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Università degli Studi Dipartimento di di Brescia Economia Aziendale Settembre 2011 Paper numero 118 Valentina COSTA - Carlo GOBEO INTRODUZIONE A PAUL K. FEYERABEND

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Page 1: Università degli Studi Dipartimento di - unibs.it · Università degli Studi Dipartimento di di Brescia Economia Aziendale Settembre 2011 Paper numero 118 Valentina COSTA - Carlo

Università degli Studi Dipartimento didi Brescia Economia Aziendale

Settembre 2011

Paper numero 118

Valentina COSTA - Carlo GOBEO

INTRODUZIONEA PAUL K. FEYERABEND

Università degli Studi di BresciaDipartimento di Economia AziendaleContrada Santa Chiara, 50 - 25122 Bresciatel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814e-mail: [email protected]

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INTRODUZIONE A PAUL K. FEYERABEND

di

Valentina COSTA Dottoranda in Economia Aziendale

Università di Brescia e

Carlo GOBEO Dottorando in Economia Aziendale

Università di Brescia

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Indice

L’addio alla ragione in Paul K. Feyerabend Valentina Costa

1. Introduzione ....................................................................................................... 1

2. La vita, i “valori” ............................................................................................... 1

3. Il ragionamento scientifico: la critica al razionalismo e l’esempio di Galileo Galilei .................................................................................................... 4

4. La critica all’autorità della scienza: il profilo sociale della filosofia di Feyerabend ......................................................................................................... 7

5. Conclusioni ...................................................................................................... 11

Bibliografia .......................................................................................................... 12

Paul K. Feyerabend, la conoscenza anarchica nel Secolo XX Carlo Gobeo

1. Mutamenti nelle basi della scienza: teoria della relatività e teoria dei quanti ........................................................... 13

2. Sviluppi dell’epistemologia ............................................................................ 14 2.1 Il razionalismo critico di Karl Popper ..................................................... 14 2.2 La teoria delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn .......................... 15 2.3 La teoria dei programmi di ricerca di Imre Lakatos ................................ 16

3. L’anarchismo metodologico di Paul Feyerabend ........................................... 16 3.1 Da Contro il metodo al Dialogo sul metodo ............................................ 16 3.2 Le riflessioni di Feyerabend sull’opera scientifica di Galileo Galilei

costituiscono un inno alla libertà (della scienza) ...................................... 22 3.3 Le nozioni di “theory-laden” e di “incommensurabilità tra teorie” ....... 26 3.4 Influenza esercitata sulle tesi di Feyerabend dal pensiero di

Michael Polanyi ......................................................................................... 29

4. Conclusioni ...................................................................................................... 31

Bibliografia .......................................................................................................... 32

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L’addio alla ragione in Paul K. Feyerabend

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L’addio alla ragione in Paul K. Feyerabend Valentina Costa

“Senza “caos” non c’è conoscenza. Senza

una frequente rinuncia alla ragione non c’è progresso. Idee che oggi formano la base stessa della scienza esistono solo perché ci furono cose come il pregiudizio, l’opinione, la passione; perché queste cose si opposero alla ragione; e perché fu loro permesso di operare a modo loro. Dobbiamo quindi concludere che, anche all’interno della scienza, la ragione non può e non dovrebbe dominare tutto e che spesso deve essere sconfitta, o eliminata, a favore di altre istanze”.

P. K. Feyerabend, Contro il metodo

1. Introduzione

Questo lavoro si pone l’obiettivo di approfondire la conoscenza del filosofo Paul Karl Feyerabend, delle sue opere e del suo pensiero. La sua idea di scienza “irrazionale”, la sua visione “anarchica” della conoscenza, la difesa della libertà di opinione e di scelta del cittadino paiono infatti di grande interesse anche se considerate al di fuori del contesto di studio della filosofia della scienza.

Lo studio, pur condotto in assenza di specializzazione epistemologica, intende raccogliere gli elementi più innovativi della filosofia di Feyerabend, con particolare attenzione alla critica rivolta al mondo degli intellettuali e al profilo sociologico del suo pensiero.

2. La vita, i “valori”

Ammazzando il tempo è il titolo dell’autobiografia di Paul Feyerabend, pubblicata nel 1994, anno della sua morte.

Nel titolo dell’opera è contenuto il senso della vita del filosofo che, con riferimento ai primi anni trascorsi presso l’Università di Berkeley, afferma:

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“(…) stavo davvero ammazzando il tempo. In un certo senso aspettavo che la mia vita avesse inizio (…)”1

La vita di Feyerabend, tuttavia, non può certo essere considerata ordinaria. Nato a Vienna nel 1924, fin da bambino dimostra una notevole predisposizione per lo studio e una vera e propria passione per la fisica, oltre che per il teatro e per il canto.

.

Ciò che sembra caratterizzare la vita dell’autore è una costante distanza della stessa rispetto agli eventi del mondo circostante.

L’annessione dell’Austria alla Germania e la Seconda Guerra Mondiale rappresentano per Feyerabend “un fastidio, non un problema morale"2

Riferendosi agli anni trascorsi in guerra, il filosofo afferma di non aver mai aderito agli ideali nazionalsocialisti, proprio a causa della sua indipendenza di pensiero, che non gli ha mai permesso di essere fedele a qualcosa o a qualcuno. Feyerabend ammette, tuttavia, di non essere in grado di prendere una posizione netta nei confronti della guerra, sottolineando la difficoltà di ricondurre gli eventi, i pensieri e le azioni a precise categorie morali (l’avversione alle classificazioni e all’individuazione di valori assoluti è caratteristica del pensiero dell’autore, come più avanti si avrà modo di approfondire con riferimento alla sua critica al metodo):

, nonostante la partecipazione del filosofo agli eventi della guerra non sia affatto marginale: Feyerabend viene chiamato a svolgere il servizio militare dopo aver superato l’esame di maturità nel 1942 e combatte nell’esercito tedesco fino al 1945, quando una ferita in combattimento lo rende invalido in modo permanente.

“Ma non erano odio, disprezzo e desiderio di giustizia l’atteggiamento giusto verso idee e azioni che avevano causato e prolungato una guerra atroce e condotto alla morte milioni di innocenti? Naturalmente sì, però il guaio è che non è facile separare il Bene dal Male, almeno non per me: compassione, altruismo, amore possono ritrovarsi proprio in mezzo al male; non so il perché, ma semplicemente sono sicuro che sia così. Però, se così va il mondo, allora una netta visione morale comporta delle semplificazioni e, con esse, atti di ingiustizia e di crudeltà”3

In Addio alla ragione Feyerabend chiarisce che: .

“il fascismo non riscuote certo i miei favori. Non è questo il problema. Il problema è la natura del mio atteggiamento: è un’inclinazione che seguo e accolgo favorevolmente negli altri; o ha un nucleo oggettivo che mi permetterebbe di combattere il fascismo non solo perché non piace a me,

1 P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo. Un’autobiografia, Roma, Editori

Laterza, 1994, p. 122. 2 Ibidem, p. 43. 3 Ibidem, pp. 62-63.

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L’addio alla ragione in Paul K. Feyerabend

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ma perché è intrinsecamente cattivo? E la mia risposta è: si tratta di un’inclinazione, niente di più.”4

Feyerabend sostiene, quindi, che non è possibile ricondurre la realtà a schemi, a valori condivisi: da qui la sua avversione alle definizioni di Bene e Male, di Ragione, di Verità, di Onestà.

La carriera accademica di Feyerabend inizia a Londra sotto la supervisione di Karl Popper, l’austriaco padre del razionalismo critico e del falsificazionismo5, che affascina gli studenti dando inizio una forte critica dell’impostazione metodologica diffusa all’interno della “classe” dei filosofi: lo stesso Feyerabend ammette che nei discorsi di Popper “si respirava aria nuova”6

Feyerabend applica il procedimento sostenuto da Popper, sviluppandolo come argomento principale delle sue prime lezioni, spinto, forse, dall’interesse verso un metodo nuovo che si pone in contrasto alle teorie di quei “signori coltissimi” così poco stimati da Feyerabend. Nel tempo egli si rende conto, tuttavia, di non condividere pienamente i presupposti delle di Popper. Come sostiene Feyerabend nell’autobiografia:

.

“Il falsificazionismo divenne insomma un’opzione interessante e io ci cascai. Di tanto in tanto mi sentivo un po’ a disagio (…) era come se da qualche parte nelle fondamenta avvertissi un tarlo”7

La carriera di Feyerabend prosegue nelle Università di tutto il mondo: Berkeley, Londra, Berlino, Nuova Zelanda, Zurigo.

.

Nel 1975 Feyerabend pubblica la sua opera più conosciuta e più discussa: Contro il metodo. Nel saggio8

4 P. K. FEYERABEND, Addio alla ragione, Roma, Armando Editore, 2004, p. 321.

Feyerabend critica duramente il razionalismo, condannando il comportamento dei filosofi della scienza e delineando una “teoria anarchica della conoscenza”. Contro il metodo porta Feyerabend ad essere oggetto di numerosi giudizi negativi e di forti antipatie da parte del mondo della scienza.

5 Popper sostiene che le teorie scientifiche non sono mai verificabili empiricamente: una teoria non può mai essere verificata in modo conclusivo, in quanto è sempre possibile che un’osservazione successiva alla sua formulazione possa smentirla. Secondo Popper le teorie sono falsificabili, vale a dire possono essere contraddette dall’esperienza: una teoria può essere considerata scientifica solo se, nonostante i tentativi di confutazione intrapresi, non è stata falsificata di fatto. (M. BALDINI, Introduzione a Karl R. Popper, Roma, Armando Editore, 2002, p. 43.)

6 Ibidem, p. 81. 7 Ibidem, p. 103. 8 Contro il metodo è la prima parte di un saggio sul razionalismo progettato da

Feyerabend e dall’amico e filosofo Imre Lakatos, il quale avrebbe dovuto difendere il razionalismo, confutando le tesi di Feyerabend. A causa della morte di Lakatos il progetto rimase incompleto e Feyerabend pubblicò solamente il proprio intervento.

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Il filosofo trascorre quarant’anni della sua vita in paesi di lingua inglese (soprattutto negli Stati Uniti) e nella sua formazione la cultura anglosassone ha un ruolo certamente più rilevante rispetto a quello ricoperto dalla tradizione austriaca: lo stesso Feyerabend ammette di essersi dimenticato della guerra e della permanenza nell’esercito e di aver condiviso lo “spirito tedesco” del nazionalsocialismo solo per breve tempo.

Il fatto di non essere legato ad una città, ad una cultura, ad una tradizione ha di certo influenzato il pensiero di Feyerabend ed è forse all’origine del carattere “aperto” del suo metodo e del principio “qualsiasi cosa può andar bene”.

3. Il ragionamento scientifico: la critica al razionalismo e l’esempio di Galileo Galilei

La forza innovativa della teoria che Feyerabend espone nelle sue opere risiede nell’affermazione che la scienza è sostanzialmente anarchica: il progresso (non esclusivamente in campo scientifico ma anche in campo sociale) può essere ottenuto esclusivamente per mezzo della massima libertà di pensiero e di metodo.

Per Feyerabend non è possibile adottare o imporre un metodo rigido: la storia e lo studio dei processi di scoperta dell’uomo dimostrano come sia estremamente riduttivo affermare l’esattezza di una teoria fissa della razionalità. L’unico principio che deve essere difeso è “qualsiasi cosa può andar bene”9

Tale principio deve essere applicato per mezzo della controinduzione, vale a dire attraverso l’introduzione di ipotesi in contraddizione con le teorie accettate, attraverso un modello di critica esterno, un insieme di assunti alternativi, un intero mondo alternativo.

.

Nella sua critica al metodo, e, in particolare, al razionalismo, Feyerabend attacca la struttura stessa della scienza.

Nel saggio Addio alla ragione egli sostiene che non esistono elementi caratteristici, standard, identificabili in tutte le indagini scientifiche e completamente assenti in altre attività, pur non negando, tuttavia, l’esistenza di caratteristiche distinte e di tratti comuni in taluni sviluppi concreti della ricerca.

Feyerabend sottolinea come il principio “qualsiasi cosa può andare bene” non rappresenti una semplificazione del processo di ricerca: l’assenza di standard scientifici da rispettare non comporta un minor impegno ma, al contrario, richiede che gli scienziati pongano in discussione tutti gli aspetti

9 P. K. FEYERABEND, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della

conoscenza, Milano, Feltrinelli, 2009, p. 25.

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L’addio alla ragione in Paul K. Feyerabend

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della loro attività, anche (e soprattutto) quelli che sono universalmente accettati e considerati tipicamente scientifici.

Nulla può essere dato per scontato. La ricerca non deve ridursi all’applicazione di metodi condivisi e ritenuti corretti: gli standard condivisi dalla comunità scientifica devono essere messi in discussione, le regole della logica devono essere poste sotto esame.

Feyerabend, inoltre, sostiene che nessuna singola teoria è sempre in accordo con tutti i fatti noti nel suo campo, a causa di disaccordi numerici o di insufficienze qualitative; i dati sperimentali raccolti dagli scienziati, inoltre, sono inevitabilmente compromessi dalle percezioni soggettive10 e perciò sarebbe imprudente permettere che siano proprio i dati sperimentali a giudicare la bontà delle nuove teorie. Il giusto metodo deve basarsi su norme che permettano di scegliere tra teorie che siano già state sottoposte alla prova sperimentale e che siano state falsificate piuttosto che su norme che obblighino a scegliere fra teorie sulla base della falsificazione11

Il razionalismo critico di Popper prevede che sia razionale rifiutare una teoria in conflitto con un fatto accettato, mentre è irrazionale conservarla: Feyerabend afferma che una teoria scelta secondo tale principio non è comunque razionale poiché il procedimento di selezione della teoria si basa su sensazioni soggettive.

.

La filosofia di Popper, che prevede che la scienza sia completamente razionale e che le osservazioni scientifiche siano guidate dalla falsificazione, è applicabile unicamente in un mondo costituito da situazioni identificabili in modo semplice, dove le osservazioni e gli esperimenti non sono disturbati, dove non esistono fatti nascosti12

Per superare il problema del carattere storico-fisiologico dei dati sperimentali, Feyerabend sostiene la necessità di porre in essere una critica dei concetti di uso comune, inventando un nuovo sistema concettuale, una nuova teoria, che non si concili con i risultati di osservazione stabiliti.

.

A sostegno di tale teoria Feyerabend porta l’esempio dell’esperienza di Galileo Galilei, un “ribelle della scienza”13

10 Secondo Feyerabend i materiali di cui uno scienziato dispone non sono mai

pienamente indipendenti dal suo sfondo storico: i dati sperimentali non si limitano a descrivere uno stato di cose oggettivo ma esprimono opinioni soggettive, mitiche e da molto tempo dimenticate.

. Allontanandosi dai metodi classici e dalle credenze condivise dalla società dell’epoca, procedendo contro il senso comune, Galileo cercò di convincere gli avversari della fondatezza delle proprie teorie scientifiche: proprio in questo modo di

11 P. K. FEYERABEND, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, op. cit., p. 56.

12 P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, op. cit., pp. 54-56. 13 Ibidem, p. 296.

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procedere Feyerabend riconosce la componente anarchica del metodo di Galileo.

La teoria del moto della Terra, già sostenuta da Copernico, viene ripresa da Galileo nonostante la si potesse considerare ormai confutata dalla teoria tolemaica; lo scienziato ricerca nuovi fatti che possano sostenere la tesi di Copernico e che possano essere accettati da tutti. Galileo identifica le interpretazioni naturali14 in contraddizione con la tesi di Copernico e le sostituisce con altre: egli introduce un nuovo linguaggio d’osservazione15

Galileo, per poter sostenere la teoria così delineata, introduce alcune ipotesi ad hoc con l’obiettivo di sottoporre a prova le vecchie concezioni. Feyerabend considera tale atteggiamento positivo per il progresso della scienza:

.

“dal momento perciò che non si può fare a meno di essere in una situazione ad hoc, è meglio essere in tale situazione rispetto a una nuova teoria poiché una nuova teoria, come tutte le cose nuove, darà un senso di libertà, di esaltazione e di progresso”16

Con l’invenzione del cannocchiale Galileo introduce fatti nuovi, interpretazioni naturali e materiali sensibili migliori: tuttavia, l’applicazione terrestre del cannocchiale, ormai affermata, è molto differente dall’applicazione ai fenomeni celesti: le prime osservazioni telescopiche del cielo sono indistinte, in conflitto con le osservazioni effettuate ad occhio nudo. Galileo supera tali difficoltà grazie alle sue capacità di persuasione, al suo stile e al fatto che scrive in italiano anziché in latino.

.

Secondo Feyerabend l’esperienza di Galileo dimostra come il progresso della scienza sia raggiungibile solo ignorando la ragione: la nuova teoria deve essere conservata finché non sia stata integrata dalle necessarie scienze ausiliarie, anche di fronte e fatti chiaramente contraddittori.

Il proselitismo alle nuove idee deve essere realizzato attraverso mezzi irrazionali come la propaganda e la formulazione di ipotesi ad hoc: lo scienziato necessita di questi mezzi irrazionali allo scopo di sostenere la fede nella nuova teoria, finché non emergano fatti e argomenti che trasformino la fede in una conoscenza sicura. Feyerabend, infatti, sostiene che:

14 In “Contro il metodo” Feyerabend definisce le interpretazioni naturali come le

“operazioni della mente che conseguono il senso”. 15 Galileo, utilizzando i principi di relatività del moto e di inerzia circolare, sostituisce le

interpretazioni naturali dell’argomento della torre di cui si servirono gli aristotelici per confutare la teoria di Copernico.

16 P. K. FEYERABEND, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, op. cit., p. 82.

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“il copernicanesimo e altre concezioni “razionali” esistono oggi solo perché in qualche periodo nel loro passato la ragione fu sopraffatta” 17

Il successo di una ricerca non dipende dalla presenza di determinati principi imprescindibili e dal rispetto di schemi e di regole di procedimento, ma dipende da “trucchi”

.

18

La scienza, quindi, è molto più irrazionale rispetto alla visione che ne dà il razionalismo critico: i principi di tale filosofia sono destinati ad ostacolare la scienza poiché l’obiettivo di renderla razionale ha l’inevitabile conseguenza di “spazzarla via”. Il caos, la passione, l’irrazionalità sono alla base della conoscenza e del progresso: anche nella scienza, sostiene Feyerabend, la ragione non può dominare tutto ed anzi, spesso deve essere sconfitta

, da ipotesi formulate ad hoc, e chi compie gli atti che determinano il progresso non è sempre consapevole della rilevanza delle proprie azioni.

19

4. La critica all’autorità della scienza: il profilo sociale della filosofia di Feyerabend

.

Nelle opere di Feyerabend la critica al metodo si estende all’autorità della scienza, agli esponenti dell’“élite” della scienza, che, rifiutando tutto ciò che contraddice le convinzioni condivise e ormai sedimentate della cultura occidentale, impediscono non solo il progresso scientifico ma anche la libertà di pensiero, lo sviluppo culturale dei cittadini e, quindi, il progresso sociale.

L’originalità del pensiero di Feyerabend, come evidenziato nel paragrafo precedente, è racchiusa nel principio “qualunque cosa può andare bene”: attraverso l’applicazione della controinduzione il filosofo sconvolge gli schemi del metodo “tradizionale”, sostenendo la superiorità dell’irrazionalità sulla ragione e portando a sostegno della sua tesi l’esperienza di Galileo Galilei. Per il filosofo lo strumento per superare la fissità del metodo condiviso è concedere agli individui la massima libertà di pensiero.

L’obiettivo di Feyerabend, infatti, non di proporre una nuova metodologia, di sostituire un insieme di norme generali con un altro insieme di norme, ma quello di convincere il lettore che tutte le metodologie, anche quelle considerate fondamentali, hanno i loro limiti:

17 Ibidem, pp.125-126. 18 P. K. FEYERABEND, Addio alla ragione, op. cit., p. 292. 19 Ibidem, p.146.

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Valentina Costa

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“Un anarchico è come un agente segreto che giochi la partita della Ragione allo scopo di minare l’autorità della Ragione”20

Feyerabend critica gli scienziati per il loro atteggiamento chiuso, che spesso li porta a considerare gli assunti di base di una teoria come principi indiscutibili e a considerare i propri metodi di rilevazione dell’esperienza come se fossero le sole procedure naturali: in tal modo la ricerca consiste nell’utilizzare metodi e assunti di base, non nell’esaminarli

.

21

“La scienza è la nostra religione. Quello che accade all’interno è la Buona Novella. Quello che accade fuori è nonsenso pagano”

. Il filosofo sostiene che i grandi successi della scienza appaiono impressionanti perché non sono mai stati confrontati con i successi conseguiti grazie ad altri punti di vista e perché i grandi fallimenti della scienza raramente giungono alle orecchie del pubblico:

22

Feyerabend sostiene la libertà di pensiero, la varietà di opinione, criticando il principio di coerenza, che richiede che le nuove ipotesi siano in accordo con le teorie accettate. L’uniformità di pensiero e l’adeguamento a principi assoluti e condivisi impoveriscono l’uomo, ne ostacolano il progresso: l’unico metodo compatibile con una visione umanitaria è quello che incoraggi la varietà

.

23

Il progresso è strettamente legato alla storia: ciò che è passato e giudicato irrazionale non deve essere dimenticato poiché anche un’idea antica e apparentemente assurda può essere utilizzata per migliorare una teoria. A sostegno di tale affermazione Feyerabend porta l’esempio della teoria del movimento della Terra: dopo Aristotele e Tolomeo l’opinione dei Pitagorici fu completamente dimenticata, per essere poi ripresa da Copernico

.

24

È interessante osservare come Feyerabend applichi con convinzione il principio “qualsiasi cosa può andar bene” non solo alla filosofia della scienza ma anche all’individuo, con riferimento, quindi, alle scelte dell’uomo di fronte a questioni quali l’educazione e la medicina:

.

“La soluzione è molto semplice – la gente faccia quello che vuole”25

Il filosofo critica il sistema educativo occidentale: le persone, sostiene Feyerabend, devono essere istruite in modo da permettere loro di “trovare la

.

20 Ibidem, p. 29. 21 P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, Roma, Editori Laterza, 1989, pp. 29-30. 22 Ibidem, p. 57. 23 P. K. FEYERABEND, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della

conoscenza, op. cit., p. 39. 24 Ibidem, pp. 40-41. 25 P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, op. cit., p. 33.

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L’addio alla ragione in Paul K. Feyerabend

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propria strada”, mentre gli intellettuali e gli scienziati sviluppano teorie, sistemi etici, filosofie umanitarie imponendoli agli studenti.

Feyerabend sottolinea la propria avversione verso l’educazione alle categorie, la distinzione tra bene e male, i valori assoluti (verità, onestà, giustizia), che non sono hanno carattere universale e non possono in alcun modo essere imposti per mezzo dell’educazione, ma devono essere frutto della libera scelta dell’individuo26

Allo stesso modo, Feyerabend sostiene che le persone debbano poter scegliere apertamente tra i trattamenti della medicina scientifica e quelli delle medicine alternative; gli scienziati, gli intellettuali, gli insegnanti devono mostrare alle persone i limiti della medicina scientifica e devono offrire alla gente l’opportunità di nuove terapie, come l’agopuntura e l’omeopatia.

.

Non esistono ragioni oggettive per ritenere che la scienza occidentale sia superiore ad altre tradizioni: l’affermarsi della superiorità assoluta della civiltà occidentale, che Feyerabend definisce “malattia contagiosa”27

Secondo questo punto di vista, la civiltà occidentale, quindi, è stata imposta con la forza e non solo non ha portato progresso nella società, ma, anzi, ha provocato enormi danni, distruggendo i valori spirituali appartenenti ad altre civiltà e sostituendoli con i propri principi

, non è motivato né da principi razionali, né può essere giustificato con un miglioramento delle condizioni di vita degli uomini interessati a tale processo.

28

A tale proposito Feyerabend parla di “imperialismo” culturale: .

26 Ibidem, p. 38. 27 P. K. FEYERABEND, Addio alla ragione, op. cit., p. 309. 28 A tale proposito, Feyerabend cita in Addio alla ragione un’opera dello studioso

iraniano Majid Rahnema, che paragona gli aiuti allo sviluppo con gli effetti dell’Aids, che distrugge il sistema immunitario del corpo umano:

“le culture e le civiltà sono state formate, arricchite e trasmesse da milioni di persone che imparavano vivendo e agendo, per le quali vivere e imparare erano sinonimi, dato che dovevano imparare per vivere e imparavano qualunque cosa fosse sensata per loro e per la comunità alla quale appartenevano. Prima che sorgesse l’attuale sistema scolastico, per migliaia di anni l’istruzione non era un bene scarso. Non era il prodotto di fabbriche istituzionali, il cui possesso concedeva a una persona il diritto di essere chiamata “istruita” […] Il sistema scolastico funzionò […] come un canale piuttosto efficiente al servizio dell’Establishment per selezionare gli individui più ambiziosi – e talvolta più brillanti – che aspiravano alla fama personale e professionale […] I vecchi tempi in cui “ogni adulto era un insegnate” finirono per sempre. Da quel momento solo quanti erano autorizzati dal sistema scolastico, secondo criteri da esso stesso formulati, potevano avere il diritto di insegnare. L’istruzione divenne così un bene raro. Da Majid Rahnema. Education for Exclusion or Partecipation, manoscritto, Stanford, 16 aprile1985.

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Valentina Costa

10

“Karl Popper, ad esempio, si rammarica della «generale atmosfera antirazionalista […] del nostro tempo», loda Newton e Einstein come grandi benefattori dell’umanità ma non spende una sola parola sui crimini commessi in nome della Ragione e della civiltà. Al contrario, sembra pensare che i vantaggi della civiltà possano talvolta essere imposti, a vittime riluttanti, mediante “una qualche forma di imperialismo”.”29

Attraverso tali affermazioni il filosofo manifesta una profonda sfiducia e nei confronti della classe degli scienziati che, secondo l’opinione di Feyerabend, si pronunciano su materie che non conoscono adeguatamente, perseverando nel difendere la propria posizione, la teoria affermata, rifiutando e opponendo resistenza alle nuove idee

30

Secondo il parere dei razionalisti le tradizioni non scientifiche non devono essere riportate in vita in quanto già sconfitte dalla scienza e dal razionalismo; tuttavia, sottolinea Feyerabend, le tradizioni sono state eliminate, il più delle volte, con l’intervento di pressioni politiche ed economiche, impedendo la competizione imparziale con la scienza

e alle tradizioni.

31

Feyerabend propone di togliere i problemi fondamentali, compresi quelli metodologici ed epistemologici, dall’azione di esperti come medici e filosofi, per affidarli ai cittadini; gli esperti potrebbero mantenere una funzione consultiva, senza poteri decisori:

.

“Iniziative dei cittadini anziché epistemologia – questo è il mio slogan”32

Così, Feyerabend propone di adottare un “approccio intellettualistico alla scienza e ai problemi sociali”: la scienza e le discipline umanistiche non possono ignorare i desideri personali e il contesto culturale degli individui, gli scienziati devono immaginare situazioni che non conoscono, che non hanno mai vissuto:

.

“si deve vivere la vita che si vuole cambiare”33

29 P. K. FEYERABEND, Addio alla ragione, op. cit., p. 310.

30 A sostegno di tale affermazione Feyerabend porta l’esempio di una presa di posizione da parte di 186 scienziati, alcuni dei quali vincitori del premio Nobel, contro l’astrologia: gli scienziati firmarono una serie di articoli contro l’astrologia ma, invitati a un dibattito sul tema, declinarono l’invito, non essendo adeguatamente preparati sull’argomento.

31 Feyerabend porta come esempio degli Indiani d’America, che, senza poter difendere le proprie idee furono cristianizzati e rinchiusi nelle riserve (P. K. FEYERABEND, Addio alla ragione, op. cit., p. 315). Pare, tuttavia, che, in tale esempio, quello che Feyerabend chiama “imperialismo culturale” sia solo una conseguenza del fenomeno dell’Imperialismo economico e politico che ha guidato la conquista del continente americano e la sottomissione delle popolazioni locali.

32 P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, op. cit., p. 99. 33 P. K. FEYERABEND, Addio alla ragione, op. cit., p. 317.

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L’addio alla ragione in Paul K. Feyerabend

11

Allo stesso modo anche la politica deve rispettare le persone, deve considerare i desideri personali; la politica è per Feyerabend “saldamente soggettiva” ed è impossibile svilupparla sulla base di schemi teorici oggettivi.

5. Conclusioni

La critica al metodo e la visione della scienza come impresa sostanzialmente anarchica rappresentano, forse, una provocazione verso la “casta” della scienza, alla quale Feyerabend si è sempre considerato estraneo o, forse, dalla quale è sempre stato escluso per le sue idee “anarchiche”.

È difficile immaginare che gli scienziati possano accogliere in pieno la teoria di Feyerabend: la ricerca scientifica non può non avere strumenti quali metodi e principî.

Quella provocazione, tuttavia, induce inevitabilmente il lettore a riflettere sul ruolo della scienza nella società, sui pregiudizi che le persone nutrono nei confronti delle forme di conoscenza alternative, delle quali, spesso, non hanno alcuna esperienza.

Feyerabend identifica nell’uomo, nella sua passione e nella sua irrazionalità il centro della scienza, che non può prestare essere descritta attraverso principi immutabili.

In tal senso il contributo di Feyerabend è di importanza fondamentale: da un lato investe di una forte responsabilità il cittadino, che non può e non deve disinteressarsi del mondo che lo circonda; dall’altro invita la scienza a non chiudersi in regole fisse e in una scarsa considerazione delle altre forme di conoscenza, ma a concentrarsi sull’uomo, sulla sua vita e sulla sua “irrazionalità”.

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Valentina Costa

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Bibliografia

M. Baldini, Introduzione a Karl R. Popper, Roma, Armando Editore, 2002.

P. K. Feyerabend, Addio alla ragione, Roma, Armando Editore, 2004.

P. K. Feyerabend, Ammazzando il tempo. Un’autobiografia, Roma, Editori Laterza, 1994.

P. K. Feyerabend, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Milano, Feltrinelli, 2009.

P. K. Feyerabend, Dialogo sul metodo, Roma, Editori Laterza, 1989.

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Paul K. Feyerabend, la conoscenza anarchica nel secolo XX

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Paul K. Feyerabend, la conoscenza anarchica nel secolo XX Carlo Gobeo

“E la Ragione si unisce infine alla sorte di

tutti quegli altri mostri astratti come l’Obbligo, il Dovere, la Morale, la Verità e i loro predecessori più concreti, gli Dèi, che furono usati un tempo per incutere timore nell’uomo e per limitarne il libero e felice sviluppo: svanisce…” cit. da P.K. Feyerabend, Contro il metodo - Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Feltrinelli Editore, 1979, Milano, p. 147.

1. Mutamenti nelle basi della scienza: teoria della relatività e teoria dei quanti

Nel corso del primo ventennio del ‘900 la ricerca teorica, nel campo delle scienze della natura1

Questo rinnovamento del sapere scientifico interessa la storia della filosofia da due punti di vista. In primo luogo le nuove teorie scientifiche configuravano un’immagine della natura, dell’universo e dell’esperienza profondamente diversa da quella che la filosofia aveva dato per presupposta. In secondo luogo il rinnovamento metodologico e concettuale, da cui le scienze erano investite, esigeva una vera e propria rielaborazione dei caratteri costitutivi della conoscenza scientifica.

sviluppò nuove ipotesi e nuovi concetti, che diedero luogo a un generale ripensamento dei risultati che l’uomo riteneva di aver acquisito.

La teoria della conoscenza2

È proprio sulla spinta di questa esigenza che, a partire dagli anni Venti del ‘900 (soprattutto grazie all’opera dei neopositivisti del Circolo di Vienna

si trovava di fronte una nuova realtà, che rendeva inadeguati i modelli interpretativi applicati alla scienza.

3), assume carattere di disciplina autonoma l’epistemologia4

1 Soprattutto della fisica.

. Questa disciplina può essere intesa come teoria diretta alla riflessione sistematica sui fondamenti, sul metodo, sulle condizioni di validità e sui limiti della conoscenza scientifica. Gli epistemologi indagano inoltre sui criteri di

2 Che aveva identificato il proprio ambito di indagine nella conoscenza scientifica. 3 Facenti capo a Moritz Schlick, Otto Neurath e Rudolf Carnap. 4 Dal greco epistéme = scienza e logos = discorso.

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distinzione tra le asserzioni riguardanti la conoscenza di tipo scientifico e quelle riguardanti altri tipi di conoscenza (morale, religiosa, metafisica).

Riguardo all’articolato processo di rinnovamento delle scienze, si possono ricordare tre momenti fondamentali: 1) la formulazione della teoria della relatività generale e ristretta (Albert Einstein); 2) la nascita della teoria dei quanti (Max Planck); 3) la formulazione del principio d’indeterminazione di Heisenberg5

2. Sviluppi dell’epistemologia

.

2.1 Il razionalismo critico di Karl Popper Dal punto di vista della metodologia di ricerca e dell’epistemologia, il

rinnovamento delle scienze portò con sé conseguenze importanti. Le nuove teorie scientifiche6

Ciò indusse Karl Popper ad opporre al principio di verificazione, elaborato dai neopositivisti, un principio di falsificabilità, in base al quale ciò che caratterizza la scientificità di una teoria non è la sua verificabilità, ma la sua capacità di progettare singole esperienze, il cui esito negativo sia in grado di smentire la teoria stessa.

non erano nate per via induttiva, cioè dalla generalizzazione in senso universale di un numero molto grande di esperienze particolari. Al contrario, erano ipotesi teoriche che chiedevano all’esperienza non tanto di essere verificate per “accumulazione” di argomenti sperimentali a favore, ma di essere smentite o falsificate da argomenti che le confutassero. Perciò si costruivano appositamente esperimenti cruciali, il cui esito potesse contraddire la teoria in modo decisivo.

Secondo Popper il metodo induttivo tanto celebrato nella scienza empirica moderna, ad iniziare da Bacone, è soltanto un mito. Come già Hume aveva mostrato, è infatti impossibile stabilire la verità di asserzioni universali, quali vogliono essere tutte le teorie scientifiche, sulla base dell’esperienza, che presenta sempre fatti particolari e individuali.

A tal fine si richiederebbe infatti un controllo7

5 Riguardante l’impossibilità di determinare simultaneamente la posizione e la velocità

delle particelle subatomiche che gravitano attorno al nucleo dell’atomo (elettroni).

della universalità dei casi singoli implicati dalla teoria. La ricerca scientifica non segue quindi una logica induttiva, bensì una logica deduttiva: le teorie scientifiche, prodotte dallo scienziato per invenzione, intuizione creatrice o anche ispirazione

6 Che avevano decretato la validità relativa delle leggi della fisica classica galileiano-newtoniana.

7 Peraltro impossibile.

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irrazionale, sono inizialmente semplici ipotesi, congetture, anticipazioni, tentativi di soluzione di problemi che si pongono alla ricerca.

Una volta formulata, una teoria è messa alla prova tentando di trarre da essa, per deduzione logica, tutte le conclusioni possibili circa i vari campi particolari cui essa si riferisce. Tali conclusioni sono in seguito controllate razionalmente, cercando di vedere se sono tra loro coerenti e, soprattutto, se reggono al confronto con l’esperienza. Se il confronto è positivo la teoria non è di per sé verificata, bensì solo corroborata. Se il confronto è negativo, la teoria è falsificata. In nessun caso la teoria può essere provata come vera.

In altre parole l’esperienza, che presenta sempre fatti particolari e individuali, non può mostrare la verità di proposizioni universali e generali, come quelle che filosofia e scienza intendono enunciare. L’esperienza può solo falsificare tali proposizioni, perché se una proposizione universale non può essere verificata da nessun numero, per quanto grande, di esempi, è invece sufficiente un solo fatto contrario per mostrare la falsità di una proposizione universale.

In base a questa impostazione, il criterio per distinguere la scienza empirica dalla metafisica, secondo Popper, non potrà essere il principio neo-positivistico della verificabilità. Al contrario sarà quello della falsificabilità, intesa come possibilità di un sistema di asserzioni di essere sottoposto alla critica razionale dell’esperienza, cioè di essere confutato dall’evidenza empirica. Laddove c’è questa possibilità ci si troverebbe di fronte ad una teoria scientifica; al contrario dove questa confutabilità da parte dell’esperienza non è possibile ci si troverebbe di fronte ad affermazioni metafisiche (religiose, morali) oppure logico-matematiche8

2.2 La teoria delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn

.

In seno al dibattito che si instaurò sulla base della proposta metodologica di Popper, è da segnalare in primo luogo la posizione di Thomas Kuhn, basata sulla teoria delle rivoluzioni scientifiche.

Kuhn sostiene che le nuove teorie scientifiche non nascono da un processo metodico lineare, fondato sul criterio della verificazione o della falsificazione, ma da un cambiamento radicale dei paradigmi, cioè di quell’insieme di teorie, regole e procedure, comunemente accettato da una comunità scientifica9

8 N. Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. 7, Il pensiero contemporaneo:

dall’ermeneutica alla filosofia analitica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Bergamo, 2006, pag. 190.

.

9 N. Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. 7, Il pensiero contemporaneo: dall’ermeneutica alla filosofia analitica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Bergamo, 2006, pag. 441.

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Nel normale lavoro della ricerca scientifica si fa di tutto non per falsificare, ma per confermare e approfondire il modello tradizionale, inquadrando in esso, con opportune modifiche e adattamenti, le scoperte di anomalie o di fenomeni nuovi.

Il passaggio ad un nuovo modello teorico non avviene passo dopo passo, bensì attraverso una vera e propria rivoluzione scientifica, frutto di una scelta netta fra il vecchio e il nuovo: teorie e metodi vengono sconvolti e, nello stesso tempo, si costituisce una nuova concezione scientifica del mondo.

Secondo Kuhn il metodo della scienza si fonda sulla contrapposizione tra scienza normale e rivoluzioni scientifiche10

2.3 La teoria dei programmi di ricerca di Imre Lakatos

: l’attività di routine degli scienziati, diretta alla soluzione dei rompicapo suscitati all’interno di un dato paradigma, cederebbe improvvisamente il campo a periodi di ricerca straordinaria, determinati dalla crisi del paradigma di partenza e dalla sua brusca sostituzione da parte della comunità scientifica con un nuovo paradigma.

I caratteri fondamentali della proposta di Lakatos consistono nella persuasione che: a) la scienza deve essere vista come una storia di programmi di ricerca in continuo confronto e in continua competizione tra loro; b) per comprendere come avvengano i mutamenti teorici fondamentali (le rivoluzioni scientifiche di cui parla Kuhn), non ci si può limitare alla teoria di un irrazionale mutamento di prospettiva da parte degli scienziati.

Occorre riconoscere che, nella loro attività di ricerca, gli scienziati tendono ad aderire a nuove teorie e a nuovi programmi di ricerca quando li considerano progressivi rispetto ad altri11

3. L’anarchismo metodologico di Paul Feyerabend

.

3.1 Da Contro il metodo al Dialogo sul metodo Tra le posizioni di Popper, Kuhn e Lakatos giocano una serie di premesse

comuni. Tra queste ha un’importanza fondamentale la convinzione che l’attività scientifica e lo sviluppo concreto della scienza possiedano dei

10 N. Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. 7, Il pensiero contemporaneo:

dall’ermeneutica alla filosofia analitica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Bergamo, 2006, pag. 442.

11 Per progressivo deve intendersi un programma capace di predire/spiegare fatti nuovi, non ancora spiegati/previsti dalle teorie o dai programmi di ricerca precedenti. N. Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. 7, Il pensiero contemporaneo: dall’ermeneutica alla filosofia analitica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Bergamo, 2006, pag. 470.

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caratteri ben determinati, razionalmente descrivibili, e che il sapere scientifico sia, in quanto tale, un sapere razionale (o, comunque, razionalizzabile). In altri termini la persuasione che la scienza si muova e cresca in modo razionale e che segua regole metodologiche ben determinate.

Quest’assunzione di fondo è radicalmente messa in discussione da Paul Feyerabend, che è sicuramente il più originale e provocatorio tra gli epistemologi post-popperiani.

Nella sua opera fondamentale intitolata “Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza”, Feyerabend esprime la convinzione che non esista alcun metodo scientifico, alcuna regola prestabilita e univoca capace di rendere conto dell’effettivo funzionamento e dell’eventuale progresso del sapere scientifico.

L’epistemologia contemporanea ha tentato, in modi diversi, di identificare e di sviluppare le regole corrette che caratterizzano il modo di procedere della scienza12

La tesi di Feyerabend è che l’anarchismo (o meglio il dadaismo)

. Feyerabend invece nega ogni possibile tentativo di individuare qualsivoglia metodo capace di caratterizzare in modo univoco il cammino della conoscenza scientifica: non c’è e non può esserci alcun metodo privilegiato che, di fatto, sia stato usato nella storia della scienza, non c’è alcun metodo che abbia diritto più di altri: nella scienza qualsiasi procedere può funzionare. Principio che, oltre ad essere l’unico capace di descrivere come vadano effettivamente le cose nella storia della scienza, si rivela anche il più opportuno ed efficace da un punto di vista teorico (oltre che politico-sociale).

13

La proposta epistemologica anarchica di Feyerabend intende porre in rilievo come la realtà sia sempre e comunque irriducibile a qualsiasi teorizzazione: c’è sempre qualcosa nella realtà che sfugge ad ogni tentativo razionale di sistematizzazione e di regolamentazione teorica. Per rendere

aiuta a conseguire il progresso in qualsiasi senso si voglia intendere la parola: questo perché tale vocabolo significa soprattutto rifiuto sistematico di un metodo generale in grado di mostrare in modo rigido e prestabilito il funzionamento della scienza.

12 Dalle congetture e confutazioni di Popper, alle rivoluzioni scientifiche di Kuhn, ai

programmi di ricerca di Lakatos. 13 Nel libro Ambiguità e armonia è contenuta una risposta fornita da Feyerabend nel

corso del dibattito sviluppatosi al termine di una sua lezione all’Università di Trento. In particolare gli fu chiesto di spiegare il significato del sottotitolo a Contro il metodo. Feyerabend rispose che si trattava di uno scherzo, in quanto una teoria anarchica della conoscenza era una voluta contraddizione in termini. L’anarchia è disordine e la teoria è il suo contrario. Metterli insieme è uno scherzo dadaista rivolto a quegli anarchici che pretendono di essere tali e al contempo di avere una teoria: un’impresa impossibile. Paul K. Feyerabend, Ambiguità e armonia, Editori Laterza, Bari, 1996, pag. 39.

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conto della scienza (come di qualsiasi altra attività teorica dell’uomo) l’atteggiamento praticamente più proficuo coincide con l’abbandono delle regole e con la proposta di qualunque criterio, teoria, atteggiamento nei confronti del mondo.

Ciò non significa, tuttavia, distruggere ogni tipo di regola o di criterio nell’attività teorica e scientifica, ma sostenere la libera creatività della scienza al di là di qualsiasi metodologia prefissata. Conclusioni che Feyerabend intende estendere al di là dell’ambito specifico di competenza della scienza, anche all’analisi della vita sociale e politica.

Passando ora all’esame del contenuto di alcune opere di questo epistemologo e volendo iniziare dal Dialogo sul metodo14

Feyerabend è convinto che la crescita e lo sviluppo del sapere non avvengano sempre in modo lineare, tale da costituire un lungo e impersonale monologo. La conoscenza, per lui come per Socrate e Platone, si raggiunge con lo svolgimento, non sempre ordinato e coerente, della conversazione che si intrattiene con gli altri, oltre che attraverso la riflessione che si conduce con se stessi. Tramite la discussione anche il punto di vista più semplice, più stupido o disumano può acquisire pregi e meriti e l’abisso tra le idee e la vita può essere attraversato dal ponte del dialogo

, la prima peculiarità che balza all’attenzione del lettore riguarda la forma dialogica in cui quest’opera è redatta. Essa è stata scelta non solo per soddisfare un’esigenza espressiva, ma anche per veicolare un contenuto che non potrebbe essere altrimenti comunicato.

15

Il dialogo può quindi risultare più rivelatore di un saggio. L’autore può sviluppare le argomentazioni di cui è convinto e mostrare gli effetti di queste sui profani o sugli esperti appartenenti ad altre scuole. Può rendere esplicita inoltre la vaghezza delle conclusioni che un saggio o un libro cercano di nascondere. Numerosi riscontri ed esempi di quanto rilevato sono rinvenibili in un’altra opera, anch’essa realizzata in forma dialogica, come si rileva dal titolo stesso: Dialoghi sulla conoscenza.

.

Anche Contro il metodo, che è considerata l’opera principale di Feyerabend e che ha l’aspetto, la struttura e la sostanza del trattato, non è altro che il risultato di una lunga discussione con Lakatos, “una discussione che era iniziata nel 1964 ed era poi proseguita attraverso lettere, lezioni,

14 Dialogo, tra un razionalista di scuola popperiana (interlocutore A) ed un epistemologo

anticonformista, che anche a causa dei numerosi riferimenti autobiografici si può tranquillamente identificare con Feyerabend stesso (interlocutore B).

15 Paul K. Feyerabend, Dialoghi sulla conoscenza - GLF Editori Laterza, Bari, 1991, pag. 115 e s.

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conversazioni telefoniche, articoli …”16

Altra peculiarità del Dialogo sul metodo è rappresentata dal tono vivace, dallo spirito polemico e dallo stile trascinante con cui Feyerabend parla della scienza, della conoscenza, della filosofia, nonché della vita e del mondo. Il modo in cui l’interlocutore B riesce a confondere l’interlocutore A e lo induce a scoprire di non sapere quello che credeva di sapere risulta sarcastico e ironico. All’inizio del libro si resta confusi dai repentini passaggi di Feyerabend da un argomento all’altro; proseguendo nella lettura si scopre, invece, che l’autore crea associazioni inedite e nessi inusuali tra idee comunemente ritenute lontane ed estranee.

. La filosofia non è la ricerca sistematica ed organica di una verità certa, è piuttosto una discussione che non porterà mai ad una conclusione definitiva.

Non solo; l’autore fa emergere anche uno sdoppiamento nei due interlocutori sĭ che il primo, razionalista popperiano, potrebbe rappresentare l’altra faccia, il lato oscuro e nascosto dell’epistemologo anarchico. Ciò rappresenterebbe l’esemplificazione di un bipolarismo tra conservazione ed innovazione, tra certezza e dubbio, tra norma e trasgressione, che caratterizza ogni essere pensante. Mediante questa ambivalenza del pensiero, Feyerabend argomenta pro e contro una medesima teoria o modello, consente di evitare opinioni unilaterali, e impedisce di pervenire a tesi inattaccabili. L’obiettivo di Feyerabend è quello di mostrare che spesso l’apparente chiarezza di posizioni e teorie è determinata da ignoranza e superficialità a loro volta causate da inadeguato approfondimento dei fatti, delle questioni e delle esperienze17

Leggendo il dialogo in argomento si è esortati a seguire un percorso impervio, irto di difficoltà, insidie ed intralci accortamente dissimulati, che non possono essere evitati in virtù del soccorso di una razionalità immutabile che, lungi dal rappresentare una facoltà dell’uomo, appare un’invenzione dell’occidente.

. Immergendosi nella discussione le idee di ciascun interlocutore entrano in relazione con le idee altrui, non ci si accontenta dei luoghi comuni, per quanto plausibili possano apparire.

Dagli interrogativi di natura epistemologica, Feyerabend passa anche a interrogativi di natura politica che assieme ai primi indagano su quali siano la natura, il fondamento ed il ruolo della scienza nella vita dell’uomo e della società. Le critiche di Feyerabend non si limitano a contestare quella particolare concezione della scienza rappresentata dal razionalismo critico, ma si indirizzano contro tutta la teoria della conoscenza, almeno come si è formata nella tradizione occidentale. Qui la scienza si è garantita un posto privilegiato all’interno all’organizzazione sociale, in forza di una presunta e

16 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 1979, pag. 13. 17 Paul K. Feyerabend, Dialogo sul metodo - GLF Editori Laterza, Bari, 2007, pag. 89

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mai dimostrata superiorità su altre forme di conoscenza, condizionando pesantemente lo sviluppo della società.

Tale superiorità si basa sulla falsa equazione tra scienza e razionalità, ove la razionalità coincide con l’elaborazione di un metodo al quale attenersi sempre, in quanto universalmente valido. E l’idea che il mondo esterno sia percepito attraverso i sensi aveva portato all’adozione del criterio razionale classico, per cui tutta la conoscenza deve essere controllata dall’osservazione: teorie in accordo con l’osservazione sono preferibili a teorie che non lo sono. Nella realtà, però, le cose sono andate diversamente. All’occorrenza gli scienziati hanno violato modelli, metodi e paradigmi e li hanno sostituiti con altri. La storia della scienza ha individuato e descritto numerosi casi nei quali ciò è avvenuto. Feyerabend ha studiato approfonditamente il caso e l’operato di Galileo e ne ha fornito un’ampia analisi nelle sue opere18

Nei capitoli da 5 a 11 di Contro il metodo è ampiamente descritto come Galileo, di fronte agli argomenti che confutano Copernico avvalendosi delle osservazioni, sostituisce quelle che sembrano danneggiare la teoria eliocentrica, elogia Copernico per non averne tenuto conto e asserisce infine di averle eliminate con l’aiuto del cannocchiale. Non offre, però, alcuna ragione teorica per cui ci si dovrebbe attendere che il cannocchiale dia un’immagine fedele del cielo

.

19

Con le profonde disquisizioni sull’opera scientifica di Galileo e sulla sua lotta a favore della teoria copernicana, Feyerabend dimostra che in una fase storica cruciale sono stati determinanti per il progresso qualità non propriamente scientifiche quali la suggestione, la fantasia, l’astuzia, la retorica e perfino la propaganda. Il successo della scienza in altre parole non si sarebbe potuto verificare se la ragione non fosse stata ridotta al silenzio.

. Oltre a tutte le ragioni intellettuali che può offrire fa ricorso anche a trucchi psicologici e provvede ad eliminare le difficoltà iniziali con l’uso di ipotesi ad hoc, che risultano così occasionalmente avere una funzione positiva. Ricorre all’anamnesi per introdurre il concetto di relatività del moto in contrapposizione al paradigma della sua assolutezza e in questo modo risponde alle osservazioni contro la visione copernicana.

L’accurata descrizione della vicenda scientifica di Galileo, contenuta nell’opera Contro il metodo, è stata posta sovente in relazione con un evento che ha sempre surriscaldato gli animi: il processo e la condanna di Galileo da parte dell’Inquisizione. La domanda che ci si è sempre posta è la seguente: la Chiesa aveva assolutamente torto oppure la sua decisione fu

18 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 1979, da pag. 46 a

pag. 118. 19 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 1979, pag. 83.

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razionale? Vale la pena ricordare che la posizione assunta da Feyerabend, con riferimento all’operato di Galileo, è balzata agli onori della cronaca in seguito alla disputa sulla mancata visita del Papa all’Università la Sapienza di Roma. Gli studiosi e i docenti, contrarî all’invito rivolto dal Rettore al Pontefice per inaugurare, con la sua prolusione, l’anno accademico, richiamarono una frase dell’epistemologo austriaco pronunciata in una conferenza universitaria del 1990 dall’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger20

Anche se in realtà la citazione da parte del futuro pontefice della frase di Feyerabend era stata operata per porre in rilievo i limiti della conoscenza scientifica, tuttavia la vicenda non mancò di suscitare vivo scalpore. Ciò non solo perché il cardinale Ratzinger si poteva considerare, nel 1990, erede alla lontana di quel cardinale Roberto Bellarmino che aveva fatto parte del Sant’Uffizio ed aveva avuto un ruolo importante nel primo processo contro Galilei, ma anche perché il cardinale Ratzinger - conosciuto per il proprio difendere il dogma - sposava la tesi di un filosofo della scienza noto per le sue provocazioni irriverenti ed anarcoidi nei confronti della scienza, della ragione e del potere

.

21

Volendo precisare i contenuti essenziali dell’affaire sopra ricostruito si può rilevare che l’attuale Pontefice è un sostenitore della ragione e della necessità di armonizzare razionalità e fede cristiana, scienza e religione cattolica. Proprio per questo Ratzinger tende a valorizzare gli aspetti di razionalità, compatibili con la fede, presenti nella vita della Chiesa di ieri e di oggi: Feyerabend giunge a proposito, poiché offre la grande opportunità di mostrare che perfino nel frangente del processo a Galilei, era proprio la Chiesa, nel contesto dell’epoca, a stare dalla parte della ragione, molto più dello scienziato

.

22

Ma la sintonia con l’anarchismo epistemologico viene presto meno in quanto Feyerabend non riconosce alla ragione tutto il valore positivo che gli

.

20 Il brano “incriminato”, che si trova a pag. 206 della versione tedesca (1976) di Contro

il metodo, recita così: “La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione”.

21 Di fronte all’esplosione della polemica innescata, nel gennaio del 2008 all’Università La Sapienza di Roma, da un gruppo di professori universitari e da una parte del mondo studentesco, i quali richiamarono le posizioni antigalileiane assunte nella conferenza universitaria del 1990, il Pontefice Benedetto XVI preferì annullare l’impegno, onde evitare episodi sgradevoli.

22 Considerazioni tratte dagli articoli pubblicati ne Il Corriere della sera del 25 gennaio 2008, pagg. 56 e 57, a firma di Giulio Giorello e Antonio Carioti.

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attribuisce Ratzinger e a differenza di quest’ultimo è un convinto sostenitore del pluralismo delle teorie in ogni campo, soprattutto nel campo scientifico.

3.2 Le riflessioni di Feyerabend sull’opera scientifica di Galileo Galilei costituiscono un inno alla libertà (della scienza)

In Contro il metodo Feyerabend ha dimostrato come Galileo si trovasse in una posizione svantaggiata e di debolezza nei confronti dei suoi avversari. Questi ultimi avevano a disposizione teorie ben formulate e non solo vaghe sensazioni di ciò che fosse o non fosse scientifico.

Fatti e teorie presi insieme formavano un complesso di conoscenze scientifiche saldamente acquisite, e questo paradigma era incompatibile con le idee di Galileo. Inoltre, i migliori avversari di Galileo conoscevano benissimo le sue tesi, essendo degli astronomi esperti, e le loro obiezioni apparivano inattaccabili.

All’inizio del diciassettesimo secolo la concezione copernicana era tanto chiaramente e manifestamente incompatibile con i fatti da risultare inadeguata, sul piano tanto qualitativo che quantitativo. Era anche considerata filosoficamente assurda23

L’invenzione, la difesa e la giustificazione dell’ipotesi copernicana contraddicevano quasi tutte le norme metodologiche concepibili. Le scienze ausiliarie, che prendevano parte alla formulazione dell’ipotesi copernicana comprendevano leggi che descrivono le proprietà e l’influenza dell’atmosfera terrestre (meteorologia), leggi di ottica che si occupano della struttura dell’occhio, dei telescopi e del comportamento della luce, e ancora leggi della dinamica, che descrivono il moto in sistemi di movimento. È importante sottolineare che le scienze ausiliarie comprendevano una teoria della cognizione, la quale postulava una certa relazione semplice tra percezione e oggetti fisici. Non tutte queste discipline ausiliarie erano disponibili in forma esplicita; molte di esse si fondevano con il linguaggio d’osservazione.

.

Considerando tutte queste circostanze, una teoria può essere in contraddizione con l’esperienza non perché sia scorretta, ma perché i dati sperimentali possono essere contaminati. La teoria è minacciata perché i dati sperimentali contengono situazioni non analizzate, che corrispondono soltanto in parte a processi esterni, oppure perché è presentata nei termini di concezioni antiquate, o ancora perché viene valutata con l’aiuto di discipline ausiliarie arretrate. L’ipotesi copernicana si trovava in difficoltà per tutte queste ragioni.

23 Tanto che lo stesso Galileo dovette definirla sicuramente falsa, cfr. Paul K.

Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 46.

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È interessante analizzare come Galileo operò per disinnescare un importante argomento (quello della torre), di cui si servivano gli aristotelici per confutare il movimento della Terra. Costoro osservavano che un sasso lasciato cadere dalla sommità di una torre scende a perpendicolo e non va a cadere lontano dalla base della torre stessa, come sarebbe logico attendersi, se la Terra si muovesse. E consideravano le risultanze di tale osservazione come prova incontrovertibile dell’immobilità della Terra. Galileo non mette affatto in discussione l’esattezza dell’osservazione. Mette invece in discussione la sua realtà o falsità. Per spiegare che cosa si intenda con queste espressioni, Feyerabend riporta il seguente passo contenuto nel Dialogo sopra i due massimi sistemi:

“si può comprendere quanto facilmente possa altri restar ingannato dalla semplice apparenza o vogliamo dire rappresentazione del senso. E l’accidente è il parere, a quelli che di notte camminano per una strada, d’essere seguitati dalla Luna con passo uguale al loro, mentre la veggono venir radendo le gronde de i tetti sopra le quali ella gli apparisce, in quella guisa appunto che farebbe una gatta, che realmente camminando sopra i tegoli, tenesse loro dietro: apparenza che, quando il discorso non s’interponesse, pur troppo manifestamente ingannerebbe la vista”24

Galileo fa rilevare che, sia nell’esperimento della caduta del sasso dalla torre, sia nel caso della Luna, che sembra seguire le persone che camminano per le strade, l’impressione sensoriale e l’asserzione da essa suggerita sono saldamente unite in modo tale da sembrare un tutt’uno. Occorre allora interporre il discorso per giudicare dell’efficacia o della falsità dell’impressione sensibile. Occorre in altre parole distinguere fra le sensazioni e quelle operazioni della mente, che conseguono dal senso e che sono connesse così fermamente con le reazioni dei sensi da rendere difficile operare una separazione. Feyerabend, riferendosi a tali operazioni della mente, usa il termine di interpretazioni naturali.

.

Il ragionamento degli aristotelici, tratto dall’osservazione del movimento della pietra in caduta libera, sembra confutare la concezione copernicana, il che potrebbe dipendere da un’insufficienza intrinseca del copernicanesimo, ma anche, alternativamente, dalla presenza di interpretazioni naturali bisognose di essere migliorate. Se un’interpretazione naturale frappone ostacoli ad una concezione interessante, e se la sua eliminazione rimuove la concezione dal campo dell’osservazione, l’unico procedimento accettabile consiste nell’usare altre interpretazioni e vedere che cosa accade. L’interpretazione usata da Galileo restituisce ai sensi la loro posizione di strumenti dell’osservazione, ma solo in rapporto alla realtà del moto relativo. Galileo afferma “nulla operar il moto tra le cose delle quali egli è

24 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 60.

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comune”, ossia “è come se non fusse, resta insensibile, resta impercettibile, è senza azione alcuna”25

Il primo passo di Galileo, nel suo esame congiunto della dottrina copernicana e di un’interpretazione naturale familiare ma nascosta, consiste perciò nel sostituire quest’ultima con una diversa interpretazione. In altri termini, egli introduce un nuovo linguaggio di osservazione. Precisando ulteriormente si può affermare che le nuove interpretazioni naturali costituiscono un linguaggio di osservazione nuovo e altamente astratto. Esse sono introdotte da Galileo tacitamente, così che non si rilevi il mutamento che ha avuto luogo (metodo dell’anamnesi). Esse contengono l’idea della relatività di ogni moto e la legge dell’inerzia circolare.

.

Le tesi di Galileo apparivano deboli anche sotto altri aspetti. Significativi sembrano al riguardo i risultati delle prime osservazioni al cannocchiale, che furono indistinte, indeterminate e contraddittorie. Galileo sosteneva di vedere cose ben definite; eppure, esaminando il disegno della luna che lui realizzò e che è riportato nel Sidereus Nuncius ci si rende conto che il buco al centro del satellite da lui disegnato è certamente illusorio.

Egli sosteneva in particolare che dalle osservazioni la luna appariva molto accidentata e montuosa all’interno del disco ma perfettamente uniforme alla periferia, e ciò nonostante la sagoma della periferia cambiasse in conseguenza delle piccole librazioni del corpo lunare. Keplero, invece, nella sua Ottica del 1604, scriveva (sulla base di osservazioni a occhio nudo): “Si aveva l’impressione che qualcosa mancasse nella circolarità della periferia più estrema”.

Keplero ritornò su questa asserzione nella sua Dissertatio, criticando i risultati telescopici di Galileo sulla scorta di quanto egli stesso vedeva a occhio nudo e, rivolgendosi allo scienziato italiano, scrisse: “Tu ti domandi perché mai non appaia irregolare anche la circonferenza più esterna della Luna. Non so con quanta diligenza tu abbia osservato la cosa o se piuttosto qui tu indaghi secondo l’opinione del volgo. Infatti nel mio libro (l’Ottica del 1604) a pag. 249 e a pag. 250, io, veramente, ho dichiarato che nei pleniluni vedo la mancanza di qualche cosa in questa configurazione più esterna del cerchio. Pensaci su: ed esprimi di nuovo il tuo parere…”26. Da quanto riportato emerge che i risultati delle osservazioni ad occhio nudo effettuate da Keplero erano migliori dei risultati delle osservazioni al cannocchiale compiute da Galileo27

25 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 66.

.

26 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 104, nota 24.

27 Dalle osservazioni al telescopio emergevano ancora altre anomalie. La Luna e alcuni fra i pianeti, come per esempio Giove, si vedevano ingranditi, mentre il diametro apparente

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Oggi possono venire meglio comprese le ragioni per le quali il ricorso diretto alla visione telescopica diede esiti deludenti, specialmente nelle fasi iniziali. La ragione principale era che i sensi, applicati in condizioni anormali, sono soggetti a dare una risposta anormale. Bisogna anche considerare che gli osservatori erano disturbati da forti illusioni ottiche. Gli sdoppiamenti di immagini possono essere spiegati dalla mancanza di una messa a fuoco appropriata. Va aggiunto inoltre che i sensi sono abituati all’aspetto degli oggetti terrestri, che possono essere osservati da vicino e sono perciò in grado di percepirli distintamente, anche se l’immagine telescopica dovesse essere molto distorta e sfigurata da frange di colore. I pianeti e le stelle non possono viceversa essere osservati da vicino. In questo caso il cervello umano non riesce a compensare la distorsione, separando i contributi del telescopio e quelli che provengono dall’oggetto stesso, correggendo così gli errori e le illusioni.

Quella appena descritta era la situazione risultante dall’uso del cannocchiale. Nonostante tutto ciò Galileo ebbe fiducia nel nuovo strumento d’osservazione. E poiché alcuni fenomeni telescopici si rivelavano chiaramente copernicani, Galileo considerò questi fenomeni come prove indipendenti a favore di Copernico28

L’opinione comune ritiene che gli scienziati si astengano dall’usare ipotesi ad hoc. Le nuove idee, è questa la convinzione comune, vanno molto oltre i dati d’esperienza disponibili e devono andare oltre per avere un valore. Le ipotesi ad hoc finiscono per insinuarsi nell’attività scientifica, ma lo scienziato dovrebbe resistere ad esse e tenerle a bada. Questa risulta essere anche la tesi rintracciabile negli scritti di Karl Popper.

. Ma riuscì ad imporsi soprattutto perché si avvalse della “adhocness” che consiste nell’uso di ipotesi, di procedimenti, di adattamenti, di stratagemmi e di artifizi ad hoc.

In contrapposizione ad essa, Lakatos e Feyerabend hanno sottolineato che la “adhocness” non è né disprezzabile né assente dal corpo della scienza. Le nuove idee, sostengono questi due epistemologi, sono di solito

delle stelle fisse diminuiva: i primi erano avvicinati mentre le stelle erano allontanate. Galileo invitò altri astronomi a guardare e diede loro le istruzioni necessarie indicando quello che dovevano aspettarsi di trovare. Ma costoro videro delle cose completamente diverse ed anche coloro che asserivano di aver visto le stesse cose indicate da Galileo non furono ugualmente convinti che quei fenomeni esistessero realmente. Galileo non riuscì nemmeno a convincere i suoi avversari dell’esistenza dei pianeti medicei, come chiamava i satelliti di Giove. Alcuni, in questo caso, si rifiutarono addirittura di guardare attraverso il nuovo strumento sostenendo che tali pianeti non potevano assolutamente esistere in quanto non era possibile contraddire l’autorità di Aristotele che non aveva mai parlato di satelliti di Giove.

28 Egli si impose grazie al suo stile e alle sue capacità di persuasione, perché scriveva in italiano anziché in latino e perché si appellava a persone che si opponevano per temperamento alle vecchie idee e ai modelli di insegnamento ad esse connessi.

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quasi interamente ad hoc, e non possono non esserlo. Esse vengono inoltre emendate solo in modo frammentario, per estensione graduale, così che finiscono con l’applicarsi a situazioni che vanno oltre il loro punto di partenza29

3.3 Le nozioni di “theory-laden” e di “incommensurabilità tra teorie”

.

Per Feyerabend non esiste una base osservativa neutra: la conoscenza, in ogni sua fase, è condizionata da esperienze precedenti e da elementi teoretici, che derivano dalle più sofisticate teorie fisiche come dalle più modeste aspettative e disposizioni emotive del soggetto.

Probabilmente proprio nella theory ladenness delle osservazioni è rintracciabile uno dei fondamenti su cui poggia la tesi dell’incommensurabilità, approfondita da Feyerabend.

L’Autore attacca ogni tentativo di ingabbiare la scienza in un sistema di regole, norme e metodi ben definiti. Se prendiamo l’evidenza storica come criterio, diventa impossibile stabilire regole per il procedimento scientifico.

“L’idea di un metodo che contenga principi fermi, immutabili e assolutamente vincolanti come guida nell’attività scientifica si imbatte in difficoltà considerevoli quando viene messa a confronto con i risultati della ricerca storica. Troviamo infatti che non c’è una singola norma, per quanto plausibile e per quanto saldamente radicata nell’epistemologia, che non sia stata violata in qualche circostanza. Diviene evidente anche che tali violazioni non sono eventi accidentali, che non sono il risultato di un sapere insufficiente o di disattenzioni che avrebbero potuto essere evitate. Al contrario, vediamo che tali violazioni sono necessarie per il sapere scientifico. In effetti, uno fra i caratteri che più colpiscono delle recenti discussioni sulla storia e la filosofia della scienza è la presa di coscienza del fatto che eventi e sviluppi come l’invenzione dell’atomismo nell’Antichità, la rivoluzione copernicana, l’avvento della teoria atomica moderna (teoria cinetica; teoria della dispersione; stereochimica; teoria quantistica), il graduale emergere della teoria ondulatoria della luce si verificarono solo perché alcuni pensatori o decisero di non lasciarsi vincolare da certe norme metodologiche “ovvie” o perché involontariamente le violarono”.30

Secondo Feyerabend, né la scienza né la conoscenza sono neutre rispetto ai riferimenti culturali del loro tempo. Egli sostiene che tutta la strumentazione teorica e materiale di cui lo scienziato dispone è sempre contaminata da uno sfondo storico. Leggi, risultati sperimentali, tecniche matematiche, pregiudizi epistemologici sono intrinsecamente carichi di

29 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 78. 30 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 21.

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principi di cui lo scienziato non sempre e non del tutto è a conoscenza.31

L’osservazione è sempre accompagnata da un sostegno espositivo: “espressione verbale e fenomeno sono sempre saldati”

Essi appartengono a quello sfondo che influenza senza eccezioni tutta la pratica scientifica. Per questa ragione non può esistere un’osservazione nettamente separata dalla teoria.

32

Il linguaggio stesso possiede un ineliminabile, tacito e influente spessore teorico: anche le più innocenti descrizioni sono inserite in schemi che il linguaggio predispone al nostro vedere e al nostro pensare. Questo risultato è generalizzabile ad ogni rapporto tra teoria e osservazione: ogni teoria avrà la sua propria esperienza, perché l’esperienza ha origine non prima, ma assieme agli assunti teorici.

, linguaggio e osservazione cooperano nella costruzione dell’esperienza, di quella quotidiana come di quella scientifica.

Un esempio in questo senso è costituito dalla nuova interpretazione della natura operata da Galileo Galilei attraverso la costituzione di un linguaggio di osservazione e un concetto di esperienza diversi da quelli aristotelici. L’operazione abilmente condotta da Galileo consiste in una vera e propria invenzione dell’esperienza, allorché introduce nella sua argomentazione l’esperimento mentale. Così, a proposito dell’inerzia circolare, Simplicio è portato ad ammettere che un corpo che rotoli senza attrito su una sfera concentrica alla Terra, in assenza di altre forze che ne alterino lo stato di moto, proseguirà il suo moto indefinitamente (moto perpetuo).

Il ricorso agli esperimenti mentali (fra questi, quello della nave è certamente il più noto, ma non l’unico) diventa il principale strumento di costruzione di una nuova esperienza fatta di osservazione astratta e coerenza teorica, tutta interna al sistema di riferimento copernicano sostenuto da Salviati (che nei dialoghi galileiani ha il ruolo di alter ego dello stesso Galileo).

L’osservazione, così ricostruita, giustifica la teoria che a sua volta costituisce la base dell’osservazione: è nella trappola di questa insinuante circolarità che Simplicio finisce per cadere.

Quello di Galilei è un artificio retorico perfettamente legittimo, secondo Feyerabend, e la circolarità fra teoria e osservazione è un passaggio necessario nella costruzione di nuova esperienza.

Di qui si possono trarre alcune conseguenze:

− la prima è il distacco dall’idea che il campo osservativo non richieda interpretazione perché, a differenza dalla teoria, è autosufficiente

31 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 55. 32 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 61.

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rispetto al proprio significato empirico; per Feyerabend è semmai vero il contrario. Il significato degli enunciati delle osservazioni dipende dalla teoria cui sono connessi; le teorie sono significanti indipendentemente dalle osservazioni, mentre le asserzioni delle osservazioni non lo sono, a meno che siano poste in relazione con le teorie; è quindi l’enunciato dell’osservazione che ha bisogno della teoria, e non viceversa;

− la seconda conseguenza investe il senso stesso della distinzione fra teoria e osservazione, al punto da metterla in discussione in quanto tale, andando oltre la semplice affermazione che gli asserti osservativi siano carichi di teoria: le osservazioni non sono cariche di teoria, esse sono concetti teorici.33

Connessa alla tesi delle osservazioni cariche di teorie “theory-laden” è quella dell’incommensurabilità.

Il problema dell’incommensurabilità assume in Feyerabend una decisa connotazione irrazionalistica. Se ogni teoria ha la propria esperienza, il tentativo di stabilire un piano empirico di confronto tra teorie diverse non ha luogo. Gli stessi problemi, nel processo di sviluppo della scienza, non si risolvono, ma si dissolvono34

Le teorie possono risultare commensurabili solo all’interno di uno stesso sistema di riferimento. Per rispondere a coloro che manifestano dubbi, relativamente alla conclusione sopra descritta, Feyerabend ricorre alla teoria dello “slittamento semantico”.

.

I significati dei termini di una teoria sono determinati dall’intero contesto teorico in cui vengono formulati e utilizzati. Quando il contesto cambia, il significato dei termini si modifica, anche nel caso in cui la parola utilizzata per designarlo rimane la stessa.

In mancanza di un comune riferimento osservativo, ciò comporta che teorie appartenenti a sistemi di riferimento diversi risultino incommensurabili. Si perviene così alla tesi del relativismo concettuale: “Nessuno dei metodi proposti da Carnap, Hempel, Nagel, Popper o anche Lakatos per razionalizzare i mutamenti scientifici può essere usato, e l’unico che possa essere applicato, la confutazione, ha una forza molto ridotta. Quel che rimane sono giudizi estetici, giudizi di gusto, pregiudizi metafisici, desideri religiosi, in breve: quel che rimane sono i nostri giudizi soggettivi”35

33 Paul K. Feyerabend, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza – Il Saggiatore,

Milano, 1983, pag. 50.

.

34 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 228. 35 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 237.

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3.4 Influenza esercitata sulle tesi di Feyerabend dal pensiero di Michael Polanyi

Dalla lettura delle opere di Feyerabend si evince che l’Autore non riconosce alla scienza l’esclusiva della conoscenza. Nei suoi lavori emerge, anzi, più che un’apologia dell’irrazionalismo, una difesa lucida e convinta, oltre che stimolante, della cultura umanistica contro quella scientista, che appare oggi dominare incontrastata.

Volendo precisare, si può dire che Feyerabend rileva non di rado che la vecchia distinzione tra scienze fisiche e scienze sociali è una distinzione cui non corrisponde alcuna differenza. In entrambi i settori si mescolano, infatti, soggettività ed oggettività in quanto inevitabilmente relativo, limitato e prospettico è lo sguardo del soggetto conoscente. La verità immutabile e definitiva ci sfugge e non ci è data la possibilità di un punto di vista assoluto che ci permetta di fare affermazioni incontestabili, né sul piano della percezione, né a fortiori, quando intervengono mediazioni più complesse.

Feyerabend propone una ripartizione diversa, che distingue una scienza astratta e oggettiva, per la quale anche l’uomo è un oggetto fra gli altri, da una scienza che vede l’uomo come protagonista e che considera la natura sempre in relazione con l’uomo. Tutte le scienze sono - o dovrebbero essere - scienze umane, perché sempre e ovunque soggettività ed oggettività si mescolano in uguale misura. Questo fa sì che il pensiero e quindi la conoscenza non siano mai privi di interferenze soggettive, le quali come sostiene Michael Polanyi, non provocano un inquinamento intellettuale, come temono certi razionalisti, bensì un arricchimento della conoscenza, della cultura e, quindi, della personalità umana36

Naturalmente non tutti potranno dedicarsi a coltivare ogni forma del sapere, ma questo non autorizza nessuno a proclamare che il proprio settore di indagine è l’unico utile e importante, mentre tutto il resto risulta inconsistente e futile. Feyerabend non esita a scagliarsi contro coloro che condannano teorie di cui non sanno nulla e denuncia il malcostume di coloro che richiedono il rispetto scrupoloso di metodi e standard scientifici, senza conoscere la ragione per la quale un sasso lasciato nel vuoto cade a terra. Non può escludersi che un’idea, nata fuori dei campi scientifici, non possa contribuire allo sviluppo e al progresso della conoscenza, come è già accaduto per l’atomismo di Democrito. In qualche caso gli scienziati si dedicano con accanimento a una teoria, non perché abbiano prove razionali a suo favore, bensì perché si appoggiano a concezioni metafisiche, su cui lavorano con passione ed entusiasmo perché sperano di avere successo.

.

36 Michael Polanyi, Studio dell’uomo, Morcelliana, Brescia, 1973, pag. 13 e segg.

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Se Feyerabend si limitasse a dire questo non si allontanerebbe molto da Popper; egli però va oltre e trae conclusioni che contrastano con il razionalismo critico.

La prima e fondamentale conseguenza comporta la demolizione di quello che può essere considerato il problema centrale dell’epistemologia popperiana, cioè il problema della distinzione tra scienza e non-scienza. Popper ammette che talvolta le idee metafisiche possono introdursi nel campo della scienza; tuttavia un’idea di questo genere acquista status scientifico soltanto quando venga presentata in una forma che possa essere falsificata. Feyerabend, invece, nega questa distinzione o, quanto meno, nega che si tratti di una differenza riconducibile al piano cognitivo, tale cioè da costituire la scienza come sapere razionale, oggettivo, falsificabile, critico in opposizione al sapere non scientifico - metafisica ed arte comprese. Insomma, per Feyerabend, non c’è bisogno di alcun criterio di demarcazione, per il semplice motivo che non c’è niente da discriminare, visto e considerato che una buona scienza è un’arte e non una scienza.

Da ciò discende che la scienza non deve più essere considerata l’espressione paradigmatica della razionalità. Anche la scienza, come qualsiasi altro prodotto umano, è frutto di intuizione e di immaginazione, non meno che di ragionamento.

Il risultato del lavoro di uno scienziato dipende moltissimo dal modo come egli intende il significato delle parole, dal modo come egli apprezza le indicazioni fornite dagli apparecchi di controllo e di misurazione, dalla stima che ha per l’uno o per l’altro collega, dall’importanza che attribuisce all’uno o all’altro problema o all’uno o all’altro argomento a favore di un’ipotesi; dipende moltissimo dalla passione che egli mette nell’una o nell’altra ricerca, dalla preferenza che dà all’una o all’altra osservazione, dal fatto che egli decide di rischiare un’ipotesi nuova o di starsene al sicuro operando all’interno di uno schematismo di idee comunemente accreditato.

Negare tutto questo e presentare il risultato del proprio lavoro conoscitivo come un orizzonte di cose e situazioni del tutto oggettivo e completamente estraneo a noi rappresenta una mistificazione la quale permette sì di concepire la scienza come qualcosa di impersonale, ma crea forti fraintendimenti, che secondo Michael Polanyi hanno avuto un ruolo di primo piano nella recente crisi della nostra cultura e hanno prodotto aberrazioni ideologiche che possono essere combattute solo lasciando un spazio di libertà adeguato alla ricerca autenticamente e lealmente personale.

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4. Conclusioni

L’avventura della scienza, secondo Feyerabend, non avanza in modo lineare e progressivo, alla luce della ragione e delle verifiche fattuali, come vorrebbero i razionalisti e gli empiristi: tra l’altro le teorie scientifiche non possono avere, di regola, un’origine logico-razionale basata su osservazioni incontestabili e verifiche sperimentali. Occorre invece ammettere che la scienza è molto più irrazionale della sua immagine metodologica. Senza una frequente rinuncia alla ragione non c’è progresso.

Nel Seicento la teoria copernicano-galileiana si trovò ad essere incompatibile con fatti noti ed ovvi. In tempi successivi la teoria della gravitazione di Newton incontrò difficoltà abbastanza serie, che sembravano portare alla sua confutazione. Il modello atomico di Bohr fu introdotto e conservato, nonostante l’esistenza di precisi e incontestabili fatti di esperienza contrari. La teoria speciale della relatività fu conservata nonostante chiari risultati sperimentali in conflitto con essa. Lo stesso può essere ripetuto per la teoria della relatività generale e in genere per le teorie quantistiche. E certamente situazioni del genere si sono presentate e si presenteranno ancora nella chimica, nella biologia, nell’economia e nelle scienze sociali37

Sul piano metodologico non resterebbe dunque che aderire all’anarchismo, il cui unico principio riconosciuto consiste in un’istruzione contro il metodo: anything goes (qualsiasi cosa può andar bene). Per Feyerabend si può motivare tale scelta con la constatazione lakatosiana che nessuna singola teoria è mai in accordo con tutti i fatti noti del suo campo

.

38

Quindi si potrebbe concludere osservando che alla vecchia distinzione tra le scienze fisiche o naturali e quelle sociali non corrisponde nessuna differenza. Tutte le scienze sono scienze umane e tutte le scienze umane implicano la conoscenza

. Il principio appena indicato non significa la distruzione di qualsiasi criterio o regola, ma la libertà degli scienziati nella ricerca e nella scelta delle metodologie e delle norme da adeguare ai casi concreti. Quando si tratta di acquisire nozioni utili a costituire un’immagine del mondo comprensibile e armoniosa, “tutto va bene”.

39

.

37 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 1979, pag. 47. 38 Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 1979, pag. 46. 39 Paul K. Feyerabend, Dialogo sul metodo - Editori Laterza, Bari, 2007, pag. 134

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Bibliografia

N. Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. 7, Il pensiero contemporaneo: dall’ermeneutica alla filosofia analitica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Bergamo, 2006

Paul K. Feyerabend, Ambiguità e armonia, Editori Laterza, Bari, 1996

Paul K. Feyerabend, Contro il metodo - Feltrinelli Editore, Milano, 1979

Paul K. Feyerabend, Dialoghi sulla conoscenza - GLF Editori Laterza, Bari, 1991

Paul K. Feyerabend, Dialogo sul metodo - GLF Editori Laterza, Bari, 2007

Michael Polanyi, Studio dell’uomo, Morcelliana, Brescia, 1973

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA AZIENDALE PAPERS PUBBLICATI DAL 2008 AL 2011∗

74- Giuseppina GANDINI, Raffaella CASSANO, Sistemi giuridici a confronto: modelli di corporate governance e comunicazione aziendale, maggio 2008.

:

75- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Michela APOSTOLO, Dominanza della marca e successo del co-branding: una verifica sperimentale, maggio 2008.

76- Alberto MARCHESE, Il ricambio generazionale nell’impresa: il patto di famiglia, maggio 2008.

77- Pierpaolo FERRARI, Leasing, factoring e credito al consumo: business maturi e in declino o “cash cow”?, giugno 2008.

78- Giuseppe BERTOLI, Globalizzazione dei mercati e sviluppo dell’economia cinese, giugno 2008.

79- Arnaldo CANZIANI, Giovanni Demaria (1899-1998) nei ricordi di un allievo, ottobre 2008.

80- Guido ABATE, I fondi comuni e l’approccio multimanager: modelli a confronto, novembre 2008.

81- Paolo BOGARELLI, Unità e controllo economico nel governo dell’impresa: il contributo degli studiosi italiani nella prima metà del XX secolo, dicembre 2008.

82- Marco BERGAMASCHI, Marchi, imprese e sociologia dell’abbigliamento d’alta moda, dicembre 2008.

83- Marta Maria PEDRINOLA, I gruppi societari e le loro politiche tributarie: il dividend washing, dicembre 2008.

84- Federico MANFRIN, La natura economico-aziendale dell’istituto societario, dicembre 2008.

85- Sergio ALBERTINI, Caterina MUZZI, La diffusione delle ICT nei sistemi produttivi locali: una riflessione teorica ed una proposta metodologica, dicembre 2008.

86- Giuseppina GANDINI, Francesca GENNARI, Funzione di compliance e responsabilità di governance, dicembre 2008.

87- Sante MAIOLICA, Il mezzanine finance: evoluzione strutturale alla luce delle nuove dinamiche di mercato, febbraio 2009.

88- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Brand extension, counterextension, cobranding, febbraio 2009.

89- Luisa BOSETTI, Corporate Governance and Internal Control: Evidence from Local Public Utilities, febbraio 2009.

90- Roberto RUOZI, Pierpaolo FERRARI, Il rischio di liquidità nelle banche: aspetti economici e profili regolamentari, febbraio 2009.

91- Richard BAKER, Yuri BIONDI, Qiusheng ZHANG, Should Merger Accounting be Reconsidered?: A Discussion Based on the Chinese Approach to Accounting for Business Combinations, maggio 2009.

92- Giuseppe PROVENZANO, Crisi finanziaria o crisi dell’economia reale?, maggio 2009.

93- Arnaldo CANZIANI, Le rivoluzioni zappiane— reddito, economia aziendale — agli inizî del secolo XXI, giugno 2009.

94- Annalisa BALDISSERA, Profili critici relativi al recesso nelle società a responsabilità limitata dopo la riforma del 2003, luglio 2009.

95- Marco BERGAMASCHI, Analisi ambientale della Cina e strategie di localizzazione delle imprese italiane, novembre 2009.

96- Alberto FALINI, Stefania PRIMAVERA, Processi di risanamento e finalità ∗ Serie depositata a norma di legge. L’elenco completo dei paper è disponibile al

seguente indirizzo internet http://www.deaz.unibs.it

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d’impresa nelle procedure di amministrazione straordinaria, dicembre 2009. 97- Riccardo ASTORI, Luisa BOSETTI, Crisi economica e modelli di corporate

governance, dicembre 2009. 98- Marco BERGAMASCHI, Imitazione e concorrenza nell’abbigliamento di moda:

un’interpretazione economico-aziendale della normativa vigente, dicembre 2009. 99- Claudio TEODORI, Monica VENEZIANI, Intangibile assets in annual reports: a

disclosure index, gennaio 2010. 100- Arnaldo CANZIANI, Renato CAMODECA, Il Bilancio dello Stato nel pensiero degli

aziendalisti italiani 1880-1970, febbraio 2010. 101- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Roberto GRAZIANO, La determinazione

del “Royalty Rate” negli accordi di licesing, marzo 2010. 102- Antonio PORTERI, La crisi, le banche e i mercati finanziari, aprile 2010. 103- Elisabetta CORVI, Emozioniamoci! L’imperativo del terzo millennio?, maggio 2010. 104- Sergio ALBERTINI, Caterina MUZZI, Innovation networking and SMEs: Open

communities and absorptive capacity. Two case studies along a continuum in the innovative process, ottobre 2010.

105- Guido ABATE, Lo sviluppo e le prospettive delle SGR immobiliari italiane, ottobre 2010.

106- Ilaria GREZZINI, Il bilancio d’esercizio e la fiscalità asincrona: norme civilistiche, eterointegrazione, Ias, ottobre 2010.

107- Ilaria GREZZINI, Finanziamento dell’economia e <partite incagliate>: la Comit 1933-1935 nella perizia di Gino Zappa, ottobre 2010.

108- Mario MAZZOLENI, Elisa CHIAF, Davide GIACOMINI, Le cooperative mutualistiche tra eccellenza economica e sociale, novembre 2010.

109- Annalisa ZANOLA, The Annual Report: an Interdisciplinary Approach to a ‘Contaminated’ New Genre, novembre 2010.

110- Elisa CHIAF, Le imprese sociali di inserimento lavorativo e la creazione di valore: uno studio di casi, dicembre 2010.

111- Francesca GENNARI, Luisa BOSETTI, La governance delle agenzie di rating: prime considerazioni alla luce delle riforme, dicembre 2010.

112- Roberto RUOZI, Pierpaolo FERRARI, Verso la “deglobalizzazione” del sistema bancario internazionale?, dicembre 2010.

113- Paolo BOGARELLI, L’apprezzamento dell’economicità nelle cooperative sociali: il caso della cooperativa di Bessimo, dicembre 2010.

114- Annalisa BALDISSERA, Continuità d’impresa e soci recedenti nella S.r.l.: convenienze antitetiche delle aziende di produzione e familiari, dicembre 2010.

115- Sonia Rachele PIOTTI, On the Trail of the Vocabulary of Mathematical Science in Early Modern English, giugno 2011.

116- Alberto MAZZOLENI, Elisa GIACOSA, Il progetto di risanamento dell’impresa in crisi: la recente esperienza italiana, giugno 2011.

117- Isabel COSTANZI, Paul Karl Feyerabend (1924- 1994) filosofo della scienza, settembre 2011.

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Università degli Studi Dipartimento didi Brescia Economia Aziendale

Settembre 2011

Paper numero 118

Valentina COSTA - Carlo GOBEO

INTRODUZIONEA PAUL K. FEYERABEND

Università degli Studi di BresciaDipartimento di Economia AziendaleContrada Santa Chiara, 50 - 25122 Bresciatel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814e-mail: [email protected]

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