uoc risk management · profilassi del tromboembolismo venoso nei pazienti ospedalizzati pag 6 ......
TRANSCRIPT
1
AZIENDA ASL ROMA 6
Borgo Garibaldi 12
00041 Albano Laziale Roma
Tel. 0639271- Fax 0693273866
LINEE DI INDIRIZZO PER LA
PROFILASSI DELLA TROMBOSI VENOSA PROFONDA (TVP)
ASL ROMA 6
UOC RISK MANAGEMENT DIRETTORE V.A. CICOGNA
2
GRUPPO DI LAVORO
Dott. V.A. Cicogna Risk Manager
Dott. B. Alfonsi coordinatore gruppo
Dott. C. De Angelis Anestesia
Dott. M. Picchio Chirurgia Generale - Vascolare
Dott. F. Ratto Ostetricia e ginecologia
Dott.ssa A. Reali Nefrologia e Dialisi
Dott. M. Silvestrini Medicina Generale
Dott. G. Tucci Ortopedia
N.B. Documento approvato dai Direttori dei Dipartimenti
Dott. Andrea Pinto - Direttore Dipartimento Emergenza f.f.
documento approvato in data 30/11/2017;
Dott Giuseppe Pajes – Direttore Dipartimento Area medica
documento approvato in data 04/12/2017;
Dott. Fabio Cerza – Direttore Dipartimento Area Chirurgica
documento approvato in data 08/12/2017;
3
INDICE
Presentazione Pag 4
Guida ai livelli di prova Pag 5
Profilassi del tromboembolismo venoso nei pazienti ospedalizzati Pag 6
La valutazione del rischio trombo embolico individuale Pag 8
La profilassi antitromboembolica nel paziente obeso Pag 15
Linee guida per la profilassi della TVP in medicina interna Pag 16
Stratificazione del rischio di TEV in medicina interna Pag 17
Algoritmo per la definizione del rischio TVP in medicina interna Pag 20
La profilassi antitromboembolica in Chirurgia Generale Pag 21
La profilassi antitromboembolica in Chirurgia Vascolare Pag 27
Bibliografia Pag 33
La profilassi antitromboembolica in Ortopedia Pag 37
Bibliografia Pag 39
La profilassi antitromboembolica in Ostetricia e ginecologia Pag 40
Contraccezione e TVP Pag 44
Bibliografia Pag 47
La profilassi antitromboembolica in Anestesia Locoregionale Pag 48
Bibliografia Pag 55
La profilassi antitromboembolica nel paziente con Insufficienza Renale Pag 57
Bibliografia Pag 63
4
PRESENTAZIONE
Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta un problema clinico di notevole impatto per la
sua elevata incidenza e la gravità delle sue complicanze.
Vista la rilevanza del problema la UOC di Risk Management, coinvolgendo i Dipartimenti
Aziendali, ha costituito un gruppo di lavoro per l’aggiornamento del documento aziendale di
indirizzo sulla profilassi della TVP; tale documento ha lo scopo di fornire agli operatori una
“guida operativa” alla suddetta profilassi soprattutto per l’utilizzo nella pratica clinica
quotidiana. Il documento è stato redatto facendo riferimento alle linee guida internazionali
riguardanti ciascuna specialità analizzata. Le linee di indirizzo sono strutturate in due parti: la
prima parte è narrativa-teorica, la seconda con un indirizzo pratico-operativo.
Il lavoro elaborato è stato condiviso e approvato dal gruppo in una serie di incontri.
Non è stata oggetto di lavoro la profilassi in pediatria ed in oncologia.
Le linee guida internazionali analizzate sono state adattate per essere facilmente fruibili nella
realtà quotidiana della nostra azienda.
Questo documento vuole essere uno strumento operativo, realizzato insieme ai professionisti
del settore, adattato alla nostra realtà aziendale con lo scopo di aggiornare e standardizzare la
profilassi del TEV, al fine di ridurre il rischio di TVP nei pazienti e quindi migliorare la qualità,
l’appropriatezza e la sicurezza delle cure. L’elaborato contiene indicazioni applicabili a gruppi
di pazienti e non intende sostituirsi al giudizio clinico del medico rispetto al singolo caso.
Nell’esercizio dell’attività clinica, il medico può doversi discostare dalle raccomandazioni
fornite, annotando le motivazioni della scelta.
I destinatari del documento elaborato sono i medici e gli infermieri di tutti i dipartimenti
aziendali.
5
Guida ai livelli di prova e al grado delle raccomandazioni (Secondo il Sistema Nazionale
Linee Guida-SNLG)
Livello di prova
I. Prove ottenute da più studi controllati randomizzati e/o da revisioni sistematiche
di studi randomizzati.
II. Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato.
III. Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o
storici o loro metanalisi.
IV. Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso controllo o loro metanalisi.
V. Prove ottenute da studi di casistica senza gruppo di controllo.
VI. Prove basate sull’opinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti o basate
su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile delle linee guida.
Forza delle raccomandazioni
A. L’esecuzione della procedura diagnostica o terapeutica è fortemente
raccomandata (indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove
scientifiche di buona qualità, anche se non necessariamente di tipo I o II).
B. Si nutrono dubbi sul fatto che la procedura o l’intervento debbano sempre essere
raccomandati, ma si ritiene che la loro esecuzione debba essere attentamente
considerata.
C. Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di
eseguire la procedura o l’intervento.
D. L’esecuzione della procedura o intervento non è raccomandata.
E. Si sconsiglia fortemente l’esecuzione della procedura o intervento.
6
PROFILASSI DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO NEI PAZIENTI
OSPEDALIZZATI
INTRODUZIONE
La malattia tromboembolica venosa o tromboembolismo venoso (TEV) è una delle patologie
più comuni del sistema circolatorio.
Nei paesi occidentali si calcola sia la terza malattia cardiovascolare più frequente dopo la
cardiopatia ischemica e l’ictus, con un caso ogni 1.000 abitanti per anno.
Il TEV prende origine da un trombosi venosa profonda (TVP), quando, all’interno di una vena
profonda, generalmente del polpaccio, si forma un iniziale aggregato di piastrine cementato
dalla fibrina, ovvero un trombo.
Il distacco di frammenti dal trombo determina la formazione di emboli che, tramite le vie
venose, possono raggiungere le camere destre del cuore e fermarsi nel circolo polmonare, là
dove la sezione del vaso è inferiore alla dimensione dell’embolo.
Si realizza, così, la temuta complicanza della trombosi venosa, ovvero l’embolia polmonare
(EP), con quadri clinici di gravità diversa, in rapporto alla percentuale di letto polmonare che
viene ostruito improvvisamente dal materiale embolico.
Quando l’impegno del letto polmonare è massivo, l’evoluzione clinica può essere la morte
improvvisa.
Nella grande maggioranza dei casi (90%) l’EP è causata da una TVP.
I quadri clinici principali della malattia trombo embolica venosa sono, dunque, la trombosi
venosa profonda e l’embolia polmonare.
In una buona parte dei casi, la prima è clinicamente silente e la morte improvvisa per embolia
polmonare può essere la prima e unica manifestazione del TEV.
on G chirurgico
Rischio di TEV nei pazienti ricoverati in ospedale
7
La maggior parte dei pazienti ricoverati in ospedale presenta almeno un fattore di rischio per
TEV e circa il 40% ne ha tre o più.
In assenza di profilassi, l’incidenza di TVP oggettivamente documentata nei pazienti ricoverati
per patologie mediche o chirurgiche varia dal 10 al 40% e raggiunge il 40-60% nei pazienti
sottoposti a interventi di chirurgia ortopedica.
La mortalità e la morbosità a breve e lungo termine e i costi correlati al TEV supportano la
necessità di misure di profilassi almeno nei pazienti a rischio moderato e alto.
Inoltre, numerosi studi clinici hanno dimostrato che la profilassi antitrombotica riduce
l’incidenza di TEV e di EP fatale senza associarsi a un incremento significativo del rischio.
Ciò nonostante, la profilassi tromboembolica rimane sottoutilizzata, soprattutto in ambito
medico.
Approccio alla profilassi del TEV nel singolo paziente
Vi sono sostanzialmente due modalità di profilassi del TEV.
1 - profilassi per tutti i pazienti ad alto rischio
2 – valutazione del rischio tromboembolico nel singolo paziente, sulla base del rischio
associato alla condizione morbosa o alla procedura a cui il paziente stesso è sottoposto sia dei
fattori predisponenti individuali.
Il primo approccio è quello raccomandato dall’American College of Chest Physicians (ACCP)
Diverse sono le ragioni di tale scelta: in primo luogo, sebbene sia riconosciuto il ruolo di un
numero sempre crescente di fattori di rischio paziente-specifici nel determinismo del TEV, il
principale fattore rimane il motivo per cui il paziente si ricovera, ovvero un intervento
chirurgico oppure una patologia medica acuta.
Inoltre non è possibile identificare con certezza, all’interno dei vari gruppi, le sottopopolazioni
di pazienti che non hanno necessità di profilassi antitrombotica.
Ancora la suddivisione in gruppi di rischio è alla base della maggior parte dei trial clinici sulla
prevenzione del TEV, mentre l’approccio individualizzato manca di una rigorosa validazione
clinica ed è più complesso e più difficile da attuare,
L’approccio individualizzato alla profilassi del TEV si basa sulla stima del rischio nel singolo
paziente.
A tale scopo sono stati proposti vari modelli di stratificazione del rischio più o meno complessi,
che tengono conto sia delle caratteristiche individuali del paziente (fattori di predisposizione)
sia delle condizioni morbose incidenti (fattori di esposizione).
Mentre nei pazienti chirurgici la stratificazione del rischio individuale di TEV, sia in base al
tipo di intervento sia in base ai fattori predisponenti (età, trombofilia nota, neoplasie maligne,
storia di TEV), permette di identificare quei pazienti che possono trarre beneficio dalla
profilassi antitrombotica e di individuare dosaggio e durata ottimali della profilassi, la
stratificazione del rischio di TEV è senza dubbio più problematica nei pazienti medici.
8
La difficoltà nasce da diversi elementi: in primo luogo, dalla eterogeneità dei pazienti dovuta
alla loro complessità (prevalente polipatologia ed età avanzata); in secondo luogo, dalla
frequente presenza di un elevato rischio emorragico.
Nel paziente medico vi sono poi altre difficoltà intrinseche quali:
• una diagnosi precoce spesso difficile;
• il fatto che i pazienti sono spesso asintomatici per TEV;
• la bassa sensibilità delle tecniche non invasive;
• il fatto che l’EP è spesso il primo segno della trombosi in atto;
• l’ampia diagnosi differenziale.
Gli studi clinici condotti su pazienti medici sono meno numerosi rispetto a quelli sui pazienti
chirurgici, e i risultati sono spesso non comparabili, a causa dell’eterogeneità nel disegno degli
studi e nelle tecniche utilizzate per la diagnosi di TVP.
La valutazione del rischio tromboembolico individuale
Il rischio tromboembolico venoso nel paziente ricoverato risulta dalla somma di fattori
predisponenti individuali e di fattori legati all’evento, classificabili in base alla causa di
ricovero.
La conoscenza di specifici fattori di rischio in pazienti da sottoporre a procedure diagnostiche e
terapeutiche di natura chirurgica o che si ricoverano in reparti medici, costituisce la base per
un’appropriata profilassi della malattia tromboembolica venosa.
Fattori di rischio individuali
I fattori di alto grado presentano tutti un OR fra 2 e 9 e a ciascuno è stato attribuito
arbitrariamente il punteggio di 2:
• storia personale di TEV;
• trombofilia congenita (deficit di antitrombina, proteina C, proteina S, omozigosi per fattore V
Leiden o protrombina G20210A o doppia eterozigosi);
• sindrome da anticorpi antifosfolipidi;
• emiplegia o paraplegia da danno neurologico;
• cancro in fase attiva;
• sindrome mieloproliferativa;
• chemioterapia o radioterapia;
• insufficienza respiratoria con NIV (ventilazione non invasiva);
• scompenso cardiaco classe NYHA III/IV;
• sepsi;
• gravidanza o puerperio (<6 settimane dal parto).
Ai fattori di basso-medio grado che hanno un OR <2 attribuito un punteggio di 1:
• storia familiare di TEV;
• obesità (IMC >30);
9
• uso di pillola contraccettiva o terapia ormonale sostitutiva post-menopausa (già dal primo
mese di assunzione e per 30 giorni dalla sospensione);
• trombofilia congenita eterozigote (eterozigosi per fattore V Leiden o protrombina G20210A);
• varici importanti (insufficienza venosa cronica);
• malattia infiammatoria cronica intestinale;
• insufficienza respiratoria o BPCO riacutizzata;
• presenza di CVC;
• sindrome nefrosica;
• recente (<1 mese) chirurgia e/o trauma;
• infarto miocardio acuto;
• malattia infettiva acuta.
Per quanto riguarda l’ipomobilità, viene considerata l’immobilità totale >3 giorni, attribuendole
un punteggio di 1,5 (Hull 2010).
Per l’età il rischio aumenta a partire dai 40 anni e tende a raddoppiare per ogni successiva
decade. (Attribuito il punteggio di 0,5 per l’età fra 40-60 anni, 1 per l’età fra 60-75 anni, 1,5 per
l’età >75 anni
I mezzi di profilassi del tromboembolismo venoso
Misure generali
Nei pazienti immobilizzati, la stasi venosa può essere contrastata incoraggiando l’esecuzione di
alcuni esercizi degli arti inferiori.
L’emoconcentrazione aumenta la viscosità del sangue e nei pazienti immobilizzati contribuisce
a ridurre la velocità del flusso ematico soprattutto nelle vene profonde.
Tuttavia, non ci sono sufficienti prove sul bilancio rischi/benefici dell’emodiluizione o dei
salassi (con eccezione per la policitemia primaria).
Raccomandazioni
• È necessario incoraggiare la mobilizzazione precoce dei pazienti anche attraverso
esercizi per gli arti inferiori (prova VI A).
• Nei pazienti immobilizzati è necessario assicurare un’adeguata idratazione (prova VI B).
Metodi meccanici
Calze elastiche a compressione graduata (CCG)
Sono efficaci per la profilassi della TEV nei pazienti a rischio con controindicazione assoluta
alla profilassi farmacologica per alto rischio emorragico.
Nei pazienti chirurgici, le CCG possono essere usate in combinazione con la profilassi
farmacologica o con la compressione pneumatica intermittente, allo scopo di ridurre l’incidenza
di TVP.
Meno nota è l’utilità delle CCG nei pazienti medici e in particolare è stata dimostrata la loro
inefficacia nei pazienti con ictus ischemico acuto.
Le CCG devono essere mantenute almeno fino alla dimissione (o comunque fino alla completa
10
mobilizzazione del paziente).
Sono controindicazioni al loro impiego:
• arteriopatie periferiche degli arti inferiori;
• neuropatie periferiche;
• deformità degli arti inferiori;
• dermatiti.
Le precauzioni da adottare nel loro impiego sono:
• scegliere una taglia appropriata;
• calzare con cura seguendo il giusto verso;
• controllare quotidianamente la circonferenza della gamba;
• non ripiegare sulla gamba;
• togliere quotidianamente per un tempo non superiore ai 30 minuti.
Raccomandazioni
• Le CCG sono indicate per la profilassi dei pazienti chirurgici con controindicazione
assoluta a profilassi farmacologica per alto rischio emorragico (prova I A).
• Nei pazienti chirurgici le CCG possono essere utilizzate in combinazione con la profilassi
farmacologica allo scopo di ridurre l’incidenza di TVP ( prova I A).
• Possono essere utilizzate anche nei pazienti ricoverati in terapia intensiva e nei pazienti
classificabili ad altissimo rischio di TVP indipendentemente dalla patologia associata
(prova VI A).
Compressione pneumatica intermittente (CPI)
La CPI consiste nell’applicazione di un manicotto gonfiabile che comprime ritmicamente i
muscoli del polpaccio o della coscia.
Gli strumenti di compressione sono solitamente applicati prima, durante o dopo l’intervento
chirurgico (insieme o senza CCG) e sono mantenuti fino alla mobilizzazione del paziente.
Questa procedura può essere mal tollerata dal paziente per il fastidio provocato dalla
compressione a intermittenza.
Gli studi sulla CPI per la prevenzione della TVP in pazienti sia ortopedici sia chirurgici hanno
mostrato una riduzione del rischio relativo, mentre minori prove sono disponibili per i pazienti
medici.
Gli studi osservazionali hanno confermato la riduzione della riospedalizzazione per TEV in
seguito a chirurgia dell’anca in elezione.
Uno studio randomizzato controllato ha mostrato che l’uso combinato di CPI ed eparine non
frazionate riduce il rischio di EP nei pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca dal 4% all’1,5%.
I metodi meccanici possono essere preferibili per i pazienti a rischio di emorragia o quando si
può configurare un rischio nella profilassi farmacologica o non ne sia chiaro il beneficio.
11
I dispositivi meccanici sono controindicati nei pazienti a rischio di lesioni cutanee e/o
patologie ischemiche delle gambe e neuropatia periferica. Inoltre, se usati impropriamente,
possono essere veicolo di infezione fra pazienti.
Metodi Farmacologici
Sebbene sia giustificato l’uso dell’eparina non frazionata (ENF), salvo che in chirurgia
ortopedica maggiore, in linea generale sono da preferire le eparine a basso peso molecolare
(EBPM) per il minor rischio di piastrinopenia da eparina e per la più vantaggiosa
somministrazione (un’iniezione invece che due o tre al giorno).
Eparine a basso peso molecolare e fondaparinux
Caratteristica delle EBPM è quella di avere un’attività anti-fattore Xa maggiore dell’attività
antitrombinica (4:1, rispetto a 1:1 dell’ENF). Questa proprietà, in teoria, è molto favorevole per
l’attività di profilassi, perché l’inibizione di una molecola di fattore Xa porta alla mancata
generazione di 50 molecole di trombina. Non è necessario il monitoraggio di laboratorio. Il
picco di attività anti-fattore Xa si raggiunge dopo 4 ore dalla somministrazione.
In chirurgia generale non esistono studi consolidati che abbiano verificato l’efficacia di un
inizio postoperatorio rispetto al classico inizio preoperatorio della profilassi. Va peraltro
precisato che, in base alla letteratura disponibile, bemiparina, unica fra le EBPM disponibili in
Italia, prevede in scheda tecnica la possibilità di un inizio postoperatorio.
Il fondaparinux, inibitore selettivo del fattore Xa, è un pentasaccaride sintetico contenente
unicamente le 5 unità saccaridiche capaci di interagire con l’antitrombina per ottenere
un’inibizione ottimale del fattore Xa. Non si lega alle proteine plasmatiche e induce raramente
trombocitopenia da eparina (HIT)*. Ha una lunga emivita (17-20 ore) ed è eliminato
interamente per via renale. Lo si somministra sottocute una sola volta al giorno e la prima
somministrazione deve essere in fase postoperatoria (6-8 h dopo la fine dell’intervento, anche
se un recente studio condotto in pazienti sottoposti a intervento di chirurgia ortopedica
maggiore ha dimostrato la sua efficacia anche se iniziato più tardi, entro 24 ore dalla fine
dell’intervento).
E’ attualmente indicato nella profilassi in medicina interna, chirurgia addominale maggiore (in
specie oncologica ad alto rischio) e in chirurgia ortopedica maggiore.
* Negli studi clinici, l’incidenza di trombocitopenia è stata simile nei due gruppi dei pazienti trattati con
fondaparinux e con enoxaparina (circa 3%). A sviluppare anticorpi antieparina sono stati rispettivamente il 4,3% e
il 3,3% (FDA - Center for drug evaluation and research “Application number 21-345- fondaparinux -
Memorandum” 19 July 2001).
Raccomandazione
La CPI è indicata nella profilassi della TVP nei pazienti chirurgici e in quelli ricoverati in
terapia intensiva (prova I A) nei quali sia controindicata o insufficiente la profilassi con
eparina.
I dispositivi meccanici sono controindicati nei pazienti a rischio di patologie cutanee e/o
patologie ischemiche delle gambe e nelle neuropatie periferiche.
Dabigatran è risultato essere non inferiore alle EBPM in termini sia di efficacia sia di sicurezza.
Peraltro, non esistono confronti diretti fra i due farmaci che consentano di stabilire con certezza
una loro diversa efficacia e sicurezza. Non esistono prove in letteratura relative all’impiego dei
12
NAO in pazienti sottoposti a intervento per frattura di collo di femore e nella profilassi
prolungata dopo protesi di ginocchio; inoltre, l’esperienza nei pazienti fragili è limitata.
Per il dabigatran non sono disponibili in letteratura dati relativi a pazienti sottoposti ad
anestesia con catetere peridurale inserito a scopo analgesico. Un’analisi successiva alla
pubblicazione degli studi di registrazione del rivaroxaban ne ha evidenziato la sicurezza in
pazienti sottoposti ad anestesia neurassiale.
Altri farmaci
L’aspirina non deve essere utilizzata come profilassi anti-TEV, come del resto è esplicitato
dalla scheda tecnica e dalle linee guida.
I dicumarolici (TAO) non vengono più raccomandati in quanto difficili da gestire e da
mantenere in un range di anticoagulazione terapeutico (INR compreso tra 2 e 3).
Dosaggi dei farmaci antitrombotici
In pazienti ad alto e altissimo rischio di TEV e limitatamente alle indicazioni da scheda tecnica:
• Dalteparina 5.000 U sc 8-12 ore prima dell’intervento, 12 ore dopo l’intervento e poi una
volta al dì; oppure, in chirurgia ortopedica maggiore, 2.500 U 1-2 ore prima e 2.500 U 8-12 ore
dopo l’intervento, quindi 5.000 U/dì; oppure, solo per la chirurgia d’anca, 2.500 U 4-8 ore
dopo l’intervento, quindi 5.000 U/dì;
• Enoxaparina: 4.000 U sc 12 ore prima dell’intervento, 12 ore dopo l’intervento e poi una volta
al dì;
• Nadroparina: in chirurgia ortopedica maggiore, 38 U/kg 12 ore prima dell’intervento e 12 ore
dopo, 38 U/kg ogni 24 ore nei tre giorni successivi l’intervento, incrementando quindi la dose
a 57 U/kg/dì; in altri pazienti ad alto rischio: peso <50 kg 2.850 UI (0,3 ml) sc 12 ore prima
dell’intervento, 12 ore dopo l’intervento e poi una volta al dì; peso 50-70 kg 3.800 UI
(0,4 ml) con le stesse modalità; peso >70 kg 5.700 UI (0,6 ml) con le stesse modalità;
• Parnaparina 4.250 U (0,4 ml) sc 12 ore prima dell’intervento, 12 ore dopo l’intervento e poi
una volta al dì;
• Reviparina 4.200 U sc 12 ore prima dell’intervento, 12 ore dopo l’intervento e poi una volta al
dì;
• Bemiparina 3.500 U sc iniziando 2 ore prima o 6 ore dopo l’intervento e poi una volta al dì;
• Fondaparinux 2,5 mg sc 6-24 ore dopo l’intervento e poi una volta al dì;
• Dabigatran, 110 mg po 1-4 ore dopo l’intervento e poi 220 mg po una volta al dì; in pazienti
fragili (età >75 anni, clearance della creatinina 30-50 ml/min) e in pazienti in terapia con
amiodarone, chinidina e verapamil è raccomandato il dosaggio giornaliero di 150 mg (75 mg
x 2);
• Rivaroxaban, 10 mg po 6-10 ore dopo l’intervento e poi una volta al dì.
Nei pazienti non chirurgici si deve prescrivere il dosaggio di mantenimento della chirurgia
sopra indicato.
In pazienti a rischio moderato TEV e limitatamente alle indicazioni da scheda tecnica:
• Dalteparina 2.500 U sc 1-2 ore prima dell’intervento e una volta al dì dopo l’intervento;
• Enoxaparina 2.000 U sc una volta al dì iniziando 12 ore prima dell’intervento;
13
• Nadroparina 2.850 U (0,3 ml) sc 2-4 ore prima dell’intervento e una volta al dì dopo
l’intervento;
• Parnaparina 3.200 U (0,3 ml) sc 2 ore prima dell’intervento e una volta al dì dopo
l’intervento;
• Reviparina 1.750 U sc 2 ore prima dell’intervento e una volta al dì dopo l’intervento;
• Bemiparina 2.500 U sc 6 ore dopo l’intervento e poi una volta al dì.
Nei pazienti medici si applica la dose dell’alto rischio.
La valutazione del rischio emorragico in pazienti che devono eseguire la profilassi
farmacologica del tromboembolismo venoso
La profilassi farmacologica del tromboembolismo venoso è basata sull’uso di anticoagulanti
che trovano limitazione al loro impiego nei pazienti con aumento del rischio emorragico, nei
quali, un’inibizione dei meccanismi fisiologicamente preposti al controllo della formazione del
trombo potrebbe innescare un sanguinamento o aggravare un sanguinamento già in atto.
A fronte di una stratificazione sempre più precisa e individuale del rischio trombotico, la
definizione del rischio emorragico, anche nelle ultime linee guida (ACCP, NICE, Intensive
Care), è lasciata a “suggerimenti”. Sono infatti indicazioni empiriche, termine usato nel testo
delle linee guida di Intensive Care, non basate su dati ottenuti in trial clinici, per le quali non è
possibile precisare il grado della prova.
Le controindicazioni all’uso di una profilassi farmacologica del TEV sono riportate come
assolute o relative, ma anche sulla definizione di quelle assolute ci sono discordanze fra le
indicazioni riportate nelle diverse linee guida.
Per esempio, per le linee guida NICE un numero di piastrine <20.000/uL è una
controindicazione assoluta, mentre per le linee guida di Intensive Care il cut off di
controindicazione assoluta per piastrinopenia si innalza a <50.000/uL.
Ancora più incerte sono le indicazioni per l’uso della profilassi farmacologica per il TEV nei
pazienti con ictus emorragico e/o ischemico. Secondo le linee guida di Intensive Care,
l’indicazione è di attendere 2 settimane dopo l’evento ischemico e/o emorragico prima di
iniziare la profilassi farmacologica per TEV, mentre in accordo con le linee guida della Società
Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (Ageno 2009) in pazienti con ictus
ischemico la profilassi farmacologica va iniziata a non più di 48 ore dall’evento, dato
l’elevatissimo rischio di TEV.
Per i pazienti con ictus emorragico l’indicazione non è definita in criteri temporali precisi, per
la necessità di valutare l’andamento del rischio emorragico su dati clinici e strumentali.
Nelle schede tecniche (AIC) dei farmaci utilizzati nella profilassi del TEV (eparine a basso
peso molecolare e fondaparinux) sono riportate controindicazioni assolute e avvertenze all’uso
non omogenee. E’ tuttavia da sottolineare che anche nelle schede sono utilizzati termini
generici tipo “sanguinamenti clinicamente rilevanti” o “lesioni organiche a rischio di
sanguinamento”, per cui la decisione di iniziare o meno la profilassi si basa comunque su una
valutazione individuale del rapporto rischio emorragico/rischio trombotico.
Controindicazioni assolute
• Transitorie:
14
- sanguinamenti in atto (cerebrale e/o gastrointestinale e/o genito-urinario);
- piastrinopenia (<20.000/ L);
- interventi neurochirurgici o chirurgia oculare;
- puntura lombare, anestesia lombare o epidurale nelle 4 h precedenti o prevista nelle 12 ore
successive alla somministrazione.
Per piastrinopenie fra 20.000 e 50.000/ è indicata la valutazione individuale del rapporto
rischio emorragico/rischio trombotico.
• Permanenti:
- coagulopatie congenite non trattate (NICE 2010) (emofilia e malattia di von Willebrand
grave).
A proposito del rischio emorragico correlato alle procedure, le linee guida di Intensive Care
suggeriscono di somministrare la profilassi farmacologica per TEV sempre la sera dopo le h 18,
in quanto gran parte delle procedure interventistiche a rischio emorragico vengono eseguite al
mattino o nelle prime ore del pomeriggio. Utilizzando questo orario si limita sia il rischio
emorragico procedura-correlato sia il numero di dosi di anticoagulante da somministrare.
Controindicazioni relative
Vanno valutate caso per caso:
• coagulopatie acquisite (insufficienza epatica nella quale un aumento INR >1,5 si può
combinare con piastrinopenia);
• metastasi cerebrali o angiomi cerebrali a rischio sanguinamento (in rapporto al risultato di
esami morfologici II livello, come angioTAC o RM);
• ictus emorragico/ischemico;
• emorragie gastriche e/o genito-urinarie o oculari nei 14 gg precedenti;
• ipertensione arteriosa III grado (230/120 mmHg) (NICE 2010);
• endocardite infettiva acuta (a eccezione di quelle relative a protesi meccaniche).
Quando una controindicazione è transitoria, la profilassi antitrombotica dovrà essere indicata,
al persistere del rischio trombotico, non appena il rischio emorragico è controllato.
Dai dati attualmente disponibili, i suggerimenti che si possono trarre sono solo di indirizzo: è
buona pratica clinica valutare volta per volta la posizione della bilancia rischio/beneficio.
In tutti i pazienti che necessitano di profilassi farmacologica antitrombotica la valutazione del
rischio trombotico deve essere sempre accompagnata alla valutazione del rischio emorragico.
La valutazione deve essere clinico anamnestica, volta a identificare coagulopatie acquisite e/o
congenite, sanguinamenti recenti interventi chirurgici e/o procedure a rischio già programmate,
nonché di laboratorio.
Esami ematochimici essenziali per la valutazione del rischio emorragico sono:
• emocromo, per determinazione di:
a) numero piastrine
b) valore emoglobina (valori <10g/dL o inferiori possono indurre il sospetto di sanguinamento
in atto o recente, soprattutto se gli eritrociti sono microcitici e ipocromici)
• assetto coagulativo per determinazione di:
- tempo di protrombina (PT)
- tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT)
- livelli plasmatici di fibrinogeno
Raccomandazioni
15
• In tutti i pazienti che necessitano di profilassi farmacologica antitrombotica, la
valutazione del rischio trombotico deve essere sempre accompagnata alla valutazione del
rischio emorragico, identificando le controindicazioni assolute (permanenti o temporanee)
e relative (prova VI A).
• Nei pazienti nei quali la profilassi farmacologica non può essere effettuata, deve essere
applicata la profilassi meccanica con calze elastiche a compressione graduata e/o
compressione pneumatica intermittente (prova I A).
• Quando la controindicazione è “transitoria”, la profilassi antitrombotica farmacologica
dovrà essere iniziata, se persiste il rischio trombotico, non appena il rischio emorragico è
controllato (prova I A).
La profilassi antitromboembolica nel paziente obeso
Molte informazioni sulla profilassi antitromboembolica nei pazienti obesi derivano da studi
condotti nell’ambito della chirurgia bariatrica. Per le indicazioni in quel settore si rimanda allo
specifico capitolo, mentre di seguito si riporta il ruolo che l’obesità deve avere nella scelta delle
dosi di anticoagulanti per la profilassi in qualunque tipo di chirurgia.
Da tempo si dibatte se le dosi degli anticoagulanti debbano essere aumentate negli obesi, ma vi
sono poche linee guida disponibili. Infatti, dato che il volume intravascolare non è correlato
linearmente con il peso corporeo, se si stabiliscono dosi di EBPM aggiustate in base al peso, si
rischia il sovradosaggio; d’altra parte, se si usano le EBPM a dose fissa vi è il rischio di
sottodosaggio.
Di fatto, la sicurezza e l’efficacia dei vari dosaggi non sono state adeguatamente studiate in
questi pazienti.
A tale riguardo, le linee guida dell’ACCP del 2004 (Hirsh 2004) suggerivano, su base empirica,
di aumentare la dose di EBPM di circa il 25% nei pazienti obesi. Le stesse linee guida
nell’edizione 2008 suggeriscono poi il monitoraggio dell’attività anti-fattore Xa nei pazienti di
peso >150 Kg trattati con dosi aggiustate di EBPM, ma non è ben definita la correlazione tra
livelli di antifattore Xa e manifestazioni cliniche (TEV ed emorragia).
Tradizionalmente, si considera che dopo 4 ore dalla somministrazione di EBPM i livelli di
antifattore Xa in pazienti in profilassi debbano essere fra 0,1 e 0,4 U/ml.
Un recente studio sulla farmacodinamica della parnaparina in pazienti obesi (BMI >36), in cui
era previsto un intervento di chirurgia bariatrica (Imberti 2010), ha fornito dati di potenziale
interesse per orientare le scelte terapeutiche. Lo studio ha valutato l’attività anti-fattore Xa di
un gruppo di pazienti trattati con 4.250 UI/ al dì (dose profilattica standard per i pazienti a
maggior rischio di TEV) con quella di pazienti trattati con una dose del 50% superiore. Mentre
nei primi l’attività a 4 ore dalla somministrazione restava nel range atteso, in oltre il 50% dei
pazienti sottoposti alla dose maggiore l’attività anti-fattore Xa era più elevata e spesso a livelli
compatibili con una terapia anticoagulante e non con una profilassi. I risultati di questo studio,
seppur indirettamente, suggeriscono la potenziale pericolosità di utilizzare nei pazienti obesi
dosi di EBPM del 50% superiori a quelle standard.
In attesa di ulteriori dati della letteratura, il gruppo suggerisce di non aggiustare la dose di
EBPM in rapporto al peso corporeo (salvo che per nadroparina, quando usata secondo lo
schema in base al peso corporeo). Tale suggerimento si applica anche a fondaparinux (in
quanto gli studi che ne hanno validato l’efficacia includevano anche pazienti grandi obesi),
dabigatran e rivaroxaban.
16
Raccomandazione
Nei pazienti obesi si raccomanda di utilizzare i farmaci anticoagulanti per la profilassi del
tromboembolismo venoso alle dosi raccomandate dalla scheda tecnica del singolo farmaco
(prova VI B).
Linee guida per la profilassi del tromboembolismo venoso in medicina
interna
Il paziente internistico acuto è a rischio di tromboembolismo venoso al pari del paziente
chirurgico: in assenza di profilassi è infatti possibile documentare una trombosi venosa
profonda nel 15% dei casi.
Lo studio italiano prospettico osservazionale GEMINI (Gussoni 2009), condotto su oltre 4.000
pazienti ricoverati in ospedali distribuiti su tutto il territorio nazionale, ha documentato nei
pazienti ricoverati in medicina interna un’incidenza di TEV sintomatico del 3,65%
Questo dato è in linea con i 3 grandi trial MEDENOX (Samama 1999), PREVENT
(Leizorovicz 2004) e ARTEMIS (Cohen 2006), che hanno definito l’entità del problema e
stabilito l’efficacia della profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare (EBPM)
e fondaparinux in questa categoria di pazienti.
Attualmente, il TEV è di riscontro più frequente nel paziente internistico che nel paziente
chirurgico: negli ultimi venti anni, infatti, l’embolia polmonare fatale si è ridotta del 78% in
chirurgia a fronte di una ben più modesta diminuzione (18%) in medicina interna (Geerts 2008),
dove numerosi studi documentano che non vi è un corretto utilizzo della profilassi
antitrombotica (Gussoni 2009): vi è una tendenza alla sottoprescrizione, con percentuali di uso
comprese fra meno del 30% e circa il 50% nei pazienti per i quali ci sarebbe l’indicazione,
nonostante la provata efficacia.
Nello studio cross-sezionale, internazionale, condotto su oltre 60.000 pazienti ospedalizzati
ENDORSE (Cohen 2008) solo il 40% dei pazienti internistici con indicazione a profilassi
secondo le raccomandazioni dell’American College of Chest Physicians (ACCP) veniva
effettivamente trattato. Un insoddisfacente impiego della profilassi viene riportato anche nel
registro IMPROVE (Tapson 2007).
Nella realtà italiana, lo studio GEMINI ha evidenziato un’applicazione della profilassi nel
58,7% dei casi in cui vi era l’indicazione in accordo alle linee-guida internazionali ACCP. Uno
studio americano ha mostrato che il 52% dei pazienti che sviluppava TEV in ospedale aveva
ricevuto una tromboprofilassi a dosi inappropriate.
La difficoltà di eseguire una corretta profilassi, nei tempi e nei modi, nelle degenze
internistiche nasce da diversi elementi: in primo luogo, dalla problematica stratificazione del
rischio in classi omogenee per l’eterogeneità dei pazienti dovuta alla loro complessità, alla
17
costante polipatologia e all’eventuale età avanzata, in secondo luogo, dalla frequente presenza
contemporanea di un elevato rischio emorragico.
Nel paziente internistico, oltre alle già descritte incertezze di ordine epidemiologico, vi sono
poi difficoltà intrinseche quali: una diagnosi precoce di fatto difficile, l’insorgenza spesso
asintomatica del TEV, la bassa sensibilità delle tecniche non invasive, ma soprattutto, l’ampia
scelta di diagnosi alternative al TEV.
Stratificazione del rischio di TEV in medicina interna
Vanno considerati i fattori di rischio alto e medio già individuati come comuni a tutte le
specialità.
Nelle specialità di tipo chirurgico-rianimatorio formano il setting del rischio individuale,
mentre per la medicina interna danno il quadro completo delle possibilità di rischio.
Per ciò che riguarda età e mobilità, va considerato che i pazienti ricoverati in reparti di
medicina sono in maggioranza anziani e per lo più ipomobili durante la degenza.
Una corretta stratificazione del rischio in questo tipo di pazienti non dovrà mai disgiungersi
dall’attenta valutazione del rischio emorragico, connesso all’età e all’insufficienza renale
cronica, di frequente riscontro nel paziente internistico.
Protocollo di profilassi
Le linee guida internazionali (Nicolaides 2006, Geerts 2008, NICE 2010) indicano per la
profilassi nel paziente medico: eparina non frazionata (ENF), EBPM e fondaparinux, mentre
nel paziente ad aumentato rischio emorragico vengono indicati solo i mezzi fisici di
prevenzione.
Nella profilassi medica, si possono considerare i seguenti farmaci:
• ENF (eparina calcica) 5.000 UIsc 2-3/dì
• Enoxaparina 4.000 UIsc 1/dì
• Dalteparina 5.000 UIsc 1/dì
• Fondaparinux 2,5 mg sc 1/dì
• Nadroparina 3.800 UIsc 1 1/dì
• Parneparina 4.250 UIsc 1/dì
• Reviparina 4.200 UIsc 1/dì
In ampie metanalisi (Wein 2007, Kannan 2007) la ENF si è dimostrata inferiore rispetto a
EBPM/fondaparinux nel prevenire il TEV (riduzione di circa 1/3 del rischio relativo di TVP).
Inoltre, EBPM/fondaparinux si associano a minori complicanze emorragiche sia in sede di
iniezione sia generali.
18
Per enoxaparina, dalteparina e fondaparinux sono disponibili studi che ne hanno dimostrato
l’efficacia rispetto al placebo in pazienti internistici.
Per la nadroparina sono disponibili solo studi in particolari subset internistici (insufficienza
respiratoria) e su campioni di numerosità limitata.
La scelta della EBPM per la profilassi del TEV nel paziente internistico deve essere coerente
con le indicazioni contenute nella specifica scheda tecnica.
Nella condizione normativa attuale tali indicazioni differiscono per le varie preparazioni; di
conseguenza, la scelta per il singolo paziente dovrà essere differenziata in base alla specifica
condizione clinica da sottoporre a profilassi.
Le EBPM, come l’ENF, necessitano di un controllo periodico dell’emocromo per evidenziare
un’eventuale piastrinopenia da eparina (HIT), che peraltro si verifica con una frequenza
significativamente inferiore rispetto all’ENF (<1% vs 1-3%).
Il fondaparinux ha minore necessità di questi controlli, in quanto i casi segnalati di HIT sono
sporadici e dubbi, inoltre, può essere usato nei pazienti con allergia o intolleranza alle EBPM
non presentando allergia crociata con l’eparina
Per fondaparinux sono disponibili maggiori dati circa il mantenimento della stessa dose anche
nei pazienti obesi (BMI>30), che, invece, è meno chiaro per le EBPM.
Particolare attenzione è da prestare al paziente con insufficienza renale cronica: il fondaparinux
presenta un dosaggio apposito di 1,5 mg da usare in tutti i pazienti con clearance della
creatinina fra 20 e 50 ml/min, mentre il farmaco è controindicato in pazienti con clearance <20
ml/min.
Per le EBPM si ritiene di rimandare a quanto indicato nelle schede tecniche dei diversi
preparati in quanto esistono pochi e controversi dati sulla necessità e sull’eventuale entità della
riduzione delle dosi in questi pazienti (Douketis 2008).
Nei pazienti con emorragia in atto (cerebrale, gastrointestinale) o gravemente piastrinopenici
(<20.000 mm3) o con altri gravi deficit dell’emostasi, la terapia farmacologica anticoagulante è
controindicata e bisogna adottare metodi meccanici che nel paziente internistico sono costituiti
dalle calze antitrombo.
La durata della profilassi deve coprire tutto il periodo di ricovero o anche oltre, se permane
ipomobilità a domicilio, fino a un massimo di 28 giorni.
Raccomandazioni
Per il paziente medico a rischio di TEV ricoverato in ospedale si raccomanda trombo
profilassi con:
• eparina non frazionata (ENF) a basse dosi (prova I A);
• eparina a basso peso molecolare (EBPM) (prova I A);
• fondaparinux (prova II A).
Per i pazienti a rischio di TEV ma con controindicazione alla tromboprofilassi per rischio
emorragico, si raccomanda l’uso di mezzi meccanici (calze antitrombo e/o compressione
pneumatica intermittente) (prova I B).
Come buona pratica clinica si raccomanda di:
19
• non considerare routinario l’uso di ENF dati i confronti sfavorevoli con EBPM (in
termini sia di efficacia e sicurezza sia di praticità di uso) (prova VI A);
• considerare le EBPM e il fondaparinux come i farmaci di riferimento per la profilassi
(prova VI A).
Il fondaparinux andrà preferito (prova VI A) nei pazienti:
• con intolleranza o allergia all’eparina;
• a rischio di HITo piastrinopenici;
• obesi.
20
La tabella seguente: ”Algoritmo per la definizione del rischio tromboembolico in
medicina interna”, è tratta dalle linee guida della Regione Toscana e può essere utilizzata
come modello per la stratificazione del rischio nei reparti di medicina.
21
LA PROFILASSI DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO IN CHIRURGIA
Il tromboembolismo venoso (TEV) è una causa rilevante di morbilità e mortalità nel paziente
chirurgico. Negli studi osservazionali dell’epoca precedente all’introduzione della profilassi del
TEV l’incidenza di trombosi venosa profonda degli arti inferiori e di embolia polmonare
oscillava dal 15 al 30% e dallo 0,2% allo 0,9%, rispettivamente.1 La trombosi venosa profonda
degli arti inferiori è frequentemente asintomatica, tanto che spesso il TEV si manifesta con i
sintomi dell’embolia polmonare. Per tale motivo non è razionale confidare nella diagnosi
precoce. Inoltre, lo screening del TEV asintomatico degli arti inferiori ha un’accuratezza non
sufficiente ed è complesso da praticare.
La profilassi del TEV è il principale mezzo per ridurre l’incidenza di questa importante
complicanza.2 Se usata appropriatamente, è anche vantaggiosa dal punto di vista dei costi per il
sistema sanitario, perché riduce l’insorgenza del TEV sintomatico, patologia che richiede spese
aggiuntive sia per la diagnosi sia per la terapia.
La valutazione del rischio tromboembolico
Il razionale della profilassi del TEV in chirurgia si basa sull’analisi dei fattori di rischio
individuali e su quelli legati alla procedura.
Un sistema di stratificazione del rischio tromboembolico, basato su fattori di rischio rilevati sui
singoli pazienti, è stato proposto più di 25 anni fa ed è raccomandato dalle principali linee-
guida internazionali. In particolare, è utilizzato il modello di Caprini proposto nel 2005.3
Questo modello è stato validato in studi clinici4,5 e recentemente raccomandato dalla Società
Internazionale della Trombosi e dell’Emostasi.6 Per quanto riguarda l’analisi dei fattori di
rischio individuali non collegati all’atto chirurgico si rimanda alla trattazione generale. In
questa sezione ci limitiamo a riportarne l’elenco con la suddivisione in base alle classi di
rischio tromboembolico (Tabella 1).
22
Tabella 1. Fattori di rischio individuali stratificati in base al modello di Caprini.
Rischio debole (1 punto ciascuno) Rischio moderato (2 punti
ciascuno
Rischio forte (3 punti
ciascuno)
Rischio molto forte (5
punti ciascuno)
Età 41-60 anni
Edema arti inferiori
Vene varicose
Obesità (BMI >25)
Uso di estroprogestinici/terapia ormonale
sostitutiva
Gravidanza e puerperio
Anamnesi di patologia riproduttiva (es.:
abortività ricorrente, morte intrauterina del
feto, basso peso alla nascita, ecc.)
Sepsi (<30 giorni)
Patologia respiratoria acuta
Broncopneumopatia cronica ostruttiva
Infarto miocardico acuto
Scompenso cardiaco congestizio (<30 giorni)
Immobilità a letto
Anamnesi positiva per malattia
infiammatoria cronica intestinale
Pregressa chirurgia maggiore (<30 giorni)
Età 61-74 anni
Neoplasia (in atto o pregressa)
Prolungata immobilità (≥3
giorni)
Presenza di catetere venoso
centrale
Ingessatura arti inferiori
Età >75 anni
Pregresso TEV
Diatesi trombofilica (deficit di
proteina C o S o antitrombina
III, resistenza alla proteina C
attivata/fattore V Leiden, ecc.)
Anamnesi familiare positiva
per trombofilia venosa
Ictus (<30 giorni)
Trauma maggiore con
fratture di: colonna
vertebrale, pelvi, arti
inferiori
Lesione midollare (<30
giorni)
Il rischio relativo alle varie procedure chirurgiche può essere stratificato in base ad alcuni
fattori di seguito elencati:
• complessità della procedura chirurgica;
• durata globale dell’intervento;
• sede dell’intervento;
• organo bersaglio;
• tipo di accesso.
Analizzeremo di seguito alcuni di questi fattori per la loro rilevanza e per la presenza di aspetti
ancora controversi.
La chirurgia oncologica
Il TEV è una causa frequente di mortalità nei pazienti neoplastici. In paragone ai pazienti affetti
da patologie benigne, quelli con neoplasie che devono essere sottoposti a intervento chirurgico
hanno un più elevato rischio di TEV.7 Tuttavia, nella chirurgia oncologica, a esclusione di
quella del distretto addomino-pelvico, una recente meta-analisi ha evidenziato che non c’è
23
nessun vantaggio nella profilassi del TEV, quando si utilizzano presidi farmacologici rispetto a
quelli meccanici, mentre c’è un aumento del rischio emorragico.8
La chirurgia addomino-pelvica
La chirurgia addomino-pelvica è riconosciuta come predisponente al TEV probabilmente anche
in considerazione della complessità degli interventi in questo distretto e per la posizione del
paziente.9 Gli interventi resettivi del colon hanno un’incidenza di TEV superiore a quella di
molte altre procedure chirurgiche, inclusi anche molti interventi di chirurgia ortopedica.9 In
considerazione di tutto ciò e dai risultati emersi da una recentissima meta-analisi si raccomanda
la tromboprofilassi farmacologica.8
Il tempo operatorio
Il tempo operatorio è un fattore di rischio indipendente e direttamente proporzionale alla durata
della chirurgia in qualsiasi tipo di intervento chirurgico.10
Il modello di Caprini prevede che le procedure chirurgiche siano ritenute a basso rischio di
TEV se la durata è inferiore a 45 minuti. Esempi di chirurgia minore sono:
Nodulectomia (mammella);
Quadrantectomia senza cavo ascellare;
Asportazione di ginecomastia;
Interventi su cute e sottocute;
Cisti pilonidali;
Ernioplastica.
In realtà non ci sono dati solidi a sostegno di questo limite temporale, tant’è vero che in
letteratura si trovano valori anche superiori (90 minuti compresa l’anestesia, o 60 minuti se
l’intervento è a carico di pelvi o arti inferiori).11 È evidente, quindi, che il solo criterio
temporale non è sufficiente per la classificazione delle procedure chirurgiche.
La chirurgia laparoscopica
Per quanto riguarda le tecniche di chirurgia laparoscopica non esistono al momento elementi
che dimostrino un’aumentata incidenza di TEV in pazienti trattati con queste metodiche.
Alcuni fattori come la precoce mobilizzazione possono ridurre il rischio di TEV. Tuttavia,
fattori intraoperatori, quali lo pneumoperitoneo e la posizione di anti-Trendelemburg,
favoriscono il TEV. Uno studio, basato su un ampio registro, ha dimostrato una riduzione del
rischio tromboembolico in caso di approccio laparoscopico rispetto alla chirurgia aperta.12
24
La chirurgia in regime di day hospital
La reale incidenza del TEV nella day surgery è ancora non ben determinato e, pertanto, le
raccomandazioni per quanto riguarda la tromboprofilassi sono ancora variabili.
Le caratteristiche di questo gruppo di pazienti è la precoce mobilizzazione rispetto ai pazienti in
ricovero ordinario e la breve durata dell’intervento. Tuttavia, come in tutti i pazienti da
sottoporre a interventi chirurgici, occorre valutare i fattori di rischio individuali in base ai quali
decidere la strategia di profilassi tromboembolica.
Da una recentissima meta-analisi si conferma la validità del modello di Caprini nella
stratificazione del rischio tromboembolico.12 In particolare, i tassi di incidenza di TEV in base
al punteggio ottenuto con il modello di Caprini sono riportati in Figura.
Da questi dati emerge un significativo incremento del rischio tromboembolico per un
punteggio > 6.
25
La valutazione del rischio emorragico
Il sanguinamento postoperatorio è una complicanza della profilassi tromboembolica. La
profilassi farmacologica del TEV è basata sull'uso di anticoagulanti che trovano limitazione al
loro impiego nei pazienti che presentano un aumentato rischio emorragico. Il rischio di
sanguinamento è legato a fattori individuali e dipendenti dal tipo di procedura chirurgica.
Quelli individuali sono:
Sanguinamento attivo;
Nota malattia emorragica non trattata;
Grave insufficienza renale (clearance creatinina < 30 ml/min) o epatica (INR > 1,5);
Trombocitopenia;
Ictus cerebrale acuto;
Ipertensione arteriosa non trattata;
Uso concomitante di anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici, fibrinolitici.
Questi fattori di rischio non sono supportati da prove scientifiche valide, basati su trial clinici.
Per esempio, per le linee guida NICE13 un numero di piastrine <75.000/uL è una
controindicazione, mentre per le linee guida di Intensive Care14 il valore limite di
controindicazione assoluta per piastrinopenia si riduce a <50.000/uL. Gli studi in pazienti in
terapia concomitante con antiaggreganti piastrinici non riportano nessun aumento del rischio di
sanguinamento; tuttavia, l’esatta incidenza di sanguinamento non è definita, quando si associa
la terapia antiaggregante a quella per la profilassi del TEV.15
I mezzi di profilassi del tromboembolismo venoso
Misure generali
Nei pazienti immobilizzati, la stasi venosa può essere contrastata incoraggiando l’esecuzione di
alcuni esercizi degli arti inferiori. Un recente studio ha confermato l’efficacia della
mobilizzazione precoce.16
Metodi meccanici
26
La profilassi meccanica si basa essenzialmente sull’uso della compressione pneumatica
intermittente (CPI), delle calze elastiche a compressione graduata (CEG).
La CPI consiste nell’applicazione di un manicotto gonfiabile che comprime ritmicamente il
muscolo del polpaccio o della coscia.
Le calze sono disponibili in taglie e lunghezze diverse, con estensione sopra e sotto il
ginocchio. Nella maggior parte degli studi sono state utilizzate calze sopra il ginocchio.
I metodi meccanici per la profilassi antitrombotica aumentano la velocità media del flusso
sanguigno nelle vene degli arti inferiori riducendo la stasi venosa
Una meta-analisi Cochrane17 ha evidenziato l’efficacia delle CEG nella profilassi del TEV sia
da sole sia in associazione con altri metodi, tanto da raccomandarne l’uso in tutti i pazienti
chirurgici. In confronto alla profilassi farmacologica con eparina l’efficacia è sovrapponibile
con una riduzione del rischio emorragico, anche se non c’è conferma di questa superiorità con
le eparine a basso peso molecolare (EBPM).18
I presidi meccanici trovano indicazione principale in caso di pazienti con elevato rischio di
sanguinamento, che controindica la profilassi tromboembolica farmacologica. L’altra
indicazione è l’associazione con la tromboprofilassi farmacologica nei pazienti ad alto rischio
tromboembolico. C’è un’evidenza insufficiente per preferire la CPI alle CEG.19
Metodi Farmacologici
Gli antiaggreganti piastrinici
Gli antiaggreganti piastrinici (di solito l’aspirina) nella profilassi del TEV offrono il vantaggio
di essere una terapia assumibile per via orale, poco costosa e che non necessita di monitoraggi
con esami ematochimici.
Le evidenze in letteratura suggeriscono che l’aspirina è più efficace del placebo nella profilassi
del TEV.
Eparina non frazionata ed eparine a basso peso molecolare
Le eparine non frazionate (ENF) sono costituite da catene polisaccaridiche con peso molecolare
tra 3000 e 30000 dalton. Hanno un’azione indiretta, in quanto richiedono la presenza di
antitrombina III. L'attività anticoagulante si esplica mediante l'inibizione soprattutto della
trombina e del fattore X attivato. Nell'impiego delle ENF si raccomanda l'esecuzione di un
emocromo basale e di uno ogni 2-3 giorni fino al 15° giorno per evitare il rischio di
trombocitopenia indotta da eparina. Per l'elevata variabilità di risposta è indicato il
monitoraggio di laboratorio e, in particolare, del tempo di tromboplastina parziale attivata
(aPTT).
27
Le EBPM sono prodotte dalla depolimerizzazione delle ENF e hanno un peso molecolare
compreso tra 3000 e 7000 dalton. Queste caratteristiche consentono un profilo farmacocinetico
più prevedibile, una maggiore biodisponibilità e un’emivita compresa tra 4 e 6 ore. Le EBPM
sono utilizzabili in monosomministrazione giornaliera, senza necessità di monitoraggio di
laboratorio.
Il fondaparinux, un inibitore selettivo del fattore X attivato (Xa), è un pentasaccaride sintetico
contenente unicamente le 5 unità saccaridiche, capaci di interagire con l'antitrombina III
(ATIII) per ottenere un’inibizione ottimale del fattore Xa. Ha una lunga emivita (17-20 ore) ed
è eliminato interamente per via renale.
Sebbene sia giustificato l’uso dell’ENF, in linea generale sono da preferire le EBPM per il
minor rischio di piastrinopenia da eparina e per la più vantaggiosa somministrazione
(un’iniezione invece che due o tre al giorno).
Il fondaparinux è associate con un aumentato rischio di sanguinamento rispetto alle EBPM.21
Anche se le schede tecniche prevedono l’inizio del trattamento eparinico nell’immediato
preoperatorio, l’evidenza scientifica non fornisce supporto. Una meta-analisi di confronto tra
somministrazione di EBPM 12 ore prima dell’intervento chirurgico e nel postoperatorio non
mostra differenze di efficacia nel prevenire il TEV.22 Del resto, le linee guida ACCP2
suggeriscono la somministrazione preoperatoria come una delle opzioni possibili e non come
una raccomandazione. L’efficacia dell’estensione della profilassi nel postoperatorio fino a 4
settimane è stata dimostra solo nella chirurgia oncologica addomino-pelvica.8
Linee guida per la profilassi del TEV in chirurgia generale
La medicina moderna tende a individualizzare le terapie in modo da ottimizzare il rapporto
rischio/benefico, insito in ogni trattamento. Le strategie profilattiche del TEV devono seguire
questo indirizzo. Ci sono varie linee-guida internazionali, che riguardano i pazienti chirurgici,
le principali delle quali sono quelle americane dell’American College of Chest Physicians
(ACCP)2 e dell’Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ),23 quelle inglesi del
National Guideline Clearinghouse (NICE),24 quelle asiatiche dell’Asian Venous Thrombosis
Forum (AVTF).25
Le linee-guida ACCP, le più utilizzate internazionalmente, raccomandano sempre la
chemioprofilassi con punteggio di Caprini ≥5, a meno che non ci sia un forte rischio di
sanguinamento.
Dai dati emersi dalla letteratura l’efficacia della chemioprofilassi del TEV è stata dimostrata
solo nei pazienti chirurgici con punteggio di Caprini >6.12 Invece, per quanto riguarda il rischio
di sanguinamento postoperatorio lo stesso studio ha dimostrato che è indipendente dal
punteggio di Caprini.
28
In base a queste considerazioni si propone il modello di profilassi del TEV, riportato in Tabella
2.
Tabella 2. Strategie preventive del TEV.
Livello di rischio Caprini Strategie preventive Durata della profilassi
Rischio molto basso 0-1 Mobilizzazione precoce
Rischio basso 2-3 Profilassi meccanica
Rischio moderato 4-5 Profilassi meccanica
Rischio elevato 6-8
Senza elevato rischio di
sanguinamento
EBPM Di norma: 7 giorni
Da valutare in caso di immobilità prolungata e/o complicanze
Con elevato rischio di
sanguinamento
Profilassi meccanica
Rischio molto elevato >8
Senza elevato rischio di
sanguinamento
EBPM+profilassi meccanica Limite minimo: 7 giorni
Da valutare in caso di immobilità prolungata e/o complicanze.
Si raccomanda di prolungare la profilassi fino a 4 settimane
nella chirurgia oncologica addomino-pelvica
Con elevato rischio di
sanguinamento
Profilassi meccanica
Raccomandazioni in chirurgia vascolare
La frequenza del TEV venoso è significativamente bassa nei pazienti sottoposti a chirurgia
vascolare.
Probabilmente ciò è da correlarsi a due fattori rilevanti: l’uso frequente in questi pazienti di
terapia antiaggregante piastrinica e di infusione intraoperatoria di ENF, terapie entrambi in
grado di ridurre significativamente il rischio di TEV. Un ulteriore elemento è rappresentato
dalla possibilità di una più rapida mobilizzazione anche in chirurgia maggiore (addominale),
con la sola eccezione delle rivascolarizzazioni periferiche, condotte in stadi avanzati della
malattia o in pazienti particolarmente compromessi.
La chirurgia vascolare può essere suddivisa in due grandi categorie: la chirurgia arteriosa
periferica, che include quella carotidea, aorto-iliaca e degli arti e quella venosa, che comprende
sia gli interventi per l’insufficienza venosa profonda sia quella delle varici. Bisogna tener
presente che la maggior parte degli interventi per le vene varicose è effettuata in day-surgery.
29
La stratificazione del rischio tromboembolico nei pazienti che affrontano interventi di chirurgia
vascolare si basa sul punteggio dato dalla somma dei fattori di rischio relativi al paziente e
relativi alla procedura chirurgica, come avviene per la chirurgia generale.
I fattori di rischio individuali non sono stati studiati approfonditamente.2 Tuttavia, poiché in
letteratura la chirurgia vascolare è stata inclusa nella popolazione chirurgica generale nella
valutazione del rischio di TEV, si può prendere in considerazione come valido lo score di
Caprini utilizzato per la chirurgia generale (ACCP).2
I fattori relativi alle procedure chirurgiche si possono inserire nella stratificazione riportata in
Tabella 3.
Tabella 3. Stratificazione del rischio di TEV in base al tipo di procedura di chirurgia vascolare.
Rischio basso (0 punti) Rischio medio (1 punto) Rischio elevato (2 punti)
1. Chirurgia flebologica
2. Chirurgia carotidea
3. Exeresi di tumore del glomo
carotideo
4. Procedure endovascolari
percutanee
5. Fistola artero-venosa per
emodialisi periodica
- Esclusione endovascolare di aneurismi
- Aneurismi periferici degli arti “open”
- Rivascolarizzazione periferica “open”
- Decompressione sindrome stretto toracico
superiore
- Simpaticectomia lombare
- Amputazioni arti
- Aneurismi aortici open
- Aneurismi aorto-iliaci-femorali open
- Aneurismi viscerali open
- Rivascolarizzazioni aorto-iliaco-
femorali open
- Rivascolarizzazioni viscerali open
- Chirurgia su vene profonde.
I fattori che possono alterare il rischio di TEV sono:
Il paziente con patologia chirurgia arteriosa sono spesso anziani e con deficit motori;
Molti paziente sono in terapia antiaggregante piastrinica o con anticoagulanti orali;
Durante l’intervento chirurgico si ricorre frequentemente all’infusione di eparina.;
La chirurgia della varici si effettua frequentemente in donne in terapia anticontraccetiva o
di sostituzione ormonale.
I fattori connessi a un aumentato rischio di sanguinamento sono:
Pazienti che usano terapia antiaggregante piastrinica;
Pazienti che usano terapia anticoagulante orale;
Altri fattori che possono alterare la scelta della terapia di tromboprofilassi sono:
L’impiego di CEG o di CPI è controindicato in pazienti con arteriopatia degli arti inferiori;
L’uso di CEG o di CPI è di solito inappropriato in caso di interventi chirurgici sugli arti
inferiori.
Tenuto conto di tali premesse, anche la chirurgia vascolare non può che rientrare nei parametri
individuati per la chirurgia generale.2
Comunque, le evidenze della letteratura al riguardo sono scarse. Del resto, una meta-analisi
Cochrane26 sulla tromboprofilassi nella chirurgia dell’aneurisma dell’aorta addominale non ha
30
fornito nessun supporto all’uso della profilassi farmacologica in unione o meno a quella
meccanica rispetto ai controlli senza profilassi, anche se i trial valutati avevano delle
limitazioni metodologiche che ne inficiavano la qualità.
Terapia-ponte
La gestione dei pazienti in terapia anticoagulante orale (TAO), che necessitano di essere
sottoposti a terapia chirurgica, deve essere distinta in base al tipo di TAO:
Antagonisti della vitamina K (AVK);
Anticoagulanti orali ad azione diretta (AOAD), come gli inibitori diretti della trombina
(dabigatran) o del fattore Xa (rivaroxaban, apixaban, endoxaban).
I criteri da seguire per la terapia-ponte, esposti nelle linee guida ACCP 2012,27 sono inficiati
dal fatto di essere basati su limitati studi randomizzati e molti studi osservazionali.
Occorre sempre valutare il profilo di rischio tromboembolico ed emorragico sia per quanto
riguarda il paziente sia per quanto concerne la procedura chirurgica da eseguire, l’interruzione e
la ripresa della TAO e la necessità o meno di una terapia-ponte con eparina.
In base alle tre principali indicazioni alla TAO (TEV, valvola cardiaca artificiale, fibrillazione
atriale) l’ACCP ha suggerito una stratificazione del rischio (Tabella 4).27
Tabella 4. Classi di rischio dei pazienti in terapia con AVK.
Classe di rischio Soggetti portatori di valvola cardiaca
meccanica
Soggetti affetti da fibrillazione
atriale
Soggetti con TEV
Elevato Protesi valvolare mitralica di qualsiasi tipo
Portatore di protesi valvolare aortica di
prima
generazione
Ictus o TIA recenti (da non oltre 6 mesi)
Punteggio CHADS2 di 5-6
Ictus o TIA recenti (da non più di 3
mesi)
Malattia reumatica della valvola
cardiaca
Anamnesi di TEV recente (da non
più di 3 mesi)
Trombofilia grave (es. deficit di
proteina C, S, antitrombina,
anticorpi antifosfolipidi, anomalie
multiple)
Moderato Portatore di protesi valvolare aortica a due
emidischi più una delle seguenti
condizioni:
fibrillazione atriale, ictus o TIA pregressi,
ipertensione, diabete, insufficienza
cardiaca congestizia, età >75 anni
Punteggio CHADS2 di 3-4 Anamnesi di TEV nei passati 3- 12
mesi
Condizioni trombofiliche non gravi
(es, mutazione del fattore V Leiden
eterozigote, del fattore II
eterozigote)
Anamnesi di TEV ricorrente
Cancro attivo (trattato da 6 mesi o
in terapia palliativa)
Basso Protesi valvolare aortica a due emidischi,
senza fibrillazione atriale e altro fattore di
rischio di ictus
Punteggio CHADS2 di 0-2 (senza
ictus o TIA pregressi)
Anamnesi di un singolo TEV
insorto > 12 mesi (senza nessun
altro fattore di rischio)
CHADS2 (Congestive heart failure-Hypertension-Age-Diabetes-Stroke). In questo sistema sono conteggiati 2 punti in caso di ictus o TIA
pregressi e 1 punto ciascuno per scompenso cardiaco congestizio, ipertensione arteriosa, età > 75 anni, diabete mellito.
31
Il rischio di sanguinamento in relazione al tipo di procedura chirurgica da eseguire può essere
stratificato come suggerito in Tabella 5.
Tabella 5. Stratificazione del rischio di sanguinamento in base al tipo di procedura chirurgica.
Rischio alto (≥ 2% sanguinamenti maggiori postoperatori) Rischio basso Rischio minimo
Chirurgia maggiore (durata > 45 min.)
Chirurgia oncologica
Chirurgia digestiva
Resezione intestinale
Chirurgia di organi riccamente vascolarizzati (reni, fegato, milza
Biopsie cutanee/linfonodali
Colecistectomia laparoscopica
Chirurgia delle ernie
Chirurgia delle emorroidi
Chirurgia ambulatoriale
In base a tali classi di rischio di sanguinamento si decide la necessità o meno dell’interruzione
della TAO e come gestire la sua ripresa e l’eventuale terapia-ponte. Sebbene questo schema
non sia stato validato per quanto riguarda il periodo perioperatorio, rimane utile dal punto di
vista della gestione clinica di questi pazienti.
Nei pazienti da sottoporre a procedure chirurgiche minori esiste un’evidenza ben supportata in
letteratura di continuare la TAO.28 Le line-guida ACCP del 201227 suggeriscono l’utilizzo di
dosi terapeutiche di ENF/EBPM come terapia ponte in pazienti a rischio elevato.
Anche in questo ambito le EBPM hanno soppiantato le ENF in ragione della loro nota
superiore maneggevolezza e sicurezza.29
Un recentissimo trial randomizzato e controllato,30 condotto in 1884 pazienti affetti da
fibrillazione atriale non valvolare, ha provveduto a valutare eventuali differenze in termini di
efficacia (riduzione del rischio tromboembolico) e di sicurezza (sanguinamento maggiore) tra
la terapia-ponte con EBPM (dalteparina, 100 UI/kg 2x/die) e la sola sospensione della terapia
con warfarina (follow-up di 30 giorni). I risultati dello studio hanno evidenziato, nei due gruppi,
una sostanziale equivalenza nel numero di eventi tromboembolici. Per contro, l'impiego di
dalteparina ha determinato un significativo aumento dei sanguinamenti maggiori nei soggetti
sottoposti a terapia-ponte. Questo studio trova conferma anche nei risultati di una corposa
meta-analisi31e nei dati tratti di un registro nazionale.32
In base alle classi di rischio sia per il TEV sia per il sanguinamento postoperatori si propone lo
schema di gestione della TAO nel periodo perioperatorio in regime di elezione, riportato in
Tabella 6.
32
Tabella 6. Gestione perioperatoria della TAO e della terapia-ponte in base al rischio di TEV e di sanguinamento postoperatorio.
Rischio di sanguinamento alto Rischio di sanguinamento basso Rischio di sanguinamento
minimo
Rischio di TEV
alto
AOAD: interrompere la TAO; non
effettuare la terapia-ponte con EBPM
AVK: interrompere la TAO; terapia-
ponte con EBPM consigliata*†
AOAD: interrompere la TAO; non
effettuare la terapia-ponte con
EBPM AVK: interrompere la TAO;
terapia-ponte con EBPM
consigliata*
Non interrompere la TAO‡
Rischio di TEV
moderato
AOAD: interrompere la TAO; non
effettuare la terapia-ponte con EBPM
AVK: interrompere la TAO; terapia-
ponte con EBPM non consigliata*†
AOAD: interrompere la TAO; non
effettuare la terapia-ponte con
EBPM AVK: interrompere la TAO
terapia-ponte con EBPM non
consigliata*
Non interrompere la TAO‡
Rischio di TEV
basso
AOAD: interrompere la TAO terapia
ponte con EBPM non consigliata
AVK: interrompere la TAO; non
effettuare la terapia- ponte con EBPM †
AOAD: interrompere la TAO; non
effettuare la terapia-ponte con
EBPM AVK: interrompere la TAO;
non effettuare la terapia-ponte con
EBPM
Non interrompere la TAO‡
*Fibrillazione atriale: terapia-ponte non consigliata di routine ma solo in pazienti ad alto rischio con punteggi CHADS2 di 5-6. Soggetti
portatori di valvola e soggetti con TEV: studi retrospettivi hanno documentato che la terapia-ponte aumenta i rischi di sanguinamento
postoperatorio senza ridurre l’incidenza di TEV.
† Si può somministrare una dose profilattica di EBPM in pazienti da sottoporre a procedure chirurgiche ad alto rischio di sanguinamento o a
chirurgia maggiore con comportano un rischio di TEV elevato.
‡Si può considerare l’interruzione della terapia con AOAD nello stesso giorno dell’intervento chirurgico.
33
Un validato protocollo di terapia-ponte con EBPM nei pazienti in terapia con AVK è riportato
in Tabella 7, in base a quanto proposto in una recente revisione della letteratura.28
Tabella 7. Protocollo per la terapia-ponte con EBPM in pazienti in terapia con AVK (TAO)
Giorno Dose di AVK Terapia ponte con EBPM Monitoraggio dell’INR
Da – 7 a - 10 Dose di mantenimento Valutazione della necessità della
terapia ponte in base al
rischio/beneficio
Esami ematochimici di base
(emoglobina, conta piastrinica,
creatininemia, INR)
Da -6 a -5 Inizio della sospensione di AVK No EBPM No
-4 No AVK No EBPM No
-3 No AVK Inizio della terapia con EBPM a
dose terapeutica
No
-2 No AVK EBPM a dose terapeutica* No
-1 No AVK Ultima dose preintervento di
EBPM, da somministrare non
meno di 24 h dall’inizio
dell’intervento chirurgico e con
dose pari alla metà di quella
totale giornaliera
INR prima dell’intervento
chirurgico; operare se l’INR è <
1.5. Se l’INR è > 1.5 e < 1.8,
considerare la terapia con
vitamina K (1-2,5 mg per os)
0 o +1 Ripresa della dose di
mantenimento con AVK la sera
dell’intervento o la mattina del
giorno dopo
Nulla None
+1 Dose di mantenimento Basso rischio di sanguinamento:
ripresa della terapia con EBPM
al dosaggio pre-sospensione
Alto rischio di sanguinamento:
nessuna terapia con EBPM
In base al giudizio clinico
Da +2 a +3 Dose di mantenimento Basso rischio di sanguinamento:
continua terapia con EBPM
Alto rischio di sanguinamento:
ricominciare la terapia con
EBPM alla dose pre-sospensione
In base al giudizio clinico
+4 Dose di mantenimento Basso rischio di sanguinamento:
sospendere la terapia con EBPM
se INR> 1.9)
Alto rischio di sanguinamento:
sospendere la terapia con EBPM
se INR> 1.9)
INR
Da +7 a +10 Dose di mantenimento INR
Sia regimi con di somministrazione di EBPM bid (per esempio enoxaparina 1 mg kg-1 s.c., dalteparina 100 IU kg-1) sia regimi con
monosomministrazione giornaliera di EBPM (per esempio enoxaparina 1 mg kg-1 s.c., dalteparina 100 IU kg-1) sono stati utilizzati.
34
Gestione dei pazienti in terapia antiaggregante piastrinica da sottoporre a intervento
chirurgico
L’acido acetilsalicilico assunto in prevenzione primaria va sospeso in tutti i casi.
Assunto in prevenzione secondaria (per pregresso episodio ischemico cardiovascolare) va
continuato a un dosaggio di 75-100 mg/dì. In caso di intervento urgente non dilazionabile, il
chirurgo dovrebbe prestare particolare attenzione all’emostasi locale. In caso di emorragia,
vanno somministrate 4-6 sacche di concentrato piastrinico. In caso di intervento urgente
dilazionabile, se il paziente assume Clopidogrel o Ticlopidina, va richiesta la consulenza
specialistica per valutare se è possibile sospendere la terapia o se l’intervento vada fatto senza
interromperla. Per interventi elettivi, se il paziente assume Clopidogrel o Ticlopidina,
sospendere rispettivamente 7 e 10 giorni prima dell’intervento, mentre per i pazienti in doppia
antiaggregazione (aspirina e clopidogrel) rinviare l’intervento se è prevista nei mesi successivi
la sospensione del clopidogrel; se non è prevista, richiedere consulenza specialistica. In tutti i
casi, come regola generale, riprendere la terapia antipiastrinica prima possibile e comunque una
volta controllata l’emostasi.
Bibliografia
1. Agnelli G. Prevention of venous thromboembolism in surgical patients. Circulation. 2004;110(24 Suppl 1):IV4-
12.
2. Gould MK, Garcia DA, Wren SM, Karanicolas PJ, Arcelus JI, Heit JA, Samama CM. Prevention of VTE in
nonorthopedic surgical patients: antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed: American College
of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines. Chest. 2012;141(2 Suppl):e227S-e277S.
3. Caprini JA. Thrombosis risk assessment as a guide to quality patient care. Dis Mon. 2005;51:70-78.
4. Pannucci CJ, Bailey SH, Dreszer G, Fisher Wachtman C, Zumsteg JW, Jaber RM, Hamill JB, Hume KM, Rubin
JP, Neligan PC, Kalliainen LK, Hoxworth RE, Pusic AL, Wilkins EG. Validation of the Caprini risk assessment
model in plastic and reconstructive surgery patients. J Am Coll Surg. 2011;212 105-112.
35
5. Hewes PD, Hachey KJ, Zhang XW, Tripodis Y, Rosenkranz P, Ebright MI(4), McAneny D, Fernando HC,
Litle VR. Evaluation of the Caprini model for venothromboembolism in esophagectomy patients. Ann Thorac Surg.
2015;100:2072-2078.
6. International Society on Thrombosis and Hemostasis. Venous thromboembolism: a call for risk assessment in all
hospitalised patients. Thromb Haemost. 2016;116:777-779.
7. Krell RW, Scally CP, Wong SL, Abdelsattar ZM, Birkmeyer NJ, Fegan K, Todd J, Henke PK, Campbell DA,
Hendren S. Variation in hospital thromboprophylaxis practices for abdominal cancer surgery. Ann Surg Oncol.
2016;23:1431-1439.
8. Guo Q, Huang B, Zhao J, Ma Y, Yuan D, Yang Y, Du X. Perioperative pharmacological thromboprophylaxis in
patients with cancer: a systematic review and meta-analysis. Ann Surg. 2017;265:1087-1093.
9. Henke PK, Arya S, Pannucci C, Kubus J, Hendren S, Engelsbe M, Campbell D. Procedure-specific venous
thromboembolism prophylaxis: a paradigm from colectomy surgery. Surgery. 2012;152:528-534.
10. Kim JY, Khavanin N, Rambachan A, McCarthy RJ, Mlodinow AS, De Oliveria GS Jr, Stock MC(2), Gust MJ,
Mahvi DM. Surgical duration and risk of venous thromboembolism. JAMA Surg. 2015;150:110-117.
11. Hill J, Treasure T; National Clinical Guideline Centre for Acute and Chronic Conditions. Reducing the risk of
venous thromboembolism in patients admitted to hospital: summary of NICE guidance. BMJ. 2010;340:c95.
12. Pannucci CJ, Swistun L, MacDonald JK, Henke PK, Brooke BS. Individualized venous thromboembolism risk
stratification using the 2005 Caprini score to identify the benefits and harms of chemoprophylaxis in surgical
patients: a meta-analysis. Ann Surg. 2017;265:1094-1103.
13. Venous thromboembolism: reducing the risk for patients in hospital Clinical guideline Published: 27 January
2010 nice.org.uk/guidance/cg92.
14. The Intensive Care Society. Guidelines for venous thromboprophylaxis in critical care. The Intensive Care
Society Standards and Guidelines, 2008. http://www.ics.ac.uk/).
15. Kebede S, Prakasa KR, Shermock K, Shihab HM, Brotman DJ, Sharma R, Chelladurai Y, Haut ER, Singh S,
Segal JB. A systematic review of venous thromboembolism prophylaxis strategies in patients with renal
insufficiency, obesity, or on antiplatelet agents. J Hosp Med. 2013;8:394-401.
16. Cassidy MR, Rosenkranz P, McAneny D. Reducing postoperative venous thromboembolism complications with
a standardized risk-stratified prophylaxis protocol and mobilization program. J Am Coll Surg. 2014;218:1095-
104.
17. Sachdeva A, Dalton M, Amaragiri SV, Lees T. Graduated compression stockings for prevention of deep vein
thrombosis. Cochrane Database Syst Rev. 2014;(12):CD001484.
18. Eppsteiner RW, Shin JJ, Johnson J, van Dam RM. Mechanical compression versus subcutaneous heparin
therapy in postoperative and posttrauma patients: a systematic review and meta-analysis. World J Surg.
2010;34:10-19.
19. Morris RJ, Woodcock JP. Intermittent pneumatic compression or graduated compression stockings for deep vein
thrombosis prophylaxis? A systematic review of direct clinical comparisons. Ann Surg. 2010;251:393-396.
20. Sahebally SM, Healy D, Walsh SR. Aspirin in the primary prophylaxis of venous thromboembolism in surgical
patients. Surgeon. 2015;13:348-358.
21. Eikelboom JW, Quinlan DJ, O'Donnell M. Major bleeding, mortality, and efficacy of fondaparinux in venous
thromboembolism prevention trials. Circulation. 2009;120:2006-2011.
22. Strebel N, Prins M, Agnelli G, Buller HR. Preoperative or postoperative start of prophylaxis for venous
thromboembolism with low-molecular- weight heparin in elective hip surgery? Arch Intern Med.
2002;162:1451-1456.
23. Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ) guide for effective quality improvement for preventing
hospital-acquired venous thromboembolism can be found at AHRQ Evidence Report 2008 Aug:08-0075 PDF.
24. National Institute for Health and Care Excellence (NICE) guidelines on ◦ reducing risk of venous
thromboembolism in patients admitted to hospital can be found at NICE 2010 Jan:CG92 PDF or at National
Guideline Clearinghouse 2015 Nov 9:49437.
36
25. Liew NC, Alemany GV, Angchaisuksiri P, Bang SM, Choi G, DE Silva DA, Hong JM, Lee L, Li YJ,
Rajamoney GN, Suviraj J, Tan TC, Tse E, Teo LT, Visperas J, Wong RS, Lee LH. Asian Venous Thrombosis
Forum. Asian venous thromboembolism guidelines: prevention of venous thromboembolism. Int Angiol.
2017;36:1-20.
26. Bani-Hani MG, Al-Khaffaf H, Titi MA, Jaradat I. Interventions for preventing venous thromboembolism
following abdominal aortic surgery. Cochrane Database Syst Rev. 2008;CD005509.
27. Douketis JD, Spyropoulos AC, Spencer FA, Mayr M, Jaffer AK, Eckman MH, Dunn AS, Kunz R. Perioperative
management of antithrombotic therapy: Antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed: American
College of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines. Chest. 2012;141:e326S-50S.
28. Spyropoulos AC, Al-Badri A, Sherwood MW, Douketis JD. Periprocedural management of patients receiving a
vitamin K antagonist or a direct oral anticoagulant requiring an elective procedure or surgery. J Thromb
Haemost 2016;14:875–885).
29. Dunn AS, Spyropoulos AC, Turpie AG. Bridging therapy in patients on long-term oral anticoagulants who
require surgery: the Prospective Peri-operative Enoxaparin Cohort Trial (PROSPECT). J Thromb Haemost.
2007;5: 2211–2218.
30. Douketis JD, Spyropoulos AC, Kaatz S, Becker RC, Caprini JA, Dunn AS, Garcia DA, Jacobson A, Jaffer AK,
Kong DF, Schulman S, Turpie AG, Hasselblad V, Ortel TL. Perioperative bridging anticoagulation in patients
with atrial fibrillation. N Engl J Med. 2015;373:823–833.
31. Siegal D, Yudin J, Kaatz S, Douketis JD, Lim W, Spyropoulos AC. Periprocedural heparin bridging in patients
receiving vitamin K antagonists: systematic review and meta-analysis of bleeding and thromboembolic rates.
Circulation. 2012; 126: 1630-1630.
32. Steinberg BA, Peterson ED, Kim S, Thomas L, Gersh BJ, Fonarow GC, Kowey PR, Mahaffey KW, Sherwood
MW, Chang P, Piccini JP, Ansell J. Use and outcomes associated with bridging during anticoagulation
interruptions in patients with atrial fibrillation: findings from the Outcomes Registry for Better Informed
Treatment of Atrial Fibrillation (ORBIT-AF). Circulation. 2015;131:488-494.
33. Healey JS, Eikelboom J, Douketis J, Wallentin L, Oldgren J, Yang S, Themeles E, Heidbuchel H, Avezum A,
Reilly P, Connolly SJ, Yusuf S, Ezekowitz M; RE-LY Investigators. Periprocedural bleeding and
thromboembolic events with dabigatran compared with warfarin: results from the Randomized Evaluation of
Long-Term Anticoagulation Therapy (RE-LY) randomized trial. Circulation. 2012;126: 343-348.
34. Sherwood MW, Douketis JD, Patel MR, Piccini JP, Hellkamp AS, Lokhnygina Y, Spyropoulos AC, Hankey GJ,
Singer DE, Nessel CC, Mahaffey KW, Fox KA, Califf RM, Becker RC. Outcomes of temporary interruption of
rivaroxaban compared with warfarin in patients with nonvalvular atrial fibrillation: results from the rivaroxaban
once daily, oral, direct factor Xa inhibition compared with vitamin K antagonism for prevention of stroke and
embolism trial in atrial fibrillation (ROCKET AF). Circulation. 2014;129:1850-1859.
35. Beyer-Westendorf J, Gelbricht V, Forster K, Ebertz F, Kohler C, Werth S, Kuhlisch E, Stange T, Thieme C,
Daschkow K, Weiss N. Peri-interventional management of novel oral anticoagulants in daily care: results from
the prospective Dresden NOAC registry. Eur Heart J. 2014;35:1888-1896.
37
Profilassi del Tromboembolismo venoso (TEV) in Chirurgia Ortopedica
Introduzione
La prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) in ambiente ospedaliero
costituisce una priorità nell’ambito degli obiettivi del Sistema Sanitario
Nazionale. L’attenzione alla prevenzione di questa complicanza è particolarmente
importante in Chirurgia Ortopedica nella quale, soprattutto negli interventi di
chirurgia ortopedica maggiore (artroprotesi di anca e ginocchio e trattamento delle
fratture del collo del femore) il rischio tromboembolico legato all’intervento è per
definizione molto elevato anche in assenza di fattori di rischio predisponenti. Un
discorso a parte necessita la prevenzione del TEV nel paziente sottoposto ad
intervento di chirurgia minore (ad es. chirurgia artroscopica o traumatologia degli
arti inferiori al di sotto del ginocchio– below the knee) o le eventuali misure di
prevenzione nella piccola traumatologia (paziente ambulatoriale).
Obiettivo del documento
La profilassi del TEV viene comunemente attuata in tutte le divisioni di Ortopedia
per i pazienti nei quali si rende necessaria. Scopo di questo documento è passare
brevemente in rassegna le più recenti prove scientifiche desunte dalla letteratura.
La valutazione delle linee guida nazionali ed internazionali può consentire di
eseguire una sintesi ragionata delle evidenze disponibili sull’argomento per
fornire indicazioni aggiornate agli operatori sanitari allo scopo di uniformare i
protocolli di profilassi e, se possibile, contribuire a rendere omogenei indicazioni,
modalità e durata delle misure preventive per quanto riguarda la prevenzione
farmacologica.
Metodologia di lavoro e Ricerca bibliografica
Considerata la disponibilità di Linee Guida (LG) italiane ed internazionali
accreditate ed aggiornate sull’argomento (SIGN 20101, SIOT/GLOBE 20112,
NICE 20103, ACCP 20124, Consenso Intersocietario 20125, Consenso
intersocietario 20136) e poiché questo Gruppo di Lavoro non ha ovviamente la
38
pretesa di elaborare raccomandazioni proprie, si è scelto di adottare queste LG
come base scientifica di riferimento, in ragione dell’elevata qualità metodologica.
LG di area ortopedica e disponibilità delle raccomandazioni
In particolare nel 2012 e nel 2013 sono stati pubblicati dei documenti di consenso
intersocietari circa la profilassi del TEV in Ortopedia derivanti dal lavoro di un
panel multidisciplinare che ha considerato la letteratura e le LG esistenti
raccogliendole in due testi riassuntivi. Questi documenti recepiscono le
indicazioni della letteratura tra cui le autorevoli raccomandazioni dell’ACCP
pubblicate su Chest nel 2012 e le osservazioni emerse dalla LG dei Chirurghi
Ortopedici americani AAOS. L’importanza di questa sintesi di raccomandazioni
risiede anche nel fatto che sono stati condivise da più Società Scientifiche (SIOT,
SISET, SIAARTI, SIMG, OTODI) tra le quali, oltre ad anestesisti e chirurghi
ortopedici, figurano anche quelle degli Ematologi e dei Medici di Medicina
Generale e garantiscono quindi la presenza di osservazioni e punti di vista di tutti
gli operatori sanitari coinvolti nella loro applicazione. Al momento non sono stati
pubblicati aggiornamenti successivi di queste LG per cui vengono considerate
ancora valide e utilizzabili in ambito clinico. Si rimanda pertanto a questi
documenti che vengono esplicitamente citati in bibliografia e la cui versione
italiana in formato .pdf è aggiunta in allegato a questo documento per una più
agevole e diretta consultazione.
Il primo documento tratta della prevenzione del TEV nei pazienti sottoposti ad
intervento di chirurgia protesica di anca e ginocchio e a fratture di collo femore,
mentre il secondo riguarda la profilassi in generale dei pazienti in ambito
ortopedico con uno sguardo anche alla chirurgia minore ed artroscopica.
Infine, nell’ottica del continuo aggiornamento cui le raccomandazioni di pratica
clinica devono prevedere, qualora si rendessero disponibili aggiornamenti delle
LG e dei documenti che sono stati inseriti in questa revisione andranno
opportunamente considerati. Nel caso questi contenessero differenze significative
rispetto alle precedenti raccomandazioni con impatto sostanziale sull’attività
clinica, sarà opportuno recepire le eventuali nuove indicazioni per la loro
applicazione quotidiana.
39
BIBLIOGRAFIA
1) SIGN 122. Prevention and Management of venous thromboembolism.
http://www.sign.ac.uk/pdf/sign122.pdf
2) La prevenzione del tromboembolismo venoso in chirurgia ortopedica
sostitutiva dell’anca e del ginocchio
Banca dati comparativa tra Linee Guida e raccomandazioni per la pratica clinica
GIOT 2011, 37: 162-82
3) Venous thromboembolism: reducing the risk for patients in hospital
https://www.nice.org.uk/guidance/cg92
4) Prevention of VTE in Orthopedic Surgery Patients
http://journal.publications.chestnet.org/issue.aspx?volume=141&issue=2_suppl/e278S.f
ull.html
5) Italian intersociety consensus statement on antithrombotic prophylaxis in hip and knee
replacement and in femoral neck fracture surgery. J Orthop Traumatol. 2011 Mar;12(1):69-76
6) II Italian intersociety consensus statement on antithrombotic prophylaxis in orthopaedics and
traumatology Arthroscopy, traumatology, leg immobilization, minor orthopaedic procedures
and spine surgery.J Orthop Traumatol. 2013 Mar; 14(1): 1–13
40
Profilassi Tromboembolismo Venoso Profondo in Ostetricia e Ginecologia
Insito nella gravidanza è l'aumento del rischio di sviluppare tromboembolismo venoso (TEV)
da 4 a 10 volte maggiore rispetto alle donne non in gravidanza , con una incidenza di circa
1:1000 pazienti, con un ulteriore incremento di 5 volte durante il puerperio.
L'aumento del rischio è legato ad uno stato di "ipercoagulabilità" proprio della gravidanza,
(filogeneticamente predisposto per prevenire le gravi emorragie del post-partum), associata alla
presenza di fattori di rischio aggiuntivi quali l'età della paziente, l'obesità, precedenti
tromboembolie, trombofilia acquisita, fumo.
L’ncidenza della TEV stimata in 1:1000 in gravidanza, diviene 5 volte maggiore in puerperio;
al quadro della TEV contribuiscono la stasi venosa pelvica e la compressione cavale
determinate dalla compressione dell’utero gravido assieme ad una diminuita mobilità della
paziente.
Nei paesi industrializzati, al contrario dei paesi in via di sviluppo ove la prima causa di
mortalità è legata alle emorragie, la TEV risulta la prima causa di mortalità materna.
Indicazioni allo screening trombofilico
• Età giovanile di comparsa dell’evento trombotico (< 50 anni)
• Tromboembolismovenoso idiopatico
• Tromboembolismo venoso ricorrente
• Trombosi venose superficiali recidivanti
• Trombosi in sedi non usuali
• Soggetti asintomatici con familiarità positiva per eventi tromboembolici ricorrenti
• Familiari di primo grado di soggetti portatori di trombofilia eredo-familiare
• Associazione trombosi/perdita fetale
• Necrosi cutanea indotta da anticoagulanti orali
• Porpora fulminante neonatale
Test consigliati per lo screening
• Tempo di Protrombina (PT)
• Tempo di Tromboplastina parziale attivato (aPTT)
• Fibrinogeno
• Resitenza alla Proteina C attivata ( e/o Fattore V Leiden)
• Mutazione G20210A del gene della protrombina
• Omocisteina
• ATIII
• Proteina C
• Proteina S
• Ricerca anticorpi antifosfolipidi tipo Lupus Anticoagulant (LAC)
• Anticorpi anti-Beta 2 glicoproteina I
• Anticorpi anticardiolipina
• Resistenza alla Proteina C attivata (in assenza di FV Leiden)
• Fattore VIII
Linee guida per la conduzione di uno screening trombofilico
Scopo delle indagini di laboratorio e l’identificazione accurata di uno o più difetti trombofilici
nei pazienti che presentino le indicazioni elencate in precedenza.
Attualmente non esistono test semplici o globali che consentano di confermare o escludere il
sospetto diagnostico. Di conseguenza la ricerca dei difetti trombofilici prevede l’esecuzione di
numerosi test abbastanza complessi e costosi.
41
Esistono condizioni cliniche nelle quali non e opportuno eseguire le indagini. Infatti, a
differenza dei test genetici (mutazione fattore V° e II°), i test funzionali per la trombofilia sono
spesso alterati in modo aspecifico nelle seguenti condizioni:
• durante la fase acuta di un evento trombotico, venoso o arterioso
• durante la terapia anticoagulante
• durante malattie intercorrenti acute che possono influenzare il risultato
• durante la terapia estroprogestinica
• durante la gravidanza
• in presenza di epatopatie.
Eventuali risultati alterati, ottenuti in queste condizioni, non potrebbero essere ritenuti
attendibili, comporterebbero errori diagnostici e quindi spreco
di risorse economiche in quanto andrebbero comunque ripetuti.
Durante la terapia anticoagulante orale possono comunque essere eseguiti i test genetici e la
ricerca degli anticorpi antifosfolipidi. La ricerca di questi ultimi in particolare può essere utile
per valutare la durata ottimale della terapia anticoagulate.
Nelle donne che devono assumere contraccettivi, che non presentano le indicazioni
raccomandate, non e indicato eseguire screening trombofilici completi o mirati alla ricerca
delle mutazioni piu frequenti presenti nella popolazione generale in quanto
non giustificati da un rapporto positivo costo/ beneficio
Fattori di rischio
Sono numerosi e vanno da un precedente TEV alla trombofilia ereditaria, dall’età materna > di
35 anni all’obesità (BMI>30 all’inizio della gravidanza) dalla parità al fumo, dall’espletamento
al parto tramite T.C. all’emorragia p.p., etc.
Determinazione del rischio trombo embolico
I fattori di rischio per il TEV e possono essere suddivisi in maggiori e minori con una
Odds ratio > di 6 se isolati o >di 6 se combinati
(Tab.1)
42
►Presenza di 3 o più fattori di rischio: La profilassi con LMWH può essere presa in
considerazione epoca prenatale, proseguendola per 6 settimane dopo il parto
►Presenti 2 fattori di rischio: prenderla in considerazione in epoca postnatale, proseguendola
per 7 giorni dopo il parto.
►Le pazienti con trombofilia asintomatica ereditaria: devono essere sorvegliate nel periodo
antenatale, con tromboprofilassi per 7 giorni nel postpartum; se tali pazienti presentano deficit
di antitrombina o in presenza di molteplici fattori di rischio la tromboprofilassi deve iniziare già
in gravidanza.
Deve essere eseguita una attenta anamnesi e valutazione clinica per valutare e definire quindi i
fattori di rischio sia prima che durante la gravidanza, ad ogni ricovero ospedaliero, e da ultimo
nell’immediato post partum. Tale valutazione ci permetterà di inquadrare le pazienti a rischio
ed iniziare una appropriata trombo profilassi. (Nella Tabella 2 un esempio di scheda di
valutazione)
Tabella 2
Adattata da
Bates MB, Greer IA, Middeldorp S, Veenstra DL, Prabulos AM and Vandvik PO. VTE, thrombophilia, antithrombotic therapy and pregnancy. Antithrombotic therapy and prevention of thrombosis: American College of Chest Physicians evidence‑based clinical practice guidelines (9th edition). Chest 2012;141;691S‑736S.
Royal College of Obstetricians and Gynaecologists. Reducing the Risk of thrombosis and embolism during pregnancy and the
puerperium. Green‑ top Guideline No.37a. London RCOG November 2009.
43
Tromboprofilassi con EBPM in Gravidanza:
- Punteggio ≥ 3
- Punteggio ≥ 2 in gestante ricoverata od allettata
Trombobrofilassi in Puerperio
- Punteggio ≥ 2
►In caso di pazienti con pregresse trombosi e sindrome da antifosfolipidi: trombo
profilassi sia in gravidanza che per 6 settimane dopo il parto, fintantoché non sia possibile
riprendere la profilassi con anticoagulante per os; in tali casi sembrerebbe opportuno
aggiungere 100mg/die di aspirina dalla 12 alla 36 settimana di gestazione; chi usava il Warfarin
(coumadin)deve interromperlo prima della 6 sett. ed assumere LMWH; in tali casi il dosaggio
della LMWH deve essere ogni 12 ore, con proseguimento della terapia per 6 settimane dopo il
parto, fino al ritorno della terapia orale precedente; la trombo profilassi antenatale, se ve ne
sono le indicazioni, deve iniziare precocemente in quanto la maggior parte delle embolie
polmonari (circa 50%)avviene entro le 15 sett. di gestazione divenendo obbligatoria nel caso si
aggiungessero fattori di rischio quali iperemesi,interventi chirurgici,GEU, ipestimolazione
ovarica.
Profilassi del TEV in Ostetricia e Ginecologia
Travaglio e parto
Le pazienti che assumono Eparine LMWH in epoca antenatale debbono sospenderle all’inizio
del travaglio o n caso di sanguinamento e debbono essere rivalutate al momento del ricovero.
In caso di utilizzo dell’analgesia regionale debbono essere trascorse 12 ore dall’ultima dose in
caso di somministrazione profilattica e 24 ore in caso di dosaggio terapeutico.; Debbono
trascorrere almeno 4 ore dopo l’anestesia spinale o la rimozione del cateterino per una nuova
somministrazione. In caso di taglio cesareo elettivo, l’ultima somministrazione va eseguita il
giorno precedente l’intervento con la dose trombo profilattica somministrabile dopo 4 ore
dall’intervento.
Tromboprofilassi dopo il parto
►Pazienti ad Alto rischio trombotico: continuare trombo profilassi per 6 settimane
►Pazienti a rschio Intermedio: continuare trombo profilassi per 7 giorni.
La dose di LMWH deve essere eseguita 4 ore dopo il parto o la rimozione del cateterino
peridurale.
►Pazienti con rischi aggiuntivi (infezione ferita, interventi in puerperio, etc.): profilassi per 6
settimane
►Pazienti obese (BMI> 30): profilassi per 7 giorni
►Se paziente con precedente tromboembolismo: proseguire con LMWH o Warfarin per 6
settimane a prescindere dalle modalità del parto.
►Pazienti con trombofilia ereditaria o acquisita: per 7 giorni dopo il parto, ma per 6 settimane
se presenti rischi aggiuntivi
►In caso di T.C. in urgenza e in caso di T.C. di elezione, ma in pazienti di età >35 aa o con
BMI>30 : profilassi per 7 giorni dopo il parto
Farmaci per la Tromboprofilassi
Eparine a basso peso molecolare (LMWH)
Farmaci di scelta per la profilassi antenatale; Ha basso rischio di indurre trombocitopenia e di
osteoporosi o fratture, rispetto alle eparine non frazionate.
44
Si esegue con eparine a basso peso molecolare come la dalteparina (Fragmin) o la
enoxaparina (Clexane) con i seguenti dosaggi, indipendenti dal peso corporeo della paziente
(variazioni della posologia possono essere fatte per pazienti obese):
Fragmin 5.000 U.I. : 1 fl s.c. /die
Clexane 4.000 U.I. : 1 fl s.c. /die
In caso di allergia all’eparina od i caso di trombocitemia eparino-indotta è possibile utilizzare il
Fondaparinux (Arixtra) penta-saccaride sintetico che agisce elettivamente inibendo il fattore Xa.
Dose profilattica è di 2.5 mg /die s.c. (sconsigliato l’allattamento).
A tutte le pazienti sottoposte a taglio cesareo vanno posizionate calze elastiche (18-20
mmHg,) in sala parto, che verranno mantenute per tutta la durata della degenza.
Alle pazienti andate incontro a parto spontaneo che presentino varici agli arti inferiori vanno
posizionate calze elastiche (18-20 mmHg,) in sala parto, che verranno mantenute per tutta
la durata della degenza.
CONTROINDICAZIONI ALLA PROFILASSI
Hb < 8 g/dL (emorragia misconosciuta?)
PLT <50.000/mcl
Perdite ematiche rilevanti
In tal caso utilizzare obbligatoriamente elastocompressione con calze
COMPRESSIONE PNEUMATICA INTERMITTENTE DEGLI ARTI INFERIORI
- secondo la letteratura sembra avere una efficacia sovrapponibile se non superiore alla terapia
farmacologica.
- indispensabile nei casi in cui sia controindicato l'impiego dell'eparina, in associazione o meno
alle calze elastiche antitrombo
PREVENZIONE DELLA PIASTRINOPENIA DA EPARINA
Si considera piastrinopenia da eparina un numero di piastrine dimezzato rispetto al valore
precedente la terapia, seppure ancora in range.
La prevenzione viene effettuata mediante emocromo per conta piastrinica:
- in 3^ giornata di terapia
- in 8^ giornata di terapia in caso di prolungamento della stessa oltre i 7 giorni
CONTRACCEZIONE E RISCHIO TEV
La prescrizione generalizzata di esami prima dell’utilizzo della terapia estroprogestinica è da
considerarsi non appropriata, in assenza di precise indicazioni cliniche e anamnestiche. In
particolare lo screening per la trombofilia non è raccomandato per lo scarso valore predittivo,
elevato tasso di errore diagnostico e elevato costo degli esami di laboratorio. L’appropriatezza
prescrittiva comporta una scelta di prescrizione di accertamenti per trombofilia a casi limitati.
E’ altresì noto che il rischio tromboembolico sia proporzionale al dosaggio estrogenico, tipo di
progestinico e durata di trattamento e con rischi maggiori nei primi mesi di assunzione.
Attualmente i più utilizzati in Italia sono i contraccettivi ormonali combinati (COCs).
Contengono tutti lo stesso estrogeno (etinilestradiolo) e un progestinico: levonorgestrel in
quelli di II generazione, desogestrel o gestodene in quelli di III generazione. Unica eccezione
l’associazione etinilestradiolo + drospirenone, di efficacia simile a quella delle altre
associazioni. Oltre alla formulazione orale sono disponibili, in Italia, contraccettivi ormonali
che sfruttano altre vie di somministrazione (cerotto, anello intravaginale, impianti sottocutanei).
Essendo formulazioni a base di ormoni, estrogeni e progestinici o solo progestinici, le
controindicazioni e gli effetti indesiderati sono simili a quelli della formulazione orale. Il
rischio di trombosi venosa con i farmaci di III° generazione è circa il doppio rispetto a quella di
II° generazione
Prima dell'assunzione della terapia con contraccettivi ormonali:
45
ANAMNESI
Pregressi eventi tromboembolici
Malattie citate nelle classi di eleggibilità
•Assunzione di farmaci (antibiotici, antiepilettici, precedenti terapie CO/COC)
•Abitudine al fumo (con valutazione quantitativa) familiare
Familiarità per evento trombotico (parente di I°)
CLASSE di ELEGGIBILITA’ DELLE PAZIENTI
I • Profilo di rischio: basso
-Anemie: talassemia, deficit di ferro
-Cancro endometriale ed ovarico e fibromi all’utero
-Cefalea non emicranica: lieve o severa
-Cirrosi lieve non scompensata
-Chirurgia minore senza immobilizzazione
-Dismenorrea grave Endometriosi Epatite virale: cronica o portatore sano
-Epilessia: se non si assumono induttori enzimi epatici
-Età: dal menarca a < 40 anni
-Farmaci: antibiotici a largo spettro, antifungini, antiparassitari e inibitori nucleosidici delle
trascriptasi inverse (NRTI)
-HIV/AIDS: in atto, rischio di HIV/AIDS Infezione a trasmissione sessuale (STI): in atto o nei
3 mesi passati, aumentato rischio di STI Malattia infiammatoria pelvica in atto o negli ultimi 3
mesi
-Malattia trofoblastica: benigna e maligna
-Patologia mammaria benigna e storia familiare di cancro
-Post aborto: subito, dopo il primo e secondo trimestre Post-partum: > 42 giorni, se non si
allatta
-Pregressa gravidanza ectopica
-Sanguinamento vaginale: irregolare, abbondante o prolungato senza sospetto di altra patologia
-Storia di chirurgia pelvica TBC pelvica e non pelvica, malaria
-Tumore ovarico benigno
-Vene varicose non complicate
Terapia estroprogestinica: SI
Ematochimici pre assunzione per trombofilia: NO
Ematochimici pre assunzione per comorbilità: NO
Ematochimici follow up: NO
II • Profilo di rischio: benefici superiori ai rischi
-Abitudine al fumo: età < 35 anni Allattamento materno: > 6 mesi post-partum
-Anemia falciforme e microdrepanocitosi
-Calcolosi cistifellea sintomatica o trattata mediante colecistectomia
-Chirurgia maggiore senza prolungata immobilizzazione
-Colestasi correlata a gravidanza
-Diabete non insulino o insulino dipendente, senza patologia vascolare
-Età: > 40 anni Emicranica senza sintomi focali in donne < 35 anni
-Familiarità per Trombosi venosa profonda/embolia polmonare (parente di I° grado)
-Iperlipidemie note
-Ipertensione in gravidanza
-Neoplasia intraepiteliale cervicale e cancro cervicale
-Obesità: BMI > 30 kg/m2
-Patologia mammaria con nodulo al seno non diagnosticato
-Patologia valvolare cardiaca non complicata Post-partum: tra i 21 e 42 giorni, senza altri
fattori di rischio per trombosi
46
-Sanguinamento vaginale sospetto di condizione seria
-Tromboflebite superficiale
-Tumori epatici benigni
Terapia estroprogestinica: da valutare, considerati gli esami eventualmente richiesti
Ematochimici pre assunzione per trombofilia: SI, se presenti 2 o più fattori di rischio
Ematochimici pre assunzione per comorbilità: se presente comorbilità
Ematochimici follow up: SI per comorbilità
III • Profilo di rischio: rischi superiori ai benefici
-Abitudine al fumo: età > 35 anni e meno di 15 sigarette/giorno
-Allattamento: tra 6 settimane e 6 mesi post- partum, con alimentazione principalmente da latte
materno
-Calcolosi cistifellea sintomatica trattata farmacologicamente o in atto
-Cirrosi: lieve compensata
-Emicrania: senza aura in donne di > 35 anni
-Farmaci che influenzano gli enzimi epatici: antibiotici (rifampicina griseofulvina) e anticon
vulsivanti (fenitoina, carbamazepina, barbiturici, primidone)
-Ipertensione: storia di ipertensione quando non può essere misurata; ipertensione ben
controllata quando può essere misurata, valori di 140-159 di sistolica e 90-99 di diastolica
-Patologia mammaria con storia pregressa di cancro al seno e nessuna evidenza di ricadute per
5 anni
-Post-partum: < 21 giorni
Terapia estroprogestinica: da valutare, considerati gli esami eventualmente richiesti
Ematochimici pre assunzione per trombofilia: SI, se presenti 1 o più fattori di rischio
Ematochimici pre assunzione comorbilità: SI, se presente comorbilità
Ematochimici follow up: SI, per comorbilità
IV • Profilo di rischio: rischio inaccettabile
-Abitudine al fumo: > 35 anni e più di 15 sigarette/giorno
-Allattamento: < 6 settimane post-partum
-Emicrania con aura a qualunque età
-Chirurgia maggiore con immobilizzazione prolungata
-Cirrosi: grave scompensata
-Diabete: nefropatia, retinopatia, neuropatia o altra patologia vascolare, o diabete di durata > 20
anni
-Ictus
-Ipertensione: PA sistolica > 160, diastolica > 100
-Patologia cardiovascolare con fattori di rischio multipli
-Patologia ischemica cardiaca in atto
-Patologia mammaria: cancro al seno in atto
-Trombosi venosa profonda o embolia polmonare in atto o pregressa
-Tumori epatici benigni ( adenoma epatocellulare) e maligni
-Valvulopatia cardiaca con ipertensione polmonare, fibrillazione atriale, storia di endocardite
batterica subacuta
Terapia estroprogestinica: NO, anche se presente un solo fattore di rischio
Ematochimici pre assunzione: NO
Ematochimici follow up: NO
47
BIBLIOGRAFIA
1) STATEMENT CONDIVISO TRA LE SOCIETA’ ITALIANA PER LO STUDIO DELL’
EMOSTASI E DELLA TROMBOSI (SISET) E LA SOCIETA’ ITALIANA DI
GINECOLOGIA E OSTETRICIA (SIGO)
Prevenzione del tromboembolismo venoso associato alla gravidanza.
Estensori del documento: E GRANDONE, R. ABBATE, V. DE STEFANO, E.M.
FAIONI, I. MARTINELLI, G.PALARETI, D. TORMENE, F. SIRIMARCO, P.
MARTINELLI
2) Reducing the Risk of Venous Thromboembolism during Pregnancy and the Puerperium
Green-top Guideline No. 37a April 2015
3) Le eparine in ginecologia e ostetricia: quando utilizzarle?
Elvira Grandone, Unità di Aterosclerosi e Trombosi I.R.C.C.S. “Casa Sollievo della
Sofferenza” S. Giovanni Rotondo (Foggia)
4) LA PROFILASSI DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO
Anna Falanga, MD Immunoematologia e Medicina Trasfusionale & Centro Emostasi e
Trombosi Ospedale Papa Giovanni XXIII –Bergamo
5) Linee guida trombofilia 2009
6) Linee guida Ministero salute Gravidanza fisiologica
7) Linee guida Toscana per la profilassi del tromboembolismo venoso nei pazienti ospedalizzati
2011
8) Raccomandazioni AOGOI 2013 Rischiotromboembolico in gravidanza e puerperio
9) Bollettino di Ginecologia Endocrinologica Vol 5:8-15, 2011{8}
Trombofilia congenita e terapie ormonali:sempre, mai, quando? Marco Marietta, Paola
Pedrazzi
10)Trombosi ed Emostasi in Ostetricia e Ginecologia” Varese, 22 settembre 2012;
”Prevenzione TEV .Eparine a basso peso molecolare” Luigi Steidl
11) Prevenzione delle complicanze trombotiche associate all’uso di estroprogestinici in età
riproduttiva CONSENSUS CONFERENCE ROMA, 18-19 SETTEMBRE 2008
Riv Med Lab - JLM, Vol. 5, N. 2, 2004 118
12) Gli screening per trombofilia
S. Testa, G. Antonucci, E. Intra, G. Martini, S. Pedrini, A. Alatri, R. Bader, F. Manzato
per il Gruppo di Studio Coagulazione SIMeL
48
Anticoagulanti ed Anestesia LocoRegionale
Ogni anno vengono eseguiti in Europa vari milioni di blocchi anestesiologici neurassiali
(Spinali Subaracnoidee e Peridurali), la maggioranza in pz ricoverati che ricevono profilassi
antitromboembolica, di solito con Eparine a basso peso molecolare (EBPM). Sono riportati
pochissimi casi di incidenti che provocano sanguinamento con lesioni neurologiche
permanenti, ma appare chiaro che nel rispetto del principio per il quale è doveroso ridurre
sempre al minimo ogni rischio per la salute del pz, Società Scientifiche autorevoli come
ASRA (American Society of Regional Anesthesia), ACCP (American College of Chest
Physicians), ESRA (European Society of R.A.), SIAARTI ed altre, hanno sviluppato delle
Linee Guida/Raccomandazioni sull’Emostasi per gestire con maggior sicurezza interventi di
Anestesia Regionale e blocchi centrali in associazione con terapie anticoagulanti/trombo
profilattiche.1
Sebbene il tromboembolismo rimanga un grave fattore di rischio di morbilità e di mortalità,
la sua prevenzione e il suo trattamento non sono privi di rischio. Il sanguinamento costituisce
infatti la maggior complicanza in corso di terapia anticoagulante e antitrombotica.
L’Emorragia è classificata come maggiore se si verifica in sede intracranica, intraspinale,
intraoculare, mediastinica, retro peritoneale, se porta a morte il pz o causa ospedalizzazione e
terapia trasfusionale.1
L’ematoma spinale, definito come un sanguinamento sintomatico all’interno del nevrasse,
è una complicanza rara e potenzialmente catastrofica del blocco anestetico centrale. Di solito
avviene nello spazio peridurale a seguito della puntura accidentale del plesso venoso
epidurale. La reale incidenza di tale complicanza è sconosciuta. Dalla letteratura disponibile,
la probabile incidenza di sanguinamenti importanti dopo esecuzione di un blocco centrale
senza fattori di rischio specifico, è stata classicamente calcolata approssimativamente di
1:220'000 per l’anestesia spinale e di 1:150'000 per l’epidurale2, ma altri recenti dati dalla
letteratura ed epidemiologici suggeriscono che per una certa popolazione di pazienti la
frequenza può arrivare a 1:3'000.3
Caratteristiche di età avanzata, sesso femminile in età anziana, trauma, anormalità della
colonna vertebrale e del midollo spinale, compromissione di funzione d’organo, presenza di
sottostante coagulopatia, posizionamento difficile/traumatico dell’ago, come pure
l’inserimento del cateterino neuroassiale durante terapia anticoagulante, aumentano
notevolmente il rischio di sanguinamento.3
Il rischio più alto di sanguinamento importante è legato al posizionamento o alla rimozione
di un catetere epidurale, il più basso alla spinale single-shot; un’altra variabile è costituita dal
calibro dell’ago utilizzato4,5. Circa il 60-80% di tutti i sanguinamenti importanti è associato a
disordini emostatici o a sanguinamento dall’ago6. La compromissione neurologica si presenta
come una progressione di blocco sensitivo o motorio (68%) o con disfunzioni dell’alvo o
della vescica (8%), spesso senza dolore lombare intenso. Sebbene solo il 38% dei pazienti
ottenga un recupero neurologico parziale o totale, il danno midollare tende a essere reversibile
se il paziente viene sottoposto a intervento NeuroChirurgico di laminectomia decompressiva
entro 8-12 h dall’esordio della sintomatologia neurologica.6 Per tale motivo è importante
eseguire un monitoraggio neurologico costante nei pz a rischio.
Sebbene l’inserzione di un ago/catetere spinale o peridurale possa causare un
sanguinamento significativo, anche la rimozione di un catetere deve essere considerata come
un fattore di rischio di sanguinamento spinale importante.
49
Per la gestione dei pazienti in terapia anticoagulante/trombolitica è necessaria la
conoscenza e la comprensione delle interazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche dei vari
farmaci, utili per guidare la pratica clinica nelle scelte del timing di sicurezza per la
somministrazione degli stessi e l’esecuzione delle procedure invasive, informazioni che,
soprattutto nel caso dei farmaci di nuova introduzione, non sono ancora del tutto
soddisfacentemente definite.7
Nozioni farmacocinetiche necessarie sono alcuni parametri basilari come l’Emivita di
eliminazione (T1/2) e il Tempo per il picco di concentrazione plasmatica (Tmax), oltre ad altre
considerazioni quali disfunzioni d’organo (renale, epatica, cardiaca..).
Regole basilari da osservare (basate sulla farmacocinetica) includono:
1- non eseguire blocchi neuroassiali o rimozioni cateterino fino ad almeno 2 emivite
(T1/2x2) dall’ ultima somministrazione dell’anticoagulante, in condizioni di basso rischio di
sanguinamento, oppure, per essere più conservativi, e a seconda delle funzioni renale ed
epatica, anche fino a 5 emivite (T1/2 x 5) nei pz a più alto rischio di sanguinamento;
2- regola dell’intervallo di almeno 8 ore (tempo di emostasi) dal blocco neurassiale
(eseguito senza difficoltà né evidenza di complicazioni/sanguinamenti, senza nessuna
coagulopatia nota e in assetto coagulativo ottimali) e il picco di livello plasmatico
dell’anticoagulante postoperatorio. In caso contrario buona regola generale vuole che la prima
somministrazione avvenga sempre almeno a distanza di 24 ore dal blocco neurassiale.
3- in seguito a blocco neurassiale e/o rimozione del cateterino, la successiva
somministrazione di anticoagulante dovrebbe essere basata sul tempo richiesto per il
raggiungimento della massima attività, che è dunque calcolato così: Tempo di emostasi (senza
coagulopatie note) meno il Tempo di livello plasmatico massimo, cioè 8 h – Tmax ;
4- vigilanza clinica durante le prime ore/giorni seguenti un blocco neuroassiale, per poter
tempestivamente riconoscere la eventuale compromissione neurologica in caso di formazione
di ematoma spinale.7,8
I vari meccanismi d’azione farmacodinamica, le diverse caratteristiche farmacocinetiche,
le vie di metabolizzazione ed eliminazione, i differenti dosaggi e posologie di
somministrazione dei farmaci anticoagulanti/antitrombotici, a seconda che siano usati a
scopo di profilassi o a scopo terapeutico, il tutto correlato alle svariate condizioni di
presentazione dei pazienti, con i loro propri assetti coagulativi alterati, le loro caratteristiche
di più o meno gravi comorbidità associate, che controindicherebbero o al contrario
imporrebbero di optare per una tecnica anestesiologica piuttosto che un’altra, fanno sì che
esista un ampio spettro di controversie con cui l’Anestesista deve giornalmente confrontarsi
nella scelta di procedere o meno ad una tecnica di Anestesia LocoRegionale, Neuroassiale o
Blocchi Periferici Profondi (Deep-PNB).
A tale scopo l’Anestesista può avvalersi dell’aiuto di indicazioni basate sull’evidenza
derivabile dalla letteratura scientifica esistente, che spazia, in una scala standard di
graduazione di validità, da meta-analisi di tutti i trials controllati e randomizzati, a singoli
trials, studi osservazionali, studi non randomizzati, fino a pareri o opinioni di esperti.
Farmaci antiaggreganti piastrinici
L’Aspirina e gli altri Farmaci Antinfiammatori Non-Steroidei (FANS o NSAIDs) hanno un
effetto dose dipendente. La funzionalità piastrinica è compromessa per tutta la vita della
piastrina all’assunzione di aspirina, mentre altri FANS producono un’alterazione di più breve
durata che si normalizza entro 3 giorni.9-siaarti. Se somministrati da soli durante il periodo
perioperatorio non sono considerati una controindicazione all’ALR, nonostante esistano
comunque dei reports di sanguinamenti spontanei (rarissimi) in pazienti in terapia con
Aspirina da sola senza apparenti fattori di rischio aggiuntivi conseguenti a procedure
neurassiali.9-11. Nei pazienti in terapia con combinazioni di più farmaci anticoagulanti con
diversi meccanismi d’azione, si dovrebbe essere cauti riguardo Anestesie neuroassiali e PNB
Profondi, a causa dell’aumentato rischio di sanguinamento.12-14.
50
I derivati delle Tienopiridine e gli antagonisti del recettore GPIIb/IIIa hanno diversi effetti
farmacologici sulla funzione piastrinica; Il rischio di formazione di ematoma spinale con
Ticlopidina/Clopidogrel e con gli Antagonisti GPIIb/IIIa in combinazione con ALR è
sconosciuto, quindi la gestione è basata su nozioni teoriche farmacologiche (come da
“bugiardino”) e osservazioni chirurgiche:
1) il tempo necessario dalla interruzione della terapia e il blocco neurassiale/PNB Profondo è
di 14 giorni per la Ticlopidina, e di 7 giorni per il Clopidogrel;
2) se c’è indicazione all’esecuzione di ALR prima dell’intervallo di tempo suggerito,
dovrebbe prima essere dimostrata la normalizzazione della funzione piastrinica;
3) il tempo di normalizzazione dell’aggragazione piastrinica è di 24-48 ore per l’Abciximab e
di 4-8 ore per Eptifibatide e Tirofiban, dalla interruzione.15.
Comunque tecniche di ALR Neurassiali/PNB Profondi dovrebbero essere evitate fino alla
dimostrazione della ripresa della funzione piastrinica. Gli Antagonisti GPIIb/IIIa sono
controindicati nelle 4 settimane dall’intervento chirurgico, e i pazienti dovrebbero essere
sottoposti a un monitoraggio neurologico se questi farmaci venissero somministrati nel
periodo postoperatorio seguente un blocco neurassiale/PNB Profondo.
Eparine
A dosaggi terapeutici la somministrazione ev di Eparina non frazionata dovrebbe essere
interrota almeno 2-4 ore prima dell’esecuzione di una puntura neurassiale e/o dalla
manipolazione(rimozione) del cateterino.
L’Anticoagulazione con eparina intraoperatoria durante chirurgia vascolare combinata con
anestesia neurassiale è accettabile, con le seguenti attenzioni:
1) evitare procedure neurassiali in pazienti con coagulopatie;
2) eseguire l’eparinizzazione almeno 1 ora dopo dal posizionamento non traumatico
dell’ago e/o cateterino (la società tedesca di Anestesiologia suggerisce 4-6 ore);
3) usare concentrazioni di Anestetico Locale che permettano una valutazione neurologica;
4) monitorare i pz nel postoperatorio per riconoscere tempestivamente eventuali deficit
neurologici;
5) rimuovere il cateterino neurassiale almeno 2-4 ore dopo l’ultima dose di eparina (la
società tedesca suggerisce 4-6 ore);
6) previo controllo dello stato coagulativo, riprendere eparina almeno 1 ora dopo la
rimozione del catetere.
In caso di blocco neurassiale difficoltoso con sanguinamento in una chirurgia che preveda
eparinizzazione sistemica intraoperatoria, il rischio di sanguinamento spinale può aumentare.
Comunque non ci sono dati che supportino mandatoriamente la cancellazione dell’intervento
e la sua riprogrammazione. Una decisone del bilancio rischio/beneficio dovrebbe essere presa
caso per caso e condotta con il chirurgo
1) usando basse dosi di eparina (≤5'000 U.) e dilazionare la sua somministrazione ad
almeno 1-2 ore;
2) evitando la piena anticoagulazione eparinica per 6-12 ore;
3) considerando, se necessario, di postporre intervento al giorno successivo.
In alternativa, il posizionamento del catetere epidurale potrebbe essere eseguito la sera
precedente l’intervento.
Le Eparine a Basso Peso Molecolare (EBPM o LMWH) hanno proprietà per cui
differiscono dalla Eparina non frazionata in diversi modi: 1) la mancanza di monitoraggio
della risposta anticoagulante; 2) emivita prolungata, circa 3-4 volte superiore (T1/2 di 3-6 ore);
3) attività anti-Xa ancora presente anche dopo 12 ore dalla somministrazione; e 4) risposta
imprevedibile all’antidoto protamina.16,17. Terapia a lungo termine con EBPM può dare
accumulo dell’attività Anti-Xa, e T1/2 aumenta con l’insufficienza renale.16.
Il concomitante uso dell’EBPM con altri farmaci che interferiscono sulla coagulazione dà
un aumento del rischio di ematoma. Durante terapia di tromboprofilassi con EBPM lo stato
51
coagulativo è comunque alterato, ed è raccomandato che blocchi profondi e neurassiali siano
eseguiti almeno a distanza di 10-12 ore dall’ultima dose.
Nei pazienti che stanno ricevendo EBPM a dosaggi terapeutici in virtù del loro alto rischio
tromboembolico perioperatorio, con somministrazioni x2 o anche x3 al giorno, è raccomandata
una dilazione di almeno 24 ore per assicurare un’adeguata emostasi al momento dell’ALR. È
raccomandato di non procedere ad una tecnica ALR di blocco neurassiale/Deep-PNB in
pazienti che hanno ricevuto EBPM 2 ore prima preoperatoriamente, in quanto il
posizionamento dell’ago avverrebbe in prossimità del picco dell’attività anticoagulante.
Nel contesto di una terapia di profilassi con somministrazione singola al giorno, un blocco
neurassiale non traumatico può essere seguito in sicurezza con una prima dose postoperatoria di
EBPM somministrata almeno 6-8 ore dopo, previa conferma di adeguata emostasi chirurgica, e
la seconda dose non prima di 24 ore più tardi. La presenza di sanguinamento durante il
posizionamento dell’ago/catetere non comporta la necessità di cancellare l’intervento, ma la
somministrazone di EBPM dovrebbe essere dilazionata di 24 ore.
Il catetere può essere mantenuto ma andrebbe rimosso minimo dopo 10-12 ore dall’ultima
dose di EBPM, e la seguente dose somministrata almeno 2 ore dopo la rimozione del catetere.
Durante la permanenza del catetere neurassiale altre terapie che interferiscono sull’emostasi
andrebbero evitate. Nel contesto di una terapia con EBPM a due o più somministrazioni
giornaliere, esseno associata ad un aumentato rischio di formazione di ematoma, la prima dose
andrebbe dilazionata di 24 ore dopo l’intervento, sempre previa evidenza di adeguata emostasi
Anticoagulanti Orali - Antagonisti Vitamina K
Il Warfarin inibisce i fattori della coagulazione Vitamina K dipendenti (II – VII – IX – X),
viene di routin sospeso 4-5 giorni preoperatoriamente, più o meno seguito, a seconda delle
necessità dovute al rischio tromboembolico del paziente, da ”bridging therapy”. l’INR
dovrebbe essere tornato nel range di normalità prima dell’esecuzione di manovre invasive che
presentino un certo rischio di sanguinamento, ed è raccomandato che una ALR
Neurassiale/PNB profondo siano eseguite quando l’INR sia tornato ≤1,5 (derivato da studi che
hanno messo in correlazione l’emostasi con livelli di Attività dei Fattori di Coagulazione >
40%)18. È però necessario tenere presente che la riduzione del valore di INR (riflettente
maggiormente un aumento dell’attività del Fattore VII) può tornare o avvicinarsi a valori
normali pur rimanendo possibile una inadeguata emostasi (attività del Fattore II ancora <
40%)19.
Le linee guida raccomandano la sospensione del Warfarin con l’ultima dose 5 giorni prima
(4 giorni “clear”), controllo dell’INR il giorno precedente all’intervento (o 2 giorni precedenti
se paziente ad alto rischio tromboembolico candidato a Bridging therapy), somministrazione di
Vit.K (1 g) se il valore è >1,5, e successivo ricontrollo.
Fondaparinux (Arixtra®): Allo stato attuale il reale rischio di ematoma spinale in pazienti
che ricevono Fondaparinux rimane sconosciuto, data la scarsità di informazioni derivanti dagli
ancora pochi lavori a riguardo, che abbiano messo in relazione la terapia con questo farmaco e
le tecniche di anestesia neurassiale. Al momento questi pochi studi che hanno cercato di
verificare l’incidenza di ematomi spinali in condizioni controllate, hanno rivelato una minima
evidenza di formazione di ematomi.20,21. Per ora quindi dichiarazioni di consenso sul
management di questo farmaco sono prevalentemente basate sulle conoscenze teoriche che ci
derivano dalla farmacologia: inibitore del fattore Xa, è riportata una emivita plasmatica T1/2 di
17-21 ore in terapie con una singola somministrazione giornaliera; la sua attività è
monitorizzabile mediante l’attività Anti-Xa; ha un metabolismo in larga misura renale, può
andare incontro ad accumulo in caso di disfunzione renale, è controindicato nella insufficienza
renale severa.
52
Non deve essere somministrato perioperatoriamente per aumentato rischio di sanguinamento
senza miglioramento dell’effetto antitrombotico. Il catetere peridurale deve essere rimosso
dopo 36 ore e la dose successiva dopo 12 ore. Con dosaggi terapeutici il blocco neurassiale è
controindicato.
.
NAO
Rivaroxaban (Xarelto®): Tra i Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO o NOACs), il Rivaroxaban è
un Inibitore del Fattore Xa, ha un effetto massimo (Tmax) in 1-4 ore, e un’emivita (T1/2) di 5-9
ore se in somministrazione mono-giornaliera a dosaggio di tromboprofilassi; ci sono evidenze
che può essere monitorato con L’Attività Anti-Xa, Tempo di Protrombina PT, Tempo di
Tromboplastina Parziale attivata aPTT; mostra una dose/effetto lineare.23,24. Studi comparativi
con EBPM hanno dimostrato simili efficacia e frequenza di sanguinamento.25. Rivaroxaban è
eliminato attraverso diverse vie di eliminazione: dal fegato, per via intestinale, e in misura del
66% circa dai reni; il tempo di eliminazione può quindi essere prolungato nell’anziano (13 ore)
secondariamente alla riduzione della funzione renale; è necessario infatti un aggiustamento
della dose nell’insufficienza renale, ed è controindicato nell’insufficienza epatica.25.
Non risultano dimostrazioni riguardo punture neurassiali/posizionamenti cateteri durante trials
clinici non essendo stati riportati ematomi in associazione all’esecuzione di ALR26.
In quanto nuovo anticoagulante, in considerazione della mancanza di esperienze relative ad
ALR in associazione con prolungamenti del T1/2, è raccomandato un cauto approccio quando
viene pianificata un’Anestesia neurassiale/Deep-PNB. Quindi, come da linee guida ESRA, è
raccomandato un intervallo minimo di 22-26 ore (1 giorno) tra l’ultima dose di Rivaroxaban e
la procedura neurassiale, e la prossima somministrazione almeno 4-6 ore dopo rimozione del
catere.23,27. Aggiornamenti recenti pubblicati dalla ASRA Anticoagulation (3th edition) e un
recente Consensus della ESRA/World Institute of Pain raccomandano un intervallo di 3 giorni
(approssimativamente T1/2 x 5) prima di anestesia neurassiale, e una somministrazione dopo
almeno 6 ore dalla stessa procedura.28,22. Allo stato attuale, in base alle conoscenze disponibili
al momento, una ragionevole gestione anestesiologica del paziente in terapia con Rivaroxaban
da sottoporre a procedura neurassiale può consistere in una sospensione per almeno 48 h con
buona funzione renale (ClCr>50 ml/min), da prolungare a 72 h con ClCr=50-30ml/min, e fino a
96 h in caso di insufficienza renale severa (ClCr<30ml/min).
Apixaban (Eliquis®) Nuovo Anticoagulante Orale, inibitore reversibile diretto del fattore Xa,
ha un’emivita T1/2 di 10-15 ore, un’eliminazione per il 27% renale e per il 73% epatico/biliare
con escrezione intestinale. Risulta ancora una certa mancanza di informazioni e di un consenso
scientifico riguardo la stratificazione del rischio nella gestione di pazienti in terapia con questo
farmavo in relazione all’ALR. Così come per altri farmaci tromboprofilattici non ancora
abbastanza testati in combinazione con ALR, i suggerimenti sono di attendere un sospensione
di minimo 2 emivite (T1/2 x 2) prima di poter eseguire un blocco anestesiologico
neurassiale/Deep-PNB, che permetta teoricamente di far ridurre l’efficacia farmacologica e il
rischio di sanguinameno. Questo si traduce in un intervallo di tempo di 26-30 ore tra l’ultima
dose di Apixaban e la procedura ALR centrale, con risomministrazione posticipata di 6 ore
dalla rimozione del catetere.
Un aggiornamento dall’ASRA Anticoagulation (3th edition) e un recente consensus dell’ESRA,
ASRA e World Institute of Pain relativo all’Apixaban e l’ALR, suggerisce un intervallo di 3-5
giorni (T1/2 x 5)22,28 tra l’ultima dose di Apixaban e blocchi Neurassiale/deep-PNB, in virtù
53
dell’esperienza limitata e degli ampi range farmacocinetici della terapia con Apixaban. Anche
per l’Apixaban è raccomandato posticipare la somministrazione 6 ore dopo la procedura.27,29,30.
Dabigatran (Pradaxa®) Nuovo Anticoagulante Orale, inibitore della Trombina (Fattore II)
approvato per la tromboprofilassi (con efficacia simile alle EBPM e al Warfarin, senza aumento
del rischio di sanguinamento), prolunga il aPTT (in modo non lineare) inibisce la Trombina
libera e legata al trombo, con livelli di picco plasmatico a 1-3 ore; ha un’emivita T1/2 di 8 ore se
in mono-somministrazione giornaliera, di 12-15 ore se in dosi multiple.31. Eliminato
principalmente per via renale (in misura dell’85%), il suo dosaggio deve essere aggiustato in
base al grado di disfunzione, ed è controindicato nella insufficienza renale severa
(ClCr<30ml/min).23,24,25.
Negli studi pubblicati non sono stati riportati eventi di formazione di ematomi spinali in
associazione ad Anestesie Neurassiali single-shot, ma la mancanza di informazioni di
performance di specifiche ALR in combinazione con prolungamenti dell’emivita del
Dabigatran, impongono un cauto approccio. Un T1/2 di 12-15 ore in pazienti sani suggerisce un
intervallo di 36 ore tra l’ultima dose e la manipolazione/rimozione del catetere ma il catetere
antalgico è controindicato. Aggiornamenti continui dell’ASRA Anticoagulation (3th edition) e il
Consensus pubblicato da parte dell’ESRA, ASRA e World Institute of Pain suggeriscono
un’attesa di 3 ma anche fino a 4-5 giorni (5 x T1/2) a seconda della funzione renale dall’ultima
somministrazione prima dell’esecuzione della ALR neurassiale, 6 ore dopo procedura per
cominciare la terapia, e 6 ore tra la rimozione del catetere neurassiale e la prima dose
successiva.22,27,28
SCHEMA RIASSUNTIVO
Trombolitici/Fibrinolitici
Le classiche raccomandazioni sin dall’origine prevedevano la controindicazione all’inizio della
terapia trombolitica nei 10 giorni successivi ad una procedura Neurassiale/Blocco Periferico
Profondo o all’atto chirurgico, ma in più recenti dichiarazioni di consenso da parte dell’ASRA
ed ESRA è stato ridotto ad un minimo di 2 giorni seguito da controlli seriati ogni 2 ore di
eventuali deficit neurologici.22. Il tempo di minimo 2 giorni è basato sulla caratteristica
farmacocinetica dei trombolitici che comportano una depressione del Plasminogeno e del
Fibrinogeno che è massima nelle prime 5 ore ma rimane prolungata ancora per 27 ore.22.
Dati definitivi non sono però disponibili riguardo la sospensione dei farmaci trombolitici e il
tempo di sicurezza per l’esecuzione di procedure Neurassiali/Deep-PNB, che spaziano in un
range che va dalle 24 ore ai 10 giorni32, ma va sempre tenuto presente che comunque il coagulo
non risulta stabile per 10 giorni dopo terapia trombolitica22. Comunque non ci sono
raccomandazioni alla rimozione del catetere analgesico nei pazienti che abbiano ricevuto
trattamenti fibrinolitici/trombolitici, ma rimane suggerito un atteggiamento prudenziale di
attesa di 10 giorni, fermo restando che i livelli di fibrinogeno (fattore più tardivo nella ripresa
RIVAROXABAN APIXABAN DABIGATRAN
SOMMINISTRAZIONE PO PO PO
LEGAME SPECIFICO SI SI SI
REVERSIBILITA’ SI SI SI
EMIVITA 7-11 ORE 8-15 ORE 14-17 ORE
PICCO 2-4 ORE 1,5-3,5 ORE 1,5 ORE
DRUG BLOCK 24/48 ORE 24/48 ORE 48 ORE
BLOCK DRUG 6 ORE 6 ORE 6 ORE
54
della coagulazione), possono fornire una relativa guida sull’effetto trombolitico e quindi sul
timing per la rimozione del catetere.
55
TABELLA: ANESTESIA LOCO REGIONALE e Management perioperatorio dei comuni Farmaci ANTICOAGULANTI:
Raccomandazioni per minimizzare il rischio di EMATOMA SPINALE in seguito a Procedure Anestesiologiche NEUROASSIALI / Blocchi Periferici Profondi (Deep-PNB)
Farmaco anticoagulante T1/2 Categoria/meccanismo TEMPO: Ultima Dose /
ALR Neurassiale
TEMPO: ALR Neurassiale /
Ripresa Prima Dose Controllo parametri
ASPIRINA 6 h Anti aggregaz.PLT irreversibi No restrizione No restrizione
EPARINA non frazionata EV 1-2 h Pro AT-III (anti-II/X) 2-4 h 1–2 h non bloody/o cmq ≤5000 U;. aPTT, ACT, Anti-
Xa/IIa
ENOXAPARINA (CLEXANE®):
Profilassi(4’000 U. x1D) 3-6 h EBPM (anti-Xa) 12 h 6-8 h non bloody ; 24 h bloody Anti-Xa
ENOXAPARINA (CLEXANE®):
dosaggio Terapeutico
(≥4'000 U. x2D) o associata ad
aspirina
3-6 h EBPM (anti-Xa) 24 h
Co
ntr
oin
dic
ati
du
rante
ca
tete
re
24 h Anti-Xa
FONDAPARINUX (ARIXTRA®) 17-21 h Pro AT-III (anti-Xa) 3 -4 giorni 12 -24 h Anti-Xa
TAO DICUMAROLICI
(COUMADIN® e SINTROM®) 20-60 h Inibizione Vitamina K 4-5 giorni; INR≤1,5 INR≤1,5 INR
TICLOPIDINA (TIKLID®) 4-5 giorni Anti aggregaz.PLT 10-14 giorni ≥2 h; 24 h se traumatic/bloody
CLOPIDOGREL (PLAVIX®) 6-8 h Anti aggreg.PLT inib P2Y12 irrev 5 - 7 giorni ≥2 h; 24 h se traumatica/bloody
PRASUGREL (EFFIENT®) 7-8 h Anti aggreg.PLT Inib P2Y12 irrev 7 giorni 6 h; 24 h se traumatica/bloody
TICAGRELOR (BRILINTA®) 7-8,5 h Inibit reversib recett ADP 5 – 7 giorni 6 h; 24 h se traumatica/bloody
RIVAROXABAN (XARELTO®) 5-9 h Anti Xa ≥48 h (ClCr >50 ml/min)
≥72 h (ClCr 30-50 ml/min)
≥96 h (ClCr <30 ml/min)
( ~ 3-4 giorni )
6 h ; 24 h se traumatica/bloody Anti-Xa , PT
APIXABAN (ELIQUIS®) 10-15 h Anti Xa 6 h; 24 h se traumatica/bloody Anti-Xa , PT
DABIGATRAN (PRADAXA®) 12-15 h Inibitore Trombina (II) ≥72 h (ClCr >50ml/min)
≥96 h (ClCr<50ml/min) 6 h; 24 h se traumatica/bloody aPTT
IRUDINE (Angiomax®..et al) 0,5 – 3 h Inibitore Trombina (II) Dati insuff: non raccom Dati insuff: non raccomandato aPTT
ABCIXIMAB (ReoPro®) 0,5 h Inibitore GP IIb/IIIa 24-48 h ≥2 h
EPTIFIBATIDE (Integrilin®) 1 – 2,5 h Inibitore GP IIb/IIIa 8 h ≥2 h
TIROFIBAN (Aggrastat®) 2 h Inibitore GP IIb/IIIa 8 h ≥2 h
Note: le raccomandazioni sono basate sull’uso dei singoli farmaci (combinazioni aumentano il rischio); Cautela se tecnica neurassiale traumatica (punture difficoltose
ripetute/sanguinamento vistoso dall’ago); il Rispetto delle raccomandazioni non elimina il rischio di ematoma neurassiale; Da ASRA Evidence Based Guidelines 2010: “Regional
Aaesthesia in the patient receiving antithrombotic or thrombolytic therapy” (with interim updata);
56
Bibliografia
1- Bertini L. et All. SIAARTI Guidelines for safety in Locoregional Anaesthesia; Minerva
Anestesiologica, Settembre 2006; 72: 689-722
2- Hemorragic complication of anticoagulant and thrombolytic treatment: American College of
Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines (8th edition); CHEST 2008
133; 257-298
3- Regional Anaesthesia Pain Med 2010 Jan-Feb; 35(1):4-7
4- Horlocker TT, Wedel DJ, Schroeder DR, Rose SH, Elliott BA, McGregor DG et All.
Preoperative antiplatelet therapy does not increase the risk of spinal hematoma with regional
anesthesia. Anesth Analg 1995; 80:303-309
5- Stafford-Smith M.Impaired Haemostasis and regional anaesthesia. Can J Anaesth 1996:
43:R129-41
6- Vandermeulen EP, Van Aken H, Vermylen J. Anticoagulants and Spinal-Epidural
anaesthesia. Anaesth Analg 1994; 79: 1165-1177
7- Jienlei Li, Thomas Halaszynski. Neuraxial and peripheral nerve blocks in patients taking
anticoagulant or thromboprophylactic drugs: challengs and solutions. Local and Regional
Anaesthesia (by Dove Medical Press Limited) 2015; 8:21-32
8- Rosencher N, Bonnet MP, Sessler DI. Selected new antithrombotic agents and neuraxial
anaesthesia for major orthopaedic surgery: management strategies. Anaesthesia.
2007;62(11):1154–1160.
9- Buvanendran A, Young AC. Spinal epidural hematoma after spinal cord stimulator trial lead
placement in a patient taking aspirin. Reg Anesth Pain Med. 2014;39(1):70–72.
10- Sarubbo S, Garofano F, Maida G, Fainardi E, Granieri E, Cavallo MA. Spontaneous and
idiopathic chronic spinal epidural hematoma: two case reports and review of the literature.
Eur Spine J. 2009;18(11): 1055–1061.
11- Dimou J, Jithoo R, Morokoff A. Spontaneous spinal epidural haematoma in a geriatric
patient on aspirin. J Clin Neurosci. 2010;17(1): 142–144.
12- Cappelleri JC, Fiore LD, Brophy MT, Deykin D, Lau J. Efficacy and safety of combined
anticoagulant and antiplatelet therapy versus anticoagulant monotherapy after mechanical
heart-valve replacement: a metaanalysis. Am Heart J. 1995;130(3 Pt 1):547–552.
13- Johnson SG, Rogers K, Delate T, Witt DM. Outcomes associated with combined antiplatelet
and anticoagulant therapy. Chest. 2008;133(4): 948–954.
14- Moon HJ, Kim JH, Kwon TH, Chung HS, Park YK. Spontaneous spinal epidural hematoma:
an urgent complication of adding clopidogrel to aspirin therapy. J Neurol Sci. 2009;285(1–
2):254–256.
15- Horlocker TT. Regional anaesthesia in the patient receiving antithrombotic and antiplatelet
therapy. Br J Anaesth. 2011;107(Suppl 1):i96–i106.
16- Hirsh J, Bauer KA, Donati MB, et al. Parenteral anticoagulants: American College of Chest
Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines (8th Edition). Chest. 2008;133(6
Suppl):141S–159S.
17- van Veen JJ, Maclean RM, Hampton KK, et al. Protamine reversal of low molecular weight
heparin: clinically effective? Blood Coagul Fibrinolysis. 2011;22(7):565–570.
18- Horlocker TT, Wedel DJ, Benzon H, et al. Regional anesthesia in the anticoagulated patient:
defining the risks (the second ASRA Consensus Conference on Neuraxial Anesthesia and
Anticoagulation). Reg Anesth Pain Med. 2003;28(3):172–197.
57
19- Ansell J, Hirsh J, Hylek E, et al. Pharmacology and management of the vitamin K
antagonists: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice
Guidelines (8th Edition). Chest. 2008;133(6 Suppl):160S–198S.
20- Turpie AG, Gallus AS, Hoek JA, Pentasaccharide I. A synthetic pentasaccharide for the
prevention of deep-vein thrombosis after total hip replacement. N Engl J Med.
2001;344(9):619–625.
21- Singelyn FJ, Verheyen CC, Piovella F, Van Aken HK, Rosencher N; EXPERT Study
Investigators. The safety and efficacy of extended thromboprophylaxis with fondaparinux
after major orthopedic surgery of the lower limb with or without a neuraxial or deep
peripheral nerve catheter: the EXPERT Study. Anesth Analg. 2007;105(6):1540–1547, table
of contents.
22- Narouze S, Benzon HT, Provenzano DA, et al. Interventional spine and pain procedures in
patients on antiplatelet and anticoagulant medications: guidelines from the american society
of regional anesthesia and pain medicine, the European society of regional anaesthesia and
pain therapy, the american academy of pain medicine, the international neuromodulation
society, the north american neuromodulation society, and the world institute of pain. Reg
Anesth Pain Med. 2015;40(3): 182–212.
23- Gogarten W, Vandermeulen E, Van Aken H, et al. Regional anaesthesia and antithrombotic
agents: recommendations of the European Society of Anaesthesiology. Eur J Anaesthesiol.
2010;27(12):999–1015.
24- Horlocker TT. Regional anaesthesia in the patient receiving antithrombotic and antiplatelet
therapy. Br J Anaesth. 2011;107(Suppl 1):i96–i106.
25- Eriksson BI, Quinlan DJ, Weitz JI. Comparative pharmacodynamics and pharmacokinetics of
oral direct thrombin and factor xa inhibitors in development. Clin Pharmacokinet.
2009;48(1):1–22.
26- Lassen MR, Ageno W, Borris LC, et al. Rivaroxaban versus enoxaparin for
thromboprophylaxis after total knee arthroplasty. N Engl J Med. 2008;358(26):2776–2786.
27- Horlocker TT, Wedel DJ, Rowlingson JC, et al. Regional anesthesia in the patient receiving
antithrombotic or thrombolytic therapy: American Society of Regional Anesthesia and Pain
Medicine Evidence-Based Guidelines (Third Edition). Reg Anesth Pain Med. 2010;35(1):64–
101.
28- Horlocker TT, Wedel DJ, Rowlingson JC, Enneking FK, Physicians ACoC. Executive
summary: regional anesthesia in the patient receiving antithrombotic or thrombolytic
therapy: American Society of Regional Anesthesia and Pain Medicine Evidence-Based
Guidelines (Third Edition). Reg Anesth Pain Med. 2010;35(1):102–105.
29- Gomez-Outes A, Avendano-Sola C, Terleira-Fernandez AI, Vargas-Castrillon E.
Pharmacoeconomic evaluation of dabigatran, rivaroxaban and apixaban versus enoxaparin
for the prevention of venous thromboembolism after total hip or knee replacement in Spain.
Pharmacoeconomics. 2014;32(9):919–936.
30- 2. Vílchez JA, Gallego P, Lip GY. Safety of new oral anticoagulant drugs: a perspective.
Ther Adv Drug Saf. 2014;5(1):8–20.
31- 3. Baglin T. Clinical use of new oral anticoagulant drugs: dabigatran and rivaroxaban. Br J
Haematol. 2013;163(2):160–167.
32- Rosenquist RW, Brown DL. Neuraxial bleeding: fibrinolytics/thrombolytics. Reg Anesth
Pain Med. 1998;23(6 Suppl 2):152–156.
33-
58
PROFILASSI NELL’INSUFFICIENZA RENALE
PRESENTAZIONE
Questo scritto è stato pensato nell’ottica di migliorare la qualità dell’assistenza, fornendo
raccomandazioni e/o orientamenti elaborati attraverso la ricerca e la revisione della letteratura
scientifica aggiornata, della quale sono resi disponibili i riferimenti bibliografici per la
consultazione.
L’intento non è quello di vincolare il Clinico a comportamenti obbligati, ma
di razionalizzare l’uso delle EBPM, in particolare nell’Insufficienza Renale, in modo da rendere il
processo decisionale terapeutico il più possibile uniforme ai principi di appropriatezza, in
particolare negli ambiti nei quali le fonti scientifiche ufficiali non apportano soluzioni chiare e
definitive.
PREMESSA
Le eparine a basso peso molecolare (EBPM) sono eliminate in prevalenza dal rene.
La loro emivita biologica può essere prolungata in Soggetti con riduzione della funzione renale
[28], con conseguente aumento del rischio emorragico.
Per tale motivo, la maggior parte dei trial clinici, escludono l’impiego di EBPM in Soggetti
con creatinina clearance inferiore ai 30 mL/minuto (CrCl <30 mL/min)**.
SINTESI DEI DATI SCIENTIFICI
Una revisione sistematica e meta-analisi dei principali studi sul rischio di emorragia in Pazienti con
Insufficienza Renale che avevano ricevuto Eparina LMW, ha osservato che quelli con CrCl ≤30
mL/min avevano maggiori probabilità di sanguinamento, rispetto a quelli con CrCl>30 mL/min
(rapporto di probabilità-Odds Ratio 2.25, 95%-CI 1.19-4,27) [48].
I Soggetti con CrCl ≤30 mL/min che ricevevano enoxaparina a dosi terapeutiche, avevano livelli
più elevati di attività anti-fattore Xa, rispetto ai Soggetti senza insufficienza renale o a coloro nei
quali la dose era stata aggiustata in base alla funzione renale (CrCl) o all'attività anti-fattore Xa,
sebbene quest’ultima non correlasse direttamente con gli eventi clinici.
Al contrario, tinzaparina e dalteparina non sembrano bioaccumularsi in Soggetti con medesimo
grado d’insufficienza renale, tenendo conto che i dati disponibili al riguardo di questi prodotti, sono
meno precisi rispetto rispetto a quelli sull’enoxaparina [48,49].
PRINCIPALI EBPM (LMWH) IN COMMERCIO
Nome generico Nome commerciale
Produttore
-Enoxaparina CLEXANE Sanofi-Aventis
-Dalteparina FRAGMIN Pfizer
-Tinzaparina Innohep Leo Pharma
-Nadroparina FRAXIPARINA Glaxo Smith-Kline
-Certoparina Sandoparin Sandoz Pharmaceuticals
-Reviparina Clivarin Abbott
-Parnaparina FLUXUM Opocrin
59
SPECIALI AVVERTENZE E PRECAUZIONI D’USO
1. Le opzioni per la gestione terapeutica, dipendono dal grado d’insufficienza renale,
dall’esigenza clinica (profilassi, trattamento, set clinico) e dal tipo di molecola eparina
LMW impiegata.
2. Se l'Eparina LMW è impiegata in un Soggetto con Insufficienza Renale, è opportuno
ridurre la dose, basandosi sui livelli di anti-fattore Xa (laboratorio), oppure sulla clearance
della creatinina (tabella 4) [28, 50-59] e considerare la riduzione o la sospensione di altri
farmaci che possono aumentare il rischio di emorragia.
3. È necessario consultare le informazioni contenute nelle prescrizioni per ciascun prodotto,
considerando che quelle inerenti un’eparina a basso peso molecolare, non sono
direttamente applicabili ad un'altra differente molecola, pur appartenente alla
medesima classe farmacologica. Ciò in quanto la risposta farmacocinetica alla ridotta funzione renale, può differire tra le
diverse eparine LMW.
4. **Per CrCl ≤30 mL/min, l'uso di eparina non frazionata (eparina sodica, eparina
calcica) è un’opzione terapeutica che non espone ai problemi associati alla ridotta
clearance renale di Eparina LMW.
N.B. Calciparina e' presente nel prontuario aziendale ai dosaggi di 2.000 e 5.000 UI.
60
SUGGERIMENTI PRATICI ©2017 UpToDate®
Aggiustamenti della dose di EBPM (LWMH) suggeriti nell’insufficienza renale nell’adulto
VTE trattamento
VTE profilassi*
Dalteparina
Clcr ≥30 mL/min: nessun aggiustamento
Clcr 20-29 mL/min: aggiustamento della
dose basata sui livelli di anti-factor Xa, a
causa della variabilità della risposta¶
Clcr ≥20 mL/min: nessun aggiustamento
Enoxaparina
Clcr ≥30 mL/min: nessun aggiustamento
Clcr 20-29 mL/min: ridurre a 1 mg/kg una
sola volta al giorno¶
Enoxaparina 1 MG=100 UI aXa
Clcr ≥30 mL/min: nessun aggiustamento
Clcr 20-29 mL/min: ridurre a 30 mg
(3.000 U.I.)
una sola volta al giorno
Clcr 15-30 ml/min ridurre a
20 mg (2.000 U.I.) una
sola volta al giorno
● Raccomandazione
di
aggiustamento
posologico da nota
AIFA-maggio 2017.
Nadroparina
Clcr ≥50 mL/min: nessun aggiustameno
Clcr 30-50 mL/min: ridurre la dose dal 25 al
33 % (opzionale)Δ
Clcr <30 mL/min: controindicata
Clcr ≥50 mL/min: nessun aggiustamento
Clcr 30-49 mL/min: ridurre la dose dal 25 al
33 % (opzionale)
Clcr 20-29 mL/min: ridurre la dose dal 25 al
33 %
Tinzaparina Clcr ≥30 mL/min: nessun aggiustamento
Clcr 20-29 mL/min:non adeguatamente Clcr ≥30 mL/min:
nessun aggiustamento
61
studiato. Pazienti di età ≥70 anni
risulterebbero ad elevato rischio di mortalità.
N.B. Se utilizzato, è
consigliato regolare la
dose in base ai livelli
anti-fattore Xa ¶
I dosaggi di questa tabella si riferiscono alla somministrazione sottocutanea e non escludono
l’adoperare massima cautela nei Soggetti affetti da Insufficienza Renale di ogni grado che
ricevano LWMH, per i quali resta ferma l’indicazione all’essere monitorizzati per segni clinici e
biochimico clinici di sanguinamento, potenzialmente correlato all’effetto di accumulo, per
somministrazioni di dosi ripetute di farmaco.
Nei Soggetti con Clcr <20 mL/min o in dialisi, è suggerita la scelta dell'eparina non frazionata,
in quanto la sua eliminazione non è principalmente correlata alla funzione renale,
diversamente dalle eparine LWM.
LEGENDA
* Per la profilassi VTE a breve termine (ovvero fino a 10 giorni). Per uso a lungo termine, i test
periodici di attività anti-fattore Xa possono essere utili per escludere l'accumulo di farmaco.
I livelli di attività anti-fattore Xa devono essere misurati da quattro a sei ore dalla somministrazione,
dopo la terza o la quarta dose.
Di seguito, i range suggeriti:
Dalteparin: 0.5 to 1.5 anti-factor Xa unità/mL (target 1.05) in unica dose giornaliera
Nadroparin: 0.6 to 1 anti-factor Xa unità/mL in twice daily use; 1.3 anti-Xa units/mL
in unica dose giornaliera
Tinzaparin: 0.85 anti-factor Xa unità/mL in unica dose giornaliera
(Garcia et al. Chest 2012; 141:e24S)
Dosaggio suggerito nella scheda tecnica del prodotto; Altri approcci tra cui la regolazione della
dose basata sull'attività anti-fattore Xa sono discussi negli argomenti UpToDate sull'uso di Eparina
LMW, i cui dati sono stati ricavati dalle fonti che seguono:
a. Dalteparin sodium injection. US FDA approved prescribing information (revised January,
2015). Available at
http://www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/label/2015/020287s062lbl.pdf
b. Enoxaparin sodium injection. US FDA approved prescribing information (revised October,
2013). Available at: at:
http://www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/label/2013/020164s102lbl.pdf
c. Nadroparin calcium injection. Canada product monograph (revised February, 2015).
Available at http://webprod5.hc-sc.gc.ca/dpd-bdpp/index-eng.jsp
d. Tinzaparin sodium injection. Canada product monograph (revised May, 2014). Available at
http://webprod5.hc-sc.gc.ca/dpd-bdpp/index-eng.jsp e.
● Esclusivamente al riguardo del Clexane®, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha pubblicato
con nota del Maggio 2017:
62
“Sulla base delle evidenze disponibili, la controindicazione d’uso nei pazienti con insufficienza
renale grave (clearance della creatinina <30 ml/min) che era riportata nelle informazioni del
prodotto in alcuni stati membri della UE è stata rimossa; tuttavia l’utilizzo nei pazienti con
insufficienza renale allo stadio terminale (clearance della creatinina < 15 ml/min) non è
raccomandato a causa della mancanza di dati in questa popolazione, con l’eccezione dell’uso nella
prevenzione della formazione di trombi nella circolazione extracorporea in corso di emodialisi”.
GLOSSARIO DELLE ABBREVIAZIONI
EBPM = Eparina a Basso Peso Molecolare
LMWH = Low Molecular Weight Heparin
TEV = TromboEmbolismo Venoso
VTE = Venous ThromboEmbolism
ESRD = End Stage Renal Desease
IRA = Insufficienza Renale Acuta
IRC = Insufficienza Renale Cronica
AKI = Acute Kidney Injury
CKD = Chronic Kidney Desease
GFR = Glomerular Filatration Rate
CrCl = Creatinina Clearance:
63
1. Le principali formule di calcolo della creatinina clearance (GFR), nell’Insufficienza Renale
Cronica: MDRD e CKD_EPI (disponibili su PC o in applicazione su smarthphone e tablet).
2. L’ADQI (Acute Dialysis Quality Initiative) Consensus Conference, ha elaborato un sistema
basato sulla creatinina sierica e la diuresi (RIFLE system) per classificare l’Insufficienza
Renale Acuta in tre gruppi, a seconda della gravità clinica [1]:
Stadio Creatinina sierica Diuresi
1 1,5-1,9 volte il basale oppure <0.5 ml/kg/h per 6-12 ore
Incremento ≥0.3 mg/dl (≥26.5 μmol/l)
rispetto al basale entro 48 ore
2 2,0-2,9 volte il basale <0.5 ml/kg/h per ≥12 ore
3 3,0 volte il basale oppure 0,3 ml/kg/h per ≥24 ore o
Anuria per ≥12 ore
incremento della creatinina
sierica ≥4.0 mg/dl
(≥353.6 μmol/l) oppure
inizio della terapia di sostituzione renale
oppure in pazienti con eta <18 anni
e GFR <35 ml/min per 1,73 m2
Up to Date è una fonte scientifica a disposizione sul sito web http://www.aslromah.it/, nel
sottomenù BAL (Biblioteca Alessandro Liberati), situato a sinistra della home page.
64
BIBLIOGRAFIA
1- G Ital Nefrol 2015; 32 (2) – ISSN 1724-5590 – © 2015 Società Italiana di Nefrologia
2- Parenteral anticoagulants: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical
Practice Guidelines (8th Edition).
3- Hirsh J, Bauer KA, Donati MB, Gould M, Samama MM, Weitz JI, American College of Chest
Physicians Chest. 2008;133(6 Suppl):141S.
4- AHFS Drug InformationAmerican. Society of Health-System Pharmacists., McEvoy GK (Ed),
American Hospital Formulary Service, Bethesda 2005.
5- Murray L. Physicians' Desk Reference. Thompson PDR, Montvale, NJ.
6 -Parenteral anticoagulants: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed:
American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines.
Garcia DA, Baglin TP, Weitz JI, Samama MM, American College of Chest Physicians
Chest. 2012;141(2 Suppl):e24S.
University of New Mexico, MSC07-4025, Albuquerque, NM 87131, USA.
7- Meta-analysis: low-molecular-weight heparin and bleeding in patients with severe renal
insufficiency.Lim W, Dentali F, Eikelboom JW, Crowther MA Ann Intern Med. 2006;144(9):673.
8- McMaster University and Hamilton General Hospital, Hamilton, Ontario, Canada.
9- Low molecular weight heparin and bleeding in patients with chronic renal failure.
Crowther M, Lim W Curr Opin Pulm Med. 2007 Sep;13(5):409-13.
St. Joseph's Hospital, Hamilton, Ontario, Canada. [email protected]
10- Is impaired renal function a contraindication to the use of low-molecular-weight heparin?
Nagge J, Crowther M, Hirsh J Arch Intern Med. 2002;162(22):2605.
11- Toronto General Hospital, Eaton North Wing G-260, 200 Elizabeth St, Toronto, Ontario,
Canada M5G 2C4. [email protected]
12- Tinzaparin and enoxaparin given at prophylactic dose for eight days in medical elderly patients
with impaired renal function: a comparative pharmacokinetic study.
MahéI, Aghassarian M, Drouet L, Bal Dit-Sollier C, Lacut K, Heilmann JJ, Mottier D, Bergmann
JF
13- Thromb Haemost. 2007;97(4):581.
elderly patients with impaired renal function, a statistically significant accumulation effect
Service Médecine Interne A, Hôpital Lariboisière, 2, rue Ambroise Paré, Paris, France.
14- Elderly patients treated with tinzaparin (Innohep) administered once daily (175 anti-Xa IU/kg):
anti-Xa and anti-IIa activities over 10 days.Siguret V, Pautas E, Février M, Wipff C, Durand-
Gasselin B, Laurent M, Andreux JP, d'Urso M, Gaussem P
Laboratoire d'Hématologie, H pital Charles Foix, Ivry/Seine, France. [email protected]
paris.fr
15- No accumulation of the peak anti-factor Xa activity of tinzaparin in elderly patients with
moderate-to-severe renal impairment: the IRIS substudy.Siguret V, Gouin-Thibault I, Pautas E,
Leizorovicz A J Thromb Haemost. 2011;9(10):1966.
UniversitéParis Descartes, Sorbonne Paris Cité, Paris, France. [email protected]
Available on the United States FDA website at:
www.fda.gov/medwatch/safety/2008/safety08.htm#Innohep (Accessed on December 03, 2008).
16- Correlation of antifactor Xa concentrations with renal function in patients on enoxaparin.
Chow SL, Zammit K, West K, Dannenhoffer M, Lopez-Candales A J Clin Pharmacol.
2003;43(6):586.
65
17- University at Buffalo, State University of New York, Kaleida Health Systems, Buffalo, New
York, USA. Study of bioaccumulation of dalteparin at a therapeutic dose in patients with renal
insufficiency.Schmid P, Brodmann D, Odermatt Y, Fischer AG, Wuillemin WA Thromb Haemost.
2009;7(10):1629. Epub 2009 Jul 17. Division of Hematology and Central Hematology Laboratory,
Department of Medicine, Luzerner Kantonsspital, CH-6000 Luzern 16, Switzerland.
18- Prophylaxis against deep vein thrombosis in critically ill patients with severe renal insufficiency
with the low-molecular-weight heparin dalteparin: an assessment of safety and pharmacodynamics:
the DIRECT study.Douketis J, Cook D, Meade M, Guyatt G, Geerts W, Skrobik Y, Albert M,
Granton J, Hébert P, Pagliarello G, Marshall J, Fowler R, Freitag A, Rabbat C, Anderson D,
Zytaruk N, Heels-Ansdell D, Crowther M, Canadian Critical Care Trials Group
Arch Intern Med. 2008;168(16):1805. TRIAL REGISTRATION clinicaltrials.gov Identifier:
NCT00138099. Department of Medicine, McMaster University, Hamilton, Ontario, Canada.
19- Study of bioaccumulation of dalteparin at a prophylactic dose in patients with various degrees
of impaired renal function. Schmid P, Brodmann D, Fischer AG, Wuillemin WA J Thromb
Haemost. 2009;7(4):552. Epub 2009 Jan 19.
Division of Hematology and Central Hematology Laboratory, Department of Medicine, Luzerner
Kantonsspital, Luzern, Switzerland.
20- CERTIFY: prophylaxis of venous thromboembolism in patients with severe renal insufficiency.
Bauersachs R, Schellong SM, Haas S, Tebbe U, Gerlach HE, Abletshauser C, Sieder C, Melzer N,
Bramlage P, Riess H Thromb Haemost. 2011;105(6):981.
Medizinische Klinik IV, Max-Ratschow-Klinik für Angiologie, Klinikum Darmstadt GmbH,
Grafenstraße 9, 64283 Darmstadt, Germany. [email protected]