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Uranio e radioattività etroina 1 Uranio e radioattività: Energia nucleare Obiettivi: Osservazione e analisi della realtà tecnologica. Conoscenze tecniche e tecnologiche Comprensione ed uso di linguaggi specifici Bibliografia Reattori PWR digilander.libero.it/ilnucleare/core.htm Progetti di nuove centrali www.movisol.org/nuc2.htm

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Uranio e radioattività

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Uranio e radioattività: Energia nucleare

Obiettivi: Osservazione e analisi della realtà tecnologica. Conoscenze tecniche e tecnologiche Comprensione ed uso di linguaggi specifici

Bibliografia Reattori PWR digilander.libero.it/ilnucleare/core.htm Progetti di nuove centrali www.movisol.org/nuc2.htm

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L’energia nucleare è l’energia sprigionata dalla materia quando i nuclei degli atomi che la costituiscono subiscono una trasformazione. Albert Einstein ha dimostrato che materia ed energia sono trasformabili l’una nell’altra secondo l’equazione E = m c2

dove E=energia, m=massa e c=velocità della luce (circa 300.000 km/s) dalla quale si deduce che alla scomparsa di una certa quantità di materia si accompagna sempre la formazione di una determinata quantità di energia e viceversa. Essendo la velocità della luce un numero molto grande (300.000 km/s), ne consegue che anche da una piccolissima quantità di materia (m) si può ottenere una enorme quantità di energia (E). Attorno a questa constatazione si è sviluppata l’attività della scienza rivolta a trovare una modalità di produzione di energia a partire dall’atomo di alcuni elementi. Ciascun atomo è costituito da un nucleo composto da protoni, con carica elettrica positiva, e da neutroni, elettricamente neutri, strettamente legati tra loro. Intorno al nucleo ruotano gli elettroni, che possiedono carica elettrica negativa. Allo stato attuale sono stati identificati due processi o metodologie che possono portare alla produzione di energia direttamente dagli atomi: la fissione (o scissione) nucleare e la fusione nucleare. Entrambi i procedimenti provocano la liberazione di grandi quantità di energia, perché in queste reazioni, una parte delle masse di partenza si trasforma completamente in energia. Energia nucleare di fissione La fissione nucleare consiste nella scissione (divisione) del nucleo di alcuni elementi detti fissili, ad esempio l’isotopo uranio 235U, quando viene bombardato da neutroni lenti. In un primo tempo il nucleo bersaglio accoglie il neutrone (fissione) trasformandosi nell’isotopo 236U che, essendo instabile, si scinde a sua volta in due elementi più piccoli che in questo caso sono il bario 143B ed il cripto 90Kr liberando contemporaneamente 3 neutroni. Questi ultimi colpiranno altri atomi di uranio fissili facendo così propagare il processo di rottura (reazione a catena). I prodotti della scissione hanno una massa più piccola di quella del nucleo originale: questo significa che una parte, sebbene piccola, della materia si è trasformata in energia; infatti, i frammenti, di solito due, più qualche neutrone, si muovono rapidamente (energia cinetica) e urtando ciò che li circonda, per attrito, generano calore (energia termica). Abbiamo ottenuto produzione di energia sotto forma di calore. Con opportuni controlli, le barre di regolazione, è possibile generare la reazione nucleare controllata. L’enorme quantità di calore che si sprigiona dalla reazione

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viene allontanata mediante acqua, fatta opportunamente circolare nella zona, che si scalda al punto da generare vapore che espandendosi muove una turbina. Per una serie di ragioni, il processo è di fatto proponibile per pochi elementi esistenti in natura: l’uranio (U), il torio (Th) ed il plutonio (Pt). Nella bomba atomica la reazione a catena è incontrollabile e gli effetti sono distruttivi. La bomba A utilizza materiale fissile arricchito al 90%. La reazione avviene in un tempo brevissimo ed in una frazione di secondo si libera una quantità enorme di energia. E’ questo l’uso distruttivo dell’energia atomica di fissione, usato per scopi bellici. Questo processo di fissione fu ottenuto per la prima volta a Chicago nel 1942 da un gruppo di scienziati coordinati da Enrico Fermi, e fu dapprima utilizzato per far esplodere una bomba A nel poligono sperimentale del deserto di Alamogordo (1945) e, tre settimane dopo, per annientare la città giapponese di Hiroshima. La quantità di energia che scaturisce dalla fissione di un solo atomo non è molta, ma se la si moltiplica per l’enorme numero di atomi che in un processo di reazione a catena possono essere scissi in qualche chilo di uranio o di plutonio, l’energia che si ottiene è tale da distruggere una grande città come appunto era Hiroshima, una delle due città su cui furono lanciate le prime bombe A.

Hiroshima, il giorno dopo lo scoppio della bomba.

Attualmente la fissione, oltre che per scopi militari, viene utilizzata anche per scopi civili: vi sono infatti centrali nucleari in cui il processo di fissione avviene in modo controllato, in modo da non avere un’esplosione ma una produzione continua di energia che, attraverso diverse trasformazioni, viene alla fine trasformata in energia elettrica e distribuita agli utenti. Questo tipo di trasformazione presenta come conseguenza l’emissione di radioattività, che esiste in verità già in natura, ma che viene rafforzata dal bombardamento dei neutroni. La radioattività è un fenomeno di emissione spontanea e continua di energia sotto forma di radiazioni (raggi alfa, beta e gamma). Esse hanno caratteristiche diverse tra loro, ma tutte possono provocare gravi danni all'organismo umano, come il cancro. In tutte le attività in cui si ha a che fare con sostanze radioattive sono perciò necessarie misure di protezione: isolamento delle sostanze stesse, uso di schermi ecc. Chi lavora in presenza di sostanze radioattive, oltre a indossare indumenti protettivi, deve

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portare un contatore che segnala se è stato esposto a troppe radiazioni. Le sostanze radioattive, dopo il loro utilizzo per la fissione, producono elementi che possiedono ancora proprietà radioattive. Questi subiscono nel tempo una serie di trasformazioni che vengono definite decadimento radioattivo, in quanto portano alla formazione di sostanze prive di radioattività. Perché una sostanza radioattiva non presenti più rischi per l’uomo, deve trascorrere un tempo pari a venti volte il suo tempo di dimezzamento, cioè il tempo necessario affinché la metà dei nuclei di una sostanza radioattiva si trasformi. E questo intervallo può variare da qualche secondo a decine di migliaia di anni. Approfondimento Realizza una ricerca sull’atomo e sulla radioattività naturale ed artificiale. In particolare approfondisci il concetto di numero atomico e di massa atomica ed evidenzia la relazione isotopo-numero di neutroni di uno stesso elemento atomico. Della radioattività distingui le radiazioni alfa (nuclei di elio), beta (elettroni) e gamma (fotoni); analizza le differenti unità di misura (Bequerel e Curie) ed informati sul tempo di decadimento e sul tempo di dimezzamento della radioattività. Nel 1986, il fisico Bequerel, durante una serie di esperimenti, scoprì che il materiale uranio emetteva radiazioni capaci di impressionare una lastra fotografica. In seguito ai lavori di Bequerel, altri scienziati si dedicarono allo studio della radioattività e dei fenomeni ad essa connessi. I coniugi Pierre e Marie Curie riuscirono ad isolare, nel 1898, due nuovi elementi molto più radioattivi dell’uranio: il polonio e il radio. La radioattività o decadimento radioattivo, è un insieme di processi tramite i quali dei nuclei atomici instabili (nuclidi) emettono particelle subatomiche per raggiungere uno stato più stabile. Ogni atomo è formato da un nucleo contenente protoni e neutroni, e da un certo numero di elettroni che gli orbitano intorno. Essendo tutti carichi positivamente i protoni tendono a respingersi per via della forza di Coulomb e, se non ci fossero altre forze a tenerli uniti, i nuclei non sarebbero stabili. In effetti i nuclei atomici sono tenuti coesi dalla cosiddetta forza nucleare forte. Questa forza richiede anche la presenza dei neutroni per manifestarsi. Quando le forze all'interno del nucleo non sono bilanciate (ovvero il nucleo è instabile) questo tende spontaneamente a raggiungere uno stato stabile attraverso l'emissione di una o più particelle. Storicamente (in seguito agli studi di Marie Curie) i decadimenti nucleari sono stati raggruppati in tre classi principali:

• decadimento alfa (raggi alfa) • decadimento beta (raggi beta) • decadimento gamma (raggi gamma)

A questa prima classificazione, in seguito ad ulteriori investigazioni sul fenomeno, si sono aggiunte l'emissione di neutroni, l'emissione di protoni, la cattura elettronica e la fissione spontanea. Mentre il decadimento alfa ed il decadimento beta cambiano il numero di protoni nel nucleo e quindi il numero di elettroni che vi orbitano attorno (cambiando così la natura chimica dell'atomo stesso), il decadimento gamma avviene fra stati eccitati dello stesso nucleo e comporta solo la perdita di energia. Le radiazioni gamma sono radiazioni elettromagnetiche simili ai raggi X, ma con un potere penetrante assai superiore.

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Il potere penetrante delle radiazioni alfa, beta e gamma.

Tempo di decadimento Il momento esatto in cui un atomo instabile decadrà in uno più stabile è assolutamente casuale e non è pre-dicibile. Ciò che si può fare, dato un campione di un particolare isotopo, è notare che il numero di decadimenti rispetta una precisa legge statistica. Il numero di decadimenti che ci si aspetta avvenga in un intervallo dt è proporzionale al numero di atomi presenti. Questa legge può essere descritta tramite la equazione differenziale del primo ordine:

con questa soluzione :

che rappresenta un decadimento esponenziale. Bisogna notare che questa rappresenta solamente una soluzione approssimata, in primo luogo perché rappresenta una funzione continua, mentre l'evento fisico reale assume valori discreti, poi perché descrive un processo casuale, solo statisticamente vero. Comunque, poiché nella gran parte dei casi N è estremamente grande la funzione fornisce un'ottima approssimazione. Oltre alla costante di decadimento ''λ'' il decadimento radioattivo è caratterizzato da un'altra costante chiamata vita media. Ogni atomo vive per un tempo preciso prima di decadere e la vita media rappresenta appunto la media aritmetica sui tempi di vita di tutti gli atomi della stessa specie. La vita media viene rappresentata dal simbolo τ , legato a λ dalla :

. Un altro parametro molto usato per descrivere un decadimento radioattivo è dato dalla semivita o tempo di dimezzamento t1 / 2. Dato un campione di un particolare radionuclide, il tempo di dimezzamento ci dice dopo quanto tempo saranno decaduti un numero di atomi pari alla metà del totale, ed è legato alla vita media dalla relazione :

. Queste relazioni ci permettono di vedere che molte delle sostanze radioattive presenti in natura sono ormai decadute, e quindi non sono più presenti in natura, ma possono essere prodotte solo artificialmente. Per avere un'idea degli ordini di grandezza in gioco, si può dire che la vita media dei vari radionuclidi può variare da 1010 anni fino a 10-6 secondi. Gli isotopi radioattivi naturali possono essere raggruppati in 3 famiglie, con un capostipite da cui prendono il nome: (4n+2) del Torio 234: 234Th, 234Pa, 234U, 230Th, 226Ra, 222Rn, 218Po, 218At, 214Pb, 214Bi, 214Po, 210Ti, 210Pb, 210Bi, 210Po, 206Ti, 206Pb. (4n) del Torio 232: parte da 232Th e termina con 208Pb. (4n+3) dell'Uranio 235: parte da 235U e termina con 207Pb. E' interessante notare che tutte queste tre famiglie terminano con un isotopo del Pb, elemento che è evidentemente molto stabile; Pb ha Z=82, pari.

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Manca però una serie, quella (4n+1). Evidentemente non esiste più un capostipite di questa famiglia, perciò essa deve essersi esaurita.

nuclide 234Th 232Th 235U

t1/2 4.5 x 109

anni 1.4 x 1010

anni 7.1 x 108

anni

Tempi di dimezzamento dei nuclidi progenitori delle tre famiglie attualmente esistenti.

Fonti di radioattività Le fonti della radioattività presente sulla terra possono essere divise principalmente in due grandi famiglie:

• fonti artificiali e • fonti naturali.

Si ha una radiazione naturale quando le radiazioni sono emesse in processi spontanei da un atomo il cui nucleo non è stabile. Si ha una radiazione artificiale quando il nucleo stabile di un elemento, bombardato con particelle ad alta velocità, si trasforma in uno instabile, emettendo radiazioni. Le fonti artificiali (o tecnologiche) sono principalmente quelle utilizzate in medicina (radiografie, TAC ed altri esami medici oppure i traccianti) e nelle industrie. Il contributo principale alla dose assorbita da ciascun individuo viene dato però dalla radioattività naturale, con un'incidenza di circa l'80% della dose totale. Circa il 45% è dovuto al radon, il 15% dai materiali da costruzione e il 13% dalla radiazione cosmica. Il curie (simbolo Ci) è un'unità di misura della radioattività pari a 3,700×1010 becquerel. Un curie è pari approssimativamente all'attività di un grammo dell'isotopo radio-226 (226Ra), un materiale studiato dai pionieri dello studio della radioattività Marie Curie e Pierre Curie da cui l'unità prende il nome. Il curie è stato sostituito dal becquerel nel sistema SI. Il becquerel (simbolo Bq) è un'unità di misura derivata del Sistema Internazionale della radioattività, definita come l'attività di un materiale in cui si ha un decadimento al secondo. Perciò dimensionalmente equivale a s-1. Inoltre rispetto alla vecchia unità, il curie, è pari a

1 Bq = 2.7×10-11 Ci = 27 picocurie Il becquerel deve il suo nome a Antoine Henri Becquerel, che nel 1903 vinse il premio Nobel insieme a Marie Curie e Pierre Curie per il loro pionieristico lavoro sulla radioattività.

Energia nucleare di fusione dell’idrogeno La fusione nucleare è in un certo senso il processo inverso di quello della fissione: consiste infatti nell’unione (fusione) di nuclei di atomi leggeri che, urtandosi ad altissima velocità ed in condizioni di temperatura assai elevate, danno luogo a nuclei più pesanti. Due derivati dall’idrogeno, il deuterio (D), che si trova nell’acqua, anche se in minime quantità, ed il trizio (T), che è un prodotto artificiale, si saldano insieme e dalla combinazione si ottiene un nucleo di elio e un neutrone. Il prodotto della fusione ha una massa più piccola dei due nuclei originali: la massa che manca nel conto si è trasformata in energia. Un chilogrammo di deuterio produce una quantità di energia pari a 10.000 tonnellate di carbone.

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La fusione di due nuclei di deuterio e trizio, però, si può ottenere solo in condizioni eccezionali: a fortissima pressione ed a temperature di almeno 100.000.000°C, per cui non si è ancora potuto ottenere sulla Terra un uso pratico di tale processo data la difficoltà di realizzare temperature così elevate. L’unico uso che se ne è già fatto è stato per scopi bellici, costruendo la spaventosa bomba H, cioè la bomba all’idrogeno: nell’esplosione di una di queste bombe si libera tutta in un colpo una quantità enorme di energia, che può produrre solo distruzione. Si tratta di una reazione termonucleare incontrollata che porta alla “fusione” dell’idrogeno. I primi ordigni termonucleari furono fatti esplodere in fase sperimentale nel 1952 dagli Usa e nel 1953 dall’URSS. La prima dimostrazione pubblica sugli effetti terrificanti di quest’arma fu data nel 1954, quando gli USA polverizzarono l’atollo di Bikini, nelle isole Marshall, in pieno Oceano Pacifico.

Le difficoltà tecniche per l'applicazione industriale sono enormi, anche se il fenomeno di fusione è stato dimostrato negli impianti di ricerca. Le temperature richieste sono dell'ordine di milioni di gradi e la maggior parte dei metalli fondono a circa mille gradi. Gli esperimenti attuali: I reattori a fusione Facendo fondere piccole quantità di idrogeno all'interno di un recipiente metallico (reattore), si potrebbe produrre un flusso regolare e controllato di energia; il calore verrebbe trasferito all'acqua di un circuito indipendente e il vapore potrebbe azionare numerose turbine (a loro volta collegate con generatori di corrente). Le tecniche sperimentate in laboratorio per ottenere la fusione sono due: Il confinamento magnetico si basa sulla reazione deuterio-trizio: i nuclei, allo stadio di plasma, sono racchiusi in un reattore a forma di ciambella e sono isolati dalle pareti del reattore da un fortissimo campo magnetico. La reazione deuterio-trizio non produce scorie radioattive; ma nel reattore si produce radioattività, per la notevole emissione di neutroni ed il reattore a fusione sarebbe molto più grande dei reattori attuali. Forse un sistema della conversione diretta in elettricità potrà essere sviluppato per evitare turbine ingombranti. Il confinamento inerziale si basa sulla reazione deuterio-deuterio, che è più pulita: bersagliando con fasci di raggi laser multipli delle piccole masse di deuterio si potrebbero ottenere delle piccole esplosioni di «fusione» in rapida successione, che fornirebbero un flusso continuo di energia.

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L'orizzonte di tempo sembra luogo, almeno 50 anni per le prime applicazioni industriali. Nel 1975 si prevedeva una applicazione commerciale per i primi anni del 2000! Se e quando verrà realizzata la fusione nucleare controllata, l'umanità avrà certamente così risolto il problema energetico: il combustibile di partenza (l'idrogeno) si trova infatti in abbondanza sul nostro pianeta, nell'acqua dei mari e degli oceani. Attualmente dunque sono in corso ricerche tese ad ottenere una fusione "controllata ", che permette cioè di fornire energia con regolarità. Il sistema offre vantaggi non solo dal punto di vista del rendimento, ma anche da quello dell’inquinamento: non produce scorie radioattive; tuttavia presenta tali difficoltà nel garantire efficaci sistemi di controllo della reazione, che non trova ancora applicazione pratica nel mondo. Il meccanismo che hai visto è quello di produzione dell’energia irraggiata dal Sole e dalle altre stelle.

Il Sole può essere paragonato ad una enorme centrale nucleare in cui i nuclei di idrogeno (H), elemento che abbonda sul Sole, fondono in continuazione tra loro per effetto dell’enorme interazione gravitazionale che li comprime. Le fusioni generano elio (He) e liberano l’energia “solare” che arriva fino a noi. L’energia solare è energia nucleare di fusione.

Questo processo procede ad un ritmo impressionante, ma essendo immane la riserva di combustibile, pare che per qualche miliardo di anni il Sole continuerà a splendere in cielo.

Il Sole è composto quasi esclusivamente di idrogeno ed elio. Nel cuore della nostra stella la temperatura è così elevata che avvengono reazioni violentissime tra questi due elementi (fusione nucleare). Sempre a causa di questo enorme calore, non possono essere presenti atomi veri e propri, ma solo un miscuglio di nuclei atomici ed elettroni che, a causa del loro rapido e continuo movimento, collidono frequentemente tra loro. Vediamo nel dettaglio cosa avviene: due nuclei di idrogeno si scontrano, e unendosi formano un nucleo pesante di idrogeno (il deuterio, o 2H, formato da un protone ed un neutrone).

In seguito può aggiungersi a quest'ultimo un altro nucleo di idrogeno, producendo un isotopo leggero di elio (chiamato elio-3 o 3He, contenente due protoni ed un neutrone). E' in questa

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fase che vengono prodotti i raggi gamma, e quindi l'energia del Sole. A sua volta, l'elio-3 appena prodotto, collide con un altro nucleo di elio-3, formando un nucleo ordinario di elio (elio-4 o 4He), contenente due protoni e due neutroni. In quest'ultimo passaggio vengono coinvolti 4 protoni, ma nell'elio-4 ne sono presenti solo 2; questo perché 2 protoni vengono liberati e possono quindi tornare nel ciclo. L'energia prodotta è di 26 MeV, pari a circa 4,2 x 10-5 erg. Il processo è piuttosto lungo (ad esempio la terza fase, quella della formazione dell'elio-3, avviene in circa un milione di anni), ma avvengono contemporaneamente innumerevoli fusioni nucleari, cosicché è garantita una continua produzione di energia. In media il Sole trasforma ogni secondo 4,2 milioni di tonnellate di massa in energia (564,2 milioni di tonnellate di idrogeno di partenza - 560 milioni di tonnellate di elio prodotte); tuttavia, nei 4,5 miliardi di anni di vita, la massa persa è pari solo al 3‰! Estrazione e lavorazione dell’uranio Per estrarre il minerale di uranio dai giacimenti vengono allestite miniere spesso a cielo aperto. Estrazione e produzione del materiale fissile www.rossing.com/uranium_production.htm

Il minerale presente nei giacimenti non è utilizzabile direttamente come combustibile nucleare: esso, infatti, contiene meno dell'1% di composti di uranio. Perciò viene sottoposto a una serie di operazioni dal momento della sua estrazione a quello in cui esso è utilizzato come combustibile nucleare. Tra queste operazioni vi sono: la raffinazione del minerale, che permette di ottenere una sostanza che contiene un'elevata percentuale di uranio naturale, e l'arricchimento del prodotto della raffinazione in uranio 235, l'isotopo dell'uranio che subisce la fissione. Al termine del processo di lavorazione, l'uranio si presenta sotto forma di pastiglie, che vengono inserite in barrette cilindriche, a loro volta raggruppate in reticoli chiamati elementi di combustibile, per alimentare centrali elettriche o nucleari.

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Le centrali nucleari Da quanto detto prima, solo la fissione nucleare è attualmente utilizzata finora per la produzione di energia. Il suo funzionamento è simile a quello di una centrale termoelettrica convenzionale, con la differenza che l’acqua viene fatta bollire in un contenitore a pressione detto reattore) in cui avviene la fissione dell’uranio. L’elemento fissile usato per eccellenza è l’uranio 235U, che costituisce solo il 7‰ dell’uranio naturale dal quale viene estratto attraverso complicati procedimenti. L’impianto di una centrale nucleare è formato da tre parti distinte: l’edificio con il reattore, la sala macchine e gli edifici ausiliari.

1. Edificio di contenimento primario 2. Edificio di contenimento secondario 3. Tubatura di acqua in pressione 4. Edificio delle turbine 5. Turbina ad alta pressione 6. Turbina a bassa pressione 7. Generatore elettrico 8. Trasformatori 9. Ingresso acqua 10. Condensatore 11. Acqua di refrigerazione

12. Sala controllo 13. Gru di gestione del combustibile esaurito 14. Stoccaggio del combustibile esaurito 15. Reattore 16. Fosso di decontaminazione 17. Stoccaggio del combustibile nuovo 18. Gru dell’edificio del combustibile 19. Pompa refrigerante del reattore 20. Gru di carico del combustibile 21. Compressore 22. Generatore del vapore

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Edificio con il reattore L'edificio è un enorme cilindro di cemento armato, per un terzo interrato, alto complessivamente 70 m. � Il reattore, collocato al centro, è un cilindro in acciaio inossidabile alto 22

m, avvolto da una schermatura di cemento armato (1,2 m di spessore) chiusa da un coperchio che può essere rimosso da una gru. All'interno del reattore si trova il nocciolo, cioè l'insieme degli elementi di combustibile contenenti l'uranio e le barre di controllo per regolare la reazione a catena.

� Sala macchine. È simile a quella di una centrale termica convenzionale, con una turbina a vapore accoppiata a un alternatore con potenza massima di 840 MW alla tensione di 17.000 V. Il condensatore viene raffreddato me-diante un circuito indipendente che preleva l'acqua fredda dal fiume che scorre vicino, nel quale viene poi scaricata una volta divenuta calda.

� Edifici ausiliari. Contengono, tra l'altro, le piscine schermate piene d'acqua per la conservazione momentanea degli elementi combustibili esauriti, altamente radioattivi.

Il “combustibile uranio” arricchito al 3% circa, viene introdotto all’interno del reattore in un apposito alloggiamento chiamato nocciolo o core sotto forma di combustibile metallico (in questo caso viene immesso come metallo o in lega con altri metalli), di combustibile ceramico, oggi maggiormente in uso (in questo caso viene immesso in forma di ossidi, carburi, nitruri, ecc.), o di combustibile liquido (in questo caso viene utilizzato come soluzione dei suoi sali o come sale fuso), che viene impiegato solo in rettori sperimentali.

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All’interno del core avviene la fissione con sviluppo di una grande quantità di energia, emessa sotto forma di calore. Reattori a fissione Affìnchè si mantenga una reazione di fissione nucleare a catena in un reattore a fissione, uno dei neutroni (in media) emessi nella fissione di 235U deve venire catturato da un altro nucleo 235U, provocandone la fissione. Il fattore di moltiplicazione k di un reattore è definito come il numero medio di neutroni di fissione che inducono una fissione successiva. II valore massimo di k è 2,5, ma normalmente esso è minore per due motivi importanti: (1) alcuni dei neutroni possono fuggire dalla regione contenente nuclei fissili e (2) alcuni dei neutroni possono venire catturati da nuclei che non subiscono la fissione nel reattore. Se k è esattamente 1, la reazione si autosostiene; Se k è maggiore di uno, la reazione aumenta esponenzialmente fino a diventare incontrollabile e si ha un'esplosione nucleare; se k è minore di uno, la reazione si estingue. Per un reattore nucleare di potenza progettato per produrre elettricità si richiede un fattore di moltiplicazione esattamente uguale ad 1, perchè allora un solo neutrone proveniente da ogni fissione dia inizio ad un'altra fissione e l'energia venga liberata a un ritmo costante. Questa energia viene poi convertita in calore nel reattore da una serie di collisioni dei prodotti di fissione con il materiale circostante e questo calore viene utilizzato per produrre vapore e generare elettricità mediante una turbina a vapore. Il processo di fissione è quindi usato fondamentalmente per fare bollire dell'acqua, cosicchè il rendimento di un reattore nucleare è rigidamente limitato dal secondo principio della termodinamica. II desiderato fattore di moltiplicazione uguale all'unità è raggiunto controllando il tipo, la quantità e la localizzazione del materiale fissile nel reattore, usando un "moderatore" per ridurre la velocità dei neutroni e azionando barre di controllo dall'esterno del reattore. Combustibili Vi sono solo tre isotopi che subiscono prontamente la fissione quando siano bombardati da neutroni. Essi sono233U, 235U e 239Pu e vengono chiamati nuclei fissionabili o fissili. La maggior parte dei reattori oggi in funzione usano uranio nel quale la quantità di 235U è stata portata al 3% dell'uranio totale presente. Il combustibile, sotto forma di cilindretti di biossido di uranio, è disposto in barre lunghe e sottili nel nocciolo del reattore. II nocciolo di un reattore può contenere 20.000 o più barre di combustibile in ognuna delle quali si verificano i processi di fissione nucleare e viene generato calore. Moderatore Il rendimento dei neutroni nel produrre la fissione dei nuclei di Z92U dipende dalla loro velocità. Quanto più lentamente essi si muovono e quanto più si attardano in vicinanza di un nucleo di Z92U, tanto maggiore è la probabilità che possano essere catturati e producano fissione. Sono necessari neutroni molto lenti o "termici". Nella maggior parte dei reattori a fissione oggi in funzione negli Stati Uniti l'acqua di raffreddamento che scorre in contatto con le barre di combustibile agisce da moderatore per rallentare i neutroni fino a velocità termiche ed aumenta la probabilità che avvenga la fissione. Nella "pila" nucleare a grafite di Fermi era usata come moderatore la grafite; la grafite è usata anche in molti reattori in Inghilterra. Barre di Controllo Un rischio molto importante insito in ogni reattore nucleare a fissione è costituito dalla possibilità che esso vada fuori controllo. Quando ciò avviene il fattore di moltiplicazione supera l'unità ne risulta una produzione esponenziale di calore e il sistema di raffreddamento può non essere capace di smaltire l'eccesso di calore generato. Non vi è possibilità di una esplosione nucleare poiché la concentrazione del 235U presente (3%) è insufficiente ad innescare tale esplosione. Le barre di combustibile per il grande calore tuttavia potrebbero fondere e sfondare il pavimento del reattore provocando quella che a volte è chiamata "sindrome cinese", cioè il movimento dei prodotti di fissione ad elevatissime temperature attraverso la terra dagli Stati

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Uniti verso la Cina. I reattori devono avere dei sistemi di raffreddamento di riserva per evitare tali eventualità alcuni di questi in pratica non sempre hanno funzionato bene. Per evitare che un reattore esca di controllo vengono usate delle barre di controllo. Sono queste delle barre di cadmio o boro che assorbono fortemente i neutroni e possono essere calate nel nocciolo del reattore per ridurre il fattore di moltiplicazione. Se in un certo momento, mentre è in funzione, il reattore inizia ad uscire di controllo le barre di controllo scendono automaticamente e rallentano l'attività del reattore. Reattori ad acqua bollente (BWR) In un reattore ad acqua bollente (BWR) viene usata acqua comune come moderatore e come fluido scambiatore di calore. A destra della figura la turbina a vapore, il generatore elettrico e il condensatore sono identici a quelli che si trovano nei convenzionali impianti elettrici di potenza che bruciano petrolio o carbone per produrre vapore. La sola caratteristica distintiva di una centrale nucleare di potenza è la caldaia alimentata da energia nucleare. Il vapore prodotto aziona la turbina ed è poi ritrasformato in acqua nel condensatore mediante l'utilizzo di acqua di raffreddamento proveniente da un fiume o da un lago vicino.

reattore BWR moderato ad acqua

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Il reattore RBMK della centrale di Chernobyl (sotto) invece utilizzava come moderatore barre di grafite anziché l'acqua.

reattore RBMK moderato a grafite

La grande maggioranza delle centrali nucleari è del tipo PWR (Pressurized Water Reactor, reattore ad acqua in pressione). Questo tipo è molto diffuso perché è quello tecnologicamente più semplice, non pone particolari problemi di reperibilità né dei materiali né del combustibile, ed offre collaudate garanzie di sicurezza.

Questo tipo di reattori viene chiamato reattore lento poiché la fissione è controllata da opportuni moderatori, che sono materiali costituiti generalmente da acqua pesante o da grafite in grado di rallentare i neutroni e permettere

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una migliore resa della fissione. Per evitare che la reazione diventi esplosiva, all’interno del core vengono inoltre introdotte delle barre di controllo, anch’esse costituite da materiali capaci di assorbire i neutroni in eccesso. Nel nocciolo avvengono le reazioni nucleari, che riscaldano a temperature anche notevoli gli elementi di combustibile, (l'uranio) che è impilato in cilindri molto lunghi e stretti. Durante il funzionamento del reattore, il moderatore, assorbendo la maggior parte dell’energia sviluppata dalla fissione, si riscalda notevolmente. Un sistema di raffreddamento del circuito primario ad acqua pressurizzata asporta il calore prodotto nel reattore. L'acqua si trova a circa 300-330°, non evapora perché viene tenuta a una pressione di circa 155 bar (155 volte la pressione atmosferica). Proseguendo nel suo cammino l'acqua scambia calore, attraverso un sistema di scambiatore di calore, con altra acqua che circola in un circuito secondario, a una pressione inferiore (circa 55 bar) e ad una temperatura di circa 280°, che si trasforma così in vapore surriscaldato che investe una turbina, provvedendo così a muovere i sistemi meccanici azionanti gli alternatori che producono energia elettrica. Il vapore a bassa pressione in uscita dalla turbina viene condensato, cioè raffreddato da acqua che scorre in un terzo circuito, che viene poi alla fine raffreddato ad aria in torri di raffreddamento e portato ad avere temperature tali da non influire sull'ecosistema ed evitare l’inquinamento termico ambientale, prima di essere scaricata nei corsi d’acqua.

Oltre ai reattori PWR esistono altre tecnologie per lo sfruttamento dell'energia nucleare, per fissione o per fusione, con prototipi ad uno stadio avanzato o ad uno stadio di ricerca e sviluppo: Reattori ad acqua leggera "convenzionali" avanzati. Il reattore pressurizzato europeo (EPR) ha una potenza di 1.500 MW e brucia il plutonio sottoforma di MOX (misto ossidi di plutonio e di uranio). Il rendimento può essere migliorato tramite cogenerazione, usando il vapore a bassa pressione per riscaldare un quartiere, oppure per far funzionare un'industria. Oppure si potrebbe surriscaldare il vapore primario, per ottenere rendimenti termodinamici migliori. L'EPR è quasi immediatamente disponibile poiché è il successore dei reattori attuali e la tecnologia per la relativa costruzione è già attuale. In Francia sarà attivo un reattore da 1600 MW entro il 2007. (ANSA) - PARIGI, 18 DIC 2003 - Areva e Siemens costruiranno un reattore nucleare EPR (European Pressurized Water reactor) per la compagnia finlandese di elettricità TVO, ha annunciato oggi il gruppo francese Areva, leader mondiale dell'industria nucleare. Il progetto, secondo le valutazioni di TVO, e' di 3 miliardi. L'EPR e' il reattore della terza generazione al cui progetto potrebbe associarsi anche l'Enel. L'EPR è destinato a sostituire in Francia le vecchie centrali a partire del 2020.

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Reattori "asciutti", raffreddati ad elio a temperatura elevata (HTR). Questi reattori sarebbero meno potenti, ad esempio da 100 a 300 megawatt. Il prototipo MGHTR è allo studio della cooperazione fra la General Atomics (U.S.A.), Framatome (Francia e Germania), Fuji Electric (Giappone) e vari istituti russi. Un altro progetto è seguito in Sudafrica e da BNFL nel Regno Unito. Questo reattore funziona diversi anni con una singola carica, adatti anche per la produzione di idrogeno con idrolisi termochimica utilizzando il calore in eccesso (Simposio 2003 della World Nuclear Association: http://www.world-nuclear.org/sym/2003/schultz.htm ). I risultati della giapponese Jaeri sulla produzione di idrogeno per via termochimica tramite ciclo I-S: inisjp.tokai.jaeri.go.jp/ACT00E e inisjp.tokai.jaeri.go.jp/ACT97E Oltre ai reattori lenti esistono, anche se ancora in fase sperimentale, i reattori veloci, che utilizzano come combustibile 238U e sfruttano l’azione dei neutroni veloci (non rallentati) per produrre 239Pu che è un combustibile nucleare, anch’esso fissile, non presente in natura. Il plutonio così ottenuto viene poi immesso nei reattori lenti dove subisce, analogamente all’235U, il processo di fissione. Poiché, come si è visto, il materiale fissile viene prodotto nello stesso impianto, tali reattori vengono detti autofertilizzanti. Reattori Autofertilizzanti a neutroni veloci (FBR) come il francese Superphénix. I reattori veloci possono contribuire a risolvere il problema delle scorie radioattive longeve (chiamate "actinidi secondari") incenerendoli con il plutonio. Sono ritenuti efficienti e sicuri quanto i reattori attuali, però gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno abbandonato i loro reattori autofertilizzanti, più per un problema di costi di gestione che di sicurezza.

Reattore Superphénix

I reattori ibridi. In questi reattori "subcritici" un acceleratore di particelle fornisce un fascio di protoni che va a colpire un metallo pesante (ad esempio il piombo). Da questo scontro fuoriesce un fascio di neutroni che, a sua volta, va a colpire il materiale fissile, che potrebbe essere uranio o torio. Questi reattori vengono considerati più sicuri, (sono definiti a "sicurezza intrinseca" ) poiché basterebbe "spegnere" l'acceleratore di particelle per fermare tutto in caso di guasto. Inoltre questi reattori potrebbero anche incenerire le scorie radioattive.

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Moltissimo lo sviluppo necessario prima che si possa dire se i reattori ibridi saranno pratici ed economici. Orizzonte di tempo: forse 30 anni. Il progetto di un nuovo reattore Light Water Reactor (LWR), ancora in fase sperimentale: hulk.cesnef.polimi.it.

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Vantaggi e rischi delle centrali nucleari L’uso pacifico dell'energia nucleare ha avuto inizio nel 1956, in Gran Bretagna. Da allora sono state installate, in vari Paesi, centinaia di centrali nucleari. I problemi connessi alla installazione di centrali nucleari, allo smaltimento dei rifiuti radioattivi, alla convenienza economica e alla sicurezza degli impianti, sono spesso al centro di aspre polemiche e di accesi dibattiti politici. Aspetti positivi A favore delle centrali nucleari gioca la facilità di approvvigionamento di combustibile: pensa che solo 20 grammi di combustibile fissile forniscono la stessa quantità di energia elettrica di una tonnellata di petrolio. Anche dal punto di vista economico le centrali nucleari sono vantaggiose rispetto a quelle termoelettriche: il costo di esercizio di una centrale nucleare è infatti la nona parte rispetto a quello di una centrale termoelettrica, anche se la costruzione costa più del doppio di quella termica. Secondo il più recente rapporto del MIT per il governo USA l'opzione nucleare dovrebbe essere mantenuta per i prossimi 50 anni sopratutto per la sua scarsa emissione in atmosfera di agenti inquinanti e ad effetto serra, solo le rinnovabili possono avere basse emissioni paragonabili al nucleare web.mit.edu/nuclearpower, quindi, in generale, i costi esterni (esternalità) sono comparabili alle migliori tecnologie che prevedono l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. www.externe.info Il costo del kWh prodotto in centrali PWR è competitivo anche rispetto alle centrali a carbone che tra le altre fonti esauribili è la tecnologia meno costosa, attualmente solo le migliori centrali idroelettriche hanno costi più competitivi del nucleare. L'uranio naturale da cui si ottiene il combustibile fissile (U-235) è abbastanza distribuito nella crosta terrestre, il costo del combustibile incide poco sul costo totale per la produzione del kWh, anche se il prezzo dell'uranio raddoppiasse avrebbe poca incidenza sul costo dell'energia prodotta www.vtservice.it/societa/societazl.htm I tempi di costruzione di nuove centrali si sono notevolmente ridotti, nuovi impianti sono realizzabili in circa 3 anni e sono accreditati dei migliori sistemi di sicurezza. www.vtservice.it/politica/politicazzt.htm I reattori nucleari possono fornire cascami di energia termica utile alla produzione di idrogeno tramite idrolisi termochimica, l'energia elettrica eventualmente in eccesso nelle ore notturne può anch'essa essere convertita in idrogeno per elettrolisi, tutto ciò rende il nucleare la migliore tra le tecnologie da fonti esauribili sotto l'aspetto del rendimento energetico. anes.fiu.edu/Pro/s10Sc.pdf Gli impianti nucleari hanno il miglior rapporto spazio occupato/potenza installata, sotto questo aspetto sono migliori anche nei confronti di quasi tutti i sistemi da fonti rinnovabili. Aspetti negativi I rischi possono essere immediati e futuri. Quelli immediati sono rappresentati dall’elevato inquinamento termico dei fluidi utilizzati per il raffreddamento del reattore, dalla radioattività che tali impianti sprigionano nelle zone dove sono installati, dai fluidi di raffreddamento contaminati e dal pericolo di incidenti fortuiti che prima sembravano tecnicamente impossibili: - il surriscaldamento del nucleo del reattore 2 nella centrale di Three Miles Island (Pennsylvania, Usa - 1979) che causò il deterioramento dell’involucro esterno e una piccola parte dell’acqua del reattore (radioattiva) fuoriuscì e finì nel corso d’acqua adiacente;

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- l’incidente di Cernobyl (Ukraina -1986).

Area contaminata a seguito della esplosione della centrale Cernobyl

G. Medvedev, Cernobyl, tutta la verità sulla tragedia nucleare SugarCo 1991

L'incidente di Cernobyl Il 26 aprile 1986 a Cernobyl, in Ucraina, è accaduto il più disastroso incidente della storia del nucleare. La centrale ucraina ha quattro reattori. La direzione decide di effettuare un particolare esperimento (molto rischioso anche sulla carta) con il reattore dell'unità 4, il più recente dell'impianto. Essendo in funzione dalla fine del 1983, gli elementi di combustibile contengono nel 1986 elevate quantità di atomi radioattivi di lunga durata. Per eseguire la prova, la direzione chiede le necessarie autorizzazioni agli organi centrali competenti, che però non inviano alcuna risposta. Il 26 aprile del 1986 la direzione decide di procedere all'esperimento all'unità 4. Secondo i piani, viene disinserito l'impianto di raffreddamento d'emergenza. Questo è il primo e il più fatale degli errori. Mentre il reattore viene portato a uno stato instabile, come deciso nel programma, al suo interno avviene un improvviso e fortissimo riscaldamento. Ora i tecnici sono di fronte a un'alternativa: possono intervenire e riportare il reattore a uno stato stabile oppure possono ridurre il margine di sicurezza del reattore, sollevando le barre di sicurezza, per poter proseguire nel loro esperimento. L'esperimento. Purtroppo, spinti anche da indicazioni errate della strumentazione di controllo, scelgono la seconda strada. L'intervento non ottiene l'effetto sperato e la temperatura, sempre più elevata, provoca la rapidissima evaporazione dell'acqua dell'impianto di raffreddamento principale. Quando la temperatura nel reattore raggiunge circa 800°C il vapore acqueo reagisce con lo zirconio delle barre di combustibile liberando idrogeno. La bolla di idrogeno, entrando in contatto con l'ossigeno dell'aria esterna,

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provoca una serie di devastanti esplosioni. Infine, la grafite, carica di elementi radioattivi, a 1.100 °C inizia a bruciare e i suoi fumi si diffondono rapidamente nell'atmosfera trasportati dai venti. Solo il coraggioso sacrificio dei pompieri e degli operatori presenti nella centrale ha consentito che l'incendio non raggiungesse gli altri reattori. Il bilancio. Questa tragedia ha provocato direttamente 31 morti, 299 persone gravemente contaminate, circa 1.000 gravidanze interrotte, 135.000 persone costrette a controlli sanitari a vita e 500.000 persone evacuate dalla zona attorno a Cernobyl. Non sarà mai possibile valutare le conseguenze della nuvola radioattiva che ha investito le popolazioni europee nelle settimane seguenti. Basti pensare che la bomba di Hiroshima ha rilasciato nell'atmosfera 4,5 t di sostanze radioattive, mentre l'esplosione del reattore di Cernobyl ne ha rilasciate circa 50 t.

Quelli futuri provengono: - dall’accumulo dei residui radioattivi

(scorie) derivanti dalla necessità di sostituire il combustibile fissile che, pur se considerato esaurito per l’alimentazione della centrale, conserverà per un periodo di tempo molto lungo (millenni) la sua radioattività residua (raggi gamma);

scorie radioattive trasportate verso il luogo di stoccaggio

- dal pericolo di fughe radioattive. Attualmente la maggior parte delle scorie viene interrata in profondità, in ambienti con spesse pareti protettive, naturali o artificiali. In passato si preparavano contenitori a metallici a tenuta stagna e si affondavano in mare a grande profondità o negli oceani (ma l'acqua di mare è corrosiva e può intaccare i contenitori provocando una fuga di radiazioni con incalcolabili conseguenze per l'ambiente marino) oppure le scorie venivano sepolte nel terreno a grandi profondità (ad esempio in miniere o in cave di sale abbandonate). È impossibile però garantire che queste "camere di sicurezza" non subiscano perdite radioattive in futuro, per esempio, a causa di sconvolgimenti tellurici (terremoti).

Attualmente secondo i tecnici, per ridurre al minimo il rischio nelle centrali nucleari è necessario che esse siano dotate di un edificio esterno che contenga il nucleo del reattore, che siano dotate di sistemi di sicurezza automatici non disattivabili dall'uomo se non in emergenza assoluta. Inoltre le centrali vanno

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costruite in ambienti il più possibili sicuri da un punto di vista geo-morfologico (alluvioni, terremoti) e politico (rischio attentati). D'altro canto, rendere sicure le centrali non significa annullare il rischio nucleare: pensiamo ai sommergibili e alle navi a propulsione nucleare, che sono evidentemente sempre soggetti a incidenti, affondamenti, attacchi nemici. Questa preoccupazione, negli anni 90, ha contribuito di fatto a bloccare gli investimenti della maggior parte delle nazioni in questo settore ed attualmente sono circa 440 le centrali nucleari nel mondo, che coprono il 17% circa del fabbisogno energetico globale. Nel grafico è rappresentata la produzione di energia elettrica per singola fonte primaria.

Sono 150 i reattori attivi nei Paesi dell’Unione Europea: la Francia produce quasi l'80% dell'energia elettrica dal nucleare, la Svizzera quasi il 40%, molti Paesi occidentali si aggirano sul 18-20%. Cinque Paesi hanno annunciato o iniziato a smantellare le loro centrali. In Italia, la costruzione delle centrali nucleari è ferma in seguito al referendum popolare del 1987, che ne aveva chiesto la non utilizzazione. Nei nuovi Stati membri e in quelli candidati, esistono 68 reattori, situati in sette Paesi: le centrali nucleari dell'Est sono di progettazione sovietica e, quindi, spesso non conformi agli standard di sicurezza dell'Ue. La politica della Commissione è quella di distinguere tra unità nucleari ammodernabili e unità nucleari pericolose, procedendo poi al miglioramento delle prime ed alla chiusura delle seconde. Le centrali nucleari in Europa

UK (Sellafield) Slovacchia (Bohunice) Lituania (Ignalina ) Francia (Chooz) Belgio (Doel)

Spagna (Cofrentes) Finlandia (Loviisa)

Germania (Grohnde) Olanda (Dodewaard)

Slovenia (Krsko)

CZ (Dukovany) Romania (Cernavoda) Ungheria (Paks) Svezia (Barsebeck) Bulgaria (Kozloduy)

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Gli avvenimenti degli ultimi anni (situazione irachena, black-out elettrico) e le recenti dichiarazioni dei rappresentanti dei Paesi industrializzati, che hanno ventilato un possibile ritorno ad investire nell’energia nucleare, hanno riacceso l’interesse intorno a questo tema. L'uranio 235, utilizzato attualmente nelle centrali nucleari, è un isotopo raro dell'uranio naturale (meno dell'1%), secondo le fonti ufficiali più ottimistiche basterebbe per circa 400 anni all'attuale regime di utilizzo, se fosse l'unica fonte energetica e tutti gli abitanti del pianeta fossero messi nelle condizioni di consumare energia come nella media dei paesi industrializzati basterebbe per poche decine di anni. www.elettricita.ch/new/eventi/presentazioni/05-06-02_Romer.pdf Una maggiore disponibilità, in termini di tempo, si avrebbe utilizzando reattori a ciclo del Torio www.nacworldwide.com/Links/Thorium-Fuel.htm, essendo tre volte più abbondante dell'uranio, tempi ancora maggiori di risorse nucleari si avrebbero mettendo a punto reattori autofertilizzanti che avessero costi d'esercizio accettabili. Il materiale del fine ciclo di produzione delle centrali nucleari (materiali radioattivi di 3° categoria, High Level Waste HLW) necessita di particolari siti per un adeguato stoccaggio che garantisca la non contaminazione dell'ambiente per decine di migliaia di anni http://www.zonanucleare.com/, invece i materiali radioattivi di 2° e 1° categoria, che rappresentano il 95% degli scarti di processo nei reattori nucleari, sono assimilabili ai rifiuti di altre attività industriali e anche a servizi ospedalieri, come per esempio il settore di radiologia o medicina nucleare. Negli ultimi 30 anni, a livello globale (con esclusione di Russia e Cina), sono stati spesi 70 miliardi di dollari di fondi pubblici per ricerca e sviluppo del settore nucleare, anche per questo l'attuale tecnologia si può definire economicamente matura e con un accettabile grado di sicurezza di gestione (rimane fondamentale la professionalità dei gestori), per le rinnovabili sono stati dedicati fondi pubblici per meno di 10 miliardi di dollari, probabilmente anche per questo alcune rinnovabili non hanno ancora raggiunto una adeguata maturità tecnica ed economica. world-nuclear.org/info/inf68.htm

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Sugli scarti di processo delle reazioni nucleari c’è chi propone soluzioni singolari ed alternative: Non sono "rifiuti"

Il combustibile nucleare è rinnovabile di Marjorie Mazel Hecht La prima cosa da sapere sui rifiuti nucleari è che essi non sono affatto “rifiuti”, ma una risorsa rinnovabile che, opportunamente riciclata (ritrattata), può offrire nuovo combustibile fissile e isotopi preziosi per molte applicazioni. La principale ragione per cui sono chiamati “rifiuti”, è che la lobby anti-tecnologica non vuole far sapere al pubblico che è possibile riciclarli. Trasformando il carburante esausto nel fantasma di un problema minaccioso e insolubile, la fazione anti-nucleare ha inteso e intende bloccare la diffusione dell’energia nucleare nel mondo. Il problema è che senza l’energia nucleare, il mondo non potrà industrializzarsi, pertanto la popolazione mondiale non potrà crescere: questo è il sogno dei malthusiani. La verità è che, con l’ingresso dell’umanità nell’era del nucleare, da subito la possibilità di riciclare il combustibile fissile parve essere la grande promessa di un modo di produzione dell’energia allo stesso tempo poco costoso e efficiente. Si pensò subito che le nazioni facenti uso dell’energia nucleare avrebbero riprocessato il combustibile esausto, completando il ciclo di rinnovamento dell’uranio inizialmente arricchito, dopo essere stato “bruciato” nei reattori. Quando le altre fonti di energia moderne – legno, carbone, petrolio, gas – sono bruciate, non rimane altro che cenere e prodotti aeriformi inquinanti, effetto estraneo ad una centrale nucleare. Al contrario il fissile esausto, alla fine della reazione nucleare conserva un 95-99% di uranio inutilizzato, disponibile al riciclaggio. Questo significa che se gli Stati Uniti sotterrano 70.000 tonnellate di fissile esausto, si sciupano circa 66.000 tonnellate di uranio 238. Significa, inoltre, che si sciupano anche 1.200 tonnellate di uranio 235 fissile e di plutonio 239. A causa dell’altissima energia contenuta nei nuclei atomici, queste quantità relativamente piccole di fissile (sarebbero contenute nel volume di una piccola villetta) è energeticamente equivalente al 20% delle riserve petrolifere degli Stati Uniti. Fino al 96% del fissile esausto può essere convertito in nuovo combustibile. Il 4% dei cosiddetti rifiuti pesa circa 2.500 tonnellate, e consiste di materiali altamente radioattivi, i quali pure sono ancora sfruttabili. Tra di essi vi sono circa 80 tonnellate di cesio 137 e stronzio 90 che, separati, possono essere impiegati in applicazioni mediche quali la sterilizzazione delle attrezzature. Usando le tecniche di separazione isotopica e la trasmutazione per bombardamento con neutroni veloci (tecnologie in cui gli Stati Uniti furono pionieri, prima di decidere di non svilupparle ulteriormente), si possono separare tutti i tipi di isotopi, come l’americio (impiegato negli allarmi antifumo) o quelli usati nelle diagnosi e nelle terapie mediche. Risulta che, oggi, gli Stati Uniti devono importare il 90% degli isotopi ad uso medico, impiegati in 40.000 procedure mediche quotidiane. Anziché estrarre gli isotopi dalle cosiddette scorie, gli Stati Uniti riforniscono altre nazioni di uranio arricchito, per permettere a queste di processarlo e spedire indietro gli isotopi medici necessari! Come il combustibile diventa “esausto” Il fissile resta per diversi anni dentro al nocciolo del reattore nucleare, fino a che la concentrazione dell’uranio 235 si è ridotta al di sotto dell’1%, soglia che impedisce la prosecuzione della reazione a catena. Un impianto di 1.000 MW deve pertanto sostituire un terzo del suo fissile circa ogni diciotto mesi. Inizialmente, il fissile sostituito è molto caldo, e deve essere depositato in piscine d’acqua che lo raffreddino e al contempo fungano da schermatura contro le radiazioni. Passato un anno in acqua, la radioattività totale diventa circa il 12% di quella riscontrata al termine delle operazioni di sostituzione. Dopo cinque anni, essa diventa circa il 5%. A differenza di altri rifiuti tossici, gli isotopi radioattivi nel tempo perdono la loro pericolosità. Questo processo di decadimento è misurato in unità di “vita media”, che indica il tempo necessario a metà della massa iniziale per decadere in qualcosa di

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diverso, talvolta non più radioattivo. Benché pochi siano gli isotopi con vite medie di migliaia di anni, la maggior parte dei componenti dei rifiuti nucleari decadono a livelli di radiotossicità inferiori a quello dell’uranio naturale in poche centinaia di anni. Il fissile esausto comprende uranio e plutonio, e altre varietà di prodotti della fissione, e un piccolo quantitativo di elementi transuranici (cioè più pesanti dell’uranio stesso: gli attinidi), che hanno lunghi tempi di dimezzamento. Se questo fissile non è riciclato, bisogna aspettare centinaia di anni affinché per via naturale la sua tossicità scenda ai livelli dell’uranio naturale.

E’ difficile fare quindi delle scelte. Da un lato il fabbisogno energetico è in continuo aumento e i combustibili tradizionali da soli non potranno soddisfare le esigenze dell’uomo; la tecnologia moderna, d’altra parte, non ci sa ancora dare risposte accettabili per ciò che concerne le energie alternative; nello stesso tempo però non si può in nessun caso mettere in discussione la sicurezza dell’uomo e la tutela dell’ambiente.

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Approfondimento. Effettua una ricerca sul modo in cui agisce la radioattività sui materiali e gli effetti che essa ha sul corpo umano e su quello degli animali. Effetti della radioattività L'effetto delle radiazioni nucleari su materiale non vivente è dovuto sostanzialmente a due cause: la ionizzazione e conseguente rottura dei legami chimici e la trasmutazione di alcuni nuclei in altri elementi. Effetti sui materiali La trasmutazione rende necessaria una attenta scelta degli acciai e delle leghe metalliche destinate ad operare in ambienti radioattivi, perché ne cambia la composizione chimica e può far loro perdere le necessarie caratteristiche di resistenza meccanica; anche il cemento va incontro agli stessi inconvenienti, seppure in modo meno marcato. Inoltre, i nuclei trasmutati sono in parte anch'essi radioattivi; perciò il materiale, se esposto in via permanente alle radiazioni, con il passare del tempo accumula al suo interno isotopi instabili e diventa sempre più radioattivo. Questo è il motivo principale per cui le centrali nucleari hanno un limite di vita operativa prefissato (alcuni decenni), al termine del quale devono essere smantellate. Inoltre la radioattività è in grado di rendere inutilizzabile un circuito elettronico basato su semiconduttori, trasmutando gli atomi di silicio e alterando le deboli concentrazioni di elementi droganti da cui tali componenti elettronici derivano le loro capacità. Effetti biologici L'effetto biologico è dovuto invece in massima parte alle proprietà ionizzanti: distruggendo i legami fra molecole, le radiazioni danneggiano le cellule generando radicali liberi. Ma soprattutto alterano le grandi macromolecole del DNA e dell'RNA, causando danni genetici e (negli organismi pluricellulari) l'insorgere di tumori. Tale effetto è prodotto principalmente dalle radiazioni gamma, più energiche e penetranti delle particelle alfa e beta. Da notare che non tutte le specie animali e vegetali hanno la stessa suscettibilità alle radiazioni: per esempio gli scarafaggi possono sopportare senza gravi danni tassi di radioattività molto al di sopra di quelli letali per l'uomo, e un batterio, il Deinococchus Radiodurans, sopravvive a dosi di radiazioni 1.000 volte superiori alla dose letale per l'uomo. Effetti delle radiazioni sull’uomo e sugli animali superiori Gli effetti delle radiazioni ionizzanti si suddividono in "Effetti Deterministici" ed "Effetti Stocastici" (ICRP 60 International Commission on Radiological Protection). I primi sono effetti che derivano dalla inattivazione cellulare indotta a seguito di irraggiamento delle strutture vitali della cellula. Tali effetti sono clinicamente osservabili al superamento di un valore di dose detto "dose soglia". Al superamento di tale valore l'effetto compare e la sua gravità aumenta al crescere della dose; ecco perché vengono definiti anche "Effetti Graduati". Un semplice effetto deterministico è l'eritema semplice oppure la cataratta. Gli effetti stocastici, a differenza di quelli deterministici, originano dalla modificazione cellulare a seguito dell'interazione della radiazione ionizzante con il nucleo cellulare, e più in particolare, con la struttura del DNA. In tal caso, dopo l'interazione con l'evento ionizzante, tale struttura potrà essere danneggiata in maniera reversibile o irreversibile, a seconda che la cellula possa essere in grado, con i propri meccanismi riparatori, di riparare correttamente il danno. Nel caso in cui la struttura del DNA venisse riparata in maniera errata, ci si troverebbe sempre in presenza di una cellula attiva ma con la capacità di dar vita, mediante il fenomeno della duplicazione cellulare, a cellule geneticamente modificate che dopo un certo periodo (periodo di latenza) potranno dar luogo a patologie come tumori o leucemie. Negli effetti stocastici non si può parlare di soglia di comparsa in quanto la cellula potrà reagire in maniera diversa al danno indotto. La radiazione potrà non danneggiare il DNA, potrà danneggiare strutture vitali, inattivando la cellula, potrà danneggiare in maniera reversibile il DNA, potrà danneggiare in maniera irreversibile il DNA, inducendo potenzialmente danni diversi con effetti biologici diversi.

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Effetti sull’organismo delle radiazioni

La pericolosità è massima appena i materiali sono estratti dal reattore. Poi la radioattività si riduce con il tempo, grazie al decadimento radioattivo: dopo un certo tempo, che dipende dall’elemento, si riduce del 50%, dopo un altro periodo uguale al precedente di un ulteriore 50%, e così via.

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Lettura

"… alla fusione nucleare" di AA.VV. in Focus Panorama, maggio 1993 Sabato 9 novembre 1991, nella piccola sala controllo del Centro Europeo per la Fusione nucleare di Abingdon, in Gran Bretagna, c’erano, stipate in tutti gli angoli, almeno settanta persone: scienziati del programma JET (Joint European Torus), ma anche studiosi venuti dagli Stati Uniti e dal Giappone e cameraman della tv inglese. Alle 19 e 43, quando il count down è arrivato a meno 30 secondi, il fisico italiano Enzo Bertolini, responsabile della macchina, ha schiacciato il piccolo pulsante che dava via all’esperimento. “Poteva ancora andare male” racconta Bertolini “bastava che una delle centinaia di migliaia di componenti della macchina non funzionasse”. Dal tokamak, la grande macchina a ciambella, chiusa in un hangar a poche centinaia di metri, non veniva neppure un piccolo sibilo. Ma alle 19 e 44 sullo schermo principale sono apparsi i numeri “giusti”, quelli che gli scienziati attendevano. La temperatura del plasma formato dai nuclei ed elettroni elettricamente carichi, confinato con potenti magneti superconduttori all’interno della ciambella (non deve neppure sfiorare le pareti, altrimenti le distruggerebbe), aveva raggiunto i 200 milioni di gradi, venti volte la temperatura del Sole. E, per meno di due secondi, i rivelatori avevano segnalato una pioggia di neutroni: la firma della fusione avvenuta. Dopo 40 anni di ricerche e 40 miliari di spese il JET diventava così la prima macchina a sconfinamento magnetico che otteneva una fusione controllata di nuclei atomici di deuterio e tritio, due isotopi dell’idrogeno usati come combustibile. Un grande passo, come molti hanno commentato, verso il sogno coltivato fin dai tempi di Albert Einstein di riprodurre in laboratorio l’energia che accende le stelle, illimitata e pulita, capace di soddisfare tutti i bisogni dell’umanità? Un passo certamente. Ma probabilmente solo un piccolo passo, su una strada ancora lunga e piena di imprevisti. Basta esaminare da un punto di vista energetico l’esperimento, sostengono gli esperti, per avere un’idea di quanto si sia ancora lontani dalla meta. La montagna di energia, di soldi, di conoscenze e di lavoro messa nel tokamak di Abingdon ha partorito un topolino; più o meno, secondo i calcoli di uno dei più autorevoli esperti di problemi energetici europei, Mario Silvestri, quanto basta per far funzionare per un’ora uno scaldabagno. “Per avere l’energia del Sole con queste macchine bisognerà aspettare almeno fino al 2040”, afferma Elio Sindoni, fisico fusionista dell’Università di Milano, “costruire altre due macchine, l’Iter (prevista per il 2005) e la Demo (2025) e spendere altri miliardi di dollari”. E non è detto che questo sforzo porti al successo. “L’Iter”, spiega Carlo Rubbia, presidente del Cern e Premio Nobel per la Fisica, “è un progetto complicatissimo. Ci vorranno centinaia di scienziati per farlo funzionare. E sarà difficile trasformare una macchina del genere in qualcosa che possa produrre energia interessante sotto il profilo economico. Certo, è giusto andare avanti. Ma non so se l’umanità potrà aspettare che tutti questi problemi vengano risolti”. Soluzioni alternative? Altre strade per la fusione? La domanda è di quelle che suscitano più polemiche che risposte. E polemiche spesso furiose, come non può non succedere quando in palio ci sono budget di miliardi di dollari. Più o meno nelle stesse ore in cui ad Abingdon si concludeva l’esperimento JET, in centinaia di laboratori sparsi per tutto il mondo piccole celle elettrolitiche, quelle delle fusione fredda di Martin Fleischmann e Stanley Pons, facevano impennare i loro misuratori di calore e a Brookhaven, nel Mississipi, tre scienziati rivelavano i segni inequivocabili del passaggio di neutroni sparando con un piccolo acceleratore grappoli di molecole di deuterio contro un bersaglio della stessa sostanza.

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Due strane forme di fusione (la seconda è stata battezzata semifredda), ancora molto difficili da spiegare, ma sicuramente interessanti. Come interessanti sono la proposta di Rubbia, la macchina progettata da un altro fisico italiano, Bruno Coppi, o gli esperimenti con i laser che già hanno consentito di produrre una fusione nucleare negli USA: Funzioneranno? E’ tutto da verificare. Ma, poiché la posta in gioco è il futuro dell’umanità, vale la pena di non lasciare nulla di intentato. Come sostiene uno dei padri della fusione fredda, Steven Jones, “non esiste una via maestra alla fusione”. Ecco, una per una, tutte le strade che vanno verso il Sole.

Nucleare: sfida Francia-Spagna 9 luglio 2003 - Giuseppe Rizzo Presto si deciderà dove installare il primo reattore a fusione. Un progetto internazionale del valore di 10 miliardi di euro: è questa la posta in gioco di una ormai decennale contesa fra Francia e Spagna. Si tratta di Iter, il primo reattore atomico che funzionerà a fusione nucleare e che sarà finanziato dall'Unione europea, ma anche dagli Stati Uniti, dalla Cina, dalla Russia, dal Canada e dal Giappone. Per il solo triennio 2003-2006 Bruxelles ha già stanziato 750 milioni di euro. Le città duellanti sono la spagnola Vandellos, che fino a poche settimane fa, con l'appoggio della Spagna agli Stati Uniti per la guerra in Iraq, sembrava favorita, e Cadarache, la cittadina della Provenza che oggi è pronta a scommettere sulla propria vittoria: "C'è molta cooperazione con il Dipartimento per l'Energia degli Stati Uniti" ha dichiarato di recente Claudie Haignere, ministro francese per la ricerca, "ci sono chance che la nostra proposta abbia successo". Iter si inserisce nel piano internazionale per lo sviluppo di fonti di energia pulite e alternative al petrolio. Il reattore dovrebbe produrre energia attraverso la fusione nucleare, un processo inverso rispetto a quello messo in atto fino ad ora, la fissione. Quest'ultima, che consiste nella spaccatura degli atomi, lascia un residuo fortemente radioattivo, mentre la fusione di due atomi di idrogeno in uno di elio non lascerà residui nocivi. Si tratta in pratica della stessa reazione che si verifica all'interno del sole. Nella scelta della città che ospiterà Iter, tutti gli Stati finanziatori saranno chiamati a dire la propria, ma le decisione finale spetterà alla Commissione di Bruxelles. L'Istituzione presieduta da Romano Prodi ha già fissato dei criteri obiettivi per la scelta: lo stato dei luoghi candidati, l'ambiente scientifico, tecnologico e sociale che li caratterizza, il sostegno politico, finanziario e amministrativo degli Stati membri in gara, i tempi necessari per ottenere le autorizzazioni nazionali e regionali necessarie per l'avvio del progetto.

Spinta dall'allarme lanciato dagli esperti che considerano imminente l'esaurimento delle fonti di petrolio e dal preoccupante aumento di emissioni tossiche nell'aria, l'Unione europea ha deciso di investire sempre di più nella ricerca di fonti alternative di energia. Oltre all'uso dell'idrogeno (in un progetto che la vede ancora affiancata agli Usa), l'Ue sostiene il ricorso a tutte le fonti pulite e naturali: dal vento, al sole, all'acqua.

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Imitare il Sole Diventa sempre più concreta la grande promessa della fusione nucleare: imitare i processi che avvengono all'interno delle stelle per produrre energia inesauribile e pulita sulla Terra 16/3/2006 - Newton

Un investimento di 5 miliardi di euro soltanto nella fase di costruzione, che durerà 8 anni, più una spesa compresa fra 200 e 250 milioni di euro l'anno per condurre gli esperimenti e perfezionare la macchina: è quanto costerà realizzare uno dei programmi scientifici più ambiziosi mai tentati, il reattore sperimentale a fusione nucleare ITER (International Tokamak Experimental Reactor) nato dall'accordo fra sette grandi partner (Unione Europea, Giappone, Russia, Cina, Corea, India e Stati Uniti) per un totale di 3.500 ricercatori di 140 istituti di ricerca di 34 Paesi. L'obiettivo comune “è fare della fusione un'opzione realistica", ha detto il direttore generale del Centro Europeo di Ricerche Nucleari (CERN) di Ginevra, Robert Aymar, nella conferenza sulla ricerca di base e l'innovazione organizzata dalla Regione Valle D'Aosta. In pratica si tratta di riprodurre sulla Terra le reazioni che si verificano sul Sole. Il primo 'pezzo di Sole' si è acceso sulla Terra nel 1991 con il reattore sperimentale a fusione JET (Joint European Torus), passato alla storia per avere prodotto la prima energia generata dalla fusione nucleare. Il processo di fusione nucleare si verifica in modo naturale all'interno del Sole e delle altre stelle grazie alle temperature altissime, di milioni di gradi. Soltanto in queste condizioni i nuclei presentano uno stato di eccitazione tale da creare una miscela di nuclei ed elettroni liberi, il plasma. La strada cui puntano i ricercatori consiste nel riscaldare un plasma di deuterio e trizio a temperature molto alte (100 milioni di gradi). Utilizzando un campo magnetico, il plasma viene confinato in uno spazio limitato per un tempo sufficiente a che l'energia liberata dalle reazioni di fusione possa compensare sia le perdite, sia l'energia usata per ottenere la reazione. Quando si riuscirà in questo intento, l'Umanità avrà a disposizione una fonte inesauribile e pulita di energia. Per Aymar studiare la fusione è quindi "una necessità”, considerando le previsioni di crescita della popolazione mondiale e, di conseguenza, l'aumento del fabbisogno energetico. Si calcola che per il 2050 la popolazione mondiale potrebbe raggiungere 9 miliardi, con un consumo energetico doppio rispetto a quello attuale e pari a 20 tonnellate equivalenti petrolio. Le riserve accertate di petrolio saranno sufficienti per i prossimi 43 anni, quelle di gas per 66 e quelle di carbone per 240 anni. Ma Aymar è convinto che per il 2050 “la fusione potrà sostituire le fonti convenzionali", in modo sicuro e nel rispetto dell'ambiente. Dopo una storia cominciata nel 1985 e animata da forti tensioni, come quelle sulla scelta del sito o quelle che hanno visto gli Stati Uniti rinunciare nel 1998 e poi rientrare, la costruzione di ITER comincerà a fine anno nel Sud della Francia, a Cadarache. Sarà il primo reattore a fusione nucleare ad avere dimensioni paragonabili a quelle di una centrale

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elettrica. I 16 megaWatt generati per un secondo dal JET sono, finora, il più alto valore mai raggiunto al mondo prodotto durante una reazione di fusione. Dopo 15 anni di esperimenti e ricerche, da ITER ci si aspetta molti di più: “si attende una produzione di 500 megaWatt per oltre mezz'ora", ha detto il fisico Enzo Bertolini, che per trent'anni ha seguito il progetto JET. Soprattutto ITER avrà il compito di dimostrare la fattibilità della fusione. Sulla base delle informazioni raccolte da ITER, nei primi anni di attività (almeno 5) si potrà passare alla realizzazione di un dimostratore, DEMO, che permetterà di ottimizzare il progetto e quindi, presumibilmente nel 2030, tutto sarà pronto per realizzare un vero e proprio reattore a fusione destinato a produrre energia su larga scala.

Rispondi alle domande che seguono. Che cosa significa energia nucleare? Quanti e quali sono i procedimenti che permettono di ricavare energia dal nucleo di un atomo? Realizza una scheda riepilogo sull’energia nucleare descrivendo, nella metà superiore, la fissione e, nella metà inferiore, la fusione nucleare. Spiega la reazione a catena degli atomi di uranio. Descrivi inoltre l’uso distruttivo dell’energia: di fissione (bomba atomica) e l’uso pacifico (reattore a fissione e reattore a fusione) Disegna lo schema di una centrale nucleare ed evidenzia in esso il reattore, la turbina, il generatore ed il condensatore. Spiegane poi il funzionamento, seguendo il circuito chiuso dell’acqua e del vapore. Descrivi la catena di eventi che ha portato all’incidente di Cernobyl. Spiega in che cosa consiste il problema delle scorie radioattive.