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GIULIO IACOPI UN ATTORE COMICO TRAVESTITO DA PAPPOSILENO STATUETTA MARMOREA DA TORRE ASTURA A LLA FINE del dicembre 1957, sulla spiaggia di Torre Astura, a poca distanza dai resti di una villa romana, veniva rinvenuta una curiosa statuetta marmorea, alta m. 0,90; priva dei piedi, dell'avambraccio destro e sinistro, che erano di rip orto, ma per il resto di conservaZlOne perfetta (figg . 1-8). Rappresenta un attore comico travestito da pappo- sileno. Egli indossa il caratteristico "chiton chor- ta ios cheiridotòs " il camice manicato lanoso, villoso che sostituisce la maschera tura con mannelli di fieno, praticata dai più antichi interpreti della figura del corifeo del dramma satiresco, il cui nome ci è traman- dato da Polluce (IV, 142). Sul chitone, che scende alle ginocchia ed è munito di cucitura sulle spalle, egli porta una clamide che copre la spalla sinistra ed è rimboccata sul ventre con gioco di pieghe la cui gra- vitazione e la cui tensione sono sobrie ed esatte. Le gambe sono avviluppate da una specie di calze villose, i cui filamenti appena ondulati sono però più fluidi di quelli, arricciati, del camice. Il personaggio c21za una maschera a guisa di celata, distinguibile nettamente alla sla bbratura della bocca (di sotto alla quale tra- spaiono le labbra vere, socchiuse, dell'attore, che la- sciano intravedere i denti) e sulla nuca, ove di sotto ad essa sfugge una corona di ciocche arricciate. Il volto presenta le sopracciglia aggrottate e la fronte profondamente solcata, il naso rincagnato (cnfLo C;), l'am- pia svasatura dei baffi che confluiscono con la corta barba nella nota forma a conchiglia (qui però resa con realismo ben differente dalla studiata levigatezza e sti- lizzazione ellenistica) : specie di portavoce sonoro (di cui però non tutti accettano la funzionalità). Gli orecchi (quello destro è rotto) tendono alla forma equina pun- tuta; l'unico ciuffetto di capelli a virgola anima al cen- tro della fronte la vasta calvizie. Il trapano è usato per le iridi delle pupille, le narici, i solchi della barba e dei baffi, gli occhielli delle arricciature, regolarissime, del chitone. La figura tiene il braccio sinistro, avvilup- pato compostamente, riportato ad angolo retto sulla regione epigastrica, mentre l'avambraccio destro era proteso con misurato gesto oratorio. La maschera di cui ci occupiamo non rientra netta- mente nelle categorie elencate da Polluce (IV, 142 ss.) che, attraverso Trifone e Juba , ci tramanda probabil- mente l'opera di Aristofane di Bisanzio TIept TIpocr6mwv. Questo tardo lessicografo ha infatti enumerato i perso- naggi del teatro, tragico, comico e satirico, ed è per noi la principale fonte per questo genere di monumenti. Se esaminiamo più in dettaglio la sua esposizione, vi troviamo anzitutto l'indicazione dei quattro tipi di satiri, il Canuto, il Barbuto, l'Imberbe e il Sileno " pappo ,,; essi si somigliano in volto, differendo solo per le caratteristiche corrispondenti ai loro nomi, colla differenza che il Papposileno è " di aspetto este- riore più selvaggio ". I) Questo non ci dice ancora molto, in quanto si riferis,ce evidentemente alla pilosità del corpo. Ma se proseguiamo ad esaminare i tipi della " commedia nuova ," troviamo qualcosa che fa al caso nostro. Ecco i due tipi di " pappoi" derivati dal tipo sile- nico, di cui sono tuttavia meno grotteschi: il •• primo,,: molto vecchio, rasato sul cranio, benevolo nelle soprac- ciglia, dalla barba folta, scarno nelle guance, collo sguardo triste, bianco di pelle, la fronte serena. 2) È il padre bonario, disposto a perdonar le scappatelle del figlio. Il "secondo " invece è più scarno e più vigoroso nello sguardo e triste, alquanto pallido, bar- buto, di pel rosso, dagli orecchi pesti. Non è detto che egli sia calvo, ma è lecito supporlo per analogia e con- tinuità rispetto al precedente, e per non esser detto il contrario. Più giù, al quinto posto troviamo un 'EpfLwv wC;, maschera inventata o per primo imperso- nata da Hermon, stempiata, barbuta, dalle sopracciglia protese, dallo sguardo pungente . 3) Le caratteristiche del secondo pappo e dell' Ermonio (cui potremmo ag- giungere quelle del cuoco Maison - ereditato dalla com- media antica - calvo con una sola virgola di capelli in fronte, rosso, e alcuni tratti comuni a molti tipi serviIi e spregevoli, come il naso rincagnato - cnfLoC; -, l'im- buto intorno alla bocca 4) ecc.) rientrano tutte nell'a- spetto fisico della maschera dell'attore di Torre Astura, 5) colla sola differenza che egli conserva gli orecchi equini satireschi. Per spiegarci questa commistione dobbiamo brevemente rifare il punto sul dramma satirico quale esso poteva presentarsi in età romana. Come è noto, 6) questo genere letterario è introdotto da Pratinas di Fliunte alla fine del sec. VI, e segue di poco la prima rappresentazione di una tragedia ad Atene (535 a. C.), precedendo di qualche decennio la prima commedia (486) nelle civiche Dionisie. Nato 97 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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GIULIO IACOPI

UN ATTORE COMICO TRAVESTITO DA PAPPOSILENO STATUETTA MARMOREA DA TORRE ASTURA

A LLA FINE del dicembre 1957, sulla spiaggia di Torre Astura, a poca distanza dai resti di una villa romana, veniva rinvenuta una

curiosa statuetta marmorea, alta m. 0,90; priva dei piedi, dell'avambraccio destro e sinistro, che erano di riporto, ma per il resto di conservaZlOne perfetta (figg . 1-8).

Rappresenta un attore comico travestito da pappo­sileno. Egli indossa il caratteristico "chiton chor­taios cheiridotòs " il camice manicato lanoso, villoso che sostituisce la maschera tura con mannelli di fieno, praticata dai più antichi interpreti della figura del corifeo del dramma satiresco, il cui nome ci è traman­dato da Polluce (IV, 142). Sul chitone, che scende alle ginocchia ed è munito di cucitura sulle spalle, egli porta una clamide che copre la spalla sinistra ed è rimboccata sul ventre con gioco di pieghe la cui gra­vitazione e la cui tensione sono sobrie ed esatte. Le gambe sono avviluppate da una specie di calze villose, i cui filamenti appena ondulati sono però più fluidi di quelli, arricciati, del camice. Il personaggio c21za una maschera a guisa di celata, distinguibile nettamente alla slabbratura della bocca (di sotto alla quale tra­spaiono le labbra vere, socchiuse, dell'attore, che la­sciano intravedere i denti) e sulla nuca, ove di sotto ad essa sfugge una corona di ciocche arricciate. Il volto presenta le sopracciglia aggrottate e la fronte profondamente solcata, il naso rincagnato (cnfLoC;), l'am­pia svasatura dei baffi che confluiscono con la corta barba nella nota forma a conchiglia (qui però resa con realismo ben differente dalla studiata levigatezza e sti­lizzazione ellenistica) : specie di portavoce sonoro (di cui però non tutti accettano la funzionalità). Gli orecchi (quello destro è rotto) tendono alla forma equina pun­tuta; l'unico ciuffetto di capelli a virgola anima al cen­tro della fronte la vasta calvizie. Il trapano è usato per le iridi delle pupille, le narici, i solchi della barba e dei baffi, gli occhielli delle arricciature, regolarissime, del chitone. La figura tiene il braccio sinistro, avvilup­pato compostamente, riportato ad angolo retto sulla regione epigastrica, mentre l 'avambraccio destro era proteso con misurato gesto oratorio.

La maschera di cui ci occupiamo non rientra netta­mente nelle categorie elencate da Polluce (IV, 142 ss.) che, attraverso Trifone e Juba, ci tramanda probabil ­mente l'opera di Aristofane di Bisanzio TIept TIpocr6mwv.

Questo tardo lessicografo ha infatti enumerato i perso­naggi del teatro, tragico, comico e satirico, ed è per noi la principale fonte per questo genere di monumenti.

Se esaminiamo più in dettaglio la sua esposizione, vi troviamo anzitutto l'indicazione dei quattro tipi di satiri, il Canuto, il Barbuto, l'Imberbe e il Sileno " pappo ,,; essi si somigliano in volto, differendo solo per le caratteristiche corrispondenti ai loro nomi, colla differenza che il Papposileno è " di aspetto este­riore più selvaggio ". I) Questo non ci dice ancora molto, in quanto si riferis,ce evidentemente alla pilosità del corpo. Ma se proseguiamo ad esaminare i tipi della " commedia nuova ," troviamo qualcosa che fa al caso nostro.

Ecco i due tipi di " pappoi" derivati dal tipo sile­nico, di cui sono tuttavia meno grotteschi: il •• primo,,: molto vecchio, rasato sul cranio, benevolo nelle soprac­ciglia, dalla barba folta, scarno nelle guance, collo sguardo triste, bianco di pelle, la fronte serena. 2)

È il padre bonario, disposto a perdonar le scappatelle del figlio. Il "secondo " invece è più scarno e più vigoroso nello sguardo e triste, alquanto pallido, bar­buto, di pel rosso, dagli orecchi pesti. Non è detto che egli sia calvo, ma è lecito supporlo per analogia e con­tinuità rispetto al precedente, e per non esser detto il contrario. Più giù, al quinto posto troviamo un 'EpfLwvwC;, maschera inventata o per primo imperso­nata da Hermon, stempiata, barbuta, dalle sopracciglia protese, dallo sguardo pungente. 3) Le caratteristiche del secondo pappo e dell 'Ermonio (cui potremmo ag­giungere quelle del cuoco Maison - ereditato dalla com­media antica - calvo con una sola virgola di capelli in fronte, rosso, e alcuni tratti comuni a molti tipi serviIi e spregevoli, come il naso rincagnato - cnfLoC; - , l' im­buto intorno alla bocca 4) ecc.) rientrano tutte nell'a­spetto fisico della maschera dell 'attore di Torre Astura, 5)

colla sola differenza che egli conserva gli orecchi equini satireschi. Per spiegarci questa commistione dobbiamo brevemente rifare il punto sul dramma satirico quale esso poteva presentarsi in età romana.

Come è noto, 6) questo genere letterario è introdotto da Pratinas di Fliunte alla fine del sec. VI, e segue di poco la prima rappresentazione di una tragedia ad Atene (535 a. C.), precedendo di qualche decennio la prima commedia (486) nelle civiche Dionisie. Nato

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FIG. I - ROMA, MUSEO NAZ. - STATUA DI ATTORE COMICO DA TORRE ASTURA

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dallo stesso ceppo della tragedia e dalle stesse mimiche corali di danzatori travestiti da caproni, passate nel rituale dionisiaco con Pisistrato, il dramma satiresco letterario è materia trattata dagli stessi autori della tragedia, e viene rappresentato in esito alla consueta trilogia. Nei primi tempi esso condivide i temi mitici, fiancheggiandoli , scegliendo i più scherzevoli, paro­diandoli con spirito e misura. Ben presto il coro omo­geneo esprime la figura differenziata del papposileno canuto e bonario ; successivamente le scene ricche di selvaggi impeti coreutici si placano in umanizzazioni cui dà spunto l'imborghesimento del sileno, ormai sag­gio e quieto padre di famiglia, che corregge la prole, la porta a spasso, interviene a cerimonie rituali, giuochi, competizioni sportive. Tutto ciò è controllabile attra­verso la seconda fonte, quella dei vasi e delle rare figu­razioni coroplastiche, che integra potentemente e visi­vamente la prima, quella della scarsa tradizione lette­raria (com'è noto, un solo dramma satiresco ci è traman­dato per intero - il " Ciclope" di Euripide -; un altro - i " Satiri alla caccia" di Sofocle - quasi inte­ramente, di altri abbiamo più o meno scarsi frammenti attraverso citazioni, e conosciamo o intuiamo talvolta solo il titolo).

Il dramma satiresco, che si distingueva dalla com­media per la scelta di soggetti non contemporanei, acquistata ben presto (verso la fine del V secolo) la propria indipendenza dalla tragedia, gravita sempre più verso la commedia, più sboccata ma ormai non più sola depositaria dei soggetti di attualità. Il papposileno, ormai entrato nella cerchia familiare, è una leva po­tente di questo avvicinamento e di questa confusione che produce commedie con titoli satireschi e cori sati­reschi nella commedia. La quale doveva, a questo punto, fatalmente provocare la decadenza del dramma satiresco. A ciò contribuiva anche la stanchezza per la ripetizione degli scarsi soggetti che questo offriva, e la prevalenza che scenicamente parlando venivano acquistando le figure servili, quelle dei lestofanti, dei mezzani, sì ricche di comicità all 'infuori della trita veste mitologica. Ma la forza della tradizione, l'uso del co­stume e della maschera, non erano facilmente soggetti a prescnZlOne.

Il dramma satiresco persisterà perciò nelle vesti del suo principale esponente, il papposileno; e vedrà dei ritorni di fiamma nell'età ellenistica e dei tentativi dotti ma sterili di rispolverarlo e infondergli nuova vita in età romana ; ma il fulcro della sua consistenza, la maschera beniamina del pubblico, continuerà a cal­care le platee nell'atellana, nella fabula palliata, nel mImo.

Il genere satiresco fiorisce infatti anche a Roma. Silla, vissuto gli ultimi anni a Pozzuoli fra mimi, co­mici e attrici, è appassionato di mimi e di farse, e

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compone egli stesso nel patrio idio­ma (secondo Ateneo, VI, p. 26r c) " commedie satiriche" da identi­ficarsi con le note l l fabulae sa­tyricae ". Il fratello di Cicerone, Quinto, traduce" I commensali ", dramma satiresco di Sofocle, e com­pone una Il Erigona '" omonima ad un probabile altro dramma sati­resco sofocleo. Si dev' essere trat­tato di un tentativo di portar sulle scene romane questo genere lette­rario, reagendo alle più scurrili, ma analoghe, atellane che le stavano invadendo. Lo stesso Marco si ci­mentò da giovane con materia sati­resca (" Alcione", " Glauco Pon­tio II)' È certo che verso la metà del I secolo a. C., insieme con altri ge­neri poetici greci introdotti dai Neoterici, si tentò di far passare anche questo. Sappiamo ad esem­pio, infatti, che ai tempi di Ora­zio era uso introdurre nei funerali solenni e nella pompa circense dei cori satireschi e dei sileni (Dion. Hal., VII, 72). Un mosaico, pro­veniente dalla Porcareccia, ora alla Sala delle Muse in Vaticano, mo­stra accanto ad una figura tragica quella d'un satiro danzante. 7) Es­so è di età tarda, e documenta quanto sopra asserito per la scena romana. Ma un documento irre­futabile è "1' Ars poetica" di Orazio, che non può riferirsi a un esame di generi letterari passati, ma ci porta nel vivo delle discussioni erudite attuali. Orazio tratta espli­citamente, dettagliatamente, a lun­go (vv. 220-260) del genere sati­resco (a differenza dell' epos, della tragedia, della commedia) proba­bilmente perchè uno dei Pisoni, cui l'epistola è indirizzata (il mag­giore dei giovani) si era cimentato

FIGG. 2, 3 - ROMA, MUSEO NAZ. - STATUA DI ATTORE COMICO DA TORRE ASTURA

o si voleva cimentare in questi satyrica. Egli intende un genere misto di marca recente, che deriva bensì lon­tanamente dalle opere dei grandi tragici, ma si adopera a vertere seria ludo; e dà consigli atti a nobilitare il ge­nere nell'eloquio. Egli vorrebbe evidentemente tenerlo a metà tra il pathos della tragedia e la comica burlesca della farsa popolareggiante. Vi paragona i servi su­bentrati con le atellane (Davo e la sfacciata Pythias) col servo di Bacco, Sileno. Qualcuno anzi pensa che

costoro potessero coesistere nello stesso spettacolo. S)

(Monumenti come il nostro asturese, ove si mescolano tratti servili e tratti satireschi, documentano appunto il passaggio che stava compiendosi). Anche a Magnesia al Meandro il dramma .l) UTI)C; , di cui si parla in un'i­scrizione dell'agorà della metà del I secolo a. C. , docu­menta la voga del dramma satiresco in questo periodo. 9)

Pomponio scrisse delle atellane, che negli scoli pseu­do-acronici sono dette satyrica. Novio trattò materia

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FIGG. 4, 5 - ROMA, MUSEO NAZ. - STATUA DI ATTORE COMICO DA TORRE ASTURA (PARTICOLARE)

che dai titoli rivela il suo substrato satiresco. Lo stesso mimo tradisce la presenza di parti o spunti tragici. Varrone, fonte dei drammatici seriori che trattano dei generi teatrali, conserva bensì o almeno distingue solo le atellane e dimostra che il tentativo di Orazio è ri­masto apparentemente senza successo. Ma in realtà il dramma- satiresco romano è tutt'uno con le atellane. Esso si accosta alla commedia borghese, conservando però tratti dell 'antico dramma satiresco. Tra di essi resiste una maschera, quella del Papposileno.

Ma essa maschera non aveva potuto sottrarsi a sua volta all'assimilazione di alcuni tratti dei personaggi comici di etica affine (paterna, servile, ecc.,) con cui conviveva e di cui poteva assumere via via, battuta per battuta, alternativamente, le parti . Ed ecco spiegate la sua genesi e la sua renitenza ad inquadrarsi in un solo personaggio tipizzato. Ciò che d'altronde si spiega anche con la libertà inventiva di artisti, autori e registi.

Abbiamo perciò nel nostro marmo un documento prezioso per l' illustrazione di quell 'ultima fase del teatro romano che affondava ad un tempo le radici nella più antica tradizione, mentre le sue ultime pro­paggini arrivano a sfiorare l'età moderna e persino contemporanea, anticipando il teatro d'arte, le carna­scialate, sempre care ad un folto pubblico facilone e volgare, cioè alla maggioranza delle masse.

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Il nostro personaggio reca la maschera. È noto come questa fosse stata introdotta in Italia, con un'innova­zione non piaciuta (Cic., de Orat. , III), appena dal­l'attore Roscio, che, senza quel complemento, sarebbe apparso di aspetto così sgraziato da non riuscire efficace se non nelle parti del parassita. Certamente si tratta di una motivazione inventata, poichè la ragione era un'altra, e cioè l'influenza greca che allora s'inseriva in Italia. Dopo il trionfo di Mummio erano stati qui introdotti i giuochi greci, e dopo la vittoria di L. Anicio sugli Illiri attori greci erano arrivati a Roma. I O) Roscio stesso apparteneva alla cerchia fi­lellena di Cicerone. E certamente più greca che romana è la tendenza a infrenare le esagerazioni - sia pur virtuose - della mimica espressiva, che nelle farse popolaresche valorizzavano più l'attore che l'autore e indulgevano al gusto del pubblico più rozzo.

Naturalmente, l'applicazione della maschera impli­cava una immutabilità dell'espressione, che non po­teva essere mobilitata se non dallo scintillio degli occhi. E nel nbstro attore di Torre Astura in effetti ci sembra di cogliere questo particolare, su cui si son soffer­mati Cicerone (de Orat., II, 193: "saepe ipse vidi, ut ex persona mihi ardere ocuii hominis histrionis videren­tur ... ,,) e Plauto (Menaechmi, 829: " ut ocuii scintil­lant vide II)'

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FIG. 6 - ROMA, MUSEO NAZ. - STATUA DI ATTORE COMICO DA TORRE ASTURA (PARTICOLARE)

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FIG. 7 - ROMA, MUSEO NAZ. - STATUA DI ATTORE COMICO DA TORRE ASTURA

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In realtà, la maschera non era un accessorio tale da sollevare l'attore dalla fatica e dallo studio dell'e­spressione, in quanto ad essa dovevano armonizzare il gesto, l'actio, la t)7t6xp~cnc; o pronuntiatio (cioè la moderazione della voce, del volto, del gesto - Auct. ad Her., I, 2, 3). I! tragico Esopo, secondo Frontone (de Orat., II, 253 ed. Med.) "fertur non prius induisse suo capite personam, antequam diu ex adverso wntem­pZaretur pro personae vultu gestum sibi capessere et vocem .. . ". L'actio infatti, secondo Cicerone, è com­prensibile a tutti, mentre le parole agiscono solo sulle persone colte.

I! ritmo e il decoro della tragedia richiedevano una mobilità ridotta, la commedia invece l'accentuava. Ma anche il carattere del personaggio influiva su que­sto punto, e gl'ingressi e i movimenti dei senes austeri et mites (Quintil., XI, 3, 71) erano più gravi di quelli dei servi.

Tutte queste osservazioni e prescrizioni le troviamo raccolte in un autore, Quintiliano, che tratta dell'arte oratoria (Inst. Orat., XI, 3, 65-136) . Poichè l'oratore alle prime armi doveva apprendere l'arte di ottenere i suoi effetti dagli attori, e questi si regolavano con l'e­sempio suasivo dei grandi avvocati, dominatori del foro. I! gestire richiedeva abilità e venustas, ed esistevano gesti tradizional i (scaenici gestus) di effetto teatrale espe­rimentato per accompagnare la parola. Si osservavano precise regole in materia. Era per esempio proibito muovere solo la testai del pari proibito alzare la mano oltre gli occhi e abbassarla oltre il petto (Quintil., Zoc. cit., 112). E questo è proprio l'atteggiamento del nostro attore, così misurato e conveniente alla natura del personaggio, in cui l'origine semiferina e l'aspetto atto a suscitare il riso vengono temperati dall'austerità per dir così sociale del padre, pur corrucciato e stizzoso. Il)

I! suo atteggiamento pacatamente oratorio può allu­dere alla funzione del 7tpoÀoy(~e~v, cui egli attende co­me nel "Ciclop!!" di Euripide.

Vediamo ora la posizione del nostro personaggio nei riguardi storico-artistici.

La figura del papposileno, cioè il tipico e popolare allevatore di Dioniso, babbo dei satiri (è noto che questo nome era radicato nel Peloponneso, mentre ad Atene vigeva quello di sileni per designare la stessa miti ca creatura) si differenzia da quelle dei sileni comuni uni­camente in funzione scenica, come lo prova il suo costume.

Benchè Pratinas di Fliunte fosse stato il primo scrit­tore di drammi satireschi fin dallo scorcio del sec. VI a. C., per trovare la prima raffigurazione del papposileno nell'arte dobbiamo scendere alla metà del V secolo, a un vaso del Museo gregoriano, ove Ermete consegna al Sileno Dioniso fanciullo. 12 ) Le ceramiche attiche del V e IV secolo su ispirazioni sceniche sono spes­so sede di rappresentazioni satiresche, ma in senso

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FIG. 8 - ROMA, MUSEO NAZ. - STATUA DI ATTORE COMICO

DA TORRE ASTURA (PARTICOLARE)

piuttosto egualitario, senza un'indicazione specifica del ­l' té;apx.wv. E non è facile distinguere quando vanno intese in senso propriamente teatrale . La cosa poi è ancora più difficile sui monumenti coro plastici, ove manca il nesso e abbiamo figure isolate.

Un tentativo di sceverare le scene propriamente tea­trali 13) ha indicato solo una dozzina di vasi ove trat­tasi sicuramente di sileni scenici, distinguibili per l'as­sociazione con dei, eroi o figure non pertinenti al nor­male coro satiresco. Ricorderemo come caratteristica la scena del sileno con la Sfinge su un vaso dell'Italia meridionale a Napoli. 14) Il personaggio indossa il fLcx.ÀÀW"ròç x.~"rwv, o camice villoso. Nell 'anfora a vo­lute da Ruvo, ora al Museo di Napoli, 15) che risale

FIG. 9 - NAPOLI, MUSEO NAZ. - MOSAICO DA POMPEI

(da M . BIEBER, Denkmiil. z. Theaterwesen im Alt.)

papposileno, mentre colla mano solleva e contempla la maschera che sta per calzare (fig. IO).

Ma scendiamo ancora verso il periodo romano, e troveremo un mosaico a Pompei 16) con analoghi pre­parativi e un attore che sta indossando il camice peloso, mentre la maschera che lo riguarda giace a terra, ai piedi dell 'attore (fig. 9). La loggia che si vede nello sfondo rappresenta, secondo la Bieber, una scena ita­liota ellenistica. L'attore si è voluto effigiasse fisiono­micamente Eschilo, e allora il documento potrebbe aver valore soltanto rievocativo. Ma la constatazione che il dramma satiresco era ancora rappresentato in età ro­mana, risultante dall ' excursus che abbiamo fatto sopra, conferisce sapore di viva attualità alla rappresentazione,

al 400 circa e ripete probabilmente il motivo di un pinax votivo d'un core go vittorioso, abbiamo uno dei monumenti più insigni per la ri­costruzione di ciò che devono esser stati i drammi satireschi. Vi si ve­dono i preparativi d'una rappre­sentazione satiresca colla vestizione degli attori e del coro, coi musici e l'istruttore, alla presenza di Dioni­so e Arianna: uno degli attori ve­ste appunto l'indumento villoso del

FIG. IO - NAPOLI, MUSEO NAZ. - ANFORA A VOLUTE DA RUVO (da M. BIEBER, cit.)

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FIG. II - BERLINO, MUSEO - PAPPOSILENO (da M. BIEBER, cit.)

che non può distare cronologicamente di molto dal nostro attore asturese. Col vestito del quale presenta viva analogia una statuetta del Museo di Berlino, 17)

ove il forte uso del trapano lascia presumere una data­zione (del resto non indicata) nel II secolo d. C. (fig. 1 I) .

Ma una più viva illustrazione delle maschere tipiche di Polluce è quella che ci offre una terracotta dell' Al­bertinum di Dresda, in cui il Robert 18) riconosce il " primo pappo " bonario (fig. 12). Non è chi non veda le fortissime analogie col nostro cimelio asturese. Al quale si avvicinerebbe a dire il vero piuttosto il "se­condo pappo" di una terracotta da Corinto nell'Anti­quarium di Berlino, 19) che è la versione stizzosa del primo e che qui ometto di riprodurre, stante il suo cattivo stato di conservazione. Preferisco dare una mascheretta, sempre di terracotta, del Museo di Na­poli (fig. 13). 20)

1°4

Nel campo della toreutica, scelgo come paragone calzante una testina a rilievo su uno degli argenti del tesoro di Hildesheim (fig . 14) .21)

Ma un altro monumento importante dev'esser citato, in quanto esso contribuisce a fissare la cronologia della scultura che stiamo studiando, che abbiamo visto non esser precisabile con sicurezza sulla scorta delle con­siderazioni fatte sul conto del dramma satiresco e sue derivazioni. Si tratta d'un rilievo a Villa Albani, 22) di destinazione funeraria (fig. 15). La Strong pensa che nell'effigiato, al quale un servo presenta una maschera in tutto simile a quella dell'attore di Torre Astura, sia rappresentato un iniziato di una setta dionisiaca (e ciò probabilmente soprattutto per il tirso ornato di bende che campeggia al centro del rilievo) . lo penso invece, esa­minando gli altri accessori della scena (un coniglio, una capra, una perni-ce, un grande disco con incisi dei cer­chi concentrici, un grande cerchione con anelli) che si tratti d'un uomo di teatro, dalle molte attitudini, capace di fungere da attore scenico, da mimo, da giocoliere, da ammaestratore di animali. Il rilievo è collocato in età antonina, e tale io penso possa essere l'età a cui ascrive­re l'attore di Tor­re Astura, date so­prattutto le parti­colari tà tecniche della lavorazione del marmo (uso del trapano). Della fa­miliarità dei tratti fisionomici tradi­zionali del Sileno nella prima metà del II secolo d. C. abbiamo documen­ti frequenti sui sar­cofagi adrianei -e basti qui ripro­durne uno del Mu­seo Capitolino, 23)

ove Sileno appare accanto a Bacco fanciullo (fig. 16).

FIG. 12 - DRESDA ALBERTINUM - IL " PRIMO PAPPO "

(dal ROBERT, Die Masken)

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Dove il piccolo monumento fosse collocato non sappiamo.

Ma non andremo errati forse pen­sando ch'esso fosse ornamento della biblioteca di qualche letterato aman­te del teatro, o più semplicemente del parco di una raffinata villa.

A Torre Astura abbiamo notizie ' di una villa dell'oratore Ortensio (Cic., ad Att., XII, 47, 3), che la preferiva in alcune stagioni alla lus­suosa villa di Baia.

Qui Cicerone, che gla aveva casa ad Anzio, acquista una villa solitaria e qui si ritira dopo la morte di Tullia nel 45 a. C., fuggendo il mondo, ap­partandosi di buon mattino nel bosco per uscirne solo a sera, meditandovi vari scritti filosofici e politici. Ve lo ritroviamo nel 44, dopo l'uccisione di

FIG. 13 - NAPOLI, MUSEO NAZ. FIG. 14 - TESTINA A RILIEVO MASCHERA DI TERRACOTTA (dal ROBERT,

Die Masken) SU COPPA D'ARGENTO (da PERNICE e

WINTER, Hildesheimer Silberfund)

Cesare, a colloquio con Bruto e Cassio, che tenevano in questi paraggi le navi pronte per la partenza fatale. 24)

Avanzi antichi si riconoscono oggi ancora alla base di Torre Astura, nelle vaste peschiere di cui lo Jacono 2 5)

dà una pianta e la descrizione, e in tracce imponenti di murature con volte e mosaici pavimentali affon­date per lungo tratto nelle dune sabbiose e la cui tecnica ad opus listatum denota una persistenza fino in età tarda.

A quale delle fasi della vita di queste ville possa aver appartenuto la statuetta, non possiamo precisare : forse uno scavo successivo potrà re­care in proposito qualche auspica­bile chiarimento.

I ) 't"'~v t~flXV Ì;cr't"L .&·~p~W Je:cr't"EpOç. 2) o fLl:v 1tpw't"oç 1ttX1t1tOç 1tpEcr~U't"IX't"Oç,

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4) In origine specie di "conchiglia di risonanza " (" chalcophonos nigra est, sed inlisa aeris tinnitum reddit, tragoedis, ut sua­dent, gestanda ". PLIN., Nat . hist., 37, 56, 1 54) .

5) Già C . ROBERT (Die Masken der neueren attischen Komoedie, 250 Hallisches W inckelmannsprogramm, 19II , p. 81), considera le nuove formazioni da lui dette "maschere irregolari '" che presentano la trasposizione di criteri caratteristici da una maschera all ' altra.

6) Cfr. F . BROMMER, Saty rspiele, 1944.

8) Cfr. TH. BIR, Ueber den Aufbau der Ars poetica des Horaz in A. DIETERICH'S " Pulcinella " , p. 278 ss., n . 299.

9) Cfr. KERN, AM., 1894, p . 96 s. IO) POLYB., XXX, 13 ; ATHEN., XIV, 615 B. II) Già Aristotile (nei <pU~wyvwfLO'J~xtX, 69) osserva che ol lìl:

't"tiç o<ppuç XIX't"Ecr JtlXcrfLfvo~ 1tpOç 't""~v pIvlX 'sono stizzosi. E lo Schol. ad Plut. osserva chç tlìwv ytip 't"wv ÀUJtou;.tÉ:vwv 't"?:ç o<ppuç cruVtXYELV.

12) Mus. Greg. II. 26 = . R05CHER, Lexik.~ . IV, p . 472, fig . 7.

13) BROMMER, op, cito 14) C . ROBERT, Oidipus, I , fig . 45 e p . 259 sS., II, p. 96 S5. ;

M. BIEBER, Denkmdler zum Theaterwesen im Altertum, 1920, fig. 99, p . 98, n . 36.

7) Cfr. F. WIESELER, Denkm. des Biih­nenwesens, t . VIII, n . II , p. 51; A. L. MILLIN, Descr. d'une mosafque antique du Mus. Pio-Clem., t . 28.

FIG. 15 - ROMA, VILLA ALBANI - RILIEVO DI ATTORE (da E . STRONG, La scultura romana)

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15) H . BRUCKMANN, Denkmiiler der Malerei, tav. 14; M . BIEBER, op. cit., p. 91, fig. 97, n. 34. - qui fig. IO.

16) BIEBER, Op. cit., tav. L, fig. 9. 17) BIEBER, Op. cit., p. 100, fig . 103. - qui fig . 11. 18) Op. cit., p. 20 a fig. 44. - qui fig . 12. 19) Op. cit., fig. 43. 20) Cfr. Museo Borbonico, VII, tav. XLIV. 3. La foto nuova è

del ROBERT, op. cit., p. 18, fig. 35. - qui fig. 13· 21) Cfr. PERNICE e WINTER, Hildesheimer Silberfund, tav. 13 -

ridisegnata e ingrandita in ROBERT, op. cit., 18, fig . 35. - qui fig. 14·

22) E . STRONG, La scultura romana, 1923, II, tav. XLV, p. 246; A. BARTOLl, Antichi sepolcri, t. 48 (cfr. HELBIG - AMELUNG, Fiihrer, I845) - qui fig . 15·

23) STUART JONES, Cat . of Sculpt. in the Museo Capitolino, p. 117, n. 46 a, tav. 24; H. SITTE, Fragment eines Sarcophagreliefs, in Jahreshefte, d. Ost. Arch. Inst ., XII, p. 220 s., figg. II2,II3; W. HELBIG, Fiihrer, I, p. 434 n . 786; cfr. J . M . C. TOYNBEE, The Adrianic School, tav. XLI, 2-3, p. 196. - qui fig. 16.

24) O. ED. SCHMIDT, Ciceros Villen , pp. 39-42. 25) Note di archeologia marittima, in Neapolis, I, p. 363 55.,

fig. 4, tav. 8.

FIG. I6 - ROMA, MUSEO CAPITOLINO - RILIEVO BACCHICO (da STUART JONES, Cat. of Sculpt.)

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