tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

8
L’arcobaleno di Costantinopoli Viaggi meravigliosi / 8 Dall’epoca d’oro dei sultani ottomani, quando a dominare era soprattutto la curiosità di conoscere meglio un nemico, all’era moderna, alla voglia di sperimentare sensazioni esotiche ALESSANDRO BARBERO All'epoca d'oro dei sultani ottomani, fra Cinque e Seicento, gli occidentali che arrivavano a Costantino- poli non erano mossi dalla ri- cerca dell'esotismo. Nei loro racconti traspare soprattut- to l'avida curiosità di cono- scere meglio un nemico di cui si è tanto sentito parlare, ma non lo stupore o la mera- viglia che oggi associamo al- la scoperta di luoghi esotici. L'esotismo e i pericoli stava- no tutti nel viaggio, che attra- versava l'estrema periferia d'Europa, e non nella meta. Pochi ci arrivavano per ma- re; almeno per chi veniva dall'Italia, era più comodo sbarcare sulla costa dalmata e di lì proseguire a cavallo, un trekking che poteva dura- re anche un mese e mezzo, e con emozioni garantite. Nel- le relazioni che gli inviati ve- neziani leggevano in Senato dopo il loro ritorno si tocca con mano la fatica di adden- trarsi in paesi inospitali, l'Al- bania, la Bulgaria, la Grecia, dove i bey ottomani garanti- scono a fatica la sicurezza. Paesi di briganti dove ogni viaggiatore deve tenere l'ar- chibugio a portata di mano, e dove mentre si fa tranquilla- mente colazione sull'erba può capitare che i contadini del posto ti mostrino una chiazza scura sulla strada, spiegando come se niente fosse che è il sangue d'un viandante ammazzato e de- rubato il giorno prima. Si andava per intermina- bili strade di polvere, gua- dando fiumi e costeggiando laghi, su e giù per pietraie e attraverso cupe foreste, do- ve ogni incontro era motivo d'allarme, o perlomeno di sorpresa: s'incontrava una carovana di cammelli, e tutti si fermavano a bocca aperta ad ammirare le bestie mera- vigliose; si sorpassava un carro chiuso trainato da bu- fali, su cui una signora turca se ne andava a una festa di matrimonio, e mentre si chiacchierava con gli uomini di scorta si cercava di oc- chieggiare, vanamente, at- traverso le cortine ben tira- te. Poi, magari, si scopriva che il baffuto capo della scor- ta era un veneziano rinnega- to, che raccomandava di sa- lutargli, al ritorno, un signor Tiepolo o un signor Morosi- ni, che aveva conosciuto be- neinun'altravita. Via via che ci si addentra- va nei paesi abitati dai tur- chi, si annotava, sospirando, la sempre maggiore difficol- tàditrovaredelvino;eallora diventavano preziosi gli ebrei, presenti un po' dapper- tutto, pronti a mettere in mo- vimento le loro conoscenze e dare una mano ai viaggiatori spaesati. Ma tutte queste dif- ficoltà cessavano di colpo quando si arrivava a Costan- tinopoli, metropoli europea dove cristiani ed ebrei erano numerosi quasi quanto i mu- sulmani: il quartiere di Pera, dov'erano concentrate le ca- se dei frenk, gli occidentali, pullulava di osterie. Sbarcan- do a Galata dalla barca con cui si era attraversato il Cor- no d'oro poteva quasi sem- brare d'essere ritornati a ca- sa, se lì a pochi passi i capan- noni dell'Arsenale, il podero- so impianto industriale in cui il sultano teneva in magazzi- no le sue galere, non avesse- ro ricordato anche al più di- stratto l'immensa e minac- ciosa potenza militare dell' impero. Poi il mondo è cambiato. Nel Sette e Ottocento, fra i viaggiatori occidentali la pa- ura e il rispetto hanno lascia- to il posto alla condiscenden- za di chi crede fermamente d'appartenere a una civiltà superiore; e con essi è venu- to meno il desiderio di ritro- vare anche a Costantinopoli l'aria di casa, sostituito da una voglia nuovissima, che nessun uomo del passato avrebbe mai potuto capire: quella di sperimentare sensa- zioni esotiche. Compariva una figura nuova, il viaggia- tore di professione, che rac- contava le sue avventure al pubblico dei lettori di giorna- li. Uno di questi professioni- sti fu per parecchi anni Ed- mondo De Amicis, scrittore già famoso per i racconti di La vita militare, che fra il 1870 e il 1879 viaggiò in Euro- pa e nel Mediterraneo scri- vendo corrispondenze, e pub- blicando ben sei libri di viag- gio.Valelapenadisegnalare che Edmondo a quell'epoca non aveva ancora partorito Cuore, e che all'inizio del de- cennio aveva appena venti- quattro anni, sicché oggi lo classificheremmo nell'onni- presente categoria dei «gio- vani scrittori»; nessuno dei quali, però, troverebbe soste- gno nei nostri giornali per fa- re tanti viaggi, e così lunghi, né forse avrebbe la forza fisi- cadiprodurrecosìtanto. Il più memorabile di quei libri è il penultimo, Costanti- nopoli, pubblicato nel 1878. De Amicis arrivò a Istanbul in piroscafo, dopo dieci gior- ni di navigazione da Messi- na, e la descrizione dell'arri- vo è un pezzo di bravura che oggi stringe il cuore, perché descrive il lento svelarsi, col venir meno della nebbia mat- A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Continuaapag.II A Lucerna perascoltare Abbado.NelValleseper assecondaredesideridi famiglia.Unpo’a sorpresa«nienteviaggi alNord»perla«signora deifiordi»,laprimain Italiaadaveredecisodi esplorare sistematicamenteda oltre20anni,conlasua Iperborea,laletteratura scandinavaedintorni.«I mieiinteressiletterari,la miaaffinitàconitemiei valori,ilmioamoreper societàpiùrispettose deglialtri,piùcivili,mi fannoamarequeiPaesi, mainrealtàsonodel tuttomediterranea...». Così,l’estateperEmilia LodigianièlaLiguriadel GolfoParadiso,«vero luogodell’animache coincideconiluoghi dell’infanzia.Mibasta arrivareallacurva sull’Aurelia,veder comparireilprofilodel montediPortofino,per sentireunpo’difelicità riaffioraredal profondo».Lagiornata cominciapresto«coni giornali,lamitica focaccia,lenuotateda "long-distanceswimmer" (nelmarediShelley),le letture».Quest’anno legateall’autunnodi Iperboreacheusciràcon unabiografiaromanzata diMaomettodiKader Abdolahe un’«autobiografia»di GesùdiGöranTunström. «Approfondimentisu questigranditemi,dal Vangelo diSaramagoal Gesù diMauriacal Maometto diAl-Tabari». Aspettando,afinemese, ospitegradito,Bjorn Larssonconisuoisaggi inediti Leggerepervivere, «perparlaredilibri,cioè d’amore». LODIGIANI NEL MARE DI SHELLEY TUTTOLIBRI LA STAMPA tutto LIBRI NUMERO 1728 ANNO XXXIV SABATO 21 AGOSTO 2010 VAMPIRI Marryat al sangue Storia-horror nell’era di Dracula D’AMICO P. IV DIARIO DI LETTURA Nel circolo di Pound Il Rinascimento di Nanni Balestrini CORTELLESSA P. VIII MIRELLA APPIOTTI EDITORI IN VACANZA Lacortedella Moschea di Tophane («Ricordi di Costantinopoli», Jean Brindesi, circa 1855) Quando il capo della scorta era unveneziano rinnegato, che mandava i suoi saluti a un signor Tiepolo... p De Amicis arrivò a Istanbul in piroscafo, gliapparve unacittàcoloratissima, bianca rosa e verde ALBUM Artaud che surreale Una storia di dolori per immagini DÉCINA LOMBARDI P. II POESIA Caro Saba, caro Sereni Un carteggio «antimondano» TESIO P. VI I

Upload: oblomov64

Post on 21-Jun-2015

204 views

Category:

Documents


4 download

DESCRIPTION

Tuttolibri, italian review of books, from www.lastampa.it

TRANSCRIPT

Page 1: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.28

L’arcobalenodi Costantinopoli

Viaggi meravigliosi / 8 Dall’epoca d’oro dei sultani ottomani,quando a dominare era soprattutto la curiosità di conoscere meglioun nemico, all’era moderna, alla voglia di sperimentare sensazioni esotiche

ALESSANDROBARBERO

All'epoca d'oro deisultani ottomani, fra Cinquee Seicento, gli occidentaliche arrivavano a Costantino-poli non erano mossi dalla ri-cerca dell'esotismo. Nei lororacconti traspare soprattut-to l'avida curiosità di cono-scere meglio un nemico dicui si è tanto sentito parlare,ma non lo stupore o la mera-viglia che oggi associamo al-la scoperta di luoghi esotici.L'esotismo e i pericoli stava-no tutti nel viaggio, che attra-versava l'estrema periferiad'Europa, e non nella meta.Pochi ci arrivavano per ma-re; almeno per chi venivadall'Italia, era più comodosbarcare sulla costa dalmatae di lì proseguire a cavallo,un trekking che poteva dura-re anche un mese e mezzo, econ emozioni garantite. Nel-le relazioni che gli inviati ve-neziani leggevano in Senatodopo il loro ritorno si toccacon mano la fatica di adden-trarsi in paesi inospitali, l'Al-bania, la Bulgaria, la Grecia,dove i bey ottomani garanti-scono a fatica la sicurezza.Paesi di briganti dove ogniviaggiatore deve tenere l'ar-chibugio a portata di mano, edove mentre si fa tranquilla-mente colazione sull'erbapuò capitare che i contadinidel posto ti mostrino unachiazza scura sulla strada,spiegando come se nientefosse che è il sangue d'unviandante ammazzato e de-rubato il giorno prima.

Si andava per intermina-bili strade di polvere, gua-dando fiumi e costeggiandolaghi, su e giù per pietraie eattraverso cupe foreste, do-ve ogni incontro era motivod'allarme, o perlomeno disorpresa: s'incontrava una

carovana di cammelli, e tuttisi fermavano a bocca apertaad ammirare le bestie mera-vigliose; si sorpassava uncarro chiuso trainato da bu-fali, su cui una signora turcase ne andava a una festa dimatrimonio, e mentre sichiacchierava con gli uominidi scorta si cercava di oc-chieggiare, vanamente, at-

traverso le cortine ben tira-te. Poi, magari, si scoprivache il baffuto capo della scor-ta era un veneziano rinnega-to, che raccomandava di sa-lutargli, al ritorno, un signorTiepolo o un signor Morosi-ni, che aveva conosciuto be-ne in un'altra vita.

Via via che ci si addentra-va nei paesi abitati dai tur-chi, si annotava, sospirando,

la sempre maggiore difficol-tà di trovare del vino; e alloradiventavano preziosi gliebrei, presenti un po' dapper-tutto, pronti a mettere in mo-vimento le loro conoscenze edare una mano ai viaggiatorispaesati. Ma tutte queste dif-ficoltà cessavano di colpoquando si arrivava a Costan-tinopoli, metropoli europeadove cristiani ed ebrei eranonumerosi quasi quanto i mu-sulmani: il quartiere di Pera,dov'erano concentrate le ca-se dei frenk, gli occidentali,pullulava di osterie. Sbarcan-do a Galata dalla barca concui si era attraversato il Cor-no d'oro poteva quasi sem-brare d'essere ritornati a ca-sa, se lì a pochi passi i capan-noni dell'Arsenale, il podero-so impianto industriale in cuiil sultano teneva in magazzi-no le sue galere, non avesse-ro ricordato anche al più di-stratto l'immensa e minac-ciosa potenza militare dell'impero.

Poi il mondo è cambiato.Nel Sette e Ottocento, fra i

viaggiatori occidentali la pa-ura e il rispetto hanno lascia-to il posto alla condiscenden-za di chi crede fermamented'appartenere a una civiltàsuperiore; e con essi è venu-to meno il desiderio di ritro-vare anche a Costantinopolil'aria di casa, sostituito dauna voglia nuovissima, chenessun uomo del passato

avrebbe mai potuto capire:quella di sperimentare sensa-zioni esotiche. Comparivauna figura nuova, il viaggia-tore di professione, che rac-contava le sue avventure alpubblico dei lettori di giorna-li. Uno di questi professioni-sti fu per parecchi anni Ed-mondo De Amicis, scrittoregià famoso per i racconti diLa vita militare, che fra il

1870 e il 1879 viaggiò in Euro-pa e nel Mediterraneo scri-vendo corrispondenze, e pub-blicando ben sei libri di viag-gio. Vale la pena di segnalareche Edmondo a quell'epocanon aveva ancora partoritoCuore, e che all'inizio del de-cennio aveva appena venti-quattro anni, sicché oggi loclassificheremmo nell'onni-presente categoria dei «gio-vani scrittori»; nessuno deiquali, però, troverebbe soste-gno nei nostri giornali per fa-re tanti viaggi, e così lunghi,né forse avrebbe la forza fisi-ca di produrre così tanto.

Il più memorabile di queilibri è il penultimo, Costanti-nopoli, pubblicato nel 1878.De Amicis arrivò a Istanbulin piroscafo, dopo dieci gior-ni di navigazione da Messi-na, e la descrizione dell'arri-vo è un pezzo di bravura cheoggi stringe il cuore, perchédescrive il lento svelarsi, colvenir meno della nebbia mat-

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Continua a pag. II

A Lucerna per ascoltareAbbado. Nel Vallese perassecondare desideri di

famiglia. Un po’ asorpresa «niente viaggi

al Nord» per la «signoradei fiordi», la prima in

Italia ad avere deciso diesplorare

sistematicamentedaoltre 20 anni, con la sua

Iperborea, la letteraturascandinava e dintorni. «I

miei interessi letterari, lamia affinità con i temi e i

valori, il mio amore persocietà più rispettose

degli altri, più civili, mifanno amare quei Paesi,

ma in realtà sono deltutto mediterranea...».Così, l’estate per Emilia

Lodigiani è la Liguria delGolfo Paradiso, «vero

luogo dell’anima checoincide con i luoghi

dell’infanzia. Mi bastaarrivare alla curvasull’Aurelia, veder

comparire il profilo delmonte di Portofino, persentire un po’ di felicità

riaffiorare dalprofondo». La giornatacomincia presto «con i

giornali, la miticafocaccia, le nuotate da

"long-distance swimmer"(nel mare di Shelley), le

letture». Quest’annolegate all’autunno di

Iperborea che uscirà conuna biografia romanzata

di Maometto di KaderAbdolah e

un’«autobiografia»diGesù di Göran Tunström.

«Approfondimenti suquesti grandi temi, dalVangelo di Saramago al

Gesù di Mauriac alMaometto di Al-Tabari».

Aspettando, a fine mese,ospite gradito, Bjorn

Larsson con i suoi saggiinediti Leggere per vivere,

«per parlare di libri, cioèd’amore».

LODIGIANINEL MARE

DI SHELLEY

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

tuttoLIBRINUMERO 1728ANNO XXXIVSABATO 21 AGOSTO 2010

VAMPIRI

Marryatal sangueStoria-horrornell’era di DraculaD’AMICO P. IV

DIARIO DI LETTURA

Nel circolodi PoundIl Rinascimentodi Nanni BalestriniCORTELLESSA P. VIII

MIRELLA APPIOTTI

EDITORIIN VACANZA

La corte dellaMoschea

di Tophane(«Ricordi di

Costantinopoli»,Jean Brindesi,

circa 1855)

Quando il capo dellascorta era un venezianorinnegato, che mandavai suoi salutia un signor Tiepolo...

p

De Amicis arrivòa Istanbul in piroscafo,gli apparveuna città coloratissima,bianca rosa e verde

ALBUM

Artaudche surrealeUna storia di doloriper immaginiDÉCINA LOMBARDI P. II

POESIA

Caro Saba,caro SereniUn carteggio«antimondano»TESIO P. VI

I

Page 2: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.28

Album Tra letteratura, cinema e teatrola «storia di dolori» di una fra le voci piùalte del surrealismo come grido spirituale

MARCOAIME

Strana fauna quelladei bianchi che vivono in Africa.Gente che a volte è innamoratapersa del continente, della suanatura, ma che spesso odia omal sopporta i suoi abitanti. Op-pure li adora, talmente tanto dafinire per cadere in forme di pa-ternalismo che oscillano tra ilpoliticamente corretto e il me-lenso.

Sono acuti, struggenti e spie-tati i ritratti che Norman Rushdipinge in Bianchi, prendendocome soggetti suoi connaziona-li, che per un motivo o per l'altrovivono in Botswana. Un Paeseche l'autore conosce bene, peraverci soggiornato a lungo. Unpaese dominato da una naturasconfinata, costretto per moltotempo a convivere con un vicinoscomodo, come il Sudafrica dell'apartheid.

I bianchi di Rush, sono perso-ne fuori posto. Alcuni cercano didifendersida quella terra così di-versa e lontana da quella dovesono nati o dalla quale, alla lonta-

na, provengono; altri, al contra-rio, provano a immergersi neisuoi ritmi, nelle sue paure, neisuoi incanti, lasciandosi traspor-tare dall'idea di poter vivereesperienze nuove. Come il fun-zionario americano, che si fa se-durre dall'idea che un incantesi-mo possa risolvere il suo proble-ma principale: i cani del vicino,potente ministro del Lavoro,che abbaiano tutta notte e nonlo lasciano dormire. Scopre chegli piace e allo stesso tempo glifa paura l'idea di abbandonarsia quel fluire di credenze a lui co-sì tanto estranee.

Rush ha una scrittura che

talvolta ricorda le migliori pagi-ne di Hemingway. Come ne «Lastrada per Pala», dove due cop-pie, viaggiando lungo una pista,incontrano un gruppo di bosci-mani affamati. Le donne vorreb-bero fermarsi e dare loro acqua,ma gli uomini si atteggiano a ra-zionali, dicendo che tanto sareb-be inutile, quindi tanto vale te-nersi l'acqua. Se nei racconti he-mingwayani in genere i bianchiparlavano e agivano tra di loro,in quelli di Rush, in un modo onell'altro interagiscono con i lo-cali, odiandoli e amandoli. Chiper puro sentimento, chi invecein modo ideologico e spesso ledue cose si intrecciano. L'Africadiventa uno specchio per legge-re chi si è, di fronte al diverso.

Quelli che Rush ci offre sono ri-tratti profondi, ma leggeri a untempo, spietati, ma indulgenti, diun mondo fatto di spaesati, spes-so in cerca di certezze, che il fattodi essere bianco, in una terra dineri, potrebbe, forse, aiutare araggiungere. Potrebbe, ma pochevolte avviene.

Sempre nell'estremo Sud delcontinente, al di là della frontieradel Botswana, Ndumiso Ngcobocapovolge la prospettiva, con unaserie di racconti dal titolo Alcunidei miei migliori amici sono bianchi.A guardarci, con occhi disincanta-ti e a descriverci con un linguag-gio scoppiettante, scorretto, graf-fiante, ma sempre ironico è un ne-ro, uno zulu sudafricano, che peranni ha lavorato in una grandeazienda, ricoprendo posti di pre-stigio. Grazie a questa conviven-za, Ngcobo riesce a mettere alla

berlina alcuni atteggiamenti deibianchi, allo stesso modo in cuispesso nell'Occidente vengono de-risi i neri.

Esilarante il racconto in cuiparla dell'ossessione per il gioconelle riunioni d'azienda: con lascusa di creare una squadra, ti co-stringono a fare cose ridicole, daltiro alla fune, al bungee jumping.La cosa diventa ancora più diver-tente se, come fa l'autore,si mettea confrontare queste abitudinicon le tradizioni del suo popolo,con i sacrifici di buoi per gli ante-nati. E allora viene da chiedersi:da che partesta la razionalità?

Che dire poi quando il vec-chio razzismo dell'apartheid, sitrasforma in paternalismo, in li-nea con il nuovo Sudafrica? Unesempio? «Poco tempo fa in unafesta aziendale mi sono avvicina-to a un quintetto di bianchi. Sa-pete com'è. Se tre neri si metto-no a parlare insieme, subito arri-va un dirigente bianco a dire:

"Che ci fate qui soli soletti? Me-scolatevi agli altri, dai". Anchese siamo di tre reparti diversissi-mi, non gliene importa niente.Poi ti volti e vedi una banda disette bianconigli ciacolanti cuinessuno rompe i cosiddetti».

Non basta, Ngcobo non se laprende solo con i bianchi. Troppofacile per uno provocatorio comelui. C'è n'è anche per i neri, quellidelle township, che viaggiano suBmw ultimo modello, con altopar-lanti assordanti dai bassi a manet-ta, ma non trovano mai i soldi perpagare l'affitto. Quei neri «fighet-ti», che si incravattano e scim-miottano i bianchi e vanno a vive-re nei quartieribuoni, rinnegandole loro origini.

La critica, anzi il sarcasmo, diNgcobo non è mai ideologica, è so-ciale, morale forse. Con il suo lin-guaggio eccitato (scrive come seandasse sempre di fretta) mette anudo le debolezze di noi tutti, nerie bianchi, in quantoesseri umani.

CHRISTIANFRASCELLA

Ha 82 anni Lore Se-gal, e pochissimi libri all'atti-vo. Uno di questi, tradotto daCargo, era Il mio primo ameri-cano, romanzo bello ma ostico,che ci presentava una rifugia-ta ebrea austriaca nella Gran-de Mela, alla ricerca di radici,amicizie, amori e speranze. Iltono era cupo, la scrittura ele-gante, essenziale.

Si chiamava Ilka, quel per-sonaggio, che ritorna anche inShakespeare's kitchen, propo-sto sempre da Cargo, nel qua-le la rifugiata non è più sola,non è più l'unica protagonista,ma ruota attorno e all'internodi un gruppo di personaggiche rendono il testo corale,una sorta di raccolta di raccon-ti centrifugata in romanzo,molti dei quali leggibili comepezzi unici e però tutti connes-si dalla presenza di uno scena-rio base: la cucina degli Shake-speare, appunto.

Leslie ed Eliza Shakespea-re sono il direttore dell'istituto

di ricerche di Concordance ela di lui moglie. Nella loro cuci-na, tra i piatti sapientementepreparati dalla padrona di ca-sa (l'autorità di riferimento diogni vicenda), sotto un imper-cettibile stato di trance ciarlie-ro dettato dal buon vino, si di-spongono i tasselli delle vite aincrocio che fanno la storia:tutti quanti prima o poi si sa-ziano e ubriacano attorno aquella tavola, tutti chiacchiera-no di sé e degli altri, spettego-lano, ammiccano, mentono, ein qualche modo tradiscono.Un vocio continuo, come un'orchestra che l'autrice dirige

con grazia e humor intrecciandosfortune e dolori in una partitu-ra pressoché perfetta.

C'è Winterneet, premio No-bel e inguaribile donnaiolo; c'èNathan Cohn, insegnante e poe-ta alcolista, invitato a New Yorka ritirare un premio per la suaopera omnia, e che non sa darsipace per come viene erronea-mente scritto il suo nome sulgiornale; c'è Jimmy, che si inna-mora di Ilka al punto da abban-

donare un lavoro sicuro per rag-giungerla a Concordance, finen-do col dimostrarsi incapace emaldestro nella sua nuova man-sione come nel ruolo di marito;c'è Leslie, con il suo stile avvol-gente da intellettuale pragmati-co e il suo apparentemente feli-ce rapporto con Eliza, rapportomacchiato da infedeltà mai so-spettate dalla moglie; ci sono iconiugi Bernstine, amici cortesima genitori poco capaci e il loroassordante cane Teddy; c'è ildottor Alfred Stone, troppo sen-sibile per sentirsi a suo agio inquella comunità, il quale «aveval'erronea convinzione che a lui,chissà perché, mancassero alcu-ne capacità che la gente norma-le – la gente in quella stanza –possedeva sin dalla nascita. Pen-sava che gli altri sapessero sem-pre come bisognava sentirsi ecosa dire. Li osservava andare evenire con i bicchieri in mano estare lì insieme a parlare»; e c'èIlka, che insegna inglese ai nonamericani, è tormentata da unaallieva come lei di nascita au-striaca, e nutre un'attrazionenei confronti del disponibile di-rettore, che sfocia in relazione.

Il centro della storia, o dellestorie, è il disperato bisogno diappartenenza degli individui aun universo che tende a include-re per distrazione e a espellereper egoismo, bisogno che la Se-gal (con questo libro candidataal Pulitzer) racconta con causti-ca disinvoltura, donandoci unaperla letteraria di rara bellezza.

PAOLADÉCINA LOMBARDI

Aveva avuto in sorteuna famiglia borghese, l'intelli-genza, il talento e anche la bel-lezza. Eppure l'esistenza di An-tonin Artaud si è consumatacome uno dei drammi in cuiaveva recitato appassionata-mente con tutte le fibre del cor-po. Oltre alla scrittura, conside-rava infatti il cinema e il teatro«l'occasione per dimostrareche si ha qualcosa nel ventre».E il Marat nel Napoléon di AbelGance, il monaco nella Passionedi Giovanna d'Arco di Dreyer, ilSavonarola de I Cenci ne sono ilmagnifico suggello. Quantoprecoce e fisico fosse il suoistinto teatrale, lo rivela giàuna foto di collegio in cui, insof-ferente alla posa disciplinata eall'attesa del flash, l'adolescen-te si protende fuori dal gruppocon piglio scanzonato. Ma in unautoritratto del 1915, lo sguar-do da irridente si è fatto inquie-tante, quasi minaccioso. Inter-rotti gli studi, il diciannovenneche ha letto Baudelaire, Rim-baud e Poe, che dipinge e scri-ve versi, ha avuto le prime espe-rienze di cliniche per disturbimentali. Che all'origine ci fosseuna caduta infantile, una sifili-

de ereditaria o, anche, il rap-porto con una madre tantoamata quanto colpevolizzante,come rivela una lettera del 1911,la cura con gli oppiacei all'epo-ca molto usati per le turbe deisoldati in guerra determinò latossicodipendenza di Artaud.Da quel momento, la sua «sto-ria di dolori» oltreché in alcuneopere si iscrive sul suo corpo.In un alternarsi di assenza e fu-rore, rivolta ed esaltazione, lu-cida follia e disarmata rasse-gnazione, il suo sguardo si spe-gne mentre il calvario di psico-farmaci ed elettroshock avviz-zisce il volto e già a quarant'an-ni rende barcollante il passo.

A documentare un'espe-rienza di vita tanto densa di in-contri ed esperienze creativequanto tragica, è per la primavolta l'Album Antonin Artauddi Pasquale di Palmo, appenapubblicato da «Il ponte del sa-le», un'associazione per la poe-sia senza fini di lucro. In tiratu-ra limitata a 500 copie, distri-buita esclusivamente nelle li-brerie Feltrinelli, questo belvolumetto realizza un'opera-zione editoriale coraggiosache mentre permette di acco-starsi a un autore complessocome Artaud racconta le tap-pe del drammatico dispendiodi una vita, tra promesse e di-sincanti, rivolte, cadute e ten-tativi di resurrezione. Più cheuna cronologia illustrata, è in-fatti una biografia per immagi-ni in cui accanto a foto e coper-tine che documentano l'attivi-tà artistica e l'opera letteraria,spiccano autoritratti e ritratti,disegni e manoscritti che allafine diventeranno geroglificidi filo spinato.

Da Max Jacob a Rivière ePaulhan, da Adamov a Blin e

Balthus, per Artaud le amiciziefurono un grande sostegno, an-che economico, ma fondamenta-le resta l'incontro con i surreali-sti. Ha già pubblicato i versi diTric Trac du ciel quando, nel 1924,entrato nel gruppo vuole rende-re la Centrale surrealista un luo-go di «riassetto della vita» con in-terventi di svolta rispetto ai pri-mi «inoffensivi» volantini sullapoesia, il sogno, lo humour. NellaDichiarazione del 25 gennaio perla «liberazione totale della men-te» spiega il Surrealismo come«un grido spirituale». Stila poiAprite le prigioni, smobilitatel'esercito, i messaggi Al Papa, AlDalai Lama e Alle scuole del Bud-dha, le lettere Ai rettori delle uni-versità europee e Ai primari deimanicomi, ovvero quattro dichia-razioni collettive contro l'ammi-nistrazione della giustizia e

l'esercito, la religione e il clero, ilpotere accademico e i metodi dicura della malattia mentale. Il fu-rore anarchico dall'autore de IlPesa-Nervi inquietano Bretonma per tre anni i suoi testi conta-giano il gruppo. E quando la di-scussione in termini politici dellarivoluzione accende la querelle ela rottura non tarda. «Tra il mon-do e noi la rottura è sancita - ave-va scritto Artaud su La Révolu-tion surréaliste - Non parliamoper farci capire, ma soltanto acolpi di vomere dentro noi stessi,con la lama d'una accanita osti-nazione rivoltiamo e livelliamo il

pensiero... Il surrealismo è innan-zitutto uno stato mentale, nonpreconizzaricette ».

Con Breton che nel 1946 lo de-finisce «un genio e un grandissi-mo poeta con un alto senso eti-co», Artaud riannoda l'amiciziain occasione del suo ritorno allavita civile dopo nove anni di in-ternamento psichiatrico. Perascoltare l'Histoire vecue d'Ar-taud le Momo têtê à têtê di Ar-taud, il 13 gennaio 1947 un gran-de pubblico affollò il «Vieux-Co-lombier» ma del poeta ritrattoda Man Ray restava un fanta-

sma che seguitava a rigirare trequadernetti farfugliando. Lucidie sconvolgenti erano invece neltesto i flash relativi all'esperien-za dell'oppio e a quella del peyotepresso i Tarahumaras in Messi-co, nel 1936, dove in cerca dellacultura precolombiana visse congli indios in caverne scavate trarocce mozzafiato e paesaggi sur-reali. Delirio e scarna confessio-ne, invettiva e poesia caratteriz-zavano invece il racconto dell'esperienza mistica in Irlanda se-gnata da violenze fisiche e mora-li culminate nell'arresto e nell'in-ternamento, in Francia. Al gridocontro la «sordida parodia di co-scienza che forma il mondo incui viviamo», si mescolava il re-soconto straziante della resisten-za e delle proteste con cui Ar-taud si opponeva «alla scarica dicorrente» che lo faceva volteg-giare «nell'aria come un palloneprigioniero…».

Un anno dopo quella confe-renza, i cui temi avrebbe rielabo-rato in Van Gogh il suicidato dallasocietà, moriva a 52 anni stronca-to da un cancro.

Artaud: io sìche ho qualcosanel ventre

ALESSANDRO BARBERO

MARGHERITA GIACOBINO

Una vita à la garçonne= «Non permetterò a nessuno di dire che questa è la piùbella età della vita...». E’ la verità interpretata, anche, daGioia-Dolores, la pirandelliana fanciulla che MargheritaGiacobino sapientemente cova (un’eroina involontaria:ironica, dinoccolata, trepida eppure unghiata, come deveesserlo un’anima randagia) nella nuova storia (di leiricordiamo, fra l’altro, la prova d’esordio, Casalingheall’inferno, un sapido specchio dei tempi, e la traduzione diBouvard e Pécuchet).L’uovo fuori dal cavagno (Elliot, pp. 242, € 16) è unaraffinata lente letteraria - Margherita Giacobino scrittrice lo

è a tutto tondo, flaubertianamente «sente» attraverso lapenna - posata sulla crisalide che, sia pure confusamente, sacome si evolverà: «Io amo le bambine, ma non i loro giochi;amavo i giochi dei maschi, ma non i maschi».Allergica alle idées reçus, quali allignano negli universi eteroe omo (lo stesso circolo culturale gay e lesbico è laicamenteritratto, facendone brillare una vena dickensiana, tral’arruffato e l’assurdo), Margherita Giacobino«semplicemente» svela una condizione umana, cosìspugneggiata eppure così felicemente ricreata,smemorandola.Gioia-Dolores, dunque. E la sua famiglia comicamentesbrindellata. In una Torino vissuta e attraversata à lagarçonne, dalle scuole «perbene» ai cioccolatini di Peyrano,

dalle trattorie slow food («l’unico vero movimento frizzantee attuale che la sinistra italiana abbia prodotto sullo scorciodi fine millennio») al multietnico San Salvario. Di passione inpassione, di tormento in smacco, in amaro stupore (chil’avrebbe mai detto, pure lei, proprio lei, attratta da unalei...). Fino al coming out televisivo, casuale e, chissà,provvidenziale.(Considererà un’idée reçu, Gioia-Dolores, la confessione diGetrude Stein a Papa: «... l’atto commesso dagliomosessuali maschi è brutto e ripugnante... Con le donne èdiverso. Non fanno niente di disgustoso né di ripugnante edopo sono felici e possono condurre insieme una vitafelice»?). Bruno Quaranta

ALESSANDRO TAMBURINI

Il sogno spezzato di Adonai= E' notte e diluvia quando l'architetto Michele Capriatitorna a casa dalla sua tenuta di campagna. Sembra un saccoquello che vola sul cofano della sua auto in tangenziale. Mada quel momento la vita di Michele non sarà più la stessa.Adonai Gebremansour era un giovane immigrato eritreoricco di sogni e di speranze. Ora giace sull'asfalto bagnato,tutto è finito in una notte di pioggia. Michele è divorziato,ha uno studio ben avviato con il figlio Fabrizio, un'altra figliafuori casa, una nuova donna: ma il suo futuro cambiaprospettiva dopo l'urto fatale e inevitabile. Non ha nessunacolpa, il ragazzo ha commesso un'assurda imprudenza, ma

il senso di estraneità dalla vita di sempre comincia a scavaresolchi di dubbio e rimorso nella mente di Michele. Cominciacosì, da qualche labile indizio, la ricerca che lo condurrà sulletracce e nella memoria di Adonai, da una Roma in cuil'eritreo era approdato in fuga dal suo paese eternamente inguerra, fino ad Asmara, dove l'architetto si reca infine peraprire un varco di perdono con la sua famiglia.Il percorso del nuovo romanzo di Alessandro Tamburini(Quel che so di Adonai, Italic, pp. 236, € 16,50) - scrittorebravo, dunque sottovalutato - è di stretta attualità, coniugale esigenze superflue dell'occidente alle fughe disperate daiterritori di guerra, ci lascia capire - se mai ce ne fosse bisogno- che la globalizzazione è una parola proiettata in un futuroremoto, ma che i sogni dei giovani sono uguali a qualunque

latitudine. Ciò che poteva concludersi come un incidenteluttuoso, diventa arma di conoscenza, di riscatto daquell'indifferenza che ci accompagna quotidianamentequando «gli altri», «i diversi», rientrano nel bollettinoanonimo delle statistiche. Romanzo di ricerca - ricercad'integrazione, di conoscenza, d'amore - Quel che so diAdonai aggiunge un commosso tassello alla letteratura cheguarda avanti, oltre le beghe campaniliste di un paesepronto a sfruttare ma non ad accogliere, e anche il finalebuonista, all'apparenza accomodante, va letto come unabella metafora di ciò che potremmo essere, in un futuro incui le luci delle città non siano il nascondiglio delle colpe, mala sicura, confortevole casa di tutti. Sergio Pent

«Shakespeare'skitchen»: ritorna(ma non è più sola)la rifugiata ebreanella Grande Mela

Lo zulu sudafricanodi Ndumiso Ngcobomette alla berlinail paternalismo che hasostituito il razzismo

Ai boscimaninon dare l’acqua

Tutti a tavolatradendoe spettegolando

pp Norman Rushp BIANCHIp trad. di Federica Albap elliot, pp. 170, € 16,50

pp Ndumiso Ngcobop ALCUNI DEI MIEI MIGLIORI

AMICI SONO BIANCHIp trad. di Daniele Petrucciolip Voland, pp. 200, € 14

Segue da pag. I

pp Pasquale Di Palmop ALBUM ANTONIN ARTAUDp Il Ponte del sale, pp. 267, € 36p www.ilpontedelsale.itA Costantinopoli

Personaggi e storieIITuttolibri

SABATO 21 AGOSTO 2010LA STAMPA III

pp Lore Segalp SHAKESPEARE'S KITCHENp trad. di Natalia Stabilinip Cargo, pp. 235, € 17,50

Segal Nella cucina di Leslie e Elizaun’orchestra di voci tra grazia e humor

I «Bianchi» di Rush:chi cerca di difendersi,chi prova a immergersinei ritmi e nelle pauredi una terra diversa

p

Letlhogonolo Bantsi, general manager di Air Botswana, e Stéphane Mayer (Atr)

In Africa Uno specchio per leggere chi realmente si è,di fronte al diverso: occidentali e indigeni a confronto

tutina, d'una città coloratis-sima, bianca rosa e verde,distesa a perdita d'occhioin mezzo a giardini e boschidi cipressi, là dove oggi c'èsolo il grigio dei casermonidi cemento. Ma tutto il li-bro è la testimonianza irri-petibile di una città che og-gi non c'è più, come la folladi tutte le razze e di tutte lereligioni che si accalcavasul ponte di Galata; come leviuzze di scalcagnate casedi legno, pendenti le uneverso le altre fin quasi a toc-carsi, soffocate da un intri-co di fichi platani acacie, dicui oggi si ritrova a faticaqualche avanzo; come i fac-chini armeni ed ebrei che siaffollavano attorno ai viag-giatori «bestemmiando unitaliano dell'altro mondo».De Amicis sapeva che la

sua Costantinopoli sarebbepresto scomparsa, e in unadelle pagine più inquietantidel libro descrive da visiona-rio la città del futuro: «I collisaranno spianati, i boschettirasi al suolo, le casette multi-colori atterrate; l'orizzonte

sarà tagliato da ogni partedalle lunghe linee rigide deipalazzi», e una immensa nu-vola d'inquinamento nascon-derà in perpetuo la luce delsole.

L'unica cosa che si ritrovaancora oggi identica a Istan-

bul, a distanza di più d'un se-colo, sono quei turisti italianiche De Amicis incontra all'al-bergo, e che lo fanno schiat-tare di rabbia, perché si la-mentano che la città è spor-ca, che non ci sono marcia-piedi, e non si sa come passa-re le serate; gente con troppisoldi che se gli si chiede cosagli è piaciuto di più nel viag-gio, risponde elogiando la cu-cina del piroscafo. Ma forse,chissà, c'è anche quella «spo-sa italiana del secolo ventu-nesimo» immaginata da Ed-mondo, che «venendo qui afare il suo viaggio di nozze»esclama rattristata: «Pecca-to! Peccato che Costantino-poli non sia più come la de-scrive quel vecchio libro tar-lato dell'Ottocento che ritro-vai per caso in fondo all'ar-madio della nonna!».

Artaudritratto in una

xilografia diLascauz («Tric

Trac du ciel»)

Una biografiaper immagini,il drammaticodispendio di una vitacosì creativa e tragica

«Con la lama d’unaaccanita ostinazionerivoltiamo e livelliamoil pensiero...»: Bretonlo definì «un genio»

De Amicis polemicocon i turisti cheriuscivanoad apprezzare solola cucina della nave

Page 3: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.28

Album Tra letteratura, cinema e teatrola «storia di dolori» di una fra le voci piùalte del surrealismo come grido spirituale

MARCOAIME

Strana fauna quelladei bianchi che vivono in Africa.Gente che a volte è innamoratapersa del continente, della suanatura, ma che spesso odia omal sopporta i suoi abitanti. Op-pure li adora, talmente tanto dafinire per cadere in forme di pa-ternalismo che oscillano tra ilpoliticamente corretto e il me-lenso.

Sono acuti, struggenti e spie-tati i ritratti che Norman Rushdipinge in Bianchi, prendendocome soggetti suoi connaziona-li, che per un motivo o per l'altrovivono in Botswana. Un Paeseche l'autore conosce bene, peraverci soggiornato a lungo. Unpaese dominato da una naturasconfinata, costretto per moltotempo a convivere con un vicinoscomodo, come il Sudafrica dell'apartheid.

I bianchi di Rush, sono perso-ne fuori posto. Alcuni cercano didifendersida quella terra così di-versa e lontana da quella dovesono nati o dalla quale, alla lonta-

na, provengono; altri, al contra-rio, provano a immergersi neisuoi ritmi, nelle sue paure, neisuoi incanti, lasciandosi traspor-tare dall'idea di poter vivereesperienze nuove. Come il fun-zionario americano, che si fa se-durre dall'idea che un incantesi-mo possa risolvere il suo proble-ma principale: i cani del vicino,potente ministro del Lavoro,che abbaiano tutta notte e nonlo lasciano dormire. Scopre chegli piace e allo stesso tempo glifa paura l'idea di abbandonarsia quel fluire di credenze a lui co-sì tanto estranee.

Rush ha una scrittura che

talvolta ricorda le migliori pagi-ne di Hemingway. Come ne «Lastrada per Pala», dove due cop-pie, viaggiando lungo una pista,incontrano un gruppo di bosci-mani affamati. Le donne vorreb-bero fermarsi e dare loro acqua,ma gli uomini si atteggiano a ra-zionali, dicendo che tanto sareb-be inutile, quindi tanto vale te-nersi l'acqua. Se nei racconti he-mingwayani in genere i bianchiparlavano e agivano tra di loro,in quelli di Rush, in un modo onell'altro interagiscono con i lo-cali, odiandoli e amandoli. Chiper puro sentimento, chi invecein modo ideologico e spesso ledue cose si intrecciano. L'Africadiventa uno specchio per legge-re chi si è, di fronte al diverso.

Quelli che Rush ci offre sono ri-tratti profondi, ma leggeri a untempo, spietati, ma indulgenti, diun mondo fatto di spaesati, spes-so in cerca di certezze, che il fattodi essere bianco, in una terra dineri, potrebbe, forse, aiutare araggiungere. Potrebbe, ma pochevolte avviene.

Sempre nell'estremo Sud delcontinente, al di là della frontieradel Botswana, Ndumiso Ngcobocapovolge la prospettiva, con unaserie di racconti dal titolo Alcunidei miei migliori amici sono bianchi.A guardarci, con occhi disincanta-ti e a descriverci con un linguag-gio scoppiettante, scorretto, graf-fiante, ma sempre ironico è un ne-ro, uno zulu sudafricano, che peranni ha lavorato in una grandeazienda, ricoprendo posti di pre-stigio. Grazie a questa conviven-za, Ngcobo riesce a mettere alla

berlina alcuni atteggiamenti deibianchi, allo stesso modo in cuispesso nell'Occidente vengono de-risi i neri.

Esilarante il racconto in cuiparla dell'ossessione per il gioconelle riunioni d'azienda: con lascusa di creare una squadra, ti co-stringono a fare cose ridicole, daltiro alla fune, al bungee jumping.La cosa diventa ancora più diver-tente se, come fa l'autore,si mettea confrontare queste abitudinicon le tradizioni del suo popolo,con i sacrifici di buoi per gli ante-nati. E allora viene da chiedersi:da che partesta la razionalità?

Che dire poi quando il vec-chio razzismo dell'apartheid, sitrasforma in paternalismo, in li-nea con il nuovo Sudafrica? Unesempio? «Poco tempo fa in unafesta aziendale mi sono avvicina-to a un quintetto di bianchi. Sa-pete com'è. Se tre neri si metto-no a parlare insieme, subito arri-va un dirigente bianco a dire:

"Che ci fate qui soli soletti? Me-scolatevi agli altri, dai". Anchese siamo di tre reparti diversissi-mi, non gliene importa niente.Poi ti volti e vedi una banda disette bianconigli ciacolanti cuinessuno rompe i cosiddetti».

Non basta, Ngcobo non se laprende solo con i bianchi. Troppofacile per uno provocatorio comelui. C'è n'è anche per i neri, quellidelle township, che viaggiano suBmw ultimo modello, con altopar-lanti assordanti dai bassi a manet-ta, ma non trovano mai i soldi perpagare l'affitto. Quei neri «fighet-ti», che si incravattano e scim-miottano i bianchi e vanno a vive-re nei quartieribuoni, rinnegandole loro origini.

La critica, anzi il sarcasmo, diNgcobo non è mai ideologica, è so-ciale, morale forse. Con il suo lin-guaggio eccitato (scrive come seandasse sempre di fretta) mette anudo le debolezze di noi tutti, nerie bianchi, in quantoesseri umani.

CHRISTIANFRASCELLA

Ha 82 anni Lore Se-gal, e pochissimi libri all'atti-vo. Uno di questi, tradotto daCargo, era Il mio primo ameri-cano, romanzo bello ma ostico,che ci presentava una rifugia-ta ebrea austriaca nella Gran-de Mela, alla ricerca di radici,amicizie, amori e speranze. Iltono era cupo, la scrittura ele-gante, essenziale.

Si chiamava Ilka, quel per-sonaggio, che ritorna anche inShakespeare's kitchen, propo-sto sempre da Cargo, nel qua-le la rifugiata non è più sola,non è più l'unica protagonista,ma ruota attorno e all'internodi un gruppo di personaggiche rendono il testo corale,una sorta di raccolta di raccon-ti centrifugata in romanzo,molti dei quali leggibili comepezzi unici e però tutti connes-si dalla presenza di uno scena-rio base: la cucina degli Shake-speare, appunto.

Leslie ed Eliza Shakespea-re sono il direttore dell'istituto

di ricerche di Concordance ela di lui moglie. Nella loro cuci-na, tra i piatti sapientementepreparati dalla padrona di ca-sa (l'autorità di riferimento diogni vicenda), sotto un imper-cettibile stato di trance ciarlie-ro dettato dal buon vino, si di-spongono i tasselli delle vite aincrocio che fanno la storia:tutti quanti prima o poi si sa-ziano e ubriacano attorno aquella tavola, tutti chiacchiera-no di sé e degli altri, spettego-lano, ammiccano, mentono, ein qualche modo tradiscono.Un vocio continuo, come un'orchestra che l'autrice dirige

con grazia e humor intrecciandosfortune e dolori in una partitu-ra pressoché perfetta.

C'è Winterneet, premio No-bel e inguaribile donnaiolo; c'èNathan Cohn, insegnante e poe-ta alcolista, invitato a New Yorka ritirare un premio per la suaopera omnia, e che non sa darsipace per come viene erronea-mente scritto il suo nome sulgiornale; c'è Jimmy, che si inna-mora di Ilka al punto da abban-

donare un lavoro sicuro per rag-giungerla a Concordance, finen-do col dimostrarsi incapace emaldestro nella sua nuova man-sione come nel ruolo di marito;c'è Leslie, con il suo stile avvol-gente da intellettuale pragmati-co e il suo apparentemente feli-ce rapporto con Eliza, rapportomacchiato da infedeltà mai so-spettate dalla moglie; ci sono iconiugi Bernstine, amici cortesima genitori poco capaci e il loroassordante cane Teddy; c'è ildottor Alfred Stone, troppo sen-sibile per sentirsi a suo agio inquella comunità, il quale «aveval'erronea convinzione che a lui,chissà perché, mancassero alcu-ne capacità che la gente norma-le – la gente in quella stanza –possedeva sin dalla nascita. Pen-sava che gli altri sapessero sem-pre come bisognava sentirsi ecosa dire. Li osservava andare evenire con i bicchieri in mano estare lì insieme a parlare»; e c'èIlka, che insegna inglese ai nonamericani, è tormentata da unaallieva come lei di nascita au-striaca, e nutre un'attrazionenei confronti del disponibile di-rettore, che sfocia in relazione.

Il centro della storia, o dellestorie, è il disperato bisogno diappartenenza degli individui aun universo che tende a include-re per distrazione e a espellereper egoismo, bisogno che la Se-gal (con questo libro candidataal Pulitzer) racconta con causti-ca disinvoltura, donandoci unaperla letteraria di rara bellezza.

PAOLADÉCINA LOMBARDI

Aveva avuto in sorteuna famiglia borghese, l'intelli-genza, il talento e anche la bel-lezza. Eppure l'esistenza di An-tonin Artaud si è consumatacome uno dei drammi in cuiaveva recitato appassionata-mente con tutte le fibre del cor-po. Oltre alla scrittura, conside-rava infatti il cinema e il teatro«l'occasione per dimostrareche si ha qualcosa nel ventre».E il Marat nel Napoléon di AbelGance, il monaco nella Passionedi Giovanna d'Arco di Dreyer, ilSavonarola de I Cenci ne sono ilmagnifico suggello. Quantoprecoce e fisico fosse il suoistinto teatrale, lo rivela giàuna foto di collegio in cui, insof-ferente alla posa disciplinata eall'attesa del flash, l'adolescen-te si protende fuori dal gruppocon piglio scanzonato. Ma in unautoritratto del 1915, lo sguar-do da irridente si è fatto inquie-tante, quasi minaccioso. Inter-rotti gli studi, il diciannovenneche ha letto Baudelaire, Rim-baud e Poe, che dipinge e scri-ve versi, ha avuto le prime espe-rienze di cliniche per disturbimentali. Che all'origine ci fosseuna caduta infantile, una sifili-

de ereditaria o, anche, il rap-porto con una madre tantoamata quanto colpevolizzante,come rivela una lettera del 1911,la cura con gli oppiacei all'epo-ca molto usati per le turbe deisoldati in guerra determinò latossicodipendenza di Artaud.Da quel momento, la sua «sto-ria di dolori» oltreché in alcuneopere si iscrive sul suo corpo.In un alternarsi di assenza e fu-rore, rivolta ed esaltazione, lu-cida follia e disarmata rasse-gnazione, il suo sguardo si spe-gne mentre il calvario di psico-farmaci ed elettroshock avviz-zisce il volto e già a quarant'an-ni rende barcollante il passo.

A documentare un'espe-rienza di vita tanto densa di in-contri ed esperienze creativequanto tragica, è per la primavolta l'Album Antonin Artauddi Pasquale di Palmo, appenapubblicato da «Il ponte del sa-le», un'associazione per la poe-sia senza fini di lucro. In tiratu-ra limitata a 500 copie, distri-buita esclusivamente nelle li-brerie Feltrinelli, questo belvolumetto realizza un'opera-zione editoriale coraggiosache mentre permette di acco-starsi a un autore complessocome Artaud racconta le tap-pe del drammatico dispendiodi una vita, tra promesse e di-sincanti, rivolte, cadute e ten-tativi di resurrezione. Più cheuna cronologia illustrata, è in-fatti una biografia per immagi-ni in cui accanto a foto e coper-tine che documentano l'attivi-tà artistica e l'opera letteraria,spiccano autoritratti e ritratti,disegni e manoscritti che allafine diventeranno geroglificidi filo spinato.

Da Max Jacob a Rivière ePaulhan, da Adamov a Blin e

Balthus, per Artaud le amiciziefurono un grande sostegno, an-che economico, ma fondamenta-le resta l'incontro con i surreali-sti. Ha già pubblicato i versi diTric Trac du ciel quando, nel 1924,entrato nel gruppo vuole rende-re la Centrale surrealista un luo-go di «riassetto della vita» con in-terventi di svolta rispetto ai pri-mi «inoffensivi» volantini sullapoesia, il sogno, lo humour. NellaDichiarazione del 25 gennaio perla «liberazione totale della men-te» spiega il Surrealismo come«un grido spirituale». Stila poiAprite le prigioni, smobilitatel'esercito, i messaggi Al Papa, AlDalai Lama e Alle scuole del Bud-dha, le lettere Ai rettori delle uni-versità europee e Ai primari deimanicomi, ovvero quattro dichia-razioni collettive contro l'ammi-nistrazione della giustizia e

l'esercito, la religione e il clero, ilpotere accademico e i metodi dicura della malattia mentale. Il fu-rore anarchico dall'autore de IlPesa-Nervi inquietano Bretonma per tre anni i suoi testi conta-giano il gruppo. E quando la di-scussione in termini politici dellarivoluzione accende la querelle ela rottura non tarda. «Tra il mon-do e noi la rottura è sancita - ave-va scritto Artaud su La Révolu-tion surréaliste - Non parliamoper farci capire, ma soltanto acolpi di vomere dentro noi stessi,con la lama d'una accanita osti-nazione rivoltiamo e livelliamo il

pensiero... Il surrealismo è innan-zitutto uno stato mentale, nonpreconizzaricette ».

Con Breton che nel 1946 lo de-finisce «un genio e un grandissi-mo poeta con un alto senso eti-co», Artaud riannoda l'amiciziain occasione del suo ritorno allavita civile dopo nove anni di in-ternamento psichiatrico. Perascoltare l'Histoire vecue d'Ar-taud le Momo têtê à têtê di Ar-taud, il 13 gennaio 1947 un gran-de pubblico affollò il «Vieux-Co-lombier» ma del poeta ritrattoda Man Ray restava un fanta-

sma che seguitava a rigirare trequadernetti farfugliando. Lucidie sconvolgenti erano invece neltesto i flash relativi all'esperien-za dell'oppio e a quella del peyotepresso i Tarahumaras in Messi-co, nel 1936, dove in cerca dellacultura precolombiana visse congli indios in caverne scavate trarocce mozzafiato e paesaggi sur-reali. Delirio e scarna confessio-ne, invettiva e poesia caratteriz-zavano invece il racconto dell'esperienza mistica in Irlanda se-gnata da violenze fisiche e mora-li culminate nell'arresto e nell'in-ternamento, in Francia. Al gridocontro la «sordida parodia di co-scienza che forma il mondo incui viviamo», si mescolava il re-soconto straziante della resisten-za e delle proteste con cui Ar-taud si opponeva «alla scarica dicorrente» che lo faceva volteg-giare «nell'aria come un palloneprigioniero…».

Un anno dopo quella confe-renza, i cui temi avrebbe rielabo-rato in Van Gogh il suicidato dallasocietà, moriva a 52 anni stronca-to da un cancro.

Artaud: io sìche ho qualcosanel ventre

ALESSANDRO BARBERO

MARGHERITA GIACOBINO

Una vita à la garçonne= «Non permetterò a nessuno di dire che questa è la piùbella età della vita...». E’ la verità interpretata, anche, daGioia-Dolores, la pirandelliana fanciulla che MargheritaGiacobino sapientemente cova (un’eroina involontaria:ironica, dinoccolata, trepida eppure unghiata, come deveesserlo un’anima randagia) nella nuova storia (di leiricordiamo, fra l’altro, la prova d’esordio, Casalingheall’inferno, un sapido specchio dei tempi, e la traduzione diBouvard e Pécuchet).L’uovo fuori dal cavagno (Elliot, pp. 242, € 16) è unaraffinata lente letteraria - Margherita Giacobino scrittrice lo

è a tutto tondo, flaubertianamente «sente» attraverso lapenna - posata sulla crisalide che, sia pure confusamente, sacome si evolverà: «Io amo le bambine, ma non i loro giochi;amavo i giochi dei maschi, ma non i maschi».Allergica alle idées reçus, quali allignano negli universi eteroe omo (lo stesso circolo culturale gay e lesbico è laicamenteritratto, facendone brillare una vena dickensiana, tral’arruffato e l’assurdo), Margherita Giacobino«semplicemente» svela una condizione umana, cosìspugneggiata eppure così felicemente ricreata,smemorandola.Gioia-Dolores, dunque. E la sua famiglia comicamentesbrindellata. In una Torino vissuta e attraversata à lagarçonne, dalle scuole «perbene» ai cioccolatini di Peyrano,

dalle trattorie slow food («l’unico vero movimento frizzantee attuale che la sinistra italiana abbia prodotto sullo scorciodi fine millennio») al multietnico San Salvario. Di passione inpassione, di tormento in smacco, in amaro stupore (chil’avrebbe mai detto, pure lei, proprio lei, attratta da unalei...). Fino al coming out televisivo, casuale e, chissà,provvidenziale.(Considererà un’idée reçu, Gioia-Dolores, la confessione diGetrude Stein a Papa: «... l’atto commesso dagliomosessuali maschi è brutto e ripugnante... Con le donne èdiverso. Non fanno niente di disgustoso né di ripugnante edopo sono felici e possono condurre insieme una vitafelice»?). Bruno Quaranta

ALESSANDRO TAMBURINI

Il sogno spezzato di Adonai= E' notte e diluvia quando l'architetto Michele Capriatitorna a casa dalla sua tenuta di campagna. Sembra un saccoquello che vola sul cofano della sua auto in tangenziale. Mada quel momento la vita di Michele non sarà più la stessa.Adonai Gebremansour era un giovane immigrato eritreoricco di sogni e di speranze. Ora giace sull'asfalto bagnato,tutto è finito in una notte di pioggia. Michele è divorziato,ha uno studio ben avviato con il figlio Fabrizio, un'altra figliafuori casa, una nuova donna: ma il suo futuro cambiaprospettiva dopo l'urto fatale e inevitabile. Non ha nessunacolpa, il ragazzo ha commesso un'assurda imprudenza, ma

il senso di estraneità dalla vita di sempre comincia a scavaresolchi di dubbio e rimorso nella mente di Michele. Cominciacosì, da qualche labile indizio, la ricerca che lo condurrà sulletracce e nella memoria di Adonai, da una Roma in cuil'eritreo era approdato in fuga dal suo paese eternamente inguerra, fino ad Asmara, dove l'architetto si reca infine peraprire un varco di perdono con la sua famiglia.Il percorso del nuovo romanzo di Alessandro Tamburini(Quel che so di Adonai, Italic, pp. 236, € 16,50) - scrittorebravo, dunque sottovalutato - è di stretta attualità, coniugale esigenze superflue dell'occidente alle fughe disperate daiterritori di guerra, ci lascia capire - se mai ce ne fosse bisogno- che la globalizzazione è una parola proiettata in un futuroremoto, ma che i sogni dei giovani sono uguali a qualunque

latitudine. Ciò che poteva concludersi come un incidenteluttuoso, diventa arma di conoscenza, di riscatto daquell'indifferenza che ci accompagna quotidianamentequando «gli altri», «i diversi», rientrano nel bollettinoanonimo delle statistiche. Romanzo di ricerca - ricercad'integrazione, di conoscenza, d'amore - Quel che so diAdonai aggiunge un commosso tassello alla letteratura cheguarda avanti, oltre le beghe campaniliste di un paesepronto a sfruttare ma non ad accogliere, e anche il finalebuonista, all'apparenza accomodante, va letto come unabella metafora di ciò che potremmo essere, in un futuro incui le luci delle città non siano il nascondiglio delle colpe, mala sicura, confortevole casa di tutti. Sergio Pent

«Shakespeare'skitchen»: ritorna(ma non è più sola)la rifugiata ebreanella Grande Mela

Lo zulu sudafricanodi Ndumiso Ngcobomette alla berlinail paternalismo che hasostituito il razzismo

Ai boscimaninon dare l’acqua

Tutti a tavolatradendoe spettegolando

pp Norman Rushp BIANCHIp trad. di Federica Albap elliot, pp. 170, € 16,50

pp Ndumiso Ngcobop ALCUNI DEI MIEI MIGLIORI

AMICI SONO BIANCHIp trad. di Daniele Petrucciolip Voland, pp. 200, € 14

Segue da pag. I

pp Pasquale Di Palmop ALBUM ANTONIN ARTAUDp Il Ponte del sale, pp. 267, € 36p www.ilpontedelsale.itA Costantinopoli

Personaggi e storieIITuttolibri

SABATO 21 AGOSTO 2010LA STAMPA III

pp Lore Segalp SHAKESPEARE'S KITCHENp trad. di Natalia Stabilinip Cargo, pp. 235, € 17,50

Segal Nella cucina di Leslie e Elizaun’orchestra di voci tra grazia e humor

I «Bianchi» di Rush:chi cerca di difendersi,chi prova a immergersinei ritmi e nelle pauredi una terra diversa

p

Letlhogonolo Bantsi, general manager di Air Botswana, e Stéphane Mayer (Atr)

In Africa Uno specchio per leggere chi realmente si è,di fronte al diverso: occidentali e indigeni a confronto

tutina, d'una città coloratis-sima, bianca rosa e verde,distesa a perdita d'occhioin mezzo a giardini e boschidi cipressi, là dove oggi c'èsolo il grigio dei casermonidi cemento. Ma tutto il li-bro è la testimonianza irri-petibile di una città che og-gi non c'è più, come la folladi tutte le razze e di tutte lereligioni che si accalcavasul ponte di Galata; come leviuzze di scalcagnate casedi legno, pendenti le uneverso le altre fin quasi a toc-carsi, soffocate da un intri-co di fichi platani acacie, dicui oggi si ritrova a faticaqualche avanzo; come i fac-chini armeni ed ebrei che siaffollavano attorno ai viag-giatori «bestemmiando unitaliano dell'altro mondo».De Amicis sapeva che la

sua Costantinopoli sarebbepresto scomparsa, e in unadelle pagine più inquietantidel libro descrive da visiona-rio la città del futuro: «I collisaranno spianati, i boschettirasi al suolo, le casette multi-colori atterrate; l'orizzonte

sarà tagliato da ogni partedalle lunghe linee rigide deipalazzi», e una immensa nu-vola d'inquinamento nascon-derà in perpetuo la luce delsole.

L'unica cosa che si ritrovaancora oggi identica a Istan-

bul, a distanza di più d'un se-colo, sono quei turisti italianiche De Amicis incontra all'al-bergo, e che lo fanno schiat-tare di rabbia, perché si la-mentano che la città è spor-ca, che non ci sono marcia-piedi, e non si sa come passa-re le serate; gente con troppisoldi che se gli si chiede cosagli è piaciuto di più nel viag-gio, risponde elogiando la cu-cina del piroscafo. Ma forse,chissà, c'è anche quella «spo-sa italiana del secolo ventu-nesimo» immaginata da Ed-mondo, che «venendo qui afare il suo viaggio di nozze»esclama rattristata: «Pecca-to! Peccato che Costantino-poli non sia più come la de-scrive quel vecchio libro tar-lato dell'Ottocento che ritro-vai per caso in fondo all'ar-madio della nonna!».

Artaudritratto in una

xilografia diLascauz («Tric

Trac du ciel»)

Una biografiaper immagini,il drammaticodispendio di una vitacosì creativa e tragica

«Con la lama d’unaaccanita ostinazionerivoltiamo e livelliamoil pensiero...»: Bretonlo definì «un genio»

De Amicis polemicocon i turisti cheriuscivanoad apprezzare solola cucina della nave

Page 4: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.28

Florence Marryat Uno fra gli ultimi dei quasi novanta romanzidella scrittrice, commediografa, attrice, cantante, spiritista:uscì nel 1898, lo stesso anno in cui apparve «Dracula» di Stoker

ALESSANDROMONTI

Che cosa succedequando una donna, abbando-nata all'improvviso dal mari-to, incontra un professore di-vorziato ritornato dagli StatiUniti per scoprire la veritàsull'incidente che ha ridottosua figlia a una larva immobilee vegetativa? E ancora, comes'intorbida la situazione quan-do la donna diventa, per unbreve periodo, l'amante delgiovane con cui la figlia di luiaveva una relazione e con cuisi trova insieme durante quel-lo che è stato fatto passare perun incidente? Non si tratta diun Lelouch d'annata, ma delmélo L'arte di dimenticare diAnita Nair, una vicenda d'in-tricate storie confluenti, in cuipassato e presente si mescola-no di continuo nella narrazio-ne, condotta con stile e manosin troppo sapienti.

Ambientata nel mondo so-cialite di Bangalore e nella pro-vincia dell'India meridionalela vicenda verte su intrecciburrascosi di sentimenti e suuna ricerca dolente della veri-tà, nell'ambito di nuclei fami-gliari di volta in volta lacerati,

di frantumi di vite comuni cheforse un giorno si ricompor-ranno con nuovi equilibri.

La corruzione totale dei po-litici, della magistratura, dellapolizia e l'intolleranza più bie-ca costituisce il nocciolo durodi un altro romanzo del sub-continente, I fenicotteri di Bom-bay, del giovane e brillantescrittore Siddharth DhanvantShanghvi. Ambientato nellaBombay brillante degli AnniNovanta, il romanzo tratta dipassioni inacidite e tormenta-te tra giovani fotografi e piani-sti un tempo prodigio, attriciglamour e coppie di mezza etàin crisi. Non lasciatevi ingan-nare, come è successo a me,dalla sciagurata fascetta di co-pertina: argomento del roman-zo non è lo scandaloso mondodi Bollywood, ma la società in-diana corrosa dal fanatismopunitivo contro chi è diverso,gli omosessuali per esempio, esoprattutto dal cinismo ripu-gnante degli uomini politici.

Nucleo fondante della vi-cenda è l'omicidio di un'attri-ce, compiuto dal figlio, respin-to dalla donna, di un ministroe dalle bieche manovre di co-stui per addomesticare il pro-cesso, alterare la verità e fareassolvere il colpevole. Potreb-be sembrare l'Italia del futuro,se una certa deriva politica emorale dovesse continuare:non a caso nel romanzo gli uni-ci a dichiarare la verità sono iquotidiani, con resistenza per-vicace. In questo contesto pub-blico si intrecciano amori eamicizie che non sanno e nonpossono dichiararsi o espri-

mersi in pace e tranquillità. E lanarrazione si chiude con un'im-magine implicita di morte, uni-ca «serenità» infine raggiunta.

Con Il sentiero dei sogni lumi-nosi dell'esordiente JasvinderSanghera ci troviamo di fronte aun altro tipo d'intolleranza e dichiusura. Mi riferisco al mondodegli emigrati dal subcontinen-te in Inghilterra, con famiglie op-pressive che obbligano le figlie asposarsi con estranei che tali ri-mangono anche dopo il matri-monio, che spesso si conclude inmodo tragico per la sposa coat-ta. Il tema non è nuovo, è statotrattato da Bollywood in tono ditragi-commedia già a metà AnniNovanta con Dilwale DulhaniaLe Jayenge («L'eroe conquisteràla sposa»), mentre film recentiquali Provoked e Videsh. Heavenon Earth («La straniera» e «Il pa-radiso in terra») mettono a nu-do la tirannia domestica a cui so-

no sottoposte le donne nei nucleifamigliari dell'emigrazione.

Il romanzo trae forza dallatensione biografica, quasi dicronaca, che lo pervade; anchela fuga sembra intrappolare laragazza in una dimensione do-mestica di rinuncia ai sogni diuna vita normale. E' la difficol-tà di uscire dal circolo chiusodell'izzat (non a caso il titolooriginale del libro è Shame, ver-gogna), l'onore nello stessotempo famigliare e collettivoche obbliga gli individui a com-portarsi secondo regole apriori-stiche e che impedisce il liberocorso degli affetti. In ciò consi-ste lo strazio maggiore descrit-to nel libro: l'impossibilità diavere rapporti sereni con i geni-tori e la propria famiglia.

Un blocco analogo agisce neidensi racconti del pakistano Da-niyal Mueenuddin, Altre stanze,

altre meraviglie. Qui ci muovia-mo all'interno di una società so-spesa tra un mondo arcaico ru-rale, ancora intriso di feudalesi-mo, e la lussuosa vita cosmopoli-ta della classe egemone, latifon-disti e mercanti. I racconti spa-ziano dal mondo dei domestici,con le loro gerarchie, agli ammi-nistratori dell'élite con ragazzeamericane. Tuttavia, sia che irapporti avvengano per ragionidi pura sopravvivenza, com'è ilcaso delle domestiche, o peramore sincero, come per le clas-si alte, non vi è possibilità di co-municazione all'interno dellecoppie: una sterilità che riflettequanto di arido e d'insensibileesiste in un mondo fondato sulladisuguaglianza.

MASOLINOD’AMICO

Durante l’estate diuno degli ultimi anni del dician-novesimo secolo una comitivadi inglesi villeggia in una locali-tà marina del Belgio. Questa co-mitiva è socialmente eteroge-nea. Tutti affettano di apparte-nere alla classe superiore, main realtà sono famiglie di milita-ri e funzionari coloniali, col ma-rito in India o il fidanzato sottole armi; quella che alza più pol-vere di tutti e sbandiera il pro-prio rango di baronessa graziea un mite marito tedesco è unavirago di mezza età, volgarissi-ma, prepotente e rapace. Co-stei lascia continuamente cade-re nomi di grandi personaggiche sarebbero suoi costanti vi-sitatori a Londra, dove in real-tà gestisce una fabbrica di sti-vali (e, come apprenderemo,tiene sedute spiritiche, dondele sue conoscenze mondane).

A questo gruppo si aggiun-ge una nuova venuta, giovane eattraente, anche se non si con-forma ai canoni del tempo, hacapelli e occhi troppo scuri,bocca decisamente troppo lar-ga e piena, cento anni in antici-po sui labbroni a canotto. Es-sendo appena entrata nellamaggiore età, Harriet Brand siè emancipata dal rigido colle-gio cattolico dove ha passatoun decennio ricavandone solo

la sfiducia nella religione; è en-trata in possesso di un discretopatrimonio di cui è la sola am-ministratrice; e ha lasciato lanatia Giamaica per trasferirsiin Europa, al seguito di unacompagna di scuola che peròsembra di salute cagionevole.

Il Belgio è solo una tappa diavvicinamento verso Londra,sua destinazione finale, dovetuttavia non conosce nessuno eavrà certo bisogno di chi la indi-rizzi. La sopraggiunta suscitacuriosità, attrazione e anchemal dissimulate gelosie, mal-grado il suo temperamentosemplice e schietto. Lei ignorale convenzioni, per esempio, efa volentieri il bagno in compa-gnia dell’altro sesso, cosa tolle-rata nel Belgio ma molto auda-ce per i britannici.

Si affeziona sinceramentealla figlioletta di una coetaneache ha il marito lontano, e ottie-ne il permesso di coccolarla edi viziarla un po’. Nella sua in-nocenza, accetta la protezionedella baronessa, che pensandodi sfruttarla la convince a veni-re sua ospite a Londra. E sem-pre senza valutare le conse-guenze, si concede appassiona-tamente alla corte di un ufficia-le vanitoso e farfallone che lenasconde di essere promessoproprio alla più intransigente epuritanadelle villeggianti.

Ma Harriet senza renderse-ne conto si porta addosso unasorta di maledizione: coloro aiquali si attacca si ammalanomisteriosamente, e addiritturamuoiono. Sarà vera la diagnosidi un medico reduce anch’eglidalla Giamaica, che ha cono-

sciuto i suoi genitori? Erano co-storo due diavoli incarnati, untrafficante mezzo mago impe-gnato in crudeli esperimenti divivisezione e una meticcia intem-perante e viziosa, entrambi a suotempo ferocemente linciati dalleloro vittime. Secondo il dottore èinevitabile che Harriet abbia ere-ditato il loro sangue, sangue divampiro.

Uscito nel 1898, lo stesso an-no del subito famoso Dracula diBram Stoker, questo Sangue delvampiro fu uno degli ultimi deicirca 90 romanzi di FlorenceMarryat, anche commediografa,attrice, cantante, spiritista e mol-te altre cose. Settima figlia delcapitano Frederick Marryat, au-tore di molti celebrati romanzimarinari e addirittura precurso-

re degli Stevenson e dei Conrad,Florence ebbe una vita che sa-rebbe parsa tutt’altro che con-venzionale anche in un’epoca dal-le vedute più larghe di quella vit-toriana. Si sposò a ventun anni,

visse a lungo in India ed ebbe ot-to figli prima di divorziare e ri-sposarsi; a 43 anni debuttò comeattrice in una propria pièce. Sfor-nò instancabilmente e con suc-cesso storie sensazionali, oggi di-menticate per la maggior parte.

Quella odierna sembra tutta-via una vera trouvaille, forse nontanto per la componente pauro-sa - che pure è amministrata conmano sicura, e condotta a una so-luzione tutt’altro che melensa -quanto per l’acuta descrizione diuno spaccato di borghesia coisuoi rituali, i suoi pregiudizi, lesue convinzioni (anche scientifi-che, vedi l’intrepidezza della dia-gnosi del dottore, cieco seguacedella teoria dell’ereditarietà).

Senza essere Henry James,Proust o E. M. Forster, la Marr-yat mostra convincentemente lereazioni di personaggi ben rico-noscibili davanti a qualcosa di in-solito come l’inspiegabile fascinodi Hariet, che li sfida, li mette incrisi e li costringe a rivelare i pro-pri limiti.

Bánffy Il declino della monarchia austro-ungaricain un grande affresco del diplomatico ungherese

MARIO SOLDATI

Un attore tra Giuda e Pilato= Capitata l'occasione, in una delle visite nella sua casa diFiascherino, non mi sarei certo lasciato sfuggire di chiederglise conservasse ancora da qualche parte le locandine dei suoigiovanili «successi» teatrali: La madre di Giuda e Pilato,rappresentati en amateur nel 1924 e ’25 a Torino. Il primo alTeatrino della Società San Vincenzo de’ Paoli, il secondo alCircolo San Filippo Neri. Strappandosi il toscano di boccaavrebbe cominciato a berciare sulla sua città, affabulandogli anni in cui, lasciato il collegio dei gesuiti, si iscrivevaall'università. Evocando la devota giovinezza avrebberecitato se stesso. Quando, infilato sempre in un libro,

doveva sembrare un pretino intento a leggere il breviario.Aveva scritto i due testi teatrali come forme di predicazioneletteraria, secondo la tradizione delle sacrerappresentazioni. E come passaggio da una religiositàancora adolescenziale a una più matura consapevolezza. Ledue pièces erano la sua preistoria creativa. Sapeva che neivari generi e nei vari stati dell'esistente si recita sempre ecomunque se stessi. Ogni uomo è un po' un attore. Persentirsi vivo deve rappresentarsi. Nella finzione Soldati erasempre perfetto. Risultato dell'antica educazione deiseguaci di Sant'Ignazio, si era trasformato in una specie digesuita maldestro. Con lui si assisteva a uno spettacoloesclusivo. Soprattutto per la spigolosa morbidezzaconiugata alla bizzarria. Era un uomo che aveva il piacere di

un perbenismo ottocentesco tutto piemontese e lasbarazzina crudeltà del più irrazionale Novecento.Mi sono chiesto come avrebbe accolto la pubblicazione deisuoi quasi puberi testi teatrali (Aragno, pp. 111, € 12, a curadi Giacomo Jori), presentati con tutta l'esegesi delle fonti cheil curatore, con acribia esemplare, fornisce nell'iperdottaprefazione. Credo che Soldati si sarebbe compiaciutodell'attenzione a lui riservata, e di come fosse resa nota unatestimonianza della sua formazione artistica: dell'originariapassione per il teatro; e comunque di un segno anticipatoredella sua vocazione di esibitore in finzioni e realtà, tantonella vita quanto nello spettacolo. Esaminando conattenzione la preziosa edizione sarebbe arrossito di piacere. Giuseppe Marcenaro

LUIGIFORTE

Chi pensa alla Transil-vania come terra di vampiristavolta rimarrà deluso. Nonc'è un solo erede di Draculanel primo romanzo della trilo-gia transilvana del politico e di-plomatico ungherese MiklósBánffy, Dio ha misurato il tuoregno, quasi 900 pagine tradot-te egregiamente da ClaudiaBoday e Bruno Ventavoli.

Anche se lo sfondo di que-sto grande affresco del declinodella monarchia austro-unga-rica colto da una lontana pro-vincia sembra evocare tali fan-tasie: castelli e dimore patrizietra fitti boschi e cime inviolate,scene notturne, splendide e di-sinvolte dame dal roseo ed al-lettante incarnato, verginalifanciulle blasonate.

Tra loro s'aggirano ben al-tri succhiasangue: speculatorie parassiti, usurai e profittato-

ri. Il salasso del bel mondo cherimuove il proprio tragico de-stino fra ricevimenti, cacce ecorse di cavalli, gioco e monda-nità sfrenata, è ormai nelle co-se, nella lenta inarrestabile di-scesa verso la guerra mondia-le con cui si conclude la trilo-gia di Bánffy scritta e pubblica-ta con enorme successo negliAnni Trenta, poi finita nel di-menticatoio e riscoperta solomezzo secolo dopo.

Il conte Bánffy era un uo-mo di mondo ma con solide ra-dici e grandi proprietà in quel-la terra che nel 1920, col tratta-

to di Trianon, passò alla Roma-nia. All'inizio del secolo, non an-cora trentenne (era nato nel1873 e morirà a Budapest nel1950) fu eletto deputato nel Par-lamento ungherese, più tardi as-sunse la direzione dei teatri sta-tali per diventare nel 1921 per unbrevissimo periodo ministro de-gli esteri.

Evidenti sono i tratti autobio-grafici del protagonista del suoromanzo, il giovane conte BálintAbády che studia a Vienna, en-tra nella carriera diplomatica, èattaché all'estero per un paio dianni e poi finisce anche lui inParlamento quasi come un cor-po estraneo. In effetti masticapoco di politica e sente comeproblematica e traballante lasua identità magiara nella terranativa dove la popolazione è inmaggioranza romena. MaBálint non ha l'arroganza né il ci-nismo dei politici di professioneo dei nobili sfaccendati: è un uo-mo buono, generoso, tanto dasembrare, inesperto della vita.

Bálint è l'anima di un mondoche invano attende di rinascere,una goccia di utopia nel maredell'indifferenza. Tornando inTransilvania egli si pone obietti-vi ambiziosi: vuole migliorare lecondizioni di vita dei contadini,combattere la corruzione, favo-rire l'autonomia della popolazio-ne romena. Accanto a lui figuraun altro protagonista, il cuginoLászló Gyeroffy, i cui sogni di

musicista s'infrangono ben pre-sto contro una vita dissoluta.Due caratteri, due destini chetratteggiano aspetti diversi delromanzo ma in realtà concomi-tanti: la storia politica del paeseche Bánffy segue minuziosa-mente in un arco di soli due an-ni, e la storia di una classe socia-le pervasa da deliri e smarri-menti, da una gioia di vivere ches'ingolfa nell'istinto di morte enell'autodistruzione.

Dio ha misurato il tuo regno èun affascinante arazzo che in-treccia figure e destini, micro emacrocosmo di una civiltà al col-

lasso, i cui guizzi e le cui folliehanno riempito pagine di lette-ratura. Nell'universo di Bánffysi incontrano Roth e Tolstoj, Ja-ne Austen e il Dostoevskij de Ilgiocatore, gli uomini «senza qua-lità» di Musil e in qualche modoperfino la nostalgica paraboladel Gattopardo.

C'è il sapore intenso della vi-ta prima della dissolvenza fina-le, il gusto magistrale dei detta-gli (Bálint alle prese con il nododel papillon o davanti allo sfavil-lio d'un falò notturno), il corrosi-vo umorismo d'un duello scandi-to come una pantomima e l'esta-si di fronte a una natura che di-venta paesaggio dell'anima. Epoi sensazioni, echi d'una tradi-zione sublimata in leggenda,personaggi sfaccettati nel cata-logo dell'umana commedia.

Ma c'è soprattutto l'amore:come tensione e sofferenza, sa-crificio e voluttuoso appaga-mento. La lunga, convulsa liai-son fra Bálint e la frigida contes-sa Adrienne Uzdy vittima di unmarito brutale, cresce e maturaper tutto il romanzo come unaspecie di filo conduttore, di pal-

pabile icona di quella rinunciache tormenta e avvelena ancheil cuore del cugino László desti-nato a soddisfare un'amantematura ma non a sposare l'ama-tissima principessina Klara.

Adrienne invece riuscirà allafine a coronare il sogno di ambe-due intrecciando però amore emorte sulla soglia di un incertofuturo. Oltre la quale anche il let-tore vorrebbe inoltrarsi, consa-pevole che Miklós Bánffy non èforse il Tolstoj della Transilva-nia, ma certo un superbo mae-stro della grande letteratura po-polare.

ALTRI VAMPIRIGià autore dell’horror sociale,com’è stato definito il romanzo,«Le memorie di Jack LoSquartatore», Clanash Farjeion(il nome anagrammatodell’attore ingelse Alan JohnScarfe) pubblica ora I vampiridi Ciudad Juarez (GargoyleBooks, pp. 294, € 14,traduzione di Chiara Vatteroni).In una città messicana diconfine, Ciudad Juarez, di oltreun milione di abitanti, cresconogli omicidi, cinquemila e oltre,di donne e ragazze. Un«freelance», capitato per casofra gli orrori, indaga.

Purdy Nella Chicago Anni Trentaun mondo desolato, beckettianoChi si avvicina

a Harriet muore

Dominante una storiad’amore, fra il conteBálint e la frigidaAdrienne, vittimadi un marito brutale

pp Florence Marryatp IL SANGUE DEL VAMPIROp trad. di Alberto Frigop Castelvecchi, pp.324, € 18

CLAUDIOGORLIER

Nei tardi Anni Ses-santa dalla Einaudi mi chie-sero un consiglio su cometradurre il titolo di un roman-zo dell’americano James Pur-dy: Eustace Chisholm and theWorks. Nel colloquiale ameri-cano «the works» indica il ri-pieno completo di un paninoimbottito.

Proposi: E.C. e tutto quan-to che giustamente non liconvinse. Il romanzo appar-ve dunque nel ‘70, ammire-volmente tradotto da AttilioVeraldi e con mia introduzio-ne, come Rose e cenere.

Ora B. C. Dalai ripresentail romanzo, opportunamenteripulito delle mie pagine, e cisi rende conto che non haperso nulla della sua control-lata urgenza di tragica favo-la moderna.

Il titolo originale, caratte-ristico esempio di realismosimbolico, riconduce al pun-to focale, privilegiato, di os-

servazione: il sordido apparta-mento del personaggio chiave,Eustace Chisholm, detto ironi-camente Ace, l’asso. Siamonella Chicago degli Anni Tren-ta, e a ben vedere è lo stessoEustace a fornire la chiave divolta, parlando con l’alcolizza-to miliardario Reuben: «Tuttisi presentano qui con i loroproblemi. Qui c’è lo scarico deisogni falliti».

In effetti, Eustace è il de-miurgo, l’officiante e, se vive lapropria vicenda insieme aglialtri personaggi, al tempo stes-so la osserva e tenta di diriger-

la o almeno di commentarla.Eustace viene abbandonatodalla moglie perché il loro ma-trimonio è sostanzialmente po-sticcio.

Un rapporto alternativo,desiderato ma esso pure nonrealizzato, si prospetta con ilgiovane efebo Amos Ratcliffe,che a sua volta si innamora in-tensamente di Daniel Haws eprovoca una passione quasi ir-resistibile in Reuben Master-son. Anche la pittrice Maure-en O’Dell è alla ricerca di unamore che si riduce a ossessi-va sensualità, fino a consuma-

re una serie di aborti.A ben vedere, è la presenza

inquietante di una figura ma-terna, di una Grande Madre, asostanziare l’omosessualitàdei personaggi, spegnendo alungo andare un’autentica ca-pacità di amare. Il loro destinopresenta dunque una tragicitàquasi classica, e le loro esisten-ze si frantumano: un criticoamericano ha additato qui l’ap-parire di un palcoscenico deso-lato che, accanto a un’attesamai realizzata, rimanda al tea-tro di Beckett.

Un sigillo maledetto, estre-

mo, si trova nella scena del-l’aborto di Maureen, con la ma-ternità negata, umiliata, offe-sa. Nella violenza fisica e psico-logica, irrimediabilmente tar-di i personaggi vivono una pa-rodia di lieto fine, con Reubenche sposa Maureen e la mogliedi Eustace ritorna ricostruen-do un grottesco rapporto ma-trimoniale, ma non si cancella- al contrario - il peso dellamorte di Amos.

Qui, a consumazione dellatragedia, le vicende dei singolipersonaggi acquistano una va-lenza allegorica, esemplare:

«D’improvviso egli scorse intutti quanti gli Stati Uniti nien-te altro che tanti Daniel eAmos».

Si spiega forse così, purtrop-po, la scarsa popolarità di Pur-dy, morto ormai vegliardo nel2009, scrittore che Gobettiavrebbe definito «inesorabile».

Dalla provinciamélo di Anita Nairalla Bombay brillanteAnni 90 di SiddharthDhanvant Shanghvi

Luci, sentieri,fenicotterie altre stanze

Sanghera sulle ormedegli emigratiin Inghilterra,Mueenuddin trafeudalesimo e lusso

«Dio ha misuratoil tuo regno»: il primoromanzo della trilogiatransilvana, tra balli,cacce e profittatori

pp Miklós Bánffyp DIO HA MISURATO IL TUO REGNOp trad. di C. Boday e B. Ventavolip Einaudi, pp. 874, € 24

GIUSEPPEBONAVIRI

Tra i pastori di Mineo= Mineo, paese arroccato nell'arcaica provincia siciliana,fine Anni 40. Un giovane che lì ha le sue radici, vi ritorna damedico condotto, a combattere contro malattie, miseria eignoranza, timido interlocutore di un sindaco rassegnato epastori superstiziosi che, pur di non vaccinare le capre controla febbre maltese, ne bruciano il latte sotto la Luna. L’enormetempo, romanzo di Giuseppe Bonaviri, si ripresenta in unaedizione curata per Sellerio (pp. 200, € 12) da SalvatoreSilvano Nigro, emendato da interventi sgraziati degli editoriprecedenti (Rizzoli 1976, Oscar Mondadori 1999).«Enorme tempo» è quello che separa (forse anche

protegge) la gente di Mineo dalla modernità. Ed enorme fuil tempo di elaborazione di queste pagine. Benché Bonaviriin calce al manoscritto abbia scritto 1955-1961, irimaneggiamenti si prolungarono fino al 1976. Primolettore fu Vittorini. Gli parve un diario bozzettistico, chiesecorrettivi socio-politici che non erano nelle corde diBonaviri. Grazie a Romano Bilenchi, qualche capitolo uscìsul «Nuovo Corriere», poi su «l’Unità», un brano più ampionella rivista «Nuovi Argomenti» (ora in appendice). Intantola narrativa di Bonaviri virava al fantastico, il suo linguaggiosi separava dal realismo, parole di botanica, zoologia,chimica, fisica si incastonavano in una sintassi dallaflessibilità acrobatica. Quando L’enorme tempo uscì, con il suosapore di accorato documento antropologico, apparve come

un masso erratico in una geografia narrativa ormai estranea.Bonaviri ha salutato il mondo l’11 marzo 2009 a 84 anni. Almondo ha lasciato romanzi e poesie che nella letteratura delNovecento occupano uno spazio appartato ma grande,destinato a crescere. Nato a Mineo, come Capuana, avevafatto il militare al nord, a Casale, dopo essersi laureato inmedicina a Catania. Per mezzo secolo ha fatto il medico aFrosinone. Fu anche il cardiologo dell’ospedale psichiatrico. I«matti» lo amavano, lui li amava. L’esordio nel 1954 lo portòdi colpo nell’olimpo della narrativa italiana: Il sarto dellaStradalunga uscì alla Einaudi nei «Gettoni» di Vittorini. Fu unasintonia breve. Calvino e Sciascia saranno poi i suoi tutori tra leinsidie dell’industria culturale. Piero Bianucci

L’ultimo papillonprima dell’abisso

pp Anita Nairp L'ARTE DI DIMENTICAREp trad. di F. Dianop Guanda, pp. 365, € 18p Siddharth Dhanvant Shanghvip I FENICOTTERI DI BOMBAYp trad. di A. Cristoforip Garzanti, pp. 394, € 17,60p Jasvinder Sangherap IL SENTIERO DEI SOGNI LUMINOSIp trad. di E. Tassip Piemme, pp. 320, € 17p Daniyal Mueenuddinp ALTRE STANZE,ALTRE MERAVIGLIEp trad. di M. Faimalip Mondadori, pp. 272, € 19

pp James Purdyp ROSE E CENEREp trad. di Attilio Veraldip B.C. Dalai, pp. 211, € 18,50

India-Pakistan Vite a pezzi, amori,corruzione, omicidi, intolleranza

Come genitori duediavoli incarnati,un trafficante mezzomago e una meticciaintemperante e viziosa

«Il sangue del vampiro»:una giovane in arrivodalla Giamaicasi porta addosso unasorta di maledizione

«Rose e cenere»:un matrimonioposticcio, storieomosessuali, la tragediadella maternità negata

NarrativaIVTuttolibri

SABATO 21 AGOSTO 2010LA STAMPA V

Il conte Bánffy, definito il Tolstoj della Transilvania

Venite, qui c’èlo scaricodei sogni falliti

«Bat Woman», dipinto di Albert Joseph Penot

India: passato e presente si mescolano di continuo nelle opere narrative

Page 5: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.28

Florence Marryat Uno fra gli ultimi dei quasi novanta romanzidella scrittrice, commediografa, attrice, cantante, spiritista:uscì nel 1898, lo stesso anno in cui apparve «Dracula» di Stoker

ALESSANDROMONTI

Che cosa succedequando una donna, abbando-nata all'improvviso dal mari-to, incontra un professore di-vorziato ritornato dagli StatiUniti per scoprire la veritàsull'incidente che ha ridottosua figlia a una larva immobilee vegetativa? E ancora, comes'intorbida la situazione quan-do la donna diventa, per unbreve periodo, l'amante delgiovane con cui la figlia di luiaveva una relazione e con cuisi trova insieme durante quel-lo che è stato fatto passare perun incidente? Non si tratta diun Lelouch d'annata, ma delmélo L'arte di dimenticare diAnita Nair, una vicenda d'in-tricate storie confluenti, in cuipassato e presente si mescola-no di continuo nella narrazio-ne, condotta con stile e manosin troppo sapienti.

Ambientata nel mondo so-cialite di Bangalore e nella pro-vincia dell'India meridionalela vicenda verte su intrecciburrascosi di sentimenti e suuna ricerca dolente della veri-tà, nell'ambito di nuclei fami-gliari di volta in volta lacerati,

di frantumi di vite comuni cheforse un giorno si ricompor-ranno con nuovi equilibri.

La corruzione totale dei po-litici, della magistratura, dellapolizia e l'intolleranza più bie-ca costituisce il nocciolo durodi un altro romanzo del sub-continente, I fenicotteri di Bom-bay, del giovane e brillantescrittore Siddharth DhanvantShanghvi. Ambientato nellaBombay brillante degli AnniNovanta, il romanzo tratta dipassioni inacidite e tormenta-te tra giovani fotografi e piani-sti un tempo prodigio, attriciglamour e coppie di mezza etàin crisi. Non lasciatevi ingan-nare, come è successo a me,dalla sciagurata fascetta di co-pertina: argomento del roman-zo non è lo scandaloso mondodi Bollywood, ma la società in-diana corrosa dal fanatismopunitivo contro chi è diverso,gli omosessuali per esempio, esoprattutto dal cinismo ripu-gnante degli uomini politici.

Nucleo fondante della vi-cenda è l'omicidio di un'attri-ce, compiuto dal figlio, respin-to dalla donna, di un ministroe dalle bieche manovre di co-stui per addomesticare il pro-cesso, alterare la verità e fareassolvere il colpevole. Potreb-be sembrare l'Italia del futuro,se una certa deriva politica emorale dovesse continuare:non a caso nel romanzo gli uni-ci a dichiarare la verità sono iquotidiani, con resistenza per-vicace. In questo contesto pub-blico si intrecciano amori eamicizie che non sanno e nonpossono dichiararsi o espri-

mersi in pace e tranquillità. E lanarrazione si chiude con un'im-magine implicita di morte, uni-ca «serenità» infine raggiunta.

Con Il sentiero dei sogni lumi-nosi dell'esordiente JasvinderSanghera ci troviamo di fronte aun altro tipo d'intolleranza e dichiusura. Mi riferisco al mondodegli emigrati dal subcontinen-te in Inghilterra, con famiglie op-pressive che obbligano le figlie asposarsi con estranei che tali ri-mangono anche dopo il matri-monio, che spesso si conclude inmodo tragico per la sposa coat-ta. Il tema non è nuovo, è statotrattato da Bollywood in tono ditragi-commedia già a metà AnniNovanta con Dilwale DulhaniaLe Jayenge («L'eroe conquisteràla sposa»), mentre film recentiquali Provoked e Videsh. Heavenon Earth («La straniera» e «Il pa-radiso in terra») mettono a nu-do la tirannia domestica a cui so-

no sottoposte le donne nei nucleifamigliari dell'emigrazione.

Il romanzo trae forza dallatensione biografica, quasi dicronaca, che lo pervade; anchela fuga sembra intrappolare laragazza in una dimensione do-mestica di rinuncia ai sogni diuna vita normale. E' la difficol-tà di uscire dal circolo chiusodell'izzat (non a caso il titolooriginale del libro è Shame, ver-gogna), l'onore nello stessotempo famigliare e collettivoche obbliga gli individui a com-portarsi secondo regole apriori-stiche e che impedisce il liberocorso degli affetti. In ciò consi-ste lo strazio maggiore descrit-to nel libro: l'impossibilità diavere rapporti sereni con i geni-tori e la propria famiglia.

Un blocco analogo agisce neidensi racconti del pakistano Da-niyal Mueenuddin, Altre stanze,

altre meraviglie. Qui ci muovia-mo all'interno di una società so-spesa tra un mondo arcaico ru-rale, ancora intriso di feudalesi-mo, e la lussuosa vita cosmopoli-ta della classe egemone, latifon-disti e mercanti. I racconti spa-ziano dal mondo dei domestici,con le loro gerarchie, agli ammi-nistratori dell'élite con ragazzeamericane. Tuttavia, sia che irapporti avvengano per ragionidi pura sopravvivenza, com'è ilcaso delle domestiche, o peramore sincero, come per le clas-si alte, non vi è possibilità di co-municazione all'interno dellecoppie: una sterilità che riflettequanto di arido e d'insensibileesiste in un mondo fondato sulladisuguaglianza.

MASOLINOD’AMICO

Durante l’estate diuno degli ultimi anni del dician-novesimo secolo una comitivadi inglesi villeggia in una locali-tà marina del Belgio. Questa co-mitiva è socialmente eteroge-nea. Tutti affettano di apparte-nere alla classe superiore, main realtà sono famiglie di milita-ri e funzionari coloniali, col ma-rito in India o il fidanzato sottole armi; quella che alza più pol-vere di tutti e sbandiera il pro-prio rango di baronessa graziea un mite marito tedesco è unavirago di mezza età, volgarissi-ma, prepotente e rapace. Co-stei lascia continuamente cade-re nomi di grandi personaggiche sarebbero suoi costanti vi-sitatori a Londra, dove in real-tà gestisce una fabbrica di sti-vali (e, come apprenderemo,tiene sedute spiritiche, dondele sue conoscenze mondane).

A questo gruppo si aggiun-ge una nuova venuta, giovane eattraente, anche se non si con-forma ai canoni del tempo, hacapelli e occhi troppo scuri,bocca decisamente troppo lar-ga e piena, cento anni in antici-po sui labbroni a canotto. Es-sendo appena entrata nellamaggiore età, Harriet Brand siè emancipata dal rigido colle-gio cattolico dove ha passatoun decennio ricavandone solo

la sfiducia nella religione; è en-trata in possesso di un discretopatrimonio di cui è la sola am-ministratrice; e ha lasciato lanatia Giamaica per trasferirsiin Europa, al seguito di unacompagna di scuola che peròsembra di salute cagionevole.

Il Belgio è solo una tappa diavvicinamento verso Londra,sua destinazione finale, dovetuttavia non conosce nessuno eavrà certo bisogno di chi la indi-rizzi. La sopraggiunta suscitacuriosità, attrazione e anchemal dissimulate gelosie, mal-grado il suo temperamentosemplice e schietto. Lei ignorale convenzioni, per esempio, efa volentieri il bagno in compa-gnia dell’altro sesso, cosa tolle-rata nel Belgio ma molto auda-ce per i britannici.

Si affeziona sinceramentealla figlioletta di una coetaneache ha il marito lontano, e ottie-ne il permesso di coccolarla edi viziarla un po’. Nella sua in-nocenza, accetta la protezionedella baronessa, che pensandodi sfruttarla la convince a veni-re sua ospite a Londra. E sem-pre senza valutare le conse-guenze, si concede appassiona-tamente alla corte di un ufficia-le vanitoso e farfallone che lenasconde di essere promessoproprio alla più intransigente epuritanadelle villeggianti.

Ma Harriet senza renderse-ne conto si porta addosso unasorta di maledizione: coloro aiquali si attacca si ammalanomisteriosamente, e addiritturamuoiono. Sarà vera la diagnosidi un medico reduce anch’eglidalla Giamaica, che ha cono-

sciuto i suoi genitori? Erano co-storo due diavoli incarnati, untrafficante mezzo mago impe-gnato in crudeli esperimenti divivisezione e una meticcia intem-perante e viziosa, entrambi a suotempo ferocemente linciati dalleloro vittime. Secondo il dottore èinevitabile che Harriet abbia ere-ditato il loro sangue, sangue divampiro.

Uscito nel 1898, lo stesso an-no del subito famoso Dracula diBram Stoker, questo Sangue delvampiro fu uno degli ultimi deicirca 90 romanzi di FlorenceMarryat, anche commediografa,attrice, cantante, spiritista e mol-te altre cose. Settima figlia delcapitano Frederick Marryat, au-tore di molti celebrati romanzimarinari e addirittura precurso-

re degli Stevenson e dei Conrad,Florence ebbe una vita che sa-rebbe parsa tutt’altro che con-venzionale anche in un’epoca dal-le vedute più larghe di quella vit-toriana. Si sposò a ventun anni,

visse a lungo in India ed ebbe ot-to figli prima di divorziare e ri-sposarsi; a 43 anni debuttò comeattrice in una propria pièce. Sfor-nò instancabilmente e con suc-cesso storie sensazionali, oggi di-menticate per la maggior parte.

Quella odierna sembra tutta-via una vera trouvaille, forse nontanto per la componente pauro-sa - che pure è amministrata conmano sicura, e condotta a una so-luzione tutt’altro che melensa -quanto per l’acuta descrizione diuno spaccato di borghesia coisuoi rituali, i suoi pregiudizi, lesue convinzioni (anche scientifi-che, vedi l’intrepidezza della dia-gnosi del dottore, cieco seguacedella teoria dell’ereditarietà).

Senza essere Henry James,Proust o E. M. Forster, la Marr-yat mostra convincentemente lereazioni di personaggi ben rico-noscibili davanti a qualcosa di in-solito come l’inspiegabile fascinodi Hariet, che li sfida, li mette incrisi e li costringe a rivelare i pro-pri limiti.

Bánffy Il declino della monarchia austro-ungaricain un grande affresco del diplomatico ungherese

MARIO SOLDATI

Un attore tra Giuda e Pilato= Capitata l'occasione, in una delle visite nella sua casa diFiascherino, non mi sarei certo lasciato sfuggire di chiederglise conservasse ancora da qualche parte le locandine dei suoigiovanili «successi» teatrali: La madre di Giuda e Pilato,rappresentati en amateur nel 1924 e ’25 a Torino. Il primo alTeatrino della Società San Vincenzo de’ Paoli, il secondo alCircolo San Filippo Neri. Strappandosi il toscano di boccaavrebbe cominciato a berciare sulla sua città, affabulandogli anni in cui, lasciato il collegio dei gesuiti, si iscrivevaall'università. Evocando la devota giovinezza avrebberecitato se stesso. Quando, infilato sempre in un libro,

doveva sembrare un pretino intento a leggere il breviario.Aveva scritto i due testi teatrali come forme di predicazioneletteraria, secondo la tradizione delle sacrerappresentazioni. E come passaggio da una religiositàancora adolescenziale a una più matura consapevolezza. Ledue pièces erano la sua preistoria creativa. Sapeva che neivari generi e nei vari stati dell'esistente si recita sempre ecomunque se stessi. Ogni uomo è un po' un attore. Persentirsi vivo deve rappresentarsi. Nella finzione Soldati erasempre perfetto. Risultato dell'antica educazione deiseguaci di Sant'Ignazio, si era trasformato in una specie digesuita maldestro. Con lui si assisteva a uno spettacoloesclusivo. Soprattutto per la spigolosa morbidezzaconiugata alla bizzarria. Era un uomo che aveva il piacere di

un perbenismo ottocentesco tutto piemontese e lasbarazzina crudeltà del più irrazionale Novecento.Mi sono chiesto come avrebbe accolto la pubblicazione deisuoi quasi puberi testi teatrali (Aragno, pp. 111, € 12, a curadi Giacomo Jori), presentati con tutta l'esegesi delle fonti cheil curatore, con acribia esemplare, fornisce nell'iperdottaprefazione. Credo che Soldati si sarebbe compiaciutodell'attenzione a lui riservata, e di come fosse resa nota unatestimonianza della sua formazione artistica: dell'originariapassione per il teatro; e comunque di un segno anticipatoredella sua vocazione di esibitore in finzioni e realtà, tantonella vita quanto nello spettacolo. Esaminando conattenzione la preziosa edizione sarebbe arrossito di piacere. Giuseppe Marcenaro

LUIGIFORTE

Chi pensa alla Transil-vania come terra di vampiristavolta rimarrà deluso. Nonc'è un solo erede di Draculanel primo romanzo della trilo-gia transilvana del politico e di-plomatico ungherese MiklósBánffy, Dio ha misurato il tuoregno, quasi 900 pagine tradot-te egregiamente da ClaudiaBoday e Bruno Ventavoli.

Anche se lo sfondo di que-sto grande affresco del declinodella monarchia austro-unga-rica colto da una lontana pro-vincia sembra evocare tali fan-tasie: castelli e dimore patrizietra fitti boschi e cime inviolate,scene notturne, splendide e di-sinvolte dame dal roseo ed al-lettante incarnato, verginalifanciulle blasonate.

Tra loro s'aggirano ben al-tri succhiasangue: speculatorie parassiti, usurai e profittato-

ri. Il salasso del bel mondo cherimuove il proprio tragico de-stino fra ricevimenti, cacce ecorse di cavalli, gioco e monda-nità sfrenata, è ormai nelle co-se, nella lenta inarrestabile di-scesa verso la guerra mondia-le con cui si conclude la trilo-gia di Bánffy scritta e pubblica-ta con enorme successo negliAnni Trenta, poi finita nel di-menticatoio e riscoperta solomezzo secolo dopo.

Il conte Bánffy era un uo-mo di mondo ma con solide ra-dici e grandi proprietà in quel-la terra che nel 1920, col tratta-

to di Trianon, passò alla Roma-nia. All'inizio del secolo, non an-cora trentenne (era nato nel1873 e morirà a Budapest nel1950) fu eletto deputato nel Par-lamento ungherese, più tardi as-sunse la direzione dei teatri sta-tali per diventare nel 1921 per unbrevissimo periodo ministro de-gli esteri.

Evidenti sono i tratti autobio-grafici del protagonista del suoromanzo, il giovane conte BálintAbády che studia a Vienna, en-tra nella carriera diplomatica, èattaché all'estero per un paio dianni e poi finisce anche lui inParlamento quasi come un cor-po estraneo. In effetti masticapoco di politica e sente comeproblematica e traballante lasua identità magiara nella terranativa dove la popolazione è inmaggioranza romena. MaBálint non ha l'arroganza né il ci-nismo dei politici di professioneo dei nobili sfaccendati: è un uo-mo buono, generoso, tanto dasembrare, inesperto della vita.

Bálint è l'anima di un mondoche invano attende di rinascere,una goccia di utopia nel maredell'indifferenza. Tornando inTransilvania egli si pone obietti-vi ambiziosi: vuole migliorare lecondizioni di vita dei contadini,combattere la corruzione, favo-rire l'autonomia della popolazio-ne romena. Accanto a lui figuraun altro protagonista, il cuginoLászló Gyeroffy, i cui sogni di

musicista s'infrangono ben pre-sto contro una vita dissoluta.Due caratteri, due destini chetratteggiano aspetti diversi delromanzo ma in realtà concomi-tanti: la storia politica del paeseche Bánffy segue minuziosa-mente in un arco di soli due an-ni, e la storia di una classe socia-le pervasa da deliri e smarri-menti, da una gioia di vivere ches'ingolfa nell'istinto di morte enell'autodistruzione.

Dio ha misurato il tuo regno èun affascinante arazzo che in-treccia figure e destini, micro emacrocosmo di una civiltà al col-

lasso, i cui guizzi e le cui folliehanno riempito pagine di lette-ratura. Nell'universo di Bánffysi incontrano Roth e Tolstoj, Ja-ne Austen e il Dostoevskij de Ilgiocatore, gli uomini «senza qua-lità» di Musil e in qualche modoperfino la nostalgica paraboladel Gattopardo.

C'è il sapore intenso della vi-ta prima della dissolvenza fina-le, il gusto magistrale dei detta-gli (Bálint alle prese con il nododel papillon o davanti allo sfavil-lio d'un falò notturno), il corrosi-vo umorismo d'un duello scandi-to come una pantomima e l'esta-si di fronte a una natura che di-venta paesaggio dell'anima. Epoi sensazioni, echi d'una tradi-zione sublimata in leggenda,personaggi sfaccettati nel cata-logo dell'umana commedia.

Ma c'è soprattutto l'amore:come tensione e sofferenza, sa-crificio e voluttuoso appaga-mento. La lunga, convulsa liai-son fra Bálint e la frigida contes-sa Adrienne Uzdy vittima di unmarito brutale, cresce e maturaper tutto il romanzo come unaspecie di filo conduttore, di pal-

pabile icona di quella rinunciache tormenta e avvelena ancheil cuore del cugino László desti-nato a soddisfare un'amantematura ma non a sposare l'ama-tissima principessina Klara.

Adrienne invece riuscirà allafine a coronare il sogno di ambe-due intrecciando però amore emorte sulla soglia di un incertofuturo. Oltre la quale anche il let-tore vorrebbe inoltrarsi, consa-pevole che Miklós Bánffy non èforse il Tolstoj della Transilva-nia, ma certo un superbo mae-stro della grande letteratura po-polare.

ALTRI VAMPIRIGià autore dell’horror sociale,com’è stato definito il romanzo,«Le memorie di Jack LoSquartatore», Clanash Farjeion(il nome anagrammatodell’attore ingelse Alan JohnScarfe) pubblica ora I vampiridi Ciudad Juarez (GargoyleBooks, pp. 294, € 14,traduzione di Chiara Vatteroni).In una città messicana diconfine, Ciudad Juarez, di oltreun milione di abitanti, cresconogli omicidi, cinquemila e oltre,di donne e ragazze. Un«freelance», capitato per casofra gli orrori, indaga.

Purdy Nella Chicago Anni Trentaun mondo desolato, beckettianoChi si avvicina

a Harriet muore

Dominante una storiad’amore, fra il conteBálint e la frigidaAdrienne, vittimadi un marito brutale

pp Florence Marryatp IL SANGUE DEL VAMPIROp trad. di Alberto Frigop Castelvecchi, pp.324, € 18

CLAUDIOGORLIER

Nei tardi Anni Ses-santa dalla Einaudi mi chie-sero un consiglio su cometradurre il titolo di un roman-zo dell’americano James Pur-dy: Eustace Chisholm and theWorks. Nel colloquiale ameri-cano «the works» indica il ri-pieno completo di un paninoimbottito.

Proposi: E.C. e tutto quan-to che giustamente non liconvinse. Il romanzo appar-ve dunque nel ‘70, ammire-volmente tradotto da AttilioVeraldi e con mia introduzio-ne, come Rose e cenere.

Ora B. C. Dalai ripresentail romanzo, opportunamenteripulito delle mie pagine, e cisi rende conto che non haperso nulla della sua control-lata urgenza di tragica favo-la moderna.

Il titolo originale, caratte-ristico esempio di realismosimbolico, riconduce al pun-to focale, privilegiato, di os-

servazione: il sordido apparta-mento del personaggio chiave,Eustace Chisholm, detto ironi-camente Ace, l’asso. Siamonella Chicago degli Anni Tren-ta, e a ben vedere è lo stessoEustace a fornire la chiave divolta, parlando con l’alcolizza-to miliardario Reuben: «Tuttisi presentano qui con i loroproblemi. Qui c’è lo scarico deisogni falliti».

In effetti, Eustace è il de-miurgo, l’officiante e, se vive lapropria vicenda insieme aglialtri personaggi, al tempo stes-so la osserva e tenta di diriger-

la o almeno di commentarla.Eustace viene abbandonatodalla moglie perché il loro ma-trimonio è sostanzialmente po-sticcio.

Un rapporto alternativo,desiderato ma esso pure nonrealizzato, si prospetta con ilgiovane efebo Amos Ratcliffe,che a sua volta si innamora in-tensamente di Daniel Haws eprovoca una passione quasi ir-resistibile in Reuben Master-son. Anche la pittrice Maure-en O’Dell è alla ricerca di unamore che si riduce a ossessi-va sensualità, fino a consuma-

re una serie di aborti.A ben vedere, è la presenza

inquietante di una figura ma-terna, di una Grande Madre, asostanziare l’omosessualitàdei personaggi, spegnendo alungo andare un’autentica ca-pacità di amare. Il loro destinopresenta dunque una tragicitàquasi classica, e le loro esisten-ze si frantumano: un criticoamericano ha additato qui l’ap-parire di un palcoscenico deso-lato che, accanto a un’attesamai realizzata, rimanda al tea-tro di Beckett.

Un sigillo maledetto, estre-

mo, si trova nella scena del-l’aborto di Maureen, con la ma-ternità negata, umiliata, offe-sa. Nella violenza fisica e psico-logica, irrimediabilmente tar-di i personaggi vivono una pa-rodia di lieto fine, con Reubenche sposa Maureen e la mogliedi Eustace ritorna ricostruen-do un grottesco rapporto ma-trimoniale, ma non si cancella- al contrario - il peso dellamorte di Amos.

Qui, a consumazione dellatragedia, le vicende dei singolipersonaggi acquistano una va-lenza allegorica, esemplare:

«D’improvviso egli scorse intutti quanti gli Stati Uniti nien-te altro che tanti Daniel eAmos».

Si spiega forse così, purtrop-po, la scarsa popolarità di Pur-dy, morto ormai vegliardo nel2009, scrittore che Gobettiavrebbe definito «inesorabile».

Dalla provinciamélo di Anita Nairalla Bombay brillanteAnni 90 di SiddharthDhanvant Shanghvi

Luci, sentieri,fenicotterie altre stanze

Sanghera sulle ormedegli emigratiin Inghilterra,Mueenuddin trafeudalesimo e lusso

«Dio ha misuratoil tuo regno»: il primoromanzo della trilogiatransilvana, tra balli,cacce e profittatori

pp Miklós Bánffyp DIO HA MISURATO IL TUO REGNOp trad. di C. Boday e B. Ventavolip Einaudi, pp. 874, € 24

GIUSEPPEBONAVIRI

Tra i pastori di Mineo= Mineo, paese arroccato nell'arcaica provincia siciliana,fine Anni 40. Un giovane che lì ha le sue radici, vi ritorna damedico condotto, a combattere contro malattie, miseria eignoranza, timido interlocutore di un sindaco rassegnato epastori superstiziosi che, pur di non vaccinare le capre controla febbre maltese, ne bruciano il latte sotto la Luna. L’enormetempo, romanzo di Giuseppe Bonaviri, si ripresenta in unaedizione curata per Sellerio (pp. 200, € 12) da SalvatoreSilvano Nigro, emendato da interventi sgraziati degli editoriprecedenti (Rizzoli 1976, Oscar Mondadori 1999).«Enorme tempo» è quello che separa (forse anche

protegge) la gente di Mineo dalla modernità. Ed enorme fuil tempo di elaborazione di queste pagine. Benché Bonaviriin calce al manoscritto abbia scritto 1955-1961, irimaneggiamenti si prolungarono fino al 1976. Primolettore fu Vittorini. Gli parve un diario bozzettistico, chiesecorrettivi socio-politici che non erano nelle corde diBonaviri. Grazie a Romano Bilenchi, qualche capitolo uscìsul «Nuovo Corriere», poi su «l’Unità», un brano più ampionella rivista «Nuovi Argomenti» (ora in appendice). Intantola narrativa di Bonaviri virava al fantastico, il suo linguaggiosi separava dal realismo, parole di botanica, zoologia,chimica, fisica si incastonavano in una sintassi dallaflessibilità acrobatica. Quando L’enorme tempo uscì, con il suosapore di accorato documento antropologico, apparve come

un masso erratico in una geografia narrativa ormai estranea.Bonaviri ha salutato il mondo l’11 marzo 2009 a 84 anni. Almondo ha lasciato romanzi e poesie che nella letteratura delNovecento occupano uno spazio appartato ma grande,destinato a crescere. Nato a Mineo, come Capuana, avevafatto il militare al nord, a Casale, dopo essersi laureato inmedicina a Catania. Per mezzo secolo ha fatto il medico aFrosinone. Fu anche il cardiologo dell’ospedale psichiatrico. I«matti» lo amavano, lui li amava. L’esordio nel 1954 lo portòdi colpo nell’olimpo della narrativa italiana: Il sarto dellaStradalunga uscì alla Einaudi nei «Gettoni» di Vittorini. Fu unasintonia breve. Calvino e Sciascia saranno poi i suoi tutori tra leinsidie dell’industria culturale. Piero Bianucci

L’ultimo papillonprima dell’abisso

pp Anita Nairp L'ARTE DI DIMENTICAREp trad. di F. Dianop Guanda, pp. 365, € 18p Siddharth Dhanvant Shanghvip I FENICOTTERI DI BOMBAYp trad. di A. Cristoforip Garzanti, pp. 394, € 17,60p Jasvinder Sangherap IL SENTIERO DEI SOGNI LUMINOSIp trad. di E. Tassip Piemme, pp. 320, € 17p Daniyal Mueenuddinp ALTRE STANZE,ALTRE MERAVIGLIEp trad. di M. Faimalip Mondadori, pp. 272, € 19

pp James Purdyp ROSE E CENEREp trad. di Attilio Veraldip B.C. Dalai, pp. 211, € 18,50

India-Pakistan Vite a pezzi, amori,corruzione, omicidi, intolleranza

Come genitori duediavoli incarnati,un trafficante mezzomago e una meticciaintemperante e viziosa

«Il sangue del vampiro»:una giovane in arrivodalla Giamaicasi porta addosso unasorta di maledizione

«Rose e cenere»:un matrimonioposticcio, storieomosessuali, la tragediadella maternità negata

NarrativaIVTuttolibri

SABATO 21 AGOSTO 2010LA STAMPA V

Il conte Bánffy, definito il Tolstoj della Transilvania

Venite, qui c’èlo scaricodei sogni falliti

«Bat Woman», dipinto di Albert Joseph Penot

India: passato e presente si mescolano di continuo nelle opere narrative

Page 6: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.28

GIOVANNITESIO

Da una parte la soli-tudine «sempre più totalita-ria» («Soffro di essere del tut-to solo, e di non sentire intor-no a me che odio»), dall'altrauna partecipazione sempremite e vigilata. Da una partegli abissi della nevrosi (il«cuore stretto da una morta-le incomprensibile ango-scia») lenita dall'assunzionedi farmaci a base di morfinache danno dipendenza, dall'altra i più fisiologici intralcidi una sfiducia (o «crisi di fi-ducia») compensata dall'ami-cizia e dalle cure familiari. Dauna parte una sostanziale (epersino disarmante) sicurez-za di giudizio, dall'altra le esi-tazioni e le perplessità di chinon si sente mai del tutto aposto. Da una parte la co-scienza del proprio valore,dall'altra una specie di pau-ra, il «qualcosa che mi fer-ma», come ha evocato unavolta Lalla Romano in un suoricordo molto bello. Da tutt'edue le parti l'onestà e la chia-rezza del sentire profondo, ladiffidenza antimondana, la

severità e la sobrietà delle pa-role essenziali: ciò che signifi-ca una lezione di decenzaumana e intellettuale primache letteraria.

In sintesi estrema è il dop-pio ritratto che scaturiscedalla lettura del carteggio traUmberto Saba e Vittorio Se-reni, Il cerchio imperfetto. A in-tervalli diversi (39 le letteredi Saba, 19 di Sereni), sono ot-to anni cruciali (1946-1954) distoria personale e nazionaleche Cecilia Gibellini ha pub-blicato da Archinto con un oc-chio rivolto non solo agli stu-diosi (testo, note, appendici,indice dei nomi), ma anche allettore curioso messo in con-dizione di trarne il suo van-taggio.

Sereni lettore di Saba èun paragrafo non certo mini-mo della nostra storia lettera-ria (la dichiarata fedeltà auna lettura «che continueràper tutta la vita»), anche sequesto carteggio non servesoltanto a documentare ilpur intenso dialogo di duegrandi poeti che si trattanoormai di lontano (dopo esser-si frequentati nel periodo incui Saba abitò a Milano), maa sottolinearne le pieghe piùsegrete, a smascherarne gliumori, a rivelarne momentidi vita vissuta, di intese im-perfette, di affinità contrad-dittorie, di solide e affettuosediscontinuità.

E anche di opinioni politi-che come quando - in occasio-ne del Fronte Popolare - Sa-ba sottoscrive la più arditadelle sue provocazioni: «Delresto so benissimo che, se icomunisti fossero al potere,mi lascerebbero vegetare, omi metterebbero al muro.Ma se da una parte vedessi ipreti pronti ad incensarmi edall'altra il plotone d'esecu-zione comunista, scegliereancora quest'ultimo».

Saba è più dolorante mapiù deciso. Sereni più defe-rente ma mai arreso. Saba dàa Sereni del tu, chiamandolosempre col nome (caro, miocaro, carissimo Vittorio). Se-reni a Saba dà sempre del leichiamandolo inderogabil-mente col cognome (caro Sa-

ba). Da parte di Sereni un ri-spetto senza deroghe, da partedi Saba un affetto senza lesine:«Tu sai che, degli amici di Mila-no (intendo di quelli che mi erofatti a Milano negli ultimi tem-pi) mi sei stato, e mi sei, il piùcaro, e che, quando venivo aMilano, cercavo solo di te».

Saba è già il poeta che è. Vi-ve a Trieste aggiogato al lavo-ro della libreria antiquaria(«dove soffro di non poterstrozzare uno - almeno un -cliente») e accresce il suo Can-zoniere pubblicando Mediterra-nee e Uccelli. Mentre il più gio-vane Sereni, che a Milano fal'insegnante per poi passare alsettore pubblicitario della Pi-relli (prima di trasferirsi alladirezione letteraria di Monda-dori), è il poeta di Frontiera (ti-tolo che Saba strapazza ripetu-tamente per una sua idiosin-crasia) e arriva a pubblicare

Diario d'Algeria. Ma Saba amadi più le sue prose («Vorrei chetu scrivessi più prosa») e le lo-da più delle poesie che non giu-dica sempre persuasive: «Sere-ni è bello quando è nudo; inve-ce molte volte egli si esibiscevestito, e di vesti che si ricono-scono non sue a un miglio di di-stanza».

E tuttavia il più alto elogioalla poesia di Sereni Saba lopronuncia affermando e con-fermando di volere come epi-grafe sulla sua tomba i tre ver-si finali di Solo vera è l'estate equesta sua, compresa in Diariod'Algeria (non senza una va-riante che conferma il suo biso-gno di intervenire): «Ora ognifronda è muta,/ fatto il guscioall'oblio,/ perfetto il cerchio».Giustappunto i versi da cui -con callida variazione - il titolodel carteggio è stato felicemen-te desunto.

È l'armadillo il fuococentrale di Corpo stel-lare, l'ultimo libro del

cinquantatreenne ticinese Fa-bio Pusterla. L'armadillo chesta in copertina, ma che sta pri-ma di tutto nei versi, sul crinaledella terza di sei sezioni in cui illibro si scandisce. E ci sta inperfetta comunione con l'eser-go da Yosano Akiko: «Sull'oriz-zonte della terra ancora scura/la festa del gran fuoco si prepa-ra,/ il cielo brucia,/ il mare s'in-fiamma».

La storia dell'armadillo è lastoria bambina di un fiduciosoanimale che «s'incammina con-trovento» e «va perché va»,concordando con il camminoevocato nella prima poesia del-la prima sezione che convocadietro la scia di Šalamov tre po-eti amati: Jacottet, Celan eMandel'štam («In cammino, incammino»).

L'armadillo che sa «doveaspettare/ tempi migliori, piog-ge, epoche in cui la speranza/non è poi del tutto impossibi-le», concordando pienamentecon la seconda delle «Lettereda Babel» dirette al «carissimofiglio»: «Ma speriamo./ Assur-damente, speriamo. Il fuoco èacceso».

L'armadillo che parla comeun poeta (che è un poeta, che èil poeta) capace di pensare chelo spazio riesca a serbare qual-che traccia del suo «fantastica-re/ controcorrente». L'arma-dillo che conosce la debolezzadel solletico e che può rideremorendo «con la strana alle-gria delle prede», non senzapensare «a tutto questo odio,alla violenza, alla brama,/ e aogni cosa in fin dei conti ridico-

la, perduta/ nel nulla delle epo-che, scaglietta di storia/ nella lo-rica di storie/ che la fame o la for-za s'intessono,/ uguali sempre,sempre dimenticabili, inutili/atrocità ferruginose».

È proprio lì, nell'emblematicastoria dell'armadillo in viaggio, ilsenso radicato della poesia di Pu-sterla, che continua a sprigiona-re nella maturità di questo librola già ben nota coerenza espres-sa nei cinque che lo precedono,dal 1985 a oggi.

Dopodiché il libro è un canto(senza retorica) che incorporaspazi e tempi: gli animali «cosìtristemente simili a noi nella lo-ro afflizione», i dispersi, i diver-si, gli sradicati, gli emigrati, gliesclusi, i bambini, il secolo atro-ce, la nitida coscienza dei mondisommersi e del mondo che som-merge, il potere e i potenti, il re-alismo crudo ed espressionisti-co di Maelström, che sembraispirarsi alle incisioni di Grosz.E persino gli orti tutt'altro che«conclusi», o le oasi vanamentedeputate, dove l'insidia è tantopiù inspiegabile.

Ma poi anche gli improvvisi in-canti, i misteriosi segnali di unavita ancora possibile laddovesembrerebbe più negata, la tena-cia della speranza assurda e del-la «gioia intraducibile», la luce,l'anima, la voce che vengono«dal nido gioioso del mondo» diuna poesia come «Distanza», op-pure dal cosmico sprofondo diuna poesia come «Corpo stella-re», che dà il titolo al libro: «Seiuna cosa/ che nessuna parolapuò dire e che in ogni parola/ ri-suona come l'eco di un lento re-spiro». O persino - «come piccolipunti di voce» - dal fiato contenu-to in un materassino (nella poe-sia «Il respiro di Ermanno» scrit-ta per la morte di ErmannoKrumm).

Nella misteriosa trasparenzadel suo dire, un libro che scuote ecommuove. [G. T.]

Carteggio Saba e Sereni: la severità e la sobrietàdelle parole essenziali, una diffidenza antimondana

Pusterla La storia di un fiduciosoanimale che «va perché va»

L’armadillocontrovento

ALDA MERINI

Di vento in croce= Due titoli per rinnovare la figura e lavoce di Alda Merini. Da Manni, Comepolvere o vento (pp. 104, € 12). Da Einaudiuna scelta antologica, Il carnevale e la croce(pp. 96, € 11). Più sorprendente ma piùineguale il primo, più prevedibile ma piùunitario il secondo. Nel primo una galleria diritratti «satirici» e insieme un album familiareche risale al matrimonio della Merini conMichele Pierri, felice a sua volta nel definire iversi di lei come poesia «migrante,/ chespiana montagne e si affida/ alla comunionedei santi». Che è poi quanto viene

documentato anche dal libro einaudiano.

GIORGIO LUZZI

Il terrore della storia= Partenze boreali, approdi cupi, nubipurpuree, incubi e terrori, armigeri e rombi,tormenti e lampi di coltelli, stragiironicamente divulgate come «pioggerelle erisatine». O ancora: arcadie antifrastiche,boschi inquietanti, stridori e allarmi,paesaggi grevi che spesso attingono a benindiziari suggerimenti pittorici e musicali, daPicasso ad Hartung, da von Webern a GabrielFauré. In sintesi estrema il clima di Sciame dipietra, l'ultimo libro di Giorgio Luzzi (Donzelli(pp. 118, € 14). Versi lunghi e brevi (maanche accortezza di rime giocate concalibrata sprezzatura) in cui passa il terroredella storia abitato da un vento di disastro.

GIOVANNA ROSADINI

Diario di una rinascita= Dopo Il sistema libico (2008), in cuiquasi si prefigura una condizione poirealmente patita in seguito all'esperienza diun coma, e della riabilitazione (parziale) chene è seguita, ecco il secondo titolo di

Giovanna Rosadini, Unità di risveglio(Einaudi, pp. 122, € 11,50). Un libro in duetempi: un primo tempo che è quasi una«premonizione» un secondo che è il «diario»di una rinascita. Parole esatte, incisive, senzaalone (una sorta di laudario), in un confrontocontinuo di geografie e di anatomie.Corporalità vittoriosamente auscultata cheprecipita in versi sapienti di ritmo e di rime.

TIZIANO FRATUS

Respira la terra= Versi lunghi di natura prosastica,modulati su alcuni esemplari italiani e poisoprattutto americani (molti espressamenteconvocati) nel libro di Tiziano Fratus, Nuovapoesia creaturale, edito da ManifatturaTorino Poesia (pp. 324, € 20). A stupire è qui -insieme con un rasoterra che va in cerca diuna quasi esibita aritmia - l'associataesigenza di un dire trasparente, che noncerca più gli incroci spericolati della congerie,della compresenza, della concomitanza, edunque dell’inafferrabilità, ma piuttosto - apartire dal Respiro della terra - il soffio largodi quella che Fratus ama chiamare «poesiaambientale». [G.T.]

pp Fabio Pusterlap CORPO STELLAREp marcos y marcosp pp. 224, € 16,50

pp Umberto Saba - Vittorio Serenip IL CERCHIO IMPERFETTO

Lettere 1946-1954p Archinto, pp. 256, € 16p Otto anni cruciali di storia per-

sonale e nazionale (l’autore del«Canzoniere» e l’autore di«Frontiera») che Cecilia Gibelli-ni pubblica con un occhio rivoltonon solo agli studiosi (testo, no-te, appendici, indice dei nomi),ma anche al lettore curioso mes-so in condizione di trarne il suovantaggio.

Poesia TuttolibriSABATO 21 AGOSTO 2010

LA STAMPAVI

“CarissimoVittorio, solovera è l’estate”

«Il cerchio imperfetto»:il rispetto senza deroghedel poeta lombardo,l’affetto senza lesinedella voce triestina

«Corpo stellare»:un canto (senzaretorica) che incorporaspazi e tempi,i dispersi, il secolo atroce

Fabio Pusterla, poeta ticinese, cinquantatreenne

Umberto Saba e Vittorio Sereni: nel loro carteggio sottolineamomenti di vita vissuta, di intese imperfette, di affinità

contraddittorie, di solide e affettuose discontinuità

LO SCAFFALE

Page 7: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/07 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.29

2425 10933

Acquain bocca

CAMILLERI; LUCARELLIMINIMUMFAX

8

2

Caterina.Diariodi un padre...SOCCIRIZZOLI

Non esistesaggezza

CAROFIGLIORIZZOLI

5

43

Acciaio

AVALLONERIZZOLI

Il palazzodellamezzanotteRUIZ ZAFÓNMONDADORI

4753

Il tempoche vorrei

VOLOMONDADORI

85

3L’ultima rigadelle favole

GRAMELLINILONGANESI

40

Un giorno

NICHOLLSNERI POZZA

La cacciaal tesoro

CAMILLERISELLERIO

468

Saggistica TascabiliNarrativaitaliana

CanaleMussolini

PENNACCHIMONDADORI

Narrativastraniera Varia Ragazzi

6

100

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DALL’8 AL 14 AGOSTO.

1. Ungiorno 47NICHOLLS 18,00 NERI POZZA

2. Il palazzo della mezzanotte 25RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

3. L’eleganza del riccio 24BARBERY 18,00 E/O

4. Olive Kitteridge 24STROUT 18,50 FAZI

5. Il filo che brucia 22DEAVER 19,50 RIZZOLI

6. Il libro delle anime 22COOPER 19,60 NORD

7. La biblioteca dei morti 21COOPER 18,60 NORD

8. Fallen 20KATE 17,00 RIZZOLI

9. Il fattore Scarpetta 19CORNWELL 20,00 MONDADORI

10. Breaking dawn 17MEYER 19,90 FAZI

1. La solitudinedei numeriprimi 58GIORDANO 13,00 MONDADORI

2. È una vita che ti aspetto 32VOLO 9,00 MONDADORI

3. L’ombra del vento 32RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

4. Il giorno in più 31VOLO 12,00 MONDADORI

5. Marina 28RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

6. Un posto nel mondo 27VOLO 12,00 MONDADORI

7. Venuto al mondo 26MAZZANTINI 14,00 MONDADORI

8. Uomini che odiano le donne 24LARSSON 13,80 MARSILIO

9. Incubo bianco 24RAMBE 6,90 NEWTON COMPTON

10. La regina dei castelli di carta 23LARSSON 13,80 MARSILIO

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

7

1. Cotto e mangiato 15PARODI 14,90 VALLARDI

2. È facile smettere di fumare... 14CARR 10,00 EWI

3. The secret 13BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

4. Teoritest 11BERTOCCHI 39,00 ALPHA TEST

5. Fate i bravi (0-3 anni) 9RIZZI 17,00 RIZZOLI

6. Esercitest 8BERTOCCHI 18,90 ALPHA TEST

7. Gli uomini vengono da Marte... 8GRAY 15,00 RIZZOLI

8. Quando i Giganti abitavano... 7SITCHIN 19,50 MACRO

9. Teoritest 7BERTOCCHI 42,00 ALPHA TEST

10. Italia 1:800.000 6– 7,00 TOURING

1. Torneranno le quattro stagioni 12CORONA 16,00 MONDADORI

2. Viaggio nel tempo 3 5STILTON 23,50 PIEMME

3. La clessidra di Aldibah 5TROISI 17,00 MONDADORI

4. Toy Story. Gioca kit 5

12,90 WALT DISNEY ITALIA

5. Toy Story 3 5

3,50 WALT DISNEY ITALIA

6. Shrek e vissero felici... 5

3,50 MONDADORI

7. Diariodiunaschiappa.Orabasta! 5KINNEY 12,00 IL CASTORO

8. La guerra degli elfi 5BRENNAN 22,00 MONDADORI

9. Diario diunaschiappa.La legge 5KINNEY 9,90 IL CASTORO

10. Il ladro di fulmini 5RIORDAN 17,00 MONDADORI

Dopo quattordici anni, ancora non so come misia venuto in mente. Se fu incoscienza o fu co-raggio». Quattordici anni fa, Antonella Sgroi

aprì una libreria a Letojanni, in provincia di Messina,poco più di duemila abitanti che d’estate decuplicano.Lì andava al mare, dal capoluogo. Ha aperto la libreriad’impulso, senza vagliare, «sconoscendo tutto». E resi-ste, resiste. Perché non te ne torni da dove sei venuta?,si sente ancora dire in paese. La sua storia ferisce econsola. Perché racconta di tenacia ma anche di pre-giudizi e diffidenze, dell’eterna mentalità sottomessa.«Se avessi avuto un marito, uno qualsiasi... Invece so-

no una donna sola, e qui non è ammissibile che una don-na resista e combatta da sola per tutti questi anni». Al-la battaglia per vendere libri, e per di più al Sud, e in unpaesino, Antonella ha aggiunto quella per ottenere an-che lei, unica esclusa fra altri commercianti, un gazebofisso dove vendere d’estate la sua merce anomala: libri.«Qui nulla si muove se non chiedi l’elemosina, anchequando sarebbe tuo diritto». Ha vinto tre ricorsi ammi-nistrativi, ha fatto uno sciopero della fame, ora ha il suogazebo e lo difende. Perché non te ne torni da dove seivenuta? «L’ho fatto anche per voi, rispondo a chi mi in-sulta. Sono una persona libera, gentile ma libera. Non

voglio sottomettermi, non voglio soltanto lamentarmi.Un diritto è un diritto, per tutti». Di qua la cultura ma-fiosa degli ominicchi, dice, di là la cultura-cultura daportare per strada, alla gente, con soddisfazione inte-riore. A lei basta poco: un complimento, la fiducia con-quistata, una madre che torna a ringraziarla perché fi-nalmentequalcuno è riuscito a far leggere la figlia. «Hopassato tre giorni a parlare con quella ragazza, poi leho consigliato Follia di McGrath e ho azzeccato». Loscorso anno, racconta Antonella, vendeva tanti libri sucriminalità e mafie, quest’estate va forte il fantasy.Chissà se significa qualcosa, laggiù nell’avamposto.

LIBRAIO CONSIGLIAGIOVANNA ZUCCONI

In Siciliail gazeboFantasy

1

1. Acqua in bocca 100CAMILLERI; LUCARELLI 10,00 MINIMUM FAX

2. Acciaio 85AVALLONE 18,00 RIZZOLI

3. Canale Mussolini 68PENNACCHI 20,00 MONDADORI

4. L’ultima riga delle favole 53GRAMELLINI 16,60 LONGANESI

5. La caccia al tesoro 40CAMILLERI 14,00 SELLERIO

6. Non esiste saggezza 33CAROFIGLIO 14,00 RIZZOLI

7. Il tempo che vorrei 24VOLO 18,00 MONDADORI

8. Mister Gregory 23CASATI MODIGNANI 20,90 SPERLING & KUPFER

9. Hanno tutti ragione 22SORRENTINO 18,00 FELTRINELLI

10. Bianca come il latte... 18D’AVENIA 19,00 MONDADORI

1. Caterina. Diario di un padre... 43SOCCI 16,50 RIZZOLI

2. Terroni 18APRILE 17,50 PIEMME

3. Don Vito. Le relazioni tra... 14CIANCIMINO; LA LICATA 18,00 FELTRINELLI

4. Cricca. Perché la repubblica... 7RIZZO 19,00 RIZZOLI

5. Fotti il potere 6COSSIGA; CANGINI 17,00 ALIBERTI

6. Vaticano Spa 6NUZZI 15,00 CHIARELETTERE

7. Oro del Vaticano 6RENDINA 12,90 NEWTON COMPTON

8. Di testa nostra. Cronache 2009-10 5CAMILLERI; LODATO 13,60 CHIARELETTERE

9. Per l’alto mare aperto 5SCALFARI 19,50 EINAUDI

10. L’arte del dubbio 5CAROFIGLIO 11,00 SELLERIO

Classifiche TuttolibriSABATO 21 AGOSTO 2010

LA STAMPA VII

Page 8: Tuttolibri n. 1728 (21-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 21/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 20/08/10 19.29

Una vita nel segno delle riviste, dal Verri a Quindici, a Alfabeta,appena rinata: perché di fronte a una cultura sempre piùdegradata gli intellettuali non possono contemplare il naufragio

f

EZRA POUND

I CantosMondadori, pp. XLIV-1660, € 60

«Ci insegnò cheL'educazione sentimentaleanticipava l'epica delquotidiano dell'Ulisse»

f

GUSTAVE FLAUBERT

L'educazionesentimentaleEinaudi, pp. 520, € 13,50

«Una scrittura che annegal'illusione romantica nellabanalità quotidiana»

f

GILLES DELEUZEE FÉLIX GUATTARI

MillepianiCastelvecchi, pp. 769, € 30

«Una lettura decisiva, con lasua visione "plurale" diindividuo e società»

ALFABETA2

Gli operaidella conoscenzaIl primo numero di alfabeta2,dal titolo Intellettuali senza(articoli, fra gli altri, di FrancoBuffoni, Stefano Chiodi, AndreaCortellessa, Umberto Eco,Augusto Illuminati, AndreaInglese, Mario Tronti e PaulVirilio), è uscito in edicola e inlibreria l'8 luglio condistribuzione Messaggerie(48 pagine, 5 euro; [email protected]).Il secondo, dedicato alprecariato intellettuale col titoloOperai della conoscenza, usciràl'8 settembre (articoli, fra gli altri,di Sergio Bologna, OmarCalabrese, Furio Colombo,Maurizio Ferraris, DanieleGiglioli, Gilda Policastro e MarcoRovelli). In redazione - oltre aBalestrini, Cortellessa e Inglese -Sergio Bianchi, Ilaria Bussoni,Erica Lese e Jan Reister. Nel«comitato storico» figurano -oltre a Calabrese e Ferraris -Umberto Eco, Carlo Formenti ePier Aldo Rovatti. La rivista saràpresentata il 15 settembre allaTriennale di Milano, il 17 allaFondazione Marino Marini diPistoia durante la prima Festa diPalomar e il 19 a Firenze, alTeatro della Pergola, nel corsodell'ULTRA festival.

ANDREA CORTELLESSA

La vita intellettualedi Nanni Balestrini è statascandita dalle riviste. Comin-ciò col verri poi arrivaronoQuindici e la prima Alfabeta. Eora alfabeta2.

Sono quattro Italie moltolontane l'una dall'altra.

«Il verri fu l'apertura all'este-ro; Quindici fu la fine della neo-avanguardia e il momento diun'azione più diretta: dopo ilSessantotto mi sono sostan-zialmente dedicato alla politi-ca. Verso il 1976-77 inventam-mo “Area”: una federazione dipiccoli editori che ebbe ottimirisultati commerciali e allaquale nel '78 venne posta la pa-rola fine da pesanti interventipolitici. Insieme ai transfughidi “Area” pensammo che oc-correva reagire al dilagare del-la repressione, alle leggi spe-ciali. Con Paolo Volponi, Ma-ria Corti, Antonio Porta, Gian-ni Sassi, Mario Spinella e altripartivamo proprio dall'etero-geneità dei nostri percorsi:eravamo uniti dall'emergenzain atto. Non è un caso che feciin tempo a realizzare solo il pri-mo numero di Alfabeta, nell'aprile del '79: mentre andavain stampa venni coinvolto nelprocesso "7 aprile" e dovetti la-sciare l'Italia. Il fascicolo lo ri-cevetti per posta, a Parigi. Inquel periodo ho conosciuto be-ne Gilles Deleuze e Félix Guat-tari: Mille Plateaux fu un'altralettura decisiva, con la sua vi-sione "plurale" sia dell'indivi-duo che della società, percorsida forze propulsive di libera-zione: una grande opera politi-ca. Dopo il processo e l'assolu-zione, nel 1984 rientro in Italiama per alcuni anni continuo avivere più in Francia: lì mi so-no dedicato con continuità all'arte visiva, che è poi oggi lamia attività prevalente. Sin daquando ho cominciato a scrive-re poesia considerare la paro-la come oggetto ha portatocon sé la pratica del ritaglio edel collage. Ma ho fatto tante

altre cose: programmi televi-sivi, la prima web-tv cultura-le, eccetera».

E oggi, come mai di nuovouna rivista, «alfabeta2»?

«L'idea ce l'ho da qualche an-no. Con Eco e altri ci siamo de-cisi constatando una situazio-ne italiana sempre più incan-crenita, una cultura semprepiù degradata. Gli intellettualinon possono più starsene acontemplare il naufragio, civuole un Sos. Come nella pri-ma Alfabeta occorre mettereassieme diverse generazioni:ci sono la mia, la tua, quella dimezzo e poi i più giovani, chesaranno l'anima del sito www.alfabeta2.it: tutt'altro che unavetrina della rivista cartaceama al contrario il suo vero mo-tore. Che alfabeta2 sia stata at-taccata da più parti vuol direche non lascia indifferenti; manella maggior parte dei casic'è stata un'accoglienza entu-siasta, persino sorprendente.Che sta a noi non deludere».

Sembra esserci qualcosadi non italiano in Balestri-ni, al di là dell’aspetto edelle origini famigliari. Co-me se fosse sempre in fu-ga, o comunque veloce-mente di passaggio...

«Mia madre era tedesca ma sitrasferì in Italia quando sposòmio padre, industriale chimi-co. Ho vissuto a Milano, Roma,Parigi e Berlino e le sento tut-

te città mie. Dove faccio delle co-se, lì sto bene. Più importante èessere stato giovane negli AnniCinquanta, un nuovo Rinasci-mento europeo. Da noi arrivava-no dirompenti cose stranote all'estero come i Cantos di Pound ol'Ulisse di Joyce. Ho cominciatoa scrivere poesie nell'adolescen-za, effusivamente, come si fa inquell'età; qualcosa che con la po-esia vera e propria, con l'artedel linguaggio, ovviamente nonaveva niente a che fare».

«Caosmogonia», uscitoquest'anno nello «Spec-chio» Mondadori, dispiegapienamente quest'«arte dellinguaggio...».

«Nei primi componimenti le pa-role di Bacon, Cage e Godard mi

servono per dichiarazioni di po-etica, o di etica se si vuole. Laparte centrale è per me abba-stanza nuova, un flusso verbalelegato all'inconscio. Come piacedire a Umberto Eco, usando dasempre il collage verbale non homai scritto una parola di mio; è

un'esagerazione ma c'è del ve-ro, perché anche le parole miele ho sempre usate in modo im-personale. Qui ho lasciato parla-re il mio inconscio come fosseun estraneo».

«Make it new!» di Pound fulo slogan decisivo, insom-ma. Era l'autore di culto del-la vostra couche milanese...Vanni Scheiwiller, Aldo Ta-gliaferri, Leo Paolazzi cioè ilfuturo Antonio Porta...

«Ricordo bene una lettura diPound a Milano: il suo ritmo co-me un basso continuo corporeo,una specie di mantra sonoro.Proprio Pound, come critico, ciinsegnò che un classico comeL'educazione sentimentale antici-pava l'epica del quotidiano dell'Ulisse. Il romanzo di Flaubertmi affascinava dalla giovinez-za... una scrittura che annegal'illusione romantica nella bana-lità quotidiana, una strutturasenza trama e senza eroi che sfi-laccia l'esistenza borghese inuna consapevolezza di inutilità,corruzione e fallimento... Ascuola, al Liceo Scientifico Vitto-rio Veneto di Milano, ho poi avu-to la fortuna di avere LucianoAnceschi come professore di fi-losofia. Era il 1952; Anceschi siinteressò ai miei primi versi e di-venni il ragazzo di bottega dellarivista il verri, alla sua fondazio-ne nel '56. Nello stesso anno les-

si Laborintus di Sanguineti; luiaveva solo cinque anni più di mema io l'ho subito considerato ilmio maestro; in effetti l'ho sem-pre chiamato così, “Maestro”».

Nella neoavanguardia al no-me Balestrini resta legatauna spinta al fare, all'orga-nizzare.

«È un po' la mia croce. Quandosi trattava di organizzare conve-gni, festival, riviste nessuno nevoleva sapere; mi ci incastrava-no tutte le volte, finché è parsonaturale che me ne occupassisempre io. Poi il lavoro editoria-le mi ha insegnato qualche truc-co del mestiere».

Quell'editoria era già un fe-nomeno industriale, ma as-sai diverso da oggi.

«Negli Anni Sessanta comincioa lavorare alla Feltrinelli doveincontro un personaggio stra-ordinario come Giangiacomo.Sono stati anni appassionati,anni felici, anni straordinari.Ma anche da Einaudi e Bompia-ni lavoravano tanti intellettualidella mia generazione, giovaniscrittori con ruoli decisionali.La dimensione del mercatoc'era anche allora, certo; mascoprire la letteratura sudame-ricana o quella tedesca - insie-me a Valerio Riva ed Enrico Fi-lippini - significava esercitarel'immaginazione imprenditoria-le e, insieme, fare una scom-

messa culturale. Per Feltrinel-li, poi, l'interesse culturale equello politico erano una cosasola. Si potevano pubblicare li-bri fuori del mercato, comequelli della neoavanguardia,perché li si considerava cultu-ralmente importanti. La fine diquesto sistema è legata allascomparsa dei fondatori; le lo-ro case editrici ora sono societàgestite da amministratori...».

...nell'editoria di oggi, i librisono concepiti come armi diintrattenimento di massa...

«...come si vede anche in politi-ca, in Italia ci adeguiamo sem-pre al livello più basso. All'este-ro l'editoria di massa si fa benis-simo ma si mantiene vivo ancheun settore letterario, dal pubbli-co più limitato ma consistente.Da noi si fa finta che non esista,questo pubblico diverso; anzi losi respinge, evitando di pubbli-care libri in quella direzione opresentandoli come opered'evasione. Gli autori esordientivengono normalizzati dall'edi-

ting, così amputandoli delle loropotenzialità. Viviamo nel dog-ma capitalista della produttivi-tà ma è proprio il mito dello svi-luppo a causare le crisi di so-vrapproduzione: si incoraggiala gente a indebitarsi sino a chela bolla esplode. Anche in edito-ria ci sono troppe pubblicazioni,si va avanti a forza di anticipidella distribuzione poi al mo-mento delle rese ci si trova coidebiti fino al collo...»....è la corsa dei lemming verso lascogliera.

I PREFERITI

«Ricordo il poeta deiCantos a Milano: il suoritmo come un bassocontinuo corporeo, unaspecie di mantra sonoro»

Una

voce

della

neoa

vang

uard

ia

«L’importanza d’esserestato giovane negliAnni Cinquanta: danoi arrivavanocose dirompenti»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 21 AGOSTO 2010

LA STAMPAVIII

“Pound e Joyceil mio Rinascimento”

«Nel ’56 lessi Laborintusdi Sanguineti; avevasolo cinque anni piùdi me ma l’ho subitoconsiderato il Maestro»

La vita Nanni Balestrini è nato a Milano il 2 luglio 1935, vive attualmente tra Parigi e Roma. Agli inizi degli Anni 60fa parte dei poeti «Novissimi» e del «Gruppo 63», che riunisce gli scrittori della neoavanguardia. Opera anche nelcampo delle arti visive: ha esposto in numerose gallerie in Italia e all'estero e nel 1993 alla Biennale di Venezia

Le opere E’ da poco uscita la raccolta «Caosmogonia», nella collana «Lo Specchio» Mondadori (pp. 88, € 14,00).Altri titoli: «Gli invisibili» e «Vogliamo tutto» (Deriveapprodi), «Le avventure complete della signorina Richmond»(Testo&Immagine), «Tutto in una volta» (edizioni del Leone), «Gruppo ’63. L’antologia» (con Alfredo Guliani), perTesto & Immagine.

Nanni Balestrini