uso sostenibile delle acque e sviluppo di … linee guida per la gestione delle risorse idriche...

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Uso sostenibile delle acque e sviluppo di tecnologie pulite per il risparmio idrico Pubblicazione ottobre 2004 Tesi di Laurea Redattore: Lorenzo GALLETTI Relatore: Prof.ssa Alessandra BONOLI FACOLTÀ DI INGEGNERIA – Università degli studi di Bologna Corso di laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio A. A. 2002/2003 Labelab srl – Via Mirasole 2/2 – 40124 Bologna (BO) – C.F./P.Iva: 02151361207

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Uso sostenibile delle acque e

sviluppo di tecnologie pulite per il risparmio idrico

Pubblicazione ottobre 2004

Tesi di Laurea

Redattore: Lorenzo GALLETTI Relatore: Prof.ssa Alessandra BONOLI

FACOLTÀ DI INGEGNERIA – Università degli studi di Bologna Corso di laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio

A. A. 2002/2003

Labelab srl – Via Mirasole 2/2 – 40124 Bologna (BO) – C.F./P.Iva: 02151361207

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PAROLE CHIAVE: ACQUA, USO SOSTENIBILE,

RISPARMIO IDRICO, RICICLO IDRICO, RIUTILIZZO

IDRICO

INDICE 1. PREMESSA………………………………………………………….….

1.1 Progetto di studio…………………………………………………….

2. AMBITO CIVILE………………………………………………………

2.1 Uso sostenibile dell’acqua in ambito domestico……………………..

2.1.1 Tecnologie……………………………………………………

2.1.2 Pratiche comportamentali…………………………………….

2.2 Tecniche per la gestione dell’acqua piovana…………………….…..

2.3 Sistemi non convenzionali di depurazione: metodologie naturali.…..

2.3.1 Tecniche basate sulle capacità depurative delle piante………

2.3.1.1 Fitodepurazione…………………………………………..

2.3.1.2 Living Machine…………………………………………..

2.3.2 Tecniche basate sulle capacità depurative del terreno………..

2.3.3 Impianti tecnologici…………………………………………..

2.4 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio

idrico in ambito europeo……………………………………………..

2.4.1 Saragozza (Spagna)…………………………………………..

2.4.2 Francoforte (Germania)………………………………………

2.4.3 Francia – Riciclaggio di acque fognarie depurate……………

2.4.4 Gran Bretagna – Trattamento di acque di scarico tramite

sistema fognario centralizzato (Living Machine)…………….

2.4.5 Applicazioni in Italia…………………………………………

3. AMBITO INDUSTRIALE……………………………………………..

3.1 Linee guida per la gestione delle risorse idriche nelle nuove aree

industriali…………………………………………………………….

3.1.1 Approvvigionamento idrico………………………………….

3.1.2 Trattamento degli effluenti……………………………….…..

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3.2 Linee guida per la gestione delle risorse idriche nelle aree industriali

esistenti……………………………………………….………….…...

3.2.1 Valutazione dello stato ambientale dell’area…………….…...

3.2.2 Definizione degli obiettivi di gestione ambientale…………...

3.2.3 Attuazione dei sistemi e dei progetti di gestione sostenibile

delle risorse idriche…………………………………………..

3.3 Riciclo delle acque di scarico………………………………………...

3.3.1 Impianti a ciclo chiuso……………………………………….

3.3.2 Impianto ad osmosi inversa…………………………………..

3.4 Metodi non convenzionali di depurazione applicati al settore

industriale……………………………………………………………..

3.4.1 Sistemi basati sulle capacità depurative delle piante…….…...

3.4.1.1 Marcita………………………………………………….

3.4.1.2 Fitodepurazione…………………………………….…..

3.4.2 Applicazione della fitodepurazione al trattamento di reflui

agroalimentari…………………………………………….…..

3.4.3 Applicazione della fitodepurazione per il riciclo delle acque

reflue nell’industria tessile…………………………………...

3.5 Ecosistemi industriali: il modello di “simbiosi” tra industrie di

diversi settori………………………………………………………….

3.5.1 Danimarca – Applicazione di un modello di simbiosi

industriale…………………………………………………….

3.5.2 Paesi Bassi – Riciclaggio delle acque dei processi di

produzione……………………………………………………

3.6 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio

idrico nel settore industriale………………………………………….

3.6.1 Paesi Bassi – Tecnologia a circuito chiuso in un

mobilificio……………………………………………………

3.6.2 Austria – Tecnologia a circuito chiuso e risparmio sulle

materie prime nell’industria della cellulosa………………….

3.6.3 Italia – Risparmio idrico nell’industria tessile……………….

3.6.4 Germania – Acquafarming……………………………….…..

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3.6.5 Gran Bretagna – Terreno irriguo per il trattamento di reflui

minerari………………………………………………………

3.6.6 Svezia – Impianto di lavaggio con ricircolo d’acqua…….…..

3.6.7 Portogallo – Sistema integrato di gestione ambientale per

un’industria chimica………………………………………….

3.6.8 Italia – Industria cartaria: esempio di chiusura del ciclo

idrico alla cartiera Modesto Cardella…………………….…..

4. AMBITO AGRICOLO…………………………………………………

4.1 Linee guida…………………………………………………………..

4.2 Metodologie e tecniche per il risparmio e la razionalizzazione

dell’impiego delle risorse idriche in agricoltura………………….….

4.2.1 Aridocoltura………………………………………………….

4.2.2 Sistemi irrigui…………………………………………….….

4.2.2.1 La fertirrigazione…………………………………………

4.2.2.2 La microirrigazione o irrigazione a goccia……………….

4.2.2.3 Il sistema per aspersione o a pioggia……………….…….

4.2.2.4 La subirrigazione…………………………………………

4.2.3 Italia – Applicazione di un impianto di irrigazione a goccia

alimentato con energia fotovoltaica in Emilia-

Romagna………………………………………………….…..

4.3 Tecniche naturali per la gestione delle risorse idriche……………….

4.3.1 Fitodepurazione applicata al settore agricolo…………….…..

4.3.2 Applicazione della fitodepurazione al trattamento di reflui di

origine zootecnica……………………………………………

4.4 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio

idrico nel settore agricolo in Italia…………………………………...

4.4.1 Il progetto “Licata” contro la desertificazione in Sicilia……..

4.4.2 Impianto di fitodepurazione in un’azienda agraria in

Toscana……………………………………………………….

5. CONCLUSIONI………………………………………………………...

6. BIBLIOGRAFIA………………………………………………………..

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1. PREMESSA

L’acqua è una risorsa di importanza universale: essa è all’origine della vita, è

fondamentale in tutti i processi biologici, è indispensabile alla sopravvivenza

dell’uomo e costituisce il materiale fondamentale per tutte le attività civili,

agricole ed industriali.

L’acqua dall’atmosfera giunge a terra sottoforma di precipitazioni. Nel suo

percorso si arricchisce dei gas e delle sostanze che incontra, penetrando nel

terreno o scorrendo su di esso, raggiungendo rispettivamente le falde sotterranee

ed i corpi idrici superficiali; questi a loro volta si riversano negli oceani. Dagli

oceani, dai corpi idrici superficiali e dal terreno l’acqua, per effetto

dell’irraggiamento solare, evapora in atmosfera per formare i corpi nuvolosi e

riprendere il ciclo.

Occorre quindi rilevare che l’acqua non è una sostanza pura ma, a temperatura

ambiente, è un liquido che ha in soluzione e sospensione percentuali più o meno

elevate di gas e solidi, che non sempre vengono tollerati negli impieghi agricoli,

civili ed industriali.

Per questi scopi non è quindi possibile usare qualsiasi tipo di acqua, ma è

necessario che essa non contenga sostanze dannose all’attività per la quale è

impiegata.

In particolare ciò si verifica nell’industria, dove spesso l’acqua è sottoposta a

trattamenti di depurazione prima dell’impiego.

Naturalmente dopo l’impiego l’acqua deve essere restituita in condizioni tali da

non danneggiare l’ambiente, ossia l’insieme dei fattori che influenzano il

benessere biologico e psichico dell’uomo. Pertanto se un’acqua, nel suo impiego è

stata inquinata, è necessario sottoporla a tutti quei processi che sono necessari ad

eliminare o quanto meno trasformare gli inquinanti presenti.

Sino a qualche anno fa si riteneva che l’acqua idonea agli usi civili, agricoli e

industriali fosse un bene disponibile senza riserve. Oggi questo concetto è

superato: l’aumento della popolazione e lo sviluppo socio-tecnologico, hanno reso

l’acqua un bene prezioso, tra l’altro distribuito sulla superficie terrestre in maniera

disomogenea.

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In effetti l’acqua dolce rappresenta solo il 2,5% del volume totale di acqua

presente sulla Terra (il restante 97,5% è salata), di questo volume il 68,7% è

immagazzinato sotto forma di ghiaccio e nevi perenni, il 29,9% costituisce le

riserve idriche sotterranee, mentre quello immediatamente disponibile (laghi e

corpi idrici superficiali) rappresenta solo lo 0,26% e ciò spiega la necessità di un

impiego oculato di questa risorsa.

La gestione delle risorse idriche viene spesso effettuata senza una

programmazione mirata alla razionalizzazione del loro utilizzo ed alla

minimizzazione dell’impatto che le attività umane, sempre più idroesigenti, hanno

sull’ambiente.

L’acqua oggi è vista e trattata nella sua duplice veste: componente ambientale e

materia prima.

Come componente ambientale essa spesso non è più gratuitamente né

naturalmente rinnovabile, in quanto i tempi necessari al ripristino

qualiquantitativo dei corpi idrici superficiali e sotterranei compromessi sono

spesso molto lunghi. Anche quando vengono messi in atto complessi e costosi

interventi di bonifica, questi di rado riportano i corpi idrici alle condizioni

“naturali”, lasciando un degrado residuo che andrà a ripercuotersi sulla possibilità

delle future generazioni di avere acqua sufficiente, non inquinata e quindi

disponibile.

Come materia prima, anche in realtà territoriali che storicamente non avevano mai

avuto questo problema di approvvigionamento, è diventata indispensabile per

poter sostenere il modello di vita e di sviluppo su cui ci si è attestati; ad essa va

quindi attribuito un valore economico e va gestita secondo le regole

dell’economia, mai però dimenticando che essa costituisce un bene indispensabile

alla sopravvivenza.

E’ necessario non sottovalutare il ruolo fondamentale rivestito dall’acqua nella

conservazione degli equilibri ecologici e territoriali, nella qualità del paesaggio,

nella tutela della qualità della vita e della salute.

A livello europeo occorre sottolineare che la desertificazione ed il degrado delle

terre interessa, con intensità ed estensione diverse, i paesi europei che si

affacciano sul bacino del Mediterraneo, compresa una considerevole porzione

dell’Italia meridionale ed insulare, esposte a stress di natura climatica ed alla

pressione delle attività umane sull’ambiente.

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Da questo punto di vista l’acqua ed il suolo devono essere considerati come

risorse strategiche e vulnerabili da utilizzare con estrema attenzione, poiché la

loro inadeguata gestione è la principale causa delle desertificazione.

In queste aree sono pertanto di grande attualità le questioni legate allo sviluppo

sostenibile, inteso come benessere della società attuale e delle generazioni future,

ovvero un modello di sviluppo che sia basato sulla gestione sostenibile delle

risorse naturali.

Quando si parla di disponibilità della risorsa idrica sorgono due tipi di problemi:

quantitativo e qualitativo. Essi si manifestano sotto le forme della scarsità e

dell’inquinamento tra loro strettamente connesse, nel senso che l’esistenza

dell’una induce la presenza dell’altra o ne aggrava gli effetti.

Il ciclo di utilizzazione dell’acqua richiede una gestione integrata ed attenta

riguardo ai suoi due aspetti: naturale ed utilizzativo. Occorre pertanto confrontarsi

con il suo uso sostenibile: la disponibilità della risorsa, in termini di adeguatezza

qualitativa e quantitativa, per i fabbisogni presenti e futuri, è strettamente

connessa alla razionalizzazione del sistema complessivo dei prelievi, delle

modalità di utilizzo e di restituzione all’ambiente nell’ambito di una gestione

integrata del territorio.

Le linee guida cui attenersi per la gestione sostenibile delle risorse idriche sono:

• Riduzione dei flussi: il prelievo di risorsa deve essere ridotto in termini sia

assoluti che specifici (per unità di prodotto).

• Chiusura dei cicli: razionalizzazione tecnologica e organizzativa della

produzione e del consumo.

• Riduzione degli sprechi.

• Ridefinizione del benessere: promozione di un cambiamento degli stili di vita.

• Riforme fiscali e tariffarie e sistema di incentivi e disincentivi che favoriscano

l’orientamento del mercato verso la sostenibilità.

• Semplificazione amministrativa: miglioramento delle capacità operative degli

enti locali.

• Messa a punto di un sistema efficiente di monitoraggio e controllo, orientato

alla prevenzione del danno ambientale e non solo all’individuazione e alla

repressione delle violazioni delle norme in vigore.

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• Incentivazione delle opportunità di occupazione e di nuova imprenditorialità

offerte dai nuovi campi di intervento aperti dalle norme e dalle politiche

improntate alla sostenibilità.

In Italia, fino all’emanazione del recentissimo decreto legislativo 11/05/1999

n°152, il governo del ciclo di utilizzazione delle risorse idriche è stato spesso

attuato in maniera frammentaria e settoriale: basti pensare che in materia sono

stati emanati più di 130 atti normativi solamente a livello nazionale a cui occorre

aggiungere la normativa UE (Unione Europea) e quella regionale.

Ciò ha favorito una situazione generalizzata di incertezza nelle norme da seguire,

un aumento di operatori, pubblici ma anche privati, spesso in concorrenza se non

in competizione tra loro con la conseguente deregolamentazione del settore.

Tale scenario non poteva che determinare un generale degrado dei corpi idrici

superficiali e sotterranei, una carenza realizzativa e funzionale del sistema

depurativo, derivante quest’ultima da insufficienze tecnico-gestionali degli enti

gestori. Una strategia di riferimento può essere quella di affiancare agli interventi

per l’adeguamento della disponibilità, una ottimizzazione degli impieghi

dell’acqua, da pianificare in funzione delle richieste territoriali. In questo senso si

dovrà ricorrere a risparmio, riuso e riciclo nei processi industriali e nelle attività

agricole e reimpostare il trattamento delle acque reflue come reintegro e

restituzione all’ambiente della risorsa.

Alcuni dei campi in cui occorre intervenire con la massima priorità sono:

• riduzione dei flussi in entrata nei vari settori di utilizzo tramite la

razionalizzazione degli usi, l’ottimizzazione degli impianti e dei processi

produttivi, la diffusione delle pratiche di risparmio, riciclo, riuso;

• soddisfacimento delle esigenze depurative del Paese attraverso la

separazione delle reti fognarie ed il loro completamento insieme a quello

del parco impianti;

• miglioramento e razionalizzazione delle reti di distribuzione (stato e

gestione);

• stimolo alla ricerca e sperimentazione mirato allo sviluppo e diffusione di

tecnologie innovative riferite all’intero ciclo antropico delle acque.

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Consumo idrico

A livello mondiale, la coltivazione agricola assorbe il 70% delle acque deviate da

fiumi e laghi o pompate da falde, il 20% viene utilizzato dall’industria ed il 10%

dalle abitazioni (Fig. 1).

fig.1 Consumo idrico a livello mondiale

industria20%

agricoltura70%

civile10%

In Europa la domanda d’acqua è in aumento, con particolare riguardo all’area

meridionale, specialmente per gli usi agricoli sebbene l’industria rimanga il

maggior utilizzatore.

Nel complesso delle acque prelevate il 56% è utilizzato dall’industria (compresi

gli usi per scopi energetici e gli usi non definiti), il 30% dall’agricoltura e il 14%

dagli usi domestici (fig.2), ma con grandi variazioni tra paesi diversi. In generale

nei paesi del Nord prevalgono gli usi industriali, mentre al Sud gli usi agricoli con

punte massime fino all’80%.

fig.2 Consumo idrico in Europa

civile 14%agricoltura

30%

industria56%

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Per quanto concerne il consumo idrico in Italia, si hanno i seguenti dati: 12% per

uso civile, 25% per uso industriale, 63% per uso agricolo (fig.3).

fig.3 Consumo idrico in Italia

industriale25%

agricolo63%

civile12%

1.1 Progetto di studio Il progetto per un “uso efficiente dell’acqua” può essere definito in due ambiti:

• Modalità di minor utilizzo d’acqua all’inizio del ciclo;

• Riciclo dell’acqua in circuito chiuso o riuso dell’acqua di scarico

parzialmente trattata per altre applicazioni.

Gli utilizzatori possono essere suddivisi in due grandi categorie, gli utilizzatori

finali e gli operatori del sistema. Questi utilizzatori possono scegliere tra molte

pratiche efficienti che si dividono in due categorie:

1. tecnologiche e operative (ingegneristiche): basate sulla

modificazione degli impianti o alle procedure operative di

fornitura;

2. comportamentali: basate sul cambiamento delle abitudini d’uso.

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Pratiche per usi civili

Tecnologiche

Impiantistiche: sciacquoni a basso flusso; dispositivi di minor consumo degli

sciacquoni; docce a flusso ridotto ed acceleratori di flusso; aeratori; riduttori di

pressione; utilizzo delle acque grigie (acque di scarico domestiche composte dalle

acque di lavaggio della cucina e di lavanderia).

Per usi all’aperto: sistemi per irrigazione programmata ed apparecchiature più

efficienti come i sistemi a goccia, fino ad arrivare alla Xeriscape landscaping, che

è un approccio integrato ed innovativo che si basa sulla pianificazione, l’analisi

dei suoli, e la selezione delle piante da utilizzare (xerofite: a bassa richiesta

d’acqua).

Comportamentali

Cambiamento dei comportamenti senza modifiche degli impianti.

Per gli usi residenziali possono essere applicate sia all’interno che all’esterno

dell’abitazione. Usi all’aperto possono essere ridotti con pratiche d’irrigazione

nelle ore migliori e nei giorni più freschi o un minimo di accorgimenti nel

lavaggio dell’auto.

Pratiche per usi industriali

Tecnologiche

Oltre alle misure tecnologiche di cui sopra, questi utenti possono mettere in atto

accorgimenti come il Riuso e il Riciclo.

Il riuso è l’uso d’acque di scarico, bonificate se necessario, per una applicazione

diversa da quella per la quale sono state utilizzate inizialmente (come ad esempio

le acque reflue municipali trattate per altre applicazioni come l’irrigazione di aree

verdi).

L’acqua per il riuso deve corrispondere a specifiche caratteristiche definite a

livello normativo. Applicazioni potenziali includono altri usi industriali,

irrigazione di aree verdi, irrigazione in agricoltura, usi antincendio ecc..

I fattori da considerare in un programma di riuso industriale dell’acqua includono:

1. identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua;

2. determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti;

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3. identificazione delle fonti di acque reflue che potrebbero soddisfare i

livelli di qualità determinati;

4. individuazione delle modalità di trasporto.

Il riciclo è il riuso dell’acqua per la stessa applicazione per la quale era stata

originariamente utilizzata. I fattori da considerare sono:

1. identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua;

2. determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti;

3. valutazione del peggioramento della qualità dell’acqua dovuta all’uso;

4. determinazione dei trattamenti eventuali che potrebbero essere necessari.

Comportamentali

Cambiamento dei comportamenti senza modifiche degli impianti, inoltre possono

essere sostenute da modalità di pianificazione e monitoraggio per ottimizzare le

scelte.

Pratiche per usi agricoli

Tecnologiche

Per l’irrigazione si distinguono tre categorie: pratiche al campo, strategie di

gestione e modifiche di sistema.

Le pratiche di campo sono tecniche che mantengono l’acqua nel suolo,

distribuiscono l’acqua più efficientemente su tutto il terreno e incoraggiano la

ritenzione dell’umidità del suolo. Esempi di queste pratiche includono l’incisione

di suoli estremamente compatti, la lavorazione più approfondita degli stessi e la

realizzazione di piccoli argini ai bordi per controllare lo scorrimento. Queste

pratiche sono le più convenienti dal punto di vista economico.

Le strategie gestionali comportano il monitoraggio delle condizioni dell’acqua e

del suolo e la raccolta d’informazioni sull’uso dell’acqua e sull’efficienza, che

aiuta nel prendere decisioni sulla programmazione o sul miglioramento del

sistema di irrigazione. I metodi includono la misurazione dell’acqua di pioggia, la

determinazione dell’umidità del suolo, il controllo dell’efficienza delle pompe e la

programmazione dell’irrigazione.

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La modificazione dei sistemi di irrigazione significa il miglioramento dei sistemi

esistenti o il loro cambiamento generale con nuovi sistemi. Generalmente un

cambiamento totale ha costi più gravosi rispetto alle modalità precedenti.

Comportamentali

Una migliore programmazione dell’irrigazione generalmente ha come effetto una

riduzione dell’ammontare complessivo della quantità d’acqua che si richiede per

irrigare una coltivazione efficacemente. Una adeguata scelta delle portate e dei

tempi può aiutare gli agricoltori a mantenere la stessa quantità di raccolto con una

minore quantità d’acqua. Informazioni accurate sulla richiesta d’acqua della

particolare coltivazione richiedono informazioni altrettanto accurate sulle

radiazioni solari e su altre variabili meteo.

Esistono anche nuovi metodi che possono essere utilizzati per migliorare la

programmazione dell’irrigazione e possono comportare forti ritorni, come ad

esempio l’utilizzo di apparecchiature come i tensiometri per monitorare le

condizioni di umidità del suolo e determinare in maniera più accurata i tempi e le

quantità d’acqua da distribuire.

Pratiche per gli operatori

Sostanzialmente consistono in: introduzione di contatori e subcontatori,

individuazione e analisi delle perdite, riuso, Well Capping (chiusura dei pozzi

artesiani abbandonati con rivestimento danneggiato, con perdite costanti nei

sistemi di drenaggio), pratiche di Pianificazione, tariffazione, programmi di

Retrofit (implica alcuni cambiamenti nell’impianto gestiti dal fornitore che può

fornirli al prezzo di costo ed occuparsi anche dell’installazione), programmi

d’audit (verifica) per gli usi residenziali, infine piani di gestione della siccità.

Lo studio quindi si articolerà secondo questo schema analizzando le diverse

situazioni di risparmio idrico nei comparti civile, industriale ed agricolo.

Inoltre si riporteranno alcune applicazioni e sperimentazioni, avvenute in ambito

europeo ed italiano, esemplificative di principi e tecnologie volte al risparmio

idrico.

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2. AMBITO CIVILE

Si propone come obiettivo quello di analizzare le problematiche riguardanti una

corretta progettazione per ottimizzare il ciclo dell’acqua a livello urbano, inteso

sia come città che come singola abitazione, cercando di elaborare una serie di

linee guida.

Occorre apprfondire lo studio dell’impermeabilizzazione dei suoli, della rete di

adduzione idrica, fognaria e della circolazione delle acque superficiali in modo

tale da poter ricostruire il reale funzionamento del ciclo dell’acqua a livello

urbano.

L’acqua piovana scarsamente inquinata, possibilmente in maniera decentrata,

deve: venire infiltrata attraverso strati di terreno permeabile al fine di ricaricare la

falda freatica evitandone l’abbassamento del livello e migliorandone la qualità;

consentire la riduzione della portata idraulica delle canalizzazioni; diminuire la

diluizione delle acque di scarico separando le reti fognarie (reti duali).

Occorre incentivare gli interventi di rinaturazione sui corsi d’acqua e fossati in

genere, in modo da ripristinare tutte le funzioni ecologiche e riportarli quindi ad

uno stato vicino alle condizioni naturali.

Le tecniche di intervento sono rivolte: alla stabilizzazione dei terreni mediante

piantumazione; alla sistemazione idraulica per rafforzare le sponde; al

fitoassorbimento dei nutrienti in eccesso presenti nelle acque da parte delle piante;

all’aumento della variabilità ambientale (la presenza sulle sponde di radici, rami e

incavature, crea molti micro-habitat aumentando di conseguenza la biodiversità

del corso d’acqua); alla rinaturazione dell’ambiente urbano (la condizione

ottimale è rappresentata da essenze ripariali mature, affiancate da zone di più

recente colonizzazione con alberi autoctoni ed infine ripe più a ridosso dell’acqua

formate solamente da erbe).

La ritenzione dell’acqua piovana, l’infiltrazione, il suo riciclo e la fitodepurazione,

sono elementi riproponibili anche a livello di singola abitazione, dove, sin

dall’inizio della progettazione, possono essere prese alcune misure che

garantiscano un risparmio della risorsa stessa. Un’ottimizzazione dell’uso

dell’acqua comporta anche un risparmio energetico, sia nella preparazione,

nell’approvvigionamento e nel trasporto dell’acqua potabile che nel

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funzionamento degli impianti. Se non ci sarà un uso parsimonioso dell’acqua il

suo costo continuerà ad aumentare e ricadrà sul consumatore.

Un progetto di abitazione rivolto ad un uso sostenibile dell’acqua deve quindi

prevedere determinate componenti impiantistiche:

• rubinetterie a getti regolati, con acceleratori di flusso o a fotocellula;

• sciacquoni a cacciata ridotta (3/6 litri);

• lavatrici con sistema jet-system;

• decalcificatori;

• scaldacqua solare.

E’ auspicabile in ogni caso che ogni singolo utente si impegni con la dovuta

partecipazione ad impedire qualsiasi azione nociva alle acque.

2.1 USO SOSTENIBILE DELL’ACQUA IN AMBITO

DOMESTICO

L’acqua non è una fonte inesauribile; la media italiana per il consumo di acqua

potabile è di 200 litri al giorno per persona.

Quest’acqua, soprattutto nelle città, è potabile anche quando non sarebbe

necessario come accade per lo sciacquone del water, per lavare la macchina od

innaffiare il giardino.

Al fine di comprendere meglio l’importanza dell’acqua nella vita di tutti i giorni si

riportano di seguito alcuni esempi di consumi idrici civili:

• da un rubinetto aperto escono 12 litri di acqua al minuto;

• con un rubinetto che perde si possono sprecare dai 30 ai 100 litri di acqua

al giorno;

• per una doccia di 5 minuti occorrono 50 litri;

• per un bagno 150 litri;

• per lavarsi i denti servono 30 litri di acqua ogni 5 minuti.

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2.1.1 Tecnologie

Esistono oggi delle tecnologie che permettono di ottenere un risparmio consistente

nell’uso dell’acqua; esse sono utilizzate in apparecchiature molto semplici che

dimezzano i consumi di acqua corrente e che quindi portano a risparmiare non

solo acqua potabile ma anche il combustibile che serve per riscaldarla.

Tali apparecchiature sono definite acceleratori di flusso e consentono di

“accelerare” l’acqua sfruttando il principio di Venturi.

Queste sostituiscono gli erogatori delle docce ed i frangiflutti dei rubinetti, evitano

i depositi di calcare, riducono i costi di manutenzione, migliorano la pressione

degli impianti idrosanitari e non necessitano di interventi tecnici particolari per la

loro installazione.

Le tecnologie più usate sono:

• doccia a cornetta: l’acqua viene accelerata attraverso un ugello, si ottiene

un risparmio del 50%;

• regolatore del flusso di acqua: adattabile su docce a cornetta e rubinetti;

• frangigetto: è una retina che ha lo scopo di rompere il getto d’acqua che

fuoriesce dal rubinetto miscelandolo con l’aria. Il risultato è una maggiore

potenza lavante e, a parità di effetto, minore acqua consumata, infatti

eroga 8 litri al minuto contro i 14/16 litri al minuto normalmente usati. Si

possono risparmiare circa 6.000 litri di acqua all’anno a persona, così che

una famiglia media di tre persone riesce a risparmiare fino a 18.000 litri di

acqua in un anno.

Oltre a queste tecnologie, esistono molti accorgimenti, anche di facile attuazione,

che possono portare ad una diminuzione rilevante del consumo di acqua potabile

in ogni famiglia.

Di seguito si evidenziano gli interventi principali.

E’ necessaria una corretta manutenzione di rubinetti e tubazioni.

L’acqua risparmiata facendo riparare per tempo un rubinetto che gocciola al ritmo

di 90 gocce al minuto è di 5-15 litri al giorno (1800-5.500 litri di acqua all’anno).

Un foro di 1 millimetro in una tubatura provoca, in un giorno, una perdita di 2.328

litri di acqua potabile.

Oltre il 30% dei consumi idrici domestici sono imputabili allo sciacquone, infatti

normalmente si sprecano dai 6 ai 12 litri di acqua. E’ utile dotare lo sciacquone di

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moderni sistemi di scarico che, a seconda della pressione, erogano quantità

diverse di acqua a seconda dell’esigenza, oppure di sistemi a cacciata ridotta che

usano 3,5-6 litri d’acqua. In questo modo quindi si può risparmiare fino al 50%,

che equivale a circa 26.000 litri anno/famiglia. Inoltre eliminando il flusso

costante di una perdita di acqua nello sciacquone, che può arrivare fino a 100 litri,

si possono risparmiare fino a 52.000 litri d’acqua in un anno.

2.1.2 Pratiche Comportamentali

Si elencano di seguito alcuni dati di grande interesse sulle possibili riduzioni nei

consumi di acqua in una casa tipo italiana, adottando comportamenti idrosensibili.

Il lavaggio di una persona nella vasca da bagno comporta un consumo di 100÷200

litri d’acqua; se si sceglie la doccia piuttosto che il bagno si risparmiano 150÷180

litri per volta, infatti il consumo di acqua per una doccia si aggira attorno ai 20÷50

litri. Usando poi la doccia con un miscelatore aria e acqua si consuma ancora un

50% di meno.

Tenere aperto il rubinetto è causa di un notevole spreco, infatti questo scarica

circa 12 litri al minuto. In un anno una famiglia di tre persone arriva a risparmiare

fino a 7.500 litri di acqua potabile.

Per lavare le stoviglie e gli alimenti è buona norma non usare l’acqua corrente, ma

raccoglierla in un contenitore. Inoltre pulire le stoviglie subito dopo i pasti, usare

l’acqua di cottura della pasta per lavarle, permette di ottenere un risparmio non

soltanto idrico ma anche energetico e di detersivo.

Infatti l’eccessivo uso di prodotti chimici per la pulizia delle stoviglie e della casa

oltre a causare inquinamento dei corsi d’acqua, aumenta il consumo di acqua

utilizzata per la pulizia delle superfici saponate.

Lavatrici e lavastoviglie consumano tanta acqua (80-120 litri) indipendentemente

dal carico di panni e stoviglie, per risparmiare acqua ed energia elettrica è

opportuno utilizzare gli elettrodomestici a pieno carico, diminuendo così la

frequenza dei lavaggi. In questo modo si risparmiano 7.000-11.000 litri

anno/famiglia.

E’ bene acquistare una lavatrice con il sistema “Jet System” o con “Lavaggio a

Pioggia”, ovvero a basso consumo di energia ed acqua.

Conviene raffrontare il consumo di acqua indicato dal costruttore ed acquistare i

prodotti che garantiscono un minor consumo. In media la lavatrice consuma meno

18

della metà dell’acqua (80 l.) con il lavaggio a 30° rispetto a quello a 90°; oggi

molti detersivi sono poi efficaci sotto ai 60°.

La quantità di acqua che normalmente si consuma per lavare l’automobile con il

tubo di gomma, lasciando correre l’acqua durante il lavaggio, è di 200÷400 litri

per lavaggio, se si utilizza un contenitore si risparmiano oltre 100 litri di acqua.

E’ bene collocare la caldaia per il riscaldamento dell’acqua in una posizione il più

vicino possibile alle utenze: in questo modo vengono evitati notevoli sprechi

dovuti all’attesa dell’arrivo dell’acqua calda.

E’ necessario non usare la toilette come discarica di sostanze tossiche (vernici,

lacche, prodotti chimici, sigarette, solventi) altrimenti si riduce la funzionalità del

sistema fognario.

Si può limitare l’utilizzo per annaffiare i fiori, se possibile è bene usare pozzi o

raccogliere l’acqua piovana, altrimenti è opportuno usare per i fiori l’acqua già

utilizzata per lavare frutta e verdura. Bisogna tenere presente che l’irrigazione a

goccia penetra nel terreno e consente di ottenere un migliore risultato rispetto

all’innaffiamento tradizionale, ma con molta meno acqua.

Irrigando nelle ore serali, quando le temperature sono inferiori, l’acqua evapora in

misura minore e non viene sprecata. Tutto questo porta ad un risparmio annuo di

circa 6.000 litri di acqua potabile.

Le piante e i fiori hanno esigenze idriche molto diversificate. Anche la loro

posizione rispetto al sole assume notevole importanza ai fini dell’irrigazione.

Quando si acquista una pianta si devono prendere in considerazione le sue

esigenze idriche e posizionarla in penombra, si ottengono maggiori risultati senza

che la pianta soffra la sete e in più si risparmia acqua.

Al riguardo una pratica che si sta affermando è la Xeriscape Landscaping, una

particolare tecnica di ambientazione paesaggistica per la conservazione delle

risorse idriche e la tutela dell’ambiente. Si tratta di un approccio globale, primo

nel suo genere, articolato in sette principi di base: pianificazione e progettazione,

analisi del suolo, creazione di tappeti erbosi funzionali, adeguata selezione delle

piante, irrigazione efficiente, utilizzo di concimi naturali organici e manutenzione

appropriata. La combinazione di tali principi consente di ottenere un notevole

risparmio idrico e al contempo ambienti verdeggianti.

Con questi semplici accorgimenti, una famiglia risparmia in un anno non meno di

75.000 litri di acqua potabile.

19

2.2 TECNICHE PER LA GESTIONE DELL’ACQUA PIOVANA

Si deve procedere a favore di una raccolta separata di acque reflue e piovane.

Quando sia prevista, la rete separata di scarico dei reflui civili dovrebbe

consentire, per favorire il recupero differenziato degli scarichi umani, la

separazione delle frazioni di scarico alla fonte. Nell’ambito dei sistemi di

adduzione o approvvigionamento, si prevedono:

• la separazione delle reti di adduzione di acqua potabile e acqua piovana;

• il recupero e il riutilizzo dell’acqua piovana per usi specifici;

• lo stoccaggio dell’acqua piovana in vasche realizzate da consentire il

mantenimento delle caratteristiche.

Tutti gli interventi in quest’ambito dovrebbero essere sottesi a più generali criteri

di risparmio idrico e di razionalizzazione nell’uso dell’acqua potabile, limitandone

l’utilizzo ai soli casi in cui non siano possibili alternative, cioè per cucinare e per

bere.

Altri usi, come quelli legati all’igiene personale ed alla pulizia della casa,

potrebbero essere risolti ricorrendo all’impiego di acqua piovana depurata.

Quindi la gestione dell’acqua piovana, in modo da renderla utilizzabile come

risorsa, può contribuire positivamente allo sviluppo dell’ambiente urbano tramite

soluzioni orientate alla gestione locale, alla raccolta ed al riutilizzo.

Gli obiettivi potenzialmente raggiungibili sono i seguenti:

• reinserimento delle acque piovane nel loro ciclo naturale;

• riduzione delle portate di acque di scarico che raggiungono il depuratore;

• alimentazione delle falde sotterranee (ravvenamento);

• diminuzione dell’inquinamento dei corsi d’acqua;

• miglioramento del microclima;

• riduzione dei costi di gestione.

20

A livello urbano sono adottabili le seguenti specifiche:

• la raccolta delle acque meteoriche ed il loro riutilizzo per usi non potabili;

• una pavimentazione che favorisca la permeabilità del terreno per no

diminuirne le capacità depurative, per migliorare il microclima urbano, per

favorire l’assorbimento dei nutrienti ad opera di vegetazione locale e per

consentire l’eventuale ravvenamento delle falde per percolazione;

• la realizzazione di aree umide con finalità depurative e di miglioramento

microclimatico.

Le tecniche per la gestione dell’acqua piovana sono:

Recupero delle acque meteoriche: presenta indubbi vantaggi quali:

• risparmio d’acqua potabile;

• miglioramento del bilancio idrico;

• riduzione dei costi per la depurazione di minori quantità di reflui che

raggiungono i depuratori, grazie alla separazione della componente “acqua

meteorica”.

Le superfici che più si prestano al recupero dell’acqua piovana sono quelle dei

tetti, soprattutto quelli realizzati in laterizio ed in terracotta o comunque in

materiali che non rilascino eventuali residui tossici.

In ogni caso andrebbe evitato di raccogliere la prima acqua di pioggia, spesso

ricca d’impurità: allo scopo è possibile adottare dei separatori automatici delle

prime acque meteoriche. La fase seguente dovrà prevedere il filtraggio dell’acqua

ricorrendo a strati di materiali inerti (sabbia, ghiaia, ciottoli, ecc..) oppure

utilizzando zone umide artificiali. Successivamente l’acqua potrà essere

convogliata in apposite cisterne d’accumulo che dovranno essere realizzate

lontano da qualsiasi fonte d’inquinamento, interrate per garantire costanza della

temperatura dell’acqua, chiuse ermeticamente per evitare il passaggio della luce

che potrebbe indurre la formazione di alghe, protette da infiltrazioni esterne da un

setto impermeabile con inclinazione verso l’esterno; occorreranno anche dei filtri,

per impedire ai corpi estranei che cadono sui tetti di arrivare alle cisterne.

La capienza di queste cisterne d’accumulo non dovrà essere inferiore ai 3 m3; la

forma dovrà essere compatibile con l’installazione di una pompa, eventualmente

21

alimentabile con pannelli fotovoltaici, ed avere un fondo preferibilmente

semisferico per favorire la spontanea sedimentazione delle sostanze sospese.

Il mantenimento delle qualità organolettiche dell’acqua risulterà favorito da

un’adeguata “foderatura” interna della cisterna. Nel caso in cui i serbatoi risultino

vuoti causa il basso volume di acqua piovana raccolta, entra in funzione

un’elettrovalvola posta in contatto con la linea dell’acquedotto.

L’acqua raccolta nelle cisterne potrà essere utilizzata in tutti gli impieghi che non

richiedano acqua potabile: sciacquoni dei bagni, alimentazione di elettrodomestici

(l’acqua piovana è povera di sali, per cui diminuiscono le incrostazioni di calcare),

lavaggio di parti della casa e delle automobili, irrigazione dei giardini.

Permeabilizzazione del terreno: alla base delle scelte dei singoli criteri

d’intervento si considerano alcuni parametri:

• modalità d’uso delle aree soprastanti il terreno d’infiltrazione;

• caratteristiche del terreno in termini di capacità d’infiltrazione;

• livello di falda;

• intensità e dinamica della precipitazione;

• caratteristiche chimiche dell’acqua piovana nel caso in cui si possa caricare

d’inquinanti prima dell’infiltrazione.

Le tecniche d’infiltrazione possono consistere in impianti d’infiltrazione diretta

dell’acqua nel punto in cui cade, oppure possono essere costituite da un bacino di

raccolta dal quale l’acqua è fatta filtrare, previo eventuale trattamento

biofitodepurativo.

La riduzione della quantità di acqua di scorrimento superficiale implica un minor

carico dei depuratori centralizzati ed un miglior controllo dei picchi di piena nei

canali, in particolare in quelli di medie e piccole dimensioni. La presenza di

adeguata vegetazione nel terreno permeabile svolge un’azione depurativa che

riduce di molto i rischi che eventuali agenti inquinanti presenti in superficie

possano, percolando, raggiungere le falde sotterranee.

Il ricorso a pavimentazioni permeabili è facilmente adattabile a piazze, parcheggi,

vialetti, cortili e impianti sportivi.

22

Magazzini di acque meteoriche provenienti dal dilavamento di varie

superfici: tramite questa tecnicaè possibile soddisfare i seguenti obiettivi:

• trattare in modo naturale ed in loco l’acqua proveniente da superfici

impermeabili e carica di inquinanti;

• evitare di caricare gli impianti di depurazione con ingenti masse d’acqua

variabili nel tempo sia in quantità che in qualità;

• contribuire alla regimentazione fluviale in caso di forti precipitazioni;

• scaricare nei corpi idrici di superficie un effluente che alteri il meno possibile

gli equilibri naturali.

I magazzini d’acqua consistono in bacini con fondo reso impermeabile tramite

l’uso di argilla o di una guaina, realizzati per escavazione del terreno, contenenti

uno strato di materiale inerte adatto alla piantumazione d’essenze vegetali che

espletino la funzione depurativa che è propria delle zone umide a flusso

superficiale. In esse la vegetazione, fissa sul fondo o galleggiante, emerge sopra

uno strato d’acqua che fluisce lentamente dalla zona di entrata a quella d’uscita.

In corrispondenza di queste due zone i bacini possono presentare due piccoli

invasi, più profondi del livello medio del bacino e di capacità pari a circa 1/10 di

quella complessiva del bacino, per favorire un’azione di sedimentazione in entrata

e di ristagno prima dell’uscita. La permanenza media ottimale per la depurazione

è valutata in circa 10 giorni: per consentire un eventuale ritenzione dell’acqua di

abbondanti precipitazioni, il bacino è usualmente sovradimensionato rispetto al

funzionamento a regime, con un’altezza dello strato d’acqua di circa 60 cm.

Una fascia esterna più alta rispetto allo scavo interno, ma più bassa del livello del

terreno circostante, è piantumata con alberature di medie dimensioni ed assicura

quella flessibilità della capacità di accumulo che è sfruttata in caso di forti

precipitazioni consentendo una liberazione graduale, attraverso l’adozione di

valvole regolabili, dell’acqua in eccesso.

23

2.3 SISTEMI NON CONVENZIONALI DI DEPURAZIONE:

METODOLOGIE NATURALI

L’adozione di sistemi non convenzionali presenta i seguenti vantaggi:

• riduzione del materiale di scarto inutilizzabile per la possibilità di riciclare

gran parte dei nutrienti presenti nel refluo;

• riduzione della rete fognaria nel caso di trattamento del refluo nel luogo di

produzione;

• adozione di un sistema di separazione dell’acqua piovana che evita rischi

di sovraccarico e facilita il trattamento del refluo che presenta nel tempo

una stabilità della propria composizione chimica;

• garanzia di una migliore qualità ambientale e di un minore impatto visivo

sul territorio;

• sfruttamento del sole come fonte energetica;

• ridotti consumi energetici;

• costi per la realizzazione di un impianto non convenzionale quasi uguali a

quelli di un impianto tradizionale, mentre sul piano gestionale, gli oneri

sono molto inferiori per gli impianti non convenzionali. Tenendo conto dei

costi ambientali nelle valutazioni economiche di impianti di trattamento, la

scelta si indirizza decisamente verso sistemi di trattamento non

convenzionali. I costi realizzativi e gestionali diminuiscono ulteriormente

per impianti di piccola scala;

• possibilità di integrazione fra paesaggio e costruito; questo rende gli

impianti basati su metodi depurativi naturali adatti ad operazioni di

restauro e riqualificazione del territorio in ambito urbano, periferico ed in

aree dismesse.

Gli svantaggi, cioè i fattori che ne limitano la diffusione, sono i seguenti:

• sensibilità alle variazioni territoriali e climatiche;

• maggiore necessità di spazio;

• adeguata depurazione soprattutto di reflui di origine domestica, a

composizione chimica stabile, mentre di solito non si ottengono buoni

risultati nel trattamento di reflui di origine industriale.

24

Per la realizzazione di impianti non convenzionali occorre tenere presente le

seguenti caratteristiche fondamentali:

• forme dei bacini favorenti la dinamica di flusso;

• impermeabilizzazione delle fosse e dei bacini di trattamento;

• permeabilità del materiale di riempimento;

• percorsi sinuosi tra un bacino e l’altro per l’ossigenazione dell’acqua.

La possibilità di inserire delle tecnologie non convenzionali in contesti territoriali

di piccole dimensioni è uno dei punti di forza di una visione decentralizzata della

gestione dei reflui che coniuga caratteristiche di economicità, efficacia e

semplicità.

I vantaggi ottenuti con una gestione locale dei reflui sono:

• possibilità di evitare un mescolamento tra reflui civili ed industriali,

ottenendo un refluo più pulito e trattabile nel luogo di produzione ed in

aree limitrofe con metodologie naturali;

• possibilità di svincolarsi da reti di scarico e di adduzione che costringono

a costosi interventi di manutenzione o di sostituzione per limitare le

perdite lungo il percorso fino alla singola utenza;

• possibilità di sfruttamento del calore del refluo nelle stagioni

climaticamente sfavorevoli, per l’ottimizzazione del funzionamento dei

processi fitodepurativi;

• possibilità di stimolare l’utenza verso una gestione sostenibile degli

scarti e renderla consapevole del proprio ruolo all’interno del sistema

tramite aree verdi progettate per il trattamento ma anche fruibili sul

piano estetico e ricreativo.

Separando il refluo di origine domestica in più frazioni elementari come urine,

feci ed acque grigie si ottiene l’ottimizzazione di molti processi depurativi naturali

e soprattutto si rende possibile l’impiego dei nutrienti nel settore agricolo.

25

TECNICHE SPECIFICHE NON CONVENZIONALI

Per la depurazione delle acque reflue in ambito civile si possono sfruttare varie

metodologie naturali suddivisibili in tre famiglie principali:

1. tecniche che sfruttano la capacità depurativa delle piante (Land and

vegetation based system), in particolare la fitodepurazione;

2. tecniche che sfruttano la capacità depurativa del terreno (Land based

system);

3. tecniche che sfruttano l’azione depurativa biologico-meccanica di impianti

tecnologici.

2.3.1 Tecniche basate sulle capacità depurative delle piante

Fanno parte di questa categoria le seguenti metodologie:

• fitodepurazione

• living machine

2.3.1.1 Fitodepurazione

La fitodepurazione è un processo naturale per depurare le acque reflue che utilizza

i vegetali come filtri biologici attivi in grado di ridurre gli inquinanti in esse

presenti.

I trattamenti di fitodepurazione sono trattamenti biologici secondari, che

necessitano di un trattamento primario di sedimentazione, e/o terziario (di

affinamento), che sfruttano la capacità di autodepurazione degli ambienti

acquatici. La rimozione dei nutrienti e dei batteri avviene attraverso gli stessi

processi fisici, chimici e biologici dei fanghi attivi, cioè tramite filtrazione,

adsorbimento, assimilazione da parte degli organismi vegetali e degradazione

batterica.

L’impianto di fitodepurazione rappresenta quindi un’alternativa alla depurazione

tradizionale, rispetta l’ambiente ed è vantaggioso dal punto di vista economico

(risparmio di energia elettrica, in un’ottica di sviluppo sostenibile, e limitati costi

di gestione) ed ambientale (miglior impatto sul paesaggio, eliminazione di

trattamenti di disinfezione).

26

In pratica, si tratta di una zona umida costruita, in cui il suolo è mantenuto

costantemente saturo d’acqua e consiste in un bacino poco profondo,

impermeabilizzato ove necessario, riempito con un idoneo substrato e vegetato

con piante acquatiche.

Il criterio generale della decentralizzazione sotteso alla realizzazione degli

impianti di fitodepurazione può prestarsi alla gestione dei reflui in ambiti

territoriali ed urbanistici diversi: settori di città, quartieri, vuoti urbani, periferie

(ma anche aree agricole ed aree industriali con produzioni agroalimentari).

Se adottata come tecnica di finissaggio di depuratori esistenti, può costituire una

valida alternativa per l’adeguamento e il miglioramento delle potenzialità

depurative.

Applicazioni

La fitodepurazione può essere utilizzata per:

• trattamenti di depurazione completi per piccole comunità (fino a 1.000

abitanti);

• trattamenti secondari, dopo sedimentazione, di reflui di insediamenti civili

(abitativi, ricreativi quali campeggi, centri di agriturismo, centri

commerciali, ecc..), soprattutto in siti abitativi rurali dove non è possibile

o si rivela troppo costoso l’allacciamento a fognatura, oppure in siti con

popolazione fluttuante;

• trattamenti terziari a valle di impianti di depurazione di tipo civile o misto

soprattutto in funzione dell’abbattimento della carica batterica.

Vantaggi

• riduzione dei costi capitali;

• consumi energetici ridotti o nulli;

• semplicità gestionale;

• costi di gestione molto limitati;

• limitate quantità di biomassa di risulta;

• buon inserimento ambientale;

• maggior tutela dei corpi idrici recettori.

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Svantaggi

• necessità di ampie superfici;

• non adattabile ad alte quote o in climi freddi.

Aspetti innovativi della Fitodepurazione

Attualmente, la tecnologia appare matura per consentire uno sviluppo industriale

di tali sistemi in diversi ambiti di applicazione su piccola, media e grande scala,

soprattutto per il trattamento dei reflui civili, ma anche per il trattamento dei reflui

di origine industriale. Le numerose esperienze condotte sia all’estero che in Italia,

hanno confermato la validità di questi sistemi nel trattamento dei reflui e la loro

capacità di raggiungere appropriati livelli di abbattimento degli inquinanti,

paragonabili a quelli ottenibili con impianti tradizionali. Inoltre presentano

notevoli vantaggi che contribuiscono a migliorarne le qualità ambientali ed

economiche.

Uno degli aspetti di maggior rilievo, anche a fronte della crescente attenzione a

queste problematiche, è rappresentato dal basso impatto sull’ambiente. I sistemi di

fitodepurazione si inseriscono nel contesto ambientale in modo non invasivo,

spesso contribuiscono alla riqualificazione paesaggistica e non incidono

negativamente sul paesaggio in aree ad alta valenza ambientale. Inoltre, questi

sistemi richiedono un limitato apporto energetico, imputabile esclusivamente

all’alimentazione del sistema di distribuzione del refluo, consentendo in tal modo

risparmi energetici dal 40% al 75% rispetto ai sistemi tradizionali.

Un ulteriore aspetto positivo è rappresentato dalla semplificazione delle

operazioni di gestione. Ciò incide sull’affidabilità complessiva del sistema,

nonché sui costi ad essa associati. Questo appare di notevole interesse con

particolare riferimento alle piccole utenze. I limitati costi di gestione si riflettono

sul costo complessivo della tecnologia.

Da recenti indagini sui costi della depurazione secondaria con tecnologie

tradizionali o con sistemi di fitodepurazione, è stato possibile evidenziare come,

nonostante i maggiori costi iniziali, un impianto di fitodepurazione, nel medio-

lungo periodo, comporti un risparmio complessivo di risorse finanziarie.

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Classificazione

I trattamenti di fitodepurazione, in base alla modalità ed alla direzione di

scorrimento dell’acqua, si possono suddividere in:

• lagunaggi biologici (o stagni biologici);

• ecosistemi filtro;

• sistemi a flusso superficiale (FWS, Free Water Surface);

• sistemi a flusso sub-superficiale orizzontale (H-SFS, Horizontal Sub-

Surface Flow System);

• sistemi a flusso sub-superficiale verticale (V-SFS, Vertical Sub-Surface

Flow System).

Possono essere classificati anche in base al tipo di vegetali utilizzati:

• sistemi a microalghe;

• sistemi a macrofite galleggianti;

• sistemi a macrofite radicate sommerse;

• sistemi a macrofite radicate emergenti;

• sistemi misti.

Si prendono in esame i sistemi con possibilità di applicazione anche sul territorio

nazionale.

a. Lagunaggi biologici (stagni biologici)

Sono sistemi basati sull’interazione tra microrganismi e piante; la tecnica consiste

in un sistema di bacini di accumulo, in pratica dei laghetti profondi da 0,2 a 5 m.,

percorsi d’acqua in fossati, rigagnoli (in cui il fitoassorbimento è garantito dalla

vegetazione) e sculture a lemniscata (a forma di “otto”) che favoriscono

l’ossigenazione. Possibilmente vengono realizzati a pianta quadrata o rettangolare

con angoli arrotondati, ma spesso la planimetria segue l’andamento irregolare del

terreno.

In funzione delle sostanze inquinanti che si prevede possa contenere il refluo da

trattare, il fondo può necessitare di impermeabilizzazione realizzata con fogli di

materiale plastico termosaldati, mediante impregnazione con sostanze bituminose

o plastiche, con materiali cementizi, o con uno strato d’argilla di almeno 0,1 m.

29

ricoperto con uno strato di sabbia grossolana. Gli argini sono realizzati con

materiale di riporto compattato ed hanno solitamente pendenza di 45°.

L’acqua da depurare viene immessa nel sistema dopo una grigliatura ed una

dissabbiatura, l’afflusso non deve avvenire in prossimità degli argini e deve essere

realizzato in modo da minimizzare i fenomeni di cortocircuito.

Il refluo subisce poi un’azione depurativa ad opera di organismi viventi di vario

tipo come alghe, batteri e macrofite che, alimentandosi, demoliscono o assorbono

le sostanze inquinanti. I meccanismi depurativi consistono quindi nella

sedimentazione, nel filtraggio di particolari sostanze e nell’assorbimento dei

nutrienti da parte delle macrofite, tramite un’attività microbiologica che si

sviluppa nell’acqua, nel substrato del terreno e sulla superficie delle piante.

Per lo scarico dell’effluente è fondamentale la realizzazione di deflettori immersi

per limitare il deflusso di solidi galleggianti, di una tubazione con funzione di

troppo pieno ed una per lo svuotamento totale dello stagno.

Il lagunaggio è un trattamento estensivo che necessita di superfici molto ampie

(da 2 a 4 m2/A.E. (abitanti equivalenti)), presenta molti vantaggi per la capacità di

sopportare temporanei sovraccarichi inquinanti ed i bassi costi di gestione ed è

indicato soprattutto per comunità fino a qualche migliaio di abitanti, in climi caldi

o temperati.

Può dare problemi di odori e di insetti, per questo sono previste distanze di

rispetto dal centro abitato diverse a seconda del tipo di stagno; si consigliano

valori di 500 m. per gli anaerobici, 200 m. per gli aerati. Per quanto riguarda il

problema dello smaltimento dei fanghi, data la loro alta mineralizzazione e la

scarsa carica batterica, possono essere utilizzati in agricoltura come ammendante

evitandone l’uso solo nelle colture a prevalente scopo alimentare.

Vantaggi

• Basso costo di investimento e soprattutto di gestione;

• Limitato consumo energetico;

• Scarsa o nulla produzione di fanghi di supero;

• Alta efficienza di rimozione di microrganismi patogeni (ad esempio

coliformi fecali).

30

Svantaggi

• Necessità di disporre di grandi superfici;

• Riduzione delle efficienze depurative durante il periodo invernale;

• Rischio di proliferazione di insetti e di vettori a rischio sanitario.

Campi di applicazione: gli stagni biologici vengono utilizzati per il trattamento di

reflui di origine civile ed industriale (solo nei casi in cui il refluo industriale abbia

caratteristiche simili a quello civile).

È interessante l’utilizzo dei lagunaggi biologici per il finissaggio dei reflui già

trattati da impianti di depurazione. Sono diffusi soprattutto negli Stati Uniti,

mentre in Italia questo sistema ha trovato applicazione, oltre che in campo civile,

anche in quello delle industrie di lavorazioni alimentari stagionali, come gli

zuccherifici.

Esistono diversi tipi di lagunaggio biologico, che differiscono tra loro per il

particolare fenomeno biologico ed i particolari microrganismi deputati alla

depurazione:

• stagni anaerobi;

• stagni facoltativi;

• stagni aerobi (tradizionali, con ricircolo);

• stagni di finissaggio.

Stagni anaerobi: hanno profondità compresa tra 3-5 m., operano sia come

sedimentatori che come reattori biologici anaerobici; il rendimento di depurazione

arriva al massimo ad una rimozione del BOD5 (Biochemical Oxigen Demand)

circa dell’80%; è ottimale che la temperatura del liquame nello stagno non scenda

sotto i 10°C. Preferibilmente vengono usati nel campo della sgrossatura che si

ottiene con tempi di ritenzione relativamente brevi, sfruttando i processi di

sedimentazione e di degradazione biologica. Non presentano alcuna produzione

algale, per la formazione di una crosta superficiale consistente, dovuta al

progressivo affioramento dei fanghi trascinati in superficie dalle bolle di gas;

questo porta ad una sensibile riduzione degli odori rilasciati.

31

La rimozione dei fanghi di fondo stabilizzati avviene periodicamente ad intervalli

variabili in funzione del tenore di solidi nel liquame e della profondità dello

stagno; per i liquami domestici, in bacini con profondità media di circa 4 m.,

l’accumulo di fanghi è dell’ordine di 30-50 l/ab*anno, questo porta ad un

incremento dello strato dei fanghi di circa 5-7 cm/anno, con frequenza di

rimozione ogni 10 anni; la rimozione è parziale, solitamente si lascia uno spessore

di almeno 10 cm. per garantire una rapida ripresa dei processi biologici.

Stagni facoltativi: hanno profondità compresa tra 0,7-1,5 m.; sono adatti al

trattamento di scarichi con concentrazioni di BOD5 analoghe a quelle dei liquami

domestici (200 mg/l), con rendimenti di depurazione che superano il 90% sul

filtrato.

Negli strati superiori, grazie alla fotosintesi algale, si ha l’ossigenazione del

liquame che attiva la fermentazione batterica di tipo aerobico; negli strati profondi

e nei sedimenti, data la mancanza di ossigeno disciolto, si ha un processo

anaerobico-facoltativo. Lo spessore di questi due strati è continuamente variabile

durante la giornata, per adattarsi a questo la flora batterica è di tipo

prevalentemente facoltativo. Si ha una notevole produzione di microalghe con

dimensioni dell’ordine di 10-20 µm, una frazione di queste uscirà con l’effluente

incrementando il valore del BOD5 e dei solidi sospesi in uscita. La rimozione dei

nutrienti (azoto e fosforo) è dell’ordine del 20-40%, per la carica batterica si

supera mediamente il 90%.

I fanghi depositati sul fondo si decompongono per via anaerobica e solitamente

non necessitano di una periodica rimozione perché tramite il moto ondoso, dovuto

all’azione del vento, vengono ripartiti uniformemente su tutta l’area di fondo dello

stagno, con un incremento medio annuo di spessore di pochi millimetri.

Stagni aerobi: hanno profondità compresa tra 0,2-0,6 m. che permette la

penetrazione della luce, quindi la produzione fotosintetica di ossigeno anche sul

fondo, in modo da avere un funzionamento aerobico anche a livello dei sedimenti.

I meccanismi di funzionamento sono analoghi a quelli dello strato superiore per

gli stagni facoltativi.

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Gli stagni aerobi con ricircolo, rispetto a quelli tradizionali, consentono di

lavorare su un carico organico superiore, raggiungendo valori di rimozione del

BOD5 superiori al 90% sul filtrato.

Stagni di finissaggio: hanno lo scopo di migliorare le caratteristiche degli effluenti

dei trattamenti biologici, riducendo ulteriormente BOD, SS (solidi sospesi) e

carica batterica. Hanno profondità media di 1 m., il tempo di ritenzione non

supera di solito i 2 giorni, con riduzioni del BOD5 del 40-50% e dei coliformi del

90-95%; i risultati migliori si hanno disponendo più stadi in serie.

b. Ecosistemi filtro

Si tratta di interessanti applicazioni, molto efficaci ad esempio per l’abbattimento

della carica batterica ai fini della balneazione. Sono costituite da unità

ecosistemiche differenti (specchi lentici, unità palustri, unità di prato umido,

canali a corrente lenta), organizzate in modo da sviluppare capacità

autodepurative molto elevate tra punto di emissione dello scarico di impianti di

depurazione e corpo recettore.

c. Sistemi a flusso superficiale (FWS - free water surface wetland)

Si tratta di vasche o canali a bassa profondità (0,5 m.), dotati di un opportuno

medium per la crescita di vegetazione come piante galleggianti, quali il giacinto

d’acqua (Eichornia crassipes) o la lenticchia d’acqua (Lemna) (Fig.1), oppure

piante radicate sommerse, quali Miriophyllum, Potamogeton, Ceratophyllum

(Fig.2), che richiedono profondità dell’acqua più elevate, o emergenti, quali la

cannuccia di palude (Phragmites australis), la mazza di tamburo (Typha

latifoglia) o il giunco palustre (Scirpus lacustris), citando essenze diffuse alla

nostra latitudine (Fig.3). La vegetazione occupa un ruolo fondamentale perché

trasferisce l’ossigeno attraverso le radici e i rizomi fino in fondo ai bacini di

trattamento, assicurando la sopravvivenza dei microrganismi responsabili del

trattamento.

Le caratteristiche progettuali delle macrofite si basano essenzialmente sulla

profondità dell’acqua.

33

Fig. 1: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite galleggianti; la

specie illustrata è il giacinto d’acqua (Eichornia crassipes).

fig. 2: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite radicate

sommerse; la specie illustrata è Elodea canadensis.

Fig. 3: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite radicate

emergenti; la specie illustrata è il giunco palustre (Scirpus lacustris).

I sistemi principali sono quelli che utilizzano macrofite galleggianti: il giacinto

d’acqua e la lenticchia d’acqua.

Il sistema a giacinto d’acqua risulta molto efficace per la rimozione dei nutrienti,

dei metalli pesanti e anche dei fenoli, ma può in questi ultimi casi risultare

problematico il destino della biomassa prodotta. Inoltre il suo tasso di crescita si

riduce drasticamente al di sotto dei 10 °C.

34

In base al livello di ossigeno disciolto ed al metodo di aerazione del bacino, si

distinguono tre sistemi:

• aerobico non aerato: il più comune, usato come trattamento secondario,

porta ad ottimi risultati e limita gli odori;

• aerobico aerato: usato nel caso in cui sia richiesta l’assenza totale di odori,

si ha una riduzione dell’area richiesta e la possibilità di poter trattare

carichi organici maggiori;

• anaerobico facoltativo: usato per carichi organici molto alti, si ha però un

aumento degli odori.

Il sistema a lenticchia d’acqua è efficace soprattutto nella riduzione delle

concentrazioni di azoto e fosforo, ma è difficile da gestire, per l’estrema facilità di

impilarsi sotto la spinta di un forte vento, lasciando scoperta una parte della

superficie dell’acqua.

Per evitare questo si possono utilizzare dei galleggianti che rendono minima la

superficie esposta all’azione del vento.

Nel caso delle macrofite radicate, il lento flusso dell’acqua attraverso steli e radici

favorisce la creazione di un ambiente in grado di abbattere in modo importante il

carico organico, ma l’efficienza si riduce nel periodo invernale e si possono creare

problemi di insetti ed in alcuni casi di cattivi odori.

Il dimensionamento dei letti ed il livello dell’acqua variano in funzione del

sistema utilizzato, del vegetale utilizzato e del tipo di trattamento.

Per dare un ordine di grandezza, per un trattamento secondario l’altezza

dell’acqua può variare da 10 a 40 cm., la superficie deve essere preferibilmente

superiore a 2,0 m2/A.E. e può arrivare fino a 10 m2/A.E. e il rapporto ottimale

lunghezza/larghezza almeno 10:1 (bacino lungo e stretto).

Vantaggi

Buoni risultati conseguiti in termini di efficienza depurativa.

35

Svantaggi

• Lunghi tempi di residenza idraulica (fino a 20-40 giorni), indispensabili

per garantire l’ottenimento di buoni risultati in termini di efficienza

depurativa.

• Profondità dei bacini limitata, in funzione della vegetazione utilizzata e

della possibilità di ossigenazione del refluo, con conseguente necessità di

impiego di superfici molto ampie.

• Presenza di acque superficiali, con la possibile insorgenza di cattivi odori e

lo sviluppo di insetti a rischio sanitario.

• Limitata possibilità di applicazione in prossimità di centri abitati.

• Elevata superficie di scambio termico e sensibilità alle variazioni termiche

stagionali.

• Bassa efficienza depurativa nel periodo invernale a causa del

rallentamento dei processi biologici e possibile formazione di ghiaccio in

superficie.

• Necessità di frequenti rinnovi della vegetazione utilizzata in impianti che

utilizzano macrofite galleggianti, come il giacinto d’acqua che, in quanto

specie tropicale, non sopravvive a basse temperature.

• Difficoltà gestionali in impianti con specie vegetali galleggianti, come la

lenticchia d’acqua, che richiede l’uso di barriere flottanti per contenere e

proteggere le piante dall’azione delle correnti e del vento.

Campi di applicazione: nonostante queste limitazioni, tali sistemi si prestano ad

essere impiegati nei processi di depurazione delle acque superficiali contaminate

da inquinamento microbiologico, per il trattamento terziario e di affinamento di

acque reflue, oppure, abbinate ad interventi di rinaturalizzazione, come ecosistemi

filtro in prossimità di corpi idrici recettori, per risanare corpi idrici eutrofizzati, o

per creare delle casse d’espansione in zone soggette ad alluvioni.

L’applicazione più idonea, con una adeguata superficie a disposizione, appare

quella del finissaggio di scarichi di impianti di depurazione, quando il refluo è già

sufficientemente depurato, per l’abbattimento dell’azoto.

36

Fanno parte di questa categoria le seguenti tecniche:

• letti d’infiltrazione;

• rinaturazione di impianti tradizionali esistenti;

• finissaggio;

• flow-form.

Letti d’infiltrazione (zone umide d’infiltrazione): il terreno periodicamente può

essere coperto d’acqua e si sfrutta la capacità depurativa del substrato.

Si tratta di terreni di drenaggio in cui cresce vegetazione e l’acqua periodicamente

sommerge lo strato superficiale, tramite spargimento su tutto il terreno.

Lo scopo di questi sistemi è di aumentare la superficie d’infiltrazione.

Le piante assorbono i nutrienti e poi vengono raccolte. Il passaggio del terreno da

condizioni di bagnato a quelle di asciutto favorisce il processo depurativo in

quanto consente il passaggio da ambienti anaerobici ad ambienti aerobici.

Gli impianti di solito sono costituiti da più canali funzionanti in periodi alterni.

Rinaturazione di impianti tradizionali esistenti: esistono varie pratiche a seconda

dei contesti.

Gli obiettivi che si prefigge sono:

• riduzione dell’impatto che un impianto tradizionale ha sul territorio in cui

è realizzato;

• ricostruzione degli ambienti naturali con finalità di riequilibrio

ecosistemico per compensare l’alterazione originata dalla costruzione

dell’impianto.

Spesso gli impianti tradizionali scaricano l’acqua in uscita in corpi idrici che,

realizzati o modificati, se già esistenti, in funzione della presenza del depuratore,

presentano una riduzione delle capacità autodepurative originarie. Infatti in natura

avvengono costantemente processi di depurazione naturale: la sostanza organica

che raggiunge un corso d’acqua, sia essa di origine naturale o antropica, viene

demolita da microrganismi e i prodotti della mineralizzazione vengono utilizzati

dai vegetali.

37

Le varie comunità microscopiche, costituite da batteri, funghi, protozoi, alghe,

rappresentano il primo sistema depurante dei corsi d’acqua. Questo depuratore

naturale supporta un secondo sistema depurante che funge da acceleratore e

regolatore del processo, costituito dagli invertebrati bentonici. La loro ricchezza di

specializzazioni massimizza l’utilizzo di tutte le forme di risorse alimentari

disponibili, scarichi umani compresi, e rende la comunità in grado di rispondere in

maniera flessibile alle variazioni stagionali o antropiche del carico organico. Un

ulteriore contributo alla rimozione della biomassa è fornito dai vertebrati,

compresi quelli terrestri, che si nutrono degli invertebrati acquatici. Molto efficace

è anche il ruolo della vegetazione acquatica nell’azione di ciclizzazione dei

nutrienti. Vertebrati e vegetazione acquatica possono essere considerati il terzo

sistema depurante dell’ambiente fluviale.

L’efficienza dei tre sistemi depuranti è, a sua volta, condizionata dall’integrità del

sistema terrestre circostante, in particolare dalla vegetazione riparia, che agisce da

filtro meccanico (sedimentazione del carico solido delle acque di dilavamento) e

da filtro biologico (rimozione di azoto e fosforo).

Se il corso d’acqua riceve altri scarichi, se la portata del fiume viene diminuita, se

le comunità di organismi sono state alterate da agenti tossici o da sconvolgimenti

dell’alveo naturale, si avrà una riduzione della sua capacità autodepurativa, che è

una qualità propria degli ecosistemi che tende a riportare l’ambiente al punto di

equilibrio. Il ripristino delle condizioni naturali dell’alveo fluviale svolge

un’azione depurativa complementare e sinergica rispetto a quella del depuratore.

La rinaturazione ha lo scopo di potenziare le capacità di trattamento del

depuratore mettendo, tra questo ed il corso d’acqua ricettore, un sistema di

finissaggio che migliori in modo naturale la qualità dell’acqua che raggiunge il

corpo idrico. La mitigazione dell’impatto ambientale si può ottenere costruendo

un terrapieno realizzato con materiali naturali, che, piantumato con essenze

arboree adeguate al finissaggio, contribuisca a mascherare l’impianto artificiale

dal territorio circostante.

Finissaggio: si può raggiungere un maggior abbattimento dell’azoto senza

ricorrere all’ammodernamento di impianti esistenti. Dato che le acque trattate

dagli impianti tradizionali presentano una richiesta residua d’ossigeno che può

portare all’eutrofizzazione dei corpi idrici superficiali, gli impianti di

38

fitodepurazione impiegati nella fase di post-depurazione possono garantire una

migliore qualità dell’effluente già con un dimensionamento dei bacini di 5

m2/A.E.. Visto l’alto costo degli interventi di adeguamento degli impianti

preesistenti, per l’abbattimento dell’azoto in insediamenti di piccole dimensioni

risulta più conveniente orientarsi verso l’adozione di sistemi basati sui processi

autodepurativi naturali delle piante.

Flow-form: sono costituite da elementi conformati a lemniscata, di materiale

diverso, con dimensioni che singolarmente vanno dai 50 cm. ai 2 m. e che,

disposti in serie più o meno lunga, fungono da canale di scorrimento dell’acqua

alla quale inducono, per la loro sinuosità, movimenti cadenzati ad “otto” che

favoriscono l’ossigenazione. In questa maniera si favoriscono i processi biologici

necessari ad effettuare la purificazione dell’acqua.

d. Sistemi a flusso sub-superficiale orizzontale (H-SFS) e verticale (V-SFS)

Sono quelli con maggiori applicazioni per trattamenti secondari, sia per gli spazi

più limitati che occupano rispetto ai precedenti che per la loro efficienza ed

adattabilità: infatti l’efficienza depurativa è abbastanza costante durante l’anno

dato che i processi depurativi avvengono a livello dell’apparato radicale

sommerso, il quale perciò non risente delle variazioni climatiche esterne.

Consistono in bacini naturalmente impermeabili o resi tali, con un substrato di

materiale inerte ove vengono piantumate macrofite radicate emergenti.

Il principio utilizza la capacità delle piante degli ambienti umidi di trasferire

l’ossigeno dalle parti aeree a quelle sommerse: l’ossigeno atmosferico assunto

dalle foglie e dagli steli viene trasferito e rilasciato a livello della rizosfera

creando, nel medium anaerobico, delle piccole zone aerobiche, condizione

indispensabile per quei batteri che necessitano di ossigeno per la loro attività.

Si stima che le macrofite possano trasferire da 5 a 45 g. di ossigeno per giorno per

metro quadrato di superficie umida a seconda della densità delle piante, della

richiesta di ossigeno da parte del suolo saturo e delle caratteristiche di

permeabilità delle radici. Si può utilizzare Typha latifoglia, a crescita rapida ed

ampia tolleranza per i metalli, con penetrazione nel terreno sino a 0,3-0,4 m., ma il

vegetale più utilizzato in Europa è il Phragmites australis, una specie molto

diffusa con ampia tolleranza alle condizioni climatiche, dovuta alla molteplicità

39

dei suoi biotipi. Quest’ultimo ha una crescita molto rapida ed una penetrazione

radicale di 0,6 m. nel medium in cui viene immesso, non viene attaccato da ratti e

nutrie e possiede un’elevata capacità di trasferimento dell’ossigeno dalle parti

aeree alle parti sommerse, il che favorisce i processi di nitrificazione. Il suo

insediamento può avvenire per semina, trapianto di piccole piantine, trapianto con

talee o interramento di rizomi, ma quest’ultimo sembra il metodo più idoneo,

ricorrendo sia a vegetazione spontanea che di vivaio.

L’assorbimento dei nutrienti avviene in maniera preponderante nella rizosfera,

permettendo di evitare la rimozione periodica della vegetazione, consentendo una

manutenzione più agevole.

La rimozione di BOD, COD, SST e carica batterica è maggiore del 90% (valore

medio perché si riscontrano molte oscillazioni). La rimozione di azoto e fosforo in

alcuni casi va oltre il 90%, ma in generale vi è incertezza sul rendimento di

abbattimento. I tempi di ritenzione idraulica variano da 4 a 15 giorni.

Vantaggi

• Sono i sistemi più diffusi nel nostro Paese, rappresentando attualmente la

maggior parte degli impianti esistenti.

• Rispetto ai sistemi precedenti, necessitano di minori superfici per unità di

refluo da depurare, in quanto il substrato di riempimento aumenta la

superficie attiva di depurazione.

• Hanno impatto igienico-sanitario nullo o limitato per l’assenza di un

contatto tra il refluo e l’ambiente esterno; infatti grazie allo scorrimento

sommerso del refluo, è completamente eliminato il problema dei cattivi

odori e degli insetti a rischio sanitario.

• Si utilizzano specie vegetali tipiche delle nostre latitudini.

I sistemi a flusso sub-superficiale, in base ai principi di funzionamento che li

caratterizzano, possono operare a flusso orizzontale o a flusso verticale.

Per entrambe le tipologie, a livello progettuale occorre tener conto di:

• carico idraulico;

• caratteristiche del refluo;

• superfici disponibili;

• condizioni climatiche;

• distanza dalle abitazioni.

40

d.1 Sistemi a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) (Fig. 4)

Il refluo da trattare, dopo un pretrattamento per ottimizzare i rendimenti di

depurazione e limitare l’impiego di superfici (vasca Imhoff ed eventualmente

grigliatura), attraversa orizzontalmente il medium di crescita della vegetazione

emergente in modo che la zona subsuperficiale si mantenga satura e non si abbia

scorrimento superficiale. Il medium è costituito da sabbia, ghiaia e roccia

preferibilmente locali, svolge azione di filtrazione meccanica e costituisce, con

l’apparato radicale delle macrofite, il substrato per l’adesione della pellicola

biologica (batteri, funghi, protozoi), responsabile della depurazione biologica. La

superficie dei letti deve essere perfettamente piana, mentre il fondo deve avere

una leggera pendenza, che non superi l’1%, per favorire il deflusso; la profondità

del substrato inerte deve essere 50 cm.

La superficie indicata per applicazioni non stagionali è di 4,5 m2/A.E. e per

applicazioni prevalentemente estive di 3,5 m2/A.E.

Questo sistema determina un impatto ambientale ed igienico-sanitario nullo,

perché non si ha scorrimento in superficie del liquame da depurare; richiede

un’area di utilizzo inferiore rispetto ai sistemi FWS (a flusso superficiale) in

quanto la presenza del medium attraverso cui passa il refluo aumenta la superficie

utile per i processi depurativi; richiede una gestione ed una manutenzione

estremamente ridotte e l’efficienza depurativa è costante tutto l’anno.

L’abbattimento del BOD5 è dovuto principalmente a processi di filtrazione a

carico del medium ed alla decomposizione da parte dei microrganismi adesi ai

rizomi ed alle radici delle piante. L’efficienza di rimozione dei solidi sospesi è

dovuta al processo di filtrazione da parte del medium ed avviene in misura

maggiore in prossimità del punto di immissione dello scarico.

La rimozione dell’azoto avviene in parte per assunzione da parte delle macrofite

(10-16 %), ma soprattutto per un processo di nitrificazione nei micrositi aerobici

adiacenti alla superficie radicale, seguita da un processo di denitrificazione nello

spessore del medium in cui vi sono condizioni di anaerobiosi.

La rimozione del fosforo avviene per processi di adsorbimento, complessazione e

precipitazione a carico del medium ed in minima parte per assunzione da parte

delle macrofite.

La rimozione dei batteri, estremamente efficace, sembra derivi dal continuo

passaggio attraverso micrositi aerobici ed anaerobici nella rizosfera, il che

41

comporta uno stress per i microrganismi non metabolicamente adatti a tenori

diversi di ossigeno.

Vantaggi

Sono sistemi utilizzati in diversi contesti.

Svantaggi

• Risentono delle variazioni climatiche stagionali a causa della riduzione

dell’attività vegetativa delle piante durante i mesi invernali; ne consegue

una riduzione dell’apporto di ossigeno e una diminuzione dell’attività

batterica.

• Sebbene le aree impegnate siano inferiori rispetto ai sistemi a flusso

superficiale, sono necessari fino a 5 m2 di superficie per abitante

equivalente in funzione delle caratteristiche ambientali del sito.

Campi di applicazione: gli impianti di fitodepurazione a flusso orizzontale

possono essere utilizzati per:

• la depurazione secondaria dei reflui di origine civile (in alcuni casi anche

di origine industriale), anche in contesti urbani senza che intervengano

situazioni critiche per la popolazione;

• la depurazione degli scarichi di case isolate, in quanto possono essere

agevolmente frazionati senza che questo influisca sull’efficienza

depurativa dell’impianto stesso;

• i processi di affinamento di acque reflue a valle di impianti biologici per

la rimozione del fosforo;

• la depurazione di utenze a forte fluttuazione stagionale, laddove le punte

di carico organico e/o idraulico si presentino in periodo di massima

attività vegetativa (tarda primavera,estate).

42

Fig.4: Schema di un sistema subsuperficiale a flusso orizzontale con macrofite

radicate emergenti; la specie illustrata è la cannuccia di palude (Phragmites

australis).

Un esempio di applicazione: Lugo di Baiso (RE).

Tratta una quantità di reflui corrispondenti a 50 A.E.(abitanti equivalenti) ed il

pretrattamento è effettuato da una vasca Imhoff .

E’ un impianto sperimentale, nel quale sono state realizzate due vasche di

fitodepurazione, con una pendenza dell’1%, impermeabilizzate con tessuto non

tessuto, riempite con materiale inerte e piantumate con Phragmites (4-5 rizomi/m2

alla profondità di 20-30 cm.).

Il livello idraulico viene regolato in pozzetti a valle di ogni vasca.

Si prevede il rinnovo del materiale di riempimento ogni 15-20 anni.

L’efficienza di rimozione degli inquinanti risulta elevata:

Parametro Efficienza di rimozione (%)

BOD5 90 in estate, 60-70 in inverno

SS 90

Batteri 90 – 99

N e P (azoto e fosforo) varia, ma può arrivare al 90

43

Rientrano tra le applicazioni a flusso orizzontale:

• metodo rootzone;

• sistema M.P.I..

Metodo rootzone: si utilizzano quasi esclusivamente canneti semplici. Le piante

non hanno funzione attiva nel processo di depurazione, ma creano, attraverso le

proprie radici, le condizioni affinchè questo avvenga. Le piante trasportano

l’ossigeno alle radici creando un ambiente aerobico/anaerobico nel terreno (lo

strato più superficiale è saturo d’acqua e privo d’ossigeno).

Lo scopo di questo sistema è di favorire, con la vicinanza tra ambienti aerobici ed

anaerobici, sia l’abbattimento del materiale organico che i processi di

nitrificazione e denitrificazione e di portare alla ritenzione del fosforo. Vi sono

anche reazioni chimiche e fisiche nel terreno che contribuiscono all’eliminazione

dei metalli pesanti.

Un impianto di questo tipo è di solito costituito da uno o più bacini impermeabili

sia sulle pareti che sul fondale, profondi circa 2 m., in cui si gettano strati di

argilla, sabbia, ghiaia e si pianta la vegetazione di giunchi e canneti. Trascorsi 3 o

4 anni dalla piantumazione, l’impianto raggiunge la massima efficacia, per

garantire la quale è necessario che vi sia luce e che la temperatura non scenda

sotto i 10°C.

A differenza del metodo M.P.I. (che vedremo in seguito), in questo caso le piante

non vengono tagliate periodicamente.

Sistema M.P.I. (Max Planck Institute): sfrutta la capacità delle piante di separare

le diverse sostanze durante l’assorbimento e la loro capacità di creare nelle radici

un ambiente chimico che contribuisce ad eliminare i batteri pericolosi. Il sistema

si basa su un substrato di sabbia ghiaiosa che assorbe poche sostanze nutritive e

necessita della raccolta della vegetazione in modo che i nutrienti vengano

eliminati.

Nel caso in cui il sistema venga sviluppato in associazione con il metodo

Rootzone, viene catalogato con la denominazione: Reed bed treatment system.

Un impianto di questo tipo è costituito da uno o più bacini profondi circa 2 m.,

con pareti e fondale impermeabilizzati, riempiti di strati di argilla, sabbia, ghiaia e

piantumati con vegetazione di giunchi e canneti.

44

d.2 Sistemi a flusso subsuperficiale verticale (V-SFS) (Fig.5).

Sono schematicamente costituiti da una vasca di sedimentazione primaria, da una

vasca di equalizzazione delle portate giornaliere influenti e dall’impianto di

fitodepurazione. La superficie deve essere orizzontale, perfettamente piana e il

fondo impermeabile. La profondità del substrato inerte deve essere circa 80 cm e

la granulometria del medium deve presentare un gradiente verticale. Il sistema

viene alimentato in modo discontinuo (pompe o sistemi a sifone). Le superfici

minime sono di 2,5 m2 /A.E. per applicazioni non stagionali e di 2,0 m2 /A.E. per

applicazioni estive.

Prevedono un’irrigazione intermittente del suolo artificiale, che porta ad un

costante ricambio dei gas presenti nel suolo stesso. La permeabilità del substrato

garantisce una costante aerazione rispetto alla fitodepurazione orizzontale, nonché

un’elevata ossidazione e degradazione della sostanza organica e degli inquinanti

anche nel periodo invernale. La presenza delle piante consente di proteggere le

acque dalle basse temperature invernali (elevata efficienza depurativa anche con

temperature esterne di -10 °C), di assorbire dal suolo le sostanze minerali rese

disponibili nel corso del processo di degradazione microbica e di assicurare

mediante il sistema radicale una microfauna batterica con maggiore spettro di

azione, arricchendo in questo modo le capacità di degradazione e rimozione degli

inquinanti del sistema.

Il refluo scorre superficialmente e viene distribuito sulla superficie del medium,

quindi filtra gradatamente verso il fondo delle vasche dove viene raccolto da delle

tubature; lo svuotamento progressivo permette all’aria di infiltrarsi negli interstizi,

il riempimento successivo intrappola l’aria e la spinge in profondità, permettendo

in questo modo un’elevata ossigenazione anche nel periodo del riposo vegetativo.

La purificazione avviene principalmente grazie al terreno, il ruolo delle piante è di

preservare la capacità infiltrativa.

Vantaggi

Questi sistemi, rispetto a quelli a flusso orizzontale, consentono:

• un minor uso di superficie;

• rese più costanti nell’arco dell’anno, in quanto meno sensibili alle

variazioni climatiche;

• una maggiore scelta tra le specie vegetali, aumentando in tal modo le

possibilità applicative della fitodepurazione.

45

Campi di applicazione

La fitodepurazione a flusso verticale può essere applicata in contesti molto diversi

che comprendono:

• la depurazione a livello secondario, in sostituzione degli impianti biologici

tradizionali, o terziario per affinare la capacità degli impianti esistenti nella

rimozione dei nutrienti (agenti eutrofizzanti);

• il trattamento delle acque reflue prima dello scarico delle stesse

nell’ambiente oppure finalizzato al riciclo o riuso delle acque nei cicli

produttivi;

• il trattamento di diverse tipologie di refluo (urbano, civile, industriale,

agroindustriale e zootecnico) e con potenzialità di impianto molto

variabili.

Fig.5: Schema di sistema a flusso subsuperficiale verticale (percolazione) con

macrofite radicate emergenti; la specie illustrata è la cannuccia di palude

(Phragmites australis).

La tecnica principale appartenente a questa categoria è:

Vassoio d’infiltrazione: è preceduto da una grigliatura grossolana in apposito

pozzetto, alla quale segue una fase di decantazione in una fossa Imhoff ed un

eventuale ulteriore pozzetto riempito di materiale inerte per ottenere una prima

filtrazione biologica. Si può interporre tra l’impianto e le vasche di pretrattamento

un altro pozzetto che consenta lo smaltimento del troppo pieno e dal quale si

possano effettuare prelievi di controllo.

46

Per la realizzazione occorre uno scavo di circa 1 m. di profondità per accogliere il

vassoio assorbente. Questo a sua volta è composto, in sezione, da un letto di

sabbia di 10 cm., da una guaina (tipo HDPE) per garantire l’impermeabilizzazione

interposta tra due strati di tessuto non tessuto, da uno strato di materiale di

riempimento a granulometria fine di 10 cm. di spessore e da uno strato di ghiaie di

diversa granulometria per uno spessore complessivo di 70 cm..

Nel caso di trattamento di reflui di origine domestica provenienti da singole

abitazioni, l’impermeabilizzazione è ottenibile impiegando uno strato di argilla di

50-70 cm. di spessore.

Alle estremità del vassoio si realizzano due vespai di 1 m. di lunghezza

utilizzando ciottoli di 7-10 cm..

Il “tubo a pioggia” che garantisce una ripartizione omogenea del refluo sul

vassoio è posto ad una profondità di circa 30 cm. per evitare la formazione di

cattivi odori.

E’ necessario scegliere un’adeguata essenza arborea da piantumare all’interno del

vassoio: i risultati migliori derivano dall’adozione di canne del tipo Phragmites in

numero di 4-5 rizomi a m2. Le canne hanno la funzione di trasmettere l’ossigeno

dall’apparato fogliare alla radice garantendo così un microambiente aerobico

intorno alle radici. Nelle fasce laterali del vassoio si potrà prevedere la

piantumazione di specie officinali e/o arbustive.

Il rapporto lunghezza/larghezza del vassoio varia tra 0,4-3 e la superficie richiesta

per la sua realizzazione è di 2-3 m2/abitante.

Esso ha una durata teorica di 10-15 anni circa, dopo i quali il materiale inerte va

sostituito o lavato ed essiccato.

All’uscita del vassoio è bene porre dei percorsi sinuosi (tipo flow-form) per

favorire l’ossigenazione delle acque, che contribuiscono a completare più

efficacemente il ciclo depurativo. Quando questo è ultimato le acque vanno

convogliate in fossi o canali esistenti, i quali possibilmente siano stati sottoposti a

processi di rinaturazione per ottenere un ulteriore fitoassorbimento.

Le percentuali di rimozione degli inquinanti sono elevate.

47

In un sistema di fitodepurazione a flusso verticale di acque miste sito nel comune

di Gorizia, in funzione dal 1995, si sono registrati questi valori:

Parametro Efficienza di rimozione (%)

BOD5 90

COD 65

N-NH4+ (azoto ammoniacale) 60

N totale 75

P 90

Coliformi totali >99

Coliformi fecali >99

Linee Guida per la progettazione degli impianti di fitodepurazione

Il gruppo di lavoro ANDIS, alla luce delle indicazioni del Decreto Legislativo

152/99 e successive modifiche, ha proposto linee guida utili per scelte applicative

e dimensionamento di impianti di fitodepurazione a flusso superficiale e

subsuperficiale alimentati con acque pretrattate, con una copertura superficiale

vegetale costituita prevalentemente da macrofite radicate.

Tali linee guida sono relative al trattamento delle sole acque domestiche e

assimilabili, per scarichi di potenzialità inferiore a 1.000 A.E..

Senza entrare nei dettagli tecnici, se ne riporta una breve sintesi.

Caratteristiche dei siti idonei alla collocazione di questi sistemi di

fitodepurazione:

• distanza dalle abitazioni non inferiore a 50 m (tranne che per impianti al

servizio di singole abitazioni);

• possibilità di accesso per la manutenzione e la rimozione dei fanghi;

• microclima favorevole;

• pendenza del terreno compatibile con l’allocazione;

• impermeabilizzazione naturale (si ricorre altrimenti ad

un’impermeabilizzazione artificiale).

48

Se non è presente impermeabilizzazione naturale (almeno 60 cm di argilla), si può

ricorrere a vasche prefabbricate in plastica, vasche in cemento armato o teli

impermeabili di spessore pari a 1 mm.

Il vegetale più utilizzato nei trattamenti a macrofite radicate è la cannuccia di

palude (Phragmites australis), ma possono essere utilizzati anche la mazza di

tamburo (Typha latifolia), il giunco palustre (Scirpus lacustris) ed altre essenze,

delle quali però esistono poche informazioni sull’efficienza di depurazione.

Le migliori tecniche per l’impianto della cannuccia di palude sono rappresentate

dal trapianto di piantine con pani di terra (in primavera, 3-4 piantine/m2 ) e

dall’interramento di cespi (= 2/m2 ) o rizomi (= 4/m2) in autunno.

Nella progettazione occorre tener conto del carico idraulico (200 l/g per A.E.) e

del carico di inquinanti dopo pretrattamento e, soprattutto ove vi siano problemi di

siccità, è necessaria una valutazione del bilancio idrico per garantire la

sopravvivenza delle piante.

La gestione e la manutenzione comportano quanto è di seguito schematizzato:

Operazioni Frequenza minima proposta

Controllo del sistema di distribuzione Quindicinale

Controllo del sistema di raccolta e

scarico

Quindicinale

Controllo del livello idrico nei bacini

(Sistemi H-SFS)

Quindicinale

Verifica della funzionalità di eventuali

apparecchiature elettromeccaniche

Quindicinale

Controllo della corretta funzionalità dei

pretrattamenti

Quindicinale

Controllo del livello di fango nel

trattamento primario per decidere la

sua rimozione

Trimestrale

Eventuale taglio della vegetazione

(solo nei sistemi FWS)

Annuale

49

2.3.1.2 Living Machine

Il sistema consiste in una depurazione per fasi, sfruttando le capacità della fauna e

della flora acquatica di nutrirsi delle sostanze contenute nelle acque di scarico.

Il refluo viene raccolto in una vasca di accumulo dalla quale, per tracimazione

riempie un serbatoio anaerobico, che, conformato con setti “a pettine”, consente

una continua agitazione del liquido. Una pompa sommersa, posta nel fondo della

vasca anaerobica, assicura il completo ricircolo del refluo, rendendone possibile il

passaggio attraverso corpi di riempimento per esaltare la flora batterica.

L’eliminazione dei sali minerali (mineralizzazione della sostanza organica)

prodotti durante il processo depurativo anaerobico, è ottenibile sia realizzando una

vasca aerobica simile a quella anaerobica, dove vi sono piante ornamentali, sia

ricorrendo ad un vassoio subsuperficiale da inserire dopo il processo anaerobico.

Questi impianti acquatici dove il refluo viene usato direttamente come substrato

per la coltivazione di piante e come habitat per animali, rappresentano

un’alternativa per il trattamento delle acque fognarie nelle abitazioni sfruttando,

come elementi di arredo, cilindri traslucidi collegati in modo che l’acqua possa

fluire tra loro ed ospitanti una vegetazione che risulti anche gradevole alla vista.

Nel caso di piccole comunità che non superino le 100 persone, esistono impianti a

piccola scala in strutture coperte (tipo serra) realizzabili in legno e vetro, oppure

combinando una struttura di alluminio e pannelli di policarbonato a doppio strato.

L’uso di centraline fotovoltaiche per l’alimentazione delle pompe sommerse

contribuirebbe ad accrescere il grado di compatibilità ambientale di questo ciclo

depurativo, con produzione di acqua compatibile con l’irrigazione.

50

2.3.2 Tecniche basate sulle capacità depurative del terreno

Sono sistemi basati sull’infiltrazione nel suolo nel quale avvengono processi di

tipo meccanico (filtraggio), chimico (scambio di ioni) e biologico (tramite

l’azione svolta dalla microflora batterica).

Le tecniche principali appartenenti a questa categoria sono:

Infiltrazione nel terreno esistente: dopo una prima fase di sedimentazione, il refluo

viene raccolto in una fossa dalla quale è distribuito ai tubi di spargimento a

pioggia, disposti parallelamente ad una distanza di circa 1m. ed interrati

normalmente ad una profondità di 60 cm.; la loro lunghezza varia in funzione

della permeabilità del terreno.

Il refluo fuoriesce dai fori delle tubature per infiltrarsi nel terreno dove il processo

di depurazione ha luogo grazie all’azione dei microrganismi. Lo strato più

efficace ai fini depurativi è quello superficiale, dove funghi e batteri, utilizzando

le particelle organiche come nutrienti, concorrono alla loro eliminazione.

L’efficacia di questo trattamento dipende dalle caratteristiche del terreno, che può

essere più o meno adatto a ricevere l’acqua ed a farla filtrare. In media sono

necessari circa 5 m2/A.E. di terreno. Questa tecnica consente il trattamento di tutti

i tipi di reflui, in particolare di quelli di origine civile, senza richiedere consumo

energetico e comporta bassi costi realizzativi e gestionali. Gli svantaggi relativi al

suo impiego sono costituiti dall’impossibilità di recupero dei nutrienti e dal

sovraccarico di sostanze nel terreno nel lungo periodo, con conseguente pericolo

d’infiltrazioni nelle tubature ed inquinamento delle falde sotterranee.

Sistema a scorrimento superficiale: consente lo sfruttamento di suoli a bassa

permeabilità, scarsamente drenati. Consiste in un terreno, diviso in vari

terrazzamenti, con pendenza compresa tra il 2 ed il 6% alla cui sommità viene

applicato il flusso, raccolto alla base da un canale di collettamento. Si ottiene un

effluente di alta qualità anche su reflui che hanno subito solo trattamenti

meccanici. In Italia è usato soprattutto a valle di impianti biologici di depurazione

per i bassi costi di gestione e di investimento. Si raggiungono i seguenti

rendimenti di abbattimento: BOD 90-95%, solidi sospesi (SS) 90%, azoto (N)

varia da 20-30% fino a 80%, fosforo (P) varia da 20 a 60%.

51

2.3.3 Impianti Tecnologici

Sono sistemi adatti principalmente al trattamento di reflui civili ed acque grigie,

da considerarsi, a differenza degli altri visti in precedenza, come seminaturali.

Consistono in minidepuratori nei quali il sistema depurativo è di natura biologica:

questo assicura la trasformazione del materiale organico ed evita, come avviene

nel processo chimico, che gli inquinanti vengano spostati dal refluo ai fanghi.

Questi impianti presentano una grande efficacia depurativa, occupano poco spazio

e sono controllabili facilmente; consumano però energia e richiedono una costante

manutenzione.

Le metodologie più utilizzate sono le seguenti:

• dischi biologici;

• biofiltri;

• minidepuratori con particelle di riempimento;

• minidepuratori a fanghi attivi.

Dischi biologici: di norma posti a valle della sedimentazione primaria, consistono

in un tamburo rotante a bassa velocità (1-2 giri/min) semisommerso nel refluo da

depurare, contenuto in una vasca di cemento armato, acciaio rivestito o

vetroresina, a pianta rettangolare e sezione trasversa semicircolare o trapezoidale.

Il tamburo è formato da un certo n° di dischi di materiale plastico, montati su un

albero ed uniformemente spaziati tra loro. E’ prevista una copertura per evitare un

abbassamento della temperatura di esercizio nei periodi freddi e per la protezione

dei dischi dal dilavamento dovuto alle precipitazioni. Sulla superficie dei dischi si

forma una pellicola di microrganismi che assorbono i nutrienti. Durante la

rotazione questa pellicola si bagna ed arieggia alternativamente dando ai

microrganismi un alternarsi di condizione aerobica ad anaerobica. La biomassa

prodotta sui dischi si stacca ed in seguito viene raccolta nella vasca di

sedimentazione secondaria. Il rendimento è funzione della velocità di rimozione

del BOD, che dipende a sua volta dalla concentrazione di batteri e dal tempo di

contatto batteri-refluo.

52

Biofiltri: consistono in reattori a letto fisso completamente sommersi ed aerati, di

norma preceduti dalla sedimentazione primaria, dato che possono essere utilizzati

con concentrazioni di SS (solidi sospesi) in ingresso < 100 mg/l, per evitare

problemi di intasamento e riduzione d’efficienza. Il flusso di liquame può essere

discendente (dall’alto verso il basso), ascendente (dal basso verso l’alto) oppure

trasversale. Il flusso d’aria artificiale è sempre dal basso verso l’alto ed avviene

per insufflazione d’aria direttamente nel reattore, con una concentrazione di

ossigeno compresa tra 3 e 6 mgO2/l. I mezzi di riempimento, di materiale plastico

o lapideo, hanno dimensioni che variano da qualche cm. (per questi occorre una

periodica rimozione dei solidi tramite adeguati cicli di lavaggio) alla frazione di

mm. (per otteneere grandi superfici specifiche). L’altezza del mezzo filtrante

oscilla tra 1,8 e 4 m. in funzione della direzione del flusso e del tipo di

riempimento. Occorrono cicli di lavaggio per rimuovere i solidi accumulati (per

crescita batterica ed intrappolamento).

In alcuni casi si effettua il ricircolo dell’effluente per diluire il liquame in ingresso

ed ottenere una migliore miscelazione.

Minidepuratori con corpi di riempimento: sono composti da un pozzetto di

sedimentazione, un biofiltro ed un altro pozzetto. Il biofiltro è costituito da un

contenitore riempito di particelle di plastica, materiale inerte ed idrorepellente,

con un’ampia superficie di assorbimento. I batteri del refluo si fissano sulle

particelle formando piccoli ammassi di fango che poi cadono sul fondo. Tramite

una pompa l’acqua ripassa più volte attraverso questo biofiltro per favorire la

riduzione dei batteri. I fanghi vengono condotti al primo pozzetto per la

sedimentazione, mentre il refluo passa attraverso il secondo prima di subire un

processo di finissaggio in bacini o zone umide.

Minidepuratori a fanghi attivi: composti da cisterne in polietilene che possono

raggiungere i 15000 litri, il sistema si basa sull’azione dei batteri che svolgono

azione depurativa nella fase aerobica. A questa si alterna una fase anaerobica,

gestita da un programma computerizzato che assicura grande flessibilità, durante

la quale i fanghi si depositano sul fondo e l’acqua superficiale, depurata, viene

raccolta.

53

2.4 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E

TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO IN AMBITO

EUROPEO

2.4.1 SARAGOZZA (SPAGNA)

Introduzione

Il fenomeno della carenza d’acqua, che in Spagna interessa milioni di persone, è

dovuto in parte alle scarse precipitazioni e in larga misura a una cultura di spreco

dell’acqua, tant’è vero che negli ultimi anni la pioggia caduta è scesa del 10%,

mentre il consumo è aumentato del 20%.

Nel 1995 in Spagna 11 milioni di cittadini erano quotidianamente soggetti a

limitazioni del consumo idrico. Inoltre sussisteva un triplice paradosso: la Spagna

era il terzo paese del mondo per il consumo idrico per abitante, l’acqua

scarseggiava e il suo costo era molto basso.

Descrizione del problema

La cultura dello spreco dell’acqua si inseriva in questa situazione: inesistenza di

una normativa che favorisse il risparmio, politica istituzionale basata sull’aumento

dell’offerta, disconoscimento dell’esistenza di tecnologie che permettono un uso

più efficace dell’acqua nelle abitazioni (un’indagine effettuata a Saragozza prima

dell’avvio della campagna ha dimostrato che il 60% degli intervistati non

ricordava o conosceva gli accorgimenti che permettono di ridurre il consumo

domestico di acqua), scarsa valorizzazione di questa risorsa da parte dei cittadini,

tendenze allo spreco nell’uso quotidiano.

Soluzione tecnica

Lo scopo del progetto era promuovere una nuova cultura dell’acqua con una

gestione razionale di questa risorsa naturale.

L’obiettivo consisteva nel fare risparmiare a Saragozza 1 miliardo di litri d’acqua

per uso domestico nell’arco di un anno. Per conseguire tale obiettivo era

necessario: sollecitare presso i consumatori la domanda di tecnologia che permette

54

di risparmiare acqua, stimolare il mercato che offre tale tecnologia nonché

formare e informare i cittadini in merito.

Prima di avviare la campagna è stata constatata un’incongruenza tra la tecnologia

disponibile sul mercato e quella installata nelle case. Quest’ultima era

responsabile di sprechi, mentre il mercato offriva un’ampia gamma di prodotti e

dispositivi per il risparmio idrico non richiesti. Il fronte dell’offerta sosteneva che

c’era una domanda specifica di prodotti atti a limitare il consumo idrico, mentre

quello della domanda asseriva di non conoscerli.

Per far evolvere la situazione, si è deciso di promuovere la conoscenza dei

prodotti che consentono di limitare il consumo di acqua e di incoraggiarne l’uso

mediante una campagna di informazione e sensibilizzazione.

Per riuscire a risparmiare 1 miliardo di litri di acqua, sono state definite sei linee

strategiche di risparmio:

• acquisto di nuove attrezzature sanitarie (wc, rubinetti, docce ecc.) a basso

consumo idrico;

• installazione di dispositivi di limitazione del consumo idrico nei vecchi

sanitari;

• acquisto di elettrodomestici a basso consumo (lavatrici e lavastoviglie);

• introduzione a domicilio di contatori individuali per l’acqua calda;

• qualsiasi altra misura, dispositivo o attrezzatura a fini di risparmio

(riparazione di perdite, riciclaggio dell’acqua domestica ecc.);

• modifica delle abitudini legate al consumo dell’acqua.

Inoltre, trattandosi di coinvolgere tutti i protagonisti determinanti della cultura

dell’acqua, sono state identificate diverse categorie di pubblico con cui

collaborare: professionisti del settore, grandi consumatori, pubblico infantile e

giovanile nonché pubblico in generale.

Il progetto è stato suddiviso in due fasi ben differenziate.

Nel febbraio 1997 è cominciata la fase di preparazione, in cui si è configurata la

struttura di partecipazione (soci promotori, patrocinatore, imprese promotrici ed

enti collaboratori iniziali). Durante questa tappa si è privilegiato in modo

particolare il gruppo di professionisti del settore, per convincerli a partecipare

attivamente alla campagna.

55

Nell’ottobre 1997 si è passati alla fase di esecuzione, durante la quale sono state

realizzate azioni specifiche, mirate alle varie categorie di pubblico. È iniziata la

diffusione della documentazione pubblicitaria, assicurata per un mese dai vari

mezzi di comunicazione (televisione, radio, stampa, espositori commerciali,

opuscoli, adesivi, manifesti, cartelloni pubblicitari ecc.).

La campagna si è conclusa il 25 gennaio 1999 con lo svolgimento dell’incontro

internazionale sull’uso efficiente dell’acqua nelle città.

Risultati e impatto

Durante la campagna sono stati consumati 1 miliardo 176 milioni di litri di acqua

in meno rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente.

Sono stati conclusi accordi di collaborazione con 150 enti cittadini; vi hanno

partecipato 183 istituti scolastici, 474 insegnanti e 70.000 alunni.

Il comune di Saragozza ha deciso di varare un piano cittadino di risparmio idrico.

Oltre 140 esercizi ora commercializzano prodotti che permettono di risparmiare

acqua. Il 65% dei negozi che vendono apparecchiature sanitarie, rubinetteria,

elettrodomestici e installano contatori hanno partecipato attivamente al progetto.

La vendita di elettrodomestici a basso consumo idrico è aumentata del 15%, il

numero di contatori individuali è stato quadruplicato e quello della rubinetteria

efficiente moltiplicato per sei.

In 3.990 abitazioni della città sono stati installati dispositivi tecnologici di

limitazione del consumo durante l’anno di svolgimento del progetto.

Durante il medesimo anno, 300.000 cittadini (la metà degli abitanti della città)

hanno adottato nelle loro case abitudini volte a ridurre il consumo d’acqua.

Prima dell’inizio della campagna, quasi il 60 % della cittadinanza non conosceva

alcun accorgimento in tal senso; alla fine, solo un 28 % non era a conoscenza di

tali misure. Il progetto ha goduto di un’ampia diffusione, sia a livello nazionale

che internazionale.

56

2.4.2 FRANCOFORTE (GERMANIA)

Introduzione

Nel 1992, a causa di vari problemi ambientali, il Comune di Francoforte sul Meno

ha avviato una campagna per il risparmio idrico. In totale, la domanda d’acqua

della città è scesa da 63 milioni di metri cubi nel 1990 a meno di 46 milioni di

metri cubi (-26%) nel 2001. Il risultato della campagna è stato possibile grazie a

varie misure:

• una campagna di sensibilizzazione dei cittadini che dimostrava le

conseguenze di un uso abbondante dell’acqua;

• il finanziamento di progetti di risparmio idrico nel settore industriale,

commerciale e pubblico;

• l’offerta di un servizio per l’istallazione di dispositivi di risparmio d’acqua

nelle case private.

La campagna per la conservazione dell’acqua cominciò dopo che il governo di

Assia aveva annunciato lo “stato d’emergenza’ del rifornimento idrico nel 1992.

Il motivo era un abbassamento significativo dei livelli delle acque freatiche in

alcune zone di rifornimento idrico intorno alla città. Durante lo “stato di

emergenza” era proibito lavare le auto, irrigare i prati e praticare altri usi

dispendiosi d’acqua.

Per finanziare un programma di sovvenzioni per misure di risparmio idrico il

governo regionale ha stabilito un’imposta di 0,25 euro per metro cubo.

All’inizio il settore industriale ha protestato contro l’imposta, ma in seguito ha

fatto uso del programma per finanziare progetti di risparmio d’acqua che hanno

avuto come risultato una riduzione significativa del consumo di acqua potabile

(per esempio la sostituzione di acqua potabile con acqua piovana per impianti di

lavaggio, servizi igienici, refrigerazione ed altri usi industriali).

57

Sviluppo del consumo di acqua

Tra il 1960 e il 1980 la domanda per l’acqua è quasi raddoppiata nella Repubblica

Federale tedesca. Nel decennio successivo si è vista una stagnazione ad un alto

livello. La situazione era simile nella Ex-Repubblica Democratica Tedesca.

Il consumo dell’acqua comincia a diminuire dal 1990.

Mentre il consumo nel settore industriale ha visto una riduzione continua dal

1980, il consumo nei settori “cittadini e piccolo commercio” e “uso/servizio

pubblico” è rimasto costante fino al 1991 prima di diminuire.

Ci sono stati alcuni cambiamenti strutturali, l’industria non è più il principale

settore nella città di Francoforte.

L’effetto di questi cambiamenti sulla domanda idrica non è facilmente

quantificabile. Il grafico che segue mostra la situazione in Germania in paragone a

quella di Francoforte.

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

-25%-20%-15%-10%

-5%

0%

Diminuzione del consumo d'acqua, Francoforte vs Germania

GermaniaFrancoforte

Rispetto al 1990 il consumo d’acqua è sceso in tutta la Germania, ma a partire dal

1995 la quota di riduzione era più alta a Francoforte che non nel resto del paese.

Analizzando queste cifre vanno prese in considerazione le specificità strutturali

del luogo.

In una città come Francoforte il settore terziario è dominante. Circa 300.000

pendolari vengono nella città ogni giorno. Per capire il vero successo della

campagna per il risparmio idrico si deve guardare il settore “cittadini e piccolo

58

commercio”: a Francoforte questo settore è responsabile per il 71% del consumo

totale.

A partire dal 1990 c’è stata una diminuzione del 18% a Francoforte e del 8% in

Germania. Questo non riguarda la crescita della popolazione (quasi costante).

Mentre nella Germania a partire dal 1993 si verifica una stagnazione, la domanda

a Francoforte diminuisce, questo grazie soprattutto alla campagna per il risparmio

idrico.

Campagna di marketing “Meno”

La prima azione del Comune di Francoforte nella campagna per il risparmio idrico

è stata l’iniziativa di marketing “Meno”. Gli slogan erano del tipo “Sprecare

l’acqua non uccide solo l’ambiente naturale. Partecipa all’iniziativa ‘Io risparmio

acqua’” e venivano presentati su manifesti con animali e piante in estinzione.

Oltre a presentazioni nei mass media (cinema e radio, depliant) ed eventi pubblici,

è stato annunciato un premio annuale “risparmiatore d’acqua dell’anno”. Hanno

preso il premio banche, industrie, alberghi e persone private. Questa campagna ha

rafforzato l’opinione pubblica che, anche in un paese grande come la Germania,

l’acqua potabile è una risorsa preziosa. Una inchiesta dimostra che oggi nove

cittadini su dieci sono convinti che la conservazione dell’acqua è “importante” o

“molto importante”.

La campagna di sensibilizzazione è stata accompagnata dall’offerta di

informazioni tecniche dettagliate da parte del servizio idrico e dell’ufficio

ambiente.

Programma di sovvenzioni

Parallelamente alla campagna l’ufficio ambiente ha elaborato un programma di

contributi. Sono stati finanziati progetti di risparmio idrico, come per esempio

l’istallazione di contatori di consumo d’acqua insieme a dispositivi di risparmio

idrico in zone residenziali, edifici pubblici e piscine e la sostituzione di acqua

potabile con acqua piovana in case private.

Dal 1997 al 1999 il programma ha finanziato l’istallazione di 5.000 contatori

d’acqua.

59

Inoltre è stata creata una “Agenzia per l’acqua” con offerte speciali per business e

imprese (contributi dal 15 al 50%) e organizzazioni (contributo del 60%); il

programma in seguito è stato sospeso.

L’Agenzia per l’acqua ha sostenuto inoltre molti altri progetti.

Alcuni esempi:

• Raffreddamento di macchine saldatrici con acqua piovana (risparmio

idrico 850 m3/a);

• Riciclaggio di acqua di scarico industriale (risparmio idrico 44.000 m3/a);

• Lavaggio di auto con acqua piovana (risparmio idrico 4.400 m3/a);

• Impresa di lavorazione della pietra, uso di acqua piovana per la finitura

delle pietre (risparmio idrico 3.000 m3/a);

• Lavanderia: sostituzione di acqua potabile con acqua freatica e istallazione

di un nuovo impianto di lavaggio (riduzione del 50% di acqua – 8 litri/kg,

capacità 2.200 kg/a; risparmio idrico 33.000 m3/a).

Servizio diretto di installazione

Sulla base dell’esperienza della campagna di sensibilizzazione il passo successivo

è stato l’offerta di un servizio diretto di istallazione di dispositivi di risparmio

idrico (aeratori, docce di flusso lento, tasti di risparmio per gli sciacquoni) da

parte dell’ufficio ambiente nelle abitazioni private. L’ufficio ambiente, in

collaborazione con una rivista consumatori e un istituto indipendente (LGA della

Baviera), ha fatto un test dei vari prodotti in commercio per selezionare i

dispositivi più efficaci per il risparmio idrico.

60

Nella tabella seguente sono indicati quelli usati nella campagna.

Descrizione Criterio Prodotti usati

Aeratori Flusso mass. 6 l/min,

Rumore< 25 dB (A)

Due aeratori: flusso 3 e 6

l/min

Miscelatori per la cucina Flusso mass. 8 l/min,

Rumore<25 dB (A)

Flusso 7 l/min

Miscelatori per le docce Flusso mass. 9 l/min,

Rumore<10 dB (A)

Due modelli: “comfort” e

“standard”; flusso 8 e 4

l/min

Doccia a cornetta con

flusso regolabile

9 – 15 l/min Regolabile

WC-Stop Non impedisce la

funzione del serbatoio,

garantisce un flusso di 3

litri quando si preme il

bottone per 1 secondo

L’uso di queste tecniche ha ridotto la domanda quotidiana media a persona da 125

a 90 litri senza cambiamenti di comportamento, perché gli utenti non si sono

accorti dei dispositivi di risparmio idrico. Se ci fosse un piccolo cambiamento

comportamentale oltre l’acquisto di una lavatrice e una lavastoviglie a risparmio

idrico, sarebbe possibile il raggiungimento di un consumo di solo 60 litri al giorno

a persona.

L’ufficio ambiente offriva il servizio diretto di istallazione in collaborazione con

l’artigianato locale. Le abitazioni private pagavano solo per il prodotto, il

programma finanziava il servizio di istallazione. Per una abitazione media (2

persone, il prezzo dell’acqua potabile sommato alla tassa di depurazione pari a 4

euro/m3, più i costi di energia per l’acqua calda pari a 2 euro/m3) il periodo di

ammortamento per gli impianti di risparmio idrico è tra tre e sei mesi. Più di

15.000 case hanno fatto uso del servizio. Per accertare il successo della campagna

(che ora è terminata) è stato fatto un accordo speciale con gli artigiani locali.

61

Il loro compenso dipendeva in parte dal numero di abitazioni nelle quali

eseguivano l’istallazione: oltre le 7.500 abitazioni è stato pagato un bonus

crescente. Il risultato è stato che un 70% dei compensi pagati erano per le

istallazioni, un altro 30% erano dei bonus.

Grazie a quest’incentivazione l’interesse degli artigiani di trovare case disponibili

a farsi istallare gli impianti per il risparmio idrico era molto alto; hanno così

elaborato insieme all’ufficio ambiente una “strategia di escalation”:

1. Sulla base di una valutazione dei dati statistici sono stati selezionati dei

distretti con probabilità elevate di trovare persone disponibili ad aderire

alla campagna.

2. Come primo passo sono stati affissi dei manifesti per il servizio di

istallazione nei distretti individuati.

3. La campagna in seguito è stata allargata con lettere personali agli abitanti

dall’ufficio ambiente, con allegata una scheda che descriveva i servizi e i

dispositivi.

4. Gli artigiani hanno attivato un call center. Subito dopo la spedizione della

lettera per posta, i cittadini sono stati chiamati per fissare degli

appuntamenti per una consulenza sul risparmio d’acqua.

Più del 90% delle consultazioni hanno avuto come esito un’istallazione. Inoltre

c’era la possibilità di chiamare un numero verde per fissare un appuntamento con

gli idraulici. Un’altra possibilità per avere delle informazioni era tramite la pagina

web www.wassersparaktion.de o ancora attraverso un contatto via e-mail.

Conclusione

La riduzione della domanda d’acqua a Francoforte ha comportato un leggero

aumento del prezzo dell’acqua perché la tariffa è basata in gran parte su costi fissi.

Va però tenuto presente che coloro che hanno partecipato alla campagna hanno

potuto abbassare la bolletta per l’acqua del 20-30%. Il gestore dei servizi idrici ha

risparmiato perché non ha dovuto investire nell’esplorazione di nuove zone di

estrazione e la costruzione di nuovi pozzi.

Si è verificato che una campagna che mette insieme la sensibilizzazione, il

servizio diretto di istallazione e contributi ben definiti può essere molto efficiente

in termini di costi. Quest’esperienza può essere applicata anche in altre campagne

per il risparmio di risorse.

62

2.4.3 FRANCIA – RICICLAGGIO DI ACQUE FOGNARIE DEPURATE

Si riporta l’esempio di Saint-Mathieu-de-Travers, piccolo comune del

Dipartimento dell’Hérault situato lungo il fiume Lez su un suolo calcareo con

molte faglie, dallo stesso fiume la città di Montpellier preleva la sua acqua

potabile e quindi Saint-Mathieu non vi può immettere le sue acque di scarico.

Si è quindi studiata e trovata una soluzione per lo smaltimeto delle acque di

scarico, senza che l’ambiente ne risultasse danneggiato.

Le acque di scarico provenienti dai 6.000 abitanti del comune giungono in un

sistema di depurazione computerizzato. Qui ha luogo il primo trattamento: per

mezzo di una griglia i solidi grossolani vengono eliminati; dopo la dissabbiatura e

la disoleazione l’acqua giunge in una vasca di aerazione dove microrganismi

trasformano gli inquinanti in fango; in un’altra vasca, il fango sedimenta prima di

essere pompato e raccolto in un silo; l’acqua viene poi conservata in recipienti per

l’irrigazione.

L’idea innovativa sta nel fatto di utilizzare l’acqua raccolta in una apposita vasca

di stoccaggio per l’irrigazione di una pineta di sette ettari.

Secondo Michel Arnal, assessore della città, ciò presenta tre vantaggi:

1. i microrganismi decompongono l’inquinamento organico nel terreno;

2. i pini crescono più velocemente grazie all’acqua;

3. la stessa acqua previene gli incendi perché il suolo rimane sempre umido.

Tutti questi vantaggi mostrano che la stazione di depurazione di Saint-Mathieu-

de-Trevers è molto efficiente.

63

2.4.4 GRAN BRETAGNA – TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI

SCARICO TRAMITE SISTEMA FOGNARIO CENTRALIZZATO

(LIVING MACHINE)

L’Earth Centre (un progetto per il millennio realizzato per la creazione di un

futuro verde e duraturo) si trova in un parco situato su due miniere di carbone in

disuso nel South Yorkshire.

Uno dei principali impianti nel terreno di 26 ettari è il sistema fognario

centralizzato Living Machine (Macchina vivente) per il trattamento delle acque di

scarico, che è essenzialmente un procedimento biologico.

Un sistema fognario conduce le acque di scarico in un serbatoio di equalizzazione

dove vengono raccolte durante le ore di punta . Successivamente le acque passano

attraverso una griglia che blocca le sostanze solide grossolane, e poi passano alla

prima fase della Living Machine, un serbatoio di fermentazione anaerobico in cui

il contenuto di carbonio delle acque di scarico diminuisce sensibilmente.

La seconda fase del trattamento avviene in serbatoi chiusi aerobici dove

l’ammoniaca viene trasformata in nitrato. Si introduce aria nelle acque di scarico,

che vengono condotte attraverso un filtro biologico per eliminare l’eccessivo

odore.

Le acque di scarico dei serbatoi giungono in una doppia fila di serbatoi di

aerazione aperti. Per mezzo di vasche di sedimentazione, la maggior parte delle

rimanenti sostanze solide viene eliminata e riportata indietro al serbatoio di

fermentazione anaerobico.

La fase finale della Living Machine è la disinfestazione a raggi ultravioletti, grazie

alla quale tutti i germi batterici vengono eliminati. Le acque di scarico ottenute

alla fine rispondono alle norme di scarico e vengono liberate nel fiume Don, le cui

acque vengono usate soprattutto per l’irrigazione.

64

2.4.5 APPLICAZIONI IN ITALIA

Si riportano sinteticamente e schematicamente di seguito alcuni esempi:

Esempi di separazione acque grigie/acque nere

Nelle abitazioni la composizione media degli scarichi è data da: 73% acque grigie,

27% acque nere, queste ultime sono composte inoltre da 1,4% di urine e da 0,2%

di materiale fecale.

Tramite la separazione degli scarichi delle due diverse tipologie di acque, queste

possono essere sottoposte ad un diverso trattamento depurativo: fitodepurazione

tramite lagunaggio per le acque grigie, trattamento biologico tradizionale per le

acque nere.

In tabella si riportano le differenti caratteristiche delle acque:

Parametri Acque nere Acque grigie

COD (Chemical Oxigen

Demand)

60% 40%

Azoto 91% 9%

Agenti Patogeni 69% 31%

Al camping “La Cava” di Poppi (AR) si è applicato il principio della separazione

delle acque grigie dalle acque nere per il trattamento degli scarichi corrispondenti

ad 80 A.E.(punta massima di abitanti equivalenti).

Per le acque nere (N) si adotta un percorso tradizionale: subiscono il primo

trattamento in una fossa settica Imhoff (I), passano poi in un pozzetto (P1), quindi

vengono convogliate in una vasca a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) per

la fitodepurazione (per evitare problemi di odori e di igiene), infine vengono

scaricate dopo essere passate in un altro pozzetto (P2) per l’ispezione ed il

controllo.

Per le acque grigie (G) il percorso è simile, con la differenza che inizialmente

vengono raccolte in uno sgrossatore (S), poi, dopo essere state trattate tramite il

sistema a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) di fitodepurazione, vengono

pompate (P) per essere riutilizzate (R) per gli sciacquoni dei WC.

65

Schema dell’impianto di fitodepurazione del camping “la Cava” – Poppi (AR)

N scarico

G

Lo stesso principio ha ispirato l’amministrazione comunale di Ruvo di Puglia

(BA) per la realizzazione, in un quartiere, di un impianto che è costituito da due

linee di trattamento: una per le acque grigie ed una per le acque meteoriche.

Le fasi principali sono schematicamente descritte in figura.

La linea delle acque grigie (G) è composta da: pozzetto di raccolta (P), sistema

flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) e sistema a flusso superficiale (FWS).

La linea delle acque meteoriche provenienti dal piazzale (M P) è composta da:

disoleatore e sedimentatore (D-S) e sistema a flusso subsuperficiale orizzontale

(H-SFS); quella delle acque provenienti da tetti e terrazze (M T-T) confluisce

direttamente nel serbatoio d’accumulo.

Le tre linee confluiscono in un serbatoio d’accumulo per il riuso in subirrigazione,

irrigazione di aree verdi, lavaggio del piazzale, lavatrici e sciacquoni.

Tramite il sistema a flusso subsuperficiale orizzontale si elimina anche il

problema degli odori.

I P1 H-SFS P2

S P1 H-SFS P2 P

R

66

Schema dell’impianto allestito in un quartiere del comune di Ruvo di Puglia (BA)

AREE VERDI SUBIRRIGAZIONE

PIAZZALE

LAVATRICI

SCIACQUONI FOGNATURA

Esempio di trattamento di acque meteoriche

L’impianto è stato realizzato nel 2001 nel comune di Rispescia (GR); è costituito

da un pozzetto di raccolta (P1) delle acque provenienti dai tetti e dal piazzale del

parcheggio, da questo vengono convogliate in una vasca di fitodepurazione a

flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS), quindi ad una a flusso superficiale

(FWS), infine giungono in un pozzetto di ispezione e controllo (P2).

Le acque trattate vengono riutilizzate a scopo irriguo.

G

P

FWS

H-SFS

SERBATOI DI ACCUMULO PER IL RIUSO

M T-T

M P

D-S

H-SFS

P1H-SFS FWS P2

67

3. AMBITO INDUSTRIALE

Nel settore industriale l’acqua viene utlizzata nei seguenti modi:

• uso industriale (acqua industriale)

1. acqua di processo (materia prima)

2. agente meccanico (trasporto idraulico, idrodinamica, ..)

3. vettore termico (riscaldamento, refrigerazione)

• uso potabile (servizi igienico-sanitari)

• uso antincendio (di riserva in impianti antincendio ad acqua)

Alcuni esempi di consumi di acqua nell’industria sono di seguito elencati:

• acqua industriale (consumi specifici per unità di prodotto, cifre indice)

1. centrale termoelettrica 180-350 l/kWh

2. motori a combustione interna (diesel) 30-40 l/kWh

3. stabilimento siderurgico (acciaio) 130-260 m3/t

4. zuccherificio (zucchero raffinato) 100-150 m3/t

5. cartiera (carta fine) 1400-3000 m3/t

6. lanificio (tessuto) 600-1000 m3/t

• acqua potabile (per ogni dipendente) 50 l/g

Le industrie che utilizzano grandi quantità di acqua possono portare ad

esaurimento le risorse idriche locali, in particolare le acque sotterranee, con il

conseguente abbassamento della falda nonché l’infiltrazione di acqua salata negli

acquiferi costieri. Le vaste aree destinate a parcheggi, strade e altre infrastrutture

possono causare l’inquinamento sia delle acque superficiali che sotterranee e

provocare lo spargimento di acque meteoriche.

L’acqua è una risorsa preziosa e quindi da gestire con cautela con un programma

di tariffe tali da incoraggiarne il risparmio. In caso di carenza, le aree industriali

possono raccogliere le acque piovane dai tetti e dalle zone pavimentate e renderle

disponibili agli utenti.

In fase di progettazione gli edifici possono essere dotati di impianti di raccolta per

l’acqua piovana e le acque grigie. L’acqua piovana può essere utilizzata per lo

68

scarico dei servizi igienici e per il lavaggio dei pavimenti, mentre le acque grigie

possono essere utilizzate per l’irrigazione dei giardini.

Il gestore dell’area industriale può incoraggiare il risparmio idrico mediante

adeguate disposizioni. In tal modo è possibile ottimizzare l’uso delle risorse

idriche esistenti ed eliminare o ritardare la ricerca di nuove risorse.

L’insediamento deve essere dotato di sistema fognario o impianti settici di

contenimento per le acque reflue affinché queste ultime possano essere scaricate

nel rispetto dei limiti imposti dalla normativa sulle acque.

Se le acque di scarico sono esenti da sostanze tossiche, i fanghi possono essere

inviati al compostaggio e utilizzati come fertilizzanti.

3.1 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE RISORSE

IDRICHE NELLE NUOVE AREE INDUSTRIALI

Le zone umide, i laghi e le altre risorse naturali svolgono importanti funzioni

ecologiche che, a loro volta, comportano dei benefici economici. Le zone umide

ed i corsi d’acqua rappresentano un naturale sistema di controllo del livello idrico,

di drenaggio dell’acqua piovana e di filtrazione, oltre a costituire un habitat

naturale per la fauna e la flora selvatiche.

Qui di seguito sono riportate alcune prassi da adottare in fase di progettazione:

1. Individuare le zone umide ed i corsi d’acqua da proteggere. La protezione

dei corsi d’acqua può essere ottenuta mantenendo zone vegetative lungo di

essi.

2. Evitare il riporto di terra nelle zone umide ed evitare la modificazione dei

contorni delle piane alluvionali.

3. Limitare il numero di attraversamenti dei corsi d’acqua sia di strade sia di

servizi pubblici. Evitare che ingenti volumi d’acqua piovana si riversino

direttamente nei fiumi o nei mari, attraverso la creazione di bacini di

contenimento artificiali o l’incanalamento dell’acqua nelle zone umide.

4. Proteggere i sistemi idrici naturali nell’ambito del programma di controllo

dell’area di deflusso superficiale delle acque piovane.

69

3.1.1 APPROVVIGIONAMENTO IDRICO

Il consumo di acqua dell’infrastruttura dell’area e delle aziende ospitate può

essere facilmente ridotto grazie ad una buona pianificazione e progettazione. Se

un’area industriale gestisce il proprio sistema idrico, la conservazione dell’acqua

abbasserà ulteriormente i costi di esercizio e di manutenzione. In molti casi, il

costo della conservazione è inferiore a quello di sviluppo di altri progetti nel

settore idrico per l’ampliamento della rete di approvvigionamento.

Un programma integrato di gestione ambientale deve mirare a conservare e ad

usare efficientemente l’acqua, nonché a provvedere al suo riutilizzo.

Conservazione e consumo efficiente

• Installare con cura e controllare regolarmente la rete idrica per ridurre al

minimo le perdite.

• Incoraggiare le aziende dell’area ad adottare tecnologie per lo stoccaggio

dell’acqua, in modo da diminuire la quantità di acqua utilizzata

nell’industria.

• Utilizzare piante resistenti che richiedono basse quantità di acqua nella

progettazione del paesaggio; spesso è più opportuno usare piante locali,

adatte al clima della zona.

Riutilizzo

In un’area industriale vi sono numerose opportunità che consentono di utilizzare e

riutilizzare l’acqua. La gestione dell’intero ciclo idrico di un’area industriale

consente di diversificare la tipologia dell’acqua a seconda dell’uso. Lowe, Moran

e Holmes (1996) identificano i seguenti standard di qualità dell’acqua:

• acqua extra-pura (impiegata nella produzione di chip semiconduttori);

• acqua di lavorazione (per la produzione ed il raffreddamento);

• acqua potabile (ad uso delle cucine, dei bar e delle fontane);

• acqua di risciacquo (per la pulizia dei camion usati per le consegne, dei

pavimenti e degli edifici);

• acqua per l’irrigazione (di prati e di piante).

70

Qui di seguito sono elencate alcune opzioni per il riutilizzo dell’acqua all’interno

dell’area industriale:

• Adottare la tecnica “A cascata”. Le acque reflue di un’azienda possono

essere riutilizzate per altre operazioni all’interno della stessa azienda o da

altre per la pulizia dei pavimenti o il lavaggio dei veicoli.

• Spruzzare acqua sui tetti laddove il clima è caldo, per raffreddare gli

edifici e ridurre i costi del sistema di condizionamento dell’aria.

• Irrigare usando acque reflue, acqua piovana o derivante dallo scioglimento

della neve. È tuttavia necessario verificare che queste non presentino

sostanze inquinanti pericolose prodotte dalle industrie.

• Nelle regioni a clima secco, esaminare la possibilità di raccogliere l’acqua

piovana dai tetti o da terreni impervi (dove l’inquinamento atmosferico e

la contaminazione batterica non sono così gravi).

Al fine di mettere in pratica queste opzioni, i progettisti dovranno considerare la

realizzazione di sistemi di condutture diversi per i differenti tipi di acqua.

Tecnica a Cascata

Gli effluenti industriali trattati vengono reimpiegati per il raffreddamento

industriale, la pulizia dei pavimenti e lo scarico dei servizi igienici. L’uso di

questa tecnica è in crescita in numerosi settori: cartiere, tessile, chimico, della

plastica, della gomma, nelle acciaierie e nei cementifici.

Cisterne

Se paragonato a molte tecnologie moderne, il sistema delle cisterne è un semplice

e vecchio metodo per raccogliere e poi usare l’acqua. L’acqua piovana viene

raccolta dal tetto, messa in una cisterna e in seguito fatta defluire o pompata per

essere utilizzata dagli edifici o per la manutenzione delle aree verdi della zona.

Le coperture del tetto che meglio agevolano la raccolta dell’acqua sono: le tegole

in terracotta, lo stucco, i materiali da copertura in metallo verniciato (evitare il

metallo ricoperto di zinco) e le assicelle di copertura in legno non trattato o di

materiale composito. I tetti piatti fissati con vari tipi di catrame e prodotti

contenenti petrolio grezzo sono spesso non indicati per la raccolta dell’acqua. Un

71

tetto normale può trattenere una considerevole quantità di acqua, persino nelle

zone a clima arido; 5 centimetri di acqua piovana su di una superficie di 250 metri

quadri di tetto danno circa 125.000 litri di acqua di scolo.

3.1.2 TRATTAMENTO DEGLI EFFLUENTI

Nel trattamento delle acque reflue possono essere utilizzati metodi innovativi di

riciclaggio, i quali ad esempio, oltre a trattare acque reflue in modo che possano

essere riutilizzate in altri processi, possono assorbire sottoprodotti dalle altre

imprese dell’area oppure fornire fanghi per la fertilizzazione. Un progetto

integrato di gestione ambientale deve prevedere la conservazione e il riutilizzo

dell’acqua, l’installazione di comuni impianti per il trattamento degli effluenti

industriali e di sistemi per il recupero e la gestione dell’acqua piovana.

Riutilizzo degli effluenti

È possibile utilizzare gli effluenti per l’irrigazione, mentre l’acqua calda

proveniente da una centrale elettrica può trovare impiego nell’allevamento ittico o

nelle serre. Possono essere necessari studi per verificare la necessità di un

pretrattamento per rispettare le linee guida relative alla salvaguardia della salute,

della sicurezza e dell’ambiente.

E’ buona norma valutare la possibilità di riservare una zona specifica dell’area per

quelle industrie che utilizzano grandi quantitativi di acqua (separatamente dalle

zone destinate a magazzino, agli uffici o alle industrie caratterizzate dalla

lavorazione a secco). Tale operazione agevola il riutilizzo o riciclaggio degli

effluenti tra le aziende dell’area.

Impianto comune di trattamento degli effluenti

Tale servizio è vantaggioso nel caso di trattamento degli effluenti di grandi aree

industriali. Un impianto di trattamento viene realizzato per trattare volumi

considerevoli di effluenti omogenei, con risparmi in termini di costruzione,

esercizio e manutenzione dell’impianto.

Il raggruppamento di industrie che producono stesse tipologie di effluenti facilita

il trattamento specifico.

72

Un crescente numero di imprese e di aree industriali realizza zone umide artificiali

per il trattamento degli effluenti.

Le zone umide riescono a rimuovere una notevole quantità di sostanze nutritive, a

disintossicare i composti, a neutralizzare gli agenti patogeni e a produrre acqua

pulita. Inoltre, tali sistemi presentano costi d’investimento e di esercizio

relativamente bassi e risultano esteticamente piacevoli.

Occorre tuttavia prestare attenzione alla loro realizzazione, in quanto le zone

umide artificiali devono essere adatte al volume e al tipo di effluenti da trattare.

Qui di seguito vengono riportate alcune considerazioni utili per una corretta

progettazione; è necessario definire:

• la natura delle sostanze inquinanti da rimuovere;

• il tempo necessario per un trattamento completo;

• l’area occorrente per il trattamento;

• l’habitat adeguato per il tipo di vegetazione desiderata;

• le condizioni necessarie per assicurare la sopravvivenza della vita

acquatica;

• l’impatto estetico;

• la manutenzione ed il monitoraggio.

Le zone umide possono anche essere progettate per il trattamento dei liquami,

delle acque di scolo e di altri rifiuti liquidi prodotti.

Alle singole aziende può comunque venir richiesta l’adozione di tecnologie di

pretrattamento allo scopo di preservare l’integrità dell’intero sistema.

Realizzazione di un sistema di gestione dell’acqua piovana

La raccolta e gestione dell’acqua piovana rappresenta un importante vantaggio

ambientale in un’area industriale.

L’acqua piovana delle superfici pavimentate può essere contaminata dagli

effluenti industriali, ed è quindi consigliabile un trattamento prima di riutilizzarla

o scaricarla al di fuori dell’area.

73

In sostituzione della costruzione di impianti artificiali per il drenaggio dell’acqua

piovana, esistono delle valide ed economiche alternative tra cui:

• la salvaguardia delle zone umide e dei canali fluviali;

• l’utilizzo di laghetti artificiali o naturali per la conservazione dell’acqua; le

zone umide naturali e i bacini artificiali sono importanti per l’assorbimento

di grandi quantità di acqua in caso di precipitazioni.

Sia le sostanze detergenti che quelle oleose presenti nelle acque di scolo devono

essere trattenute e filtrate.

L’acqua delle vasche di ritenzione può essere riutilizzata nei sistemi di

riscaldamento e raffreddamento degli edifici vicini. L’esubero di tali vasche filtra

attraverso il sottosuolo e ricarica gli acquiferi della zona.

74

3.2 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE RISORSE

IDRICHE NELLE AREE INDUSTRIALI ESISTENTI

Le aree industriali già costituite possono mettere in atto molti principi e strategie

di gestione ambientale, in particolar modo di gestione sostenibile delle risorse

idriche, arrivando così ad ottenere vantaggi sia economici che ambientali.

Può essere necessario intraprendere una fase di consultazione per elaborare le

linee guida da mettere in pratica.

Vengono identificate quattro fasi per l’implementazione del SGA (Sistema di

Gestione Ambientale) ed in particolare:

• la valutazione dello stato e delle criticità ambientali dell’area;

• la definizione degli obiettivi di gestione ambientale;

• la pianificazione dei sistemi e dei progetti di gestione ambientale;

• l’attuazione dei progetti di gestione ambientale.

3.2.1 VALUTAZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DELL’AREA

Gli amministratori devono innanzitutto effettuare una valutazione dello stato e

delle criticità ambientali presenti nell’area. Sulla base dei risultati ottenuti,

possono quindi procedere a definire le priorità di intervento.

La fase di valutazione deve essere avviata mediante incontri con le aziende

localizzate nell’area, le agenzie per la protezione ambientale, le comunità locali e

tutti gli altri gruppi di interesse. Allo stesso tempo è necessario definire e valutare

le condizioni ambientali sia del sito che delle aree ad esso circostanti.

Al fine di ottenere e raccogliere tutte le informazioni necessarie occorre effettuare

un’analisi e un’audit (verifica) ambientale sulle singole aziende e sull’area. Tali

operazioni possono essere coordinate dal personale dell’area o da chi gestisce la

fase di pianificazione della gestione ambientale in collaborazione con ricercatori

universitari, consulenti o dipendenti delle industrie ospitate nell’area.

75

Servizi di audit ambientale

I servizi di audit (verifica) vengono richiesti per valutare la conformità delle

aziende rispetto alla legge.

Gli audit relativi a energia, salute, sicurezza e ambiente (con particolare riguardo

per l’acqua) hanno dimostrato in passato l’esistenza di numerose opportunità per

migliorare l’efficienza complessiva dell’azienda, ridurre i rifiuti e proteggere

l’ambiente. Un servizio di audit fornito dall’insediamento industriale costituisce

sia un mezzo di supporto alle aziende che uno strumento per migliorare

l’ambiente.

È inoltre possibile formalizzare un accordo contrattuale tra la società e il revisore

il cui compenso è stabilito in percentuale al risparmio ottenuto dalla maggiore

efficienza del processo.

A livello di singola azienda, l’attività di ricerca e di auditing deve determinare:

• i prodotti/servizi dell’azienda;

• le tecnologie di produzione utilizzate;

• la quantità di materiale, acqua ed energia in entrata;

• la quantità di acqua, rifiuti ed energia in uscita;

• il grado di attuazione della gestione ambientale.

A livello di area industriale, occorre invece valutare:

• la qualità dell’acqua all’interno e nelle vicinanze dell’area;

• l’adeguatezza degli esistenti servizi ambientali;

• l’integrità delle caratteristiche naturali del sito;

• l’estensione delle aree inquinate;

• la condizione attuale dei servizi dell’infrastruttura, in particolare della

fornitura di acqua.

76

3.2.2 DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI GESTIONE AMBIENTALE

La costituzione di un gruppo di lavoro, con la partecipazione di amministratori

dell’area, manager e dipendenti aziendali, autorità pubbliche locali, rappresentanti

della comunità locale e consulenti ambientali, può contribuire ad identificare le

esigenze in termini di gestione ambientale dell’area industriale. Il gruppo può

inoltre essere allargato ad altri enti, come le università.

In primo luogo, il gruppo di lavoro deve occuparsi di individuare e valutare le

criticità ambientali e, solo in seguito, formulare un piano di miglioramento

ambientale dell’area, definendo gli obiettivi di gestione ambientale per l’area nel

suo insieme.

Al fine di assicurare il consenso, sia da parte delle industrie che degli investitori, è

necessario il coinvolgimento di tutte le parti interessate: incontri e contatti

contribuiscono infatti a consolidare gli impegni presi e ad incoraggiare la

partecipazione delle aziende.

3.2.3 ATTUAZIONE DI SISTEMI E PROGETTI DI GESTIONE

SOSTENIBILE DELLE RISORSE IDRICHE

Iniziative promosse dall’area

Le aree industriali hanno spesso bisogno di migliorare la qualità delle

infrastrutture e dei servizi forniti. In particolare, considerando le risorse idriche,

queste possono:

• raccogliere l’acqua piovana e utilizzarla per l’irrigazione;

• migliorare l’efficienza nell’uso di acqua (oltre che di energia) degli edifici

attraverso l’ammodernamento delle strutture;

• determinare delle procedure da seguire in caso di emergenze.

Si possono inoltre creare nuovi servizi ambientali capaci di generare profitti per

l’area e utili come strumenti di marketing nell’attrarre nuove industrie.

77

Tali servizi possono includere:

• la costruzione di un unico impianto per il trattamento degli effluenti

industriali;

• la definizione di un’attività di monitoraggio e di auditing ambientale;

• l’attuazione di un servizio di analisi;

• l’organizzazione di programmi di formazione sulla gestione ambientale,

con particolare riguardo alla gestione sostenibile delle risorse idriche.

E’ auspicabile il ripristino, dove possibile, delle caratteristiche naturali del sito

prevedendo per esempio:

• la ricostruzione delle zone umide;

• la semina di piante ed arbusti;

• la conservazione delle aree naturali esistenti;

• la creazione di habitat particolari per uccelli ed altri animali.

Tali progetti possono salvaguardare la qualità dell’acqua, accrescere la

biodiversità e migliorare l’aspetto estetico dell’area.

Iniziative delle singole aziende

Le aziende possono effettuare un ammodernamento degli impianti per un

maggiore risparmio idrico mediante il riutilizzo dell’acqua di riscaldamento o di

processo.

78

3.3 RICICLO DELLE ACQUE DI SCARICO 3.3.1 Impianti a Ciclo Chiuso

Confrontando lo schema dell’impianto a ciclo aperto con quello a ciclo chiuso, si

nota subito che in quest’ultimo è presente una rete di ricircolo e di reintegro delle

acque di scarico che consente un notevole risparmio idrico.

Infatti nell’impianto a ciclo chiuso parte delle acque accumulatesi nel bacino delle

acque reflue vengono reintegrate previo trattamento, quindi reimmesse nel

serbatoio d’accumulo per essere riutilizzate nel processo produttivo.

Ciclo Aperto

5

2 3 2 6

1 4 7

Ciclo Chiuso: rete di reintegro e di ricircolo

5 2

2 3 2 6

1 4 8

7

1. fonte di approvvigionamento

2. stazione di pompaggio

3. trattamenti

4. serbatoio di accumulo

5. serbatoio piezometrico

6. utenze

7. scarico (perdite)

8. bacino acque reflue

9. trattamento acque reflue

U

U9

79

3.3.2 Impianto ad Osmosi Inversa

Molte acque di lavaggio provenienti dalle lavorazioni industriali possono essere

riciclate. Già in passato, era possibile riciclare alcuni scarichi con l’impiego di

resine a scambio ionico che tuttavia causavano inconvenienti, quali l’incremento

salino allo scarico, accumuli organici nell’anello di acqua di riciclo, oltre ad avere

un elevato costo di esercizio.

Oggi si sta affermando la tecnologia della filtrazione a membrana, nella quale

rientra anche l’osmosi inversa.

Filtrazione su membrana

La filtrazione su membrana si applica a sospensioni con una percentuale molto

bassa di solidi sospesi, aventi dimensioni molto piccole. Il refluo si muove

tangenzialmente rispetto alla membrana.

Il mezzo filtrante è costituito da membrane microporose che consentono di

separare selettivamente sostanze sospese, batteri, macromolecole, virus, sali e

ioni. Sono pellicole di spessore molto piccolo (0.2-0.4 millimetri) che ad occhio

nudo appaiono perfettamente continue e levigate ma che a livello microscopico

posseggono una struttura spugnosa, come è possibile evidenziare per mezzo di

forti ingrandimenti.

Le tecniche di preparazione delle membrane hanno fatto notevoli progressi e

consentono di ottenere una porosità controllata, con dimensioni superficiali dei

pori molto uniformi.

Con un simile mezzo filtrante la ritenzione delle particelle sospese nel fluido è

essenzialmente dovuta all’effetto di setacciamento che si verifica in

corrispondenza delle aperture superficiali delle porosità; la possibilità di trattenere

i solidi all’interno della membrana, nell’insieme delle porosità, è trascurabile.

L’aumento della resistenza che, con il progredire della filtrazione, si oppone al

passaggio del liquido è principalmente dovuto all’occlusione superficiale dei pori.

Una recente tendenza consiste nel fabbricare membrane anisotropiche in cui la

porosità è più fine dal lato di entrata che da quello di uscita della membrana

stessa; in altri termini è come se la sezione dei pori aumentasse attraversando lo

spessore della membrana nel senso della filtrazione. Con questo accorgimento si

riduce il pericolo di intasamento del mezzo filtrante: una particella che entra in un

80

poro alla superficie non corre più il rischio di rimanere intrappolata all’interno

della membrana.

La classificazione è fatta in base alle dimensioni, in ordine decrescente, delle

sostanze che si possono separare: microfiltrazione, ultrafiltrazione, nanofiltrazione

ed osmosi inversa.

L’osmosi è un fenomeno naturale: il processo consiste nel passaggio di acqua

attraverso una membrana semipermeabile da una soluzione salina diluita ad

un’altra con maggiore concentrazione, per creare un equilibrio. La pressione che

spinge l’acqua attraverso la membrana è definita pressione osmotica.

L’osmosi inversa consiste nell’applicare al comparto della soluzione a maggiore

concentrazione salina una pressione superiore a quella osmotica, invertendo il

fenomeno: le molecole di acqua passano attraverso la membrana, mentre le

molecole dei sali, le molecole organiche e la quasi totalità di cariche microbiche

vengono respinte. Si ottiene così una soluzione concentrata da una parte ed acqua

pura dall’altra.

A seguire è proposto lo schema di un impianto (ideato dalla Tecn.A.–

Antipollution Technologies) che utilizza la tecnologia dell’osmosi nversa.

Il primo stadio di trattamento consiste nella eliminazione dei metalli pesanti dagli

scarichi da trattare, in modo che le acque possano successivamente essere inviate

alla sezione di osmosi inversa, senza creare problemi di precipitazioni e rendendo

la frazione di acqua scartata compatibile con i limiti di scaricabilità.

Il secondo stadio consiste nella deionizzazione con membrane di osmosi inversa

della frazione precedentemente demetallizzata e dell’acqua primaria necessaria

per reintegrare i volumi scaricati.

In questo modo l’impianto assolve contemporaneamente a due funzioni:

• Depurare parte delle acque di scarico.

• Rendere disponibile un’acqua industriale di processo di altissima

qualità per tutte le utenze produttive.

81

Schema logico dell’impianto

SCARICO FINALE

ACQUA IN INGRESSO

Sezione di Osmosi Inversa (30 m3/h)

PRODUZIONE

IMPIANTO DI DEPURAZIONE

DEMETALLIZZAZIONE

OSMOSI INVERSA

82

3.4 METODI NON CONVENZIONALI DI DEPURAZIONE

APPLICATI AL SETTORE INDUSTRIALE

3.4.1 Sistemi basati sulle capacità depurative delle piante

Sono metodi che sfruttano principalmente la capacità depurativa delle piante.

Le principali applicazioni in ambito industriale sono la Marcita e la

Fitodepurazione.

3.4.1.1 Marcita

Consiste in terreni coltivati a foraggi divisi in appezzamenti, i quali vengono

convenientemente inclinati ad ali spioventi disposte a coppie, sul vertice di

ciascuna delle quali è scavata una roggia irrigatrice dalla quale l’acqua deborda

riversandosi sui due lati, per poi raccogliersi in altre rogge costituite dalla

convergenza delle ali di altre coppie. Mediante un sistema detto a ripiglio, l’acqua

irriga vari appezzamenti in successione al fine di ottenere una migliore

depurazione, a conclusione della quale l’acqua può riversarsi senza inconvenienti

in qualsiasi corso d’acqua.

Questa tecnica trova prevalente applicazione nel trattamento dei liquami

provenienti da industrie lattiero casearie le cui lavorazioni producono un refluo

con alta presenza proteica. In questi casi il refluo viene distribuito sui campi per la

produzione di foraggio. Data la temperatura piuttosto elevata dei liquami e

l’emissione di calore conseguente alle fermentazioni organiche, l’irrigazione è

resa possibile anche durante il periodo invernale e consente la produzione di

numerosi tagli di foraggio.

Quindi oltre ad abbattere i costi depurativi, la tecnica consente di sfruttare la

concimazione delle colture foraggiere destinate al bestiame senza alcun onere.

3.4.1.2 Fitodepurazione in ambito industriale

Le tecniche principalmente utilizzate fanno parte delle zone umide a flusso

superficiale, le quali consistono in bacini o canali dotati di un opportuno medium

per la crescita della vegetazione, con l’acqua che scorre praticamente in

superficie. Possono ospitare vegetazione galleggiante o sommersa od essere

piantumate a canneto.

83

Solitamente si utilizzano le zone umide naturali soprattutto per la fase di

finissaggio, quando il refluo è già sufficientemente depurato, per l’abbattimento

dell’azoto. Si elencano di seguito le tecniche principali:

Sistemi di lagunaggio per reflui di industrie alimentari: si basano sull’interazione

tra microrganismi e piante, che svolgono un’azione depurativa sull’acqua,

demolendone ed assorbendone le sostanze inquinanti; consistono essenzialmente

in un sistema di bacini di accumulo di profondità variabile da 0,2 a 5 m.

Flow-form: consistono essenzialmente in canali di scorrimento dell’acqua

conformati in modo da conferirle un movimento ad “otto” che favorisce

l’ossigenazione, quindi i processi di depurazione biologica;

Sistemi misti: consistono nella combinazione di una o più tecniche specifiche, la

più diffusa delle quali è l’associazione tra vassoio, con funzione principale di

trattamento del refluo, e la tecnica del lagunaggio, sfruttata come finissaggio per il

liquido in uscita dal vassoio.

Vassoi associati ai lagunaggi: l’associazione di queste tecniche ha lo scopo di

migliorare il processo depurativo contribuendo nel contempo al restauro e alla

valorizzazione del territorio con la creazione di aree umide.

Il vassoio d’infiltrazione è un sistema flusso subsuperficialeverticale, consiste in

un vassoio assorbente, alloggiato in uno scavo di 1 m. di profondità e piantumato

a canneto, costituito da un letto di sabbia, una guaina impermeabile interposta tra

due strati di tessuto non tessuto, uno strato di materiale di riempimento a

granulometria fine ed uno di ghiaie; il refluo viene distribuito tramite un tubo a

pioggia posto a 30 cm. di profondità. Il successivo lagunaggio consiste in una

serie di bacini di accumulo di profondità compresa tra 0,2 e 5 m., collegati tramite

percorsi d’acqua con profilo sinuoso per favorire l’ossigenazione. La superficie

piuttosto estesa che è richiesta per questa tecnica mista potrebbe essere reperita

sfruttando, nelle città, i “buchi urbani” o le aree dismesse, ed in ambito

territoriale, le zone degradate e le ex cave, i canali agricoli e tutte le aree che, una

volta subito un processo di artificializzazione, sono state abbandonate senza che

fossero ripristinate le condizioni originarie.

84

3.4.2 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE AL

TRATTAMENTO DI REFLUI AGROALIMENTARI

I reflui prodotti dalle attività di trasformazione agro-alimentari si caratterizzano,

in genere, per gli alti carichi organici. Sebbene vi sia una enorme variabilità nelle

caratteristiche dei reflui a seconda delle produzioni e del processo produttivo,

sono state valutate le potenzialità del sistema di fitodepurazione con due tipologie

di refluo: il primo proveniente dal settore lattiero-caseario e quindi con un carico

organico costituito prevalentemente da grassi ed in misura minore da proteine

(siero magro); il secondo proveniente da un’industria agro-alimentare, nello

specifico da uno stabilimento per la lavorazione e liofilizzazione delle uova, e

pertanto con un carico organico prevalentemente proteico.

Le esperienze riportate in seguito sono state effettuate su un sistema a flusso

subsuperficiale verticale e sono state volte principalmente alla rimozione della

sostanza organica in termini di COD (Chemical Oxigen Demand), in quanto nei

casi esaminati, l’azoto non rappresenta in generale un problema per la

depurazione.

a) Settore lattiero – caseario

Rimozione della sostanza organica - COD

Come precedentemente accennato, questa tipologia di refluo è caratterizzata da un

alto contenuto di materia organica, costituita prevalentemente da sostanze grasse

ed in misura minore da proteine.

Infatti, il refluo è caratterizzato da un’elevata concentrazione di COD (circa

60.000 mgO2/l) e da un rapporto N-totale/COD pari a circa 0,003( N-totale pari a

180 mg/l).

L’impianto a scala di laboratorio, in questo specifico caso, è stato composto da

cinque fasi di trattamento poste in serie, successivamente portate a quattro in

quanto l’apporto della quinta fase, in termini di rimozione del carico inquinante, è

stato ritenuto non significativo.

Questo dato è osservabile nella seguente tabella, dove vengono esposti i valori in

concentrazione di COD (mgO2/l) in ingresso all’impianto ed in uscita dalle

singole fasi di trattamento, nonché le rimozioni complessive del COD, ottenuti nel

corso del trattamento di depurazione.

85

Valori e percentuali di rimozione del COD:

Fasi di trattamento Valori medi del COD

(mgO2/l)

Rimozione complessiva

del COD (in %

sull’ingresso)

Ingresso 60.021 -

Fase 1 52.893 12%

Fase 2 48.628 19%

Fase 3 31.652 47%

Fase 4 6.347 89,3%

Fase 5 5.000 92%

Il refluo in oggetto presenta un rapporto N-totale/COD molto ridotto, pertanto le

sostanze azotate non rappresentano un problema in termini di depurazione.

Rimozione del fosforo

Le rimozioni del fosforo totale conseguite nelle prove svolte sono state pari al

95%.

Valori e percentuali di rimozione del fosforo totale:

Fasi di trattamento Valori di Fosforo totale

(mg/l)

Rimozione del Fosforo

totale (in %

sull’ingresso)

Ingresso 232 -

Fase 1 224 3%

Fase 2 59 75%

Fase 3 58 75%

Fase 4 11 95%

86

b) Settore agro-alimentare

Sono state svolte prove di fitodepurazione a scala di laboratorio su di un refluo,

proveniente da uno stabilimento di lavorazione e produzione di uova liofilizzate

(polvere di uova), di natura prevalentemente proteica. L’impianto è stato

composto da quattro fasi di trattamento poste in serie.

Rimozione della sostanza organica - COD

Nella tabella riportata in seguito vengono esposti i risultati medi ottenuti nel corso

delle prove in oggetto.

Valori e percentuali di rimozione del COD:

Fasi di trattamento Valori del COD

(mgO2/l)

Rimozione complessiva

del COD in %

sull’ingresso

Ingresso 5.562,7 -

Fase 1 3.014,3 45%

Fase 2 2.340,7 57%

Fase 3 618,3 88%

Fase 4 118,7 98%

La rimozione complessiva del COD è stata mediamente del 98%.

87

Rimozione delle sostanze azotate

Nella seguente tabella vengono riportati i valori medi di rimozione delle diverse

forme azotate, rispettivamente nelle singole fasi di trattamento.

Concentrazioni delle forme azotate:

Fasi di

trattamento

Azoto

totale

(mg/l)

N-NH4

(mg/l)

N-NO2

(mg/l)

N-NO3

(mg/l)

Azoto

organico

(stima)

(mg/l)

Ingresso 186,00 0,99 1,37 1,88 181,75

Fase1 152,77 2,66 0,18 0,50 149,43

Fase 2 140,83 7,67 0,28 0,40 132,49

Fase 3 52,43 9,31 0,15 0,22 42,76

Fase 4 8,91 3,75 0,15 0,73 5,11

Rimozione

totale

sull’ingresso

95,2% - - 97,1%

Rimozione del fosforo

Nella tabella in seguito riportata, vengono esposte le concentrazioni di fosforo

totale ottenute in uscita da ogni singola fase di trattamento.

Valori e percentuali di rimozione del fosforo totale:

Fasi di trattamento Fosforo totale (mg/l) Rimozione del fosforo

totale (in %

sull’ingresso)

Ingresso 26,20 -

Fase 1 8,45 67,7

Fase 2 5,44 79,2

Fase 3 1,01 96,1

Fase 4 0,43 98,3

Come si evince dai dati esposti, anche nel caso di questa tipologia di refluo si

riscontrano rimozioni di fosforo molto elevate, nello specifico pari a 98,3%.

88

Conclusioni

In base ai risultati ottenuti è possibile affermare che, mediante la fitodepurazione a

flusso subsuperficiale verticale, è possibile raggiungere alti rendimenti di

rimozione degli inquinanti, in particolare della sostanza organica, delle forme

azotate e del fosforo, presenti nelle due tipologie di reflui agro-alimentari oggetto

delle prove descritte. Inoltre, il trattamento si è dimostrato efficace

nell’abbattimento della sostanza organica a prevalente componente lipidica (refluo

di origine lattiero-casearia) o proteica (refluo di liofilizzazione di uova).

In sintesi, le efficienze riscontrate sono quelle indicate in tabella.

Rimozione complessiva degli inquinanti:

Parametro Tipologia di refluo

Lattiero – caseario Liofilizzazione uova

COD 90% 98%

Azoto totale 91% 95%

Fosforo totale 95% 98%

Sebbene le metodologie utilizzate nel trattamento dei reflui siano state

sostanzialmente simili, si sono evidenziati comportamenti diversi nel trattamento

del singolo refluo; ciò è in funzione del grado di biodegradabilità del refluo, del

carico organico applicato, nonché della presenza di sostanze che possono

interferire “fisicamente” con i processi di depurazione, come ad esempio i grassi.

89

3.4.3 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE PER IL RICICLO

DELLE ACQUE REFLUE NELL’INDUSTRIA TESSILE

L’attività dell’industria tessile è caratterizzata da un insieme di processi, che

vanno dalla preparazione delle fibre naturali o artificiali, ai trattamenti

preliminari, alla tintura, alla stampa, al finissaggio, fino alla produzione del

manufatto finito. L’acqua utilizzata in questi processi deve essere necessariamente

sottoposta a pretrattamenti al fine di raggiungere gli standard qualitativi richiesti.

D’altra parte, la grande richiesta della risorsa acqua, assieme alla disponibilità di

tecnologie innovative, hanno indotto negli ultimi anni a studiare trattamenti

finalizzati a rendere possibile il riutilizzo dell’acqua, per quanto più possibile, nei

cicli produttivi.

In questa direzione, ed in seguito a sperimentazioni con sistemi ad osmosi inversa

per il trattamento di reflui tessili, è emersa la sensibilità delle membrane ai

fenomeni di “fouling” (intasamento). Inoltre, essendo i permeati ottenuti da questa

prima fase di lavoro comunque caratterizzati da una colorazione più o meno

intensa, indice di una rimozione del COD insufficiente per l’applicazione diretta

ad esempio in tintura, è necessario ricorrere a pretrattamenti che ne diminuiscano

la colorazione, in modo tale da riuscire ad ottenere dall’impianto a membrana un

permeato incolore e nello stesso tempo diminuire il rischio di accumulo eccessivo

di sostanze inquinanti sulla superficie delle membrane.

Diventa così necessario un ulteriore affinamento del refluo a monte del sistema ad

osmosi inversa, con l’obiettivo di ridurre al minimo la presenza di sostanza

organica (COD) nel refluo.

Per ottimizzare il funzionamento e le rese dell’impianto ad osmosi inversa e

contestualmente ridurre i costi di trattamento delle acque in ingresso, si è

analizzata la possibilità di introdurre un trattamento di affinamento depurativo,

mediante fitodepurazione a flusso subsuperficiale verticale, del refluo in uscita da

un impianto a fanghi attivi convenzionale e a monte dell’impianto di osmosi.

L’impianto pilota costituito da quattro fasi di trattamento poste in serie, è stato

installato presso uno stabilimento tessile per verificare il funzionamento del

sistema. In seguito vengono presentati i risultati ottenuti, rivolgendo particolare

attenzione ai parametri COD, tensioattivi non ionici (BiAS) e azoto.

90

Rimozione del COD

I carichi in entrata si presentano con andamento fluttuante; man mano che si

procede nel processo di depurazione, invece, i valori diventano più costanti.

Infatti all’uscita dall’impianto della fase 4, il COD si mantiene uniforme ed

intorno a valori medi di 30 mg/l.

Quanto evidenziato ha permesso di verificare la potenzialità del sistema di

fitodepurazione in merito al suo effetto di equalizzazione delle fluttuazioni di

carico in ingresso, tale da permettere di assicurare una certa uniformità del refluo

in uscita dal sistema.

Per quanto riguarda la rimozione del COD, possiamo affermare che nel sistema di

trattamento mediante fitodepurazione è possibile abbattere un’elevata percentuale

del COD (73%) presente nell’effluente dell’impianto di depurazione a fanghi

attivi, permettendo così un funzionamento più efficiente del sistema ad osmosi

inversa.

Rimozione dei tensioattivi

Il trattamento permette il raggiungimento del parametro “Tensioattivi” (sostanze

capaci di abbassare fortemente la tensione superficiale dei sistemi liquido-vapore,

liquido-liquido e liquido-solido, usati come agenti emulsionanti, flottanti e

detergenti) entro il limite previsto dal Decreto Legislativo 152/99 per lo scarico in

corpo idrico superficiale (2 mg/l).

La rimozione media complessiva dei BiAS ottenuta dopo le 4 fasi di trattamento

di fitodepurazione è stata pari al 70%.

Rimozione dell’azoto

Si osserva come, nel refluo in ingresso all’impianto pilota di fitodepurazione,

l’azoto totale sia costituito in gran parte da azoto ammoniacale ed in misura

minore da azoto organico (stimato come differenza tra l’azoto totale e le specie

azotate inorganiche).

Si nota come avvenga la quasi completa ossidazione dell’azoto ammoniacale (N-

NH4), che viene trasformato in nitrato (N-NO3), man mano che il refluo passa

attraverso le successive fasi di trattamento, grazie all’ossigeno disciolto assicurato

dall’intermittenza nell’alimentazione del refluo.

91

All’uscita dell’ultima fase di trattamento, il nitrato costituisce praticamente tutto

l’azoto totale presente. L’abbattimento percentuale dell’azoto totale è stato pari al

62%.

Conclusioni

In seguito viene esposto un riassunto dei risultati relativi alla rimozione di COD,

BiAS e sostanze azotate ottenuti nel corso della sperimentazione in fase pilota,

nonché le percentuali di rimozione complessive ottenute per ogni singolo

parametro.

Concentrazioni e percentuali di rimozione degli inquinanti presenti nelle diverse

fasi:

Ingresso Fase 1 Fase 2 Fase 3 Fase 4 % di

rimozione

complessiva

COD

(mgO2/l)

116,03 82,63 72,22 53,07 31,67 73%

N-totale

(mg/l)

16,15 11,45 11,53 7,14 6,15 62%

N-NH4

(mg/l)

8,6 4,7 3,0 0,99 0,48 94%

N-NO3

(mg/l)

0,0 1,5 4,5 5,2 5,32 -

N-NO2

(mg/l)

0,1 0,8 3,0 2,7 0,46 -

BiAS

(mg/l)

4,02 2,69 2,11 1,55 1,22 70%

92

3.5 ECOSISTEMI INDUSTRIALI: IL MODELLO DI

“SIMBIOSI” TRA INDUSTRIE DI DIVERSI SETTORI

L’ecologia industriale, secondo la definizione di Tibbs (1992), riguarda la

“progettazione di infrastrutture industriali come serie di ecosistemi interdipendenti

che si interfacciano con l’ecosistema naturale globale”.

L’ecologia industriale supera tale definizione in quanto intende modellare il

sistema industriale sugli ecosistemi naturali che si dimostrano efficienti per le

risorse.

Lo scambio di sottoprodotti tra società permette la creazione di ecosistemi

industriali o modelli di simbiosi industriale. I rifiuti o i residui generati in

operazioni industriali possono essere utilizzati come materie prime per altre

attività industriali.

Nel seguito sono esposti sinteticamente due esempi di simbiosi industriale attuati

in Danimarca e nei Paesi Bassi.

Le aree industriali sono luoghi eccellenti per applicare tale principio poiché

ospitano industrie diverse. Molti paesi sono attualmente impegnati nella creazione

di questo modello di aree ecoindustriali.

Per esempio, molte società medio-piccole presenti nelle aree industriali che non

sono in grado di dedicare risorse economiche e umane al miglioramento dei propri

sistemi di gestione ambientale, trarrebbero un grande vantaggio (in termini

economici e ambientali) dalla fornitura di servizi ambientali comuni.

Le aree industriali che promuovono tali raggruppamenti possono ridurre la

quantità di rifiuti prodotta e la relativa domanda di impianti di trattamento.

L’ecologia industriale incoraggia una forma di sviluppo economicamente e

ambientalmente sostenibile. Gli ecosistemi industriali possono sorgere a livello di

area industriale e a livello regionale. Nel secondo caso, il collegamento in una rete

di aree industriali può migliorare il “metabolismo” dei materiali della regione.

Una rete di aree industriali che funzionino come ecosistemi è considerata il

massimo livello di trasformazione dello sviluppo industriale.

93

3.5.1 DANIMARCA – APPLICAZIONE DI UN MODELLO DI SIMBIOSI

INDUSTRIALE

Il distretto di Kalundborg in Danimarca è uno tra gli esempi più famosi di

simbiosi industriale che ha avuto una graduale evoluzione. Di seguito ne vediamo

una raffigurazione schematica.

Per 15 anni, le industrie si sono scambiate sottoprodotti quali surplus di energia,

calore estratto dai rifiuti e altri materiali. Ad esempio, il calore viene recuperato

(sotto forma di acqua di raffreddamento) dalla Centrale Elettrica Asnaes ed è

fornito (teleriscaldamento) alle abitazioni e agli edifici del comune di Kalundborg.

La figura precedente illustra i numerosi scambi di sottoprodotti nell’area.

Questo modello di riutilizzo e riciclo tra società ha consentito di ridurre

l’inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo nonché i livelli di consumo delle

risorse (materie prime ed energia). Grazie ad un investimento di 60 milioni di

dollari nelle infrastrutture a servizio di trasporti, di materiali e di energia, le

società partecipanti hanno realizzato 120 milioni di dollari di entrate tramite lo

scambio di sottoprodotti e un’addizionale risparmio dei costi derivante da una

migliore efficienza aziendale.

94

3.5.2 PAESI BASSI - RICICLAGGIO DELLE ACQUE DEI PROCESSI DI

PRODUZIONE

Un gruppo di aziende diverse nel Limburgo meridionale ricerca un metodo

intelligente per utilizzare l’una le acque di scarico delle altre. E’ il primo tentativo,

nei Paesi Bassi, messo in atto al fine di utilizzare le acque di scarico di un’azienda

come acque per il processo di produzione o acque di raffreddamento per un’altra

azienda, poiché ciò che è scarto per l’una, va bene per l’altra.

In pratica si cerca di attuare un modello di simbiosi industriale.

Vi partecipano il Policlinico, la società chimica Ciba-Geigy, un cementificio, due

fabbriche di carta concorrenti, due fabbriche di materiale edilizio concorrenti e

una vetreria.

L’uso comune di acque sotterranee (sei milioni di metri cubi di acqua) dall’arido

suolo limburghese diminuirà dal 50 al 75%. Il flusso di acqua che viene scaricata

da una azienda talvolta può essere utilizzata in un’altra direttamente. Altre volte,

l’acqua viene prelevata dalla rete di acque di scarico, in cui ogni azienda scarica la

sua, dopo un semplice procedimento di depurazione. Un grande vantaggio è che le

aziende non sono lontane fra di loro e l’infrastruttura non ha dunque bisogno di

chilometri di tubature.

Un importante motivo per la collaborazione tra le aziende è l’aumento drastico dei

costi di sfruttamento delle acque sotterranee. Nel 1997, le aziende del Limburgo

spendevano ogni anno per l’acqua circa otto milioni di fiorini (4 milioni di euro, 8

miliardi di lire). Se non si corresse ai ripari, nel 2005 gli stessi costi

ammonteranno a più di cinque volte tanto. I costi totali del progetto ammontano a

undici milioni di fiorini (circa 5 milioni di euro, quasi 1 miliardo di lire), rendendo

il bilancio finanziario positivo.

Inoltre, il risparmio idrico comporterà anche un risparmio energetico e la

posizione concorrenziale a livello internazionale delle aziende partecipanti

potrebbe migliorare grazie a questo progetto ecologico.

95

3.6 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E

TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO NEL SETTORE

INDUSTRIALE

3.6.1 PAESI BASSI - TECNOLOGIA A CIRCUITO CHIUSO IN UN

MOBILIFICIO

La fabbrica dimobili per ufficio Gispen International, presso la sua sede di

Culemborg, ha realizzato una produzione quasi priva di emissioni dannose,

tramite l’adozione di un sistema di depurazione dell’acqua costituito da filtri a

membrana tubolari.

I componenti in metallo vengono verniciati a spruzzo in più di 27 colori, prima di

essere montati sui mobili. La verniciatura a spruzzo avviene con vernici ad acqua,

per una media di 1500 kg alla settimana. Quasi un terzo della vernice resta in

realtà sul velo nella cabina di verniciatura, dove poi, per evitare ulteriore

inquinamento, viene raccolta in filtri e mescolata con acqua demineralizzata.

Alcuni anni fa l’azienda ha acquistato un impianto di ultrafiltrazione per

recuperare la vernice dall’acqua. In questo modo, non solo la Gispen riesce a

chiudere quasi completamente il circuito dell’acqua del processo di produzione

(solo le perdite per evaporazione devono essere ancora compensate) ma anche i

rifiuti di prodotto verniciante vengono quasi completamente riciclati e riutilizzati.

L’acqua di scarico della cabina di verniciatura, contenente vernice, viene pompata

(P) in un serbatoio, quindi passa ai filtri a membrana dove avviene la separazione.

Le vernici separate dall’acqua pulita tramite i filtri a membrana, circa 500 kg alla

settimana, per un quinto possono essere direttamente utilizzate per la verniciatura

di elementi non visibili dei mobili, come componenti in metallo di cassettiere e

pannelli che successivamente vengono tappezzati, per i quali la verniciatura a

spruzzo è a scopo di prevenzione della corrosione. Il resto dei rifiuti destinato al

trattamento va alla fabbrica di vernici, dove viene rielaborato e torna come

prodotto verniciante nelle sfumature di grigio molto richieste.

La vernice riutilizzabile è addirittura di qualità migliore del prodotto originario: il

pompaggio continuo del sistema di depurazione in effetti causa una struttura più

96

densa. Solo l’utilizzo di vernici metallizzate comporta ancora problemi, in quanto

esse contengono troppe particelle di alluminio e pertanto devono essere eliminate

come rifiuti non riciclabili.

Il risparmio per l’azienda nell’uso della vernice ammonta a 100.000 fiorini l’anno

(circa 45.000 euro, 88 milioni di lire ) e la quantità annuale di circa 16.000 chili di

rifiuti è stata eliminata.

La figura che segue riproduce schematicamente la sequenza delle operazioni

fondamentali per il recupero delle pitture idrosolubili che avvengono

nell’impianto.

VERNICE

ACQUA

PULITA

MONTAGGIO

VERNICIATURA

ACQUA E VERNICE

FILTRI

BACINO DI RACCOLTA VERNICE

P

97

3.6.2 AUSTRIA - TECNOLOGIA A CIRCUITO CHIUSO E RISPARMIO

SULLE MATERIE PRIME NELL’INDUSTRIA DELLA CELLULOSA

Nell’industria di cellulosa SCA Fine Paper Hallein il consumo d’acqua e la

produzione di acque di scarico nel processo di sbiancatura sono notevolmente

ridotti depurando l’acqua del processo di produzione. Chiudendo in questo modo

il circuito idrico, si influenza in realtà la qualità della cellulosa, perché le sostanze

dannose possono abbandonare il processo di produzione solo attraverso lo scolo

verso l’impianto di depurazione delle acque di scarico o con il prodotto. Ciò rende

necessaria anche la pulizia del circuito.

Insieme alla Austria Energy & Enviroment, la fabbrica di cellulosa ha cercato una

soluzione per adattare la filtrazione a membrana in modo da separare le sostanze

organiche dannose sciolte. E’ stato però necessario stabilire quale tipo di

membrana fosse più adatta, perché non si sapeva quali sostanze avessero un

effetto di disturbo sul processo di sbiancatura. Da circa due anni, l’acqua di

risciacquo della cellulosa viene depurata tramite la filtrazione a membrana e

liberata dalle sostanze dannose così che le sostanze chimiche non trasformate

vengono riportate nel processo. Per il risparmio di acqua pulita e sostanze

chimiche raggiunto, questo metodo comporta benefici economici ed ecologici.

Oltre alla diminuzione tanto del fabbisogno idrico quanto della produzione di

acque di scarico, le sostanze chimiche sbiancanti utilizzate possono essere anche

recuperate. Separando le sostanze organiche macromolecolari spesso difficilmente

degradabili, gli impianti di depurazione ricevono molto meno carico inquinante.

Grazie alla concentrazione delle correnti di acque di scarico, si verifica anche una

diminuzione del lavoro per l’impianto di essiccamento.

Il progetto è stato premiato nel 1999 in Austria con il premio per le innovazioni in

campo idrico - NEPTUN - nella categoria di tecnologia idrica.

98

3.6.3 ITALIA – RISPARMIO IDRICO NELL’INDUSTRIA TESSILE

L’industria tessile nel nord dell’Italia rappresenta un settore industriale vasto e

molto ben sviluppato. Colorare e stampare sono processi di produzione in cui si

utilizzano enormi quantità di acqua (un’azienda di medie dimensioni consuma

circa 1000 metri cubi d’acqua al giorno, pari più o meno al consumo d’acqua di

un paesino di 2500 abitanti). Per questa ragione, l’industria tessile di Como

sviluppa già da tempo iniziative per risparmiare le acque sotterranee.

In pratica, accanto alle condutture idriche comunali per la separazione dell’acqua

potabile per uso umano, vengono poste per l’industria delle speciali condutture

idriche, che prelevano l’acqua dal lago di Como e la distribuiscono in gran parte

delle aziende nella zona di Como e a sud di essa. Si raggiungono distanze tra i 15

e i 20 km dal punto di partenza e si prelevano dal lago circa 4.000.000 m3 di

acqua all’anno. Questa acqua deve essere purificata prima di poter essere

utilizzata nelle fabbriche tessili, perché la qualità delle acque superficiali non è

ancora sufficientemente adatta all’uso diretto.

Utilizzare quest’acqua significa ottenere un notevole risparmio delle acque

sotterranee destinate ad essere distribuite direttamente come acqua potabile.

Inoltre, i costi elevati per la produzione di acqua pronta per l’uso e per la

depurazione di grandi quantitativi di reflui, hanno spinto molte aziende a ridurre il

consumo idrico.

In un certo numero di aziende, una parte delle acque di scarico della tessitura può

essere riutilizzata per usi meno raffinati nei processi di stampaggio (pulizia degli

stampi e altro), portando ad un produttivo risparmio idrico pari al 20% circa.

99

3.6.4 GERMANIA – ACQUA FARMING

La United Food Engineering (UFE) vende impianti per l’allevamento ittico la cui

produzione annuale è calcolata tra le 25 e le 1000 tonnellate di pesce, effettuata

all’interno di un circuito idrico quasi completamente chiuso.

In questo modo, si è riusciti a diminuire l’impatto che simili impianti costituivano

per la qualità dell’acqua. Nella tecnologia a circuito chiuso della UFE, in ogni

unità in cui si tengono i pesci è installato un sistema di depurazione dell’acqua.

Dapprima ha luogo una depurazione meccanica preliminare tramite filtri.

La schiuma, e con essa le particelle galleggianti più piccole, vengono eliminate

attraverso appositi dispositivi.

Negli elementi centrali i fanghi attivi effettuano poi una depurazione biologica.

L’aerazione usata permette un apporto di ossigeno ottimale sia ai microrganismi

attivi nella decomposizione sia ai pesci nel bacino, inoltre tiene l’acqua in

movimento senza che per questo siano necessarie pompe. Poiché la quantità di

germi batteriologici viene fortemente ridotta nel sistema dai raggi ultravioletti, la

possibilità di proliferazione di malattie è molto bassa. In caso di malattia, vengono

trattati solo i pesci coinvolti, il che, considerata la scarsa quantità di acqua e i

sistemi di depurazione delle acque, non ha alcun effetto sull’ecosistema

dell’impianto.

A seconda del tipo di pesci allevati, tenuti in quantità tra i trenta e i sessanta chili

per metro cubo di volume del bacino, il ricambio dell’acqua viene riportato dal

convenzionale 100% all’ora al 5 - 10% al giorno. Le relative acque di scarico,

nelle stesse quantità, possono essere utilizzate come concime in agricoltura o

vengono depurate secondo le norme in vigore.

Fino ad ora, la UFE ha costruito impianti di allevamento ittico con tecnologia a

circuito chiuso in Germania, Australia, Corea, Giappone e Cina.

100

3.6.5 GRAN BRETAGNA – TERRENO IRRIGUO PER IL

TRATTAMENTO DI REFLUI MINERARI

La Coal Authority è a capo di un progetto di cooperazione per la pulizia delle

acque minerarie inquinate. A questo scopo, vengono utilizzati, a costi

relativamente bassi, soprattutto filtri a telaio di canna.

Il primo telaio di canna fu installato nella stazione di pompaggio Woolley a

Barnsley (probabilmente il più grande progetto di terreno irriguo in Europa per il

trattamento di acque minerarie).

L’acqua giunge in una serie di vasche di sedimentazione, vi si aggiungono agenti

flocculanti e l’acqua viene filtrata attraverso filtri di tessuto prima di raggiungere

un terreno irriguo aerobico di 1,4 ettari. La concentrazione di ferro nelle acque di

scarico diminuisce nel terreno irriguo da 50 mg/l a 1 mg/l, fino dunque a

coincidere con le norme di scarico. Piante e animali selvatici sono tornati al fiume

Dearn, che scorre nelle immediate vicinanze e dove prima si scaricavano le acque,

e nel territorio grazie all’ambiente più pulito.

La Coal Authority è coinvolta in un secondo progetto per le acque minerarie

(costi: 1 milione di sterline, circa 2 miliardi di lire), sostenuto tra l’altro

dall’Unione Europea, per la depurazione di sei chilometri di acque inquinate del

fiume Don, nei pressi di Penstone, South Yorkshire. Dalle vecchie miniere

Bullhouse Colliery, in disuso dal 1918, fuoriesce acqua mineraria.

Alcuni anni fa, le miniere sono state riaperte per l’argilla che si trova sotto gli

strati di carbone. La miniera è ormai esaurita e una superficie di trenta ettari è

stata riportata allo stato originario.

In seguito, cinque ettari sono stati usati per un sistema lagunare che tratta le acque

minerarie. Le acque scorrono in una serie di cascate, per permettere lo scambio di

ossigeno, prima di entrare nella laguna dove gli ossidi di ferro sedimentano.

Poi le acque scorrono attraverso un telaio di canne che raccoglie tutte le restanti

particelle sospese. Si potrebbe inoltre raccogliere il fango dal fondo per farne

mattoni o cemento.

101

3.6.6 SVEZIA - IMPIANTO DI LAVAGGIO CON RICIRCOLO D’ACQUA

Introduzione

Questo progetto LIFE svedese ha portato allo sviluppo di un impianto di lavaggio

che depura l’acqua e la ricicla, permettendo di ridurre il consumo di acqua e

detergenti. Il progetto è stato realizzato in 10 impianti di dimostrazione nei settori

alimentare, della stampa e dell’autolavaggio, situati principalmente nella Svezia

meridionale e centrale.

Descrizione del problema

Gli impianti di autolavaggio utilizzati per vari tipi di veicoli, i processi di pulizia

usati nell’industria alimentare, nelle stamperie, nelle officine e nell’industria dei

metalli, vari trattamenti superficiali ed altri processi ancora producono acque

reflue contenenti livelli molto elevati di sostanze organiche che rendono

difficoltosa la depurazione biologica nei normali impianti di depurazione.

Se le acque reflue contengono metalli pesanti, sostanze tossiche o materiale

organico inquinante e biologicamente resistente, il problema è ancora maggiore

perché tali inquinanti compromettono la qualità dei fanghi prodotti dai depuratori

comunali e li rendono inutilizzabili come fertilizzanti.

Gli impianti di autolavaggio impiegano normalmente un sistema a flusso lineare:

prelevano acqua dalla rete idrica, aggiungono i prodotti chimici necessari ed

usano la miscela ottenuta.

L’acqua di lavaggio usata viene raccolta in un separatore d’olio collegato

direttamente alla rete fognaria: mano a mano che l’acqua di lavaggio affluisce nel

separatore, un’uguale quantità di liquido già contenuta nello stesso si riversa nella

rete fognaria.

Questo tipo di sistema, molto diffuso, utilizza grandi quantità di acqua e prodotti

chimici e produce quantità altrettanto grandi di acque reflue contaminate.

102

Soluzione tecnica

La soluzione è costituita da un impianto che depura e ricicla l’acqua creando un

circuito in cui almeno l’80% dell’acqua altrimenti destinata alla rete fognaria

viene reimmessa in circolo ed utilizzata per altri lavaggi.

Per eliminare dall’acqua di ricircolo il materiale estraneo che la renderebbe

inadatta per nuovi lavaggi sono previsti sistemi di depurazione che riportano la

qualità dell’acqua ai livelli richiesti.

La costruzione dei prototipi e degli impianti di dimostrazione è iniziata alla fine

del 1997 ed il primo impianto di dimostrazione è stato approntato all’inizio del

1998. Altri impianti sono stati completati nel corso del 1998 e del 1999.

Al termine dei lavori di pianificazione e costruzione è stata avviata la fase di

documentazione dei risultati e di effettuazione degli studi di controllo, mentre

nell’ultima fase si è proceduto alla valutazione dei risultati.

Il sistema utilizza metodi di separazione collaudati e affidabili, come ad esempio

la sedimentazione e la filtrazione su sabbia, e prodotti chimici noti e di costo

contenuto che non hanno un particolare impatto negativo sull’ambiente.

Il progetto è suddiviso in dieci sottoprogetti che riguardano tra l’altro il lavaggio

di veicoli pesanti, la pulizia di autocarri (compreso il lavaggio interno delle

cisterne), il lavaggio di piccole autovetture e il lavaggio/pulizia di impianti ed

attrezzature usati nell’industria alimentare, della stampa e della lavorazione dei

metalli. I sottoprogetti sono stati realizzati in zone climatiche diverse utilizzando

tecniche di lavaggio diverse.

Il nuovo sistema riduce come minimo del 90% la contaminazione dell’acqua

reflua e dell’80% o più il consumo di acqua di rete e prodotti chimici.

Risultati e impatto

Il sistema permette di ridurre del 94-99% la contaminazione da oli e metalli

pesanti e del 70-90% il consumo di acqua e detergenti, mantenendo inalterata la

qualità del lavaggio. Se questo sistema di lavaggio e ricircolo fosse utilizzato

negli impianti di autolavaggio per auto private, il potenziale risparmio di acqua

nell’Unione Europea (UE) sarebbe equivalente al consumo domestico d’acqua di

circa 1,5 milioni di persone e un risultato almeno equivalente si otterrebbe

utilizzando il sistema per la pulizia dei mezzi pesanti, ottenendo anche un

risparmio nel trattamento delle acque reflue.

103

I costi associati alle tecniche di produzione “ecologiche” tendono ad escludere dal

mercato molte piccole e medie aziende, in quanto tali tecniche prevedono

normalmente l’utilizzo di tecnologie avanzate ed impianti costosi.

Questo progetto ha deliberatamente evitato di adottare questa impostazione,

concentrando invece gli sforzi sull’uso di tecniche vecchie e collaudate,

attrezzature di costo contenuto e prodotti chimici semplici, diffusi ed economici.

Di seguito sono riportati i risultati ottenuti nei vari impianti, in particolare la

riduzione del consumo di prodotti chimici ed acqua.

Riduzione del consumo di prodotti chimici ed acqua

020406080

100120

1 2 3 4 5 6 7 8impianti

ridu

zion

e %

riduzione %consumo acqua

riduzione % acquereflue

riduzione %consumo prodottichimici

104

3.6.7 PORTOGALLO - SISTEMA INTEGRATO DI GESTIONE

AMBIENTALE PER UN’INDUSTRIA CHIMICA

Introduzione

Quimigal-Química de Portugal-SA è un’impresa privata che produce acido

nitrico, nitrobenzene e anilina. Nel processo è presente una miscela di acido

nitrico e solforico, quest’ultimo viene recuperato mediante concentrazione.

La soluzione in uscita è composta da sali azotati, composti aromatici ed alcuni

solfati.

La prima priorità, conformemente alla politica ambientale definita, è stata di

impiegare una tecnologia pulita nel processo di produzione. A tal fine l’unità di

concentrazione di acido solforico operante in ambiente alcalino è stata sostituita

con un’unità simile, operante in condizioni di ambiente acido. Grazie a questa

iniziativa, la contaminazione dovuta all’azoto diminuisce del 50 %, mentre il resto

viene recuperato sotto forma di materia prima (acido nitrico).

Descrizione del problema

L’eliminazione dei composti aromatici avviene in letti di macrofiti, che

richiedono una superficie effettiva di 10.000 m2 per un effluente di 10 m3/h.

Questa metodologia è stata messa a punto nell’ambito di un altro progetto (LIFE

Reciclam 93/PA.13/P101), che si è dimostrato molto efficiente nell’eliminare i

composti aromatici malgrado i problemi dovuti all’alta concentrazione di sali del

solido nell’effluente.

La tecnologia già applicata, molto semplice, comporta l’occupazione di vaste

superfici e presuppone costi di investimento elevati. Data la notevole efficienza

del processo si è voluto, con la stessa tecnologia di base, creare un letto di

attecchimento che consenta, senza ridurre l’efficienza, di applicare un carico

idraulico superiore. Quindi, in una superficie equivalente all’incirca a un terzo di

quella esistente, si intendono trattare approssimativamente 10 m3/h.

105

Soluzione tecnica

Il progetto è stato avviato costruendo due letti di macrofiti in parallelo, con una

superficie di 1.500 m2 ciascuno, la cui matrice di attecchimento è data da

aggregati di argilla espansa. Per la costruzione si è proceduto come segue:

• rilievo topografico: è stato effettuato un rilievo topografico in scala 1/200

della zona di insediamento dei nuovi letti;

• preparazione del terreno e movimento terre: livellamento del terreno e

scavi fino alla quota stabilita, spianamento e compattamento dei declivi

per permettere la posa di una geomembrana;

• sistema di impermeabilizzazione: è stato collocato uno strato di geotessile,

sopra il quale è stata posta una membrana di polietilene ad alta densità

spessa 1,5 mm, saldata mediante estrusione e fusione e fissata lungo i

perimetri dei letti;

• distribuzione degli effluenti e sistema di drenaggio: i letti sono alimentati

orizzontalmente per cui è stata costruita una cassa 50x0,5x0,6 m di ghiaia

(strato di spessore 8-15 cm) per la distribuzione dell’effluente, sulla quale

è stato collocato un tubo di scarico in PVC. Il sistema di drenaggio è

costituito da un tubo, perforato e collocato longitudinalmente sul fondo del

letto;

• materiale di riempimento: sul tubo di drenaggio è stato collocato uno

strato di ciottoli in un avvolgente di 0,4 m di raggio lungo tutto il tubo.

Inoltre sono stati collocati due strati di aggregati leggeri di argilla espansa

(LECA): lo strato inferiore è spesso 0,4 m con granulometria di 3-8 mm e

quello superiore 0,2 m con una granulometria di 2-4 mm. In totale sono

stati impiegati 1.780 m3 di LECA;

• piantagione: sono stati raccolti i rizomi di piante native della regione delle

specie Aveiro-Phragmites, dalle quali sono stati isolati frammenti con due

nodi, collocati subito in acqua per salvaguardare il frammento di rizoma

fino alla sua piantagione. Si è proceduto al loro attecchimento in terreno

vegetale e germinazione in serra. Dopo 3-5 settimane, si è proceduto alla

piantagione con densità di 5 piante/m2;

106

• acclimatazione: inizialmente i letti sono stati inondati di acqua per favorire

lo sviluppo delle piante e della popolazione microbica; in seguito sono

stati alimentati con effluenti;

• controllo analitico: una volta creato il sistema, è stato effettuato un

controllo analitico sistematico sia dell’affluente (in entrata) che

dell’effluente (in uscita) per testare la capacità di depurazione e di

rendimento dei letti di macrofiti nell’eliminazione dei composti aromatici.

Risultati e impatto

I pochi riferimenti sull’utilizzo di LECA in letti di macrofiti sono associati

all’eliminazione del fosforo negli effluenti domestici. La specificità del sistema ha

permesso di sviluppare un progetto su scala semindustriale, utilizzando un

supporto provvisto di un’elevata superficie specifica in modo da aumentare il

carico organico applicato al sistema.

Con il progetto si è messo a punto un metodo per denitrificare gli effluenti, i cui

livelli di nitrato sono superiori a 800 ppm (parti per milione), in base a un

processo biologico di cellule microbiche libere e/o immobilizzate su un supporto

rigido, poroso e con un’elevata superficie specifica. Questo processo di

denitrificazione ha dimostrato finora un’efficienza superiore all’85%, producendo

un effluente liquido che si presta ad essere riciclato nel processo industriale.

La tecnologia sviluppata, oltre ad essere applicata all’effluente dell’impresa

Quimigal-SA, potrà essere ampiamente impiegata nel settore dei fertilizzanti,

fonte potenzialmente grave di inquinamento.

107

3.6.8 ITALIA - INDUSTRIA CARTARIA: ESEMPIO DI CHIUSURA DEL

CICLO IDRICO ALLA CARTIERA MODESTO CARDELLA

Introduzione

Oggi le cartiere hanno imparato a prevenire la formazione della maggior parte dei

fanghi. Molte sanno riutilizzarli e tutte le cartiere nazionali hanno imparato a

risparmiare acqua, fibre cellulosiche ed energia a parità di carta prodotta.

Dal punto di vista delle materie prime, due sono le grandi categorie di cartiere: le

cartiere che producono a base di carta e cartone riciclato e le cartiere che

utilizzano come base le fibre vergini.

Le carte di massa si identificano di norma nella prima categoria e qui vediamo i

cartoni e i cartoncini per l’imballaggio, seguite dalle carte per quotidiani e dalle

carte da stampa non destinate alla conservazione nel tempo. Le carte che

impiegano fibre vergini di elevata qualità hanno un loro ruolo come integratori di

caratteristiche fibrose che nelle fibre rigenerate decadono a ogni ciclo di riutilizzo.

Si stima che mediamente la carta è riciclabile da cinque a sette volte ma per farlo

correttamente su impianti industriali è buona norma utilizzare insieme al riciclato

andante anche del riciclato proveniente da fibra vergine (di primo riutilizzo).

Il riutilizzo di carta riciclata post-consumer fa risparmiare ai produttori di

cellulosa e di carta:

• Energia, normalmente almeno 200 gr. di petrolio equivalente per ogni kg

di carta prodotta.

• Alberi, normalmente l’80%.

• Acqua, normalmente circa il 30% del totale dell’acqua prelevata.

• Costi.

Il settore cartario ha visto nei paesi altamente industrializzati la riduzione dei

propri utilizzi di acqua fresca, a parità di carta prodotta, del 80% nell’arco degli

ultimi 30 anni.

Si prevede nei prossimi 30 anni una riduzione di prelievo d’acqua fresca per usi

cartacei di un ulteriore 80%. Questo obiettivo sarà raggiunto in tempi più brevi

solo se l’acqua ad uso industriale dei paesi industrializzati avrà un costo

108

significativo, ossia equivalente alla tassa di un dollaro di oggi per metro cubo di

acqua prelevata.

Il settore cartario sta sopportando enormi sforzi per ridurre il suo impatto

ambientale ed i suoi utilizzi di acqua. Pertanto si propone, invece che una

tassazione, l’incentivazione economico-fiscale basata sul risparmio d’acqua a

parità di carta prodotta (come oggi già applicato in Germania).

Lo sforzo esercitato dal settore cartario negli ultimi decenni ha fatto risparmiare, a

parità di carta prodotta, le materie prime massicciamente impiegate quali acqua,

alberi, energia, fibre cellulosiche e cariche minerali ed è stato accompagnato

dall’incremento di riutilizzo di carte e cartoni riciclati. In Italia per produrre carta

e cartoni si riutilizza molta carta di riciclo: oggi circa il 60% del materiale fibroso

cartaceo nazionale è ottenuto dal post-consumer. Per ottenere 1 kg al secco di

buona cellulosa sono normalmente necessari 7 kg di albero vivo (metà del peso

del legno fresco è acqua). Potature, cortecce e sfridi sono oggi largamente

utilizzati come materiale combustibile utile alla produzione dell’energia

necessaria alla trasformazione del legno in fibre cartarie.

E’ auspicabile al più presto un contributo per la rottamazione dell’acqua e dei

materiali post-consumer riutilizzati.

Mediamente in Europa un foglio di carta è costituito da: 42% di materiali fibrosi

vergini, 36% di carta riciclata, 12% di pigmenti quali caolino, carbonato di calcio,

talco, ecc., 7% di acqua (dato medio), 3% di amidi e additivi chimici.

Le carte e i prodotti derivanti dai materiali post-consumer, se ottenuti con le

moderne tecnologie rispettose dell’ambiente, danno origine a oggetti di elevato

contenuto qualitativo, pari a quello ottenuto da materie prime di primo riutilizzo.

Considerazioni

Ci si augura che possa assumere rilevanza e peso la Direttiva Europea IPPC

(Prevenzione e Controllo integrato dell’inquinamento) che in Italia è stata recepita

con la legge comunitaria 95/97. Essa impone un cambio sostanziale nella gestione

dei cicli produttivi dell’industria cartaria. In particolare, dovrà determinare il

modo di operare al fine di dimostrare che durante il processo di produzione siano

state preventivamente adottate le migliori tecnologie disponibili per il massimo

rispetto integrato dell’ambiente (acqua, aria e suolo).

La produzione di carta e cartone dovrebbe avere degli aggravi e delle agevolazioni

109

economiche proporzionate alla sua funzione sociale e al suo spreco di risorse di

non veloce rinnovabilità.

Il settore cartario nazionale è fortemente impegnato nella riutilizzazione dei

prodotti cartacei post-consumer, nella riduzione dei consumi energetici, nella

riduzione della sua incidenza su piogge acide ed effetto serra. Le sue acque reflue

sono sempre più pulite e sempre più adatte all’irrigazione agricola. Risparmiare

150 milioni di metri cubi annui di acqua in Italia su 200 è un obiettivo

perseguibile, ma occorre renderlo economicamente conveniente.

Le industrie cartarie, si troveranno a dover affrontare costi molto alti derivati dai

processi tecnologici per la riduzione dell’impatto ambientale. La tendenza sarà

quella di recuperare parte delle spese sostenute nel trattamento dei reflui con il

riutilizzo dei materiali riciclabili nel processo produttivo.

La tecnologia attualmente disponibile e che potrà essere nel futuro migliorata,

permette da una parte di utilizzare per il primo impiego acque di ogni tipo e di

restituire ai bacini idrici acque di scarico che non ne modifichino le

caratteristiche; un opportuno riciclaggio può inoltre permettere un ripetuto

impiego delle stesse acque, eliminando gli sprechi.

Misure per la riduzione delle emissioni in acqua

• separazione delle acque di processo a diverso contenuto di inquinanti e

riciclo delle stesse;

• gestione ottimale delle acque, loro chiarificazione tramite filtrazione,

sedimentazione o flottazione, e riutilizzo;

• riduzione dei consumi idrici attraverso la rigida separazione dei flussi e

riciclo;

• installazione di un bacino di equalizzazione e di un sistema di trattamento

primario delle acque reflue;

• trattamento biologico anaerobico seguito da un trattamento aerobico delle

acque reflue;

• parziale riutilizzo delle acque provenienti dalla depurazione biologica

(l’applicabilità va valutata nei singoli casi e potrebbe richiedere anche

trattamenti terziari aggiuntivi);

110

• trattamento in ciclo di specifiche acque di processo; la totale chiusura del

ciclo non ha invece la necessaria efficienza.

Simulazione della chiusura del circuito delle acque dalla situazione attuale

alla Cartiera Cardella (Verona)

Lo scopo dello studio compiuto è quello di avere una panoramica dei consumi di

acqua, sia fresca che di processo, per la produzione di carta in questo stabilimento.

Il risultato finale che si vuole raggiungere è la raccolta di informazioni utili per

ottenere una chiusura del circuito, tale da consumare 5 m3 di acqua di pozzo per

tonnellata di carta prodotta.

A questo scopo si è analizzato:

• il consumo di acqua di pozzo all’interno dello stabilimento;

• il comportamento dell’impianto di depurazione delle acque in funzione

della chiusura del ciclo;

• una proiezione sulla crescita della concentrazione del COD nelle acque di

processo a seguito della chiusura del ciclo;

• la caratterizzazione dal punto di vista chimico dei componenti dell’acqua

di processo.

I principali impieghi di acqua fresca sono per:

• raffreddamenti;

• lavaggi di tele e feltri;

• preparazione e diluizione dei prodotti chimici,

Acqua per i circuiti di raffreddamento: il consumo totale di acque fresche per i

circuiti di raffreddamento è pari a 90 m3/h.

Lavaggio di tele e feltri: si può stimare che il consumo totale per gli spruzzi sarà

di 60 m3/h dopo le modifiche apportate all’impianto.

111

Prodotti chimici: il consumo di acqua per la preparazione e la diluizione dei

prodotti chimici oscilla tra 20 e 35 m3/h.

Considerazioni

L’acqua che potrebbe essere adatta a soddisfare i consumi di acqua per gli spruzzi

ad alta e bassa pressione delle tele e dei feltri è quella di processo,

opportunamente trattata tramite filtrazione.

Poiché l’acqua fresca da introdurre nel circuito è di 5 m3/t di carta, per la

produzione di 30 t/h si ha una introduzione di 150 m3/h di cui 90 m3/h sono da

impegnare per i raffreddamenti. Per l’evaporazione occorre considerare circa un

fattore 1,35 rispetto alla produzione di carta e quindi 39 m3/h ((150/1,35) m3/h =

111 m3/h; (150 – 111) m3/h = 39 m3/h); quindi rimangono circa 20 m3/h ((150 –

90 – 39) m3/h = 21 m3/h) da utilizzare per scopi più nobili.

L’acqua dei raffreddamenti è comunque da riutilizzare nella preparazione e nella

diluizione dei prodotti chimici.

Analizziamo ora la gestione delle acque di processo. Le analisi compiute hanno

mostrato che tra le varie componenti non ci sono differenze tali da giustificare che

vi siano dei trattamenti differenziati tra di loro. Le acque di processo possono

essere gestite in due modi diversi: in modo centralizzato ed in modo anulare.

Nel primo caso la gestione è molto più complicata sebbene offra dei vantaggi: la

possibilità di effettuare trattamenti sul complesso delle acque ed il fatto che in

questo avremo sempre a disposizione acqua di processo di qualità mediata.

La modalità anulare è più semplice dal punto di vista impiantistico ma offre lo

svantaggio di alimentare le utenze con acqua di qualità variabile.

L’acqua in uscita dal depuratore può essere utilizzata per molti scopi poiché la sua

introduzione nel circuito ha un impatto molto basso sul COD delle acque di

processo (infatti si ha rimozione di COD pari al 91,5%, BOD pari al 95%).

112

Proiezione della chiusura del circuito delle acque (5 m3/t) per la produzione

attuale di 20 t/h di carta

Nella situazione odierna la produzione può essere considerata mediamente di 20

t/h.

Se si vuole conseguire un consumo di acqua fresca, al netto dell’evaporazione, di

5 m3/t, si ottiene di poter introdurre nel circuito 100 m3/h di acqua dei pozzi che

aumentano a 126 m3/h se si considera che per ogni tonnellata di carta prodotta

1,35 m3 di acqua si perdono con l’evaporazione.

Nel totale, questo significa avere un’entrata di acqua nel circuito di circa 130

m3/h.

La quantità di acqua che deve essere riciclata, previa filtrazione, per soddisfare i

consumi attuali degli spruzzi a bassa ed alta pressione delle tele e dei feltri è pari a

43 m3/h.

I 126 m3/h introdotti verrebbero così utilizzati:

• 90 m3/h per i raffreddamenti della centrale termica e quindi la

preparazione e la diluizione dei prodotti chimici;

• 26 m3/h in uscita con le fumane;

• rimarrebbero da impiegare circa 10 m3/h per i quali trovare un

utilizzo nobile.

La portata di acqua fresca così introdotta non è sufficiente a soddisfare il

fabbisogno di acqua di controlavaggio dei depuratori della sezione “preparazione

pasta”, per i quali si può utilizzare l’acqua in uscita dal depuratore biologico: la

portata stimata di tale consumo è di 21 m3/h.

Ipotesi per la chiusura del ciclo delle acque e la riduzione dei consumi di acqua

• Parziale riutilizzo dell’acqua in entrata ai flottatori per gli spruzzi (S) di

tele e feltri. Questa opzione può essere realizzata mediante l’impiego di un

filtro o di un chiarificatore a sedimentazione;

• Parziale riutilizzo dell’acqua in uscita dai flottatori per gli spruzzi (S) di

tele o feltri dopo un trattamento con un filtro.

• Riutilizzo dell’acqua in uscita dal trattamento biologico, previa filtrazione.

113

• Riutilizzo dell’acqua in uscita dall’impianto biologico, previa filtrazione a

membrana, per gli spruzzi (S) di tele e feltri (la membrana è utilizzata per

migliorare la qualità dell’acqua in uscita dall’impianto biologico).

Nella figura seguente è proposto uno schema dell’impianto con le varie opzioni

(indicate con le linee tratteggiate) per la chiusura del circuito e la riduzione dei

consumi idrici.

MATERIE PRIME ACQUA FRESCA

EVAPORAZIONE

SCARICO

STABILIMENTO

FLOTTATORE DEPURATORE BIOLOGICO

S

114

4. AMBITO AGRICOLO

4.1 LINEE GUIDA

La gestione sostenibile delle risorse idriche per uno sviluppo organico dell’attività

agricola comporta una combinazione di interventi di ordine normativo,

tecnologico gestionale, formativo, professionale, variabile sostanzialmente a

seconda delle emergenze territoriali (penuria delle risorse, dissesto idrogeologico,

inquinamento, ecc...). Si tratta di fenomeni di natura non solo molto differente tra

loro, ma anche, al loro stesso interno, di segno discordante (può essere tanto

problematico il deficit idrico in una zona, quanto la mancata regolamentazione

della risorsa idrica abbondante in un’altra zona).

Per affrontare il problema dell’utilizzazione dell’acqua in agricoltura, è utile

dunque procedere con ordine:

• fissando alcuni punti di partenza;

• descrivendo il contesto nazionale ed internazionale entro il quale ci si

deve muovere;

• proponendo le soluzioni conseguenti.

Fissiamo l’attenzione sul territorio nazionale.

Come primo punto di partenza, bisogna ricordare un dato molto importante:

l’irrigazione in Italia è meno diffusamente praticata lì dove le condizioni

climatiche richiederebbero un maggior apporto idrico. In sintesi l’entità

dell’approvvigionamento irriguo è direttamente dipendente dalle disponibilità

idriche naturali (36 miliardi di metri cubi al Centro-Nord, 9 al Sud), molto meno

dalla domanda d’acqua.

Secondo punto di partenza: il dissesto idrogeologico è un fenomeno diffuso su

tutto il territorio nazionale, tanto da costituire un gravissimo fattore limitante dello

sviluppo economico e sociale.

Se infatti si va a guardare la classificazione dei Comuni italiani con “livello di

attenzione” per il rischio idrogeologico “molto elevato ed elevato”, elaborata dal

CNR (Centro Nazionale per le Ricerche), si nota come questi coprono ben il

115

45,3% del totale dei Comuni e che la graduatoria vede comparire in ordine

alternato Regioni del Nord, Centro e Sud (in prima posizione è l’Umbria, seguita

dalla Calabria, dal Molise, dalla Liguria, dalla Valle d’Aosta e così di seguito).

Terzo punto di partenza è che dal punto di vista gestionale spesso tutto il

sistema irriguo (captazione, adduzione, distribuzione) funziona con gravi disagi:

ciò è evidente se solo si pensa che le perdite d’acqua nelle condotte di adduzione e

di distribuzione di una acquedotto irriguo arrivano mediamente al 40% della

quantità dell’acqua in partenza dall’acquedotto (mentre sarebbe “fisiologica” una

perdita dell’ordine del 20%).

Spesso sono stati realizzati dei bacini artificiali di raccolta dell’acqua senza le

opere di protezione del suolo a monte, per cui ben presto i bacini si sono

trasformati in depositi di fango risultante dall’erosione.

Altre volte, essendo affidata ad Enti o soggetti differenti la realizzazione delle

varie fasi irrigue (captazione, raccolta, trasporto, distribuzione, ecc.), i bacini sono

stati costruiti prima di attrezzare i sistemi di irrigazione a valle, per cui per anni

l’acqua è stata raccolta ed esposta all’evaporazione senza alcuna utilità.

In definitiva nonostante le forti somme investite in questi anni nelle grandi

infrastrutture idriche, sono state costruite opere che si sono poi rivelate poco

redditizie, dal punto di vista costi-benefici.

Il contesto entro il quale si inserisce la problematica della utilizzazione dell’acqua

a fini irrigui, negli ultimi anni non si può dire sia favorevole né a livello mondiale,

né a livello europeo e nazionale.

Infatti a livello mondiale, mentre si registra un consenso unanime sulle previsioni

dei rischi di penuria di acqua, anche all’interno di autorevoli enti (quali FAO,

ONU e Banca Mondiale) si esprimono posizioni radicalmente distinte quando si

passa ad indicare le linee strategiche per opporsi a questa tendenza. C’è chi

attribuisce questa carenza a mutamenti metereologici e a fenomeni sempre più

preoccupanti di inquinamento; altri, ad una sorta di siccità agricola determinata

dalla crescita della popolazione e dalla coltivazione intensiva di varietà agricole

ad alto rendimento ma ad elevato assorbimento idrico (esempio riso e canna da

zucchero), a questo fenomeno si riporta sostanzialmente la responsabilità della

sempre più diffusa desertificazione .

A livello di Unione Europea la domanda d’acqua è in aumento per gli usi

agricoli, con particolare riguardo per i paesi mediterranei; si riscontra però un

116

profondo dissenso tra paesi mediterranei e paesi continentali sulla opportunità o

meno della priorità dell’approvvigionamento idrico al settore agricolo.

A fronte di ciò la posizione dell’Italia sull’argomento appare da un certo

punto di vista “più favorevole”, in quanto il nostro è un paese nel quale si sono

mantenuti alcuni principi basilari di salvaguardia sull’uso dell’acqua, e in

agricoltura in particolare: ad esempio un articolo della legge 36/94 (legge Galli)

definisce “pubbliche” tutte le acque superficiali e sotterranee nel territorio

nazionale; un altro articolo stabilisce che in condizioni di siccità o comunque di

penuria di acqua, dopo il consumo potabile, venga privilegiato quello per

l’irrigazione.

Sono ormai certe alcune acquisizioni di cui bisogna prendere atto:

• c’è una generale e diffusa tendenza al risparmio, al riciclo e al riuso

dell’acqua;

• occorrerà affrontare la questione del prezzo dell’acqua;

• saranno sempre più diffusi i controlli e i censimenti (non a caso si sta

cercando da tempo di imporre l’obbligo della denuncia dei pozzi per una

conoscenza approfondita dei consumi diffusi).

Le vicende climatiche degli ultimi anni stanno sempre più evidenziando delle

anomalie nel regime delle piogge: diminuzione della quantità assoluta con lunghi

periodi di siccità ed eventi temporaleschi di elevata intensità di precipitazione, con

fenomeni alluvionali sempre più frequenti. La siccità che colpisce sempre più

gravemente le regioni meridionali, determina enormi problemi sia di fornitura di

acqua potabile ai cittadini sia per la difficoltà od impossibilità di irrigare le

coltivazioni, con perdite economiche rilevantissime, specie a carico delle colture

orticole e frutticole, che sono quelle che richiedono i maggiori quantitativi

d’acqua e che rappresentano il comparto portante dell’agricoltura nazionale.

Anche nelle regioni del centro-nord la carenza di precipitazioni provoca rilevanti

problemi sia alle colture sia all’ambiente; infatti, l’eccessivo prelievo idrico dai

fiumi limita in questi la portata, provocando di conseguenza la concentrazione

degli inquinanti e la compromissione della vita acquatica, mentre l’eccessivo

sfruttamento delle acque sotterranee provoca l’abbassamento delle falde,

l’ingressione di acque marine, ed anche lo sprofondamento del territorio (grave

117

fenomeno della subsidenza lungo la costa dell’alto adriatico). Inoltre occorre

tenere conto anche dei fenomeni di dissesto idrogeologico, sempre più diffusi.

In Italia la domanda complessiva d’acqua è di circa 50 miliardi di m3, dei quali

circa il 60% (30 miliardi di m3) è consumata in irrigazione. Stime più recenti

rivedono queste ultime verso il basso, in particolare per gli usi irrigui, che sono

stimati in circa 20 miliardi di m3, per un prelievo annuo complessivo d’acqua

dolce di circa 40,5 miliardi di m3. Per quanto concerne l’agricoltura, IRSA-CNR

individua alcune tendenze che suggeriscono una certa riduzione della domanda

nei prossimi anni, in particolare le riforme nella Politica Agricola Comune del

1992 e quelle più incisive di Agenda 2000 che hanno introdotto la diminuzione al

sostegno dei prezzi agricoli. Tuttavia l’esperienza passata indica che le zone

maggiormente produttive, in generale quindi quelle che utilizzano l’irrigazione in

maniera intensiva, sono meno influenzate da queste politiche.

Per l’IRSA (Istituto di Ricerca e Sperimentazione Agraria): “Le stime esistenti

sono scarse; tuttavia avvalorano in genere un’opinione secondo cui la SAU

(Superficie Agraria Utilizzata) complessiva è in diminuzione, ma quell’irrigabile

aumenta, sia pure solo leggermente. In molti casi tuttavia questo non si traduce

necessariamente in una domanda effettiva di irrigazione. Una ulteriore tendenza

che sembra ipotizzabile è quella che va verso la sostituzione delle tradizionali

tecniche a scorrimento o allagamento con tecniche meno idroesigenti (aspersione

in genere, a goccia nelle colture a più elevato valore). Questo processo di

sostituzione è in gran parte indipendente da considerazioni di risparmio idrico,

essendo dovuto soprattutto alla minore intensità di lavoro, alle maggiori

opportunità di automazione offerte da queste tecnologie ed alle migliori possibilità

di combinazione con le attività di fertilizzazione e lotta antiparassitaria; ma è ben

probabile che un’ulteriore spinta in questa direzione possa venire dalla leva

tariffaria, in particolare se verranno attuati i principi contenuti nella proposta di

Direttiva Quadro europea sulle acque con la riduzione drastica dei sussidi al

prezzo dell’acqua”.

Il prelievo agricolo è anche caratterizzato da una forte stagionalità estiva, con

ancor più gravi problemi di approvvigionamento. Nella situazione attuale di

siccità sempre più pronunciata risulta quindi indispensabile che il settore agricolo,

quale maggior consumatore della risorsa idrica, si indirizzi alla massima

limitazione dei prelievi idrici attraverso un uso oculato della risorsa.

118

Questa strategia comporta una ricerca di soluzioni che coinvolgono al tempo

stesso gli aspetti: normativi, gestionali e tecnologici nel campo

dell’approvvigionamento, della regimazione delle acque meteoriche, del

disinquinamento, delle irrigazioni ad elevata efficienza e del consistente recupero

e riciclo delle acque reflue.

Un uso più efficiente dell’acqua irrigua, oltre che permettere di irrigare maggiori

superfici, comporta minori rilasci di nutrienti nei fiumi ed un importante risparmio

energetico; infatti, tutta l’acqua distribuita è normalmente sollevata più di una

volta, con consistenti consumi d’energia. Le modalità e le tecniche per

incrementare l’efficienza dell’acqua e ridurre i consumi sono numerose; talune

molto conosciute ma non sempre applicate, altre, viceversa, richiedono maggiori

conoscenze agronomiche e tecnologiche che è indispensabile far giungere a tutti i

produttori ed agli enti gestori delle risorse idriche.

Tra le numerose azioni possibili di risparmio idrico, l’aridocoltura è quella più

conosciuta e consiste in lavorazioni dei terreni utili al massimo accumulo e

tesaurizzazione dell’acqua nel terreno, alla riduzione delle perdite di

evaporazione, alla scelta di ordinamenti colturali con specie e genotipi

aridoresistenti, all’uso di pacciamature e frangiventi capaci di ridurre i consumi

d’acqua.

Le strategie di gestione delle irrigazioni possono ulteriormente contribuire ad un

uso più efficiente dell’acqua: irrigazioni effettuate con quantità ben dosate e

distribuite in momenti di massima efficacia per le piante, possono essere

individuate tramite specifici bilanci idrici e con l’attuale conoscenza della

fisiologia delle colture. Anche l’uso di metodi e sistemi irrigui di elevata

efficienza di distribuzione, come l’irrigazione a goccia, o una gestione più

efficiente e moderna di quelli già presenti, risultano capaci di far ridurre le

necessità d’acqua salvaguardando le rese agricole.

Alle modalità di risparmio idrico nell’azienda agricola andrebbero poi affiancate

azioni materiali ed immateriali consortili, capaci di contenere le perdite di

trasporto tra fonte idrica e azienda agricola, di consentire ai produttori una

gestione elastica e con i metodi irrigui più efficienti, ma, soprattutto, di sollecitare

gli utilizzatori ad un uso parsimonioso, anche tramite un sistema tariffario

incentivante e campagne di divulgazione ed assistenza tecnica sull’uso efficiente

dell’acqua.

119

In termini generali va però rilevato che nessuna azione applicata singolarmente

risulterà capace di determinare un buon contenimento dei consumi, viceversa

un’applicazione intelligente ed integrata di diverse azioni e modalità può incidere

sensibilmente sulle riduzioni dei prelievi agricoli, senza penalizzare il reddito

aziendale.

Un problema decisivo diventa perciò la soluzione della questione dell’efficienza

del sistema irriguo, e immediatamente dopo, ma correlata ad essa, quella relativa

ad una maggiore corrispondenza tra costi di gestione, contribuzioni e benefici.

Ma per questo la prima cosa da fare è precisare che quando parliamo di

irrigazione dovremo sempre distinguere la problematica relativa alla cosiddetta

irrigazione “pubblica”, cioè quella derivante dalle grandi infrastrutture gestite

normalmente dai Consorzi di bonifica, da quella della irrigazione “privata” e

cioè quella ottenuta attraverso emungimento da pozzi. Sono infatti problematiche

completamente differenti e rappresentano entrambe fenomeni molto consistenti.

Si pensi che ad esempio in Puglia si calcola che su 262.000 ettari

complessivamente irrigati, 83.000 sono irrigati con le grandi infrastrutture e ben

179.000 da pozzi.

Per quanto riguarda l’irrigazione pubblica, si dovrà puntare sull’obiettivo di

garantire un servizio idrico efficiente anche in zone agricole difficili, dove il costo

di approvvigionamento risulta elevato in senso relativo.

In proposito l’INEA (Istituto Nazionale Economia Agraria) nel suo “Studio

sull’uso irriguo sulla risorsa idrica, sulle produzioni agricole irrigate e sulla loro

redditività” condotto in alcune aree campione significative, rileva che nel triennio

1996-1998, nonostante un andamento crescente dei ruoli irrigui (fino anche a 4-5

volte) a carico delle contribuzioni degli agricoltori, la capacità di copertura dei

costi di gestione varia nei diversi distretti irrigui, in funzione del sistema

distributivo. In particolare, nei distretti serviti con sollevamento le contribuzioni

non coprono i costi di esercizio (la copertura media è dell’86%), a differenza di

quanto accade nei distretti serviti da reti a pelo libero, ove il valore medio si

attesta, invece, al 245% circa.

Queste marcate differenze mettono in risalto la necessità di una attenta

modulazione dei ruoli, che favorisca una più equa partecipazione dei vari distretti

alla copertura dei costi di distribuzione irrigua. Ciò implica il ridimensionamento

del carico che grava sugli utenti nelle aree servite da canali a pelo libero (già

120

penalizzate da una maggiore incidenza delle perdite di distribuzione) e,

conseguentemente, un adeguamento dei ruoli nelle aree irrigue servite da condotte

in pressione.

Per quanto riguarda invece l’irrigazione privata la situazione è in un certo senso

più delicata e complessa. In questo caso infatti si tratta di prelievi sotterranei

d’acqua che sfuggono ad un controllo certo e che avvengono in particolare in zone

ove manca l’irrigazione pubblica. Ciò comporta spesso gravi problemi di

abbassamento della falda freatica, processi di salinizzazione nelle zone costiere e

fenomeni sempre più estesi di subsidenza.

Occorrerà dunque intervenire urgentemente attraverso sistemi di

approvvigionamento pubblico in quanto più il fenomeno si manifesta e più gli

attingimenti privati diventano onerosi e problematici.

In questo senso molto apprezzabile è l’Accordo di Programma sottoscritto

nell’Agosto 1999 da Basilicata e Puglia che, sfruttando l’articolo 17 della Legge

36/94, mira al superamento della frammentazione gestionale esistente tra le due

Regioni attraverso l’istituzione degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali).

In questo Accordo è detto esplicitamente che il costo dell’acqua deve essere

fissato “come elemento motore di opportunità di sviluppo locale”.

Se è indiscutibile dunque il fatto che bisognerà incrementare la disponibilità di

acqua per l’irrigazione, occorre valutare se sia più redditizio fornirla attraverso la

costruzione di nuove grandi dighe (che comportano spesso inefficienze

tecnologiche e complicazioni nella sincronia dei tempi di realizzazione delle opere

di adduzione e di distribuzione), oppure attraverso piccoli laghetti collinari e

montani la cui gestione risulta più maneggevole e semplice.

Bisognerà intervenire con urgenza specialmente nelle regioni meridionali ed

insulari, esposte a stress di natura ambientale (condizioni di aridità stagionali,

ripetuti episodi di siccità, precipitazioni brevi ed intense, erodibilità dei suoli,

pressione delle attività umane sull’ambiente), ove si sono già evidenziati squilibri

in conseguenza della scarsa disponibilità dell’acqua con rischio di

desertificazione.

Si devono quindi assumere tutte quelle misure che possano limitare la diffusione

dei gas-serra che determinano in definitiva un innalzamento della temperatura

media terrestre; questo perché gli agricoltori, in particolare quelli residenti in aree

121

a clima arido e in quelle soggette alla desertificazione, sono i primi ad essere

penalizzati da un aumento della temperatura del pianeta.

Da uno studio effettuato dalle Nazioni Unite, che raccoglie i principali scienziati

di diversi Paesi, si stima che nei prossimi 100 anni l’aumento medio della

temperatura, a seconda che si mettano in atto o meno efficaci politiche ambientali,

oscillerà tra i 1,8 e 5,8 gradi. Questi 4 gradi di differenza comportano una

differenza enorme nella capacità di produzione agricola mondiale.

E’ noto che il processo di degrado del territorio che porta alla desertificazione è

generato da fattori ambientali e da fattori antropici. Tra questi ultimi può

assumere un ruolo positivo notevole l’adozione di una buona prassi agricola

nelle aziende agricole. Infatti le lavorazioni del terreno sono sempre state lo

strumento principe per l’idonea regimazione delle acque di deflusso sia

superficiali che profonde e, se idoneamente realizzate, evitano il ruscellamento e

aiutano il mantenimento del tenore idrico dei suoli.

Ma la gestione delle risorse idriche non significa solo razionale

approvvigionamento: deve significare anche corretta ed efficace difesa dalle

acque, ossia regimazione e disinquinamento. Una efficace azione di difesa

idrogeologica si realizza solo se si attiva un programma nazionale di prevenzione

che si concretizza in una efficace e diffusa manutenzione delle aste fluviali e dei

versanti.

Esiste ora la possibilità per gli agricoltori di realizzare specifici interventi di

manutenzione, in convenzione con l’operatore pubblico, come specificato in

alcune leggi (legge sulla montagna 97/94, art.7 e art.17) .

Si tratterà di intraprendere, laddove la presenza e la capacità professionale dei

coltivatori è più elevata, contatti con le Comunità montane per l’affidamento agli

agricoltori di lavori di manutenzione ordinaria, in particolare dei versanti e degli

alvei, o per l’assegnazione di finanziamenti per interventi nelle aziende agricole.

Ma in zone sempre più diffuse del paese il problema idrico più impellente inizia

ad essere quello della “qualità”. Il problema è tanto grave da condizionare lo

stesso uso dell’acqua e di fatto diventa un fattore limitante anche della quantità.

Sostanzialmente per questa ragione l’Unione Europea ha emesso la Direttiva

2000/60 sulla regolazione della quantità e della qualità delle acque.

122

In questa è sancito un principio che determinerà un vincolo per lo sfruttamento dei

corpi idrici superficiali molto stretto, il quale stabilisce che, per tutti i corpi idrici,

deve essere garantito il “minimo deflusso vitale”.

Bisognerà trovare tutti i modi per sfruttare al meglio tutte le risorse idriche

convenzionali e non. In questo senso il riciclaggio ed il risparmio possono essere

una risora preziosa.

In agricoltura finora sono state trascurate le risorse idriche alternative (acque

reflue o salmastre). Queste acque, pur presentando anomalie, possono essere

valorizzate nell’irrigazione qualora vengano impiegate con adeguati e scrupolosi

accorgimenti tecnici. Non si può generalizzare il concetto di qualità dell’acqua

irrigua, perché questa dipende da numerosissimi fattori (tipo di terreno,

andamento climatico, specie coltivata, metodo irriguo, ecc.). Il più recente disegno

di legge sull’utilizzazione delle acque superflue in agricoltura, invece, contempla

analisi severissime, ammettendo all’uso irriguo acque talmente “depurate” da

risultare immuni da ogni difetto, ma costosissime. Così avviene che i reflui

urbani, che rappresentano una potenziale risorsa idrica, dopo che la collettività ha

sostenuto i costi per la depurazione, vengono sprecati, mentre la siccità avanza.

Inoltre per ottenere un consistente risparmio di acqua è necessario utilizzare

materiali di costruzione delle condotte di buona tenuta, come anche mettere in

opera sistemi irrigui a minor consumo relativo, come quelli “a pressione”, “a

goccia” e meccanizzati.

Un ulteriore contributo al risparmio di acqua irrigua proviene dall’elettronica.

Da qualche tempo molti impianti irrigui hanno raggiunto un elevato grado di

automazione. Le adacquate possono essere totalmente programmate mediante

centraline di controllo, software, computer, timer, elettrovalvole e misuratori di

flusso, dando alla pianta solo il volume di acqua necessario alla traspirazione.

In questa materia si può far rientrare il ruolo determinante che deve svolgere la

ricerca scientifica. Si tratta infatti, considerando il progressivo processo di

inquinamento delle acque determinato dalle varie attività umane, di intervenire sul

miglioramento della qualità delle acque e del recupero di fonti idriche non

convenzionali o di riciclo (dissalazione dell’acqua marina o recupero delle acque

di scarico civile attraverso impianti di depurazione).

Ma la ricerca si deve anche concentrare su questioni prettamente agronomiche o

comunque su tecniche irrigue connesse a questa materia: ad esempio si dovranno

123

sviluppare ricerche finalizzate alla diffusione di quei tipi di coltivazione a minor

richiesta di acqua o maggiormente resistenti alla salinizzazione dell’acqua.

In questa direzione dovrebbero essere anche orientate le ricerche biotecnologiche

per consentire ad esempio la coltivazione di specie agricole non idroesigenti.

In questo caso, trattandosi di una tecnologia ad alto contenuto innovativo rispetto

all’agricoltura tradizionale (uso razionale delle acque, reali fabbisogni idrici delle

varie coltivazioni e qualità delle acque per l’irrigazione), diventa determinante

anche la questione relativa all’assistenza tecnica e all’aggiornamento

professionale degli agricoltori. Per far ciò è necessario dunque prevedere una

larga diffusione di centri di analisi delle acque e dei terreni al servizio degli

agricoltori.

Dunque anche questa è materia che comporterà un allargamento notevole delle

capacità professionali dell’agricoltore. Infatti, sia una maturazione e una

innovazione del processo produttivo agricolo che la nuova prospettiva di lavori di

manutenzione agli imprenditori agricoli attraverso l’ingegneria naturalistica,

rientrano esattamente nella prospettiva comunitaria della multifunzionalità

dell’attività agricola.

124

4.2 METODOLOGIE E TECNICHE PER IL RISPARMIO E LA

RAZIONALIZZAZIONE DELL’IMPIEGO DELLE RISORSE

IDRICHE IN AGRICOLTURA

4.2.1 ARIDOCOLTURA

E’ una pratica utilizzata nella coltivazione in aree dove l’apporto idrico naturale è

insufficiente a soddisfare i fabbisogni delle colture, in quanto scarso o mal

distribuito nell’ambito del ciclo biologico, e non è possibile far ricorso

all’irrigazione.

I principali obiettivi da conseguire sono:

• favorire l’accumulo di riserve d’acqua nel terreno;

• minimizzare le perdite d’acqua;

• massimizzare l’efficienza d’uso dell’acqua meteorica.

a) Accumulo di riserve idriche nel terreno

Si può procedere tramite diverse modalità integrabili tra loro; di seguito si

elencano sinteticamente le principali tecniche.

• Sistemazione superficiale: ha lo scopo di favorire l’infiltrazione rispetto

allo scorrimento superficiale; si ottiene tramite:

I. Aumento della rugosità del suolo;

II. Arginelli disposti secondo le curve di livello;

III. Convogliamento dell’acqua di ruscellamento in compluvi ristretti

(utilizzato soprattutto in aree subdesertiche).

• Lavorazioni: sostanzialmente si distinguono in:

I. Lavorazioni profonde, per favorire l’infiltrazione;

II. Maggior approfondimento radicale;

III. Eliminazione della flora infestante (che sottrae acqua utile alle

coltivazioni).

125

• Ammendamenti: hanno lo scopo di aumentare la capacità di campo tramite

l’aggiunta di sostanze organiche.

• Inondazione stagionale: possibili solo se nelle vicinanze sono presenti

fiumi, al fine di ricaricare le riserve idriche del terreno.

• Maggese nudo: ha le seguenti caratteristiche:

I. Nel terreno interessato si ha assenza di coltura per un anno (ad esempio

avvicendamento biennale);

II. Si utilizza in aree dove la piovosità è insufficiente a ricostituire le riserve

idriche;

III. Consiste in avvicendamenti nei quali la coltura principale si avvantaggia

del riposo;

IV. Sono necessarie lavorazioni per mantenere il terreno nudo: aratura

profonda prima dell’autunno; lavorazioni superficiali ripetute ogni

qualvolta il terreno si inerbisce, in qualche caso rimane inerbito sino a

febbraio-marzo e pascolato nei mesi invernali. Gli scopi delle

lavorazioni sono: limitare l’evaporazione, favorire la mineralizzazione

della sostanza organica, favorire il rinettamento dalle colture infestanti,

ottenere un miglioramento dello stato strutturale. Le conseguenze

negative sono: bilancio umico in deficit, erosione del terreno, mancato

reddito (causa l’assenza di coltura per un anno).

• Maggese vestito: utilizzato in aree con buona piovosità, le caratteristiche

principali che lo contraddistinguono sono:

I. Flora spontanea, adatta al pascolo;

II. Leguminose annuali (fava, trifoglio) e/o autoriseminanti (ley farming

system);

III. Minori vantaggi in termini di riserve idriche rispetto al maggese nudo;

IV. Vantaggi da un punto di vista ambientale (minore erosione, minore calo

di sostanza organica);

V. Diventa un’avvicendamento vero e proprio.

126

b) Limitazione delle perdite di acqua

E’ caratterizzata dalle tecniche elencate di seguito:

• Lavorazioni superficiali: sostanzialmente si distinguono in:

I. Eliminazione delle erbe infestanti;

II. Chiusura delle crepacciature.

• Frangivento e ombreggiamento: questa tecnica ha lo scopo di ridurre

l’Evapotraspirazione; consiste in filari di piante od in piccole strisce

boscose disposte e utilizzate come sbarramento protettivo contro il vento

ai margini delle colture, in modo da aumentare l’ombreggiamento.

• Pacciamatura: questa tecnica consiste nel ricoprire il terreno interessato

dalla coltura con del materiale vegetale/inorganico, impedendo ad altre

piante di crescere e mantenendo così in salute la coltura. Esistono due tipi

di pacciame: il pacciame inorganico (ghiaia, lapillo vulcanico, argilla

espansa, conchiglie, fogli di pvc…) è di lunga durata, ma non migliora la

struttura del terreno e non ha potere fertilizzante; il pacciame organico

(foglie, cortecce, compost, rametti sminuzzati, trucioli, letame maturo,

torba…) ottimizza la tessitura del suolo, lo fertilizza, offre maggiore

isolamento termico, ma deve essere rifornito di nuovo materiale ogni anno

e può favorire marciumi soprattutto se troppo inumidito (anche i fogli di

pvc possono provocare marciumi). Il terreno deve essere ben lavorato

(vangato e/o zappato), prima di disporre il materiale almeno in strati di 4-5

cm, mentre non esiste un’altezza massima. L’uso di questa tecnica è legato

ad una serie di motivi:

- per evitare gli sbalzi termici (soprattutto per proteggere i germogli o i

bulbi dal gelo); la protezione dell’apparato radicale dagli sbalzi termici

permette una migliore radicazione e quindi un maggior benessere delle

piante;

- per mantenere costante l’umidità; questo permette un risparmio idrico

(soprattutto nelle zone secche) e minore stress per le piante;

- per migliorare la tessitura del suolo e per concimare (in caso di

pacciamature con resti vegetali).

127

c) Altre tecniche per migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua

Si articolano in:

• Scelta colturale e varietale fatta in base a:

I. Ciclo colturale e precocità;

II. Tolleranza alla siccità;

III. Profondità raggiunta dalle radici;

IV. Capacità di accrescimento in periodo freddo e umido.

• Epoca di semina:

I. Sincronizzazione con il clima (tenendo conto delle precipitazioni e delle

temperature);

II. Semina autunnale in ambienti a primavere corte e aride;

III. Anticipo semina primaverile (Temperatura di germinazione bassa).

• Densità di semina, potatura arborea:

I. Semina più rada (minori quantità di seme per ettaro);

II. Potatura povera;

III. Concimazione organica e ridotte dosi di concime in zone aride per

limitare la salinità.

128

4.2.2 SISTEMI IRRIGUI

Le finalità dell'irrigazione

L’importanza dell’acqua nella riuscita delle produzioni agricole era già conosciuta

nell’antichità. Le grandi civiltà antiche, come l’egizia, la cinese, la sumera o

l’inca, vantavano impianti irrigui in grado di apportare le necessarie quantità

d’acqua alle coltivazioni. Essi erano frutto di evoluti studi d’ingegneria idraulica e

garantivano l’ottenimento degli alimenti indispensabili per il sostentamento delle

popolazioni.

L’irrigazione permette di portare l’acqua nei terreni aridi, rendendoli fertili, o di

migliorare l’attività agricola nelle zone dove scarseggia, perché le precipitazioni

sono scarse e saltuarie.

L’acqua non si comporta però nello stesso modo in tutti i tipi di terreno: ognuno

di essi presenta infatti caratteristiche di tipo meccanico, fisico-chimico e

biologico, che ne condizionano la capacità di trattenerla e il potere adsorbente.

Una volta arrivata sul suolo, l’acqua non ha un uguale destino: una parte s’infiltra,

una parte scorre sulla superficie, una parte evapora. Della porzione che s’infiltra

non tutta è utile per gli apparati radicali delle piante: una frazione scende per

gravità verso gli strati sottostanti ed è difficilmente captabile; un’altra viene

trattenuta, grazie a forze di capillarità, nei piccolissimi pori presenti nel terreno;

questa, insieme alla frazione dell’acqua che per risalita capillare arriva dagli strati

bassi e impermeabili, mantiene il terreno umido ed è quella meglio utilizzabile

dalle radici.

Le piante, coltivate o spontanee, hanno perciò disponibilità idriche molto variabili

in funzione della distribuzione stagionale delle precipitazioni, del tipo di terreno,

del clima e del tipo di apparato radicale. Con l’irrigazione l’uomo riesce a

sopperire alla mancanza di acqua di origine meteorica ed a mantenere nel terreno

la necessaria disponibilità idrica per soddisfare i fabbisogni delle colture.

Alcuni lavori agricoli, come l’aratura, hanno lo scopo di aumentare la capacità del

terreno di trattenere l’acqua e di mantenere l’umidità a livelli adatti alla riuscita

delle coltivazioni.

129

I sistemi per risparmiare la risorsa idrica

L’irrigazione moderna deve rispondere alle esigenze di garantire una produttività

elevata o un elevato standard qualitativo, nel caso delle colture di pregio.

Questo significa in generale contenere i costi d’impianto e risparmiare la risorsa

idrica, ridurre la manodopera ed aumentare l’automazione.

Dal punto di vista dell’economia delle risorse, l’interesse si rivolge perciò ai

sistemi in grado di ridurre sia i consumi idrici che quelli energetici, necessari per

somministrare l’acqua d’irrigazione.

Tali sistemi devono anche ridurre al minimo le perdite, che avvengono sia nelle

operazioni di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua, sia, durante la

somministrazione dell’acqua, per scorrimento sul terreno, per percolazione in

profondità e per evaporazione.

A questo scopo la ricerca nel settore mira ad aumentare l’efficienza irrigua, cioè

in pratica a migliorare il rapporto che lega le quantità d’acqua indispensabili ad

una coltura e le quantità effettivamente somministrate, per evitare sprechi

antieconomici.

I sistemi d’irrigazione che permettono un risparmio d’acqua prevalentemente

utilizzati in Italia sono: la subirrigazione, il sistema per aspersione o a pioggia

e il sistema a goccia, anche detto microirrigazione o irrigazione localizzata.

Quest’ultimo, nato in Israele attorno al 1970, è quello che consente la maggiore

efficienza distributiva ed il maggiore risparmio dei volumi d’adacquamento, da

metà a due terzi di quelli necessari con l’irrigazione a pioggia.

A questi sistemi può essere associata la pratica della fertirrigazione, che consiste

nella contemporanea somministrazione alla coltura di acqua e fertilizzante insieme

e, pertanto, rappresenta la pratica agronomica più razionale per il soddisfacimento

idrico-nutritivo della pianta.

Questi sistemi riducono i consumi d’acqua rispetto ai sistemi tradizionali.

Essi fanno ricorso a una elevata automazione ed a tecniche impiantistiche

all’avanguardia, per risultare il più possibile efficienti nella distribuzione

dell’acqua ed adattarsi alle tecniche agronomiche più attuali. Questi sistemi sono

però quelli che prevedono un maggiore investimento nell’impianto.

130

4.2.2.1 La fertirrigazione

Introduzione

La fertirrigazione è una pratica associata alle tecniche irrigue che può fungere

anche da sistema di smaltimento dei liquami sul terreno, da considerarsi perciò

alla stregua di un trattamento depurativo biologico.

Lo scopo principale di questa tecnica è la produzione agricola, mentre la

depurazione del liquame è un obiettivo secondario; il sistema comporta la crescita

dei vegetali sul terreno, irrigandolo con una delle tecniche che vedremo in seguito

(microirrigazione, irrigazione a pioggia, subirrigazione).

E’ utilizzato in zone caratterizzate da bassa piovosità ed irrigazione artificiale.

Il trattamento depurativo avviene per evapotraspirazione, in funzione del clima,

del tipo di terreno, delle colture e dell’utilizzazione da parte delle piante dei

nutrienti contenuti nel refluo prevalentemente domestico. Il dosaggio applicato è

abbastanza esiguo, di norma si aggira attorno a 25-75 mm/settimana (pari a 750-

3760 mm/ha*anno).

Il limite principale relativo all’applicazione di questo sistema consiste nel fatto

che occorre tenere conto delle esigenze agricole e climatiche, per cui è necessario

prevedere bacini di stoccaggio dimensionati in base al calcolo del carico idraulico

applicabile, desumibile valutando i dati agronomici, climatici e geologici a

disposizione. Nel caso di spandimento del liquame, per evitare problemi di odori e

di igiene, occorre pretrattarlo tramite grigliatura, decantazione e disinfezione,

inoltre è bene non applicarlo sulle colture da consumarsi crude, recintare i terreni

e mantenere una distanza di rispetto di 400 m. dalle abitazioni; per quanto

riguarda la falda è sufficiente una distanza di 5 m. dalla superficie, dati i bassi

dosaggi.

La fertirrigazione a solo scopo irriguo consiste nell’incorporazione dei concimi

nell’acqua e nella loro somministrazione tramite l’impianto d’irrigazione. Questa

tecnologia si è apprezzata maggiormente con la diffusione dell’ irrigazione a

goccia.

Essa è infatti abbinata preferibilmente alla microirrigazione o alla subirrigazione,

anche se può adattarsi praticamente a qualsiasi metodo irriguo. Nella pratica della

fertirrigazione si realizza un effetto sinergico: l’acqua migliora l’assorbimento dei

131

fertilizzanti ed al tempo stesso questi rendono più efficiente il consumo

dell’acqua.

Presupposti importanti per un efficiente e razionale impiego di questa tecnica

sono la conoscenza delle esigenze nutrizionali (minerali ed idriche) della coltura,

della fertilità del suolo e delle caratteristiche dell’acqua di irrigazione, connessi ad

una gestione razionale della tecnica irrigua.

Nella fertirrigazione occorre aumentare la disponibilità di elementi nutritivi nel

volume di terreno umettato, in modo che questa sia proporzionale al grado di

assimilazione della coltura. La quantità di elementi nutritivi da apportare dipende

dalle asportazioni della coltura e dalla loro disponibilità nel terreno.

Vantaggi della fertirrigazione

I principali vantaggi della fertirrigazione sono:

• impiego di poca manodopera per le operazioni di applicazione del

concime;

• non calpestamento del terreno con le macchine;

• facilità di esatto frazionamento della concimazione azotata;

• applicazione dei fertilizzanti solo nello spessore di terreno effettivamente

esplorato dagli apparati radicali delle colture;

• possibilità di effettuare apporti di piccole dosi dei vari elementi nel corso

dello sviluppo della coltura, riuscendo da un lato a soddisfare le reali

esigenze delle piante, dall’altro a limitare i fenomeni di assorbimenti di

lusso e la percolazione degli elementi più mobili;

• possibilità di intervento anche in momenti in cui il terreno non è

praticabile per i mezzi meccanici, per la presenza della coltura.

Svantaggi della fertirrigazione

Gli aspetti negativi principali sono collegati a:

• limitazione alle sole coltivazioni irrigue;

• necessità di un impianto di irrigazione più perfezionato e costoso;

• interventi di irrigazione non strettamente necessari ma effettuati a sola

funzione concimante;

132

• perdite per dilavamento e volatilizzazione a causa di impianti irrigui

inefficienti o di particolari condizioni chimiche del terreno.

Considerazioni

Una razionale gestione della fertirrigazione consente generalmente di migliorare

le rese rispetto alla concimazione tradizionale.

In una coltivazione di pomodoro da industria la resa è stata maggiore del 17% in

fertirrigazione rispetto alla concimazione tradizionale con irrigazione ad

aspersione.

In fertirrigazione l’apporto di elementi nutritivi può essere inferiore rispetto alle

dosi indicate per il pieno campo perché la distribuzione è mirata alla zona del

terreno dove si concentra maggiormente l’apparato radicale e minori sono le

perdite di nutrienti. Nei disciplinari di produzione integrata viene in effetti

raccomandata una riduzione di circa il 30% degli elementi fertilizzanti rispetto

alle quantità indicate per il pieno campo.

Diverse sperimentazioni sono state effettuate per valutare le dosi ottimali da

adottare in fertirrigazione. In una coltivazione in serra di peperone con dosi di

azoto variabili fra 0 e 350 kg/ha la resa maggiore è stata ottenuta con 150 kg/ha

distribuiti in fertirrigazione.

Per prevenire fenomeni di inquinamento per dilavamento è opportuno che la

tecnica irrigua adottata assicuri una elevata efficienza ed uniformità distributiva

dell’acqua. Occorre, quindi, distribuire volumi di adacquamento idonei a portare

alla capacità idrica di campo il volume di terreno esplorato dalle radici, ciò

significa definire correttamente le variabili irrigue (turni e volumi), conoscere le

caratteristiche idrologiche del terreno, la profondità delle radici e dell’umidità del

terreno al momento dell’irrigazione.

Nel caso di irrigazione a goccia è opportuno adottare, nei terreni sabbiosi, turni

irrigui giornalieri o a giorni alterni, anche in considerazione delle perdite di acqua

per evapotraspirazione (>5-6 mm. al giorno). Nei terreni argillosi occorre adottare

turni irrigui di 3-4 giorni, per evitare fenomeni di asfissia e di formazione di

crepacciature.

Anche la scelta e la tipologia dell’impianto irriguo è di estrema importanza: la

portata e il numero di gocciolatori per m2 devono consentire una erogazione tale

da ottenere una continuità di volume di terreno bagnato lungo tutta la linea

133

distributrice, inoltre la superficie di terreno umettata deve essere adeguata alle

esigenze della coltura, la distanza tra i gocciolatori sull’ala disperdente può

variare tra 30-40 cm. e 60-80 cm. passando da terreni sabbiosi a terreni argillosi.

Solo in questo modo sarà possibile ottenere una elevata uniformità ed efficienza di

distribuzione dell’acqua e contemporaneamente una efficace fertirrigazione.

Si rilevano elevati valori di perdita dei nutrienti e di inquinamento delle falde che

dipendono da una errata gestione dell’irrigazione e della fertirrigazione associata a

condizioni sfavorevoli idrodinamiche dei suoli, come riscontrato in aree ad alta

intensità agricola della Spagna, dove i livelli di nitrati nelle falde sono stati

superiori a 160 mg/l NO3.

I suoli con caratteristiche più sfavorevoli, quindi più soggetti al rischio di

inquinamento da nitrati, sono i terreni sabbiosi per la limitata capacità di

ritenzione idrica, quelli con falda superficiale (inferiore a 2 m), i terreni con uno

ridotto strato utile (15-20 cm), i terreni con una pendenza elevata e quelli ricchi in

sostanza organica.

L’aumento del numero di fertirrigazioni, a parità di dose di fertilizzante,

determina generalmente un aumento del rendimento. In una prova di pomodoro la

resa è stata maggiore nella sperimentazione con più frequenti fertirrigazioni,

rispetto a 2 o 4 fertirrigazioni: infatti nel caso di più frequenti fertirrigazioni il

contenuto di azoto nella soluzione del terreno è stato meno fluttuante e comunque

superiore a 50 ppm (parti per milione).

Una gestione ottimale della fertirrigazione ha naturalmente influenza anche sulla

qualità della produzione, anche se le differenze tra fertirrigazione e fertilizzazione

tradizionale non sono sempre nette.

L’inquinamento ambientale e la fertirrigazione

Nel codice di buona pratica agricola (CBPA), relativo alla protezione delle acque

dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (Direttiva

CEE 91/676), vengono incoraggiate quelle tecniche con le quali la concimazione

azotata viene effettuata con poco anticipo rispetto ai momenti di fabbisogno

(come in fertirrigazione).

Inoltre viene ribadita l’importanza di praticare la fertirrigazione con metodi irrigui

che assicurino una elevata efficienza distributiva dell’acqua; il fertilizzante non

134

deve essere immesso nell’acqua di irrigazione sin dall’inizio dell’adacquata, ma

preferibilmente dopo aver somministrato circa il 20-25% del volume di

adacquamento; la fertirrigazione dovrebbe completarsi quando è stato

somministrato l’80-90% del volume di adacquamento.

Nel caso di colture a ciclo breve, come la maggior parte di quelle orticole da

foglia, da frutto o da radice (insalate, cavoli, zucchine, ravanelli, ecc.) il momento

di esecuzione della concimazione passa in secondo piano, come misura di

contenimento delle perdite per dilavamento dei nitrati, rispetto al rischio, ben

maggiore, di un eccesso di concimazione azotata molto ricorrente in questo tipo di

colture.

La dose di azoto deve assicurare una adeguata risposta produttiva: si tratta di

stabilire gli obiettivi di produzione, quelli che conciliano al meglio la

remunerazione dei produttori, l’approvvigionamento dei consumatori e la

minimizzazione del rischio ambientale.

Nello stimare i fabbisogni di azoto si deve seguire la linea di prendere come base i

livelli medio-alti di produttività e i conseguenti prelevamenti di azoto da parte

delle colture, quali risultano dalla composizione chimica delle biomasse prodotte.

La metodologia della fertirrigazione

Una razionale applicazione della fertirrigazione richiede di stabilire diversi

parametri (quantità e rapporti fra gli elementi nutritivi, composizione chimica

della soluzione, frequenza degli interventi di fertirrigazione rispetto agli interventi

irrigui).

Possiamo distinguere, fondamentalmente, due metodologie di fertirrigazione:

• Distribuzione di elementi nutritivi continua e proporzionale

all’intervento irriguo: questo metodo ha il vantaggio di essere

estremamente semplice e consente di aumentare la distribuzione dei

fertilizzanti all’aumento della domanda di acqua di irrigazione; estrema

importanza ha la composizione chimica della soluzione, la sua

conducibilità elettrica e la reazione del pH.

• Distribuzione di elementi nutritivi definita e suddivisa per ciascuna

fase fenologica: il fabbisogno della coltura viene stimato attraverso un

bilancio che considera le asportazioni, le immobilizzazioni, le perdite, gli

135

apporti e le disponibilità naturali; quindi viene suddiviso, considerando i

rapporti ottimali fra gli elementi, per ciascuna fase fenologica ottenendo la

quantità da distribuire periodicamente.

Tipologia dei fertilizzanti

Per quanto riguarda i fertilizzanti, ne sono disponibili una vasta gamma, formulati

in forma solida, liquida, a bassa salinità, ecc.

Nella scelta è opportuno considerare, oltre al costo dell’unità fertilizzante, anche

la solubilità dei vari formulati, la compatibilità dei vari prodotti tra di loro ed il

grado di purezza. Qualora la conducibilità elettrica dell’acqua irrigua e/o del

terreno sia elevata è opportuno scegliere prodotti che non aumentino ulteriormente

tale parametro. Nel caso di acque ad elevato pH è opportuno utilizzare prodotti

che determino un abbassamento dello stesso.

E’ importante considerare la solubilità dei vari formulati che cambia notevolmente

a seconda della temperatura dell’acqua nella quale vengono disciolti, per cui è

bene porre particolare attenzione nei periodi primaverile ed autunnale e qualora si

utilizzino fonti idriche profonde. I prodotti impiegati nella fertirrigazione devono

essere completamente solubili in acqua, per evitare occlusioni negli erogatori, e

mobili nel terreno per poter raggiungere facilmente l’apparato radicale.

Quando sono presenti nella stessa soluzione, determinati elementi interagiscono

tra loro per formare altre sostanze. In molti casi, le sostanze che si formano

possono otturare l’impianto di irrigazione.

L’azoto nitrico (nitrato) è soggetto nel suolo a forti lisciviazioni, perciò dovrebbe

essere applicato ad ogni irrigazione alla dose ottimale per la coltura fertirrigata. In

questo modo la salinità del suolo, determinata dagli apporti di fertilizzanti,

avrebbe un andamento costante e non determinerebbe stress per eccessiva

fertilizzazione, o per carenza a causa dei fenomeni di lisciviazione.

L’analisi dell’acqua può contribuire ad identificare dove è probabile che ci possa

essere un problema e, ove necessario, l’acqua deve essere trattata prima

dell’aggiunta del fertilizzante.

In generale, i fertilizzanti che contengono livelli elevati di calcio (Ca) o magnesio

(Mg) non dovrebbero essere mescolati con i fertilizzanti che contengono fosforo

(P) o zolfo (S). La solubilità generale della miscela è fissata solitamente dal

136

componente che ha la solubilità più bassa fra i componenti presenti nella

soluzione.

Sulla base di alcune verifiche condotte presso aziende frutticole ferraresi si ritiene

che ottimi risultati siano ottenibili anche con concimi ordinari, si ritiene pertanto

che l’uso di formulati particolarmente puri e/o a bassa salinità sia giustificato

solamente in condizioni particolari (elevata salinità dell’acqua o del terreno) o per

specifiche esigenze colturali (necessità di far assorbire rapidamente gli elementi

alla coltura).

Metodi di iniezione

L’iniezione dei fertilizzanti nell’acqua di irrigazione può essere fatta in vari modi.

La scelta del sistema e dell’apparecchiatura di iniezione più idonea va fatta

secondo la forma del fertilizzante (solida o liquida), la disponibilità di una fonte di

energia elettrica, il bisogno di portatilità del sistema di iniezione e secondo i

requisiti ed i vincoli della portata necessaria. L’iniezione del fertilizzante

dovrebbe essere fatta preferibilmente prima dei filtri.

Solo gli acidi, dovrebbero essere iniettati a valle per non danneggiare i filtri. In

entrambi i casi, dovrebbe essere impostato un sufficiente lasso di tempo, dopo

l’iniezione del fertilizzante, affinchè l’acqua pulita attraversi tutto l’impianto di

irrigazione, lavando il sistema dai residui. Prima dell’iniezione, è necessario

assicurarsi che l’impianto di irrigazione sia adatto per la fertirrigazione.

Un dispositivo che impedisce l’inversione del flusso dovrebbe essere installato nel

punto più appropriato.

Si elencano di seguito gli apparati di iniezione più comuni.

.

Serbatoio di by-pass a pressione

Un serbatoio, contenente il fertilizzante nella forma solida o liquida, viene

installato in parallelo con una valvola collocata sulla linea di irrigazione. La

chiusura parziale della valvola provocherà una differenza di pressione tra la

valvola ed il serbatoio. L’acqua allora attraverserà il serbatoio, dissolvendo e

trasportando il fertilizzante nell’acqua di irrigazione. Il serbatoio deve essere in

grado di reggere la pressione dell’impianto di irrigazione.

137

Gli svantaggi principali di questo metodo consistono nel fatto che la

concentrazione del fertilizzante nell’acqua di irrigazione non è uniforme

(diminuendo con la durata della fertirrigazione) e che il serbatoio deve essere

riempito di fertilizzante ogni volta. E’ un sistema adatto per piccoli impianti,

senza una fonte di energia e che necessitano di un apparato portatile.

Iniettore Venturi

Usando il principio Venturi (che limita la sezione trasversale del flusso) per

generare una aspirazione, la soluzione fertilizzante viene risucchiata e veicolata

nel flusso dell’acqua di irrigazione. La costruzione del dispositivo è semplice ed i

costi d’acquisto sono relativamente bassi. Poiché il dispositivo è molto sensibile

alle variazioni di pressione, dovrebbe essere impiegato solo nelle situazioni in cui

le condizioni di funzionamento dell’impianto sono conosciute e stabili.

Pompe

Le pompe iniettano la soluzione del fertilizzante aspirandola da un serbatoio

aperto (non a pressione) ed iniettandolo nell’acqua di irrigazione con una

pressione più elevata rispetto alla prevalenza nel punto di innesto.

L’uso delle pompe permette una gestione completa dei quantitativi e della

temporizzazione del fertilizzante. Sono adatte sia per il funzionamento manuale

che l’automazione più avanzata. Le pompe sono disponibili in una vasta gamma

di principi di funzionamento ed alimentazione.

• Le pompe azionate dalla pressione dell’acqua sono appunto alimentate

dalla pressione esercitata dall’acqua su un pistone od un diaframma. La

quantità iniettata dalla pompa è proporzionale alla pressione, ma può

essere regolata dall’utente. Nella maggior parte dei modelli, l’acqua

impiegata per il funzionamento viene espulsa dall’impianto ma

bisognerebbe prendere in considerazione un suo recupero. Il vantaggio

più importante è che l’iniezione del prodotto cessa quando si arresta il

flusso dell’acqua.

• Le pompe con motore a scoppio sono un sistema molto potente di

iniezione. Solitamente viene utilizzato il motore di un trattore per

alimentare l’iniettore, che aspira da un grande serbatoio portatile. Il

funzionamento di tale dispositivo ha bisogno della presenza dell’operatore

138

ed inoltre deve essere regolato il tasso di iniezione. Utilizzando un

dispositivo di misurazione collegato all’iniettore è possibile controllare la

quantità del volume di soluzione iniettata.

• Le pompe con motore elettrico sono disponibili in una vasta gamma di

portate e capacità. Questo tipo di pompa è la più adatta per l’automazione

di impianti fissi (come per le serre o i pozzi) poiché la sua limitazione è la

disponibilità di una sorgente di energia elettrica.

Sistemi di filtrazione

La filtrazione è un trattamento meccanico delle acque, realizzato per proteggere

l’impianto di irrigazione da otturazioni o da usura eccessiva, che viene progettato

per separare le particelle solide (sospese solitamente) maggiori di una dimensione

stabilita. Il meccanismo di filtrazione deve essere selezionato e regolato secondo

l’impianto di irrigazione, le caratteristiche dell’acqua e, nel caso di fertirrigazione,

la presenza di particelle solide, dovute all’incorporazione del fertilizzante.

Idrociclone (separatore centrifugo)

L’acqua viene iniettata in un cono rovesciato attraverso un ingresso tangenziale.

La separazione cinetica viene effettuata dalla forza centrifuga che spinge le

particelle solide (con peso specifico maggiore dell’acqua) verso la parete del

cono. Scorrendo dalla sommità fino alla parte inferiore del cono, lungo le pareti

(per la forza di gravità), i solidi vengono raccolti in un serbatoio separato mentre

l’acqua pulita viene espulsa attraverso una bocca nella parte superiore del cono.

I filtri idrociclone sono i più adatti per la separazione della sabbia.

Filtri a schermo

L’acqua di irrigazione passa attraverso uno schermo di metallo o di plastica che

crea una zona di filtrazione. Lo schermo è sostenuto da un corpo rigido per

compensare la pressione sviluppata anche dall’accumulo dello sporco. Questo tipo

di filtro è solitamente meno costoso di altri sistemi di filtrazione. I semplici filtri a

schermo hanno un uso limitato alla filtrazione di bassi livelli di contaminazione da

particelle di ossidi di ferro e magnesio oppure come controllo dei filtri

139

idrociclone. I sistemi automatici di lavaggio incorporati nei filtri a schermo

aumentano la capacità di filtrazione, anche se innalzano pure il costo.

Filtri a materiale

Il processo di filtrazione avviene facendo passare l’acqua di irrigazione attraverso

uno spesso strato di particelle calibrate (ghiaietto). La finezza di filtrazione

dipende dal formato delle particelle e dalla velocità di flusso dell’acqua attraverso

il filtro. La pulizia dei filtri viene effettuata lavandoli con un flusso contrario di

acqua pulita o filtrata. I filtri a materiale sono adatti per la filtrazione dei solidi in

sospensione (limo) così come dell’acqua che contiene livelli elevati di materiale

organico (alghe) o ferro e magnesio ossidati.

Filtri a disco

Formati da un insieme di dischi scanalati, compressi lungo un asse, questa

versione elaborata dei filtri a schermo aggiunge la dimensione “profondità” alla

zona filtrante e quindi aumenta considerevolmente la sua capacità rispetto a quelli

a schermo.

I filtri a disco possono essere usati per filtrare bassi livelli di contaminazione da

alghe o da particelle di ossidi di ferro e magnesio e come filtro di controllo per

altri sistemi di filtrazione, escluso l’idrociclone. L’installazione di sistemi di

lavaggio automatico aumenta le capacità operative dei filtri.

Strumenti di controllo

I principali strumenti di controllo, relativi ad un impianto irriguo tramite il quale

si applichi la fertirrigazione, sono quelli descritti nel seguito.

Valvola di non ritorno

Quando si incorporano i fertilizzanti nell’irrigazione, c’è sempre il pericolo di

riflusso all’indietro dei fertilizzanti nella sorgente d’acqua. L’installazione di un

dispositivo di non ritorno, a monte del punto di iniezione, è raccomandata e in

alcuni casi obbligatoria, secondo i regolamenti vigenti del luogo.

140

Valvola di rilascio del vuoto (sull’iniezione)

Quando l’impianto di irrigazione si spegne, l’acqua restante nei tubi defluisce

attraverso gli ugelli, generando una depressione (vuoto) nel sistema.

Ciò può provocare una aspirazione del fertilizzante dal serbatoio che potrebbe

causare effetti nocivi sulle colture, quando la soluzione concentrata di fertilizzante

viene distribuita. L’installazione di una valvola di rilascio del vuoto, sul tubo

dell’unità di iniezione, può impedire tali gravi problemi. La valvola deve essere

situata più in alto del livello della soluzione fertilizzante nel serbatoio.

Automazione

Il funzionamento programmato dell’impianto di irrigazione e del processo di

fertirrigazione può essere attuato dall’utente con un sistema centralizzato facile e

pratico. E’ importante che sia dotato di un allarme che avvisa il personale in caso

di malfunzionamento. L’installazione di dispositivi di telecomando permette il

controllo esterno dei vari sistemi. Possono essere installati dispositivi di controllo

e di misura dei volumi, dei tempi o delle pressioni (come nel caso di lavaggio

automatico dei filtri), con differenti livelli di indipendenza e di complessità

secondo il bisogno.

Manutenzione

Di seguito si elencano le specifiche per la manutenzione dei principali apparati

costituenti un impianto irriguo al quale è associata la pratica della fertirrigazione:

• i serbatoi devono essere sciacquati e puliti alla fine di ogni ciclo di

fertirrigazione;

• le valvole del serbatoio devono essere pulite e controllate per vedere se ci

sono perdite;

• i dispositivi e gli apparati di iniezione devono essere controllati affinchè

non vi siano perdite e siano iniettati i quantitativi esatti;

• occorre verificare la perdita di pressione dovuta all’accumulo di materiale

nei filtri affinchè rientri nei limiti dati dal fornitore;

• i filtri devono essere periodicamente puliti tramite flusso inverso d’acqua

pulita affinchè non diminuisca la capacità di filtrazione;

141

• sono necessarie misure di pressione alla testa dell’impianto d’irrigazione

ed alle ali terminali per controllare le perdite di carico;

• sono necessarie misure di portata per controllare che questa rimanga al di

sotto del 10% di perdita della portata di progetto; una diminuzione

eccessiva è sintomo di un processo di otturazione;

• è necessario effettuare il lavaggio delle tubazioni, seguendo il senso del

flusso, almeno 2 volte l’anno (uno durante la stagione irrigua, uno alla fine

di questa) per eliminare i materiali che sedimentano alle estremità delle

linee di irrigazione;

• per eliminare le incrostazioni saline al livello degli ugelli è necessario un

trattamento con acido; si ottiene il massimo rendimento dal trattamento

solo se viene fatto quando il processo d’incrostazione è all’inizio;

Qualità dell’acqua irrigua

Per una fertirrigazione ottimale, grande attenzione deve essere posta alla qualità

dell’acqua in funzione principalmente della tipologia di impianto di

fertirrigazione.

La fertirrigazione a goccia richiede la più elevata qualità dell’acqua, priva di solidi

sospesi e di microrganismi che possono intasare i piccoli fori dei gocciolatori, e

richiede anche l’impiego di fertilizzanti perfettamente solubili.

La precipitazione di fertilizzanti nel sistema irriguo costituisce un serio problema

se si supera la solubilità di un elemento fertilizzante; questo problema si verifica

spesso quando la concentrazione del calcio o del magnesio supera 100 ppm.

Se è presente un’elevata concentrazione di sali nell’acqua irrigua, se ne deve

tenere conto per evitare danni a colture particolarmente sensibili alla salinità; in

queste condizioni la distribuzione dei fertilizzanti deve essere frazionata in tutti

gli interventi irrigui allo scopo di rendere minimo l’incremento della conducibilità

dell’acqua irrigua per effetto dei fertilizzanti disciolti.

In presenza di elementi tossici per colture sensibili (boro, cloro, sodio) nell’acqua

irrigua si debbono scegliere fertilizzanti che ne sono privi.

142

Alcune norme pratiche

Si riportano di seguito alcune considerazioni e norme pratiche da seguire nella

fertirrigazione applicata su colture orticole con irrigazione a goccia:

• conoscere le esigenze nutrizionali della coltura in termini di nutrienti;

• soddisfare le esigenze idriche della coltura senza eccessi (dilavamento) né

carenze;

• conoscere le caratteristiche idrologiche ed analitiche del terreno per tarare

gli apporti nutritivi;

• conoscere le caratteristiche dell’acqua di irrigazione (conducibilità, pH);

• l’apporto di elementi fertilizzanti va ridotto di circa il 30% rispetto alle

quantità indicate per il pieno campo;

• la frequenza degli interventi di fertirrigazione nei suoli sabbiosi, almeno

per quanto riguarda l’azoto, dovrebbe coincidere con l’intervento di

irrigazione a goccia;

• nei suoli di medio impasto la fertirrigazione può essere praticata con

frequenza pari ad 1/2 di quella dell’irrigazione a goccia;

• nei suoli argillosi la fertirrigazione può essere praticata con frequenza pari

ad 1/3 di quella dell’irrigazione a goccia;

• conoscere la profondità delle radici ed il contenuto di umidità del terreno

al momento dell’irrigazione;

• non distribuire volumi di adacquamento maggiori di quelli necessari a

portare alla capacità idrica di campo il volume di terreno esplorato dalle

radici;

• immettere il fertilizzante nell’acqua di irrigazione dopo aver

somministrato circa il 20-25% del volume di adacquamento;

• completare la fertirrigazione quando è stato somministrato l’80-90% del

volume di adacquamento;

• nei terreni sabbiosi adottare turni irrigui giornalieri o a giorni alterni,

anche in considerazione delle perdite di acqua per evapotraspirazione (>5-

6 mm. al giorno);

• nei terreni argillosi adottare turni irrigui di 3-4 giorni per evitare fenomeni

di asfissia e di formazione di crepacciature;

143

• la portata e il numero di gocciolatori devono bagnare in maniera continua

il terreno lungo tutta la linea distributrice;

• la distanza tra i gocciolatori sull’ala disperdente può variare tra 30-40 cm e

60-80 cm passando da terreni sabbiosi a quelli argillosi;

• impiegare fertilizzanti solubili per evitare possibili ostruzioni dei

gocciolatori;

• apportare pochi sali soprattutto quando si utilizza acqua salata;

• mantenere il pH della soluzione fertilizzante fra 5 e 6;

• non apportare contemporaneamente fertilizzanti che contengono calcio e/o

magnesio con altri che contengono zolfo o fosforo;

• l’impiego di fertilizzanti a reazione acida riduce la possibilità di ostruzione

dei gocciolatori, rendendo più assimilabili i microelementi presenti nel

suolo.

A seguire si trattano le tecniche irrigue alla quali è possibile associare la

fertirrigazione.

144

4.2.2.2 La microirrigazione o irrigazione a goccia

Uno degli obiettivi più attuali nella tecnica irrigua consiste nel mantenere un

contenuto di umidità nel terreno tale da favorire l’assorbimento dell’acqua in

modo continuativo da parte delle radici. L’apparato radicale non deve così

sopportare situazioni di scarsità alternate ad eccessi idrici.

A questo fine si ispira la microirrigazione, detta anche a goccia o ad infiltrazione

localizzata in pressione: si tratta di un sistema per far sì che l’acqua,

somministrata a piccoli volumi, bagni ad intervalli di tempo ravvicinati soltanto la

porzione di terreno vicino alle radici.

Il contenuto di umidità pressochè costante nel terreno esplorato dalle radici è

garantito dalla elevata frequenza delle somministrazioni.

I vantaggi del sistema

I vantaggi dei sistemi microirrigui possono essere così sintetizzati:

• minore sviluppo delle colture infestanti;

• assenza di dilavamento delle foglie;

• indifferenza al vento;

• localizzazione dell’acqua in prossimità della zona radicale della coltura;

• indifferenza ad alta temperatura dell’aria;

• riduzione delle perdite di acqua per evaporazione;

• possibilità di fertirrigazione;

• possibilità di impiego di acque reflue (associata alla tecnica della

fertirrigazione);

• costo di esercizio contenuto grazie alle basse pressioni richieste e alle

basse portate orarie;

• elevata uniformità di distribuzione dell’acqua;

• possibilità di automatizzare l’impianto;

• migliore difesa antiparassitaria grazie alla possibilità di entrare in campo

con macchine anche durante la fase irrigua;

• mantenimento del terreno sempre al giusto grado di umidità;

• possibilità di utilizzo di fonti idriche di modesta portata.

145

Il risparmio del sistema a goccia è evidente: a piccoli volumi corrispondono

modeste portate e pressioni d’esercizio ridotte, il che significa consumo di basse

quantità d’acqua e d’energia.

I sistemi a goccia, che prevedono pressioni di funzionamento molto basse (tra 1 e

2 bar), economizzano il consumo d’acqua con portate che difficilmente superano i

10 decimetri cubi all’ora. I punti di erogazione dell’acqua sono localizzati in

modo che sia massimo l’assorbimento da parte dell’apparato radicale della

coltura.

In questo modo è garantito il risparmio d’acqua perché una minore massa di

terreno da inumidire si traduce in minori volumi d’adacquamento.

Con questo sistema il fabbisogno idrico della coltura, ovvero il volume stagionale

d’acqua richiesto per potersi sviluppare nelle migliori condizioni, resta

pienamente soddisfatto, ma senza sprechi.

La microirrigazione viene normalmente adottata per frutteti, vigneti e colture

ortive. Permette di sfruttare anche acque salmastre, che, se a contatto diretto con

le foglie delle piante, procurerebbero bruciature.

Grazie ai volumi d’acqua richiesti piuttosto contenuti, questo sistema consente di

sfruttare anche semplici pozzi. Permette inoltre d’irrigare in presenza di vento,

caratteristica di non trascurabile importanza in particolari condizioni climatiche.

Con le tubazioni interrate è infine possibile eseguire le operazioni colturali

necessarie tra i filari e immettervi fertilizzanti, per ottenere irrigazione e

concimazione combinate.

Somministrando la stessa quantità di acqua, l’irrigazione a goccia copre circa il

46% in più di volume di terreno umidificato rispetto al sistema in superficie.

Questo non solo lascia più spazio per una maggiore aerazione ma anche, non

raggiungendo mai il punto di saturazione del terreno, favorisce il movimento

dell’acqua per capillarità e diminuisce le perdite della stessa per percolazione.

Gli svantaggi del sistema

D’altra parte la microirrigazione presenta anche alcuni limiti così sintetizzabili:

• possibilità di occlusione dei gocciolatori per la presenza di solidi in

sospensione o deposito di sostanze organiche o minerali, con conseguente

necessità di un accurato sistema di filtraggio;

• costi di impianto spesso elevati;

146

• richiesta di picchi di manodopera nella fase di impianto e disinstallazione

dello stesso.

Le tubazioni di piccolo calibro e gli erogatori utilizzati con questo sistema

possono facilmente intasarsi e richiedono perciò apparati di filtraggio.

In base al tipo di terreno, se più argilloso o più sabbioso, occorre studiare per la

singola situazione la posizione ed il numero più adatto di erogatori.

Anche la qualità dell’acqua può essere limitante per l’adozione di questo sistema,

specie se contiene delle particelle solide sospese che oltrepassano i filtri o

sostanze disciolte corrosive nei confronti delle varie parti dell’impianto.

Il metodo microirriguo esclude inoltre la possibilità di distribuire antiparassitari

sulla parte aerea delle colture o di ricorrere all’irrigazione antigelo o

climatizzante.

Apparati costituenti l’impianto microirriguo

L’impianto microirriguo risulta sostanzialmente costituito da: stazione di

pompaggio, dispositivi di filtraggio, eventuali sistemi per la fertirrigazione,

condotta principale e derivazioni per le condotte secondarie (manichette, ali

gocciolanti) dotate di dispositivi per l’erogazione dell’acqua (gocciolatori,

microirrigatori).

Stazione di pompaggio

Uno dei principali vantaggi legati all’impiego della microirrigazione è

rappresentato dalla bassa pressione di esercizio, che non rende necessarie pompe

ad elevata prevalenza, come invece spesso accade negli impianti per aspersione.

Rimane comunque un elemento da non trascurare l’elevata portata necessaria

qualora si voglia intervenire su più appezzamenti simultaneamente.

In alcuni casi possono essere utilizzate con successo pompe caratterizzate da

elevata portata e ridotta prevalenza, interessanti anche sotto il profilo economico.

Considerando le perdite di carico della condotta principale e del dispositivo di

filtraggio, il gruppo pompante deve garantire una pressione di circa 1-1,5 bar

all’ingresso della condotta secondaria (ala microirrigua); ciò permette, anche nei

casi più sfavorevoli, di partire con pressioni generalmente inferiori a 4-5 bar.

147

Condotte principali, secondarie ed erogatori

I due tipi di elementi che maggiormente caratterizzano un impianto microirriguo

sono: le condotte per il trasporto dell’acqua, che terminano con le cosiddette ali

gocciolanti, ovvero le appendici su cui sono inseriti gli erogatori o microerogatori,

che distribuiscono l’acqua.

Le condotte sono sempre in materiale plastico (PVC o polietilene ad alta o bassa

densità) che è economico, flessibile, elastico e garantisce la migliore resistenza

alle aggressioni chimiche.

Le ali gocciolanti si classificano in pesanti e leggere secondo lo spessore e,

quindi, la durata richiesta alla linea, ed in autocompensanti e non, secondo gli

accorgimenti adottati per ridurre le perdite di carico e garantire sufficiente

omogeneità di distribuzione al variare della pressione.

Gli erogatori, fabbricati in materiale plastico, hanno la funzione di far fuoriuscire

l’acqua in pressione che circola nelle tubazioni. La messa in pressione dell’acqua

avviene grazie all’apparato pompante dell’impianto, un’elettropompa o una

motopompa a scoppio.

I tipi più comuni di erogatori sono dei semplici fori da cui l’acqua esce come uno

zampillo: all’aumentare della pressione nel tubo aumenta la portata.

I tipi cosiddetti autocompensanti mantengono invece inalterata la portata grazie a

particolari meccanismi di compensazione delle variazioni della pressione interna.

La portata di ciascun erogatore è molto bassa: da 4 litri per ora, quando si usa una

bassa pressione di erogazione, a 10 litri per ora, per alte pressioni. Il buon

funzionamento degli erogatori dipende dall’efficienza del sistema filtrante a

monte, che occorre tenere pulito e che richiede una assidua manutenzione.

Un indice molto importante che caratterizza la qualità degli erogatori è il

coefficiente di variazione (CV) della portata nominale (Qn). Il coefficiente di

variazione esprime, in percentuale, lo scostamento delle portate dei singoli

erogatori dalla portata media del campione.

Il tipo di terreno, più sabbioso o più argilloso, deve essere considerato quando si

progetta l’impianto, soprattutto per quanto riguarda il numero e la posizione degli

erogatori: se sono troppo pochi, alla pianta non viene fornita la giusta quantità

d’acqua e il risultato produttivo è scarso; se sono troppi, aumentano i costi.

148

Sistema di filtraggio

Relativamente alla scelta del sistema di filtraggio, il primo elemento da prendere

in considerazione è la qualità dell’acqua, sostanzialmente legata alla fonte di

approvvigionamento.

I filtri disponibili si differenziano in base alle dimensioni e alla portata oraria.

I valori forniti dai costruttori devono comunque essere opportunamente valutati in

quanto dipendenti dal grado di pulizia dell’acqua in ingresso, che influenza anche

la frequenza di lavaggio e manutenzione del sistema filtrante.

In base alle caratteristiche specifiche legate al tipo di impurità presenti, la scelta

può ricadere su filtri a schermo, a materiale, a dischi oppure a idrociclone.

Nel caso di pompaggio da condotte interrate con un buon grado di pulizia

dell’acqua può essere sufficiente anche un unico filtro a schermo con capacità

filtrante adeguata alla portata necessaria all’impianto.

Se si attinge da canali a cielo aperto o da bacini di raccolta caratterizzati da

elevata presenza in acqua di frazioni organiche (alghe, particelle vegetali, ecc.)

può essere necessario l’impiego di filtri a materiale, singoli od in batteria, sempre

dimensionati sulla base della portata necessaria, costituiti da un serbatoio di

acciaio zincato o inox, eventualmente abbinati ad un secondo filtro a schermo o

dischi per trattenere l’eventuale impurità residua.

I filtri a dischi presentano dei dischetti in materiale plastico con superfici esterne

scabrose e sono disponibili con diverso indice di filtraggio; il principale vantaggio

è rappresentato dall’elevata superficie filtrante che viene a crearsi in volumi

generali del filtro complessivamente ridotti.

Per l’attingimento da pozzi o fonti caratterizzati da elevata frazione solida (sabbia,

silice, ecc.) può essere necessario il ricorso a filtri tipo idrociclone, capaci di

separare, accumulandole alla base, le particelle solide disperse per effetto

centrifugo generato dalla velocità di transito dell’acqua.

L’eventuale presenza di più tipologie di impurità richiederà abbinamenti diversi e

specifici per garantire la perfetta pulizia dell’acqua in uscita, onde non

compromettere, spesso irrimediabilmente, l’efficienza dell’impianto.

149

Dimensionamento, progettazione e controllo

Nella realizzazione di impianti microirrigui è proprio l’omogeneità di

distribuzione il parametro principale del dimensionamento che, in funzione della

lunghezza dell’appezzamento, determinerà la portata necessaria e quindi la

tipologia di ala più indicata per l’impianto. Indicativamente possono considerarsi

accettabili portate di 4-5 litri all’ora per metro di lunghezza per appezzamenti di

100-150 metri, riducibili a 3-4 litri all’ora aumentando a 200-250 metri, fino a

1,5-2 litri all’ora approssimandosi a 300 metri.

Una volta definita la tipologia di ala e, quindi, la portata lineare, sarà la superficie

dell’appezzamento che determinerà la portata totale dell’impianto responsabile del

dimensionamento del gruppo di pompaggio e di filtraggio, precisando che in

determinate condizioni può risultare economicamente conveniente rinunciare

all’irrigazione simultanea di tutto l’appezzamento preferendo due o più turni

irrigui.

Quando si fa un progetto di un impianto microirriguo, occorre inoltre considerare

le caratteristiche del clima e le necessità di acqua delle singole colture.

Il computer trova applicazione in questo sistema d’irrigazione per il controllo del

funzionamento dell’impianto, con possibilità di avvertire le anomalie e stabilire i

relativi programmi di allarme e soccorso; può inoltre acquisire ed elaborare i dati

relativi all’informazione ambientale, per predisporre una risposta automatica

all’irrigazione.

L’acqua per la microirrigazione

Gli erogatori, per le loro piccole dimensioni, hanno vie di passaggio per l’acqua

molto ridotte. L’acqua da utilizzare deve essere di buona qualità, senza particelle

solide o elementi disciolti, dannosi per l’impianto. La qualità dell’acqua è perciò

un elemento molto importante per questo tipo d’impianto: per meglio definirla

può essere necessario ricorrere all’analisi di laboratorio per poi valutare, con i dati

alla mano, l’economicità degli eventuali trattamenti cui sottoporla per renderla

idonea all’uso.

In ogni caso è sempre necessario il trattamento fisico di filtraggio per trattenere le

impurità e mantenere efficiente tutto l’impianto.

Se nell’acqua ci sono sostanze in soluzione si ricorre al trattamento chimico, che

consiste nell’aggiunta di cloro o acido all’interno delle tubazioni.

150

4.2.2.3 Il sistema per aspersione o a pioggia

Con il sistema per aspersione l’acqua d'irrigazione cade sul terreno e sulle colture

sotto forma di piccole goccioline: per questo motivo viene anche detto irrigazione

a pioggia.

Vantaggi del sistema

E’ un sistema che ha trovato largo uso nell’agricoltura tradizionale perché

presenta numerosi vantaggi:

• è adottabile su tutti i tipi di terreno e non richiede sistemazioni preliminari

del terreno;

• permette di economizzare i volumi d’adacquamento, perchè si possono

ripartire con maggiore regolarità rispetto ad altri sistemi;

• la manodopera necessaria è limitata, specie nel caso di impianti fissi,

perchè l’impianto è agevolmente automatizzabile.

Svantaggi del sistema

Per contro, presenta alcuni svantaggi:

• prevede un elevato investimento iniziale per la messa in opera (come per

la microirrigazione);

• richiede una costante manutenzione e un notevole dispendio energetico per

il funzionamento;

• l’efficacia dell’irrigazione per aspersione è fortemente condizionata dalla

presenza di vento, che influisce sulla regolarità della distribuzione;

• nel caso in cui l’acqua sia suddivisa troppo finemente, si possono

verificare ingenti perdite per evaporazione.

Apparati costituenti l’impianto d’irrigazione a pioggia

A monte dell’impianto c’è il gruppo motore/pompa che deve portare ad una

pressione adeguata l’acqua per irrigare. Da qui l’acqua passa nelle condotte in

pressione, di materiali diversi, che possono essere sistemate sul terreno in modo

fisso, mobile o misto.

151

Nel primo caso sono in genere interrate, mentre le mobili vengono posate sul

terreno e facilmente montate e smontate grazie a giunti rapidi.

Gli elementi terminali del sistema sono gli irroratori o irrigatori: questi hanno il

compito di spruzzare l’acqua in modo uniforme, rendendo minima l’azione

battente delle gocce sul terreno o sulle colture. L’intensità di erogazione deve

essere regolata in modo che non si formino ristagni sul terreno e che l’acqua

venga assorbita gradualmente.

I modelli più utilizzati sono di due tipi: gli statici, usati in giardini, vivai e

impianti sportivi, e i rotativi, molto diffusi nelle colture di pieno campo.

Gli irrigatori si distinguono in base all’intensità di pioggia (i millimetri di acqua

che cadono sull’area circolare bagnata dall’irrigatore nell'unità di tempo) che sono

in grado di fornire: lentissima (circa 3 mm/ora), lenta (5 mm/ora), media (5-10

mm/ora), alta (oltre 10 mm/ora).

Per facilitare l’uso del sistema per aspersione sulle ampie superfici si sono ideate

diverse soluzioni, come gli irrigatori montati su ali piovane (tipi speciali di

tubazioni), che possono essere trainate o essere semoventi.

Tra i sistemi che hanno più successo ci sono quelli autoavvolgenti, in cui

l’irrigatore è montato su un carrello e attaccato ad un tubo che lo alimenta. Il tubo,

che all’inizio dell’operazione è avvolto su di una grossa bobina, si srotola mentre

il carrello è trasportato lontano dalla bobina. Quando incomincia a funzionare, una

pompa spinge l’acqua nel tubo e contemporaneamente il carrello si muove

affinchè il tubo di alimentazione venga lentamente riavvolto sulla bobina.

Le soluzioni più moderne sono meccaniche e automatizzate, di tipo semovente,

dotate quindi di motore autonomo. Nei sistemi center pivot (perno centrale),

destinati a grandissime superfici, la tubazione è lunga anche 500 metri e ruota

intorno al punto di alimentazione dell’acqua. Gli erogatori sono mantenuti a

qualche metro da terra grazie ad appositi supporti, simili a tralicci, che si

muovono su carrelli con ruote.

Sempre con un tubazione rigida funziona il sistema rainger, in cui il movimento

dei tralicci avviene in senso frontale. Diversamente dal precedente, l’area irrigata

ha forma rettangolare e non circolare.

Questi impianti possono essere dotati di valvole programmate e di programmatori

d’irrigazione, per ridurre ulteriormente l’intervento della manodopera.

152

Ancora per aspersione funzionano i moderni impianti cosiddetti sottochioma per

frutteti, che comprendono una parte interrata, mentre l’altra è costituita da

spruzzatori a 100-150 cm di altezza.

L’aspersione soprachioma viene invece utilizzata quasi unicamente nelle zone

frutticole del nord Italia, per permettere l’irrigazione antibrina.

4.2.2.4 La subirrigazione

La subirrigazione, oltre ad essere una tecnica irrigua, è anche un sistema di

smaltimento dei liquami (acque reflue provenienti da scarichi civili o zootecnici)

nel terreno, adatto per insediamenti di piccole dimensioni.

Viene eseguita tramite dispersione artificiale delle acque o del liquame

chiarificato al di sotto della superficie del suolo, evitando così il problema dei

cattivi odori ed i pericoli igienici; viene realizzata con una rete di piccoli condotti

sotterranei, detti reticoli disperdenti, lievemente inclinati e la cui lunghezza è

funzione della permeabilità del terreno. Questi introdotti nel terreno (permeabile o

poco permeabile), favoriscono la dispersione delle acque senza che sia necessario

modellare in modo speciale la superficie del suolo sovrastante.

Questo metodo irriguo consente, tramite le ali gocciolanti interrate, la precisa

distribuzione del liquame oppure dell’acqua, dei fertilizzanti e di altri fitofarmaci,

direttamente nella zona esplorata dall’apparato radicale delle piante, riducendo le

quantità dei prodotti utilizzati con la conseguente riduzione dei costi. Ciò permette

agli utilizzatori di ottimizzare le condizioni ambientali di crescita delle colture che

comporteranno una maggiore resa, non solo in termini quantitativi ma anche

qualitativi.

Un impianto di subirrigazione distribuisce efficientemente l’acqua ad una

profondità che varia dai 10 ai 75 cm, creando uno strato di terreno umidificato

continuo lungo i filari delle piante. La profondità alla quale verranno installate le

ali gocciolanti sarà determinata dalla tessitura del terreno e dallo sviluppo

dell’apparato radicale delle colture.

153

Interventi irrigui frequenti (più volte al giorno), senza mai raggiungere il punto di

saturazione del terreno, favoriscono il movimento dell’acqua per l’azione

capillare, eliminando il ristagno d’acqua in superficie e le perdite per

percolazione.

Il principale limite all’applicazione di questo metodo irriguo è dovuto alla

possibilità di intrusione delle radici negli erogatori, che vengono così otturati

impedendo l’uscita dell’acqua.

I vantaggi associati all’utilizzo di questa pratica sono i seguenti:

• maggiore resa: l’acqua ed i nutrienti, distribuiti direttamente in prossimità

dell’apparato radicale, favoriscono la crescita in salute delle piante e

riducono lo stress delle stesse;

• migliore qualità del raccolto: sia il terreno sia il fogliame vengono

mantenuti asciutti riducendo in tal modo le malattie fungine, favorite

specialmente dall’irrigazione in superficie, inoltre si eliminano le macchie

sui frutti e sulle foglie spesso causate dall’irrigazione sopra chioma;

• sicura ed efficiente distribuzione di fertilizzanti, insetticidi e

fitofarmaci: i prodotti chimici arrivano direttamente all’apparato radicale

delle piante diminuendo le quantità utilizzate e riducendo al minimo

l’inquinamento ambientale;

• minore sviluppo di erbe infestanti: la superficie del terreno asciutta

riduce la germinazione di erbe infestanti;

• migliore aerazione del terreno: le particelle più piccole del terreno non

sono dilavate, diminuendo così la compattazione dello stesso e favorendo

la crescita delle radici;

• superficie del terreno asciutta: con la superficie del terreno asciutta i

lavori colturali e la raccolta possono essere effettuati anche mentre

l’irrigazione è in atto;

• maggior durata dell’impianto: i gocciolatori a flusso turbolento e le

tubazioni vengono fabbricati con materie prime di elevata qualità che

garantiscono una lunga durata. Il sistema irriguo, quando è interrato, viene

protetto dai danni causati dai raggi ultravioletti, dalle fluttuazioni termiche

e da quelli dovuti ai lavori colturali;

154

• sostanziale risparmio d’acqua: lo spreco d’acqua dovuto

all’evaporazione, alla foschia, allo scorrimento superficiale viene

eliminato;

• minore quantità di sali: meno acqua implica la minore presenza di sali

nel terreno e nelle falde;

• minor costo di manutenzione: l’impianto viene interrato definitivamente

e non richiede ulteriori manipolazioni;

• risparmio di manodopera: la più facile distribuzione dei fertilizzanti, la

presenza di meno erbe infestanti, il miglior controllo delle malattie e la

minor manutenzione implicano meno manodopera impiegata.

Apparati costituenti l’impianto di subirrigazione: il sistema di subirrigazione è

composto dagli stessi elementi di un normale impianto a goccia di superficie,

cioè: la stazione di pompaggio, l’eventuale sistema di trattamento dell’acqua,

l’iniettore di fertilizzanti e fitofarmaci, le valvole di scarico e il gruppo comandi

con controllo sia manuale che automatizzato.

Nel caso in cui l’alimentazione del sistema sia costituita da liquame

(particolarmente adatto è l’effluente del lagunaggio), questo deve essere grigliato,

decantato e distribuito con sistemi a cacciata per evitare depositi lungo le condotte

e garantire l’efflusso anche nei punti più lontani.

155

4.2.3 ITALIA - APPLICAZIONE DI UN IMPIANTO DI IRRIGAZIONE A

GOCCIA ALIMENTATO CON ENERGIA FOTOVOLTAICA IN EMILIA

ROMAGNA

Con questa esperienza si abbina il risparmio energetico conseguibile con

l’impiego dell’energia rinnovabile fotovoltaica, con il risparmio idrico

determinato dall’impiego dell’irrigazione a goccia.

Le esperienze condotte dal CER (Consorzio di Bonifica di secondo grado per il

Canale Emiliano Romagnolo) da alcuni anni hanno verificato che l’abbinamento

delle due tecnologie si sposa ottimamente sia per soddisfare le esigenze di

risparmio idrico ed energetico, sia per fornire energia agli impianti irrigui,

automatizzando ed adeguando le irrigazioni alle esigenze climatiche, con volumi

idonei ad un uso sostenibile dell’acqua.

Quest’ultima capacità deriva dal fatto che, sia la pianta sia i pannelli fotovoltaici

funzionano in relazione alla radiazione solare che intercettano.

L’evapotraspirazione della coltura è fortemente correlata alla radiazione solare:

per tale motivo esiste una relazione tra quantità di energia intercettata dai pannelli

solari e convertita in energia elettrica (che tramite un elettropompa viene a sua

volta convertita in quantità d’acqua fornita alla coltura) e fabbisogno idrico della

pianta.

Per dare la massima aderenza tra energia elettrica fornita dai pannelli fotovoltaici

ed esigenze idriche della pianta, il sistema studiato in una precedente fase di

ricerca ha eliminato l’accumulo energetico in batterie (costose ed oggetto di

continue manutenzioni), fornendo elettricità direttamente all’elettropompa.

In sintesi, un sistema irriguo fotovoltaico a goccia (SOLARDRIP) adeguatamente

dimensionato, può permettere di dare una minore quantità di acqua alle colture nei

periodi dell’anno con giornate corte (o nelle giornate estive ma con copertura

nuvolosa) e viceversa una maggiore quantità d’acqua in quelle lunghe e molto

soleggiate, nelle quali la domanda evapotraspirativa, quindi l’esigenza idrica della

pianta, è alta.

Precedenti esperienze del CER hanno permesso di rilevare che, orientativamente,

per soddisfare le esigenze idriche sostenibili delle colture da frutto in Emilia-

Romagna, occorrono i volumi idrici (l/m2) e le superfici di pannelli solari indicate

nella tabella seguente.

156

mm Necessità idriche litri/m2 Necessità irrigue litri/m2

Mese Piogge Melo Pesco Kiwi Vite Melo Pesco Kiwi Vite

Maggio 60 49 45 58 49 - - - -

Giugno 56 95 82 113 76 39 26 57 20

Luglio

(punta)

34 124 109 167 87 90 75 133 43

Agosto 33 111 98 150 76 78 65 117 43

Settembre 78 74 - - 29 -

Superficie (m2) pannelli solari necessari per

ettaro di coltura >

7,91 6,59 11,69 7,56

La stima evidenzia superfici non eccessive se l’acqua si trova già in superficie;

dovranno essere previste superfici maggiori in caso di sollevamento dell’acqua da

un pozzo ed in caso di tubazioni di trasporto idrico con elevate perdite di carico.

Il pescheto solare presso l’azienda Martorano 5 di Cesena

L’impianto dimostrativo SOLARDRIP è stato montato su un pescheto della

cultivar (tipo) Springbelle (maturazione ad inizio luglio), costituito da 6 filari

distanti 5 m. tra loro e lunghi 131 m., per un totale di 3.930 m2 (=(30*131)m2).

Tutto l’impianto irriguo è stato scelto e dimensionato per ridurre al minimo le

perdite energetiche e per sfruttare al massimo l’energia solare.

Per l’irrigazione delle piante sono stati montati 430 gocciolatori comuni (del tipo

Toro Eurokey) aventi portata nominale di 2 l/h (portata nominale complessiva di

860 l/h); l’impianto ha, quindi, una pluviometria teorica di 0,22 mm/h (= 860 l/h

su 3.930 m2).

La bassa pluviometria dell’impianto è stata scelta in considerazione della lunga

durata di erogazione determinata dall’alimentazione dei sistemi di pompaggio ad

energia solare senza accumulatori.

Il gocciolatore scelto è di tipo comune, quindi in grado di aumentare la sua portata

all’aumentare della pressione, che evidentemente si ha nelle ore della giornata con

massimo irraggiamento solare e quindi di maggior conversione fotovoltaica.

E’ quindi stata evitata la scelta di un gocciolatore autocompensante che avrebbe

potuto non entrare in pressione nelle ore meno soleggiate e diminuire la pressione

157

in quelle con massimo irraggiamento, con scarsa omogeneità di distribuzione

idrica e minor portata complessiva a fine giornata.

I gocciolatori sono stati montati su tubazioni di polietilene di diametro 20 mm.;

tale diametro determina irrisorie perdite di carico idraulico (quindi energetico) in

considerazione delle basse portate degli erogatori.

Per evitare problemi di intasamento degli erogatori di bassa portata, l’acqua

proveniente da un bacino aziendale a cielo aperto è filtrata tramite un filtro a

dischi.

Dopo aver calcolato le esigenze idriche sostenibili della coltura, in collaborazione

con la Nuova Thermosolar di Formigine (MO) è stata individuata l’elettropompa a

corrente continua CC (quelle a corrente alternata CA necessitano di inverter

CC/CA che consumano rilevanti % di energia) idonea all’impianto a goccia per

pressione e portata.

La scelta è ricaduta sull’elettropompa solare Solaflux con dispositivo turbo per

basse prevalenze ed alte portate, che da un’indagine è risultata quella di maggior

portata ed efficienza per la situazione idraulica del frutteto da irrigare.

Pompa Solaflux

La pompa sommersa è di piccola potenza ed elevato rendimento, alimentabile con

tensioni comprese tra 20 e 280 W.

La portata dichiarata è compresa tra 600 e 11.000 l/g, a seconda: della prevalenza

di funzionamento, dell’efficienza e del numero di pannelli fotovoltaici applicati e

della radiazione solare del sito di installazione (tutti parametri che necessitano di

attente verifiche per adeguare l’impianto alle necessità irrigue).

La pompa è stata posizionata verticalmente nel bacino di accumulo idrico

dell’azienda sperimentale Martorano 5 a circa 70 cm. sotto il livello dell’acqua.

158

L’abbinamento con un impianto a goccia è già stato verificato positivamente dal

CER.

Per l’alimentazione elettrica diretta della elettropompa sono stati installati 4

moduli fotovoltaici di silicio policristallino, da 12 Volt nominali, della superficie

di 1.215x555 mm. (0,6743 m2 ognuno x 4 = 2,6973 m2 complessivi).

I moduli sono stati collegati in serie per raggiungere i 48 Volt nominali di

tensione, ottimali per un buon funzionamento della pompa solare.

I moduli fotovoltaici sono stati montati su un telaio d’acciaio che è stato rivolto a

sud ed inclinato rispetto all’orizzontale di 30° per ottenere la massima efficienza.

Tra i moduli fotovoltaici e l’elettropompa è stato inserito un controller elettronico

(MK1) che ha importanti funzioni per il buon funzionamento dell’elettropompa:

• interruzione del collegamento elettrico tra pannelli e pompa quando

l’insolazione è troppo debole, evitando danneggiamenti alla pompa;

• ripristino immediato del collegamento quando l’insolazione torna a livelli

sufficienti per l’azionamento del motore;

• consente l’eventuale ripetizione del ciclo di interruzione e ripristino ogni 2

minuti;

• in base all’insolazione e al carico della pompa collega automaticamente

tutti i 4 pannelli in serie, oppure 2 a 2 in parallelo, per consentire il

funzionamento del sistema anche in condizioni di bassa insolazione e per

un tempo prolungato.

Nel seguito è rappresentato uno schema semplificato dell’impianto pompa

Solaflux - 4 pannelli fotovoltaici.

SOLAFLUX

+ - + - + - + - MK1

159

Prime osservazioni sulla funzionalita’ del sistema

Il montaggio dell’impianto irriguo e l’allacciamento al sistema fotovoltaico è stato

completato il 21 giugno 2002.

Da alcuni rilievi effettuati nei giorni 22 e 23 giugno è stato rilevato che l’impianto

ha erogato complessivamente 24.000 m3 d’acqua, e quindi 12.000 l/g.

Il volume distribuito sulla superficie del frutteto è stato, quindi, di 3,053

mm/giorno (= 12.000 l/g su 3930 m2); volume corrispondente all’irrigazione

sostenibile ipotizzata.

4.3 TECNICHE NATURALI PER LA GESTIONE DELLE

RISORSE IDRICHE

Per impiegare i nutrienti nel settore agricolo in un’ottica di riutilizzo delle risorse

ed ottimizzare molti processi depurativi naturali occorre separare il refluo di

origine domestica nelle sue frazioni elementari: urine, feci ed acque grigie.

I rifiuti organici provenienti dalla cucina ed il materiale fecale sottoposti a

trattamento di compostaggio, i fanghi di supero provenienti da impianti di

depurazione, le urine fatte decantare in apposite vasche sono le frazioni che più

proficuamente risultano utilizzabili in agricoltura.

4.3.1 FITODEPURAZIONE APPLICATA AL SETTORE AGRICOLO

Una tipologia molto usata è quella delle zone umide artificiali a flusso

subsuperficiale verticale, nelle quali l’acqua da depurare, sparsa sulla superficie

del suolo, percola verticalmente attraverso il medium e viene raccolta da delle

tubature poste sul fondo, per cui il processo depurativo avviene principalmente nel

terreno, con le piante che preservano la capacità infiltrativ, oltre ad assorbire i

nutrienti a livello dell’apparato radicale.

La tecnica specifica facente parte di questra categoria e maggiormente usata nel

settore agricolo è:

160

Sistema di irrigazione dei terreni agricoli: sia l’acqua che le sostanze contenute

nel refluo sono sfruttate come nutrienti da recuperare. E’ un sistema estensivo in

cui l’irrigazione può avvenire solo durante determinati periodi dell’anno.

Tale modalità prevede che le acque raccolte, dopo la fase di sedimentazione ed il

trattamento biologico, vengano convogliate in un bacino per il periodo invernale.

Per garantire l’eliminazione degli agenti patogeni eventualmente presenti nelle

acque meteoriche risulta importante prolungarne il periodo di permanenza in una

o più vasche, mentre durante l’estate ne è previsto l’utilizzo per irrigare i terreni

circostanti, che possono ospitare colture agricole per usi generici o canneti che

assorbono molti nutrienti e sopportano bene l’acqua. Caratteristiche similari

presentano anche alcune piante terrestri quali salice e pioppo.

Il bacino di raccolta, abbastanza profondo per diminuire l’esposizione al sole ed

all’aria, va previsto con un fondo impermeabile.

Un corretto funzionamento del sistema consente di chiudere il ciclo senza

inquinare le acqua profonde o in superficie con efficacia soddisfacente e di

recuperare i fanghi come concime. in un’area agricola con grande consumo

d’acqua, tale metodologia consente di diminuirlo e, riciclando i nutrienti, di

evitare l’eutrofizzazione dei corsi d’acqua.

Gli alti costi di un’eventuale rete di convogliamento delle acque nel bacino

suggeriscono di adottare questa tecnica nelle vicinanze dell’insediamento dal

quale proviene il refluo.

Altra tipologia è quella delle zone umide a flusso superficiale, che consistono in

bacini o canali dotati di un opportuno medium per la crescita della vegetazione,

con l’acqua che scorre in superficie. Possono ospitare vegetazione galleggiante o

sommersa od essere piantumate a canneto. In agricoltura la tecnica di questo tipo

più usata è:

Bacini di accumulo (magazzini di acque meteoriche): oltre alla possibilità di

attingere per scopi irrigui da parte degli agricoltori, questa metodologia consente

di soddisfare anche funzioni estetiche, depurative, regolative del regime fluviale e,

talvolta, anche energetiche.

Un inserimento ambientale dal quale tutto il paesaggio tragga beneficio impone di

ridurre al minimo gli elementi artificiali rilevabili a prima vista: il profilo sinuoso

delle sponde e la loro piantumazione con essenze arboree locali, consentono di

mascherarne la struttura artificiale. Questi due elementi hanno un effetto positivo

161

sulle capacità depurative del bacino; collocando quest’ultimo in modo da

consentire lo sfruttamento di eventuali “salti” d’acqua, c’è la possibilità di

produrre energia idroelettrica.

Altre tecniche varie:

• Colture idroponiche: si basano sulle capacità depurative dell’acqua, in

particolare sull’azione svolta da piante ed organismi acquatici, demolitori

di sostanze inquinanti, in cui la presenza di acqua è determinante. In questi

sistemi i nutrienti contenuti nel refluo vengono utilizzati per la

coltivazione di piante acquatiche o l’allevamento di pesci e molluschi.

Consistono in una serie di bacini di profondità variabile, tra loro collegati;

la tecnica basa il suo funzionamento sul fluire del refluo da un contenitore

all’altro. Per le caratteristiche degli specifici trattamenti che in ognuno di

essi hanno luogo in una successione che esalta la funzione depurativa,

l’acqua da depurare diminuisce gradualmente il proprio grado di

inquinamento alimentando biotipi compatibili con le proprie caratteristiche

chimico-fisiche. In condizioni di clima sufficientemente caldo gli impianti

possono essere allestiti all’esterno, mentre in climi freddi e temperati si

preferisce chiuderli in strutture climatizzate tipo serre.

• Stoccaggio e trattamento urine: l’operazione più complessa e costosa

legata a questa tecnica è la separazione delle urine dalle altre componenti

degli scarichi umani. Il processo di trattamento è di facile realizzazione

consistendo in una cisterna per lo stoccaggio delle urine, interrata per

mantenere il contenuto a bassa temperatura al fine di evitare l’attività dei

batteri e l’evaporazione dell’azoto, dimensionata in modo da garantire

un’autonomia di circa 1 anno. Trascorso questo lasso di tempo le urine

possono essere prelevate ed utilizzate come ammendante nel settore

agricolo. Per le difficoltà impiantistiche connesse alla separazione, ma

soprattutto per la forte motivazione necessaria all’utenza per adeguare le

proprie abitudini alle tipologie impiantistiche, questa tecnica non è sempre

e dappertutto facilmente introducibile, nonostante i vantaggi ambientali ad

essa connessi: dalla possibilità di riciclaggio attraverso la produzione di

162

ammendante di ottima qualità, all’alleggerimento dei nutrienti da trattare

che altrimenti raggiungerebbero i depuratori.

• Compostaggio: questa tecnica favorisce l’igienizzazione delle feci e di

altro materiale organico consentendone l’impiego in agricoltura come

fertilizzante. Il materiale fecale ed i rifiuti organici sono raccolti in una

camera di compostaggio interrata dove ha luogo una riduzione del

materiale tramite processi biochimici in ambiente aerobico ed a

temperatura elevata. Quando il serbatoio di compostaggio è pieno, il

contenuto deve essere conservato per 3/6 mesi per igienizzarsi, poi

trascorso un anno può essere utilizzato in agricoltura come humus.

Il modello, che si basa sulla separazione tra urine, materiale fecale ed

acque grigie, se da un lato ha il vantaggio di una migliore gestione delle

singole frazioni e dell’ottenimento della massima riciclabilità, presenta

d’altra parte dei limiti derivanti dalla disposizione del serbatoio interrato

che va posto preferibilmente direttamente sotto il WC ed è perciò

adottabile quasi esclusivamente in ambito rurale (oppure nel caso di

singole abitazioni con giardino).

4.3.2 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE AL

TRATTAMENTO DI REFLUI DI ORIGINE ZOOTECNICA

Lo sviluppo negli ultimi anni di allevamenti con capacità produttive, in termini di

capi/allevamento, superiori alle risorse territoriali presenti, ha determinato da un

lato lo sviluppo di allevamenti con grandi capacità di produzione, e dall’altro un

progressivo incremento degli oneri unitari per lo spargimento e, in misura

maggiore, per il trasporto delle deiezioni su lunghe distanze.

Tale incremento dei costi determina l’esigenza di ricercare nuovi sistemi di

trattamento delle acque reflue di allevamento, assimilando l’attività zootecnica per

taluni aspetti a quelle di carattere industriale, consentendone lo scarico

nell’ambiente, private del loro carico di nutrienti, a costi contenuti e gestione

semplificata.

163

Sono state avviate prove al fine di stabilire le modalità di utilizzo di un sistema di

fitodepurazione per il trattamento biologico dei reflui zootecnici e, nello specifico,

dei reflui provenienti da allevamenti suini.

Gli obiettivi principali sono stati quelli di valutare l’efficacia del sistema

nell’abbattimento della sostanza organica, dell’azoto e del fosforo totale in un

impianto a flusso verticale. Le prove di fitodepurazione sono state avviate su un

refluo precedentemente filtrato.

Nella seguente tabella vengono riassunti i risultati medi ottenuti nelle prove di

fitodepurazione a flusso verticale a scala di laboratorio, costituito da tre fasi di

trattamento.

Concentrazioni e percentuale di rimozione degli inquinanti

Fasi di

trattamento

COD

(mgO2/l)

(mg/l)

Azoto

totale

(mg/l)

N-NH4

(mg/l)

N-NO2

(mg/l)

N-NO3

(mg/l)

Azoto

organico

(stima)

(mg/l)

Ingresso 2.248,4 869,2 698,7 1,4 9 160,1

Fase 1 1.284,9 603,5 388,5 80 32,2 102,8

Fase 2 972,8 556 299 106,7 78,6 71,7

Fase3 763,5 551,7 193,1 123,3 90,4 144,8

Rimozione

totale

sull’ingresso

66% 37% 72% - - 10%

Rimozione della sostanza organica – COD

Nello schema di trattamento utilizzato, la rimozione della sostanza organica intesa

come COD è stata pari al 66%. Tuttavia, in esperienze pregresse condotte su di un

refluo di origine agro-alimentare di tipo proteico, e quindi con un elevato

contenuto di sostanza organica e di azoto e con un valore di COD in uscita

analogo (618 mgO2/l), sono state raggiunte concentrazioni di COD residuo molto

più contenute (118 mg/l), con un trattamento più spinto determinato dall’aggiunta

di fasi successive di fitodepurazione. Si ritiene, quindi, che con l’aggiunta di una o

164

più fasi di fitodepurazione, anche a basso carico idraulico, sia possibile migliorare

le rese ottenute e raggiungere i limiti di scarico previsti.

Rimozione delle sostanze azotate

Il refluo esaminato si caratterizza per un alto rapporto N-totale/COD, il quale si

aggira su valori di 0,4. La principale forma di azoto è quella ammoniacale (N-

NH4), risultato della degradazione dell’urea. Come è noto, alte concentrazioni di

ammoniaca possono risultare tossiche per i microrganismi.

La percentuale complessiva di rimozione dell’azoto totale è stata mediamente del

37%. Per quanto riguarda l’azoto ammoniacale, questo viene rimosso in misura

del 70% circa, mediante processi biologici sia di assimilazione che di ossidazione

e successiva trasformazione in nitrito e nitrato.

Tuttavia, sulla base delle prove svolte e dei valori del rapporto N-totale/COD,

risulta che una maggiore rimozione dell’azoto totale, con i principi e le

metodologie gestionali adottate, non è raggiungibile.

Rimozione del fosforo

La rimozione complessiva del fosforo totale è stata contenuta, circa 50%, valore

quest’ultimo inferiore a quelli conseguiti in altre esperienze.

Tuttavia, detti valori di rimozione sono da attribuirsi anche alla tipologia di

substrato utilizzato, altamente poroso che, se da un lato agevola i processi di

ossidazione e di digestione dell’impianto, dall’altro canto determina una bassa

efficienza depurativa per quanto concerne il fosforo, a causa di fenomeni di

insolubilizzazione. Così si ritiene che l’aggiunta di fasi ulteriori di fitodepurazione

a basso carico con idonei substrati possano migliorare le efficienze raggiunte.

Conclusioni

Le prove svolte consentono di valutare la fattibilità dell’utilizzo di tale tipologia

impiantistica per il trattamento dei reflui zootecnici.

Tuttavia, a fronte dei risultati ottenuti, si ritiene che il raggiungimento dei limiti di

accettabilità allo scarico sia possibile mediante una configurazione impiantistica

più articolata ed una gestione appropriata del refluo in oggetto.

165

4.4 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E

TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO NEL SETTORE

AGRICOLO IN ITALIA

4.4.1 IL PROGETTO “LICATA“ CONTRO LA DESERTIFICAZIONE IN

SICILIA

Nell’estate 2002 la già grave situazione idrica della Sicilia si è ulteriormente

aggravata a fronte di una stagione particolarmente siccitosa che si è protratta fino

all’autunno.

Questa situazione ha colpito in modo particolare la regione meridionale della

Sicilia, di cui il Comune di Licata costituisce un esempio limite, a causa della

assoluta mancanza di acqua dolce per usi agricoli e civili. In questo preoccupante

quadro di emergenza idrica, il Comune di Licata ha richiesto all’ENEA (Ente per

le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) di elaborare una proposta

complessiva che affrontasse il grave problema dell’approvvigionamento idrico,

quindi riguardante anche le attività per la lotta alla desertificazione.

L’ENEA ha risposto alla richiesta del Comune elaborando il presente progetto di

massima. Lo scopo del presente lavoro è quindi di indicare alle autorità pubbliche

(Comune, Provincia, Regione) l’opzione tecnica più opportuna.

Quadro socio economico del territorio di Licata

La città di Licata è situata nella provincia di Agrigento sulla costa meridionale

della regione Sicilia.

Tutta la fascia costiera agrigentina è caratterizzata da un clima sub-umido secco

con precipitazioni annue comprese fra 230 e 639 mm., ma anche soggetto ad

eventi alluvionali che nel passato hanno provocato ingenti danni e perdite umane.

Le condizioni climatiche costituiscono al tempo stesso un vantaggio ed una

limitazione per lo sviluppo dell’area, poiché le attività produttive agricole da un

lato beneficiano di temperature medie mensili che oscillano fra i 12°C del mese di

gennaio ed i 26°C del mese di agosto, ma dall’altro soffrono di una cronica

insufficienza di acqua per l’attività di produzione intensiva, che costituisce la

maggiore fonte di reddito di Licata.

166

Il crescente fabbisogno d’acqua dell’agricoltura è stato in passato soddisfatto

emungendo la falda freatica ed utilizzando il fiume Salso, che sfocia nei pressi di

Licata.

La qualità dell’acqua della falda si è progressivamente deteriorata a causa delle

intrusioni saline (dell’acqua di mare), mentre l’acqua del fiume, che è

naturalmente ricca di sali minerali, impone di interrompere periodicamente

l’attività agricola per ripristinare un tenore salino dei suoli compatibile con le

attività produttive. L’impiego di queste acque non solo limita la produttività delle

colture agricole, ma provoca anche un significativo rischio di desertificazione.

I fabbisogni idrici di Licata e di altri comuni limitrofi vengono in parte soddisfatti

dal dissalatore di Gela e da alcuni invasi destinati a questo scopo.

L’acqua del dissalatore di Gela potrebbe teoricamente soddisfare il 75% dei

fabbisogni di questi comuni se la rete di distribuzione non fosse soggetta a furti e

perdite, che praticamente riducono la disponibilità di acqua a livelli del tutto

insufficienti.

E’ stato valutato che ogni abitante di Licata consuma circa 37 l/giorno, rispetto ad

un valore nazionale medio di circa 200 l/giorno, quindi è assolutamente necessario

ridurre al minimo gli sprechi e razionalizzare l’uso delle risorse idriche, affinchè

sia garantita un’adeguata fornitura per i settori civile, agricolo e industriale.

La vigente normativa italiana in materia di risorse idriche (Decreto legge 152/99 e

legge Galli 36/94), ha stabilito che i fabbisogni civili sono prioritari rispetto agli

altri usi. Soddisfare i fabbisogni idrici civili e del settore agricolo costituisce una

sfida non solo per lo sviluppo delle zone aride, che rischiano di diventare sempre

più economicamente e socialmente marginali, ma anche per la lotta alla

desertificazione.

Per raggiungere tale obiettivo è necessario combinare la costruzione delle grandi

opere civili (dighe, invasi, acquedotti) con lo sfruttamento di una risorsa idrica

certa e praticamente inesauribile come l’acqua di mare. Entrambe queste opzioni

vanno sapientemente integrate per far fronte alle attuali e future esigenze idriche

della Sicilia.

Il dissalatore di Gela, che produce 500 litri/sec (43.200 m3/giorno), fornisce

acqua per uso civile ai Comuni di Gela, Niscemi, Palma di Montechiaro, Licata,

Canicattì, Campobello, Ravanusa, Agrigento e consorzio Voltano, che

167

costituiscono un bacino di utenza di circa 300.000 abitanti che ha un fabbisogno

idrico per usi civili stimabile in 60.000 m3/giorno.

Foto 1. Conseguenze della siccità nella Piana di Licata: quello che resta di

una coltivazione a carciofi.

Le nuove opere civili di captazione o quelle che entreranno in funzione, non

permetteranno di soddisfare la domanda idrica per l’agricoltura nell’area

considerata.

Gli scenari climatici indicano che nel prossimo futuro le precipitazioni potrebbero

ulteriormente ridursi (come poi è accaduto nell’estate del 2003), rispetto al

passato, e quindi gli attuali invasi rischiano di non essere sufficienti a soddisfare i

fabbisogni idrici dell’isola.

Le possibili misure tecnologiche di mitigazione e di adattamento alle nuove

condizioni, come la dissalazione ed il riutilizzo delle acque reflue, dovranno

essere associate a misure di risparmio ed ottimizzazione dell’utilizzo dell’acqua,

nonché ad altre misure ambientali di ripristino della copertura vegetale in una

visione integrata della protezione dell’acqua e del suolo, necessaria a scongiurare i

rischi di desertificazione.

Sarà inoltre necessario programmare le attività produttive in modo compatibile

con la qualità e la quantità delle risorse naturali esistenti, acqua e suolo, nella

168

consapevolezza che la desertificazione costituisce una minaccia non solo per gli

ecosistemi e le attività produttive, ma anche per la società nel suo complesso.

Fino al settembre 2002 la disponibilità idrica per gli abitanti era garantita alcune

ore per due giorni la settimana. Gli abitanti accumulavano quindi l’acqua in

cisterne, facendo anche ricorso ad autobotti private.

La rete idrica idropotabile di Licata è alimentata dal dissalatore di Gela, dalla

captazione di acqua da alcune piccole sorgenti e dagli invasi di accumulo destinati

all’uso idropotabile.

Teoricamente questo sistema di approvvigionamento dovrebbe fornire circa 90

litri/secondo (pari a 7.700 m3/giorno), mentre la disponibilità attuale è di circa

1.000 m3/giorno.

L’agricoltura utilizza in parte le acque del fiume Salso, prelevando abusivamente

lungo il suo percorso. Esistono poi alcuni pozzi artesiani nella piana di Licata ad

una profondità di circa 20-40 m., che forniscono un’acqua con pessime

caratteristiche chimiche, per la presenza di cloruro di sodio (NaCl), quest’ultimo

ad una concentrazione di circa 4-6 g/l.

Alcuni agricoltori soddisfano le loro esigenze irrigue utilizzando queste acque

dopo un adeguato trattamento, che consiste in una fase di sedimentazione in

vasche (vedi foto 2), seguita da un processo di ossidazione, di chiarificazione con

lapillo di cava e di osmosi inversa.

Le acque primarie disponibili sul territorio di Licata, su cui si possono effettuare

processi di depurazione sono:

1. Il mare

2. Il fiume Salso

3. Le acque reflue del depuratore civile

4. I pozzi artesiani

169

Foto 2. Vasca di sedimentazione dell’acqua estratta da un pozzo per uso

agricolo

Necessità idriche per lo sviluppo socio economico

Le necessità idriche nel territorio di Licata, a prevalente sviluppo urbano ed

agricolo, sono state valutate per uso potabile ed agricolo, a partire dalle

caratteristiche del territorio considerato (piana di Licata ed insediamento urbano).

Gli abitanti di Licata sono circa 40.000, ma nel periodo estivo diventano circa

60.000 per il rientro degli emigrati e per la presenza turistica. Proprio nel periodo

estivo le disponibilità idriche tradizionali si riducono ai livelli minimi.

Per assicurare almeno a 40.000 abitanti una quota pro capite di circa 200

litri/giorno (media del consumo idrico civile in Italia), è necessario disporre di

8.000 m3/giorno (= 40.000 ab.*0,2 m3/g).

Il fabbisogno idrico per fini irrigui è stimato in base ai dati forniti dal locale

ufficio dell’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste, sulla base

dell’estensione delle colture attuali nella piana di Licata e del fabbisogno idrico

medio delle varie colture (vedi tabella 1). Risultano necessari almeno 30.000

m3/giorno d’acqua per scopi irrigui (ottenuti da 10.750.000 m3/anno su 365

giorni).

170

Tabella 1. Fabbisogno idrico per fini irrigui di diverse colture

Principali colture

agricole locali

Superficie di

colture (ha)

Fabbisogno idrico

specifico (m3/ha

anno)

Fabbisogno totale

(m3/anno)

Serre a tunnel per

la produzione di

meloni e ortaggi

1.200 5.000 6.000.000

Carciofi 800 1.500 1.200.000

Produzioni orticole 700 1.500 1.050.000

Vigneti 1.000 1.500 1.500.000

Uliveti 1.000 1.000 1.000.000

Fabbisogno idrico

totale

10.750.000

Sulla base di una ricognizione territoriale e di uno studio eseguito presso la

Provincia di Agrigento ed il Comune di Licata, è stato possibile formulare una

proposta di un nuovo approvvigionamento idrico, recupero e gestione delle risorse

idriche da destinare allo sviluppo socio economico del comprensorio.

Per soddisfare i fabbisogni civili si prevede di ricavare acqua potabile dalla

dissalazione dell’acqua di mare perché è l’unica possibilità offerta dal sito, sia per

le quantità necessarie, che per ragioni economiche ed igienico sanitarie.

Infatti, e’ più costoso e meno sicuro dal punto di vista igienico produrre acqua

potabile dai reflui civili o dallo stesso fiume Salso. Per l’uso irriguo si propone di

recuperare acque di scarico dal depuratore civile di Licata e dal fiume Salso,

previa opportuna depurazione.

La stima delle necessità idriche del Comune di Licata è di:

• circa 8.000 m3/giorno per usi civili (acqua potabile);

• circa 30.000 m3/giorno per scopi agricoli

Si propone di ricavare 10.500 m3/giorno dalla dissalazione dell’acqua di mare, in

modo da soddisfare le esigenze civili, con un esubero di circa 2.500 m3/giorno.

171

Il fabbisogno stimato dell’agricoltura può essere solo parzialmente soddisfatto

facendo ricorso a fonti non convenzionali. Si prevede che a regime sia possibile

soddisfare solo un terzo (10.000 m3/g) dell’attuale richiesta ottimizzando il riuso

dei reflui urbani e delle acque del Salso.

Per l’agricoltura si prevede di recuperare circa 2.800 m3/giorno dal depuratore e

dal Salso, a cui si aggiungono i 2.500 m3/giorno in esubero dal dissalatore.

A regime, cioè quando sarà aumentata l’acqua per usi civili, crescerà

conseguentemente la quantità sversata nel depuratore (che ha una capacità di

10.000 m3/g), quindi si potrà contare su circa 12.500 m3/giorno.

Processo di depurazione e riutilizzo delle acque reflue a scopi agricoli

L’impianto a fanghi attivi sversa in mare un volume di circa 1.000 m3/giorno di

acque biologicamente depurate.

Queste acque hanno una composizione chimica piuttosto compatibile per un

possibile uso agricolo (COD = 120 ppm), con tracce di metalli pesanti, ma con un

contenuto elevato di cloruri ed una presenza di flora batterica.

L’impiego di queste acque in agricoltura richiede un adeguato trattamento

depurativo. Il completamento dell’allacciamento alla rete fognaria del settore

occidentale della città ha reso disponibili altri 1.000 m3/giorno, portando quindi la

produzione complessiva intorno ai 2.000 m3/giorno.

Ora, non tutte le abitazioni di Licata sono collegate con la rete fognaria, ma

impiegano pozzi a dispersione. Questi scarichi non arrivano attualmente al

depuratore, ma è previsto un graduale allacciamento alla rete fognaria.

Foto 3. Le acque quasi stagnanti del fiume Salso in prossimità della foce

172

Il Salso ha una portata variabile nel corso dell’anno ma è ragionevole valutare una

portata minima intorno ai 1.800 m3/giorno, anche se a causa dei prelievi illegali

effettuati nella piana di Licata, tale portata è molto difficile da valutare.

Anche la composizione chimica dell’acqua del fiume Salso oscilla fortemente in

funzione della stagione, con una concentrazione di cloruri che varia in un

intervallo compreso fra 1 e 4 g/l.

Le acque del Salso hanno un contenuto salino (NaCl) medio annuale di circa 2,5

g/l. La salinità è più alta in estate, quando piove di meno, e più bassa in inverno

quando piove di più.

Attualmente le acque del Salso vengono comunque impiegate per l’agricoltura,

con effetti dannosi per le colture e per la salinità dei suoli, che tende ad

aumentare.

Nel caso sia resa disponibile acqua di migliore qualità per l’agricoltura, gli

emungimenti illegali sul letto del fiume dovrebbero cessare o ridursi.

Il fiume, in prossimità della foce è contaminato da scarichi organici (fognature

abusive), il che richiede un primo processo di depurazione biologica.

La foto 4 mostra le acque reflue in uscita dall’impianto, quelle che si prevede di

trattare con microfiltrazione (MF) ed osmosi inversa (OI), per renderle idonee

all’agricoltura.

Foto 4. Le acque reflue del depuratore di Licata scaricate in mare

173

Si prevede d’inviare al depuratore di Licata anche le acque del Salso in prossimità

della foce, che si trova a circa 100 metri dal depuratore di Licata.

In questo modo è ragionevole attendersi un flusso medio di acqua da depurare

dell’ordine di 3.800 m3/giorno, quando comunque la capacità di trattamento è di

10.000 m3/giorno.

Sulla base della composizione chimica e microbiologica di queste acque reflue e

di quelle del Salso, si propone il seguente schema di post trattamento al fine di

depurare le acque stesse e renderle perfettamente compatibili con l’impiego

agricolo (figura 1).

Figura 1. Schema di processo del trattamento di acque reflue per uso agricolo

Scarichi civili + Salso Scarico a mare 745 m3

In testa al depuratore 250 m3

3.800 m3 2.485 m3

1.065 m3 1.740 m3

Acqua depurata ad uso agricolo 2.805 m3

L’acqua depurata dal biologico entra in un sedimentatore (S), quindi viene inviata

ad un sistema di Microfiltrazione (MF) con membrane ceramiche con taglio

molecolare di 0,2 µm. Il sistema a membrana sarà dotato di un prefiltro meccanico

da 10 µm.

Il 30% dell’acqua permeata in Microfiltrazione verrà immessa in una vasca di

miscelazione da 5 m3. Il restante 70% del microfiltrato entra in osmosi inversa

(OI) a bassa pressione (10-15 bar). Il 70% dell’acqua che entra in Osmosi Inversa

viene recuperata come permeato e miscelata con la precedente acqua microfiltrata

nella vasca di miscelazione.

Il permeato di Osmosi Inversa avrà un contenuto di cloruri di circa 0,02 g/l ed

andrà a diluire la concentrazione del microfiltrato, in cui i cloruri saranno circa

1,36 g/l. Dal mescolamento indicato si otterrà un’acqua con un contenuto di

Depuratore SMF OI

174

cloruri di circa 0,5 g/l, quindi compatibile con un uso agricolo. Il limite previsto

per lo sversamento in acque superficiali (legge 152/99) è di 1,2 g/l.

La quantità d’acqua recuperata per l’agricoltura sarà di circa 1.065 m3/giorno del

microfiltrato e di 1.740 m3/giorno del permeato di Osmosi Inversa (in totale 2.805

m3/giorno). Circa 745 m3/giorno saranno rigettati in mare come retentato di

Osmosi Inversa, rispetto agli attuali 2.000 m3/giorno.

Lo schema di processo elaborato si caratterizza per una notevole versatilità

operativa, necessaria a compensare le variazioni di composizione salina del Salso

e del depuratore nel corso dell’anno.

Esso consente di modificare le proporzioni di acqua trattata nelle due sezioni a

membrana (Microfiltrazione e Osmosi Inversa), anche in funzione delle portate

stagionali del Salso e di quelle del depuratore.

La quota del 30% d’acqua microfiltrata che viene reimmessa nelle condotte ad uso

agricolo serve a fornire un contenuto di nutrienti per il terreno, che tuttavia

devono essere bilanciati dalla presenza di cloruri. Con la rimozione totale dei

cloruri (processo di Osmosi Inversa) si riducono anche i nutrienti contenuti nelle

acqua, quindi è stato formulato un ragionevole equilibrio fra cloruri e nutrienti,

come indica la tabella 2.

Tabella 2. Composizione prevista dell’acqua dopo il trattamento di MF

(microfiltrazione) e di OI (osmosi inversa)

Componente Concentrazioni (ppm)

Solidi Sospesi 0

COD 50

Nitrati 2,2

Nitriti 0,1

Ammoniaca 0,9

Cloruri 50

Fosfati (P) 2,2

Battteri Assenti

Virus Assenti

175

Processo di dissalazione acqua-mare per uso potablile

L’impianto di dissalazione ad osmosi inversa dovrà essere installato in prossimità

del mare, nella zona est dell’insediamento urbano di Licata.

L’impianto dovrà essere collocato ad almeno 800 m di distanza dal depuratore

civile, per ragioni di sicurezza igienico sanitaria; sarà dimensionato per produrre

10.500 m3/giorno di acqua potabile, operando 24 ore su 24. La portata di permeato

ottenuta sarà di 437 m3/h.

L’impianto verrà alimentato preferibilmente con presa da pozzo in prossimità

della riva, che offre il vantaggio di fornire un’acqua meno carica di solidi sospesi

e sedimentabili. Si cerca di evitare una presa a mare, che comporta costi elevati

per l’installazione, in particolare dei sistemi di aspirazione e di prefiltrazione.

La captazione in mare aperto comporta la costruzione di una vasca intermedia e di

un gruppo di spinta alla prefiltrazione, con maggiori potenze installate che

andranno ad incidere sul costo al metro cubo di acqua dissalata. L’impianto sarà

dotato di recuperatore di energia installato sul concentrato dell’osmosi.

Sarà costituito da 7 linee di moduli a membrana in parallelo e indipendenti di pari

potenzialità (1500 m3/giorno cad.). Tale modularità offre una serie di vantaggi

operativi che permettono una più facile manutenzione, lavaggio e sostituzione dei

moduli, ed assicurano una maggiore continuità produttiva di tutto l’impianto.

L’impianto ha una resa produttiva di circa il 38%, cioè il 38% dell’acqua

prelevata dal mare è trasformata in acqua potabile, mentre il rimanente 62% è

rigettato in mare.

L’acqua dissalata (permeato) deve essere stoccata in un serbatoio di adeguata

capacità e il concentrato sarà scaricato a mare.

L’intero impianto è controllato e gestito dal quadro elettrico generale, la gestione

e l’automazione del processo è semplice e perfettamente funzionale.

176

E’ interessante valutare quale sarà la produttività dei due sistemi in funzione del

tempo, considerando come tempo zero quello che coincide con l’inizio di

costruzione degli impianti che richiede almeno 1 anno per la loro completa posa

in opera.

La figura 2 riporta la produttività di acqua per uso agricolo e potabile.

Figura 2. Produttività a regime dei due impianti

Produttività dei due sistemi vs anni

02000400060008000

100001200014000

1 2 3 4 5 6 7Tempo (anni)

Prod

uzio

ne (l

itri/g

iorn

o)

MF+OIOI

Dal grafico appare che, a partire dal 4° anno dall’inizio della costruzione degli

impianti, la disponibilità di acqua per usi irrigui si attesta intorno ai 12.500

m3/giorno.

Conclusioni

Lo stato di emergenza idrica nella Piana di Licata sta provocando ingenti danni

all’ambiente ed alle attività produttive. La siccità sta soffocando l’economia della

zona che è principalmente legata alle attività agricole e minaccia la

desertificazione del territorio a causa dell’alto contenuto di cloruro di sodio

presente nei pozzi artesiani e nelle acque del fiume Salso.

D’altro canto, vista la forte insolazione del territorio considerato, l’acqua sarebbe

necessaria per rilanciare l’agricoltura locale e quindi l’economia della provincia di

Agrigento.

177

Le uniche fonti idriche disponibili per l’agricoltura sono le acque reflue e quelle

del Salso, previo intervento mirato di depurazione, come indicato in questo

progetto.

Il senso della proposta presentata per il Comune di Licata è quello di ridurre i

gravi disagi attuali, anche nella prospettiva di un nuovo scenario climatico, in cui

gli invasi che sinora hanno assicurato la quantità di acqua minima vitale non siano

più in grado di assicurare le riserve necessarie.

E’ utile ricordare che il dissalatore di Gela e la sua rete di distribuzione

garantiscono circa il 70% dei fabbisogni del bacino di utenza servito.

L’autosufficienza idrica di Licata renderebbe disponibili altre risorse attuali,

almeno 1.500 m3/giorno di acqua potabile, provenienti dal dissalatore di Gela.

Questa risorsa potrà essere dirottata su altri comuni, ed in particolare su quelli

dell’interno non bagnati dal mare.

Il riutilizzo delle acque reflue, oltre a fornire un contributo importante per

l’agricoltura (2.805 m3/giorno subito, a regime 10.000 m3/giorno), ha il vantaggio

ambientale di ridurre fortemente lo scarico inquinante che attualmente viene

riversato in mare.

I presupposti e le indicazioni strategiche che lo studio si era prefissato sono stati

raggiunti, in particolare:

• Assicurare un livello di approvvigionamento idrico per i fabbisogni civili,

indipendentemente dalla piovosità.

• Depurare i reflui civili e le acque del fiume Salso ai fini di un riutilizzo

irriguo.

• Combattere la desertificazione attraverso la fornitura di acqua per uso

agricolo con tenori salini compatibili con questo uso.

• Fornire l’autosufficienza idrica al Comune di Licata per il suo sviluppo

socio economico e rendere disponibili nuovi lotti idrici per il territorio,

attualmente prelevati dal dissalatore di Gela o da acquedotti locali.

• Ridurre l’impatto ambientale dovuto allo scarico in mare delle acque

reflue di depurazione e del Salso, con uno scarico a mare ridotto in volume

e bonificato sotto il profilo igienico-sanitario (assenza di microrganismi).

• Indicare le specifiche tecniche dei vari impianti di trattamento delle acque

178

4.4.2 IMPIANTO DI FITODEPURAZIONE IN UN’AZIENDA AGRARIA

IN TOSCANA

L’impianto illustrato nel seguito, realizzato nel 1997, si trova nell’azienda agraria

tenuta di Spannocchia (SI) ed è stato progettato per trattare i reflui domestici di 60

A.E. (abitanti equivalenti).

Le acque reflue vengono dapprima raccolte in una fossa biologica (F), quindi,

passando attraverso un pozzetto ripartitore (P1) e due pozzetti di controllo (P2 e

P3), convogliate verso un sistema di fitodepurazione formato da due vasche a

flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS), al fine di renderle utilizzabili per

l’irrigazione; in seguito fluiscono, sempre tramite due pozzetti di controllo (P4 e

P5), in una vasca che raccoglie le acque depurate destinate all’irrigazione, nella

quale vengono convogliate anche le acque piovane provenienti da un altro bacino

di raccolta.

I parametri che caratterizzano il sistema sono: la portata giornaliera pari a 9

m3/giorno, la superficie pari a 160 m2 e la concentrazione di BOD5 nei reflui che è

circa 280 mg/l.

ACQUE REFLUE

IRRIGAZIONE

VASCA di RACCOLTA delle ACQUE PIOVANE

F

P1 P2 P3

H-SFS H-SFS

P4 P5

BACINO di RACCOLTA delle ACQUE DEPURATE

179

Di seguito vi sono le immagini dell’impianto appena realizzato e dello stesso dopo

un anno. Si può notare la crescita della vegetazione che costituisce l’impianto di

fitodepurazione.

180

5. CONCLUSIONI

La politica europea in tema di gestione delle risorse idriche oggi si sta evolvendo

verso il principio della sostenibilità.

L’adozione della direttiva quadro sull’acqua, stabilendo la diminuzione del

sostegno al prezzo dell’acqua, offre uno strumento politico che permette di

preservare in modo sostenibile questa risorsa essenziale.

Anche il Sesto programma di azione per l’ambiente prevede un insieme di

interventi destinati a garantire l’attuazione integrale ed adeguata della direttiva

quadro sull’acqua e altre politiche complementari: direttiva sui nitrati, direttiva

sulle acque di balneazione, direttiva sulle acque urbane reflue, integrazione della

protezione della qualità dell’acqua nelle politiche agrarie e regionali,ecc..

Una dichiarazione congiunta tra l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) e i

rappresentanti del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP),

relativo alle carenze idriche in Europa, rileva che in molti casi è più economico ed

efficace migliorare l’efficienza nell’uso dell’acqua che incrementare la fornitura

della stessa.

Infatti, in base allo studio effettuato, si può affermare che nei tre grandi settori,

civile, industriale ed agricolo, ci si sta orientando verso il risparmio, il riciclo ed il

riuso della risorsa idrica.

Per ogni ambito si sono riportate varie esperienze in cui si applicano tecniche,

principi e modelli comportamentali che permettono una gestione sostenibile delle

acque. Si può notare come, negli ultimi anni, a livello nazionale ed europeo,

l’aumento delle pressioni sulle risorse idriche e l’affermarsi del concetto e delle

azioni rivolte allo ”sviluppo sostenibile” hanno condotto alla realizzazione di

importanti progetti e programmi di conservazione e di risparmio, mediante

innovazioni tecnologiche e gestionali, accompagnate da campagne di

sensibilizzazione e da modificazioni tariffarie ed economiche.

Oltre alla logica della prevenzione, quindi al risparmio nel consumo di acqua, si

sta incentivando quella del riutilizzo e del riciclo, che si basa sulla considerazione

del refluo come risorsa, non come scarto.

181

In pratica le acque, anche se alterate rispetto alle loro condizioni naturali

originarie, possono essere riutilizzate, venendo sottoposte o meno a determinati

trattamenti depurativi in base alle caratteristiche richieste per il nuovo uso.

Per quanto riguarda i trattamenti, si sta incentivando l’adozione di metodologie

naturali (ad esempio la fitodepurazione) in sostituzione degli impianti tradizionali.

Questo perché le tecniche naturali, a parità di rendimento di depurazione, in luogo

di un maggior costo di realizzazione, offrono un minore costo di gestione ed un

minore impatto ambientale, anzi contribuiscono spesso alla rinaturazione del

territorio.

Gli obiettivi prioritari di queste tecniche sono la limitazione dei consumi d’acqua,

il mantenimento di caratteristiche chimiche e fisiche che la rendano idonea ad altri

usi, oltre che allo scarico nei corpi idrici, e la soluzione dei problemi idraulici

legati al suo flusso.

Infatti queste tecniche innescano un’azione di riassetto della circolazione idrica

superficiale, di sfruttamento e potenziamento delle capacità autodepurative

naturali e di riduzione dei consumi di acqua potabile, apportando all’ambiente una

serie di contributi positivi per il miglioramento delle condizioni di vita.

La scala di applicazione media o piccola di queste metodologie è in perfetta

armonia col principio che alla base di un progetto di sviluppo sostenibile a livello

globale ci deve essere una pianificazione a livello locale, affinchè si creino le

condizioni di massima autosufficienza ambientale e massima capacità di carico.

Inoltre alcuni dei problemi di inquinamento possono essere limitati da un minor

consumo, limitando i mal funzionamenti dei sistemi di trattamento in sito (ad

esempio perdita da fosse settiche), i deflussi inquinanti da sovrairrigazione, la

costruzione di impianti addizionali di trattamento potabile e depurativo, i prelievi

di acque superficiali che implicano degradazione congiunta dei corpi idrici e delle

aree riparie e infine i prelievi d’acque sotterranee.

Si deve rilevare infine la correlazione tra risparmio energetico e risparmio idrico:

com’è segnalato da ricerche americane, il 30% dei consumi energetici domestici è

rappresentato dall’utilizzo d’acqua calda a scopi igienici e dal pompaggio.

Riducendo l’uso dell’acqua si possono ottenere sostanziosi risparmi energetici,

(com’è stato sperimentato anche in Emilia Romagna nelle attività connesse con i

circuiti di alberghi ecologici).

182

6. BIBLIOGRAFIA

Testi

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1998.

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Siti Internet

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Tetto & Pareti, tecnologie e prodotti sostenibili per l’involucro casa, Cà Zorzi

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CURRICULUM VITAE di GALLETTI LORENZO

STUDI Anno 1995: Diploma di Maturità Scientifica conseguito presso il Liceo Scientifico “G. Ricci

Curbastro” di Lugo (RA) con votazione 56/60. Marzo 2004: Laurea quinquennale (secondo il vecchio ordinamento) in Ingegneria per

l’Ambiente e il Territorio - indirizzo Ambiente - orientamento Ingegneria Sanitaria, conseguita presso l’Università degli Studi di Bologna con votazione 93/100. La Tesi discussa ha il titolo: “Uso sostenibile delle acque e sviluppo di tecnologie pulite per il risparmio idrico”; Relatore: prof.ssa Alessandra Bonoli; Materia: Ingegneria delle Materie Prime.

Giugno 2004: conseguimento della Abilitazione alla professione di Ingegnere con votazione

100/120 – I° sessione 2004, I° commissione, Presidente: Prof. Ing. Ezio MESINI. PUBBLICAZIONI “Utilizzo sostenibile e tecnologie pulite basi di partenza per il risparmio idrico” pubblicato a pag. 90-93 della rivista Ambiente & Sicurezza n°2 – 2004 “I servizi idrici locali – Stato dell’arte, mercato e prospettive”, supplemento di Ambiente & Sicurezza n°9 – 18 Maggio 2004, supplemento de “Il Sole 24 ore” distribuito in occasione del convegno H2O - Accadueo - VII edizione - Mostra delle tecnologie per il trattamento e la distribuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle acque reflue, tenutosi dal 19 al 21 Maggio 2004 a Ferrara. ESPERIENZE DI LAVORO

Dicembre 2003 - Ottobre 2004: ho svolto il Servizio Civile presso il Consorzio di Bonifica della

Romagna Occidentale con sede in Lugo (RA), come addetto all’Ufficio Attività Tecniche di Pianura, impiegato in attività di: integrazione di data base consistente nell’informatizzazione di dati cartografici e territoriali; ricognizione dello stato della rete scolante, degli impianti e delle opere pubbliche di bonifica idraulica di pianura.

CONOSCENZE INFORMATICHE Sistema operativo Windows e programmi applicativi Word, Excel, Power Point, GIS – ArcView 3.2; Internet. Linguaggi di programmazione: Fortran 77. CONOSCENZE LINGUISTICHE Buona conoscenza dell’inglese scritto, sufficiente conoscenza dell’inglese parlato.