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Un mondo senza api?

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Gli insetti impollinatori, mentre volano di fiore in fiore alla ricerca del cibo (ovvero il nettare), trasportano il polline da una pianta all’altra, rendendo possibile la riproduzione

di gran parte delle specie (selvatiche e coltivate) e operando involontariamente un continuo rimescolamento dei geni delle piante (cross pollination). Gran parte della biodiversità vegetale vive grazie a loro.

Gli insetti impollinatori comprendono alcuni coleotteri, farfalle e mosche (sirfidi). Ma sono soprattutto le api ad avere una relazione indissolubile con i fiori.

Nella sola Europa, sopravvivono grazie alle api 4000 diverse specie selvatiche e più dell’80% delle 264 specie coltivate. Le api contribuiscono in modo determinante alla produzione di frutta e vegetali, alla vita di pascoli e boschi, all’alimentazione degli esseri umani e degli animali domestici e selvatici.

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Non esiste un solo tipo di api, ma un universo variegato e complesso fatto di famiglie, sottofamiglie, migliaia di specie e tante razze, alcune più docili e produttive (come l’ape ligustica, la più diffusa al mondo), altre più aggressive e rustiche (come le api nere africane), legate a territori particolari e capaci di adattarsi a condizioni difficili e climi aridi.E non è vero che tutte le api sono gialle e nere. La livrea che normalmente associamo all’ape è in realtà tipica dell’ape ligustica, la più diffusa in Europa, ma esistono api scure, grigie o anche nerissime.

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Le quattro specie più importanti del genere Apis sono:Apis mellifera o mellifica: ape europea, la specie più diffusa nel mondo, l’unica conosciuta in Europa. È la più operosa e produttiva.

Apis cerana: ape asiatica o orientale, diffusa prevalentemente in Asia.

Apis dorsata: ape gigante, diffusa in Asia meridionale e sud-est asiatico. È molto aggressiva e non viene allevata.

Apis florea: ape nana, diffusa in Asia meridionale e sud-est asiatico.

Soltanto le prime due (mellifera e cerana) possono essere allevate e, quindi, sono legate all’apicoltura.

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Fuco Regina Operaia

1° giorno

4° giorno

6° giorno

8° giorno

20° giorno

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A-Ligula

B- Antenne

C- 3 occhi semplici

D- Ghiandola della gelatina reale

E - Ali

F- Pungiglione

G- Ghiandola della cera

H– Spazzole raccolta polline

I – Uncino per pulire le antenne

L – Apparato Boccale (mandibole)

A

B

C

H

IL

G

F

D

ECom’è fatta un’ape

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La specie apis mellifera comprende numerose razze. Ecco le principali: Ape ligustica (Apis mellifera ligustica), originaria dell’Italia, è la sottospecie più diffusa al mondo tra le api mellifere.

Ape carnica (Apis mellifera carnica), originaria dell’Europa occidentale, razza molto popolare tra gli agricoltori, compete con l’ape italiana.

Ape nera (Apis mellifera mellifera), diffusa nel Nord dell’Europa, molto rustica.

Ape caucasica (Apis mellifera caucasica), originaria del Caucaso, simile alla carnica.

Ape africana (Apis mellifera adansonii), originaria dell’Africa centro-occidentale, nera, rustica e piuttosto aggressiva.

Ape siciliana (Apis mellifera siciliana), come tutte le nere, è un’ape rustica, adatta anche a climi aridi e ad alte temperature. A differenza delle altre razze nere, è piuttosto docile. È presente in Sicilia.

Esistono poi le meliponidi, diffuse soprattutto in Sud America: si tratta di api minuscole e senza pungiglione, che non fanno parte del genere Apis. Producono, in piccolissime quantità, un miele liquido e molto aromatico, apprezzato soprattutto per le proprietà medicinali.

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Alcuni Presìdi di Slow Food sono nati proprio per tutelare razze di api a rischio di estinzione

Ape nera sicula - Italia L’ape nera sicula (Apis mellifera siciliana) ha l’addome scurissimo e una peluria giallastra e le ali sono più piccole. Ha popolato per millenni la Sicilia e poi è stata abbandonata negli anni ‘70, quando gli apicoltori siciliani sostituirono i bugni di legno di ferula (le casse a forma di parallelepipedo usate come arnie) e iniziarono a importare api ligustiche dal Nord Italia. L’ape sicula rischiò in quegli anni la totale estinzione, evitata grazie alle ricerche di un entomologo siciliano, Pietro Genduso, che la studiò per anni, dopo la classificazione avvenuta ad opera di Montagano nel 1911. Oggi è custodita da un piccolo gruppo di apicoltori siciliani.

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Ape nera svizzera L’ape nera svizzera (Apis mellifera mellifera), presente nel Paese fin dall’ultima era glaciale, è una razza antica che si è adattata perfettamente al clima e alla flora delle zone alpine e pedemontane. Fino a poche generazioni fa, era l’unica specie presente nell’Europa centrale, ma la sua crisi è iniziata a partire dall’800, a causa dell’introduzione in Svizzera di popolazioni diverse come la carnica (proveniente dall’Austria e dai Balcani) o la ligustica (proveniente dal Mediterraneo). Fin dall’inizio, tuttavia, la loro introduzione si è rivelata fallimentare, perché le razze e gli ibridi derivati hanno manifestato una strana aggressività oltre che uno scarso adattamento. Così il fenomeno dell’importazione di altre razze è calato progressivamente. Il tratto distintivo dell’ape nera svizzera è la colorazione scura nella parte posteriore del corpo, che aiuta l’insetto a scaldarsi quando i raggi solari sono ancora deboli. Al contrario di altre razze, vola nei periodi più freschi, anche a ridosso dell’inverno, resiste alle basse temperature e ha una maggiore capacità di volo: dalla mattina presto alla sera tardi, visita una grande varietà di fiori. La mitezza, che contraddistingue il suo comportamento è un altro parametro di purezza della razza.

Miele di ape nativa dei Sateré Mawé – Brasile Quando Anumaré Hit salì in cielo, trasformato in sole, invitò la sorella Uniawamoni a seguirlo. La donna tentennò, ma poi scelse di restare sulla terra sotto forma di ape per prendersi cura, con i Sateré-Mawé, delle foreste sacre del guaranà. Questo mito tramanda quel che gli antichi Mawé già sapevano e che oggi riscopriamo, cioè che le api selvatiche senza pungiglione (meliponidi) sono responsabili dell’impollinazione di almeno l’80% delle specie vegetali della foresta amazzonica. Senza di loro, la foresta scomparirebbe.

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La moria delle apiNel 2007 le api mellifere hanno cominciato a morire in massa.Negli Stati Uniti, in Europa, ma anche in Giappone, a Taiwan, in Brasile e in Africa. In Europa, le morie si sono attestate intorno al 20%, mentre negli Stati Uniti, nell’inverno del 2013/2014, hanno superato il 40%.

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Quali sono le cause?

Le monocolture industriali, che uccidono la biodiversità e sono coltivate con largo impiego di insetticidi, erbicidi e fungicidi.

In particolare, sono nocivi o letali gli insetticidi oggi più utilizzati al mondo su quasi tutte le colture: i neonicotinoidi, impiegati anche nella concia delle sementi. Nel 2013, l’Unione europea ha riconosciuto ufficialmente gli effetti nocivi di questi prodotti e li ha banditi parzialmente dal mercato per due anni, dal dicembre 2013 al dicembre 2015. Al termine di questo periodo valuterà la situazione e deciderà quali eventuali ulteriori misure adottare.

Diverse malattie e parassiti, che indeboliscono e spesso uccidono le api.

Il cambiamento climatico, che modifica il periodo delle fioriture, disorientando le colonie di api.

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Le conseguenze dell’uso di pesticidiL’uomo, con le sue pratiche agronomiche ad alto impatto ambientale e l’uso diffuso di pesticidi, rappresenta la principale minaccia per la sopravvivenza degli impollinatori e per l’equilibro degli ecosistemi.

L’introduzione dei pesticidi ha messo in crisi l’equilibrio tra agricoltura e sopravvivenza delle api in vari modi:

• danni alle specie non target: i pesticidi ad ampio spettro non agiscono solo su parassiti dannosi, ma colpiscono numerosi insetti utili e altre specie non-target (farfalle, uccelli, anfibi, api, ecc.);

• bioaccumulo negli ecosistemi: i pesticidi possono essere accumulati nell’acqua, nell’aria, nel suolo o attraverso la catena alimentare;

• persistenza: i residui dei pesticidi si rilevano nell’ambiente e nella catena alimentare anche molti anni dopo essere stati utilizzati;

• tossicità elevata: dosi anche minime di pesticidi hanno effetti negativi sugli organismi e l’esposizione a queste sostanze, anche quando non causa in modo diretto la morte delle api, può avere effetti sul loro comportamento (ad esempio incapacità di sentire gli odori, di orientarsi e ritrovare l’alveare) altrettanto letali.

• sistemicità: i pesticidi sono assorbiti dalle foglie o dalle radici e si diffondono anche agli altri organi delle piante. In questo modo si trasferiscono alle forme viventi che di quelle piante si nutrono. Residui di pesticidi possono essere rinvenuti nel polline, nel nettare, nella melata e nelle secrezioni vegetali, tutti elementi di cui le api si nutrono.

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Slow Food - insieme a Unaapi, Conapi e European Beekeeping Coordination - sta portando avanti una campagna per salvare le api, valorizzare il miele di qualità e bandire i pesticidi killer.

Scopri come aderire e cosa puoi fare tu!www. slowfood.com/sloweurope.it

Illustrazioni Diego Pagani Stampato su carta riciclata, rilegato a mano.