usa, israele e arabia saudita

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10 LUNEDÌ 15 GIUGNO 2015 Cari giovani, lIslam non è violenza: studiate per capiredi Seyyed Ali Khamenei* GLI AVVENIMENTI accaduti in Francia e altri simili (...) mi han- no convinto a parlarvi diretta- mente. Mi rivolgo a voi gio- vani non perchè trascu- ri i vostri genitori, ma piuttosto perchè il futuro delle vostre na- zioni e paesi sarà nelle vostre ma- ni, e perchè ritengo che il sen- so di ricerca della verità sia più vivo e vigoroso nei vostri cuori. (...) Sapete bene che lumiliazione e la diffusione di odio e paura illusoria dell’’altrosono stati la base comune di ogni sfruttamento oppressivo. (...) La mia prima richiesta è: studiate e cercate i motivi dietro questo of- fuscamento dellimmagine Usa, Israele e Arabia Saudita partita a tre attorno all Iran CRISI INTERNAZIONALE di Giampiero Gramaglia A chi sostiene che il lascito dellAmministrazione Obama in politica estera sarà, a mandati esauriti, poca cosa, Lapo Pistelli, vice-ministro degli Esteri, buon conoscitore della scena internazionale, risponde che, a renderlo positivo, basterebbe il fatto di avere sdoganato tre Paesi a lungo esclusi (e auto-esclusisi) dalla comunità internazionale, la Birmania un da- to del primo mandato , Cuba e, se sarà fatto, lIran. Il se sarà fattodipende, in larga misura, dallesito dei negoziati nucleari fra Tehe- ran e i 5 + 1, cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dellOnu più la Germania si noti lassenza dellItalia fra i maggiori partner economici e commerciali dellIran . Le trat- tative, negli ultimi giorni, hanno compiuto importanti progressi, ma il lavoro prosegue, avverte il vice-ministro degli Esteri ira- niano Abbas Araqchi, capo della delegazione dei negoziatori, allar- rivo a Vienna per quello che dovrebbe essere lultimo round: come dire che nulla è ancora deciso. La scadenza fissata per unintesa che concretizzi quella di massima delineatasi a fine marzo e salutata con ottimismo un podisinvolto dalla diplomazia internazionale come se fosse già buona è il 30 giugno: cè tempo per colpi di scena, dram- matizzazioni e soluzioni (o no). Lesito positivo dei complessi ne- goziati continua a essere contrastato da Israele, il cui premier Ben- jamin Netanyahu sostiene che laccordo non impedirà a Teheran di avere larma nucleare, aggiungendo che molti Paesi arabi condi- vidono la sua preoccupazione. Il che è vero, perché un Iran di nuovo ammesso a pieno titolo nella comunità internazionale e non solo sgravato delle sanzioni, ma coinvolto, come di fatto lo è già, nei tentativi di risolvere i problemi regionali, non piace allArabia Sau- dita e alle monarchie del Golfo. Gli Stati Uniti, invece, cercano di esercitare la loro influenza sui loro alleati, Israele e i sauditi, in senso inverso. Da una parte provano a rassicurare Israele che si può fidare della loro amicizia. Il capo di Stato Maggiore Usa, generale Martin Dempsey, ha incontrato il suo omologo israeliano, Gadi Eisenkot, e il ministro della Difesa Moshe Yaalon: Israele ha insistito Dem- psey non ha amico migliore che le Forze Armate Usa. LA VISITA DI DEMPSEY era stata preceduta da una missione se- greta”– fin quando la stampa israeliana non lha resa pubblica del capo della Cia John Brennan, che avrebbe incontrato il capo del Mossad, Tamir Pardo, e lo stesso Netanyahu. Oggetto dei colloqui, proprio limpatto di un eventuale accordo nucleare, oltre che le at- tività sovversivedi Teheran nella regione il linguaggio è israeliano . Israele non si rassegna allidea che lIran possa normalizzare le proprie relazioni con gli Stati Uniti e la comunità internazionale. Le autorità svizzere hanno appena aperto un'inchiesta su presunti casi di cyber-spionaggio avvenuti negli hotel di Ginevra teatro, tra gen- naio e marzo, delle trattative. Naturalmente, i sospetti si sono subito appuntati su Israele, nonostante le smentite. E sè saputo che anche in Austria ci sono indagini e controlli sul Palais Coburg Hotel di Vienna, attualmente la sede dei colloqui tra i 5 + 1e lIran. È stata lagenzia di sicurezza informatica Kaspersky a scoprire loffensiva cibernetica, individuando un virus così sofisticato che deve essere stato creato da un governo. Sia Kaspersky che lanaloga agenzia Symantec sostengono che il virus di Ginevraha tratti in comune con un software di spionaggio chiamato Duqu, che gli esperti ri- tengono creato dagli israeliani. Ma non sarà Netanyahu e neppure un virus a bloccare le trattative, che hanno nemici interniinsidiosi e potenti sia a Washington che a Teheran. A Washington, nel Con- gresso, dove sono maggioranza, i repubblicani condividono le preoccupazioni di Israele e intralciano lAmministrazione di Oba- ma. Almeno uno dei 15 candidati conservatori alla nomination per Usa 2016, il senatore della South Carolina Lindsey Graham, fa del no allintesa con lIran un cavallo di battaglia. Se non si chiudono ora, i negoziati rischiano dentrare nel frullatore delle presidenziali sta- tunitensi e di uscirne maciullati. A Teheran, gli oppositori del pre- sidente Hassan Rohani, un riformista, non condividono la rinuncia alle ambizioni nucleari militari iraniane e bollano come eccessive le concessioni fatte ai 5+1, nonostante la bozza dintesa di marzo sia stata avallata dalla guida suprema, layatollah Khameney, che ne avrebbe anzi ispirato le linee fondamentali. Rinunciando formal- mente al disegno, mai ammesso, di dotarsi dellarma atomica, lIran vuole ottenere la fine delle sanzioni: linfa per leconomia del Paese che ha bisogno dammodernarsi e cui le risorse energetiche non sono più sufficienti a garantire crescita e miglioramento del tenore di vita della popolazione. Riammettendo lIran nel consesso inter- nazionale, gli Stati Uniti sperano che quella Repubblica teocratica sciita, che li bollava come Satana, contribuisca a combattere lin- tegralismo del Califfo sunnita e a rendere più stabile lassetto della Regione. Il che, in parte, già avviene, suscitando, però, le su- scettibilità e le preoccupazioni dei sauditi e, più in generale, dei sun- niti dellarea. Il coinvolgimento militare iraniano, diretto o indi- retto, tramite volontari, è al momento essenziale al regime di Assad MEDIO-ORIENTE in Siria, per non crollare sotto la pressione delle milizie jihadiste e dellopposizione integralista. E, in Iraq, i Guardiani della Rivolu- zione guidati dal generale Soleimani sono stati protagonisti delluni- ca offensiva riuscita contro le bande del Califfo. Come se lintreccio non fosse abbastanza complicato, Teheran ha pure aperto un fronte di conflitto anti-sunnita a Sud, nello Yemen, suscitando stavolta la reazione militare di Riad, che ha costruito una coalizione di una decina di Paesi, fra cui lEgitto, per reinsediare a Sanaa il presidente Hadi, sunnita e cacciato dalle milizie sciite Houthi. Così, lo Yemen è il terreno di uno scontro statualetra sciiti e sunniti, impossibile da combattere in Siria o in Iraq perché li ci sono interessi occidentali e cè un nemico comune, il Califfo. Il gioco è ulteriormente complicato dalla Russia, che conta anche sulle sue influenze su Iran e Siria per restare, o tornare, fra i protagonisti della diplomazia internazionale, mentre la crisi ucraina lha un poconfinata in un angolo; e pure dalla Turchia, che, tra Occidente, Israele e Paesi vicini, mette in tavola volta a volta carte diverse e alleanze contraddittorie. Che a Teheran lantitesi tra conservatori e riformatori non sia superata, e covi anzi sotto la genere, lo possono forse indicare due episodi di cronaca di questa settimana. Il figlio dell'ex presidente Akbar Rafsanjani, Ha- IL SUSSIDIARIO SUPERFICIE E POPOLAZIONE Il Paese è vasto 1.648.195 km quadrati, il diciottesia- mo al mondo; con oltre 77 milioni di abitanti e una densità 48 ab./km quadro. GOVERNO E STATO Lattuale presidente è Has- san Rouhani, eletto nel 2013 dopo otto anni di Mahmud Ahmadinejad (2005-2013); mentre la Guida Suprema è lAyatol- lah Seyyed Ali Khamenei. CONFINI DEL PAESE Afghanistan, Armenia, Azerbaigian, Iraq, Nagor- no-Karabakh (territorio conteso), Pakistan, Tur- chia, Turkmenistan. IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI VORREBBE QUALCHE APERTURA SULLE SANZIONI PER TEHERAN, MA LOPPOSIZIONE REPUBBLICANA, GERUSALEMME E RIAD SONO CONTRARIE

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Page 1: Usa, israele e arabia saudita

10 11LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5 IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ

“Cari giovani, l’Islamnon è violenza:

studiate per capire”

di Seyyed Ali Khamenei*

“GLI AVVENIMENTI accaduti inFrancia e altri simili (...) mi han-no convinto a parlarvi diretta-mente. Mi rivolgo a voi gio-vani non perchè trascu-

ri i vostri genitori, ma piuttostoperchè il futuro delle vostre na-zioni e paesi sarà nelle vostre ma-

ni, e perchè ritengo che il sen-so di ricerca della verità siapiù vivo e vigoroso nei vostri

cuori. (...) Sapete bene che

l’umiliazione e la diffusione diodio e paura illusoria dell’ ’a l t ro’sono stati la base comune di ognisfruttamento oppressivo. (...) Lamia prima richiesta è: studiate ecercate i motivi dietro questo of-fuscamento dell’immagine

Usa, Israele e Arabia Sauditapartita a tre attorno all’I ran

CRISI INTERNAZIONALE

di Giampiero Gramaglia

A chi sostiene che il lascito dell’Amministrazione Obamain politica estera sarà, a mandati esauriti, poca cosa, LapoPistelli, vice-ministro degli Esteri, buon conoscitore dellascena internazionale, risponde che, a renderlo positivo,

basterebbe il fatto di avere sdoganato tre Paesi a lungo esclusi (eauto-esclusisi) dalla comunità internazionale, la Birmania – un da-to del primo mandato –, Cuba e, se sarà fatto, l’Iran. Il “se sarà fatto”dipende, in larga misura, dall’esito dei negoziati nucleari fra Tehe-ran e i “5 + 1”, cioè i cinque membri permanenti del Consiglio diSicurezza dell’Onu più la Germania – si noti l’assenza dell’Italia frai maggiori partner economici e commerciali dell’Iran –. Le trat-tative, negli ultimi giorni, hanno compiuto “importanti progressi”,ma “il lavoro prosegue”, avverte il vice-ministro degli Esteri ira-niano Abbas Araqchi, capo della delegazione dei negoziatori, all’ar -rivo a Vienna per quello che dovrebbe essere l’ultimo round: comedire che nulla è ancora deciso. La scadenza fissata per un’intesa checoncretizzi quella di massima delineatasi a fine marzo e salutata conottimismo un po’ disinvolto dalla diplomazia internazionale comese fosse già buona è il 30 giugno: c’è tempo per colpi di scena, dram-matizzazioni e soluzioni (o no). L’esito positivo dei complessi ne-goziati continua a essere contrastato da Israele, il cui premier Ben-jamin Netanyahu sostiene che l’accordo non impedirà a Teheran diavere l’arma nucleare, aggiungendo che molti Paesi arabi condi-vidono la sua preoccupazione. Il che è vero, perché un Iran di nuovoammesso a pieno titolo nella comunità internazionale e non solosgravato delle sanzioni, ma coinvolto, come di fatto lo è già, neitentativi di risolvere i problemi regionali, non piace all’Arabia Sau-dita e alle monarchie del Golfo. Gli Stati Uniti, invece, cercano diesercitare la loro influenza sui loro alleati, Israele e i sauditi, in sensoinverso. Da una parte provano a rassicurare Israele che si può fidaredella loro amicizia. Il capo di Stato Maggiore Usa, generale MartinDempsey, ha incontrato il suo omologo israeliano, Gadi Eisenkot, eil ministro della Difesa Moshe Yaalon: “Israele – ha insistito Dem-psey – non ha amico migliore che le Forze Armate Usa”.

LA VISITA DI DEMPSEY era stata preceduta da una missione “se -greta” – fin quando la stampa israeliana non l’ha resa pubblica – delcapo della Cia John Brennan, che avrebbe incontrato il capo delMossad, Tamir Pardo, e lo stesso Netanyahu. Oggetto dei colloqui,proprio l’impatto di un eventuale accordo nucleare, oltre che le “at -tività sovversive” di Teheran nella regione – il linguaggio è israeliano–. Israele non si rassegna all’idea che l’Iran possa normalizzare leproprie relazioni con gli Stati Uniti e la comunità internazionale. Leautorità svizzere hanno appena aperto un'inchiesta su presunti casidi cyber-spionaggio avvenuti negli hotel di Ginevra teatro, tra gen-naio e marzo, delle trattative. Naturalmente, i sospetti si sono subitoappuntati su Israele, nonostante le smentite. E s’è saputo che anchein Austria ci sono indagini e controlli sul Palais Coburg Hotel diVienna, attualmente la sede dei colloqui tra i “5 + 1” e l’Iran. È statal’agenzia di sicurezza informatica Kaspersky a scoprire l’offensivacibernetica, individuando un virus così sofisticato che “deve esserestato creato da un governo”. Sia Kaspersky che l’analoga agenziaSymantec sostengono che il “virus di Ginevra” ha tratti in comunecon un software di spionaggio chiamato Duqu, che gli esperti ri-tengono creato dagli israeliani. Ma non sarà Netanyahu e neppureun virus a bloccare le trattative, che hanno nemici “interni” insidiosie potenti sia a Washington che a Teheran. A Washington, nel Con-gresso, dove sono maggioranza, i repubblicani condividono lepreoccupazioni di Israele e intralciano l’Amministrazione di Oba-ma. Almeno uno dei 15 candidati conservatori alla nomination perUsa 2016, il senatore della South Carolina Lindsey Graham, fa del noall’intesa con l’Iran un cavallo di battaglia. Se non si chiudono ora, inegoziati rischiano d’entrare nel frullatore delle presidenziali sta-tunitensi e di uscirne maciullati. A Teheran, gli oppositori del pre-sidente Hassan Rohani, un riformista, non condividono la rinunciaalle ambizioni nucleari militari iraniane e bollano come eccessive leconcessioni fatte ai “5+1”, nonostante la bozza d’intesa di marzo siastata avallata dalla guida suprema, l’ayatollah Khameney, che neavrebbe anzi ispirato le linee fondamentali. Rinunciando formal-mente al disegno, mai ammesso, di dotarsi dell’arma atomica, l’Iranvuole ottenere la fine delle sanzioni: linfa per l’economia del Paeseche ha bisogno d’ammodernarsi e cui le risorse energetiche nonsono più sufficienti a garantire crescita e miglioramento del tenoredi vita della popolazione. Riammettendo l’Iran nel consesso inter-nazionale, gli Stati Uniti sperano che quella Repubblica teocraticasciita, che li bollava come Satana, contribuisca a combattere l’in -tegralismo del Califfo – sunnita – e a rendere più stabile l’assettodella Regione. Il che, in parte, già avviene, suscitando, però, le su-scettibilità e le preoccupazioni dei sauditi e, più in generale, dei sun-niti dell’area. Il coinvolgimento militare iraniano, diretto o indi-retto, tramite volontari, è al momento essenziale al regime di Assad

M E D I O - OR I E N T E

in Siria, per non crollare sotto la pressione delle milizie jihadiste edell’opposizione integralista. E, in Iraq, i Guardiani della Rivolu-zione guidati dal generale Soleimani sono stati protagonisti dell’uni -ca offensiva riuscita contro le bande del Califfo. Come se l’intreccionon fosse abbastanza complicato, Teheran ha pure aperto un frontedi conflitto anti-sunnita a Sud, nello Yemen, suscitando stavolta lareazione militare di Riad, che ha costruito una coalizione di unadecina di Paesi, fra cui l’Egitto, per reinsediare a Sana’a il presidenteHadi, sunnita e cacciato dalle milizie sciite Houthi. Così, lo Yemen èil terreno di uno scontro “statuale” tra sciiti e sunniti, impossibile dacombattere in Siria o in Iraq perché li ci sono interessi occidentali ec’è un nemico comune, il Califfo. Il gioco è ulteriormente complicatodalla Russia, che conta anche sulle sue influenze su Iran e Siria perrestare, o tornare, fra i protagonisti della diplomazia internazionale,mentre la crisi ucraina l’ha un po’confinata in un angolo; e pure dallaTurchia, che, tra Occidente, Israele e Paesi vicini, mette in tavolavolta a volta carte diverse e alleanze contraddittorie. Che a Teheranl’antitesi tra conservatori e riformatori non sia superata, e covi anzisotto la genere, lo possono forse indicare due episodi di cronaca diquesta settimana. Il figlio dell'ex presidente Akbar Rafsanjani, Ha-

IL SUSSIDIARIO

SUPERFICIEE POPOLAZIONEIl Paese è vasto 1.648.195km quadrati, il diciottesia-mo al mondo; con oltre 77milioni di abitanti e unadensità 48 ab./km quadro.

G OV E R N O E STATOL’attuale presidente è Has-san Rouhani, eletto nel2013 dopo otto anni diMahmud Ahmadinejad(2005-2013); mentre la

Guida Suprema è l’Aya to l -lah Seyyed Ali Khamenei.

CONFINI DEL PAESEAfghanistan, Armenia,Azerbaigian, Iraq, Nagor-no-Karabakh (territorioconteso), Pakistan, Tur-chia, Turkmenistan.

IL PRESIDENTEDEGLI STATI UNITIVO R R E B B EQ UA LC H EAPERTURA SULLESA N Z I O N IPER TEHERAN, MAL’O P P OS I Z I O N ER E P U B B L I CA N A ,G E RU SA L E M M EE RIAD SONOCO N T R A R I E

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10 11LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5 IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ

dell’Islam. La seconda è che (...)cerchiate di ottenere una cono-scenza diretta di questa religio-ne. La logica corretta richiede chealmeno sappiate quale è l’essen -za e natura di ciò da cui vi fannofuggire e spaventare. Non insisto

che voi accettiate la mia, o dichiunque altro, lettura dell’Islam.Quello che voglio dirvi è di nonpermettere che questa realtà di-namica ed efficace nel mondo dioggi venga presentata a voi attra-verso intenzioni e scopi loschi.

Non permettetegli di presentare iterroristi da loro reclutati comerappresentanti dell’Islam. Rica-vate la conoscenza dalle fonti ori-ginali. (...) Non perdete l’occasio -ne di ottenere una comprensioneappropriata e imparziale, in mo-

do che forse, grazie al vostro sen-so di responsabilità, le future ge-nerazioni possano scrivere la sto-ria di questa corrente interazionetra Islam e Occidente con una co-scienza chiara e minore disagio.

*21 Gennaio 2015

LA GUIDAL’Ayatollah SeyyedAli Khameneilaè la Guida Supremadel paese Ansa

tante volte: se questo fallisce,qual è l’alternativa? La guerra.Il presidente americano è accu-sato dalla destra di essersi ar-reso al regime degli Ayatollah.È così?Proprio per niente. È un argo-mento dei repubblicani ameri-cani, che sono dominati a lorovolta dalla lobby di Netanyahu,come purtroppo qualche espo-nente democratico. E la destraisraeliana è assolutamentecontraria a qualsiasi negoziato,a qualsiasi accordo di pace.Non ci crede, e sta facendo delsuo meglio per impedirlo.Lei ha detto e scritto che dopoil 1979 la sua vita è costante-mente divisa tra Oriente e Oc-cidente. Un limite o un’o cc a s i o -ne per una scrittrice?Un privilegio, direi. Non mi haimpedito di scrivere e al tempostesso mi ha dato un sacco dinuove idee. Un’esperienzamolto arricchente, sebbenenon sempre piacevole e anzi,spesso, molto dolorosa. Quelloche mi ha salvato è stata pro-prio la scrittura, quando homesso nero su bianco tutte lemie memorie di bambina. Eroin fondo a un pozzo, mi sonofabbricata una corda da sola e

con quella mi ci so-no tirata fuori.Suo padre, Lotfol-lah Taraghi, era unafigura centrale del-la vita sociale diTehran. Rifiutò unacarriera come aya-tollah per diventareun avvocato. Nonprovò mai rimpiantiper la sua vita reli-giosa “a l te r n a t i -va ”?No, mai. Fino

all’ultimo giorno in cui ha vis-suto mio padre ha odiato gliayatollah e i mullah e qualsiasifigura di mediazione religiosa.Per lui la fede era un fatto dellospirito. Mi diceva sempre: lareligione è solo Dio e amore. Ilresto sono chiacchiere.Nei suoi libri descrive la circo-spezione, l’atteggiamento so-spettoso e invasivo delle auto-rità iraniane verso i viaggiatori,come lei. Le cose stanno cam-biando ora che al potere c’èRo h a n i ?Rohani ha due volti: uno è lasua affiliazione a questo grup-po di potere, da anni. Ed è laragione per cui molti iranianinon credono in lui: ‘è uno diloro’, mi dicono in taxi. ATehran si prendono spesso itaxi collettivi, in cinque, in sei,e si parla. Io la chiamo la ta-xi-seduta di psicanalisi-semo-vente. È vero, Rohani è uno diloro, ma in modo diverso. E saqual è la prova? La censura sista allentando. Per otto anni imiei libri – scritti in persiano!– sono stati rifiutati dall’ufficiocensura del Governo. OraRohani ha nominato un nuovoresponsabile del dipartimento.E sono stati pubblicati.

LA SCRITTRICE GOLI TARAGHI

Ahmadinejad è stato

una catastrofe, era

un pazzo. A far cambiare la

situazione sono state le san-

zioni. La Casa Bianca crede

nel loro alleggerimento, an-

che se la destra americana,

a rimorchio di Netanyahu,

non vuole. Ma le cose

da noi stanno cambiando

shemi, 45 anni, riformista come il padre, è stato condannato a 10anni per frode, furto e reati fiscali e contro la sicurezza. Fra le accusemosse a Rafsanjani jr, pure interdetto dai pubblici uffici, anche quel-la di avere partecipato alle proteste contro i brogli nelle presidenziali2009 vinte dal falco Mahmoud Ahmadinejad e di aver sostenuto ilmovimento verde dei riformisti Mir-Hossein Mousavi e Mehdi Kar-roubi. Hashemi era fuggito in Gran Bretagna ma era poi rientrato inpatria nel settembre 2012.

QUASI CONTEMPORANEAMENTE, le autorità iraniane hanno ar-restato, per ragioni non ancora chiare, l'ex vicepresidente del “falco”Ahmadinejad Hamed Baqaei. L’arresto di Baqaei segue la condannaa 5 anni inflitta lo scorso gennaio a un altro ex vice di Ahmadinejad,Mohammad Reza Rahimi, processato per una serie di denunce dicorruzione e atti illeciti da parte di ex funzionari e politici. Secondogli analisti, arresti e condanne contro politici vicini all’ex presidenteAhmadinejad fanno parte di una campagna contro la corruzionelanciata, non ufficialmente, dall’attuale capo dello Stato Rohani, cheha spesso espresso la volontà d’estirparla. Cominciando dagli espo-nenti della fazione a lui avversa.

“C’è meno censuraE spero in Obama”

In alto uno dei murales di Teheran; sotto Goli Taraghi

di Francesco Chiamulera

ATehran la censura si staallentando. Obama cre-

de davvero nell’alleggeri-mento delle sanzioni, anchese la destra americana, a ri-morchio di Netanyahu, nonvuole la pace. Ma le cose danoi stanno cambiando. Inmeglio”. Goli Taraghi è pie-na di speranze. Dopo la suapartecipazione in Italia aCortina, a Una Montagna diLibri, l’autrice della raccoltadi racconti La signora melo-g ra n o , che Calabuig pubblicaper la prima volta in italiano,è considerata una delle gran-di maestre del racconto per-siano. “Il mio Iran? È comequella sciabola che compraiin un negozio di souvenir permio figlio. La lama era an-tica, l’impugnatura moder-na”, ha scritto. Nata aTehran nel 1939 in una fa-miglia colta, borghese e mol-to laica, poi studente negliStati Uniti, Taraghi vive daitempi della rivoluzione kho-meinista tra Parigi e l’Iran. Isuoi libri sono velati di unasoffusa, dolce melanconia, einsieme di uno sguardo iro-nico sul presente.Taraghi, a novembre avevadetto: “ci auguravamo un al-leggerimento delle sanzioni,ma siamo consapevoli che ledivergenze sono tante. Sa-rebbe troppo bello per essereve ro”. Adesso che il sogno è(quasi) diventato realtà, co-me si sente?L’isolamento è come un ve-leno, per noi. Due anni fa,anche solo l’anno scorso, cisembrava impossibile che ifatti prendessero questa pie-ga. Ahmadinejad è stato unacatastrofe, era un pazzo. Vo-leva l’atomica, non c’è dub-bio a riguardo. A far cambia-re le cose sono state le san-zioni. C’è stato un tempo incui l’ayatollah Khamenei po-teva dire: ‘le sanzioni non cifanno nulla’. Ora non è piùpossibile: l’economia èsull’orlo del collasso, i prezzisono decuplicati, il governonon può pagare i salari deidipendenti pubblici. Kha-menei lo sa.Quindi, fine delle sanzioni?Non ne sono ancora sicura.Non c’è accordo sulle partifinali del negoziato, che ov-viamente sono molto impor-tanti: Khamenei vuole chetutte le sanzioni vengano ri-mosse in una volta sola,l’America è più cauta.Barack Obama ci crede.Sì, Obama ci sta provandodavvero. Mi piace questopresidente. Penso che siaonesto, a volte quasi inge-nuo. Non c’è dubbio che vo-glia una buona conclusionedei negoziati con l’Iran. Ilperché lo ha detto lui stesso