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Il Santuario della SS. Annunziata e la sua piaz- za, stando anche alle tante cronache e ai ricor- di di archivio, furono spesso protagonisti di li- turgie e di devozioni cattoliche, nonché di eventi di natura laica, non propriamente “sacri”, ma meritevoli di essere ricordati. In particolare, un avvenimento del 1952, ri- guardante il Maggio Musicale Fiorentino e le feste patronali, viene segnalato dal padre cro- nista in una pagina del suo speciale libro. Di se- guito alla memoria il religioso incollò un artico- lo stampato che è interessante da trascrivere. Va da sé – è questa una premessina di natu- ra “sociale” – che la vita civile allora era tutt’al- tra cosa rispetto a quella di oggi e pure poco politically correct. Non c’era spazio sui giorna- li o altrove in tale campo per le discussioni da “Terzo Millennio”. Gli italiani dell’epoca infatti non avevano né il tempo né la voglia di farle per- ché si portavano addosso il pesantissimo far- dello del fascismo, della guerra e delle conse- guenti miseria e distruzioni. Parlando con i nu- meri, nella Penisola vivevano grossomodo 48 milioni di persone, di cui 23,3 milioni uomini e 24,7 donne, con circa il 13 per cento di analfa- beti e quasi una metà di forza lavoro impiegata miseramente nell’agricoltura. Per la maggior parte di loro negli anni ‘50 la rinascita materia- le e spirituale era quindi ancora lontana. Tuttavia – e si vede bene nell’interessante articolo incollato sul libro delle Cronache – nel 1952 le aspettative dal punto di vista sociale ini- ziavano a invertire la tendenza e a mettersi sul positivo sia perché lo stato aveva promosso quello “slancio interventista che avrebbe per- messo al Paese di correre rapidamente verso il «miracolo economico»” (così la Treccani) e sia perché, con il trattato di Parigi, era stata istitu- ita la Comunità europea del Carbone e dell’Ac- ciaio (18 aprile 1951, CECA) ed era diventata ni- tida la visione di una Europa non più in guerra, ma unita e prospera. Gli italiani e i fiorentini del 1952 quindi pote- vano coltivare la flebile speranza di lasciarsi alle spalle le sofferenze patite e di aspettarsi qual- cosa di migliore – non molto: ci vuol poco a im- maginare una casa dignitosa, la cura delle ma- lattie croniche, l’istruzione per i figli ... E così, di certo, pensò quella povera e umile gente – le “donnette e operai” dell’articolo –, che parteci- pò e sentì alla sua portata lo “Stabat Mater” di Rossini eseguito da artisti di gran fama, gratui- tamente e con successo, proprio il 29 giugno 1952 in piazza della SS. Annunziata. Né le clas- si privilegiate, rappresentate dalle varie Tebal- di e dai La Pira presenti, rifiutarono d’incon- trare i sommessi ammiratori, e neppure, sem- pre secondo l’articolo, di farsi circondare da loro alla ricerca di una firma che era come un’ap- provazione. Il vento della storia allora spirava in questa direzione. Così scrive il cronista del convento: 1952. “Festa dei Santi Pietro e Paolo. Per il convento della SS. Annunziata il 29 giugno ri- marrà una data memoranda per un ecceziona- le avvenimento. Per rendere più solenne il 7° centenario della SS. Annunziata si è voluto ese- guire lo “Stabat Mater” del Rossini nella Piazza della SS. Annunziata. Il Comitato per i festeg- Un Maggio di 68 anni fa in piazza dell’Annunziata

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Il Santuario della SS. Annunziata e la sua piaz-za, stando anche alle tante cronache e ai ricor-di di archivio, furono spesso protagonisti di li-turgie e di devozioni cattoliche, nonché di eventidi natura laica, non propriamente “sacri”, mameritevoli di essere ricordati.

In particolare, un avvenimento del 1952, ri-guardante il Maggio Musicale Fiorentino e lefeste patronali, viene segnalato dal padre cro-nista in una pagina del suo speciale libro. Di se-guito alla memoria il religioso incollò un artico-lo stampato che è interessante da trascrivere.

Va da sé – è questa una premessina di natu-ra “sociale” – che la vita civile allora era tutt’al-tra cosa rispetto a quella di oggi e pure pocopolitically correct. Non c’era spazio sui giorna-li o altrove in tale campo per le discussioni da“Terzo Millennio”. Gli italiani dell’epoca infattinon avevano né il tempo né la voglia di farle per-ché si portavano addosso il pesantissimo far-dello del fascismo, della guerra e delle conse-guenti miseria e distruzioni. Parlando con i nu-meri, nella Penisola vivevano grossomodo 48milioni di persone, di cui 23,3 milioni uomini e24,7 donne, con circa il 13 per cento di analfa-beti e quasi una metà di forza lavoro impiegatamiseramente nell’agricoltura. Per la maggiorparte di loro negli anni ‘50 la rinascita materia-le e spirituale era quindi ancora lontana.

Tuttavia – e si vede bene nell’interessantearticolo incollato sul libro delle Cronache – nel1952 le aspettative dal punto di vista sociale ini-ziavano a invertire la tendenza e a mettersi sulpositivo sia perché lo stato aveva promossoquello “slancio interventista che avrebbe per-messo al Paese di correre rapidamente verso il

«miracolo economico»” (così la Treccani) e siaperché, con il trattato di Parigi, era stata istitu-ita la Comunità europea del Carbone e dell’Ac-ciaio (18 aprile 1951, CECA) ed era diventata ni-tida la visione di una Europa non più in guerra,ma unita e prospera.

Gli italiani e i fiorentini del 1952 quindi pote-vano coltivare la flebile speranza di lasciarsi allespalle le sofferenze patite e di aspettarsi qual-cosa di migliore – non molto: ci vuol poco a im-maginare una casa dignitosa, la cura delle ma-lattie croniche, l’istruzione per i figli ... E così,di certo, pensò quella povera e umile gente – le“donnette e operai” dell’articolo –, che parteci-pò e sentì alla sua portata lo “Stabat Mater” diRossini eseguito da artisti di gran fama, gratui-tamente e con successo, proprio il 29 giugno1952 in piazza della SS. Annunziata. Né le clas-si privilegiate, rappresentate dalle varie Tebal-di e dai La Pira presenti, rifiutarono d’incon-trare i sommessi ammiratori, e neppure, sem-pre secondo l’articolo, di farsi circondare da loroalla ricerca di una firma che era come un’ap-provazione.

Il vento della storia allora spirava in questadirezione.

Così scrive il cronista del convento:

1952. “Festa dei Santi Pietro e Paolo. Per ilconvento della SS. Annunziata il 29 giugno ri-marrà una data memoranda per un ecceziona-le avvenimento. Per rendere più solenne il 7°centenario della SS. Annunziata si è voluto ese-guire lo “Stabat Mater” del Rossini nella Piazzadella SS. Annunziata. Il Comitato per i festeg-

Un Maggio di 68 anni fain piazza dell’Annunziata

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giamenti è riuscito a mettersi d’accordo col sin-daco di Firenze on. La Pira e i dirigenti del Co-munale Fiorentino per la esecuzione dello “Sta-bat Mater” a conclusione del XV Maggio (Fioren-tino) musicale. La piazza era letteralmente pie-na. In ogni persona la perfetta esecuzione del-l’opera rossiniana ha prodotto un’ottima impres-sione. Riportiamo qui sotto a titolo di cronaca icommenti della stampa”.

Segue il ritaglio di giornale [non appare la te-stata] con l’articolo a firma di Leonardo Pinzau-ti, critico musicale fiorentino (1926-2015).

“CITTÀ STRANA, FIRENZESENZA PAGARE IL BIGLIETTO

I FIORENTINI HANNOCHIUSO IL “MAGGIO”

[...] Chi è stato sulla terrazza della Loggia deiLanzi e ha visto la mole di Palazzo Vecchio daquella mezza altezza che rende ancor più mae-stosa la mole della Torre d’Arnolfo; chi ha vistoquella torre illuminarsi di mille e mille fiammel-le, mentre sulla piazza si scontravano le vario-pinte squadre del giuoco del calcio in costume;chi ha assistito ad uno spettacolo del “Maggio”in Boboli, o al concerto di ieri sera in Piazza dellaSantissima Annunziata, è costretto a dire che Fi-renze è, per lo meno, una città privilegiata: nontanto una città festaiola (questo lo dicono certi“liberali” che hanno il gusto delle sottili e talvol-ta neanche molto garbate distinzioni di “sacro” edi “profano”), ma una città che anche nelle festeha un gusto particolare: quello stesso gusto chefa sì che proprio a chiusura del “Maggio” il pub-blico sia ammesso – senza biglietti d’ingresso –ad assistere, in una delle più belle piazze delmondo, ad un concerto di particolare importan-za culturale ed artistica.

La prova generaleL’altra sera in Piazza della SS. Annunziata, ci

fu la prova generale dello “Stabat Mater” di Ros-sini; la piazza per l’occasione, era stata chiusa alpubblico. Ma si sa come succede in simili casi:c’è chi deve andare a far visita ad un amico cheabita per l’appunto sulla piazza, c’è chi ha la casanell’ultimo tratto di via dei Servi; fatto sia chealla prova generale, intorno agli steccati che re-cingevano il palco dell’orchestra e del coro, s’era

ammassata una discreta folla di persone. Forsequella dell’altra sera fu la prima prova generalefatta alla presenza di un pubblico non di critici odi “abitué”: e deve aver reso contente molte per-sone, non foss’altro quelli che – dopo aver senti-to cantare tante volte la Tebaldi, o Tajo, o GianniPoggi – ma sempre in costume – li vedevano ve-stiti “da borghesi”, potevano misurarne la statu-ra vera, e il modo naturale di comportarsi men-tre negli intervalli della prova scambiavano quat-tro chiacchiere con gli orchestrali e coi coristi,anche questi non in frak, ma in maniche di cami-cia, come anche lo stesso direttore d’orchestra.

Ragazzi sotto i loggiatiC’è da immaginarsi che, specialmente le don-

ne, una volta tornate a casa, abbiano raccontatoper filo e per segno che la Tebaldi aveva un belgiaccone rosso, e i sandali di pelle bianca, e chesembrava anche più alta che sulla scena; e che laMerriman (o meglio “la cantante americana” ave-va un vestito celeste, e che Tajo portava la cra-vatta a fiocco, e che il tenore Poggi era vestitocon molta cura. Ma tutti si saranno ricordati an-che di altre cose meno “mondane” e più profon-de.

Destava veramente una suggestione partico-larissima, l’altra sera, sentire echeggiare nellapiazza della Santissima Annunziata le voci di il-lustri cantanti, e il timbrato discorrere degli stru-menti dell’orchestra; ogni tanto quando il mae-stro Votto si fermava per fare un’osservazione,si sentiva il grido di due o tre ragazzini che si rin-correvano sotto i loggiati, e, in lontananza, il ru-more smorzato di una motocicletta: ma sembra-vano essere tutti questi elementi extra musicali,quasi il simbolo e l’annuncio di un fatto che ave-va un suo profondo significato sociale. S’è vistoieri sera, quando in una piazza gremita fino al-l’inverosimile, la gente che non stava seduta suuna comoda poltrona, ma, i più fortunati, sol-tanto sui gradini dei famosi loggiati del Brunel-leschi, ha fatto silenzio, e la Tebaldi, la Merri-man, Poggi, Tajo, un’orchestra e un coro famosiper il nome che portano del “Maggio”, hanno can-tato e suonato per tutti, come per esprimere unanuova fiducia.

A questa rara manifestazione erano interve-nute, insieme alla folla anonima, le più alte au-torità cittadine il Prefetto, il Sindaco, il Questo-re, numerosi assessori: ma era proprio la folla

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anonima, ieri sera, quella che ha stabilito il dia-logo, che ha fatto sentire la sua realtà non arte-fatta, in un’atmosfera di festa che aveva quasi lospirito di tutta la città.

Finivano ieri sera i festeggiamenti patronali (eil Cupolone era illuminato da migliaia di lampa-dine), si concludeva il “Maggio”, e da Firenze par-tiva con lo “Stabat Mater” di Rossini il ringrazia-mento e l’omaggio della città americana di Min-neapolis; ma la scelta della piazza della SS. An-nunziata ricordava a tutti i fiorentini, ai nu-merosissimi stranieri, la realtà di un fatto spiri-tuale, e aveva un senso profondo, che forse piùdi tutti hanno avvertito – durante il concerto –gli umili: quelli che, senza cavilli, sentono, incon-sapevolmente forte, l’unità grande di ogni verafesta dello spirito.

Feste a La PiraIl “Maggio”, dunque, si è concluso come non

mai, in questa atmosfera strana e gioiosa; nonera un pubblico di raffinati, e gli applausi scro-sciavano – contrariamente all’”etichetta” – allafine di ogni pezzo “chiuso” dello “Stabat”. Maquesto non deve aver dato noia a nessuno, e gliartisti stessi debbono aver sentito forse, anchepiù fortemente del solito, l’impegno di comuni-care e di commuovere. Alla fine del concerto,mentre la Piazza stentava sfollarsi, si sono vistetante persone attorniare il sindaco on. La Pira (e

molte erano anche donnette, operai), e parlarecon lui per il gusto di esternare la loro conten-tezza; e tanti altri si sono messi in circolo, intor-no agli artisti, per chiedere autografi. Soprattut-to la Tebaldi ha dovuto subire un lungo assedio;ma ha firmato tante e tante volte i frontespizi deiprogrammi, i manifestini, senza dar segni di im-pazienza. Sorridendo, talvolta, quando sentivadietro le spalle qualche donnetta che sussurra-va all’amica: “Come è alta, come è bellina. Chebella soddisfazione deve essere cantare in quel-la maniera!”

Quando gli operai del Comune hanno comin-ciato a smontare i palchi, c’era ancora in piazzadella Santissima Annunziata qualcuno che par-lava di tutte le cose, che da qualche tempo sonoaccadute in questa strana Firenze”.

Leonardo Pinzauti

Il 29 giugno 1952 lo “Stabat Mater” di Rossini fueseguito in piazza della SS. Annunziata sotto la dire-zione del maestro Antonio Votto, e la partecipazionedel soprano Renata Tebaldi, del mezzosoprano NamMerriman, del tenore Gianni Poggi, del basso ItaloTajo e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino, di-retto dal maestro Andrea Morosini.

Paola Ircani Menichini, 23 maggio 2020.Tutti i diritti riservati.