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lo zuavo | giovani promesse dello sci | università delle scienze gastronomiche | andrea maligno | il piacere della carne Poste Italiane spa - Spedizione in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB/CN - anno III - numero 07 - Gennaio - Febbraio 2011 - English Version Inside e 5,00 il gigante malato la voce della confidenza l’oro bianco della granda percorsi d’inverno

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Il magazine della provincia di Cuneo gennaio/febbraio 2011

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lo zuavo | giovani promesse dello sci | università delle scienze gastronomiche | andrea maligno | il piacere della carne

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il gigantemalato

la voce della confidenza

l’oro bianco della granda

percorsi d’inverno

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TUTTI I SENSI COINVOLTI IN UNA

DELIZIA TOTALE

Oggi, nelle affascinanti sale restaurate, che un tempo vedevano monaci in preghiera

si può “meditare” sui grandi piatti della tradizione piemontese,

a base di prodotti tipici stagionali provenienti dalle agricolture e

allevamenti del territorio. La cucina, moderna e tecnologica,

è regno incontrastato di Davide Biginelli, chef abilissimo che con l’esperienza e la fantasia

sa coniugare freschezza e genuinità,tradizione ed esotismo, gusto e leggerezza,

per una cucina che regala gioia e piacere ai palati più raffinati ed esigenti.

Nella ricca cantina un’ampia scelta fra le più prestigiose etichette internazionali e nazionali,

e una selezione delle migliori cantine del Piemonte.Splendida location per matrimoni ed eventi.

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SOUL FARM HOTELMONTALDO TORINESE (TO)Progetto Arch. Gianni Arnaudo

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SOUL FARM HOTELMONTALDO TORINESE (TO)Progetto Arch. Gianni Arnaudo

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Mi sto accorgendo, in questi ultimi tempi, che si sta diffondendo un’epi-demia inarrestabile, a tratti fastidiosa: una continua loquela a ruota libe-ra. Ormai sproloquiano tutti, politici in testa ed in ogni occasione, poi i conduttori e gli opinionisti in tv, gli intervistatori e gli intervistati, la gente comune e quella più o meno famosa, di ogni età, professione o naziona-lità. Parla la gente di cultura e quella ignorante, artisti, scrittori e filosofi come i criminali e i loro avvocati, gli ammalati come i loro medici e così via. È un fenomeno che avviene ovunque: negli uffici dove si passa il tem-po attaccati al telefono, in qualsiasi programma televisivo dove chiunque viene investito della carica di “opinionista”, al bar, per strada, persino in auto. L’attrazione del microfono scatena un flusso inarrestabile di paro-le – sempre troppe e spesso vuote – diffuso e amplificato dai mezzi di comunicazione che lo trasportano in ogni angolo del pianeta. Quasi un di-luvio che si ripete come un’eco senza fine, ripreso anche in forma scritta su quotidiani e settimanali, permeando i discorsi di banalità e di aria fritta, di concetti vuoti che nascondono il nulla, quasi fossero pure esercitazioni ginniche della lingua, intesa come muscolo da allenare. Un fastidio che ci porta a desiderare momenti di silenzio e di riflessione.Dal canto nostro cercheremo invece di non buttare le parole al vento, ma di raccontare, ancora una volta, qualcosa di nuovo del nostro territorio. A partire dal capolavoro barocco del Santuario di Vicoforte e dalle continue quanto poco note “cure” a cui è sottoposto, per arrivare ad un altro luo-go divenuto “istituzione”, frequentato dai più importanti personaggi del jet–set internazionale di passaggio a Cuneo: il ristorante “lo Zuavo”. Lo sport in questa stagione diventa protagonista con la neve e gli esponenti di una nuova generazione di campioni in nuove specialità, come Pietro Dutto, campione di biathlon e Antonio Fantino, talento dello slalom e del gigante. Sicuramente non sono parole al vento quelle che ci racconta in un’intervista a “tu per tu” Matteo Brancaleoni, definito il Michael Bublè italiano, che da Bene Vagienna porta il nome della provincia nell’olimpo del jazz internazionale, ovunque si esibisca nei suoi concerti. E poi ancora la storia e le curiosità dell’Università del Gusto di Pollenzo, dei grandi formaggi del nostro territorio e tanto altro ancora...

Roberto Audisiodirettore artistico

[email protected]

EDITORIALE

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Rivista bimestrale della Provincia di CuneoAnno III • Numero 07 • Gennaio - Febbraio 2011

Direttore responsabile:Alessio Botto • [email protected]

Direttore artistico:Roberto Audisio • [email protected]

Redazione:[email protected]

Concessionaria unica di pubblicità:BB Europa Edizioni • via degli artigiani, 17 – Cuneo

Direzione marketing & pubblicità:Jolanda Bivona • [email protected]. +39.388.61.86.091

[UNICO] è una pubblicazione di BB Europa EdizioniVia degli Artigiani, 17 • 12100 Cuneo tel. +39.0171.60.36.33Reg. Trib. di Cuneo n. 617 del 1 Agosto 2009

Stampa:TIPOLITOEUROPA • [email protected] • www.tipolitoeuropa.com

Tutti i diritti riservati, è vietata la pubblicazione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’Editore© BB Europa Edizioni. Nell’eventualità che testi e il-lustrazioni di terze persone siano riprodotti in questa pubblicazione, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non citati. L’editore porrà inoltre rimedio, a se-guito di segnalazione, ad eventuali non volute omissio-ni e/o errori nei relativi riferimenti.

Garanzia di riservatezza per gli abbonati.L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiedere gra-tuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: “BB Europa Edizioni” – Responsabile dati UNICO – Via degli Artigiani, 17 – 12100 Cuneo. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico della “BB Europa Edizioni” saranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96).

Puoi trovare [UNICO] nelle migliori Edicole della Pro-vincia di Cuneo. A Torino nella Libreria Internazionale Luxembourg e in aeroporto Torino Caselle.

Questo numero è stato chiuso in redazione il 31 dicembre 2010.

In copertina: Verso il colle Salè - Valle Stura photo: Daniele Molineris

AlessioBotto DIRETTORERESPONSABILE

[email protected]

CONTRIBUTORS

con il patriocinio di:

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero

hanno scritto:

Mariuccia AssolaRoberto AudisioRiccardo CeliFiorenzo CravettoUmberto FerrondiGiovanna FocoFabrizio GardinaliLuisa GhivarelloLuca GiacconeEraldo GiubergiaPaolo MonnettiLuca MorosiAnnamaria Orzi LucchiniAlessandro ParolaNicola La FauciGian Luca PasqualeRosaria RavasioGianni ScarpaceCesare SchiaparelliGuido Testa

hanno fotografato:

Roberto AudisioOscar BernelliGian CeratoRiccardo CeliGianni ScarpaceTino GerbaldoDaniele MolinerisLuca MorosiPress Office ATL CuneoPress Office C.C.I.A.A. CuneoPress Office FontanafreddaArchivio Museo Ceramiche MondovìArchivio FisiPress Office Gino SpaPress Office Maligno Industria Arredamenti

traduzioni: Lidia Dutto

aderente a:

RobertoAudisio DIRETTOREARTISTICO

[email protected]

JolandaBivona DIREZIONEMARKETING & PUBBLICITÀ

[email protected]

Seguici su facebookUNICO PEOPLE & STYLE

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LUOGHI10 | il gigante malato

14 | un cantiere straordinario

32 | la fucina dei gastronomi

SOCIETÀ E COSTUME16 | una sera allo zuavo

SPORT20 | caccia alla coppa del mondo

23 | la riserva bianca raddoppia

GUSTO26 | tradizione e innovazione

50 | il piacere della carne

RITRATTO28 | la voce della confidenza

38 | l’anima marchiata nel legno

MOTORI36 | un mondo nuovo

IL BUONGUSTAIO44 | l’oro bianco della granda

FASHION STYLE48 | dressing design

IN CASA DI...52 | cuore di legno

ARTE56 | macchine del tempo

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SOMMARIO

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05 | EDITORIALE

07 | SOMMARIO

08 | PRIMO PIANO

41 | L’INTERVISTA IMPOSSIBILE

58 | LIFESTYLE

61 | BONTÀ A TAVOLA

62 | NUOVE TECNOLOGIE

63 | FINANZA

64 | SHOPPING MON AMOUR

65 | TENDENZE MODA

69 | LEGGE

70 | PILLOLE DI FISCALITÀ

71 | MUSICA

72 | ESSERCI

79 | ENGLISH VERSION

RUBRICHE

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PrimoPiano

AL VIA IL PROGETTO:SALUZZO OGNI GIORNO PIU’ TUAIl Comune di Saluzzo, con il contributo di ventimila euro della Regione Piemonte, ha messo a punto per il 2011 il progetto “Saluzzo ogni giorno più tua” consistente in una serie di iniziative volte ad offrire ai cittadini ed ai turisti una città più moderna, bella ed accogliente. Le prime tre iniziative, “Libera età”, “Cinque domeniche di musica, fiori e beni culturali” ed il nuovo “Piano degli orari in città” sono pronte a partire; il progetto “Libera età” intende far partecipare una trentina di pensionati over 55 al servizio civico volontario, impegnando i partecipanti in attività quali il servizio di vigilanza nelle scuole e nei parchi pubblici fino al servizio di guida turistica negli edifici storici. L’obiettivo di potenziare l’offerta turistica della città si esprime invece con l’iniziativa “Cinque domeniche di musica, fiori e beni culturali”, un’occasione unica per scoprire o riscoprire Saluzzo ed il suo prestigioso patrimonio storico in un’ottica particolare che coinvolge i sensi e conquista le emozioni attraverso le note della musica ed i colori dei fiori; teatro di questi appuntamenti saranno i più prestigiosi edifici storici del Marchesato che, per l’occasione, saranno aperti le seconde domeniche del mese a partire da marzo 2011. Infine il nuovo “Piano di coordinamento degli orari” punta sulla ricerca di una migliore qualità della vita cercando di far sì che per un giorno al mese gli orari della città siano in perfetta sintonia con gli orari dei suoi cittadini offrendo così a tutti la possibilità di usufruire con maggiore elasticità dei servizi cittadini. Un progetto ambizioso che vuole portare a Saluzzo una nuova “forma mentis” capace di permeare la città ad ogni livello seguendo gli esempi gestionali dei grandi centri urbani europei.

A BORGO SAN DALMAZZO TORNA LA GRANDE BOXELo scorso anno è stato un successo inaspettato – il Primo Trofeo Alpi Marittime / Memorial Piras – che nel confronto del “dual match” Cuneo–Torino ha radunato al Palasport di Borgo San Dalmazzo un parterre con oltre 1500 appassionati e ospiti importanti, a dimostrazione che anche in provincia di Cuneo la boxe è molto seguita e amata, specie quando è presentata a buoni livelli.La “Boxe Cuneo” con la collaborazione di Regione Piemonte, provincia di Cuneo, ATL e Comune di Borgo S. Dalmazzo, sta così definendo il programma del prossimo appuntamento, in programma per il prossimo 2 aprile, in cui sul ring si confronteranno il Piemonte e la Liguria, con un evento clou rappresentato dalla finale del Campionato Europeo professionistico di Kick Boxing, ripreso in diretta televisiva nazionale.Un’importante occasione per portare lo sport di qualità in provincia legando sempre più la cittadina ai piedi delle Alpi alla “nobile arte” del pugilato.

NEL MONREGALESE IL DISTRETTO AMBIENTALE PIÙ ESTESO D’EUROPAÉ un progetto del G.A.L. Mongioie che coinvolge 43 comuni del monregalese e cebano, firmatari del patto, per raggiungere gli obiettivi del pacchetto “clima ed energia” (denominato 20–20–20) della Comunità Europea.

“La sfida – afferma Beppe Ballauri, presidente dell’ente – è di ridurre del 20% le emissioni di anidride carbonica, aumentando dello stesso valore sia l’efficienza energetica sia l’utilizzo delle fonti rinnovabili dell’intero territorio. Dobbiamo tutti tenere in massima considerazione le tematiche ambientali, energetiche e naturalistiche per assicurarci un futuro più sano ed una migliore qualità di vita. Solo così possiamo valorizzare le risorse naturali che già abbiamo, potenziare il turismo e la promozione dell’agroalimentare. Con l’auspicio di estendere il modello anche al resto della provincia.”

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PrimoPiano

MONDOVI’: INAUGURATO A PALAZZO FAUZONE IL MUSEO DELLA CERAMICADomenica 12 dicembre 2010 è stato inaugurato, all’interno del prestigioso Palazzo Fauzone di Germagnano nel rione Piazza a Mondovì, il Museo della Ceramica, un evento di assoluta rilevanza che giunge a saldare un debito della città con il suo passato, quel passato che vide Mondovì come centro industriale ceramico di prim’ordine tra Otto e Novecento e di cui oggi quasi nulla è rimasto.Nato dalla collaborazione tra il Comune di Mondovì e la Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia Mondovì”, attualmente presieduta da Guido Neppi Modona, nipote di Marco Levi (1910– 2001) banchiere e ultimo proprietario e direttore della fabbrica di ceramiche “Vedova Besio e figlio”, il Museo è stato realizzato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, della Compagnia di San Paolo e della Cassa di Risparmio di Torino e con il patrocinio ed il sostegno del Ministero per i beni e le attività culturali, la Regione Piemonte e la Provincia di Cuneo. Sotto la direzione di Christiana Fissore, sono state esposte nei 600 metri quadrati del prestigioso palazzo medioval–barocco le oltre seicento ceramiche provenienti dalle collezioni di Marco Levi e Carlo Baggioli; quest’ultima – la più ricca collezione di ceramiche del distretto monregalese – venne acquistata negli anni Novanta proprio da Levi che sin da allora aveva coltivato il sogno di preservare e trasmettere la memoria storica di una plurisecolare esperienza artistica ed industriale e di farla rivivere in una prestigiosa sede museale. A quasi dieci anni di distanza dalla scomparsa di Marco Levi e dopo il lungo periodo di lavori di restauro, quel sogno si è tradotto in realtà.

TORINO SI CONFERMA LA CAPITALE DEL CIOCCOLA-TÒTorino, la città simbolo del più importante Distretto del Cioccolato Made in Italy, con i suoi storici caffè, le sue antiche cioccolaterie e le tante aziende industriali ed artigianali, ospiterà dal 25 marzo al 3 aprile una nuova edizione di CIOCCOLA-TÒ, anticipata da un’apertura straordinaria il 17 marzo, in concomitanza con le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. La manifestazione

si svilupperà nel centro storico del capoluogo con una grande area commerciale allestita in Piazza Vittorio in cui saranno presenti oltre 6mila referenze suddivise tra prodotti piemontesi, nazionali ed internazionali. Un circuito degustativo coinvolgerà le cioccolaterie storiche e i ristoranti che proporranno golosi “menù tutto cacao” ai propri clienti. Non mancheranno poi le Merende Reali, per ripercorrere il tradizionale rito della merenda di Casa Savoia che vedeva tra i protagonisti indiscussi proprio il cioccolato, sia in tazza che come pregiato cioccolatino artigianale.Info: Ufficio Stampa – Francesca Martinengo – [email protected]

LE “BESTIE” IN MOSTRA AL FILATOIO DI CARAGLIOUna stupefacente carrellata dentro un fantastico mondo popolato da creature nate dalla mente (talvolta dagli incubi) dell’uomo, una proiezione di miti, chimere, sogni, paure, speranze, illusioni. “Creature” che artisti, dal Medio Evo ad oggi, hanno fissato in dipinti, sculture, ceramiche, raggruppate per la prima volta in una mostra unica dall’Associazione Culturale Marcovaldo, curata da Alberto Cottino e Andreina d’Agliano.Le opere saranno divise per grandi temi, dagli animali sacri alla mitologia della caccia, dalle bestie demoniache a quelle care agli Dei, dai mostri leggendari agli animali domestici per finire con le nature morte di cucina.Una grande mostra sulle simbologie del regno animale che unisce il rigore scientifico all’interesse del grande pubblico per gli animali.

BESTIE. Animali reali e fantastici nell’arte europea dal Medioevo al primo NovecentoCaraglio - Il Filatoio26 febbraio – 5 giugno 2011www.marcovaldo.it

Pittore fiammingoGiaguari, 1620-1650

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Torino, collezione privata

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Non è facile pensare al Santuario di Vico-forte come un’emergenza architettonica.

Perché il naturale senso di bellezza e maestosità che la struttura barocca ispira è talmente evi-dente all’occhio del visitatore che difficilmente viene in mente l’idea di uno splendido “gigante malato”. Il Santuario mariano costituisce un capolavoro del barocco piemontese. In alto c’è l’imponente tamburo che sorregge la cupola ellittica affrescata più grande d’Europa, opera dell’architetto Francesco Gallo, “voltata” in soli 5 mesi (dal giugno all’ottobre del 1731). Lì si sofferma di più lo sguardo di migliaia di visi-tatori che ogni anno arrivano nel Monregalese con pullman organizzati. Raro che qualcuno sia a conoscenza del fatto che già nel 1972 si sosti-tuirono 900 metri di tetto e fu demolita tutta la vecchia copertura in legname e coppi (l’ultimo

il gigantemalatoSOPRAVVISSUTO NEGLI ANNI A TERREMOTI E ASSESTAMENTI STATICIOGGI IL CAPOLAVORO BAROCCO È OGGETTO DI STUDI E ANALISI SCIENTIFICHE DELLA COMUNITÀ TECNICA INTERNAZIONALE.

DI GIANNI SCARPACE

tetto era del 1600). E ancora: dal 1982 all’84 si allestirono due cantieri di lavoro per il risana-mento del terreno e delle fondazioni. Nel 1985 e 1986 venne innalzato il grande ponteggio per il restauro delle strutture e del campo pittorico, operando la cerchiatura del tamburo con quat-tro anelli in acciaio.

Gioie e DoloriOggi la chiesa mariana che ha origini da vicen-de tra la devozione e la leggenda è, insieme, cruccio e soddisfazione della Diocesi di Mon-dovì, proprietaria del Santuario, del complesso ricettivo della Casa Regina Montis Regalis e della suggestiva palazzata di fronte alla chiesa per la quale c’è da tempo un progetto di recu-pero, che non parte per mancanza di finanzia-menti. I pregi sono sotto gli occhi di tutti, ma

Una suggestiva vista aerea della Basilica dedicata alla Natività di Maria Santissima, più comunemente conosciuto come il Santuario di Vicoforte, con l’attiguo monastero cistercense ed il complesso barocco della palazzata, animati dalle bancarelle della popolare “Fera ‘d la Madona” che si svolge ogni annoil 9 settembre.

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quando il vicario generale don Meo Bessone e l’economo don Luigino Galleano si mettono, conti alla mano, a pensare a ristrutturazioni e lavori di consolidamento, emerge l’aspetto del “gigante da curare”. La basilica dell’architetto Francesco Gallo (dal 1729), capolavoro di arte e fede, conta migliaia di fedeli e devoti al culto della Madonna di Vico ed è stata studiata per anni da ingegneri giapponesi che hanno esau-rito la loro indagine sempre nel settore sismico individuando le crepe nascoste. Etsuro Sotoo, scultore e filosofo, erede naturale del grande Gaudì, votato al completamento della Sagrada Familia, durante una visita nel Monregalese su invito del Politecnico di Mondovì, è rimasto affascinato dalla forza di quel monumento e dalla cupola: 6032 metri, il più esteso affresco esistente a tema unico. Il “Poli” di Torino e di Mondovì, da anni, sotto l’impulso del docente monregalese Sebastiano Sordo, monitorano la struttura da anni. Hanno invitato anche i colle-ghi asiatici a tornare per controllare i movimen-ti strutturali del Santuario.

L’adeguamento alle nuove mappe sismicheUna struttura necessariamente “secolarizzata”. Perché la recente delibera della Regione sulla mappa sismica ha aggiornato e adeguato le zone telluriche in Piemonte, riclassificando tutto il territorio con vincoli diversi, a seconda della pericolosità. Vicoforte è passata a “zona 3”, quindi anche un monumento come il San-tuario ha dovuto elevare il livello di attenzione negli interventi di ristrutturazione. In pratica significa che gli strumenti e gli accorgimenti tecnici adoperati per “curare” “il monumento simbolo a livello nazionale” (definizione stabili-ta dagli studiosi), si sono adeguati, rivisti e cor-retti. Il Santuario è sopravvissuto al terremoto del 1600 e al sisma del 1800, quando la splen-dida chiesa della Missione, a Mondovì Piazza, fu danneggiata dalle scosse. La documentazio-ne sui terremoti nel Monregalese è custodita nell’Eu Center di Pavia, uno dei più accreditati

istituti italiano sugli studi tellurici del nostro Paese. Ironia della sorte è lo stesso centro che ha curato la nuova mappa sismica che la Regio-ne ha ufficializzato nei giorni scorsi. È anche il centro che si occupa, dal 2007, dei movimenti tellurici della basilica mariana di Vicoforte. Nei due volumi della rivista internazionale curata dall’Università di Pavia, la relazione “Definition of sismic input at Regina Montis Regalis basi-lica” eleva il monumento religioso a parame-tro universale per la tipologia degli interventi delle opere nelle zone sismiche. L’Università di Genova usa il Santuario di Vicoforte per l’ap-plicazione delle linee guida per gli interventi di questo genere. “Anche con l’avvento della nuova classificazione – dice don Meo Bessone – sappiamo come curare il nostro Santuario. Il problema è trovare altri fondi per continuare ri-

Le decorazioni in affresco degli oltre seimila metri quadrati di superficie dell’interno della cupola: il tema è quello della Salvezza.

La processione dell’8 settembre, giorno della Natività, attira sempre una folla di fedeli da ogni parte della provincia.

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cerche ed interventi. Finora la Fondazione Crc ci ha dato una grossa mano, ora c’è necessità di nuovi strumenti di studio”. Martino Mauro per tutti è il “geometra” della Casa Regina Montis Regalis. È il tecnico competente che da decenni fa da collante tra l’amministrazione che gestisce il Santuario di Vicoforte e i tanti tecnici inter-venuti per “curare” la basilica mariana. “È vero che gli interventi futuri dovranno essere ripen-sati – dice il geometra – ma alla nuova mappa sismica eravamo già preparati. Gli ingegneri del Centro Sismico Eu Center di Pavia sono i tecnici intervenuti nel 2008 e sono gli stessi estensori del piano messo a punto dalla Regione”. Come cambia il modello di intervento sul Santuario? “Già prima del piano si sono tenute in conto le esigenze antisismiche del Santuario – risponde Mauro – ma ora occorre la posa di geofoni sulla cupola e sismometri alla base delle fondazioni. È la nuova parte di studi che tengono conto maggiormente della parte sismica. Tra nuovi esami e altri lavori di risanamento, occorrereb-

IL SANTUARIO REGINA MONTIS REGALIS: FASCINO CHE DONA SERENITÀdi Raffaele Costa

Ho vissuto, dalla nascita, a poca distanza dal Santuario Regina Montis Regalis a Vicoforte. Ho abitato da giovane a Mondovì Piazza, avvicinandomi poi nuovamente, da adulto, ai confini con Vicoforte, a poca distanza dal Santuario.Oggi come ieri mi affascina la sua mastodontica struttura, ricca di storia e cultura, e la stupenda bellezza delle opere dei vari artisti che, nel tempo, hanno lasciato le loro testimonianze sia all’interno che all’esterno.Ho avuto molte volte occasione di riflettere sul valore religioso e morale che ha avuto per le migliaia di pellegrini e visitatori che negli anni l’hanno visitato: questo ha avuto però un distinguo da altre strutture religiose. Il silenzio e una preghiera raccolta e poco esternata hanno caratterizzato da sempre il Santuario di Vicoforte, affiancando la sua grandezza dal punto di vista architettonico al suo valore morale di Fede nella Madonna. In tanti anni di esperienza passati nell’amministrazione e nella politica, ho avuto il piacere e l’onore di conoscere grandi Vescovi ed eccellenti Sacerdoti, impegnati a proseguire, positivamente e religiosamente, la vita e la gestione del Santuario.Un mio piacere intenso e particolare è stato conoscere, in questo luogo, molta gente comune con grandi valori morali, che vedevano, e ancora oggi vedono, in questo luogo, uno speciale rifugio di pace e serenità, che dà forza in caso di bisogno e conforto morale quando si cerca un colloquio spirituale con “qualcuno” che ti sappia ascoltare. Il Santuario ha il grande merito di riuscire a regalare ad ognuno una grande serenità d’animo, sia nel raccoglimento del suo interno, sia nella maestosità degli esterni, grazie alla bellezza e grandiosità di una struttura che è diventata un vero simbolo della fede e dell’arte, non solo del Cuneese.

bero circa 300 mila euro solo per l’adeguamen-to sismico. Prevediamo lavori ancora per tre o quattro anni”.Teresio Sordo, docente universitario, respon-sabile del progetto di risanamento del San-tuario di Vicoforte: “Il fatto che più università italiane e straniere e i centri sismici nazionali che nel corso degli anni hanno monitorato lo stato di salute dello splendido Santuario di Vi-coforte trovandolo confortante, vuol dire che il paziente è stato ben assistito. Ora occorre continuare. È vero che gli interventi costano, ma si parla di un patrimonio storico e religioso inestimabile. L’università s’impegnerà ancora in questo senso. Il passaggio da una dimensione statica degli studi a una dinamica prevede studi diversi da quelli effettuati finora, ma ormai la scienza tecnica sa affrontare questi problemi”.

Le torri “impacchettate”Oggi una delle quattro torri del Santuario di Vi-coforte è “avvolta” dai ponteggi per il restauro

Le origini del Santuario sono medievali: un modesto pilone con un affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna col Bambino. Nel 1592 un cacciatore colpì per sbaglio l’immagine, che

secondo la tradizione sanguinò. Ancora oggi l’archibugio è conservato in una cappella del

Santuario, accanto all’affresco deturpato.

Nella pagina a fianco:vista aerea dell’intero complesso architettonico.

La cupola ellittica che sormonta la struttura, opera di Francesco Gallo, è la più grande del

mondo con tale forma.

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conservativo delle superfici esterne in pietra. I lavori sono stati programmati dall’amministra-zione della chiesa mariana per tutte le torri presenti nel progetto di Vitozzi, ma edificate in epoche diverse. Quella di nord est fu la prima ad essere costruita, su volontà della Madama Reale (Maria Cristina di Borbone) nel 1642. I lavori interesseranno anche i tetti in coppi e legno ed i serramenti in ferro. Gli interventi si realizzeranno grazie a un contributo della Fon-dazione Crc, ma il rettore don Meo Bessone, durante novene e messe, spesso rivolge inviti ai fedeli a “collaborare” nelle spese. È stata aperta anche una sottoscrizione nella sacrestia della Basilica.

Il Santuario sposa il fotovoltaicoL’ultimo attestato di secolarizzazione del “San-tuario che non si ferma mai” si riscontra in que-sti giorni. Il Santuario e le sue strutture saranno alimentate da un impianto fotovoltaico a terra. Il grande scavo (circa 5000 metri quadri) pre-

sente nel retro della basilica, annuncia la costru-zione dell’impianto voluta dall’amministrazio-ne. Si realizzerà un impianto da 120 chilowatt di potenza che renderà autonoma la struttura dal punto di vista energetico. Costerà circa 450 mila euro e si prevede la fine dei lavori, secon-do il progetto curato dallo studio Bertano di Vicoforte, per fine anno. “La mole del cantiere – conclude don Galleano, dell’amministrazione del Santuario – non deve spaventare. Tutta la zona sarà coperta dalla vegetazione, da alberi e siepi”. D’altra parte il progetto ha passato il vaglio della Soprintendenza dei Beni Architetto-nici intervenuta con attenzione per la presenza della prestigiosa basilica. Lo conferma il sindaco di Vicoforte Gian Pietro Gasco. “La Soprinten-denza – dice – ha espresso due pareri favorevo-li e il Comune ha rilasciato la licenza solo dopo che sono stati soddisfatti, nel progetto, tutti gli accorgimenti richiesti dall’ente torinese. I pan-nelli non supereranno il metro di altezza, l’im-patto ambientale sarà minimo”.

DOVE ACQUISTARE:

Molino Bongiovannivia Case di Molino di Pogliola, 27 – Villanova M.vìtel. 0174 686106 – www.molinobongiovanni.comIl luogo giusto dove trovare farine di antiche varietà di mais delle cam-pagne piemontesi come Ottofile, Marano, Pignolet, la farina di castagne garessine o la rarissima farina di Spelta.

Cascina Lisindreavia Santo Stefano, 7 – Vicoforte M.vì – tel. 0174 563644www.cascinalisindrea.itVendita diretta in azienda dei migliori tagli di carne da bovini di razza piemontese alimentati solo naturalmente, con la possibilità di visitare la fattoria didattica del circuito Educazione alla Campagna Amica.

Erba Mattapiazza Maggiore, 6/a – Mondovì – tel. 0174 42583Per gli amanti delle cose buone è obbligatoria una sosta qui dove trovare una scelta di prodotti tipici del territorio monregalese, dalle torte caserec-ce ai formaggi d’alpeggio dal miele al pane cotto nel forno a legna.

DOVE MANGIARE:

San Marco Via Francesco Gallo, 20 – Vicoforte – tel. 0174 563181www.silviobessone.itSilvio Bessone saprà raccontarti la storia di ogni componente o elemento che ti ha messo nel piatto, scelto personalmente ogni giorno, e non man-cherà di stupirti con il suo cioccolato, amore e passione della sua vita.

Il Baluardo – Gusto e CharmePiazza d’Armi, 2 – Mondovì – tel. 0174 330244 www.marclanteri.itDalle mani sapienti di Marc Lanteri – una stella Michelin – una cucina che interpreta mare, montagna e campagna, Provenza e Piemonte in un locale carico di storia ricavato nelle antiche mura di Mondovì.

La BorsarellaVia Del Crist 2 – Mondovì – tel. 0174 42999www.laborsarella.itIn un casale settecentesco le proposte rivisitate dallo chef Beppe Ribero degli antichi piatti tradizionali.

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Dopo anni di contrasto alla contraffazione del design industriale, l’articolo 239 del Codice di Proprietà Industriale è stato riscritto a favore del diritto d’autore.La nuova norma si schiera contro la produzione di imitazioni non autorizzate dai legittimi titolari del diritto d’autore. Finalmente l’idea, il vero valore di un grande prodotto di design, viene tutelata. Cresce la sicurezza in chi acquisterà i nostri prodotti: la nuova legge prevede che tutti coloro che producono o commercializzano imitazioni realizzate in Italia dopo il 19 aprile 2006, nonché quelle importate dopo il 19 aprile 2001, siano

perseguibili a tutti gli effetti di legge come contraffattori. Cassina partecipa insieme ai suoi rivenditori all’affermazione del design e dell’originalità.

Dal 2 settembre 2010, una certezza.

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a r c h i t e t t u r a & a r r e d a m e n t o

Tutto ha inizio da un pilone, di quelli votivi che costellano le campagne piemontesi.

Viene incautamente sfregiato da un cacciatore durante l’inseguimento della preda. Bisogna restaurarlo oppure sostituirlo con un’opera più degna: magari una chiesa?!, ci si domanda… Questa, per lo meno, è la versione tramandata dalle cronache del passato, come al solito un

un cantierestraordinarioPITTORI, SCULTORI, ARCHITETTI E SCENOGRAFI ALL’OPERA NEL GRANDE SANTUARIO SABAUDO.

DI LUCA MOROSI

misto di verità e leggenda. Sta di fatto che è in questo lembo del monregalese, lontano da Torino ma molto importante per il Ducato Sa-baudo, che si consuma una delle vicende più interessanti della storia artistico–architettonica del territorio cuneese: Carlo Emanuele I affi-da ad Ascanio Vittozzi l’incarico di realizzare un’opera in grado di lasciare il segno, un segno

Sebastiano Taricco, Gloria della Sindone e della Croce, affreschi della volta della cappella di San Benedetto, 1683-1686.

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Dopo anni di contrasto alla contraffazione del design industriale, l’articolo 239 del Codice di Proprietà Industriale è stato riscritto a favore del diritto d’autore.La nuova norma si schiera contro la produzione di imitazioni non autorizzate dai legittimi titolari del diritto d’autore. Finalmente l’idea, il vero valore di un grande prodotto di design, viene tutelata. Cresce la sicurezza in chi acquisterà i nostri prodotti: la nuova legge prevede che tutti coloro che producono o commercializzano imitazioni realizzate in Italia dopo il 19 aprile 2006, nonché quelle importate dopo il 19 aprile 2001, siano

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poderoso, “di romana grandezza”, che celebri e legittimi il legame fra la dinastia regnante e la devozione popolare. A partire dal 1596 l’archi-tetto avvia l’imponente cantiere ma né lui né il Duca avrebbero visto l’opera completata: il primo sarebbe morto infatti nel 1615 mentre il secondo si sarebbe spento nel 1630. Segue poi un periodo di stasi durante il quale i lavori latitano ma a partire dal 1701 France-sco Gallo assume la direzione del cantiere: è proprio lui a studiare ed eseguire la parte più strabiliante e ardita dell’intero edificio, quella cupola ellittica (1731-33) alta 74 metri, con un diametro maggiore di 36 metri e uno minore di 25, che si andava a innestare sul sottostan-te basamento tardorinascimentale progettato dal Vittozzi. Ed è a questo punto che comin-cia la vera e propria “epopea decorativa” della magnifica volta (estesa per oltre seimila metri quadrati) che vede l’avvicendarsi di molti arti-sti, alcuni dei quali giudicati “non all’altezza” dell’importante commissione, come nel caso di Giuseppe e Nicola Dallamano, assunti nel 1735 ma licenziati già un anno dopo; o come per lo “sventurato” Pietro Antonio Pozzo, anch’egli pittore quadraturista (cioè di finte architettu-re), addirittura costretto a restituire una parte della paga per aver deluso le aspettative dipin-gendo profili «non meritevoli della collauda-zione» e che suscitarono addirittura «publiche doglianze» perché «senza proporzioni di colori e dissegno». Cancellati dalla superficie gli affre-schi del Pozzo – con il direttore Gallo che si sbarazza astutamente delle critiche dei maligni

ammettendo la propria inesperienza nel valuta-re «la qualità della pittura» –, la nuova decora-zione viene affidata a Giuseppe Galli Bibiena (proveniente da una famiglia di scenografi pro-fessionisti) e dal figurista Sebastiano Galeotti, entrambi già attivi presso la Corte: sì, perché se l’uno doveva prodigarsi all’inquadramento prospettico delle superfici, l’altro doveva re-alizzare le acrobatiche piroette e le evoluzioni dei personaggi adagiati sulle nuvole o sospesi nel vuoto. Gli affreschi della cupola sarebbero poi stati ultimati da Felice Biella e Mattia Borto-loni entro il 1752. Ma non è finita qui. Infatti la decorazione “a cassettoni” e figure della volta non fu l’unica occasione di impiego di artisti e maestranze qualificate all’interno del cantiere. Ancor prima della messa in opera della coper-tura, per esempio, Giovanni Paolo Rechi aveva affrescato la cappella di San Bernardo (1680) e i fratelli Collini di Torino avevano scolpito la tom-ba–mausoleo di Carlo Emanuele I, con figure allegoriche di Minerva e della Sapienza; inoltre Sebastiano Taricco aveva dipinto con le sue ca-ratteristiche tinte vivide la cappella di San Bene-detto (1683–1686). Infine, nella fase conclusiva dei lavori, fra il 1750 e il 1751, proprio mentre si apportavano gli ultimi ritocchi alla decorazione pittorica ormai “in dirittura di arrivo”, l’architet-to Bernardo Vittone avrebbe innalzato l’altare centrale, adottando il progetto di Gallo che pre-vedeva alcune varianti rispetto al modello del baldacchino aperto illustrato da Andrea Pozzo nella sua Perspectiva pictorum et architectorum (1700, tavola 75: “altare capriccioso”).

Bernardo Vittone (su progetto di Francesco Gallo),altare a baldacchino, 1750-1751.

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Être zouave est un honneur. Le rester est un devoir (Essere zuavo è un onore. Restarlo

è un dovere).Avete presente l’Albergo Covicchio del più bel film di Pupi Avati, “Gli amici del bar Margheri-ta?” quell’insegna davanti alla quale sfilano una intrigante Laura Chiatti e un imbranato Neri Marcoré, improbabili amanti grazie agli intrecci perversi di Diego Abatantuono, quella scritta “Albergo Covicchio” nasconde lo storico ingres-so dello Zuavo, il più antico ristorante di Cu-neo. Così ha voluto il regista, che dovendo am-bientare il suo racconto cinematografico negli Anni Cinquanta, si è reso conto che la via Roma dei portici bassi e delle vetrine rimaste uguali da decenni era il migliore set naturale a portata di mano. Non era la prima volta che veniva a Cuneo. Vi ha girato altri spezzoni di film e dai

una seraallo zuavoIL RISTORANTE–ISTITUZIONE DI CUNEODA FERRUCCIO A FERRUCCIO JR.

DI FIORENZO CRAVETTOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

tempi dell’illuminato assessore alla Cultura Nel-lo Streri ha una frequentazione costante con la città. A testimoniarlo, campeggiano sue epiche foto, alcune ormai seppiate, sui muri dello Zua-vo. Ed è da queste foto che cominciamo a ragio-nare su quanto questo locale ha rappresentato, e tuttora rappresenta per Cuneo, per una certa cuneesità ruggente che a ripensarci oggi viene da commuoversi. Per anni non c’è stato artista, intellettuale, di-rettore di giornale, sindacalista, cantante, po-litico, soubrette, che passando da Cuneo non abbia frequentato questo antro ospitale e uni-co, da quasi due secoli la trattoria di riferimento sull’altipiano tra Gesso e Stura. Avvolgente nella sua fodera di boiseries d’an-tan, lo Zuavo è un museo di volti noti che hai voglia di elencarli tutti. Una galleria di immagini

Gli interni semplici del locale, rimasti intatti come negli anni ‘70, avvolti dalla boiserie in legno su cui spiccano le tele dipinte da Lidia Biancotto.

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che rendono la civettuola hall più simile al fo-yer di un teatro che all’ingresso di una “piola”. Uno via l’altro ecco Ivano Fossati, Salvo Rando-ne, una Carla Gravina ricciolona, la platinata Antonella Elia e ancora David Riondino, Luca Barbareschi, Mario Carotenuto, uno stralunato Enzo Iacchetti, Ezio Mauro direttore di Repub-blica con signora, e poi Giorgio Gaber, Gian-maria Testa, Alberto Lionello ed Erika Blanc, Luciana Littizzetto, I Nomadi, Noah, Claudio Bisio. Da più di una foto prorompe il ghigno ridanciano di Roberto Benigni, mentre in altre riconosciamo un tenebroso Alberto Lupo… insomma non possiamo elencarli tutti! Signori, qui è passato il mondo, quei flash raccontano di personaggi che allo Zuavo hanno fatto le ore piccolissime e dopo aver gustato tajarin e bol-lito si sono regalati alla platea dei commensali cantando, improvvisando, mischiandosi frago-rosamente all’estro di clienti tutti un po’ artisti, suonatori di chitarra, pianisti dilettanti, cabaret-tisti svitati, fanciulle della buona borghesia assai allumeuses. Immagini e ricordi, pezzi di vita cuneese che rimandano alle storiche stagioni del Teatro Toselli, quando vi salivano le principali compa-gnie italiane, e Cuneo era fra le piazze più am-bite. Serate ripetute col tutto esaurito, il Toselli come il Sistina, la fila degli spettatori davanti ai camerini per un autografo. I cuneesi più avver-titi non perdevano tempo ad attendere l’attore preferito. Bastava risalire due isolati e andare allo Zuavo, prendere posto a un tavolo (preno-tato per non correre rischi di rimanere fuori), e affidarsi al supremo oste Ferruccio Spada, pronto ad accogliere la comitiva con l’amore-vole amuse–bouche di una treccia di salamelle, così tanto per gradire, per incominciare una nottata da raccontare. Il tempo di azzannare gli agnolotti, e dal Toselli arrivavano le star, me-morabile l’entrée di Carmelo Bene avvolto nel mantello e declamante versi di tragedia greca.Il nome di Ferruccio Spada, finalmente, è stato fatto. Da questo nome occorre doverosamen-

te (ri)partire per spiegare l’eternità di un mito chiamato Zuavo. Ferruccio è lo spartiacque fra la tradizione della vecchia osteria ottocentesca perdurata fino a quarant’anni fa e la nouvelle vague del locale trendy calamita di personalità. Un passo indietro. Perché Zuavo? Gli zuavi era-no i soldati più caratteristici, con quella mise, di Napoleone III. A Cuneo, nelle more della se-conda guerra di indipendenza, ne piombò un battaglione che si trovò così bene da non vole-re più alzare le tende. Compagnoni di bisbocce, i militari con le braghe alla zuava avevano eletto a domicilio la locanda che più o meno già si trovava dove tuttora apre i battenti, al crocevia dei poteri cittadini, tra il duomo e la prefettu-ra, i palazzi che contano, il collegio dei gesuiti, la loggia massonica, la sinagoga, il monte dei pegni, senza dimenticare il bordello appena più discosto. Poi gli zuavi se ne andarono, ma l’osteria rimase, issando l’insegna ribattezzata in loro onore. Trascorsero i tempi risorgimenta-

Nelle sale dello Zuavo, fra immagini, ricordi e pezzi di vita cuneese, si respira ancora l’aria delle storiche stagioni del vicino Teatro Toselli, quando attori e spettatori si ritrovavano per il dopo teatro.

La civettuola hall d’ingresso, una vera e propria galleria di immagini degli artisti che qui sono transitati, sembra quasi il foyer di un teatro.

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li, vennero i momenti di Giovanni Giolitti, che regalò a Cuneo la nuova stazione ferroviaria. Dalle memorie d’epoca, risulta che lo Zuavo restò sosta di buona cucina per i cuneesi e per le migliaia di militari che fino a qualche anno fa diventavano “uomini di mondo” – come diceva Totò – effettuando il servizio di leva nella città con la più alta percentuale di caserme d’Italia.Ferruccio Spada, classe 1926, figlio di Giacomo Spada titolare dell’albergo Leon d’oro di De-monte, irrompe sulla scena dello Zuavo a metà dei Settanta. Il locale non sta attraversando un momento di splendore, ma il suo arrivo è un fulmine che squarcia e fa brillare di effetti spe-ciali il mondo della ristorazione cuneese. L’uo-mo è colto, ha studiato al liceo, e crescendo tra le mura del Leon d’oro ha imparato l’arte. Ma il giovane, ancora troppo curioso del mondo, vuole provare nuove esperienze e diventa da-ziere. Con la moglie accetta trasferimenti in va-rie città finchè, anni dopo, l’irrequieto Ferruc-cio rientra a Cuneo dove ha studiato e ha tanti amici. Apre un locale nella città nuova sopra Corso Dante, dove gli affari filano subito benis-simo. Nel ’74 la svolta: c’è da rilevare lo Zuavo.

I QUADRI DI LIDIA BIANCOTTO–SPADA IN MOSTRA NEL MUNICIPIO DI CUNEOIl Municipio di Cuneo ha celebrato Li-dia Biancotto ospitando, nel mese di gennaio, una personale delle sue ope-re. Appassionata pittrice da quando era ragazza, dopo aver studiato la lezione di Degas, Monet e Manet, ha realizza-to, a olio o a tempera, le sue opere più ispirate negli anni dello Zuavo. I fiori, la cagnetta Kira, il ciabot di Aisone, le spiagge delle vacanze in Liguria. Ma so-prattutto gruppi di persone, situazioni legate ai momenti magici della tratto-ria, affreschi impressionistici che ren-dono il clima festoso del locale. I rico-noscimenti a Lidia non sono mancati. Il maestro Ruggeri le chiese di ritrarre i suoi genitori. Molti galleristi hanno insistito per acquistare qualche suo quadro, senza troppa fortuna. L’opera cui è più affezionata rimane il “Sogno di un partigiano”. Racconta: “Ho dipin-to la scena che negli anni della guerra avevamo come speranza nel cuore: mia mamma vestita di rosso che balla in piazza il giorno della Liberazione, mentre arrivano in paese le bande dei partigiani vittoriosi e i tedeschi cadono in ginocchio a chiedere perdono per il male commesso”. (Fc)

Ferruccio Spada indossa la divisa del maître e arruola una brava cuoca del Genova, vicino ristorante di via Roma, avviandosi al successo. Rinnova la cucina facendo reinterpretare i piat-ti piemontesi, trippe, ravioli, brasati, finanziere. Ogni giorno se ne inventa una. Dagli amici cac-ciatori della valle Stura si fa portare la selvaggi-na, lui va a scegliersi certi salami e formaggi che

Lidia Biancotto Spada, ritratta nella hall dello Zuavo.

Una delle tele dipinte da Lidia, in cui sono riconoscibili gli artisti ed i momenti

legati agli anni d’oro alla trattoria.

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con l’avvento della modernità stanno scompa-rendo; fugge in Langa a comprare bottiglie dai re del Barolo, i Rinaldi, Mascarello, Vietti. Se il cibo è buonissimo, così come il vino, è il clima dell’osteria a irretire la clientela. Ferruccio è un istrione nato, ha voluto subito un pianoforte vicino al camino nella sala principale. Così se a pranzo sfilano i personaggi della vita cittadina, gli assessori, i dirigenti d’azienda, i rappresen-tanti di commercio, la sera accorrono i giovani che hanno l’opportunità di sfogare la loro vo-glia di musica. Lunghe serate di jam–session improvvisate da Davide Berra, Cucciolo, Dani-lo, i fratelli Vacchetta, Guido Racca e moglie, Grigliatti, i coniugi Sanna, l’inossidabile “Busi-ness” da Dogliani spesso accompagnato dall’in-ventore delle etichette d’autore, Gianni Gallo. Nello Streri e Cristiana Del Prete sono una pre-senza fissa e nasce l’idea di trasformare lo Zua-vo nel dopoteatro ideale. Streri è l’uomo del destino: grazie all’accordo con il Teatro stabile di Torino porta a Cuneo registi e attori di grido, elevando il cartellone del Toselli a livello nazio-nale. Da ottobre a marzo ogni compagnia fa tap-pa all’osteria di Ferruccio e Lidia, che nel frat-tempo ha lasciato il lavoro alle Poste, venendo a dar man forte allo Zuavo, dove prepara pasta fresca e dolci da urlo. Non solo. Anche lei svela la sua dimensione artistica, dipingendo quadri soavi con fiori e animali, affreschi di galà al ri-storante in cui ogni cliente è ritratto in modo riconoscibile. Televisione e stampa scoprono la locanda degli artisti. Un giornalista di Rai Due, Umberto Segato, ogni volta che può si fa “invia-re” a Cuneo. E con la scusa di intervistare i big dello spettacolo gira un filmato sulle notti allo Zuavo, rimasto un cult. Il giornalista di casa è Franz Collidà, capo delle pagine cuneesi della Gazzetta del Popolo. Franz ama cesellare i suoi pezzi e dunque il suo arrivo ai tavoli dello Zua-vo è sempre sul tardi, quando già i ragazzi della musica sono scatenati nelle loro performance che trascinano a cantare i presenti. L’ingresso di Collidà è un momento solenne. Lo sottoli-

nea Gianni Spada, il figlio di Ferruccio che ora aiuta i genitori nella conduzione: “Amiche e amici, rendiamo omaggio alla press”, è il salu-to ironico e molto affettuoso che fa scoppiare gli applausi intorno al dinoccolato Franz. Arte chiama arte. Il maestro dell’informale, Rugge-ri, dipinge direttamente su una tovaglia; Eso Peluzzi tratteggia da par suo un menù. E Nino Marabotto disegna Ferruccio Spada in divisa da zuavo: è l’icona perfetta destinata a fissare insieme la figura dell’oste principe e la gloria del ristorante. Nel 1979, rapida come era stata l’ascesa di una stella, la luce improvvisamente si spegne, gelando il mondo Zuavo: Ferruccio Spada se ne va. Doveva essere un ricovero di qualche giorno, un “tagliando” per registrare una macchina umana piena di vitalità. Il destino vuole diversamente: a 53 anni Ferruccio Spada dice ciao e vola a imbandire mense celesti.Ma ogni buona radice dà buoni frutti. Lo Zuavo

nel ricordo di Ferruccio ha proseguito la sua corsa di trattoria tipica, meta privilegiata di turisti di passaggio, occasione d’incontro per buongustai e rotariani, tappa per gli artisti e gli intellettuali che vengono sull’altipiano. Rober-to Benigni non manca di fare un’apparizione, quando viene in provincia. Come, naturalmen-te, Pupi Avati e il suo clan di bolognesi innamo-rati di Cuneo. E quando sono liberi da impegni, si affacciano i Tre Lilu, che qui si fecero cono-scere. La novità vera è nel contesto familiare: Gianni Spada ha messo giudizio, si è accasato con Angela che gli ha regalato un amore di fru-golo battezzato in duomo dal prete partigiano don Aldo Benevelli che gli ha imposto il solo nome che quel bambino doveva avere: Ferruc-cio. Il bebè Ferruccio junior è adorato da nonna Lidia e dalla zia Elena, le infaticabili sorelle Bian-cotto che con Gianni tengono alta la bandiera dello Zuavo, istituzione di Cuneo.

Anche l’esterno mantiene un’atmosfera fuori dal tempo ed assolutamente caratteristica.

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È abituato a vincere: Antonio Fantino è sali-to sul podio dalle prime gare del circuito

provinciale sino al Trofeo Topolino. Ma è il 2009 l’anno da incorniciare: «Un momento davvero magico – conferma “Toni” – a marzo sono riu-scito a conquistare il titolo italiano Giovani sia in gigante che in slalom, poi, dopo l’estate, è ar-rivata la convocazione per l’opening di Coppa del Mondo a Sölden. Un debutto così è fantasti-co: in Austria lo sci è una vera religione e la pri-ma gara della stagione è sempre molto seguita dai tifosi. Qualche settimana dopo è arrivata anche la “chiamata” per il gigante di Coppa del Mondo a Val d’Isère. Insomma un’emozione dietro l’altra». Doveva essere al via anche in Alta Badia: «Ma qualche giorno prima della gara sul-la Gran Risa, mi sono fratturato un polso. Così sono rimasto nel parterre a vedere Blardone e

caccia alla coppa del mondoDUE GIOVANI CUNEESI PUNTANO AL PALCOSCENICO INTERNAZIONALE, SONO ANTONIO FANTINO NELLO SCI ALPINO E PIETRO DUTTO NEL BIATHLON.

DI LUCA GIACCONEE ERALDO GIUBERGIA

Simoncelli. Sono stato fermo qualche giorno, poi mi sono infortunato anche alla schiena: in-somma ho perso quasi un mese e sono rientra-to solo per i Mondiali Juniores di Chamonix». Quest’anno niente Coppa del Mondo per ora: «Il direttore tecnico Claudio Ravetto ha fatto un test tra me e Giovanni Borsotti, prima della gara di Sölden: l’ha vinto lui, così sono rimasto a vedere il gigante davanti alla televisione. Ma sono molto contento per lui visto che noi due siamo molto amici, compagni di camera nella squadra di Coppa Europa. L’obiettivo di questa stagione è fare bene nel circuito continentale: sono appena fuori dai primi cento al mondo in gigante e resto tra i primi cinque meglio pun-teggiati al mondo del mio anno di nascita, sem-pre in gigante. Le prime gare non sono andate benissimo, ma

Antonio Fantino - classe 1991 - membro del gruppo sportivo dei Carabinieri, campione italiano 2009 giovani sia in gigante che in slalom. photo: archivio FISI.

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siamo solo all’inizio». Classe 1991, di Cuneo, ha sempre sciato a Limone Piemonte: «Adesso sono nel gruppo sportivo dei Carabinieri, men-tre in squadra nazionale sono seguito da Ales-sandro Serra, tecnico piemontese di Cesana To-rinese, che mi allenava già nel gruppo Giovani». Valigia sempre pronta, ma appena può scappa a Limone Piemonte per una sciata con gli amici dello sci club, l’Equipe Limone, e suo fratello Giorgio: «Prima di Natale, c’è stata una bella nevicata: così ne ho approfittato per “fare neve fresca” con loro. Un bel modo per staccare la spina, dopo tanti “giri” tra i pali». “Toni” è un ta-lento, ha sempre sciato con grande naturalezza, soprattutto in gigante, sin da bambino. E non si è mai “montato la testa”, sempre molto sereno e sorridente: quando può, prende i suoi cani e ne va in montagna, tra la val Grana e la Val Mai-ra. Ma qual è il vero segreto per vincere sulla neve? «Il consiglio di mio padre di andare forte e soprattutto le polpette di mia mamma...».

Pietro Dutto è appena rientrato dalle gare di Ibu Cup, dove ha fallito per pochi centesimi la qualificazione per la Coppa del Mondo, ma il circuito continentale resta il banco di prova più importante: «Sono inserito nella squadra Nazionale B e dunque dovrò “farmi le ossa” nelle gare di Ibu Cup: il livello è già molto alto, ma spero di debuttare in Coppa del Mondo già in questa stagione». Una passione per il biath-lon, sbocciata negli anni: «Ho iniziato a sciare nel 1995 con lo sci club Libertas di Cuneo in-sieme ad Aldo Meinero. Inizialmente praticavo solo lo sci di fondo, poi, nel 2002, quando sono passato allo sci club Valle Pesio ho iniziato ad alternare gare di fondo con quelle di biathlon. La vera svolta nel 2005 quando decido di dedi-carmi esclusivamente al biathlon: una scelta im-pegnativa perché nel 2003 avevo conquistato la mia prima medaglia nel biathlon ai Campionati italiani Allievi in Val Martello, ma l’anno succes-sivo mi ero piazzato al secondo posto nel fondo al Trofeo Topolino. Alla fine è stata la decisio-

“Toni” ha la valigia sempre pronta, ma appena può torna a Limone Piemonte per sciare con gli amici dello sci club. photo: archivio privato.

Pietro Dutto, campione di biathlon, si appresta al poligono in una gara di IBU Cup ad Anterselva (BZ) - novembre 2010photo: archivio privato.

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ne vincente: da allora nelle categorie giovanili ho collezionato diciotto podi con cinque titoli italiani in tutte le specialità». In questo periodo inizia la collaborazione tecnica con Alessandro e Roberto Biarese che continua anche quando passa nello sci club Alpi Marittime nel 2006. Un crescendo di risultati: nel 2007 arriva la prima convocazione nella squadra nazionale di biath-lon, sino alla partecipazione a tre edizioni con-secutive dei Campionati del Mondo Juniores, prima a Rupholding, in Germania, dove arriva nei venti in tutte le gare a cui prende parte, poi a Canmore, in Canada ed infine a Thorsby, in Svezia. «Sono stato fortunato perché è arrivato il tesseramento in un gruppo sportivo, quello delle Fiamme Oro: solo in questo modo posso “fare” lo sportivo a tempo pieno. Comunque penso anche ad un futuro “diverso”: frequento l’Università, nella facoltà di Scienze di Ammi-nistrazione, e cerco di studiare con continuità anche durante l’inverno, anche se concentro gli esami nella sessione estiva. Purtroppo per ri-manere ad alti livelli in campo sportivo, l’impe-

gno richiesto è elevato: la stagione agonistica inizia a fine novembre e termina a fine marzo, sono fuori casa oltre cento giorni, tra gare, al-lenamenti, preparazione dei materiali, taratura della carabina». Biathlon e studio, ma cosa fa nel tempo libero Pietro Dutto? «Quando posso faccio fuoripista con le pelli, ma mi piace anche andare con gli sci da discesa in pista. Ma sono due i miei sport preferiti. Uno è la bicicletta: sino al 2005 ho corso regolarmente su strada, con la Vigor Piasco di Carlo Mattio, anche con buoni risultati. Ricordo alcuni arrivi allo sprint con Fabio Felline che quest’anno ha partecipa-to al suo primo Tour de France. Adesso in bici-cletta ci vado ancora, ma solo per allenamento. Il secondo è il motocross, disciplina che mi è rimasta nel cuore e con cui ho corso sino a do-dici anni, ma che, per ovvi motivi, ho dovuto abbandonare». La stagione entra nel vivo, ma Pietro guarda avanti: «Il mio vero obiettivo è quello di partecipare alle Olimpiadi di Sochi nel 2014».

Pietro, alfiere piemontese nel panorama nazionale ed internazionale del biathlon, fa parte della squadra sportiva delle Fiamme Oro.photo: archivio privato.

Piero con Alessandro Biarese,il suo allenatore nello sci club Alpi Marittime, al rifugio Pagarì in Valle Gesso. Anche nel tempo libero la sua passione rimane lo sport: bicicletta, motocross ed escursioni in montagna. photo: archivio privato.

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Limone Piemonte raddoppia la presenza a livello internazionale: oltre alla Coppa del

Mondo di snowboard, nella Riserva Bianca approda anche la Coppa Europa femminile di sci alpino. Grande interesse per le gare: tanto pubblico, soprattutto studenti, in tribuna, ma c’è stata anche la diretta televisiva. E l’Italia non tradisce le attese con due vittorie in quattro gare. La prima festa azzurra nella seconda giornata di Coppa del Mondo con una doppietta italia-na nello slalom: successo di Roland Fischnaller davanti ad Aaron March. Ma tutta l’Italia ha di-mostrato di esserci: quarto posto per Corinna Boccacini, decimo Meinhard Erlacher, quindi-cesima Natalie Egger. La seconda vittoria azzurra arriva nel primo gigante: lo firma l’altoatesina Lisa Magdalena

la riserva biancaraddoppiaIN QUESTA STAGIONE HA OSPITATO LA COPPA DEL MONDO DI SNOWBOARD E LA COPPA EUROPA FEMMINILE DI SCI ALPINO.

DI LUCA GIACCONE

Agerer che sale sul gradino più alto del podio anche nel secondo gigante stagione del circu-ito continentale, in programma nella stazione sciistica cuneese, dopo aver vinto quello in Norvegia. Affermazione netta: al comando al termine della prima manche, con tre centesimi sulla francese Baud e 81 sull’austriaca Pernkopf, segna il miglior tempo anche nella seconda, no-nostante l’uscita di scena della Baud, chiuden-do davanti alla tedesca Hronek ed alla svizzera Fuhrer Il giorno successivo in casa Italia non arriva il podio, ma resta una buona prestazione collet-tiva: tre atlete nelle prime dieci, sei nelle venti. La vittoria è andata alla svedese Sara Hector, al comando dopo la prima manche con cinque centesimi di vantaggio sull’azzurra Lisa Agerer. La Agerer non trova il ritmo nella seconda di-

Sulla pista “Machetto Gorba” di Limone Quota 1400 un’atleta slovena impegnata nella seconda tappa della Coppa Europa femminile di sci alpino.photo: Daniele Molineris.

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scesa, pasticcia e finisce al sesto posto, anche se rimane saldamente al comando della classi-fica generale di gigante di Coppa Europa. Sul podio così due tedesche, Veronika Staber e Barbara Wirth, con quarto posto di Elena Cur-toni che, con il miglior tempo nella seconda manche, risale dall’ottava posizione.

Il podio della coppa del Mondo di snowboard: Benjamin Karl, Andreas Prommegger, Guido Botto (Presidente dello Sporting Riserva Bianca) e Manuel Veith.photo: Archivio Riserva Bianca.

L’altoatesina Lisa Magdalena Agerer è salita sul gradino più alto del podio anche a Limone, nel secondo gigante della stagione del circuito europeo.photo: Daniele Molineris.

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Vola da Cuneo Levaldigi

Da oggi anche a TRAPANI

SEMPRE PIÙ

Bacau - Bucarest - Cagliari - Cluj Napoca - Londra - Pristina - Tirana - Hurghada

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Sapori piemontesi, ingredienti scelti, arte sa-piente che combina con fantasia tradizione

ed innovazione. Al Ristorante Vittorio Veneto creatività, raffinatezza e gusto per il buon cibo si mescolano sapientemente alla storia che viene da lontano, insieme alle antiche ricette riproposte con un gusto contemporaneo che emoziona e stupisce. Un locale che è sinonimo di qualità e genuinità. I menu cambiano ogni giorno, accuratamente studiati in base ai pro-dotti del territorio, allo scorrere delle stagioni e all’ispirazione creativa della cucina. Lasciar-si “tentare” dalle proposte dello Chef Paolo Sciannanteno, supportato da Ivano Lacorte, è come abbandonarsi ad una leggera carezza. Il palato sarà dolcemente solleticato e la risco-perta di gusti tradizionali, reinterpretati con originalità, appagherà la gola, deliziando la vista

tradizione einnovazioneSI FONDONO IN SAPORI UNICI. NEL GIARDINO DEL VITTORIO VENETO I PROFUMI ANTICIPANO LA PRIMAVERA.

LA REDAZIONEPHOTO: ARCHIVIO VITTORIO VENETO

grazie a “mise–en–place” sempre impeccabili. I piatti spaziano dalle proposte gastronomiche tradizionali a quelle più innovative. Tra i “clas-sici” intramontabili si può avere l’occasione di assaggiare la coscia di coniglio farcita, le cape-sante con crema di cavolfiori, il brasato al ba-rolo con cioccolato fondente e la minestra di trippa e ceci. Stupiranno alcune tipologie di pesce cotto nella carta fata e l’insalata di anatra con puntarelle ai pinoli. E per i clienti più go-losi il semifreddo al mandarino, la panna cotta allo zafferano e le sfogliatine con mele saltate al Calvados.Una clientela nazionale ed internazionale, che vive la sensazione di “essere a casa” e la scel-ta dei prodotti del territorio non hanno fatto altro che ampliare ulteriormente la popolarità della genuina cucina piemontese del locale,

Gli interni del ristorante Vittorio Veneto: un ambiente curato in cui sentirsi come a casa propria, apprezzato da una clientela anche internazionale che ricerca la qualità dei prodotti del territorio.

Nella pagina a fianco:la Limonaia, con le grandi vetrate aperte sul verde, è destinata al Lounge Bar, un luogo dove trovarsi piacevolmente con gli amici anche solo per un aperitivo.

La cucina del Vittorio Veneto è stata insignita con il Diploma dell’Accademia di Cucina: un motivo in più per lasciarsi tentare dai menu, diversi ogni giorno, personalizzati con i prodotti stagionali del territorio, reinterpretando i piatti della tradizione.

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insignita anche ufficialmente con il Diploma dell’Accademia di Cucina.Una cornice elegante e una veste originale, a partire dall’allestimento degli ambienti, rivisi-tati dall’artista Daniele Cazzato che ha saputo dare un taglio raffinato e contemporaneo, non escludendo gli elementi classici della tradizione piemontese. Un progetto fortemente voluto e realizzato dai fratelli Domenico e Franco Ma-crì, vicini ai valori e alla cultura del territorio in cui vivono e che hanno fatto riemergere quello che negli anni ha rappresentato un importan-te punto d’incontro eno–gastronomico della “Granda”. Serate di grande gusto dove uno staff giovane e motivato, affiancato dal maître di sala Mauro Bertello, non deluderà l’ospite più esigente, con la possibilità di essere accompagnati anche da ottima musica.Molto suggestiva la Limonaia – aperta dalle 17 alle 24 – un lounge bar dalle grandi vetrate, immerso nel verde del giardino, che si propo-ne come gustoso preludio alla serata, o sem-plicemente consente il piacere di ritrovarsi fra amici, in tranquilla serenità, dedicandosi ad un ottimo aperitivo, un digestivo o un assag-gio di bontà.

RISTORANTE VITTORIO VENETOVia San Pietro, 32 – 12062 Cherasco (Cn)Tel. +39 0172 489193www.ristorantevittorioveneto.itChiuso il mercoledì

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C’è chi la sua strada l’ha già percorsa, chi si è allacciato strette le scarpe e la sta per-

correndo. Matteo Brancaleoni nasce a Milano nel 1981. Ha un curriculum invidiabile. Che sia in Italia o oltreoceano, le sue perfor-mance hanno ottenuto il benestare del pub-blico e della critica. “Just smile” uscito nel 2006 e “Live in studio” nel 2010 sono i due album che lo hanno portato alla ribalta, realiz-zati con la collaborazione di grandi musicisti del jazz italiano. Un timbro vocale che lo colloca nel solco dei grandi crooner americani come Nat King Cole, Frank Sinatra o Tony Bennett, punti di riferimento di Matteo che, forte del successo è tornato per ben dieci volte nel tempio del jazz nazionale, il Blue Note di Milano, incas-sando 6 sold out.

la voce della confidenzaMATTEO BRANCALEONI, CUNEESE DI ADOZIONE, INTERPRETE DEL GRANDE SWING, PIÙ RICHIESTO DI FRANK SINATRA DAGLI UTENTI DI ITUNES, SI RACCONTA.

DI ROSARIA RAVASIO

Allora Matteo, ti aspettavi tutti questi apprezzamenti dalla critica?Beh, senza dubbio no. Mi hanno colto alla sprovvista come capita per le cose più belle. Avevo mandato dischi qua e là, e già sarebbe stato tanto se qualcuno li avesse ascoltati. Ma che addirittura artisti come Arbore, Fiorello e Costanzo, persino il Maestro Riz Ortolani e Michael Bublè, mi chiamassero per compli-mentarsi, beh questo non me lo sarei di certo immaginato. E mi fa veramente tanto piacere.

Ma come nasce Matteo Brancaleoni artista? Da piccolissimo, credo avessi 8 anni quando cercavo di cantare seguendo le registrazioni di Pavarotti. È stato il mio primo idolo musicale, non scherzo. Poi verso i 14 anni fui folgorato dalla voce di Frank Sinatra e dal jazz. Ma la ma-

Matteo Brancaleoni è uno dei grandi protagonisti della musica swing e jazz nazionale ed internazionale, sulla scia dei grandi crooner americani come Frank Sinatra o Michael Bublè, a cui spesso viene paragonato. photo: Oscar Bernelli.

Nella pagina a fianco:le sue performance sono sempre un successo: al famoso Blue Note di Milano, il tempio del Jazz italiano, ha addirittura incassato sei sold-out. Le sue tournée lo portano in tutta Italia: qui è ospite della rassegna estiva “Vie di Jazz – 2010” a Boves.photo: Gian Cerato.

Il suo repertorio spazia fra i grandi successi internazionali, dando spazio anche alla musica italiana. La sua autoironia rende ogni spettacolo unico, fra improvvisazioni e fuori programma come le imitazioni della Carrà o gli improbabili balletti sulle note di Billie Jean di Michael Jackson.photo: Oscar Bernelli.

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nia di esibizionismo, a detta dei miei genitori, inizia fin da piccolissimo, 3 o 4 anni, quando – la cosa è davvero divertente – imitavo Raffaella Carrà con un grosso telefono rosso che avevo ricevuto in dono a Natale.

Si parla sempre più di talent show comeX–Factor o Amici. Ma i nuovi nomi, spesso,passano in fretta. Qual è, poi, il punto?Fare le cose con passione. È necessario. Io sono un perfezionista, mai pienamente soddisfatto di quello che faccio perché si può sempre mi-gliorare. Vuoi sapere la differenza tra notorietà e fama? La notorietà non mi interessa. Ringra-zio di poter fare quello che faccio e farlo bene, la cosa più importante è avere il riscontro del pubblico e i concerti al Blue Note mi hanno dato tanto. Oggi non devo più portare le cre-denziali, sono pagato per quello che amo fare ed è un’emozione grandissima. La notorietà è di moda e svanisce presto, la vogliono tutti, spesso senza neanche impegnarsi troppo. La notorietà è quella della velina. Ma se hai talento e il successo perdura, raggiungi la fama. Con la notorietà acquisti certamente anche l’atten-zione che, giustamente gestita, ti permette di affermarti. Ma se si cerca solo la visibilità, senza avere solide basi, allora ci si brucia.

Restare impressi nella memoria?Tony Bennet è un grande artista, l’ho conosciu-to durante un’intervista. Lui ha fatto il botto ne-gli anni Ottanta. In quel periodo partecipò an-che al Muppett Show. I fan di quel programma, allora erano solo bambini, ancora oggi, dopo quasi trentanni, lo riconoscono come l’erede di Frank Sinatra. Eppure lui non era famoso e non lo è tutt’ora, ma tutto questo non toglie nulla al suo essere artista. Quando lo incontrai mi diede un consiglio. Mi disse che il modo più genuino per crescere come artista è di fare bene il proprio lavoro, cercando di colpire favo-revolmente cinque o dieci persone. E poi altre cinque o altre dieci, e così in avanti, attraverso

un lungo passaparola. Il fatto è che quando hai conquistato una persona, quando c’è uno scambio in live, l’emozione è fortissima sia per l’artista che per il pubblico.

Per te il passaparola ha funzionato?Sono stato primo nella classifica di vendite di iTunes per due settimane senza avere un’eti-chetta. È stata una grande emozione. Le sod-disfazioni forse non le godi mai appieno, ma credo sia meglio perché se ti siedi sugli allori, ti fermi e non lavori più.

Quindi cerchi di raggiungere un equilibrio?Io non sapevo bene cosa volevo fare. Guardavo Gino Paoli e gli altri grandi cantautori italiani, le star internazionali, come dei miti. Poi quando mi è capitato di incontrarli, mi sono accorto che la mia vita non era cambiata, non ero mi-gliore. Ho capito che i miti non mi piacciono e oggi combatto l’idolatria di starlette, can-tanti, personaggi famosi, così come potrebbe essere l’idolatria religiosa. Guardare qualcosa senza porsi domande è senza senso. Io volevo emulare Sinatra, essere come lui nel modo di fare sul palco e anche nella vita. Ero affascinato dalla sua figura. L’imitazione va bene è un mec-canismo umano, impariamo a parlare proprio per emulazione di chi ci sta intorno. Ma spes-so l’emulazione non sviluppa critica e siccome non era nel mio carattere essere come Sinatra, ho capito che quella non era la strada giusta per me. L’ho realizzato quando ho scoperto che an-che lui aveva un idolo, Bing Crosby. Questo lo ha reso molto più umano ai miei occhi. E alla fine anch’io vorrei essere ricordato come Mat-teo Brancaleoni e non come il Frank Sinatra italiano, non mi piacciono le etichette.

A proposito di etichette, Michael Bublè sembrava il Frank Sinatra degli anni 2000...Ho conosciuto Michael durante un’intervista quando non era ancora così famoso. È un ra-gazzo vero, e questo paga. Molti non ci met-

DICONO DI LUI“Matteo é un grandissimo cantante ed un vero intrattenitore. Il suo disco mi ha commosso”.

Michael Bublè

“Una delle migliori voci della sua gene-razione. Il suo disco è bellissimo”.

Renzo Arbore

“Il Michael Bublè d’Italia: per lui i com-plimenti si sprecano”.

Corriere della Sera

“La musica oggi ha bisogno di voci come Brancaleoni, dal talento e dal gusto fuori dal comune”.

Riz Ortolani, autore di “More”

(Tema del film Mondo Cane)

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tono il cuore e tutto sembra finto. Abbiamo stretto un rapporto di amicizia, e tengo sempre a mente uno dei suoi consigli: “Fai bene il tuo lavoro e non dovere mai niente a nessuno”. Col tempo ho capito quanto sia stato un ottimo suggerimento.

Essere consapevoli dell’importanza di sé, proporsi il meglio. Stare bene. E il futuro?Il futuro non mi spaventa. Il tempo è come il mare, che ondeggia e prima o poi porta tutto, anche le cose più lontane, a riva. Detta così sembra io sia una persona serissima e saggia, ma in realtà sono anche molto autoironico e non è assurdo che qualcuno mi abbia visto cantare vestito da donna o imitare la Carrà (o vestire da Teletubbies, o ballare Billy Jean con un panama in testa, ndr).

Propositi musicali?Vorrei aggiungere canzoni di musica italiana leggera al mio repertorio. Prima stavo ascol-tando una canzone della Pausini e, forse per il momento che sto vivendo, alcune parole mi hanno toccato molto. Mi avvicino alle canzoni perché la melodia o il testo mi colpiscono e così posso poi aggiungere la mia interpretazione. Devo sentirle mie. Ho cantato “New York New York” solo dopo esserci stato e averla compresa a fondo. “My way” è una specie di eccezione, è la canzone di un uomo che ha vissuto intensa-mente i suoi anni. La canto da sempre, però la interpreto come un trentenne, ben conscio di non aver ancora fatto tutta la strada. Proprio per questo, nella mia in-terpretazione, cambio i tempi verbali al futuro o al presente: “I’m doing my way”, sto percor-rendo la mia strada. Bisogna esserci dentro una canzone per sentirla davvero.

Interpretare canzoni altrui, viverle intensamente, certo, ma spesso uno ha voglia di dire la propria?Vorrei lavorare su pezzi miei, è tra i miei proget-ti futuri. Ogni tanto ne propongo qualcuno in live per vedere le reazioni del pubblico e finora è andata bene, è stato positivo. Sto aspettando di essere pronto, d’altronde l’uomo è in conti-nua evoluzione. Quando mi sono affidato agli altri mi è sempre andata male per cui resto in attesa di ascoltare di nuovo la vocina interna che mi ha detto di fare il disco e di metterlo su iTunes.

Oggi, dopo le varie esperienze, ti senti un vero cantante jazz? Non esattamente. Conosco moltissimi cantanti e musicisti jazz, sono persone molto preparate musicalmente, sempre tese ad una ricerca arti-stica ideale e formale. Io faccio qualcosa di di-verso. Amo il jazz e stimo troppo i musicisti per definirmi così. Preferisco il termine “crooner” o all’italiana cantante confidenziale o meglio interprete. Questo è ciò che faccio interpreto canzoni, cerco un dialogo con il pubblico. Non ho pretese di una ricerca musicale, o di creare per forza qualcosa di nuovo. Sono felice quan-do la gente che mi ascolta in un concerto pas-sa due ore di svago, divertendosi e magari un po’ sognando, senza pensare ai problemi che ognuno di noi ha. Questo è quello che cerco di fare.

CHI È MATTEO BRANCALEONIApprezzato da Renzo Arbore e “lanciato” in radio e TV da Fiorello e Maurizio Costanzo nel 2007, ha incassato ben 6 SOLD OUT nel prestigioso Blue Note di Milano. È stato ospite in diversi trasmissioni Tv in RAI e Mediaset. Si è esibito in Italia, Europa, Canada, USA. Ha cantato dal vivo con Michael Bublè. “La Stampa” ed il “Corriere della Sera” lo hanno definito più volte il “Frank Sinatra Italiano”. Il suo ultimo disco “LIVE IN STUDIO” uscito nel 2010, è tuttora nella classifica di iTunes dei dischi jazz più venduti online. Il suo primo disco “Just Smile”, consigliato dalla rivista internazionale “Jazz Hot” e dalla trasmissione di Fabio Fazio “Che Tempo Che Fa” ha visto la partecipazione di Renato Sellani, Fabrizio Bosso, Gianni Basso e Franco Cerri. Suoi brani sono stati trasmessi su Viva Radio2, su R101, Radio Capital, Radio Montecarlo, Radio Rai3, Rai In-ternational, Radio 24. Su iTunes la sua versione di “Fly Me To The Moon”, è rimasta al primo posto nei downloads per più di 4 mesi “più richiesta di quella di Sinatra”. (fonte: Il Messaggero)

Sul palco del Teatro Toselli di Cuneo. “Per pudore non mi definisco

un cantante jazz, piuttosto un “crooner”, o all’italiana cantante confidenziale,

un interprete”. photo: Oscar Bernelli.

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MODULO E R ASSODAMENTO)

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TR AT TAMENTI MANUALI SNELLENTI, DIMAGR ANTI E MODELLANTI CON DUE LINEE CORPO

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RIUCOSTRUZIONE UNGHIE E NAILART CON ESTETISTA ONINOTECNICA PROFESSIONISTA

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Che non sia un istituto improvvisato, ma un vero ateneo, è fuor di dubbio. A dimostrar-

lo basta il marchio arcinoto di Slow Food, uno dei fondatori dell’Università di Scienze Gastro-nomiche (USG). Ma la convinzione che si tratti di un ateneo tutto particolare nasce visitandolo e aggirandosi tra l’aula magna e i vari laborato-ri della sede principale, a Pollenzo, alcuni dei quali non assomigliano a nulla che possa tro-varsi in altri istituti. Comunque sia, qui il cibo si studia davvero, eccome. E lo si fa in modo rigo-roso e originale dal 2004, cioè da quando è nata l’iniziativa, talvolta impropriamente definita an-che “Università del Gusto”, una denominazione che a Pollenzo non è gradita perché impropria e, come vedremo, alquanto riduttiva. L’Istituto, che oltre a Slow Food annovera tra i fondatori anche la Regione Piemonte e la Regione Emilia

la fucina dei gastronomiNELLA “PROVINCIA GRANDA”, TERRA A FORTE VOCAZIONE AGROALIMENTARE, IL CIBO NON SOLO SI PRODUCE, MA SI STUDIA E SI INSEGNA. ALL’UNIVERSITÀ DI SCIENZE GASTRONOMICHE.

DI RICCARDO CELI

Romagna (un’altra sede si trova a Colorno, in provincia di Parma), è privato, ma è legalmente riconosciuto dallo Stato italiano e parificato alle università pubbliche, alcune delle quali hanno successivamente implementato corsi in scien-ze gastronomiche dove si insegnano in parte le stesse materie dell’USG. Tuttavia, a Pollen-zo sono arrivati prima, con l’idea di dar vita a un istituto internazionale di formazione e di ricerca orientato a sviluppare e mantenere un rapporto organico tra la gastronomia e le scien-ze agrarie, rispettando le biodiversità. Per chi trova tali concetti un po’ difficili da digerire, ba-sterà dire che l’USG è la fucina da dove escono i futuri gastronomi. Attenzione, però: il termine non è affatto sinonimo di “cuoco”, ma è ben più vasto perché identifica figure professiona-li molto diverse tra loro, certamente capaci di

Il cortile dell’Universita, sede di Pollenzo.

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operare nella produzione e nella distribuzione dei prodotti agroalimentari di elevata qualità, ma anche di promuoverli e di comunicarne i valori, come testimoniano il corso di laurea ma-gistrale in “Promozione e gestione del patrimo-nio gastronomico e turistico” nonché uno dei master disponibili, quello in “Food and culture communications”. Quindi, dalle aule dell’Ate-neo non escono solo chef, ma anche divulga-tori, redattori, esperti di marketing e manager di aziende, di consorzi di tutela e di enti turi-stici orientati alla valorizzazione del patrimonio agroalimentare nella zona di competenza.

Un Ateneo multidisciplinareLa filosofia di base dell’USG (il cui rettore è, dall’ottobre 2008, il prof. Valter Cantino, men-tre il fondatore di Slow Food, Carlo “Carlin” Petrini, funge da presidente del CdA e membro del Comitato Esecutivo) rimane però sempre la stessa: la multidisciplinarietà. Viene perseguita e raggiunta attraverso un sillabus addestrativo molto originale che, anche se l’Italia in fatto di gastronomia ha un patrimonio vastissimo, è stato pensato per fornire agli studenti un ba-gaglio aggiuntivo di conoscenze internazionali. Il segreto, messo a punto, durante alcuni anni accademici, è un percorso di studi che, pur non escludendo ovviamente le necessarie fasi teori-che, è in grado di calare gli aspiranti gastrono-mi nella realtà viva delle varie materie non solo attraverso numerose esercitazioni pratiche, ma anche grazie a una serie di stages svolti sia in Italia, sia all’estero. Insomma, il concetto di “è buono/non è buono” è cosa da profani e all’USG viene ritenuto talmente banale e sem-plicistico da non essere quasi preso in consi-derazione. Esiste invece un percorso didattico articolato che insegna a giudicare determinati cibi e prodotti su basi scientifiche, anche mo-lecolari.Fiore all’occhiello dell’Istituto è il “laboratorio di analisi sensoriale”, una struttura didattica che, nel corso di “Analisi Sensoriale” inserito tra

L’ingresso posteriore dell’USG si affaccia su un vasto e rilassante spazio alberato.

Durante una lezione, una studentessa canadese degusta alcuni formaggi.

quelli del 2° anno accademico, permette all’al-lievo di impadronirsi delle tecniche di controllo e d’assicurazione della qualità dei prodotti ali-mentari attraverso esercitazioni pratiche molto particolari. Per esempio, alcune di esse vengo-no condotte al buio per abituare lo studente a riconoscere e a giudicare i sapori dei vari cibi senza farsi fuorviare dal loro aspetto.

Target elevatoIl target al quale l’USG si rivolge, com’è facil-mente immaginabile, è piuttosto elevato e le selezioni sono rigorose. Nel primo anno di corso, per esempio, le lezioni si tengono esclu-sivamente in inglese, il che costituisce già un forma di scrematura efficace per chi proviene da un Paese come l’Italia, dove la conoscenza approfondita delle lingue, benché in progres-sivo miglioramento, lascia ancora a desiderare. Gli studenti usciti dall’USG sono a oggi circa

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700 e l’Istituto ne accoglie ogni anno al mas-simo 75. L’anno scorso, però, ne sono stati selezionati solo 68: si è preferito privilegiare la qualità degli aspiranti gastronomi piuttosto che saturare le capacità formative della struttura. La dirigenza dell’Università tiene a precisare che il numero massimo di 75 studenti non è “chiu-so”, ma “programmato”, cioè strettamente di-pendente da quello dei docenti che le leggi in vigore consentono di assumere. Anche i costi della retta non sono esattamente popolari: per l’anno accademico 2010–2011 i corsi normali (cioè, quelli per il conseguimento della laurea triennale o di quella magistrale che ne richiede altri due) sono stati fissati in 13.500 euro l’an-no, mentre per i master (solo annuali) si sale a 15 mila. La somma copre tutte le attività didat-tiche previste (comprese degustazioni, confe-renze ed eventi), i libri di testo e il materiale di studio, i viaggi didattici in Italia e all’estero (voli compresi), i collegamenti internet all’in-terno dell’istituto o eventualmente negli allog-gi destinati agli studenti e tutte le coperture

assicurative e sanitarie. Restano esclusi vitto e alloggio, che costano rispettivamente 1.300 e 5 mila euro l’anno. L’alloggio è normalmente gradito soprattutto dalle matricole del primo anno, mentre per quelli successivi spesso gli studenti si organizzano autonomamente. Nel 2010, il 20% dei nuovi allievi ha richiesto l’allog-gio. Per soddisfare la domanda di tale servizio l’USG dispone attualmente di circa 40 appar-tamenti a Bra, tutti affittati, ma arredati diret-tamente dall’istituto in base a precisi requisiti. Le sistemazioni sono individuali, ma ubicate a gruppi in caseggiati dove è prevista una cucina in comune, una soluzione adottata per favorire la vicinanza e lo scambio di informazioni e di conoscenze tra allievi provenienti da ogni par-te del mondo. Ovviamente sono previste delle borse di studio, fino al 2009 assegnate in base al reddito, ma che da quest’anno tengono conto del merito (cioè, delle qualità dello studente). Le borse, che sono erogate non sotto forma di contributo diretto, ma di esenzione dalla retta, valgono solo per i corsi di laurea triennale e ma-

UN GASTRONOMO DAL GABON

Wilfred Rembangouet, nato nel 1981 a Port Gentil, la seconda città più popolosa del Gabon, è uno degli studenti che, grazie a una borsa di stu-dio, frequenta a Pollenzo il 2° anno del corso di laurea in Scienze Gastronomiche. È il primo allievo dell’Istituto proveniente dal Paese africano ed è il miglior testimone dell’accessibilità dell’Ateneo agli studenti di ogni nazione. L’abbiamo intervistato.Wilfred, come sei arrivato qui?Nel 2008 ho iniziato a collaborare con l’Università grazie al GDR (Groupement d’entrée pour le Developpement Rural), un’associazione del mio Paese che promuove il commercio dei prodotti agricoli. Durante il mio soggiorno qui, mi sono informato sui corsi dell’Istiituto e, tornato a casa, ho inoltrato la domanda. Quando l’hanno accettata e mi hanno concesso una borsa di studio, sono tornato in Italia, ed eccomi qui.Che cosa facevi prima?Ho frequentato per tre anni l’Università di lingue della capitale, Libreville, ma senza laurearmi. Durante gli studi ho fatto anche il commesso in un grande magazzino e ho lavorato nel campo del marketing.Dopo la laurea conseguita qui a Pollenzo, che cosa vorresti fare?Ho due idee: mi piacerebbe puntare sulla comunicazione in campo alimentare, oppure lavorare per qualche consorzio di produzione e com-mercio di prodotti agroalimentari.Vorresti restare da noi?Il mio desiderio sarebbe principalmente quello di tornare a casa e fare qualcosa per il mio Paese, ma non escludo di restare in Italia. Se riuscissi a trovare una proposta di lavoro interessante, lo farei.

Wilfried Rembangouet, studente del Gabon al 2° anno di Scienze Gastronomiche,

ritratto accanto a Carlo Petrini fondatore di Slow Food

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gistrale, e non per i master. Attualmente il loro costo ammonta a circa 600 mila euro l’anno, dei quali 100 mila sostenuti direttamente dall’USG e il resto da una parte delle aziende e degli enti

Stage in Emilia Romagna. Una studentessa esercita l’olfatto... con un prosciutto.

Università di Scienze GastronomicheSede Pollenzo: Sede Colorno:Piazza Vittorio Emanuele, 9 Piazza Garibaldi, 23fraz. Pollenzo – 12042 Bra (CN) 43052 Colorno PRTel. +39 0172 458511 Tel. +39 0521 811111Fax +39 0172 458500 Fax. +39 0521 811100E–mail: [email protected] E–mail: [email protected]

Si ringraziano: Elena Baravalle, Alessandra Abbona e Alessandro Cesca dell’Ufficio Comunicazione USG; Carlo Catani – direttore amministrativo USG.

che sponsorizzano l’istituto i cui nomi, non senza una punta d’orgoglio, sono citati in una grande targa che fa capolino tra i secolari mat-toni all’ingresso della sede di Pollenzo.

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L’inizio dell’anno porta grandi novità nel campo dei motori della provincia di Cu-

neo con l’apertura della nuova concessionaria “Alfa Romeo Gino”, unica ufficiale per la zona di Cuneo, punto di riferimento sia per il nuovo che per l’usato oltre all’assistenza post vendita nell’officina autorizzata. Come resistere alla tentazione di provare la nuova Giulietta 2.0 JTDM 140 cavalli? Sempli-ce: entriamo nello show–room e chiediamo di presentarcela.“Eccola qui! È appena arrivata.È il modello che completa la gamma dei tur-bodisel, quello forse più atteso” ci racconta Alessandro Gino, giovane titolare della conces-sionaria. “È stata presentata al recente Motor Show di Bologna con l’obiettivo di raggiungere 100.000 unità nel 2011”.

un mondo nuovoÈ QUELLO CHE SI SPALANCA ENTRANDO NEL NUOVO CENTRO “ALFA ROMEO GINO” DI CUNEO. QUI SI PUÒ PROVARE LA NUOVA GIULIETTA.

DI DA. R.

Un’auto compatta, cittadina, ma con una linea sportiva che strizza l’occhio al pubblico giova-ne. Giulietta rappresenta per il gruppo Fiat la nuova arma per combattere nel mercato euro-peo il segmento C delle due volumi. Una 5 porte in grado di sostituire degnamen-te la “147”, vettura che ha saputo ricavarsi una nicchia di fedeli alla ricerca di quella sportività connaturata alla tradizione del marchio. Anti-cipata da una campagna di comunicazione su TV, stampa, radio e internet che vede protago-nista l’affascinante attrice Uma Thurman, con un montaggio e una colonna sonora inediti, la nuova hatchback del Biscione arriva sul nostro mercato con l’intenzione di soddisfare le ri-chieste dei clienti più esigenti in fatto di tenuta di strada e agilità, grazie alla nuova architettura “Compact”.

La nuova Giulietta, linee compatte per una linea sportiva che strizza l’occhio al pubblico giovane.A Cuneo è stata presentata in esclusiva dalla nuova Concessionaria “Alfa Romeo Gino”.photo: press office Alfa Romeo.

Nella pagina a fianco:anche negli interni si ripropone lo stile moderno dell’esterno: plancia a sviluppo orizzontale, comandi a levetta e schermo multifunzione a scomparsa per un ambiente sportivo e piacevole.photo: press office Alfa Romeo.

La presentazione ufficiale della Giulietta nello show-room di Cuneo “Alfa Romeo Gino”, alla presenza di Alessandro Gino e Gigi Mastrangelo, campione nazionale di volley.

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Sbaglio o ricorda lo stile MiTo?“Alla matita di Frank Stephenson si è sostitui-ta quella di Christopher Reitz (ex Audi e Nis-san), responsabile del Centro Stile Alfa Romeo e padre dell’Alfa Giulietta. Rispetto alle linee tracciate più di 10 anni fa da Walter de’ Silva e Wolfgang Egger per la 147, il design della Giu-lietta appare decisamente più moderno, basso e filante sulla falsariga della MiTo, ma anche delle Fiat Bravo e Lancia Delta con cui condivi-de parte del pianale. Rispetto a queste appare decisamente bassa, assettata e grintosa, con le proporzioni importanti abilmente dissimula-te dall’andamento arcuato del padiglione, del giro porte e dalle maniglie posteriori nascoste. Nel frontale dalla sagoma “trilobata” spiccano i proiettori anteriori con luci diurne a tecnologia LED, stessa tecnologia utilizzata per i gruppi ottici posteriori”.

Apro la portiera e non resisto alla tentazionedi sedermi sul morbido ed avvolgentesedile sportivo in pelle: posso?“Come vede gli interni ripropongono lo stile moderno dell’esterno, puntando tutto sulla nuova plancia a sviluppo orizzontale, dalle linee tese e con una nuova ergonomia. I comandi a levetta, in stile 8C Competizione, conferiscono ulteriore originalità ad un insieme che risulta ef-fettivamente piuttosto lineare e gradevole. Sulla parte più liscia della plancia sono posizionati i comandi del sistema audio, ripetuti sul volante, e la climatizzazione viene regolata attraverso tre comandi circolari metallizzati posti più in basso. I sedili avvolgenti, i numerosi vani portaoggetti posizionati in varie zone dell’abitacolo (plancia, sottoplancia e bracciolo) e lo schermo a scom-parsa sulla parte superiore del cruscotto contri-buiscono poi a creare un ambiente che vuole essere sportivo e piacevole al tempo stesso. La strumentazione mantiene l’ormai familiare sa-goma “binoculare” di Alfa, con due grandi stru-menti circolari divisi da due più piccoli centrali e dal pannello informativo di bordo”.

Innovativo anche il motore, spinta dal Com-mon Rail Multijet che utilizza un turbocom-pressore a geometria variabile e garantisce la rispettabile potenza di 140 CV e un’erogazione di coppia di 350 Nm a 1750 giri. Questi numeri si traducono in buone prestazioni per la cate-goria: velocità massima di 205 km/h e accele-razione da 0 a 100 km/h in 9 secondi. Il nuovo propulsore consente emissioni dichiarate dal-la Casa veramente ridotte, pari a 119 g/km di CO2, mentre i consumi di 4,5 litri/100 km, se confermati, risultano veramente minimi. De-gno di nota è il cambio Alfa TCT, tecnologica trasmissione con doppia frizione a secco che assicura cambiate velocissime, una migliore

efficienza e anche una riduzione dei consumi. Caratteristiche che soddisfano una clientela molto ampia, interessata al giusto equilibrio tra prestazioni e costi di esercizio, senza rinunciare a comfort e abitabilità. In questa fascia di poten-za si concentra infatti il 30% circa delle vendite del segmento C medio–alto.

Come sempre Gino ci sa stupire: un nome da sempre conosciuto per il marchio Mercedes a cui si sono via via aggiunti, nel tempo, altri importanti brand: Smart, Volvo, Abarth, Toyota ed ora Alfa. Oltre 50 anni di storia dell’auto pro-tagonista nelle province di Cuneo, Asti, Savona ed Imperia.

CONCESSIONARIA ALFA ROMEO GINOVia Torino, 234 – 12100 CuneoTel. +39 0171 410777www.ginospa.com

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L’incontro con Andrea Maligno è fissato di prima mattina. Ha il tempo contato e ci

accoglie nella sua azienda, in una singolare sala riunioni, fra libri di design e plastici in legno dei progetti in corso. La stretta di mano, sicura, ed un sorriso gioviale trasmettono calore ed im-mediata sintonia. Un attimo per conoscerci e la chiacchierata si trasforma subito, come un fiume in piena, in discorsi vari, pieni di entu-siasmo. Il suo esordio ci sorprende piacevol-mente con elogi alla nostra rivista: “È bello che nella nostra provincia un nuovo magazine sia riuscito a catturare l’attenzione del pubblico, presentandosi con garbo ed eleganza ma con tanto entusiasmo e voglia di fare. Una filosofia che condivido in pieno anche perchè è uno dei miei principi di vita”.Cerchiamo allora di conoscere meglio la per-

l’anima marchiatanel legnoANDREA MALIGNO, CON GLI ARREDI PRODOTTI DALLA MALIGNO INDUSTRIA ARREDAMENTI, ESPORTA IL “MADE IN CUNEO” IN TUTTO IL MONDO, COME VERO AMBASCIATORE DELLA GRANDA.

DI LUISA GHIVARELLO

sona e la sua azienda, fatta di gente operosa che si intravede dalla grande vetrata della sala che ci ospita, e immediatamente ci rendiamo conto di quanto siano un tutt’uno, un progetto di vita, ma soprattutto una passione palpabile in ogni realizzazione. La storia della “Maligno Industrie Arredamenti” inizia nel 1947, quando il nonno Salvatore, emigrato dalla Sicilia, fonda a Prazzo una scuola di ebanisteria, confrontan-do lo stile barocco siciliano con lo stile tradi-zionale locale, creando così un nuovo modo di intendere la falegnameria, dimostrandosi un personaggio innovatore nel settore. Rag-giunge così presto una notevole visibilità che gli procura importanti committenze, come la famiglia reale Grimaldi di Monaco. Affiancato dal 1958 dal figlio Giorgio l’azienda inizia un processo di espansione continua, grazie all’in-

“Under the sea” a Verona (Arch. Favetta) una delle tante realizzazioni che portano il marchio dell’azienda cuneese “Maligno Industria Arredamenti”. L’arte dell’ebanisteria, tramandata dalle generazioni passate, unita alle nuove tecnologie si fonde in uno stile contemporaneo e piacevolmente accogliente.photo: press office Maligno Industria Arredamento.

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troduzione di nuovi sistemi tecnologici, come il pantografo a controllo numerico, che permette all’artigianalità di essere applicata a progetti su scala industriale. Un concetto tutt’ora cardine dell’azienda che costituisce uno dei punti es-senziali nella visione imprenditoriale di Andrea, che rappresenta ormai la terza generazione della famiglia, subentrato dopo l’improvvisa e prematura scomparsa del padre. Un triste even-to che ha segnato un’altra grande svolta nella gestione aziendale, compattando maggiormen-te lo staff. Gli occhi di Andrea diventano lucidi ricordandolo: “Penso a lui ogni mattina, prima di entrare in azienda. È lui che mi ha insegnato tutto”. Si dice che dietro al successo di un gran-de uomo ci sia sempre una grande donna, ma sarebbe riduttivo un tale pensiero per Elena, la moglie di Andrea, presente attivamente da cinque anni nella gestione dell’azienda al suo fianco, tutt’altro che in ombra. Andrea parla di lei con amore e stima: “È lei che mi ha dato la forza di continuare, il giorno dopo la morte di papà. Mi ha sostenuto e spronato nei momen-ti di difficoltà divenendo il motore trainante verso il successo”. Gli importanti investimenti “emotivi” e finanziari hanno dato nel tempo i loro frutti, stabilendo collaborazioni con i mag-giori studi di architettura nazionali ed interna-zionali che hanno diffuso nel mondo la firma della Maligno Industria Arredamenti. Ma ciò che contraddistingue le realizzazioni dell’azien-da è un valore aggiunto che viene direttamente dal cuore, l’orgoglio di una produzione artigia-nale di altissimo livello che vuole diffondere il “made in Piemonte”. Traspare un “essere cune-ese” che è più di un sentimento: un senso di appartenenza così marcato che porta a credere nelle potenzialità della nostra terra per scrollar-si di dosso la modestia eccessiva che contraddi-stingue i cuneesi, marchiati come “bougianen”. Così, osservando i poster e le grandi fotografie appese alle pareti, scopriamo che si parla pie-montese nei grandi alberghi sulla Croisette di Cannes e in molti locali del Principato di Mo-

naco, passando da Parigi sino ad arrivare al Teatro dell’Opera di Baku, in Azerbaijan oltre alle molteplici realizzazioni in Italia, la più re-cente proprio vicino a noi, la nuovissima area SPA dell’Hotel Reale alle Terme di Lurisia, di prossima inaugurazione. E poi le grandi com-mittenze: Lavazza, Italgelatine, Gruppo Pasteur di Montecarlo, Peugeot, gruppo Dimar...

Ci ha raccontato del nonno e del papà, ma oggi cosa è rimasto dell’arte della falegnameria? “Alla base non è cambiato nulla perchè i mobili che realizziamo partono sempre da un pensie-ro creativo e dall’abilità manuale che lo realizza. Certo i cicli produttivi attuali sono stati rivolu-zionati dalla tecnologia che ci ha consentito di quintuplicare la produzione, abbreviando i tempi di lavorazione semplificando molte ope-razioni. L’eco–compatibilità, di cui oggi tanto si parla, è diventata una esigenza, ma anche una risorsa. Personalmente credo molto nel rispet-

Andrea Maligno nel suo ufficio, attorniato dai plastici dei lavori in corso, fra pubblicazioni internazionali di design ed i poster delle ultime realizzazioni, nella conversazione “a tu per tu”con UNICO.photo: Roberto Audisio.

Il nuovo “Bar Statuto” a Mondovì. L’azienda, grazie ad uno know-how acquisito nel tempo, è in grado di assecondare e soddisfare le esigenze anche più particolari di designer e creativi per risultati sempre sorprendenti.photo: press office Maligno Industria Arredamento.

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to dell’ambiente e penso che anche questo ci aiuti ad essere maggiormente competitivi. Nell’ottica di una perfetta integrazione con l’ambiente stiamo attivando un nuovo sistema di smaltimento delle biomasse prodotte come scarto dalle lavorazioni, con cui produrremo l’energia necessaria per lo stabilimento”. Insomma: non ci si ferma mai! “No. Sto attuando il piano di espansione che avevo impostato con mio padre. Glielo devo. Per questo stiamo realizzando un nuovo stabi-limento a Peveragno, nel quale ci trasferiremo presto. Lì, realizzando un suo sogno, sorgerà anche il primo “centro delle arti artigiane e del design” della provincia, un vero luogo di ricer-ca e di studio dove far incontrare idee e profes-sionalità in grado di realizzarle. Tutto ciò con la volontà di valorizzare le professionalità locali, una sorta di filiera corta”.

Un progetto rivoluzionario... “Assolutamente! Pensi che stiamo mettendo a punto un nuovo macchinario, realizzato appo-sitamente per noi da una grande azienda, in grado di riprodurre i movimenti più delicati della manualità: un pantografo abbinato ad un “guanto tattile”, che renderà possibile ri-produrre, con le attrezzature di lavoro, tutti i movimenti della mano sui cinque assi. Uno strumento che, in mano a designer e creativi, rivoluzionerà sicuramente la lavorazione della materia prima. Anche nel campo della verni-ciatura vogliamo dare un nuovo impulso alla creatività. Si potranno sperimentare finiture tridimen-sionali, effetti tattili sorprendenti o nuances madreperlate e cangianti, per un coinvolgi-mento veramente multi–sensoriale”. Coa-diuvati da trentadue dipendenti Andrea ed Elena hanno saputo creare un team molto affiatato.“La maggior parte di loro sono giova-ni tra i diciotto ed i ventiquattro anni, entusia-sti e motivati, un investimento che valorizza il “fare” per lasciare un segno a chi verrà dopo di noi” ci dice Andrea. La continuità nel rispetto della memoria è un sentimento molto forte nel suo cuore. Per questo ha pensato di trasformare lo stabi-limento che lascerà in una azienda didattica a disposizione delle scuole.

Ma quali sono i suoi interessi al di fuori del lavoro?“Tutto ciò che comporta conoscenza, in ogni aspetto della vita: mi piace viaggiare e sono un curioso gourmand alla scoperta di nuovi sapori del Mondo”. Tutt’altro che “falso e cortese” Andrea Maligno ha esportato e fatto apprezzare il meglio della nostra terra e del nostro carattere, instauran-do rapporti sinceri con i propri clienti. Le sue realizzazioni si possono davvero definire uni-che, marchiate non solo sul legno ma anche nell’anima.

“Soul Farm Hotel” nel Castello di Montaldo T.se (Arch. Arnaudo). La collaborazione con grandi

architetti è da sempre uno dei punti di forza dell’azienda, vera ambasciatrice del “made in

Cuneo” nel mondo.photo: press office Maligno Industria Arredamento.

Farmacia “La Fenicia” a Roma (Arch Favetta). Anche il settore farmaceutico richiede

un’attenzione particolare nell’allestimento degli ambienti, sempre più curati per coinvolgere tutti i

sensi, trasformando l’acquisto in un’esperienza multisensoriale.

photo: press office Maligno Industria Arredamento.

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DI FABRIZIO GARDINALI

l’intervista impossibile

solo piccolicristalli

Scendo lentamente avvolgendomi su me stessa, a volte aiutata nel mio tragitto dall’amico vento che mi accompagna coi suoi soffi gelidi che mi piacciono e mi confortano, anzi sono la mia vita, la mia genesi, la mia essenza. In effetti senza una bella e sana dose massiccia di freddo non mi formo, non nasco. Per la verità mi origino anche per la progressiva sublimazione del vapore acqueo. Bella parola “sublimazione”, anche se significa solo un evento fisico: il passaggio dallo stato solido a quello aeriforme senza passare da quello liquido. Però è poetica e a voi umani piacciono questi termini non comuni che vi fanno pensare a chissà che di insolito, metafisi-co, magico, specie se non sapete bene cosa vogliono significare re-almente. Tant’è. Sono fatta di tanti bei cristalli, per lo più a sei punte, che mentre vengono giù da voi si addensano costituendo quei fioc-chi che, quando siete cuccioli (voi dite piccoli, ma non so perché in quanto avete dei vecchi molto piccoli) vi fanno stare a bocca aperta; poi quan-do diventate adulti vi fanno imprecare. Specie se siete dentro quelle ridicole scatole di ferro rumorose con le quali vi spostate e che quando mi deposito a terra, specie su quelle che chiamate strade, non sapete più usare: se ne vanno tutte dove vogliono loro (anzi dove le lascio andare io) e non riuscite più a combinare nulla di buono. Mi chiamate neve. Io non mi chiamo affatto. Mentre calo vedo cosa avete fatto: le distese di luci, le strisce d’asfalto bruno, edifici alti e bassi, addensati fra loro, dove sostenete di vivere e lavorare, che chiamate città o paesi. E non mi piacciono. Sono contenta quando, come tanti altri ele-menti della natura, se mi va ve le blocco completamente. Così siete costretti a fermarvi e a pensare un po’. Magari che, nonostante i vostri sforzi, non siete i padroni del mondo, ma solo alcune particelle di esso. Preferisco le terre disabi-tate, le cime dei monti, le gole delle valli, le vaste e ondulate pianure del Nord che si spingono in mari grigio acciaio dove pure io mi confondo. Però ormai siete arrivati dappertutto. Un bene, sono millenni che è così, se coltivate quella terra che non è solo vostra. Mi benedite quando vengo ad avvolgere i semi che in essa avete piantato, a tenerli semivivi perché rinascano alla mia morte e vi diano sostentamento. O quando riempio le coste dei monti e nel mio sparire

genero tanta acqua buona e pulita, acqua delle nuvole, della quale non potete fare a meno, anche se, nel-la vostra miopia, vi siete messi in testa di avere addirittura il diritto di venderla. Vi faccio pure diverti-re. Vi siete inventati di usarmi per giocare. Mi scivolate addosso con lunghe assi che dite sci. Avete co-struito posti con strutture che vi facilitano il risalire i pendii per poi scendere a capofitto, anche a co-sto di farvi male. Fate pure pagare tutto ciò, anche se io non ho mai chiesto nulla: sono gratis. Vi siete talmente appassionati che quando non ci sono o sono un po’ in ritar-do (i miei tempi li decido io, mica uno di quelli che voi dite dirigen-ti, capi o altro e vi determinano la vita perché non siete più capaci di essere liberi), mi fate finta, coi can-noni. E tutti contenti. Anche se poi, per riempire di neve falsa un solo chilometro di quelle cosiddette piste, ci vanno 10.000 m3 di acqua e avete il coraggio di lamentarvi se in primavera ed estate vi manca. Mi

avete pure messa sui Presepi, che celebrano la nascita del vostro Dio. Però, se non sbaglio, è nato in Palestina, in Medio Oriente insomma, e lì non ci sono mai stata anche se mi piacerebbe. Vabbè, ricostruite Betlemme come se fosse un villaggio Walser o delle Alpi svizzere, ci infilate dentro pure quello che fa le cal-darroste vicino ai cammelli. Siete decisamente un po’ confusi. Mi avete odiato. Tutte le volte che sono scesa su di voi nelle lontane steppe dove l’inverno è lun-go e il sole pallido, mandati a fare la guerra ad altri vostri simili. Ho fasciato tanti vostri compagni, abbracciandoli come faccio con le zolle della terra. Non avete di nuovo capito. Col mio gelo ho alleviato il loro dolore, li ho accompagnati con poca paura dall’altra parte del cielo. Nei miei cristalli sono stati impigliati tanti sogni, tante immagini belle, tante speranze spezzate. Poi, con essi cristalli, si sono sciolte, andate in ruscelli, fiumi e al mare. E poi di nuovo nelle nuvole e ancora in altri cristalli che bianchi ricadono sulle vostre terre e hanno dentro tutte quelle storie. Così per sempre. Sono utile o assassina? Buona o crudele? Niente di tutto ciò. Come tutte le cose dell’Universo io sono quel che sono. Sono la neve e solo e sempre questo.

Stefano Bruzzi, Ritorno dal mercato dopo la nevicata (particolare)

ante 1887, olio su tela, cm 47x82

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Il formaggio ha origini antiche, così come il suo gusto, carico dei profumi della terra, de-

gli aromi che riportano alle immagini ataviche dei campi, delle colline e della montagna. A quando risale la preparazione del primo for-maggio? Nessuno lo sa con certezza. Pare che 4 mila anni prima di Cristo lo consumassero i Sumeri: al British Museum di Londra si può ammirare un bassorilievo sumerico che rappre-senta le varie fasi della produzione del formag-gio, dalla mungitura alla stagionatura. Tanti gli estimatori, fin dall’antichità, tanti i commenti lasciati da pellegrini, commercianti e viaggiatori che si trovarono ad attraversare le terre “a piè dei monti” e ne gustarono il cibo; nei suoi scritti Plinio il Vecchio definì la nostra dorata rubeola uno dei più saporiti formaggi dell’area italica.

l’oro bianco della grandaDI ALPEGGIO, DI PIANURA O DI COLLINA: DAL LATTE AI FORMAGGI PIÙ RICERCATI DAGLI ESTIMATORI DI TUTTO IL MONDO.

DI MARIUCCIA ASSOLA

Ma sino alla seconda metà del secolo scorso, ovvero sino all’arrivo del “benessere”, il fiume di latte che da sempre scorre dagli alpeggi alle vallate è stato spesso l’unico sostentamento, l’unico regalo di una terra avara e difficile. Le forme di formaggio, oltre a preziosa riserva di cibo nei mesi invernali, costituirono la moneta sonante con cui pagare decime, gabelle, affitti e mezzadrie. E se alle tavole opulente dei ricchi il formaggio compariva come complemento di un pasto, per pastori e contadini fu a volte l’uni-ca alternativa alla fame. In ogni modo, i cuochi illustri di ogni tempo, hanno inserito ricotte, robiole e formaggi di ogni tipo nelle loro preparazioni, e oggi nella nostra grande tradizione culinaria troviamo ri-cette più che raffinate: gnocchi al Castelmagno, tagliolini o risotti al Raschera, delicate tartrà

La provincia di Cuneo è terra di formaggi unici, profumi e sapori che riportano alla mente il foraggio dei campi e della montagna, da abbinare a miele, confetture, cugnà e grandi vini. photo: Daniele Molineris.

Nella pagina a fianco:una forma di Bra, formaggio prodotto nell’omonimo comune da latte raccolto nelle vallate della provincia. Si distingue in Bra Tenero, fresco e morbido, e Bra Duro, più saporito, stagionato almeno sei mesi.

Il Castelmagno, secondo alcuni, è considerato il formaggio migliore del mondo. Viene prodotto in una zona limitata ai comuni di Castelmagno, Monterosso Grana e Pradleves, nell’alta Valle Grana e fatto maturare in grotte naturali.

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con varie fondute, torte con l’antico seirass, la morbida e delicata ricotta di pecora.

I formaggi della Provincia di CuneoHa un primato d’eccellenza ed è ricercatissimo dai palati raffinati dei gourmet di tutto il mon-do: è il celeberrimo CASTELMAGNO.La rassegna dei formaggi D.O.P. della provincia inizia con il più raro dei prodotti caseari, quello che illustri estimatori della buona tavola defi-niscono “il formaggio migliore del mondo”. La zona classica di produzione è nei comuni di Castelmagno, Monterosso Grana e Pradleves, situati nell’alta valle del torrente Grana. Antichi documenti fanno ritenere che la sua produzione fosse già fiorente e apprezzata in-torno all’anno Mille. In uno di questi, datato 1277, appare una sentenza arbitrale che fissa il pagamento in forme di Castelmagno per l’usu-frutto degli alpeggi di proprietà del marchese di Saluzzo.

A rendere “unico e inimitabile” questo “re” dei formaggi sono due fattori: la fertilità dei pasco-li di alta montagna, ricchi di erbe e di piante aromatiche e l’aria che spira dalle cime e arriva fin nelle grotte fresche e umide dove avviene la maturazione. Il Castelmagno, nella fase di sta-gionatura più avanzata si presenta erborinato, dal gusto forte e piccante. Le preferenze dei consumatori oggi vanno maggiormente verso il tipo più “giovane”, a pasta bianca e friabile, adatta ad essere sbriciolata nelle ricette di alta cucina.Il BRA: distinto in Bra Tenero e Bra Duro (mor-bido e dolce il primo, piccante e sapido il se-condo, con una stagionatura di oltre sei mesi), prende il nome dall’omonimo comune ove lo si raccoglie e commercializza, ma proviene dalle vallate di tutta la provincia. Fin dai tem-pi più remoti i commercianti braidesi seppero diffondere i saporitissimi prodotti dei bergé che transitavano con le greggi su tutti i mercati

IN VIAGGIO FRA ALPEGGI E MUSEI TEMATICI Una regione circondata e chiusa dalle montagne più alte d’Europa è geograficamente una regione ricca di pascoli. E la provincia di Cuneo può vantare un territorio ricco di risorse naturali e un grande numero di vallate alpine che le fanno corona. Il viaggio potrebbe iniziare dalle colline del Monregalese: da dove nelle giornate limpide lo sguardo spazia su tutto l’arco alpino occidentale, dall’Argentera al Monviso, dal Rocciamelone al Monte Rosa, dalle Langhe all’Appennino Ligure. A Valcasotto, è d’obbligo una visita al castello, dimora di caccia di Vittorio Emanuele II. Si potrà proseguire per Pamparato, dove acquistare i biscotti tradizionali di farina di mais e visitare, in località Serra, il Museo degli Usi e dei Costumi della gente di montagna. L’itinerario prosegue verso Frabosa Soprana, stazione sciistica, dove ogni anno a settembre si tiene un Convegno internazionale del Formaggio d’Alpeggio. Ridiscesa la vallata, si prosegue per Peveragno, (noto anche per la produzione delle fragole) dove si può sostare per acquisti e de-gustazioni in uno dei centri più forniti della vasta gamma dei formaggi della Valle.Dalla vicina Borgo San Dalmazzo la Vallata si allunga verso la montagna in un lungo percorso che arriva fino ai 1996 metri del Colle della Mad-dalena, confine di stato con la Francia. La statale ripercorre l’antica “Via Emilia” che in epoca romana, passando per Acqui Terme, Benevagienna e Pedona (Cuneo) attraversava tutto il territorio pedemontano fino alla Gallia. Si raggiunge poi Pietraporzio, dove, nella frazione Pontebernardo vi è l’Ecomuseo della pastorizia, un luogo che racconta la storia della gente di montagna, dove si può assistere alla preparazione del formaggio e degustarlo e infine acquistare i preziosi manufatti in lana di pecora sam-bucana. Nella vicina Valle Grana ci accolgono Castelmanh (Castelmagno) e le sue quindici frazioni, (di queste soltanto 5 sono costantemente abitate); un paradiso di verdi pascoli, punteggiati dagli antichi e caratteristici insediamenti abitativi (da visitare il famoso villaggio abbandonato di Narbona). Non si mancherà di salire a quota 1600 mt per visitare lo splendido Santuario di San Magno, ricco di affreschi e di una importante collezione di ex voto. Siamo nella terra del pregiato formaggio Castelmagno, una terra occitana da scoprire e maggiormente conoscere con una visita al Museo Etnografico Coumboscuro della Civiltà Provenzale di Monterosso Grana.

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piemontesi e delle regioni circostanti. Dai porti della Liguria partivano sulle navi le forme più stagionate, che avevano capacità di sopportare lunghi viaggi senza alterarsi, e prendevano la strada per le Americhe, dove il Bra era richie-sto e consumato dai tanti Piemontesi emigrati. Più pregiato e raro, un tipo di Bra denominato “Braciuch” (Braubriaco) la cui stagionatura av-viene in cassette di legno dopo una maturazio-ne in vinacce di Nebbiolo, Dolcetto, Barbera, Pelaverga.Il MURAZZANO unisce il clima del mar Ligure a quello delle colline di Alta Langa, e dona il suo nome alla categoria delle celebri e apprezzate “robiole di pecora”. La filiera prende origine dall’allevamento della razza “pecora delle Lan-ghe”, che vive da sempre tra queste colline e le propaggini delle Alpi liguri. In Langa, nei cin-quanta paesi in cui viene prodotta, la “robiola” è espressione di una radicata tradizione conta-dina, legata alla sua funzione di sostentamento in una terra un tempo poverissima. Non sono passati molti decenni da quando le contadine

I FORMAGGI DEL PIEMONTE, TRA DOP E IGPIl grande patrimonio zootecnico del territorio piemontese è sinonimo di una produzione lattiero–casearia di altrettanto pregio. In questo comparto il Piemonte vanta 9 riconosci-menti europei della D.O.P., la Denominazione di Origine Protetta, ovvero la più alta certifi-cazione assegnata ad un prodotto alimentare. Sei di questi sono prodotti esclusivamente in territorio piemontese: Bra, Castelmagno, Mu-razzano, Raschera, Robiola di Roccaverano e Toma Piemontese. Gli altri tre, Gorgonzola, Grana Padano e Taleggio, sono caseificati anche in altre Regioni.L’autenticità dei formaggi D.O.P. è garantita dai marchi impressi sulle etichette, ma per me-ritare un così alto blasone – e per tutelare i consumatori – ogni formaggio deve rispondere alle rigide norme dettate dai Disciplinari di Produzione che delimitano le zone geografiche di provenienza, definiscono le tecniche di lavorazione, i caratteri organolettici, la prove-nienza del latte, addirittura l’alimentazione degli animali che lo forniscono. Oltre ai D.O.P. la produzione casearia piemontese vanta una infinita varietà di denominazioni: 28 formaggi IGP (Indicazione Geografica Protetta) e ben 55 PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali). Sono produzioni più limitate ma non meno importanti per qualità, spesso rare e molto ricercate, la cui lavorazione, come un rituale sacro, è rimasta inalterata nei secoli.

langarole, il giorno del mercato, andavano a piedi ad Alba o a Murazzano – rare volte si per-mettevano il lusso della corriera – per vendere le loro tume ai commercianti delle città. Oggi le “grasse” e squisite “robiole” Murazzano, cui il Disciplinare della D.O.P. consente l’aggiunta di latte vaccino e caprino in percentuale non superiore al 40%, sono richieste e apprezzate sul territorio nazionale.Il RASCHERA: gli è stato dato il nome di un lago e di un pascolo alle falde del Monte Mongioie, uno dei luoghi dove nasce questa eccellenza delle vallate alpine monregalesi e del territorio cuneese. È un formaggio semigrasso, crudo, dal gusto caratteristico, con note fini e delicate. Anticamente veniva prodotto in forma quadra-ta, perché meglio si adattava al trasporto e alla legatura sul basto del mulo. Poi si cominciò a produrlo anche in forma rotonda, e il suo sapo-re cambiò lievemente, diventando più sapido e profumato. In ogni caso, la preferenze dei moderni consumatori tornano all’antico, con una richiesta sempre più forte verso il “Rasche-

Robiole “Murazzano”, prodotte con latte di pecora delle langhe, con l’aggiunta di latte vaccino.

Dagli alpeggi di alta montagna, ricchi di erbe e di piante aromatiche,

aria fresca e incontaminata, viene il latte migliore

per la preparazione dei formaggi.

Nella pagina a fianco:la robiola di Murazzano viene prodotta in

cinquanta comuni dell’alta langa, a confine con la liguria, espressione di una

radicata tradizione contadina.

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ra quadrato”. Nella pregiata varietà d’Alpeggio, viene prodotto ad altitudini superiori ai 900 mt e trasformato sul posto. Si ottiene così la mas-sima esaltazione del sapori, grazie all’alimen-tazione del bestiame e alla stagionatura nelle “selle” alpine (gli antichi locali usati da secoli), umide e fresche.Da malga a malga, le forme di Raschera, o Ra-schiera, o Rascaira (nomi diversi per uno stesso formaggio) regalano sfumature che risentono della lavorazione artigianale, ma anche del tipo di erbe e aromi che gli animali trovano sui pa-scoli. Scriveva Giovanni Arpino su la Stampa nel 1978: “il tipo di legno scavato come recipiente per la lavorazione, la quantità di caglio, il locale e il tempo di stagionatura diventano elementi decisivi, che rendono unica e irripetibile ogni partita, a volte ogni forma”.

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dressing design

Un’indomita frenesia di ricerca e rinno-vamento culturale e sociale caratterizzò

i primi anni ‘70 con ricadute nel campo della moda insieme a fenomeni sperimentali che la coinvolsero in modo particolare e originale nell’arte e nel design. Fuori dal mondo delle passerelle e dei tradizionali circuiti del “fashion” si iniziò a concepire l’abito disgiunto dai tradi-zionali canoni della sua progettazione (vestibi-lità–tendenza–mercato ecc...), per privilegiare altri aspetti connessi alle possibilità strutturali, decorative e costruttive dei tessuti, abolendo le limitazioni dettate dalla consuetudine e dalla funzione. Un atteggiamento colto che rompeva le convenzioni privilegiando “l’inaspettato’’ per esprimere sensazioni di sgomento e inquietu-dine, anche attraverso l’utilizzo di un pauperi-smo fatto di provocatori riferimenti ad ambiti lontani dal lusso e dal “glamour” delle tradizio-nali “maison”.Emblematici, in ambito italiano, furono gli abi-ti di Lucia Bartolini della collezione “vestirsi è facile” realizzata, non a caso, nell’ambito della Triennale di Milano del 1972, all’interno di un processo progettuale di “design” per Archizo-om, in cui i vestiti, dalle molteplici ed inusuali

L’ECCEZIONECHE STRAVOLSE LA REGOLA

DI ANNAMARIA ORZI LUCCHINI

Uno storico modello di Yessy Miyake, definito dalla critica “l’architetto delle strutture

dal peso piuma”. Nella collezione “Flying saucer” realizza abiti plissettati che ricordano

le tradizionali lanterne in carta.

Nella pagina a fianco:con semplici quadrati di tessuto

Lucia Bartolini realizza, nel 1972, un’intera collezione di abiti chiamata “Vestirsi è facile”.

Un abito scultura di Yoshiki Hishinuma, modellato dall’aria, esempio della creatività

sperimentale giapponese.

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forme, erano costruiti e modellati attraverso semplici quadrati di tessuto.Un chiaro riferimento al variegato ed esplosivo mondo del design italiano di quegli anni lo si riscontra nelle creazioni di Cinzia Ruggeri, evo-canti la multiforme oggettistica che, dalle menti dei designers, entrava a far parte della quotidia-nità consumistica del periodo. Se la creatività nell’ambito della progettazione per la moda rappresenta la pietra miliare per il suo sviluppo, per la sua potenzialità comuni-cativa–persuasiva e quindi per il suo successo – anche economico – il fenomeno del “dres-sing–design” risulta esserne uno dei più fecon-di ed incisivi momenti. In Italia ed in Europa, per motivi di diffidenza culturale ed economica, questo nuovo atteggia-mento verso la moda rimase in un primo tem-po racchiuso in limiti ristretti, relegato quasi esclusivamente nell’ambito di eventi artistici. Fu nel lontano Giappone che venne, invece, assorbito con entusiasmo da parte degli emer-genti stilisti: Yoshiki Hishinuma con i suoi abiti scultura, modellati dall’aria; Yessy Miyake defi-nito dalla critica “sarto del vento”, “poeta della leggerezza”, o ancora “architetto delle strutture dal peso di piuma”, che nella collezione “Flying Saucer” realizza sofisticati abiti plissettati che ricordano i lampioncini pieghevoli dell’infan-zia, con un giocoso e delicato movimento che sembra celare una vita propria. Con Kavakubo e Yamamoto la moda diventa desiderio di ampia libertà inventiva. Vengono archiviate immagini stereotipate nel nome di un “look” completamente diverso, spesso con idee che, se pur impregnate di un minimalismo apparentemente povero, diventano anticipatri-ci di proposte ad un primo impatto inattuabili, ma poi trasformate in un corrente processo progettuale. Tale modalità di intendere il mon-do del “fashion” ha coinvolto con entusiasmo i giovani, e subito, inevitabilmente, le accese ac-cuse di quei tradizionalisti che non ne avevano intuito la inesauribile creatività.

La decostruzione degli abiti, in particolare nel-le creazioni di Yamamoto, rappresenta l’input iniziale di una nuova schiera di stilisti europei che, dagli anni ‘80, stravolgono gli stilemi ri-correnti della moda per esplorare e proporre nuovi canoni abbigliativi. Anche l’Italia, dove la moda è sempre stata una frenetica ricerca del-la “seduzione”, di una dimensione effimera e mondana della “bellezza” intesa come tramite tra “ideale” e “reale”, non sfugge a questa ven-tata innovativa, mediandola con quel gusto e capacità di adeguamento e “discrezione” an-che nelle più audaci novità. Alla luce di quanto sopra potremmo definire il senso attuale della moda con le parole stesse di Yamamoto: “lo sti-le è l’arte di mischiare, di mettere in valore e di governare esteticamente ciò che uno ama... Scegliere è la nostra ultima libertà”.

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Pascoli. La brezza d’altura accarezza gli steli: erba, cibo che diviene energia. Il muso sfio-

ra quel filo verde. Lo accoglie, tra le mandibole voraci. L’alpeggio è una garanzia: salubrità. Il ruminante è possente. Piemontese. È un toro. Il suo seme prezioso. Come quello degli altri, centinaia, selezionati. Feconderanno vacche. Autoctone. Dalle forme arrotondate. Quel pa-scolo è incontro tra gioielli: l’Oro Rosso Coalvi si fonde nello smeraldo. Carne di rango. Eccellenza per il gusto.Il marchio contraddistingue il Consorzio – 1.600 aziende agricole, 280 punti vendita di-stribuiti in Italia – che tutela la razza bovina Piemontese dalla a alla zeta: 350 mila i capi, 300 le famiglie che si dedicano all’alpeggio. Caratteristiche? Il maschio ha il mantello bianco con sfumature grigie. Bianca anche la femmina;

il piacere della carneGUSTO E SAPORI UNICI DI UNA DELLE PIÙ PREGIATE CARNI AL MONDO,LA CARNE DI RAZZA PIEMONTESE, TUTELATA DAL CONSORZIO COALVI.

DI GIOVANNA FOCOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

fromentini i giovani vitellini. La testa corta e larga nel toro; più lunga e fine nella femmina. Occhi neri. Espressione vivace. Cosce ipertrofi-che, per proprietà genetica. Armonioso l’insie-me. E di qualità.L’allevamento della Piemontese – spiega Gior-gio Marega, il direttore del consorzio Coalvi – ha una peculiarità: è a ciclo completo. Significa che l’azienda agricola si occupa sia della ripro-duzione sia dell’ingrasso. Questa tipologia è indubbiamente la più complessa da gestire dal punto di vista alimentare e dal punto di vista colturale, ma è il nostro fiore all’occhiello. Ga-ranzia di qualità.La qualità totale è un concetto che rappresenta la sommatoria di diverse variabili parziali che possono influenzarsi a vicenda: qualità igienico sanitaria, nutrizionale, organolettica e tecnolo-

Grazie all’attività di selezione operata negli anni dagli allevatori, oggi la Razza Piemontese è una razza che produce una eccellente qualità di carne. Le forme pronunciate e arrotondate dei muscoli sono la caratteristica inconfondibile dei capi.

Nella pagina a fianco:nelle aree montane, specie alle quote più alte, dove è più difficile arrivare con i mezzi meccanici, i prati vengono sfruttati per i pascoli estivi. Anche questi sono i luoghi della Razza Piemontese.

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gica. La tracciabilità è la sintesi.Oro Rosso – continua Marega – è considerata, oggi, tra le più pregiate carni al mondo grazie alle caratteristiche: è magra, tenera e saporita.Il segreto è l’abbondante presenza di grassi dal buffo acronimo: Mufa e Pufa, che significano acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi – i noti omega 3 e omega 6 – che rendono la carne del-la razza Piemontese un alimento paragonabile al pesce. Il mix vincente è la combinazione tra la bassa quantità e l’alta qualità del grasso.Quando si vuole convincere qualcuno sulla preziosità di un prodotto – conclude il diretto-re – lo si invita a “toccare con mano”. Coalvi è l’unione di uomini, passione e tradizione. Basta affacciarsi al banco di una nostra macelleria e non c’è bisogno di un sesto senso per ricono-scere l’Oro Rosso.Un piacere per la vista che diviene gusto. Men-tre il tatto centellina gli istanti che srotolano attimi di perfezione.

COALVIConsorzio di Tutela della Razza Piemontese – Costituito nel 1984.Opera sulla base di un disciplinare di etichettatura volontaria (appro-vato dal Ministero delle Politiche Agroalimentari): aderiscono allevatori, macelli, laboratori di sezionamento, punti vendita del dettaglio e della gran-de distribuzione. Valorizza la tipicità e la qualità di questa produzione di ec-cellenza. Garantisce la provenienza, grazie alla etichettatura automatica che permette al consumatore di verificare sullo scontrino i dati di origine della carne acquistata.

www.coalvi.it

I PASSI DELLA TRACCIABILITÀ

1 Tutti gli operatori (allevamenti, macelli, laboratori, punti vendita) sottoscrivono l’adesione al Disciplinare di Etichettatura e sono inseriti nella banca dati del Consorzio.2 Il Consorzio acquisisce i dati anagrafici dei bovini da tutti i soci attraverso il collegamento alla banca dati dell’Anagrafe Nazionale.3 Il Consorzio, attraverso il collegamento con la banca dati dell’Associazione Nazionale Allevatori di Razza Piemontese, verifica l’effettiva iscrizione del capo al Libro Genealogico.4 I macelli, al momento della macellazione, attraverso il collegamento on line con la banca dati del Consorzio, o con il software apposito, verificano se il bovino possiede i requisiti previsti dal Disciplinare e quindi se può proseguire lungo la filiera del Consorzio.5 I macelli, dopo aver inserito i dati relativi alla macellazione provvedono ad inviare, insieme alla carne, i supporti informatici (chip card, bar code o files) ai punti vendita di destinazione, che contengono tutte le informazioni relative alla tracciabilità compreso il peso della carne posta in vendita e non sono più modificabili senza l’intervento del Consorzio.6 I punti vendita verificano la corrispondenza tra la merce inviata e la documentazione cartacea e informatica in arrivo dal macello e provvedono a caricare sulle bilance etichettatrici i supporti informatici contenenti i dati di tracciabilità. 7 Il punto vendita, al momento della vendita del taglio della carne, rilascia l’etichetta riportante i dati relativi al bovino da cui deriva la carne.8 Ad ogni pesata del punto vendita vengono sottratti i chilogrammi corrispondenti fino all’esaurimento del carico precedentemente inserito grazie all’utilizzo di supporti informatici.9 Secondo il piano di autocontrollo approvato dal Ministero delle Politiche Agricole, il Consorzio effettua le prevsite verifiche su tutti gli operatori aderenti al Disciplinare di Etichettatura per verificare che le procedure previste siano rispettate.10 Tutto il sistema di etichettatura e tutti gli operatori compreso il Consorzio stesso, sono sottoposti ai controlli previsti da un Ente Terzo al fine di garantire la tracciabilità della carne.

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Seduti sulla terrazza, riparati dalle travi del tetto a sbalzo, ti lasci sedurre dal crepusco-

lo e dall’aria frizzante della sera. Sotto di noi un manto di candida neve ricopre i tetti di Limone Piemonte, mentre il nostro sguardo è attirato dal fantastico scenario delle montagne intorno: la cima di Marmorera e la Rocca dell’Abisso sono lì davanti a noi e, allungando la mano, pare di toccarle.Forse sono proprio questi i motivi che hanno portato Carlo D’Angelo a scegliere questo luogo per fuggire dai ritmi frenetici di Mon-tecarlo, sua città e sede delle sue aziende che operano nel campo del design e della decora-zione d’interni. Lui stesso, insieme alla moglie, ha progettato gli interni di questo grande attico seguendone personalmente i lavori. Una sorta di teca al contrario perchè, standovi dentro, si

cuore di legnoNEL CENTRO DI LIMONE PIEMONTE UN ATTICO RIVESTITO IN LEGNO INTERPRETA, IN CHIAVE MODERNA, LO STILE DELLE BAITE TRADIZIONALI ALPINE.

DI ROBERTO AUDISIOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

ha come l’impressione di essere scrutati dalle montagne incombenti e non viceversa, di fare parte del paesaggio e non di esserne semplici ammiratori. Grandi vetrate o piccoli tagli che inquadrano scorci di paesaggio eloquenti, nel soggiorno come nelle camere da letto.Già dall’ingresso si legge lo stile corrente in tutto l’intervento: sbarchiamo dall’ascensore in un ambiente foderato in legno – grandi tavole di larice piallato e tronchi di varie dimensioni segati a ricreare un effetto legnaia – materia-le della tradizione utilizzato in modo nuovo, un’atmosfera intima ma anche fortemente contemporanea, esaltata dalla presenza di arre-di e complementi eseguiti ad hoc in materiali preziosi come l’acciaio, il cristallo, la pelle, e da un’importante presenza di oggetti, opere d’ar-te e collezioni, come quella dei trofei di caccia

Il soggiorno si apre direttamente sulla sala da pranzo e la cucina. Colori e materiali omogenei per uno stile che interpreta la baita in chiave contemporanea: pavimenti e soffittiin legno, pareti rivestite in pietra e grandi vetrate per godere il paesaggio.

Sotto:Carlo D’Angelo, interior designer, ci accoglie in casa sui grandi divani del soggiorno.

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in ceramica bianca appesi alle pareti della scala centrale. Il soggiorno, ampio, ospita anche la zona pranzo e si apre direttamente sulla attrez-zatissima cucina dove la tecnologia si sposa perfettamente con oggetti che riportano alla natura del sottobosco.Il soffitto in legno di larice grezzo, verniciato di grigio per una rusticità contemporanea, è con-trapposto ad un elegante pavimento in legno zebrano, in un continuo e riuscitissimo gioco

La camera padronale, fra luci soffuse e boiserie in legno, si affaccia su uno dei grandi terrazzi

da cui si può ammirare il panorama sulla vallata.

La cucina di design italiano, attrezzatissima, in legno di rovere tinto grigio, con armadio frigorifero

in acciaio spazzolato. Attorno al grande tavolo da pranzo poltroncine in cavallino.

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In casa non manca una vera e propria sala cinema. Soffitto a cassettoni, parete libreria e pavimento in legno vecchio di larice recuperato. Parete rivestita in scaglie di pietra di Luserna. Le poltrone in pelle anticata di disegno retrò, insieme ad altri particolari di modernariato che si rifanno agli anni ‘60, contribuiscono a creare un ambiente informale e molto accogliente.

L’hammam nella zona SPA destinata al benessere personale, è rivestito in tessere di mosaico ad effetto zebrato di Bisazza. Il gioco di luci e la cromoterapia rendono l’ambiente particolarmente suggestivo e rilassante.

Nella pagina a fianco:in bagno lo stile rustico lascia spazio a linee più pulite per evidenziare il grande lavandino ricavato da un blocco di pietra. Mobile e specchiera in legno wenghè.

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di contrasti fra materia e sensazioni. Di fronte ai grandi divani dell’area conversazione un’in-tera parete è rivestita con pietra di Luserna a spacco ravvivata dalla presenza di tre “quadri” animati che, per l’essenza stessa del proprio essere, rappresentano scene sempre differenti: un camino, un tv al plasma ed una finestra con suggestiva vista sulla vallata.Se la zona giorno è dominata dal legno nei toni del grigio, declinati in tutte le sfumature, nella zona notte l’atmosfera si scalda maggiormente con l’uso di legno antico, lasciato nel suo colo-re naturale, morbido e variegato, testimone di storie passate. La camera padronale si dilata in una zona in-teramente dedicata al relax ed alla cura della persona, dove ritemprarsi dopo una intensa giornata sulla neve. Qui, fra profumo di legno, morbidi sassi–cusci-ni e luci soffuse, ci accoglie una vera e propria SPA con una minipiscina Jacuzzi che, nell’usua-le gioco dei contrasti, si contrappone ad un hammam in stile minimal interamente rivestito con preziose tessere di mosaico zebrato, dove le luci colorate della cromoterapia proiettano in un altro mondo, in un’altra dimensione, oni-rica e irreale.Adiacente la suite padronale c’è la camera dei ragazzi, forse l’unico locale dominato da un colore diverso: il rosso, utilizzato nei tessuti d’arredo dei copriletto e dei tendaggi e nelle lampade appoggiate sui comodini ricavati da tronchi di legno. Poi, d’incanto, la grande sor-presa: per lo svago degli ospiti è stata ricavata una sala cinema, dotata di uno schermo a pro-iezione ed un sofisticato impianto audio, in un ambiente completamente rivestito in legno nel più puro stile degli chalet di montagna, dove nessun particolare è stato lasciato al caso e dove anche la collezione esposta nella libreria a parete dichiara il luogo: riproduzioni di muc-che nei materiali più svariati, dal legno al me-tallo alla ceramica, una presenza bucolica in un contesto assolutamente chic.

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“Macchine del tempo” è il titolo della personale di Cesare Botto che si terrà

dal 5 al 27 febbraio 2011 in due sedi distinte: la Art Gallery “La luna” di Borgo San Dalmazzo, dove vi sarà il “corpus” più numeroso di tele, e la Fondazione Delfino, al civico 2 di corso Niz-za a Cuneo. In questo stesso spazio, nella serata del 4 febbraio, Ida Isoardi e Massimo Ottone illustreranno l’iniziativa, corredata da un cata-logo con prefazione di Riccardo Cavallo.Un complesso di lavori del noto pittore cune-ese, attivo da anni sulla scena dell’arte col suo stile deciso e fortemente espressivo, che copro-no l’arco temporale dal 1960 al 1969.Una rivisitazione? Il nome stesso della mostra farebbe, a prima vista, pensare di si. Le “mac-chine del tempo” sono clessidre, meridiane, orologi di vario tipo. In verità segnano il tem-

macchine deltempoGLI ANNI SESSANTA DI CESARE BOTTO, RACCONTATI DAL 5 AL 27 FEBBRAIO A BORGO SAN DALMAZZO E CUNEO

DI FABRIZIO GARDINALI

po, scandiscono istanti fra passato e presente. Però una cosa è il tempo della meccanica, della misura, se si vuole della scienza: un insieme di attimi in sé conchiusi e non ripetibili. Un altro è il tempo dell’uomo, non così severamente lineare, dove il presente contiene anche tutto ciò che è stato e nella mente, nelle scelte, nelle decisioni è un continuo riandare fra oggi e ieri, fino a ipotizzare il domani.I lavori di Botto, alcuni dei quali mai presentati in pubblico, non sono una “antologica”, bensì la testimonianza di un percorso che è vivo ancora oggi nel suo fare attuale. Del resto, anche se si potrebbe disquisire a volontà, l’espressione artistica non è legata alla storia, se non per una sua non molto rilevante parte documentaria: è invece sempre attualità, esprimendo aspetti che permangono nell’esistenza, al di là della

Una delle opere di Cesare Botto esposte nella mostra “Macchine del Tempo”, testimonianza di un percorso ancora vivo e aperto.

Nella pagina a fianco:nel suo atelier, l’artista, all’opera su una tela:tratti spontanei, decisi e vigorosi.

Ancora un’opera di Cesare Botto dove il colore è campito come fatto emozionale, in uno stile libero e astratto, teso ad esprimere la scoperta del nuovo.

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contingenza spazio – temporale. Sono anni di formazione per il giovane Botto (è nato nel 1939), che, dopo le prime esperienze in campo pittorico nell’ambiente assai ristretto di Cuneo, nel 1961 approda a Torino. Per la precisione alla Scuola di nudo dell’Accademia Albertina (previo esame di ammissione felicemente su-perato) dove insegna Filippo Scroppo, pittore e critico affermato ed ex assistente di Felice Caso-rati, che, intuendone le potenzialità, lo invita a frequentare il suo atelier in corso San Maurizio.È un ambiente aperto, innovativo, dove Botto si trova a contatto con tendenze più libere e attuali. Torino, inoltre, in quegli anni è un viva-cissimo centro culturale a tutti i livelli. A partire dalle celebrazioni per il Centenario dell’Unità d’Italia, con le ardite realizzazioni architettoni-che di Pierluigi Nervi o l’installazione “Fonti di energia” di Lucio Fontana. Non solo: la Galle-ria d’Arte Moderna offre mostre, come quella del giapponese “Gruppo Gutai” o di Graham Sutherland o dello statunitense Franz Kline, che aprono l’orizzonte sulle esperienze inter-nazionali contemporanee. Cosa alla quale con-tribuiscono anche le numerose gallerie private, come la “Bussola” o “Fogliatto”, per citarne un paio, e la contemporanea presenza, nella capi-tale subalpina, di un folto gruppo dei migliori critici italiani del settore, del calibro di Marzia-no Bernardi, Luigi Carluccio, Albino Galvano e tanti altri.In una personalità desiderosa di innovazione, come in Cesare Botto, è una ventata di aria nuova e la conferma di intuizioni che già da pri-ma, sia pure indistinte, gli erano proprie. Si tra-duce nell’abbandono del figurativo, caro a tan-ta parte della produzione pittorica piemontese più tradizionalista, per la ricerca di forme più libere, tendenti a trasformare il dato sensibile, del quale resta in fondo, a ben vedere, una trac-cia, in astrazione, in un “sistema” che attraverso scelte non vincolate, ma affrancate e nella cam-pitura cromatica, gli permette l’espressione di una emotività più profonda e nel contempo

più alta. In linea con una tendenza generale dell’arte contemporanea, che in quegli anni densi di fermenti e di cambiamenti sul piano politico e sociale che portarono poi agli eventi del Sessantotto e alla stagione di lotta e scontro del decennio successivo, sembra voler cercare una via autonoma, una libertà dalle istanze di commistione fra cultura e impegno, verso una comunicazione diversa e, forse, lontana dal tempo vissuto, anche la pittura di Botto abban-dona il quotidiano, rifiuta di essere “cronaca”.Scrive l’autore stesso: “Il tratto spontaneo, de-ciso, vigoroso e il colore campito come fatto emozionale tra accordi intensi e vibranti, ma allo stesso tempo lirici, costituiscono la cifra che mi caratterizza in tutto il percorso artisti-co che sarà costantemente orientato verso la libera forma astratta, teso ad esprimere con crescente entusiasmo la scoperta del nuovo”.“Macchine del tempo” racconta una storia, quindi, ma che è scritta sempre e solo utilizzan-do il tempo presente.

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UNA GRANDE ANNATASTORIE DI VINO E DI SPORTIl vino, lo sport e tante storie da raccontare e da rivivere di un mondo che da sempre affascina il pubblico. Lo fanno inseme Giancarlo Montaldo, presidente dell’Enoteca Re-gionale del Barbaresco e grande appassionato conoscitore del territorio e dei vini di Langa, e Beppe Conti, giornalista di RaiSport e Tuttosport, prendendo in esame 18 grandi annate per il vino ed altrettante per lo sport, in un lungo e suggestivo percorso alla ricerca dei momenti più belli da raccontare. Attorno alle celebrità enologiche come il Barolo e il Barbaresco si scoprono vicende e curiosità, fra scandali,

contrasti e avvenimenti curiosi, i successi del made in Italy, i grandi personaggi, i dibattiti e le novità storiche, accennando anche agli altri vini. Con lo sport si è invece riscritto un pezzo di storia, dal primo mondiale di calcio vinto dagli azzurri di Vittorio Pozzo nel ‘34 ai trionfi leggendari di Coppi e Bartali, dalla tragedia del Grande Torino, ai Giochi di Roma e l’oro di Berruti, da Gustavo Thoeni al tennis di Panatta, la grandezza di Senna e Schumacher, Alberto Tomba e Marco Pantani.Edizioni Graphot. In tutte le migliori libreria d’Italia.

PIOGGIA DI STELLE SUI RISTORANTI DELLA PROVINCIA DI CUNEOCome ogni anno gennaio porta nelle librerie le nuove guide ai locali blasonati, e fra tutte è sicuramente la mitica Guida Rossa Michelin 2011 quella più attesa. Essere presenti fra le sue pagine, con o senza stelle, è il sogno di ogni chef. La lombardia è la regione italiana più premiata: ben 49 ristoranti stellati (sei le new entry). Ma è la provincia di Cuneo a farla da padrona, diventando la più stellata d’Italia (alla pari con Bolzano) con 15 locali premiati. Le nuove stelle di quest’anno sono quasi tutte nella Granda: Al Castello di Grinzane Cavour (chef Alessandro Boglione già a Torino all’AB+), Pier Bussetti al Castello di Govone (chef Pier Bussetti, fino allo scorso anno alla Locanda Mongreno di To-rino), poi il ristorante dell’elegante hotel di Be-nevello Villa d’Amelia (chef Damiano Nigro), Il Baluardo a Mondovì (chef Marc Lanteri), la Locanda del Pilone ad Alba (chef giapponese Masayuki Kondo), con una promessa per il prossimo anno, il Centro di Priocca. Confer-mati dalle edizioni precedenti gli altri locali a una stella: Delle Antiche Contrade di Cuneo (chef Luigi Taglienti) Antinè di Barbaresco (chef Andrea Marino), Locanda nel Borgo Antico di Barolo (chef Massimo Camia), Guido Ristorante di Pollenzo–Bra (chef Ugo Alciati), All’Enoteca di Canale (chef Davide Palluda), Il ristorante di Guido da Costigliole a Santo Stefano Belbo (chef Luca Zecchin), La Ciau del Tornavento a Treiso (chef Maurilio Garola), Sa-vino Mongelli Ristorante di S. Vittoria d’Alba (chef Savino Mongelli). Due stelle confermate

per Antica Corona Reale da Renzo di Cervere (chef Gian Piero Vivalda) e Piazza Duomo ad Alba (chef Enrico Crippa).

PAOLA ATELIER. PELLICCE PER OGNI SOGNOPaola è una di quelle persone che, quando le conosci, ti entra nel cuore. Dolce ma deter-minata, nel suo “Atelier” nel cuore di Saluzzo, in quasi 40 anni di lavoro di pellicciaia, con tenacia e costanza, ha scoperto pian piano tutti i segreti sul mondo delle pelli e delle pellic-ce. Dalla concia alla sartoria, oggi è sicuramente riconosciuta come una delle più esperte ed abili artigiane nel settore ed una creativa protagonista della moda applicata alla pelliccia. Una visione lungimirante che, negli anni, riesce ad anticipare tendenze e stili prima delle collezioni nazionali. Artigiana, sarta, imprenditrice, non c’è vecchia pelliccia che non riesca a trasformare in un nuovo ed affascinante capo. Linee passate che vengono reinterpretate, destrutturate e ricomposte, pellicce sapientemente rasate o sfoltite, tinteggiate, alleggerite con innovativi abbinamenti di tessuti e tulle, o rinvigorite con nuovi dettagli in pelle. Dalle abili mani e dalla fervida fantasia di Paola nascono capi preziosi, in visone, volpe o cincillà. Pezzi unici creati per una clientela esigente e raffinata. Ma la nuova frontiera della pelliccia è l’elemento di arredo, e anche in questo caso Paola sta anticipando le tendenze, con la solita passione e maestria. Le sue proposte negli accessori per la casa sono sofisticate ed eleganti. Oggetti che scaldano l’ambiente e lo arredano con cura: ancora una volta materiali caldi e preziosi, lavorati artigianalmente, perchè ogni pezzo sia unico ed esclusivo. Coperte in lapin nero, semplici o bordate in visone, da abbinare a cuscini in tinta o in contrasto. La nuova “Collezione Casa” di Paola Atelier sa-prà appagare la padrona di casa più attenta ai dettagli: una ricerca nei particolari e qualità delle materie prime che non passeranno cer-to inosservate. “Paola Atelier” è a Saluzzo, in Via S.Pellico, 5. Le sue creazioni si trovano anche presso “Adele Abbigliamento”, in Via Vittorio Emanuele, 59 a Bra.

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LifeStyLePROFESSIONE E BELLEZZA: A SALUZZO UN RINNOVATO CENTRO WELLNESS FRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONEColori chiari, luce soffusa, nessun rumore, questa è l’atmosfera del rinnovato centro benessere Professional Beauty a Saluzzo in via Silvio Pellico 5, al primo piano di un lussuoso stabile ottocentesco nel cuore del salotto cittadino: senza dubbio il luogo ideale dove rigenerare il corpo e la mente dalle fatiche e dallo stress della vita quotidiana. Un’area benessere, vero e proprio punto di forza di Professional Beauty, con un team di estetiste e massaggiatrici di alto e qualificato livello professionale per massaggi tradizionali (rilassanti, ayurvedici, tibetani, linfodrenaggio e riflessologia plantare) o con l’utilizzo di macchinari innovativi (cavitazione abbinata al laser e rassodamento); inoltre cure per il corpo ed il viso personalizzate con prodotti cosmetici di elevata qualità. E per finire l’area solarium per un’abbronzatura sicura con la doccia e il lettino solare

di ultima generazione “Ergoli-ne”. Professionalità, cortesia, ambientazioni rilassanti e soluzioni tecniche all’avanguar-dia si fondono in questa Spa che si conferma come punto di riferimento per chi voglia passare momenti all’insegna del benessere mentale e fisico nella città del Marchesato.

L’HEMINGWAY DI ALBA RINNOVA LA CUCINA E DIVENTA COCKTAIL RESTAURANT

L’Hemingway si trasforma e rinnova il suo stile inaugurando la sua cucina con piatti ricercati e di consolidata tradizione, nati dalla collaborazione tra la giornalista enogastronomica Mariuccia Assola e lo chef fiorentino Moreno Pallini. Si potrà mangiare a qualunque ora un piatto al bancone, ascoltando musica raffinata, chiaccherando con i barman che continuano l’incessante preparazione dei cocktails o co-modamente seduti in sala. Lo stile del locale, tra il minimali-sta e l’etnico, crea un’atmosfera elegante ed accogliente. La zona lounge si apre con sedute in pelle bianca e sgabelli in wenghé; la sala si divide fra tavoli di design e comodi salotti dove mangiare o gustare i cocktails internazionali che hanno reso famoso l’Hemingway Cocktail Restaurant. Nel week end il locale è particolarmente animato, dal momento dell’aperitivo alla notte, quando si riempie di giovani che vivono il momento pre-discoteca con cocktails e musica R&B. Non mancano i grandi vini rossi, i bianchi e le bollicine: piemontesi, della Franciacorta e le grandi Maisons di Champagne.

IL NUOVO SAN GIOVANNI RESORT A SALUZZOUn luogo che da secoli è il simbolo di Saluzzo, da sempre inaccessibile ai cittadini, è

finalmente stato aperto al pubblico. Trasformato in un affascinante ed ospitale resort con tredici camere, una suite con vista panoramica sulla pianura del Marchesato, ed un esclu-sivo ristorante per una struttura ricettiva unica nel saluzzese. Piero Sassone ne è il nuovo

padrone di casa in qualità di gestore, promotore di un’iniziativa che può essere presa ad esempio di come si possa valorizzare un luogo simbolo senza degradarlo, intervenendo

con grande rispetto per la storia e l’architettura. “Sarà una cartolina perfetta per Saluzzo, un luogo da vivere e da gustare”, afferma con orgoglio. Perfettamente recuperati anche il refettorio, le antiche cucine e le sale dell’ex convento che, con le nuove destinazioni,

hanno assunto un carattere assolutamente unico. .

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“Dottore/dottoressa sto andando in palestra mi da qualcosa per i crampi, per re-cuperare la stanchezza, cosa mi consiglia di mangiare?” Queste sono solo alcune delle domande sempreverdi che confl uiscono nei principali canali responsabili della salute: farmacia e parafarmacia. Fino a qualche tempo fa il farmacista poteva dare consigli generali sullo stile di vita da adottare durante un allenamento più o meno amatoriale, utili quanto limitati. Ora, rispondendo all’esi-genza delle richieste sempre più pressante di un pubblico attento, è presente nei migliori canali della salute il Training test. Progetto e strumento in grado di fornire una valutazione personalizzata sullo sportivo in abbinamento ed aggiunta alle re-gole generali di accademica memoria. Alimentazione mirata, ricordando che “il cibo è il primo farmaco” (Ippocrate V sec. A.C.), integrazione adeguata, in base alle reali esigenze del soggetto in esame, stress muscolare e quindi programma di nutrizione ed integrazione per mantenere, migliorare o recuperare il proprio stato di benessere in relazione all’attività intrapresa e gli obiettivi da perseguire. Tutto sotto la guida di farmacisti per l’interpretazione del Training test e l’approccio a questa realtà in crescita: la passione per lo sport. Le informazioni ricavate attraverso il Training test permettono al farmacista e al destinatario di programmare una proposta alimen-tare e di integrazione mirate sull’individuo sfatando mitizzazioni di pozioni magi-che per raggiungere risultati controproducenti a volte anche dannosi per la salute.

Un invito agli sportivi di tutti i livelli ad abbracciare e proseguire i propri interessi attraverso un progetto fi nalizzato al benessere dell’individuo e guidato da quella fi gura sempre presente sul territorio ad ogni ora che conosciamo bene: il farmacista, evitando di incorrere in errori che, come dimostrano i casi sul territorio, rischiano di trasformare uno stile di vita salutare, l’attività fi sica, in un pericoloso passatempo.

Per aderire al progetto di cultura del benessere,insito nel servizio del Training test, il dottor Carlo SassoneIL 9 FEBBRAIO 2011 TERRÀ PRESSO IL LOVERA

PALACE HOTEL IN VIA ROMA 37 A CUNEOALLE ORE 20.30,

un incontro informativo gratuito aperto al pubblico per fornire spiegazioni dettagliate su questa importante

opportunità. Per iscrizioni telefonare alla Parafarmacia Dottoressa Cresto, tel. 0171 693811

o alla Parafarmacia Del Benessere - Tel. 0171 631381

LifeStyLeFONTANAFREDDA GIÀ ROSSO:INIZIA LA RIVOLUZIONE NEL MONDO DEL VINO

Un Langhe rosso giovanissimo, innovativo nella forma e nel contenuto, fresco, fragrante, leggero e buono da bere con soltanto 11 gradi di alcool,

imbottigliato a poco più di due mesi dalla raccolta in bottiglie da un litro, composte per l’ 85% da vetro riciclato: questa la ricetta di GiÀ ultimo nato a Fontanafredda e destinato a rivoluzionare il concetto stesso di vino. Un rosso per tutti, adatto ad ogni occasione, intelligente e trasversale è il risultato di anni di ricerca e di sperimentazione in vigneto ed in cantina, una vera e propria anteprima della vendemmia appena terminata che nulla ha a che vedere con i vini novelli ma è invece un prodotto che recupera un’antica tradizione delle campa-gne albesi dove si era soliti imbottigliare il vino nuovo a novembre. GiÀ nasce da uve Dolcetto, Barbera e Nebbiolo vendemmiate e vinificate separatamente e poi sapientemente assemblate, il risultato è un connubio di leggerezza e sapore secco, armonico e vellutato con uno spiccato retrogusto di mandorla; un nuovo e particolare vino che riesce a coniugare il tipico carattere piemontese del rosso alla bassa gradazione alcolica rendendolo adatto alle esigenze di consumo attuali.

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gnocchi di patate al raschera e castelmagno

I SAPORI DEL TERRITORIO

Uno chef dallo straordinario talento che farà parlare molto di sé. Piacevole scoperta di Paolo Massobrio, oggi Umberto Ferrondi gestisce, con la sua fami-glia, un ristorante che si distingue per l’assoluta qualità dei prodotti cucinati. Forte di esperienze maturate in ristoranti di alto livello e grazie all’innata

passione e determinazione, Umberto ha quell’abilità propria dei grandi professionisti che fa risaltare, con estro e fantasia, il gusto ed i sapori più raffinati. Prodotti selezionati rigorosamente per qualità e provenienza, come le patate di Valdieri utilizzate nella ricetta presentata. Dalle carni alle verdure, ogni piatto segue la cadenza delle stagioni, proponendo il meglio della tradizione legata al territorio. Nelle sue proposte non manca il pesce, scelto personalmente in Liguria. La carta dei vini spazia dalle etichette internazionali ai locali emergenti. Sempre, la cura meticolosa del particolare ed un’accoglienza familiare, come quella che si riserva ai migliori amici.

a cura di Umberto Ferrondi

Ingredienti per 6 persone:Per gli gnocchi:1,3Kg di patate, 300gr di farina, 2 tuorli, sale q.b.Per il condimento: 200gr di Raschera D.O.P., 60gr di Castelmagno grattuggiato, 200gr di pan-na liquida.

Preparazione:Fate bollire le patate in acqua salata per circa 30/40 minuti, poi le pelate e le schiacciate con lo schiacciapatate o con un passaverdure. Lasciate raffreddare il composto. Sulla spianatoia dispo-nete la farina a fontana, unite la passata di patate e i tuorli, salate q.b. e impastate. Cospargete di farina la spianatoia e con l’impasto così ottenuto fate tanti serpentelli, grossi circa 1 cm. Tagliateli a tronchetti di circa 1,5 cm. di lunghezza quindi, se volete, servendovi dei rebbi di una forchetta, confezionate gli gnocchi, cavi all’interno per via della pressione del pollice e decorati sul dorso. Lasciateli riposare e asciu-gare. Nel frattempo mettete il Raschera e il Ca-stelmagno grattuggiato grossolanamente in una padella, quindi versate la panna e fate fondere i formaggi a fiamma debole, eventualmente in un pentolino a bagnomaria.

Locanda del ProfVia Bra, 3312062 Cherasco - Fraz Roreto (CN)Tel. +39 0172 495136Pranzo nei giorni feriali solo su preno-tazione. Chiuso la domenica sera e il lunedì tutto il giornowww.locandadelprof.it

Preparate sul fuoco una pentola con abbondante acqua salata. Quando inizierà a bollire aggiungete un cucchia-io d’olio extravergine d’oliva e buttate gli gnoc-chi. Scolateli appena vengono a galla e saltateli in padella con la crema di formaggi fusi; appena il tempo di condirli a dovere, aggiungendo dell’ac-qua di cottura se paiono troppo asciutti, quindi impiattate e serviteli caldissimi. Potete abbinare, a vostro piacimento, una spolve-rata di pepe macinato sul momento e del Castel-magno grattugiato.

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a cura di Dr. Cesare Schiaparelli

la nuova luceCOME L’INNOVAZIONE SALVA PASSATO E FUTURO

Design accattivante, illuminazione efficace, abbattimento dei costi di manutenzione,

maggiore durata e minor numero di rifiuti pro-dotti: ecco spiegato in breve il risultato della nuova tecnologia a LED (Light Emitting Dio-de), un’innovazione sviluppata negli ultimi anni grazie ad una costante ricerca ed un’incessante attenzione alle esigenze di risparmio di privati ed aziende che si impone oggi sul mercato come il sistema illuminante alternativo per eccellenza.Il LED insomma è una delle proposte più pro-mettenti di quel futuro che è già diventato presente. Purtroppo in Piemonte ancora pochi sanno che il nuovo sistema, basato su questa tecnologia, consente una riduzione dei consumi davvero sorprendente con un riscontro positivo già alla prima bolletta elettrica. Ma già in diversi esercizi commerciali della Granda sono stati ef-fettuati interventi, rapidi e senza modifiche agli

impianti esistenti, che hanno consentito una ri-duzione dei consumi del 90%. La tecnologia LED, tecnicamente, va a sostituire il tradizionale filamento di tungsteno presente nelle nostre vecchie lampadine con diodi al sili-cio opportunamente trattati che, non bruciando, emettono pochissimo calore e non raggi UV, mantenendo allo stesso tempo un rendimento luminoso uguale o migliore rispetto alla luce tra-dizionale.La durata del LED è inoltre preventivata in un numero di ore pari a 5/10 volte quella delle analoghe lampade ad incandescenza, riducendo quindi il consumo di materiale e la manutenzio-ne. Sono stati infatti recentemente installati, per l’illuminazione pubblica, dove l’incidenza della manutenzione rappresenta una voce importan-te, dei nuovissimi lampioni che producono la stessa luce di quelli da 150W con un consumo

SoleambienteVia Trento e Trieste, 6 - Bra (Cn)Tel 0+39 172 430481www.soleambiente.com

di circa 35W, ovviamente con una durata molto superiore. Questo nuovo sistema di illuminazione, infine, è particolarmente adatto per settori in cui certe caratteristiche, come l’assenza di emissione di raggi UV e di calore, sono determinanti. È il caso delle esposizioni di opere d’arte e reperti arche-ologici. Musei e gallerie se ne stanno interessan-do sempre più, primo fra tutti il Museo Egizio di Torino dove da poco è terminato l’allestimento di una sala contenente undici teche di reperti proprio con questa illuminazione. Un esempio affascinante di come modernità ed innovazione possano sposare una storia antica e millenaria preservandola per gli anni a venire.In ultimo anche gli esercizi commerciali che han-no l’esigenza di illuminare gioielli, oggetti delica-ti, tessuti, prodotti tipici e quindi alterabili con il calore, possono oggi godere appieno dei vantag-gi che questa illuminazione permette. Ovviame-ne anche per gli uffici, le aziende produttive e di sevizi esiste una vasta gamma di articoli sia per l’interno che per l’esterno. Il mondo nel quale viviamo si sta rapidamente evolvendo e questa nuova luce, potente e sicu-ra consentirà davvero di metterci in condizione di preservare il futuro dallo spreco di energia e dall’inquinamento.

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a cura di Guido Testa – Promotore Finanziario

dott. Guido Testapromotore finanziarioe–mail:[email protected]

corsa all’oroLA CRISI INTERNAZIONALE DIROTTA IL MERCATO VERSO UNA NUOVA

La crisi finanziaria che si è abbattuta sull’eco-nomia mondiale, dimezzando il valore di

molte società, specie nel settore bancario, ha innescato un fuggi fuggi generale dai tradizionali strumenti di investimento, dirottando grandi e piccoli investitori verso un mercato che anni fa non era più appetibile, ma che oggi riscopre una nuova giovinezza: l’oro. Considerato da sempre il bene rifugio per eccellenza, ha registrato nel 2010 un aumento dei prezzi del 25%.La definizione di bene rifugio deriva proprio dal fatto che l’oro non è direttamente influenzato dalle politiche economiche di ogni singolo paese e non può essere “ripudiato o congelato” come nel caso dei titoli cartacei (vedi Bond). Ecco perché un quarto della riserva aurea mondiale è detenuta dai governi, dalle banche centrali o da altre istituzioni ufficiali sotto forma di riserve monetarie internazionali.L’oro ha mantenuto il proprio valore rispetto al tasso d’inflazione americano negli ultimi 200 anni, questo vuol dire, ad esempio, che un abito da uomo del 16mo secolo al tempo di Re Enri-co VIII, in Inghilterra, costava l’equivalente di un’oncia d’oro, in linea con prezzo che si può pagare oggi per un abito moderno.Gli investimenti globali in oro nel secondo trime-stre del 2010 sono aumentati del 118% arrivando a quota 40 miliardi di dollari, di cui la metà circa è rappresentata da fondi di investimento, legati all’andamento della quotazione.Ma non è soltanto la domanda di «oro di carta» a crescere. Negli ultimi mesi, a testimonianza dell’incertezza che ancora prevale sui mercati, si registra una crescita della domanda di oro fisi-co da investimento. Lingotti di varia pezzatura e monete auree da tenere in cassetta di sicurezza rappresentano il massimo dell’investimento ri-

fugio perché tutela dal cosiddetto «rischio con-troparte». Questo sta succedendo anche in Italia dove diversi grossisti stanno iniziando a vendere anche a privati lingotti a 24 carati, il cosiddetto oro fisico da investimento.Tutto questo però porta con sé un problema proprio per la nostra economia già sofferente: se da una parte l’oro per l’investitore è un’ottima alternativa ai soliti investimenti, dall’altra l’inve-stimento in oro fisico è un’operazione sterile, non produttiva. Quando si investe in azioni si acquista una parte di capitale di una società, o con le obbligazioni si finanzia una società o uno stato, mentre acqui-stando oro fisico non si finanzia nulla, non si crea occupazione e non si favorisce certo lo sviluppo dell’economia. Questo però non ferma la nuova corsa all’oro che stiamo vivendo e tanto meno ferma gli speculatori finanziari, che grazie a que-ste oscillazioni e all’innalzamento vertiginoso dei prezzi, riescono ad ottenere guadagni enormi.

Tra questi, chi ha visto nell’oro una grande op-portunità è il Vaticano che, lasciati da parte nel 2007 investimenti in azioni e bond, ha investito proprio in quell’anno un miliardo di euro in oro, portando a casa in questi anni un guadagno “mi-racoloso”. L’intuizione di alleggerire gli investi-menti nei mercati finanziari classici per investire in oro non si può dire che non sia stata una scelta provvidenziale, vedendo poi la crisi che si è ab-battuta su tutte le borse mondiali. Ma la chiesa si sa, con la provvidenza ci sa fare...

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viva la neveabbasso il freddo

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La moda incarna il sogno: estetica,

fascino e desiderio per abiti che

ci fanno volare con la fantasia

mettendo in scena il personaggio che è in noi.

Se gli abiti sono come libri aperti in cui è scritto

chi siamo, queste sono le pagine

che anticipano chi saremo

nella nuova stagione

che sta arrivando...

sogni edesideri

Servizio realizzato a cura dell’Accademia Belle Arti di Cuneo

Stylist: Annamaria Orzi LucchiniGraphic: Martina Giudice

Photo: Daniele Molineris

DI ANNAMARIA ORZI LUCCHINI

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FASHION ADRESSBotta & B. - C.so Nizza, 1 – Cuneo Bruna Rosso – C.so Nizza, 36 – CuneoCarillon – Via F. Cavallotti, 4 – Cuneo Delfi – C.so Nizza, 36 – Cuneo Il Bagaglio – Via F. Cavallotti, 5 – Cuneo Isoardi – C.so Nizza, 9 – Cuneo

Abito uomo in fresco di lana, camicia in cotone, cravatta in seta

DOLCE & GABBANACintura in pellePRADAScarpeDOLCE & GABBANA

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Abito in seta, giacca e scarpe

DOLCE & GABBANA- Bruna Rosso -

Abito in crêpe di lanaGIORGIO ARMANI

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Nutriamo il vostro Amore

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Più avanti nel pet food

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comunicazione del venditore.Non di rado accade che si proceda all’aliena-zione dei terreni senza il rispetto del diritto di prelazione agraria, ovvero senza fare la prescritta notifica, oppure quando il prezzo in essa indica-to è superiore a quello risultante nell’effettivo contratto di compravendita stipulato con un terzo soggetto non prelazionario. In tali casi l’avente diritto alla prelazione potrà rivolgersi al Giudice ordinario al fine di ottenere il riscatto del terreno compravenduto, entro un anno dalla trascrizione nei registri immobiliari del contratto di vendita del fondo effettuato senza rispettare i diritti del prelazionario.Qualora si verifichi tale ipotesi il Giudice emette-rà una sentenza dichiarativa dei diritti del coltiva-tore pretermesso – ovvero colui nei cui confron-ti non siano state rispettati gli obblighi di notifica previsti dalla prelazione agraria – attribuendo allo stesso il diritto ad essere preferito nella ven-dita ed avrà effetti obbligatori nei suoi confronti, poiché lo obbligherà a versare il prezzo pagato nella vendita, dalla quale era stato escluso, nel termine stabilito dalla legge. In tal modo si perfezionerà – forzatamente – la piena tutela degli interessi tutelati dalla prelazio-ne agraria ed il medesimo diventerà legittimo proprietario del fondo.

a cura di Alessandro Parola – Avvocato

la prelazione agrariaAGRICOLTURA, LA TUTELA DELL’AFFITTUARIO DEL FONDO E DEI CONFINANTI

La Provincia di Cuneo costituisce, in termi-ni di produzione agricola, una realtà di as-

soluta eccellenza, sia in termini di qualità del prodotto che di superfici coltivate. L’agricoltura provinciale rappresenta infatti il 3% della pro-duzione nazionale ed il 38 % di quella regiona-le, un vero e proprio “motore” per l’economia della “Granda”.Nell’assetto normativo predisposto dal legisla-tore a sostegno dell’impresa agricola, uno degli interventi più importanti riguarda la prelazio-ne agraria, un meccanismo introdotto dalla L. 590/1965 e dalla L. 817/71.Per un inquadramento generale della prelazione occorre considerare che essa consiste nel dirit-to di essere preferiti ad altri, a parità di offerta economica effettuata per l’acquisto, quando il proprietario di un bene decida di venderlo.La prelazione agraria – ovvero il diritto di prela-zione che la Legge riconosce a chi svolge attività agricola – spetta anzitutto al coltivatore diretto (o società agricola in cui almeno la metà dei soci sia coltivatore diretto) che conduce in affitto, da almeno due anni, il terreno offerto in vendita (art. 8 della legge 590/1965). Se invece il terreno non è affittato a un coltiva-tore diretto (o società agricola), hanno diritto di prelazione i coltivatori diretti (o società agrico-le in cui almeno la metà dei soci sia coltivatore diretto) proprietari di terreni confinanti (art. 7 della legge 817/1971). La ratio sottesa alla norma, ovvero il fine che essa si prefigge, è quello di favorire l’acquisto dei terreni agricoli da parte di chi effettivamen-te li coltiva per realizzare la promozione della proprietà contadina, e quindi della produzione agricola, mediante la tutela ed il consolidamento della stessa.

In virtù di tale scopo, il diritto di prelazione è strettamente connesso all’attività agricola in senso stretto ed è quindi, a titolo di esempio, espressamente escluso quando il terreno si trovi in una zona edificabile, anche se soltanto in base ad un piano regolatore adottato ma non ancora definitivamente approvato.I requisiti per poter vantare il cosiddetto diritto di prelazione sono sostanzialmente tre:a) l’interessato deve coltivare il fondo da almeno 2 anni;b) non deve aver venduto nei 2 anni precedenti altri fondi rustici, salvo in caso di cessione a sco-po di ricomposizione fondiaria;c) il fondo da acquisire, eventualmente in ag-giunta ad altri già posseduti, non deve superare il triplo della superficie corrispondente alla capa-cità lavorativa della sua famiglia.I principi cui il proprietario del fondo (il vendi-tore) deve attenersi per ottemperare agli obbli-ghi imposti dalla Legge sulla prelazione agraria, nel momento in cui lo stesso decide di aliena-re, sono sostanzialmente di ordine formale. Il venditore deve infatti provvedere ad effettuare la cosiddetta “denuntiatio”, ovvero l’invio a chi conduce in affitto il terreno o al coltivatore confi-nante – i due soggetti indicati dalla legge come i beneficiari della prelazione agraria – una propo-sta formale, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, contenente il nome dell’acquirente, il prezzo di vendita, e le modalità di pagamen-to. L’avente diritto potrà esercitare il diritto di prelazione entro 30 giorni dalla data del ricevi-mento della comunicazione del venditore, mani-festando formalmente al proprietario del fondo la propria volontà di procedere all’acquisto del terreno ed impegnandosi a versare il prezzo per l’acquisto entro 90 giorni dal ricevimento della

Studio Legale PAROLA – MARABOTTO – QUARANTA Corso Nizza 18, 12100 CuneoTel. e fax +39 0171 692855Mobile +39 338 7339360E–mail: [email protected]

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a cura di Gianluca Pasquale – Dottore Commercialista e Revisore Contabile

antiriciclaggio e sanzioniQUALI SONO LE SANZIONI APPLICABILI IN CASO DI VIOLAZIONE DELLA NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI LIMITAZIONE ALL’UTILIZZO DEL DENARO CONTANTE E TITOLI AL PORTATORE?

L’art. 20 del D.L. 78/2010 ha modificato gli artt. 49 e 58 del D.Lgs. 231/2007 apportan-

do sostanziali limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore e modificando, altresì, le sanzioni applicabili in caso di violazione della relativa normativa.

Per tutti i trasferimenti di importo compreso tra 5.000 e 50.000 euro, avvenuti in violazione dei commi 1, 5, 6 e 7 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007 (disposizioni in materia di DENARO CONTANTE, ASSEGNI BANCARI E CIRCOLA-RI, VAGLIA POSTALI E CAMBIARI) la sanzione minima dell’1% non può comunque essere infe-riore a 3.000 euro.Con riferimento agli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente (comma 6, art. 49 D.Lgs. 231/2007) si ricorda che possono essere girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.a. e non possono circolare, ciò anche per importi inferiori a 5.000 euro. Per-tanto, se è trasferito un assegno bancario emesso all’ordine del traente per l’importo di 1.000 euro, risulta comunque applicabile la sanzione minima di 3.000 euro.Se i trasferimenti in violazione delle norme anti-riciclaggio sono invece di importo superiore a

50.000 euro si applica una sanzione compresa tra il 5% ed il 40% dell’importo trasferito, fer-mo restando l’importo minimo della sanzione di 3.000 euro.Esemplificando:• per il trasferimento di un assegno bancario

Studio PasqualeCuneoe–mail: [email protected]

di 55.000 euro, privo della clausola di non tra-sferibilità, risulta applicabile la sanzione minima prevista di 3.000 euro (il 5% dell’importo pari a 2.750 euro non sarebbe applicabile in quanto al di sotto della sanzione minima);• per il trasferimento di un assegno bancario di 100.000 euro, privo della clausola di non trasfe-ribilità, applicando la sanzione minima del 5% la somma da pagare risulterebbe di 5.000 euro;Ferma la sanzione minima di 3.000,00 euro, con riguardo ai LIBRETTI DI DEPOSITO BANCARI O POSTALI AL PORTATORE con saldo superio-re a 50.000,00 euro, le sanzioni minima e massi-ma sono aumentate del 50%. Quindi, si applica la sanzione dal 20% al 40% del saldo ove questo sia compreso tra 5.000 e 50.000 euro e la san-zione dal 30% al 60% del saldo ove questo sia superiore a 50.000 euro.Qualora non si adempia alla prescrizione di estinguere i libretti con saldo superiore ai limiti

(o di ridurre nei limiti stabiliti il saldo) entro il 30.6.2011, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria dal 10% al 20% del saldo, nel caso in cui esso sia compreso tra 5.000,00 e 50.000 euro, e dal 15% al 30% del saldo, nel caso in cui esso sia superiore a 50.000 euro.In ultimo, si rammenta che è vietato il trasfe-rimento di denaro contante per importi pari o superiori a 2.000 euro, effettuato per il tra-mite degli esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento nella forma dell’incasso e trasferimento dei fondi, limitatamente alle operazioni per le quali si avvalgono di agenti in attività finanziaria (MONEY TRANSFER). Tale divieto non si applica quando il soggetto che ordina l’operazione consegna all’intermediario copia della documentazione idonea ad attestare la congruità dell’operazione rispetto al profilo economico dello stesso ordinante. Il divieto non si applica altresì nei confronti delle transazioni eseguite tramite moneta elettronica.La violazione di tali prescrizioni è punita con la sanzione amministrativa pecu niaria dal 20% al 40% dell’importo trasferito, ove tale importo sia pari o inferiore a 50.000 euro. Nel caso di im-porti trasferiti superiori a 50.000 euro, invece, la sanzione varia dal 30% al 60% degli importi medesimi (cfr. il combinato disposto degli art. 58 co. 4 del DLgs. 231/2007 e 20 co. 2 lett. b) del DL 78/2010).

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mente da Odette, ma è troppo tardi. Ora solo la morte può liberare la fanciulla dall’incantesi-mo e i due innamorati, incapaci di sopportare il pensiero della separazione, decidono di affogare insieme nel lago.L’esecuzione che propongo di ascoltare e vede-re è stata ripresa durante la rappresentazione all’Opera di Vienna del 15 ottobre 1966 con pro-tagonisti due vere icone del balletto classico: Ru-dolf Nureyev e Margot Fonteyn, ballerini che hanno reso unica ed indimenticabile quest’ope-ra già dalla prima esecuzione, il 15 ottobre 1964, con 89 chiamate a fine rappresentazione, record assoluto in oltre tre secoli di storia del teatro viennese. Nureyev nacque in Russia nel 1938. A causa dello sconvolgimento della vita culturale russa dopo la Seconda Guerra mondiale, non potè entrare in una scuola di danza fino al 1955, quando iniziò gli studi all’Accademia di ballo Vaganova, aggregata al famosissimo Kirov di Le-ningrado. Nonostante l’età avanzata per un bal-lerino principiante, il suo talento fu subito rico-nosciuto, ma il suo carattere veramente difficile non lo aiutò mai nella carriera. Nel 1961, durante una tournée a Parigi, Nureyev decise di non tornare in patria chiedendo asilo politico alle autorità francesi. Nello stesso periodo incontrò Margot Fonteyn, 20 anni più grande di lui, una delle migliori ballerine inglesi del suo tempo; nacque così la più grande coppia del secolo, che in pochi anni conquistò il mondo intero. Le loro interpretazioni trasformarono per sempre ballet-ti primari del repertorio classico come il “Lago dei Cigni” e “Giselle”. Anche lei portava in sé qualcosa di magico che la rendeva unica sul pal-coscenico: lirismo, grazia musicalità ed una pas-sione travolgente. Quando si ammalò di cancro Nureyev le stette molto vicino, nonostante i suoi

a cura di Paolo Monnetti

Il Lago dei CigniL’OPERA PIÙ CELEBRE DEL REPERTORIO DI CIAIKOVSKI

Nel repertorio del balletto classico l’opera più celebre forse è “Il lago dei cigni” di

Ciaikovski. Compositore russo ottocentesco, fra i più conosciuti dal pubblico, riflette nella musi-ca la sua personalità: carattere fragile e un cupo pessimismo che lo portarono, più di una volta, ad un passo dal suicidio. Il suo repertorio conta innumerevoli opere musicali fra cui tre famosi balletti: “Il Lago dei Cigni”, “La Bella Addormen-tata” e “Lo Schiaccianoci”, entrati nel repertorio stabile delle compagnie di danza di ogni epoca. Al tempo in cui fu composto il Lago dei Cigni (1876) i balletti non seguivano ancora un vero e proprio filo narrativo: un racconto introduttivo legava diverse coreografie basate sulla musica che aveva una funzione di puro accompagna-mento. Ciaikovski compose una partitura che si staccava nettamente dalla tradizione, ma il core-ografo ed il direttore d’orchestra la giudicarono troppo “sinfonica” e ne stralciarono ampie parti sostituendole con scene prese da altri balletti. Il risultato fu un gran disordine e l’opera venne eliminata dal cartellone molto presto. Soltanto diciassette anni dopo ricomparve sulle scene, quando il compositore era già scomparso, decre-tandone, questa volta, un successo strepitoso.Il balletto racconta la storia di un principe, Sieg-fried innamorato di Odette, una fanciulla vittima di un incantesimo che di giorno la trasforma in cigno, rendendola visibile nel suo aspetto uma-no soltanto la notte. L’uomo, con il suo amore, riesce a liberarla dal sortilegio e durante un son-tuoso ballo può finalmente annunciare il loro fidanzamento. Ma il malvagio mago sostituisce la fanciulla con la propria figlia, Odile, facendo-le prendere le sue sembianze. Siegfried, ignaro di tutto, giura così eterno amore alla ragazza sbagliata. Scoperto l’inganno fugge immediata-

numerosi impegni di lavoro, aiutandola anche fi-nanziariamente. Il talento, la bellezza e il fascino del ballerino gli fecero perdonare molte cose, ma nemmeno la fama riuscì a migliorare il suo temperamento. Notoriamente impulsivo e poco tollerante verso le regole, le limitazioni e l’ordine gerarchico, fu definito la Callas della danza, per il suo carisma e la sua capacità di essere l’unico protagonista nell’arte e nella vita. All’inevitabile declino fisico si accompagnò anche una terribile malattia, l’AIDS, che non volle mai riconoscere ed ammettere, rifiutando qualsiasi cura dispo-nibile in quel momento, morendo a Parigi il 6 gennaio 1993 all’età di 54 anni. In questa rappre-sentazione Nureyev ha curato personalmente la coreografia accentuando il carattere tragico di Siegfried. Egli rivela qui quel lato tipico dell’ani-mo russo incline al pessimismo che sembra qua-si aspirare alla morte, esaltato nel finale che mo-difica volontariamente: soltanto Siegfried, l’eroe tragico, è sommerso dai flutti del lago diventati tumultuosi per opera del malvagio mago Rot-bart. Odette, nuovamente trasformata per sem-pre in cigno insieme alle sue compagne, sparisce lentamente dalla scena, scivolando sulle acque sotto lo sguardo di Siegfried morente.

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mia di Massimo Camia, è stata accompagnata dai grandi vini di Ceretto, ambasciatori delle langhe in tutto il mondo con la loro cultura enologica e dalla grande torta di compleanno di Spumiglia, un vero capolavoro di bontà e bellezza. Il pubblico ha potuto ammirare e toccare con mano i capi di Owl Sport di Limone P.te, con le migliori firme nell’abbi-gliamento sportivo tecnico da sci e da mon-tagna. La moda femminile più attuale è stata presentata da Nodà, punto di riferimento per chi ama vestire con gusto giovanile e grinto-so, rigorosamente Made in Italy. Il look delle

[unico]mpleannoL’ESCLUSIVO “G-ZERO DI MASSIMO CAMIA” A LIMONE P.TE HA OSPITATO IL PRIMO

É stato un evento grandioso, ospiti del nuo-vo ed esclusivo “G-Zero di Massimo Ca-

mia” a Limone Piemonte, con un parterre di personalità importanti provenienti da tutta la provincia ed oltre, tutti insieme per festeggia-re il primo compleanno di [UNICO]. Madrina dell’evento è stata la travolgente Gabriella Giordano (ex “voce” di RadioMonteCarlo) che ha condotto la serata in un susseguirsi di defilè di moda, gioielli e pellicce, un vero e proprio “tuffo nel vivo” delle pagine del giornale che hanno preso vita, animandosi, in un coinvolgimento completo. L’alta gastrono-

modelle è stato creato dalla equipe cuneese BN1 di Nathalie Beautèe: una professionali-tà che esalta la personalità di chi non ricerca solo apparenza ma l’affermazione del proprio essere. Il sogno è continuato con i gioielli di Boite d’Or, creazioni uniche per valorizzare la femminilità e le pellicce di Brancaccio: mo-delli esclusivi in chinchillà, zibellino e visone. All’ingresso del locale la nuova Giulietta Alfa Romeo, nuova entrata nella scuderia delle grandi marche proposte dalla concessionaria Gino spa e le sculture di Ferviva che interpre-tano e trasformano semplici rottami in opere

Massimo Camia La sfilata di Owl abbigliamento sportivo

I gioielli di Boîte d’orRoberto AudisioAlessio Botto

I prodotti delle Terme Reali di Valdieri Pietromaria Brunetti Alessandro Gino

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photo: Daniele Molineris

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animate dalla personalità di Valerio Pellegri-no, hanno attirato l’attenzione del pubblico, omaggiato con un cofanetto di prodotti Alga-val delle Terme Reali di Valdieri. Dopo i saluti ed i ringraziamenti dell’editore Alessio Botto e del direttore artistico Roberto Audisio la se-rata è proseguita con l’animazione e la musica di DJ-Ice ripresa dalle telecamere di Riccardo Lavezzo produzioni video.

Valerio Pellegrino e Gabriella Giordano I gioielli di Boîte d’or Abbigliamento Nodà, acconciature BN1 di Nathalie Beautèe

Fabrizio Zucchi e Sergio TrossarelloPietro Cavallo e Paola Grasso

La torta di Spumiglia Gabriella Giordano e Marco Cozzo Abbigliamento Nodà - set Tomatis Arredamento

Liliana Allena, Fausto Perletto, Alessio Toselli

Le pellicce di Brancaccio

Barolo Zonchera - Ceretto

Panca Technog ym e Owl Abbigliamento

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Vittoria azzurra anche nel primo gigante di Coppa Europa Femminile in cui vince Lisa Magdalena Agerer, che dopo il successo in Norvegia sale anche sul podio di Limone.“La pista ha retto in modo esemplare - confer-ma Guido Botto, presidente dello Sporting Ri-serva Bianca - grazie al lavoro di tutto lo staff, e siamo assolutamente soddisfatti dei risultati degli atleti italiani. Evidentemente Limone Piemonte porta bene alla nazionale”.

emozioni sulla neveA LIMONE LO SPETTACOLO DELLO SCI

Ancora una volta Limone Piemonte è stata protagonista, a dicembre, nel panorama

internazionale degli sport invernali, prima con la Coppa del Mondo di Snowboard e poi con la Coppa Europa Femminile di sci alpino.Le vie del centro del paese sono diventate così la passerella per le sfilate di atleti e campioni intervenuti alle suggestive cerimonie ufficiali di premiazione, insieme ad ospiti, cantanti ed artisti vari. Nel mezzo tante iniziative collate-rali per gli appassionati, da spettacoli musicali ed esibizioni di danza, al chocolate party, con un pubblico sempre caloroso.Sulla pista “Marchetto Gorba” a Limone Quo-ta 1400 nel week-end del 10-12 è stato un grande successo italiano con una doppietta azzurra (e sudtirolese) nello slalom di Coppa del Mondo di snowboard vinta da Roland Fi-schnaller, secondo Aaron March. Quarta fra le donne la friulana Corinna Boccacini.

photo: Press office Riserva Bianca e Daniele Molineris

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il meglio del repertorio internazionale e nata-lizio del cantante. Dopo il concerto, nel foyer del teatro, ospiti e pubblico si sono ritrovati al buffet fra assaggi di gastronomia e calici di vino per brindare al nuovo anno: “Un anno che sarà ancora una volta all’insegna dell’operatività e della voglia di uscire da questo momento di crisi generale, una sfida per il futuro che deve essere vinta” come augura Nicoletta Miroglio.

time to swingAnche quest’anno Confindustria Cuneo ha

regalato ai propri associati un concerto per augurare buone feste, invitando sul palco del Teatro Toselli di Cuneo Matteo Brancaleoni e la sua band: un artista che ha conquistato il pubblico del jazz e del swing internazionale, tanto da essere soprannominato il Frank Si-natra italiano. I saluti e gli auguri di Nicoletta Miroglio, presidente di Confindustria Cuneo, hanno aperto la serata che è proseguita con

GLI AUGURI DI BUON ANNO DI CONFINDUSTRIA CUNEO photo: Oscar Bernelli

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Giuliana Cirio e Luigi Asteggiano

Roberto Audisio e Matteo Brancaleoni

Lo Show al Teatro Toselli

Lo Show al Teatro Toselli Matteo Brancaleoni

Nicoletta Miroglio

La platea del Teatro

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L’AEROPORTOL’Aeroporto di Torino, di cui SAGAT è la società di gestione, dispone di un complesso infrastrutturale moderno e confortevole in grado di offrire servizi vantaggiosi ai propri utenti.I collegamenti con i principali hub europei di Amsterdam, Bruxelles, Francoforte,Istanbul, Londra, Madrid, Monaco, Mosca, Parigi e Roma consentono di raggiungere qualunque destinazione nel mondo tramite scalo intermedio. L’offerta di voli low cost sullo scalo oggi ha raggiunto circa il 30%.La rete dei collegamenti vi permette di raggiungere le più importanti città italiane e d’Europa con pratiche coincidenze con il resto del mon-do. Completano il network le principali compagnie charter e tour operator che offrono servizi per raggiungere le mete di vacanza in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente.L’Aeroporto di Torino è situato al centro di un’importante rete di vie di comunicazione che lo rendono comodamente raggiungibile.Un servizio di trasporto pubblico, bus e treno, collega lo scalo con le principali stazioni ferroviarie di Torino e con il centro città.Durante la stagione invernale sono programmati collegamenti autobus verso le principali località montane e sciistiche del Piemonte, in par-tenza dal terminal bus situato accanto al parcheggio multipiano di fronte all’aerostazione.La comoda superstrada connessa con la tangenziale e la rete autostradale consente di raggiungere direttamente le più importanti città del Piemonte, del nord Italia e del sud della Francia. A meno di due ore d’auto dall’aeroporto si possono raggiungere le principali località monta-ne e sciistiche, i punti di maggior interesse storico ed enogastronomico del Piemonte e le vicine località marine della Liguria.Dopo i riconoscimenti in campo internazionale, ACI Europe - Best Airport Awards 2007 e 2008, l’Aeroporto di Torino ha ottenuto nel 2009 la Certificazione ISO 9001/2008, a conferma dell’impegno della SAGAT nell’assicurare ai passeggeri e alle imprese servizi efficienti e di qualità.

NUMERI UTILIInformazioni Voli (orario 06.00-23.00) tel. 011.5676361/2Biglietteria Aerea (orario 05.30-20.30) tel. 011.5676373Bagagli Smarriti SAGAT Handling (orario 08.00-24.00) tel.  011.5676200 Consegna 09.00-12.00 / 14.00-21.00Bagagli Smarriti Aviapartner* (orario 08.00-24.00) tel. 011.5676785 Consegna 09.00-13.00 / 15.00-22.00* solo per: Air France, Brussels Airlines, Lufthansa, RAM

Sala Riservata 06.00-20.00 tel. 011.5676535Sala Riservata Air One 05.00-21.00 tel. 011.5676618Sala Riservata Alitalia 05.30-21.00 tel. 011.5676538

Ufficio Merci   tel. 011.5676310/1Parcheggio Multipiano   tel. 011.5676361/2 Infermeria H24   tel. 011.5676205

Segreteria Generale SAGAT   tel. 011.5676378 Ufficio stampa SAGAT tel.011 5676356Oggetti Smarriti tel. 011.5676473Business Centre tel. 011.5678345Informazioni Turistiche (09.00-20.00) tel. 011.535181

COLLEGAMENTI da e per L’AEROPORTOLo scalo dista 16 chilometri dal centro di Torino a cui è collegato da un’efficiente rete di servizi e da una superstrada collegata alla tangenziale ed alla rete autostradale.Informazioni:Autolinee SADEM Torino-Aeroporto tel. 011.3000611Autolinee SAVDA Aosta-Aeroporto tel. 0165.262027Collegamento ferroviario GTT Torino - Aeroporto tel. 011.2165352CTA - Noleggio con conducente tel. 011.9963090Taxi (all’uscita del livello ARRIVI) tel. 011.5730-5737-3399Terravision - Shuttle Service tel. +44.1279.662931 - 346/7206199

AUTONOLEGGI:Auto Europa, AVIS, Budget, Europcar, Grimaldi Autonoleggio, Hertz, LocautoRent, Maggiore/Rent, Sixt-Win Rent, Targarent

AVIAZIONE GENERALEEsair, Turin Flying Handler

COMPAGNIE AEREEAir Dolomiti, Air France, Air Italy, Air Malta, Albanian Airlines, Alitalia, Blu-Express.com, British Airways, Brussels Airlines, Carpatair, Darwin Airline, Iberia, LOT - Polish Airlines, Lufthansa, Luxair, Meridiana, Royal Air Maroc, Ryanair, Wind Jet

HANDLERAviapartner, SAGAT Handling Spa

photo: beppe miglietti

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L’AEROPORTOL’Aeroporto di Torino, di cui SAGAT è la società di gestione, dispone di un complesso infrastrutturale moderno e confortevole in grado di offrire servizi vantaggiosi ai propri utenti.I collegamenti con i principali hub europei di Amsterdam, Bruxelles, Francoforte,Istanbul, Londra, Madrid, Monaco, Mosca, Parigi e Roma consentono di raggiungere qualunque destinazione nel mondo tramite scalo intermedio. L’offerta di voli low cost sullo scalo oggi ha raggiunto circa il 30%.La rete dei collegamenti vi permette di raggiungere le più importanti città italiane e d’Europa con pratiche coincidenze con il resto del mon-do. Completano il network le principali compagnie charter e tour operator che offrono servizi per raggiungere le mete di vacanza in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente.L’Aeroporto di Torino è situato al centro di un’importante rete di vie di comunicazione che lo rendono comodamente raggiungibile.Un servizio di trasporto pubblico, bus e treno, collega lo scalo con le principali stazioni ferroviarie di Torino e con il centro città.Durante la stagione invernale sono programmati collegamenti autobus verso le principali località montane e sciistiche del Piemonte, in par-tenza dal terminal bus situato accanto al parcheggio multipiano di fronte all’aerostazione.La comoda superstrada connessa con la tangenziale e la rete autostradale consente di raggiungere direttamente le più importanti città del Piemonte, del nord Italia e del sud della Francia. A meno di due ore d’auto dall’aeroporto si possono raggiungere le principali località monta-ne e sciistiche, i punti di maggior interesse storico ed enogastronomico del Piemonte e le vicine località marine della Liguria.Dopo i riconoscimenti in campo internazionale, ACI Europe - Best Airport Awards 2007 e 2008, l’Aeroporto di Torino ha ottenuto nel 2009 la Certificazione ISO 9001/2008, a conferma dell’impegno della SAGAT nell’assicurare ai passeggeri e alle imprese servizi efficienti e di qualità.

NUMERI UTILIInformazioni Voli (orario 06.00-23.00) tel. 011.5676361/2Biglietteria Aerea (orario 05.30-20.30) tel. 011.5676373Bagagli Smarriti SAGAT Handling (orario 08.00-24.00) tel.  011.5676200 Consegna 09.00-12.00 / 14.00-21.00Bagagli Smarriti Aviapartner* (orario 08.00-24.00) tel. 011.5676785 Consegna 09.00-13.00 / 15.00-22.00* solo per: Air France, Brussels Airlines, Lufthansa, RAM

Sala Riservata 06.00-20.00 tel. 011.5676535Sala Riservata Air One 05.00-21.00 tel. 011.5676618Sala Riservata Alitalia 05.30-21.00 tel. 011.5676538

Ufficio Merci   tel. 011.5676310/1Parcheggio Multipiano   tel. 011.5676361/2 Infermeria H24   tel. 011.5676205

Segreteria Generale SAGAT   tel. 011.5676378 Ufficio stampa SAGAT tel.011 5676356Oggetti Smarriti tel. 011.5676473Business Centre tel. 011.5678345Informazioni Turistiche (09.00-20.00) tel. 011.535181

COLLEGAMENTI da e per L’AEROPORTOLo scalo dista 16 chilometri dal centro di Torino a cui è collegato da un’efficiente rete di servizi e da una superstrada collegata alla tangenziale ed alla rete autostradale.Informazioni:Autolinee SADEM Torino-Aeroporto tel. 011.3000611Autolinee SAVDA Aosta-Aeroporto tel. 0165.262027Collegamento ferroviario GTT Torino - Aeroporto tel. 011.2165352CTA - Noleggio con conducente tel. 011.9963090Taxi (all’uscita del livello ARRIVI) tel. 011.5730-5737-3399Terravision - Shuttle Service tel. +44.1279.662931 - 346/7206199

AUTONOLEGGI:Auto Europa, AVIS, Budget, Europcar, Grimaldi Autonoleggio, Hertz, LocautoRent, Maggiore/Rent, Sixt-Win Rent, Targarent

AVIAZIONE GENERALEEsair, Turin Flying Handler

COMPAGNIE AEREEAir Dolomiti, Air France, Air Italy, Air Malta, Albanian Airlines, Alitalia, Blu-Express.com, British Airways, Brussels Airlines, Carpatair, Darwin Airline, Iberia, LOT - Polish Airlines, Lufthansa, Luxair, Meridiana, Royal Air Maroc, Ryanair, Wind Jet

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B.L. S.r.l. costruzioni in bioediliziaVia Roma, 27 – 12100 Cuneo (CN) - Tel. e Fax +39 0171 26.55.54

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The sick giantBy Gianni Scarpace – Pg. 10The Marian sanctuary constitutes a masterpiece of baroque Piedmont architecture. It is topped by the impressive drum supporting the largest frescoed elliptical cupola in Europe, work of the architect Fran-cesco Gallo, who built it in just 5 months (between June and October of 1731). This is where the gaze of thousands of visitors, who come to the Mongarelese area on specially organised tours, lingers the most. Joy and pain. There has been a renovation project for the Marian church on the cards for a while, but it has not yet been put into practice due to the lack of funding. The basilica, by the architect Francesco Gallo is a masterpiece of art and faith since 1729, it counts thousands of the faithful and devoted to the Madonna of Vico, and has been studied for years by Japanese engineers, experts in the seismic sector, who examined the building and discovered its hidden cracks. Everyone is intrigued by the strength of the monument and the cupola: 6032 metres, the largest existing single-theme fresco. The Turin and Mondovì Polytechnics, guided by the impetus of the Monregalese professor Sebastiano Sordo, have been monitoring the building for years. They have also asked their Asiatic colleagues to return to check the structural movements of the Sanctuary.Adjustment to the new seismic maps. Because of seismic rating of the area even a monument like the Sanctuary has had to heighten the level of attention paid to this aspect in structural renovation and re-pair work. The Sanctuary survived the earthquake of 1600 and the tremors of 1800, when the beautiful Missione church in Mondovì Piazza was damaged by the seismic activity. The problem is to find funding to finance continued research and repairs in order to be able to meet the criteria dictated by the new seismic maps. Repair work is costly, but here we are talking about an inestimable piece of historic and religious heritage. The “packaged” towers. Today one of the Vicoforte Sanctuary’s four towers is “wrapped” in scaffolding for conservational work on the exterior stone surfaces. The renovation work also involves the wood and tile roofs and iron fittings. These repairs have been made possible by a donation from the Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.The sanctuary welcomes photovoltaic power. The Sanctuary and its associated buildings will be powered by a ground standing photovoltaic system. The large (roughly 5000 square metres) hole being dug behind the basilica is where the plant, desired by the authorities, will be built. A 120 kilowatt power plant will be installed making the structure autonomous for its energy needs. The solar panels will be no higher than one metre, and environmental impact will be kept to a minimum.

Extraordinary construction siteBy Luca Morosi - Pg. 14Painters, sculptors, architects and artistic directors at work on the grand Savoyard sanctuary. Everything started with one of the little wayside shrines that are scattered over the Piedmont countryside. It was carelessly damaged by a hunter in the excitement of pursuing his prey. This at least is what handed down legend tells us. In this part of the Monregalese area, far from Turin but very important to the Dukes of Savoy, one of the most interesting episodes of artistic-architectural history in the area of Cuneo was to be played out: Charles Emmanuel I entrusted Ascanio Vitozzi with the task of realising a building capable of making a mark, a powerful mark, “of Roman greatness”, to celebrate and legitimise the bond between the ruling dynasty and the religiosity of the common people. In 1598 the architect initiated work on this impressive undertaking, but neither he nor the Duke would see the finished building: the former died in 1615 while the latter left the world in 1630. A period of stasis followed, during which work stopped, but in 1731 Francesco Gallo took the enterprise in hand: and it was he who designed and realised the most amazing and bold parts of the whole building, like the 74 metre high elliptical cupola, with a major diameter of over 36 meters and the minor one less than 25. This is the moment when the real “decorative epic” of the magnificent vault (covering more than six-thousand square metres) began. Many artists came and went, some because they were judged “not good enough” for the important commission, as was the case of Giuseppe and Nicola Dallamano, hired in 1735 but fired just a year later; or the “unfortunate” Pie-tro Antonio Pozzo, who was obliged to reimburse part of his fee for having disappointed expectations by painting profiles judged at the time to be “unworthy”. Once the frescoes by Pozzo were removed from the surface, the new decoration was entrusted to Giuseppe Galli Bibiena and Sebastiano Galeotti, both already employed at Court: the former lavished his attention on the perspective foundations of the surfaces, the other realised the acrobatic pirouettes and development of the figures resting on the clouds or hanging in mid-air. The frescoes in the cupola were finished by Giuseppe Galli Bibiena and Sebastiano Galeotti by 1752. Other artists were also involved in work on the building, such as Giovanni Paolo Rechi and Sebastia-no Taricco. Then, in the final stages of work, between 1748 and 1751, when the last finishing touches were being applied to the painted decoration, the engineer Gallo worked on designing the altar to be placed at the centre of the plan, adopting, with some variations, the open baldachin model illustrated by Andrea Pozzo in his Perspectiva pictorum et architectorum (1700, plate 75: “altare capriccioso” or whimsical altar).

The gastronomists forgeBy Riccardo Celi – Pg. 32In the “big province”, the calling of the countryside leans strongly towards food growing, and food is not only cultivated, but studied and taught. At the University of Gastronomic Science in Pollenzo. That this is not an improvised institute, but a true atheneum, is without doubt. It is enough know that the esteemed Slow Food label is one of the founders of the University of Gastronomic Science (USG - Università di Scien-ze Gastronomiche), but the certainty that this is a very particular atheneum is consolidated when visiting it and wandering amongst the lecture halls and various laboratories of the main site in Pollenzo, some of which look nothing like what you might expect of a traditional institute. Whatever, they really study food here, truly. And they are very strict about their studies. In addition to Slow Food, amongst the founders are the Regional Authorities of Piedmont and Emilia Romagna. This is a private institute, but legally reco-gnised by the Italian state and officially has the same status as the public universities, a number of which have now implemented courses in gastronomic science which teach some of the same subjects as at the USG. Nevertheless, in Pollenza they were the first to have the idea of starting an international institute

of learning and research geared towards developing and maintaining an organic relationship between gastronomy and agricultural science, while respecting biodiversity. For those who find these concepts a little difficult to digest, it is enough to say that the USG is the forge producing our future gastronomists. Be careful though: the term is not merely a synonym for “cook”. Its meaning is much wider and identifies professionals who are very different from one another, able to operate in the production and distribution of quality food products, but also to promote them and broadcast their values. As well as the degree course in “Promotion and management of gastronomic and touristic heritage”, the institute also offers a collec-tion of masters degrees, including “Food and Culture communication”. So, these halls of learning not only produce chefs, but also popularisers, journalists, marketing experts and business managers. A multidisciplinary Atheneum. The USG’s basic philosophy ranges across a wide front: in addition to the necessary theoretical stages, aspiring gastronomists are exposed to the physical reality of the various subjects, not only through numerous practical exercises, but also thanks to a series of courses held both in Italy and abroad. The feather in the institute’s cap is its “sensorial analysis laboratory”, a teaching setup that during the “Sensorial Analysis” course integrated with those of the 2nd year, allows students to master the techniques to monitor and guarantee the quality of food products through a series of very particular practical exercises. High standards. The USG’ targets are, as it is easy to imagine, very high, and student selection is rigorous. The first year courses, for example, are held exclusively in English. From its inauguration until now, the students who have completed studies at the USG number around 700, and the institute only accepts at the most 75 per year. The fees cover all the educational activities on the programme (including tastings, conferences, and events), text books and study materials, educational trips in Italy and abroad (flights included), internet access within the institute and if and where available in student accommodation, and all insurance and health cover. A gastronomist from Gabon. Wilfred Rembangouet, born in 1981 in Port Gentil, the second most inhabi-ted city in Gabon, is one of the student who, thanks to a study prize, attends the 2nd year of the “Corso di Laurea in Scienze Gastronomiche” (Gastronomic Sciences Courses) at the University in Pollenzo. Foreign students from every part of the world are welcome at our university, and he is the first student at the Insti-tute coming from this African Country. As Wilfred says, “I started cooperating with the University in 2008 thanks to GDR (Groupement d’entrée pour le Développement Rural), an association promoting trade of agricultural products in my country. During my stay here, I got some information about the courses held in this University Institute and back home I sent my application. They accepted it and I was awarded a scholarship, so I returned to Italy and now here I am. As soon as I get my degree in Pollenzo, I have two ideas: I would like to focus on the communication in food culture, or work for those associations who are specially involved in the production and trade of agricultural products”.

The White Gold of our ProvinceBy Mariuccia Assola - Pg. 44Cheese has ancient origins just as its taste, full of the scents of the land and aromas which recall atavic images of fields, hills and mountains. Until the 1950s the “river of milk” which still runs from the alpine mountain pastures towards the valleys has been the only livelihood, the only present from a miserly land. In the past, not only was cheese precious supply of food for the long winter season, but also represented ready money for peasants to pay for taxes, leases and sharecropping rents. And, while it was served to satisfy the richest people’s tables at the end of each meal, for peasants and shepherds cheese was the only alternative to famine. The cooking tradition of our region can boast the most refined cheese-based recipes, such as Gnocchi with Castelmagno cheese, tagliolini and risottos with Raschera cheese, delicate tartrà with various kinds of cheese fondue, seirass-cheese cakes, soft ricotta. Types of cheese of the province cuneo. It is famous and very popular among the most delicate palates: this is Castelmagno. Its classic production area is in the communes of Castelmagno, Monterosso Grana and Pradleves, located at the top of the valley of the river Grana. Unique and unimitable, it is called “the king” among all types of cheese, thanks to two factors: the fertility of the highest mountain pastures, rich in her-bs and aromatic plants and the air which comes from the top of the mountains and reaches the fresh wet grottos where it is matured. Then, Bra cheese: two kinds of Bra are available, which are locally called “soft Bra” and “hard Bra” (soft and sweet the first, spicy and salty the second one, matured for more than six months). It takes the name from the village where it is gathered and commercialized, but it comes from all the valleys of the province. It’s matured in wooden boxes after seasoning in the grapes’ marc of Nebbiolo, Dolcetto, Barbera, Pelaverga. The Murazzano: this is a type of cheese which matches the air coming from the Ligurian sea with the air of the famous hills of the Langa area. The Raschera: this is a half-fat cheese, raw, with a special fine and delicate taste. In the past, the production followed a square-shape because it was the best shape to be transported onto the mules’ pack-saddle. The very precious type coming from the alpine mountain pastures is produced at an altitude over 900 mt and prepared there, in very wet fresh rooms which have been used for centuries.Traveling around alpine mountain pastures and thematic museums. A region surrounded and comple-tely closed by the highest mountains in Europe is geographically a region rich in pastures. The province Cuneo can boast a territory rich in natural resources and a great number of alpine valleys surrounding it. From the Argentera to the Monviso, from the Rocciamelone to the Mount Rosa, from the famous Langhe area to the Ligurian Appennine: a marvelous landscape all along the western arch of the Alps. Here you find many villages to visit, Valcasotto, Pamparato, Frabosa Soprana, then Peveragno, towards the town of Cuneo and famous area for the production of strawberries, up to Borgo San Dalmazzo where the valley path winds up the mountain, a very long journey up to 1996 metres in high, where you find the Colle della Maddalena, border with France. In the other valley you find Pietraporzio, where the cheese production is important together with the precious wool production and its works made with sheep wool. In the Grana valley nearby, tourists are welcome in the village Castelmagno and its fifteen hamlets (among these, only five are constantly inhabited); a paradise of green pastures, spotted by very ancient characteristic inhabited settlings. This is the land where the precious cheese called Castelmagno is produced, a land to discover and know as much as better. Its rich culture of customs and traditions can be appreciated by visiting the “Ethnographic Museum of the Provençal Civilization” in Monterosso Grana.

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