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Università degli Studi di Genova Facoltà di Medicina e Chirurgia
Campus Universitario di Savona
Master in Riabilitazione dei Disturbi Muscoloscheletrici
In collaborazione con Master of Science in Manual Therapy Vrije Universiteit Brussel
Il ruolo dei muscoli flessori profondi del collo nel controllo motorio nei pazienti affetti da neck pain aspecifico: ci sono differenze tra acuto e cronico?
Relatore Candidato
Ft OMT Rosa Mastrosimone Ft Marco Boschi
ANNO ACCADEMICO 2009‐2010
3
INDICE
ABSTRACT ..……………………………………………………………………………………………………… pag. 4
1. INTRODUZIONE ……………………………………………………………………………………………. pag.6
2. MATERIALI E METODI …………………………………………………………………………………… pag.11
3. RISULTATI ……………………………………………………………………………………………………. pag.12
3.1 Flow chart: selezione degli articoli ………………………………………………………… pag.13
3.3 Tabella sinottica ……………………………………………………………………………………. pag.14
4. DISCUSSIONE ………………………………………………………………………………………………. pag.16
5. CONCLUSIONI ………………………………………………………………………………………………. pag.21
BIBLIOGRAFIA ………………………………………………………………………………………………….. pag.23
4
ABSTRACT
La cervicalgia è un comune disturbo muscolo‐scheletrico nella popolazione generale ed
ha un notevole impatto economico e sociale. Le manifestazioni cliniche della
cervicalgia possono essere molteplici e a tutt’oggi infatti non è ancora chiara quale sia
l’eziologia di tale condizione. È presumibile ritenere che la risposta sia da ricercare
all’interno di un contesto multifattoriale e biopsicosociale. Di recente la ricerca
scientifica si è interessata alle disfunzioni dei flessori profondi del collo, deputati alla
stabilità locale del rachide cervicale. Il loro deficit funzionale può essere dovuto a una
combinazione di alterazioni del controllo neuromuscolare, cioè di tutti quei
meccanismi alla base del movimento, e delle fibre muscolari. Tuttavia, non esiste un
consenso unanime riguardo la relazione causa‐effetto tra cervicalgia e cambiamenti
delle strategie di controllo motorio.
Obiettivo: Lo scopo di questa revisione è indagare, attraverso l’analisi della letteratura
corrente, quali siano le differenze nel controllo motorio dei flessori profondi del collo
tra soggetti con cervicalgia aspecifica acuta e cronica.
Materiali e Metodi: La ricerca bibliografica è stata effettuata senza inserire alcun
limite relativo alla lingua, all’anno di pubblicazione, alla composizione del campione o
alla tipologia di studio. È stato consultato il database MEDLINE, attraverso le parole
chiave “neck pain”, “chronic”, “acute”, “neck muscles” e alla loro combinazioni grazie
agli operatori booleani.
Risultati: La ricerca della letteratura effettuata ha inizialmente prodotto 114 articoli.
Dopo la selezione ne sono stati scelti 3 inerenti la revisione.
Conclusioni: Data la carenza di evidenze, non è stato possibile rispondere pienamente
al quesito alla base di questa tesi. Non è infatti dimostrabile che un deficit a livello
della muscolatura profonda possa alterare il controllo motorio e che ciò sia imputabile
alla comparsa di dolore cervicale. Inoltre, non sono state trovate evidenze riguardo
deficit di controllo motorio dei flessori profondi in pazienti con cervicalgia aspecifica
acuta. La qualità metodologica risulta scarsa e inadatta a indagare i fattori
predisponenti e le cause del deficit di controllo motorio. Sono indispensabili ulteriori
5
studi di qualità metodologica superiore, allo scopo di colmare tale mancanza di
evidenze in merito al rapporto tra muscolatura profonda, controllo motorio e
cervicalgia.
6
1. INTRODUZIONE
La cervicalgia è un comune disturbo muscolo‐scheletrico nella popolazione lavoratrice
dei paesi in via di sviluppo22 ed ha un notevole impatto economico a causa
dell’aumento della richiesta di prestazioni sanitarie, servizi, visite specialistiche, esami
strumentali, test di laboratorio e interventi terapeutici che vengono erogati15,17.
Il dolore di origine spinale cervicale viene definito dall’International Association for the
Study of Pain (IASP) come segue: “Dolore percepito come proveniente da un’area
compresa superiormente tra la linea nucale, inferiormente da una linea immaginaria
passante per l’estremità del processo spinoso della prima vertebra toracica e
lateralmente dai piani sagittali tangenti ai bordi laterali del collo”18. Questa definizione
considera quindi il dolore cervicale come dolore percepito posteriormente dal
soggetto e permette di distinguere un dolore cervicale alto (attribuibile al tratto
cervicale superiore fino a C3) da un dolore cervicale basso (a partire da C4) in base alla
sua localizzazione, dividendo la regione posteriore del collo in due metà. Assume una
rilevanza clinica anche la descrizione del dolore sub‐occipitale, spesso associato alla
cefalea cervicogenica20. È opportuno compiere una doverosa distinzione terminologica
tra cosa si intende per cervicalgia “specifica” e “aspecifica”. La cervicalgia aspecifica
deve essere distinta dalla cervicalgia specifica (es. ernia discale, spondilolistesi, stenosi
canalare) e dalle cervicalgie secondarie a malattie sistemiche (reumatologiche,
infettive, viscerali, neoplastiche, neurologiche): questo è possibile grazie al
riconoscimento delle cosiddette red flags, ovvero di patologie (infiammatorie,
neoplastiche, vascolari, ecc) non muscolo‐scheletriche che possono comprendere il
dolore cervicale tra i propri sintomi21. La cervicalgia specifica comprende perciò una
vasta gamma di sintomatologie, derivanti da altrettante tipologie di cause che possono
essere riconducibili a patologie o eventi traumatici che coinvolgono direttamente
strutture anatomiche quali il disco, le articolazioni zigoapofisarie, le radici nervose,
tessuti muscolari e legamentosi. Un altro esempio di cervicalgia specifica è
rappresentato dal colpo di frusta (whiplash), dal torcicollo e da sindromi dolorose
riconducibili a esiti di interventi chirurgici. In sostanza, ogniqualvolta non si possa
7
riconoscere e determinare una causa chiara del dolore, si parla di cervicalgia
aspecifica.
La cervicalgia è un disturbo comune al 70% della popolazione9. La prevalenza annuale
della cervicalgia varia dal 27.1% in Norvegia al 47.8% in Canada e ogni anno dall’11% al
14.1% dei lavoratori svolge con difficoltà le proprie mansioni a causa del dolore
cervicale. I dati della European Foundation for Improvement of Living and Working
Conditions relativi a 15 nazioni europee mostrano che il 25% dei lavoratori lamenta
disturbi nell’area cervicale e delle spalle21.
I fattori di rischio associati alla cervicalgia tra i lavoratori comprendono l’età,
precedenti episodi di dolore muscolo‐scheletrico, carichi di lavoro elevati, scarsa
assistenza sul lavoro, instabilità lavorativa, bassa capacità fisica, ridotta ergonomia sul
lavoro, attività di tipo sedentario, gesti ripetitivi e lavori con mansioni di precisione.
Evidenze preliminari sostengono che fattori quali posture scorrette, mal di testa,
problemi emotivi, fumo e limitata soddisfazione sul lavoro potrebbero essere associati
alla cervicalgia4.
È stato stimato che il sistema osteolegamentoso contribuisce per il 20% alla stabilità
meccanica del rachide cervicale, mentre il restante 80% è determinato dal sistema
muscolare circostante19. Il ruolo di stabilizzazione dei legamenti si riscontra
principalmente alla fine dell’escursione del movimento, mentre i muscoli forniscono un
sostegno dinamico attorno alla zona neutra e ai gradi medi dell’escursione del
movimento, che sono tipici della gestualità della vita quotidiana. In presenza di un
trauma o un danno, il ruolo dell’apparato muscolare ricopre un ruolo ancora più
decisivo nella stabilità cervicale: per questa ragione è necessario soffermarsi sul ruolo
della componente muscolare sia durante la valutazione, sia all’interno delle sedute di
trattamento8. La debolezza muscolare, o meglio la difficoltà ad attivare la muscolatura
deputata alla stabilizzazione cranio cervicale, e la postura interiorizzata del collo
(Forward Head Posture) spesso compresenti, sembrano costituire gli aspetti funzionali
maggiormente significativi nel quadro clinico della cervicalgia21. La FHP è presente in
letteratura quale ipotetico aspetto causale e si manifesterebbe con una cifosi cervicale
e media e un’iperlordosi cervicale superiore: questo scorretto atteggiamento posturale
viene in buona parte attribuito a un deficit funzionale muscolare. Tale deficit può
8
trovare una possibile spiegazione in un alterato schema nel controllo motorio del
soggetto.
Anche il dolore è stato dimostrato essere una causa di fatica muscolare in pazienti
cronici e di riduzione della propriocezione nella popolazione con cervicalgia a esordio
insidioso o traumatico5. Il deficit funzionale a livello cervicale può essere dunque una
combinazione di alterazioni a carico del controllo neuromuscolare e delle fibre
muscolari, che possono scatenare o perpetuare la sintomatologia (Figura 1)5.
Attualmente non esiste un consenso unanime riguardo la relazione causa‐effetto tra
cervicalgia e cambiamenti delle strategie di controllo motorio. Tuttavia, in qualche
caso, il livello di deficit di controllo motorio sembra essere associato con i livelli di
dolore e disabilità percepiti. Per esempio, un alto livello di disabilità percepita (Neck
Disability Index) in pazienti con cervicalgia è stato associato ad una maggiore attività
muscolare dei flessori superficiali del collo durante gesti ripetitivi degli arti superiori7 e
una più alta frequenza di dolore è stata associata a un più elevato numero di errori
durante esercizi di riposizionamento della testa16.
Figura 1 ‐ Intercorrelazione tra dolore, alterate strategie di controllo motorio, e cambiamenti
periferici dei muscoli cervicali.
È in questo contesto che negli ultimi anni l’attenzione dei ricercatori, che si occupano
di cervicalgia e disfunzioni ad essa correlate, si è rivolta verso la parte della
muscolatura del collo deputata alla stabilizzazione primaria, ovvero a quelli che
9
vengono definiti generalmente “i flessori profondi del collo”. Il gruppo dei flessori
profondi comprende il muscolo lungo del collo, il muscolo lungo della testa, il muscolo
retto anteriore della testa e il muscolo retto laterale della testa. Tale gruppo è
morfologicamente e istologicamente preposto al sostegno e al mantenimento della
fisiologica lordosi cervicale e delle articolazioni di questo distretto8,13. I muscoli che
negli ultimi anni sono stati studiati in modo più approfondito, grazie ad innovative
tecniche di indagine quali l’ecografia12,13 e speciali elettrodi elettromiografici6, sono il
muscolo lungo del capo e lungo del collo. Il muscolo lungo della testa origina dai
tubercoli anteriori dei processi trasversi delle vertebre cervicali da C3 a C6, si dirige
superiormente e si inserisce alla base dell’osso occipitale. I due muscoli lungo della
testa flettono il capo, mentre unilateralmente collaborano alla flessione laterale. È
innervato dal plesso cervicale C1‐C4.
Il muscolo lungo del collo è formato da tre gruppi di fibre: le fibre oblique superiori,
inferiori e mediali. La contrazione unilaterale flette e ruota la colonna cervicale
lateralmente. Entrambi i muscoli lungo del collo flettono il capo. Studi elettromiografici
hanno mostrato che unilateralmente tale muscolo è coinvolto anche nella flessione e
rotazione della colonna vertebrale. È innervato dal plesso cervicale e brachiale C2‐C814.
Oltre allo studio di questi muscoli tramite tecniche strumentali, è stato creato un test
specifico per l’analisi della performance motoria di tali gruppi muscolari. Il Cranio
Cervical Flexion Test (CCFT) richiede un’attività motoria a basso impatto ed è stato
sviluppato basandosi sull’anatomia e la biomeccanica dei muscoli lungo della testa e
del collo8,10. Il CCFT fornisce una misurazione indiretta dell’attività muscolare dei
flessori profondi del collo e della loro capacità di resistenza, perciò è possibile
utilizzarlo facilmente all’interno di un contesto clinico. È stato dimostrato che durante
il CCFT i flessori profondi del collo mostrano una performance motoria inferiore,
rispetto al gruppo di controllo, in pazienti con cervicalgia dovuta a colpo di frusta10.
Altri studi hanno evidenziato che anche la muscolatura superficiale del collo (SCOM)
presenta un alterato controllo neuromuscolare rispetto al gruppo di controllo,
iperattivandosi durante il CCFT11. SCOM e scaleno anteriore hanno riportato
un’alterata attività elettromiografica durante l’esecuzione di gesti funzionali degli arti
superiori7.
10
Dunque, alla luce di quanto detto in precedenza, poniamo come scopo di questa
revisione l’indagine delle differenze nel controllo motorio dei flessori profondi del collo
in soggetti con cervicalgia aspecifica acuta e cronica, tentando di illustrare, attraverso
l’analisi della letteratura corrente, quali siano le peculiarità di tale gruppo muscolare in
soggetti con differenti esperienze di dolore.
11
2. MATERIALI E METODI
La ricerca bibliografica è stata effettuata nel periodo tra il 22 ottobre 2010 e il 14 aprile
2011, senza inserire alcun limite relativo alla lingua, all’anno di pubblicazione o
riguardo le caratteristiche di composizione del campione. Non è stata effettuata una
selezione a priori sulla tipologia di studio da includere nella revisione. È stato
consultato il database MEDLINE, attraverso le parole chiave “neck pain”, chronic”,
“acute”, “neck muscles”. Dalla combinazioni di queste parole, grazie all’uso degli
operatori booleani, è stata prodotta ed utilizzata la seguente stringa di ricerca:
"Neck Pain"[All Fields] AND ("chronic"[All Fields] OR "Acute"[All Fields]) AND "Neck
Muscles"[All Fields]
La selezione finale degli studi si è basata sui seguenti criteri:
a) Criteri di inclusione:
• Studi inerenti la cervicalgia aspecifica in fase acuta o cronica;
• Studi inerenti i flessori profondi del collo;
• Studi inerenti il controllo motorio dei suddetti muscoli;
• Studi in italiano o inglese.
b) Criteri di esclusione:
• Studi inerenti la cervicalgia specifica;
• Studi in cui non era presente nessun tipo di riferimento al controllo motorio;
• Studi inerenti lo studio della muscolatura superficiale del collo o nei quali non si
distingueva il contributo dei muscoli superficiali da quello dei flessori profondi.
• Studi sul trattamento della cervicalgia
12
3. RISULTATI
La ricerca della letteratura effettuata ha inizialmente prodotto 114 articoli.
Tramite un processo logico e consequenziale di esclusione degli articoli reperiti (Figura
1), attraverso la sola lettura del titolo sono stati esclusi, perché non pertinenti
all’argomento di analisi, 96 studi. Grazie alla lettura più approfondita degli abstract,
sono stai esclusi altri 10 studi, poiché non soddisfacevano la maggior parte dei criteri di
inclusione della revisione. Quindi, sono rimasti 8 studi potenzialmente utilizzabili per la
revisione. Successivamente alla lettura dei full text, sono stai esclusi altri 5 articoli,
perché non soddisfacevano tutti i criteri di inclusione.
Pertanto, gli articoli effettivamente utilizzati per la revisione sono in numero di 3: il
contenuto e i dettagli relativi a questi tre studi sono illustrati all’interno della Tabella 1.
14
3.2 Tabella sinottica
Riferimento bibliografico Obiettivo Materiali e metodi Risultati
1 Chiu T.T.W. et al.
Performance of the craniocervical flexion test in subjects with and without chronic neck pain.
Sep 2005
Hong Kong, Cina
Tipo di studio: cross‐ sectional comparativo
Confrontare l’esecuzione del CCFT in soggetti sani (GC= gruppo di controllo) e con cervicalgia (NP=gruppo cervicalgia) al fine di consolidare l’evidenza secondo la quale una minore abilità nell’eseguire il CCFT sia segno di un deficit caratterizzante il quadro clinico della cervicalgia, a prescindere dalla sua causa.
Campione: 40 soggetti in totale. GC: 20 soggetti (12 donne, 8 uomini), età media 37.7±10.6). NP: 20 soggetti (13 donne, 7 uomini), età media 43.4±10.9. Criteri Esclusione (GC): cervicalgia o dorsalgia nei 12 mesi precedenti, allenamento muscolare di collo e arti superiori nei 12 mesi precedenti. C.E. (NP): storia di trauma o chirurgia, allenamento muscolare di collo e arti superiori nei 12 mesi precedenti, deficit neurologici, mielopatia cervicale, fratture Criteri Iclusione. (NP): cervicalgia aspecifica cronica (>3 mesi). Procedura: Prima del CCFT, somministrata VAS. Soggetto supino , PBU sotto la nuca. Training per insegnare corretto movimento. Richiesto CCFT a 5 diversi livelli di pressione (10’’ isometrica ciascuno) da 22mm Hg fino a un max di 30mm Hg. Un esaminatore corregge l’esecuzione scorretta o attivazione dei muscoli superficiali. Il test si interrompe se il soggetto non riesce a mantenere l’isometrica correttamente.
VAS: 5.57±1.87. GC ha raggiunto il valore di 28mm Hg, il NP quello di 24 mm Hg (P<.001). Affidabilità del CCFT (testata su 10 soggetti) ha riportato un valore k=0.72. Esecuzione CCFT significativamente più limitata in soggetti con cervicalgia cronica, che denota una scarsa capacità contrattile della muscolatura profonda. CCFT è un outcome obiettivo di misurazione e utile biofeedback del paziente per monitorare il proprio miglioramento. Scarsa abilità di esecuzione potrebbe caratterizzare la cervicalgia a prescindere dalla sua causa.
2 Falla D. et al. Patients with neck pain demonstrate reduced electromyographic activity of the deep cervical flexor muscles during performance of the craniocervical flexion test.
Oct 2004
Confronto dell’attività EMG tra i flessori cervicali profondi e mm superficiali (SCOM e Scaleno Anteriore) e rilevazione del ROM cervicale, durante 5 stadi del CCFT in pazienti con cervicalgia cronica (NP) e gruppo di controllo(GC).
Campione: 20 soggetti in totale. GC: 10 soggetti, (3 uomini, 7 donne), età media 26.4±5.8 (range 21‐36). NP: 10 soggetti (4 uomini, 6 donne), età media 32.2±9.1 (range 19‐46), ), dolore >1anno (media 9.8±8.4 anni), 3 soggetti pregresso WAD. Criteri Esclusione: chirurgia cervicale, segni
NRS: 4.5±1.7 NDI: 12.4±9.5 Incremento lineare del segnale EMG minore nel gruppo NP durante tutti gli stadi del CCFT (P = 0.002). ROM maggiore per GC (P <0.05). Differenze di attività EMG sono state dimostrate tra muscoli superficiali e profondi, sebbene non ci sia
15
Tabella 1 ‐ Tabella sinottica degli studi inclusi nella revisione
Brisbane, Australia
Tipo di studio: cross‐ sectional
neurologici, trattamenti per il collo nell’anno passato o trattamenti in corso. Procedura: NP: somministrazione NDI ed NRS. Paziente supino, ginocchia flesse, Pression Biofeedback Unit (PBU) a livello nucale; 5 CCFT da 22 a 30 mm Hg (10’’isometrica ciascuno).NP e GC: EMG muscoli profondi (lungo del capo e del collo) rilevata con elettrodi unilaterali collocati sul muro orofaringeo posteriore a livello dell’ugola (C2‐C3).EMG di superficie bilaterale per SCOM e Scaleno Anteriore (SA). ROM cervicale misurato con analisi computerizzata di immagine digitale.
significatività statistica per i muscoli superficiali. Tuttavia, un minore segnale EMG dei flessori profondi è stato associato all’incremento EMG dei muscoli superficiali. I pazienti con NP dimostrano perciò strategie alterate nel compiere CCFT.
3 Falla D. et al. Feedforward activity of the cervical flexor muscles during voluntary arm movements is delayed in chronic neck pain.
Jul 2004
Brisbane, Australia
Tipo di Studio: cross‐ sectional
Confrontare l’attività dei flessori profondi e superficiali del collo durante movimenti attivi degli arti superiori, in soggetti sani (GC) e con cervicalgia cronica (NP).
Campione: 22 soggetti in totale. GC: 12 soggetti (4 uomini, 8 donne), età media 28.0±5.7 (range 21‐36). NP: 10 soggetti (4 uomini, 6 donne), età media 29.3±8.0 (range 19‐46), dolore bilaterale >1anno (media 9.1±8.7 anni), 2 soggetti pregresso WAD. Criteri Esclusione: chirurgia cervicale, segni neurologici, trattamenti per il collo nell’anno passato. Procedura: NP: somministrazione NDI ed NRS. Soggetto in piedi, arti divaricati e braccia lungo i fianchi; 5 ripetizioni di un arto in flex.(45°)/ext. “il più veloce possibile”. Comando luminoso (led rosso=flex.;led verde=ext.)) per guidare il movimento.NP e GC:EMG muscoli profondi (lungo del capo e del collo) rilevata con elettrodi unilaterali collocati sul muro orofaringeo posteriore a livello dell’ugola (C2‐C3).EMG di superficie bilaterale per SCOM e Scaleno Anteriore (SA). ROM cervicale misurato con analisi computerizzata di immagine digitale.
NRS: 4.1±1.7 NDI: 9.1±4.2 L’ampiezza del segnale EMG dei flessori profondi e di SCOM e SA contro laterali per il gruppo NP era ridotta e ritardata (P<0.05) durante il movimento di flessione rispetto al GC. I flessori profondi hanno riportato la disfunzione maggiore, indicando un importante deficit nel controllo motorio di feedforward del rachide cervicale durante il movimento attivo degli arti superiori. Ciò influisce notevolmente sulla stabilità del rachide cervicale, rendendolo più vulnerabile, e sul programma riabilitativo. Attività dei muscoli profondi direzione‐dipendente solo nei soggetti con cervicalgia.
16
4. DISCUSSIONE
Questa revisione della letteratura ha individuato un numero limitato di studi scientifici
inerenti il controllo motorio dei flessori profondi del collo in soggetti con cervicalgia
aspecifica acuta o cronica. In particolare, non sono stati trovati studi per quanto
concerne i pazienti in fase acuta.
Chiu et al.1 hanno dimostrato che durante l’esecuzione del CCFT i livelli pressori dei
soggetti con cervicalgia aspecifica cronica, ovvero che ne fossero affetti da almeno tre
mesi, possedevano valori significativamente inferiori rispetto al gruppo di controllo. Un
risultato analogo era stato ottenuto da ricerche precedenti, che avevano analizzato la
performance dei flessori profondi durante il medesimo test, in pazienti che
lamentavano cervicalgia in seguito a colpo di frusta10. I flessori profondi presentano
livelli di affaticamento maggiori soprattutto negli ultimi stadi del test, dove la richiesta
funzionale è maggiore. Ciò era stato già riscontrato in passato all’interno di numerosi
studi, in termini di riduzione di forza e resistenza dei muscoli flessori ed estensori
superficiali in soggetti affetti da cervicalgia8. In particolare, i risultati dello studio di
Chiu et al.1 riportavano una scarsa capacità dei flessori profondi di ridurre la lordosi
cervicale nei pazienti cronici, soprattutto negli ultimi tre stadi di livelli del CCFT. Si può
presumere pertanto che i pazienti con dolore cronico fossero maggiormente
predisposti a un aumento della lordosi cervicale associato a Forward Head Posture
(FHP). Sono necessari altri studi per analizzare la relazione tra la posizione del capo e la
forza dei flessori cervicali. Il deficit dei flessori profondi riscontrato in questo studio
potrebbe incoraggiare l’inserimento di esercizi di rinforzo di tale gruppo muscolare
all’interno dell’iter terapeutico dei pazienti con cervicalgia cronica. Inoltre, sarebbero
necessari altri studi per stabilire le migliori strategie di gestione di questo specifico
deficit muscolare.
Anche Falla et al.2 affermano che una performance insoddisfacente del CCFT denota
una deficit funzionale a carico dei flessori profondi del collo in pazienti cronici. Tale
risultato confermerebbe un’alterata attività di tale gruppo muscolare. Inoltre, gli autori
asseriscono che ciò potrebbe essere associato a un aumento dell’attività muscolare
superficiale del collo. Studi precedenti avevano dimostrato una diminuzione
significativa della performance del CCFT in pazienti con cervicalgia aspecifica e con
17
cervicalgia comparsa in seguito a colpo di frusta, sia in fase acuta sia in fase cronica e
non era associata a comportamenti di paura ed evitamento. In generale i pazienti con
cervicalgia mostravano una ridotta abilità di raggiungere e mantenere i livelli pressori
richiesti. Inoltre, l’EMG di superficie aveva dimostrato che il deficit dei flessori profondi
era associato a un maggiore segnale elettromiografico dei flessori superficiali rispetto
al gruppo asintomatico. Si ipotizzava che ciò fosse dovuto al deficit dei muscoli
profondi e che potesse persino rappresentare una strategia di compenso per questo
tipo di disfunzione. Questi cambiamenti conflittuali della muscolatura superficiale e
profonda sono coerenti con ciò che era già stato riportato in letteratura in merito
all’attività muscolare profonda del trasverso dell’addome rispetto a quella superficiale
in soggetti con lombalgia. Tali studi avevano evidenziato che questi soggetti
possedevano un’aumentata attività della muscolatura superficiale (es. erettori spinali)
durante il cammino e negli ultimi gradi di flessione del tronco. In questo studio Falla et
al.2 hanno rivelato che i pazienti con cervicalgia presentavano un’escursione di
movimento minore per raggiungere gli stessi livelli pressori: ciò suggerisce che la
pressione aumentasse grazie all’impiego di differenti strategie motorie (es. retrazione
del capo).
L’ultimo studio incluso nella revisione tratta una tematica maggiormente legata al
controllo neuromuscolare, quindi non soltanto alla performance muscolare in termini
di forza e resistenza3. Gli autori hanno rivelato che durante i movimenti rapidi degli arti
superiori, i flessori profondi dei soggetti con cervicalgia, SCOM e scaleno anteriore,
opposti all’arto in movimento, si attivavano in ritardo rispetto ai soggetti asintomatici
del gruppo di controllo. Tale modificazione era maggiore nei flessori profondi. I risultati
concernenti i flessori profondi di soggetti con cervicalgia non presentano l’attivazione,
detta di feedforward, tipica della muscolatura deputata alla stabilizzazione cervicale, e
sono oltretutto influenzati dalla direzione del movimento, condizione che non
dovrebbe manifestarsi in termini fisiologici. Considerando che i muscoli vertebrali
profondi, lungo del collo e della testa, sono fondamentali nel fornire la stabilità alla
lordosi cervicale, un cambiamento nella riposta di feedforward potrebbe lasciare il
rachide cervicale in una condizione di vulnerabilità. Inoltre, il fatto che la risposta dei
muscoli profondi fosse influenzata dalla direzione del movimento, mostra che la
strategia adottata dal Sistema Nervoso Centrale (SNC), cioè di avere una direzione
18
specifica di attivazione per controllare i flessori profondi, non è semplicemente un
ritardo motivato da fattori quali la ridotta eccitabilità del motoneurone, ma che è
coerente con un cambiamento di strategia del SNC per controllare il rachide cervicale.
É possibile trovare un termine di paragone rispetto a quanto appena menzionato nel
controllo motorio della muscolatura superficiale del collo (SCOM e scaleno anteriore),
che risulta iperattiva in soggetti con cervicalgia, durante attività funzionali che
prevedono movimenti ripetuti degli arti superiori7. In generale, l’attività di feedforward
dei muscoli cervicali è coerente con la richiesta di controllare la stabilità della testa per
la stabilizzazione vestibolare e oculare e per controllare la stabilita del rachide
cervicale. Il contributo dei segmenti muscolari profondi del rachide è coerente con gli
studi precedenti secondo i quali l’attività di tali muscoli è necessaria alla stabilità
intervertebrale.
Passando alle considerazioni di tipo metodologico, la tipologia di studio adottata da
tutti gli articoli inclusi, ossia la cross‐sectional, appare idonea e appropriata alle finalità
espresse dagli autori, perché è utile a descrivere una condizione ampiamente diffusa
nella popolazione generale e dà la possibilità di formulare considerazioni generali.
Tuttavia, il cross‐sectional è un tipo di studio comunemente utilizzato per fornire una
panoramica generale di un fenomeno specifico senza alcuna implicazione di tipo
temporale, come avviene invece per gli studi longitudinali. Infatti, questa tipologia di
studio non è in grado di determinare il rapporto di causa ed effetto che potrebbe
sussistere tra una patologia e i relativi fattori di rischio e/o fattori protettivi. Gli studi in
esame danno dunque una valida descrizione del fenomeno, ma non possono
rispondere a quesiti relativi al rapporto di causalità o consequenzialità che esiste tra la
cervicalgia e il ruolo dei flessori profondi. Infatti, questi studi non possono dimostrare
se la disfunzione a carico della muscolatura profonda del collo causi la cervicalgia o se
ne sia la diretta conseguenza. Ciononostante, tutti gli studi presentano un ristretto
numero di soggetti, pertanto appare quantomeno plausibile addurre qualche dubbio in
merito alla capacità di tali studi di estendere a tutta la popolazione le considerazioni
fatte in merito ai risultati trovati. Inoltre, il numero limitato di soggetti potrebbe avere
influito sulla significatività statistica di alcuni risultati, portando a non ritenere
significativi, per esempio, i risultati inerenti l’attività muscolare di SCOM e scaleno
anteriore omolaterali durante i movimenti degli arti superiori3. La popolazione
19
selezionata non sempre appare omogenea e del tutto idonea alle finalità della tesi:
alcuni soggetti con cervicalgia presentavano una storia pregressa di colpo di frusta
(WAD)2,3 e venivano reclutati ed analizzati insieme a soggetti con cervicalgia aspecifica.
Sebbene il numero dei soggetti con storia clinica di WAD sia esiguo, sembra evidente
che manchi una selezione accurata dei partecipanti. La condizione di deficit di controllo
motorio sembra tuttavia appartenere a tutti i soggetti con cervicalgia cronica, a
prescindere dalla sua causa: Chiu et al.1 hanno appunto dimostrato questo assunto nel
loro studio, pertanto la discrepanza nella selezione del campione potrebbe non aver
influito in alcun modo sui risultati. Inoltre, tutti gli studi inclusi hanno considerato dei
campioni con livelli di dolore e disabilità da bassi a moderati: questa è una condizione
tipica di una popolazione con disturbo cronico, perciò non è possibile alcun tipo di
confronto o generalizzazione rispetto a soggetti in fase acuta o subacuta. Un altro
aspetto è legato all’età media e al range: due studi2,3 su tre sono rappresentativi di una
popolazione giovane al di sotto dei 30 anni nella quale è presente un range di età
molto variabile (dai 19 anni ai 46), mentre nello studio restante la popolazione ha un
media di 43.4±10.9. Nonostante si tratti in tutti i casi di popolazioni giovani, la
variabilità interna nel primo caso dovuta alla grande variabilità di range e il confronto
tra le medie dei tre studi, solleva qualche dubbio sull’omogeneità dei campioni. È
inoltre palese che tutti e tre gli studi siano rappresentativi di una popolazioni cronica
giovane, pertanto è auspicabile, per esempio, che vengano condotti altri studi su
popolazioni più anziane per rendere possibile un confronto e confermare o meno i
risultati ottenuti anche rispetto a una popolazione cronica di anziani. Un’ultima
considerazione riguarda la durata del dolore: negli studi di Falla et al.2,3 la durata è
pressoché la medesima ed è riportata con precisione, mentre nello studio di Chiu et
al.1 la durata media del dolore del campione non è specificata. Questo costituisce un
altro elemento di differenza, oltre all’età, tra gli studi inclusi e pone i primi due ad un
livello di qualità e rigore metodologico superiori.
Le procedure di esecuzione dei test valutativi sembrano accurate, sebbene risultino più
attendibili e specifiche gli studi eseguiti con EMG direttamente a contatto con la
muscolatura profonda3rispetto al semplice utilizzo della PBU (Pressure Biofeedback
Unit) durante il CCFT 1. È importante segnalare che, nonostante questa rilevazione
elettromiografica sia all’avanguardia e attendibile, gli autori stessi si augurano che
20
futuri studi possano dirimere ogni controversia in merito alle possibili (anche se
improbabili) interferenze di segnale dovute all’attività elettrica della muscolatura
sovraioidea (fenomeno del cross‐talk). Inoltre, alcuni autori definiscono questa tecnica
elettromiografica invasiva e scomoda, nonostante fornisca informazioni utili, dal
momento che l’elettrodo nasofaringeo deve essere applicato direttamente sul muro
orofaringeo posteriore attraverso il setto nasale13.
Dunque, la qualità metodologica degli studi in esame si può considerare adeguata alle
finalità degli studi stessi, anche se sarebbe necessario ampliare la numerosità e la
composizione del campione e renderlo più omogeneo.
Alla luce di quanto affermato in precedenza in merito agli studi inclusi nella revisione,
le implicazioni cliniche risultano essere molto rilevanti. Infatti, appare evidente che un
programma di trattamento volto al recupero della forza, della resistenza e del corretto
controllo neuromuscolare della muscolatura profonda e superficiale del collo,
potrebbe giovare al dolore, alla stabilità, al mobilità e influire sulla qualità di vita dei
pazienti con cervicalgia. Tale rilevanza clinica è dimostrata dalla presenza di numerosi
studi inerenti il trattamento nella letteratura scientifica.
Studi futuri sono necessari per indagare aspetti che restano privi di evidenza
scientifica. Analizzare l’attivazione di feedforward anche durante compiti funzionali (es.
ADL) e non soltanto per movimenti afinalistici degli arti approfondirebbe la nostra
conoscenza sul controllo motorio e potrebbe suggerire le strategie migliori per un
trattamento mirato3. Infine, crediamo sia importante riportare alcuni importanti
interrogativi che gli autori stessi degli articoli inclusi si pongono per gettare le basi di
studi futuri2: il cambiamento di strategia motoria è dovuto a una performance
deficitaria dei flessori profondi (debolezza o attivazione ridotta) o è dovuto a un
aumento dell’attività dei muscoli superficiali? Qual è il meccanismo che sottende il
cambiamento dell’attività muscolare? Il cambiamento precede o segue l’inizio del
dolore?
21
5. CONCLUSIONI
In conclusione, data la carenza di evidenze scientifiche, si può affermare che non è
stato possibile rispondere pienamente al quesito alla base di questa tesi. Non è infatti
possibile dimostrare che un deficit a livello della muscolatura profonda possa portare
effettivamente ad un alterato controllo motorio e che ciò sia imputabile alla comparsa
di dolore cervicale. Inoltre, non esistono evidenze in merito alle caratteristiche del
controllo motorio dei flessori profondi del collo in pazienti con cervicalgia aspecifica
acuta, perciò non è stato possibile eseguire un confronto tra soggetti cronici e acuti. Gli
studi inclusi possono rispondere soltanto alla parte del quesito relativa alla cervicalgia
cronica, con alcune riserve in merito alla qualità metodologica, che risulta
generalmente scarsa e inadatta a indagare i fattori predisponenti e le cause del deficit
di controllo motorio riscontrate negli studi inclusi nella revisione. Pertanto, sono
indispensabili studi futuri per poter colmare la mancanza di evidenze relative a questa
tematica, al fine di poter approfondire i meccanismi fisiologici e pato‐fisiologici che
caratterizzano il dolore del rachide cervicale e ne modificano profondamente la
funzione.
22
Key points
La cervicalgia è un disturbo comune al 70% della popolazione.
Non esiste un consenso unanime riguardo la relazione causa-effetto
tra cervicalgia e cambiamenti delle strategie di controllo motorio.
Esecuzione CCFT significativamente più limitata in soggetti con
cervicalgia cronica, che denota una scarsa capacità contrattile della
muscolatura profonda.
Un minore segnale EMG dei flessori profondi è stato associato
all’incremento EMG dei muscoli superficiali.
I flessori profondi hanno riportato un importante deficit nel controllo
motorio di feedforward del rachide cervicale durante il movimento
attivo degli arti superiori.
In letteratura non sono presenti evidenze riguardo i deficit di
controllo motorio in pazienti con cervicalgia aspecifica acuta, perciò
non è possibile un confronto tra paziente acuto e cronico.
23
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