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© LEND 2011. Piazza R. (a cura di), Dietro il parlato COMPETENZA STRATEGICA E STRATEGIE COMUNICATIVE NELLINTERLINGUA DELLO STUDENTE Linda Lombardo 1. COMPETENZA STRATEGICA: UN ASPETTO DELLA COMPETENZA COMUNICATIVA Quando si parla della competenza comunicativa degli studenti di lingua, ci si riferisce alla loro abilità nell’ usare la L2 o LS (lingua seconda o straniera) in un contesto. Canale e Swain (1980) hanno messo a punto un modello di competenza comunicativa che comprende almeno quattro diverse aree di conoscenza e abilità. La prima area è quella della competenza grammaticale, che include la conoscenza del vocabolario e della formazione delle parole, la sintassi, la pronuncia e l’ortografia. La seconda area è quella della competenza sociolinguistica, che si riferisce all’abilità di interpretare e produrre enunciati appropriati alla situazione e include la conoscenza degli atti linguistici, come per esempio formulare e ricevere dei complimenti, rispondere al telefono, rifiutare un invito ecc. La terza area riguarda la strategia discorsiva, relativa all’abilità di creare testi coerenti e coesi di diverso genere, dalle ricette alle lettere commerciali alla stesura di testi argomentativi. L’ultima area è quella della competenza strategica, che si riferisce all’uso efficace delle strategie comunicative al fine di migliorare la comunicazione o compensare i limiti della competenza dello studente in una qualsiasi delle altre aree ed evitare pertanto o risolvere un eventuale blocco nella comunicazione. Quello su cui ci si soffermerà è proprio quest’ultima area, un’area certamente di grande interesse ma, come si vedrà, non facile da definire e distinguere e, per lo meno secondo alcuni esperti, difficile da insegnare. 2. DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE COMUNICATIVE Una breve carrellata delle definizioni usate per definire la strategia comunicativa rivela delle evidenti somiglianze tra i modi in cui vari autori l’hanno descritta: «una tecnica sistematica cui ricorre un parlante per esprimersi quando incontra delle difficoltà» (Corder, 1983, p. 16); «tecniche che i discenti usano quando c’è un divario tra la loro conoscenza della lingua e ciò che intendono comunicare» (Wenden, 1986, p. 103); «piani d’azione potenzialmente consapevoli per risolvere quello che ad un individuo si presenta 1

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© LEND 2011. Piazza R. (a cura di), Dietro il parlato

COMPETENZA STRATEGICA E STRATEGIE COMUNICATIVE NELL’INTERLINGUA DELLO STUDENTE

Linda Lombardo

1. COMPETENZA STRATEGICA: UN ASPETTO DELLA COMPETENZA

COMUNICATIVA

Quando si parla della competenza comunicativa degli studenti di lingua, ci si riferisce alla loro abilità nell’usare la L2 o LS (lingua seconda o straniera) in un contesto. Canale e Swain (1980) hanno messo a punto un modello di competenza comunicativa che comprende almeno quattro diverse aree di conoscenza e abilità. La prima area è quella della competenza grammaticale, che include la conoscenza del vocabolario e della formazione delle parole, la sintassi, la pronuncia e l’ortografia. La seconda area è quella della competenza sociolinguistica, che si riferisce all’abilità di interpretare e produrre enunciati appropriati alla situazione e include la conoscenza degli atti linguistici, come per esempio formulare e ricevere dei complimenti, rispondere al telefono, rifiutare un invito ecc. La terza area riguarda la strategia discorsiva, relativa all’abilità di creare testi coerenti e coesi di diverso genere, dalle ricette alle lettere commerciali alla stesura di testi argomentativi. L’ultima area è quella della competenza strategica, che si riferisce all’uso efficace delle strategie comunicative al fine di migliorare la comunicazione o compensare i limiti della competenza dello studente in una qualsiasi delle altre aree ed evitare pertanto o risolvere un eventuale blocco nella comunicazione. Quello su cui ci si soffermerà è proprio quest’ultima area, un’area certamente di grande interesse ma, come si vedrà, non facile da definire e distinguere e, per lo meno secondo alcuni esperti, difficile da insegnare.

2. DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE COMUNICATIVE

Una breve carrellata delle definizioni usate per definire la strategia comunicativa rivela delle evidenti somiglianze tra i modi in cui vari autori l’hanno descritta: «una tecnica sistematica cui ricorre un parlante per esprimersi quando incontra delle difficoltà» (Corder, 1983, p. 16); «tecniche che i discenti usano quando c’è un divario tra la loro conoscenza della lingua e ciò che intendono comunicare» (Wenden, 1986, p. 103); «piani d’azione potenzialmente consapevoli per risolvere quello che ad un individuo si presenta

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come un problema per raggiungere un particolare obiettivo comunicativo» (Faerch e Kasper, 1983a, p. 36); «l’insieme degli strumenti con cui i discenti cercano di superare i loro problemi linguistici contingenti» (Kellerman et al., 1990, p. 164); «il tentativo sistematico del discente di esprimere o interpretare dei significati nella lingua straniera in situazioni in cui le regole sistematiche della nuova lingua non sono state messe a punto» (Tarone, Cohen e Dumas, 1983, p. 5); «tentativi di ridurre il divario tra la conoscenza linguistica del discente di L2 e quella del suo interlocutore madrelingua nei casi di situazioni comunicative reali» (Tarone, 1983, p. 65).

Da queste definizioni sembra ovvio che le strategie comunicative non sono l’ambito esclusivo dei parlanti stranieri, ma poiché possono essere riscontrate anche nella produzione di bambini e adulti che parlano la loro lingua madre, si può affermare che esse costituiscono una parte del normale uso linguistico. Possono essere determinate dalla mancanza di un elemento lessicale, da una pronuncia difettosa o da una limitata conoscenza della sintassi; le strategie comunicative comunque possono anche essere il risultato delle difficoltà che i parlanti hanno nell’esprimere quello che hanno in mente relativamente a un dato proposito comunicativo. Come suggerisce la definizione di Tarone, può determinarsi un problema non solo a causa della difficoltà dei parlanti nel produrre i messaggi veri e propri, ma anche a causa dell’incapacità di chi ascolta ad interpretarli a causa del divario di conoscenze, sia linguistiche che di altro genere, che possono esistere tra gli individui. Inoltre, le definizioni che non si riferiscono specificamente alle strategie produttive potrebbero includere anche le strategie per la decodifica, ovvero quelle strategie cui ricorre chi ascolta per interpretare un messaggio che risulta in qualche modo problematico.

3. STRATEGIE COMUNICATIVE E ALTRI TIPI DI STRATEGIE

Le strategie comunicative differiscono dalle strategie per la produzione, che Tarone (1983, p. 66) definisce come «il tentativo di usare il proprio sistema linguistico in modo efficace e chiaro, col minimo sforzo», in quanto le strategie per la produzione «fanno meno attenzione al piano internazionale della negoziazione del significato». In altre parole, una semplificazione della struttura sintattica impiegata per facilitare la produzione non verrebbe considerata strategia comunicativa perché 1’accento non è sulla possibilità di trovare un modo di comunicare il significato del parlante perché manca la struttura necessaria. Le strategie comunicative «vengono usate per compensare delle carenze nel sistema linguistico, e fondamentalmente consistono nell’esplorare modi alternativi di usare ciò che un parlante sa per la trasmissione di un messaggio, senza che egli necessariamente consideri quanto questo sia appropriato alla situazione» (p. 64). Pertanto un parlante può usare una lingua che sia troppo formale o troppo informale per la situazione e pur tuttativa riuscire a negoziare il significato con un interlocutore.

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Ancora, le strategie comunicative si differenziano dalle strategie di apprendimento, definite come «un tentativo di sviluppare la competenza linguistica e sociolinguistica nella lingua d’arrivo», in quanto «la motivazione fondamentale dietro le strategie di apprendimento non è il desiderio di comunicare un significato, bensì il desiderio di apprendere la L2» (p. 67) Quindi il ripetere una nuova parola per imprimerla nella memoria è una strategia di apprendimento, al contrario ripetere una nuova parola con un’intonazione ascendente per chiedere l’assistenza dell’interlocutore è una strategia comunicativa. Si può verificare che nello stesso scambio, un conversatore alterni momenti in cui prevale l’attenzione al livello comunicativo a momenti in cui ha priorità il piano dell’apprendimento e viceversa. Ciò implica che ogni analisi in questo campo deve spingersi ben al di là dei comportamenti osservabili cercando di cogliere il proposito del parlante che li motiva. Sebbene alcune strategie comunicative possono facilitare l’apprendimento, altre possono effettivamente sortire l’effetto contrario di rallentarlo. Per esempio, strategie comunicative quali l’uso di parafrasi possono favorire l’apprendimento della lingua, contrariamente ad altre, come per esempio il ricorrere all’uso della L1. Comunque, anche per quest’ultimo caso se l’effetto comunicativo della strategia è quello di segnalare un problema e ottenere che l’interlocutore aiuti il parlante a trovare la giusta struttura o il lessema necessario per esprimere quello che intende dire, allora anche da questa situazione può derivare apprendimento. Un altro punto è che i parlanti con buone strategie comunicative spesso sono quello che Seliger (1977) chiama «generatori di una grossa quantità di input», e maggiore è l’input che il parlante riceve, maggiore è la possibilità che parte di questo input diventi «intake» cioè informazione che viene assimilata.

In conclusione, le caratteristiche principali che distinguono le strategie comunicative dalle altre strategie sono l’accento sulla negoziazione del significato nell’interazione, 1’attenzione a compensare le carenze nel repertorio linguistico di un individuo e la preoccupazione al bisogno di comunicare (cfr. Tarone, 1980, per una spiegazione maggiormente dettagliata delle differenze).

4. L’INDIVIDUAZIONE DEL COMPORTAMENTO STRATEGICO E DELLE STRATEGIE COMUNICATIVE

Non sempre è facile distinguere i comportamenti strategici da quelli non strategici (cfr. Faerch e Kasper, 1983b). I segnali di incertezza come le pause, l’uso di riempitivi, 1’allungamento delle sillabe, i falsi inizi e le ripetizioni possono indicare i momenti in cui l’individuo che usa un’interlingua ha dei problemi che può provate a risolvere con l’uso delle strategie comunicative. I resoconti introspettivi di quello che i discenti hanno fatto e perché possono essere utili per chi conduce una ricerca cercando di individuare le aree problematiche e descrivere le strategie. Talvolta la produzione dei discenti nella lingua straniera può essere interpretata solo alla luce del loro comportamento nella L1 relativamente allo stesso compito. Un progetto di

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ricerca che preveda il raffronto tra l’uso della L1 o della L2 permette a chi conduce una ricerca di capire quale sia il proposito comunicativo dei discenti; si può assumere come soddisfacente infatti la formulazione del messaggio nella lingua madre e quindi le differenze tra le due versioni possono essere attribuite alle insufficienze nella L2. Un’altra tecnica è quella di confrontare la produzione dei parlanti stranieri con quella di parlanti madrelingua sempre rispetto allo stesso compito; in questo modo un ricercatore può più facilmente individuare i problemi che derivano dalla limitatezza dell’interlingua dei discenti.

Negli studi sulla competenza strategica di parlanti di una L2 e LS i compiti tendono a essere organizzati in modo tale che chi conduce l’osservazione possa essere sicuro di ciò che i soggetti vogliono comunicare, cioè, del loro proposito comunicativo. Poiché è più probabile che le strategie comunicative vengano usate nella comunicazione autentica, di solito viene creata una carenza di informazione (information gap) tra parlante e ascoltatore, in modo che chi parla sia in possesso di informazioni di cui il secondo ha bisogno per poter completare un’attività. Generalmente ai soggetti viene chiesto di raccontare la storia rappresentata in una serie di immagini che devono poi essere selezionate da chi ascolta tra svariate possibilità, oppure viene chiesto di dare istruzioni sulla base di una figura in modo che chi ascolta possa costruire o montare un oggetto. Laddove è possibile, si fa uso della videocamera per cogliere tutta la comunicazione non verbale prodotta insieme al discorso che può facilitare l’interpretazione dei dati. Altri metodi per stimolare la produzione di dati che sono stati impiegati negli studi delle strategie comunicative includono la traduzione, il completamento di frasi, i colloqui e le conversazioni. Naturalmente, è possibile che la procedura usata influisca sui tipi di strategie comunicative che vengono selezionate. (Per i dettagli completi su alcune di queste tecniche, cfr. Dechert, 1983; Raupach, 1983; Wagner, 1983; Kellerman et al., 1990; Yule e Tarone, 1990).

5. TASSONOMIE DI STRATEGIE COMUNICATIVE

Sulla base della ricerca condotta fino ad oggi sulle strategie comunicative di parlanti di L2 e LS, sono state messe a punto svariate tasso nomi e (cfr. Tarone, 1978; Varadi, 1983; Bialystok, 1983; Corder, 1983; Faerch e Kasper, 1983c). Tre di queste tassonomie riconoscono l’esistenza di una fondamentale dicotomia tra le possibilità che il discente ha di fronte allo squilibrio tra il significato che vuole comunicare ovvero il proposito comunicativo e le risorse linguistiche che ha a disposizione per esprimere quel significato o raggiungere quel proposito comunicativo. La prima possibilità implica l’evitare, l’abbandonare o il semplificare il messaggio, mentre la seconda prende in considerazione la ricerca di modi alternativi per esprimere un significato. Corder chiama le strategie che rientrano nel primo caso «strategie di aggiustamento del messaggio», e quelle prodotte nel secondo caso «strategie di

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espansione delle risorse». Partendo dalle stesse premesse, Faerch e Kasper distinguono tra quello che loro chiamano «strategie di riduzione», comportamenti cioè che mirano a evitare le difficoltà, e «strategie di produzione», che corrispondono ai tentativi di trovare soluzioni ad un problema. Varadi contrappone «significato modificato» e «forma modificata». Il significato modificato poi si scompone in riduzione del significato, laddove viene sacrificata parte del significato originario, e sostituzione del significato, laddove il messaggio o parti di esso vengono sostituite da altre alternative che il parlante è in grado di esprimere. Allo stesso modo, Varadi scompone il secondo caso in strategie di riduzione formale, che implicano l’eliminazione di certe proprietà linguistiche formali (parole, frasi, strutture), e strategie di sostituzione formale, in cui alla normale forma della L2 vengono sostituite forme alternative di espressione che lasciano il messaggio intatto. La prima categoria di strategie comunicative di Tarone, le strategie di «evitamento», include i casi in cui si evita il tema e si abbandona il messaggio, mentre le altre quattro categorie riguardano la modifica della forma. Bialystok organizza la sua tassonomia sulla fonte dell’informazione che è alla base della strategia, e distingue tra «strategie basate sulla L1», «strategie basate sulla L2», e «strategie paralinguistiche»,

All’interno delle varie tassonomie le singole categorie sono notevolmente simili. Una delle prime è la tipologia sviluppata da Tarone (1978):

Evitamento - Evitamento del tema: il discente cerca semplicemente di non parlare di concetti per i quali non conosce lessemi o strutture della L2/LS. - Abbandono del messaggio: il discente comincia a parlare di un concetto ma, incapace di continuare, si ferma nel mezzo dell’enunciato.

Parafrasi - Approssimazione: uso di un singolo lessema o di una singola struttura, che il discente sa che non è corretta, ma che ha abbastanza elementi in comune con il lessema o la struttura desiderata da soddisfare il discente (per esempio «pipe» per «waterpipe»). - Invenzione di parole: il discente inventa una nuova parola per comunicare il concetto desiderato (per esempio «airball» per balloon). - Circonlocuzione: il discente descrive le caratteristiche o gli elementi dell’oggetto o dell’azione invece di usare la parola o la struttura della L2 («She is, uh, smoking something. I don’t know what’s its name. That’s, uh, Persian, and we use in Turkey, a lot of»).

Prestiti- Traduzione letterale: traduce parola per parola dalla L1 (per

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esempio: «He invites him to drink», for «They toast one another»). - Mutamento di codice linguistico: il discente usa un termine della L1 senza curarsi di tradurlo (es, il francese «balon» per «balloon», il turco «tirtil» per «caterpillar»).

Richiesta di assistenza: il parlante chiede che gli venga fornito il termine corretto (es, «What is this?» «What called?»).

Mimica: il discente ricorre a strategie non verbali in sostituzione di un elemento lessicale (es. il battere le mani per raffigurare 1’applauso).

Quella che segue è una rappresentazione schematica di una successiva tipologia elaborata da Faerch e Kasper (1983c):

Strategie di riduzione: il discente tenta di evitare la difficoltà. 1. Strategie di riduzione formale: il discente comunica per mezzo di un sistema «ridotto», per evitare di produrre enunciati non scorrevoli o incorretti. 2. Strategie di riduzione funzionale: il discente abbandona o riduce il suo obiettivo comunicativo per evitare problemi.

Strategie di realizzazione: il discente cerca di risolvere il problema comunicativo espandendo le sue risorse comunicative.

1. Strategie di compensazione a) Cambiamento di codice linguistico il discente passa dalla L2 alla L1 o a un altra lingua straniera. b) Transfer interlinguistico: il discente ricorre a una combinazione di elementi derivanti dall’interlingua e dalla L1 (o da altre lingue diverse dalla L2 in oggetto). c) Transfer inter-/intralinguistico: il discente generalizza una regola dell’interlingua sulla base di strutture corrispondenti nella L1.d) Strategie basate sulla interlingua il discente risolve i problemi comunicativi per mezzo del suo sistema di interlingua: - generalizzazione: il discente estende un elemento della L2 fino a coprire un contesto inadeguato; - parafrasi: il discente usa una definizione, circonlocuzione, esemplificazione; - invenzione di parole: il discente crea una nuova parola nell’interlingua; - riformulazione: il discente riformula un enunciato che non è in grado di completare per riuscire a comunicare il messaggio senza ricorrere a una riduzione. e) Strategie cooperative il discente segnala (direttamente o indirettamente) al suo interlocutore che ha bisogno di assistenza. f) Strategie non linguistiche il discente ricorre alla mimica, ai gesti, all’imitazione di suoni ecc. in sostituzione o a sostegno di strategie verbali. 2. Strategie di recupero il discente cerca di risolvere i problemi relativi al recupero di specifici elementi dell’interlingua (aspettando che appaia quel particolare termine; appellandosi a una somiglianza formale; operando un recupero attraverso i campi semantici; aiutandosi nella ricerca con altre lingue; operando un recupero attraverso situazioni di apprendimento; ricorrendo a

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procedure sensoriali).

Faerch e Kasper fanno riferimento inoltre alle strategie comunicative sul piano della ricezione: «è possibile che il discente usi la sua L1, l’interlingua o la conoscenza del contesto per comprendere elementi della L2 che non fanno ancora parte del suo sistema di interlingua» (p. 54). Se si confrontano le due tassonomie, si noterà che molte delle categorie coincidono. Le strategie di riduzione di Faerch e Kasper corrispondono più o meno alle strategie di evitamento di Tarone. A livello lessicale la riduzione formale di Faerch e Kasper può essere realizzata attraverso l’evitamento del tema nella tassonomia di Tarone. La riduzione funzionale dei due autori comprende strategie come l’evitamento del tema e l’abbandono del messaggio individuati da Tarone. Sotto l’etichetta di strategie di compensazione, Faerch e Kasper includono il cambiamento di codice linguistico (il cambiamento linguistico nella tassonomia di Tarone), il transfer interlinguistico (che comprende la traduzione letterale di Tarone), le note categorie di parafrasi (che includono l’approssimazione e la circonlocuzione di Tarone) e l’invenzione di parole, le strategie cooperative (la richiesta di assistenza di Tarone), e le strategie non-linguistiche (la mimica di Tarone).

Un terzo esempio di tassonomia, organizzata questa volta con criteri leggermente differenti, è quella elaborata da Bialystok (1983):

1. Strategie basate sulla L1 a) Cambiamento di codice linguistico: il discente inserisce una parola o una espressione in una lingua diversa dalla L2.b) Adeguamento al codice della L2/LS: il discente crea parole inesistenti nella lingua d’arrivo o termini inappropriati al contesto particolare tramite l’applicazione della morfologia e/o fonetica della L2 a elementi lessicali della Ll.c) Traslitterazione: il discente fa uso di lessico e strutture della L2 al fine di creare una traduzione letterale (di solito inesistente) di un termine o di un’espressione della L1.

2. Strategie basate sulla L2d) Contiguità semantica: il discente usa un lessema che ha in comune certe caratteristiche semantiche con un termine sconosciuto della lingua d’arrivo (per es. chair per stool). e) Descrizione: il discente descrive un termine sconosciuto facendo riferimento alle generali proprietà fisiche, ai tratti distintivi, e/o alle sue caratteristiche interazionali/funzionali. f) Invenzione di parole il discente crea un elemento lessicale della L2/LS selezionando una caratteristica conce.ttuale di un elemento e incorporandolo nel sistema morfologico della L2 (es. beurot, heure + -ot per clock). .

3. Strategie paralinguistiche: il discente usa l’informazione non linguistica o contestuale che deriva dalla situazione.

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Sebbene il fondamento teorico di questa tipologia sia differente, le strategie sono simili a quelle descritte nelle altre due tassonomie. Le categorie di cambiamento linguistico (cambiamento di codice linguistico in Faerch e Kasper), l’invenzione di parole e le strategie paralinguistiche (la mimica in Tarone e le strategie non linguistiche in Faerch e Kasper) sono le stesse. Quello che in Bialystok è l’adeguamento al codice della L2 è incluso nel concetto di transfer interlinguistico di Faerch e Kasper e lo stesso vale per la traslitterazione (che corrisponde alla traduzione letterale in Tarone). La contiguità semantica di Bialystok ha come corrispondente l’approssimazione di Tarone e la generalizzazione in Faerch e Kasper. La categoria della descrizione, in pratica, rispecchia l’idea della circonlocuzione in Tarone e della parafrasi in Faerch e Kasper. Né Tarone né tantomeno Byalystok considerano l’interlingua dello studente come un punto di partenza diverso per le strategie comunicative, come invece fanno Faerch.e Kasper. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che dall’osservazione dei dati linguistici non sempre è facile distinguere tra i comportamenti da ascrivere ad un’influenza diretta della L1 e altri che sono da ricercare nelle approssimazioni al sistema della L2 che ogni singolo discente sviluppa, sia nel caso di un elemento della L1 che e stato incorporato nell’interlingua del discente sia nel caso di un elemento che è stato creato durante il processo di apprendimento della L2.

L’ultima tassonomia cui va fatto riferimento qui è quella messa a punto da Paribakht (1985) sulla base di una ricerca basata su un compito comunicativo con finalità referenziali. Studenti della L2, con vari livelli di competenza, dovevano comunicare lessemi isolati, sostantivi concreti e astratti, a degli interlocutori madrelingua in una intervista, senza però usare le parole esatte della L2. La tassonomia di Paribakht comprende le seguenti aree: approccio linguistico, approccio contestuale, approccio concettuale e mimica. Quello che qui è direttamente rilevante al nostro discorso è la maggiore articolazione della prima area, senza dubbio da ascrivere alla natura del compito. Quello che segue è una sintesi delle categorie e sottocategorie che rientrano nell’area dell’approccio linguistico:

Approccio linguistico A Contiguità semantica

1. Iperonimo 2. Comparazione

a) Comparazione positiva - Analogia - Sinonimia

b) Comparazione negativa - Contrasto e opposizione - Antonimia

B Circonlocuzione 1. Descrizione fisica

a) Dimensioni b) Forma

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c) Colore cl) Materiale

2. Tratti costitutivi a) Elementi b) Elementi elaborati

3. Proprietà legate al luogo 4. Proprietà storiche 5. Altri elementi 6. Descrizione funzionale

C Indicatori metalinguistici

Nella categoria di approccio concettuale Paribakht include la dimostrazione, l’esemplificazione e la metonimia (si veda anche Blum-Kulka e Levenston, 1983, sulla semplificazione lessicale).

È opportuno accennare al modo in cui le strategie comunicative variano, non solo a seconda del compito e della situazione, ma anche a seconda dell’individuo. Sebbene non esistano risultati conclusivi della ricerca sull’individuo, sembrerebbe logico ipotizzare che ci sia un rapporto tra i livelli di competenza linguistica e certi tipi di strategie comunicative. Bialystok (1983) ipotizza che i discenti di livello avanzato facciano maggiore uso di strategie basate sulla L2, compresa la contiguità semantica (circonlocuzione), la definizione (parafrasi), e l’invenzione di parole. Si ritiene invece che i discenti meno competenti ricorrano più spesso alle strategie basate sulla L1, come il cambiamento di codice linguistico, 1’adeguamento morfologico/ fonetico della L1 alla L2/LS e le strategie paralinguistiche. Sembra chiaro comunque che mentre entrambi i gruppi usano un gran numero di strategie, i discenti più competenti fanno uso di quelle strategie in modo più competente e con maggior efficacia comunicativa.

Anche tra i parlanti di L1 esistono differenze nell’uso delle strategie comunicative che possono essere associate a tratti della personalità. Parallelamente, Tarone (1978) suggerisce che, a prescindere dal livello di competenza linguistica, alcuni discenti di L2 sono più propensi ad adottare strategie di evitamento quando si trovano in difficoltà, mentre altri tendono più a chiedere assistenza. È chiaro che le caratteristiche della personalità influiscono sulla capacità di affrontare rischi e sul desiderio di mantenere l’interazione sociale ad ogni costo. Neu (1990) analizza i modi in cui la cultura e la personalità determinano la quantità di comunicazione non verbale che i discenti di una L2 usano, cioè la comunicazione attraverso lo sguardo, l’espressione facciale, il movimento della testa e i gesti, il portamento e i movimenti del corpo.

6. VALUTAZIONE DELLE TASSONOMIE

Le tassonomie che sono state illustrate fin qui sono descrizioni delle varianti linguistiche che segnalano l’esistenza di una qualche strategia comunicativa.

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Sono state estremamente utili ad individuare e organizzare la gamma di comportamenti che vanno presi in considerazione se si vuole dare una spiegazione alla competenza strategica. Tuttavia numerosi sono i problemi relativi alla elaborazione di queste tassonomie. Primo tra questi è la difficoltà di inscrivere dei comportamenti in una particolare categoria sulla base di un dato elemento superficiale. Nel caso dell’abbandono di un messaggio, per esempio, può risultare molto difficile determinare sulla base dei soli dati linguistici se il parlante ha abbandonato o meno il messaggio che intendeva comunicare. Tarone (1978, p. 197) così definisce questa particolare strategia: «Il parlante comincia a parlare di un concetto ma è incapace di continuare e comincia una nuova frase». Per Faerch e Kasper invece i falsi inizi sono una strategia di realizzazione da loro definita «riformulazione». Questa difficoltà nel risalire all’intenzione comunicativa può far sì che si inscriva lo stesso comportamento in due diverse categorie.

In altri casi la base su cui viene operata la distinzione delle categorie è costituita da differenze talmente minime da non essere facilmente giustificabili. Per esempio, l’unica differenza tra l’invenzione di una parola nuova e l’adeguamento fonetico di una parola della L1 alla L2 consiste nel fatto che nel primo caso la manipolazione viene applicata alla morfologia e nel secondo alla fonetica dell’elemento. (Si noti che in entrambi i casi, se il risultato è una parola nella lingua di arrivo, allora questa non viene classificata come strategia comunicativa). La scelta da parte di un parlante dell’approssimazione (la decisione cioè di usare un’unica parola generica) o della circonlocuzione (il tentativo di descrivere, illustrare o spiegare) può dipendere innanzi tutto dallo specifico lessema che egli intende comunicare. Un esempio di invenzione di parole che viene di solito citato nella letteratura, «airball» invece di «balloon», avrebbe potuto essere catalogato come approssimazione o circonlocuzione se solo il parlante avesse detto invece «ball» o «ball with air». Spesso ben poco chiara è anche la distinzione tra un semplice errore di grammatica basato sulla struttura della L1 e la traduzione letterale determinata da un particolare proposito comunicativo. A creare maggior confusione si aggiunge il fatto che nei dati molte volte una strategia appare in combinazione con altre, spesso cioè un enunciato contiene più di una strategia (per esempio un’approssimazione seguita da una circonlocuzione) o appare come strategia contenuta in altre strategie (per esempio la traduzione letterale o il cambiamento di codice linguistico all’interno della parafrasi), il che rende ancora più problematica l’inscrizione in una singola categoria. Questa precarietà si riflette nel fatto che per uno studio condotto da Bialystok (1990) ci sono stati disaccordi tra i ricercatori sulla classificazione per lo meno della metà degli enunciati analizzati.

Un’altra critica delle tipologie fin qui discusse è che le strategie più difficili da individuare, come le strategie di evitamento o di abbandono, sono di solito ben poco rappresentate nei dati, mentre la tangibilità della comunicazione referenziale dà come risultato una grande attenzione alle categorie lessicali produttive. Un ultimo limite è che le definizioni delle strategie nelle varie

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tassonomie non prendono in considerazione l’effetto comunicativo prodotto sull’interlocutore, e quindi trascurano la natura interattiva della comunicazione e la negoziazione del significato che è così tanto centrale all’uso autentico della lingua. Per concludere, benché queste tipologie si siano rivelate molto utili e abbiano rappresentato il riferimento di svariati studi sulle strategie comunicative con qualche coerenza nei risultati, in realtà non vanno comunque molto lontano. L’attenzione che queste tipologie pongono sulle forme della struttura superficiale dà come risultato il fatto che esse assumono che enunciati linguisticamente distinti rappresentano strategie diverse. Ci dicono troppo poco dei processi psicologici sottostanti e dei propositi del parlante. Il risultato è che le distinzioni tra le strategie non riflettono necessariamente differenze nei modi di elaborare la lingua; e non corrispondono necessariamente a quello che i discenti stanno facendo.

Per queste ragioni, al fine di classificare le strategie comunicative ci sono stati alcuni tentativi più recenti di sviluppare un approccio che si focalizzi sul processo. Ne è un esempio il lavoro di ricerca della Università di Nijmegen in Olanda relativo alle strategie impiegate dagli studenti olandesi di inglese per risolvere i problemi d’ordine lessicale durante una attività comunicativa con scambio di informazioni referenziali (si veda Kellerman et al., 1990). La novità di questa ricerca è rappresentata dal tentativo di classificare gli enunciati sulla base di una descrizione dei processi che sono sottesi alla produzione degli studenti piuttosto che sulla base delle forme linguistiche superficiali. Sono state individuate due strategie profonde: le strategie concettuali e le strategie linguistiche. Questi due tipi di strategie riflettono gli unici due processi possibili che dei discenti mettono in atto per risolvere un problema lessicale. Quando gli studenti ricorrono a strategie concettuali, essi operano una manipolazione del concetto che diventa così possibile esprimere con le risorse (linguistiche o mimetiche) che essi hanno a disposizione. Quando gli studenti fanno invece uso delle strategie linguistiche, manipolano la lingua per esprimere al meglio la loro intenzione originale.

Quindi le strategie concettuali, che implicano una manipolazione del concetto attraverso una descrizione delle sue caratteristiche o un raffronto con un concetto simile, verrebbero ad includere 1’approssimazione e la circonlocuzione di Tarone. E le strategie linguistiche, che implicano la selezione di un qualche sistema linguistico per esprimere un dato concetto, coprirebbero il cambiamento di codice di Bialystok, il suo adeguamento rnorfologico/fonetico della L1 alla L2. L’invenzione di parole, che consiste nell’usare delle composizioni lessicali per esprimere i tratti rilevanti di un oggetto, verrebbe classificata come una strategia concettuale. Lo stesso varrebbe per la mimica, che mira ad esprimere importanti caratteristiche e funzioni di un elemento. Recentemente Kellerman ha ampliato l’ambito della strategia linguistica, assegnandole la nuova etichetta di «strategia di codice» in modo che possa includere 1’attenzione ad altre fonti di informazione, come la richiesta di assistenza o il gesticolare indicando un oggetto. Ciò che è importante sottolineare qui è che questo tipo di analisi del processo delle

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strategie nella L2 va al di là del prodotto linguistico e si propone di guardare che cosa contribuisce a generare le strategie. In questo modo una descrizione con accento sul processo è in grado di rivelare i legami sotterranei tra tipi di strategie che solo superficialmente appaiono diversi.

7. IMPLICAZIONI PER L’APPRENDIMENTO E L’INSEGNAMENTO DELLA LINGUA

7.1. Implicazioni derivate dalle classificazioni tassonomicbe

Ogni tentativo di esplorare le possibilità per l’insegnamento e l’apprendimento che vengono offerte dalle strategie comunicative dipende da quale dei due approcci, la classificazione tassonomica o la descrizione dei processi, si ritiene più valido e attendibile. Se si considerano le classificazioni tassonomiche come soluzioni ad hoc ai problemi comunicativi, si può fare in modo che gli studenti ne siano consapevoli e conoscano gli strumenti linguistici per metterle in pratica. Ciò può voler dire per esempio che si possono incoraggiare la parafrasi e si possono insegnare espressioni come «It’s a kind of», «It’s a part of», «It looks like a», «You use it for», «You need it when», ecc., il tutto accompagnato da un addestramento sulla descrizione, definizione e illustrazione. A questo scopo Tarone e Yule (1989) raccomandano l’uso dei dizionari monolingue, sopra tutto quelli che contengono liste di vocaboli per le definizioni.

Nella tassonomia di Paribakht si è visto come la categoria di contiguità semantica includa relazioni semantiche come iperonimia, sinonimi a e antonimia, mentre la metonimia appare in un’altra categoria. Insegnare un nuovo vocabolario come parte di una rete di lessemi associati l’uno all’altro in svariati modi può avere il doppio scopo di facilitare l’acquisizione e risvegliare la consapevolezza della possibilità di esprimere 1’approssimazione e usare la circonlocuzione quando non si conosce o non si riesce a recuperare nella memoria una parola specifica. Si può ricorrere a una semplice attività per aiutare i discenti a creare una rete semantica e poi esprimere le relazioni che hanno individuato. Per esempio, ho chiesto a un gruppo di studenti di pensare a possibili parole da associare al lessema «horse»; la rete semantica che ne è risultata è rappresentata qui di seguito:

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Quello che qui segue è un esempio di attività di raggruppamento tratto dal corso di addestramento ai processi dell’apprendimento di Ellis e Sinclair (1989):

È ora di fare un esperimento Il raggruppamento di parole

La ricerca ha dimostrato che le persone ricordano le parole in base a dei gruppi che hanno qualcosa in comune. Il modo in cui organizziamo in gruppi le parole è sempre molto personale.

Attiuità: Tratti comuni

a) Ecco alcune parole che sono state organizzate in gruppi. Sai qual è 1a caratteristica di ognuno? Gruppo 1: shoe shop shout shine sheep Gruppo 2: greenhouse breadboard penknife Gruppo 3: biology geology psychology Gruppo 4: run jump hop sprint jog

b) Organizza le seguenti parole in gruppi. Quando hai finito, vedi se un altro studente riesce a scoprire quello che i tuoi due gruppi hanno in comune.

walnut currant tomato

melon blackberry raspberry

chicken banana chestnut peach

gooseberry grapefruit thyme lemon

hazelnut pear turkey strawberry

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kitchen

Quanti diversi modi di raggruppare queste parole ha usato la tua classe? c) Ti viene in mente qualche altro modo di raggruppare le parole contenute in b) che ti possa aiutare a ricordarle? Quale?

Sebbene vengano impiegate in classe come strumenti per espandere il vocabolario, queste attività rappresentano dei buoni esempi del modo in cui le strategie di apprendimento possono contribuire allo sviluppo delle strategie comunicative.

Se si incoraggiano gli studenti a trasferire buone strategie di apprendimento della L1 utilizzandole per apprendere la L2 gli si può anche chiedere di riflettere sulle strategie comunicative impiegate nella L1 – per esempio, pensare a quello che fanno quando viene a mancare una data parola o non la si riesce a ricordare – e incoraggiarli a comportarsi nello stesso modo nella L2. Una situazione del genere spesso rende necessaria una semplificazione lessicale ottenibile attraverso l’uso di parole generiche che coprono una vasta area lessicale, come thing, stuff, way, place, nice, do, get. La conoscenza che gli studenti hanno della struttura conversativa nella propria lingua può costituire il punto di partenza per migliorare le loro strategie da usare in situazioni problematiche nella lingua straniera. Per esempio, si possono spronare gli studenti ad usare delle tecniche conversative tipo: i riempitivi, come well, so, e you know; formule per segnalare le riparazioni, come «I mean» o «that is»; verifiche della comprensione che hanno anche la funzione di mantenere la solidarietà, come «Do you understand» o «Do you know what I mean».

Si possono anche aiutare gli studenti ad usare strategie cooperative (come la richiesta di assistenza di Tarone) facendoli esercitare con espressioni tipo «What’s the word for», «What do you call it when» o anche solamente frasi che segnalano una difficoltà come «I don’t know/can’t remember the word», «I’m not sure how to say it». E dato che la comunicazione è interattiva e inevitabilmente quindi implica problemi sul piano ricettivo, gli studenti possono anche imparare a esercitarsi con piccoli trucchi relativi alle difficoltà nell’interpretare il discorso: formulare richieste di ripetizione come «I beg your pardon», «What did you say», «A what», o semplicemente ripetere il lessema problematico con un’intonazione ascendente; segnalare l’incomprensione attraverso l’espressione facciale e frasi fatte come «I don’t think I know that word»; parafrasare il messaggio dell’interlocutore con frasi del tipo, «So you think» o «So you’re saying that». Oltre ad evitare che una comunicazione si interrompa e a funzionare come tecniche che salvano la faccia, queste strategie comunicative dell’interpretazione generano anche ulteriore input e possono creare le condizioni per l’apprendimento.

Agli studenti si può anche chiedere di esercitarsi a fare uso di indicatori contestuali e comunicazione non verbale. Come nel caso delle altre attività per migliorare la competenza strategica che sono state discusse fin qui, ciò significa organizzare una situazione veramente comunicativa in cui qualcuno

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ha qualcosa da dire che qualcun altro non sa e vuole quindi ascoltare. Significa anche che l'insegnante non deve interferire per risolvere i problemi linguistici degli studenti così che, per lo meno durante questo tipo di attività, sono costretti a contare sulle proprie risorse linguistiche e non linguistiche. Occorre che si rendano conto che, per compensare le loro deficienze linguistiche, possono ricorrere alla loro conoscenza del mondo, compresa la loro familiarità col tema conversativo, e la conoscenza di come si porta avanti uno scambio (cfr. Zuengler, 1993, sugli effetti della conoscenza del contenuto sulla partecipazione alla conversazione di parlanti non di madrelingua). Occorre inoltre che gli studenti capiscano che la misura del loro successo nella comunicazione dipenderà da quanto saranno precisi nel valutare la competenza linguistica dell'interlocutore e la sua familiarità col tema trattato

Ogni parlante fa uso delle strategie comunicative poiché persino i parlanti madrelingua hanno dei vuoti nel loto repertorio linguistico; il fatto comunque che dei parlanti stranieri abbiano molte più probabilità di trovarsi in situazioni in cui la loro insufficiente conoscenza della L2 impedisce il raggiungimento dei loro obiettivi comunicativi ha determinato la attenzione particolare che è stata data a quest’area. Molti ritengono che una notevole differenza si può ottenere se si rendono gli studenti consapevoli dei loro stili strategici e di quelli degli altri interlocutori. Sono state messe a punto delle precise attività con questo obiettivo. Tarone e Yule (1989) suggeriscono di usare un approccio induttivo in base al quale si chiede agli studenti di osservare degli scambi in cui si determina un problema comunicativo e individuare le strategie cui i parlanti ricorrono, valutando quanto le varie strategie siano efficaci. Se gli esempi vengono scelti con cura, è possibile che gli studenti arrivino a sviluppare le loro tassonomie per le strategie comunicative sulla base di ciò che hanno osservato.

Tra gli esempi contenuti in Faerch e Kasper (1983b) ci sono i seguenti scambi tra un discente (L) e un parlante madrelingua (NS):

(1) L: he is in – [kəυ'li:3ə] – [‘kəυ'lidS] - I don't know what NS: collegeL: yes

(2) L: after my school I’ll start erm (sigh) er – I learn erm shirts and er (laugh) can't explain that –

NS: noL: er – sy – [sy:] I I can’t say that –

(sy Danish for «sew»)

(3) NS: ... how do you get on with girls – L: oh (giggles) I'm very oh – what do you calI it – you know

(looks away) I get a red in my head – (giggles)NS: yes shyL: shy yer (giggles)

(4) L: every Monday I erm – er I'm baby – sitter –

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NS: ahaL: babysitterNS: yerL: is that right –NS: yer you er – you’re a babysitter and you go babysitting

(5) NS: I don't know if you can learn much in three days L: Why not – just I think it's not a a a question of the – durance –

(6) NS: how do you go to school –L: ... sometimes I take my er – er – what's it called – er er my

cykel– er (laugh) knallert – [knaælə] – (laugh)

NS: what does it look like –L: you know er – (laugh) you know so – er some people – er have

a er cykel – (laugh) er – no I can’t explain it – you know some people have a car – and some people have a er bicycle – and some people have a er – erm a cykel there is a motor

NS: oh a bicycle – with a motor –(knallert Danish for «moped»)

Nell’esempio numero 1 il discente segnala un problema e il parlante madrelingua risponde in maniera collaborativa, fornendo la corretta pronuncia. In 2 davanti al problema di un vuoto semantico, il discente usa una parola semanticamente contigua (shirt), non fa il tentativo di parafrasare, segnala la sua difficoltà e alla fine passa alla L1. Il parlante madrelingua semplicemente conferma l’esplicito problema di formulazione del discente. Nell’esempio 3 il discente sembra cercare assistenza poiché interrompe il contatto visivo e distoglie lo sguardo dall’interlocutore prima di usare una parafrasi come strategia comunicativa (efficace). In 4 il discente conduce una sorta di ristrutturazione, passando dalla forma verbale sconosciuta al sostantivo che gli è più familiare e poi chiede conferma. Il parlante madrelingua risponde confermando e fornendo la forma mancante. Nell’esempio 5 il discente sembra essere alle prese con la creazione di una voce lessicale nella L2 (dur + ance per duration), il che determina le pause che precedono e seguono la parola. In 6 il discente ricorre a dei prestiti nella sua L1, e poi fa uso della esemplificazione e della descrizione. Da questi esempi dovrebbe essere chiaro agli studenti che le strategie meno efficaci sono proprio quelle basate sulla L1, mentre quelle più utili sono quelle basate sulla L2.

Un esempio da Haastrup e Phillipson (1983) è il seguente:

(7) NS: Why do you think they do that?L: mm they want a parcelhuset NS: uhuh what’s that?L: erm it’s a house (gesture indicates a plot of land) erm it’s not an

apartment NS: mmL: but it’s big house where just THEY live (gesture models a house)NS: oh I see a sort of totally detaches house (gesture, in shape of a

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house)

Nell’esempio 7 il cambio di codice del discente di fronte a un problema lessicale promuove una richiesta di chiarificazione dell’interlocutore madrelingua. Segue un uso congiunto della parafrasi accompagnata da una comunicazione non verbale.

Un interessante esempio in Tarone (1978) è il seguente:

(8) NS: Do you have a single word in Mandarin that describes this?L: No. Uh, yes, um, we, maybe we have one, ju, just like uh do

you know, um a, a poison there is, uh, no…NS: A drug? Opium?L: Yeah, smoking…NS: Opium.L: Op... NS: Opium.L: How do you spell? NS: O-P-I-U-M.L: O-P-I-U-M. Is a... NS: It’s a drug. L: Is a kind of plant? NS: Mmhm. It’s a poppy. L: Opium. NS: It’s a poppy plant that grows and the flower is very bright. L: Yes, yes, oh. NS: Opium.L: Oh. Yes, we, we have one called... Mandarin is ya pien yen.

(literally «opium pipe»)

Qui la funzione interazionale espressa dalle strategie comunicative appare ancora più chiaramente che nello scambio precedente. Gli interlocutori partecipano in eguale misura per risolvere il problema lessicale deI parlante straniero. Entrambi ricorrono a termini generali («poison», «drug», «plant»), circonlocuzioni e richieste di conferma del messaggio. I segnali di richiesta di aiuto (una pausa e un’esplicita domanda) del parlante straniero vengono raccolti dal parlante madrelingua che fornisce la parola o l’informazione necessaria. E interessante notare che a un certo punto, quando si ferma a scandire lettera per lettera la parola «opium» e poi la ripete più volte, il parlante straniero sembra avere spostato l’attenzione dalla comunicazione all’apprendimento.

Nelson (1989) utilizza una trascrizione di conversazioni costruite tra studenti con limitata competenza della lingua inglese e parlanti madrelingua americani per richiamare l’attenzione ai tipi di strategia cui si può ricorrere quando si determina un problema comunicativo. I primi due esempi si riferiscono a problemi di pronuncia, il terzo alla mancanza di un elemento lessicale, il quarto e il quinto alla incapacità di ricordare una parola e il passato del verbo «take».

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Esercizio 1. Strategie comunicative. Introduzione Una strategia è un metodo o una tecnica per fare qualcosa. Le

strategie comunicative sono tecniche per comunicare, specialmente quando la comunicazione è difficile, come per esempio nei caso della comunicazione in una lingua straniera.

Considerate questi esempi di strategie comunicative e guardate come funzionano. In ognuno degli esempi A è un Americano e B una persona che sta imparando l’Inglese come seconda lingua.

Exercise 1. Communication strategies: Introduction A strategy is a method or technique for doing something.

Communication strategies are techniques for communicating, especially when communication is difficult, as it is in a foreign language.

Consider these examp1es of communication strategies at work. In each of them A is an American and B is a person who is learning English as a second language.

Example 1 (In B’s pronunciation, sell and sail sound the same. We will represent both as s---l..) B: My uncle is going to s---l his boat this weekend. A: Oh, has he a sailboat? B: Yes. A: Are you going with him this weekend? B: Uh – no, he’s going to s---1 the boat. A: Yeah, I understand. Are you going sailing with him? B: No, Im sorry. S---I, not s---1. Someone is going to buy his boat.A: Oh, he’s selling the boat! I got it!

Example 2 (In B’s speech slept and slipped sound the same. We will represent both as sl----.) B: I sl---- on the floor last night. A: Oh, did you hurt yourself? B: Well, uh... not really. It wasn’t very comfortable, I guess. A: Why was the floor slippery? B: Oh, no... I don’t think you understand. I sl---- on the floor! A: You felI, right? B: No, I sl---- on the floor. I don’t have any furniture yet, no bed

or anything. A: Oh! You slept on the floor! I understand now!

Example 3 (B doesn’t know the word frisbee.)A: Do you have frisbees in your country?B: Fris...? I don’t think I know the word. A: Frisbee. You throw it, it’s like a plate, made of plastic. People

play catch with it on the beach sometimes. B: Oh, yes, we have them! What’s the word again?

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A: Frisbee. B: Frisbee. Yes, we have frisbees.

Example 4 (B doesn’t remember the word pet.) A: There aren’t many kids in my neighbourhood, so my daughter

doesn’t have anyone to play with. B: Maybe she needs a, a, a ... A: A pen pal? B: No, a, a, a dog or a cat to play with, some kind of animal? A: Yeah, well, that’s good idea, but our apartment building doesn’t

allow pets.

Example 5 (B cannot recall the past tense of take.) A: Where did you park your car? B: No, I didn’t drive. I don’t have a car ... A: You walked? B: No, I, I, I ... bus. A: Oh, yeah. I took the bus too.

In un altro esempio in Nelson (1989), gli studenti si esercitano con l’uso di sinonimi, iponimi, esemplificazioni, definizioni, descrizioni, ecc.

Esercizio 2. Strategie comunicative. Fornire ulteriori informazioni. Fate come nell’esempio.

Exercise 2. Communication strategies: Giving more information.Follow the example. A: What’s your favourite colour? B: (pretending not to understand the part in italics) I’m sorry. 1

don’t quite understand. My favourite what? A: What’s your favourite colour – blue? red? green? (A uses the

strategy of giving more information – here, in the form of examples of colours, or possible answers to the question.)

1. What sport do you like best? 2. Do you have a pet? 3. Do you have any hobbies? 4. What’s your favourite time of year? 5. How’s the weather in Washington at this time of year? 6. What subject did you like best when you were in high schooI? 7. Have you ever been to any cities in the eastern US? 8. What kind of transportation do you use to go to school? 9. What is your favourite month? 10. Have you visited any European countries? 11. Do you play any musical instruments? 12. Where can I buy jewelry? 13. Do you want your son to go to college?

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14. What time of day do you like best for working? 15. What do you think is the safest way lo travel? 16. Where can I buy dishes? 17. Is the governor of your state very ambitious? 18. Have you ever seen a swan? 19. Do you have a coin in your pocket? 20. Do you have anything to read? 21. What other states have you visited? 22. Do you eat meat? 23. What kind of movies do you like? 24. Where can I buy sports equipment? 25. Do you like fruit? 26. Have you ever worked for a big company? 27. Who is your favourite singer? 28. Which region of the US is the best place for raising a family? 29. Do your students know any irregular verbs? 30. Have you ever read a book about Amerìcan presidents? 31. What textbook do you use for your classes in Japan? 32. Who is your favourite actress?

Un ultimo esempio da Ellis e Sinclair (1989) descrive un’attività di ascolto in cui agli studenti viene chiesto di individuare le strategie comunicative usate dai conversatori quando non riescono a trovare la parola esatta per un oggetto, e valutare il buon esito della strategia sulla base della facilità con cui gli studenti indovinano di quale oggetto si parla:

Cosa puoi fare quando non conosci una parola?

Ascolta tre persone che, in un negozio, descrivono un oggetto che intendono comprare ma di cui non conoscono il nome. Riesci a indovinare di che oggetto si tratta?

In una situazione come quella descritta ci sono svariate strategie che puoi usare se non conosci una parola. Sai quali? Guarda la tavola che segue per vedere alcuni esempi.

Strategie Parlante 1 Parlante 2 Parlante 3usare una parola straniera

descrivere la funzione dell’oggetto

descrivere 1’aspetto dell’oggetto e indicare il materialeusare una parola con significato simile

inventare una nuova parola o espressione

usare termini sostitutivi del tipo «thing»

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usare termini sostitutivi del tipo «thingy»

altro

Ascolta un’altra volta le persone della cassetta e segna le strategie che vengono usate e che riesci a riconoscere.

Quale strategia o combinazione di strategie è secondo te la più efficace e perché?

Hai in mente qualche altra strategia che può essere efficace? Aggiungila all’elenco.

Una soluzione per tutti gli insegnanti è quella di assegnare a coppie di studenti compiti comunicativi contenenti un elemento difficile; le attività vanno svolte davanti alla classe, che deve individuare e discutere l’efficacia delle varie strategie impiegate e, laddove possibile, suggerirne di alternative. Una variante può essere rappresentata da una registrazione audio o video dell’attività in modo che anche coloro che prendono parte all’attività possono essere essi stessi osservatori e giudici. Nei casi in cui entrano in gioco le strategie non verbali, le differenze culturali possono giustificare l’uso del video per rappresentare l’interazione tra parlanti madrelingua. Si potrà allora chiedere agli studenti di fare un paragone tra la quantità e il tipo di segnali paralinguistici che vedono nel video e quello che succederebbe in una situazione simile nel loro paese. (Per una rassegna di alcune modalità per sviluppare le strategie comunicative nella classe relativamente alla funzione interazionale del parlato, cfr. Piazza, 1992).

7.2. Implicazioni derivate da una descrizione dei processi

Bialystok e altri ricercatori sostengono che le strategie comunicative non possano essere insegnate direttamente partendo da una tassonomia, ma che ci sia bisogno di lavorare indirettamente con un addestramento sulle sottoabilità collegate con l’elaborazione dei dati linguistici. Come si è già detto, la dicotomia di Kellerman è basata su quelli che sono ritenuti i due processi di fondo in cui dei discenti si trovano impegnati nel risolvere la tensione tra intenzione o messaggio ed espressione o forma. Uno dei due processi è l’esame e la manipolazione del concetto che si intende comunicare, mentre l’altro implica un esame e una manipolazione della forma che si sceglie per il messaggio. L’esito positivo del primo processo dipende da quanto il concetto sia rappresentato come conoscenza analizzata. Per quel che riguarda il lessico, ciò include una conoscenza dei tratti distintivi delle parole e della loro funzione grammaticale e la comprensione delle esplicite relazioni che le legano, per esempio termine generale/iponimo, sinonimi, antonimi, collocazione, ecc. Per quanto riguarda la morfosintassi, ciò significa una conoscenza delle regole e

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delle strutture intese come principio organizzativo di una lingua. Codificare le conoscenze in modo tale da renderle accessibili significa codificarle gerarchicamente. La consapevolezza metalinguistica è importante perché se si vuole migliorare la propria conoscenza di una lingua bisogna sottoporre il sistema di conoscenze a una continua ristrutturazione basata sulla rianalisi e sulla riorganizzazione.

Il buon esito del secondo processo dipende dal controllo della elaborazione linguistica che ha il parlante. Il meccanismo primario di controllo dell’elaborazione è l’attenzione selettiva che si concentra sull’informazione più rilevante e utile, ignorando o sopprimendo ogni altra informazione, in sintonia coi diversi usi della lingua. Informazioni rilevanti per una elaborazione sono tutte le forme di espressione, sia linguistiche sia non linguistiche. Qualunque decisione relativa al canale dell’espressione, per esempio, la decisione di usare un sistema di rappresentazione diverso dalla L2 è una funzione di controllo. Possedere una procedura esecutiva per mettere in uso le proprie conoscenze al momento opportuno e nel giusto rapporto con le richieste delle altre risorse cui è necessario ricorrere per rispondere al compito equivale a controllare Il processo di elaborazione. A questo punto è importante la consapevolezza metalinguistica, perché i discenti possano riflettere sul processo di apprendimento e sulla applicazione delle strategie (cfr. Wenden, 1986).

L’idea di fondo dell’approccio di descrizione del processo è quella di migliorare le abilità di elaborazione responsabili per l’uso efficace delle strategie comunicative. Nella nostra ampia interpretazione delle implicazioni insite nelle categorie tassonomiche delle strategie comunicative per l’insegnamento e l’apprendimento siamo andati ben oltre le singole tecniche indicate nelle varie categorie. Abbiamo osservato le reti semantiche, considerato l’importanza delle informazioni non linguistiche, 1’attenzione alla struttura comunicativa, la discussione e la valutazione delle strategie dei discenti la comunicazione non verbale (che si può accompagnare o che può sostituire la comunicazione verbale), la necessità di mettere in pratica le strategie in situazioni realmente comunicative ecc. Abbiamo notato considerevoli sovrapposizioni tra le strategie di apprendimento e le strategie comunicative e abbiamo visto come le une possono contribuire a sviluppare le altre (cfr. Wenden e Rubin, 1987, per ulteriori informazioni sulle strategie di apprendimento). Oltre a tutto questo, una descrizione del processo in base al quale si attivano le strategie comunicative può suggerire altre applicazioni nel campo dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Come si è detto, le sottoabilità di analisi, relative al primo processo di fondo, sono legate alla conoscenza del vocabolario, della grammatica e dell’uso di una lingua. Ciò giustifica che si lavori esplicitamente sul modo in cui le informazioni linguistiche vengono analizzate dai discenti, per esempio, chiedendogli di valutare (e correggere) l’accettabilità grammaticale delle frasi (compreso l’uso appropriato del lessico). Sorace (1985) sottolinea che le conoscenze metalinguistiche ottenute in questo modo sono a disposizione dei discenti e possono essere utilizzate nelle strategie comunicative, il che

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incoraggia le strategie di espansione delle risorse, rende inutili le strategie di riduzione,e elimina quelle strategie basate sulla L1 che sono meno efficaci.

Per quanto riguarda l’altro processo di fondo si possono sviluppare le sottoabilità di controllo dell’elaborazione con la pratica nelle quattro abilità di base. Per esempio, per migliorare l’abilità dei discenti ad ascoltare o a leggere selettivamente può essere utile addestrarli nelle sottoabilità come prendere appunti, che richiede un’attenzione agli aspetti più rilevanti di un messaggio. Comunque è stato dimostrato che 1’addestramento che si basa su soluzioni generali piuttosto che concentrarsi su isolate tecniche specifiche è il più efficace per l’apprendimento della L1 e della L2. In uno studio di O’Malley et al. (1985a e 1985b) studenti di inglese come L2 nel gruppo di sperimentazione cui erano state date istruzioni nel prendere appunti – una strategia cognitiva – e nel focalizzare 1’attenzione in modo selettivo – una strategia metacognitiva –ottennero dei risultati molto migliori non solo del gruppo di controllo che non aveva ricevuto alcun addestramento speciale in questo ambito, ma anche meglio di un secondo gruppo sperimentale che era stato addestrato esclusivamente nel prendere appunti.

Ciò suggerisce che, oltre ad esercitarsi con le strategie di apprendimento direttamente collegate a singoli e specifici attività (per esempio, il raggruppare elementi linguistici che vanno appresi, indovinare o trarre delle inferenze induttivamente, usare la deduzione, prendere appunti, sollecitare chiarimento o verifica ecc.), chi apprende dovrebbe anche ricevere istruzioni nell’ambito delle strategie metacognitive (per esempio, attenzione selettiva, autogestione, automonitoraggio e autoverifica). Per dar modo a chi apprende di operare ad un livello più elevato, si dovrebbe sempre fargli sapere perché sta lavorando su qualche cosa in modo particolare e in che modo si ritiene che quel lavoro sia produttivo. Rubin (1981) classifica le strategie di apprendimento come processi che contribuiscono direttamente all’apprendimento e le strategie comunicative e la creazione di occasioni di pratica come processi che contribuiscono indirettamente all’apprendimento. Non siamo dunque andati troppo oltre includendo tanto nell’applicazione dell’approccio di descrizione del processo all’insegnamento delle strategie comunicative? Bialystok (1990, p. 146), una dei maggior sostenitori di questo approccio, dice:

Quello che è necessario per l’analisi del sistema linguistico è la conoscenza. Informazione strutturale sulla lingua, comprese le regole di grammatica, le norme d’uso, il vocabolario e il resto, contribuisce all’analisi che chi apprende può condurre sul sistema della lingua. Più ampia è l’analisi, maggiori saranno le probabilità che, usando delle strategie comunicative basate sull’analisi, colui che apprende formuli ipotesi ragionevoli relativamente a come dei concetti possono essere espressi nella lingua di arrivo. Quello che serve al controllo dell’elaborazione è la pratica. L’esperienza nel parlare, ascoltare, leggere, scrivere contribuisce allo sviluppo di efficaci procedure per individuare e accedere alle informazioni pertinenti, sia linguistiche sia non linguistiche, nel discente, procedure che diventano assolutamente essenziali alla comunicazione quando la competenza nella lingua di

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arrivo è limitata. Lo sviluppo di queste componenti, si sostiene, porterà ad un uso efficace delle strategie comunicative.

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