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UN NUOVO PATTO COI MEDICI DI FAMIGLIA Diabete infantile. Aumentano i casi dovuti a sovrappeso e cattiva alimentazione. Un bambino su 200 in Veneto è in condizione di notevole rischio ALL’INTERNO GENNAIO / FEBBRAIO 2014 - NUMERO 7 è V E N E Z I A I N S A L U T E

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UN NUOVO PATTO COI MEDICI DI FAMIGLIA

Diabete infantile. Aumentano i casi dovuti a sovrappeso e cattiva alimentazione. Un bambino

su 200 in Veneto è in condizione di notevole rischio

ALL’INTERNO

GENNAIO / FEBBRAIO 2014 - NUMERO 7

èèV E N E Z I A I N S A L U T E

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sommarioP R I M O P I A N O

g Malattie professionali e correlate al lavoro. Percorsi di prevenzione, individuazione e sorveglianza.Di Maria Nicoletta Ballarin, referente scientifico del progetto regionale “Miglioramento di sorveglianza delle malattie professionali e correlate al lavoro”e medico SPISAL Ulss 12

F O C U S U L S S 1 2 / S E R V I Z I I N N O V A T I V I

g La Centrale Operativa Territoriale. Infermieri attivi per favorire la “dimissione protetta”dei pazienti.A cura di Claudio Beltrame, Direttore dei Servizi Sociali e della funzione territoriale Ulss 12 e di Luigino Schiavon, Project Manager Centrale Operativa Territoriale Ulss 12

S P E C I A L E / M E D I C I N A G E N E R A L E

g La proposta: “Un manifesto della medicina del territorio con operatori sanitari,Ulss 12 e Comune di Venezia”.Intervista a Giulio Bergamasco, medico di medicina generale al Lido

g L'obiettivo: “Meno burocrazia per realizzare al meglio il proprio compito in sinergia con gli altri operatori sociosanitari”.Intervista a Franco Fabbro, medico di medicina generale a Marghera

g Lo strumento: “Una comunicazione ed uno scambio di dati costanti tra i professionisti della salute”.Colloquio con Cristina Biondi, Raffaella Michieli e Sandro Severi, medici di famiglia a Mestre

P U N T I D I V I S TA / C O N F R O N T O S U I S E R V I Z I S O C I O S A N I TA R I

g L'evoluzione della sanità veneziana. Quale presa in carico della persona tra ospedale e territorio?Di Piero Marchini, medico

O S S E R V A T O R I O / P E D I A T R I A

g Diabete infantile. Aumentano i casi dovuti anche a sovrappeso ed obesità. L'importanza della prevenzione e della diagnosi precoce.Intervista a Michela Chirico, pediatra all'ospedale dell'Angelo di Mestre

P R E V E N Z I O N E E S T I L I D I V I T A

g Dieta mediterranea. Ottimo regime alimentare anche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.Intervista a Claudia Agnoli, ricercatrice Unità di Epidemiologia e Prevenzione Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano

S P A Z I O A S S O C I A Z I O N I

g La Lega italiana Lotta ai Tumori (Lilt) di Venezia. Attività a sostegno delle donne operate al seno e per la diagnosi precoce dei tumori più frequenti

g L’A.V.A.P.O. Mestre. Nel 2013 assistiti più di 600 nuclei familiari e erogate quasi 20mila prestazioni di professionisti e volontari

g L’A.V.AP.O. Venezia. Un gruppo di 120 volontari dediti all'assistenza ai pazienti oncologici

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primo piano

Malattie professionali e correlate al lavoro.Percorsi di prevenzione,individuazione e sorveglianza

Medicina occupazionale

Il Progetto della Regione Veneto “Miglioramento del sistema disorveglianza delle malattie professionali e correlate al lavoro”,concluso nel 2013 offre una metodologia semplice basata sullaconcreta esperienza dello SPISAL dell’Azienda Ulss 12Veneziana per l’individuazione precoce delle malattie da lavorofin dalla loro insorgenza.L’esperienza, condotta con la collaborazione delle struttureospedaliere dell’Azienda Ulss 12 Veneziana, si è concretizzatanella pubblicazione di indirizzi operativi per l’emersione e laprevenzione delle malattie professionali. Gli sviluppi futuriprevedono la divulgazione del modello proposto a tutte leAziende Ulss della Regione.

Di Maria Nicoletta Ballarin,referente scientifico del progetto Miglioramento di sorveglianza delle malattie

professionali e correlate al lavoro inserito nel Piano Regionale per la Prevenzione del Veneto 2010-2012, medico del lavoro dello SPISAL Azienda Ulss 12

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IL PROBLEMA DELLA SOTTONOTIFICAMolti paesi europei (tra cui anche l’Italia) hannosistemi di registrazione di malattie professionali.La registrazione può avvenire tramite un sistemadi registrazione assicurativo pubblico, unaregistrazione con sistemi indipendenti (registri dimalattia) oppure con entrambi i sistemi (Italia,Francia e Inghilterra). Le malattie professionali chemaggiormente sfuggono all’osservazione degliaddetti ai lavori sono soprattutto le patologieneoplastiche, si tratta di un fenomeno che èregistrato nella maggioranza dei paesi europei,compresa l’Italia. La stessa cosa avviene ancheper le patologie dell’apparato muscolo-scheletrico.La difficoltà di ricostruire la causa delle malattie professionaliLe malattie professionali, a differenza degliinfortuni sul lavoro, hanno alla loro origine unacausa diluita nel tempo. Ciò comporta una difficilericostruzione delle esposizioni lavorative avvenutemolto tempo prima del manifestarsi della malattia,in particolare il tempo, la durata, le modalità dilavoro e l’intensità delle esposizioni a sostanzenocive. Un ulteriore problema per la correttavalutazione dell’eziologia professionale di unamalattia (cioè della sua causa) è il fatto che in molticasi più fattori di rischio sono presenti e siassociano all'esposizione lavorativa a sostanzatossica: abitudini voluttuarie, inquinamentoambientale, predisposizioni genetiche.

COSTI DELLE MALATTIE PROFESSIONALI E CORRELATE AL LAVOROL’86% delle morti sul lavoro è dovuto a malattiecorrelate al lavoroNell’ultimo rapporto dell'OrganizzazioneInternazionale del Lavoro per la GiornataMondiale della sicurezza e della salute sul lavoro(28 aprile 2013) è riportato che nel mondoavvengono ogni anno oltre 2 milioni di morti acausa dell'occupazione lavorativa: l’86% diqueste morti sono da attribuire alle malattiecorrelate al lavoro. Il costo in euro per l’Europa èstimato essere intorno ai 145 miliardi/anno.

ATTORI COINVOLTI NELLA GESTIONE DELLE MALATTIE PROFESSIONALIGli enti coinvolti in prima linea nella tutela dellemalattie professionali sono i servizi di prevenzionee sicurezza negli ambienti di lavoro (SPISAL),l’istituto nazionale per l'assicurazione contro gliinfortuni sul lavoro (INAIL) ed i patronati sindacali.Un ulteriore gran contributo è quello costituito dalmondo del lavoro con la sorveglianza sanitariaaziendale a cura del Medico Competente. LoSPISAL, riassumendo tutte le competenze inmateria, contribuisce alla nuova diagnosi dimalattie di origine lavorativa, alla valutazionedell’andamento del fenomeno nel territorio dicompetenza e alla prevenzione prescrivendo lacorrezione dei fattori di rischio presenti in azienda.L’INAIL è prioritariamente coinvolto nellacompensazione economica della malattiaprofessionale, oltre agli aspetti di riabilitazione ereinserimento lavorativo. I patronati sindacalioffrono assistenza ed informazione ai lavoratoriper il riconoscimento delle malattie professionali. Imedici competenti nelle aziende sono responsabilidella sorveglianza sanitaria dei lavoratori econoscitori dei fattori di rischio ed hanno un ruolofondamentale nella prevenzione. I medici dimedicina generale e gli specialisti ospedalieri, puravendo un ruolo strategico per la diagnosi e curadi tutte le malattie fin dal loro esordio, in generesono stati finora poco coinvolti.

STRUMENTI IN VIGORE PER LA SORVEGLIANZAEPIDEMIOLOGICA DELLE MALATTIEPROFESSIONALI A FINI DI PREVENZIONELa tutela delle malattie professionali si è evolutanel tempo con l’adozione di numerose norme chevincolano il medico a precisi obblighid’informazione dell’Autorità Amministrativa,Sanitaria o Giudiziaria.Obbligo di denuncia per la diagnosi di malattiaprofessionaleL’obbligo di denuncia al momento della diagnosi diuna nuova malattia professionale deriva dallaprincipale normativa sull’argomento il DPR 1124/65(Testo unico delle disposizioni per l'assicurazioneobbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e lemalattie professionali). L’obbligo di segnalazionecomporta la consapevolezza che esiste unacorrelazione tra la malattia appena diagnosticata euno o più fattori di rischio professionali.L’identificazione dovrebbe essere facilitata dalreperimento della malattia e dello specifico fattoredi rischio correlato in un elenco pubblicato con ilD.M. 14/01/2008 e successive modifiche (DM 11-12-2009). Tale elenco è costituito da 3 liste principali: -lista 1, malattie la cui origine lavorativa è dielevata probabilità-lista 2, malattia la cui origine lavorativa è dilimitata probabilità-lista 3, malattie la cui origine professionale èpossibile.

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Le malattie elencate soggette ad obbligo disegnalazione/denuncia ai sensi dell’art. 139 delDPR 1124/65 sono oltre 500 e questo rendepiuttosto complessa la sua consultazione.Le segnalazioni sono destinate alle ASL (SPISAL),al Registro Nazionale delle Malattie Professionali(INAIL) e alla Direzione Territoriale del Lavoro.Obiettivi sono l'attendibilità e la completezzadei dati epidemiologiciL'attività di denuncia dei medici ha precise finalitàpreventive e persegue il fine di rendere completae attendibile la raccolta dei dati epidemiologicioccorrenti per integrare, su basi obiettive e concelerità, l'elenco delle malattie professionali. Ciòconsente sia di approfondire le patologie la cuiorigine lavorativa è già nota, che intraprenderericerche su patologie ancora poco conosciute.A tale elenco si affianca quello delle malattieprofessionali tabellate aggiornate con il DM 9-4-2008 (85 per l’industria e 24 per l’agricoltura)per le quali l’assicurazione è obbligatoria e per lequali esiste la presunzione legale di origine.

ANALISI DEL CONTESTOIn aumento le patologie osteoarticolari e le patologie tumoraliL’epidemiologia delle malattie professionalievidenzia, negli ultimi anni, un rilevante incrementodelle denunce e dei riconoscimenti di questepatologie che può essere ricondotta,prevalentemente, all’entrata in vigore delle nuovetabelle assicurative dell’INAIL (DM 9 aprile 2008),che hanno introdotto nell’elenco nuove patologietra cui alcune, come le patologie osteoarticolari, aelevata diffusione sociale ed altresì al fatto che tral’esposizione al rischio lavorativo e lamanifestazione clinica delle patologie intercorronoanni e a volte decenni come nel caso dellepatologie neoplastiche. Sono proprio le malattietumorali e le patologie osteoarticolari quelle cheevidenziano un incremento più significativo.In diminuzione le broncopatie e le affezionipolmonari da inalazione di polveriNegli ultimi decenni d’altra parte si è verificatauna marcata riduzione delle ipoacusie, dellebroncopatie e la pressoché totale scomparsadelle gravi affezioni dei polmoni provocate

dall'inalazione di polveri (pneumoconiosi),risultato delle azioni di prevenzione realizzate percontenere i tradizionali rischi da agenti fisici echimici che, un tempo, rappresentavano, perintensità di esposizione, la principale causa dimalattia tra i lavoratori di molti cicli produttivi.In Italia 2mila casi l'anno di tumoriprofessionali da amianto, polveri di legno e di cuoio, ma potrebbero essere sottostimatiIn questo momento in Italia le malattieprofessionali di tipo neoplastico rappresentanoun importante problema di salute, infatti, sisuperano i 2.000 casi/anno di tumorioccupazionali, soprattutto da amianto, da polveridi legno e da polveri di cuoio. Anche se questadimensione del fenomeno è di per se stessanotevole, va rimarcato che si tratta tuttavia di unasottostima, in quanto la frazione di tumori diorigine professionale, sulla base di accreditatistudi epidemiologici, dovrebbe essere compresitra il 2 e l'8 per cento di tutti i tumori e, quindi, nelnostro paese dovremmo attenderci da un minimodi 3.000 ad un massimo di 12.000 casi all’anno.Il fenomeno della sottonotifica è osservato intutta Europa e appare collegato alla mancataconoscenza ed informazione tra i medici dellapossibile eziologia professionale della patologiache hanno diagnosticato o che stanno trattando,il loro scarso interesse alle procedure diregistrazione e soprattutto alla complessità di taliprocedure.

L’ESPERIENZA DELLO SPISAL DELLA ULSS 12 VENEZIANANell’attività di ricerca e di stima del fenomeno della sottonotifica, sono giuntiall’osservazione dello SPISAL prevengono casi in cui, nella pratica clinica, non èapprofondita la genesi della malattia sottovalutando gli elementi anamnestici checonsentono l’attribuzione della patologia a fattori di rischio lavorativo.Si rilevano anche casi in cui il sanitario, pur acquisendo il ragionevole sospettoche la patologia possa essere correlata al lavoro, non informa l’AutoritàGiudiziaria o lo SPISAL. Ne consegue che alcune malattie professionali non sonoposte all’attenzione di chi ha il compito di valutarle per intraprendere lesuccessive azioni a carattere preventivo, giudiziario e assicurativo.A Venezia una collaborazione consolidata tra SPISAL, direzioni medicheospedaliere, Procura della Repubblica e INAILSi è sviluppata negli anni su questo tema una proficua collaborazione tra gli SPISAL,le direzioni mediche ospedaliere, la Procura della Repubblica e l’INAIL della Provinciadi Venezia per ricercare soluzioni idonee a ridurre il fenomeno della sottonotifica dialcune patologie professionali.Le modalità operative fissate nei protocolli d'intesa del 2007 e del 2010: la segnalazione dagli ospedali allo SPISALÈ stato necessario introdurre specifiche modalità operative tramite protocollid’intesa (nel 2007 e nel 2010) per rendere efficiente l’interazione tra l’ospedale elo SPISAL.In particolare si è convenuto, in accordo con la direzione medica ospedaliera, chenel caso di diagnosi di patologie che possono essere associate a determinateesposizioni professionali, sia effettuata dallo specialista una prima sempliceverifica, su base anamnestica, dell’associazione tra patologia e attività lavorativasvolta. Al riscontro di una possibile patologia correlata al lavoro, il medicoospedaliero inoltra, tramite la direzione medica, segnalazione allo SPISAL.L'intervento dello SPISALQuest’ultimo provvede agli approfondimenti del caso eseguendo, se sussistonole motivazioni, un’indagine di malattia professionale. Se l’indagine si concludecon l’accertamento del nesso eziologico tra esposizione professionale epatologia, il medico dello SPISAL adempie agli obblighi di legge, esonerando datale impegno il medico del reparto di diagnosi e cura.Il flusso informativo dal medico ospedaliero ai medici dello SPISALe il ritorno dei dati dallo SPISAL alla direzione medica dell'ospedaleSi è così consolidato un flusso informativo che inizia dalla segnalazione disospetta malattia professionale da parte del medico ospedaliero attraverso lacompilazione di specifiche schede. Queste sono trasmesse alla direzione medica,la quale provvede poi a registrare e inviare i casi allo SPISAL. Il flusso informativotermina con un ritorno di informazione sull’esito degli accertamenti effettuati daparte dello SPISAL alla direzione medica ed al medico segnalatore.Un progetto della regione Veneto per replicare il modello veneziano da replicare su scala regionaleAllo scopo di sperimentare ipotesi di lavoro basate sull’esperienza dell’AziendaULSS 12 Veneziana da replicare su scala regionale, la Regione del Veneto,nell’ambito del Piano Regionale di Prevenzione 2010–2012, ha finanziato ilprogetto “Miglioramento del sistema di sorveglianza delle malattie professionalie correlate al lavoro” affidandone la sua realizzazione al Servizio di Prevenzione,Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPISAL).

METODOLOGIAIl progetto è stato indirizzato all’emersione delle patologie professionaliscarsamente segnalate (patologie cutanee, neoplasie laringee e dei seni nasali eparanasali, della vescica, patologie respiratorie non neoplastiche) diagnosticatein regime di ricovero.Le fasi del progettoLe principali fasi del progetto sono state le seguenti:- Creazione di un piccolo gruppo di lavoro (SPISAL, INAIL, Patronato) per laelaborazione dei contenuti dei seminari di approfondimento e delle lineeoperative per l’emersione delle malattie professionali.- Organizzazione di seminari monotematici insieme agli specialisti ospedalieri.

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- Condivisione dei risultati e sensibilizzazione sul riconoscimento della possibileeziologia professionale delle malattie oggetto di ricovero ospedaliero.- Presentazione materiale informativo e modulistica di segnalazione.- Attivazione flusso informativo.- Monitoraggio e consolidamento flusso informativo.

INDIRIZZI OPERATIVI PER L’EMERSIONE DELLE MALATTIE PROFESSIONALILe difficoltà dei medici ospedalieri nel segnalare le malattie professionaliNella complessità della normativa in materia di segnalazione di malattiaprofessionale e nel particolare contesto territoriale in cui si trova ad operare, loSPISAL ha dedicato particolare attenzione ad alcune e più rilevanti patologie conpossibile genesi professionale.Sono quindi stati analizzati negli anni i principali punti critici nel flusso informativo.Considerando che il fine primo degli specialisti ospedalieri è la diagnosi e curadelle patologie, inevitabilmente l’anamnesi lavorativa e la ricerca di un eventualenesso di causa con il lavoro diventano aspetti secondari che difficilmentepossono essere approfonditi in regime di ricovero e ancor di più in corso di visitaambulatoriale.Un medico ospedaliero può anche incontrare difficoltà nel riconoscere lemalattie correlate al lavoro, in particolar modo, quelle a genesi multifattoriale perle quali è necessaria un’attenta valutazione dei fattori di rischio lavorativi e quelliextralavorativi. Per le malattie oncologiche non è sempre facile attribuireun’esposizione a cancerogeni professionali sulla base della conoscenza della solamansione lavorativa.La collaborazione con i medici ospedalieriPer risolvere gran parte dei problemi citati, si è provveduto inizialmente asensibilizzare gli ospedalieri sulla problematica delle malattie professionalirealizzando incontri di gruppo per i reparti interessati e in seguito organizzandoseminari su patologie polmonari, osteoarticolari, gastrointestinali edermatologiche nel corso dei quali, oltre all’epidemiologia e all’analisi dei rischilavorativi, sono stati forniti strumenti semplificati e condivisi per la segnalazionedi malattia professionale.La Direzione medica ha svolto sempre il ruolo istituzionale d’interfaccia tra leUnità Operative ospedaliere e lo SPISAL. Ha contribuito, inoltre, alla stesura diprotocolli operativi e relativa modulistica, alla gestione/archiviazione dei casisegnalati, alla vigilanza sull’obbligo di segnalazione all’Autorità Giudiziaria exD.Lgs 502/92 art. 4 e s.m.i.

RICERCA ATTIVA DELLE PATOLOGIE PROFESSIONALI Analisi delle schede di ricoveroL’analisi delle schede di dimissione dei ricoveri ospedalieri tramite l’accesso alsistema informativo aziendale, ha consentito di individuare i soggetti affetti daalcune patologie che per una rilevante frazione eziologica potevano essere diorigine professionale quali: asma bronchiale, tumori cutanei, ernia discalelombare, discopatia del tratto lombare, sindrome della cuffia dei rotatori,sindrome del tunnel carpale.La ricerca attiva dei tumori professionali a vescica, laringe, seni nasali e paranasaliNel 2013 è stata condotta la ricerca attiva sui tumori vescicali, tumori della laringee dei seni nasali e paranasali. Tale analisi ha permesso di selezionare i soggettiresidenti nell’azienda ULSS di competenza che sono stati poi contattatitelefonicamente per essere sottoposti ad una breve intervista sui rischi lavorativi.Nei casi in cui è stato evidenziato un possibile rischio professionale il soggetto èstato sottoposto a indagine di malattia professionale.Indagini di prevenzione e vigilanzaUn'altra modalità di ricerca attiva è stata effettuata tramite la pianificazione diattività di vigilanza in aziende che con alta probabilità presentano rischi lavorativiin grado di causare specifiche patologie professionali. Ad esempio, partendo daidati di letteratura che indicano l’asma da farina come la forma di asmaprofessionale più frequente, si sono ricercati insediamenti produttivi cheutilizzano farina nel ciclo lavorativo.

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ESPERIENZE SUL CAMPO: LE PATOLOGIE STUDIATE Tumori polmonari e mesoteliomiI tumori del polmone ed il mesotelioma pleurico sono segnalati da parecchi annidalle strutture ospedaliere dell’Azienda Ulss 12 Veneziana e recentemente anchedalle strutture convenzionate.I casi così segnalati, corredati dalla sintetica anamnesi lavorativa effettuata inreparto, sono stati confrontati con i dati presenti negli archivi SPISAL (elenchi exesposti, archivio malattie professionali) e successivamente approfonditi conspecifica indagine.Il confronto tra i casi attesi e le segnalazioni pervenute fa ritenere che per lepatologie neoplastiche asbesto-correlate segnalate allo SPISAL dell’Azienda Ulss12 Veneziana non esista una significativa sotto notifica e che il sistema di flussoinformativo abbia raggiunto una discreta efficienza.Malattie osteoarticolariNella provincia di Venezia le segnalazioni agli SPISAL di malattia professionaleosteoarticolare sono inferiori alla media regionale, vedi anche l’analisi dellesegnalazioni/denunce di patologie professionali da rischi di natura ergonomicapervenute agli SPISAL (CRREO 2012).La ricerca attiva partita nel 2010Lo SPISAL dell’Azienda Ulss 12 Veneziana ha intrapreso fin dal 2010 la ricercaattiva dei casi di ernia discale lombare, sindrome del tunnel carpale e della cuffiadei rotatori, tramite consultazione del data base dei ricoveri ospedalieri. Laricerca, condotta sui 334 ricoveri del 2009 e 2010, ha permesso di identificare134 casi di ernia discale lombare, 187 casi di tunnel carpale e 13 casi di sindromedella cuffia dei rotatori. Tra questi sono stati selezionati 74 soggetti residenti nelterritorio di competenza dell’Azienda Ulss 12 e per 50 di costoro è stato possibileeseguire una breve intervista telefonica con anamnesi lavorativa che ha portatoall’individuazione di 24 casi di sospetta patologia professionale.I rischi professionali per le malattie osteoarticolariI rischi lavorativi individuati sono stati la movimentazione manuale dei carichisenza ausili efficaci per la patologia lombare, le posture incongrue a carico degliarti superiori per i casi di sindrome del tunnel carpale e la presenza di vibrazioni,microtraumi e posture incongrue a carico degli arti superiori nell’unico casoindividuato di sindrome della cuffia dei rotatori,.In tre aziende è stata riscontrata una valutazione non corretta del rischiolavorativo, a seguito di prescrizione, i datori di lavoro hanno provveduto allarielaborazione del DVR e a intraprendere azioni per ridurre il rischio dei lavoratori.A seguito delle iniziative di sensibilizzazione, è iniziato un modesto flusso disegnalazione dall’ospedale allo SPISAL che non è sembrato rispecchiare però ilreale andamento del fenomeno tecnopatico. Questo può essere verosimilmenteattribuito alla gestione sempre più conservativa dei casi di ernia discale che haportato alla riduzione del numero dei soggetti ricoverati. Per le altre patologieosteoarticolari, la causa della sotto segnalazione è da attribuirsi alla modalità digestione, ambulatoriale o in regime di day hospital, che non permette il temponecessario per un adeguato approfondimento anamnestico.Tumori cutaneiNel periodo 1995-2011 sono state segnalate allo SPISAL solo 4 neoplasiecutanee pur in presenza di un territorio ricco di attività lavorative con rischio diesposizione a radiazioni solari (pesca e trasporti marittimi).Anche per queste patologie si è proceduto dapprima alla ricerca attiva sui dati diricovero e day hospital e successivamente alla sensibilizzazione degli specialistiospedalieri dermatologi. I dati sui ricoveri e day hospital (2010-2011) hannoevidenziato 101 casi trattati per tumore cutaneo. A seguito di intervista brevetelefonica con anamnesi lavorativa effettuata a 39 soggetti, sono stati identificati4 casi di sospetta patologia professionale. Di questi si sono presentati a visita 3soggetti per i quali si è confermata l’origine professionale della malattia conconseguente compilazione del primo certificato. Sebbene i dati ottenuti nonpermettano di evidenziare l’effettiva numerosità di patologie tumorali cutaneeprofessionali, si ritiene che la ricerca attiva abbia permesso di individuare rischilavorativi, in settori tipici del nostro territorio, sui quali finora non era stataprestata una specifica attenzione quali il comparto pesca e trasporti marittimi.

Allergopatie respiratorie e cutaneeLe segnalazioni/notifiche pervenute allo SPISAL nel periodo 1995-2011 dieczemi/orticaria sono state 53 e 12 di asma professionale.Si è potuto verificare che anche in questo caso il numero di casi attesi è molto bassoconfrontando i dati di incidenza per tali patologie della letteratura internazionale.Nel tentativo di far emergere i casi non segnalati, si è intrapresa la ricerca attivaattraverso diverse metodologie. Un primo tentativo è stato fatto selezionando eintervistando telefonicamente i casi di asma bronchiale sottoposti a ricoveroospedaliero. Tale approccio, però, non ha portato all'emersione di alcunapatologia professionale. È stato condotto un nuovo tentativo partendo invecedall'elenco dei soggetti iscritti all'anagrafe dell’Ulss 12 Veneziana con esenzionedella spesa sanitaria per asma bronchiale (codice 007.493 DM 329/99)costituito da 2095 soggetti in età lavorativa, ma la numerosità dei casi daindagare non ha consentito ulteriori approfondimenti.Lo studio sull'asma da farinaA questo punto si è proceduto in altro modo scegliendo di studiare la presenzadirettamente in azienda di una patologia ben conosciuta da tempi remoti estatisticamente ben rappresentata, ovvero l'asma da farina.A tal fine sono stati condotti sopralluoghi nelle aziende con presenza di esposizionelavorativa a farina del territorio di competenza allo scopo di verificare se vi fosserolavoratori affetti da asma bronchiale professionale. Con questa strategia sono statiidentificati tre nuovi casi ad elevata probabilità eziologica professionale anche senon sempre è stato possibile completare l'iter diagnostico/assicurativo permancanza di collaborazione dei soggetti interessati. Tuttavia sono stati portati atermine interventi di prevenzione tramite prescrizioni o azioni di miglioramento.Alcune criticità riscontrateL’esperienza, sebbene abbia confermato la presenza di patologie allergologiche inlavoratori a rischio, a fronte di una mancata segnalazione, non può essere adottatain maniera routinaria considerando il notevole dispendio di risorse e tempo.Nel complesso, la prevenzione delle patologie dermatologiche e pneumologichea carattere allergologico ha presentato diverse criticità. È difficile sviluppare lineed’intervento comuni quando le indagini sono condotte su singoli casi ed inaziende molto diverse tra loro e di piccole dimensioni. Inoltre, la quasi totalità deilavoratori ha dovuto necessariamente cambiare mansione e/o azienda con fortiripercussioni sia in ambito lavorativo sia familiare a fronte di un indennizzo INAILdi modesta entità e che non prevede una rendita di passaggio.

AMBULATORIO OSPEDALIEROUn ambulatorio dello SPISAL all'ospedale dell'AngeloRecentemente è stato attivato un servizio ambulatoriale di medicina del lavoro acura dei medici dello SPISAL, presso l’Ospedale dell’Angelo, con l’obiettivo di fornireall’utenza un servizio di migliore qualità grazie alla possibilità di accrescere lacollaborazione con i colleghi dei reparti di diagnosi e cura. Ciò ha consentito diagevolare l’individuazione di sospette patologie professionali tra gli utentidell’ospedale e di assicurare un iter più veloce per l’espletamento delle attività dimedicina del lavoro e le incombenze medico-legali. Per i degenti, specie se affettida patologie oncologiche, si è ridotto al minimo il disagio compiendo la maggiorparte degli accertamenti di competenza SPISAL durante il ricovero stesso.Si è scelto di dare la priorità alle seguenti patologie: tumore polmonare,mesotelioma, tumore epatico, angiosarcoma.

ANALISI E RISULTATI Nella nostra esperienza la modalità operativa nella ricerca di malattieprofessionali non note non può prescindere dalla tipologia di malattia in studio.Iter per le patologie neoplasticheNel caso di patologie neoplastiche a sospetta origine professionale lo schemaoperativo proposto è il seguente: - ricerca attiva preliminare tramite schede di dimissione ospedaliera (SDO); - sensibilizzazione degli specialisti ospedalieri attraverso riunioni, audit eseminari tematici;- condivisione di un protocollo di scambio informativo con relativa modulistica;

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- visite di medicina del lavoro in regime di ricovero (se possibile);- monitoraggio del flusso informativo ed incontri periodici con gli specialisti.In questo caso il medico che formula la diagnosi è lo specialista ospedaliero, ilquale, opportunamente sensibilizzato sulle possibili cause professionali, nelcorso dell’anamnesi può raccogliere gli elementi di base per effettuare una primacorrelazione tra patologia ed esposizione lavorativa e quindi effettuare lasegnalazione allo SPISAL.Iter per le altre patologiePer patologie di tipo non neoplastico (malattie osteoarticolari, allergopatie, ecc.)appare più fruttuoso intraprendere una ricerca attiva con sopralluoghi nelle aziendea rischio. Queste devono essere individuate partendo dall’analisi della letteraturascientifica che va confrontata con le realtà produttive del territorio. Ciò permettesia l’emersione di patologie professionali disconosciute che l’effettuazione di azionicorrettive del rischio in azienda completando l’azione di prevenzione. È necessariorilevare, però, che tale approccio condotto di routine è molto oneroso in termini dirisorse, a fronte del ruolo prioritario del medico competente e del medico dimedicina generale come fonte di segnalazione di malattia.I soggetti coinvolti e da coinvolgereLa strategia del progetto realizzato è stata incentrata sulla figura del medicospecialista ospedaliero individuato come principale soggetto segnalatore disospetta malattia professionale. L’esperienza condotta ha fatto emergere anchel’importanza del ruolo del medico di medicina generale. Quest'ultimo potrebbefornire un notevole contributo all’emersione delle malattie a sospetta origineprofessionale, essendo depositario sia dei dati sanitari e lavorativi dei propriassistiti che punto di riferimento per ogni lavoratore residente nell’Ulss.Un'altra figura di professionista medico legato a filo diretto alla problematicadelle patologie professionali è quella del medico competente. Questi avrebbe unruolo di primo piano nel segnalare possibili patologie professionali sia per la suaformazione specifica in materia che per la conoscenza dei dati sanitari deilavoratori e dei fattori di rischio presenti in azienda. In questa situazione, ilmedico competente si trova spesso a gestire e conciliare interessi e dovericontrastanti. Il non notificare può apparire talvolta la scelta migliore.L’unica strada percorribile in questi casi è la vigilanza in azienda. Nella nostraesperienza condotta con i sopralluoghi, è stato riscontrato che spesso ildocumento aziendale di valutazione dei rischi non prende in considerazione tuttii rischi lavorativi, oppure a volte questi sono sottostimati, con la possibileconseguenza sia del mancato riconoscimento da parte dell’INAIL di unaeventuale malattia professionale sia del protrarsi dell’azione patogena in azienda.L'incremento delle segnalazioni ospedaliere negli ultimi tre anniA conclusione dell’esperienza condotta in questo triennio, si è riusciti a ottenereun incremento di segnalazioni ospedaliere intorno al 30 per cento rispetto aquanto osservato nel 2010, anno considerato di riferimento. Le segnalazionipervenute hanno riguardato prevalentemente patologie con esposizioni remotepertanto ai fini della vigilanza si è potuti intervenire solo nei casi in cui l’attivitàproduttiva era ancora attiva con rischio lavorativo presente.Persiste tuttora il divario tra la segnalazione delle patologie neoplastiche, benrappresentate, e quelle non neoplastiche che sembrano essere ancora sottostimate.Medici ospedalieri e medici di medicina generale fondamentali per faremergere i casiÈ emerso con chiarezza che, per ovviare alla criticità della sottonotifica, ènecessario prima di tutto sensibilizzare le principali categorie di medici coinvoltinella diagnosi di malattie a sospetta origine lavorativa ovvero medici ospedalierie medici di medicina generale. La sensibilizzazione è indirizzata a evidenziarel’importanza di eseguire almeno una breve anamnesi lavorativa e fare una primacorrelazione tra esposizione lavorativa e malattia fin dal suo esordio.La tempestività di riconoscimento della possibile eziologia professionalepermette una più completa raccolta d’informazioni e documentazioni cheagevola il successivo iter di riconoscimento assicurativo.La difficoltà di far emergere i rischi in aziendaUn’altra criticità osservata è la difficoltà dell’emersione di patologie in attualità dilavoro. I lavoratori possono avere il timore di incorrere in possibili contenziosi con il

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datore di lavoro e i possibili rischi connessi a giudizi di inidoneità lavorativa in casodi denuncia della malattia.Opinione comune è che debbano essere attuati interventi legislativi di migliortutela dei lavoratori affetti da patologie professionali, sia per quanto riguarda laconservazione del posto di lavoro, ove compatibile, sia per la possibilità direimpiego dei lavoratori. Un altro punto critico è la qualità e l’appropriatezza deldocumento di valutazione dei rischi (DVR) elaborato dalle aziende. Spesso irischi lavorativi sono sottostimati o non considerati. Le conseguenze sono unmancato riconoscimento assicurativo per impossibilità di dimostrare il rischionell’ambiente di lavoro e il possibile protrarsi dell’esposizione dei lavoratoriall’azione patogena in azienda.Il ruolo dello SPISAL e la necessità di un impegno istituzionaleLo SPISAL in questo contesto può, come organo di vigilanza, intervenire sul luogodi lavoro per valutare sul campo la presenza e l’entità del rischio e la congruità diquanto riportato nel DVR aziendale. In caso di inosservanze delle norme di igienee sicurezza sul lavoro può agire concretamente tramite lo strumento dellaprescrizione.La complessità delle criticità rilevate porta a ritenere che sia necessario un forteimpegno istituzionale per il miglioramento del sistema di tutela delle malattieprofessionali. Potrebbero essere introdotti fattori incentivanti la segnalazione (adesempio direttive regionali d’indirizzo alle Ulss), la tutela in termini diconservazione del posto di lavoro e possibilità di reimpiego e la realizzazione diiniziative di prevenzione su tematiche prioritarie.

Hanno collaborato Giorgio Carradori e Annalisa Virgili, SPISAL (Servizio Igiene e Sicurezza negliAmbienti di Lavoro) Azienda Ulss 12

Bibliografia- CRREO. Analisi delle segnalazioni - denunce di patologie professionali da rischidi natura ergonomica pervenute agli SPISAL, 2012.- INAIL. (2012). Rapporto Annuale.- Regione Veneto. Analisi di contesto produttivo 2010.- The prevention occupational diseases International Labour Organization 2013.- Report on the current situation in relation to occupational diseases’ systems inEU Member States and EFTA/EEA countries, in particular relative to CommissionRecommendation 2003/670/EC (Marzo 2013).

PER INFORMAZIONISito www.ulss12.ve.itTel. 041 2608471 - fax 041 2608445Indirizzo Email [email protected] oppure [email protected]

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LA CENTRALE OPERATIVA TERRITORIALELa Centrale Operativa Territoriale nasce suindicazione della Regione Veneto (Piano SocioSanitario e DGR n. 975 del 18 giugno 2013) e delladirezione Generale della Azienda Ulss 12 (condeliberazione del Direttore Generale n. 902 del 21maggio 2013). Questa deliberazione istituisce edavvia la Centrale Operativa Territoriale (COT)all’interno della Ulss 12 con importanti obiettivi:- ridurre i tempi di presa in carico dei pazienti;- semplificare le procedure;- ottimizzare le risorse.

Le attività La Centrale non eroga direttamente servizi maraccoglie le segnalazioni dai vari servizi.A seguito delle segnalazioni raccolte, la Centrale :- classifica il problema/bisogno;- rileva ulteriori necessità attraverso il contatto

diretto (intervista telefonica) con il paziente o suoi familiari;

- attiva il servizio competente; - informa contestualmente il medico curante

(medico di medicina generale/pediatra di libera scelta);

focus ulss 12

La Centrale Operativa Territoriale.Infermieri attivi per favorire la“dimissione protetta” dei pazienti

Servizi innovativi

Da sempre uno degli elementi critici del sistema salute è quello di garantire la continuità delle cure e dell’assistenza tra ospedale eterritorio in entrambe le direzioni di flusso; si tratta, in pocheparole, di tutelare la sicurezza dei pazienti qualunque sia l’ambito(ospedale, assistenza domiciliare, residenza intermedia, centriservizi ecc.) in cui il bisogno di salute trova espressione. In questacornice di riferimento la Centrale Operativa Territoriale puòrappresentare un elemento cardine di congiunzione e integrazione,superando anche la suddivisione distrettuale e funzionando,di fatto, da perno unico di comunicazione.

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A cura di Claudio Beltrame,Direttore dei Servizi Sociali e della funzione territoriale Ulss 12 Veneziana

e di Luigino Schiavon,Project Manager Centrale Operativa Territoriale,

Infermiere coordinatore SID-ADI Distretto 3, Ulss 12 Veneziana

- programma l’intervento che viene attuato dai servizi di riferimento.

Gli obiettivi La Centrale Operativa Territoriale è stata attivatanella azienda Ulss 12 veneziana dal 1 luglio del2013. L'avvio è avvenuto in sordina, ma conl’obiettivo chiaro di migliorare ulteriormenteservizi territoriali attraverso la continuità dellecure e dell’assistenza, portando l'attività dicoordinamento, in questa prima fase disperimentazione, a risultati positivi.Il primo obiettivo è stato quello di indirizzare ecanalizzare tutte le comunicazioni dei diversi servizied interlocutori: operatori sanitari ospedalieri,territoriali, medici di medicina generale, pediatri dilibera scelta, ecc. verso un unico centro di raccoltadelle segnalazioni ed informazioni, superando laparcellizzazione dei vari servizi.

Modalità operativeCon l’avvio di questo nuovo servizio, gli avvisi didimissione dagli ospedali regionali ed extra-regionali non vengono più inviati ai diversidistretti o servizi ma direttamente alla CentraleOperativa. Ciò comporta modalità dicomunicazione più dirette, rapide ed efficienti.All’avviso di dimissione, gli infermieri, checostituiscono il personale di riferimento dellaCOT, effettuano di routine una telefonata“strutturata” ai familiari o a chi garantiscel’assistenza, allo scopo di rilevare ulteriorinecessità specifiche o bisogni particolari correlatialla cura ed all’assistenza.

La cartella personale del pazientePer ogni richiesta viene aperto un fascicoloelettronico per l’assistenza territoriale (cartella),depositata nel server centrale. Un avviso diapertura della stessa viene trasmesso al distrettoo servizio di competenza e, contestualmente, almedico di base via Email. In questo modo primaancora che il paziente sia dimesso i serviziinteressati ed il medico di medicina generalevengono avvisati delle prossime dimissioni. Ilservizio competente programmerà ed eseguirà in

questo modo l’intervento, riducendo al minimo itempi necessari per l’analisi dei bisogni el’erogazione della risposta.Un’altra modalità di attivazione è quella chenasce direttamente da pazienti in cui il bisogno diassistenza emerge quando sono a domicilio; inquesto caso il medico di medicina generale invia,attraverso fax o Email, una richiesta di attivazionedi servizio domiciliare. Gli infermieri responsabilidella COT verificano, come nel caso precedente, ibisogni ed inviano la richiesta e le relative notizieal servizio di competenza.

Informazioni utili per “dimissioni protette”Da queste due prime fattispecie si comprendesubito che il cittadino, i parenti o chi garantiscel’assistenza viene sollevato dall’onere di recarsipersonalmente presso i servizi, dato che tutta lafase istruttoria viene garantita in modo indiretto,attraverso fax o Email, riducendosignificativamente gli spostamenti dei cittadiniall’interno del dedalo dei servizi.Un ulteriore elemento di semplificazione edefficienza è rappresentato dal fatto che, aprescindere dal reparto in cui il paziente èricoverato, dal distretto di residenza o dal medicodi base, tutti gli operatori fanno riferimento ad ununico numero telefonico, di fax o indirizzo diposta elettronica, per la condivisione delleinformazioni e l’attuazione degli interventi.

Casi seguiti nei primi sei mesi del 2013Nei primi 6 mesi di attività, dal 1 luglio al 31dicembre 2013, gli infermieri della COT hannogarantito 636 attivazioni così suddivise:55% provenienti dagli ospedali di Mestre e Venezia;25% dai medici di medicina generale18% dagli ospedali convenzionati2% da ospedali extra Ulss 12Sono state inviate 583 Email ricevendone 890.Questi primi dati rappresentano con evidenza unpositivo risultato; è auspicabile che una maggioreefficienza di rete dei servizi sanitari consenta piùfacilmente l’estensione della rete a tutti i serviziche garantiscano al cittadino non solo la rispostaai bisogni sanitari, ma anche la giusta attenzioneai bisogni socio sanitari. Questa è unascommessa che è necessario vincere, superandoogni resistenza a tutto favore dei cittadini.

PER INFORMAZIONIIndirizzo Email della centrale [email protected]

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LA SEQUENZA DELL'ATTIVAZIONE DELLA CENTRALE OPERATIVA TERRITORIALE

Sequenza Descrizione Responsabile Strumento

FASE 1Attivazione

FASE 2Accertamento

L’UO di degenza ospedaliera, se pazientericoverato, individuati i bisogni del paziente,verificate le condizioni di eleggibilità, ottenuto ilconsenso dello stesso e/o dei suoi famigliari, inviaalla COT la segnalazione di dimissione protetta

Il MMG/PLS, se paziente a domicilio, individuati ibisogni del paziente, verificate le condizioni dieleggibilità, ottenuto il consenso dello stesso e/odei suoi familiari, invia alla COT il modulo diattivazione

L’utente/famiglia/caregiver, in presenza dibisogno non programmato o non differibile ,attiva telefonicamente la centrale operativa

La COT verifica se il paziente è già in carico allarete dei servizi territoriali e rileva le nuoveproblematiche socio-assistenziali.

La COT effettua un primoaccertamento(intervista telefonica strutturata)per selezionare il tipo di bisogno quindi attiva ilservizio deputato a fornire la relativa rispostaassistenziale

La COT attiva immediatamente il servizio diriferimento per situazioni non programmate e/ono differibili

Medico CoordinatoreInfermiere Ospedalieri

MMG/PLS

COTCoordinatoreInfermiereADICoordinatore Infermiere

Informatico TelefonoFax

Scale divalutazioni

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speciale

Dottor Bergamasco, lei opera al Lido diVenezia, può descriverci la popolazione deisuoi assistiti?La medicina di gruppo di cui faccio parte ècomposta da 7 medici di medicina generale.Attualmente ho in carico 1200 pazienti circa; diquesti una quarantina sono ospiti della casa diriposo Stella Maris. L’età media dei pazienti è di59 anni, quindi molto elevata. La maggior partedei miei assistiti è costituita da pensionati chepresentano patologie multiple. Tra i soggettimeno anziani vi è una nutrita rappresentanza diextracomunitari, in prevalenza provenientidall’Europa dell’Est: moldavi, romeni, ucraini.

Quali sono le patologie prevalenti tra i suoipazienti?I pazienti diabetici sono circa il 10% dellapopolazione locale. Il dato è ricavato dalle nostre

La proposta: “Un manifesto della medicina del territorio con operatori sanitari, Ulss 12ed enti locali”. Intervista a Giulio Bergamasco,medico di medicina generale al Lido

Medicina generale

“Esiste uno scollamento tra la programmazione regionale e quelladelle aziende Ulss. Ma anche tra gli operatori sanitari dell'ospedale e del territorio e ancora tra medici di famiglia, medici di Distretto e pediatri di uno stesso territorio. Per questo potrebbe essere utilesottoscrivere un 'Manifesto della medicina del territorio' dasottoporre a puntuali verifiche”.Sono queste alcune delle considerazioni di Giulio Bergamasco, medicodi famiglia al Lido di Venezia e presidente della SIMG (società italianamedicina generale) di Venezia, che abbiamo intervistato nellapanoramica che la rivista “Venezia in salute” dedica in questo numeroalla medicina di base.

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cartelle cliniche e soddisfa criteri diagnosticirigorosi. Ma va detto che il dato ufficiale, a livelloregionale e di ulss, è abbondantementesottostimato. Se consideriamo che il pazientediabetico è ad alto rischio cardiovascolare, comedicono tutti gli studi clinici e le più accreditateagenzie sanitarie mondiali, ci si domanda conquali criteri si stabiliscono le ripartizioni di spesaper questi pazienti.

Ed è previsto un percorso particolare per i pazienti diabetici?Recentemente è stato approvato dalla nostra

ulss 12 un Protocollo diagnostico terapeuticoassistenziale diabetologico, ma non è ancorachiaro come applicarlo e con quali verifiche aposteriori. Un ruolo importante potrebbesvolgerlo il Distretto, che rappresenta il fulcrodella medicina territoriale, ma al momento ilDistretto non svolge attività programmatoria e/ocollaborativa in tal senso.I pazienti con rischio cardiovascolarerappresentano il 15-20 per cento complessivo esono soggetti che andrebbero seguiti conparticolare rigore ed attenzione, ma come medicidi famiglia non abbiamo risorse tali da prevedere,per esempio, la collaborazione di un infermiereprofessionale che potrebbe essere molto utile.Per il resto posso confermare che la prevalenzadelle diverse tipologie di malattie croniche nellanostra città può essere desunta dai rapporti delprogetto COMEFARE che ha visto lacollaborazione tra alcuni medici di medicinagenerale ed il Comune di Venezia.

Lo stile di vita in quale modo può essere causao concausa di varie patologie? Quali sono leattività di prevenzione primaria e secondariache lei suggerisce come medico di famiglia?Indubbiamente gioca un ruolo fondamentale lagenetica, ma questa condizione viene sicuramente“facilitata” da stili di vita sbagliati e tra questisicuramente la sedentarietà gioca un ruolo moltoimportante e determinante. Per quanto ne sappianon esistono studi clinico-epidemiologici in ambitocittadino, a parte i dati forniti all’AmministrazioneComunale dal progetto COMEFARE.Esistono altri studi “a macchia di leopardo” inambito nazionale ed internazionale.Per quanto riguarda la malattia diabetica,considerati i dati di prevalenza e le proiezioniepidemiologiche future, oggi si dà moltaimportanza al cosiddetto “empowerment” delpaziente, cioè la sua capacità di gestire,debitamente informato e supportato, la propriapatologia (vedi progetto IGEA dell’IstitutoSuperiore di Sanità).Per quanto riguarda la gestione delle malattiecroniche più importanti (diabete, ipertensione,dislipidemia, ecc.) il dato più importante chesembra emergere dai pochi studi a disposizione,sottolinea l’importanza di un’opera di appoggiocontinua del paziente che va opportunamentemotivato ed informato. I dati sulla gestione tramitela telemedicina di molte patologie croniche, invece,sono deludenti, quanto a risultati. L’impressione èche le istituzioni sanitarie preposte fatichino moltoa richiedere collaborazione alla medicina operantesul territorio.

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Anche per quanto riguarda la diagnosi precoce edalcuni screening di massa, dobbiamo dire che lamammografia ed i Pap test fanno parte delprogramma di screening regionale ma i medici dimedicina generale non vengono direttamentecoinvolti nell'iniziativa. Vi è maggiorecollaborazione per quanto riguarda lo screeningdelle neoplasie intestinali. Va ricordato invece chel’ulss 12 veneziana ha sottolineato più voltel’importanza strategica degli screening anchenegli incontri periodici organizzati dai Distretticon i medici di famiglia.

Quali sono le maggiori difficoltà che trovatenel vostro lavoro?La maggiore difficoltà nasce dallo “scollamento”tra la programmazione sanitaria regionale equella delle azienda ulss, specie per quantoriguarda gli aspetti organizzativi della medicinadel territorio. Faccio un esempio: i medici cheoperano all'interno del territorio di un distretto –medici di medicina generale, pediatri di liberascelta, specialisti ambulatoriali, ecc. – non siincontrano mai per discutere i problemiorganizzativi e di confronto tra loro e con ilpaziente. La sensazione comune tra tutti glioperatori è che “i decisori” non siano interessati acaldeggiare simili incontri. Molti medici di famigliadella nostra generazione sono ormai in etàpensionabile, ma nessuno sembra preoccuparsidel passaggio di testimone tra una generazione el’altra; sono personalmente convinto che questaoccasione perduta peserà sul sistemadell’assistenza sanitaria primaria che verrà.

Quanti sono i pazienti che presentano problemidi alcolismo, tossicodipendenza e altredipendenze o che mostrano turbe psicologiche?A parte i dati sulle tossicodipendenze che ci sonocompletamente sconosciuti (i SerT dell'ulss nonavvertono il medico curante della presa in carico di

un nuovo paziente), i casi di alcolismo sono quasisempre svelati dal ritiro della patente. Per l’alcolismol’aspetto diagnostico infatti è di per sé complesso,anche se in rari casi può essere il paziente arichiedere aiuto. Il servizio alcologico dell'ospedaleFatebenefratelli funziona positivamente, anche sulpiano collaborativo ed è a questo servizio che i pazienti vengono inviati in consulenza.

Nella vostra attività registrate casi di violenzasulle donne?Nel 2009 i medici di famiglia del progettoCOMEFARE hanno collaborato con il Comune diVenezia e con la ulss 12 ad una rilevazione dati sullaviolenza domestica (vedi articolo de il gazzettino del25.11.2009; ndr). Il rilevamento da parte nostra deicasi di violenza sulle donne non è frequente. Lepoche volte che viene rilevato, ci si trova di fronte astorie di violenza cronicizzata nel tempo.

Come è possibile sostenere il vostro lavoro erenderlo più efficace? Attualmente a livello istituzionale sembra che nonsia una priorità sostenere il lavoro dei medici difamiglia: non c'è progettualità in questo senso,non risulta evidente un interesse al problema, nonvi sono costituzioni di tavoli tecnici in merito, aparte quelli sindacali. C'è un grande impegnoinvece l’impegno da parte della SIMG (societàitaliana di medicina generale) per diffondere lacultura della medicina generale; personalmenteuna buona fetta del mio tempo libero lo dedico aqueste iniziative.

Quali sono gli elementi della crisi cheregistrate anche nella vostra attività?Aumenta il carico burocratico a livelli mairaggiunti in precedenza. E contemporaneamenteaumentano le esigenze assistenziali da parte deipazienti che, tra l'altro, nella maggior parte deicasi non riusciamo a sostenere: Sono anchemolte le problematiche sociali che non sono dinostra competenza, ma che ci coinvolgonocomunque molto da vicino.Sarebbe utile la sottoscrizione comune di unimpegno etico e programmatico con una sorta di“Manifesto della medicina del territorio” tra noioperatori, ulss 12 e Comune di Venezia. Dovrebberoessere individuati degli obiettivi ed il percorsi perrealizzarli con periodici incontri di verifica.

PER INFORMAZIONIDott. Giulio BergamascoLido di Venezia Email [email protected]

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Medicina generale

speciale

L’obiettivo: “Meno burocrazia per realizzareal meglio il proprio compito in sinergia con gli altri operatori sociosanitari”.Intervista a Franco Fabbro, medico di medicina generale a Marghera

Vicinissimi ai pazienti, i medici di medicinagenerale sono la prima frontiera della salute.I medici di famiglia sono i primi sensori ingrado di dirci quali sono le patologie più diffusee quali sono i problemi di salute pubblicaemergenti.Abbiamo intervistato Franco Fabbro, medico di medicina generale di Marghera, attivo ancheall'Ordine dei Medici di Venezia soprattutto nelsettore dell'informazione.Del suo territorio, il dottor Fabbro dice: “Lapopolazione di Marghera ha pagato un grandetributo in termini di patologie (soprattuttocancro) e di vite spezzate che l’inquinamento e un dissennato modo di produrre hannocausato. Ed ora a colpire è la crisi economicache toglie il lavoro e la speranza e fa diminuirela possibilità per i cittadini di sostenere speseper esami e farmaci a volte davvero necessari”.

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Dottor Fabbro, lei fa parte di una medicina digruppo di Marghera, può descriverci i suoiassistiti?Faccio parte della medicina di gruppo, nata nel2008, e denominata “Al centro la salute”. È ungruppo costituito da 7 medici di medicinagenerale che assistono complessivamente circa10mila persone.Ho 1500 assistiti, di questi 450 hanno più di 65anni. La percentuale degli assistiti stranieri è dicirca il 15 per cento, tutti giovani o giovani adulti.Quali sono le patologie prevalenti tra i pazienti:diabete, problemi cardiovascolari, sofferenzapsichiatrica, ecc.?La mia popolazione di assistiti non si discostadalle percentuali nazionali suddivise per vari tipidi patologie. Al primo posto troviamo i problemicardiovascolari, soprattutto ipertensionearteriosa.Quale peso hanno gli errati stili di vita comealimentazione ricca di grassi, fumo, scarsaattività fisica, ecc. rispetto alle patologieprevalenti tra i pazienti?Non sono un epidemiologo e rispondo con“prudenza” a questo quesito. Sono convinto cheuno stile di vita poco salutare sia fonte dipatologie. Per questo, ogni giorno, faccioeducazione sanitaria: correggo, invito,ammonisco, dialogo con il mio assistito o assistitaper fargli recuperare una maggior consapevolezzariguardo al bene prezioso rappresentato dalla

salute. La nostra salute è un tesoro unico, non latroviamo in svendita nei negozi…è un bene che vapreservato con la massima cura.Ci sono delle patologie specifiche che siriscontrano a Marghera, per esempio rispetto a esposizioni lavorative o inquinamentoambientale?Posso affermare, proprio a partire dalla miaesperienza, quale sia il grande tributo in terminidi patologie (soprattutto cancro) e di vitespezzate che l’inquinamento e un dissennatomodo di produrre hanno causato alla popolazionedi Marghera. Potrei citare nome e cognome deimiei assistiti morti per cancro al polmone o alfegato per colpa del CVM (cloruro di vinilemonomero, sostanza riconosciuta cancerogena;ndr), o gli innumerevoli malati cronici all’apparatorespiratorio per l’esposizione lavorativa a polverio ad altri inquinanti.E la situazione socioeconomica influisce sullasalute? Si sentono gli effetti della crisi anchetra i pazienti?Ora c’è una nuova sofferenza che, come medicodi famiglia, devo affrontare quotidianamente:l’angoscia di chi perde il lavoro, di chi non riescepiù a portare a casa un salario decente per vivere,la frustrazione di chi trova sbarrata la portad’ingresso al lavoro, soprattutto se giovane.Quanto dolore ci viene espresso, quanta rabbia,quanta rassegnata impotenza nelle parole e neivolti dei miei assistiti. Non c’è famiglia che non

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viva questo dramma del lavoro. Ed è difficileanche per me trovare parole di condivisione e disperanza.Altra conseguenza della crisi economica è che inostri assistiti ci chiedono meno esami e menovisite specialistiche. Questo può essere unaspetto positivo, se pensiamo che talvolta c’è unasorta di consumismo anche nelle prestazionisanitarie. Ma c'è anche un aspetto negativo:meno esami, meno diagnosi precoce e poiquando si scoprono i problemi, diventa piùdifficile intervenire.Per quanto riguarda la prevenzione primaria,i pazienti accettano i suggerimenti del medico?Li mettono in pratica?Il medico di famiglia ha una ricchezza che nessunaltro medico possiede, conosce il proprioassistito, conosce la sua famiglia, il suo percorsodi vita. Gli è più facile perciò trovare le parolegiuste per decidere insieme cos’è meglio fare perquel problema, per quella malattia. Mi sentoprofondamente toccato ogni volta che unpaziente viene da me e mi dice: “dottore, mifaccio operare o no? Il chirurgo mi volevaricoverare subito, ma io gli ho risposto: primasento il mio medico di famiglia”.Quali sono le maggiori difficoltà che un medicodi medicina generale trova nella sua attivitàquotidiana?La piaga che spero sia possibile guarire prima opoi è la burocrazia. Dobbiamo riempire moduli, ri-prescrivere esami, adempiere ad una marea diincombenze spesso inutili o ripetitive Il risultatonegativo è che tempo prezioso da dedicare allevisite viene sottratto dalla burocrazia. Inoltre ilpaziente talvolta rischia di identificarci comeimpiegati della salute e non come attori dellasalute. Ed anche per noi medici, infine, èinaccettabile perdere tempo per le carte piuttostoche per le persone.Quanti sono in percentuale i pazienti che presentano problemi di alcolismo,tossicodipendenza ed altre dipendenze o con disturbi psichiatrici?Siamo nella media. Non ci discostiamo dai datinazionali. Ci tengo a sottolineare invece come visia nel nostro territorio una consolidata, efficaceazione di prevenzione operata dai servizi delComune di Venezia. Questa attenzione rivolta aiproblemi degli “emarginati”, degli “ultimi”, deisofferenti, ci è di grande aiuto. Non sempre infattiquesti problemi si possono risolvere prescrivendoun farmaco o un esame di laboratorio o con unbreve colloquio. Nel caso dell’alcolismo un grandee insostituibile supporto viene dato dai gruppi diauto aiuto (Alcolisti anonimi, Acat). Per il restobasta pensare alle ultra-trentennali battagliecontro le tossicodipendenze che fanno parte dellastoria dei servizi sociali del Comune di Venezia.

Nella sua attività ha avuto modo di registrarecasi di violenza sulle donne? Se devo essere sincero, nella mia vitaprofessionale ho visto pochi casi di violenzacontro le donne (o quantomeno pochi sono i casidi cui io sia giunto a diretta conoscenza). Quandoho dovuto affrontare il problema, ho trovato undecisivo aiuto nel Centro Donna o nelle assistentisociali del Comune di Venezia. Ricordo un caso acui ho anche collaborato per proteggere unadonna ed i suoi figli da un marito alcolista,violento e manesco. Il marito un pomeriggio tornaa casa e non trova più moglie e figli: spariti. Eranostati trasferiti in una casa alloggio del Comune.Per lui è stato uno shock. Ma ha finalmenteaperto gli occhi, ha riflettuto sui suoi errori e hainiziato un percorso di cambiamento e diriconciliazione.Come è possibile sostenere il vostro lavoro perrenderlo più efficace?Bisogna eliminare o ridurre il più possibile gliaspetti burocratici. La scommessa è soprattuttopotenziare i servizi sul territorio. Non è possibileche per un esame del sangue a domicilio ilpaziente debba aspettare settimane! L’infermieredel territorio è una risorsa fondamentale. Se noimedici di medicina generale potessimo contaresu una congrua presenza di infermieri, potremmolavorare con loro fino alle otto di sera e potremmomigliorare la qualità del nostro servizio:dimissioni protette, terapie infusive a domicilio,medicazioni, sorveglianza attiva delle personeanziane e/o sole, malati terminali assistiti adomicilio, ecc.In quale modo l'Ulss 12 potrebbe aiutare il vostro lavoro? E il Comune di Venezia?Una richiesta secca: metteteci a disposizione glispazi per fare le medicine di gruppo integrate.Dateci una vecchia scuola o un edificio dismessoo sottoutilizzato di proprietà del Comune o dellaUlss per fare una vera cittadella della salute, chesia punto unico di riferimento per tutti i cittadini:di giorno con la presenza dei medici di famiglia edi notte con la guardia medica. Medici, infermieri,assistenti sociali, tutti assieme in una sede unicaa collaborare per dare nuovo slancio econcretezza al necessario rinnovamento dellaassistenza sociosanitaria.

PER INFORMAZIONIdottor Franco Fabbroindirizzo Email: [email protected]

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Lo strumento: “Una comunicazioneed uno scambio di dati costanti tra i professionisti della salute”.Colloquio con Cristina Biondi,Raffaella Michieli e Sandro Severi,medici di famiglia a Mestre

Medicina generale

speciale

Una delle questioni centrali della sanità contemporanea è la comunicazionedelle informazioni cliniche tra paziente ed operatori sanitari e tra i diversioperatori sanitari di ospedale e territorio – spiegano Cristina Biondi,Raffaella Michieli e Sandro Severi, medici di famiglia a Mestre, che abbiamoincontrato per discutere dell'evoluzione della medicina di base. Come giàprevisto dalla Regione Veneto, risulta strategica la realizzazione del progettodi fascicolo elettronico contenente tutti i dati sanitari del paziente. Si trattadi uno strumento efficace per permettere a tutti i medici di avere un quadrocompleto della situazione del paziente, senza che vengano tralasciatielementi cruciali.

Perché la trasmissione delle informazioni traoperatori sanitari è una questione strategica?Dottor Severi: “È dimostrato che la gestionedelle informazioni è strategica anche perottimizzare la spesa oltre che a tutela di unacorretta presa in carico del paziente. Dopodecenni dall'avvio del sistema sanitario nazionalela comunicazione diretta tra medici specialisti emedici di famiglia è un nodo ancora irrisolto. Macome è facile comprendere, non si tratta di una

questione banale. La mancanza di comunicazionecomporta a volte la ripetizione di esami anchecostosi, con decisioni che potrebbero essere piùefficaci, se ogni operatore potesse disporre delquadre clinico completo, a partire da quello che imedici di famiglia hanno già nel loro archivio.Oggi infatti è proprio il paziente che trasmette ipropri dati ai medici specialisti che lo vedono enon sempre ne deriva una descrizione completaed appropriata. La Regione Veneto è impegnata

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per superare il problema con la realizzazione delfascicolo elettronico sulla storia sanitaria di ognipaziente. Si tratta di un progetto cruciale. Vogliosegnalare anche che è entrata in funzione daalcuni mesi la Centrale Operativa Territoriale,anche questo potrebbe diventare uno strumentointeressante per la presa in carico globale delpaziente, ma per ora siamo all'inizio dell'attività.Tra i miei pazienti, per esempi, i casi trattati sonoancora pochi”.”.

L'aumento del numero di pazienti anziani estranieri comporta nuove problematiche?Dottoressa Biondi: “Noi facciamo parte di unamedicina di gruppo che comprende 8 medici edanche alcuni specialisti, non possiamo inveceancora contare su un infermiere. Abbiamo ancheuna segreteria organizzativa, questo per favorireal massimo l'accesso dei nostri pazienti, tra i qualisono in aumento gli anziani e gli stranieri. Lacomunicazione è fondamentale sia per i pazientianziani, che spesso soffrono di molteplicipatologie e assumono diversi tipi di farmaci, siaper gli stranieri, che hanno problemi di lingua e diorientamento nel sistema socio sanitario. Si puòfacilmente intuire come la comunicazione tramedico di famiglia, medici specialisti del territorioe dell'ospedale, e i vari operatori socio sanitari,sia una questione cruciale per potenziarel'efficacia dell'intero sistema”.

Come possiamo descrivere la comunicazionetra specialisti di distretti ed ospedale e medicodi famiglia?Dottoressa Michieli:“Ognuno di noi ha in caricocirca 1400, 1500 pazienti. Malgrado la nostramedicina di gruppo sia ben affiatata e benorganizzata, la burocrazia ci sommerge e ipazienti presentano richieste sempre piùcomplesse. In una situazione del genere, lamancata trasmissione delle informazionicomplica non poco il nostro lavoro. Da alcunimesi, come abbiamo già ricordato è entrata infunzione la Centrale Operativa territoriale, ilprogetto era stato anche presentato ufficialmenteagli incontri della Ulss con i medici di medicinagenerale. Sono pochi i casi dei miei pazienti chehanno avuto necessità di essere trattati finoradalla Centrale Operativa. Si tratta di una iniziativapotenzialmente molto utile, che però noncoinvolge gli altri ospedali convenzionati dellaprovincia. Inoltre la mancanza di una condivisionedei dati tra ospedale e territorio è ancora un nodoin gran parte irrisolto. Per ora infatti dobbiamoricordare che è il paziente che volontariamenteviene da noi e ci trasmette l'esito di una visita, dialcuni esami o di un ricovero. Questo comportadelle grosse difficoltà anche nelle dimissioniprotette poiché non siamo avvisati in tempo realeed a volte i pazienti sottovalutano l’importanza diriferirsi subito a noi dopo il ricovero per la

continuità delle cure. Purtroppo le personeritengono naturale che noi conosciamo quello cheavviene in ospedale e si aspettano che sappiamogià tutto. Alcuni di noi hanno un rapporto piùconsolidato con il Laboratorio Analisidell'ospedale ed allora avvengono dei contatti peralcuni casi particolarmente gravi, ma non vi ènessuna prassi sistematica. Soprattutto con ildistretto, inteso come struttura, manca unoscambio di informazioni e una collaborazionecostante. Il distretto dovrebbe essere il nostropunto di rifermento ed invece tutto è lasciatoall'iniziativa personale”.

Stiamo andando verso una nuovaorganizzazione della medicina di base?Dottor Severi: “La nostra medicina di gruppocopre un orario di 12 ore, dalle 8 alle 20, ci sonosempre due, tre medici presenti oltre ai turniprevisti per i propri pazienti. Facciamo parteanche dell'Aggregazione Funzionale di Territorio(AFT). Di ogni AFT fanno parte varie medicine digruppo, ma non ci sono rapporti strutturati tranoi. L'organizzazione attuale del SistemaSanitario Nazionale ha superato definitivamentela figura del medico isolato, ma i rapporti tra lediverse medicine di gruppo sono ancora dacostruire. Probabilmente l'AFT diventerà crucialenel momento in cui scatterà il servizio diassistenza per le 24 ore proposto dalla Regione:dovrebbe scomparire il servizio di continuitàassistenziale (Guardia Medica) e questa funzionedovrebbe essere assorbita dai medici di famiglia”.

Quanto conta la presa in carico globale delpaziente?Dottoressa Biondi: “I decisori della sanitàpubblica dovrebbero però sempre ricordarsi chel'obiettivo finale del sistema è la presa in caricoglobale del paziente. Mettere in condizione ilmedico di famiglia di lavorare al meglio, significadare slancio a questo risultato. Il medico difamiglia ha il rapporto diretto con il paziente, loconosce. Se oggi l'emergenza riguarda anche glistili di vita scorretti, è il medico di famiglia chepuò intervenire approcciando il paziente in mododa tentare di provocare un cambiamento positivo.Ma per aiutare un paziente a smettere di fumareo a dimagrire, se è obeso o in sovrappeso,bisogno trovare il momento giusto, cogliere ladisponibilità della persona. Il nostro lavoro nonpuò essere invaso dalla burocrazia, è un lavorosulle persone e con le persone”.

È utile l'intervento del medico di famiglia perpromuovere stili di vita corretti?Dottoressa Michieli: “L'intervento breve da partedel medico di famiglia ha sempre un valore. Lasegnalazione di uno stile di vita da correggere, ilconsiglio di smettere di fumare, ecc. è efficace inun certo numero di casi. Ma ciò che rafforza la

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nostra azione è sicuramente la relazioneconsolidata con il paziente, una relazione in gradodi avere effetti davvero terapeutici. I nostripazienti presentano una incidenza delle diversepatologie in linea con i dati generali: al primoposto ipertensione arteriosa e problemicardiovascolari, seguono diabete e tumori. Inmolti casi uno stile di vita corretto è utile ancheper la prevenzione. Il diabete resta una malattiacomplessa in cui la responsabilità del paziente èfondamentale per tentare di ridurre nel tempopesanti complicanze. Riguardo ai tumori,dobbiamo dire che sta aumentando in genere lasopravvivenza dopo la diagnosi, anche in casi incui la malattia non era allo stadio iniziale”.

Siete impegnati anche nella formazionecontinua e nel sostegno all'apprendistato deigiovani medici?Dottor Severi: “L'impegno quotidiano è talmentepressante che non è sempre facile aggiornarsi, vistianche i continui progressi della medicina. È ancheper questo motivo che, insieme alla dottoressaMichieli, abbiamo accettato di dare la disponibilitàalla formazione dei giovani medici che trascorronocon noi un anno del loro praticantato per l'ingressonella professione. È un'occasione per ricevere daicolleghi più giovani ulteriori aggiornamenti sunuovi studi ecc. e per trasmettere la nostraesperienza sia dal punto di vista medico sia dalpunto di vista umano. Riteniamo fondamentale laformazione delle nuove generazioni di medici”.

Quale impatto può avere la collaborazione tramedici per affrontare i casi più complessi?Dottoressa Biondi: “Il lavoro in équipe è sempre

prezioso in medicina. Nel nostro gruppo spesso citroviamo a sostituire i colleghi e quindi abbiamol'occasione di esaminare anche i pazienti degli altrimedici e in questo modo diventa spontaneotalvolta scambiarsi pareri e segnalazioni specifiche.È buona prassi comunque tra noi discutere con icolleghi i casi più importanti o che presentano unadiagnosi incerta o una terapia particolarmentecomplessa. Vanno tenute in conto anche lespecializzazioni di ogni medico del gruppo che puòportare il proprio contributo anche in qualità dellapropria formazione specifica”.

In una società sempre più in crisi, comecambia il ruolo del medico di famiglia?Dottoressa Michieli: “Penso che potrebbe essereinteressante per i decisori della sanità pubblicaed anche per i colleghi specialisti dei distretti edell'ospedale passare qualche ora nei nostristudio di medicina generale per comprenderemeglio il lavoro che facciamo. Oggi le personesomatizzano anche i problemi della crisieconomica, della mancanza di lavoro e lasofferenza psicologica è sempre in aumento.Alcuni pazienti ritardano visite, esami ed acquistodi farmaci per problemi economici. Uno degliimpegni per i quali mi sto battendopersonalmente è anche per far emergereeventuali casi di violenza sulle donne tra le nostrepazienti. Il medico di famiglia è sempre in primalinea. Vorremmo continuare a farlo al meglio”.

PER INFORMAZIONIdottoressa Raffaella MichieliEmail: [email protected]

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L’evoluzione della sanità veneziana.Quale presa in carico della personatra ospedale e territorio?

punti di vistaConfronto sui servizi sociosanitari

In questo numero della rivista Venezia in salute apriamo unconfronto sull'evoluzione della sanità veneziana. Si tratta di unconfronto aperto che vuole essere costruttivo e propositivo eche speriamo continui nei prossimi numeri.

Secondo le indicazioni contenute nel Piano Sanitario regionalediffuso nel 2013, la Regione Veneto prevede la chiusura di oltre100 posti letto ospedalieri nell’Ulss12, la maggior parte diquesti all'ospedale civile di Venezia. L'obiettivo dichiarato dellaRegione è ridurre la centralità dell'ospedale per puntare aiservizi sul territorio.Privilegiare l'assistenza sanitaria sul territorio è senza dubbiouna scelta condivisibile, si tratta infatti di puntare ad unsistema di assistenza più vicino alla persona che permane,durante la cura, comunque nel suo domicilio.Vale la pena di rendersi conto però che siamo di fronte ad unaevoluzione radicale del sistema sanitario nazionale così come èstato finora inteso e sostenuto. E questa evoluzione comportapossibili esiti positivi ed anche potenziali gravi rischi riguardole nuove forme dell'assistenza sanitaria nel suo complesso e lapresa in carico della persona.

a cura di Piero Marchini,medico

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IL SISTEMA SANITARIO PREVISTO DALLALEGGE 833 DEL 1978Vediamo senza pregiudizi di analizzare lasituazione partendo dalla legislazione vigente.La legge, che ha istituito in Italia il SistemaSanitario Nazionale, la legge 833 del 1978,prevede che gli ospedali siano i luoghi di cura,mentre lascia ai servizi territoriali i compiti dellaprevenzione e della riabilitazione.Ne deriva che il paziente si rivolgerà alle struttureterritoriali per fare accertamenti radiologici,ematologici, visite specialistiche, ecc. Ma verràcurato in ospedale e, non appena possibile,dimesso per fare nel territorio la riabilitazione.

I COMPITI DEL TERRITORIO TRA MEDICINAGENERALE E DISTRETTILe strutture territoriali deputate alle funzioni diprevenzione e riabilitazione sono i ”Distrettisociosanitari, dove dovrebbe realizzarsi anchel'integrazione tra I servizi socio sanitari, anche adomicilio“.Ben diverso invece è il compito del medico difamiglia, a cui spetta la presa in carico dei propripazienti e, in linea generale, l'assistenza rispetto adalcune tipologie di prestazioni per codici bianchi(pazienti che non presentano nessuna urgenza).Per i medici di base risulta attualmente difficile,se non impossibile, poter dare punti o metterecateteri vescicali, poiché si pone la questionedella sterilizzazione degli strumenti. I medici dibase non sono messi in grado di fareelettrocardiogrammi ed anche fare un sempliceesame del sangue in ambulatorio è un problema,visto che gli autoanalyser costano e abbisognanodi tarature e manutenzione continua. Al momentoc’è poi il problema del personale infermieristico disupporto che sarebbe necessario inserire accantoai medici di famiglia.

LA MEDICINA DI BASE H 24 TRASFORMALA FIGURA DEL MEDICO DI FAMIGLIALa Regione Veneto sta lavorando in questi mesi allarealizzazione di medicine di gruppo (consorzi dimedici di famiglia) aperti anche 24 ore su 24.Queste strutture dovrebbero sostituire anche lafunzione esercitata dal servizio di ContinuitàAssistenziale (l'attuale Guardia Medica attiva dalle20 alle 8 e nei giorni festivi). Ne risulta però che,visto che in ogni medicina di gruppo sialterneranno vari medici in orari differenti, ilpaziente che si presenta in un certo momento nontroverà necessariamente il proprio medico, che neconosce la intera storia sanitaria e sarà valutatocomunque da altri medici di famiglia. Risulta infineevidente che i medici di base in ogni caso non ingrado di intervenire adeguatamente quando sisospettano emergenze o patologie acute.

E I DISTRETTI, QUALE RUOLO AVRANNO? E veniamo ai Distretti, che dovrebbero poter

contare su medicini specialisti, infermieri ecc ingrado di fornire anche prestazioni di un certolivello di specificità vista la dotazione tecnologicadi macchine per esami ecc a loro disposizione.A Venezia sono previsti due Distretti – uno all'exospedale G.B. Giustinian e un altro all’ex Ospedaleal mare al Lido – ma per la loro locazione nonsembra dunque che questi servizi possano esserefacilmente accessibili a tutti i cittadini in unterritorio come quello della città lagunare checomprende diversi quartieri e varie isole dellalaguna. L'accesso potrebbe essere ancora piùcomplicato per pazienti anziani o pluripatologiciche necessitano di lunghi periodo di riabilitazione.

UN RISCHIO TAGLIARE 100 POSTI LETTONELL'ULSS 12, MENTRE I SERVIZI SULTERRITORIO NON SONO ANCORA STATIPOTENZIATIBastano i pochi elementi qui citati per mostrare inquale quadro complesso si colloca la decisione dellaRegione Veneto di tagliare più di 100 posti letto negliospedali dell'ulss 12. Mentre in altre ulss del Veneto,e all'interno della stessa provincia di Venezia, i postiletto vengono mantenuti fino a che non entrerannoin funzione le strutture intermerdie e tutte le altrepreviste sul territorio, nell'ulss 12 veneziana laRegione pensa di procedere ai tagli aprendo di fattouna fase di grave incertezza rispetto alla reale econcreta presa in carico del paziente.Fanno riflettere i tagli previsti all'ospedale civile diVenezia dove dovrebbero essere ridotti a 4 i postiletto dell’Oncologia, e dovrebbero essere tolti 4posti letto anche ai reparti di Malattie Infettive eCardiologia. Inoltre dovrebbero essere chiusi tuttii 10 posti letto della Reumatologia. E questo soloper fare degli esempi.La rassicurazione da parte della Regione è chesaranno potenziati i servizi sul territorio.

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ESEMPI DI TAGLI E LE CONTRADDIZIONI CHE NE DERIVANO PER UNA CONCRETAPRESA IN CARICO DEL PAZIENTEMa non serve essere medici per comprenderecome siano delicate alcune questioni.Un paziente malato di cancro che inizia unachemioterapia non può essere dimesso subito, vamonitorato dagli specialisti e seguito per vederecome tollera la terapia (chemio o radio), ed inoltreva supportato con una alimentazione parenteraleadeguata, ecc. Quindi l’oncologia è gravementepenalizzata e l'assistenza ai pazienti oncologicipotrebbe non essere adeguata alle effettivenecessità.Un paziente anziano e cardiopatico cronico chefaccia un infarto non può essere subito dimesso,va seguito per qualche giorno in UnitàCoronarica, va stabilizzato con una nuova terapiae infine va valutato dal cardiologo che lo hacurato in ospedale.Il reparto di Malattie Infettive comprende anche ilCentro Regionale di Prevenzione e Cura dellaTubercolosi. I posti letto sono sempre occupati e leprevisioni sono di un aumento delle patologieinfettive con l'arrivo di nuovi ceppi e il rischio dinuove epidemie. Incredibilmente si pensa ditogliere 4 posti letto all'ospedale Venezia e ditogliere i posti letto attuali all'ospedale dell’Angelo.

ALTRI POSTI LETTO NELLE STRUTTUREINTERMEDIE, MA QUESTE NON SONOANCORA REALIZZATEQuesti ovviamente sono solo alcuneconsiderazioni riguardo all'ipotesi di taglio deiposti letto. Ciò che vorrei fosse chiaro è chedavvero molti pazienti non possono esseretrattati, se non in ospedale. Ma se in ospedale iposti non ci sono più, dove andranno a finirequesti pazienti? Dove si cureranno? Alcunirischiano di rimanere scoperti. Altri potrebberorivolgersi ad Ulss meno penalizzate dai tagli e astrutture private accreditate.Per fronteggiare il problema, la Regione Veneto haprevisto anche una cinquantina di letti in“strutture intermedie”. In queste strutture non èancora certo su quale organico di medici - conformazione in medicina generale o specialisti - sipotrà contare, né quali pazienti potranno esserviricoverati e con quale assistenza.La Regione dice che non verrà chiuso un sololetto prima di aver potenziato il territorio eprevede un anno di tempo per risolvere laquestione. Personalmente ho molto stima deldirettore generale dell'ulss 12 veneziana,Giuseppe Dal Ben, ma mi rendo conto che siamodi fronte ad una missione molto difficile darealizzare in tempi così brevi.

UNA SANITÀ VENEZIANA DAL FUTURO INCERTOSiamo dunque di fronte ad un periodo delicato e di grande incertezza in cui molti degli elementi

che ho qui descritto non devono essere trascurati.Certamente non è pensabile che sianoindispensabili 4 ospedali con identiche funzioni aMirano, Mestre, Venezia e San Donà nel panoramadi una moderna sanità fatta di eccellenze.È evidente che la Regione deve fare un PianoSanitario individuando negli ospedali leeccellenze e su quelle fare un investimento fortein modo da far divenire quella struttura un poloimportante e per la sanità pubblica. E nelcontempo ogni ospedale deve poternaturalmente continuare a svolgere le varieattività di base. Non è un obiettivo semplice daraggiungere in generale, ma soprattutto nelprendere decisioni dalle pesanti ricadute sociali,sanitarie ed assistenziali, la Regione non devedimenticare la complessità del contesto e lapriorità della presa in carico globale della personadal punto di vista socio sanitario stimolandoanche la collaborazione con i comuni. Inparticolar modo in un momento di grave crisieconomica ed istituzionale.Quelle che ho fatto sono ovviamente osservazionidi un medico.Non ho tutti gli elementi di contesto e di analisiche sono a disposizione normalmente di undirigente della sanità pubblica o di un politico. Leosservazioni che ho fatto derivano dalla miaesperienza di medico e di cittadino veneziano. Hoconsiderato alcuni aspetti che mi sembranoimportanti. Spero che servano per un dibattitoaperto e costruttivo che affronti tutti gli aspetti ingioco fondamentali per benessere della nostracomunità.

Piero Marchini, ora in pensione, è stato primario diNefrologia all'ospedale civile di Venezia, Direttoredipartimento di medicina specialistica della ulss12 e vicepresidente dell'Ordine dei Medici dellaProvincia di Venezia.

PER INFORMAZIONIDottor Piero MarchiniIndirizzo Email: [email protected]

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Dottoressa Chirico, quali sono i sintomi di unpossibile diabete in un bambino o in unadolescente? Come possono essere coltitempestivamente questi sintomi da genitori emedico curante? Ancora oggi il diabete mellito di tipo 1 (DMT1) èriconosciuto tardivamente in una elevatapercentuale di casi, con evidenti rischi per ilpaziente e costi per il Servizio Sanitario. Alcontrario, una diagnosi precoce di DMT1 riduce ilrischio della comparsa di chetoacidosi diabetica,con tutte le conseguenze di rischio di mortalità egrave morbilità ad essa associata. Essagarantisce anche un follow-up della malattia piùagevole. Il ritardo diagnostico è imputabileprincipalmente al tardivo ricorso allaconsultazione medica da parte dei genitori che

osservatorioDiabete infantile, in aumento anche a causa di sovrappeso e obesità.L’importanza della prevenzione e delladiagnosi precoce.Intervista a Michela Chirico, pediatraall’ospedale dell’Angelo di Mestre

Pediatria

Il diabete è una malattia che presenta il rischio di gravi complicanze per ipazienti e di ingenti costi sociali. È per questo che è fondamentale, ancor piùin bambini e adolescenti, intervenire con una diagnosi tempestiva nei casi didiabete di tipo 1, di origine autoimmune, e prevenire i casi di diabete di tipo 2,con uno stile di vita sano.Oggi un bambino su 200 in Veneto è ad alto rischio di sviluppare il diabete ditipo 2, a causa di sovrappeso o obesità.Uno stile di vita sano è anche necessario per permettere la migliore gestionedelle diverse forme di diabete, riducendo le complicanze.Abbiamo intervistato la dottoressa Michela Chirico, pediatra dell'ospedaledell'Angelo di Mestre, esperta di diabete infantile.

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sottostimano la presenza di segni della malattia(scarsa informazione) o, talvolta, al percorsodiagnostico non ottimale proposto dal medicocurante. I segni inequivocabili e costanti di undiabete tipo 1 all’esordio sono: un aumentosmodato della sete, un aumento importante delladiuresi con spesso ripresa a bagnare il letto dinotte e calo ponderale.Possono essere gli insegnanti stessi che siaccorgono che il bambino chiede spesso di andarein bagno ed è quindi molto importantesensibilizzare le scuole su questo argomento. Lacondizione di pre-diabete (intolleranza al glucosio)e di diabete mellito di tipo 2 (DMT2) viene spessonon diagnosticata nel bambino-adolescente obeso.

Quando un bambino presenta una sospettadiagnosi di diabete, quali esami clinici occorrefare?Semplicemente fare un esame urine (sarebbeopportuno che il medico avesse in ambulatorio unsemplice stick per evidenziare la presenza diglucosio urinario) e associare una glicemia(anche capillare).Importante è non perdere tempo per cui, neldubbio, piuttosto che inviare il bambino inlaboratorio per eseguire gli esami ed avere magarila risposta dopo qualche giorno, sarebbeopportuno inviare il bambino in Pediatria(abbiamo contatti continui e reciproci con tutti iPediatri del territorio) per ottenere una diagnosiveloce e un rapido inizio della terapia.

Come si arriva ad una diagnosi certa didiabete? E come deve essere seguito unbambino diabetico?La diagnosi di diabete mellito è già fatta quandosi trova un valore di glicemia superiore o pari a200 mg/dl in qualsiasi momento della giornatavenga misurato. La conferma della naturaautoimmune del diabete è di solito ipotizzata dalquadro clinico di esordio che è semprecaratteristico e poi dimostrata dalla presenzadegli autoanticorpi che possono venire dosati nelsangue. Questa ricerca, insieme alladimostrazione della predisposizione genetica(ricerca di sequenze di DNA predisponenti allosviluppo di malattie autoimmuni come diabete eceliachia) fa parte di una serie di esami a cuiviene sottoposto il bambino a cui è stato appenadiagnosticato un diabete mellito.Durante il ricovero il paziente e la sua famigliavengono istruiti all’autogestione del diabete (stiledi vita, terapia insulinica sottocute,alimentazione, importanza dell’attività fisica ecc).In seguito il bambino diabetico viene sottopostoad una valutazione trimestrale di alcuni parametrimetabolici come l’emoglobina glicata che è unindice dell’andamento glicemico medio e circa unavolta all’anno vengono valutate le funzioni dei variorgani ed apparati (reni, vista, ecc…). È chiaro che,

soprattutto i primi giorni dopo la dimissione, c’èampia disponibilità da parte del Pediatradiabetologo a rispondere a domande, dubbi epaure che spesso accompagnano queste famiglie.

Cosa succede quando il diabete èdiagnosticato in età adolescenziale?Il DMT1 in età evolutiva (0-17 anni) presentacaratteristiche che lo distinguono dalla malattiain età adulta, inserendosi nel più ampio contestodello sviluppo intellettivo, psichico e relazionaledel bambino, coinvolgendo famiglia, scuola,mondo sportivo, amicizie. Il bambino con diabeteè innanzi tutto un bambino e come tale habisogno dell’assistenza e del supporto che solol’area pediatrica può offrire. I soggetti affetti daDMT1 in età evolutiva, come per altre forme dicronicità, hanno scarsa necessità di accessiospedalieri, soprattutto per ricovero ordinario, manecessitano di adeguate risposte di assistenzaterritoriale: ambulatori, attività formativeresidenziali (campi scuola), assistenza domiciliaree extramurale (famiglia e scuola). Purtroppo, adoggi, non tutte le varie forme di diabete sonogestite in area pediatrica. Inoltre, l’approccioesclusivamente bio-medico non è più sufficienteed adeguato alla gestione di ogni condizione dicronicità, che sollecita notevolmente gli aspettipsico-sociali del paziente e della famiglia.

Possono esserci forme di diabete silenti? Vale la pena di attivare monitoraggi mirati su bambini nati in famiglie in cui la malattia è già presente?Data la patogenesi autoimmune del diabete 1, inrealtà non esistono delle forme silenti ma deicosiddetti pre-diabete: cioè la fase in cui il soggettoinizia a produrre autoanticorpi (diretti contro lecellule pancreatiche produttrici di insulina) ma incui i valori glicemici sono ancora nella norma.In questa fase fare degli screening glicemici nonci porterebbe alcun vantaggio. Dovrebbero essereeventualmente fatti degli esami specifici: laricerca di assetti genetici predisponenti, ricerca diautoanticorpi specifici, il dosaggiodell’emoglobina glicosilata, che ci potrebberomettere in allarme, ma questi esami sono moltospecifici e ha senso farli solo in caso di parenti diprimo grado di soggetti diabetici tipo1 (adesempio nei fratelli). Teniamo comunque contoche, anche sapere che un soggetto è predispostoad avere il diabete autoimmune o già presenta glianticorpi, non ci permette di impedire il naturalesviluppo della malattia, poiché non abbiamoancora strumenti per arrestare il processoautoimmunitario e quindi la distruzione dellecellule pancreatiche.Il monitoraggio dei soggetti a rischio però cipotrebbe aiutare ad evitare l’esordio sintomaticodella malattia e l’inizio molto precoce dellaterapia con probabilmente anche l’opportunità di

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rendere più lento il processo di esaurimentodell’attività pancreatica del soggetto diabetico.

Quali sono i rischi che comporta il diabeteinfantile? Cosa significa soffrire di diabete findall'infanzia?La conoscenza del diabete del bambino è pocodiffusa nella popolazione.Le conseguenze sono: - ritardo diagnostico all’esordio;- rischi di complicanze metaboliche acute e a lungo

termine;- sottovalutazione delle esigenze terapeutiche

e sociali;- rischio di discriminazione sociale.Le complicanze a lungo termine del DMT1, legatea persistenti valori di iperglicemia e a frequentisbalzi glicemici che determinano un dannovascolare, sono molto rare in età evolutiva econsentono una qualità di vita di buon livello. Lagenesi delle complicanze è legata al controlloglico-metabolico, ma anche allo stile di vita(nutrizione e attività motoria). Un approcciobiomedico e psico-sociale integrato consente ilraggiungimento di un buon controlloglicometabolico, che in genere si mantiene neltempo, riducendo la frequenza e la gravità dellecomplicanze a lungo termine.

Quali sono le complicanze più pericolose?Le complicanze acute sono rappresentate dallacheto acidosi e dalle ipoglicemie.ChetoacidosiIl diabete si può scompensare per diverse causeed evolvere rapidamente verso la chetoacidosi.Le cause principali sono legate a malattie

intercorrenti o ad una cattiva gestione dellaterapia come talvolta accade in certe fasce d’età(soprattutto nel periodo adolescenziale).L’educazione dei familiari e dei ragazziall’autogestione della malattia permette di gestirequesti episodi, senza la necessità di ricorrere alricovero ospedaliero.Ipoglicemia graveL’educazione dei familiari e dei ragazziall’autogestione della malattia permette laprevenzione ed il trattamento efficacedell’ipoglicemia grave. I familiari, gli operatoriscolastici ecc. educati nei centri pediatrici, sono ingrado di gestire un’ipoglicemia grave anchericorrendo alla somministrazione di glucagone.L’incidenza delle ipoglicemie gravi nella letteraturapediatrica, grazie anche ad insuline più efficaci esicure, è al di sotto di 2 episodi/100 pazienti/anno.

Quanto conta l'approccio psicologico nella efficace gestione del diabete da parte di paziente e familiari?Da quanto descritto, si può capire quantopressante sia l’impegno nel gestire questo tipo dipatologia anche se i ragazzi possono svolgere unavita del tutto simile ai coetanei. È chiaro che allalunga risulta pesante l’obbligo di doversisottoporre a continui controlli e a iniezionipluriquotidiane, cercando di mantenere uno stiledi vita il più possibile sano, soprattutto in questasocietà dove i modelli proposti si stannodirigendo in senso diametralmente opposto. Iocerco di motivare i ragazzi e le famiglie facendoloro notare che, avere il diabete in giovane età,può essere visto come l’opportunità di seguiredegli stili di vita sani che impediranno le

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complicanze a lungo termine, a cui andrannosicuramente incontro tutti quelli che oggi nonpensano alla loro salute. Non sempre è facile faraccettare queste motivazioni ed ecco che diventaimportante, soprattutto per non far compariredisturbi comportamentali, il supporto di un teamdiabetologico costituito anche da figureprofessionali, quali lo psicologo e il dietistaesperto, che possano completare il supporto deiragazzi e delle loro famiglie. Purtroppo tale tipo diorganizzazione, ormai riconosciuta irrinunciabiledalla letteratura internazionale per la cura deibambini e ragazzi diabetici, non è ancorapresente in tutti i Centri diabetologici pediatrici.

Qual è lo stile di vita più indicato per unbambino o ragazzo diabetico?Per la cura del diabete in età evolutiva i maggioriprotagonisti sono il paziente e la famiglia che,ancora di più rispetto a quanto accade per altremalattie, sono i principali responsabili della qualitàdella vita e della prevenzione delle complicanze adistanza. Le basi della terapia sono: una corretta terapia insulinica adattata allafisiologia e alla quotidianità delbambino/adolescente, che presenta variazionispesso imprevedibili;- una corretta alimentazione, intesa non come dieta,

ma come alimentazione salutare che consente all’individuo sia un miglior controllo della glicemia che di altri parametri metabolico-clinici;

- una valida attività fisica quotidiana in prevalenzadi tipo aerobico;

- un’appropriata autogestione non limitata solo ai controlli glicemici e della glicosuria-chetonuria,ma allargata alla convivenza migliore possibile con la malattia.

Ciò si ottiene attraverso l’educazione terapeuticadel paziente e della famigliaIl rispetto di questi quattro principi consente unaqualità di vita accettabile e soprattutto al riparodalle gravi complicanze a distanza, in attesa disoluzioni terapeutiche semi-definitive o definitive,che appaiono ancora lontane. Il DMT1 èteoricamente guaribile solo con un trapianto di isolepancreatiche (ancora poco efficace e soprattuttorischioso per l’uso obbligato di farmaci anti-rigetto),ma questa è una procedura da riservare a casiparticolari. In sintesi il DMT1 è, per il momento, unamalattia cronica ma ben controllabile, grazie ad ungravoso impegno quotidiano mirato al rispetto delleindicazioni terapeutiche.

Quali possono essere i futuri rischi ditrasmissione genetica della malattia per ibambini e le bambine affetti da diabete?La probabilità per una donna con diabete di tipo 1di avere un figlio che potrà sviluppare diabete nelcorso della sua vita è tra l’1 e il 4%. Se il figlio èinvece di un uomo con diabete tipo 1 laprobabilità è leggermente più alta (circa 5%).

Per una donna con diabete di tipo 2 la probabilitàdi avere figli che svilupperanno diabete di tipo 2 èdoppia rispetto alla restante popolazione.I numeri assoluti sono tuttavia così bassi da nongiustificare alcuna limitazione al desiderio digravidanza e in questo senso le donne debbonoessere rassicurate.Il diabete è una patologia che come abbiamodetto può determinare danni vascolari. Quindianche la gravidanza risente di eventuali dannivascolari, per cui sarebbe opportuno poterlaprogrammare in un periodo di buon compensometabolico nella madre diabetica e sicuramenteadottare durante la gravidanza stessa un accortomonitoraggio glicemico e una ottimizzazionedella terapia. In questo modo i rischi per ilbambino sono assolutamente minimi.

Quali sono le correlazioni tra diabete ed altremalattie o situazioni preoccupanti comeobesità, sedentarietà, ipercolesterolemia ecc.anche nei bambini?Come già detto, purtroppo il diabete tipo 2, legatopiù strettamente a condizioni di obesità e erratostile di vita, è in aumento anche nei bambini. Stadiventando sempre più una piaga sociale e traqualche anno ne pagheremo le conseguenze. Èper questo che la necessità che ci impone ildiabete 1 di seguire un certo modello di vitapotrebbe essere visto come opportunità di unavita sana e una prevenzione di quella “sindromemetabolica” (ipercolesterolemia, diabete 2,ipertensione ecc…) di cui tutti noi siamo a rischio.

L'INCIDENZA DEL DIABETE MELLITO DI TIPO 1(AUTOIMMUNE) NEI BAMBINI E NEGLIADOLESCENTI

IN AUMENTO ANCHE NELLA FASCIA 0-5 ANNIIl diabete mellito tipo 1 (DMT1) è la forma didiabete più comune nel bambino enell'adolescente e rientra nelle malattieautoimmunitarie.In Italia l’incidenza (numero casi/100.000soggetti 0-14 anni/anno) del DMT1 presentaun’ampia variabilità geografica:

Maschi Femmine

Nord 12 10,4 Centro 9,8 8,9 Sud 6,4 6,0 Sardegna 43,3 30,1

L’incidenza è in costante aumento, stimato inmedia pari al 3,6%/anno.L’incidenza è in aumento anche in Europa esoprattutto tra i più piccoli: 0–5 anni + 5.4 % /anno 5-9 anni + 4.3%/anno 10-14 anni + 2.9%/anno.Se questo trend continua, è prevista unaproiezione di aumento del 70% fino al 2020 ed unraddoppio dell’incidenza nella fascia 0-5 anni.Questo aumento rapido è probabilmente legato afattori ambientali (alimentazione nella primainfanzia, infezioni virali, ecc.).Oltre a colpire bambini sempre più piccoli,interessa in modo crescente i figli di immigrati.Non esistono dati recenti sulla prevalenza deldiabete in età evolutiva in Italia.

OBESITÀ E SOVRAPPESO AUMENTANO ANCHE L'INCIDENZA DI DIABETE MELLITO 2

1 BAMBINO SU 200 NEL VENETO È INCONDIZIONE DI NOTEVOLE RISCHIO Si stima che in Veneto ci sia una incidenza didiabete tipo 1 di circa il 12%. La popolazionetotale in Veneto è di circa 5 milioni di abitantidove circa 250.000 sono i diabetici noti di cui7500 sono di tipo 1 mentre la gran parte èrappresentato dal tipo 2.La prevalenza è in crescita e ci aspettiamo circa200 nuovi casi/anno di tipo 1 e 20.000 nuovicasi/anno di tipo 2.Il diabete mellito tipo 2 (DMT2) nell’età evolutivaè raro, ma la sua incidenza sta aumentando.Come nell’adulto, l’80-90 % dei soggetti conDMT2 è obeso.L’incidenza degli esordi di DMT2 neibambini/adolescenti in sovrappeso o obesiaumenta del 2%/anno.Un bambino/adolescente su tre nel Veneto è ineccesso ponderale ed uno su dieci è obeso.L’intolleranza glucidica, considerata condizione diprediabete, è presente in circa il 5% deibambini/adolescenti obesi.Si può quindi stimare che circa unbambino/adolescente su 200 nel Veneto si trovi giàin una condizione di notevole rischio di diabete.

PER INFORMAZIONIDottoressa Michela Chiricoindirizzo Email: [email protected]

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prevenzione e stili di vitaNutrizione

La dieta mediterranea, ottimo regimealimentare anche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.Intervista a Claudia Agnoli, ricercatriceUnità di Epidemiologia e PrevenzioneFondazione IRCCS Istituto NazionaleTumori di MilanoL’Unità di Epidemiologia e Prevenzione della Fondazione IRCCS – IstitutoNazionale dei Tumori di Milano è uno dei 5 centri italiani partecipanti alprogetto EPICOR. Lo scopo di questo progetto è valutare l’associazione tradieta, stato nutrizionale, stile di vita, fattori metabolici, caratteristicheantropometriche, genetiche e insorgenza di malattie cardiovascolari nellacoorte italiana dello studio EPIC, un grande studio multicentrico europeoche coinvolge oltre 500.000 volontari e migliaia di ricercatori in diecinazioni europee e al quale l'Unità di Epidemiologia dell'Istituto di Milanopartecipa ormai da quasi venti anni. Lo scopo del progetto è quello distudiare l’associazione tra dieta, stato nutrizionale, fattori ambientali legatiallo stile di vita, fattori genetici e l’insorgenza di tumori, avendo adisposizione una coorte eterogenea in termini di abitudini alimentari eincidenza dei vari tipi di tumori.Abbiamo intervistato la dottoressa Claudia Agnoli, ricercatrice Unità diEpidemiologia e Prevenzione Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumoridi Milano per conoscere meglio gli esiti di questi importanti studi.

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Dottoressa Agnoli, ci può raccontare come si èsvolta la vostra attività all'interno dello studiochiamato EPICOR? Quali sono stati i risultatiriguardo i vantaggi offerti dalla dieta basatasull'indice mediterraneo italiano?All’interno dello studio EPICOR, che conta oltre45.000 volontari, il nostro gruppo di ricerca hacreato e validato un pattern alimentare chedescrive l’aderenza alla dieta mediterraneaitaliana, l’Indice Mediterraneo Italiano. Questopattern è caratterizzato da: un elevato consumodi alimenti considerati tipici della dietamediterranea italiana, quali verdure (pomodori,verdura a foglia, verdura a frutto, aglio e cipolla),frutta, legumi, olio d’oliva e pesce; un bassoconsumo di alimenti non tipici della tradizioneitaliana, quali carne rossa e lavorata, burro, patatee bevande zuccherate; infine, un moderatoconsumo di alcool, ossia fino a un bicchiere algiorno (nel nostro studio si tratta in prevalenza divino). Questo indicatore è stato valutato inrelazione al rischio di ictus insieme ad altri trepattern alimentari: Healthy Eating Index 2005,che descrive l’aderenza della dieta alle linee guidaamericane del 2005; DASH diet score, chedescrive l’aderenza ad una dieta considerataprotettiva per l’ipertensione e in grado diabbassare i livelli di colesterolo ematico; IndiceMediterraneo Greco, che descrive l’aderenza aduna dieta mediterranea tipica della Grecia.L’aderenza a tutti e quattro questi patternalimentari risulta protettiva per l’insorgenza diictus, tuttavia la protezione è più evidente perl’Indice Mediterraneo Italiano, probabilmente inquanto, essendo disegnato sulla popolazioneitaliana, riesce a cogliere meglio gli aspettisalutari della dieta.La vostra unità di ricerca ha partecipato anchead altri studi che analizzavano il rapporto tra

dieta mediterranea e mortalità per malattiecardiovascolari?Oltre allo studio nazionale EPICOR, il nostro gruppoha partecipato a diversi lavori in ambitointernazionale sulla relazione tra aderenza alla dietamediterranea e prevenzione delle malattie. Inparticolare, all’interno del progetto EPIC-Europa, èstato condotto lo studio EPIC-Elderly sullapopolazione anziana (oltre i 60 anni) in cui è statavalutata l’associazione tra aderenza alla dietamediterranea (definita dall’Indice MediterraneoGreco) e aspettativa di vita. Da questo studio, per ilquale sono stati analizzati oltre 70.000 soggetti, èemerso che tanto più la dieta rispecchiava quellamediterranea, quanto più si riduceva la mortalità.Sempre all’interno di EPIC-Elderly, è stato poivalutato l’effetto della dieta mediterraneasull’aspettativa di vita di persone che avevano avutoin precedenza un infarto del miocardio. I risultatiemersi sono analoghi: all’aumentare dell’aderenzaad un pattern alimentare di tipo mediterraneo, lamortalità si riduceva in modo significativo.Quali sono i risultati emersi riguardo lafunzione preventiva svolta dalla dietamediterranea anche per sovrappeso ed obesitàed altre malattie?All’interno di EPIC vi è poi lo studio PANACEA(Physical Activity, Nutrition, Alcohol Consumption,Cessation of Smoking, Eating Out of Home, andObesity) un sottoprogetto che ha lo scopo divalutare i determinanti dei cambiamenti del pesocorporeo e dell’obesità, una condizione morbosache rappresenta un fattore di rischio per numerosemalattie cronico-degenerative quali malattiecardiovascolari, diabete di tipo 2 e cancro. Anche inquesto caso i risultati indicano un effetto beneficodella dieta mediterranea. Avere uno stilealimentare di questo tipo risulta infatti preventivonei confronti dell’aumento di peso e dello sviluppodell’obesità: le persone con un’alta aderenza alpattern alimentare mediterraneo mostrano unariduzione del peso corporeo in un periodo di 5 annie hanno il 10% in meno di probabilità di svilupparesovrappeso o obesità. Sembra che gli effettipositivi della dieta mediterranea sul peso corporeosiano dovuti principalmente al basso contenuto dicarne rossa di questo tipo di dieta.Vi sono infine i risultati relativi allo studioINTERACT, un sottoprogetto di EPIC avente loscopo di valutare come fattori genetici e legatiallo stile di vita interagiscono tra loro einfluenzano il rischio di sviluppare il diabete ditipo 2. Da questo studio è emerso come la dietamediterranea protegga anche dal rischio disviluppare diabete di tipo 2.La letteratura internazionale quando hainiziato a evidenziare i benefici della dietamediterranea?Da lungo tempo la dieta mediterranea vieneconsiderata come la dieta ottimale per ilmantenimento di un buono stato di salute e per la

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prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative. I primi studi epidemiologici adindicare un possibile effetto benefico della dietamediterranea sulla salute sono di tipo descrittivoe risalgono agli anni ’60, quando Ancel Keys, nel“Seven Countries Study”, mostrò che la mortalità,sia totale sia per patologie cardiovascolari, eramolto minore nei Paesi mediterranei (Italia, exYugoslavia, Creta e Grecia) rispetto al NordEuropa, Stati Uniti e Giappone. Questepopolazioni differiscono tra loro per vari fattori,tra i quali sicuramente le abitudini alimentari. Perquesto motivo, da allora si è prestata grandeattenzione allo sviluppo di metodologie chepermettessero di stimare l’aderenza ad unpattern alimentare mediterraneo.Quali sono gli alimenti su cui si basa il regimealimentare mediterraneo?Con il termine “pattern alimentare mediterraneo”,introdotto per la prima volta nel 1993 inoccasione della Conferenza Internazionale sulleDiete del Mediterraneo, si intende il patternalimentare tipico delle aree geografiche delbacino mediterraneo in cui vengono coltivate leolive, caratterizzato dai seguenti elementi:elevato consumo di frutta, verdura e legumi;elevato consumo di olio di oliva, che rappresentail principale condimento; consumo medio-alto dipesce; consumo moderato di latticini, soprattuttoformaggi e yogurt; moderato consumo di vinodurante i pasti; basso consumo di carni rosse elavorate e di grassi di origine animale. A questoproposito sono stati sviluppati pattern alimentari

(es. MedDietScore greco, MediterraneanAdequacy Index, Indice Mediterraneo Italiano)che misurano, attraverso un punteggio, quanto ladieta di una persona rispecchi lo stile alimentaremediterraneo.Quali sono gli effetti protettivi finora registrati?Una recente revisione sistematica della letteratura,pubblicata nel 2010, comprendente 18 studiepidemiologici di coorte ha valutato l’effettodell’aderenza ad uno stile alimentare mediterraneosul rischio di sviluppare le seguenti patologie:mortalità totale, incidenza o mortalità per malattiecardio e cerebrovascolari, incidenza o mortalità pertumore, incidenza di malattie neurodegenerative. Irisultati di questa revisione confermano che isoggetti con la maggior aderenza ad una dieta ditipo mediterraneo sono significativamente protettida tutte queste malattie.Sono stati individuati i meccanismi attraverso iquali si sviluppano gli effetti preventivi sullemalattie cronicodegenerative?Molteplici potrebbero essere i meccanismiattraverso i quali la dieta mediterranea esplica isuoi effetti benefici sulla prevenzione delle malattiecronico-degenerative. Numerose malattie cronico-degenerative potrebbero essere associate ad unaumentato stress ossidativo e la dietamediterranea, che è un’eccellente fonte dicomposti antiossidanti quali vitamine, minerali efitochimici (provenienti in particolare da frutta,verdura, legumi e olio extra vergine d’oliva), è stataassociata ad un minor livello di marker ossidativinel plasma. Anche la risposta infiammatoria

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costituisce un fattore di rischio per queste malattiee la dieta mediterranea, con il suo apporto disostanze dalle proprietà antiinfiammatorie qualiacidi grassi omega-3 (pesce), fenoli (olio d’oliva) eflavonoidi (frutta e verdura), è stata associata adun minor livello di marker infiammatori. Infine,studi d’intervento e studi prospettici di coortehanno trovato un legame tra aderenza alla dietamediterranea e marker della coagulazione, delladisfunzione endoteliale, presenza di dislipidemia,sovrappeso e ipertensione, i principali fattori dirischio per le malattie cardiovascolari e altremalattie cronico degenerative.Il fatto che tutti questi nutrienti vengano assuntiall’interno di un pattern alimentare e non comesupplementi o da un’unica fonte alimentarepermette inoltre di massimizzarne i benefici tramiteeffetti sinergici e si evita inoltre il potenziale effettotossico dovuto a concentrazioni troppo elevate.Esistono anche studi osservazionali chedescrivono i benefici sulle popolazioni cheadottano la dieta mediterranea?Tra gli altri studi osservazionali troviamo invece:ATTICA, studio epidemiologico condotto in Greciaper il quale sono stati arruolati, tra il 2001 e il2002, circa 3000 volontari. Da questo studio èemerso che le persone con un tipo di dietamediterranea presentano livelli più bassi deiseguenti marker infiammatori e dellacoagulazione: proteina C-reattiva, omocisteina,conta dei globuli bianchi e fibrinogeno; SUN, studio di coorte dinamica di universitarispagnoli iniziato nel 1999. In un’analisi svolta suoltre 9.000 volontari reclutati tra il 1999 e il 2005è emerso che l’aderenza alla dieta mediterranea èassociata ad una riduzione della pressionesistolica e diastolica; Nurses’ Health Study, studio prospettico di coorteiniziato negli Stati Uniti nel 1976 e che ha reclutatooltre 120.000 infermiere. Le donne che alreclutamento presentavano una maggior aderenzaad uno stile alimentare mediterraneo,presentavano anche concentrazioni più basse dimarker infiammatori e di disfunzione endoteliale,quali proteina C-reattiva, interleuchina-6,selectina-E e molecola intercellulare di adesione-1; EPIC. Come citato in precedenza, questo studiomulticentrico europeo ha mostrato come seguireun’alimentazione di tipo mediterraneo prevengadall’insorgenza di sovrappeso e obesità.Possiamo descrivere l'effetto protettivoesercitato rispetto alle malattie cardiovascolari?Visti gli effetti benefici che esplica sullo stato disalute in termini di riduzione del peso corporeo equindi del rischio di sviluppare obesità,abbassamento dei livelli di pressione e quindi delrischio di sviluppare ipertensione, dislipidemia,resistenza insulinica, profilo infiammatorio, dellacoagulazione e della disfunzione endoteliale, ladieta mediterranea non può che avere un effettoprotettivo anche nei confronti delle malattie

cardio e cerebrovascolari. Sono infatti questi iprincipali meccanismi coinvolti nell’insorgenzadelle malattie cardio e cerebrovascolari. Questoeffetto protettivo è stato confermato dalle ultimerevisioni sistematiche della letteratura suaderenza alla dieta mediterranea erischio/mortalità per malattie cardio ecerebrovascolari e da studi di intervento, chesuggeriscono l’esistenza di interazioni biologichetra i differenti componenti della dietamediterranea, piuttosto che un effetto dovuto adun singolo nutriente o alimento.Cerchiamo di entrare nello specifico: qualeprotezione si è riscontrata rispetto allepatologie coronariche?Per quanto riguarda gli studi osservazionali, iprimi risultati sull’effetto di un pattern alimentaremediterraneo sul rischio di malattiecardiovascolari provengono da studi prospettici dicoorte eseguite nei Paesi europei del bacinomediterraneo. Nel 1995, un’analisi eseguita sullacoorte greca di EPIC ha mostrato per prima cheun’elevata aderenza a uno stile alimentaremediterraneo è associata ad una significativariduzione del 33% della mortalità per malattiecoronariche. Anche lo studio HALE (HealthyAgeing: a Longitudinal study in Europe),comprendente una coorte di oltre 2000 anziani(70-90 anni) reclutati tra il 1988 e il 2000 in 11Paesi europei, ha trovato una significativariduzione della mortalità sia per malattiecoronariche che per malattie cardiovascolari. Nel2007, l’effetto protettivo della dieta mediterraneasulle patologie cardiovascolari è stato valutato inuna coorte statunitense, il NIH-AARP Diet andHealth Study: da questo studio, condotto su oltre350.000 volontari, è emersa una significativariduzione del 22% di mortalità per malattiecardiovascolari per chi aveva un’elevata aderenza

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alla dieta mediterranea. Anche nello studio dicoorte Nurses’ Health Study, in un’analisi su circa75.000 infermiere seguite dal 1984 al 2004, èstata trovata una riduzione della mortalità damalattie cardiovascolari per coloro che avevanoun’elevata aderenza alla dieta mediterranea,insieme ad una significativa riduzionedell’insorgenza di coronaropatie e ictus.Successivamente, due studi spagnoli hannomostrato un significativo effetto protettivo delladieta mediterranea sull’insorgenza di malattiecardiovascolari: la sezione spagnola della coorteEPIC e la coorte SUN.E rispetto all'ictus?Dallo studio EPICOR, pubblicato nel 2011 e citatoin precedenza, emerge che un tipo di dieta cherispecchia quella mediterranea italiana proteggedall’insorgenza di ictus, sia di tipo ischemico cheemorragico. Sempre nel 2011, lo studio di coortemultietnico statunitense Northern ManhattanStudy ha confermato l’effetto protettivo delladieta mediterranea sul rischio di insorgenza dimalattie cardiovascolari totali (ictus ischemico,infarto del miocardio o morte vascolare) e dimorte vascolare. Un altro studio italianopubblicato nel 2012, condotto su uomini arruolatinel Seven Countries Study, mostra che l’aderenzaad un pattern mediterraneo, definito dalMediterranean Adequacy Index (rapporto tra ilconsumo di alimenti tipicamente mediterranei?pane, cereali, legumi, patate, verdura, fruttafresca e secca, pesce, vino, oli vegetali? e quellodi alimenti non mediterranei ? latte, formaggio,carne, uova, grassi animali e margarina, bevandezuccherate, dolci, zucchero) è protettiva neiconfronti degli eventi coronarici fatali.Quali sono i risultati più recenti sugli effettiprotettivi per tutti i tipi di malattiecardiovascolari? Nel 2012 i risultati di un’analisi effettuata sullacoorte olandese dello studio EPIC mostrano cheanche in questa popolazione alimentarsi secondoun pattern mediterraneo protegge dall’insorgenzadi malattie cardiovascolari totali e nello specificomalattie cardiovascolari mortali, infarto delmiocardio, ictus ed embolismo polmonare. Inquesto anno anche dalla coorte greca di EPICarriva una conferma dell’effetto protettivo delladieta mediterranea sul rischio di insorgenza emortalità per ictus; questa protezione risultaparticolarmente evidente nelle donne e per l’ictusischemico piuttosto che per quello emorragico.Le ultime conferme dell’effetto benefico delladieta mediterranea sulle patologie cardiachearrivano dalla coorte danese MONICA, in cuiun’alta aderenza ad un pattern alimentaremediterraneo è associata ad una riduzione delrischio di mortalità e insorgenza di malattiecardiovascolari e infarto del miocardio, anche senon emerge una protezione significativa neiconfronti dell’ictus.

Le conferme dell’effetto benefico della dietamediterranea nella prevenzione delle malattiecardiovascolari arrivano anche da un grandestudio d’intervento, il già citato PREDIMED. Irisultati di questo studio sono stati pubblicati nel2013: su 7447 persone sane ma ad alto rischiocardiovascolare arruolate, 288 hanno sviluppatouna malattia cardiaca (infarto del miocardio,ictus, o morte per malattia cardiovascolare). Èemersa una protezione significativa nei confrontidi queste malattie in entrambi i gruppid’intervento (dieta mediterranea supplementatacon olio extravergine d’oliva o con frutta secca)rispetto al gruppo di controllo.Sono stati registrati benefici effetti della dietamediterranea anche per i soggetti che soffronogià di patologie cardiache?L’effetto protettivo della dieta mediterranea nonsi limita alla prevenzione primaria (ossiaall’insorgenza della malattia nelle persone sane)delle malattie cardio e cerebrovascolari, ma siestende anche alla prevenzione secondaria (ossiaal verificarsi di un secondo evento o alla mortalitàdopo un primo evento cardiovascolare).Fra gli studi osservazionali effettuati vi è il già citatoEPIC-Elderly, condotto su 2671 volontari di 60 o piùanni che avevano avuto un infarto del miocardioprecedente al reclutamento. I risultati mostranoche all’aumentare dell’aderenza al patternmediterraneo, la mortalità si riduce in modosignificativo, mentre l’effetto protettivo esercitatodai singoli alimenti è debole. Proprio quest’annosono stati poi pubblicati i risultati di un’analisieffettuata su due coorti americane, una di medici euna di infermiere: Health Professionals Follow-UpStudy e Nurses’ Health Study. Questa analisicomprende oltre 17.000 tra uomini e donne i qualiavevano avuto infarto del miocardio, ictus, anginapectoris, bypass coronarico o angioplasticaprecedentemente al reclutamento; all’aumentaredell’aderenza alla dieta mediterranea, si riduconosignificativamente la mortalità sia totale sia damalattie cardiovascolari.Per quanto riguarda gli studi di intervento, vi è ilLyon Heart Study, un trial randomizzato mirato aconfrontare l’effetto, su pazienti di età >70 anniche avevano avuto una malattia coronarica(angina pectoris o infarto del miocardio), di duetipi di dieta: una a basso contenuto di grassi totalied elevato contenuto di acidi grassi omega-6 euna mediterranea con elevato apporto di acidooleico e linolenico. Dopo aver osservato i volontariper circa 4 anni, si è visto che coloro cheseguivano la dieta mediterranea avevano unrischio di reinfarto o di morte cardiaca minore del70% rispetto a chi seguiva la dieta a bassoapporto di grassi.Se alla dieta mediterranea si associa anchel'attività fisica si potenziano i benefici?Sebbene la dieta mediterranea già di per séeserciti un effetto benefico sulla salute, i suoi

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effetti sono potenziati se essa è accompagnatada altre abitudini salutari, come esserefisicamente attivi e non fumare.Vi sono studi epidemiologici che hanno mostratoche la combinazione di più comportamentisalutari come un’elevata aderenza alla dietamediterranea, non fumare, essere fisicamenteattivi e consumare una moderata quantità dialcool protegge dal rischio di sviluppare malattiecardiovascolari e dalla mortalità totale, sia involontari sani che in persone che avevano giàavuto un infarto del miocardio.Questi effetti protettivi potrebbero esserericondotti ad un preventivo effetto sull’aumentodi peso, ad un miglioramento dei parametrilipidici ematici e ad una maggior capacitàantiossidante totale ematica. Vi sono infatti studiche hanno riportato una significativaassociazione tra questi fattori e la presenzacontemporanea di diverse abitudini salutari.Sono stati osservati possibili benefici delladieta mediterranea anche per la sindromemetabolica?La dieta mediterranea non si è dimostrataprotettiva solo per le malattie cardiovascolari, maanche per numerose altre patologie, tra cuidisordini metabolici come la sindrome metabolicae il diabete di tipo 2.Una recente revisione sistematica dellaletteratura, pubblicata nel 2011, ha mostrato chel’adozione di un pattern alimentare mediterraneoprotegge dall’insorgenza della sindromemetabolica, ossia un aggregato di anomaliemetaboliche e fattori di rischio cardiovascolariche si riscontrano nelle persone con ridottasensibilità insulinica. La sindrome metabolica èdefinita dalla presenza di almeno tre tra leseguenti cinque componenti: obesità addominale,elevati livelli di trigliceridi ematici, bassi livelli dicolesterolo HDL, pressione elevata o assunzione

di farmaci antiipertenivi, glicemia elevata odiabete di tipo 2. Essa costituisce a sua volta unfattore di rischio per le malattie cardiovascolari eoncologiche. La revisione ha analizzato i risultatidi 50 studi (35 trial clinici, 2 studi prospettici e 13trasversali) riguardanti l’associazione traaderenza alla dieta mediterranea e presenza disindrome metabolica o dei suoi componenti, con iseguenti risultati: combinando le evidenzeemerse dagli studi prospettici e d’intervento,seguire una dieta di tipo mediterraneo riducesignificativamente il rischio di sviluppare lasindrome metabolica; inoltre, i risultati dei trialclinici rivelano una protezione nei confrontidell’insorgenza di tutte e 5 le componenti dellasindrome metabolica.E anche sul diabete questo regime alimentareha un effetto positivo?Per quanto riguarda la prevenzione del diabete ditipo 2, nel 2010 è stata pubblicata una revisionedella letteratura su 17 tra studi d’intervento,prospettici e trasversali riguardanti la relazionetra aderenza alla dieta mediterranea e rischio diinsorgenza di diabete di tipo 2 e su dietamediterranea e controllo glicemico in pazientidiabetici. Sebbene non vi sia una stimadell’effetto combinato trovato da tutti questistudi, appare evidente dai singoli risultati comel’adozione di una dieta di tipo mediterraneo aiutia prevenire l’insorgenza di diabete di tipo 2 e amigliorare i livelli di glicemia, emoglobina glicata esensibilità insulinica nei pazienti diabetici.Il meccanismo determinante è quelloantinfiammatorio e antiossidativo...Vi sono diversi meccanismi alla base di questoeffetto protettivo. Tra i meccanismi sottostantiall’insorgenza della sindrome metabolica e deldiabete vi sono l’infiammazione cronica di bassogrado e lo stress ossidativo; è plausibile chel’effetto protettivo della dieta mediterranea su

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questa patologia sia dovuto al suo effettoprotettivo sulla resistenza insulinica,antinfiammatorio e antiossidante. È statoevidenziato come la dieta mediterranea proteggadallo sviluppo di sovrappeso e obesità e diversistudi hanno mostrato che un peso eccessivo, inparticolare in termini di tessuto adiposoaccumulato nella zona addominale, sia un fattoredi rischio per lo sviluppo di diabete di tipo 2, oltrea costituire una componente della sindromemetabolica. Questo tipo di grasso è infattiassociato alla resistenza insulinica, condizionepatologica sottostante alla sindrome metabolicae al diabete di tipo 2, attraverso i seguentimeccanismi: rilascio di acidi grassi nonesterificati che inibiscono il metabolismo delglucosio nei muscoli e stimolano lagluconeogenesi a livello epatico, aumento dellasecrezione di Tumor Necrosis Factor · (citochinache danneggia la reazione a cascata determinatadal legame dell’insulina al suo recettore e che haun effetto proinfiammatorio) e diminuzione dellasecrezione di adiponectina (citochina che migliorla sensibilità insulinica e che ha un effettoantinfiammatorio). Inoltre la dieta mediterranea èricca in alimenti al alto contenuto di antiossidanti,che assicurano all’organismo protezione dallostress ossidativo; ciò è di particolare interesse inquanto sembrerebbe che lo stress ossidativogiochi un ruolo fondamentale nello sviluppo dellaresistenza insulinica e della disfunzione dellecellule‚ del pancreas.E per quanto riguarda altre patologiedegenerative, quali benefici sono stati notati?Stanno emergendo sempre più evidenze chemostrano un effetto protettivo della dietamediterranea sulle funzioni cognitive. Da unarevisione sistematica della letteratura pubblicatal’anno scorso, è emersa una riduzionesignificativa del rischio di deterioramentocognitivo lieve, Alzheimer, demenza edepressione. Anche in questo caso si ipotizza chei meccanismi protettivi sottostanti siano quelliantinfiammatori e antiossidanti. Non bisognaperò dimenticare che un’elevata aderenza alladieta mediterranea è spesso associata adabitudini salutari come essere fisicamente attivi enon fumare: anche se gli studi citati tengonoconto di questi fattori, vi potrebbe essere uneffetto protettivo globale dato dallo stile di vitanelle persone con un pattern alimentarespiccatamente mediterraneo.

PER INFORMAZIONIIstituto Tumori di Milanosito web www.istitutotumori.mi.it

PRINCIPALI STUDI SULLA DIETA MEDITERRANEADopo la pubblicazione dei risultati del sopracitatoSeven Countries Study, la ricerca epidemiologicaha dedicato sempre più attenzione allo studiodella relazione tra adozione di uno stilealimentare mediterraneo e stato di salute dellapopolazione. Tra gli studi d’intervento troviamo:

PREDIMED, trial multicentrico randomizzato condotto in Spagna, tuttora in corso, su 7447persone ad alto rischio cardiovascolare per valutarel’effetto di 2 tipi di dieta mediterranea (unasupplementata con olio extra vergine d’oliva e unacon frutta secca) rispetto ad una dieta a bassocontenuto di grassi sul rischio di insorgenza dimalattie cardiovascolari. Già dopo 3 mesi dalreclutamento, un’analisi su 722 soggetti ha mostratoche volontari randomizzati nei 2 gruppi di dietamediterranea hanno mostrato una significativariduzione della glicemia, della pressione sistolica edel rapporto colesterolo totale/HDL rispetto algruppo in dieta a basso contenuto di grassi.

DIRECT, trial condotto tra il 2005 e il 2007 inIsraele su 322 persone in sovrappeso per valutarel’efficacia e la salubrità di 3 diversi tipi di dietanella perdita di peso: restrizione calorica conbasso apporto di grassi, restrizione calorica conregime mediterraneo, basso apporto di carboidratisenza restrizione calorica. La dieta mediterranea equella a basso apporto di carboidrati sonorisultate le più efficaci nella riduzione del peso, inparticolare la dieta mediterranea ha mostrato ilmiglior effetto sul controllo glicemico; Trial della Seconda Università di Napoli: trialcondotto tra il 2001 e il 2004 su 180 pazienti consindrome metabolica arruolati presso la Divisionedelle Malattie Metaboliche per valutare l’effetto diuna dieta di tipo mediterraneo sulla funzioneendoteliale e sull’infiammazione vascolare.Rispetto al gruppo di controllo, i pazientisottoposti a regime alimentare mediterraneohanno mostrato una riduzione dei parametriematici associati a infiammazione e disfunzioneendoteliale, quali proteina C-reattiva,interleuchina-6, interleuchina-7 e interleuchina-18. Essi mostravano inoltre una diminuitaresistenza insulinica.

Medi-RIVAGE, studio d’intervento alimentaresvolto su 212 volontari nell’area di Marsiglia(Francia) per valutare gli effetti di una dietamediterranea rispetto ad una a basso contenutodi grassi sui maggiori fattori di rischiocardiovascolare. Dopo 3 mesi d’intervento, perentrambi i tipi di dieta sono stati riscontratimiglioramenti per i seguenti parametri: indice dimassa corporea, insulinemia, glicemia, resistenzainsulinica, trigliceridi ematici e colesterolemia.

spazio associazioni

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Lega italiana per la Lotta contro i Tumori (Lilt) di Venezia.Attività per la diagnosi precoce dei tumori più frequenti e a sostegnodei pazienti oncologici La Lilt, associazione Lega Italiana Lotta ai Tumori, è attiva da 35 anni anche nelveneziano. Fin dall'inizio la sua sede è a Mestre. Tra gli obiettivi principali: laprevenzione e la riabilitazione dei malati oncologici. “Oggi la Lilt collaboragratuitamente con vari medici specialisti per visite mirate alla diagnosi precocedei tumori più frequenti. Complessivamente le persone che hanno usufruito deinostri servizi sono state 1300 nel 2013, e di queste ben 120 sono state seguitedalle nostre psicologhe – spiega Maria Grazia Cevolani, la vice presidente di LiltVenezia –. Ma un grande impegno è stato ed è profuso a sostegno delle donneoperate di tumore alla mammella. Molti progressi sono stati fatti: basti pensareche trent'anni fa le donne uscivano dall'ospedale, dopo una mastectomia, conl'ovatta nel reggiseno, mentre oggi grazie ad un unico intervento, vieneasportato il cancro e viene inserita la protesi mammaria. Eppure queste donnevanno aiutate e prese in carico comunque globalmente, anche dal punto di vistapsicologico, per aiutarle a tornare alla loro vita quotidiana, nonostante il traumae la malattia, che per fortuna è oggi molto più guaribile di un tempo”.

Vice presidente Cevolani, in quale modo sieteattivi per la diagnosi precoce? Come ècomposto il vostro staff?Da anni collaborano con noi ottimi medicispecialisti: Luciano Griggio, Primario Chirurgo e senologo, è Presidente della sezione provincialedella Lilt di Venezia.Oltre al dottor Griggio, possiamo contare su: Guido

Papaccio chirurgo dell'Ospedale dell'Angelo eresponsabile della unità di Senologia; AdrianoPallini, oncologo all’Ospedale Civile di Venezia; CarloPianon, già Primario di Urologia; Giovanna Dan,Marina Forcione, Chiara Baraldo, dermatologhe.Noi diamo la possibilità di fissare delle visite conquesti medici specialisti per la prevenzione e ladiagnosi precoce del tumore alla mammella, della

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prostata e del melanoma. La visita è gratuita machiediamo un piccolo contributo per sostenere lespese di gestione della associazione.Poter contare su una visita tempestiva, puòsalvare la vita perché permette di dare la giustavalutazione ai primi sintomi della malattia oaddirittura permette di individuare un tumore infase iniziale con una maggiore efficacia dellaterapia e possibilità di guarigione.Il nostro staff comprende anche le PsicoterapeuteAnna Luise, Michela Pavanetto e Piera Inzaina, chesi occupano dell'impatto psicologico della malattiatumorale sul malato e la sua famiglia. Da qualchetempo abbiamo avviato anche un programma per il miglioramento dello stile di vita, con un corso persmettere di fumare e i consigli della nutrizionistaEva Milanesi sulla corretta alimentazione.Ricordo anche l'attività del medico estetico MarziaCarniato e tutte le professioniste che seguono le donne operate al seno: la micropigmentatrice,la truccatrice, la parrucchiera, ecc.

Dottor Griggio, quali consigli possiamo darealle donne per una efficacia nella diagnosiprecoce del tumore al seno?Innanzitutto comincerei col dare una bella notiziariguardante il tumore mammario : negli ultimi 30anni l'incidenza di tale malattia è rimastapressoché invariata (circa 30.000 nuovi casil'anno) ma la sopravvivenza è raddoppiata.Alle donne dai 45 ai 65 anni suggerirei di aderire

allo screening, che ormai in Italia, è attivo in quasitutte le Ulss; alle signore, più giovani, dai 30 ai 45anni, consiglierei una visita clinica con ecografiaannuale e soprattutto la pratica mensile, alla finedelle mestruazioni, dell'autoesame.Ancor oggi le donne giovani scoprono da sole, incirca l'80% dei casi, l'alterazione della ghiandolamammaria che poi viene diagnosticata essere untumore; da qui il caldo invito, rivolto a tutte ledonne, a toccarsi regolarmente il seno, con lemodalità suggerite dai medici senologi e dagliopuscoli pubblicati sull'argomento.

Dottor Griggio, la mortalità per tumore al senonegli ultimi trent'anni si è dimezzata: unabuona notizia. Quali sono le novità che hannocontribuito a questo successo?Una parte del merito deve essere attribuita alla"diagnosi precoce" ottenuta con lo screening econ la stretta osservanza delle "linee guida"concordate dalle Società di Senologia; ma la veranovità, che ha cambiato la prognosi del tumoredella mammella, è stato l'aver adattato la terapiaoncologica alle caratteristiche di aggressivitàdella malattia valutata con il dosaggio dei"marcatori biologici" individuati all'interno dellostesso tumore.In realtà, il 20-30% dei tumori al seno sonopericolosamente aggressivi, anche se di piccoledimensioni: avere tutte le informazioni utili, grazieai "marcatori biologici" o "markers tumorali",permette di intervenire in modo più efficace conla chemioterapia sia prima dell'intervento(chemioterapia neo-adiuvante) sia dopol'intervento (chemioterapia adiuvante) .Nel trattamento farmacologico del tumoremammario, alla chemioterapia si è aggiuntaanche la terapia con "farmaci biologici o anticorpimonoclonali" che colpiscono specifici bersaglidella cellula tumorale.Infine il trattamento chirurgico del tumore dellamammella è diventato ancora meno invasivoperchè nei tumori fino a 2 cm di diametro, nonsolo si salva il seno, ma anche i linfonodi ascellariasportando un solo linfonodo, detto "sentinella",che, se risulta negativo all'esame istologico,permette di risparmiare altre asportazioni.

Vice presidente Cevolani, in questi trent'annicome è cambiato il vissuto della malattia da parte delle donne?Negli anni Ottanta le donne nascondevano lamalattia con vergogna, erano donne mutilate e nesoffrivano enormemente, spesso in silenzio. Laprima attività della Lilt puntava già a far uscireallo scoperto la sofferenza di queste donne,costruendo rapporti di fiducia e confronto tra loroed intorno a loro. Ho ricordato prima, che neglianni passati le donne operate di mastectomiauscivano dall'ospedale con il reggiseno riempitodi ovatta. Fa davvero impressione ripensarci oggi

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che possiamo contare invece su tanti mezzi chepermettono di rendere più leggere leconseguenze fisiche e psicologiche della malattia.Il trauma è sempre grande per una donnaoperata, ma oggi è possibile trovare sostegno ereagire, tornando presto ad una vitaassolutamente normale sotto tutti i punti di vista.

Dottoresse Luise e Pavanetto, quanto contaoffrire un sostegno psicologico alle donneoperate al seno ed in generale alle personeoperate di tumore?Come psicologhe non possiamo che ribadire che ilnodo centrale è l'elaborazione del trauma.Sappiamo che i traumi sono sempre eventi chedipendono da fattori soggettivi e che possonoessere elaborati da ogni persona in mododifferente. Un sostegno psicologico è sempre utile,anche se ovviamente può essere più necessario epiù efficace in un caso piuttosto che in un altro.L'obiettivo è che il paziente o la paziente possanotornare al più presto a proprio agio nella propriavita. Non basta guarire il corpo, la vera guarigionecoinvolge anche e soprattutto la mente. Il dolorementale va elaborato e per quanto possibile,dissolto. A questo proposito noi abbiamo studiatoed ora applichiamo con successo il metodo EMDR(Desensibilizazione e Rielaborazione attraverso iMovimenti Oculari). Si tratta di un metodoapplicato negli USA anche con i veterani di guerraper la rielaborazione di traumi pesanti. In pochesedute il paziente viene invitato a rievocare iltrauma – in questo caso il momento della diagnosidella malattia e le conseguenze che ne derivano –mentre specifici movimenti oculari permettono alcervello di separare i sentimenti dolorosi dal

ricordo dell'evento. In questo modo il pazientericorderà tutto, ma il dolore associato al ricordo,sarà svanito o almeno molto depotenziato.

Dottoressa Carniato, in quale modo invece il medico estetico può aiutare le donneoperate al seno?Abbiamo già detto che l'elemento fondamentale èrappresentato dalla terapia chirurgica e da quellaclinica associata. Oggi le donne esconodall'ospedale già con la protesi e soprattutto conottime prospettive di guarigione. Ma è evidente chela guarigione è un processo complesso che investetutta la persona. È necessario dunque rielaborare ildolore mentale connesso al trauma, ma ancheritornare ad avere un rapporto libero e sereno con ilproprio corpo, serve entrare in relazione con laprotesi e rimanere se stesse anche durante alcunefasi delicate della terapia. La Lilt può contare sullaprofessionalità di una micropigmentatrice, AnnaritaMinutaglio, in grado di ridisegnare il capezzolo conun tatuaggio sulla protesi mammaria. Non tuttisanno infatti che la protesi non prevede la differentepigmentazione tra seno e capezzolo che, dal puntodi vista estetico e psicologico, è invece moltoimportante. La Lilt offre poi anche un servizio ditricoprotesi che permette di far crescere e curare ipropri capelli sotto la parrucca applicata durante ilperiodo della chemioterapia. Inoltre è da segnalarela disponibilità di una truccatrice professionista chesi reca regolarmente nel reparto di Oncologiadell'ospedale di Mestre per migliorare l'aspetto delledonne sottoposte a chemioterapia. Si tratta distrumenti in grado di migliorare la percezione di séda parte delle pazienti e superare definitivamente leconseguenze della malattia.

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Dottoresse Giovanna Dan e Chiara Baraldo,che obiettivo si prefiggono le visitedermatologiche alla Lilt?La Dermatologia oncologica è l’area dellaDermatologia che si interessa di tumori cutanei.I tumori cutanei comprendono tumori originatidai melanociti detti “melanomi” e tumori originatida altre cellule denominati “epiteliomi”.Il melanoma è un tumore in forte aumento negliultimi 10 anni a causa dell’esposizione solare piùintensa e frequente.La moda delle lampade UV, le vacanze nei paesiesotici, ecc. hanno contribuito ad aumentareesponenzialmente il numero di casi di melanomied epiteliomi in età sempre più precoce.La prevenzione primaria del melanoma e degliepiteliomi comprende tutte le pratiche volte aridurre l’insorgenza dei tumori della cute:consiste quindi nell’utilizzo delle creme solari adalta protezione, nell’impiego limitato dellelampade UV, nell’esposizione solare limitata alleprime ore del mattino e al tardo pomeriggio.La prevenzione secondaria comprende invecetutte quelle procedure atte ad individuareprecocemente i tumori cutanei: tutti i pazienti connevi melanocitici dovrebbero sottoporsiperiodicamente ad una visita di controllo e anchechiunque abbia notato un nevo modificarsi oaumentare di dimensioni nel corso di pochi mesi.Alla Lilt di Mestre è attivo un ambulatorio per ladiagnosi precoce del melanoma e degli altri tumoricutanei: qui vengono effettuate visite di controllodei nevi da medici specialisti in dermatologia.

Dottor Pianon, le visite urologiche sono utiliper la diagnosi precoce del tumore dellaprostata, ma anche del tumore alla vescica inuomini e donne ed infine per la possibilerisoluzione di altri problemi della sferagenitourinaria…Mi preme sempre affermare come una cistitericorrente, che si presenta con sangue nelle urine,non debba allarmare, ma non vada nemmenosottovalutata. L'urologo, con la visita e specificiesami, è in grado di stabilire se si tratta di unabanalità e di escludere un eventuale tumore aireni o alla vescica. Si tratta di tumori checolpiscono sia uomini sia donne, anzi il numerodelle donne è in aumento.Per quanto riguarda la diagnosi precoce del tumoredella prostata, consiglierei una visita urologica apartire dai 45, 50 anni per tutti gli uomini: sarà poilo specialista a programmare l'eventualeosservazione per i pazienti a rischio, che sonosicuramente quelli che presentano casi di questamalattia in famiglia. Va ricordato che il tumore allaprostata è il primo tra gli uomini per incidenza, mararamente presenta un'alta aggressività e diventaquindi molto pericoloso. È importante però unmonitoraggio personalizzato secondo lecaratteristiche e la storia del paziente. Vorrei

ricordare poi che l'urologo non serve solo per laprevenzione dei tumori, la nostra competenza puòservire anche per risolvere problemi comel'incontinenza urinaria abbastanza frequente nelledonne e spesso molto sottovalutata, malgrado ipesanti effetti che può avere nella vita quotidiana.Non solo bisogna salvarsi la vita con la prevenzionedei tumori, ma bisogna sempre puntare allamigliore qualità di vita possibile per le personesane e ancor più per coloro che hanno già subitointerventi chirurgici demolitivi.

Vice presidente Cevolani, la Lilt offre servizi a 360 gradi per la riabilitazione dei pazientioncologici e loro familiari…Le attività che promuoviamo sono diaggregazione per facilitare i rapporti umani e losviluppo dell'espressione artistica o dell'attivitàsportiva. La Lilt promuove infatti corsi diginnastica dolce e biodanza, e organizziamo corsidi Nordic Walking.Un gruppo di donne ormai da tempo ha formato unequipaggio di canoiste dal nome “Trifoglio rosa”.È stato formato un gruppo Teatrale, denominato“Non solo Rosa” composto da Medici, Pazienti eVolontari.Infine ricordo che tutte le nostre attività sonoautofinanziate, soprattutto adesso che i contributidegli enti pubblici sono sempre più limitati: chiedopertanto ai cittadini di delegarci il loro 5 per millenella dichiarazione dei redditi; ringrazio già da orachi vorrà essere generoso con noi .

PER INFORMAZIONILILTVia Carducci 9, 30172 Mestre (VE)Tel. 041 958443, fax 041 957960Email [email protected]

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spazio associazioni

A.V.A.P.O. Mestre.Nel 2013 assistiti più di 600 nucleifamiliari e erogate quasi 20milaprestazioni di professionisti e volontariNel 2011 è ricorso il ventennale della costituzione di A.V.A.P.O. Mestre.Nel settembre 1991 infatti, un gruppo di volontarie che prestavano servizio diassistenza nel reparto del Policlinico San Marco, diretto allora dal dottor LorenzoMenegaldo, diedero l'avvio a questa organizzazione. Il primo presidente fu proprioil dottor Menegaldo che con lungimiranza aveva compreso la necessità dicambiare il modo di porsi nei confronti del malato inguaribile: non bastava curarei sintomi clinici della malattia, bensì era necessario spostare l’attenzione sulprendersi cura in toto del malato, considerando la molteplicità dei suoi bisogni inqualità di persona, includendo anche la sfera emotiva, relazionale, spirituale. Solooffrendo un aiuto che comprenda tutti questi aspetti è infatti possibile far sentireadeguatamente protetto e sostenuto chi si trova a dover convivere con un tumore.

VOLONTARIATO NELLA SANITÀ,UN VALORE AGGIUNTOOggi A.V.A.P.O. Mestre è diventata una realtàvitale ed articolata che ha cercato di leggere icambiamenti che stavano avvenendo all’internodella nostra città, di cogliere i bisogni manifestatisoprattutto dalle fasce più deboli e di organizzarela propria attività in modo da rispondereefficacemente alle necessità rilevate.Da un numero ristretto di volontari che nel 2003hanno partecipato al primo corso di formazione,ora siamo cresciuti raggiungendo il centinaio:persone comuni, impegnate in ambito lavorativoe/o familiare che mettono a disposizione tempo,passioni, competenze avvertendo questo impegno

assunto volontariamente, come un obbligo morale.È stata la loro presenza costante, umile, maqualificata e pronta ad adattarsi alle esigenze divolta in volta emergenti che ha consentitoall'associazione di crescere nel tempo e diventareun “valore aggiunto” per la città. La presenza delvolontario nella sanità si sta rivelando quindi, inquesto particolare momento storico, elementoportante all’interno di un sistema di Welfaresussidiario, dove il terzo settore si qualifica come“produttore di beni relazionali”. Quindi di personeche sanno rivolgere il proprio sguardo verso lemolteplici situazioni di disagio e di fragilità presentinella realtà sociale, mettendo a disposizionetempo, competenze, ma soprattutto umanità.

Servizi alla persona

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IL SIGNIFICATO DELLA SIGLA A.V.A.P.O.La sigla A.V.A.P.O. significa: A come Associazione;V come Volontari; A come Assistenza, in camposocio-sanitario, nello specifico quello checomprende i pazienti affetti da un tumore cioè iPazienti Oncologici. Accanto ai malati però, ci siprende cura anche di tutto il nucleo familiarepoichè quando il componente di una famiglia siammala, vengono alterati tutti gli equilibri.Si tratta di una onlus, quindi di un’organizzazioneche agisce senza scopo di lucro, in modo gratuitoe che mette a disposizione della collettività, sottoforma di servizi, quanto riceve in termini didonazioni.

2013: ASSISTITI PIÙ DI 600 NUCLEI FAMILIARIA.V.A.P.O. Mestre come recita lo Statuto “ha loscopo di provvedere all’assistenza diretta edall’aiuto, sotto qualsiasi forma, degli ammalati dicancro e dei loro familiari”. Per il conseguimento

di questa finalità organizza servizi che possanodare una risposta a bisogni specifici del malato ditumore in qualsiasi fase di malattia, sostenendoanche chi gli vive accanto. Nel corso del 2013 piùdi 600 nuclei familiari si sono rivolti ad A.V.A.P.O.-Mestre per ricevere un aiuto.

LA SPECIFICITÀ DEGLI ASSISTITILe cure palliative sarebbero previste per la faseterminale della malattia tumorale per una duratacomplessiva di 90 giorni. L'assistenza mediafornita da A.V.A.P.O. si aggira intorno ai 54 giorni,più dell'80 per cento dei decessi avviene adomicilio. L'età dei pazienti è per la metà circacostituito da persone tra i 66 e gli 83 anni; per il30 per cento da persone di età inferiore ai 65 annie infine per circa il 20 per cento da persone di etàsuperiore agli 83 anni. La maggior parte deipazienti è affetto da patologie tumoralidell'apparato digerente e dell'albero respiratorio.

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IL SERVIZIO DI ASSISTENZA DOMICILIARE ONCOLOGICAL'A.V.A.P.O. Mestre predispone ed organizza, in convenzione con l’Ulss 12, il serviziodi assistenza domiciliare oncologica, grazie ad una équipe costituita daprofessionisti (medici palliativisti, infermieri, psiconcologa, operatrici socio-sanitarie)e volontari, al fine di consentire ai malati di poter essere curati nella propria casa,con tutti vantaggi umani e psicologici derivanti da questa forma assistenziale.Nel 2013 assistiti a domicilio 211 pazienti. Le cure erogate sono definite palliativein quanto si prefiggono di garantire al malato e alla sua famiglia la miglior qualitàdi vita possibile attraverso il controllo dei sintomi, ed interventi diversificatirispondenti alle necessità che nel corso dell’assistenza si presentano.Lo scorso anno sono stati assistiti 211 i malati che hanno visto garantito il diritto aricevere le cure di cui necessitavano, rimanendo all’interno della propria abitazioneed avendo accanto le persone più care che hanno potuto accompagnarli.Un medico di A.V.A.P.O. reperibile 24 ore su 24. Ciò è stato possibile in quanto ifamiliari sapevano di poter fare riferimento ad un medico del gruppo reperibile24h/24. Il poter raggiungere un medico dell’équipe ha favorito infatti neifamiliari, anche in quelli più dubbiosi all’avvio dell’assistenza, la scelta dellapermanenza a domicilio fino alla fine.Un servizio poco costoso: meno di 50 euro al giorno. Si tratta di un servizio il cuicosto è molto contenuto. Nel 2012 ogni giornata di assistenza si è attestata suun totale di Euro 47,94. L’Ulss 12 ha erogato un contributo pari a Euro 29,08 aiquali è da aggiungere il costo per farmaci ed esami, mentre A.V.A.P.O. Mestre hamesso a disposizione per ogni giornata di cura a Euro 18,86 utilizzando ledonazioni che riceve dai propri sostenitori.Nel 2013 per ogni giornata di assistenza la spesa è stata di Euro 49,62: l'Ulss 12 haerogato un contributo di Euro 27,78 esclusi farmaci ed esami, mentre A.V.A.P.O.Mestre ha messo a disposizione per ogni giornata Euro 21,84. Nel 2013 quasi 17milainterventi realizzati dai professionisti e oltre 5000 dai volontari. Gli interventi deiprofessionisti nel 2013 hanno contato: 11.381 prestazioni medico-infermieristiche,948 sostegni psicologici, 4544 interventi socio-sanitari. Le consegne domiciliarisettimanali di ausili sanitari e di farmaci e l’affiancamento delle famiglienell’assistenza al malato realizzate dai volontari sono state nel 2013 circa 5.600.

L'IMPEGNO PER LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA DELLE CURE PALLIATIVEMestre nel corso degli anni è stata promotrice ed ha partecipato a varie iniziative di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza, tese a far conoscere leproblematiche specifiche dei pazienti affetti da tumore e dei loro familiari, cosìda richiamare l’attenzione della società civile su temi spinosi quali la malattia e lasofferenza, superando la soglia dei soli “addetti ai lavori”. L’impegno verso l’aiutoed il sostegno del malato è simboleggiato dal logo che identifica A.V.A.P.O.Mestre: una casa. L'obiettivo è stato ed è quello di consentire, a chi si trova adessere colpito da una patologia neoplastica, di vivere nella propria casa fino altermine dell’esistenza.AVAPO Mestre fa parte della Federazione Cure Palliative, che raduna a livellonazionale più di 70 realtà del mondo del volontariato, impegnate in questo ambito.Ciò include un impegno in termini di predisposizione di materiali: AVAPO Mestreinfatti ha collaborato alla stesura del core-curriculum del volontario, e partecipa inmodo attivo e propositivo ai Congressi annuali della Società Scientifica di CurePalliative SICP. Infine AVAPO Mestre partecipa a convegni promossi daAssociazioni consorelle ed organizza convegni e varie attività sul tema a Mestre.

L'ACCOMPAGNAMENTO DEI MALATINel 2013 oltre mille accompagnamenti di malati a visite ecc. Nel 2013 sono statigarantiti 1302 accompagnamenti. Non si tratta di un mero “trasporto”, bensì diun servizio dalla duplice valenza: per il malato che può contare sulla vicinanza diun volontario disposto ad ascoltarlo, ad accogliere i suoi sfoghi, ad aiutarlo adistogliere la mente dalla preoccupazione per l’esame o la terapia da affrontare,e per i familiari che così evitano di ricorrere a permessi lavorativi peraccompagnare il proprio congiunto.

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CORSI DI FORMAZIONE, SOSTEGNO PSICOLOGICO ED ELABORAZIONEDEL LUTTOI volontari di A.V.A.P.O. sono opportunamente formati prima di entrare in attività.Non tutti comunque hanno un contatto diretto con i pazienti, alcuni scelgonoattività più pratiche o di sostegno all'amministrazione e alla segreteria. Sonoattivi un centinaio di volontari, spesso si tratta di persone che hanno vissuto infamiglia o tra le proprie amicizie, l'esperienza della malattia tumorale ed anche illutto per la perdita di una persona cara; altri volontari invece hanno superato ilcancro e vogliono rendersi utili. Tutti portano con sé una sensibilità particolareche da sola non basta però perché è necessaria una vera e propria formazioneanche psicologica che permetta di affrontare con lucidità ed equilibrio unasituazione estrema come la fase terminale della malattia e l'inevitabile morte.AVAPO Mestre promuove anche specifici gruppi di elaborazione del lutto per ifamiliari, per aiutarli a vivere la morte di una persona cara nel modo più serenopossibile. Ma già durante la fase finale della malattia, i familiari possono esseresupportati psicologicamente per sostenere il peso delle attività quotidiane diaccudimento e per affrontare con maggiore serenità il dolore e la fatica e tutti isentimenti che derivano da una situazione tanto complessa.

LE TESTIMONIANZE DEI VOLONTARISONO I VOLONTARI A DOVER DIRE: “GRAZIE A.V.A.P.O.”Ormai mi ci sono abituato. Quando prendo in consegna i farmaci all'ospedale,quando li consegno alle famiglie degli assistiti e quando, al termine, presento ilresoconto in segreteria AVAPO, ricevo da tutti grandi e affettuosi ringraziamenti.Prima che io mi rechi all'ospedale per i farmaci, voglio ricordare però che medicied infermieri si sono recati a casa degli assistiti, li hanno visitati, curati e medicatied hanno anche ascoltato i problemi dei pazienti e dei loro famigliari. In altrimomenti, altri volontari si sono recati a cada dei malati per assisterli in variepratiche; altri ancora hanno consegnato letti ospedalieri, carrozzine, pali flebo,deambulatori e vari presidi sanitari. Dopo di me ed anche prima di me, lasegretaria ed altre persone hanno svolto il compito, essenziale, di organizzare,contabilizzare, classificare e relazionare tutto quanto l'associazione fa. Senzacontare il lavoro di grande responsabilità della presidente e della psicologa equello di tanti altri volontari. Senza tutto il lavoro di chi mi precede e di chi misegue, io non potrei fare la piccola parte che mi è stata assegnata e che mirestituisce tanta gratitudine. Sono io che devo ringraziare l'AVAPO, non l'AVAPOche deve ringraziare me.

GLI INSEGNAMENTI DELLA ANZIANA SIGNORA CSi pensa che fare la volontaria/il volontario sia semplicemente prestare tempo,disponibilità e competenze (essendo preparati ed anche continuamente aggiornati),oppure che avvenga - quando va bene - un favorevole scambio fra le parti (tu hai unanecessità, io ho un bisogno di sentirmi utile alla comunità); in realtà a volte succedeche è tanto più grande il dono che la volontaria o il volontario riceve.In questi ultimi tempi ho dedicato, alternandomi con altre volontarie, un po’ delmio tempo settimanale a C., una donna molto anziana, ma con una vitalità ed unaenergia invidiabili. All’inizio, al momento delle presentazioni, ci ha detto chiaro checi avrebbe accolte ‘per forza’, solo per andare incontro alle esigenze dei familiariimpegnati con il lavoro; è stata chiara e diretta, ed io mi aspettavo di esseretrattata in seguito con freddezza ed ostilità. In realtà si è instaurato un rapportointenso e, per me, anche molto istruttivo; per esempio lei, che era stata contadina,mi ha re-insegnato ad osservare i fenomeni della natura e del cambio dellastagione; la sua abitudine di guardare l’ora al vicino campanile, come ad un puntodi riferimento che scandisse i tempi della giornata, della preghiera, dei pasti, deiriti, mi ha ricordato i tempi della mia infanzia nel piccolo paese dove vivevo;l’ascolto dei suoi detti popolari ormai desueti e perduti nel tempo hanno arricchitole mie (poche) ore che trascorrevo con lei; mi ha mostrato la sua generositànell’aver cura sempre, innanzitutto, prima di me e poi di se stessa; fino all’ultimogiorno in cui ho avuto il piacere di starle vicino si è preoccupata di me.

Luciano Osello

LucianaCastagnaro

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Una persona così generosa e nobile nell’animo, ha naturalmente generato eallevato figli e nipoti altrettanto generosi e nobili, per cui ho potuto entrarenell’intimità di una bella, grande famiglia e sentirmi per un periodo parte della lorovita come della loro sofferenza, ma mai sentendomi estranea, nemmenonell’ultimo atto della vita terrena di C., dove il saluto dovutole, nella grande chiesadel campanile amico, è stato uno dei momenti più commoventi che io abbia avutola fortuna di vivere negli ultimi tempi. Ed anche in quel momento, i familiari di C. cihanno fatto sentire parte della grande famiglia degli esseri umani, legati tutti etutte – uno all’altra – indissolubilmente.

NATALE AL REPARTO DI RADIOTERAPIA DI MESTREOre 7 la sveglia suona. Oggi è la nostra giornata di volontariato presso l'OspedaleDell'Angelo, reparto Radioterapia.Si sta avvicinando Natale. Arrivo all'Angelo e mi reco in corsia dove mi aspettaIleana, anche lei volontaria AVAPO, il suo sorriso è come il sole, sprizza energia.Stefania, la nostra Presidente, ci ha mandato un grande cesto pieno di pacchettinicolorati da dispensare ai pazienti con l'augurio di Buon Natale. Per me e Ileana ègioia. Ci avviciniamo alle persone, ci sorridono e accettano con piacerepupazzetti, borsettine, bamboline in pannolenci, dolcetti e in tanti dicono: ”per inipotini”. Poi tra un regalino, una caramella e un po' di tè tiepido dispensiamoinformazioni sulla nostra associazione. Incontriamo tante persone, alcune anchevengono da lontano, allora approfittiamo e parliamo di tante cose, così nascefamiliarità. Spesso ci salutano abbracciandoci, e se qualcuno non desidera parlarecon un piccolo sorriso facciamo capire che comprendiamo. Questo è il nostroimpegno: far sentire a pazienti e familiari che non sono soli e che, per quantopossibile, c'è qualcuno che tende una mano e li aiuta: insieme a medici, infermierie a tutto il personale anche AVAPO Mestre.

A.V.A.P.O. È ANCHE LOTTA CONTRO LA BUROCRAZIA E L'EGOISMODa quanto scritto dai nostri volontari risulta evidente come l’impegno di A.V.A.P.O.Mestre sia cresciuto nel tempo tanto da richiedere una organizzazione al propriointerno puntuale e precisa che non deve perdere mai di vista il proprio obiettivoprincipale: il servizio al malato.Nel tempo la nostra associazione ha saputo diventare una sorta di garanzia, una

presenza discreta, ma al tempo stesso pregnante al fianco di chi a volte in mododel tutto inaspettato, si ritrova a dover lottare oltre che contro le conseguenzedella malattia, anche contro le rigidità e le pastoie burocratiche che spessocomplicano la vita dei malati e dei loro familiari.L’auspicio nel guardare al futuro è che la forza vitale che A.V.A.P.O. Mestre hasaputo sprigionare, possa coinvolgere tutta la nostra città, dimostrando cheattraverso il superamento di egoismo ed indifferenza, possiamo ancora sperare inuna società che sa affermare il valore dell’essere solidali, oltre che conaffermazioni di principio, anche attraverso un impegno continuo ed operoso.

PER INFORMAZIONIA.V.A.P.O Mestreviale Garibaldi 56, 30173 MestreTel. 041 5350918; fax 041 2667189sito internet www.avapomestre.itindirizzo Email [email protected]

Stefania Bullopresidente

A.V.A.P.O.Mestre

SoniaSemenzato

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LA STRUTTURA DELL'ASSOCIAZIONELa sede dell’associazione è presso l’Unità Operativadi Oncologia Ospedale Civile SS. Giovanni e Paolo aVenezia. L’A.V.A.P.O. è un associazione di volontari epertanto tutti i servizi sono rigorosamente gratuiti.L’obiettivo dell’Associazione è di migliorare laqualità della vita dei pazienti oncologici e dei suoifamiliari. Presidente di AVAPO Venezia onlus èAntonia Gebsattel. L’Associazione che oggi ha circa120 volontari è gestita da un Direttivo composto da9 volontari eletti ogni 3 anni.

LE ATTIVITÀLe attività dell’A.V.A.P.O. in Venezia sono:- assistenza in ospedale nei reparti di Oncologia

e di Radioterapia;- assistenza domiciliare;- assistenza nell’ospedalizzazione a domicilio

(ODO) in convenzione con l’ulss 12;- assistenza alle donne operate al seno;- assistenza ‘day hospital’ nel Ospedale Civile

a Venezia e nell’Ospedale dell’Angelo a Mestre;- assistenza in Hospice all’Ospedale Fatebenefratelli

a Venezia;- promozione Ricerca Clinica nel settore Oncologia.

L'OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIOL’assistenza nell’Ospedalizzazione a domicilioavviene con 3 medici, 7 infermieri, una psicologa, 5operatrici sanitarie (a carico del Comune di Venezia)e diversi volontari. Dal 2012 è stata introdotta la

reperibilità notturna dei medici. L’assistenza copretutto il territorio di Venezia incluso tutte le isole daPellestrina a Burano. L’attività è diretta da duemembri del Direttivo. Circa 30 per cento delle spesedi questo essenziale servizio sono a carico delA.V.A.P.O. I malati attualmente seguiti a casa daquesto servizio sono circa 33.

LE RISORSEI volontari prima di essere ammessi quale socidell’A.V.A.P.O. a Venezia svolgono un corso di 9settimane seguiti poi da un tirocinio di 6 mesi.Le ore attualmente dedicate dai volontariall’attività sono circa 22.000 all’anno e i servizisono funzionanti 365 giorni all’anno compresepertanto tutte le feste. L’assistenza che l’Associazione può fornire dipende non solo daltempo che ciascun volontario può dedicare maanche dalla possibilità di reperire fondi siano essidonazioni, 5 per mille, rimborsi da convenzionecon Enti Pubblici, lasciti testamentari ecc.La sfida di domani per la nostra Associazionesarà presumibilmente l’incremento della richiestaper l’assistenza a domicilio con tutte leproblematiche che tale servizio comporta intermini di logistica, trasporti e tempi di viaggio.

PER INFORMAZIONIOncologia Medica Ospedale Civile di VeneziaTel. e fax 041 5294546, cell 393 8797135indirizzo Email [email protected]

L’Associazione Volontari Assistenza Pazienti Oncologici Onlus (A.V.A.P.O.) è nata25 anni fa nel centro storico veneziano. Si tratta di una delle prime associazioni di assistenza a pazienti oncologici nata nel Veneto.

L’A.V.AP.O. Venezia.Un gruppo di 120 volontari deditiall’assistenza ai pazienti oncologici

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Rivista ViS “Venezia in Salute”registrazione al Tribunale di Venezia numero 12 del 31/03/2012numero 7 – gennaio/febbraio 2014

direttrice responsabileNicoletta Benatelli

editoreComune di Venezia,Direzione Affari Istituzionali

segreteria di redazioneNicoletta Codato, Stefania BarbadoServizio Programmazione Sanitaria del Comune di VeneziaAnna Zanetti, Cinzia TrevisanSegreteria Direzione Affari IstituzionaliGabinetto del Sindaco

realizzazione grafica di VisElisabetta Cattaneo Centro Produzione Multimediale del Comune di Venezia

La rivista VIS è solo on line, pubblicata sul sito del Comune di Venezia www.comune.venezia.it,sezione “Mi interessa” e poi sezione “Vivere in salute”ed infine “Venezia in salute”

per informazionicell 347 1332848

V E N E Z I A I N S A L U T E

èèEMERGENCY,IL POLIAMBULATORIODI MARGHERA

Il Poliambulatorio di Emergency a Marghera offreservizi di medicina generale e specialistica eorientamento socio sanitario alla popolazioneimmigrata residente, con o senza permesso disoggiorno, e a tutte le persone in stato di bisogno.L’ambulatorio è situato in via Varé 6 a Marghera.La struttura è operativa dal 2 dicembre 2010.

PER INFORMAZIONI

Emergencyvia Gerolamo Vida 11 – 20127 MilanoTel. 02 881881, fax 02 86316336 sito www.emergency.itindirizzo Email [email protected]

Poliambulatorio di MargheraVia G.B. Varè 6 – 30175 Marghera (VE)Tel. 041 0994114, fax 041 928475sito www.emergency.it