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1 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA DIPLOMA UNIVERSITARIO DI FISIOTERAPISTA TESI DI DIPLOMA L'ESERCIZIO TERAPEUTICO NELLA RIABILITAZIONE DELLE DISFUNZIONI CRANIO CERVICO MANDIBOLARI Tesi di diploma di: Relatore: Marco Cendali Dott. Primo Bacciglieri ANNO ACCADEMICO 1998/ '99

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FERRARA

FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA

DIPLOMA UNIVERSITARIO DI FISIOTERAPISTA

TESI DI DIPLOMA

L'ESERCIZIO TERAPEUTICO

NELLA RIABILITAZIONE DELLE DISFUNZIONI

CRANIO CERVICO MANDIBOLARI

Tesi di diploma di: Relatore:

Marco Cendali Dott. Primo Bacciglieri

ANNO ACCADEMICO 1998/ '99

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INDICE

- INTRODUZIONE

- CAPITOLO 1: DISFUNZIONI CRANIO-MANDIBOLARI

- generalità

- cause eziologiche

- CAPITOLO 2: VALUTAZIONE FISIOTERAPICA

- criteri semeiologici e diagnosi differenziale

- test valutativi

- valutazione posturale

- interrelazioni cranio-cervicali

- CAPITOLO 3: PROTOCOLLO VALUTATIVO

- scheda di autovalutazione

- scheda di valutazione cervicale

- scheda di valutazione delle Atm

- CAPITOLO 4: TRATTAMENTO

- esercizio terapeutico

- esercizi di mobilizzazione e coordinazione attiva

- esercizi di mobilizzazione e coordinazione passiva

- biofeedback EMG

- riabilitazione post-chirurgica

- terapia fisica e strumentale

- CONCLUSIONI

- BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

Nella gestione di specifici disturbi legati ai disordini cranio mandibolari, va assumendo un ruolo

sempre più importante la fisioterapia. Sono notevolmente cresciuti l'interesse e la motivazione degli

odontoiatri a collaborare con altri specialisti e professionisti, tra cui i fisioterapisti, per comprendere

il caso clinico nella sua completezza, e per stabilire un piano di trattamento terapeutico integrato,

data la multifattorialità etiopatogenetica. E' evidente l'importanza di instaurare una terapia mirata e

causale, modulata individualmente, perché si tratta di un gruppo molto eterogeneo di pazienti, con

ciclicità ricorrenti e con una notevole fluttuazione di segni e sintomi. Questa tesi è dedicata agli

aspetti fisioterapici del trattamento, e quindi al ragionamento sequenziale che porta alla

programmazione dell'esercizio terapeutico del distretto cranio-cervico-mandibolare. La

progettazione dell'esercizio terapeutico non può compiersi in assenza di una valutazione attenta

degli aspetti strutturali e funzionali del distretto interessato, quindi una parte del lavoro riguarda la

trattazione degli aspetti valutativi e di raccolta dati: in un secondo tempo tratteremo gli aspetti

applicativi del trattamento proponendo metodi di fisiochinesiterapia tradizionale, facilitazioni

neuromuscolari propiocettive, metodi di terapia fisica e strumentale ed altro. Uno strumento utile e

diffuso nella riabilitazione in generale, è rappresentato dalle schede di raccolta dati valutativi, che

permettono una rielaborazione logica degli aspetti valutati sia in termini qualitativi sia quantitativi,

base fondamentale della programmazione terapeutica, ed una maggiore efficacia nella trasmissione

delle informazioni, e quindi migliore comunicazione tra i componenti del team terapeutico. Le

schede risultano altresì utili a fini statistici, nella valutazione di fine trattamento e nei follows-up.

SCOPI

Produrre delle schede di raccolta dati valutativi quali-quantitative rispetto al sistema

stomatognatico, al distretto cervicale ed alle sensazioni soggettive del paziente, di particolare

interesse riabilitativo nella progettazione dell'esercizio terapeutico nelle disfunzioni cranio-cervico-

mandibolari. Il capitolo 3, completo delle schede di valutazione, vuole essere un estratto usabile

come manuale di utilizzo delle schede di raccolta dati.

MATERIALI E METODI

Create attraverso una revisione bibliografica comparata tra schede di valutazione

odontostomatologiche e di valutazione fisioterapica esistenti, ed in base alle specifiche esigenze di

dati finalizzati all'ideazione del programma terapeutico nelle disfunzioni cranio-mandibolari,

nell'ambito delle competenze fisioterapiche.

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Capitolo 1

DISFUNZIONI CRANIO-MANDIBOLARI

GENERALITA'

Dalla revisione bibliografica che caratterizza questo nostro lavoro, il termine "disfunzioni

cranio mandibolari" è il più utilizzato, anche perché l'influenza degli autori in lingua inglese ha

imposto la traduzione di cranio-mandibular disorders; alcuni autori hanno recentemente proposto

l'aggiunta del riferimento al tratto cervicale, divenendo cranio-cervico-mandibolari (DCCM),

essendo quest'ultimo sempre interessato, in altre parole la relativa muscolatura, anche in assenza di

sintomi specifici. Altre terminologie come "sindrome di Costen " (1934) e "sindrome algico

disfunzionale dell'apparato masticatorio" (SADAN), appartengono ormai al passato. Nelle DCM

sono comprese problematiche sia anatomiche sia funzionali.

E' definito disfunzionale un soggetto che non svolge correttamente od efficacemente le funzioni

dell'apparato stomatognatico che, in ordine d'importanza, inteso come maggior frequenza di

utilizzo, sono:

■ MANTENIMENTO DELLA MANDIBOLA IN POSIZIONE DI RIPOSO

■ DEGLUTIZIONE

■ FONAZIONE

■ MASTICAZIONE

■ FUNZIONI OCCASIONALI (riso, pianto, sbadiglio, onicofagia, ecc.)

La posizione di riposo è, in termini temporali, la prima funzione del sistema stomatognatico:

corrisponde ad una condizione in cui le due arcate dentarie, superiore ed inferiore, sono distanziate

tra loro mediamente di 1,5 -2 mm dal contatto più vicino (spazio libero). In situazione fisiologica a

questo stato corrisponde un equilibrio tonico tra i gruppi muscolari elevatori ed abbassatori e

consente di compiere le normali oscillazioni della testa evitando accidentali contatti tra i denti.

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Lo spazio libero può essere NORMALE e fisiologico, cioè mantenuto spontaneamente dalla

muscolatura in tono; NORMALE ma patologico, ovvero mantenuto nel range fisiologico dal

controllo muscolare con eccessivo dispendio ed affaticamento che porta a contrattura; DIMINUITO

o nullo, in genere come risposta ipertonica di origine psichica, stress, che da come risultato un

sovraccarico del lavoro muscolare con diminuzione della tolleranza, per cui il paziente cerca

continuamente un'occlusione più efficace innescando un circolo vizioso; AUMENTATO, nei casi in

cui è necessario un maggior svincolo mandibolare, ad esempio per un precontatto dentale, che

comporta anche in questo caso un sovraccarico di lavoro muscolare.

La deglutizione è la seconda funzione per frequenza ed impegno; avviene da 500 a 2000 volte

nelle 24 ore al di fuori della masticazione, anche di notte. Sicuramente lo scopo primario è di

lubrificazione delle mucose tramite la saliva, tuttavia molti autori concordano che si tratti di un atto

di riprogrammazione e verifica della postura mandibolare e cranica nello spazio. Fisiologicamente

richiede un minimo dispendio energetico: la mandibola deve raggiungere la posizione di massima

intercuspidazione, al fine di stabilizzare la mandibola al mascellare superiore per mezzo

dell'ingranamento dentario, compiendo una definita traiettoria neuromuscolare. L'azione di spinta

del potente muscolo linguale è bilanciata dall'azione dei muscoli masticatori, è necessario perciò

che si realizzi uno schema motorio decisamente complesso. Qualsiasi variazione da questi parametri

implica il coinvolgimento del sistema neuromuscolare, fino ad impegnare la corteccia cerebrale e

far diventare volontario un atto che per lo più è inconscio: quando si effettua volontariamente

un'azione che in genere è automatica ne risulta una coordinazione ed efficacia ridotte. In tutte le

disfunzioni avremo un problema di alterazione dello schema motorio, che può permanere

successivamente alla soluzione della noxa primaria se non si effettua un'opportuna rieducazione

funzionale.

La fonazione, sebbene non preveda contatto dentale, coinvolge completamente i muscoli

dell'apparato stomatognatico: tessuti duri e molli si pongono in rapporti spaziali ben precisi; la

frequenza di questa funzione è legata alla vita di relazione ed è in costante aumento. L'analisi della

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fonazione, facilmente indagabile anche senza strumenti osservando semplicemente il paziente

mentre parla, può fornirci utili indicazioni rispetto ad uno stato disfunzionale: alcune persone

muovono pochissimo la bocca, altre moltissimo, oppure compiono movimenti molto evidenti di

lateralità, hanno intralcio nel parlare (come se avessero una "patata in bocca"), utilizzano

eccessivamente i muscoli mimici oltre il giustificato coinvolgimento nella conversazione. Quando

osserviamo questi segni in un soggetto disfunzionale, sarà opportuno richiedere una consulenza

logopedistica.

La masticazione è divenuta sempre meno importante, per il minor tempo che gli viene dedicato e

per l'abitudine a consumare cibi molto lavorati e poveri di fibre. Può scatenare situazioni latenti:

facile stancabilità con cibi impegnativi (panini o verdura cruda) oppure crisi di dolore o blocco

articolare. Spesso i pazienti si rendono conto di avere un'apertura massima della bocca inferiore a

quanto si ricordavano mentre tentano di addentare un cibo.

CAUSE ETIOLOGICHE Fin dall'inizio del secolo, alcuni autori stabilirono una correlazione tra i disturbi dell'articolazione

temporo-mandibolare e dei rapporti interdentari anomali, ma il merito di una prima descrizione

clinica coerente risale al 1934, ad opera di un otorinolaringoiatra di nome J.B. Costen. Egli

descrisse una sindrome che riguardava essenzialmente le ATM, in cui le algie ed in particolar modo

le cranio-facciali, provocavano vari disturbi: limitazione nell'apertura della bocca, rumori articolari,

vertigini e sensazioni di orecchio tappato. Durante gli anni, diverse osservazioni cliniche misero

l'accento sull'importanza degli squilibri dell'occlusione dentaria, perdita dei denti posteriori,

dismorfismi maxillo-mandibolari, deglutizione infantile (interposizione della lingua tra le arcate), in

relazione alla comparsa e mantenimento di segni algico-disfunzionali a livello dell'apparato

masticatorio: fattori periferici. Tuttavia questi studi che mettono particolarmente in risalto l'aspetto

occlusale ed articolare, sono stati messi in discussione da certe osservazioni anatomiche e

dall'evoluzione delle teorie in merito alla fisiologia neuromuscolare. Altre teorie, legate a studi

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compiuti sullo stress, hanno messo in evidenza i fattori psico-fisiologici, e numerosi dati

bibliografici concordano nel riconoscere l'importanza di questi fattori centrali nelle manifestazioni

algiche oro-facciali. Questo approccio alla malattia contribuì a considerare il sistema masticatorio

come uno dei bersagli elettivi dei fattori psico-fisiologici, il cosiddetto "organo bersaglio" dei

disturbi psico-somatici. L'evoluzione delle teorie e degli studi ha portato alla moderna formulazione

di una teoria mista, realizzando una sorta di compromesso tra i concetti precedenti, in cui coesistono

sia fattori centrali sia periferici. Numerose ricerche elettrofisiologiche hanno permesso di chiarire il

ruolo dei recettori della cavità buccale nella regolazione delle funzioni masticatorie: attraverso le

informazioni propiocettive periodontali anormali, disequilibrio od eccesso, i disturbi dell'occlusione

dentale colpirebbero in un primo momento i muscoli coinvolti nella masticazione e

successivamente, attraverso un fenomeno di cronicità, le strutture articolari.

Secondo Da Cunha (1986), questa patologia, al di fuori dei disturbi legati all'occlusione dentaria,

potrebbe essere inclusa in una sindrome più ampia, da lui definita "sindrome di deficienza

posturale", che enfatizza il ruolo dei fattori posturali e traumatici.

Traumi diretti mandibolari o cranici CAUSE TRAUMATICHE Traumatismi cranio-cervicali, colpo di frusta Cadute sul bacino Posturali (microtraumi ripetitivi)

Da intervento odontoiatrico (ortodonzia, estrazioni, protesi incongrue)

CAUSE IATROGENE Lunghe sedute a bocca aperta senza riposo Iperestensione cervicale durante intubazione Apribocca in anestesia generale

CAUSE DEGENERATIVE Artrite, tumori

CAUSE PSICHICHE Stress, frustrazione, ansia, ambientali (rumore, ecc.)

CAUSE OCCLUSALI Precontatti, malocclusione, instabilità

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MUSCOLI MASTICATORI

FATTORI OCCLUSALI

FATTORI TRAUMATICI

FATTORI POSTURALI

FATTORI GENERALI

FATTORI PSICO- FISIOLOGICI

SPASTICITA'

DOLORI TURBE

Fig. 1. Schema dei fattori etiologici nelle DCM.

Fig. 2. Etiopatogenesi delle DCM.

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Capitolo 2

VALUTAZIONE FISIOTERAPICA

Un aspetto fondamentale del processo riabilitativo, in generale, è l'attenta valutazione iniziale

del paziente, che porta all'individuazione degli obiettivi terapeutici specifici a breve, medio e lungo

termine. Sulla base degli obiettivi viene progettato il piano di trattamento, comprensivo di tutte le

manovre terapeutiche che saranno adattate e rivalutate a scadenza periodica durante il trattamento

stesso. La valutazione effettuata dal fisioterapista dovrebbe essere preceduta dalla valutazione

odontoiatrica, essendo il medico dentista il referente principale di questo tipo di patologie, ed

essendo queste ad eziologia multifattoriale, quindi plurispecialistiche (otorino, fisiatri, ortopedici,

psicologi, ecc.), è opportuno ed auspicabile che il fisioterapista abbia a disposizione la cartella

clinica del paziente, comprensiva dei dati anamnestici e diagnostici e degli eventuali esami e referti

delle consulenze specialistiche, così da impostare la propria osservazione in modo mirato e

consapevole delle eventuali complicazioni e controindicazioni rispetto alle manovre valutative e

terapeutiche. In accordo con le più recenti acquisizioni in materia di qualità in campo sanitario,

riteniamo che l'interazione, la collaborazione e la comunicazione tra le figure professionali che

operano sullo stesso paziente sia fondamentale, allo scopo di aumentare l'efficacia e l'efficienza del

servizio fornito. La valutazione perciò deve avvalersi di protocolli chiari e ripetibili ed avvalersi

degli strumenti di valutazione e misurazione più idonei, nell'ottica della trasmissione dei dati

registrati verso altre figure professionali, per la loro verifica e comparazione temporale allo scopo di

leggere l'evoluzione e l'eventuale aggiustamento del percorso terapeutico, e per controllare infine gli

esiti (outcomes) ed i follows-up.

L'approccio al paziente disfunzionale, nonostante i progressi tecnologici di metodiche strumentali

sempre più sofisticate, deve seguire i vantaggi tangibili della comprensione e rassicurazione sul

piano umano, ed i criteri semeiologici non limitati al solo distretto stomatognatico; essendo

quest'ultimo parte integrante dell'apparato locomotore è opportuno comprendere una valutazione

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posturale dell'intero corpo, con particolare attenzione alle interrelazioni cranio-cervicali ed alle

eventuali asimmetrie facciali.

In questo capitolo ci occuperemo della valutazione in generale e dell'orientamento diagnostico,

descrivendo ad ampio respiro le tecniche ed i test di ricerca, nel prossimo analizzeremo in modo

specifico i protocolli e le schede di raccolta dei dati, scopo principale di questo lavoro.

CRITERI SEMEIOLOGICI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Ciò che caratterizza il disordine cranio-mandibolare, a livello diagnostico, è il dolore causato dalla

funzione, anche se non sempre dolore e disfunzione sono direttamente proporzionali. L'impiego di

test funzionali nella differenziazione delle varie patologie, deve considerare la qualità e quantità del

movimento, passivo od attivo, della muscolatura, delle articolazioni, e deve poter riprodurre i

sintomi specifici; pertanto l'anamnesi, l'ispezione, la palpazione, l'analisi del movimento, sono i

criteri semeiotici utilizzati. L'obbiettivo valutativo è dunque di provare l'idoneità o meno della parte

soggetta al movimento e di provocare il sintomo algico o il disagio funzionale, allo scopo di

individuare il meccanismo disfunzionale e l'origine del dolore per l'approccio terapeutico più

appropriato. La diagnosi differenziale nelle DCM è utile al fisioterapista per orientarsi nel

complesso quadro sintomatologico e può essere schematizzata per grandi gruppi di sintomi e segni:

di origine miogena o artrogena, acuti o cronici, organici o funzionali, ascendenti o discendenti.

Riteniamo opportuno occuparci dell'argomento relativo alla schematizzazione della diagnosi

differenziale in questo punto della trattazione, affinché tutti i test e le osservazioni successive

possano essere riferite ad uno specifico gruppo, focalizzando innanzi tutto l'attenzione sui sintomi

principali attraverso l'anamnesi, e successivamente con le altre manovre.

SINTOMATOLOGIA

� DOLORE ALL'ARTICOLAZIONE TEMPORO MANDIBOLARE, MONO O BILATERALE � BLOCCO ARTICOLARE MONOLATERALE, APERTURA DELLA BOCCA DEVIATA DAL LATO DELLA

LESIONE � BLOCCO ARTICOLARE BILATERALE (LOCKING), DIFFICOLTA' ALL 'APERTURA DELLA BOCCA � RUMORI ARTICOLARI � DOLORE AI MUSCOLI MASTICATORI � CERVICALGIA

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� CEFALEA MUSCOLO-TENSIVA � VERTIGINI � ACUFENI

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

MUSCOLARI ARTICOLARI � contratture ✜ rumori articolari � cervicalgie ✜ blocco � cefalee ✜ vertigini � dolori muscolari ✜ acufeni

ACUTI CRONICI sono ben visibili le cause etiologiche la causa primaria e' mascherata ed i sintomi sono molto specifici dai compensi

ORGANICI FUNZIONALI raramente responsabili, tuttavia vanno presenti da soli o come componente indagati per un'eventuale terapia. dei problemi organici. Problemi organici possono non dare Una scadente funzione può origine a problemi funzionali originare problemi organici

ASCENDENTI DISCENDENTI problemi strutturali che incidono disturbi dell'app. stomatognatico che sull'apparato stomatognatico interferiscono sull'organismo fino a determinare variazioni posturali

ANAMNESI

Poiché ci troviamo di fronte a situazioni per lo più croniche e di vecchia data, bisogna concentrarsi

sulle cose essenziali, anche perché un'anamnesi completa è già stata eseguita dall'odontoiatra e

dovremmo avere l'opportunità di consultarla. Chiederemo qual è il sintomo principale, in altre

parole ciò che più disturba il paziente o il motivo che li ha condotti da noi, quando è comparso e

cosa eventualmente lo scatena. Indagheremo ancora i sintomi associati, l'impedimento funzionale,

la presenza di malattie sistemiche, ed una serie di dati specifici:

� DISTURBO PRINCIPALE � SINTOMI ASSOCIATI � IMPEDIMENTO FUNZIONALE � CARATTERISTICHE DEL DOLORE: ESORDIO ED EVOLUZIONE, FATTORI SCATENANTI O ALLEVIANTI,

AUTOVALUTAZIONE � STORIA MEDICA GENERALE: MALATTIE SISTEMICHE, DIATESI, ECC.

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� PARAFUNZIONI COSCIENTI (SERRA I DENTI? DIGRIGNA?) � INSUFFICIENZA DELLE VIE AEREE, RESPIRAZIONE ORALE OBBLIGATA O FACOLTATIVA � DISTURBI DEGLI APPARATI VISIVO ED UDITIVO � TRAUMI DELL 'APPARATO LOCOMOTORE � TRATTAMENTI ORTOPEDICI PREGRESSI � TRATTAMENTI ODONTOIATRICI PREGRESSI ED IN CORSO

PALPAZIONE

La palpazione contempla le diverse strutture facciali, muscolari ed articolari e può evidenziare

dolorabilità specifiche. Queste manovre sono spesso influenzate dallo stato emozionale del paziente

in esame e da fattori ambientali, inoltre sono condizionate dall'esperienza e dalla forza

dell'esaminatore: rappresentano pertanto un utile ausilio orientativo, ma non decisivo ai fini

diagnostici. E' importante chiedere sempre al paziente una valutazione quantificabile del dolore

eventualmente evocato e compiere sempre manovre bilaterali, così da permettere al soggetto di

evidenziare meglio le differenze tra un lato e l'altro.

Palpazione dei muscoli extra-orali: MASSETERE fascio superficiale (foto3)

TEMPORALE fascio anteriore (foto2)

TEMPORALE fascio posteriore (foto1)

STERNOCLEIDOMASTOIDEO (foto5)

TRAPEZIO (foto8)

SUBOCCIPITALI

Palpazione dei muscoli intra-orali: MASSETERE ventre (foto6)

PTERIGOIDEO ESTERNO (foto4)

MUSCOLI del pavimento orale e della lingua (foto7)

Palpazione delle ARTICOLAZIONI: � Pre-auricolare, si testa il polo laterale del condilo e la

capsula, la manovra viene effettuata su due posizioni:

a) bocca chiusa

b) bocca aperta

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� Endo-auricolare, si testa il polo posteriore del condilo e

la zona retrodiscale, utilizzando il mignolo nella porzione

anteriore del meato acustico: 2 posizioni,

a) bocca chiusa

b) bocca aperta

� Retro-condilare a bocca aperta.

Foto 1. Temporale post. Foto 2. Temporale ant. Foto 3. Massetere

Foto 4. Pterigoideo est. Foto 5. SCOM Foto 6. Ventre masset.

Foto 7. Lingua Foto 8. Trapezio

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TEST VALUTATIVI

Dopo l'anamnesi e la palpazione muscolare ed articolare, la valutazione continua con i test di

funzionalità; come già ribadito, lo scopo è di individuare i probabili meccanismi d'azione della

disfunzione e l'origine del dolore. Per comodità espositiva abbiamo suddiviso i test in:

1) TEST MANIPOLATIVI FUNZIONALI 2) TEST di ricerca dei TRIGGER POINTS

Manipolativi Funzionali ) Si tratta di una serie di movimenti passivi che si fanno eseguire al

paziente per valutare la trattabilità della muscolatura, l'elasticità muscolo-legamentosa e

l'allineamento delle strutture articolari. Per l'attendibilità di questi esami è importante che il paziente

abbia un grado sufficiente di rilassamento muscolare, compatibilmente con un'eventuale algia in

atto.

Test dell'elasticità finale (END-FEEL)

Forzare l'apertura della bocca con pollice-indice posti a forbice tra gli incisivi; apprezzare l'incre- mento passivo della massima apertura e la sensa- zione di elasticità. Se la manovra è possibile ma dolorosa, è una limitazione di origine muscolare; se l'apertura è molto ridotta è di origine psichica; se non vi è incremento e si apprezza rigidità, si è in presenza di un blocco meccanico artrogeno.

Test del gioco articolare (joint play)

Si appoggia il pollice sull'emiarcata dentale inf. e le altre dita ad impugnare il corpo mandibolare, le dita dell'altra mano si pongono sulla zona articolare omolaterale. Applicare ora una forza distraente, verso il basso, e con una trazione latero-mediale ed in avanti si fa traslare la mandibola. Con le dita poste sull'articolazione si apprezza l'elasticità dei tessuti molli intra e peri- capsulari e l'allineamento tra capi articolari e disco. La presenza di irregolarità artrocinematiche e/o dolore depongono per una patologia a partenza articolare.

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Test della compressione articolare Si usa la stessa posizione del joint-play però le dita della mano che stavano sull'articolazione vengono poste sul bordo inferiore della mandibola, in corrispondenza dell'angolo mandibolare e si esercita una forza verso l'alto: la comparsa del dolore durante questa manovra è indice di patologia intracapsulare, sinovite, retrodiscite, poussèe artro- sica. Test Dinamico, lieve contro-resistenza Si può eseguire in modo attivo o passivo. Impugnare la mandibola come il joint-play, mantenere una apertura di circa 1 cm e far compiere movimenti di apertura, chiusura, lateralità e protrusione, applicando una lieve controresistenza: la comparsa di dolore indica una patologia di origine articolare, tuttavia non esclude una patologia di tipo muscolare. Test Statico, forte contro-resistenza E' la logica continuazione del test precedente: anch'esso attivo o passivo, si applica la stessa presa e gli stessi movimenti, si contrasta fortemente il movimento invitando il paziente ad usare in modo energico la sua muscolatura. Il test deve durare 30 sec per ogni movimento. La comparsa di dolore è indice di patologia squisitamente miogena. Test del Bastoncino Si pone uno spessore, un abbassalingua o un rullo di cotone, tra i molari di un lato e si invita il paziente a serrare fortemente per 8/10 secondi. Così si sovraccaricano gli elevatori omolaterali e l'ATM controlaterale: la comparsa del dolore depone per una sofferenza muscolare ipsilaterale ed articolare interna controlaterale.

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Test contro-protrusione Si effettua ad un grado intermedio di apertura della bocca; si produce una spinta sul mento in direzione posteriore e si invita il paziente a resistere alla forza. L'accentuazione o la comparsa di dolore depongono per uno spasmo dello pterigoideo esterno (capo inferiore) o per una infiammazione retrodiscale. Se è interessato il capo superiore dello pterigoideo non c'è dolore contro protrusione, quanto piuttosto serrando semplicemente i denti. Ricerca dei TRIGGER POINTS ) I test di manipolazione funzionale descritti fin ora, non

risultano positivi , ovvero non evocano il dolore, in condizioni di dolore riferito. Nell'analisi del

paziente occorre dunque ricercare i punti dolenti da cui origina il dolore riferito ad altre zone; questi

punti vengono comunemente definiti "trigger points".

TRIGGER POINT: Letteralmente : "Punti di innesco" o "Punti di scatto". Derivano dalla esperienza

di un certo Travell che descrive l'area del punto Trigger come: una zona piccola, ipersensibile, da

cui partono degli impulsi che bersagliano il sistema nervoso centrale ed irradiano dolore in una zona

distante. Benché vi sia una certa regolarità nel dolore irradiato, questi non segue necessariamente la

distribuzione di sclerotomi, dermatomeri o nervi periferici. Il punto in cui si situa il dolore è

conosciuto come zona di riferimento, il Trigger Point può trovarsi all'interno di questa zona o

esserne lontano. Esistono dei trigger points attivi ed altri latenti. Quando si applica una pressione

digitale sul trigger point attivo , si genera o si intensifica il dolore irradiato. Anche i trigger point

latenti si presentano come zone dolorose , però non attivano alcun dolore riferito.

Vanno ricercati all'interno delle masse muscolari, individuando bande di aumentata consistenza nel

cui contesto sono sospettabili. Si procede quindi ad una ricerca fine del punto trigger mediante

digitopressione su tutta la banda muscolare, aspettandoci sia per i punti attivi sia per i latenti, il

cosiddetto "segno del salto" (jump sign), risposta dolorosa facilmente intuibile.

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Come facilitazione meccanica per questa ricerca, si può utilizzare una posizione in cui il muscolo

sia in estremo allungamento. Esistono due tecniche di palpazione dei trigger points:

1) Se il muscolo in esame si può raggiungere da una sola direzione, si fanno scorrere le fibre

muscolari sotto la punta del dito palpante in direzione perpendicolare alla loro lunghezza,

comprimendo contro il piano osseo sottostante (snapping palpation).

2) Se il muscolo è raggiungibile da due direzioni, si afferrano e si comprimono fra loro le fibre

muscolari, con presa a pinza tra il pollice e le altre dita (pincer palpation).

Con entrambe le manovre si può rilevare la presenza di indurimenti ed apprezzarne la forma,

nodulare, a corda, a striscia, a fuso; l'asse maggiore comunque sarà sempre disposto parallelamente

alle fibre muscolari.

VALUTAZIONE POSTURALE Di tutta questa materia così vasta ed articolata, ci interessa valutare la stazione eretta e la marcia: il

fisioterapista possiede naturalmente il background culturale ed esperienziale specifico a queste

valutazioni, ed esiste già una ricca e consistente analisi posturale e della deambulazione con

moltissimi protocolli e schede di raccolta dei dati, perciò non riteniamo utile dilungarci su questo

aspetto nella nostra trattazione ma ne forniremo dei cenni.

La visita valutativa del paziente disfunzionale non può trascurare l'esame di quella che possiamo

chiamare, con un termine molto generico, "POSTURA". La possiamo definire genericamente come

la posizione del corpo e degli arti, sia nel loro reciproco rapporto sia in relazione con lo spazio

esterno; in altre parole la risultante delle posizioni reciproche delle parti mobili del corpo per il

mantenimento dell'equilibrio ed in opposizione con la forza di gravità. Questa definizione implica i

concetti di controllo posturale e di tono posturale, che indicano precise attività ed opportune

regolazioni, con l'interazione fra i sistemi osteoarticolare, miofasciale e neurosensoriale: ne deriva

un atteggiamento posturale la cui correttezza o meno è l'obbiettivo della nostra osservazione.

Durante la preliminare ispezione del paziente, ancora in piedi o seduto, nel corso dell'anamnesi,

Trigger point - dolore riferito

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possono essere apprezzati gli atteggiamenti inconsci del corpo e del viso e le eventuali attività

parafunzionali presenti in vari distretti. Il soggetto va esaminato in ortostatismo, considerando

simmetrie e parallelismi di strutture e piani di riferimento. Se è idealmente equilibrato, linea

bipupillare, spalle e spine iliache sono parallele sul piano frontale; in visione sagittale, sempre

idealmente, la verticale deve passare dal condotto uditivo al malleolo esterno secando il trocantere e

l'epicondilo esterno femorale (anca e ginocchio). Osservando il soggetto di schiena, la linea

sagittale mediana, già nota come verticale di Barrè, passa attraverso il centro della testa che deve

essere in posizione neutra, fino a cadere tra i talloni. Sempre idealmente, il rachide è in linea per

tutta la sua lunghezza e le anche sono in posizione neutra; le spalle, i bordi interni delle scapole e le

spine iliache postero-superiori sono su piani paralleli; gli arti superiori sono paralleli, a dita

lievemente dischiuse e rivolte verso il corpo, alla stessa distanza dal suolo; gli arti inferiori sono

bene allineati, senza varismi o valgismi.

Se si notano delle viziature da queste proporzioni ideali, benché questi parametri posturali ideali

corrispondano ad una stazione raramente raggiungibile, durante il riposo o l'attività, la priorità alla

stazione eretta comunque verrà mantenuta, a discapito dell'equilibrio muscolare e con costi

energetici abnormi. In certi casi si tratta di una patologia muscolo-scheletrica o neurologica che

richiedono entrambe uno specifico approccio. Negli altri casi, che sono molto più frequenti, si

parlerà di disfunzioni posturali o di atteggiamenti viziati, ampiamente documentati e descritti nella

letteratura specifica, ed evidentemente rieducabili dalla fisioterapia.

Le componenti regolatorie della postura si basano sulle afferenze derivanti da più distretti:

informazioni di tipo ambientale, dall'occhio (visione, sistema oculo-cefalogiro), dall'orecchio (udito,

sistema vestibolare e labirintico), dal piede (l'appoggio a terra è l'interfaccia del sistema locomotore

con l'esterno). Inoltre è presente una fortissima influenza del sistema propiocettivo, che è molto

spiccato in età evolutiva, si dice infatti che il bambino "vive di propiocettività". Il sistema interno di

regolazione, "centrale", viene definito Sistema Tonico Posturale ed è composto anatomicamente dai

nuclei vestibolari, dalla sostanza reticolare mesencefalica e dal cervelletto: a questo sono deputate le

regolazioni più fini . Quest'ultima regolazione avviene tramite riflessi propiocettivi che determinano

oscillazioni posturali di piccola ampiezza, il che consente di mantenere la proiezione del baricentro

corporeo all'interno di una piccola area. La proiezione del baricentro e le sue oscillazioni possono

essere misurate e visualizzate per mezzo di una sofisticata apparecchiatura molto utilizzata negli

ultimi tempi, la Pedana Stabilometrica.

Le relazioni ascendenti e discendenti di un sistema così complesso, sicuramente esistenti, non

vanno tralasciate nella valutazione e nel trattamento delle DCM, ma nemmeno eccessivamente

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enfatizzate (fenomeno piuttosto evidente negli ultimi anni) a causa dell'enorme quantità di variabili

in continuo e dinamico adattamento ed evoluzione.

POSTURA MANDIBOLARE

La mandibola è un osso impari e mediano collegato al cranio, "sospeso" e dotato di 2 articolazioni

funzionalmente collegate e "dinoccolate", che chinesiologicamente producono un movimento a

nove gradi di libertà, di cui possiamo definire una postura specifica determinata sostanzialmente dai

legamenti sospensori, dalla pressione negativa che si crea tra lingua e palato (spazio di Donders) e

dal tono dei muscoli antigravitari, in primis il temporale.

L'equilibrio posturale del sistema stomatognatico fa parte comunque di un equilibrio generale di

tutto l'apparato locomotore, che a sua volta è costituito da diversi segmenti intimamente correlati.

Il sistema cranio-cervico-mandibolare possiamo considerarlo un'unità biomeccanica funzionale, i

cui cardini sono rappresentati da:

• ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE

• ARTICOLAZIONE OCCIPITO-ATLANTE-EPISTROFICA

• SISTEMA SOSPENSORE DELL'OSSO IOIDE

Cardini del sistema cranio-cervico-mandibolare.

Parte integrante di questo sistema è l'articolato dentario, considerando la forma delle arcate, la

posizione dei denti, il loro numero e la loro morfologia.

L'asimmetria mandibolare è il risultato di un rapporto disarmonico tra le varie componenti e

rappresenta l'esigenza di privilegiare la funzione sulla struttura. La struttura si adatta sulla funzione

tramite vari meccanismi di compenso, che inizialmente sono su base posturale e dunque facilmente

modificabili, ma che possono strutturarsi nel tempo, soprattutto se il soggetto è in età evolutiva.

Attraverso verifiche sperimentali su animali da laboratorio, è stato dimostrato come si possa

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influenzare la crescita ossea dei mascellari applicando forze di varia natura ed intensità, con

modificazioni permanenti delle strutture masticatorie dovute a questo rimodellamento indotto.

Cause strutturali e posturali della più varia origine, possono dunque essere considerate nella

patogenesi di asimmetrie clinicamente evidenti.

Le asimmetrie facciali, che sono la parte valutativa più accessibile ed indagabile, possono pertanto

essere classificate in : scheletriche, posturali, miste. Le forme di asimmetria facciale scheletrica

sono fortunatamente piuttosto rare, e sono legate ad una congenita, o di precoce acquisizione,

crescita differenziata in eccesso o in difetto di una parte della mandibola o del mascellare di un solo

lato: microsomie, labiopalatoschisi, iperplasia, forme neoplastiche, forme post-traumatiche

neonatali. Queste asimmetrie "ereditarie" manifestano la loro rilevanza clinica in età molto precoce.

Le asimmetrie facciali posturali, derivano da un mancato equilibrio nell'ambito del sistema

stomatognatico e sono di riscontro clinico più frequente; anche in questo caso la genesi può essere

riferita all'età evolutiva, nel periodo della dentizione decidua, ma la sua estrinsecazione è in genere

più tardiva. In questo gruppo consideriamo tutte le forme di anomalie dell'occlusione, anche

provocate da estrazioni dentarie, ortodonzia e protesi, e la ripercussione di squilibri posturali di

settori sottostanti dell'apparato locomotore, particolarmente per il rachide: scoliosi e variazione

delle lordosi e cifosi fisiologiche.

Le asimmetrie facciali miste occorrono quando il problema posturale è così marcato da influenzare

la direzione e la forma di crescita delle strutture scheletriche e delle componenti muscolo-

connettivali. Tutte le forme posturali "pure" diventano miste se esordiscono in età evolutiva.

INTERRELAZIONI CRANIO - CERVICALI

Occorre adesso considerare che vi sono molti sintomi, talvolta ambigui, che ci portano ad ipotizzare

una disfunzione masticatoria, mentre sono da attribuire ad un problema del tratto rachideo cervicale,

spesso di vecchia data. La contrattura della muscolatura cervicale ha dei sintomi locali quali dolore

regionale, diminuzione della mobilità, difficoltà deglutitive (dovute generalmente alla

rettilineizzazione della lordosi fisiologica), e dei sintomi localizzati a distanza come dolore

occipitale, temporale, sopraorbitale, dolore alle braccia ed alle mani (cervicobrachialgia da

intrappolamento tipico della regione C4-C7). Un segno evidente è la formazione di piccole zone

trigger nei ventri muscolari. Possiamo aggiungere che alcune modalità di trattamento comunemente

utilizzate per le problematiche vertebrali, come i collari cervicali e le trazioni fisioterapiche,

possono provocare disordini, perché forzano il condilo mandibolare nella fossa glenoidea

determinando dislocazione meniscale e compressione della zona retrodiscale, che ricordiamo essere

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la parte innervata e vascolarizzata dell'articolazione; tutto ciò può esitare in una retrodiscite con gli

abituali sintomi e segni della disfunzione temporomandibolare.

IL COLPO DI FRUSTA

Il cosiddetto colpo di frusta, o meglio trauma da estensione-flessione, costituisce la più frequente

conseguenza di un infortunio stradale sia attivo (brusco arresto per frenata o tamponamento), sia

passivo (improvvisa accelerazione per urto da retro). Tuttavia può verificarsi anche in caso di

caduta, da sci, cavallo, etc. In seguito ad un tamponamento da retro o ad un improvviso arresto

mentre il corpo è solidale al mezzo di trasporto, il capo è libero di ondeggiare vuoi in senso antero-

posteriore, vuoi in senso laterale; ecco quindi che si determina una brusca iperestensione del collo

seguita da una iperflessione, se l'urto proviene da retro, o all'inverso se si tratta di un arresto.

L'evento traumatico primitivo sarebbe quindi causato da una eccessiva distensione dei muscoli

posteriori del collo, quali gli estensori sub-occipitali, il capo superiore del trapezio e l'elevatore

della scapola (in flessione), o degli antero-laterali come i muscoli lunghissimi del collo, lo

sternocleido-mastoideo e gli scaleni (in estensione). La conseguenza diretta è l'instaurarsi di una

situazione muscolare spastica acuta che in mancanza di adeguata terapia tende a cronicizzarsi.

Tipica è la presenza di una postura di difesa che determina un cambiamento della curva vertebrale

cervicale. A livello delle articolazioni temporo-mandibolari la sofferenza insorge, in genere, in

maniera subdola e diviene palese ad una tale distanza di tempo dal trauma da non rendere sempre

evidente il nesso esistente con l'accaduto. La patogenesi della sofferenza articolare, secondo la

maggior parte degli Autori, sembra legata alla diversa massa esistente fra la testa in toto e la

mandibola che, a causa del legamento articolare, è parzialmente svincolata. Di conseguenza, le

improvvise accelerazioni e decelerazioni del capo nella flesso-estensione sono seguite con un certo

ritardo dalla mandibola. Se precede l'estensione si avrà, quindi, una distrazione verso l'avanti della

mandibola, con stiramento dei tessuti retro-discali ed eventuale compressione del menisco, seguita,

al momento della flessione, da un movimento in alto e indietro con compressione dei capi articolari

contro le superfici posteriori della cavità glenoide. Il meccanismo descritto agisce negativamente sia

per il trauma diretto sui legamenti e sulla capsula articolare, sia per la tensione di taluni capi

muscolari quali lo pterigoideo esterno ed interno, il temporale ed il massetere. La sintomatologia è

assai variabile in quanto, in mancanza di precedenti lesioni articolari o in presenza di semplici

situazioni di sovraccarico (per alterati rapporti occlusali) può essere muta o modesta e temporanea.

Assai diverso il caso in cui il traumatismo agisce su articolazioni già impegnate anche se in assenza

di sintomi. In queste situazioni è tipica l'insorgenza di fenomeni di incoordinazione condilo-

meniscale con presenza di click, e più gravemente di veri blocchi articolari per lussazione interna

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del menisco. La terapia delle sofferenze articolari temporomandibolari conseguenti al colpo di

frusta rappresenta un problema di notevole complessità, in quanto la sua riuscita è legata a molti

fattori: il tempo intercorso dal trauma, le condizioni articolari esistenti, e principalmente, lo stato di

equilibrio morfo-funzionale dell'apparato masticatorio in genere e della dentatura. Infatti, la

presenza ed il perpetuarsi di una situazione spastica della muscolatura cervicale costituisce uno

degli ostacoli più importanti al raggiungimento di un buon risultato. Secondo la maggior parte degli

Autori, è opportuno iniziare precocemente una terapia occlusale, con particolari dispositivi

intraorali confezionati su misura dall'odontoiatra. Questo approccio ha dato i migliori risultati a

breve e lungo termine, sotto l'apetto sintomatologico e funzionale.

Colpo di frusta

A proposito della terapia occlusale con ausili di masticazione, vorremmo citare uno stumento di

recente introduzione, ampiamente testato da studi accreditati (rif. Bibliografici): il MIOSET della

ditta AR.TE.MA. di Alessandria. Si tratta di un dispositivo endorale di produzione industriale, in

unica misura, uguale per tutti, ovvero le sue dimensioni sono quelle che rispondono alle esigenze

della maggior parte dei pazienti. E' un dispositivo funzionale: determina una variazione

dell'occlusione e la conseguente azione terapeutica, senza avere una forma paragonabile a cuspidi e

fosse dentali. Fornisce una dimensione verticale di occlusione (peraltro con alcuni decimi di

millimetro di variabilità) e svincola la mandibola in lateralità e nel movimento antero-posteriore,

comportandosi come un byte o una placca di svincolo, con i vantaggi dei dispositivi applicati

all'arcata inferiore (Ortottico) che permettono un miglior controllo dei movimenti della mandibola.

Il termine MIOSET deriva dall'unione del termine mio = muscolo e dalla porzione terminale della

parola reset come l'analogo tasto del computer che fa ripartire il sistema senza errori di

funzionamento: da questo il termine "resettare un sistema".

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Applicando il MIOSET, stimoliamo i recettori di cui è ricchissimo l’apparato stomatognatico (denti,

parodonto, ossa, articolazioni, muscoli) e, tramite questi, andiamo ad interferire sul sistema

neuromuscolare legato all’equilibrio del corpo nello spazio. Non si muta l'anatomia della bocca, ma

si stimolano i propriocettori ad inviare informazioni al sistema nervoso centrale e quindi agire sul

programma neuromotorio dell'apparato stomatognatico, resettandolo e poi riprogrammandolo:

l'azione è pertanto sui disturbi funzionali (80% circa della totalità) e non su quelli organici (se non

in tempi lunghi). L'azione di Mioset non è solo sulla bocca, ma su tutti quei sistemi che sono ad essa

collegati: sistema vestibolare (vertigini), uditivo (acufeni), complesso recettoriale basi-cervicale

(cefalea muscolotensiva, cervicalgie).

Pertanto esso agisce, secondo la teoria dei sottosistemi, su tutti quei disturbi (cefalea, cervicalgia,

acufeni, vertigini) a carico di sistemi correlati a quello stomatognatico, anche in assenza di un

problema con origine dalla bocca. La teoria dei sottosistemi afferma infatti che agendo su di un

elemento del sistema le conseguenze sono sempre e comunque a carico di tutti gli altri elementi al

fine di raggiungere un nuovo equilibrio funzionale. La bocca, per la ricchezza di recettori, è una

porta di ingresso preferenziale al sistema neuromuscolare, molto sensibile e reattiva. L'azione di

reset e quindi di riprogrammazione del sistema neuromuscolare deve avvenire in modo involontario

e pertanto la risposta all'uso del Mioset può variare da individuo ad individuo. Dopo una prima fase

di apprendimento, cosciente, segue quella involontaria, fase propriamente terapeutica.

Il MI OSET non opera una correzione ma fa fare un esercizio propiocettivo che porta

l’organismo a riequilibrarsi.

Una volta inserito in bocca svincola l’apparato dalla abituale chiusura dei denti e, poiché non è

ancorato ai denti, manda informazioni sempre diverse al cervello, tramite i recettori.

Poiché non è stabile, deve essere tenuto in posizione dalla coordinazione di guance, lingua, labbra,

ecc. e quindi la propiocezione della zona è sempre all’erta. Il cervello riceve treni di stimolazioni ed

inizia a comandare i muscoli in risposta: la neurofisiologia ci dice che il cervello apprende con un

sistema di biofeedback per cui risponde alle stimolazioni più frequenti tralasciando le altre e

analizza le risposte correggendosi via via. Il Mioset all’inizio agisce quando lo si porta e cessa la

sua azione quando lo si toglie, ben presto ha un effetto di accumulo per cui è efficace per sempre

più tempo anche se non lo si porta. E’ un concetto di fisioterapia: faccio una seduta di fisioterapia,

sto bene, dopo poco tempo mi tornano i sintomi, rifaccio la seduta e i sintomi tarderanno a tornare e

così via fino a che mi basta per sempre oppure ho bisogno di uno o due brevi richiami l’anno.

Mettendo il Mioset in bocca abbiamo un'alta probabilità di andare a riequilibrare un sistema

scompensato anche con sintomi importanti come cefalea muscolotensiva e cervicalgia.

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Capitolo 3

PROTOCOLLO VALUTATIVO

Questo capitolo è la naturale continuazione del precedente: si vuole focalizzare l'attenzione sugli

aspetti relativi alla raccolta dei dati valutativi con l'elaborazione di schede sintetiche standardizzate

che condensano l'esame clinico, strumenti di facile compilazione e consultazione, create

appositamente con un "linguaggio" fisioterapico. Lo scopo è di facilitare il lavoro di valutazione

durante la prima visita del paziente, successivamente di facilitare la visione immediata dei progressi

terapeutici, ed infine permettere una comunicazione efficace tra i professionisti che partecipano,

come consulenza o trattamento, nella diagnosi e terapia del soggetto preso in carico. Si privilegiano

quindi gli aspetti quantitativi della valutazione, rispetto al capitolo precedente che trattava in

particolare gli aspetti qualitativi generali e di pratica manuale. Le schede sono state create

riassumendo la gran quantità di modelli proposti in letteratura (rif. bibliografia), attraverso

un'analisi delle esigenze valutative squisitamente fisioterapiche, ed eliminando quegli aspetti poco

utili alla progettazione di un programma terapeutico perché tipici di altre competenze, specialmente

odontoiatriche, che hanno obiettivi e scopi diversi rispetto alle esigenze di formulazione

dell'esercizio terapeutico. Abbiamo condensato la raccolta dati su tre schede: autovalutazione,

valutazione cervicale, valutazione delle ATM, tralasciando volutamente almeno altre due schede

necessarie alla raccolta completa, ovvero, scheda anamnestica e valutazione posturale globale, per

evitare inutili ripetizioni di materiale già esistente ed efficiente. Forniremo le indicazioni dettagliate,

punto per punto, di utilizzo e compilazione delle schede, in modo che questo capitolo possa essere

estrapolato ed utilizzato come manuale di raccolta dati.

SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE

Innanzitutto il paziente è invitato a compilare questa scheda, in modo che l'operatore possa

familiarizzare con la percezione sintomatica e diagnostica del soggetto e con la sua storia

terapeutica. Per il fisioterapista che deve elaborare un piano terapeutico, ciò costituisce

indubbiamente un aiuto, anche per evitare la ripetizione di terapie già svolte; risulta altresì utile

nella fase finale del trattamento, quando il terapista è chiamato a valutare i progressi fatti, perché

talvolta accade che incominciando a registrare dei miglioramenti, il paziente dimentica l'intensità

del dolore e la ridotta funzionalità presenti all'inizio del trattamento.

Nell'autovalutazione il paziente qualifica e quantifica il dolore e ne descrive l'influenza sulle attività

quotidiane; questo strumento è stato volutamente creato con un linguaggio semplice e

comprensibile, dato che è autogestito dal paziente senza l'assistenza dell'operatore, e non ha bisogno

di ulteriori spiegazioni vista l'estrema semplicità.

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SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE NOME e COGNOME............................................................................................................................ ETA'...........................DATA.................................... Descriva brevemente con parole proprie il suo disturbo attuale: ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ Quando e come ha avuto inizio il disturbo? ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ Se il disturbo si protrae da molto tempo, quando è peggiorato? ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ Quali terapie ha eseguito finora o quali sta seguendo attualmente? ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ Elenchi le attività che le sono attualmente impedite a causa del disturbo descritto: ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ Aggiunga eventuali altre informazioni relative al suo disturbo: ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ Ha problemi di ordine medico? ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ E' in cura per qualche altro motivo oltre a quello da noi considerato? ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................

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Servendosi del disegno e dei codici descriva la localizzazione ed il tipo di dolore: Simboli Intensità

VVVV = dolore acuto (0 = dolore nullo, 10 = dolore massimo immaginabile) → = fitte ● = dolore sordo/tensione DOLORE: � costante � intermittente (va e viene) aggravato/peggiorato da: ......................................................... .................................................................................................... ....................................................................................................

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SCHEDA DI VALUTAZIONE CERVICALE

Durante la valutazione della regione cervicale, sono considerate la postura, la forza e la capacità di

movimento attivo e passivo. E' necessario esaminare anche la capacità di movimento e la forza

degli arti superiori, a causa delle evidenti connessioni posturali con il tratto cervicale. Vediamo ora

un'analisi dettagliata e le istruzioni relative alla raccolta dati di ogni singolo punto della scheda:

1. POSTURA-----Non si tratta di un'analisi posturale vera e propria, piuttosto di un'osservazione

degli atteggiamenti del capo, collo e spalle, preferibilmente all'insaputa del paziente, magari

durante il colloquio preliminare alla visita; barrare, se presenti, uno o più atteggiamenti

statisticamente significativi riportati, ed aggiungere nelle osservazioni se opportuno

programmare una visita posturale dettagliata e globale.

2. ROM ATTIVO -----In stazione seduta, far compiere al paziente i movimenti descritti e

misurare con goniometro il range. La lettera D va barrata se si manifesta dolore durante il

movimento, ed inserire a destra della lettera i gradi in cui si presenta il dolore.

3. ROM PASSIVO-----paziente in decubito supino, compiere i movimenti descritti mobilizzando

con opportuna presa al capo; lo scopo è apprezzare il tipo di resistenza e le eventuali limitazioni.

Il tipo di resistenza (END-FEEL) va descritta utilizzando il seguente schema tratto dal testo

"Valutazione Cinesiologica" di Clarkson Gilewich:

RIGIDA Improvviso e brusco arresto del movimento causato dal contatto di osso

con osso o sensazione di "grattugia" causata da superfici articolari ruvide

ed irregolari.

MORBIDA Sensazione "smorzata" che indica presenza di sinovite o edema delle parti

molli.

FERMA Sensazione elastica di brusco arresto del movimento con possibilità di

leggero cedimento: indica retrazione muscolare, capsulare o legamentosa.

BLOCCO

ELASTICO

Si può vedere o avvertire un effetto di "rimbalzo" che indica la presenza

di alterati rapporti articolari.

DI VUOTO In presenza di rilevante sintomatologia dolorosa non si avverte l'end-feel

prima del termine del ROM passivo, perché il paziente chiede di fermare

il movimento.

DI SPASMO Blocco rigido e brusco del movimento spesso accompagnato da dolore;

indica artrite acuta o sub-acuta o una patologia attiva e severa. Senza

dolore, questo tipo di end-feel può indicare una lesione del SNC cui

consegue l'aumento del tono muscolare.

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4. ROM ATTIVO SCAPOLO-OMERALE ----- In stazione seduta, far compiere al paziente i

movimenti descritti e misurare con goniometro il range. La lettera D va barrata se si manifesta

dolore durante il movimento, ed inserire a destra della lettera i gradi in cui si presenta il dolore.

Nelle osservazioni descrivere eventuali limitazioni ed effetti sulla postura.

5. ESAME MUSCOLARE - DOLORABILITA' ALLA PALPAZIONE ----- E' importante

compiere manovre bilaterali, così da permettere al soggetto di evidenziare meglio le differenze

tra un lato e l'altro. Barrare i muscoli indicati solo se si manifesta dolore alla palpazione.

6. ESAME MUSCOLARE - FORZA -----effettuare i test muscolari sui gruppi muscolari effettori

dei movimenti richiesti, barrare il simbolo D se si manifesta dolore ed inserire il punteggio

utilizzando la seguente scala:

5 NORMALE Tutto il ROM contro gravità e massima resistenza.

4 BUONO Tutto il ROM contro gravità e moderata resistenza.

3 MEDIO Tutto il ROM contro gravità.

2 SCARSO Tutto il ROM a gravità eliminata.

1 TRACCE Traccia di contrazione, ROM nullo.

7. RICERCA DEI TRIGGER POINTS -----Nel retro della valutazione cervicale ci sono due

figure da disegnare: con una x segnare il trigger, con una freccia partendo dal trigger segnare la

zona di dolore riferito e delimitarne l'area. Vanno ricercati all'interno delle masse muscolari,

individuando bande di aumentata consistenza nel cui contesto sono sospettabili. Si procede quindi

ad una ricerca fine del punto trigger mediante digitopressione su tutta la banda muscolare,

aspettandoci sia per i punti attivi sia per i latenti, il cosiddetto "segno del salto" (jump sign), risposta

dolorosa facilmente intuibile. Come facilitazione meccanica per questa ricerca, si può utilizzare una

posizione in cui il muscolo sia in estremo allungamento. Esistono due tecniche di palpazione dei

trigger points:

3) Se il muscolo in esame si può raggiungere da una sola direzione, si fanno scorrere le fibre

muscolari sotto la punta del dito palpante in direzione perpendicolare alla loro lunghezza,

comprimendo contro il piano osseo sottostante (snapping palpation).

4) Se il muscolo è raggiungibile da due direzioni, si afferrano e si comprimono fra loro le fibre

muscolari, con presa a pinza tra il pollice e le altre dita (pincer palpation).

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VALUTAZIONE CERVICALE

PAZIENTE: .................................................................................... DATA:.......................................... POSTURA: avanzata del capo € spalle arrotondate € cifotica € aumento della curva lordotica € osservazioni............................................................................................................................................................................................................................................................................................................

(Il simbolo "D" = dolore, barrare se presente) ROM ATTIVO : flessione (45°-55°)..............D estensione (70°)..................D Rotazione (80°-85°) dx.......D sx.......D inclinaz. laterale (70°) dx.......D sx.......D ROM PASSIVO: si deve notare la qualità della resistenza (end-feel) e localizzare le limitazioni ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ROM ATTIVO SCAPOLO-OMERALE : (osservare le limitazioni e gli effetti sulla postura) Flessione braccio (160°-180°) dx........D sx........D Abduzione (120°) dx.......D sx.......D Osservazioni:.......................................................................................................................................................................................................................................................................................................... ESAME MUSCOLARE: DOLORABILITA' ALLA PALPAZIONE DEI MUSCOLI: sternocleidomast. dx � sx � scaleni dx � sx � elevat. scapola dx � sx � trapezio sup dx � sx � suboccipitale dx � sx � romboide dx � sx � ESAME MUSCOLARE: FORZA (test muscolari) 1 tracce, 2 scarso, 3 medio, 4 buono, 5normale Tratto cervicale (controresistenza manuale): flessione.......D estensione......D rotazione dx.......D sx.......D. inclinaz laterale dx........D sx........D Flessione spalle dx.......D sx.......D Abduzione spalle dx........D sx........D Abduzione orizzontale dx.......D sx.......D Elevazione spalle dx........D sx........D Osservazioni...........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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SEGNARE I TRIGGER POINTS CON UNA X.

CONGIUNGERE CON UNA LINEA IL TRIGGER CON LA ZONA ALGICA.

DISEGNARE IL PERIMETRO DELL'AREA ALGICA RIFERITA.

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SCHEDA DI VALUTAZIONE DELLE ATM

In questo modello raccogliamo i dati relativi alle articolazioni temporo-mandibolari: la palpazione

dei muscoli motori, la palpazione articolare, l'end-feel, l'escursione e la mobilità globale, i rumori

articolari.

Molti dei test da effettuare proposti nella scheda sono stati descritti nel capitolo 2, ma comunque ne

descriveremo una sintesi nei punti relativi.

1. DOLORE ALLA PALPAZIONE DEI MUSCOLI ----- E' importante compiere manovre

bilaterali, così da permettere al soggetto di evidenziare meglio le differenze tra un lato e l'altro.

Barrare i muscoli indicati solo se si manifesta dolore alla palpazione.

2. DOLORE ALLA PALPAZIONE ARTICOLARE -----Anche in questo caso è opportuna

una palpazione bilaterale. E' una ricerca generica del dolore a livello articolare e della sua sede;

barrare le zone di palpazione riportate se si presenta il dolore.

3. MECCANICA ARTICOLARE -----Si tratta di particolari misurazioni dei movimenti

mandibolari. Si può utilizzare un comune righello flessibile oppure uno specifico misuratore

della Therabite corporation (USA). In tutte le manovre di misurazione potrebbe presentarsi il

dolore: barrare la lettera D se questo accade. La massima apertura si misura in millimetri tra i

margini degli incisivi superiori ed inferiori in corrispondenza della linea mediana. I valori medi

dell'apertura variano da 45 a 55 mm. Durante questa misurazione possiamo notare, a fine

apertura, se la mandibola rimane centrata oppure se devia da un lato: se ciò accade, misurare a

quanti millimetri corrisponde la deviazione dalla linea mediana e riportare il dato nella casella

deviazione. La deflessione è invece uno spostamento della mandibola dalla linea mediana

durante il movimento di apertura, che si ricentra verso la massima apertura: misurare l'entità

dello spostamento dalla mediana ed a quanti millimetri di apertura accade. La protrusione è il

movimento in avanti della mandibola: per misurarlo conviene tracciare, con un pennarello a

punta fine, una linea di riferimento che includa i canini superiore ed inferiore di un lato, far

compiere al paziente il movimento e misurare di quanti mm. le due linee si distanziano. Anche

per misurare la laterotrusione, movimento laterale destro e sinistro della mandibola, conviene

tracciare sui denti una linea di riferimento, in questo caso tra un incisivo superiore ed il

sottostante inferiore, e procedere alla misurazione a destra e sinistra riportando in cartella le

misurazioni effettuate. Al termine di tutte le misurazioni, possiamo tracciare un grafico sul

diagramma riportato nella scheda a destra delle misurazioni.

4. MOBILITA' ARTICOLARE -----In questa sezione inseriamo i dati relativi ai test di

manipolazione funzionale, dettagliatamente descritti nel capitolo 2. La sensazione finale o end-

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feel: far compiere al paziente una massima apertura e forzare con pollice-indice posti a forbice

tra gli incisivi; apprezzare l'incremento passivo della massima apertura e la sensazione di

elasticità. Se la manovra è possibile ma dolorosa, è una limitazione di origine muscolare; se

l'apertura è molto ridotta è di origine psichica; se non vi è incremento e si apprezza rigidità , si è

in presenza di un blocco meccanico artrogeno. Barrare la sensazione corrispondente, tenendo

conto che una sensazione normale deve dare una risposta in massima apertura non dolorosa ed

elastica con incremento di 1-2 millimetri. Il joint-play è la manovra con cui l'escursione

articolare è accertata con la trazione e traslazione del complesso condilo-menisco rispetto alla

fossa glenoidea; la trazione coinvolge i componenti dell'ATM come pure i fasci verticali dei

muscoli masticatori dell'area circostante la capsula articolare, la traslazione coinvolge i

componenti l'ATM e i fasci orizzontali dei muscoli masticatori e può essere dolorosa. La

traslazione può fornirci informazioni circa irregolarità e lesioni dei componenti articolari,

oppure farci avvertire un ostacolo al movimento. Si appoggia il pollice sull'emiarcata dentale

inf. e le altre dita ad impugnare il corpo mandibolare, le dita dell'altra mano si pongono sulla

zona articolare omolaterale. Applicare ora una forza distraente, verso il basso, e con una

trazione latero-mediale ed in avanti si fa traslare la mandibola. Con le dita poste

sull'articolazione si apprezza l'elasticità dei tessuti molli intra e peri- capsulari e l'allineamento

tra capi articolari e disco. Barrare quindi una o più caselle relative alle sensazioni avvertite.

Compressione articolare: si usa la stessa posizione del joint-play però le dita della mano che

stavano sull'articolazione sono poste sul bordo inferiore della mandibola, in corrispondenza

dell'angolo mandibolare, e si esercita una forza verso l'alto; la comparsa del dolore durante

questa manovra è indice di patologia intracapsulare, sinovite, retrodiscite, poussèe artrosica.

Compiere la manovra a destra e sinistra e barrare l'eventuale evocazione di dolore.

Test dinamico contro lieve resistenza: si può eseguire in modo attivo o passivo. Impugnare la

mandibola come il joint-play, mantenere un'apertura di circa 1 cm e far compiere movimenti

di apertura, chiusura, lateralità e protrusione, applicando una lieve controresistenza: la

comparsa di dolore indica una patologia di origine articolare, tuttavia non esclude una patologia

di tipo muscolare. Barrare se presente dolore ed in quale/i movimento/i . Il Test contro forte

resistenza è identico, solo si applica più forza, come per impedirlo. Test del bastoncino: si

pone uno spessore, un abbassalingua o un rullo di cotone, tra i molari di un lato e si invita il

paziente a serrare fortemente per 8/10 secondi. Così si sovraccaricano gli elevatori omolaterali e

l'ATM controlaterale: la comparsa del dolore depone per una sofferenza muscolare ipsilaterale

ed articolare interna controlaterale. Segnalare in scheda il dolore e la sua sede.

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Come ultimo test di mobilità, troviamo in scheda il Test Contro protrusione: si effettua ad un

grado intermedio di apertura della bocca; si produce una spinta sul mento in direzione

posteriore e si invita il paziente a resistere alla forza. L'accentuazione o la comparsa di dolore

depongono per uno spasmo dello pterigoideo esterno (capo inferiore) o per una infiammazione

retrodiscale. Barrare le caselle riportate in scheda.

5. AUSCULTAZIONE DEI RUMORI ARTICOLARI -----Esaminando i rumori articolari, si

possono distinguere innanzi tutto due differenti suoni: il CLICK ed il CREPITIO. Il click

denota irregolarità locali dei componenti articolari con o senza internal derangement (termine

molto utilizzato nella letteratura specialistica in italiano: equivale ad incoordinazione condilo-meniscale o

alterazioni intra-capsulari, cioè un dislocamento del disco, solitamente in posizione antero-mediale, associato

eventualmente a rimodellamento del condilo mandibolare: si avrà il caratteristico schiocco articolare e, in casi

acuti, un vero e proprio blocco articolare con impotenza funzionale, il locking). Un modo per identificare

clinicamente la causa più probabile del rumore consiste nello stabilire come e quando esso si

verifica durante il movimento di apertura/chiusura della bocca. Se si registra solo in apertura o

solo in chiusura, oppure in entrambe nella stessa posizione, il suono è dovuto ad irregolarità dei

componenti dell'articolazione. Se si verifica in apertura e chiusura ma in posizioni differenti, è

causato dallo spostamento del disco che si trova in posizione alterata con il condilo. Il crepitio

invece, è un suono più lungo e simile ad uno scricchiolio: è determinato dalla presenza di

superfici articolari deteriorate. Nella maggior parte dei casi è dato da una perforazione del disco

con degenerazione della componente temporale e del condilo. Si osserva soprattutto negli

anziani, anche se non è infrequente nei pazienti più giovani spesso per cause infiammatorie

della membrana sinoviale. I rumori articolari non accompagnati da dolore o da altri segni

patologici non costituiscono motivo di trattamento; possono persistere per un lungo periodo e

nella maggior parte dei casi rimangono asintomatici. Per effettuarne la valutazione è utilizzato

un fonendoscopio, cui viene tolta la membrana, in corrispondenza delle articolazioni. Iniziare

l'auscultazione a bocca chiusa ed invitando il paziente ad aprire, determinare il tipo di rumore e

la sua localizzazione, click o crepitio nel terzo prossimale, medio o distale del movimento. Nel

retro della scheda, utilizzando i simboli corrispondenti al rumore percepito, disegnarli all'interno

delle apposite caselle. Per una valutazione più fine, misurare il grado di apertura della bocca in

millimetri corrispondente alla comparsa del rumore e riportarlo nello schema. La scheda termina

con un ampio spazio dedicato alle osservazioni conclusive, su particolari aspetti che non sono

stati previsti.

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VALUTAZIONE DELL' ATM

PAZIENTE....................................................................................................DATA.............................. DOLORE ALLA PALPAZIONE DEI MUSCOLI: Massetere ventre dx � sx � massetere superficiale dx � sx � Lingua � Pterigoideo esterno dx � sx � Temporale anteriore. dx � sx � post. dx � sx � DOLORE ALLA PALPAZIONE ARTICOLARE: Polo laterale condilo dx � sx � Retrocondilare a bocca aperta dx � sx � Intrauricolare (mignolo) a bocca chiusa dx � sx � a bocca aperta dx � sx � MECCANICA ARTICOLARE: Apertura massima: mm...........D Laterotrusione: dx...........mm D sx...........mm D Protrusione: mm..........D Deviazione: mm...........a dx � D a sx � D Deflessione: ai mm..di apert..........D di mm...........a dx � D a sx � D Con l'aiuto dei dati misurati tracciare un grafico. MOBILITA' ARTICOLARE: Sensazione finale (END-FEEL): normale � rigida � dolore � JOINT-PLAY: normale � ostacolato � doloroso � irregolarità � Compressione articolare: dolore � a dx � a sx � Test dinamico, lieve controresistenza: dolore � durante il movimento di..................................... Test dinamico, forte controresistenza: dolore � durante il movimento di..................................... Test del bastoncino: dolore � in sede............................................................................. Contro protrusione: dolore � a dx � a sx �

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AUSCULTAZIONE DEI RUMORI ARTICOLARI: Inserire nell'apposita casella i seguenti segni corrispondenti al tipo di rumore: = CLICK ∗ = CREPITIO Osservazioni conclusive........................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................

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Capitolo 4

TRATTAMENTO

Al termine del processo valutativo e delle relative procedure di rilevazione dati, il fisioterapista

si trova nel momento fondamentale del suo specifico professionale: la programmazione

dell'esercizio terapeutico, che è l'insieme di strategie e di manovre proposte al paziente e derivanti

da una rielaborazione degli aspetti valutati. Tali programmi si basano su specifici obiettivi

identificati nel corso della valutazione e in seguito rielaborati, con lo scopo di migliorare una

funzione od una sua componente. L'esercizio terapeutico è dunque la base concettuale

dell'approccio fisioterapico nella sua più ampia accezione; esso comprende altresì la

fisiochinesiterapia, ovvero la proposta terapeutica che utilizza come strumento il movimento e che

rappresenta la base del trattamento nella riabilitazione delle disfunzioni cranio-mandibolari. I

movimenti funzionali si compiono normalmente grazie all'integrità di alcuni elementi

neuromuscolari di base: la forza, la resistenza, la mobilità e flessibilità, la capacità di rilasciare i

muscoli, e la coordinazione ed abilità motorie. Il miglioramento di questi parametri avviene

secondo diverse modalità: passiva, attiva, attiva-assistita. Nella progettazione del programma

terapeutico, l'esperienza fisioterapica non si limita alla sola chinesiterapia, ma sono considerate,

sulla base delle osservazioni compiute sul paziente, altre tecniche che possono essere più specifiche

e mirate al raggiungimento degli obiettivi prefissati: tecniche di rilassamento muscolare come il

training autogeno, oppure il biofeedback elettromiografico che ha dato ottimi risultati; od ancora la

terapia fisica strumentale, tipo termoterapia, laserterapia, elettroterapia, ultrasuoni. Ricordiamo che

se l'etiopatogenesi della disfunzione non è di origine occlusale, e quindi la competenza

odontoiatrica assume un ruolo non preponderante nell'iter terapeutico, la fisioterapia rappresenta il

primo ed unico tentativo di eliminazione della componente algica: questo ci fa distinguere gli

obiettivi, che possono essere a breve termine, solitamente ad approccio sintomatico antalgico,

oppure a medio e lungo termine se valutano una rieducazione funzionale. In base alla revisione

bibliografica ed alla nostra esperienza, abbiamo suddiviso, per semplicità di trattazione, il quadro di

trattamento dei pazienti che presentano alla valutazione un insieme di sintomi e segni simile e

riconducibile ad un gruppo più o meno omogeneo, nei limiti delle molte variabili tipiche di queste

sindromi. Per ogni gruppo tratteremo gli aspetti diagnostici e le proposte di trattamento, consci dei

limiti che una generalizzazione di questo tipo comporta per il singolo caso.

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Fondamentalmente possiamo definire tre gruppi principali di problematiche artro-muscolari

stomatognatiche; come già ribadito, questa suddivisione grossolana serve ad inquadrare il caso ed

iniziare una terapia mirata, che andrà necessariamente aggiustata "in itinere" ed in base alle

soggettive risposte del paziente:

♦ IPOMOBILITA' MANDIBOLARE

♦ IPERMOBILITA' MANDIBOLARE

♦ IPERATTIVITA' MUSCOLARE (Parafunzioni e Bruxismo)

A queste categorie aggiungiamo il trattamento post-chirurgico, che può esserci richiesto dagli

specialisti maxillo-facciali, per le particolari attenzioni e controindicazioni da valutare attentamente.

Prima di descrivere in dettaglio gli esercizi, descriviamo sinteticamente i singoli quadri con gli

obiettivi del trattamento.

IPOMOBILITA' :

per definizione si tratta di una diminuita lassità di una o più articolazioni. Possiamo determinare

diagnosticamente se la causa del ridotto movimento è di origine articolare o muscolare; l'end-feel ed

il joint-play sono le manovre che ci permettono questa distinzione. Al quadro ipomobile si

associano segni piuttosto evidenti, quali la rigidità posturale ed uno stato di contrattura dei muscoli

facciali. I test di movimento attivo mandibolare hanno valori sotto la norma. Non è improbabile che

l'età del soggetto giochi un ruolo fondamentale nell'instaurarsi di una situazione ipomobile, dato che

nell'anziano spesso si tratta di una condizione generalizzata.

Gli obiettivi del trattamento riguardano il ripristino di una mobilità attiva e completa della

mandibola, aumentando sia la rotazione sia la traslazione del complesso condilo-meniscale. E'

fondamentale discriminare se la causa d'ipomobilità è miogena od artrogena per definire il tipo di

trattamento: se artrogena s'inizia una mobilizzazione passiva per arrivare all'esercizio attivo, se

miogena, solitamente da ipertono, si lavora principalmente sul rilassamento con facilitazioni

neuromuscolari propiocettive tradizionali o d'apprendimento motorio tipo biofeedback EMG.

LINEE GUIDA FISIOTERAPICHE NEL TRATTAMENTO DELLA IP OMOBILITA'

a) Rilassare la mandibola; diverse tecniche, scegliere la più idonea per il paziente.

b) Stimolare i movimenti mandibolari, dapprima con mobilizzazione passiva, poi attivo-assistita,

infine automobilizzazione.

c) Stimolare i movimenti muscolari, stimolazioni intraorali della muscolatura ed incoraggiare e far

praticare le smorfie, riempire le guance e spostare l'aria, contrarre le labbra, ecc.

d) Incoraggiare la mimica facciale durante la fonazione.

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e) Far tenere un diario quotidiano dell'apertura della bocca.

f) Esercizi di mobilizzazione e stiramento globali, riabilitazione posturale.

g) Stabilizzazione ritmica.

Controindicazioni

• La massima protrusione è svantaggiosa nelle discopatie.

• La massima apertura, spesso dolente a causa dell'ipertono degli elevatori e che può peggiorare

un blocco discale.

IPERMOBILITA' :

possiamo definirla come aumento di lassità di una o più articolazioni. I segni più evidenti sono una

massima apertura della bocca eccessiva, lassità testabili di altre articolazioni, postura avanzata del

capo, ipotrofia ed ipostenia dei muscoli masticatori, incoordinazione nei movimenti mandibolari. I

pazienti, spesso giovani o giovanissimi, lamentano episodi di lussazione mandibolare in massima

apertura con riduzione spontanea od ortopedica (pronto soccorso ospedaliero). Il rumore articolare

spesso associato è il click meniscale, in taluni casi molto intenso, il dolore muscolare ed articolare è

presente nella maggior parte dei casi. Gli obiettivi del trattamento sono essenzialmente antalgici a

brevissimo e breve termine, ed alla limitazione dei movimenti in eccesso con ripristino di tono

trofismo e coordinazione nel medio e lungo termine.

LINEE GUIDA FISIOTERAPICHE NEL TRATTAMENTO DELLA IP ERMOBILITA'

a) Limitare l'apertura della bocca, facilitare la rotazione piuttosto che la traslazione condilo-

meniscale.

b) Esercizi di coordinazione allo specchio, esercizi per la mediana.

c) Rinforzo degli elevatori, esercizi controresistenza isometrici.

d) Stabilizzazione ritmica.

e) Esercizi posturali e di rinforzo generali.

f) Favorire la presa di coscienza e la motivazione del paziente.

Controindicazioni

• Massime escursioni articolari, passive od attive.

• Massima apertura della bocca.

• Lo sbadiglio.

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IPERATTIVITA' MUSCOLARE (Parafunzioni e bruxismo):

molti testi riportano il quadro sindromico dell'iperattività come bruxismo, caratterizzato da

ipertrofia degli elevatori ed ipertono, e come segno dentale le faccette di usura in certi casi molto

accentuate. Dalla revisione bibliografica, visionando i trattati e gli articoli più recenti, abbiamo

preferito inquadrare nella voce "iperattività" sia le parafunzioni sia il bruxismo, con l'intento di

specificare due diversi aspetti, non sinonimi, in un contesto patologico obiettivo e soggettivo

similare. Il bruxismo, infatti, viene definito digrignamento o serramento dei denti ed è un tipo di

parafunzione; meglio quindi dare una definizione di parafunzione del sistema stomatognatico e

nella classificazione inserire il bruxismo con relative sottoclassi, tipo bruxismo in centrica,

notturno, ecc.

Parafunzioni masticatorie: definisce un'attività anormale di determinati gruppi muscolari,

suscettibile di ripetersi e che molto spesso si manifesta inconsciamente; in questo caso, si tratta di

una sequenza motoria provocata dalla necessità di soddisfare un bisogno della sfera orale come

risposta ad uno stress. Questa sequenza implica anche l'intervento di gruppi muscolari di

compensazione e di supplenza, muscoli infra e sovra-ioidei, muscoli posturali del capo, etc. Tra i

muscoli masticatori, la parafunzione riguarda soprattutto gli elevatori (massetere e temporale). Il

risultato si manifesta clinicamente sotto forma di "bruxismo", termine ben conosciuto che

comprende in realtà due forme funzionali ben distinte: il bruxismo in centrica o serramento

(clenching), che è una forte contrazione a denti serrati, senza movimento, isometrica; il bruxismo

non in centrica o digrignamento (grinding) in cui si producono dei movimenti orizzontali di va-e-

vieni e i denti inferiori sfregano contro i superiori, isotonici, con forte usura dello smalto dentale.

In base al momento della parafunzione, distinguiamo un bruxismo notturno propriamente detto e

la bruxomania che invece è diurna. Un elemento può sorprendere: il paziente non sempre dichiara

subito il serramento, infatti, è un gesto involontario che necessita di presa di coscienza, che è uno

degli obiettivi terapeutici. Numerosi e differenziati lavori su campioni significativi, mettono in

evidenza il ruolo aggravante delle parafunzioni sui dolori cranio-facciali e la sensazione di "fatica

delle mascelle". Al di là del bruxismo, nel capitolo parafunzioni vengono inseriti alcuni tic come il

mordicchiamento della matita, il rosicchiamento delle unghie, la morsicatura delle labbra o delle

guance, il chewing-gum. Nelle abitudini parafunzionali, i fenomeni di compensazione posturale e

funzionale hanno come conseguenza una sintomatologia che supera ampiamente il quadro limitato

al distretto masticatorio; a questo proposito, il serramento si rivelerebbe più deleterio per

l'organismo rispetto al digrignamento. Nel digrignamento la contrazione muscolare è isotonica con

spostamento della mandibola in senso orizzontale, la compensazione maggiore si ha dunque a spese

dei tessuti dentali (smalto) o periodontali, cosa che può facilmente essere osservata intraoralmente

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con la presenza di usura dentale o riassorbimenti gengivali; nel caso del serramento la contrattura si

attua secondo una modalità isometrica, senza spostamento delle parti ossee, senza possibilità di

compensazione sul piano strutturale e rende questa eventualità più nociva a breve termine, non tanto

sui tessuti duri, ma a carico dei tessuti molli, in particolare i muscoli.

LINEE GUIDA FISIOTERAPICHE NEL TRATTAMENTO DELLA IP ERATTIVITA'

• Autocoscienza delle attività parafunzionali.

• Rilassamento muscolare, eventualmente con biofeedback EMG.

• Training autogeno od altre tecniche di rilassamento.

• Motivazione ed autocontrollo delle parafunzioni.

• Motivazione all'uso dell'ausilio occlusale.

ESERCIZIO TERAPEUTICO

L'esercizio terapeutico relativo alle disfunzioni cranio-mandibolari, non si discosta, nelle sue linee

generali e di impostazione, dai princìpi del processo riabilitativo fisioterapico del corpo intero.

Presupposto fondamentale di tale impostazione di cura è che il paziente impari a conoscere il suo

corpo, le possibilità ed i limiti delle sue attività motorie funzionali ed i pericoli di quelle

parafunzionali: il fine ultimo è di attivare un'autocoscienza attiva. La selezione dell'esercizio

terapeutico si basa sul ragionamento che il terapista compie integrando la diagnosi medica con la

valutazione fisioterapica, per cogliere il segno o i segni patognomici di menomazione e

selezionando l'ipotesi più probabile. Sostanzialmente si tratta di una selezione di esercizi ATTIVI,

che viene cioè attuata dal paziente, dopo un periodo di apprendimento con il fisioterapista;

possiamo raggruppare queste tecniche nel gruppo delle facilitazioni neuromuscolari propiocettive. I

migliori risultati, vista anche l'autogestione, si ottengono con le pratiche più semplici, con gli

obiettivi di miglioramento del tono muscolare in termini di lunghezza, forza e plasticità, e la

coordinazione dei movimenti stessi. Si produce un programma individuale di esercizi da svolgere

quotidianamente e con regolarità, facilitando il compito con l'uso dello specchio; la loro validità è

esaltata dall'autocoscienza che in questo modo induciamo. In altre situazioni è necessario

selezionare degli esercizi PASSIVI, che progressivamente possono diventare attivi-ASSISTITI ; la

modalità passiva viene utilizzata soprattutto nelle problematiche artrogene o in quelle miogene

stabilizzate (croniche). Gli effetti dell'esercizio in modalità passiva possono essere meccanici,

aumento del ROM articolare, favorire l'allungamento muscolare, impedire aderenze e fibrosi,

migliorare la simmetria, oppure effetti positivi sulla circolazione ematica distrettuale, ed ancora di

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tipo riflesso per diminuire il tono muscolare. La durata e l'intensità del ciclo fisioterapico diminuirà

in proporzione ai risultati raggiunti. Il paziente deve essere coinvolto attivamente ed avere la

soggettiva consapevolezza del miglioramento e del raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Dobbiamo inoltre considerare che lo stesso esercizio, come spesso accade per altri distretti, può

servire a scopi diversi a seconda dell'adattamento individuale alle esigenze del paziente.

ESERCIZI DI MOBILIZZAZIONE E COORDINAZIONE ATTIVA

DISTRETTO STOMATOGNATICO

Il primo aspetto da considerare è la postura mandibolare, in quanto è importante che il paziente

apprenda una posizione di riposo corretta. A sua volta questa posizione è condizionata dalla postura

linguale, che assume un ruolo chiave nelle complesse interazioni tra le varie funzioni del sistema

per la sua collocazione topografica.

Esercizi posturali:

Controllo posizione di riposo della lingua e dell'osso ioide

Posizionare la lingua sul palato evitando il contatto

della punta con gli incisivi superiori e far pronunciare

la lettera "S"; il paziente apprenderà il mantenimento

del terzo anteriore linguale contro il palato esercitando

una lieve pressione. Procura la posizione di riposo della

mandibola con la minima attività muscolare. Viene usato

anche nel recupero della deglutizione che fisiologicamente

ha questa posizione di partenza.

Controllo della coordinazione linguale.

Dalla posizione descritta nel precedente esercizio, far muovere la lingua a destra ed a sinistra

lentamente, con particolare attenzione ai movimenti parassiti; ottimo anche come rinforzo della

muscolatura sovra-ioidea.

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Esercizi di movimento attivo:

Controllo della muscolatura mimica.

Posizionare il paziente seduto di fronte ad uno specchio ed esercitarlo a mantenere la corretta

posizione di riposo mandibolare prima di iniziare e far compiere lentamente e coscientemente,

senza attivare altri muscoli mimici, i seguenti movimenti: chiusura dell'occhio destro e sinistro,

alzare il labbro superiore destro e sinistro, sorriso simmetrico, chiusura serrata delle labbra per

rinforzare il sigillo labiale, corrugare la fronte, gonfiare le guance e spostare l'aria a destra e sinistra.

Nei casi di ipomobilità incoraggiare il paziente a fare quante più "smorfie" possibili. Questi esercizi

danno incoraggianti risultati anche nel recupero dai gravi esiti neurologici ricorrenti nei gravi

traumi cranio-encefalici o da incidente vascolare.

Secondo molti studi condotti e diverse pubblicazioni, la facilitazione elettiva per questo tipo di

esercizio, come per molti altri, è il biofeedback elettromiografico.

Escursioni articolari massimali

Si effettuano le massime escursioni possibili spontaneamente, eventualmente le prime ripetizioni

possono essere lievemente guidate con un dito, verso destra e sinistra, evitando il movimento

protrusivo perché dannoso nelle discopatie; evitare anche la massima apertura, perché peggiorante il

blocco discale e per il dolore che spesso insorge negli elevatori antagonisti al movimento.

Esercizi di coordinazione:

Coordinazione isotonica dell'apertura

Dalla posizione di riposo mandibolare, capo lievemente esteso, aprire e chiudere la bocca

ritmicamente per circa 1 cm., senza arrivare a toccare i denti in chiusura, rimanendo

simmetricamente in asse, senza deviazioni. Il paziente può facilitarsi ponendo l'indice e il medio di

ogni mano in corrispondenza del polo laterale del condilo per mantenere l'apertura in asse.

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Dobbiamo privilegiare la componente rotatoria condilare piuttosto che quella traslatoria. Un'altra

facilitazione può essere l'inserire nello spazio interincisivo dei cunei di legno colorati di riferimento,

oppure degli artigianali stecchini (foto sotto).

coordinazione isotonica dell'apertura.

Apertura in asse da posizione protrusa

In caso di schiocco meniscale, iniziale o intermedio, far assumere ai denti una posizione protrusa

facilmente ritrovabile, ad esempio con il contatto dei margini degli incisivi; aprire e chiudere in asse

lungo una traiettoria che eviti lo schiocco, senza mai chiudere i denti completamente

nell'intercuspidazione abituale. Il paziente può controllare la simmetria e l'assenza di schiocco

ponendo lievemente le dita sulla regione articolare.

Prevalenza della rotazione sulla traslazione.

Nei casi di ipermobilità vi è una prevalenza della componente traslatoria dell'articolazione rispetto

alla componente rotatoria; occorre rieducare il movimento a favore della rotazione: il paziente deve

aprire senza fare scivolare il mento in avanti coordinando il movimento in asse. Si può facilitare

ponendo gli indici sulla regione articolare ed i pollici sulla porzione anteriore del mento (foto 1).

Andrebbe effettuato per due minuti 10 volte al giorno procedendo per gradi di progressiva apertura

prevalentemente rotatoria.

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Esercizi di rinforzo neuromuscolare

Rinforzo ed accorciamento degli elevatori

Questo esercizio è particolarmente indicato nella ipermobilità mandibolare e lassità legamentosa;

inserire tra le due arcate dentali uno spessore corrispondente allo spessore di una matita, che andrà

progressivamente a raddoppiare, possono essere degli abbassalingua di legno; il paziente deve

mordere lo spessore per un secondo al 50% della forza per 10 volte consecutive, tre serie almeno 10

volte al giorno. Questo esercizio è conosciuto come "l'osso del cane" (foto 2).

Foto 1, rotazione senza traslazione foto 2, "osso del cane"

Isometrico Controresistenza.

Si deve prestare molta attenzione nell'istruire il paziente a svolgere correttamente l'esercizio; la

modalità è isometrica per cui non deve esserci movimento benché cambino le direzioni della forza

applicata. Il paziente utilizza la mano per porre una resistenza al movimento di lateralità destro,

sinistro, di protrusione, di apertura e di chiusura: si applica una forza continua controresistenza per

5 secondi in tutte le direzioni per 10 volte, rispettando per ogni ciclo una pausa di riposo.

Foto 3-4-5-6, esercizio isometrico controresistenza.

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Esercizi di rilassamento

Questo tipo di esercizio è particolarmente indicato per l'ipomobilità da ipertono muscolare e nel

controllo del bruxismo; le pratiche di rilassamento neuromuscolare per questi tipi di patologie

rappresentano la principale misura terapeutica. Nel caso delle parafunzioni

serramento/digrignamento (bruxismo) in primo luogo, il rinforzo positivo si ottiene con

l'autocoscienza e la motivazione del paziente, essendo lo scopo della terapia arrivare

all'autocontrollo cosciente. Le tecniche di rilassamento globale, tenendo conto del fattore

psicogeno, tipo il training autogeno oppure tecniche di meditazione vere e proprie come ad esempio

lo yoga, sono consigliabili a questi pazienti come terapia collaterale alla nostra, coadiuvante e

sperimentata con successo.

Affaticamento degli elevatori

Un metodo noto da tempo è quello di far stringere per qualche minuto i denti su dei rulli di cotone

(quelli da dentista!), alla sera prima di coricarsi, per affaticare i muscoli elevatori mandibolari ed

ottenere un rilassamento degli stessi.

Rilassamento riflesso

Si tratta di un esercizio contro-resistenza, si invita il paziente a porre la mano sotto il mento ed

applicare una contro-resistenza all'apertura della bocca. Questo provoca un'attività isometrica dei

muscoli abbassatori della mandibola (capo inferiore dello pterigoideo esterno e muscoli sovra-

ioidei) che così si affaticano ottenendo come risposta riflessa il rilassamento dei loro antagonisti,

ovvero gli elevatori, la cui diminuzione del tono è il nostro obiettivo. Le condizioni ottimali di

esecuzione prevedono un riscaldamento preliminare (a livello casalingo vanno bene dei panni caldi)

del distretto, dalle tempie alle guance essendo la manovra bilaterale, per circa 5 minuti; si prosegue

con l'esercizio mantenendo la controresistenza per 10 secondi per 10 ripetizioni intervallando pause

di riposo, di circa 20 secondi, tra una contrazione e l'altra. Terminare l'esercizio con un'altra

applicazione di calore per 5 minuti, anche per assaporare la non spiacevole sensazione di

rilassamento. Tutta la sequenza dovrebbe essere ripetuta almeno tre volte al giorno.

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DISTRETTO CRANIO-CERVICALE e SCAPOLO-OMERALE

Sono esercizi di automobilizzazione il cui obiettivo è di migliorare la relazione biomeccanica a

livello della cerniera cranio-vertebrale, inducendo una distrazione delle vertebre cervicali e la

mobilità di tutto il segmento. Anche in questo caso è opportuno un addestramento adeguato del

paziente, che dovrà poi svolgere gli esercizi in autonomia. In stazione eretta o seduta porre il

paziente di fronte ad uno specchio grande ed iniziare con il controllo della simmetria del capo, del

mento e delle spalle, mantenendo la posizione raggiunta per almeno 5 secondi; intervallare periodi

di riposo e poi raggiungere nuovamente la posizione corretta e mantenere. Respirare profondamente

e correttamente durante l'esercizio.

Mobilizzazione del rachide cervicale.

Insegnare al paziente a mantenere ferme le spalle, con il mento leggermente arretrato ed abbassato,

è solo il collo che si muove; quindi lentamente raggiungere la massima flessione, estensione,

inclinazione massima bilaterale, rotazione massima bilaterale, possibilmente in modo simmetrico.

Altri esercizi possono essere lo spostamento laterale del capo mantenendo l'asse bipupillare

parallelo alle spalle, che devono essere mantenute ferme; oppure la protrusione del collo in avanti,

sempre a spalle e tronco immobili (foto 7-8).

Foto 7-8, mobilizzazione cervicale

Mobilizzazione occipito-atlante-epistrofica.

L'obiettivo è di liberare le articolazioni superiori del tratto cervicale ed allungare i muscoli nucali; il

paziente pone le mani incrociate dietro il collo stabilizzando così la regione cervicale, ed effettua

flessioni della testa in avanti: non ottiene una flessione del collo ma del capo rispetto al rachide

cervicale.

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Coordinazione della mobilità cervicale

Inizialmente porre le mani intrecciate dietro la nuca, per stabilizzare e facilitare, e compiere

movimenti con il capo tipo annuire, negare, indicare; quindi eliminare il sostegno delle mani e

compiere gli stessi movimenti senza muovere le spalle.

Autostiramento cervicale e delle spalle

Questi esercizi devono essere spiegati e provati con il paziente di fronte allo specchio per un

controllo migliore, in modo che lo svolgimento autonomo sia corretto: iniziare con una ricerca della

postura in stazione seduta corretta. Per una buona stabilizzazione delle spalle, durante i movimenti,

il paziente utilizza le sue mani per stabilizzare le spalle o per trazionare. Pone la mano destra sulla

spalla sinistra e viceversa nei movimenti di flessione ed estensione del tratto cervicale (foto 7); per

il movimento di rotazione (foto 8) verso destra si pone la mano destra sulla spalla sinistra, e nella

rotazione verso sinistra si pone la mano sinistra sulla spalla destra; nel movimento di inclinazione

laterale (foto 9) porre la mano omolaterale sul lato opposto del capo (mano trazionante) e la mano

controlaterale sulla corrispondente spalla (mano stabilizzante). Il paziente deve sforzarsi di

mantenere una postura corretta delle spalle e del tronco durante i movimenti. Vanno effettuati

lentamente e per ogni movimento la posizione raggiunta deve essere mantenuta per 10 secondi.

Foto 7-8-9, stretching cervicale

Mobilizzazione del cingolo scapolo-omerale

1) Paziente seduto, posizione posturale corretta di partenza, in fase inspiratoria far muovere il

cingolo scapolo-omerale, bilateralmente, verso l'alto e in dietro, ed in espirazione verso il basso

rispetto alla gabbia toracica.

2) Porre la superficie palmare delle mani sulle corrispondenti spalle e tenere i gomiti in avanti;

inspirando portare i gomiti verso il soffitto e tornare lentamente in posizione di partenza

espirando.

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Sollevamento e coordinazione del cingolo scapolo-omerale

1) In stazione eretta, porre le dita delle mani sulle spalle con arti superiori abdotti di 90° e

sollevare simmetricamente il cingolo scapolo-omerale in direzione craniale.

2) Coordinazione dei movimenti intrecciando alternativamente le mani dietro alla schiena.

Esercizi di rinforzo cervicale e scapolo-omerale

Anche in questo caso si tratta di esercizi isometrici controresistenza, da eseguire lentamente per 10

secondi (è consigliabile far contare il tempo utilizzando 1001, 1002, etc.), ripetuti per 10 volte

rispettando la pausa di riposo, per 3 serie; controllare la corretta esecuzione dell'esercizio ed

insegnare al paziente le posizioni corrette:

• Flessione controresistenza (foto 10).

• Estensione controresistenza.

• Inclinazione laterale controresistenza, a destra e sinistra (foto 11).

Foto 10 Foto 11

• Spinta sulle mani, catena cinetica chiusa, rinforzo scapolo-omerale (foto 12).

• Distacco delle mani, catena chiusa, rinforzo scapolo-omerale (foto 13).

Foto 12 Foto 13

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ESERCIZI DI MOBILIZZAZIONE E COORDINAZIONE PASSIVI

In questa tipologia di esercizio vogliamo inserire anche quelle manovre terapeutiche che sarebbero

classificabili a sé stante in cui il paziente svolge un ruolo attivo, cioè la modalità attivo-assistita;

intendiamo comunque necessaria la presenza del terapista per lo svolgere dell'esercizio.

Stabilizzazione ritmica

Questo tipo di esercizio, guidato dal terapista, è spesso utilizzato in numerosi trattamenti, quindi

ben conosciuto dai fisioterapisti. Consiste in una serie di contrazioni isometriche contro-resistenza,

che vengono praticate in apertura e chiusura, in lateralità destra e sinistra e protrusione mandibolare.

La mandibola viene mantenuta ferma ad un grado di apertura di circa 1 cm. e s'invita il paziente ad

effettuare i vari movimenti, praticando una contro-resistenza gradualmente crescente; una variante

di questa tecnica è alternare le contrazioni isometriche con contrazioni isotoniche, accompagnando

con una lieve controresistenza la mandibola in tutte le direzioni dell'escursione articolare. Queste

tecniche aumentano il controllo propiocettivo sulla mandibola e rieducano il sistema

neuromuscolare ad evitare abnormi posture inconsce. Gradualmente questo esercizio può essere

appreso dal paziente, e quando siamo sicuri di un corretto svolgimento autogestito possiamo farlo

praticare in autonomia.

Trattamento del blocco discale acuto (locking)

Per diversi fattori predisponenti, come abbiamo visto, oltre naturalmente ai traumi diretti o indiretti

(colpo di frusta), può accadere una dislocazione postero-laterale del condilo mandibolare con

conseguente dislocazione antero-mediale del menisco, la cui riduzione diventa improvvisamente

impossibile per il paziente. La manovra di riduzione viene effettuata impugnando con una mano la

mandibola del paziente dal lato in blocco, appoggiando il pollice sul tavolato occlusale: prima si

effettuano dei piccoli movimenti laterali della mandibola e poi si esegue la manovra, rispettando

rigorosamente la sequenza: trazionare in basso il condilo, medialmente e poi in avanti. Il segno

evidente dell'avvenuta riduzione è il tragitto mandibolare, che da deviato verso la lesione torna

simmetrico in asse e con un grado non limitato di apertura. Dopo lo sblocco bisogna impedire ai

denti di tornare in contatto, interponendo uno spessore tra le arcate del lato offeso, oppure si può

consigliare l'uso di un byte standard tipo Mioset (vedi cap.2), nell'attesa che il dentista allestisca una

placca occlusale di riposizionamento che in questi casi è essenziale per evitare recidive. Possono

essere associate delle terapie sintomatiche, tipo fisiochinesiterapia, tecniche di rilassamento,

biofeedback, che controllano la componente extrarticolare della patologia intrarticolare in atto.

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Esercizi di contrazione simultanea cervico-mandibolare

Sono esercizi di contrazione simultanea attivo-assistita per stabilizzare e rinforzare sinergicamente

la muscolatura cervicale e mandibolare; sono particolarmente utili nei casi di ipermobilità

mandibolare, che quasi sempre associa problemi posturali del capo e del tratto cervicale. Il paziente

viene posto sul lettino di trattamento, supino, e lo si invita a compiere i seguenti movimenti contro-

resistenza manuale:

• Apertura della bocca, mano sotto il mento controresistente, estensione del rachide cervicale,

mano sopra la fronte controresistente, il capo è flesso (foto 14).

• Come sopra, apertura bocca e flessione rachide cervicale, mano dietro la nuca, il capo è esteso

(foto 15).

• Chiusura della bocca in controresistenza, ed estensione del tratto cervicale in controresistenza, il

capo è flesso (foto 16).

• Lateralità mandibolare controresistenza, associata ad inclinazione laterale del rachide cervicale

controlaterale controresistenza; ripetere l'esercizio invertendo le forze dal lato opposto (foto 17).

Foto 14 Foto 15

Foto 16 Foto 17

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IL BIOFEEDBACK

Il principio di questo metodo è di rendere conscio il paziente, mediante un macchinario che produce

un'informazione continua sonoro-visiva, di una funzione organica che di norma sfugge, del tutto o

in gran parte, alla sua coscienza. Nella riabilitazione stomatognatica il mezzo maggiormente

utilizzato è il biofeedback elettromiografico, che informa il paziente sulle condizioni di contrazione

o di rilassamento della muscolatura masticatoria o mimica. Questo tipo di apprendimento è un utile

mezzo terapeutico in numerose situazioni patologiche, tipo il recupero muscolare, le disartrie, o le

discinesie oro-facciali. L'impiego per eccellenza nelle DCM è legato al quadro patologico di

iperattività muscolare su base psichica, quindi nei soggetti in cui sono preponderanti le abitudini

parafunzionali, soprattutto bruxismo. Il trattamento mediante biofeedback si propone di influenzare

positivamente questi pazienti, mediante l'apprendimento di tecniche di rilassamento muscolare ed

un controllo cosciente delle abitudini parafunzionali. Gli apparecchi utilizzati sono in pratica degli

elettromiografi di superficie ad uno o più canali, che captano il segnale biologico muscolare e lo

traducono, opportunamente filtrato ed integrato, in uno stimolo acustico e/o visivo di intensità

proporzionale. Il suono può essere continuo o modulato, il segnale visivo può essere una lancetta

che si sposta su una scala graduata oppure dei LED luminosi in sequenza; comunque sia è

essenziale che il paziente senta e veda agevolmente l'apparecchio. La soglia viene determinata dal

terapista come compito preliminare di ogni seduta; di solito è utilizzato nel rilassamento, quindi si

cerca un decremento del segnale, la macchina cioè non deve suonare. Generalmente i due elettrodi

vengono posti bilateralmente in corrispondenza delle incisure coronoidee, anteriormente al condilo

mandibolare, per rilevare contemporaneamente l'attività dei temporali e dei masseteri, l'elettrodo

neutro viene collocato dietro l'orecchio o sotto il mento. Numerosi lavori sull'argomento, nonostante

la difficoltà nel descrivere criticamente i risultati ottenuti data la complessa quantificazione dovuta

al criterio soggettivo caratteristico di questa metodica, confermano all'unanimità un effettivo

beneficio.

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RIABILITAZIONE POST-CHIRURGICA

La collaborazione del fisioterapista con il chirurgo maxillo-facciale è di estrema rilevanza nella

riabilitazione delle problematiche traumatologiche del massiccio facciale e della mandibola. Per

citare un esempio, le problematiche traumatologiche legate alle fratture mono o bilaterali del

condilo mandibolare, frequentissime nelle patologie da incidente della strada, sono notevolmente

migliorate grazie al sistematico ricorso alla fisioterapia. Altresì la riabilitazione ha acquisito sempre

maggiore importanza negli esiti da intervento chirurgico demolitivo per patologie tumorali.

Un'ulteriore richiesta di collaborazione viene dagli interventi chirurgici correttivi ortognatodontici,

in cui è prevista una fase di preparazione all'intervento (pre-chirurgica), ed una fase riabilitativa

vera e propria nel post-intervento. Gli aspetti valutativi di questi pazienti sono gli stessi già descritti

nel capitolo 2, e possono essere raccolti nella stessa scheda di valutazione descritta nel capitolo 3. E'

chiaro che la differenza risalterà nelle modalità di trattamento, per le particolari condizioni del

sistema e dei tempi di applicazione della terapia e del "carico" concesso, aspetti auspicabilmente

concordati con il chirurgo. Anche su questi pazienti l'esame valutativo preliminare è essenziale alla

programmazione del piano terapeutico, ed è dunque il primo passo da compiere. Siccome spesso ci

si trova di fronte a marcate ipomobilità da immobilizzo, è opportuno prestare particolare attenzione

a quel tipo di dati quantitativi che potranno facilmente visualizzarci la progressione della terapia. E'

consigliabile prestare attenzione alle escursioni di apertura, lateralità e protrusione mandibolare, e

misurarle accuratamente. Uno strumento di misurazione affidabile e riproducibile è il goniometro

"Therabite" (Therabite corporation), con cui è possibile misurare tutte le escursioni articolari.

Il trattamento della temporo-mandibolare, comincia di solito da un massaggio-stiramento delle fasce

muscolari del viso e dei muscoli cervicali, in particolare gli SCOM e gli scaleni; è un modo per

preparare la muscolatura al prossimo più ampio range di movimento, in modo che la muscolatura

stessa non si contratturi ed evitando così delle diminuzioni del movimento che via via si acquisisce.

La seconda manovra è una mobilizzazione passiva della mandibola, lenta e dolce oltre il limite

dell'escursione spontanea, ovviamente dopo aver valutato l'end-feel ed il joint-play (vedi cap. 2) per

verificare se sono presenti danni secondari da immobilità.

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MOBILIZZAZIONE

♦ Ridotta apertura ponendo l'indice sul tavolato occlusale dal lato ipomobile

trazionare in basso lentamente e progressivamente.

♦ Ridotta traslazione condilare come sopra, inizialmente si distrae e poi si protrude in

direzione ventro-caudale per ogni lato.

♦ Ridotta rotazione condilare come sopra, il pollice traziona verso il basso e le dita,

appoggiate al margine inferiore della branca montante

della mandibola, la fanno scivolare in alto ed in avanti.

♦ Ridotta lateralità sempre con la stessa presa, imprimere delicatamente i

movimenti laterali; ricordarsi che il movimento verso

destra comporta l'interessamento dell'articolazione e dei

muscoli di sinistra e viceversa.

Si è dimostrato utile nella mobilizzazione passiva, uno strumento goniometrico di mobilizzazione

passiva della Therabite corporation dotato di una scala numerica per quantificare l'apertura (utile

anche nella fase valutativa) e la progressione; può essere regolato sull'apertura voluta ed

incrementabile progressivamente, possiede anche un sistema di bloccaggio dell'apertura, utile negli

stiramenti prolungati o negli esercizi controresistenza, quando indicati. Può essere utile fornire lo

strumento a livello domiciliare, per esercitarsi autonomamente all'apertura. Nel primo mese post-

operatorio il protocollo prevede tre sedute settimanali. Vogliamo ricordare che qualora fossero

presenti elastici di trazione applicati dall'ortodontista, in sede di trattamento vanno rimossi. Nel caso

di aderenze nel post-intervento, causa immobilizzazione, si possono associare delle sedute di terapia

fisica: ultrasuoni e laser hanno dato risultati incoraggianti.

mobilizzatore passivo Therabite

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Gli esercizi di mobilizzazione sopra riportati vanno insegnati al paziente, in modo che continui la

terapia a livello domiciliare per potenziarne i vantaggi. Gli esercizi autogestiti vanno effettuati

almeno quattro volte il giorno. Si è rivelato utile associare a questa terapia autogestita degli esercizi

di stimolazione e coordinazione della muscolatura mimica, descritti precedentemente in questo

capitolo.

Esercizi assistiti di rinforzo neuromuscolare

• Dei muscoli masticatori (vedi capitolo 4)

• Del distretto cervicale (vedi capitolo 4)

• Del distretto scapolo-omerale (vedi capitolo 4)

Esercizi di stiramento

• Del distretto cervicale (vedi capitolo 4)

• Del distretto scapolo-omerale (vedi capitolo 4)

TERAPIA FISICA E STRUMENTALE

Le misure fisioterapiche possono essere applicate nel campo delle disfunzioni cranio-mandibolari,

similmente agli altri distretti dell'apparato locomotore, come unica azione principalmente a scopo

antalgico oppure come sostegno ai metodi chinesiterapici applicati. Le forme di terapia più usate in

campo stomatognatico sono:

• Termoterapia, caldo e crioterapia

• Elettroterapia, t.e.n.s., m.e.n.s., interferenziale, ionoforesi

• Laserterapia, infrarossi, He-Ne

• Ultrasuoni

Termoterapia: il calore può essere fornito da speciali cuscinetti termici che vengono riscaldati, o

raffreddati, ed applicati regionalmente. E' consigliata per ridurre un tono muscolare eccessivo a

scopo rilassante e facilitante per i successivi esercizi, meglio se l'applicazione è bilaterale: nello

stretching si ottengono buoni risultati se si fa precedere l'intervento da un riscaldamento di 20-30

minuti. Come risaputo, la possibilità di penetrazione in profondità del calore concessa da questi

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sistemi è scarsa, perciò solitamente si preferiscono altri tipi di applicazioni, come ad esempio gli

ultrasuoni. Altra controindicazione al calore è uno stato di flogosi articolare, se non è presente e

quindi siamo in stato sub-acuto o cronico, si può usare anche nella regione articolare.

Crioterapia: è caratterizzata dall'applicazione superficiale e locale di freddo, che può essere

ottenuto con impacchi freddi, impacchi di ghiaccio, spray a freddo. E' una delle misure analgesiche

più efficaci e viene applicata prima di eseguire esercizi motori, in presenza di contrattura della

muscolatura, per ridurre l'edema e lo spasmo muscolare, nelle fasi acute. Lo spettro d'azione

comprende un abbassamento locale della temperatura e conseguente vasocostrizione, crioanestesia e

riduzione del tono muscolare. Ultimamente hanno dato buoni risultati, ed una certa comodità

d'impiego, gli spray freddi (fluorometano ed etilfluoruro) che vengono applicati ad una distanza di

circa 30 cm sulla zona da trattare fino a quando si forma un sottile strato ghiacciato sulla cute. Al di

là delle personali preoccupazioni sullo stato del buco di ozono e la relativa salvaguardia della salute

del pianeta Terra, è doveroso ricordare che le zone da trattare sono in questo caso vicine agli orifizi

respiratori ed agli occhi ed è necessaria quindi una notevole cautela; inoltre, l'applicazione molto

estesa e concentrata di questi spray può provocare lesioni da ipotermia, che come sappiamo

producono dolore e sono risolvibili solo a lungo termine. L'antica e popolare "borsa del ghiaccio",

avvolta in un panno per evitare lesioni da ipotermia ed applicata per 10-15 minuti prima di

effettuare gli esercizi, è un rimedio ancora valido.

Elettroterapia : la terapia per mezzo della stimolazione con corrente elettrica, già molto usata,

viene utilizzata per aumentare il metabolismo cellulare, diminuire l'edema dei tessuti, per rieducare

muscoli denervati (S.E.F.), ridurre lo spasmo muscolare e prevenire l'atrofia da disuso. Anche

nell'ambito della terapia delle DCM, l'elettroterapia trova un ampio spettro di impiego. Esistono

esempi di elettrostimolazione Faradica nelle asimmetrie muscolari per riattivare il muscolo

ipofunzionante. La più nota ed utilizzata metodica è l'elettrostimolazione transcutanea di superficie,

la T.E.N.S., soprattutto a scopo analgesico nelle algie cranio-facciali in genere e nel dolore cronico.

Tale diffusione è dovuta alla semplicità d'uso anche domiciliare, al costo contenuto e all'assenza di

controindicazioni e fenomeni collaterali. Una delle ultime innovazioni nel campo di applicazione

della corrente è la stimolazione nervosa elettrica con microcorrente, M.E.N.S. La corrente viene

usata ad un'intensità subliminale ed è più facilmente accettata dai pazienti con marcata

ipersensibilità. La microcorrente tende a riportare alla norma l'equilibrio elettrico fisiologico,

stimolando il processo di riparazione. Altre applicazioni ancora sono la corrente interferenziale,

utilizzata nella stimolazione del processo di riparazione delle fratture, e la ionoforesi che utilizza la

corrente per introdurre sostanze ionizzabili (farmaci) nell'organismo.

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Laserterapia: viene sempre più consigliata per il trattamento dei disturbi soprattutto di origine

articolare. Diverse ricerche hanno stabilito che normalmente la luce non supera la barriera cutanea,

tuttavia una luce di 6328 A° di lunghezza d'onda ha una penetrazione di 0,8 mm applicata con 1

mW di potenza; si è dimostrato inoltre che questa lunghezza d'onda stimola la struttura e la

funzione cellulare. Risulta particolarmente utile nel caso di lesioni e microlesioni capsulari e

nell'edema infiammatorio in fase acuta. Viene applicato direttamente sulla zona articolare, a bocca

aperta e chiusa. I più usati sono l' elio-neon e ad infrarossi.

Ultrasuoni: possono essere utilizzati per riscaldare la zona da trattare, infatti grazie alle oscillazioni

ultrasoniche prodotte dall'effetto piezoelettrico riscaldano in profondità. Il punto focale si trova

nello strato di confine tra tendine e periostio, ottima quindi sulle tendinopatie inserzionali. Gli

ultrasuoni aumentano la vasodilatazione e la distensibilità dei tessuti, in particolare del collagene, la

cui destrutturazione e frammentazione delle fibre è una delle cause che provoca la retrazione della

capsula articolare e delle fasce muscolari; la distensibilità delle fibre trattate con ultrasuoni è stata

dimostrata anche in vitro. Risulta particolarmente vantaggioso applicare ultrasuoni nel distretto

stomatognatico, soprattutto per lo pterigoideo esterno, spesso contratturato e difficilmente

raggiungibile.

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CONCLUSIONI

Il relatore: DOTT. P. BACCIGLIERI

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