil cui referente pare essere Ne-mesis, l'Angelo dell'Apocalissidello pseudo-Dionigi, con un'ala bianca e l'altra nera e nellamano una spada senza lamache ha il potere del bene e delmale. Da noi l'editore Salanine offre una ricchissima gam-ma. Due candele per il Diavolodella spagnola Laura Gallego,ad esempio, storia della figliadi un angelo che s'innamora diun demone fascinoso il cui no-me è, guarda caso, Angel. O Ilcustode di Freya di Cliff Mc-Nish (titolo originale Angel!)

nel quale una fanciulla ossessio-nata fin da piccola da visioni diangeli vuoi luminosi vuoi tene-brosi scopre infine di essere an-gelica lei stessa. O ancora Laprofezia delle inseparabili di Mi-chelle Zink, una saga che siapre su due gemelle eticamentee metafisicamente conflittuali eprosegue con il ritorno sulla ter-ra degli angeli ribelli.

Newton Compton non è cer-to da meno. Il suo ricchissimocatalogo spazia da Il diario degliangeli di Lily St. Crow, primoepisodio della saga Strange An-gels, la cui eroina, avventurosae coriacea orfanella, si misuracon zombies, licantropi e dham-pir (creature per metà umane eper metà vampiri), in attesa discoprire la propria vera naturae il mondo cui davvero appartie-ne; alla trilogia Baciata da un an-gelo di Elizabeth Chandler, nel-

la quale la protagonista si ritro-va accanto come guardian angelil ragazzo amato, morto in un in-cidente stradale.

E gli altri editori non si tira-no indietro. Piemme presenta Ilbacio dell’angelo caduto di Becca

Fitzpatrick, la cui eroina è pro-babilmente, lei pure, un angelo.Mondadori offre spazio a Angeldell'italiana Dorotea De Spirito,nel quale un'angelica creaturadi stanza a Viterbo in una segre-ta e paciosa comunità di angeli,pur handicappata dalla man-canza delle ali d'ordinanza, in-

treccia una rischiosa love-storycon un demone quanto mai at-traente. Rizzoli lancia Un ange-lo tra i capelli di Lorna Byrne,una donna che gli angeli, dice, livede davvero e con loro parla;in simbiosi con Fallen di LaurenKate,già in classifica, romanti-ca e dolente vicenda di un ange-lo caduto, condannato perl'eternità a innamorarsi dellamedesima fanciulla umana, suaanima gemella, e a perderlaogni volta nel corso delle sue pe-riodiche reincarnazioni (e perNatale già è annunciata la se-conda puntata, Torment). Echissà chi si è accaparrato la tri-logia Angelology dell'italoameri-cana Danielle Trussoni, ispira-ta alla Genesi e all'apocrifo Eno-ch, i cui protagonisti sono i Nefi-lim, giganteschi e oscuri angelicaduti che in mitici tempi si ac-coppiavano con le figlie degli uo-

mini. Un ciclo fantasy che, a det-ta di taluni critici d'Oltreocea-no, diventerà un best-seller allaDan Brown, che in Angeli e de-moni ha confinato nel titolo lepresenze diaboliche e celesti.

Dark Angels, Nefilim, Ne-mesis e schiere infinite di ange-li caduti di matrice non solo bi-blica (come ha documentato,tra filosofia e letteratura, lamonumentale antologia Angeli.Ebraismo, Cristianesimo, Islama cura di Agamben e Coccia,edita da Neri Pozza), sono in-somma i protagonisti presso-ché incontrastati di una nuovafantasy nella quale regnano fit-te le tenebre e ben pochi spazidi luce s'intravedono. Con rareeccezioni, gli angeli custodi del-la nostra infanzia sono scom-parsi, sostituiti da creature ar-cane e inquietanti dalle qualituttavia i giovani protagonisti

e i giovani lettori sono ansiosidi farsi guidare e di apprende-re, accettandone la sapienzaantica e spesso enigmatica-mente terribile. Un'opzione de-cisamente irrituale, forse, perconvincerci e soprattutto con-vincersi che, alla resa dei con-ti, questo nostro mondo non è(non può, non deve essere) unpaese per vecchi.

DARIOVOLTOLINI

Berna Lisbona Buca-rest Parigi Tallin Vienna Bra-tislava Budapest Praga LaValletta Atene Lussembur-go… Ogni capitolo del Granderomanzo europeo di Koen Pee-ters reca come titolo il nomedi una capitale, ma il contenu-to del capitolo si lega ad essain modi molto variati, cioè nonnecessariamente l'azione sisvolge nel luogo menzionato.

Più spesso ci troviamo an-zi in un ufficio di Bruxelles, do-ve il narratore, un circa tren-tenne di nome Robin, o il suocapo, un circa settantenne dinome Theo, vivono la fase ter-minale di un'azienda sofistica-ta, tra il commerciale, il tecno-logico e il finanziario. ProprioTheo commissiona al brillan-te Robin un'indagine su cosasia o possa essere il significatodi Europa, con la scusa diidentificare una mutazionenel tipo di mercato che l'Euro-pa è ma con l'intento di sguin-zagliare il suo giovane alter

ego sulle tracce di uno spiritoeuropeo intravisto in gioven-tù. Uno spirito tremendo,quello visto da Theo. Uno spi-rito annoiato e superficiale,pur nella raffinatezza cultura-le e tecnologica, quello con cuia prima vista avrà a che fareRobin.

… Belgrado Riga VilniusDublino Helsinki StoccolmaLubiana Nicosia CopenhagenRoma Londra Tirana… A po-co a poco però i fili apparente-mente inerti dell'europeità siintersecano nella Moleskinedi Robin, le varietà del coacer-vo europeo si stemperano in

un'onda lunga fatta di sensuali-tà quasi sommerse, silenti, per-lopiù potenziali (ma Houellebe-cq e Peeters vivono nello stessocontinente?) e soprattutto il ca-otico fogliame si rivela, di ramoin ramo, connesso con un tron-co unico e fermo. L'alter ego Ro-bin si avvicina, non tanto cultu-ralmente quanto emotivamen-te, al nucleo nero dell'Europa,vale a dire al genocidio degliEbrei. Peeters qui abbandona

la patina un po' meccanica dellacomposizione narrativa per sa-lire di un tono ed entrare inqualcosa di più opaco rispettoalle riunioni commerciali e ge-stionali dell'Europa economica,ma di più vivo.

…Varsavia Podgoritsa Sa-rajevo Skopje Oslo Berlino So-fia Zagabria Bruxelles MadridAmsterdam Ankara… C'è spa-zio per una vicenda d'amore,bella e paradossalmente narra-ta con infinita timidezza, nellaquale avvertiamo però la me-desima vibrazione di fondoche accompagna tutte le vicen-de qui narrate, dalle riunionicon powerpoint ai voli interna-zionali, ai flirt, alle storie delpassato di Theo, al suo abban-donare l'azienda, al ritiro, allafine. Ed è una vibrazione fattadi tristezza.

Probabilmente l'emozionedi fondo dell'Europa è proprioquesta, la tristezza. Non soloper ciò che è passato, nemmenoper quello che si è rivelato illu-sorio nell'invenzione stessa delconcetto recente di Europa, mapersino per il futuro: strano,prezioso risultato di Peeters,collegare la tristezza al futurodandolo per certo anziché perimpossibile. Interessante an-che il fatto che la media delleetà di Theo e di Robin dia quelladi Peeters stesso, un cinquan-tenne il cui punto di vista, ben-ché impressionante quanto aramificazioni, è univoco, netto elucidamente vitreo.

MARIOBAUDINO

E’ possibile dipingered’un uomo ormai scomparso, adistanza di anni, un ritratto«sincero, appassionato, fede-gno» che poi qualcuno metteràsu carta? Anzi, è possibile com-piere un’operazione del genereper chiunque, vivo o morto? Al-berto Manguel ne dubita al pun-to tale che su questo interroga-tivo ha scritto Tutti gli uominisono bugiardi, il suo ultimo e for-se anche primo romanzo propo-sto ai lettori italiani, che cono-scono l’autore attraverso la suamagnifica Storia della lettura ol-tre a una serie di libretti prezio-si, colti e lunatici pubblicati daNottetempo (Il ritorno è il piùrecente).

Giovane amico di Borges esuo lettore ad alta voce negli an-ni della cecità, Manguel non neè certo un epigono, anche se i li-bri, in filigrana, spesso riman-dano a lui. In questo, lo stesso ti-tolo del romanzo che uno scial-bo esule argentino scrisse in

carcere tra le torture (e già do-vremmo dire: forse scrisse) poipubblicato in Spagna come un in-commensurabile capolavoro, ri-corda l’autore di Elogio dell’om-bra. Qui è in gioco un Elogio dellamenzogna, attribuito a AlejandroBevilacqua, suicida nella notteche seguì la presentazione del-l’opera in una libreria madrilena,e suicida proprio dal balcone diun personaggio che si chiama Al-berto Manguel, ospite recalci-trante allora, interlocutore altret-tanto poco entusiasta adesso

d’un giornalista che vorrebbescrivere la vera storia dello scom-parso.

«Per essere sincero con lei,non ho voluto conoscerlo davve-ro», è la sua premessa. Bevilac-qua era una sorta di logorroicoscocciatore, nei giorni madrileniquando il personaggio-Manguelfrequentava la comunità degliesuli argentini. Come abbia fattoa scrivere un gran libro - peraltroora dimenticato - è un mistero.Tutto qui? Non proprio. Altri di-cono di saper benissimo come fe-

ce: per esempio il (sedicente) ve-ro autore, che glielo consegnò inuna buia cella perché lo portassein salvo. Altri ancora non cono-scono i fatti nei particolari ma so-no sicuri che Bevilacqua era ungrand’uomo, un vero artista: co-me la donna che lo amò, trovò il li-bro in una sacca da viaggio e lo fe-ce pubblicare senza dirgli nullafin quando non fu pronta la pri-ma copia.

La (allora) giovanissima An-drea ha idee ben precise sia suBevilacqua sia su Manguel (sulpersonaggio o sull’autore?). «Al-berto Manguel è un imbecille», di-ce al giornalista. Per lui «nulla ècerto a meno che lo legga scrittoin un libro». Le voci che racconta-no ciascuna la propria verità so-no quattro, diverse anche stilisti-camente, modulate secondo unapropria cifra. C’è persino un testi-mone morto avvelenato (e anchequi dovremmo aggiungere: for-se) che rende la sua deposizioneinfilandosi nei sogni di qualcuno.E c’è infine il giornalista cui nonresta che giustapporre le versio-

ni e confessare il proprio falli-mento.

Di Bevilacqua, del «vero» Be-vilacqua, alla fine non sapremonulla proprio perché sappiamotroppo. In compenso, quello chea tutti gli effetti è un giallo, conun trama che riserva sorprese ecolpi di scena, proprio attraversole «menzogna» ci racconta qual-

cosa di «vero», che sfugge al for-se, all’opinabilità della memoria:sono gli anni della dittatura mili-tare argentina, degli arresti, del-le torture, dei desaparecidos. Glianni, appunto, della menzognaelevata a sistema di vita, di mortee di sopravvivenza. Solo intornoad essa, suggerisce assai persua-sivamente Tutti gli uomini sonobugiardi, è possibile scrivere.

IL NOIRPIERO SORIA

Delitti nel grigiogolfo del petrolio

«Galveston» di Nic Pizzolatto: fascinoe malinconia di un thriller on the road

La menzognagiù dal balcone

Manguel Un «giallo» alla Borges,4 voci, 4 versioni per un suicidio

RUGGERO BIANCHI

Nel «Grande romanzo»un coacervo di identità,il nucleo nerodell’Olocausto,una storia d’amore

E’ la tristezzal’inesauribilefilo d’Europa

Cercando la vitatra Psychoe il punto omega

«Al Paese dei libri»:un incrollabileamore per quello chenessuno legge più,fra mille disavventure

Se mai avete viaggiatodalla Louisiana alTexas, su quei tratti di

costa di confine illuminatigiorno e notte dall’arancioacre delle luci al magnesio checolorano un mare sterminatodi raffinerie e trivelle off sho-re, pieno di uomini rudi dallemani sporche di petrolio, dipiccoli grandi gangster e diputtane sempre pronte a de-predarli delle loro buste pagaoffrendo vizi e svaghi a una vi-ta piena di fumi e solitudini,ritroverete tutti i tratti dellastraordinaria fotografia cheNic Pizzolatto ci ha scattatonella sua affascinante Galve-ston (trad. di Giuseppe Ma-nuel Brescia, Mondadori Stra-de Blu, pp. 266, € 17.50).

La sua è una nera storiaon the road, lunga solo qual-che centinaia di chilometri,ma densa di ironica amarez-za, di occasioni perdute e didestini che si incrociano senzamai incontrarsi davvero allafine degli Anni 80. Il protago-nista è un tal Roy Cady, delin-quente di mezza tacca al sol-do di Stan, malavitoso di NewOrleans che gli ha appena sof-fiato la donna e che lo usa co-me mazza da baseball per con-vincere renitenti al pizzo o«soldati» con la cresta troppoalta. L’ultimo suo compito èquello di «far visita» a un cer-to Sienkiewicz, in coppia conl’infido Angelo, fatto di per ségià sospetto. Ma Roy non se

ne cura, il suo destino ormainon gli interessa più. Ha appe-na ricevuto dal medico un re-sponso indigesto: cancro, po-chi mesi di vita. Indifferente,entra dunque nella casa pron-to ad eseguire il suo compitoe, nel volgere di qualche secon-do, si ritrova in mezzo a unostuolo di cadaveri, compresidue killer inattesi. Era unatrappola: Stan lo voleva mor-to, forse a causa di Carmen,la ex. Ma il suo istinto di so-pravvivenza ha avuto la me-glio. Mentre si impadroniscedi una cartellina piena di do-cumenti scottanti sente dei ge-miti: sono di Rocky Arcenaux,giovane prostituta che lo sup-plica: «Non uccidere ancheme, portami via». Già, perchéla fuga sembra davvero l’ulti-ma opzione per entrambi.

Ed è così che inizia lablack favola sulla via di unaGalveston immaginata comeisola felice, lunghe passeggia-te sulla spiaggia e acre profu-mo d’oceano in attesa della si-gnora con la falce, anche seper strada si aggiunge un per-sonaggio inatteso: una bambi-na di tre anni, emersa d’incan-to dal misterioso passato diRocky. Il fato però è clementecon Roy, non se lo ghermisce elo porta - vent’anni dopo - a ri-vivere minuziosamente queigiorni e quel viaggio con laconsapevolezza di chi, pur es-sendo sopravvissuto, in fondoè morto lo stesso.

C’è in Gallesuna montagnadi inchiostro

«Tutti gli uomini sonobugiardi»: uno scrittoree il suo capolavororimosso nell’Argentinadei desaparecidos

pp Koen Peetersp GRANDE ROMANZO EUROPEOp trad. di Andrea L. Carbonep :duepunti edizioni, pp. 347, € 15

IL TASCABILE: «LEGGIADRASTELLA»

Così Keats scriveva a Fanny= Come al solito, ci vuole l'uscita celebrata di un film, comeBright Star di Jane Campion, per rievocare una delle coppiepiù celebri della letteratura romantica. La breve parabolaamorosa vissuta da John Keats, quando ancora non facevaparte dell’eletto trio con Byron e Shelley, per ladiciannovenne, vicina di casa, Fanny Browne. Il recentedocumentato libro omonimo di Elido Fazi su quegli anniappassionati non può certo competere con le invenzionistoriche della regista australiana. Ma per comprendere quellavicenda è consigliabile avvicinare proprio le lettere d'amoreche il poeta scrisse a Fanny tra il 1819 e il 1820, poco prima del

viaggio in Italia che gli costò la vita. Lettere che ora Archintoriedita in una striminzita selezione (Leggiadra stella, pp. 83,€ 10,50) con prefazione estremista di Nadia Fusini che giàaveva curato l’edizione più completa anni fa per gli OscarMondadori. Qui, e non altrove, il lettore può cogliere appienoil legame tra il poeta e una giovane donna che non potevaessergli destinata, e non solo per ragioni di censo. L'ambiguitàdi questa passione, il suo continuo bisogno di affermarsi afronte di un nucleo di sostanziale solitudine, la sua identità dimalato consapevole, rendono questi testi vivi, lontani daqualsiasi convenzione, come lanciati in un tempo eterno,deserto, spogliato di futuro e di un melanconico presente.Per queste ragioni le lettere subirono condanna immediata,quando il figlio di Fanny, alla sua morte, decise di pubblicarle.

Anche la donna fu sottoposta a un giudizio durissimo, comese non fosse stata all'altezza di quell’amore, quasi colpevole diessere umana al cospetto di una mente dedicata alla purezzadella poesia. Solo molti anni dopo, e in altre temperieculturali, T. S. Eliot restituì loro il valore che meritano.La cronaca di un amore che ispirò a Keats le sue odi più belle ei sonetti mandati a memoria da sempre, come appunto il LVII«Se fossi costante come te, fulgida stella...». Un amore fattosolo di sentimento e quindi, per sua natura, volubile,angosciante, a tratti spaventoso. «Dio non voglia che noi “cisistemiamo”, ossia diventiamo una palude, un Letestagnante, in una piazzetta a semicerchio, una misera fila diedifici. Meglio essere mobili imprudenti che infissi prudenti».

Camilla Valletti

pp Alberto Manguelp TUTTI GLI UOMINI SONO BUGIARDIp trad. di E. Liveranip Feltrinelli, pp. 171, € 14

pp Don DeLillop PUNTO OMEGAp trad. di Federica Acetop Einaudi, pp. 118, € 18,50

NUOVIRACCONTIDI GEORGESAUNDERS

A New York tutto è in vendita= Già autoredella superba raccoltaPastoralia, GeorgeSaunders torna con i dodici raccontidi Nel paesedellapersuasione (minimumfax, trad.di Cristiana Mennella,pp. 228, € 15), che confermano la sua cifra trasgressivaesurrealeal servizio di una scrittura carica di humormavibrantedi sgomento per la cinicamodernità. In «Jon» unacomunitàdi orfani, cui però sono stati impiantati dei ricordifasulli di genitori e vite felici, viene utilizzataper testareprodotti farmacologici: sono proibiti l'amore e il sesso, eogni loro emozionedeve derivare dalle sostanze assunte,fino a che Jon e Carolyn non pretendonodi uscire dal centro

per vivere la loro passione: «Forse possiamodiventarenormali, e sederci in veranda la sera... e quando guardiamole stelle e la luna è perché ci va di farlo». In «ll mio estrosonipotino»un nonnoaccompagna il nipote gay a unacommedia in una New York totalmentecontrollata dallapubblicità:basta poggiare il piede in un dato spazio e siattiva un Lettore, e una suadentevoce tenta di vender loroqualcosadi cui dovrebbero averbisogno, dal caffèall'ultimaversione del Nintendo,provocando i pensierianarchicidel nonno: «L’America,per me, dovrebbe essereun vocio continuo,un sacco di voci che strillano, quasisemprecose sbagliate...ma per favore,non una vocemonotonache t’incantaparlando in tono ragionevole». In«Polacche», forse il miglior pezzo della raccolta, due

anziane donneebree - una apparentementemansuetael'altra scorbutica - raccontanoversioni dell’Olocausto moltodifferenti, fino alla squallida verità, che ovviamentequi nonriveliamo.Poi gorilla utilizzati come cavie,dispute sul lavoroche scoppiano in tragedia, una sitcom live 24 ore su 24dallaquale vienecacciato unodei protagonisti troppoaltruista,un orso polare stancodi recitare la stessa scena inunapubblicità in cui vienepreso ad accettate in testa evuole capire chi e cosa è Dio... Nei presuppostidi questimagnifici racconti tutto è in vendita, tutto è scelleratoperciòadatto ai nostri tempi, tuttoè assurdamenteordinario, fino a che qualcosao qualcunotenta la via piùcomplessa: essere genuino,umano. E la storia esplode. ChristianFrascella

pp Paul Collinsp AL PAESE DEI LIBRIp trad. di Roberto Serraip Adelphi, pp.216, € 19

Vampiri e angeli, tutti in nero

Collins Da San Francisco al villaggiodegli antenati, sul filo della bibliofilia

Un consulentedel Pentagono, chesa tutto sull’invasionedell’Iraq, un passatoambiguo nell’ombra

Non più creaturedella luce, personaggienigmatici e ambiguiche possiedono peròun’antica sapienza

Segue da pag. I

Peeters Un’indagine tra ieri e oggi,stando fermi in un ufficio di Bruxelles

Un’immagine dall’album «Eclipse» (Fazi)

p

Janet Leigh in una scena clou di «Psycho», il film «colonna visiva» nel romanzo di DeLillo

Narrativa stranieraIITuttolibri

SABATO 26 GIUGNO 2010LA STAMPA III

R

Page 3: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.56

De Lillo Un romanzo filosofico ispiratoa Teilhard de Chardin e Hitchcock

CLAUDIOGORLIER

È il 2006, e al Mu-seum of Modern Art di NewYork un uomo assiste, nel buiodi un auditorio, alla proiezionedi 24 Hour Psycho, una videoin-stallazione di Douglas Gordon,in cui il classico, perturbantefilm di Hitchcock si dilata in unmuto, appunto, di 24 ore. Ini-zia così, e si chiude, il contur-bante romanzo di Don DeLilloPunto omega. Il solitario spetta-tore è un giovane e problemati-co cineasta, Jim Finley, il qua-le si propone di registrare unvideo, con protagonista l’anzia-no Richard Elster, personag-gio - è il caso a dirlo - con unpassato ambiguo e sotto certiaspetti torbido, visto che, con-sulente del Pentagono, ha so-stenuto una parte attiva nel-l’invasione dell’Iraq.

Da Elster, Finley vorrebbeuna vera e propria videocon-fessione, che saremmo tentatidi definire un videotestamen-to, un lascito degno di Hi-tchcock. Elster è, notate, un in-tellettuale, uno studioso, e que-sta sua personalità conferireb-be al film un fascino insieme re-alistico e simbolico, crudamen-te disinibito. Ma Elster non nevuol sapere, e i due si trasferi-scono in California, nel deser-

to prossimo a San Diego, par-lando quasi ininterrottamen-te, per lo più seduti sul terraz-zo di casa Elster, bevendo, ac-carezzati dalla brezza.

Elster non crede al valoredella parola, poiché «la vita ve-ra non si può ridurre a paroledette o scritte». Ciò che davve-ro conta è il tempo, inteso co-me una esistenziale, fonda-mentale percezione dell’istan-te, reale e insieme profonda-mente dimenticato. Nulla me-glio del deserto del Sonora puòrappresentarlo: si può viverlo

e dimenticarlo, se ne può tocca-re l’estremo, il punto Omega, equi si definisce la struttura filo-sofica del romanzo, mutuata dalfilosofo francese Teilhard deChardin, la cui visione religiosa,neotestamentaria, nel segno delCristo creatore e della visionepaolina, postula un fine divino ilcui traguardo egli definisce, sin-teticamente, «punto omega».

DeLillo manipola così, si sa-rebbe tentati di dire, il fattorenarrativo vero e proprio ma lotrascende, addirittura nella suaquotidianità. Elster lo cita alme-no un paio di volte.

Sopravviene, improvvisa-mente, una giovane donna, figliadi Elster, Jessie, di cui sapremola tormentata personalità soloquando, inspiegabilmente,

scomparirà nel deserto, alla ri-cerca di se stessa o forse addirit-tura della morte. Di certo, Jes-sie entra a far parte della pro-spettiva filmica del libro, dove lavisione e la parola convivono.Sappiamo da Jessie, diremmoemblematicamente, che ama ivecchi film presentati in tv, doveun uomo accende la sigaretta diuna donna. Chiaramente, nonmeno del padre è un personag-gio cinematografico.

No, Elster non si presterà acomparire in un film, e resteran-no le domande sulla scomparsadi Jessie. Resteranno, soprattut-to, le raffigurazioni di Psycho, ilfilm che ha originato l’incontrotra i due, e che, specularmente,chiuderà il romanzo come loaveva aperto, con il ritorno diFinley a New York, superato or-mai, o più verosimilmente acqui-sito, introiettato, il punto ome-ga. Si incontrano lo spazio e iltempo, ma segnatamente la pa-rola, così reale, così effimera,quanto può valere in un roman-zo che rimette in gioco l’ideastessa di romanzo.

MASOLINOD’AMICO

La cittadina gallese diHay-on-Wye, proprio al confinecon l’Inghilterra, deve la sua at-tuale prosperità all’essere di-ventata un enorme centro dicompravendita di libri usati,meta di turisti attirati dai più ditrenta pittoreschi negozi e daun festival letterario. Tutto que-sto cominciò nel 1977, quando ilpiù intraprendente dei piccoli li-brai antiquari locali, RichardBooth, proclamò pubblicamen-te l’indipendenza della città e sestesso come sovrano del nuovoregno, reclamando anche il di-ritto di battere moneta. Ovvia-mente nessuno prese sul seriole stravaganti dichiarazioni,ma i giornali diedero loro moltorilievo, e la pubblicità mise inmoto verso Hay un flusso di cu-riosi e di turisti bibliofili chenon si sarebbe più arrestato.

Uno di costoro, agli inizi delnostro secolo, fu il simpaticogiovane scrittore nonché inna-morato della carta stampata

Paul Collins, americano figlio diinglesi che un bel giorno sentì ilrichiamo delle origini e quasi dipunto in bianco decise di cam-biare radicalmente l’esistenzapropria, della paziente moglie edel figlioletto, trasferendosi daSan Francisco, dove la vita eradiventata sempre più cara,nientemeno che nel villaggio di-ventato la Mecca dei suoi corre-ligionari. Anzi, più che una Mec-ca, il Paradiso: per Collins, cheaveva avuto occasione di visita-re Hay in precedenza, questoluogo lontano da tutto mettevainsieme come nessun altro lapossibilità illimitata di cercareprelibatezze dimenticate den-

tro montagne di libri vecchi conuna pittoresca quiete rurale, os-sia aria buona, costi contenuti,sapori genuini, incantevoli dimo-re antiche con travi a vista e lindigiardinetti.

Il racconto della sua esperien-za, durata circa un anno, ridimen-siona bonariamente entrambequeste illusioni. Di libri in effetti aHay ce ne sono a tonnellate, scari-cati lì da robivecchi di tutto ilmondo e comprati a peso; ma nes-

suno dei commercianti del luo-go, a cominciare dal surricorda-to Richard Booth, signorotto delcastello locale, bada minimamen-te ai loro contenuti. Booth stessoingaggiaCollins perché gli mettain ordine il settore americano,ma poi non presta la minima at-tenzione al risultato, e quandoCollins si imbatte in qualchetrouvaille di valore e lealmentela segnala, più che indifferentesembra addirittura infastidito.

Neanche il lato bucolico, dalcanto suo, si rivela all’altezzadelle premesse. Sì, Hay conti-nua a mostrare ai turisti unaspetto accogliente, per quantosempre più fasullo, da VecchiaInghilterra (o Galles) delle carto-line; ma gli abitanti sono diven-tati avidi, e il prezzo delle abita-zioni è salito senza che ciò com-porti un ammodernamento del-le trafile riguardanti la compra-vendita, rimaste primitive e di-scretamente truffaldine.

A sostenere il nuovo arrivatonelle sue disavventure resta ilsuo incrollabile amore per quelloche nessuno legge più. Abituatofino dall’infanzia a divorare sen-za metodo qualunque pubblica-zione gli capiti a tiro, Collins hacosì un inesauribile repertorio dicitazioni inconsuete e di informa-zioniantiquate, di cui si serve percommentare o per movimentarecon incisi sempre divertenti epi-sodi porti con quell’umorismo se-reno e ottimista che si aspettanoi suoi lettori, ormai discretamen-te numerosi anche da noi.

bentrare ai più classici «figlidella notte» un'ampia e artico-lata galleria di angeli. I qualisoltanto in pochi casi sono an-geli custodi o comunque crea-ture della luce e assai più difrequente sono angeli cadutipiù o meno in cerca di riscattoo angeli enigmatici e ambiguiil cui referente pare essere Ne-mesis, l'Angelo dell'Apocalissidello pseudo-Dionigi, con un'ala bianca e l'altra nera e nellamano una spada senza lamache ha il potere del bene e delmale. Da noi l'editore Salanine offre una ricchissima gam-ma. Due candele per il Diavolodella spagnola Laura Gallego,ad esempio, storia della figliadi un angelo che s'innamora diun demone fascinoso il cui no-me è, guarda caso, Angel. O Ilcustode di Freya di Cliff Mc-Nish (titolo originale Angel!)

nel quale una fanciulla ossessio-nata fin da piccola da visioni diangeli vuoi luminosi vuoi tene-brosi scopre infine di essere an-gelica lei stessa. O ancora Laprofezia delle inseparabili di Mi-chelle Zink, una saga che siapre su due gemelle eticamentee metafisicamente conflittuali eprosegue con il ritorno sulla ter-ra degli angeli ribelli.

Newton Compton non è cer-to da meno. Il suo ricchissimocatalogo spazia da Il diario degliangeli di Lily St. Crow, primoepisodio della saga Strange An-gels, la cui eroina, avventurosae coriacea orfanella, si misuracon zombies, licantropi e dham-pir (creature per metà umane eper metà vampiri), in attesa discoprire la propria vera naturae il mondo cui davvero appartie-ne; alla trilogia Baciata da un an-gelo di Elizabeth Chandler, nel-

la quale la protagonista si ritro-va accanto come guardian angelil ragazzo amato, morto in un in-cidente stradale.

E gli altri editori non si tira-no indietro. Piemme presenta Ilbacio dell’angelo caduto di Becca

Fitzpatrick, la cui eroina è pro-babilmente, lei pure, un angelo.Mondadori offre spazio a Angeldell'italiana Dorotea De Spirito,nel quale un'angelica creaturadi stanza a Viterbo in una segre-ta e paciosa comunità di angeli,pur handicappata dalla man-canza delle ali d'ordinanza, in-

treccia una rischiosa love-storycon un demone quanto mai at-traente. Rizzoli lancia Un ange-lo tra i capelli di Lorna Byrne,una donna che gli angeli, dice, livede davvero e con loro parla;in simbiosi con Fallen di LaurenKate,già in classifica, romanti-ca e dolente vicenda di un ange-lo caduto, condannato perl'eternità a innamorarsi dellamedesima fanciulla umana, suaanima gemella, e a perderlaogni volta nel corso delle sue pe-riodiche reincarnazioni (e perNatale già è annunciata la se-conda puntata, Torment). Echissà chi si è accaparrato la tri-logia Angelology dell'italoameri-cana Danielle Trussoni, ispira-ta alla Genesi e all'apocrifo Eno-ch, i cui protagonisti sono i Nefi-lim, giganteschi e oscuri angelicaduti che in mitici tempi si ac-coppiavano con le figlie degli uo-

mini. Un ciclo fantasy che, a det-ta di taluni critici d'Oltreocea-no, diventerà un best-seller allaDan Brown, che in Angeli e de-moni ha confinato nel titolo lepresenze diaboliche e celesti.

Dark Angels, Nefilim, Ne-mesis e schiere infinite di ange-li caduti di matrice non solo bi-blica (come ha documentato,tra filosofia e letteratura, lamonumentale antologia Angeli.Ebraismo, Cristianesimo, Islama cura di Agamben e Coccia,edita da Neri Pozza), sono in-somma i protagonisti presso-ché incontrastati di una nuovafantasy nella quale regnano fit-te le tenebre e ben pochi spazidi luce s'intravedono. Con rareeccezioni, gli angeli custodi del-la nostra infanzia sono scom-parsi, sostituiti da creature ar-cane e inquietanti dalle qualituttavia i giovani protagonisti

e i giovani lettori sono ansiosidi farsi guidare e di apprende-re, accettandone la sapienzaantica e spesso enigmatica-mente terribile. Un'opzione de-cisamente irrituale, forse, perconvincerci e soprattutto con-vincersi che, alla resa dei con-ti, questo nostro mondo non è(non può, non deve essere) unpaese per vecchi.

DARIOVOLTOLINI

Berna Lisbona Buca-rest Parigi Tallin Vienna Bra-tislava Budapest Praga LaValletta Atene Lussembur-go… Ogni capitolo del Granderomanzo europeo di Koen Pee-ters reca come titolo il nomedi una capitale, ma il contenu-to del capitolo si lega ad essain modi molto variati, cioè nonnecessariamente l'azione sisvolge nel luogo menzionato.

Più spesso ci troviamo an-zi in un ufficio di Bruxelles, do-ve il narratore, un circa tren-tenne di nome Robin, o il suocapo, un circa settantenne dinome Theo, vivono la fase ter-minale di un'azienda sofistica-ta, tra il commerciale, il tecno-logico e il finanziario. ProprioTheo commissiona al brillan-te Robin un'indagine su cosasia o possa essere il significatodi Europa, con la scusa diidentificare una mutazionenel tipo di mercato che l'Euro-pa è ma con l'intento di sguin-zagliare il suo giovane alter

ego sulle tracce di uno spiritoeuropeo intravisto in gioven-tù. Uno spirito tremendo,quello visto da Theo. Uno spi-rito annoiato e superficiale,pur nella raffinatezza cultura-le e tecnologica, quello con cuia prima vista avrà a che fareRobin.

… Belgrado Riga VilniusDublino Helsinki StoccolmaLubiana Nicosia CopenhagenRoma Londra Tirana… A po-co a poco però i fili apparente-mente inerti dell'europeità siintersecano nella Moleskinedi Robin, le varietà del coacer-vo europeo si stemperano in

un'onda lunga fatta di sensuali-tà quasi sommerse, silenti, per-lopiù potenziali (ma Houellebe-cq e Peeters vivono nello stessocontinente?) e soprattutto il ca-otico fogliame si rivela, di ramoin ramo, connesso con un tron-co unico e fermo. L'alter ego Ro-bin si avvicina, non tanto cultu-ralmente quanto emotivamen-te, al nucleo nero dell'Europa,vale a dire al genocidio degliEbrei. Peeters qui abbandona

la patina un po' meccanica dellacomposizione narrativa per sa-lire di un tono ed entrare inqualcosa di più opaco rispettoalle riunioni commerciali e ge-stionali dell'Europa economica,ma di più vivo.

…Varsavia Podgoritsa Sa-rajevo Skopje Oslo Berlino So-fia Zagabria Bruxelles MadridAmsterdam Ankara… C'è spa-zio per una vicenda d'amore,bella e paradossalmente narra-ta con infinita timidezza, nellaquale avvertiamo però la me-desima vibrazione di fondoche accompagna tutte le vicen-de qui narrate, dalle riunionicon powerpoint ai voli interna-zionali, ai flirt, alle storie delpassato di Theo, al suo abban-donare l'azienda, al ritiro, allafine. Ed è una vibrazione fattadi tristezza.

Probabilmente l'emozionedi fondo dell'Europa è proprioquesta, la tristezza. Non soloper ciò che è passato, nemmenoper quello che si è rivelato illu-sorio nell'invenzione stessa delconcetto recente di Europa, mapersino per il futuro: strano,prezioso risultato di Peeters,collegare la tristezza al futurodandolo per certo anziché perimpossibile. Interessante an-che il fatto che la media delleetà di Theo e di Robin dia quelladi Peeters stesso, un cinquan-tenne il cui punto di vista, ben-ché impressionante quanto aramificazioni, è univoco, netto elucidamente vitreo.

MARIOBAUDINO

E’ possibile dipingered’un uomo ormai scomparso, adistanza di anni, un ritratto«sincero, appassionato, fede-gno» che poi qualcuno metteràsu carta? Anzi, è possibile com-piere un’operazione del genereper chiunque, vivo o morto? Al-berto Manguel ne dubita al pun-to tale che su questo interroga-tivo ha scritto Tutti gli uominisono bugiardi, il suo ultimo e for-se anche primo romanzo propo-sto ai lettori italiani, che cono-scono l’autore attraverso la suamagnifica Storia della lettura ol-tre a una serie di libretti prezio-si, colti e lunatici pubblicati daNottetempo (Il ritorno è il piùrecente).

Giovane amico di Borges esuo lettore ad alta voce negli an-ni della cecità, Manguel non neè certo un epigono, anche se i li-bri, in filigrana, spesso riman-dano a lui. In questo, lo stesso ti-tolo del romanzo che uno scial-bo esule argentino scrisse in

carcere tra le torture (e già do-vremmo dire: forse scrisse) poipubblicato in Spagna come un in-commensurabile capolavoro, ri-corda l’autore di Elogio dell’om-bra. Qui è in gioco un Elogio dellamenzogna, attribuito a AlejandroBevilacqua, suicida nella notteche seguì la presentazione del-l’opera in una libreria madrilena,e suicida proprio dal balcone diun personaggio che si chiama Al-berto Manguel, ospite recalci-trante allora, interlocutore altret-tanto poco entusiasta adesso

d’un giornalista che vorrebbescrivere la vera storia dello scom-parso.

«Per essere sincero con lei,non ho voluto conoscerlo davve-ro», è la sua premessa. Bevilac-qua era una sorta di logorroicoscocciatore, nei giorni madrileniquando il personaggio-Manguelfrequentava la comunità degliesuli argentini. Come abbia fattoa scrivere un gran libro - peraltroora dimenticato - è un mistero.Tutto qui? Non proprio. Altri di-cono di saper benissimo come fe-

ce: per esempio il (sedicente) ve-ro autore, che glielo consegnò inuna buia cella perché lo portassein salvo. Altri ancora non cono-scono i fatti nei particolari ma so-no sicuri che Bevilacqua era ungrand’uomo, un vero artista: co-me la donna che lo amò, trovò il li-bro in una sacca da viaggio e lo fe-ce pubblicare senza dirgli nullafin quando non fu pronta la pri-ma copia.

La (allora) giovanissima An-drea ha idee ben precise sia suBevilacqua sia su Manguel (sulpersonaggio o sull’autore?). «Al-berto Manguel è un imbecille», di-ce al giornalista. Per lui «nulla ècerto a meno che lo legga scrittoin un libro». Le voci che racconta-no ciascuna la propria verità so-no quattro, diverse anche stilisti-camente, modulate secondo unapropria cifra. C’è persino un testi-mone morto avvelenato (e anchequi dovremmo aggiungere: for-se) che rende la sua deposizioneinfilandosi nei sogni di qualcuno.E c’è infine il giornalista cui nonresta che giustapporre le versio-

ni e confessare il proprio falli-mento.

Di Bevilacqua, del «vero» Be-vilacqua, alla fine non sapremonulla proprio perché sappiamotroppo. In compenso, quello chea tutti gli effetti è un giallo, conun trama che riserva sorprese ecolpi di scena, proprio attraversole «menzogna» ci racconta qual-

cosa di «vero», che sfugge al for-se, all’opinabilità della memoria:sono gli anni della dittatura mili-tare argentina, degli arresti, del-le torture, dei desaparecidos. Glianni, appunto, della menzognaelevata a sistema di vita, di mortee di sopravvivenza. Solo intornoad essa, suggerisce assai persua-sivamente Tutti gli uomini sonobugiardi, è possibile scrivere.

IL NOIRPIERO SORIA

Delitti nel grigiogolfo del petrolio

«Galveston» di Nic Pizzolatto: fascinoe malinconia di un thriller on the road

La menzognagiù dal balcone

Manguel Un «giallo» alla Borges,4 voci, 4 versioni per un suicidio

RUGGERO BIANCHI

Nel «Grande romanzo»un coacervo di identità,il nucleo nerodell’Olocausto,una storia d’amore

E’ la tristezzal’inesauribilefilo d’Europa

Cercando la vitatra Psychoe il punto omega

«Al Paese dei libri»:un incrollabileamore per quello chenessuno legge più,fra mille disavventure

Se mai avete viaggiatodalla Louisiana alTexas, su quei tratti di

costa di confine illuminatigiorno e notte dall’arancioacre delle luci al magnesio checolorano un mare sterminatodi raffinerie e trivelle off sho-re, pieno di uomini rudi dallemani sporche di petrolio, dipiccoli grandi gangster e diputtane sempre pronte a de-predarli delle loro buste pagaoffrendo vizi e svaghi a una vi-ta piena di fumi e solitudini,ritroverete tutti i tratti dellastraordinaria fotografia cheNic Pizzolatto ci ha scattatonella sua affascinante Galve-ston (trad. di Giuseppe Ma-nuel Brescia, Mondadori Stra-de Blu, pp. 266, € 17.50).

La sua è una nera storiaon the road, lunga solo qual-che centinaia di chilometri,ma densa di ironica amarez-za, di occasioni perdute e didestini che si incrociano senzamai incontrarsi davvero allafine degli Anni 80. Il protago-nista è un tal Roy Cady, delin-quente di mezza tacca al sol-do di Stan, malavitoso di NewOrleans che gli ha appena sof-fiato la donna e che lo usa co-me mazza da baseball per con-vincere renitenti al pizzo o«soldati» con la cresta troppoalta. L’ultimo suo compito èquello di «far visita» a un cer-to Sienkiewicz, in coppia conl’infido Angelo, fatto di per ségià sospetto. Ma Roy non se

ne cura, il suo destino ormainon gli interessa più. Ha appe-na ricevuto dal medico un re-sponso indigesto: cancro, po-chi mesi di vita. Indifferente,entra dunque nella casa pron-to ad eseguire il suo compitoe, nel volgere di qualche secon-do, si ritrova in mezzo a unostuolo di cadaveri, compresidue killer inattesi. Era unatrappola: Stan lo voleva mor-to, forse a causa di Carmen,la ex. Ma il suo istinto di so-pravvivenza ha avuto la me-glio. Mentre si impadroniscedi una cartellina piena di do-cumenti scottanti sente dei ge-miti: sono di Rocky Arcenaux,giovane prostituta che lo sup-plica: «Non uccidere ancheme, portami via». Già, perchéla fuga sembra davvero l’ulti-ma opzione per entrambi.

Ed è così che inizia lablack favola sulla via di unaGalveston immaginata comeisola felice, lunghe passeggia-te sulla spiaggia e acre profu-mo d’oceano in attesa della si-gnora con la falce, anche seper strada si aggiunge un per-sonaggio inatteso: una bambi-na di tre anni, emersa d’incan-to dal misterioso passato diRocky. Il fato però è clementecon Roy, non se lo ghermisce elo porta - vent’anni dopo - a ri-vivere minuziosamente queigiorni e quel viaggio con laconsapevolezza di chi, pur es-sendo sopravvissuto, in fondoè morto lo stesso.

C’è in Gallesuna montagnadi inchiostro

«Tutti gli uomini sonobugiardi»: uno scrittoree il suo capolavororimosso nell’Argentinadei desaparecidos

pp Koen Peetersp GRANDE ROMANZO EUROPEOp trad. di Andrea L. Carbonep :duepunti edizioni, pp. 347, € 15

IL TASCABILE: «LEGGIADRASTELLA»

Così Keats scriveva a Fanny= Come al solito, ci vuole l'uscita celebrata di un film, comeBright Star di Jane Campion, per rievocare una delle coppiepiù celebri della letteratura romantica. La breve parabolaamorosa vissuta da John Keats, quando ancora non facevaparte dell’eletto trio con Byron e Shelley, per ladiciannovenne, vicina di casa, Fanny Browne. Il recentedocumentato libro omonimo di Elido Fazi su quegli anniappassionati non può certo competere con le invenzionistoriche della regista australiana. Ma per comprendere quellavicenda è consigliabile avvicinare proprio le lettere d'amoreche il poeta scrisse a Fanny tra il 1819 e il 1820, poco prima del

viaggio in Italia che gli costò la vita. Lettere che ora Archintoriedita in una striminzita selezione (Leggiadra stella, pp. 83,€ 10,50) con prefazione estremista di Nadia Fusini che giàaveva curato l’edizione più completa anni fa per gli OscarMondadori. Qui, e non altrove, il lettore può cogliere appienoil legame tra il poeta e una giovane donna che non potevaessergli destinata, e non solo per ragioni di censo. L'ambiguitàdi questa passione, il suo continuo bisogno di affermarsi afronte di un nucleo di sostanziale solitudine, la sua identità dimalato consapevole, rendono questi testi vivi, lontani daqualsiasi convenzione, come lanciati in un tempo eterno,deserto, spogliato di futuro e di un melanconico presente.Per queste ragioni le lettere subirono condanna immediata,quando il figlio di Fanny, alla sua morte, decise di pubblicarle.

Anche la donna fu sottoposta a un giudizio durissimo, comese non fosse stata all'altezza di quell’amore, quasi colpevole diessere umana al cospetto di una mente dedicata alla purezzadella poesia. Solo molti anni dopo, e in altre temperieculturali, T. S. Eliot restituì loro il valore che meritano.La cronaca di un amore che ispirò a Keats le sue odi più belle ei sonetti mandati a memoria da sempre, come appunto il LVII«Se fossi costante come te, fulgida stella...». Un amore fattosolo di sentimento e quindi, per sua natura, volubile,angosciante, a tratti spaventoso. «Dio non voglia che noi “cisistemiamo”, ossia diventiamo una palude, un Letestagnante, in una piazzetta a semicerchio, una misera fila diedifici. Meglio essere mobili imprudenti che infissi prudenti».

Camilla Valletti

pp Alberto Manguelp TUTTI GLI UOMINI SONO BUGIARDIp trad. di E. Liveranip Feltrinelli, pp. 171, € 14

pp Don DeLillop PUNTO OMEGAp trad. di Federica Acetop Einaudi, pp. 118, € 18,50

NUOVIRACCONTIDI GEORGESAUNDERS

A New York tutto è in vendita= Già autoredella superba raccoltaPastoralia, GeorgeSaunders torna con i dodici raccontidi Nel paese dellapersuasione (minimumfax, trad.di Cristiana Mennella,pp. 228, € 15), che confermano la sua cifra trasgressivaesurrealeal servizio di una scrittura carica di humormavibrantedi sgomento per la cinicamodernità. In «Jon» unacomunitàdi orfani, cui però sono stati impiantati dei ricordifasulli di genitori e vite felici, viene utilizzataper testareprodotti farmacologici: sono proibiti l'amore e il sesso, eogni loro emozionedeve derivare dalle sostanze assunte,fino a che Jon e Carolyn non pretendonodi uscire dal centro

per vivere la loro passione: «Forse possiamodiventarenormali, e sederci in veranda la sera... e quando guardiamole stelle e la luna è perché ci va di farlo». In «ll mio estrosonipotino»un nonnoaccompagna il nipote gay a unacommedia in una New York totalmentecontrollata dallapubblicità:basta poggiare il piede in un dato spazio e siattiva un Lettore, e una suadentevoce tenta di vender loroqualcosadi cui dovrebbero averbisogno, dal caffèall'ultimaversione del Nintendo,provocando i pensierianarchicidel nonno: «L’America,per me, dovrebbe essereun vocio continuo,un sacco di voci che strillano, quasisemprecose sbagliate...ma per favore,non una vocemonotonache t’incantaparlando in tono ragionevole». In«Polacche», forse il miglior pezzo della raccolta, due

anziane donneebree - una apparentementemansuetael'altra scorbutica - raccontanoversioni dell’Olocausto moltodifferenti, fino alla squallida verità, che ovviamentequi nonriveliamo.Poi gorilla utilizzati come cavie,dispute sul lavoroche scoppiano in tragedia, una sitcom live 24 ore su 24dallaquale vienecacciato unodei protagonisti troppoaltruista,un orso polare stancodi recitare la stessa scena inunapubblicità in cui vienepreso ad accettate in testa evuole capire chi e cosa è Dio... Nei presuppostidi questimagnifici racconti tutto è in vendita, tutto è scelleratoperciòadatto ai nostri tempi, tuttoè assurdamenteordinario, fino a che qualcosao qualcunotenta la via piùcomplessa: essere genuino,umano. E la storia esplode. ChristianFrascella

pp Paul Collinsp AL PAESE DEI LIBRIp trad. di Roberto Serraip Adelphi, pp.216, € 19

Vampiri e angeli, tutti in nero

Collins Da San Francisco al villaggiodegli antenati, sul filo della bibliofilia

Un consulentedel Pentagono, chesa tutto sull’invasionedell’Iraq, un passatoambiguo nell’ombra

Non più creaturedella luce, personaggienigmatici e ambiguiche possiedono peròun’antica sapienza

Segue da pag. I

Peeters Un’indagine tra ieri e oggi,stando fermi in un ufficio di Bruxelles

Un’immagine dall’album «Eclipse» (Fazi)

p

Vivian Leigh in una scena clou di «Psycho», il film «colonna visiva» nel romanzo di De Lillo

Narrativa stranieraIITuttolibri

SABATO 26 GIUGNO 2010LA STAMPA III

Page 4: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.57

La voce nell’ombradi McEwan e Amis

Susanna Basso L’arte di tradurre: come «possedere»un testo, in termini, se non erotici, di sicuro amorevoli

FERDINANDOCAMON

Percorrendo le crona-che che hanno segnato l’evolu-zione della società negli ultimidecenni, il libro di Antonio Scu-rati Gli anni che non stiamo vi-vendo ragiona su una sessanti-na di casi clamorosi che nessu-no di noi ha dimenticato: sic-ché, leggendo, noi intrecciamoil nostro ragionamento conquello dell’autore. Quasi sem-pre concordiamo.

A me è capitato di discorda-re su 6-8 punti alla prima lettu-ra, ma alla seconda i dissensi sierano dimezzati. Perché nonerano dissensi. Scavando nellacronaca che costruisce la basesu cui poggia la nostra morale,si scende a diversi livelli di pro-fondità, e quando non incontrichi scende a fianco di te è per-ché lui sta a un altro livello, chepuò essere più profondo. A let-tura finita, tu sprofondi senzaaccorgertene e lo raggiungi.

Sono convinto anch’io chesulla pedofilia il pensiero catto-lico è incappato in errori epoca-li. Nella mia lettura, era inter-no al pensiero cattolico il con-cetto che Dio contiene il Bene,e non viceversa. Di qui le resi-

stenze ad ammettere, e a per-mettere, che un servo di Dio po-tesse essere denunciato: era co-me denunciare Dio; ci voleva lalettera agli irlandesi perché sivedesse il bene di Dio nella de-nuncia dei suoi servi colpevoli.Qui Scurati ipotizza (ma chie-dendo una verifica) che Messo-ri pensi a una in-condannabili-tà di don Gelmini in quanto pre-te. Se così fosse, sarebbe unainadeguatezza di Messori allanuova linea della Chiesa. Unaincomprensione. I dettagli so-no importanti, perché noi nonviviamo nella storia, ma nellacronaca. La cronaca è una se-quenza di fatti senza un dise-

gno. Noi «subiamo» la cronaca.Siamo estranei a quel che ci acca-de (tra Nausea, Indifferenti e Stra-niero, ho l’impressione che perScurati sia quest’ultimo il libroche ci rappresenta; sono d’accor-do; tra l’altro, è anche il più bello).

La storia aveva come mezzi diespressione il film e il romanzo, lacronaca ha il giornale e il blog.Noi siamo umanità del blog. Deigrandi eventi (Nassiriya, funeralidi Giovanni Paolo II, Berlusconi

al potere…) c’interessa il partico-lare che ci tocca, che dà un brivi-do alla giornata, non un senso al-la vita. Conclusione: noi viviamoper niente. Cioè non viviamo(guardate bene il titolo del libro).

Tutto è privato, e il mercatopunta a privatizzare la vita. Laprivatizzazione dell’acqua è unprimo passo. M’è capitato un me-se fa, su questo giornale, di do-mandarmi perché negli ospedalic’è così poca umanità con i mala-ti di cancro, e Scurati dà una ri-sposta sghemba, che ci ho messoun po’ ad accogliere: l’ospedale èoggi quel che era una volta la fab-brica fordista, tutto deve filare eniente deve incepparsi. Sì, è così.Il malato è compatibile conl’ospedale se fila, se s’inceppa èun ostacolo. Brutale, di una bene-fica brutalità, Scurati stronca ildiscorso di chi propone le casechiuse osservando che una pro-posta morale deve superare iltest kantiano della generalizzabi-lità: chi propone le case chiuse èattendibile se è disposto a farcilavorare la figlia, altrimenti è inmalafede. Sono d’accordo. Hodifficoltà, ma è un limite mio, ariassumere l’antiabortismo dellaChiesa nella formula per cui s’in-teressa del prima e del dopo la vi-ta, ma non della vita.

Ma questo è un libro ricco,profondo, magnifico nella scrit-tura, da tenere a portata di ma-no, per rileggerlo ogni tanto. Aogni lettura, si concorda sempredi più.

([email protected])

ELENALOEWENTHAL

Ci sono poche coseche garantiscono un'esplosio-ne di umorismo involontariocome un brano affidato in tra-duzione automatica al compu-ter o, meglio ancora, alla glo-bale ragnatela di informazio-ni. A tutti è capitato di riceve-re tanto esilaranti quanto al-larmate mail che ingiungonodi disattivare un account ine-sistente, previa candida con-segna di tutti i propri dati sen-sibili al link in questione. Pocoma sicuro, un traduttore diprofessione non cascherebbemai in una trappola così mal-destra: l'improbabile linguain cui si esprime è di per séuna dichiarazione di scarsa af-fidabilità.

La traduzione automatica,con la sua carica di ridicolo,dichiara meglio di qualunquetrattato teorico la natura uni-ca e insostituibile di questomestiere. Artigianale nel sen-

so più nobile del termine: im-possibile affidarlo a una mac-china, a una qualunque formadi serialità. Ciò che distingueil lavoro umano da quello au-tomatico è proprio la «discre-zione», la capacità di distin-guere. Di questo e altro è fat-ta la traduzione: opera aper-ta, mai perfetta.

Tradurre è un lavoro deli-cato e appassionante, come loracconta Susanna Basso frale dense pagine di esperienzepersonali e «divagazioni mili-tanti»: un mestiere in ombra,che di questa ombra deve fa-re privilegio e non frustrazio-ne. Susanna Basso è una gran-de traduttrice dall'inglese.Verrebbe poi da aggiungereche è la traduttrice «di», fragli altri, Alice Munro, IanMcEwan e Martin Amis. Senon fosse che una riserva sal-

ta subito agli occhi, e di lì allamente: quel «di» genitivo nonva inteso come un passivo pos-sesso, anzi. Tanto è vero che,quando parla del suo bellissimomestiere, un traduttore ti spie-ga quali sono i «suoi» autori.

In altre parole, se pure dipossesso si tratta, è più recipro-co che mai. Anzi, forse con unleggero squilibrio della bilan-cia, perché sono più gli autoriad essere possesso del tradut-tore, che non viceversa. Perchétradurre è anche e soprattutto«possedere» un testo, in termi-ni se non erotici certo amorevo-li. E' qualcosa, per intenderci,di molto diverso, quasi oppostoal leggere: per come si entra, siaffonda, si percorre, si esplora

la pagina. Susanna Basso rac-conta queste esperienze in uncontatto diretto con i testi: daogni caso specifico, da ogni im-pervietà risolta, da ogni revisio-ne, da ogni nuovo cimento conun testo magari già tradottomille volte, emerge sempre unaverità generale: «Sentire unalingua dalle voci della gente èun'esperienza che il traduttoreletterario spesso sottovaluta.Per noi la lingua è sulla pagina,e non fa rumore. Leggiamo nel-la mente il brano che stiamoper tradurre, ma è raro che sia-mo in grado di udirne davvero isuoni. Le parole scritte fatica-no a ritrovare la strada del no-stro ascolto. Anche quando sitratta di dialoghi, anche quan-do, per scrupolo, ce le leggiamoa voce alta».

Però, a ben pensarci, il tra-duttore ha il coltello dalla partedel manico. Anche se questo col-tello è sotto mentite spoglie.Quelle dell'invidia, ad esempio:«Quando siedo davanti alle pa-

role di un autore e ascolto la suascrittura declinare una voceche non mi appartiene, io so chesolo con l'invidia saprò sorve-gliare il testo dell'altro mentresi fa mio». All'autore non restache consegnarsi, con pazienza efiducia. Il traduttore, dal cantosuo, deve esercitare l'arte delladiscrezione nel senso più ampiodel termine: mai prevaricare lascrittura (eppure inventarladaccapo in un'altra lingua), e de-cidere con indefessa responsa-bilità. Perché quando si traghet-ta un libro da una lingua all'al-tra, ogni parola, ogni virgola si-gnificano una decisione presa emigliaia di altre scartate. E così,la traduzione diventa inevitabil-mente un amoroso corpo a cor-po con il testo. In fin dei conti,con la vita stessa che si raccon-ta attraverso le parole: prima al-trui, e poi proprie.

LORENZOMONDO

Metto in guardia chinon ha uno stomaco forte dal-la lettura del primo capitolo diBrace, il romanzo d’esordio diAttilio Caselli. Non è che man-chi, anche in altre parti del li-bro, una propensione all’ecces-so, ma qui l’impasto di sessua-lità e ferocia raggiunge il suoacme. E’ la strada scelta dal-l’autore, che vive in Brasile elavora nel cinema, per rappre-sentare l’umanità degradatadi Rio, la foga e la furia dei suoiistinti elementari. Ma nonsfugge alla sua attenzione la fa-scia opulenta della società bra-siliana, che coltiva vizi menoappariscenti, ovattati dal deco-ro formale e dall’esercizio del-la frode morale.

Il racconto si dispone in ca-pitoli che sembrano dotati diuna loro autonomia ma alla fi-ne tutto si tiene, situazioni epersonaggi vengono via via re-clutati a far parte circolarmen-te dell’affresco. Ecco Du, il ra-

gazzo nero della «favela», cheper sensualità e spavalderia osaimpossessarsi di Elza, l’amantedi un temuto capobastone, gua-dagnandosi una morte ignobile.

Si volta pagina con Diego, undeputato federale che aspira al-la presidenza della repubblica.Ma la sua smania di potere, affi-data all’intrigo e alla prevarica-zione, è tallonata da una fineche giungerà repentina (datoraccapricciante, le sue ultime,vaneggianti parole, non sono ri-servate agli affetti familiari ma

ad una speculazione abortita).La sua bella moglie Costanza sidifende dal disamore con il ri-corso alla droga; fermata dallapolizia, si butta dalla finestra inun volo che, frutto di disperazio-ne, si rivelerà salvifico.

Ci troviamo poi ad accompa-gnare affettuosamente JoaoBaptista nelle sue estenuanticamminate per la città tentaco-lare. Trascina un carretto pienodi cartoni e rifiuti, dal quale ve-drà spuntare, come per sortile-gio, una donna mirabile che egli

identifica con una sincretisticadivinità delle acque. RicardoMachado è un poliziotto onesto,costretto a battersi anche con-tro la corruzione dei colleghi e aentrare in conflitto con se stes-so a causa di un amore che giu-dica sconveniente per la sua di-visa. Ci sono infine Vanderley eCleverson, i due cognati, che ap-paiono animati da un abbietto evendicativo spirito di emulazio-ne. Sono becchini nel cimiterodi Botafogo che risultano funzio-nali alla conclusione di certe sto-rie proposte da Caselli ma sem-brano più in generale sprigiona-re nel romanzo un sentore dimorte, tanto più forte a contra-sto con il sole che percuote stra-de e coscienze.

Nell’inferno di Rio qualchespiraglio di aria pulita, la possi-bilità di vite diverse, non arreseall’avidità e alla barbarie, sonoaffidati alle figure dell’integerri-mo poliziotto Machado, dellaravveduta Costanza, del barbo-ne soddisfatto dei suoi stracci.

Brace è un libro che rivela un

notevole talento, a parte qual-che soverchio indugio riepiloga-tivo (ad esempio per quanto ri-guarda la vita e la carriera diDiego) e la scrittura un poco an-dante. Quanto al brutale reali-smo delle situazioni, che sem-brerebbe nascere da una sfron-tata scommessa, l’autore si ado-pera a temperarlo con qualche

innesto fantastico-visionario,come l’improbabile volo di Co-stanza dalla finestra o la miste-riosa apparizione della dea Ie-manja nel carretto del pezzen-te. Ma la soluzione più stimolan-te di Caselli è la capacità di vol-gere il dramma più fosco e orri-pilante nelle cadenze del grotte-sco e del comico. Di muovere alriso attraverso il disgusto.

ANGELOGUGLIELMI

Dovevo porre riparo aldanno (se danno è) di non averletto Il tempo materiale(il roman-zo di Vasta che quando uscì nel2008 mi sfuggi) né i tanti ricono-scimenti che ne ricevette mi in-dussero a farlo. In verità lo presiin mano e ne lessi solo una tren-tina di pagine travolto da nuoviarrivi e nuove richieste (di re-censioni). Così mi sono precipi-tato su Spaesamento deciso final-mentea colmare la lacuna.

Indubbiamente Giorgio Va-sta si guadagna il riconoscimen-to che ha ottenuto dopo la suaprima prova, rivelandosi un ve-ro scrittore. Ciò che decide dell'autenticità di uno scrittore è lalingua e Vasta ha una lingua di-ciamolo pure di notevole spesso-re. Intanto sa che le parole nonservono tanto a raccontare la re-altà che si vuole mostrare o me-glio sì, servono proprio a questoma a patto che quella realtà (e ilsegreto che porta con sé - altri-menti perché raccontarla?) ven-

ga trasformata in parole, diventilinguaggio: altrimenti meglio la-sciarla lì dove è senza disturbarlanel nascondiglio in cui si è acquie-tata. Così non stupisce l'incipitcon cui Vasta dà avvio al suo at-traversamento di parole (che taleè il suo soggiorno di tre giorni aPalermo, sua città natale, dove ri-torna dopo dieci anni per una pic-cola vacanza): «E dunque... mi la-vo, mi preparo ed esco con l'orgo-glio limpido e misurato della son-da umana che se ne va per la cittàa registrare fenomeni, spalancato

come una bocca che vuole divora-re barbabietole di vita».

Mangiando e masticando Va-sta con boli di parole scopre la re-altà di Palermo che poi è non è di-versa dalla realtà d'Italia e ancorala realtà delle nostre singole vite.Il danno maggiore che questa re-altà ha subito è la perdita del tem-po che ha smarrito il passato e ilfuturo riducendosi al semplicepresente. Un presente che galleg-gia come ma macchia di olio suuna superficie di acqua e non haaltro destino, non esistendo pezzo

di mollica capace di assorbila, cheappunto galleggiare. Un presentesenza memoria e privo di attesedove tutto può accadere e sonoabolite le distanze e le differenze.Un presente dove la bellezza (deicorpi) è solo paura della morte etimore del disfacimento, dove ladignità combatte e perde con lafierezza e la resistenza ha smarri-to il suo antagonista. Un presenteche significa corruttela e corrosio-ne tanto che ti basta toccare i fu-sti delle palme di Palermo per ri-ceverne tra le dite polvere puru-lenta e odore di marcio mentre lestrade e le mura della città com-pensano ogni soprelevazione eogni altro abuso con la moltiplica-zione delle buche e lo sgretola-mentodegli intonaci.

Il presente, questo brano ditempo disancorato e alla deriva,ha tuttavia bisogno di inventarsiun qualcosa di pur finto cui abbar-bicarsi capace di dargli un nome.E l'autore non si sorprende quan-do la mattina del suo secondogiorno di vacanza sceso in spiag-gia a prendere un po' di sole scor-

ge un gruppo di ragazzi con ag-giunta di madri con bambini inbraccio, di padri con seguito diamici e via via della spiaggia tuttalavorare intorno a una scultura disabbia che all'inizio scambia perun omaggio alle lettere dell'alfabe-to per poi accorgersi che quellelettere messe in fila scrivono il no-me Berlusconi.

Certo dopo qualche tempo ipiù piccoli giocando sui pendii del-la U e le curve cosi rotonde della Bcon automobiline e soldatini fini-scono per abbatterle. Ma domanisaranno rialzate e ancora dopodo-mani e dopo-dopo domani ancorae poi ancora e ancora. Fino aquando continueremo a sceglierecome nostro protettore unico e as-soluto questoeroe di sabbia?

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

La temperaturadella gioia

Mariangela Gualtieri e Luciana Notari,due voci nell’economia del cosmo

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Noi, orfanidel latino

Una lingua sempre più povera: la scuolala trascura, i telefonini la sminuzzano

A Rio, dovel’inferno è certo

Costruiamoeroi di sabbia

Caselli Tra sessualità e ferocia:l’esordio di un notevole talento

Vasta Ritorno nella natia Palermoper divorare «barbabietole di vita»

«Gli anni che nonstiamo vivendo»:da Nassiriya ai funeralidi Giovanni Paolo IIa Berlusconi al potere

Così nauseati,stranierie indifferenti

Mariangela Gualtieriè donna di teatro epoetessa. Ascoltarla

dire i suoi versi è un'esperien-za interessante, perché si hala possibilità di comprendereper intero il senso scandito eforte, ricco di stratificazioni,che sa dare alla concisione vi-va della parola: sia scrittache recitata, o semplicementedetta.

Passando dall'oralità, dal-la sua voce al testo scritto, l'ef-fetto non si perde. Lo vedia-mo nei suoi libri, e particolar-mente in questo appena usci-to, Bestie di gioia (Einaudi,p.140, € 12) che ritengo il piùpersuasivo. E' un libro vario ecomposito, che presenta peròelementi interni di forte unita-rietà e personalità. Intanto lascrittura della Gualtieri è in-solitamente robusta e felice-mente ruvida. La parola sem-bra incidersi sulla pagina,con decisione, ma anche comeal termine di una lotta col si-lenzio e dopo la conquista diuna ispirata solitudine. E in-sieme a questo si rimane coin-volti dalla tensione che muo-ve ogni pagina, quasi ogniverso, in quella che è una testi-monianza lirica condotta perfasi successive, dove il canto èaspro, orientato fortunata-mente sull'esterno, sulla real-tà e sulla natura nella sua to-talità, sulla «natura risveglia-ta», sulla quale la poetessaproietta i suoi continui so-

prassalti, nel desiderio di esser-ne parte diffusa ovunque, verso«lo spettro luminoso della gio-ia». Ecco allora che risalta lacoerenza del titolo, ecco che il«messaggio», così intensamen-te articolato lungo il libro, èquello di una viva partecipazio-ne all'economia del cosmo, consofferenza, naturalmente, macon positiva accettazione dell'esserci, in una sorta di pantei-smo nel inquieto.

Le donne sono ormai sem-pre più numerose nel panora-ma della nostra migliore poe-sia. Di un'autrice purtroppoprematuramente scomparsa,Luciana Notari, è uscito un vo-lume che comprende tutte le po-esie. Si intitola La pietà e la pa-ura (Passigli, p.430, € 30) ed ècurato da Roberto Deidier.Scomparsa nel 2006, la Notariera nata a Terni nel '44 e comescrive Elio Pecora nell'introdu-zione, nei suoi versi troviamoinsieme la «gioia che stordisce»e il «dolore che rende consape-voli».

Diversi i suoi accenti rispet-to a quelli di Mariangela Gual-tieri, ma anche in lei si notal'elevata temperatura di unaparola che esprime un forte ra-dicamento nelle cose, tra città,natura, vita quotidiana e pas-sioni. La lingua è aspra, di un'asciuttezza che però non trascu-ra la musica; il verso è vario,pur assumendo in modo eviden-te l'endecasillabo come modelloo riferimento privilegiato.

MARCOVICHI, IL SIMENONDEL LUNGARNO

Un ragioniere tranquillo= Mario Rossi è un impiegato fiorentinosessantaduenne.Da 43 anni lavora come ragioniere aScandicci.Una vita regolare, una moglie anonima, due figliasettici e fuori casa, un tran tran senza scossoni.Un tipotranquilloe privodi curiosità, il signorRossi. Uno cometanti. Ma poi la moglie muore di colpo, lo lascia solo in unacasavuota e silenziosa.Ed è allora che nell’uomoscatta lamolladelle ipotesi non vissute,dei viagginon fatti, dellevoglie mai lasciate emergeredal torpore della routinequotidiana.Mario Rossi scopreche la vita offre stradealternative:quandosi licenzia e va in pensione, il gioco delle

fantasie inespresse si scatena in una libertà imprevista chediventa prestogioco furtivo, peccato, libidine, perversione.Finoall'ossessione finale che lascia capire come in ognunodi noi si celi l'istintodel mostro e bastinopochi squarcid'occasioneper farci deviare dal percorsodella normalità.Triste, sconfortante,opprimente ma realistico nella sualucidità analitica,Un tipo tranquillo (Guanda,pp. 235,€ 16) conferma le impressioni che già coltivavamoriguardoal suo autore: Marco Vichi qui scopre il gioco,presentandosia tuttocampo come il SimenondellungArno, in una storia che risulta apertamenteungenerosoomaggioal Maestro.Nella sequenza di gestiincolori che raffigurano la vita scarna del ragionier Rossi,riconosciamoil marchio di una ottusa disperazionepiccolo

borghesenellaquale spesso affondano le vite mediocri esenza grandi orizzonti. E' il trionfo dellabanalità, l'allegoriadell’impotenzadi figure anonimee senza volto, chescoprono il mondo quando il mondo nonha più bisogno diloro e le ha lasciate decantare, invecchiare, nell’angolodellemasse sconosciute. Il lampo di vita - e di assurdaviolenza -di Mario Rossi è un grido lanciatodal buio per cercare diesistere,di trovare consensi, in una società distratta in cui siscivola come ombre incontroalla notte. Nella sua dolenteevoluzione, che a tratti rammentaanche un bel romanzodell’uruguaianoMario Benedetti, La tregua, l'impietosolibrodi Vichi ci fa alzare d'istinto lo sguardoallo specchio,per essere sicuri di esistere. Sergio Pent

Quasi un luogo co-mune è diventatoil lamento quoti-diano sull’impove-rimento in atto del-

la nostra lingua. Ma questovale anche per le altre, cui toc-ca oggi la stessa sorte.

Diceva Lázaro Carreter,in un suo libro fortunato, Eldardo en la palabra, che seagli spagnoli togli l'aggettivobonito, molti non saprebberopiù parlare. E si potrebbero ci-tare gli americani, per i qualiogni cosa è fantastic o lovely,e tanto basta. Un grande ma-re di parole sulla bocca di mol-ti (troppi) si è ristretto in unostento rivoletto.

Da noi una delle cause(penso alle persone media-mente colte) è certamente laconoscenza sempre più rare-fatta del latino, che ha ridottodi molto l’utilizzazione di unacerta parte del lessico deriva-to non per via diretta dallanostra lingua madre, ma dal-la tradizione scritta di quellalingua. Gran parte della paro-le definite da De Mauro nelsuo Dizionario come di «bas-so uso», cioè rare, o «lettera-rie», quelle che ai più risulta-no oggi opache, di significatooscuro, sono tutte latinismievidenti: diuturno, esiziale,castigato (nel senso di «vere-condo»), inane, egro, ludico,foriero, preconizzare ecc.

Si capisce perché oggi siadiventato un problema serio

spiegare a scuola la nostra let-teratura, specialmente quelladei secoli passati, così colma diparole del genere.

Ci sono poi le circostanze ge-nerali, decisamente sfavorevo-li: non aiuta per esempio il fat-to che computer e telefonini sia-no diventati i principali stru-menti di comunicazione. Vi cir-cola un lessico poverissimo, esi-guo, si messaggia con crocette,ideofoni da fumetto, e tante el-lissi. Anche i media danno il lo-ro contributo negativo: pensoal livello basso dello straparla-re televisivo.

La scuola potrebbe fare mol-to, se si volesse rifondare, darleossigeno in soldoni, invece difarla andare a fondo con tagli eriduzioni.

Servirebbero ore a disposi-zione per una riflessione costan-te sulla lingua, per esercizi sul-la costruzione di testi, variatiper registro e punti di vista. Sidovrebbe tornare alla praticadei riassunti, delle parafrasi, epremere soprattutto sulla lettu-ra, per facilitare l'arricchimen-to del lessico. E aiuterebbe un'attenzione particolare per lelingue speciali, settoriali, scien-tifiche.

Infine servirebbe tantissimopoter tornare all'analisi dei te-sti letterari, per cercarvi innan-zitutto la spiegazione letterale,per sottolineare particolarità epeculiarità del lessico, dei signi-ficati..., forse varrebbe più lapratica che la grammatica.

«Spaesamento»:un presente senzamemoria e privodi attese dovetutto può accadere

«Brace»: la fogae la furia dell’umanitàdegradata, i vizi menoappariscentidella fascia opulenta

ANDREATARABBIA,UN ESORDIO DIVERSO

La calligrafia dei missili= Ci sono 99 pagine formidabili in questo esordio deltrentaduenneAndrea Tarabbia.La calligrafiacomeartedella guerra (Transeuropa,pp. 218, € 16,50). Formano laprimaparte del romanzo, in cui il lettore è preso per manoecondottonel labirintodi una enigmatica, cupa, minacciosarealtàdel prossimofuturo. Una realtà alteratae onirica, manon implausibile, così che la letturaè fortementedispensatriced'ansia. Horatioè «magister»nella città di H.,in una scuola dove le alunne, esclusivamentebambine,dalui imparano a calligrafarecon arte. Appresa la tecnica, illoro compitosarà quellodi scrivere comunicati sulle

«ampolle», cioè le rivestitureche avvolgono i missili balistici.La citta di H. è infatti in guerra con «gli altri» che stannoal diladel confine. La guerra, nel momento in cui la narrazioneprendemagistralmente il volo, è in una fase tattica,diprovocazionie controprovocazioni.Spedite, appunto, conmissili-bombarecanti, sull'ampolla,un testo calligrafato.PerchéH. (che tanto somiglia a un'Italia in emergenzapost-secessione)e gli «altri» sono in guerra? Perché nonusano le vie delladiplomazia, anziché missili istoriati, percomunicare?Cos'è successoprima? Da quantodura? Dadove arriva Horatio e perché si è trasferitoad H.? Non si sa enonsarà chiarito, e l'arma vincente di Tarabbia è propriol'inesorabilenarrazione, lungo la quale il lettore non sente ilbisogno di risposte, ma si inebria dell'accumularsi degli

interrogativi. E poi? Dopo pagina 99? Arriva qualchespiegazioneminore, e soprattutto dall'ionarrante unico(Horatio) si passa a un'esplosionedi narratori. Non si diràcosa succede né, ancora più importante,dove: sarebbecriminaleaggiungerealtro e togliere al lettore il piaceredisentirsidisorientato. Si dirà solo che la tensionescende,l'accumularsidi interrogativi si ferma, il ritmo cala. Peccato,ma questo non cancella l'impressionepositiva. Il romanzo sigiova di una bandella firmata da Antonio Moresco, eppuremoreschianonon è: se si escludeuna vaga parentela con ilTullioAvoledo più apocalittico, e anche seda pagina 100 siscendedi qualità, Tarabbia resta un esordiente daapplaudireper il coraggio di una ricercatadiversità. Piersandro Pallavicini

pp Giorgio Vastap SPAESAMENTOp Laterza, pp. 118, € 9.50

pp Attilio Casellip BRACEp Fazi, pp. 253, € 17,50

pp Antonio Scuratip GLI ANNI CHE

NON STIAMO VIVENDOp Bompiani, pp. 312, € 19,50

pp Susanna Bassop SUL TRADURRE. Esperienze

e divagazioni militantip Bruno Mondadori, pp. 166,€ 16p L’autrice, che ha tradotto fra gli

altri romanzi di Alice Munro, IanMcEwan e Martin Amis, spiegail rapporto con i «suoi» autori

Scurati Noi, estranei a quello checi accade: 60 casi di questi decenni

Un appassionato corpoa corpo con l’opera,infine con la vitastessa che si raccontaattraverso le parole

Mestiere artigianalenel senso più nobiledel termine, impossibileda affidarea una macchina

SusannaBasso, fraesperienzepersonali e

«divagazionimilitanti»racconta

un mestierein ombra, che

di questaombra deve

fare privilegio.Tradurre èqualcosa di

molto diversoal leggere:

per comesi percorre e

si esplorail testo, riga

per riga,parola per

parola

Susanna Basso

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 26 GIUGNO 2010LA STAMPA V

Page 5: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.57

La voce nell’ombradi McEwan e Amis

Susanna Basso L’arte di tradurre: come «possedere»un testo, in termini, se non erotici, di sicuro amorevoli

FERDINANDOCAMON

Percorrendo le crona-che che hanno segnato l’evolu-zione della società negli ultimidecenni, il libro di Antonio Scu-rati Gli anni che non stiamo vi-vendo ragiona su una sessanti-na di casi clamorosi che nessu-no di noi ha dimenticato: sic-ché, leggendo, noi intrecciamoil nostro ragionamento conquello dell’autore. Quasi sem-pre concordiamo.

A me è capitato di discorda-re su 6-8 punti alla prima lettu-ra, ma alla seconda i dissensi sierano dimezzati. Perché nonerano dissensi. Scavando nellacronaca che costruisce la basesu cui poggia la nostra morale,si scende a diversi livelli di pro-fondità, e quando non incontrichi scende a fianco di te è per-ché lui sta a un altro livello, chepuò essere più profondo. A let-tura finita, tu sprofondi senzaaccorgertene e lo raggiungi.

Sono convinto anch’io chesulla pedofilia il pensiero catto-lico è incappato in errori epoca-li. Nella mia lettura, era inter-no al pensiero cattolico il con-cetto che Dio contiene il Bene,e non viceversa. Di qui le resi-

stenze ad ammettere, e a per-mettere, che un servo di Dio po-tesse essere denunciato: era co-me denunciare Dio; ci voleva lalettera agli irlandesi perché sivedesse il bene di Dio nella de-nuncia dei suoi servi colpevoli.Qui Scurati ipotizza (ma chie-dendo una verifica) che Messo-ri pensi a una in-condannabili-tà di don Gelmini in quanto pre-te. Se così fosse, sarebbe unainadeguatezza di Messori allanuova linea della Chiesa. Unaincomprensione. I dettagli so-no importanti, perché noi nonviviamo nella storia, ma nellacronaca. La cronaca è una se-quenza di fatti senza un dise-

gno. Noi «subiamo» la cronaca.Siamo estranei a quel che ci acca-de (tra Nausea, Indifferenti e Stra-niero, ho l’impressione che perScurati sia quest’ultimo il libroche ci rappresenta; sono d’accor-do; tra l’altro, è anche il più bello).

La storia aveva come mezzi diespressione il film e il romanzo, lacronaca ha il giornale e il blog.Noi siamo umanità del blog. Deigrandi eventi (Nassiriya, funeralidi Giovanni Paolo II, Berlusconi

al potere…) c’interessa il partico-lare che ci tocca, che dà un brivi-do alla giornata, non un senso al-la vita. Conclusione: noi viviamoper niente. Cioè non viviamo(guardate bene il titolo del libro).

Tutto è privato, e il mercatopunta a privatizzare la vita. Laprivatizzazione dell’acqua è unprimo passo. M’è capitato un me-se fa, su questo giornale, di do-mandarmi perché negli ospedalic’è così poca umanità con i mala-ti di cancro, e Scurati dà una ri-sposta sghemba, che ci ho messoun po’ ad accogliere: l’ospedale èoggi quel che era una volta la fab-brica fordista, tutto deve filare eniente deve incepparsi. Sì, è così.Il malato è compatibile conl’ospedale se fila, se s’inceppa èun ostacolo. Brutale, di una bene-fica brutalità, Scurati stronca ildiscorso di chi propone le casechiuse osservando che una pro-posta morale deve superare iltest kantiano della generalizzabi-lità: chi propone le case chiuse èattendibile se è disposto a farcilavorare la figlia, altrimenti è inmalafede. Sono d’accordo. Hodifficoltà, ma è un limite mio, ariassumere l’antiabortismo dellaChiesa nella formula per cui s’in-teressa del prima e del dopo la vi-ta, ma non della vita.

Ma questo è un libro ricco,profondo, magnifico nella scrit-tura, da tenere a portata di ma-no, per rileggerlo ogni tanto. Aogni lettura, si concorda sempredi più.

([email protected])

ELENALOEWENTHAL

Ci sono poche coseche garantiscono un'esplosio-ne di umorismo involontariocome un brano affidato in tra-duzione automatica al compu-ter o, meglio ancora, alla glo-bale ragnatela di informazio-ni. A tutti è capitato di riceve-re tanto esilaranti quanto al-larmate mail che ingiungonodi disattivare un account ine-sistente, previa candida con-segna di tutti i propri dati sen-sibili al link in questione. Pocoma sicuro, un traduttore diprofessione non cascherebbemai in una trappola così mal-destra: l'improbabile linguain cui si esprime è di per séuna dichiarazione di scarsa af-fidabilità.

La traduzione automatica,con la sua carica di ridicolo,dichiara meglio di qualunquetrattato teorico la natura uni-ca e insostituibile di questomestiere. Artigianale nel sen-

so più nobile del termine: im-possibile affidarlo a una mac-china, a una qualunque formadi serialità. Ciò che distingueil lavoro umano da quello au-tomatico è proprio la «discre-zione», la capacità di distin-guere. Di questo e altro è fat-ta la traduzione: opera aper-ta, mai perfetta.

Tradurre è un lavoro deli-cato e appassionante, come loracconta Susanna Basso frale dense pagine di esperienzepersonali e «divagazioni mili-tanti»: un mestiere in ombra,che di questa ombra deve fa-re privilegio e non frustrazio-ne. Susanna Basso è una gran-de traduttrice dall'inglese.Verrebbe poi da aggiungereche è la traduttrice «di», fragli altri, Alice Munro, IanMcEwan e Martin Amis. Senon fosse che una riserva sal-

ta subito agli occhi, e di lì allamente: quel «di» genitivo nonva inteso come un passivo pos-sesso, anzi. Tanto è vero che,quando parla del suo bellissimomestiere, un traduttore ti spie-ga quali sono i «suoi» autori.

In altre parole, se pure dipossesso si tratta, è più recipro-co che mai. Anzi, forse con unleggero squilibrio della bilan-cia, perché sono più gli autoriad essere possesso del tradut-tore, che non viceversa. Perchétradurre è anche e soprattutto«possedere» un testo, in termi-ni se non erotici certo amorevo-li. E' qualcosa, per intenderci,di molto diverso, quasi oppostoal leggere: per come si entra, siaffonda, si percorre, si esplora

la pagina. Susanna Basso rac-conta queste esperienze in uncontatto diretto con i testi: daogni caso specifico, da ogni im-pervietà risolta, da ogni revisio-ne, da ogni nuovo cimento conun testo magari già tradottomille volte, emerge sempre unaverità generale: «Sentire unalingua dalle voci della gente èun'esperienza che il traduttoreletterario spesso sottovaluta.Per noi la lingua è sulla pagina,e non fa rumore. Leggiamo nel-la mente il brano che stiamoper tradurre, ma è raro che sia-mo in grado di udirne davvero isuoni. Le parole scritte fatica-no a ritrovare la strada del no-stro ascolto. Anche quando sitratta di dialoghi, anche quan-do, per scrupolo, ce le leggiamoa voce alta».

Però, a ben pensarci, il tra-duttore ha il coltello dalla partedel manico. Anche se questo col-tello è sotto mentite spoglie.Quelle dell'invidia, ad esempio:«Quando siedo davanti alle pa-

role di un autore e ascolto la suascrittura declinare una voceche non mi appartiene, io so chesolo con l'invidia saprò sorve-gliare il testo dell'altro mentresi fa mio». All'autore non restache consegnarsi, con pazienza efiducia. Il traduttore, dal cantosuo, deve esercitare l'arte delladiscrezione nel senso più ampiodel termine: mai prevaricare lascrittura (eppure inventarladaccapo in un'altra lingua), e de-cidere con indefessa responsa-bilità. Perché quando si traghet-ta un libro da una lingua all'al-tra, ogni parola, ogni virgola si-gnificano una decisione presa emigliaia di altre scartate. E così,la traduzione diventa inevitabil-mente un amoroso corpo a cor-po con il testo. In fin dei conti,con la vita stessa che si raccon-ta attraverso le parole: prima al-trui, e poi proprie.

LORENZOMONDO

Metto in guardia chinon ha uno stomaco forte dal-la lettura del primo capitolo diBrace, il romanzo d’esordio diAttilio Caselli. Non è che man-chi, anche in altre parti del li-bro, una propensione all’ecces-so, ma qui l’impasto di sessua-lità e ferocia raggiunge il suoacme. E’ la strada scelta dal-l’autore, che vive in Brasile elavora nel cinema, per rappre-sentare l’umanità degradatadi Rio, la foga e la furia dei suoiistinti elementari. Ma nonsfugge alla sua attenzione la fa-scia opulenta della società bra-siliana, che coltiva vizi menoappariscenti, ovattati dal deco-ro formale e dall’esercizio del-la frode morale.

Il racconto si dispone in ca-pitoli che sembrano dotati diuna loro autonomia ma alla fi-ne tutto si tiene, situazioni epersonaggi vengono via via re-clutati a far parte circolarmen-te dell’affresco. Ecco Du, il ra-

gazzo nero della «favela», cheper sensualità e spavalderia osaimpossessarsi di Elza, l’amantedi un temuto capobastone, gua-dagnandosi una morte ignobile.

Si volta pagina con Diego, undeputato federale che aspira al-la presidenza della repubblica.Ma la sua smania di potere, affi-data all’intrigo e alla prevarica-zione, è tallonata da una fineche giungerà repentina (datoraccapricciante, le sue ultime,vaneggianti parole, non sono ri-servate agli affetti familiari ma

ad una speculazione abortita).La sua bella moglie Costanza sidifende dal disamore con il ri-corso alla droga; fermata dallapolizia, si butta dalla finestra inun volo che, frutto di disperazio-ne, si rivelerà salvifico.

Ci troviamo poi ad accompa-gnare affettuosamente JoaoBaptista nelle sue estenuanticamminate per la città tentaco-lare. Trascina un carretto pienodi cartoni e rifiuti, dal quale ve-drà spuntare, come per sortile-gio, una donna mirabile che egli

identifica con una sincretisticadivinità delle acque. RicardoMachado è un poliziotto onesto,costretto a battersi anche con-tro la corruzione dei colleghi e aentrare in conflitto con se stes-so a causa di un amore che giu-dica sconveniente per la sua di-visa. Ci sono infine Vanderley eCleverson, i due cognati, che ap-paiono animati da un abbietto evendicativo spirito di emulazio-ne. Sono becchini nel cimiterodi Botafogo che risultano funzio-nali alla conclusione di certe sto-rie proposte da Caselli ma sem-brano più in generale sprigiona-re nel romanzo un sentore dimorte, tanto più forte a contra-sto con il sole che percuote stra-de e coscienze.

Nell’inferno di Rio qualchespiraglio di aria pulita, la possi-bilità di vite diverse, non arreseall’avidità e alla barbarie, sonoaffidati alle figure dell’integerri-mo poliziotto Machado, dellaravveduta Costanza, del barbo-ne soddisfatto dei suoi stracci.

Brace è un libro che rivela un

notevole talento, a parte qual-che soverchio indugio riepiloga-tivo (ad esempio per quanto ri-guarda la vita e la carriera diDiego) e la scrittura un poco an-dante. Quanto al brutale reali-smo delle situazioni, che sem-brerebbe nascere da una sfron-tata scommessa, l’autore si ado-pera a temperarlo con qualche

innesto fantastico-visionario,come l’improbabile volo di Co-stanza dalla finestra o la miste-riosa apparizione della dea Ie-manja nel carretto del pezzen-te. Ma la soluzione più stimolan-te di Caselli è la capacità di vol-gere il dramma più fosco e orri-pilante nelle cadenze del grotte-sco e del comico. Di muovere alriso attraverso il disgusto.

ANGELOGUGLIELMI

Dovevo porre riparo aldanno (se danno è) di non averletto Il tempo materiale(il roman-zo di Vasta che quando uscì nel2008 mi sfuggi) né i tanti ricono-scimenti che ne ricevette mi in-dussero a farlo. In verità lo presiin mano e ne lessi solo una tren-tina di pagine travolto da nuoviarrivi e nuove richieste (di re-censioni). Così mi sono precipi-tato su Spaesamento deciso final-mentea colmare la lacuna.

Indubbiamente Giorgio Va-sta si guadagna il riconoscimen-to che ha ottenuto dopo la suaprima prova, rivelandosi un ve-ro scrittore. Ciò che decide dell'autenticità di uno scrittore è lalingua e Vasta ha una lingua di-ciamolo pure di notevole spesso-re. Intanto sa che le parole nonservono tanto a raccontare la re-altà che si vuole mostrare o me-glio sì, servono proprio a questoma a patto che quella realtà (e ilsegreto che porta con sé - altri-menti perché raccontarla?) ven-

ga trasformata in parole, diventilinguaggio: altrimenti meglio la-sciarla lì dove è senza disturbarlanel nascondiglio in cui si è acquie-tata. Così non stupisce l'incipitcon cui Vasta dà avvio al suo at-traversamento di parole (che taleè il suo soggiorno di tre giorni aPalermo, sua città natale, dove ri-torna dopo dieci anni per una pic-cola vacanza): «E dunque... mi la-vo, mi preparo ed esco con l'orgo-glio limpido e misurato della son-da umana che se ne va per la cittàa registrare fenomeni, spalancato

come una bocca che vuole divora-re barbabietole di vita».

Mangiando e masticando Va-sta con boli di parole scopre la re-altà di Palermo che poi è non è di-versa dalla realtà d'Italia e ancorala realtà delle nostre singole vite.Il danno maggiore che questa re-altà ha subito è la perdita del tem-po che ha smarrito il passato e ilfuturo riducendosi al semplicepresente. Un presente che galleg-gia come ma macchia di olio suuna superficie di acqua e non haaltro destino, non esistendo pezzo

di mollica capace di assorbila, cheappunto galleggiare. Un presentesenza memoria e privo di attesedove tutto può accadere e sonoabolite le distanze e le differenze.Un presente dove la bellezza (deicorpi) è solo paura della morte etimore del disfacimento, dove ladignità combatte e perde con lafierezza e la resistenza ha smarri-to il suo antagonista. Un presenteche significa corruttela e corrosio-ne tanto che ti basta toccare i fu-sti delle palme di Palermo per ri-ceverne tra le dite polvere puru-lenta e odore di marcio mentre lestrade e le mura della città com-pensano ogni soprelevazione eogni altro abuso con la moltiplica-zione delle buche e lo sgretola-mentodegli intonaci.

Il presente, questo brano ditempo disancorato e alla deriva,ha tuttavia bisogno di inventarsiun qualcosa di pur finto cui abbar-bicarsi capace di dargli un nome.E l'autore non si sorprende quan-do la mattina del suo secondogiorno di vacanza sceso in spiag-gia a prendere un po' di sole scor-

ge un gruppo di ragazzi con ag-giunta di madri con bambini inbraccio, di padri con seguito diamici e via via della spiaggia tuttalavorare intorno a una scultura disabbia che all'inizio scambia perun omaggio alle lettere dell'alfabe-to per poi accorgersi che quellelettere messe in fila scrivono il no-me Berlusconi.

Certo dopo qualche tempo ipiù piccoli giocando sui pendii del-la U e le curve cosi rotonde della Bcon automobiline e soldatini fini-scono per abbatterle. Ma domanisaranno rialzate e ancora dopodo-mani e dopo-dopo domani ancorae poi ancora e ancora. Fino aquando continueremo a sceglierecome nostro protettore unico e as-soluto questoeroe di sabbia?

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

La temperaturadella gioia

Mariangela Gualtieri e Luciana Notari,due voci nell’economia del cosmo

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Noi, orfanidel latino

Una lingua sempre più povera: la scuolala trascura, i telefonini la sminuzzano

A Rio, dovel’inferno è certo

Costruiamoeroi di sabbia

Caselli Tra sessualità e ferocia:l’esordio di un notevole talento

Vasta Ritorno nella natia Palermoper divorare «barbabietole di vita»

«Gli anni che nonstiamo vivendo»:da Nassiriya ai funeralidi Giovanni Paolo IIa Berlusconi al potere

Così nauseati,stranierie indifferenti

Mariangela Gualtieriè donna di teatro epoetessa. Ascoltarla

dire i suoi versi è un'esperien-za interessante, perché si hala possibilità di comprendereper intero il senso scandito eforte, ricco di stratificazioni,che sa dare alla concisione vi-va della parola: sia scrittache recitata, o semplicementedetta.

Passando dall'oralità, dal-la sua voce al testo scritto, l'ef-fetto non si perde. Lo vedia-mo nei suoi libri, e particolar-mente in questo appena usci-to, Bestie di gioia (Einaudi,p.140, € 12) che ritengo il piùpersuasivo. E' un libro vario ecomposito, che presenta peròelementi interni di forte unita-rietà e personalità. Intanto lascrittura della Gualtieri è in-solitamente robusta e felice-mente ruvida. La parola sem-bra incidersi sulla pagina,con decisione, ma anche comeal termine di una lotta col si-lenzio e dopo la conquista diuna ispirata solitudine. E in-sieme a questo si rimane coin-volti dalla tensione che muo-ve ogni pagina, quasi ogniverso, in quella che è una testi-monianza lirica condotta perfasi successive, dove il canto èaspro, orientato fortunata-mente sull'esterno, sulla real-tà e sulla natura nella sua to-talità, sulla «natura risveglia-ta», sulla quale la poetessaproietta i suoi continui so-

prassalti, nel desiderio di esser-ne parte diffusa ovunque, verso«lo spettro luminoso della gio-ia». Ecco allora che risalta lacoerenza del titolo, ecco che il«messaggio», così intensamen-te articolato lungo il libro, èquello di una viva partecipazio-ne all'economia del cosmo, consofferenza, naturalmente, macon positiva accettazione dell'esserci, in una sorta di pantei-smo nel inquieto.

Le donne sono ormai sem-pre più numerose nel panora-ma della nostra migliore poe-sia. Di un'autrice purtroppoprematuramente scomparsa,Luciana Notari, è uscito un vo-lume che comprende tutte le po-esie. Si intitola La pietà e la pa-ura (Passigli, p.430, € 30) ed ècurato da Roberto Deidier.Scomparsa nel 2006, la Notariera nata a Terni nel '44 e comescrive Elio Pecora nell'introdu-zione, nei suoi versi troviamoinsieme la «gioia che stordisce»e il «dolore che rende consape-voli».

Diversi i suoi accenti rispet-to a quelli di Mariangela Gual-tieri, ma anche in lei si notal'elevata temperatura di unaparola che esprime un forte ra-dicamento nelle cose, tra città,natura, vita quotidiana e pas-sioni. La lingua è aspra, di un'asciuttezza che però non trascu-ra la musica; il verso è vario,pur assumendo in modo eviden-te l'endecasillabo come modelloo riferimento privilegiato.

MARCOVICHI, IL SIMENONDEL LUNGARNO

Un ragioniere tranquillo= Mario Rossi è un impiegato fiorentinosessantaduenne.Da 43 anni lavora come ragioniere aScandicci.Una vita regolare, una moglie anonima, due figliasettici e fuori casa, un tran tran senza scossoni.Un tipotranquilloe privodi curiosità, il signorRossi. Uno cometanti. Ma poi la moglie muore di colpo, lo lascia solo in unacasavuota e silenziosa.Ed è allora che nell’uomoscatta lamolladelle ipotesi non vissute,dei viagginon fatti, dellevoglie mai lasciate emergeredal torpore della routinequotidiana.Mario Rossi scopreche la vita offre stradealternative:quandosi licenzia e va in pensione, il gioco delle

fantasie inespresse si scatena in una libertà imprevista chediventa prestogioco furtivo, peccato, libidine, perversione.Finoall'ossessione finale che lascia capire come in ognunodi noi si celi l'istintodel mostro e bastinopochi squarcid'occasioneper farci deviare dal percorsodella normalità.Triste, sconfortante,opprimente ma realistico nella sualucidità analitica,Un tipo tranquillo (Guanda,pp. 235,€ 16) conferma le impressioni che già coltivavamoriguardoal suo autore: Marco Vichi qui scopre il gioco,presentandosia tuttocampo come il SimenondellungArno, in una storia che risulta apertamenteungenerosoomaggioal Maestro.Nella sequenza di gestiincolori che raffigurano la vita scarna del ragionier Rossi,riconosciamoil marchio di una ottusa disperazionepiccolo

borghesenellaquale spesso affondano le vite mediocri esenza grandi orizzonti. E' il trionfo dellabanalità, l'allegoriadell’impotenzadi figure anonimee senza volto, chescoprono il mondo quando il mondo nonha più bisogno diloro e le ha lasciate decantare, invecchiare, nell’angolodellemasse sconosciute. Il lampo di vita - e di assurdaviolenza -di Mario Rossi è un grido lanciatodal buio per cercare diesistere,di trovare consensi, in una società distratta in cui siscivola come ombre incontroalla notte. Nella sua dolenteevoluzione, che a tratti rammentaanche un bel romanzodell’uruguaianoMario Benedetti, La tregua, l'impietosolibrodi Vichi ci fa alzare d'istinto lo sguardoallo specchio,per essere sicuri di esistere. Sergio Pent

Quasi un luogo co-mune è diventatoil lamento quoti-diano sull’impove-rimento in atto del-

la nostra lingua. Ma questovale anche per le altre, cui toc-ca oggi la stessa sorte.

Diceva Lázaro Carreter,in un suo libro fortunato, Eldardo en la palabra, che seagli spagnoli togli l'aggettivobonito, molti non saprebberopiù parlare. E si potrebbero ci-tare gli americani, per i qualiogni cosa è fantastic o lovely,e tanto basta. Un grande ma-re di parole sulla bocca di mol-ti (troppi) si è ristretto in unostento rivoletto.

Da noi una delle cause(penso alle persone media-mente colte) è certamente laconoscenza sempre più rare-fatta del latino, che ha ridottodi molto l’utilizzazione di unacerta parte del lessico deriva-to non per via diretta dallanostra lingua madre, ma dal-la tradizione scritta di quellalingua. Gran parte della paro-le definite da De Mauro nelsuo Dizionario come di «bas-so uso», cioè rare, o «lettera-rie», quelle che ai più risulta-no oggi opache, di significatooscuro, sono tutte latinismievidenti: diuturno, esiziale,castigato (nel senso di «vere-condo»), inane, egro, ludico,foriero, preconizzare ecc.

Si capisce perché oggi siadiventato un problema serio

spiegare a scuola la nostra let-teratura, specialmente quelladei secoli passati, così colma diparole del genere.

Ci sono poi le circostanze ge-nerali, decisamente sfavorevo-li: non aiuta per esempio il fat-to che computer e telefonini sia-no diventati i principali stru-menti di comunicazione. Vi cir-cola un lessico poverissimo, esi-guo, si messaggia con crocette,ideofoni da fumetto, e tante el-lissi. Anche i media danno il lo-ro contributo negativo: pensoal livello basso dello straparla-re televisivo.

La scuola potrebbe fare mol-to, se si volesse rifondare, darleossigeno in soldoni, invece difarla andare a fondo con tagli eriduzioni.

Servirebbero ore a disposi-zione per una riflessione costan-te sulla lingua, per esercizi sul-la costruzione di testi, variatiper registro e punti di vista. Sidovrebbe tornare alla praticadei riassunti, delle parafrasi, epremere soprattutto sulla lettu-ra, per facilitare l'arricchimen-to del lessico. E aiuterebbe un'attenzione particolare per lelingue speciali, settoriali, scien-tifiche.

Infine servirebbe tantissimopoter tornare all'analisi dei te-sti letterari, per cercarvi innan-zitutto la spiegazione letterale,per sottolineare particolarità epeculiarità del lessico, dei signi-ficati..., forse varrebbe più lapratica che la grammatica.

«Spaesamento»:un presente senzamemoria e privodi attese dovetutto può accadere

«Brace»: la fogae la furia dell’umanitàdegradata, i vizi menoappariscentidella fascia opulenta

ANDREATARABBIA,UN ESORDIO DIVERSO

La calligrafia dei missili= Ci sono 99 pagine formidabili in questo esordio deltrentaduenneAndrea Tarabbia.La calligrafiacomeartedellaguerra (Transeuropa,pp. 218, € 16,50). Formano laprimaparte del romanzo, in cui il lettore è preso per manoecondottonel labirintodi una enigmatica, cupa, minacciosarealtàdel prossimofuturo. Una realtà alteratae onirica, manon implausibile, così che la letturaè fortementedispensatriced'ansia. Horatioè «magister»nella città di H.,in una scuola dove le alunne, esclusivamentebambine,dalui imparano a calligrafarecon arte. Appresa la tecnica, illoro compitosarà quellodi scrivere comunicati sulle

«ampolle», cioè le rivestitureche avvolgono i missili balistici.La citta di H. è infatti in guerra con «gli altri» che stannoal diladel confine. La guerra, nel momento in cui la narrazioneprendemagistralmente il volo, è in una fase tattica,diprovocazionie controprovocazioni.Spedite, appunto, conmissili-bombarecanti, sull'ampolla,un testo calligrafato.PerchéH. (che tanto somiglia a un'Italia in emergenzapost-secessione)e gli «altri» sono in guerra? Perché nonusano le vie delladiplomazia, anziché missili istoriati, percomunicare?Cos'è successoprima? Da quantodura? Dadove arriva Horatio e perché si è trasferitoad H.? Non si sa enonsarà chiarito, e l'arma vincente di Tarabbia è propriol'inesorabilenarrazione, lungo la quale il lettore non sente ilbisogno di risposte, ma si inebria dell'accumularsi degli

interrogativi. E poi? Dopo pagina 99? Arriva qualchespiegazioneminore, e soprattutto dall'ionarrante unico(Horatio) si passa a un'esplosionedi narratori. Non si diràcosa succede né, ancora più importante,dove: sarebbecriminaleaggiungerealtro e togliere al lettore il piaceredisentirsidisorientato. Si dirà solo che la tensionescende,l'accumularsidi interrogativi si ferma, il ritmo cala. Peccato,ma questo non cancella l'impressionepositiva. Il romanzo sigiova di una bandella firmata da Antonio Moresco, eppuremoreschianonon è: se si escludeuna vaga parentela con ilTullioAvoledo più apocalittico, e anche seda pagina 100 siscendedi qualità, Tarabbia resta un esordiente daapplaudireper il coraggio di una ricercatadiversità. Piersandro Pallavicini

pp Giorgio Vastap SPAESAMENTOp Laterza, pp. 118, € 9.50

pp Attilio Casellip BRACEp Fazi, pp. 253, € 17,50

pp Antonio Scuratip GLI ANNI CHE

NON STIAMO VIVENDOp Bompiani, pp. 312, € 19,50

pp Susanna Bassop SUL TRADURRE. Esperienze

e divagazioni militantip Bruno Mondadori, pp. 166,€ 16p L’autrice, che ha tradotto fra gli

altri romanzi di Alice Munro, IanMcEwan e Martin Amis, spiegail rapporto con i «suoi» autori

Scurati Noi, estranei a quello checi accade: 60 casi di questi decenni

Un appassionato corpoa corpo con l’opera,infine con la vitastessa che si raccontaattraverso le parole

Mestiere artigianalenel senso più nobiledel termine, impossibileda affidarea una macchina

SusannaBasso, fraesperienzepersonali e

«divagazionimilitanti»racconta

un mestierein ombra, che

di questaombra deve

fare privilegio.Tradurre èqualcosa di

molto diversoal leggere:

per comesi percorre e

si esplorail testo, riga

per riga,parola per

parola

Susanna Basso

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 26 GIUGNO 2010LA STAMPA V

Page 6: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.57

Immagini e etica Le «lezioni» di Scianna, Ghirri e Dondero, tra fotogiornalismoe foto d’ autore, per raccontare la realtà e «pulire lo sguardo» dai luoghi comuni

MARCOBELPOLITI

Il fotoreporter è aMakallé in Etiopia. Arriva in unaccampamento con migliaia dipersone. Svolge il suo lavorodentro la tenda della CroceRossa: una fila di bambini co-me quelli usciti da Auschwitz egli infermieri che li pesano e limisurano. Scatta delle immagi-ni e intanto chiede: cosa servepesare e misurare in un luogodove la gente muore come mo-sche? È per decidere chi salva-re e chi no, gli rispondono. Il fo-tografo si sente male: non rie-sce più a fare foto. Che senso hascattare delle istantanee in unasituazione del genere? Va daun medico italiano che cono-sce. Gli esterna i suoi dubbi.L'uomo gli risponde che ha al-tro da fare che occuparsi dellacrisi di un fotografo: non farmiperdere tempo. Sono le diecidel mattino e il fotografo si aggi-ra per il campo fino verso le seidi sera incerto se tornare a ca-sa, oppure no. A quel punto sen-te di aver fame e si domanda co-sa può mangiare lì dove tuttimuoiono di fame. La fame au-menta, e comincia a pensare alsuo mestiere. Lentamente rie-merge dal suo turbamento e ri-flette sul suo corpo, sulle neces-sità fisiche, più impellenti diogni dubbio psicologico. Fai ilfotografo?, si dice. Non è que-sto che volevi fare? Allora fallobene. Cerca di mettere nelletue foto la tua angoscia e la tuapietà.

Il fotoreporter si chiamaFerdinando Scianna, uno deimaestri della fotografia italia-na. Uno degli scatti di quel gior-no si trova all'interno del suobreve ed essenziale libro: Eticae fotogiornalismo. Un’immaginestraziante, al limite dell’oscenoper chi ha ancora un cuore: uncorpicino di bambino macilen-to, steso su un piano, il metroaperto in primo piano; due ma-ni, che lo tengono: la prima al-l’altezza delle ginocchia è quel-la del medico, l'altra è quella diun uomo di colore che gli copregli occhi; il bambino alza lebraccia e apre la bocca in ungrido: non vediamo il suo volto,ma è come se lo vedessimo.

Questo libro affronta un ar-gomento oggi decisivo e conclu-de, da dentro il mestiere di foto-grafo, che le immagini, che do-vrebbero fare da ponte tra noie la realtà, sono diventate inve-ce un muro, una montagna chela nasconde, la mistifica, la di-storce. Una conclusione ama-ra, ma importante, perchéScianna si sente toccato sino infondo dalla vergogna che ilguardare e il fotografare produ-ce in chi apre oggi il proprioobiettivo sul mondo.

La fotografia non è morta,come sostiene qualcuno, ma haabdicato spesso alla sua funzio-

ne di racconto e denuncia dellarealtà. Forse perché, come cispiega Scianna, ha rinunciato alsuo compito: da un lato, è diventa-ta uno strumento passivo dellapubblicità; dall’altro è entrata nelcampo dell’arte, divenendo unostrumento estetico. Ma davveronon c'è via di uscita dalle ango-sciose domande che si pone il fo-tografo siciliano?

Un altro libro ci fornisce rispo-ste diverse e forse positive. Sitratta della raccolta delle lezionitenute a una classe di studenti daun altro fotografo, Luigi Ghirri.Siamo nel 1989 e Ghirri è al culmi-ne del suo lavoro, cui una morteimprovvisa metterà termine solotre anni dopo. Si tratta di trascri-zioni da un nastro, conversazionifatte a braccio, che riguardano ilruolo del fotografo contempora-neo, la tecnica, l'uso della luce, latrasparenza, la storia della foto-

grafia, la grafica editoriale.Il fotografo emiliano commen-

ta foto proprie e altrui, spiega co-sa è oggi un fotografo, come lavo-ra, come si rapporta con la tradi-zione. Dà una definizione calzan-te di sé, della sua formazione e delsuo lavoro: non è andato a scuolain un laboratorio di fotografia o in

uno studio, non è fotoreporter,non è fotoamatore passato al pro-fessionismo, non è membro diuna agenzia fotografica. È un uo-mo che guarda dentro una mac-china fotografica. Queste lezionidi metodo sono, non meno del li-

bro di Scianna, lezioni di etica.Dello sguardo, prima di tutto.Certo, Ghirri non è un fotografodi prima linea, uno che è là dovel'uomo viene colpito, massacrato,distrutto. Spira nelle sue immagi-ni un'aria di grande equilibrio: fo-to spesso senza figure umane, im-magini di paesaggi, luoghi. Fotoincantate e incantatrici.

Quella di Ghirri non è una scel-ta casuale; egli cerca «un rappor-to minimamente più approfondi-to con il visibile». Il suo scopo èquello di pulire il nostro sguardodal già-visto, dai luoghi comuni. Ilfotografo emiliano non ha denun-ciato nulla, o quasi, neppure loscempio del paesaggio. Ma ha fat-to qualcosa di più, di cui oggi ab-biamo molto bisogno: ci ha inse-gnato a guardare il mondo. In po-sitivo. La fotografia era per lui un«modo di relazionarsi col mon-do», in cui il segno di chi fotografa

è certo forte, ma orientato a tro-vare un equilibrio tra l'interno el'esterno, tra l'interiorità del foto-grafo e il mondo là fuori: «che vi-ve al di fuori di noi, che continua aesistere senza di noi e continueràa esistere anche quando avremofinito di fare fotografia».

Oggi che la fotografia, graziealle macchine digitali e ai cellula-ri, è dilagata al di là dei confini delfotogiornalismo e della foto d'au-tore, la lezione di Ghirri diventaancora più preziosa, non supera-ta, come ha invece scritto Miche-le Smargiassi su la Repubblica re-censendo il libro, proprio perchéil tema dello sguardo si propone atutti e non più solo ad alcuni. Daitempi epici ed eroici del fotogior-nalismo ai tempi prosastici dellafotografia-di-tutti. La lezione eti-ca di Luigi Ghirri è ancora piùcontemporanea, perché riguardatutti. Un libro prezioso, poetico e

indispensabile perché «il mondocontinui a guardare il mondo».

Questo sguardo, che Ghirri ap-plica alle cose e al paesaggio, nonè tuttavia solo una sua prerogati-va. In questi giorni si è aperta aBergamo, alla Galleria Ceribelli,una mostra di Mario Dondero, un«giovane fotografo» di 82 anni,probabilmente il più importante,e insieme semisconosciuto, foto-grafo italiano vivente, un mae-stro del fotogiornalismo. E con lamostra c'è - vera rarità - un cata-logo con oltre 70 immagini. LìDondero ha fotografato i grandidella letteratura, da Pasolini a Be-ckett, da Saroyan a Grass, del No-vecento come se avesse ritrattodei passanti, e i passanti, i soldati,i contadini, gli operai, la gente co-mune, come se fossero dei grandiscrittori. Sono fotografie che pos-siedono la grazia dello «sguardonaturale», quello che sa coglierela persona, non il personaggio.

Dondero scatta fotografie co-gliendo quell’attimo in cui i suoisoggetti rivelano qualcosa di sé,qualcosa che è però un tratto co-mune a tutti: l'umanità. È statoanche un fotografo di guerra, manon di morti o feriti, bensì di azio-ni collettive, di eventi epici; è co-me se Omero invece di scrivereversi avesse guardato dentro l'oc-chio di vetro della macchina foto-grafica. Collaboratore di grandigiornali, vagabondo per il mondo,dagli Anni Cinquanta Dondero ri-siede a Parigi; le sue immagini co-niugano insieme sguardo e vita.Un modo di osservare il mondoche ci aiuta a capirlo, ma anche atrasformarlo.

GIANFRANCOMARRONE

La pubblicità è in de-clino: altre forme comunicati-ve stanno prendendo il suo po-sto, lasciandole un ruolo di re-troguardia nel campo dellapromozione commerciale edel discorso di marca. La no-stra vita ne è tuttora invasa,dalla buca delle lettere aglischermi tv, dalle pagine deigiornali alle affissioni strada-li. I grandi e piccoli brand, tut-tavia, affidano sempre più laloro parola a strumenti menoconvenzionali, e a loro modocomplementari, come i mondivirtuali di internet da un latoe le esperienze corpo-a-corpodall'altro. Siti web, negozi mo-nomarca, sms virali, urbanscreen, convergenze mediati-che, testimonial più o menovelati, focus interattivi, mega-eventi, social network e via di-cendo.

Quel che è stato il più po-tente mezzo di comunicazio-ne della modernità, quel mez-zo che dando, come si dice,consigli per gli acquisti, ha altempo stesso diffuso competi-zione e innovazione, finanzian-do indirettamente l'informa-zione autonoma (o sedicentetale), è destinato oggi a serra-re la sua scintillante coda dipavone. L'advertising si ripie-ga su se stesso, guardandosempre più al proprio ombeli-co, ora per proporsi come og-getto privilegiato dei proprimessaggi, ora per cercar dicapire che cosa è successo,che cosa sta ancora accaden-do, quali sono le poste in giocoe i possibili scenari futuri.

Da qui tutto un proliferaredi testi della e sulla pubblicità.Genealogie, ricostruzioni, in-terpretazioni, glorificazioni,genealogie, teorizzazioni divalore manco a dirlo disegua-le, che si fanno ulteriore se-

gnale di questa tipica condi-zione di crisi. Frangente com-parabile, si parva licet, a quel-la in cui un filosofo come He-gel, proclamando la mortedell'arte, ne indicava il cam-biamento di status, la sua per-dita di ruolo sociale e la suaconseguente traslazione nellasfera chiusa dell'esteticità, diuna bellezza tanto perturban-te quanto fine e se stessa.

Il paragone, del resto, èmeno azzardato di quantopossa sembrare, dato che unodegli strumenti che la pubbli-cità prova a darsi per resiste-re al suo declino è proprioquello di fare sistema, di tra-sformarsi in apparato com-plesso dove agli operatori ve-ri e propri dell'advertising siaffiancano, a sostenerli e im-beccarli, tutta una serie di fi-gure che quanto meno dal pri-mo Ottocento sono tipiche delmondo dell'arte, e che ne atte-

stano il pedigree: critici, inter-preti, galleristi, mercanti, clien-ti, consumatori.

Ma soprattutto storici. Na-sce così una storia della pubbli-cità, con i medesimi rituali e imedesimi problemi interpreta-tivi delle più canoniche storiedella letteratura e delle varie al-tre arti: da dove cominciare?come concludere? È meglio sof-fermarsi sui grandi nomi o inse-rire anche i cosiddetti minori,raccontare le vite degli autori osoffermarsi sulle loro opere?Più conveniente ricostruire sto-rie legate ai singoli Paesi o az-zardare una narrazione com-plessiva? E così le strade si divi-dono, i sentieri si biforcano e siintrecciano, nella comune ricer-ca di un discorso di una moder-na retorica che la riconsideri aldi fuori dei sempiterni luoghicomuni (manipolazione occul-ta) e delle semplificazioni quoti-diane (belletto esteriore di mer-ci dure e pure).

Silvio Saffirio, ex creativo,propone una serie di intervistein profondità ad alcuni pubblici-tari doc, da Marco Mignani aEmanuele Pirella (entrambi dapoco scomparsi), da Anna Scot-ti a Pietro Gagliardi e tanti al-tri, redigendo quello che eglistesso battezza «quasi un ro-manzo della pubblicità»: l'ideaè quella di mostrare come die-tro alle istituzionali ventate diottimismo pubblicitario si celiuno specchio della società af-fluente contemporanea.L'obiettivo, dichiarato, è quellodi «riprendersi la pubblicità»contro gli attacchi di internet esoci. Con un nume tutelareniente male: Napoleone Bona-parte, che usava jingle ad hoc

durante le battaglie, e sapevacome proporsi al suo pubblico.A David disse: «Voglio essererappresentato calmo su un ca-vallo focoso».

Mark Tungate, esperto in-ternazionale del settore, segueuna strada molto diversa, ci-mentandosi, forse per la primavolta con questa ampiezza disguardo e capacità di penetra-zione, in una storia globale dell'arte e della tecnica pubblicita-ria. E, come in tutte le storie,traccia innanzitutto una geogra-fia: una mappa che individua al-cuni luoghi canonici (Londra,New York, Parigi, Milano) e inessi rintraccia alcuni protagoni-sti privilegiati (Bill Bernach, Da-

vid Ogilvy, Leo Burnett, Jac-ques Séguéla, Martin Sorrel, Ar-mando Testa), anche e soprat-tutto attraverso i diversi mediache la pubblicità ha incrociato:la radio, il cinema, la televisione,la rete. La cosa più interessantesta comunque nel fatto che essoparla soprattutto dei prodottipubblicitari, delle opere di que-sti grandi maestri, dei singoli te-sti creativi e del loro significato.Confermando e ribaltando alcontempo la nota idea espressaun giorno, tramite Philippe Mar-lowe, da Raymond Chandler:«Gli scacchi sono il più elabora-to spreco di intelligenza che sipossa trovare al di fuori di un'agenzia di pubblicità».

Suona la campanaper la pubblicità

Consigli per gli acquisti Perché rischia il declinoil più potente mezzo di comunicazione della modernità

A CAPRI

Conversazioni d’autore= Scrittori a confronto, a Capri. E’ alla quinta edizionela rassegna «Conversazioni», a cura di Antonio Monda eDavide Azzolini. Ieri l’esordio, con Doctorow. Oggi: lascrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie (Metà diun sole giallo, Einaudi) con Walter Veltroni. Domanil’ospite sarà Colson Whitehead (Apex nasconde ildolore, Mondadori). Il 2 luglio Joshua Ferris (Nonconosco il tuo nome, Neri Pozza) con Paolo Giordano. Il3 David Byrne (Diari della bicicletta, Bompiani) conPaolo Sorrentino, il 4 Adam Haslett (Union Atlantic,Einaudi). Per info: www.leconversazioni.it.

DIECI ANNI DI INTOLLERANZE

Ma che razza di tifo= Dieci anni di casi (fino a Balotelli), cori e striscioni eviolenze fisiche. In Che razza di tifo (Donzelli, pp. 208,€ 17) Mauro Valeri racconta lo scontro fra culturasportiva e xenofobia. Oltre cinquecento episodi, traserie A, serie B, Prima e Seconda Divisione, Coppa Italia,tra sentenze del giudice sportivo e inchiestegiornalistiche. L’autore, sociologo, pone in particolarel’accento sulla «discriminazione nascosta» che di fattonega ai figli di migranti di tesserarsi come i loro coetaneifigli di italiani. Fra le conseguenze dell’attuale leggesulla cittadinanza.

OLIMPIADI

La favola di Roma 1960= Mezzo secolo fa, a Roma, le «Olimpiadi checambiarono il mondo», le ultime dell’era romantica,prima che dilagassero sponsor, tecnologia, doping. Araccontare Roma 1960 è il giornalista del WashingtonPost David Maraniss (Rizzoli, pp. 486, € 23, traduzionedi Domenico Giusti). Tra la dolce vita, il boomeconomico, le scorie del Ventennio, le spie e l’agone:Cassius Clay che gettava la medaglia, Abebe Bikila checorreva scalzo, Livio Berruti medaglia d’oro neiduecento metri, Rafer Johnson nel decathlon, e WilmaRudolph nello sprint...

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

La falsa libertàdel peccato

Una rilettura del Grande Inquisitore,il discrimine fra il bene e il male

I PRIGIONIERI ITALIANI IN SUDAFRICA

Quei soldati salvati dallo sport= I prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvisseroalla guerra grazie allo sport. E’ la storia che raccontaCarlo Annese, sorretto da una capillaredocumentazione, in I diavoli di Zonderwater (Sperling& Kupfer, pp. 302, € 18,50, prefazione di Gian AntonioStella). Dal 1941 al 1947 centomila soldati in esilio: liaccolse un altipiano brullo, lo trasformarono in unacittà. Sarà grazie allo sport che non soccomberanno,che ascenderanno verso una vita normale, nel segnodella dignità. Dalla scherma all’atletica, dalla ginnasticaa un campionato di calcio.

pp Silvio Saffiriop GLI ANNI RUGGENTI

DELLA PUBBLICITÀp Instar libri, pp. 447, € 19

Idee e societàVITuttolibri

SABATO 26 GIUGNO 2010LA STAMPA VII

LA MILANESIANA

I paradossi del mondo= Le contraddizioni culturali, ideologiche, politiche,religiose..., i «Paradossi» del mondo. E’ il fil rouge dellaMilanesiana 2010, a cura di Elisabetta Sgarbi, dal 5 al 19luglio. Tra gli ospiti, il 5, Vikram Seth, l’autore indiano diIl ragazzo giusto ; Joyce Carol Oates, a cui sarà assegnatoil premio «Fernanda Pivano» (l’8); Hanif Kureishi,SalmanRushdie, la regista neozelandese Jane Campion e UteLemper in concerto (il 10); l’omaggio ad Alda Merini,Fernanda Pivano, Antonia Pozzi (l’11); il re dell’horroramericano George Romero in dialogo con Enrico Ghezzi(il 12), Asa Larsson e Soynka (il 16), Appefeld (il 17).

Altri titoliUnacassettadegli attrezziper lostudiodel settoreèpropostadaVanniCodeluppi inPersuasiefelici? (Carocci,pp.165, € 17).SullenuovetendenzedellapubblicitàhannoscrittoPaoloPeverinieMaricaSpalletta inUnconventional (Meltemi,pp.258,€ 21).Unateoria rigorosasuimezzidicomunicazione, cherendecontodella importanzadellamateriapubblicitaria,èSemioticadeimediadiRuggeroEugeni (Carocci,pp.325, € 28,60).

pp Mark Tungatep Storia della pubblicitàp pref. di M. Coviellop Franco Angeli, pp. 329, € 39

Ci sono opere e brani del-le letteratura mondialecui sovente si fa riferi-

mento nelle più svariate circo-stanze, dando per assodatoche tutti li abbiano letti e quin-di mostrando a propria voltadi conoscerli anche quandonon si saprebbe ripetere nem-meno una frase o un pensieroin essi contenuto. Un classicoesempio sono le pagine che Do-stoevskij dedica al Grande In-quisitore nel romanzo I Fratel-li Karamazov: un «poema»davvero mirabile nella sua lu-cida chiaroveggenza sull'affa-scinate e drammatico temadella libertà e della responsa-bilità.

Bene ha fatto allora l'edito-re Salani a riproporre quel te-sto (Fëdor Dostoevskij, Il Gran-de Inquisitore, pp. 96, € 10)nell'ottima traduzione di Sere-na Vitale e arricchito di una ri-flessione di Gherardo Colombosu «Il peso della libertà».

Colombo - che, lasciata lamagistratura, si dedica appas-sionatamente alla divulgazio-ne della cultura della legalità edella giustizia nelle giovani ge-nerazioni ed è presidente diGarzanti - offre anche alcunepagine introduttive che riassu-mono il contesto narrativo incui il racconto dostoevskijanosi inserisce, ma il suo contribu-to più prezioso è la rilettura de-gli snodi decisivi posti da que-sta immaginaria figura di In-quisitore partorita dalla pen-na mirabile del romanziererusso.

Il rapporto tra fede e liber-tà di scelta, tra la responsabi-lità individuale e quella collet-tiva, tra giustizia, peccato eredenzione sono tematicheche non riguardano solo laRussia ortodossa del XIX se-colo in cui si svolge il drammadei fratelli Karamazov, enemmeno la sola Spagna cat-tolica del XVI secolo dove èambientato il dialogo tra Ge-sù Cristo e il Grande Inquisi-

tore, in realtà un monologo diquest'ultimo.

No, è l'essere umano diogni tempo e luogo a doversiconfrontare con la difficoltàdell'uso della propria libertà,a trovarsi tormentato «dallascelta non perché gli è impedi-to di farla, ma perché non è ca-pace di farla»; è il dramma diciascuno di noi, credente o noncredente, quello di «essere poiresponsabili, nei confronti de-gli altri e di se stessi, di quelche si è scelto».

E non è forse di sconvolgen-te attualità la luciferina affer-mazione dell'Inquisitore:«Concederemo (agli uomini)anche il peccato; sono deboli,svigoriti, e per il permesso dipeccare ci vorranno bene comebambini».

Gesù non risponde alle ac-cuse e alla condanna emessadall'Inquisitore - «se qualcunopiù di tutti ha mai meritato ilnostro rogo, quello sei Tu. Do-

mani ti consegnerò alle fiam-me. Dixi» - semplicemente si-gilla con un bacio d'amore laveemente e perversa disanimadel suo interlocutore, ammuto-lendolo e disarmandolo, per-ché il Grande Inquisitore «nonpuò confrontarsi con l'amore».

La rilettura che GherardoColombo fa di questo capolavo-ro del conflitto di coscienza difronte al male del mondo cul-mina con interrogativi che nonavrebbero sfigurato sulla boc-ca di Alioscia, il giovane Kara-mazov che ascolta attonito ilracconto del fratello Ivan: «ènecessario presupporre l'esi-stenza di Dio perché si possadistinguere tra il bene e il ma-le?». Domanda cruciale, cuiforse dà risposta un'altra do-manda: «Non è il riconosci-mento terreno e storico delladignità della persona umanala radice della distinzione trail bene e il male?». Domandeaperte, cui una sapiente rilet-tura di Dostoevskij potrebbedavvero giovare grandemente.

Una buona fotografiasmaschera il mondo

A GAVOI

L’isola delle storie= In Barbagia, a Gavoi, dal 2 al 4 luglio «L’isola dellestorie», festival letterario della Sardegna, giunto allasettima edizione. Tra i protagonisti, Benedetta Tobagi,Nicola Lagioia, Giorgio Vasta e Laura Pugno (i mattutiniappuntamenti «Dal balcone»). Nel pomeriggio, tempo direading: si inizia con Francesco Recami, MassimoGramellini (con Valentina Fortichiari), Dario Voltolini. Peril ciclo «Povera patria» intervengono Ernesto Franco,Eugenio Scalfari, Giovanni Floris. Animeranno «Storie dialtri luoghi» il cinese Mo Yan, il tedesco Peter Schneider,l’americano Eli Gottlieb. Per info: www.isoladellestorie.it.

pp Ferdinando Sciannap ETICA E GIORNALISMOp Electap pp. 74, € 19

pp Luigi Ghirrip LEZIONI DI FOTOGRAFIAp a cura di G. Bizzarri e P. Barbarop Quodlibet, pp. 264, € 22

pp Mario Donderop DELLO SGUARDO, DELLA VITA

Un film del Novecentop Lubrina Editore, pp. 171, € 10

Una «Storia» di MarkTungate, mentreesplode la concorrenzacon siti di Internet,sms, focus, megaeventi

Gli anni ruggentiripercorsi da Saffirioin una serie di intervisteai «maestri», con numetutelare Napoleone

Spesso ha abdicatoalla funzione didenuncia, è diventataun muro che nasconde,mistifica e distorcce

Saper osservarein modo positivo,«naturale», coglierenon il personaggio mala persona, l’umanità

Salaniriproponele pagine

del GrandeInquisitore,

tratte dai«Fratelli

Karamazov»con una

riflessione diGherardo

Colombo su«Il peso della

libertà».Qui a lato

«Il Cardinale»di El Greco

Una pubblicitàdi Leo Burnett

per Lojack,azienda

specializzatanel recupero

di veicolirubati.

Sullapubblicitàè in uscita

da Taschen illibro

«Mi chiamoCharles

Saatchi e sonoun artolico»,

sequenzadi domande erisposte conil fondatore

della famosaagenziaSaatchi

&Saatchi

In senso orario: da sinistra, FerdinandoScianna , autore di «Etica e

fotogiornalismo»;Mario Dondero (a Bergamo è in corso una

sua mostra, i ritratti di oltre 70 grandidella letteratura, da Pasolini a Beckett, da

Saroyan a Grass);Luigi Ghirri, l’artefice di una alta lezioneetica, la testimonianza che il mondo deve

continuare «a guardare il mondo»

Page 7: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

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Immagini e etica Le «lezioni» di Scianna, Ghirri e Dondero, tra fotogiornalismoe foto d’ autore, per raccontare la realtà e «pulire lo sguardo» dai luoghi comuni

MARCOBELPOLITI

Il fotoreporter è aMakallé in Etiopia. Arriva in unaccampamento con migliaia dipersone. Svolge il suo lavorodentro la tenda della CroceRossa: una fila di bambini co-me quelli usciti da Auschwitz egli infermieri che li pesano e limisurano. Scatta delle immagi-ni e intanto chiede: cosa servepesare e misurare in un luogodove la gente muore come mo-sche? È per decidere chi salva-re e chi no, gli rispondono. Il fo-tografo si sente male: non rie-sce più a fare foto. Che senso hascattare delle istantanee in unasituazione del genere? Va daun medico italiano che cono-sce. Gli esterna i suoi dubbi.L'uomo gli risponde che ha al-tro da fare che occuparsi dellacrisi di un fotografo: non farmiperdere tempo. Sono le diecidel mattino e il fotografo si aggi-ra per il campo fino verso le seidi sera incerto se tornare a ca-sa, oppure no. A quel punto sen-te di aver fame e si domanda co-sa può mangiare lì dove tuttimuoiono di fame. La fame au-menta, e comincia a pensare alsuo mestiere. Lentamente rie-merge dal suo turbamento e ri-flette sul suo corpo, sulle neces-sità fisiche, più impellenti diogni dubbio psicologico. Fai ilfotografo?, si dice. Non è que-sto che volevi fare? Allora fallobene. Cerca di mettere nelletue foto la tua angoscia e la tuapietà.

Il fotoreporter si chiamaFerdinando Scianna, uno deimaestri della fotografia italia-na. Uno degli scatti di quel gior-no si trova all'interno del suobreve ed essenziale libro: Eticae fotogiornalismo. Un’immaginestraziante, al limite dell’oscenoper chi ha ancora un cuore: uncorpicino di bambino macilen-to, steso su un piano, il metroaperto in primo piano; due ma-ni, che lo tengono: la prima al-l’altezza delle ginocchia è quel-la del medico, l'altra è quella diun uomo di colore che gli copregli occhi; il bambino alza lebraccia e apre la bocca in ungrido: non vediamo il suo volto,ma è come se lo vedessimo.

Questo libro affronta un ar-gomento oggi decisivo e conclu-de, da dentro il mestiere di foto-grafo, che le immagini, che do-vrebbero fare da ponte tra noie la realtà, sono diventate inve-ce un muro, una montagna chela nasconde, la mistifica, la di-storce. Una conclusione ama-ra, ma importante, perchéScianna si sente toccato sino infondo dalla vergogna che ilguardare e il fotografare produ-ce in chi apre oggi il proprioobiettivo sul mondo.

La fotografia non è morta,come sostiene qualcuno, ma haabdicato spesso alla sua funzio-

ne di racconto e denuncia dellarealtà. Forse perché, come cispiega Scianna, ha rinunciato alsuo compito: da un lato, è diventa-ta uno strumento passivo dellapubblicità; dall’altro è entrata nelcampo dell’arte, divenendo unostrumento estetico. Ma davveronon c'è via di uscita dalle ango-sciose domande che si pone il fo-tografo siciliano?

Un altro libro ci fornisce rispo-ste diverse e forse positive. Sitratta della raccolta delle lezionitenute a una classe di studenti daun altro fotografo, Luigi Ghirri.Siamo nel 1989 e Ghirri è al culmi-ne del suo lavoro, cui una morteimprovvisa metterà termine solotre anni dopo. Si tratta di trascri-zioni da un nastro, conversazionifatte a braccio, che riguardano ilruolo del fotografo contempora-neo, la tecnica, l'uso della luce, latrasparenza, la storia della foto-

grafia, la grafica editoriale.Il fotografo emiliano commen-

ta foto proprie e altrui, spiega co-sa è oggi un fotografo, come lavo-ra, come si rapporta con la tradi-zione. Dà una definizione calzan-te di sé, della sua formazione e delsuo lavoro: non è andato a scuolain un laboratorio di fotografia o in

uno studio, non è fotoreporter,non è fotoamatore passato al pro-fessionismo, non è membro diuna agenzia fotografica. È un uo-mo che guarda dentro una mac-china fotografica. Queste lezionidi metodo sono, non meno del li-

bro di Scianna, lezioni di etica.Dello sguardo, prima di tutto.Certo, Ghirri non è un fotografodi prima linea, uno che è là dovel'uomo viene colpito, massacrato,distrutto. Spira nelle sue immagi-ni un'aria di grande equilibrio: fo-to spesso senza figure umane, im-magini di paesaggi, luoghi. Fotoincantate e incantatrici.

Quella di Ghirri non è una scel-ta casuale; egli cerca «un rappor-to minimamente più approfondi-to con il visibile». Il suo scopo èquello di pulire il nostro sguardodal già-visto, dai luoghi comuni. Ilfotografo emiliano non ha denun-ciato nulla, o quasi, neppure loscempio del paesaggio. Ma ha fat-to qualcosa di più, di cui oggi ab-biamo molto bisogno: ci ha inse-gnato a guardare il mondo. In po-sitivo. La fotografia era per lui un«modo di relazionarsi col mon-do», in cui il segno di chi fotografa

è certo forte, ma orientato a tro-vare un equilibrio tra l'interno el'esterno, tra l'interiorità del foto-grafo e il mondo là fuori: «che vi-ve al di fuori di noi, che continua aesistere senza di noi e continueràa esistere anche quando avremofinito di fare fotografia».

Oggi che la fotografia, graziealle macchine digitali e ai cellula-ri, è dilagata al di là dei confini delfotogiornalismo e della foto d'au-tore, la lezione di Ghirri diventaancora più preziosa, non supera-ta, come ha invece scritto Miche-le Smargiassi su la Repubblica re-censendo il libro, proprio perchéil tema dello sguardo si propone atutti e non più solo ad alcuni. Daitempi epici ed eroici del fotogior-nalismo ai tempi prosastici dellafotografia-di-tutti. La lezione eti-ca di Luigi Ghirri è ancora piùcontemporanea, perché riguardatutti. Un libro prezioso, poetico e

indispensabile perché «il mondocontinui a guardare il mondo».

Questo sguardo, che Ghirri ap-plica alle cose e al paesaggio, nonè tuttavia solo una sua prerogati-va. In questi giorni si è aperta aBergamo, alla Galleria Ceribelli,una mostra di Mario Dondero, un«giovane fotografo» di 82 anni,probabilmente il più importante,e insieme semisconosciuto, foto-grafo italiano vivente, un mae-stro del fotogiornalismo. E con lamostra c'è - vera rarità - un cata-logo con oltre 70 immagini. LìDondero ha fotografato i grandidella letteratura, da Pasolini a Be-ckett, da Saroyan a Grass, del No-vecento come se avesse ritrattodei passanti, e i passanti, i soldati,i contadini, gli operai, la gente co-mune, come se fossero dei grandiscrittori. Sono fotografie che pos-siedono la grazia dello «sguardonaturale», quello che sa coglierela persona, non il personaggio.

Dondero scatta fotografie co-gliendo quell’attimo in cui i suoisoggetti rivelano qualcosa di sé,qualcosa che è però un tratto co-mune a tutti: l'umanità. È statoanche un fotografo di guerra, manon di morti o feriti, bensì di azio-ni collettive, di eventi epici; è co-me se Omero invece di scrivereversi avesse guardato dentro l'oc-chio di vetro della macchina foto-grafica. Collaboratore di grandigiornali, vagabondo per il mondo,dagli Anni Cinquanta Dondero ri-siede a Parigi; le sue immagini co-niugano insieme sguardo e vita.Un modo di osservare il mondoche ci aiuta a capirlo, ma anche atrasformarlo.

GIANFRANCOMARRONE

La pubblicità è in de-clino: altre forme comunicati-ve stanno prendendo il suo po-sto, lasciandole un ruolo di re-troguardia nel campo dellapromozione commerciale edel discorso di marca. La no-stra vita ne è tuttora invasa,dalla buca delle lettere aglischermi tv, dalle pagine deigiornali alle affissioni strada-li. I grandi e piccoli brand, tut-tavia, affidano sempre più laloro parola a strumenti menoconvenzionali, e a loro modocomplementari, come i mondivirtuali di internet da un latoe le esperienze corpo-a-corpodall'altro. Siti web, negozi mo-nomarca, sms virali, urbanscreen, convergenze mediati-che, testimonial più o menovelati, focus interattivi, mega-eventi, social network e via di-cendo.

Quel che è stato il più po-tente mezzo di comunicazio-ne della modernità, quel mez-zo che dando, come si dice,consigli per gli acquisti, ha altempo stesso diffuso competi-zione e innovazione, finanzian-do indirettamente l'informa-zione autonoma (o sedicentetale), è destinato oggi a serra-re la sua scintillante coda dipavone. L'advertising si ripie-ga su se stesso, guardandosempre più al proprio ombeli-co, ora per proporsi come og-getto privilegiato dei proprimessaggi, ora per cercar dicapire che cosa è successo,che cosa sta ancora accaden-do, quali sono le poste in giocoe i possibili scenari futuri.

Da qui tutto un proliferaredi testi della e sulla pubblicità.Genealogie, ricostruzioni, in-terpretazioni, glorificazioni,genealogie, teorizzazioni divalore manco a dirlo disegua-le, che si fanno ulteriore se-

gnale di questa tipica condi-zione di crisi. Frangente com-parabile, si parva licet, a quel-la in cui un filosofo come He-gel, proclamando la mortedell'arte, ne indicava il cam-biamento di status, la sua per-dita di ruolo sociale e la suaconseguente traslazione nellasfera chiusa dell'esteticità, diuna bellezza tanto perturban-te quanto fine e se stessa.

Il paragone, del resto, èmeno azzardato di quantopossa sembrare, dato che unodegli strumenti che la pubbli-cità prova a darsi per resiste-re al suo declino è proprioquello di fare sistema, di tra-sformarsi in apparato com-plesso dove agli operatori ve-ri e propri dell'advertising siaffiancano, a sostenerli e im-beccarli, tutta una serie di fi-gure che quanto meno dal pri-mo Ottocento sono tipiche delmondo dell'arte, e che ne atte-

stano il pedigree: critici, inter-preti, galleristi, mercanti, clien-ti, consumatori.

Ma soprattutto storici. Na-sce così una storia della pubbli-cità, con i medesimi rituali e imedesimi problemi interpreta-tivi delle più canoniche storiedella letteratura e delle varie al-tre arti: da dove cominciare?come concludere? È meglio sof-fermarsi sui grandi nomi o inse-rire anche i cosiddetti minori,raccontare le vite degli autori osoffermarsi sulle loro opere?Più conveniente ricostruire sto-rie legate ai singoli Paesi o az-zardare una narrazione com-plessiva? E così le strade si divi-dono, i sentieri si biforcano e siintrecciano, nella comune ricer-ca di un discorso di una moder-na retorica che la riconsideri aldi fuori dei sempiterni luoghicomuni (manipolazione occul-ta) e delle semplificazioni quoti-diane (belletto esteriore di mer-ci dure e pure).

Silvio Saffirio, ex creativo,propone una serie di intervistein profondità ad alcuni pubblici-tari doc, da Marco Mignani aEmanuele Pirella (entrambi dapoco scomparsi), da Anna Scot-ti a Pietro Gagliardi e tanti al-tri, redigendo quello che eglistesso battezza «quasi un ro-manzo della pubblicità»: l'ideaè quella di mostrare come die-tro alle istituzionali ventate diottimismo pubblicitario si celiuno specchio della società af-fluente contemporanea.L'obiettivo, dichiarato, è quellodi «riprendersi la pubblicità»contro gli attacchi di internet esoci. Con un nume tutelareniente male: Napoleone Bona-parte, che usava jingle ad hoc

durante le battaglie, e sapevacome proporsi al suo pubblico.A David disse: «Voglio essererappresentato calmo su un ca-vallo focoso».

Mark Tungate, esperto in-ternazionale del settore, segueuna strada molto diversa, ci-mentandosi, forse per la primavolta con questa ampiezza disguardo e capacità di penetra-zione, in una storia globale dell'arte e della tecnica pubblicita-ria. E, come in tutte le storie,traccia innanzitutto una geogra-fia: una mappa che individua al-cuni luoghi canonici (Londra,New York, Parigi, Milano) e inessi rintraccia alcuni protagoni-sti privilegiati (Bill Bernach, Da-

vid Ogilvy, Leo Burnett, Jac-ques Séguéla, Martin Sorrel, Ar-mando Testa), anche e soprat-tutto attraverso i diversi mediache la pubblicità ha incrociato:la radio, il cinema, la televisione,la rete. La cosa più interessantesta comunque nel fatto che essoparla soprattutto dei prodottipubblicitari, delle opere di que-sti grandi maestri, dei singoli te-sti creativi e del loro significato.Confermando e ribaltando alcontempo la nota idea espressaun giorno, tramite Philippe Mar-lowe, da Raymond Chandler:«Gli scacchi sono il più elabora-to spreco di intelligenza che sipossa trovare al di fuori di un'agenzia di pubblicità».

Suona la campanaper la pubblicità

Consigli per gli acquisti Perché rischia il declinoil più potente mezzo di comunicazione della modernità

A CAPRI

Conversazioni d’autore= Scrittori a confronto, a Capri. E’ alla quinta edizionela rassegna «Conversazioni», a cura di Antonio Monda eDavide Azzolini. Ieri l’esordio, con Doctorow. Oggi: lascrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie (Metà diun sole giallo, Einaudi) con Walter Veltroni. Domanil’ospite sarà Colson Whitehead (Apex nasconde ildolore, Mondadori). Il 2 luglio Joshua Ferris (Nonconosco il tuo nome, Neri Pozza) con Paolo Giordano. Il3 David Byrne (Diari della bicicletta, Bompiani) conPaolo Sorrentino, il 4 Adam Haslett (Union Atlantic,Einaudi). Per info: www.leconversazioni.it.

DIECI ANNI DI INTOLLERANZE

Ma che razza di tifo= Dieci anni di casi (fino a Balotelli), cori e striscioni eviolenze fisiche. In Che razza di tifo (Donzelli, pp. 208,€ 17) Mauro Valeri racconta lo scontro fra culturasportiva e xenofobia. Oltre cinquecento episodi, traserie A, serie B, Prima e Seconda Divisione, Coppa Italia,tra sentenze del giudice sportivo e inchiestegiornalistiche. L’autore, sociologo, pone in particolarel’accento sulla «discriminazione nascosta» che di fattonega ai figli di migranti di tesserarsi come i loro coetaneifigli di italiani. Fra le conseguenze dell’attuale leggesulla cittadinanza.

OLIMPIADI

La favola di Roma 1960= Mezzo secolo fa, a Roma, le «Olimpiadi checambiarono il mondo», le ultime dell’era romantica,prima che dilagassero sponsor, tecnologia, doping. Araccontare Roma 1960 è il giornalista del WashingtonPost David Maraniss (Rizzoli, pp. 486, € 23, traduzionedi Domenico Giusti). Tra la dolce vita, il boomeconomico, le scorie del Ventennio, le spie e l’agone:Cassius Clay che gettava la medaglia, Abebe Bikila checorreva scalzo, Livio Berruti medaglia d’oro neiduecento metri, Rafer Johnson nel decathlon, e WilmaRudolph nello sprint...

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

La falsa libertàdel peccato

Una rilettura del Grande Inquisitore,il discrimine fra il bene e il male

I PRIGIONIERI ITALIANI IN SUDAFRICA

Quei soldati salvati dallo sport= I prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvisseroalla guerra grazie allo sport. E’ la storia che raccontaCarlo Annese, sorretto da una capillaredocumentazione, in I diavoli di Zonderwater (Sperling& Kupfer, pp. 302, € 18,50, prefazione di Gian AntonioStella). Dal 1941 al 1947 centomila soldati in esilio: liaccolse un altipiano brullo, lo trasformarono in unacittà. Sarà grazie allo sport che non soccomberanno,che ascenderanno verso una vita normale, nel segnodella dignità. Dalla scherma all’atletica, dalla ginnasticaa un campionato di calcio.

pp Silvio Saffiriop GLI ANNI RUGGENTI

DELLA PUBBLICITÀp Instar libri, pp. 447, € 19

Idee e societàVITuttolibri

SABATO 26 GIUGNO 2010LA STAMPA VII

LA MILANESIANA

I paradossi del mondo= Le contraddizioni culturali, ideologiche, politiche,religiose..., i «Paradossi» del mondo. E’ il fil rouge dellaMilanesiana 2010, a cura di Elisabetta Sgarbi, dal 5 al 19luglio. Tra gli ospiti, il 5, Vikram Seth, l’autore indiano diIl ragazzo giusto ; Joyce Carol Oates, a cui sarà assegnatoil premio «Fernanda Pivano» (l’8); Hanif Kureishi,SalmanRushdie, la regista neozelandese Jane Campion e UteLemper in concerto (il 10); l’omaggio ad Alda Merini,Fernanda Pivano, Antonia Pozzi (l’11); il re dell’horroramericano George Romero in dialogo con Enrico Ghezzi(il 12), Asa Larsson e Soynka (il 16), Appefeld (il 17).

Altri titoliUnacassettadegli attrezziper lostudiodel settoreèpropostadaVanniCodeluppi inPersuasiefelici? (Carocci,pp.165, € 17).SullenuovetendenzedellapubblicitàhannoscrittoPaoloPeverinieMaricaSpalletta inUnconventional (Meltemi,pp.258,€ 21).Unateoria rigorosasuimezzidicomunicazione, cherendecontodella importanzadellamateriapubblicitaria,èSemioticadeimediadiRuggeroEugeni (Carocci,pp.325, € 28,60).

pp Mark Tungatep Storia della pubblicitàp pref. di M. Coviellop Franco Angeli, pp. 329, € 39

Ci sono opere e brani del-le letteratura mondialecui sovente si fa riferi-

mento nelle più svariate circo-stanze, dando per assodatoche tutti li abbiano letti e quin-di mostrando a propria voltadi conoscerli anche quandonon si saprebbe ripetere nem-meno una frase o un pensieroin essi contenuto. Un classicoesempio sono le pagine che Do-stoevskij dedica al Grande In-quisitore nel romanzo I Fratel-li Karamazov: un «poema»davvero mirabile nella sua lu-cida chiaroveggenza sull'affa-scinate e drammatico temadella libertà e della responsa-bilità.

Bene ha fatto allora l'edito-re Salani a riproporre quel te-sto (Fëdor Dostoevskij, Il Gran-de Inquisitore, pp. 96, € 10)nell'ottima traduzione di Sere-na Vitale e arricchito di una ri-flessione di Gherardo Colombosu «Il peso della libertà».

Colombo - che, lasciata lamagistratura, si dedica appas-sionatamente alla divulgazio-ne della cultura della legalità edella giustizia nelle giovani ge-nerazioni ed è presidente diGarzanti - offre anche alcunepagine introduttive che riassu-mono il contesto narrativo incui il racconto dostoevskijanosi inserisce, ma il suo contribu-to più prezioso è la rilettura de-gli snodi decisivi posti da que-sta immaginaria figura di In-quisitore partorita dalla pen-na mirabile del romanziererusso.

Il rapporto tra fede e liber-tà di scelta, tra la responsabi-lità individuale e quella collet-tiva, tra giustizia, peccato eredenzione sono tematicheche non riguardano solo laRussia ortodossa del XIX se-colo in cui si svolge il drammadei fratelli Karamazov, enemmeno la sola Spagna cat-tolica del XVI secolo dove èambientato il dialogo tra Ge-sù Cristo e il Grande Inquisi-

tore, in realtà un monologo diquest'ultimo.

No, è l'essere umano diogni tempo e luogo a doversiconfrontare con la difficoltàdell'uso della propria libertà,a trovarsi tormentato «dallascelta non perché gli è impedi-to di farla, ma perché non è ca-pace di farla»; è il dramma diciascuno di noi, credente o noncredente, quello di «essere poiresponsabili, nei confronti de-gli altri e di se stessi, di quelche si è scelto».

E non è forse di sconvolgen-te attualità la luciferina affer-mazione dell'Inquisitore:«Concederemo (agli uomini)anche il peccato; sono deboli,svigoriti, e per il permesso dipeccare ci vorranno bene comebambini».

Gesù non risponde alle ac-cuse e alla condanna emessadall'Inquisitore - «se qualcunopiù di tutti ha mai meritato ilnostro rogo, quello sei Tu. Do-

mani ti consegnerò alle fiam-me. Dixi» - semplicemente si-gilla con un bacio d'amore laveemente e perversa disanimadel suo interlocutore, ammuto-lendolo e disarmandolo, per-ché il Grande Inquisitore «nonpuò confrontarsi con l'amore».

La rilettura che GherardoColombo fa di questo capolavo-ro del conflitto di coscienza difronte al male del mondo cul-mina con interrogativi che nonavrebbero sfigurato sulla boc-ca di Alioscia, il giovane Kara-mazov che ascolta attonito ilracconto del fratello Ivan: «ènecessario presupporre l'esi-stenza di Dio perché si possadistinguere tra il bene e il ma-le?». Domanda cruciale, cuiforse dà risposta un'altra do-manda: «Non è il riconosci-mento terreno e storico delladignità della persona umanala radice della distinzione trail bene e il male?». Domandeaperte, cui una sapiente rilet-tura di Dostoevskij potrebbedavvero giovare grandemente.

Una buona fotografiasmaschera il mondo

A GAVOI

L’isola delle storie= In Barbagia, a Gavoi, dal 2 al 4 luglio «L’isola dellestorie», festival letterario della Sardegna, giunto allasettima edizione. Tra i protagonisti, Benedetta Tobagi,Nicola Lagioia, Giorgio Vasta e Laura Pugno (i mattutiniappuntamenti «Dal balcone»). Nel pomeriggio, tempo direading: si inizia con Francesco Recami, MassimoGramellini (con Valentina Fortichiari), Dario Voltolini. Peril ciclo «Povera patria» intervengono Ernesto Franco,Eugenio Scalfari, Giovanni Floris. Animeranno «Storie dialtri luoghi» il cinese Mo Yan, il tedesco Peter Schneider,l’americano Eli Gottlieb. Per info: www.isoladellestorie.it.

pp Ferdinando Sciannap ETICA E GIORNALISMOp Electap pp. 74, € 19

pp Luigi Ghirrip LEZIONI DI FOTOGRAFIAp a cura di G. Bizzarri e P. Barbarop Quodlibet, pp. 264, € 22

pp Mario Donderop DELLO SGUARDO, DELLA VITA

Un film del Novecentop Lubrina Editore, pp. 171, € 10

Una «Storia» di MarkTungate, mentreesplode la concorrenzacon siti di Internet,sms, focus, megaeventi

Gli anni ruggentiripercorsi da Saffirioin una serie di intervisteai «maestri», con numetutelare Napoleone

Spesso ha abdicatoalla funzione didenuncia, è diventataun muro che nasconde,mistifica e distorcce

Saper osservarein modo positivo,«naturale», coglierenon il personaggio mala persona, l’umanità

Salaniriproponele pagine

del GrandeInquisitore,

tratte dai«Fratelli

Karamazov»con una

riflessione diGherardo

Colombo su«Il peso della

libertà».Qui a lato

«Il Cardinale»di El Greco

Una pubblicitàdi Leo Burnett

per Lojack,azienda

specializzatanel recupero

di veicolirubati.

Sullapubblicitàè in uscita

da Taschen illibro

«Mi chiamoCharles

Saatchi e sonoun artolico»,

sequenzadi domande erisposte conil fondatore

della famosaagenziaSaatchi

&Saatchi

In senso orario: da sinistra, FerdinandoScianna , autore di «Etica e

fotogiornalismo»;Mario Dondero (a Bergamo è in corso una

sua mostra, i ritratti di oltre 70 grandidella letteratura, da Pasolini a Beckett, da

Saroyan a Grass);Luigi Ghirri, l’artefice di una alta lezioneetica, la testimonianza che il mondo deve

continuare «a guardare il mondo»

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lucazanini.it

SABATO 19 GIUGNO 2010 LA STAMPA VIII W

Page 9: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/09 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.57

AI LETTORI

Questa è per ora l’ultimapuntata di «Libri d’Italia».La serie,iniziata l’autunnoscorso in vista dei 150 annidell Unità, riprenderàda settembre.Anche le altre rubrichesaranno sospese, perlasciare spazio allesegnalazioni dei libridell’estate, perché dasabato prossimo, nel corsodi luglio e agosto, Tuttolibriuscirà a 8 pagine.

RICCARDO BACCHELLI

Il mulino del PoMondadori, 3 voll., € 24

Il romanzo trilogia diBacchelli (1891 - 1985),secolari vicissitudini di unafamiglia della Bassa, daNapoleone alla primaguerra mondiale, uscì tra il1938 e il 1940 (I, «Dio tisalvi», II «La miseria viene inbarca»; III «Mondo vecchio,sempre nuovo»).Nel 1949diventò un film diretto daAlberto Lattuada e nel 1963un popolare sceneggiatotv, regista Sandro Bolchi.

GIOVANNITESIO

Riccardo Bacchelli,chi era costui? Chi più ricordaIl mulino del Po, il romanzo-sa-ga che nei primi anni sessanta,grazie a Sandro Bolchi, diven-tò uno sceneggiato televisivo(oggi si direbbe una fiction)con Raf Vallone, Giulia Lazza-rini, Ornella Vanoni, Tino Car-raro, Renzo Montagnani?

Il bolognese Bacchelli mori-rà novantaquattrenne a Mon-za, nell'85, dopo aver ottenutoper primo il vitalizio straordi-nario istituito dallo Stato (lacosiddetta legge Bacchelli)per venire incontro a cittadiniin stato d'indigenza, noti per laloro opera nel mondo della cul-tura, dell'arte, dello spettaco-lo, dello sport. Una fine che rie-sce drammaticamente elo-quente. Lalla Romano ne haparlato in un suo ricordo con li-bero e non pietistico riguardo,raccontando attraverso un epi-sodio di vita privata l'oltranzadell'intellettuale vorace, l'in-combente presenza dell'uomodi vocazione imperiosa, un'ec-cedenza di parola meraviglio-samente corrispondente all'ec-cedenza di personalità. Lo no-tava già la penna maliziosa diAntonio Baldini: «Ha la costan-za di parlar sempre lui, e nonla pazienza di lasciar dire unpo' la loro anche alle cose».

Testimonianza a sua volta

preziosa perché porta, ben ol-tre i termini di un giudiziosemplicemente singolare, allacrisi post-vociana, intenta a ri-solvere la contumacia del ro-manzo storico e la latitanzadel romanzo tout court, di cuiBacchelli scrisse in un suo Pa-radosso (1932): è il genere «incui rientra tutto quanto nonpuò stare negli altri meglio epiù chiaramente definiti», edunque consente una varietà«ricca, inquieta, dinamica, illu-soria».

Saggista opulento, dram-maturgo, traduttore, storico,poeta, e - appunto - romanzie-re, di Bacchelli resta oggi unavaga idea di dismisura, la diffi-denza per uno scrittore d'altritempi, forse addirittura un'ug-gia del nome. Di tanto scrivere(ventinove volumi previsti dell'opera omnia, più alcuni altrivolumi extra-vaganti) rimanea mala pena l'ombra di una vo-ce che il mercato diserta e - ad-detti ai lavori a parte - l'eco diuna stima generica, che occul-ta un sostanziale imbarazzo.Insomma, i conti con Bacchellinon sono stati veramente maifatti: per pigrizia, per indiffe-renza, per oblio.

I suoi romanzi storici piùnoti sono Il diavolo al Ponte-lungo e Il mulino del Po. Etutt'e due sono legati alla sto-ria d'Italia. Il primo a un epi-sodio postunitario (l'abortitainsurrezione di Bologna del'74), il secondo all'intero arcodi tempo che congiunge l'ini-zio di un secolo (l'Ottocento)all'inizio di un altro (il Nove-cento). Il primo pubblicatonel '27, il secondo (una trilo-gia) tra il '38 e il ’40.

Nel Diavolo al PontelungoBacchelli non cerca la curiosi-tà semplicemente aneddoticae rifiuta la tentazione dellastoria come pretesto o comefondale. Guardando all'«erro-re» dell'anarchismo (o nichili-smo) di Bakunin e Carlo Ca-fiero con animo conservato-

re, non esita a restituire il cli-ma di un'epica degradata e far-sesca, ricalcandola sulle istan-ze liberal-moderate di Benedet-to Croce, che non a caso gli fulettore singolarmente benevo-lo. Fra le tante diffidenze, anti-patie, diminuzioni, distinguo,Bacchelli è infatti l'unico scrit-tore che Croce abbia inclusosenza riserve nel suo corruccia-to pantheon novecentesco.

Il mulino del Po racconta lastoria di una famiglia di mugnaidella «Bassa» dalla ritirata rus-sa di Napoleone (1812) alla pri-ma guerra mondiale. Un roman-zo ciclico che inizia con LazzaroScacerni nelle steppe innevatedel Vop e termina con la mortedi un altro Lazzaro Scacerni sulPiave. Tra l'uno e l'altro estre-mo, le due date polari della sto-ria unitaria e postunitaria: daiprodromi di una coscienza informazione ai postumi di una na-zionalità ancora in cerca di defi-nizione.

Intersecando con compostez-za di supremo ordinatore piùmoduli narrativi, che stanno trala letteratura colta e la letteratu-ra d'appendice, tra il racconto eil saggio, tra l'urgenza dei fatti ele lunghe soste digressive, Bac-chelli interpreta il Risorgimentoincarnandolo in tempi e perso-naggi che alla Storia d'Italia dal1871 al 1915 del Croce (1929), spe-cie nella terza parte della trilo-gia, Mondo vecchio sempre nuovo,non devono un ascolto da poco.

La fede nel progresso dellospirito, la visione positiva di unastoria che scavalca contraddizio-ni e involuzioni per rivelare unsuo provvidente ottimismo è lastessa che muove l'intera mac-china narrativa del romanzo, esoprattutto l'epopea degli umiliin cui s'imprime la più forte con-sistenza figurale. Ecco dunque

gli Austriaci che nel '48 requisi-scono i mulini portandoli sullasponda veneta del Po, ecco Laz-zarino Scacerni - il nipote delprimo Lazzaro - che muore gari-baldino alla battaglia di Menta-na, ecco le calamità naturali, legrandi donne, i paesaggi fluviali,le crisi, gli attriti, le lotte tra pro-prietari e contadini, la Lega so-cialista, i crumiri, i boicottaggi,le battaglie pubbliche e i rancoriprivati, fino ad arrivare al Piave

e alla morte dell'ultimo Lazzaroche chiude il complesso trava-glio di cent'anni di storia nazio-nale. Tre generazioni che salda-no l'ottimismo di un filosofo allasapienza narrativa di «uno deipiù vigorosi scrittori». Il qualeconosce «i conflitti della coscien-za morale» senza mai ridurli a ri-gidi teoremi o a didascaliche di-mostrazioni.

GIORGIOBOATTI

Ad un centocinquan-tenario dell'unità nazionale vi-rato su retoriche datate, sucollanti asfittici, urge l'antido-to di un viaggio d'Italia chescorra contro corrente. Me-glio ancora servirebbe unascompigliata ricognizione -meglio se a più voci e condottalungo direttrici sparigliate -mirata a portare allo scopertonodi e rivoli delle molteplici

dis/identità della penisola.In attesa di qualcosa di

complessivo in questa direzio-ne non è certo da sottovaluta-re il saggio di Alessandro Mar-zo Magno che con il suo Piave.Cronache di un fiume sacro,esplora quello che il risvoltoeditoriale definisce giustamen-te un «cronotopo dell'identitàitaliana».

Il Piave, per generazioni diitaliani, è stato il fiume che, se-condo la canzone di E.A. Ma-rio, «mormorava calmo e pla-cido al passaggio/ dei primifanti il 24 maggio». E' già qui,tanto per cominciare, retoricapatriottarda e vaghezza dacanzonetta si mettono a brac-cetto per procreare un bel fal-so storico: il fiume che i fantiitaliani varcano quando, il 24maggio 1915 attaccano l'Au-stria, è l'Isonzo. Mentre al Pia-ve - tutt'altro che calmo e pla-cido, ma gonfio di morti - i sol-datini del Regno Esercito ri-tornano trafelati nell'autunnodel 1917. Quando vi si attesta-no a disperata difesa, dopo larotta di Caporetto che porta ilnemico così vicino a Veneziada potere vedere il profilo del-la città ad occhio nudo.

Nella trappola del Piaveche mormora Marzo Magnonon ci casca proprio. Scarpi-nando con intelligenza lungo iduecentoventi chilometri delsuo corso e raccogliendo conindomita curiosità le storie dis-seminate sulle sue rive chiari-sce innanzitutto al lettore co-me il Piave non mormori piùpoiché «fa di tutto fuorché fa-re il fiume. Fiume che vive nel-la memoria collettiva di un Pa-ese ma che nel suo letto ormaiè morto. Non c'è più. Bevutoda centoventuno centrali idro-elettriche, assorbito nei campial ritmo di novantotto metricubi al secondo…». Nonché daescavazioni scervellate con-dotte per anni.

Dal viaggio lungo il PiaveMarzo Magno torna con pagi-

ne piene di storie e di numeri, dimerci, di fabbriche, di personag-gi instancabili nell'inventaremacchine, sviluppare traffici,far decollare distretti produttiviche gettano le loro ramificazioninel mondo globalizzato.

Proprio come un tempo sullacorrente tumultuosa del fiumecorrevano, appena iniziato il di-sgelo, le zattere formate daitronchi tagliati nei boschi delCadore e destinati alle segheriedella pianura, alle costruzioni diVenezia, così sul greto e sulle ri-ve del Piave è stato tutto un fre-netico scorrere e sovrapporsi diattività lavorative.

Si va dall'invenzione in epo-ca autarchica della «faesite»,che spunta in quel di Faè di Lon-garone, all'impero degli occhialicadorini che procedono alla con-quista del mondo. E poi vi sono ildistretto del gelato e delle mac-chine che lo producono, le car-tiere del feltrino, gli impianti vi-ticoli e ai marchi enologici dellabassa pianura.

Sfide industriali che non im-pediscono a borghi e città perva-si per secoli da un indomito sfac-chinare di coltivare il gusto ari-stocratico per il bello. Quelloche, prima della grande cemen-tificazione e dell'accelerata omo-logatrice dei capannoni, cesellacentri storici di grande elegan-

za architettonica, punteggiatida capolavori artistici.

Era l'essenziale armonia checonduceva Goffredo Parise, ap-prodato nella sua casetta di Sal-gareda tra le vigne del Piave, al-la creazione dei Sillabari. Scrittiprima nella sua casetta di Salga-reda tra le vigne del Piave e, poi,a Ponte di Piave, la sua ultima di-mora, ora sovrastata da un«enorme falansterio, un delirioarchitettonico Anni Novanta,un agghiacciante frullato».

Ecco: il finire del viaggio lun-go il Piave vede l'accelerato so-vrapporsi di questi scempi. Re-gistra l'ambiente violentato eogni passata connotazione tritu-rata da quella macchina delladis/identità che ha fatto tappaanche qui. Come in ogni angolod'Italia.

[email protected]

«Il mulino del Po» Un’epopea degli umili cucita daBacchelli con un filo risorgimentale di respiro crociano

Il mito in secca Un fiume ex sacrotra escavazioni e centrali elettriche

E il Piave nonmormora più

Storie TuttolibriSABATO 26 GIUGNO 2010

LA STAMPA IX

pp Alessandro Marzo Magnop PIAVE

Cronache di un fiume sacrop Il Saggiatore, pp. 261, € 16

Quando giravala ruotadella Provvidenza

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

Dalla ritirata russadi Napoleonealla Grande Guerra,la fede nel progressodello spirito

Un falso storicone ha fondato la fama:in realtà i fantiil 24 maggiovarcarono l’Isonzo

Una famiglia di mugnainella Bassa, la nascitadi una nazione:un romanzo che cinemae tv resero popolare

Riccardo Bacchelli

«Gli austriaci ripassano il Piave», dipinto di Giulio Aristide Sartorio

La locandinadel film diretto

nel 1949 daAlberto

Lattuada,con Carla Del

Poggioe Jacques

Sernas,da «Il mulino

del Po»di Riccardo

Bacchelli.Dal romanzo

nel 1963fu tratto

lo sceneggiatotelevisivo,

con la regia diSandro Bolchi,inerpretato da

Raf Vallone,Giulia

Lazzarini,OrnellaVanoni,

Tino Carraro,Renzo

Montagnani

Page 10: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.57

L’ombradel male

SMITHNEWTONCOMPTON

Narrativaitaliana

2598

L’ultima rigadelle favole

GRAMELLINILONGANESI

Nel mareci sonoi coccodrilliGEDABALDINI CASTOLDI DALAI

Le ossadel ragno

REICHSRIZZOLI

Il fattoreScarpetta

CORNWELLMONDADORI

Saggistica

74

Tascabili

Non esistesaggezza

CAROFIGLIORIZZOLI

26

40 5

6 23

Il librodelle anime

COOPERNORD

7

3

Narrativastraniera Varia Ragazzi

38

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 13 AL 19 GIUGNO.

27

La cacciaal tesoro

CAMILLERISELLERIO

LabrevesecondavitadiBreeTannerMEYERFAZI

55

1. Il piccolo principe 21SAINT-EXUPÉRY 7,00 BOMPIANI

2. Il giovane Holden 19SALINGER 12,00 EINAUDI

3. Uomini che odiano le donne 17LARSSON 13,80 MARSILIO

4. L’amico ritrovato 17UHLMAN 5,50 FELTRINELLI

5. L’ombra del vento 17RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

6. Il sentiero dei nidi di ragno 17CALVINO 8,00 MONDADORI

7. La papessa 17WOOLFOLK CROSS 4,90 NEWTON COMPTON

8. Il barone rampante 16CALVINO 8,00 MONDADORI

9. Il cacciatore di aquiloni 16HOSSEINI 12,00 PIEMME

10. Se questo è un uomo 15LEVI 9,80 EINAUDI

2

34

1. La breve seconda vita di Bree... 74MEYER 16,00 FAZI

2. Il fattore Scarpetta 55CORNWELL 20,00 MONDADORI

3. Il palazzo della mezzanotte 34RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

4. Il libro delle anime 26COOPER 19,60 NORD

5. Le ossa del ragno 25REICHS 21,00 RIZZOLI

6. L’ombra del male... 23SMITH 12,90 NEWTON COMPTON

7. Caino 19SARAMAGO 15,00 FELTRINELLI

8. Skeleton Coast 18CUSSLER; DU BRUL 19,60 LONGANESI

9. Untamed. La casa della notte 18CAST 16,50 NORD

10. Fallen 18KATE 17,00 RIZZOLI

4100

Il palazzodellamezzanotteRUIZ ZÁFONMONDADORI

1. Cotto e mangiato 22PARODI 14,90 VALLARDI

2. Eurointerismi.Lagioiadiessere... 14SEVERGNINI 12,00 RIZZOLI

3. E’ facile smettere di fumare... 11CARR 10,00 EWI

4. Una voce tante voci 10GALLI 17,00 ALACRÁN

5. The secret 9BYRNE 18,60 MACRO

6. Perché siamo infelici 9AUTORI VARI 15,50 EINAUDI

7. Peccati di gola 6MONTERSINO 19,90 SITCOM

8. Fate i bravi! (0-3 anni) 5RIZZI 17,00 RIZZOLI

9. Ilpiccolo libropersmettere di... 5CARR 3,50 EWI

10. Barenboim, Chopin 5AA. VV. (CON CD) 19,90 CLASSICA ITALIA

1. La clessidra di Aldibah 19TROISI 17,00 MONDADORI

2. Viaggio nel tempo 3 15STILTON 23,50 PIEMME

3. Diario di una schiappa I 8KINNEY 12,00 IL CASTORO

4. Diario di una schiappa III 8KINNEY 12,00 IL CASTORO

5. Il diario di Carrie 8BUSHNELL 16,50 PIEMME

6. Principessa del deserto 7STILTON 17,50 PIEMME

7. Il mondiale delle cipolline 7GARLANDO 16,50 PIEMME

8. Il ladro di fulmini 7RIORDAN 17,00 MONDADORI

9. Nel regno della fantasia 7STILTON 23,50 PIEMME

10. PerquestomichiamoGiovanni 7GARLANDO 9,90 RIZZOLI

Olga Tokarczuk è unascrittrice polacca moltoconosciuta. Ha 48 anni.

Vive del suo mestiere, cosa nonfrequente in un Paese che non hai contributi agli artisti come inGermania, né gli sgravi fiscali co-me in Irlanda. Mentre la Poloniava alle elezioni, Olga Tokarczukrilascia un'intervista lapidaria.Qual è il ruolo della letteratura?Politico, sempre. Gli scrittori pos-sono cambiare il mondo? Assolu-tamente sì.

In che senso, scusi? Politica si-gnifica, per lei, uno sguardo con-sapevole sulla realtà: e gli scritto-ri, gli artisti in generale, «metto-no in luce cose che non riusciamopiù a vedere, che ci sembrano ov-vie e normali. E che invece, so-prattutto nei paesi autoritari, so-no spesso ingiuste e violente».

Vedere il mondo come è dav-vero, vedere il mondo come po-trebbe essere. Quale mondo, pe-rò? La Polonia: «Prima del 1989,il regime cercava sempre di com-prare gli scrittori». La Russia:

«Il problema della nostra parte diEuropa è che la cosiddetta societàcivile è debolissima. Per me, la Rus-sia è l'esempio di un luogo doveuna società funzionante non esi-ste». I polacchi, aggiunge, hanno ehanno sempre avuto paura e avver-sione per il regime russo: percepen-dolo come asiatico, spaventevole.

Ma ce n'è anche per noi: «il ruo-

lo dello scrittore che risveglia, ri-scuote e allarga le coscienze è anco-ra più indispensabile in Occidente,perché le democrazie ottundono lasensibilità sociale. Quando stiamobene e al sicuro, perdiamo la ten-denza naturale a confrontarci conle cose».

Ecco. Nulla di originalissimo,ma a volte è utile ripassare i fonda-mentali: lì, nella democrazia checerca se stessa dell'Europa orienta-le, e nell'ottundimento sociale e civi-le dell'Europa occidentale. «La let-teratura è sempre politica». Già.Ma, allora, ha senso pensare a unaletteratura europea? È vero alme-no che i bestseller sono uguali dap-pertutto, magari perché l'inglesestravince? No. Fra i 20 più vendutinei 7 principali mercati editorialidel continente, solo cinque sonoscritti in inglese, e Larsson o Zafónvalgono quasi quanto StephenieMeyer o Dan Brown.

Compiti per le vacanze: capirese davvero, nelle tante diverse Eu-rope, la letteratura è politica. Quida noi, per esempio??

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Montalbano resiste anche ai vampiri e Camillerimantiene i 100 punti, con un valore in copie ven-dute che supera di poco quota 10 mila. La Meyer

conserva il secondo posto e la Smith scende dal sesto al deci-mo. Il commissario di Vigàta se la gode e ha anche trovatoil tempo di dilettarsi in un’inchiesta a quattro mani conGrazia Negro, ispettore capo alla Squadra mobile di Bolo-gna: Acqua in bocca, scritta in copia da Camilleri e Luca-relli, benefico regalo per minimum fax. Un gioco epistolare,«una jam session... una partita a scacchi», lo definisce l’edi-tore: i due detective, proprio come i loro autori, se ne stannociascuno a casa propria, si scambiano indizi. Salvo traccia

la pista da maestro e Grazia esegue con diligente energia.C’è spazio per vezzi e vizi, umori e digressioni, senza mai al-lentare la suspense. Peccato solo che sembra averci messomano Catarella, a pagina 7, dove si constata «la presenzadi un cadavere ormai privo di vita». Vedremo se la classifi-ca recepirà. Intanto si tinge di giallo nero, con l’ingresso trai primi 10 di Patricia Cornwell e Kathy Reichs, ben espertedi corpi martoriati su cui indagano le loro protagoniste,l’anatomopatologa Scarpetta e l’antropologa forense Bren-nan. Minimi movimenti nelle altre tabelle: fra gli italiani,della cinquina dello Strega si vedono solo la Avallone e Sor-rentino, mentre Pennacchi è 16˚; fra gli stranieri altri vam-

piri e angeli neri con Untamed e Fallen; in saggistica pun-teggi ancor più bassi dei tascabili che si rafforzano con i so-liti consigli scolastici per le letture d’estate. In fondo alla«varia» Chopin interpretato da Barenboim ci offre armo-nia e passione per sublimare le disfatte del presente. Comescrisse Flaiano, di cui Adelphi propone una lussuosa raccol-ta: «Chi vive nel nostro tempo raramente sfugge alla nevro-si. Per vivere bene non bisogna essere eccessivamente con-temporanei». Meglio prendersi una vacanza, con gli Scrit-tori giocatori di Stefano Bartezzaghi (Einaudi) e Il tempobreve di Marco Niada (Garzanti), fuggendo «la civiltà del-la fretta» che per l’avere vampirizza l’essere.

AI PUNTILUCIANO GENTA

Cornwelle Reichs, lady

del delitto

Non esistono editori inutili,esistono però editori parti-colarmente utili. Uno di

questi è la Erickson di Trento delquale non è esagerato dire che dal1984 lavora soprattutto «al servi-zio» dei suoi lettori. Soprattuttoinsegnanti e ragazzi. Oltre a queltarget generalista cui si riferisco-no, per far subito qualche esempiorecente, l’Homo consumens delsociologo più antiaccademico delmomento, Zygmut Bauman e rela-tiva indagine sul di lui pensierodell’inglese Keith Tester, nonché ilsaggio di Edgar Morin Pro e con-tro Marx ovvero «come ritrovar-lo sotto le macerie dei marxi-smi» a cura e nella traduzione diRiccardo Mazzeo, figura centra-le della editrice.

Diventate una delle maggio-ri agenzie formative a livello eu-ropeo, «all’inizio eravamo in 4oggi siamo 80» dice Mazzeo, leEdizioni Erickson si occupano(con grande passione testimonia-ta da un catalogo di 1200 titoli,oltre 400 stranieri) di «integra-

zione delle persone disabili, diffi-coltà di apprendimento, sostegno,psicologia e lavoro sociale con li-bri, software didattici e servizi online».

Alla base di tutta la produzio-ne, i tre tomi del «Piano educativoindividualizzato», «un progettodi vita» non solo legato alla «di-versabilità» (in Io sento diverso

la emozionante vicenda dell’inna-moramento per una personaAsperger),anche alle problemati-che giovanili e adolescenziali chesi riflette sulle oltre 10 collane: dal-le «guide per l’educazione e per"l’educazione speciale"» alla linea«professione insegnante»» paral-lela ai test e strumenti di valuta-zione, non meno che nei romanzidi Capire con il cuore e Parlamicon il cuore. In arrivo, tra moltoaltro, il nuovo programma di gio-chi «Scrivere veloci sulla tastiera»,l’Indovina facile; e, già molto ap-prezzato e rivolto a scuola e fami-glia, Il metodo antibullo.

Dalla fucina Erickson, quali isuggerimenti di Mazzeo come lettu-ra per l’estate? «Per gli insegnantiPensieri sottobanco...; per tutti, ol-tre a Marx e Zygmun, la storia diuna coppia in Amore limpido. Per ibambini, autore Luca Sciortino conl’intervento di Margherita Hack, laVita di un atomo raccontata da sémedesimo: si chiama Pio Simpli-cio, è nato 13.770.000.000 anni do-po il Big Bang...

10

1. Per l’alto mare aperto 15SCALFARI 19,50 EINAUDI

2. Nel segno del Cavaliere 10VESPA 20,00 MONDADORI

3. Terroni 9APRILE 17,50 PIEMME

4. Agenda neradella 2ªRepubblica 9LO BIANCO; RIZZA 15,00 CHIARELETTERE

5. Don Vito. Le relazioni tra Stato... 8CIANCIMINO; LA LICATA 18,00 FELTRINELLI

6. Così in terra, come in cielo 7GALLO 17,00 MONDADORI

7. Ulisse era un fico 7DE CRESCENZO 16,00 MONDADORI

8. Ad personam 6TRAVAGLIO 16,90 CHIARELETTERE

9. Ciò che credo 6KÜNG 20,00 RIZZOLI

10. Lacolata. Ilpartitodelcemento... 6AUTORI VARI 16,60 CHIARELETTERE

CHE LIBRO FA...IN POLONIA

GIOVANNA ZUCCONI

Scrittori,svegliate

l’Occidente

Classifiche TuttolibriSABATO 26 GIUGNO 2010

LA STAMPAX

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Ericksontra Marx

e i disabili

1. La caccia al tesoro 100CAMILLERI 14,00 SELLERIO

2. Non esistesaggezza 40CAROFIGLIO 14,00 RIZZOLI

3. L’ultima riga delle favole 38GRAMELLINI 16,60 LONGANESI

4. Nel mare ci sono i coccodrilli 27GEDA 16,00 BALDINI CASTOLDI DALAI

5. Acciaio 22AVALLONE 18,00 RIZZOLI

6. Bianca come il latte... 19D’AVENIA 19,00 MONDADORI

7. Il tempo che vorrei 18VOLO 18,00 MONDADORI

8. Hanno tutti ragione 17SORRENTINO 18,00 FELTRINELLI

9. Le perfezioni provvisorie 16CAROFIGLIO 14,00 SELLERIO

10. Il nipote del Negus 14CAMILLERI 13,00 SELLERIO

1

Page 11: Tuttolibri n. 1720 (26-06-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 26/06/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 25/06/10 19.57

f

BEPPE FENOGLIO

Romanzi e raccontiEinaudi, pp. 1795, € 85

«Ci conoscemmo durantela guerra, nel seminariodi Alba dove studiavo.Frequentava don Bussi,tale l’interesse che nutrivaper la Bibbia»

f

LA BIBBIADI GERUSALEMMEEDB, pp. 3064, € 39

«In particolare l’Apocalisse,sottratta a ogniinterpretazione terrifica,leggendovi la rivelazione diGesù Cristo»

f

AGOSTINO

La Città di DioEinaudi, pp. LXII-1588, € 62

«Nell’Apocalisse scorgel’ora della Chiesa, la Chiesache soffre, che combatte,che sarà compiutamentela Gerusalemme celestesolo alla fine dei tempi»

Lo studioso che considera l’Apocalisse giàaccaduta è fautore di un ritorno al liceo qualeluogo dove affrontare i classici senza scorciatoie

BRUNOQUARANTA

Giugno,tempo d’esa-mi. Al classico c’è greco. Sì, ilgozzaniano «tedioso compitodi greco». Il professore? Suppo-niamo sia Eugenio Corsini. Ladomanda: che cosa significaapocalisse? Suggerimento allefanciulle (e ai fanciulli) in fiore:badate a non sciorinare rispo-ste tipo sciagura, disastro, cata-strofe. Ché apocalisse - come ilprofessore non si stanca dirammentare - «viene dal latinoapocalypsis che, a sua volta, al-tro non è se non la trascrizionedella parola greca con cui il li-bro incomincia, e che significa“rivelazione”».

Sotto la Mole, dove - apria-mo la pavesiana Bella estate - siaspetta sempre «qualcosa digrosso, il crollo della città,l’apocalissi», Eugenio Corsini,già professore di Letteraturacristiana antica (succederà aPadre Michele Pellegrino) e diLetteratura greca non da oggicustodisce la filologica certez-za della salvazione. Se Cristo èrisorto, l’apice della «rivelazio-ne», così anche noi. Non c’è vo-ragine, non c’è Auschwitz defi-nitiva. Ecco che cosa annunciail libro di Giovanni, dal quasi ot-tanteseienne «maggiore» diNiella Belbo sottratto alla deri-va millenarista (Apocalisse diGesù Cristo secondo Giovanni,per i tipi della Sei, un longsel-ler).

Nella minuta casa di via Po,Eugenio Corsini, sul viso scolpi-ta un’orma di Bogart, non ces-sa di interrogare i quattro cava-lieri, l’Agnello, il drago, la be-stia («Chissà quale editore vor-rà pubblicare il mio nuovo ap-prodo: L’Apocalisse di Gesù Cri-sto che già avvenne»). Su di lui

vigila - un’immagine vescovile -Michele Pellegrino. La televi-sione è una finestra accesa suiMondiali in Sudafrica, non an-cora smemorata l’ennesimabalbuzie granata: «Eh, il mioToro...».

Professore, cominciamo (oricominciamo?) dal liceoclassico?

«Non vorrei sembrare desue-to. Ma occorrerebbe restaura-re una scuola che selezioni, vi-ceversa, è noto, sarà la vita apromuovere e a bocciare. Glistudenti devono ingaggiarecon i classici un corpo a corpo,evitando le scorciatoie. Solo co-sì ne conquisteranno il posses-so per sempre, il ktéma eis aei, ilpossesso del loro spirito».

Che cosa deve al liceo?«Nel mio paese si parlava undialetto strettissimo, ostico.Neanche ad Alba e a Doglianilo capivano: ci chiamavano,spregiativamente, i langaroli.L’italiano era per me una lin-gua straniera, al punto chestentavo a leggere Pinocchio, ilmio primo libro».

Come afferrerà l’italiano?«In Alba vi erano due eccellen-ti ginnasî-licei. Il Govone, fre-quentato da Fenoglio, tra i do-centi Chiodi e Cocito. E le auledel Seminario, a cui arrivai so-spinto dalla speranza maternache nutrissi una scintilla voca-zionale. L’insegnamento del la-

tino era severissimo. Fu la miaàncora. Mi consentì di riconosce-re, di abbracciare, la lingua ma-dre italiana».

Tra i testi accostati diretta-mente nella lingua classica?

«La guerra gallica, Cesare. Adaffascinarmi, non tanto le batta-glie, ma i paesaggi, fantastici agliocchi di chi oscillava fra un mam-mellone e un rigagnolo quale ilBelbo. Là, fiumi immensi, fore-ste, popoli epici...».

Dal liceo all’università...«Mi laureai con il professor Pel-legrino (e professore per me re-sterà anche salito sulla cattedradi San Massimo, mai lo appellerò

monsignore o padre) su Grego-rio di Nissa. La sua era una fedefilologica, temperata attraver-sando tutti - dico tutti - i Padridella Chiesa latina. Aveva com-pulsato e annotato i duecento epassa volumi curati dal Migne».

Dall’università all’Apocalis-se.

«Fin da allora misi le basi delmio lavoro. Meditando, in parti-colare, due storie di martiri, car-taginesi gli uni, lionesi gli altri,che andarono al supplizo radiosi,rispecchiandosi nell’Apocalissesottratta a un’interpretazioneterrifica: seguendo l’Agnelloovunque vada, non escluso il

martirio, si incontrerà il Pastore.Successivamente, decisiva saràla traduzione (affidatami da Ab-bagnano) del Commento a Gio-vanni di Orìgene, il quale ritene-va l’Apocalisse utile a chiarire ilVangelo. Troverò ulteriore con-forto nella Città di Dio: Agostino,nell’Apocalisse, non identifical’annuncio del Regno di Dio inTerra, bensì vi scorge l’ora dellaChiesa, la Chiesa che soffre, checombatte, che sarà compiuta-mente la Gerusalemme celestesolo alla fine dei tempi».

La Bibbia e Fenoglio. Feno-glio che a Chiodi confidava:«Vorrei essere un soldato di

Cromwell con la Bibbia nellozaino».

«Incontrai Fenoglio durante laguerra. In seminario, una figurastraordinaria era don Bussi, ami-co intimo di Chiodi. Chiodi viavia gli sottoponeva la sua tradu-zione di Heidegger, conoscendoottimamente, don Bussi, teologoraffinato, il tedesco. Sulla scia diChiodi, Beppe Fenoglio: a donBussi faceva visita, tale l’interes-se che nutriva per la Bibbia».

La Bibbia in Fenoglio...«Fra i temi delle nostre quotidia-ne conversazioni. Negli Anni Cin-quanta vinsi il concorso per inse-gnare nelle scuole medie. Dopoun anno a Oulx, ne trascorsi duein Alba. Ogni giorno pranzavo al-la mensa Ferrero. Quindi, mi re-cavo all’albergo Savona per il caf-fè. Vi avrei trovato Beppe. Eraavido di storie, voleva che glieneraccontassi e raccontassi anco-ra, di ogni Langa, ruotando intor-no alla mia San Benedetto, dovefrequentai le classi elementari, edove lui, da ragazzo, veniva in va-canza».

Il libro di Fenoglio che predili-ge?

«La malora. E’ un libro biblico.Vi è rappresentata la caduta. Co-me non riandare al Paradiso per-duto del suo Milton, John Milton,John che si trasmuterà in John-ny... La caduta che sperimentaAgostino. La caduta che è colpa.Il ragazzo sconta il gerbido fami-liare calandosi nella parte di ser-vo, al Pavaglione. Salvo compie-re un cammino di redenzioneconclusosi con il ritorno nel-l’Eden, non più sotto padrone,

padrone a casa sua: a simboleg-giarlo, il melo che “buttava be-ne” - il melo della Genesi -, sottocui la madre di Agostino pregaper un figlio malato irrimediabil-mente di tisi, in seminario, giù adAlba».

Alba, «I ventitré giorni». La di-fesa della libertà. Alba comela Tebe di Eschilo?

«Sicuro. Sette è un numeroprincipalmente biblico, rie-cheggiante nella letteraturagreca. Fenoglio era sensibile al-la Bibbia come a Omero, pre-senza non meno cardinale nellozaino dei guerrieri diCromwell. Ricordo che Beppepatì drammaticamente il giudi-zio di Vittorini sulla Malora, de-positato nel risvolto. Cercai,con il maestro Cerrato, di con-solarlo, in una notte di sborniee di mirabili visioni collinari.“Bisognererebbe essere Ome-ro - esclamò allora Beppe - perraccontare in due versi inoppu-

gnabili, a prova di risvolto, chisiamo».

Da Fenoglio a Pavese...«No, non ho avuto occasione diconoscerlo. A differenza di Calvi-no, figura di rara intelligenza,ma, secondo me, bloccato, castra-to da Vittorini. Di lui apprezzosommamente I sentieri dei nidi diragno. Italo, bontà sua, scorgevain me la stoffa del narratore. As-seriva che La rondine bianca (lopubblicai su Questioni) fosse il piùbel racconto del dopoguerra».

Pavese, dunque...«Non possedeva la lingua greca,gli sfuggiva la grecità: inevitabilesarà l’equivoco. Trasferì il mitonelle Langhe come categoria in-terpretativa del rapporto uomo-terra, scambiandolo per tragicapredestinazione, il destino chenessun dio può toccare. Risalte-rà come un Orfeo senza Euridi-ce: andato all’inferno, non sapràuscirne. Apprezzo, invece, di Pa-vese, Paesi tuoi. E’ il romanzoche rende protagonista il Pie-monte nella formazione della cul-tura nazionale, infrangendo unsedimentatotabù».

I greci: lei è un cultore di Ari-stofane.

«A svettare, Gli uccelli. Pedisse-

quamente letti come uno spen-sierato invito all’evasione, sonoin realtà un’opera di grande im-pegno politico e civile. Siamo noigli uccelli in gabbia, con il Pistete-ro di turno, il Cavaliere, imboni-tore incontrastato, che fa appari-re come libertà la malapiantadella sudditanza».

Letture amene, professore?«Divoro i gialli. Dalla Vargas aMillennium, la saga di Stieg Lars-son (magistrali gli svedesi, i nor-dici: hanno il senso del mistero,dell’ignoto, da noi smarrito). Mil-lennium: come non riandare al-l’Apocalisse?».Eugenio Corsini sta per salire aSan Benedetto Belbo, dove è soli-to trascorrere l’estate. Una sor-ta di Itaca d’Alta Langa, di cui sidesidera scorgere, quando se neè lontani, ma pure quando la siabita, almeno un filo di fumo. Dadove può fuoriuscire, se non dal-l’ennesima sigaretta di Beppe Fe-noglio? I «langaroli» Corsini e Fe-noglio lassù come al caffè Savo-na, bussando «a tutte le portedell’orizzonte».

I PREFERITI

«Noi siamo gli Uccellidi Aristofane, in gabbia,anche se l’imbonitoredi turno fa apparire comelibertà la sudditanza»

«Con Fenogliouna notte di sbornieper dimenticareil giudizio di Vittorinisulla Malora»

“Sono diventatoitaliano seguendoGiulio Cesare”

«Divoro i gialli,innanzitutto Larsson,Millennium: il sensodel mistero è nordico,noi l’abbiamo smarrito»

«Parlavo, da piccolo,nelle mie Langheun dialetto ostico:alla lingua madrearrivai grazie al latino»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 26 GIUGNO 2010

LA STAMPA XI

La vita. Eugenio Corsini è nato a Niella Belbo nel 1924. Si è laureato con MichelePellegrino su Gregorio di Nissa. Ha insegnato nell’università torineseLetteratura cristiana antica e Letteratura greca.

Le opere. «Apocalisse di Gesù Cristo secondo Giovanni» (Sei). Ha curato «Lapolis e il suo teatro» per l’editore Esedra (2 voll.). «Commento al Vangelo diGiovanni di Origene» (Utet). Sulla rivista «Sigma», n. 3-4, dicembre 1964,«Orfeo senza Euridice: i “Dialoghi con Leucò” e il classicismo di Pavese».Saggi su Fenoglio in «Paesaggio e natura di Fenoglio» (Mursia) e in «La naturae il mondo contadino in Beppe Fenoglio» (Centro culturale Beppe Fenoglio).

Eugenio Corsini

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