vickers - tutti i disastri all' opera

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Cose incredibili, ma vere, del teatro lirico

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5/16/2018 Vickers - Tutti i Disastri All' Opera - slidepdf.com

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Pagano Editore

presents

TLJrrrrI

I I=>ISASrrR._I

~I__.I__." C>PE,R._~

bt

Hugh Vickers

~ISTITUTO SUPERIORE01 STUOI MUSICALICONSERVATORIO

" G. C AN T EL LI " - N O VA R A

L - ~ _

. .ztsB IBL IOTECA

]ntrobu?tone bt

Peter U stinov

a p ar te np an nn e s tr an rtn na na bt

Enrico Caruso

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~~ONDO

!\, CIRIGNANO2009

.astro apparticnc allO pera, in

o apparticne alia vita.

i csilaranti cpisodi. in rondo, ci

is co no in ta uo 10 spirito di un

, scrnpre piu corrotto dal

m is mo della ribalta.

i conducono lontano dallc forzatu-

eali el i unindustria sernprc menu

Ia i s ig ni fi ca ti o ri gi na li dcllarte.

os a e li soddisfare Ie superficiali

zc di un pubblico onnivoro c

rosatnente ignorante."

Giuseppe Rosa

I Libri di Bran

Collana pili eclettlcache universale

stessa collana:

.otti, Maria Malibran - Casta diva

t/osa'a, Ccuiticutn NOl'lI111

'chi, Vila di Farinelli

instein, Autobiograjia

alino, Piano Recital

they, La grande 1I11ISic({ tedesca

naccia, Beethoven, WagneJ;

'ingler: WI triangolojatale

'nolo - G . Stelli, Pianosophia

arrocco, Mcmorie di Ul10

-ari

-Plutarco, Della Musica

N ella se ssa c olla n a :

Vittorio Paliotti, Maria Malibran

Arthur Rubinstein, Autobiografia

Piero Rattalino, Piano Recital

Giuseppe Rosa, Canticum Novum

Giovenale Sacchi, Vita di Farinelli

ssima pubblicazione:

ttcr

',w:ioni sul!a uutsica

'how

liventurc critico musicale

PAGANO

L. 28.000

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Hugh Vickers

TUTTI

I D ISASTRI

ALL'OPERA

© 1997, Pagano Editore

Tradotto e curato da: Alessandro Abbate, Angelo Lomonaco

Progetto grafico: Masso Costantino &Otto Zimmermann

Pagano Editore, in Piazza San Domenico Maggiore, 9

M.le Palazzo Sansevero, 80134 Napoli.

E-Mail:[email protected]

PAGANO

FONDO

A. C'R 'GI -JANO

2009_, - . r : ..z~.--- ..

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La casa edi trice ringrazia, per aver partecipato aile varie "campagne" sia del

prima che del secondo volume di "Disastri all 'opera", ovvero a questa pubblica-

zione completa: Alessandro Abbate, Mario B uonafede, Giorgia Callegara.Alberta

Cataldi, Pippo Dottorini, Angelo Lomonaco, Michele Franzese, Giuseppe Rosa.

Tutto sommato , pero, Mario Buonafede - autentico principe dei disastri -10

ringraziamo due volte.

Prefazione dell 'Autore

alla prima edizione

Ho raccolto in questa volumetto un piccolo nume-

ro di disastri occorsi durante la rappresentazione

di opere liriche, un sarcastico tributo "all' arte stra-

vagante e irrazionale". Mi affretto subito a dire

che non si tratta di disastri artistici, rna di disastri

puramente tecnici causati da una sbalorditiva va-rieta di fattori che include sventure, disgrazie nella

direzione scenica, errori di calcolo, presenza di a-

nimali in scena, comportamenti bizzarri del pub-

blico, inattese intromissioni del mondo estemo e,

assolutamente non ultimo, il genius loci delle va-

rie citra che ospitano i teatri.

Tutti gli onori sono dovuti a quegli artisti che ren-

dono questi contrattempi cosi rari e che quando 1 0 -

ro malgrado si trovano a doverli fronteggiare

trionfano su di essi con tanta grazia...Vorrei esprimere il mio riconoscimento a molti a-

mici per l' assistenza prestatami, in particolare a

Jim Reeve, Patrie Schmid, George Shirley e

Nicholas Ward-Jackson.

Maggio 1979

Hugh Vickers

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A Silvio Varvisio, ed alia memoria

di Aido Piccinato grande regista

e mio caro amico.

H.V.

Iruroduz ione

Nessun'altra forma d'arte aspira al sublime ri-

schiando al contempo il ridicolo con Ia stessa

spericoIatezza dell'opera Iirica. Anche senza arri-

vare al disastro, quando tutto va bene Ie insidie non

mancano.Spesso dobbiamo accettare, e di buon grado, che u-

na signora cui Ia natura ha elargito a profusione i

suoi doni debba essere oggetto di un amore non

corrisposto per il semplice fatto di essere una can-

tante. Le cose non vanno certo meglio quando sco-

priamo che il suo drudo e alto non pili di un metroe mezzo, comprese Ie scarpe con i tacchi, Ie quali

fan sl che ogni passo su di un palcoscenico in pen-

denza si trasformi in un potenziale pericoio.

Oggigiomo la faccenda e ulterionnente complicatadal fatto che la gran parte delle compagnie d'opera

stabili * comprendono fondamentalmente quattro

categorie di artisti, con molte sfumature nel mezzo:

quelli che sanno cantare rna non recitare, che e for-se il caso classico nell'opera; quelli che sanno reci-

tare rna non cantare e che spesso vanno straordina-

riamente bene per i ruoli secondari; quei cantanti-

modello che sono capaci sia di cantare che di reci-

tare, spesso giovani americani che non sanno dove

andare se non in Europa; infine quelli che non san-no ne recitare ne cantare, ai quali e pennesso di ri-

manere sul posto di lavoro in base a qualche sche-

ma pensionistico di ispirazione umanitaria.

Certi paradossi erano sicuramente pili facili da ac-

cettare quando la scena operistica era dominata

* Le compagnie d'opera stabil i sono una isti tuzione prati-camente assente nel mondo operistico italiano. n.d.c.

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dalle prime due delle suddette categorie, rna oggi,

insidiata da desiderabili Margherite e Tosche, op-

pure languide e voluttuose Salome, 0 Cavaradossi,

Faust e Giovanni Battista alti e snelli, la divisione

in quattro livelli perde progressivamente terreno.

La conseguenza di tutto cio e stata, naturalmente,

che i critici e gli intenditori sono finiti in orbita in

una stratosfera di raffinatezze nella quale il vero e

l'assurdo sono spesso indistinguibili l'uno dall'al-

tro. Malgrado tutto, la stupidita degli stupidi veri si

muove in un ristretto campo, mentre quell a degli

intelligenti ha un raggio d'azione molto pili ampio

ed effetti ben pili devastanti, aiutata com'e dall'ele-

mento sorpresa.

Gli esperti di vino e i patiti del balletto, gli aficio-

nados della corrida e i melomani hanno tutti affila-

to la propria sensibilita ed impreziosito il proprio

lessico per dare espressione alle nuove sottigliezze

di valutazione, all' interminabile leggere tra invisi-

bili righe, all 'infinito attribuire presunte intenzioni,

al farisaico crogiolarsi in piaceri riservati alle orec-

chie, agli occhi e ai palati pili raff inati.

Di tanto in tanto quest i arbitr i dell'eleganza bistic-

ciano fra loro, aumentando il nostro divertimento.

Appena l'altro ieri un nota critico di un grande

quotidiano inglese di cui tacciamo il nome per la

semplice ragione che non e compito di chi sa di

non essere un critico l'insultare quelli che pensano

di esserlo, ritorcendogli contro le loro stesse parole

ha salutato il Nabucco dell'Opera di Parigi, con u-

na secca stroncatura. Questo sapientone ha accusa-

to il pubblico di aver applaudito per mezz'ora fino

a spellarsi le mani (e tutto a suo sfavore il paragone

con quel critico svedese il quale una volta fece di

tutto per elogiare una rappresentazione, rna fu co-

stretto a concludere l' articolo con le seguenti, a-

sciutte parole: "11 pubblico e venuto meno").

Seccato di essere stato battuto ai voti, questa

Feinschmecker* ha add otto a motivo della sua

sconfitta che, malgrado il regno di Rolf

Liebermann, il pubblico parigino appare tanto pro-

vinciale quanta 1 0 era venticinque anni fa per 1 0

straniero abituato al Metropolitan e al Covent

Garden, ''l'unica differenza e che adesso si illude

che il suo gusto sia sofisticatezza musicale".

o di vina presunzione! Gli habitues del

Metropolitan e del Covent Garden naturalmente

non pensano niente del genere di se stessi. Sono al

di sopra, al di sotto 0 comunque al di la di questa

genere di considerazioni, sebbene forse per un

pubblico veramente sofisticato ed esperto come

quello di Osnabruck 0 di Marsiglia, di Parma 0 di

Lubiana, il nadir del provincialismo si puo tran-

quillamente raggiungere non solo a Parigi rna an-

che a New York e a Londra.

Quelli che scrivono di opera lirica, 0 ne discutono

alla radio, r iescono a farci sorridere 0 al pili ci re-

galano un attimo di ilarita. Adesso con Hugh

Vickers, ci sbellicheremo dalle r isate, senza la qual

cosa nessuna rassegna delle glorie dell'opera, e dei

precieuses ridicules che le accompagnano, sarebbe

completa.

Perfino un'istituzione gesti ta perfettamente come il

teatro dell'Opera di Amburgo non e a prova di di-

sastro.

Prima di una rappresentazione di Gotterdammerung

una comparsa si ammala, rna si pensa che non va-

lesse la pena di fissare una ulteriore prova per i-

* Bongustaio. n.d.c.

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struire il sostituto. In fondo, tutto cio che Schultz

doveva fare era entrare con Schmidt, il quale I'ave-

va gia fatto molte volte, e poi insieme avrebbero

dovuto sollevare il feretro di Sigfrido e trasportarlo

solennemente dietro Ie quinte. L'unica cosa che pre-

meva al direttore di scena era che Schultz avesse

un'aria solenne. Schmidt spiega sommariamente lascena al collega e poi tutti e due andarono al bar per

ingannare l'attesa. Giunto il momenta di entrare in

scena Schultz e Schmidt, con aspetto dannatamente

solenne, si avviarono suI palcoscenico, afferrarono

la bara ciascuno ad un'estremita e si ritrovarono

faccia a faccia; allora posarono la bara, si girarono

tutti e due dall' altra parte e la sollevarono di nuovo.

Tutto il genio di Wagner e tutta la solennita di

Schultz messi assieme non riuscirono ad impedire

che gli apatici amburghesi si producessero in to-nanti risate, seguite da applausi scroscianti.

L'immensa potenza e bellezza dell' opera lirica nel

migliore dei casi perderebbe una dimensione, se

privata della possibilita che si verifichi un disastro,

senza che vi fosse un accenno di ridicolo. E sem-

pre suI filo del rasoio che si realizzano Ie cose pili

belle, pertanto non e un' atto di impertinenza rae-

contare i disastri operistici, bensi un "necessario"

sovrappiu ogni qualvolta si intenda rendere omag-

gio al melodramma.

A pagina 77 troverete il racconto di come ho av-

viato la mia giovane figliola all'opera, e con quali

esiti. Sono lieto di poterla incoraggiare ancora una

volta inviandole una copia di questa delizioso libro

di Hugh Vickers.

Peter Ustinov

10

Ringrazio la signora Jenny J : I i l l per l~ sua str.aor-di aria storia, che innalza di colpo I Australia alIn .. di Nlivello di Londra, San Franc~sc.o,pe~sm? I ewYork, quale tribuna di grandl disastri all opera.

L compassata Perth difficilmente puo .essereconsiderata la sede adatta per mettere in see-

na Salome, rna ilgiovane produttore, anticonfor-

rnista e provocatore, era deciso a scuotere l' .esi-

stenza degli abitanti della citta con questa r~cca

orgia tedesca di incesto, necrofilia e fato. Chiese

quindi ai tecnici di realizzare .un'orren~~ testa

insanguinata di Giovanni Battista da utilizzare

alla fine della grande scena conc1usiva quando

Salome insiste per baciarlo sulla bocca. Durante

Ie prove, tuttavia, sorse il solito contras~o s~questioni di buon gusto tra ilproduttore e 11di-

rettore del teatro. Dopo un'interminabile discus-

sione il produttore si convinse ad acconsentire

che la testa fosse portata in scena coperta da un

panno bianco. Nel frattempo il soprano, una si-

gnora «di statura imponente e terrificante» che

arrivava dalla Germania Est, aveva litigato con i

tecnici, con il risultato che quando arrivo la sera

della prima, il pubblico resto pietrificato fino al-

la scena finale, attendendo con timore e appren-

sione il momento in cui il vassoio d'argento con

, la testa di Battista venne lentamente portato in

scena. «Figlia di Erodiade, tu bestemmi», grido

Erode. «Non m'importa, bacero la sua bocca»,

replico Salome. La testa si avvicinava, l'orche-

stra continuava a sferzare l'aria in un impeto e-

rotico, necrofiliaco, il momento arrivo: Salome

strappo ilpanno e... sul vassoio c' era una pila di

Salome

Richard StraussPerthAustralia

Occidentale,

1978

11

 

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sandwich al prosciutto. Lei sprofondo sotto un

cumulo di risate e il sipario fu chiuso.

se che entrambi gli ufficiali superiori degli eser-

citi rivali erano fanatici dell'opera, e uno dei due

era fratello del piu celebre baritono brasiliano,

Nelson Portela. Lo stesso Portela quella sera

cantava nella Boheme e gli ufficiali si misero

d'accordo che, colpo di Stato 0no, sarebbero an-

dati insieme ad ascoltarlo. In effetti la loro gita a

Rio costituiva un' occasione eccezionale. Si rae-conta che si siano precipitati al teatro con i ri-

spettivi mezzi blindati personali, ed e inutile pre-

cisare che avevano lasciato i lora uomini intenti

a giocare una partita di calcio con i carrarmati a

fare da pali delle porte. Goulart torno in fretta e

furia dalla Cina il giorno dopo, rna probabilmen-

te solo perche sperava di riuscire a vedere l'ope-

ra anche lui.

Dall' Australia ci spostiamo in Sud America, do-

ve l' opera e quasi indistinguibile dalla vita reale.

Ad ogni modo, e sorprendentemente radicata no-

nostante le lingue nazionali siano 1 0 spagnolo e

il portoghese. Mi ha molto sorpreso scoprire una

vivace, sebbene un po' caotica, tradizione d'ope-

ra a Rio de Janeiro. Abbondano infatti gli eventi

inconsueti: una volta, per esempio, fu impossibi-

le ascoltare «0 dolci baci» di Carlo Bergonzi a

causa di un' enorme banda di samba che aveva

incominciato a provare per il carnevale nella

piazza antistante il teatro.

L' opera ha svolto un ruolo determinante nella

Rivoluzione del 1964, che in ogni caso fu un e-

vento tipicamente brasiliano. Accadde che il

presidente Django Goulart fosse in viaggio nella

Cina popolare (spariva spesso senza avvertire; u-

na volta fu rintracciato dopo tre settimane men-

tre assisteva a Un Ballo in Maschera al Teatro

della Pergola, a Firenze) e l'esercito si mosse.

Ma - trattandosi del Brasile - malauguratamente

c'erano due eserciti rivali: uno era la raffinata

Terza Armata di San Paolo, I'altro la feroce

Quarta Armata di Belo Horizonte. Entrambi ave-vano l' ordine di occupare il Palazzo

Presidenziale a Rio rna, come accade a tutti, sco-

prirono che era quasi impossibile attraversare la

citta nell' ora di punta con i lora carrarmati. Al

Palazzo arrivarono contemporaneamente e, dopo

qualche momento di grande tensione, gli ufficia-

li di una parte e dell'altra si incontrarono: emer-

1213

 

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Passiamo al Teatro Co16n, vanto dell' Argentina,

che e il pili grande teatro d'opera del mondo, al-

meno COS! sos tengono lora (oppure e il

Metropolitan di New York 0La Scala 0 il Teatro

Massimo di Palermo, chissa), Ad ogni modo,

raggiunge un livello elevato sia nell' opera sia

nei disastri all' opera: c' e un' ampia scelta di e-

sempi. Come al Covent Garden, la spada di

Sigfrido non e riuscita a fracassare l'incudine 0,

l' incudine stessa, manovrata dalle quinte, si e a-perta troppo presto, oppure, comandata da

Sigfrido, con un ritardo di cinque 0 sei secondi.

Quello che segue e il mio disastro preferito.

Tosca riserva orrori anche peggiori. Maria

Jeritza inciampo e cadde distesa a faccia a ter-

ra davanti a Scarpia. Non ebbe il tempo di alzarsi,

COS!canto l' intera «Vissi d' arte» distesa sulla pan-

cia. E stato fatto spesso, rna di solito su una chai-

se longue', distesi 0piegati sulla schiena sul tavo-

10 di Scarpia, 0 in qualche altra posizione scomo-

da. II problema fu che il palcoscenico del Co16n eenorme e nel punto in cui giaceva lei non c'era il-

luminazione: mentre i tecnici ancora facevano va-

gare i riflettori nel tentativo di inquadrarla nel fa-

scio di luce di un proiettore, lei termino.

La ValchiriaRichard Wagner

Buenos Aires

Dal Sud America dove andare se non in Irlanda?

La produzione di un' opera in Irlanda comporta

una quantita di problemi assurdi in qualunque

sede che non sia il delizioso Festival di Wexforde persino Wexford, come vedremo, puo fornire il

contributo di un disastro.Ricordo che Anthony Besch mi raccontava di a-

ver lavorato con la Dublin Grand Opera Society

anni fa; diceva che si poteva arrivare ad avere

quarantacinque minuti per le prove di cinque 0

sei opere, che i cantanti venivano dai posti pili

lontani, che non c'era assolutamente nessun tee-

nico a disposizione: se a quelli che apparente-

mente erano i responsabili si domandava dovefosse una tale persona, rispondevano invariabil-

mente con l'affascinante-irritante replica irlan-

dese «Oh, e andato all'Ovest».

II risultato fu che l' intero staff di scena era com-

posto di nobili irlandesi amici di Anthony: si po-

g

Uiil fuoco magico non ha avuto 10 stesso

effetto esplosivo e accecante del Covent

G en', d'altra parte e sembrato un po' pili au-

tentico quando Giampiero Mastromei ha colpito

la roccia: e apparso infatti un grande muro di

fuoco e lui e state costretto a dare una nuova in-

flessione ironica alle parole «Nur wer meines

Spitzes fiirchtet; durchschreite fas Feue nie ... »2

mentre scappava dal palcoscenico con la barba

in fiamme. Un tremendo destino molto temuto

dagli Scarpia quando qualche avventata Tosca

avvicina troppo la candela aIle loro parrucche

(sembra che sia accaduto una volta a un giovaneNorman Bailey in Germania, alla fine degli

Sessanta).

1)Vedi pagina 89.

2) La frase in italiano suona pil i 0 meno COS!: Chi ha paura

della mia spada non potra mai attraversare il fuoco. 3) Sedia a sdraio, in francese nel testo.

14

ToscaGiacomo Puccini

Teatro Colon,Buenos Aires,

1950 circa

15

 

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teva incontrare Jonathan e Desmond Guinness

mentre si caricavano sulle spalle enormi pezzi di

scenografia, 0 vedere il Conte di Rosse appol-

laiato sopra il proscenio mentre faceva cadere la

neve artificiale nella Boheme ... L'altro elemento

a rischio, naturalmente, sono gli spettatori.

Tutt' altro che assente, il pubblico irlandese e

passionale, entusiasta, simile a quello italianoper la frequenza dei commenti ad alta voce, per

esempio «Che diavolo sta combinando?» al mo-

mento della fuga di Leporello nel Don Giovanni.

Ad ogni modo, ecco l' episodio che mi pi ace dipili.

davanti al sipario e spiego che 1 0 sfortunato te-

nore era appena tomato dall' Africa e che era af-

fetto da una leggera forma di malaria. A cio una

voce dalloggione replico: «Ne vorrei una botti-

glia, allora ...»

In tema di problemi che sorgono dalla messa in

scena di «Che gelida manina» non possiamo

certamente dimenticare Caruso.

Com'e noto a Caruso non piaceva Nelly

Melba, al punto che, in un'occasione, subito

prima di annunciare che la sua piccola mana era

gelata, afferro una patata bollente dalle quinte e

ce la piazzo dentro. Ma questa storia e del tutto

autentica? Secondo un'altra versione, persino pili

offensiva, si trattava di una salsiccia. Sono sicuro

che i rniei lettori vorranno mettere a disposizione

le informazioni di cui dispongono per chiarire co-

me sono realmente andate Ie cose. Per esempio,

non e stata registrata la reazione di Melba: una

bottiglia di champagne al lettore che escogita la

soluzione pili ingegnosa in linea con il disastro.

Dopo tutto, si tratta di una povera cucitrice di

Parigi, in pieno invemo; il dono di una patata bol-

lente da parte di un perfetto sconosciuto avrebbe

anche potuto risultarle gradito: lei avrebbe potuto

stringerla con ardore tra Ie labbra piuttosto che ti-

rargliela in faccia... Ah, lascio a voi la soluzione.

La BohemeGiacomo Puccini

Dublin Grand

Opera Society

Itenore non era semplicemente ubriaco, rna

completamente sbronzo. Mentre cercava la

chiave di Mimi sul pavimento, sbatte cosi vio-lentemente contro la sua testa che lei lancio un

urlo di dolore: l'inizio di «Che gelida manina»

fu ritardato perche lui letteralmente non riusciva

a trovare la mana di Mimi (si deve riconoscere

pero che 1'illurninazione non era gran che); una

risata clamorosa scoppio in sala quando final-

mente lui accetto 1'invito al caffe Momus: ov-

viamente avrebbe dovuto essere in grado di en-

trare senza difficolta, rna barcollo suI «do» acuto

prima di crollare rovinosamente nelle quinte.L'intervallo fu particolarmente lungo, e il pub-

blico scommetteva se il tenore sarebbe riapparso

oppure no, e in questa caso quale scusa plausibi-

Ie sarebbe stata addotta. In perfetto stile irlande-

se l'organizzazione produsse qualcosa di total-

mente inaspettato che nessuno avrebbe ritenuto

possibile. La solita figura in smoking apparveEro abituato a pens are che gli spettatori francesi

dell 'opera fossero esc1usivamente del partito di

16

I. '.1.

[I

La Boheme

Giacomo Puccini

New York

The MetropolitanOpera, 1936

17

 

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quelli che «sono qui per farmi vedere». Ma la

grande proliferazione di nuovi festival - ad Albi,

per esempio - ha smentito completamente que-

st'idea. In Inghilterra, invece, Ie vecchie abitudi-

ni del pubblico sono dure a morire.

II Cavalieredella Rosa

Richard StraussGlyndebourne

Festival, 1980

g uesta splendida produzione fu progettata da

Erte che, come Visconti, decise di aggiorna-

re lavoro, ambientandolo in questa caso a

meta del diciannovesimo secolo piuttosto che

nel mondo dell ' Art Noveau. (Personalmente an-

cora non riesco a capire perche se Capriccio si

svolge sullo sfondo del diciottesimo secolo IlCavaliere della Rosa non dovrebbe.)

Ciononostante i costumi di Erte erano favolosi,

un' orgia di colori e stili del Secondo Impero. Perquesta credo che la conversazione udita per caso

nell'intervallo sia particolarmente significativa:

UOMOALLADONNA:«Sai chi e l'autore?»DONNAALL'UOMO: «Dovrebbe essere Mozart.»

UOMOALLADONNA:«Che cosa ti fa pensare che

sia Mozart?»

DONNAALL'UOMO: «Non hai visto i costumi ...»

18

Unodei commenti piu puntuali fu raccolto

per caso dall' editore di questa libro al

Covent Garden. Mario del Monaco non era in

grado di cantare Otello e con un breve preavviso

era stato sostituito dall ' allora semisconosciuto

tenore canadese James McCracken. Fu un debut-

to da considerare alla stregua di quello dellaSutherland nella parte di Lucia alcuni anni pri-

ma; tutti i componenti il cast, del quale faceva

parte Tito Gobbi nella parte di Jago, cantarono

come angeli e McCracken, come tutti oggi sap-

piamo, fu una vera rivelazione nel ruolo princi-

pale. Mentre il pubblico, esausto per Ie emozioni

e stanco per gli applausi, lasciava la platea,

un' anziana nobildonna disse con tono di disap-

provazione a un' altra: «Mia cara, ho sempre

pensato che i matrimoni misti fossero un errore,e questa ne e la prova».

Sembra tuttavia che di recente gli spettatori del

Covent Garden si siano svegliati, il che e senzadubbio dovuto aIle severe critiche contenute nel

mio precedente libro. Per esempio, durante l'ul-

tima rappresentazione della Norma in cui Sylvia

Sass faceva una comparsa certamente discutibile

nel ruolo che da il titolo all' opera, scoppio unamagnifica zuffa claque-contro-claque, a colpi di

copie arrotolate del Times, ombrelli, fogli con gli

ordini del giorno del Parlamento, e tutto cio che

fosse capitato a portata di mano. In effetti la pro-

duzione era un po' infelice.

OtelloGiuseppe Verdi

RoyalOpera House

Covent Garden,anni Sessanta

19

 

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NormaYincenzo Bellini

RoyalOpera House

Covent Garden1979

Shirley Verrett ha svelato che il gong puo es-

sere dannoso quanta l'incudine. II gong in

questione era un gigantesco attrezzo fomito da J.

Arthur Rank" (non avrebbe potuto essere altri-

menti poiche per protesta le maestranze avevano

rimosso la maggior parte dell'allestimento sceni-

co). Al momenta culminante del secondo atto,

miss Verrett dette il primo dei tre colpi che do-vevano chiamare a raccolta i Druidi, con tale

forza che la parte superiore del martelIetto del

gong schizzo suI pa1coscenico, dove rimase fin

quando non fu sospinto abilmente dietro le quin-

te con il tacco da uno dei coristi. La povera miss

Verrett a quel punto doveva suonare altre due

volte il gong con il martelletto senza testa, men-

tre il pubblico del Covent Garden era in preda a

una crisi isterica. Perlomeno lei non colpi nessu-

no: Therese Tietjens, soprano tedesca del dician-novesimo secolo, prese una tale rincorsa all 'in-

dietro con il braccio da colpire il tenore suI naso

facendolo crollare a terra. Posso aggiungere che

Bellini con quel gong e stato veramente sfortu-

nato. Come potremmo noi, cittadini del mondo

post-vittoriano, non associarlo ai richiami Ai

piano superiore, Ai piano inferiore'l Piuttosto

che una sacerdotessa che sollecita la sua gente

alla sacra lotta per la liberal, sembra una came-

riera designata dal maggiordomo a chiamare a

raccolta per la cena gli anziani ospiti di una

noiosa riunione in una casa di campagna.

4) Industriale cinematografico inglese.

20

Una magnifica reazione del pubblico del Covent

Garden che ho sentito di recente, e quell a che haavuto il rnio arnico Philip Hope-Wallace.

Nel bel mezzo di una magnifica interpretazio-

ne di Ileana Cotrubas e Alfredo Kraus nel

duetto d' amore, il sipario fu chiuso a causadell 'allarme per una bomba. (Era la stagione del-

le bombe; il direttore d' orchestra Silvio Varviso

era scampato per un pelo a un'esplosione nel ri-

storante Scott.) Ma Philip, che non intendeva es-

sere distolto dai piaceri dell' opera da simili pic-

colezze, commento: «Perche John Tooley [l'am-

ministratore generale] non ha valutato la situa-

zione pili attentamente? Era un preavviso d' al-

larme di venti minuti e mancavano solo dodici

minuti alla fine della scena». Temo pero cheCotrubas e Kraus abbiano pensato che il loro a-

more, gia abbastanza difficile, fosse veramente

troppo pericoloso in simili circostanze ...

C' e da dire, tuttavia, che nulla al mondo avrebbemai potuto spaventare la signora Cotrubas: il suo

esordio come Violetta nella Traviata alIa Scala,

infatti, e un classico caso di disastro evitato. L'e-

pisodio si e verificato prima dell'incidente appe-

na narrato: lei era molto giovane e pur conoscen-

do la parte di Violetta, non l' aveva mai cantata

in pubblico. La Scala stava per aprire la stagione

con una Traviata di Luchino Visconti, in pro-

gramma di lunedi, rna sia Maria Callas che la

sua sostituta caddero malate il venerdi preceden-

teo Non essendo possibile scritturare un'altra

La TraviataGiuseppe Verdi

RoyalOpera HouseCovent Garden,

meta deglianni Settanta

21

 

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cantante in Italia, chiamarono a casa della signo-

ra Cotrubas vicino Glyndebourne, rna lei era a

far spese a Londra e suo marito era in bagno

quando squillo il telefono e non riusci a rispon-

dere. Quando finalmente riuscirono a mettersi in

comunicazione, lui prepare le valigie, ci infilo 1 0

spartito della Traviata e si precipito a Londra.Arrivarono a Heathrow appena in tempo per

l'ultimo aereo per Milano, rna l'aeroporto era

coperto dalla nebbia e il yolo fu cancellato. II

mattino dopo, sabato, tutti i voli da Heathrow fu-

rona annullati e la nebbia si fece pili fitta.

Attesero in un albergo vicino l'aeroporto. All'al-

ba di domenica, a Heathrow il cielo era pulito

rna c' era nebbia su Milano Linate. Lunedl, il

giorno della spettacolo, entrambi gli aeroporti e-

rano aperti e riuscirono ad arrivare a Milano, do-ve trovarono un corteo di automobili con la scor-

ta in testa al quale c' erano il sindaco di Milano,

il direttore della Scala Ghiringhelli e un Visconti

un po' teso. Schizzarono via attraverso strade te-

nute appositamente libere, e poi riuscirono a

provare una sola volta i passaggi pili difficili

della parte: la signora Cotrubas indosso il costu-

me, ando in scena senza un momenta di riposo

e, alla fine, fu chiamata alIa ribalta ventiquattro

volte.

22

Ci sono, naturalmente, disastri causati da sern-

piice assenteismo, spesso dovuti alla vicinanza

all'ingresso degli artisti di un bar 0 di qualche

altro locale. Berlioz nelle sue Memoirs racconta

che era veramente raro che almena meta dell'or-

chestra dell' Opera di Parigi fosse presente, rna il

cora era anche peggio. Si sa che in Italia i coristihanno chiesto un extra per quelle opere - IlFlauto Magico, per esempio - nel finale delle

quali il cora si ridesta, al contrario di quelle co-

me Manon Lescaut, nelle quali possono andarse-

ne a casa dopo il terzo atto.

Alla fine di un ultimo atto trionfale, il diretto-

re scopri che non solo il coro rna anche I'in-

tera orchestra era scomparsa, lasciando Manon eDes Grieux soli sul palcoscenico. Cost si trovo

nell'imbarazzante situazione di indirizzare i pro-

pri ringraziamenti verso un golfo mistico vuoto.

Forse dopo essere stati tenuti a stecchetto a

Cardiff i musicisti gallesi non erano riusciti a re-

sistere aIle leggendarie attrazioni di Brighton,

oppure avevano sentito qualcosa sugli orari di a-

pertura e di chiusura in citra.

Manon LescautGiacomo Puccini

The Welsch

National OperaBrighton Festival,

1978

23

 

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La Sonnambula

Vincenzo Bellini

La ScalaMilano, 1963

Ancora un omaggio alla Callas. Raramente

nella storia dell' opera una cantante ha co-

niugato il teatro con la vita reale in un effetto

straordinario come quando la diva, suI punto di

essere giustiziata come Anna Bolena, guardo di-

ritto al palco vuoto del suo nemico, il direttore

del teatro Ghiringhelli , esattamente sulle parole

«Il palco funesto» (che in un chiaro doppio sen-

so si riferivano sia al ceppo del boia sia al palco

del teatro).

LSonnambula di Bellini costituisce sicura-

mente il test pili severo possibile per i rap-

porti tra cantanti e orchestra. Camminando nel

sonno naturalmente si hanno gli occhi chiusi, co-

si non si ha neanche la possibilita di essere un

po' aiutati con qualche indicazione da parte del

suggeritore 0 del direttore. Mi sono molto stupi-

to per come la Callas interpretava la parte in mo-do assolutamente convincente, come alla Scala

nel 1963.

Nel 1966 ebbi L'opportun ita di chiedere a

Luchino Visconti come aveva fatto ad ottenere

una scena con un simile effetto. La risposta fu

che aveva fatto un uso geniale di un senso che

normalmente non viene assolutamente associato

a un palcoscenico d' opera: l'olfatto. Visconti

portava sempre nel taschino un fazzoletto con un

tocco di un profumo inglese al quale era partico-larmente affezionato. Quando la Callas disse che

piaceva anche a lei, a Visconti venne in mente di

mettere uno dei suoi fazzoletti suI letto durante

la scena in cui la cantante doveva camminare a

occhi chiusi, in modo che fosse guidata in quella

direzione dal solo profumo. Funziono perfetta-

mente tutte le sere. Solo successivamente si rese

conto di avere avuto la fortuna che nessun musi-

cista dell' orchestra della Scala - e nessuno spet-

tatore - avesse quello stesso profumo, altrimentiavremmo avuto un altro disastro all'opera, e ve-

ramente catastrofico.

Grandi notizie da Los Angeles. I lettori forse

ricordano che nel mio precedente libro ho

raccontato di uno sfortunato tenore italiano che a

Citta del Messico, durante una pausa in una pro-

duzione di Carmen, fu arrestato dalla polizia lo-

cale in un bar vicino al teatro perche somigliavaa don Jose, cioe un disertore dell'esercito. Ma

sembra che la Carmen possa essere pericolosa

perfino per gli orchestrali. II trombettista Gilbert

Johns, della Los Angeles Philarmonic, era nel

bosco che circonda l'Hollywood Bowl per lan-

ciare da dietro le quinte il segnale con la tromba

che richiama don Jose in caserma. Un geniale

poliziotto 1 0 arresto con la motivazione che stare

nella valle di Robin Hood con una veste bianca

estiva indosso e una tromba in mana come mini-mo costituisce un comportamento molto sospet-

to. Sembra che il povero Johns abbia una bella

sfortuna con gli spettacoli all'aperto. Un'altra

volta, per esempio, e stato attaccato da uno scia-

me di api nel mezzo della seconda sinfonia di

Bruckner ...

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Anna Bolena

Gaetano Donizetti

La ScalaMilano, 1961

Carmen

Georges BizetLos Angeles

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Don Giovanni

WA. Mozart Porse tutta la musica costituisce veramente

un'aggressione alle emozioni, anche Mozart.

II film Don Giovanni di Joseph Losey e un otti-mo esempio in questa senso. A rischio di divaga-

re dal mio tema gia di per se vago, che cosa ef-

fettivamente avviene in Don Giovanni? Questa

mi sembra un' ottima occasione per discutere su

quello che si verifica all 'inizio dell'opera. Se don

Giovanni in realta ha sedotto donna Anna, la

grande aria che lei canta nel primo atto, nella

quale descrive gli avvenimenti a Ottavio, e unabugia. E sembra anche forzare Ie regole della

probabilita drammatica oltre ogni limite poiche

l' opera, sebbene definita «dramma giocoso»

dall 'autore del libretto Da Ponte, si ritrova nella

tradizione dell' opera buffa ed e quindi fonda-mentalmente realistica. D'altro canto tutti colgo-

no il contenuto erotica delle parole di donnaAnna «Era gia alquanto avanzata la notte...». La

mia sensazione e che si debba partire dal presup-posto che l' opera del diciottesimo secolo, come

tutte Ie opere classiche, intenda dire esattamente

cia che dice, a meno che non ci sia un chiaro mo-

tivo per pensare il contrario. Se Anna vuol dire

quello che dice abbiamo una spiegazione molto

pili coerente piuttosto che se in realta e stata se-

dotta da don Giovanni. 10 credo che quello che a-

scoltiamo sia il lamento di una donna che non estata sedotta da lui, rna che avrebbe voluto.

Sicuramente questo e il primo rifiuto che don

Giovanni abbia mai ricevuto e introduce l'azione

drammatica e la caduta di Giovanni. Anna sta

chiaramente pensando che la sua morale tradizio-

nale (dimostrata nella scelta di Ottavio come pro-

prio fidanzato) e il suo stupido orgoglio hanno

causato la morte del padre. Se cosi non fosse ,

perche mai direbbe a Ottavio che inizialme.nte ha

scambiato don Giovanni per lui? Se Ottavio non

fosse mai andato a trovare Anna di notte per fare

l' amore non avrebbe senso dirglielo.

Evidentemente aveva pensato davvero che fosse

Ottavio e poi aveva scoperto che era uno scono-

sciuto rna molto attraente. Cosi aveva gridato -

esattamente come afferma - e don Giovanni ave-

va pensato bene di dileguarsi per evita.re..di af-

frontare gli uomini d'arme del Commendatore.

Altrimenti sarebbe sicuramente rimasto fino al

mattino presto per poi sgattaiolare via. .,

Va ricordata anche la stupefacente teoria di

Jeremy Maddon-Simpson, secondo la quale du-

rante l'opera don Giovanni seduce sei donne.

Una teoria sorprendente se la si mette a confron~

to con le critiche tradizionali, come quella diEdward J. Dent (in Mozart's Operas), ilquale

sostiene che il personaggio principale fa tutto f~-

mo e niente arrosto e che non seduce propno

nessuno. Un tipico esempio dell+ambiguita

dell ' opera che fornisce argomenti per due letture

addirittura antitetiche. Sfidato a difendere la pro-

pria interpretazione, un po' come Le?orell05

,

Maddon-Simpson presento la seguente lista:

1.Donna Anna, all'inizio.

2. Zerlina, al finale del primo atto, quando e-see di scena urlando (don Giovanni sarebbe

dovuto essere molto veloce, in questa caso,

rna suppongo che per un esperto come lui il

tempo fosse sufficiente).

26

5) Nella seconda scena del primo ~tto, Leporello elenca le

conquiste del padrone a donna Elvira,

27

 

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3. La cameriera di donna Elvira, dopo la serena-

ta, nella presunzione che nessuna donna avreb-

be potuto resistere al suo canto (rni piace questa

teoria perche rni e sempre sembrato che ci fossequalcosa di strano nel rapido cambiamento di

enfasi che dopo la serenata si sposta da don

Giovanni su Leporello, il quale scompare).

4-5. Due ragazze di paese nell'intervallo, pri-ma dell' inizio del secondo atto. «Se alIa fine

del primo atto Giovanni stava fuggendo per e-

vitare la 'buoncostume', perche all' inizio del

secondo e cost contento?» Questo aspetto fu

sottolineato da Losey nel suo film, nel quale il

secondo atto si apre con un duetto con

Giovanni che si diverte con una ragazza di

campagna semi-svestita.

6. La moglie di Leporello. E questa mi piace

molto perche i personaggi dell' opera classicaintendono dire esattamente cia che dicono.

Non solo don Giovanni dice a Leporello che

ha incontrato una signora che 1 0 conosceva,

rna alIa battuta di Leporello «e suppongo fos-

se mia moglies>, Giovanni scoppia a ridere

fragorosamente e ribatte «meglio ancora!»,

provocando in tal modo la prima affermazione

della statua - «di rider finirai ...» - e quindi l' e-

pilogo dell' opera. Don Giovanni sta sfacciata-

mente stuzzicando Leporello su una relazioneche ha avuto con sua moglie, probabilmente

per qualche tempo (sarebbe assolutamente nel

personaggio e spiegherebbe molte cose sullo

stretto rapporto tra Giovanni e Leporello).

Come ho gia detto, non sono d' accordo con

Maddon-Simpson per quanta concerne donna

Anna, perche credo che se Elvira e Anna fossero

entrambe nella stessa posizione l'opera perde-

rebbe senso. Infatti, secondo Ie convenzioni del

diciottesimo secolo, esse dovrebbero essere a-

cerrime rivali. Ma non 1 0 sono, anzi provano una

reciproca simpatia, malgrado i lora atteggiamen-

ti nei confronti di don Giovanni siano ben diver-

si. Anna vuole la vendetta, sebbene questa senti-

mento sia temperato dal rimorso per la morte del

padre; Elvira fino all'ultimo momenta e dispostaa perdonare don Giovanni e ad amado. Per que-

sto motive le parole del suo recitativo finale, «a-

perto veggio if baratro mortal», sono state inter-

pretate in modo del tutto corretto da Losey come

una confessione religiosa in cui lei prega per l'a-

nima di don Giovanni e per la propria. Le sue ul-

time parole sono in effetti «mi tradi quell 'Alma

ingrata», mentre quelle di Anna, si faccia atten-

zione, sono rivolte a Ottavio: «non mi dir, bell ' i-

dolo mio, che io son crudele can te».

Cost torniamo al punto di partenza. Anna ama

Ottavio, e lui va regolarmente a fade visita di

notte. Questa, cari lettori, e la mia teoria: potete

dissentire quanta volete, rna non mi spostero di

un centimetro.

6) In inglese nel testo. I due corsivi successivi sono invecein italiano.

28 29

 

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Boris Godunov

AfodestAfusorgskij

Opera di Parigi1980

Le TableauParlant

Andre Gretry

Lione, 1936

La dissertazione su Don Giovanni, e in partico-

lare sul film di Joseph Losey, ci rimanda al no-

stro argomento.

Come nel caso di Don Giovanni, la maggior

parte della critic a tradizionale ha trovato

l'opera «deliziosa rna esasperante». Questo av-

venne perche Losey decise di capovolgere tutte

le convenzioni fondamentali sistemando i can-

tanti davanti e l' orchestra dietro di loro in una

specie di gigantesco cappello da neve russo.

Risultato: la voce dei cantanti risaltava come in

una di quelle incisioni di Wagner della Decca,

perche il suono dell'orchestra sembrava arrivare

dalla stanza a fianco, 0 anche da pill lontano. In

questa caso, Losey rimane senza giudizio, seb-

bene sia invece promosso a pieni voti 1 0 splendi-do baritono Ruggiero Raimondi per un epico

Boris.

Avendo fatto ritorno in Francia, dobbiamo ricor-

dare cia che avvenne in una delle opere preferite

di Sir Thomas Beecham alla prima rappresenta-

zione di cui si abbia notizia in quel paese.

g uesta e un'effervescente opera buffa di ispi-

razione italiana di un ottimo Gretry, che in

a e l'unico compositore belga importante.

(Mi auguro che illettore ricordi l'Avenue Gretry

che porta alla Grande Place a Bruxelles e, di

gran lunga pill importante, 1 0 splendido ristoran-

te Gretry.) L'intreccio e pura commedia

30

dell'arte': il vecchio e volgare Cassandro e inna-morato di Isabella, che e a sua volta innamoratadel giovane e bello Leandro. Piero e Colombina

(confidente di Isabella) completano il gruppo di

cinque personaggi. Pill 0 meno a meta della vi-

cenda, Cassandro riesce a fare entrare nella sua

stupida testa che gli altri quattro personaggi

stanno tramando qua1cosa. Finge COS! di partireper Parigi, rna in realta resta nascosto vicino ca-

sa, per scoprire che cosa sta accadendo. Ora la

scena e dominata da un gigantesco ritratto di

Cassandro. Al momento cruciale del duetto d' a-

more tra Isabella e Leandro, Cassandro raggiun-

ge il massimo del voyerismo, stacca la testa del

ritratto e ci mette la sua per guardare. (So che

questa sembra un po' troppo persino per l 'opera,

rna ho assistito a una rappresentazione ed e vera-

mente esilarante.) E COS! avrebbe dovuto esserea Lione, sennonche l' immagine del volto - gia

sagomata - si rifiuto di venir via e il cantante, Ii

dietro, si agito tanto da scivolare. Crolla tutto al

suolo: lui, il ritratto, la testa sagomata. Credo

che la causa fatale sia stata che per raggiungere

l'altezza della testa, abbia dovuto salire su un ta-

volo.

Nell'atto di Lilas Pastia, don Jose edEscamillo caddero da due diversi tavoli;

don Jose alla fine dell'aria dei fiori. Che stupido,

niente di strano che Carmen 1 0 respinga. In ef-

fetti, ho sempre pensato che il reclutamento di

don Jose induca cattivi pensieri sul valore dell'e-

CarmenGeorges Bizet

Bologna, 1958

7) In i taliano nel testo.

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sercito spagnolo: per esempio, difficilmente 1 0 si

puo immaginare alIa testa di un' azione militare

brilIante. AlIo stesso modo, nel caso di

Escamillo, ci si stupisce che un uomo che non

rie~ce a restare in piedi su un tavolo per tre mi-

nuti possa avere maggiore fortuna in un' arena.

Ad ogni modo, con i tavoli il problema non ernai come salirci rna in che modo si scende. Se si

utilizza una sedia 0una panca (Carmen, Palermo

1981) si da inevitabilmente una sensazione di

de?o~ezza. L'unica soluzione e di saltare gill, rna

poi SI deve avere un punto di appoggio 0 un aiu-

to, preferibilmente le braccia di qualcuno.

COS}

Fan TutteW. A. Mozart

Venezia, 1974 Que.st~bella messa in scena, allestita in modooriginale da GUnther Rennert, prevedeva al-

cum salti su tavoli nella prima scena. Rennert,

con molto buon senso, ha scelto come ambienta-

zione una taverna (Non capisco perche non si fa

sempre cosi: dove altro possono trovarsi tre uo-

mini che fanno squallide scommesse?) e c' era

quindi una quantita di tavoli. Fernando saltava

su uno per eseguire «una bella serenata» e

Guglielmo su un altro per cantare «in onore di

Citerea». In quella situazione avevano un aspet-to del tutto naturale, con Alfonso a terra tra loro.

Quando lui disse «sara anch'io tra i convitati»

saltarono gill ambedue contemporaneamente ~

subi~o d.opo i tre uomini si strinsero la mane per

fare IIgiuramento. II tutto era di grande effetto.

32

Scrivendo queste cose qui a Firenze, ho ram-

mentato un altro episodio che non fu un disastro,

rna una vera e propria tragedia all' opera.

Mnon e un' opera!», stara gridando il

« lettore. Ebbene, per la precisione e un

melodramma, rna se si ascolta I' intero lavorocon tutti i sei brani di musica d'accompagna-

mento di Beethoven (non esattamente la famosa

ouverture) e se questi ultimi sono eseguiti da una

grande orchestra sinfonica posta di fronte al pal-

coscenico e diretta da Gianandrea Gavazzeni, e

se la favolosa messa in scena e di Visconti, sicu-ramente e pill un' opera che altro.

A mane a mane che Ie prove andavano avanti,

il teste e la musica s'integrarono sempre me-

glio. Durante i brani di Beethoven - a1cuni dinotevole lunghezza - gli attori sarebbero rima-

sti fermi dando forma a un quadro plastico

molto espressivo (come quando, per esempio,

Egmont consegna la propria spada al governa-

tore spagnolo).

Arrive il momento della prova in costume,

all' aperto, nel cortile di Palazzo Pitti, in una

perfetta serata di giugno. La splendida messa in

scena e i favolosi costumi - le luci si rifletteva-

no sulle corazze delle guardie - facevano pensa-re ora a un Rembrandt, ora a un Velasquez che

avesse preso vita. 10 ho avuto il piacere di os-

servare tutto cio seduto a fianco a Marcello

Mastroianni. Eravamo entrambi immobilizzati,

ipnotizzati. La sera successiva, la sera della pri-

ma, mezz' ora prima dell' inizio, si aprirono le

cateratte del cielo e piovve come solo Firenze

Egmont

Goethe, Ludwig

Van BeethovenPalazzo Pitti

Firenze, 1967

33

 

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Carmen

Georges Bizet

Heidelberg

Albert Einstein

pUO sapere". Che ci crediate 0 no, piovve con

assoluta regolarita per tutta la settimana di rap-

presentazioni previste. 11pubblico non ha mai

visto 1 0 spettacolo, che non e mai stato ripetuto.

Povero Visconti; rna persino i grandi sono alla

merce del vento e delle intemperie. Tutto il suo

staff per il film «Marte a Venezia» rimase bloc-

cato per quindici giorni perche l'operatore non

era contento della luce per una singola ripresa ...

Idirettore d' orchestra Ian Reid ricorda:

«Quando diressi Carmen a Heidelberg, don

Jose rammenro troppo tardi di non aver preso il

coltello per pugnalare Carmen nell'ultima scena.

Decise quindi di strangolarla. La ragazza che in-

terpretava Carmen penso che lui fosse impazzito

e si difese combattendo come una tigre. E in

qua1che modo continuo a cantare, un po' in sor-

dina, durante uno strangolamento prolungato».

Q uesto, sebbene non sia esattamente un disa-

stro all' opera, dimostra di averne Ie caratte-

ristiche, addirittura nella forma pili elevata. II

grande Albert Einstein e stato, tra l'altro, un bril-lante violinista dilettante e per parecchi anni ha

guidato un quartetto amatoriale-semi professio-

nale a Harvard. Una sera proprio non riusciva afarne una giusta. Si trattava, naturalmente, di u-

no di quei «facili» quartetti del primo Haydn.

8) II 4 novembre delI'anno precedente, a causa delle ab-

bondanti piogge, I'Arno era straripato inondando Firenze

e numerosi piccoli centri, e provocando oltre cento morti.

34

Dopo che Einstein aveva sbagliato per la ~ua~a

volta ad entrare nel secondo movimento, II VIO-

Ioncellista gli rivolse uno sguardo disperato e gli

disse: «11tuo problema, Albert, e semplicementeche non sai contare».

Isoprano Linda Esther Gray ricorda: «So~o

stata I 'ultima studentessa formata al vecchio

Opera Centre nell'East End di Londra. E la ~o~a

volta che ho visto un cantante addormentarsi III

scena e stato in una produzione dell' OperaCentre.

«11povero tenore della Boheme stava poco b~n:

e si era riempito di Valium. 1 0 interpretavo MImI

e stavo morendo nel quarto atto. Musetta mi a-

veva portato un costoso manic otto per mantener-

mi calda sul letto di morte e io le chiesi se I' a-vesse comprato. II tenore avrebbe dovuto canta-

re "L'ho comprato io" rna poiche (apparente-

mente sprofondato nella disperazione ai piedi

del letto) stava dormendo, Musetta canto al po-

sto suo. Questa e quella che si chiama presenzadi spirito».

Stavo assistendo il pili meticoloso .dei diretto-

ri, Anthony Besch, in una delle pnme rappre-sentazioni di questo eccellente lavoro, sotto l~

direzione del compositore. La storia mota quasi

interamente intorno alla presenza di un cadavere

nel letto - l'uomo e morto subito prima dell'ini-zio dell'opera - e ri~uarda le reazioni dei fa~i-

liari e degli amici. E quindi estremamente im-

portante che ci sia un corpo nelletto. La squadra

La Boheme

Giacomo Puccini

Opera Centredi Londra

Thea Musgrave

Anthony BeschOpera Centre

di Londra, 1961

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Don Carlos

Giuseppe Verdi

Royal OperaHouse

Covent Garden

Londra, 1959

dei tecnici aveva realizzato un manichino molto

realistico. Anthony, del tutto a ragione, non si

affido ne a me ne a nessun altro per accertarsi

che tutto fosse pronto, e insistette per portare lui

stesso il cadavere. Tuttavia, nell' agitazione che

precede tutte Ie opere, se ne dimentico fino

all'ultimo momenta e il sipario si sollevo rive-

lando al pubblico stupefatto un'elegante figurain smoking che attraversava di corsa il palcosce-

nico stringendo a se un corpo che sembrava vi-

vo. Dopo l'ouverture severa e lugubre, la scena

non era esattamente in sintonia, anche perche

l' opera e ambientata in Scozia nel Medioevo.

Pelleas et Melisande di Debussy e un' operagravida di pericoli. Ci sono molte cose che

possono andare storte, soprattutto nella scena in

cui Melisande fa pendere i capelli dalla finestra

sotto la quale il suo innamorato sta aspettando.

La logistic a impone che si tratti di un' improba-

bile treccia lunga di soli to cinque 0 sei metri, e

molti appassionati d' opera hanno fatto tesoro deiricordi di capelli che si staccano al primo tocco

appassionato di Pelleas, lasciandolo nell'impac-

cio con una matassa di nylon giallastro 0 di stop-

pa in mana e con una Melisande improvvisa-

mente tosata che 1 0 guarda dall'alto.

Elisabeth Soderstrom, tuttavia, una volta si e im-battuta in un nuovo e originale pericolo.

Interpretava Melisande ed era stata fornita di

un' orribile treccia biondo-rossastra, lunga cin-

que metri, che puntualmente calo dalla finestra.Malauguratamente, la coda della treccia ando a

finire diritta nella bocca aperta di Pelleas, il cui

canto si spense in un borbottio strozzato. Dopo

quest'episodio il rapporto tra idue si raffreddo,

sebbene lui facesse del suo meglio per abbrac-

ciarla con l'entusiasmo che la parte richiede.

Una.dell~ messe in scena di Visconti pili affa-

scmanti e belle da vedere fu una vera partita

a tennis che aveva luogo nel secondo atto, aIlespalle dei personaggi principali, nel palazzo del-

la regina di Spagna. La sera della prima, alla

quale io ero presente, fu un'elegante scena somi-

gliante a quelle di Velasquez, con due comparse

che facevano andare avanti e indietro una pallina

molto lentamente, senza interferire con l'azione

principale. La seconda sera, pero, il senso del

dovere abbandono Ie due comparse della Royal

Opera, che avevano ambedue la passione del

tennis. Completamente dimentichi di dove fosse-ro e di cio che stavano facendo, corninciarono a

colpire la pall i na come in una vera partita. Lo

scambio termino con una terrificante schiacciata

che per fortuna manco di poehi centimetri Boris

Cristov, che interpretava Filippo II, prima che la

pallina andasse a finire nel golfo rnistieo.

Pilidi un Conte nelle Nozze di Figaro si e tro-

vato in situazioni molto bizzarre, persinopeggiori delle difficolta che riesee a procurarsi da

solo. Si racconta che in un'oceasione, avendo ar-

redato l'appartamento nuziale destinato a Figaro

e Susanna con particolare generosita, l'intero pal-

co del primo atto era ingombro di mobili coperti

da teli che Ii proteggevano dalla polvere. Questo

Conte era un sostituto che aveva appena avuto

36

Pelleas

et MelisandeClaude Debussydata e luogoignoti

LeNozze

di FigaroW A. Mozart

37

 

. .

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II Franco

Cacciatore

Carl Mariavon Weber

Hannover, 1960

modo di provare, 0non aveva provato per niente,

prima che iniziasse la programmazione. Quando

venne il momenta di scovare Cherubino nel suo

nascondiglio, quindi, si rese subito conto che non

ricordava assolutamente dove guardare.

Comincio a correre avanti e indietro tirando via

un telo dopo l' altro dai mobili accatastati.Malgrado il furtivo, sempre pili frenetico tentati-

vo di Susanna e Basilio di indicargli la direzione

giusta, era tanto confuso che, per fare andare a-

vanti l 'opera, Cherubino dovette venir fuori vo-

lontariamente dal suo nascondiglio, rovesciando

cosi completamente l'intreccio.

S

ono profondamente grato a Sir Ashley

Clarke, ex ambasciatore britannico aRoma,

e instancabile promotore di Venis in Peril, per la

seguente storiella. Spero che il lettore sia d' ac-

cordo che con Il Franco Cacciatore entriamo

nella sfera dell' assolutamente incomprensibile.

10 non ho mai conosciuto nessuno che sappia di

cosa tratti l'opera. Silvio Varviso, nonostante ab-

bia diretto il lavoro parecchie centinaia di voIte,

mi ha confessato di non averne idea. August

Everding, di cui fu tanto ammirata l 'incantevole

messa in scena a Covent Garden tre anni fa, con-

ferma che anche lui 1 0 ignora. 10 certamente non10 so. Tutto quello che so, 0 che mi pare di aver

capito, e che il fatale settimo colpo" non e desti-nato ad Agatha - 0 piuttosto 10e , rna viene de-viato verso Caspar, il che sembra proprio una

buona cosa - . Ora, Sir Ashley mi assicura che in

9) Si tratta di una pallottola magica.

38

questa particolare occasione, tuttavia, la pallot-

tola ha mancato ambedue i personaggi e ha col-

pito un albero, e che itecnici, ai quali quel parti-

colare Max non piaceva, dall' albero fecero cade-

re una lepre morta. Magra caccia, se posso espri-

mermi cosl. Colpire una lepre seduta su un albe-

ro con il settimo colpo farebbe disonore perfinoal proverbiale irlandese che scaglia una freccia

verso il cielo e 10manca.

39

 

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SigfridoManchester, 1976

La ValchiriaLa Scala, 1959

La tradizi?nale sezione dedicata a Wagner que-

sta volta SIapre con l'inestimabile contributo del

t~nore Alberto Remedios che ha fatto un magni-

fICOshow nel corso del Covent Garden RingCycle.

come quell a di Hans Hotter al Covent Garden

nel 1948, che fece esclamare pubblicamente a

Philip Hope-Wallace: «C' e bisogno che il palco-

scenico sia costruito come le Terrazze Mappin

alIo Zoo? Le Valchirie non sono antilopi .. .»

Sigfrido si a~vicina con la consueta trepida-zione alla figura addormentata di Bruniide

temendo il momento potenzialmente comico di

quando Ie toglie il busto della corazza e ricomin-

cia con Ie parole «Das ist kein Mann» 10. II suo

a~teggiamento deciso ha eliminato la possibilua

di qualsiasi risolino da parte del pubblico, rna

persmo la sua professionalua e stata messa a du-

ra prova quando sotto il busto ha visto un fo-

glietto con la scritta: «Non disturbate, colazione

alle 7.30 con il te».

Questa e un' altra stupenda storia di

Melchior", Egli era pronto per il momenta

in cui, nel terzo atto, il malvagio Telramund gli

tende un tranello nella stanza della sposa.

Immaginate la sua profonda costernazione quan-

do, tuffandosi sotto il letto per afferrare la sua

spada nascosta, scopri che l'incompetente orga-

nizzazione aveva dimenticato di mettercela.

Privo di armi, affronto uno stupefatto Telramund

con un secco sinistro alla mandibola, che pero

riusci ugualmente efficace.

Iuno degli innumerevoli disastri dovuti alla

differenza di statura tra i protagonisti, Sigfrido

(Wo~fg~ng Windgassen), che indossava scarpe

con il nalzo, perse l'equilibrio dopo aver libera-

to Nothung dal tronco dell 'albero: nel balzo ver-

so Sieglinde inciampo all' indietro sullo spigolo

del palcoscenico. Vedendolo avvicinarsi ad una

tremenda velocita, lei semplicemente allargo Iegambe e lui ci scivolo sotto finendo vicino al

golfo mistico, dieci metri piu in lao Dev' essere

stato uno dei piu grandi scivoloni in Wagner - estato descritto come un orso polare che viene gill

da uno scivolo - al contrario di semplici cadute

Sempre al terzo atto, il tenore che interpretava

Lohengrin ebbe grossi problemi, questa volta

non perche aveva perso la spada, rna perche sfor-

tunatamente soffriva di malaria, come il nostro

tenore irlandese. Forse la sua identificazione con

il personaggio fu eccessiva, 0 semplicemente

scopri che la sua Elsa era tanto meravigliosamen-

te attraente che la terza volta che lei fu abbastan-za stupid a da infrangere il suo comandamento

chiedendogli il suo nome, egli salta mentalmente

alIa fine dell ' opera e rispose con voce squillante:

«De in ritter, ich bin Lohengrin bekannt» (<<lo,

II)Lauritz Melchior, tenore danese naturalizzato americano

tra i pili completi interpreti del repertorio wagneriano.0)In italiano: «Ma questo non e un uomo».

40

LohengrinNew York

The Metropolitan

Opera, 1937

Lohengrin

Opera di Parigi

41

 

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tuo cavaliere, mi chiamo Lohengrin»). Per fortu-

na gli operatori del eigne" non si aspettavano u-

na simile entrata, altrimenti avremmo avuto il pili

breve «Lohengrin» che ci fosse mai stato...

In questa caso puo sembrare che il soujjZeur (sug-geritore) sia stato coIto di sorpresa. Come avrebbe

potuto immaginare che Lohengrin dimenticasse il

passaggio pili importante di tutta la parte? D'altro

canto e dovere del soujjZeur prevedere il peggio.

In Italia il suo compito e reso ancor pili difficiledal fatto che ci si aspetta che faccia anche il diret-

tore d' orchestra. Di solito non ci si rende conto

che non sempre i cantanti riescono a vedere il di-

rettore nel golfo mistico e che, a causa del grande

frastuono che essi stessi producono, spesso nonriescono neanche a sentire l'orchestra. Di qui la

grande proliferazione di impianti televisivi a cir-

cuito chiuso nei moderni teatri d'opera e il sem-

pre pili esteso ruolo artistico del soujjZeur nei pili

vecchi. II problema, pero, e che il soujjZeur puo

andare in contrasto con i tempi del direttore al

punto da determinare una velocita del tutto diver-

sa da quella dell'orchestra. Ecco un esempio.

Carmen

Georges Bizet

Palermo. 1981I

direttore dell' orchestra, Gottfried Schmidt di

Colonia (in Germania chiamato affettuosa-

mente Fritz il Violino), mi racconto che l'orche-

stra era riuscita a battere di cinque secondi i can-

12) Nel primo atto Lohengrin appare sui f iume su una na-vicella tirata da un cigno e nel terzo atto scompare nellostesso modo. II cigno si trasforma poi in Goffredo, fratel lo

di Elsa.

42

tanti alIa fine del quintetto del secondo atto. II

suono faceva pensare a Bizet interpretato da un

allievo di Webern piuttosto sregolato. N€

Gottfried pensava che fosse possibile migliorare

la situazione. «La pros sima volta Ii batteremo di

dieci secondi», diceva con tono orgoglioso.

Sfortunatamente non restai a Palermo abbastan-za a lungo per scoprire se aveva ragione ...

Ci vuole certamente una capacita particolare per

produrre Tr i s tano. Durante il secondo atto e na-

turalmente essenziale che i due amanti siano

sdraiati. Ma e quindi molto difficile per loro, do-vunque giacciano realisticamente vicini l'uno

all ' altra, vedere il direttore. Se tuttavia non sono

sdraiati uno a fianco all 'altra, l'impatto del duet-to risulta in qua1che modo diminuito. Mio fratel-

10, D. V. H. Vickers, mi ha raccontato che la pri-

ma volta che ha visto Tr i s tano fu in Germania e

che i protagonisti non giacevano vicini. La can-

tante che interpretava Isotta sembrava sdraiata

su un materasso; solo quando si alzo, come me

l'ha raccontata, si rese conto che lei era il mate-

rasso.

Venezia, in una forma 0 nell' altra, e sempre

associata ai disastri, rna questo particolare

Tr i s tano sembra avere attratto il peggio che La

Serenissima possa offrire. La scena sembrava

fatta interamente di plastica nera, rna il momento

pili interessante della rappresentazione fu quan-

do Isotta disse «Spegni la luce della fede», nel

secondo atto. Per qualche intoppo elettronico,

Tristano e Isotta

Richard Wagner

La Fenice

Venezia, 1981

43

 

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Idomeneo

W. A. Mozart

La Fenice

Venezia, 1981

tutte Ie luci del teatro e della sala scelsero quel

preciso istante per accendersi. Peter Maag, che

dirigeva, prosegul con la consueta professiona-

lita malgrado 1 0 scoppio di risa del pubblico.

onde, sirene, foche - e balene - avrebbe dovuto la-

sciare il palcoscenico e poi fare ritorno.

Nonvoglio criticare La Fenice - se in tutto il

mondo c' e un teatro pill bello fatemelo cono-scere - rna sembra colpita dal destine ogni qual

volta da il via a una qualsiasi produzione speri-

mentale. (Una volta II ho assistito alla peggiore

messa in scena di un lavoro di Shakespeare che

abbia mai visto. Era The Winter 's Tale, e tra il pub-

blico c'era Ezra Pound. II giorno dopo, 1 0 incon-

trai a una festa in suo onore e gli chiesi che cosa

ne aveva pensato. Con il solito modo di fare laco-

nico, alzo lentamente 1 0 sguardo e disse: «Stanco e

lezioso», che riassumeva perfettamente cio che io

pensavo delle spettacolo). Nell'occasione di cuiparliamo c'era un Idomeneo, di nuovo con le de-

corazioni in plastica nera, e anche con un tentativo

di rappresentare il mare. Una squadra di ballerine

era stata reclutata per interpretare sirene, foche e

altre cose che sembravano balene; c'erano anche

dei ballerini stesi intorno che pretendevano di es-

sere onde. Tutte queste persone sembravano legate

insieme e davano l'idea che sarebbe state straordi-

nariamente problematico (mi hanno riferito i miei

informatori) se, come era possibile, una di lore a-vesse avuto improvvisamente bisogno di lasciare

in fretta e furia il palcoscenico per una qualche ra-

gione personale urgente. Una specie di conga" di

13) Danza popolare cubana di origine africana che si ballain gruppo durante Ie feste di carnevale.

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Carmen

Georges BizetRoyal Opera

HouseCovent Garden

1932 circa

Boris Godunov

ModestMusorgskijTeatro BolscioiMosca, 1979

C~loro. ch~ mi scrivono mi fanno pensare che gli

animali SUI palcoscenici dell' opera si comporti-

no peggio che maio L'anna scorso a Verona, per

esempio, gli elefanti restarono davvero tranquil-

Ii, rna i cammelli si comportarono in modo di-

sdicevole, e proprio nel punto in cui avrebbe do-

vuto passare il corpo di ballo. Ma come potrei

non riferire la seguente storiella di Beecham?

Ameta del terzo atto Sir Thomas si rese conto

che suI palcoscenico c'era un cavallo, che

aveva la funzione di aggiungere colore locale al-

Ia caverna dei contrabbandieri. In effetti era il

solito vecchio cavallo che il Covent Garden uti-

lizzava sempre come Grane nel Crepuscolo de-

gli dei", amato dagli spettatori per la sua buffa

abitudine di mastic are rumorosamente pezzi discenografia. In quell' occasione, improvvisamen-

te volse il didietro con gesto teatrale e deciso e

fece la cosa piu indelicata possibile. La musica

si fermo, l' intero teatro cadde nel silenzio e dalla

platea arrivo la sentenza di Sir Thomas: «Un cri-tico, perdio!»

I

cavallo d~l Boiscioi ha. sempre uno squisito

senso musicale. Un cornspondente mi scrivedi essere rimasto affascinato dal modo in cui

durante Ie due arie nelle quali il cantante 1 0 ca-

valcava, muoveva Ie sue enorrni orecchie a tem-

14) Grane e il cavallo di Brunilde donato a Sigfrido. «II

crepuscolo degli dei» e la terza parte della trilogia di

Wagner «L' Anello del Nibelungo», dopo «La Valchiria» e«Sigfrido», e dopo i l prologo «L'Oro del Reno».

46

po di musica con I'espressione beata da vincito-

re del Derby. Durante l'applauso aveva accenna-

to a scalpitare, rna sarebbe stato piuttosto inop-

portuno perche i suoi grandi zoccoli produceva-

no un rimbombo cavernoso sulle tavole del pal-

coscenico, inappropriato per I'ambientazione

nella steppa russa.

Unodei miei corrispondenti rni ha scritto per

dirmi quanta si sia divertito a frequentare i

pub giusto di fronte agli ingressi delle quinte,

dove incontrava soldati romani, duchi di

Mantova, orsi e cost via. Orsi? Questo rni ha fat-

to cominciare a pensare: in quante opere com-

paiono orsi? Ho rammentato una conversazione

che anni fa ho avuto con il produttore AldoPiccinato, il quale non riusciva a ricordare in

quale opera avesse utilizzato leoni vivi. Siamo

andati per elirninazione: Figaro? Certamente no.

La Vedova Allegra? Improbabile (la risposta era,

naturalmente, Poliuto di Donizetti). Comunque,

la sola opera che conosco con un orso che canta

e La Zingara (1752) di Rinaldo da Capua. E unadeliziosa opera buffa su un fratello e una sorella

zingari che ingannano un anziano mercante ven-

dendogli un orso che da spettacolo, il quale e inrealta il fratello mascherato. Producendo questa

lavoro ho imparato molto: (a) sull'impiego degli

orsi in palcoscenico, (b) sulla resistenza dei te-

nori costretti a provare a una temperatura di qua-

ranta 0 cinquanta gradi con un pesante costume

da orso indosso, e soprattutto (c) sulla straordi-

naria difficolta nel noleggiare un costume del

Orsi

II

47

 

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Firenze

genere. Arrivai al Theatre Zoo in Drury Lane (al

quale va il mio ringraziamento) fornito delle mi-

sure del tenore e chiesi se avessero un costume

da orso. Il commesso mi guardo con commisera-

zione. «Che tipo di orso?», mi chiese. «Beh,

quanti tipi di orsi ci sono?» «Ce ne sono tre:

~'orso a pelo liscio, quello irsuto e quello moltoirsuto». «Bene - dissi - tanto per provare, vedia-

mo quello molto irsuto». «Che tipo di testa?»

domando lui. «Testa?» «Si, vuole quella rigida ~

la maschera di pelliccia?» «Proviamo la masche-

ra di pelliccia». «Di che colore?» (A quel punto

ero pronto a tutto) «Bene, quanti colori avete?»

«C'e in nero, in marrone scuro, marrone marro-

ne chiaro, beige, rosa e bianco». '

Ando a finire con una meravigliosa creatura

marrone scuro e un fausto, sebbene inusuale e-sordio della carriera del giovane tenore Adrian

Martin (ora all' English National Opera North).

propria voce, nella piena consapevolezza di tutto

cio che questa scelta comportava. Forse la mo-

derna disperata passione per le nostre cantanti -

Callas, Sutherland - in qualche modo tende pro-

prio a una simile, assoluta, fede nell'arte.

Ammesso che vi piaccia la spaventosa veemenza

per la quale la Cavalleria Rusticana ed I

Pagliacci non hanno rivali sulla scena, ammesso

che vi colpisca quell'elemento dell' opera di ag-

gressivita, solo cosi puo essere definito, di assal-

to alle emozioni.

Sembra che il baritono Gratarollo fosse co-

stretto in una qualche forma di assurda riva-

lita c~n una foca dello zoo locale. L'animale gri-

dava IIIpreda ad un gioioso delirio ogni qual

volta lui lanciava up acuto. Cio suggerisce che

gli zoo e i teatri dell' opera non devono essere

collocati vicini ...La storia suggerisce anche, non per la prima vol-

ta, che tutta I' opera dip ende essenzialmente

dall' effetto fisico della voce, sia essa umana a-

nimale 0 persino una cosa di mezzo... Per secoli

la voce d:opera pill ammirata e stata quella del

castrato '.E acclarato che molti ragazzi preferis-

sero subire I 'operazione piuttosto che perdere la

4948

 

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Iacconti del diciottesimo secolo fanno costan-

temente riferimento alle vere e proprie competi-

zioni tra i grandi castrati e vari strumenti, tra i

quali sorprendentemente il pill popolare era la

tromba. Castrati come Farinelli (1705-1782) eb-

bero una straordinaria carriera internazionale

con sbalorditivi compensi in denaro, pill vicini aquelli delle stelle del cinema che dei cantanti

d'opera attuali. Inoltre, avevano la possibilita di

divertirsi molto con le signore, alle quali offriva-

no garanzie - come solo loro potevano fare - in

un'epoca in cui icontraccettivi erano pratica-

mente inesistenti. II povero Farinelli, tuttavia,

dovette pagare a caro prezzo l' ammirazione di

cui era circondato. Per venticinque anni rimase

pill 0 meno intrappolato nella Corte di Spagna,

costretto a cantare Ie stesse arie ogni sera per

mesi per 1 0 stupido Filippo V, che poi tentava di

imitario con lugubri ululati. (Domenico Scarlatti

aveva dovuto sopportare una situazione analoga

alcuni anni prima, indi abbiamo oggi oltre sei-

cento magnifiche Senate"). Carlo III di Napoli

era un altro sovrano del diciottesimo secolo al

quale piaceva darsi importanza. Pare che bersa-

gliasse con ciambelle alla crema dal palco reale i

suoi sudditi, che dovevano stringere i denti e

sopportare.

Solo nella consuetudine di vestirsi eleganti perandare all'opera rimane ancora un po' dello spiri-

to dell'influenza reale. A Canareggio, a Venezia,

incontrai una vecchia signora che mi disse di a-

mare l' opera e di ascoltarla alIa radio, rna di non

essere mai stata alla Fenice. «Come mai?», chie-

si. «Ma signore, non ho i vestitiw": Cercai di

spiegarle che di questi tempi non e necessario a-vere una tiara da mettersi in testa. Lei scosse la

testa tristemente: «Ormai e troppo tardio",

Le api possono essere pericolose, cani e ca-

valli possono provocare disastri, rna peggio-

ri di tutti possono essere i gatti e sono molto gra-

to alIa signora C. A. Rogers che ne ha fomito la

dimostrazione. Rigoletto stava per gettare nel

fiume il sacco contenente non il cadavere del

suo nemico, come lui credeva, rna quello della

sua amata figlia Gilda. Mentre ilcantante stava

per raggiungere il momento di maggiore tensio-

ne della tragedia, il pubblico comincio a ridere.

Egli si giro e si accorse che un gattino vagabon-

dava sulla scena e continuava a graffiare il sacco

contenente il «cadavere», che sobbalzava quan-

do le unghie vi penetravano. Fino a quando il

cantante non trovo il momento giusto per scac-

ciare l'animale dal palcoscenico con un calcio.

15) Pochissime Sonate furono pubblicate mentre Scarlatti

era vivo e pare che i manoscrit ti a noi pervenuti s iano stati

redatti per Farinelli.

16) In italiano nel testo.

17) In italiano nel testo.

50

RigolettoGiuseppe Verdi

Sadler sWells

TheatreLondra, 1950

 

p

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ToscaGiacomo

Puccini

Data e luogo

ignoti

Era una produzione a costi molto bassi, di

quelle particolarmente inc1ini all' incidente,

con un allestimento scenico ridotto al minimo.

All'ultimo momenta il produttore mando un gio-

vane assistente a cercare delle pa1le di cannone

per dare verosimiglianza alla scena finale. L' as-

sistente, un ragazzo fantasioso e intraprendente,

ritorno appena in tempo con una partita di pallo-

ni da spiaggia comprati a buon mercato. In fretta

e furia i palloni furono dipinti di nero, e senza

perder tempo furono incollati insieme in modo

da formare una pila e piazzati sugli spalti merla-

ti, dove sembravano vere e proprie palle di can-

none. Ma Tosca, salendo di corsa i gradini per

fare il suo balzo fatale, riusci a colpire la pila

con un piede. Come i palloni da spiaggia, anche

la colla doveva essere particolarmente economi-ca, infatt i la pila si disintegro e, liberi, ipalloni

rimbalzarono giu per le scale e sul palcoscenico

e sorvolarono il golfo mistico per atterrare in

platea.

Passando ora alla Francia, faccio ancora mille

scuse ai miei amici francesi per aver mancato di

accordare a «la belle France» la fama di Londra

e di New York in questa campo. Una 0 due giu-

stificazioni: la prima e che sotto il regime'S di

Rolf Liebermann I'Opera di Parigi e stata tra-sformata in uno dei pil i grandi teatri del mondo;

la seconda che quasi tutti gli aspetti dell' opera

francese sui quali e possibile fare satira sono giastati trattati da Berlioz nelle sue memorie. Posso

18) In francese net testo.

52

tuttavia raccontare questa episodio riferito da

Peter Ustinov.

C

ito Ie sue parole: «Avevo quattro mulini a

vento. Quello in fondo funzionava pe~fetta-

mente perche dentro c'era un uomo molto ~Iccol?e quindi molto intelligente, cost questo muhno gi-

rava... 11pili vicino, nel quale c'era un uo~o mol-

to pili grosso e ottuso, ruotava n:o~to pIll lenta-

mente. Nel terzo c' erano due uormlll che non an-

davano d'accordo sul piano politico, cost la cosa

era molto incerta; quello davanti, infine, aveva un

motore elettrico chc improvvisamente, la sera de~-

la prima, comincio a girare ~l c?ntrario corne se II

vento soffiasse in un'altra direzione ...»

Unsabato sera il baritono Niall Murray stava

interpretando Papageno nella produzione di

Il Flauto Magico dell'English National Opera;

naturalmente cantava in inglese. A un certo

punto, Papageno e Tarnino attendevano un carro

che doveva scendere da un soppalco contenente

i tre genietti che avrebbero detto lora dove an-

dare.«Ma il carro si blocco in qualche punto nascosto

sopra le nostre teste e ci fu una scarsa presenz~di spirito, oltre al debole vocio stridulo fuon

scena del soprano angosciato. .«"Credo di sentire un carro", cantai speranzoso.

"Anch'io", rni fece eco Tamino ad alta voce dal-

le quinte. I rnacchinisti stavano lotta~do da qual-

che parte sopra di noi per sbloccare il carro, rna

senza successo.

Don Chisciotte

Jules MassenetOpera di Parigi

II Flauto Magico

W A. Mozart

EnglishNational Opera,

1977

53

 

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«Nell'opera talvolta bisogna saper valutare il

momento in cui gli spettatori stanno per ridere

ed entrare prima che 1 0 facciano. "Niente di stra-

n? ch~ s!a i~ ritardo", dissi loro. "II carro viag-gra SUI binari delle ferrovie britanniche".

«Alla fine, il direttore di scena decise che dove-

va almena consegnare il contenuto del carro. II

flauto magico cadde dall'alto. Avrebbero dovuto

esserci a1cune campane, rna non si materializza-rono. Comparve invece una scodella di frutta. Si

schianro sulla mia testa facendomi vacillare».

AidaGiuseppe Verdi

Opera di Parigi

1971

AGrace Bumbry, che interpretava Amneris,

fu chiesto di salire su una scalinata di enor-

me effetto - memore dell' ordine di Robert de

Montesquiou «come quella dell'Opera, solo pill

grande» - quando lentamente essa comincio a

spaccarsi a meta lungo la giuntura delle due partiche la componevano, su ognuna delle quali la

cantante aveva un piede. Solo un salto da balle-

rina la salvo da una situazione imbarazzante e

per .la ~erita, anche dal rischio di essere tagliat~m filetti come un salmone affumicato.

La Traviata

Giuseppe Verdi Si racconta la seguente storia di Giuseppe Di

Stefano che interpretava Alfredo. Nel secon-

do atto il1ibretto prevede che lui lanci a Violettai s~ldi vin.ti aIle carte, come pagamento per i

SUOl passati favori e come estrema offesa in pub-

blico. Mise quindi la mano nel taschino, poi

cerco con costernazione nelle tasche dei pantalo-

ni e in ogni altro posto in cui il costumista a-

vrebbe potuto nascondere Ie banconote false. Ma

54

non erano da nessuna parte e fu quindi costretto

a dare uno schiaffo a Violetta. Si dice che lei, del

tutto impreparata a tale aggressione, non

gliel' abbia mai perdonata.

Quest'opera era gia stata celebrata per.l'inter-

pretazione di Mose da parte di JosefGremdl. Ma quella particolare sera si verifico un

problema. L'orchestra era «assistita» da una se-

rie di altoparlanti attraverso i quali al suono de-

gli strumenti si aggiungeva una colonna sonora

stereofonica appositamente preparata.

Sfortunatamente, per una delle leggi dei disastri

all' opera, il sistema elettronico fu involontaria-

mente collegato alla locale base dell'US Air

Force". Cosi Mose si trovo in competizione con

uno strano sottofondo di bollettini meteorologicitecnici, di brani di Liberacc" e di alcuni dei

maggiori successi di Elvis Presley.

19) Aeronautica statunitense. .

20) Pianista e cantante di musica leggera famoso In

America scomparso recentemente.

Mose e Aronne

ArnoldSchoenberg

Deutsche Oper

am Rheim

Colonia, 1962

55

 

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E vero che Richard Strauss richiede al tenore di

Intermezzo di entrare in scena sugli sci, uno

spettacolo raramente offerto ai frequentatori

dell'opera, rna nell'interpretazione de La Vestale

di Spontini al recenteWexford Festival l 'intero

cast affrontava una sorta di Cresta Run21 dell' o-pera.

La VestaleGaspare Spontini

Wexford Festival,

1980

L Vestale e ambientata nella Roma imperia-

le, e per quella produzione del Festival 1 0

scenografo aveva riprodotto i marmi del Foro

r~mano con una pavimentazione di plastica

blanca lucida distesa su un palcoscenico molto

inclinato. Ilproduttore dette precise istruzioni

perche sulla plastica fosse spruzzata una sostan-

za antisdrucciolevole (gli irriverenti dissero che

si tratt~va di.~imonata), rna per l 'ultima rappre-sentazione CIO non avvenne. II tenore entro i

piedi gli partirono da sotto e poco artisticamedte

scivolo sulla scena. Arrancando, cerco di rigua-

dagnare l 'equilibrio e raggiunse la relativa sicu-

rezza dell'altare centrale, al quale si aggrappo

mentre ancora cantava. Li fu raggiunto dalla

Grande Sacerdotessa, che aveva cercato di indi-

rizzare la propria scivolata pill attentamente.

Quando per il soprano - la Vestale del titolo _

venne il. momento di entrare in scena, era giastata avvisata e avanzo misurando i passi con fin

21) Mitica pista ?i s littino di Saint Moritz, nota perc he e-

stremamente pencolosa: e citata da James Bond che, nelromanzo «Agente 007 al servizio di Sua Maesta» di Ian

Flem~ng, da cui e stato tratto anche un film, racconta di a-

ver vissuto «un minuto di paura allo stato puro» perco r-rendola con gli sci.

56

troppa cautela. Dopo aver intrapreso la propria

aria principale si rese conto che non era in grado

di muoversi da dove si trovava. Senza smettere

di cantare, raggiunse Ie quinte, si tolse le scarpe

e rientro in scena. Ma cost facendo aveva soltan-

to peggiorato la situazione e spari una second a

volta per riapparire senza calze. La maggiore a-

derenza dei piedi nudi trionfo e lei r iuscl a unirsi

al gruppo centrale senza perdere il decoro.

Quando pero entro il coro, una folIa di preti, cit-

tadini e soldati che per qualche motivo non era-

no a conoscenza di cio che stava accadendo,

caddero a uno a uno unendosi ai colleghi in un

mucchio che arrancava sulla scena.

Era una di quelle festose e briU~~ti produzioni

di carnevale ed era presente I mtera alta so-

cieta della Germania Occidentale. II direttore a-

veva deciso, come di consueto (e anche abba-

stanza opportunamente), di organizzare un ulte-

riore spettacolo per gli ospiti al party del princi-

pe Orlovsky. Era previsto un recital pianistico:

che inevitabilmente comportava la presenza dl

un pianoforte sulla scena. L'azione dell'opera si

ferrno e i tecnici, appropriatamente vestiti da

lacche, spinsero il pianoforte sulle rotelle. Forse

spinsero troppo energicamente, forse qualchepersona troppo zelante aveva oliato eccessiva-

mente i cuscinetti a sfera per non farli cigolare e

quindi per non confondere il pubblico con rumo-

ri inopportuni che sembravano versi di pipistrel-

1 0 , qualunque fosse la causa, sul palcoscenico li-

scio e inclinato i macchinisti persero completa-

mente il controllo del pianoforte, che ando gill

II Pipistrello

Johann StraussDeutsche Operam Rhein

Colonia, 1962

57

 

c

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diritto acquistando gradualmente velocita fino a

cadere nel golfo mistico. Fortunatamente i musi-

cisti 10 videro arrivare e riuscirono a mettersi in

salvo, COS! il danno fu limitato a due tube schiac-

ciate e un pianoforte Bechstein gran coda com-pletamente distrutto.

58

Al contrario della gran parte dei di~astri ~i

questa tipo, che dipendono da fraintendi-

menti e incompetenza nella direzione di scena,

questa catastrofe e stata causata es~lusiv~mente

che meraviglia! dall' antagonismo, m particolare

tra il personale di scena ed il soprano. Con astu-

zia diabolic a le permisero, dopo diverse burra-scose prove, di completare la prima rappresen-

tazione senza incidenti fino all'ultimissimo mo-

mento, quando Tosca si getta dai bastioni di

Castel Sant' Angelo. Normalmente avviene che

al grido di «0 Scarpia, davanti a Dio» lei si but-

ta gill e atterra su un materasso situa~o ci~ca un

metro pill gill. Chi, a parte la Callas e mal stata

convincente a questa punto? Come dimenticare

le sue mani protese nel vuoto? Ma in questa ca-

so non c'era la Callas, bensi una grossa giovaneamericana che cadde non su un materassino rna,

udite udite, su un tappeto elastico. Si racconta

che balzo su quindici volte fino a che non calo

il sipario, a volte capovolta, a volte supin~, ora

sbellicandosi dalle risate, ora urlando di rab-

bia ... Quel che e peggio e che, pare, la sfortuna-ta signora non pote pill esibirsi in nessun' altra

rappresentazione dell'Opera Center per l 'intera

stagione, perche il fedele pubblico del Center,

ricordando I' episodio del trampolino, sarebbe

scoppiato a ridere solo a vederla. Dovette spo~

starsi a San Francisco, dove, naturalmente mar

si sarebbe potuto verificare un incidente COS!

grottesco ...

Tosca

Giacomo Puccini

City Center

New York, 1960

59

 

ToscaGiacomo Puccini B lsogna rammentare che Tosca e molto spesso

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Teatro dell'Opera

di San Francisco,

1961

. la Ce?eren~Ol~,I'ultima opera della stagione

d~l grandi .teatn d opera. Questo avviene perche

viene conslderata un' opera «facile»; in effetti vi

sono s~lo tre ruoli principali: Tosca, Cavaradossi

e Scar~na. Guardando la cosa dal punto di vista di

un reglsta so;~affaticato e sottoposto a un grande

stress, purche 1protagonisti conoscano l' opera, il

novanta per cento dellavoro e fatto, dal momen-to che.ad affiancarli vi sono in pratica solo i l coro

, del ~nmo atto (e qui c'e bisogno di qualche pro-

va), 11coro del secondo atto (che non appare in

scena grazie a Dio) e del plotone d' esecuzione

del terzo atto (non c' e problema, tanto non canta-

no.). AhiI_TIe, in questo modo che si generano

erron fata!l ed ?:ribili disastri. In questa partico-

lare OccaslOne1mnocuo plotone di esecuzione e-

ra composto da studenti universitari arruolati in

tutta fretta e pieni d'entusiasmo, che ignoravanodel ~uttola ~rama e non facevano che infastidire il

regista ch1edendogli in maniera assillante'

«Quand'e il nostro tumo? Che cosa dobbiamo fa~? L .

re. ». a nsposta era sempre la stessa: «Aspettate,

a~pettate, ho da fare con i protagonisti». Alla fine

S1~ombinarono il fatto che qualcuno si ammaln

ed 1tempi incredibilmente ristretti a far S1che la

prova. generale venisse annullata e il plotone di e-

SeCUZ1?nesi esibisse la sera della prima solo cin-

~ue ~mut~ dopo il primo ed unico colloquio con11.reg1sta,11quale, ~enche avesse risolto la que-

shone ~~n I~~ua solita fretta, penso di avergli da-

t~ suff1c1entI1struzioni. «O.K. ragazzi, quando il

d1rettore di scena vi fa segno entrate marciando

Ientamente, aspettate che l'ufficiale abbassi Ia

spada e poi sparate». «Ma come ce ne andia-

60

mo?». «Oh, be', uscite con iprotagonisti» (que-

sta e la tipica indicazione che si da in America ai

personaggi secondari, ai servitori, etc.).. .

Il pubblico, pertanto, vide quanta s~gue: 1 solda~1

del plotone d'esecuzione entrarono IIIpalcosceni-

co a passo di marcia e, quando si trovarono davan-

ti due persone, e non una come si aspettavano, im-

mediatamente si arrestarono. Erano un uomo e u-

na donna, entrambi dall' aria estremamente preoc-

cupata. Quando puntarono esitanti i fucili contro

l'uomo, questi dapprima si impetti, assumendo un

aspetto nobile e rassegnato, rna poi cominci~ a

lanciare con la coda dell'occhio misteriose occhia-

te alla donna con aria cospiratoria ... Allora punta-

rona ifucili contro di lei, rna lei fece una serie di

violenti segni di diniego (rna cos'altro avrebbe po-

tuto fare daI momenta che stavano per spararle?).

Forse che dovevano sparare a entrambi? Ma se co-

sl era, allora perche idue si tenevano cosi a distan-

za? Ad ogni buon conto, l'opera si chiamava

Tosca, era chiaramente un' opera tragica, quella e-

norme donna sui palcoscenico era presumibilmen-

te Tosca in persona, si sentiva una splendida musi-

ca funerea, l'ufficiale sollevava la spada ...

E fu cosi che sulla base di un processo di deduzio-

ne logica assolutamente sensato, giustiziarono

Tosca invece che Cavaradossi. Poi, con loro gran-

de meraviglia, 10 videro, lui che stava a circa venti

metri di distanza, cadere esanime al suolo, mentrela donna a cui avevano sparato si gettava su di lui

gridando (devo precisare che l'o~era veni~a rap-

presentata in una spigliata traduzione amencana):

«Come on baby, get up, we gotta gO»22.Che cosa

22) Su tesoro, alzat i, ce ne dobbiamo andare. n.d.c.

61

 

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potevano farci? Avevano sparato ad uno dei prota-

gonisti, benche fosse quello sbagliato, questo biso-

gnava ammetterlo; a questo punto la prossima i-

struzione era "uscite con i protagonisti". Increduli

videro dapprima Spoletta e i suoi scagnozzi irrom-

pere in palcoscenico e poi Tosca possibile? salire

in cima ai bastioni e buttarsi giu. C'e ra una sola

cosa da fare: mentre lentamente calava il sipario

l'intero plotone d'esecuzione la segui giu dallemura ...

Don Giovanni

W A. Mozart

Opera di Statodi Vienna, 1958

Molte opere terminano, come Tosca, con l'im-

provvisa discesa dell'eroe in qualche site

sottostante. Don Giovanni, invece (come nell' al-

lestimento di Zeffirelli per il Covent Garden), ten-

de semplicemente a scomparire in mezzo a un

turbinio di nubi e fumo mentre il coro fuori scena

dei demoni gli preannuncia i pili atroci tormentiinfernali. A Vienna, tuttavia, Cesare Siepi conclu-

se la sua incomparabile interpretazione in piedi su

uno di quei praticabili mobili usati per Ie appari-

zioni, il quale, come spesso accade, ad un bel mo-

mento si inceppo, lasciando la testa e Ie spalle di

Siepi, rna non ilresto del corpo, visibili al pubbli-

co. Gli sforzi dei macchinisti non ottennero altro

risultato che quello di evidenziare una delle gran-

di leggi che governano i disastri operistici, cioe

che il massimo che si puo sperare e di ripristinare1 0 status quo ante, vale a dire che riuscirono solo

a tirarlo di nuovo suo AlIora Siepi, con grande

meraviglia del pubblico, si rifiuto tassativamente

di uscire di scena e dimostrando doti di coraggio

e professionalita volle mettere nuovamente alla

prova i macchinisti. Ovviamente anche al secon-

62

do tentativo accadde esattamente la stessa cosa.

Allora nel mezzo del silenzio dell'attonito pubbli-

co si udl una voce che in italiano, dicono e-

sclamo: «Mio Dio, che meraviglia, l'inferno e. ,preno:».

Questa volta il pubblico fece l'esperienza

straordinaria di poter guardare oltre il palco-

scemco al mondo esterno. In uno di quegli inci-

denti epici che tormentano nel sonno i direttori di

scena, la scenografia da cambiare prima della fe-

sta di Don Giovanni venne sollevata tutta insieme

oltre illivello del proscenio in un momento in cui

il sipario era alzato e Ie ampie porte in fondo al

palcoscenico erano aperte per far passare Ie nuove

scenografie. Per dieci celestiali secondi, il pubbli-

co vide pertanto non la Spagna del Settecento,

bensl la East 55th Street: Ie automobili che passa-

vano, i clacson dei tassl, persino un paio di vigili

urbani trasecolati che guardavano con gli occhi

sbarrati, immagino non meno stupefatti del pub-

blico! Un violento contrasto fra realta ed illusione

che si addice perfettamente a New York.

Forse e vero che ad ogni citta capitano i disastri

che si merita.

Don Giovanni

City CenterNew York, 1958

Barche, cigni, mongo~fiere,. c~vall~,~erfino ~lisci: l'opera offre tanti modi diversi di entrare III

palcoscenico che sono solitamente l'uno pili foriero

di incidenti dell'altro. Ma niente e pili disastroso di

una portantina. In questa occasione il regista decise

di usarne una per Donna Elvira, cosi da realizzare

un'entrata grandiosa, con due portantini che la a-

Don GiovanniCity Center

New York, 1960

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vrebbero condotta su per una rampa posta dietro la

scena, cosicche lei potesse apparire al pubblico da

dietro il palcoscenico, che era fortemente inc1inato.

Poi sarebbe scesa dalla portantina e con "Ah! chi

mi dice mai" avrebbe cominciato a cantare.

Disgraziatamente la donna era molto pesante e i

portantini ce la fecero a stento a trasportarla su

per la rampa. Arrivati in cima, quello che stava a-vanti poggi a per un momenta il carico, scaricando

cosi tutto il peso su quello dietro, il quale a sua

volta spinse la portantina in avanti. In seguito a

tale altalena la cantante si capovolse e rimase in-

castrata a testa in giu, rna, quel che e peggio, i due

non se ne accorsero, dal momenta che la caratteri-

stica principale delle portantine e che i portantini

non possono vedere cia che avviene all' intemo.

Non avendo idea di quello che era successo si ri-

misero il carico sulle spalle e apparvero in scena.

Non riuscivano a capire il motivo degli scrosci di

sonore risate che li accolsero. 1 0 non ero presente,

rna Jim Reeve, uno dei portantini - giura che la

cantante esegui "Ah! chi mi dice mai" a testa in

giu, sebbene in un primo momenta non si fosse

reso conto neanche lui della situazione.

Non c'era altro da fare che aspettare che lei ter-

minasse l'aria e poi riportarla subito fuori. Ma

anche dietro le quinte era impossibile estrarla:

lei e la portantina erano diventate una cosa sola.

Il direttore di scena, in preda al panico, chiamo i

vigili del fuoco del teatro perche sfasciassero la

portantina con l'ascia. Una volta libera, il primo

gesto della signora fu di schiaffeggiare con tutte

le sue forze i poveri portantini che erano del tut-

to innocenti. Un bell' esempio del tradizionale

temperamento sanguigno dei soprani.

64

Di tutte le cose che possono andare male nel

Rigoletto questa e sicuramente la peggior~,

poiche riguarda quello che potremmo appro~sl-

mativamente definire come il nucleo emotivo

dell' intera opera. Proprio nel momento esatto in

cui i cortigiani deridono brutal mente Rigoletto,

nel secondo atto, la gobba comincio a scivolargli

giu per la schiena. Mentre le beffe aumentavano:il pubblico, perplesso, vide un gobbo trasformarsi

davanti ai suoi occhi in un uomo perfettamente

normale, tranne che per l'enorme didietro. II gine-

vrino Guy Parsons, il quale assiste all'episodio,

mi assicura tuttavia che molto pili divertenti erano

gli sforzi del baritono di rimettere a posto la gob-

ba mentre cantava quella grande cavatina che co-

mincia con "La la, la la, cortigiani, vil razza dan-

nata". Come mi fece notare Parsons, ci si sarebbe

aspettati che a Parigi fossero pratici di gobbe ...

Per fortuna, di solito gli spettatori. delle opere

al Festival di Edimburgo non Sl accorgono

che il teatro che li ospita e gia di per se tecnica-mente un disastro. Naturalmente sono i tecnici i-

taliani ad incontrare le maggiori difficolta.

Ricordo che I' intera squadra di tecnici del San

Carlo di Napoli se ne ando disperata dopo ~ver

cercato per tutta la notte di approntare Ie IUC1 per

I'Adriana Lecouvrer di Cilea. Come se non ba-

stasse rimasero anche senza nulla da bere in una

di quelle noiose domeniche di Edimburgo. .

Benche il retroscena del teatro sia stato molto rm-

gliorato, il golfo mistico, a causa della sua sc~rs~

profondita, presenta ancora insolubili problemi di

equilibrio sonoro tra cantanti e orchestra.

Rigoletto

Giuseppe Verdi

L'Opera

Parigi, 1954

Don Giovanni

King's Theatre

Edimburgo, 1949

65

 

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Questo Don Giovanni era nella stessa versione di

Glyndeboume, rna il direttore era Rafael Kubelik,

il quale era ossessionato dalla ricerca di un equili-

brio sonoro fra il Commendatore, il cui canto so-

lenne nella finzione proverrebbe dalla statua e-

questre che gli e stata eretta nel cimitero, ed i tre

tromboni che I'accompagnano. Dopo aver impie-

gato l'intera mattina a provare da vari punti dietroIe quinte, il basso", David Franklin, dato che era

ora di pranzo ed era affamato, disse scherzando

mentre si lavava Ie mani che avrebbe magari po-

tuto cantare dalla toilette, situata lungo il corri-

doio che conduceva alla sala di ricreazione. Bene,

provarono suI serio e l'effetto fu cosi soddisfacen-

te che Kubelik insieme a Carl Ebert, Jani Strasser

e ad altri membri dello staff di Glyndeboume, in-

siste affinche itromboni suonassero anche loro

nel bagno. Malgrado la ristrettezza della spazio fuottenuto il desiderato effetto di risonanza che con-

feriva a quei suoni un carattere davvero ultraterre-

no. Ma, ahime, la sera della prima avvenne l'im-

prevedibile: uno dei meccanismi del King's

Theatre fece il suo dovere. II discarico automatico

del bagno, defunto da lungo tempo, improvvisa-

mente torno vigorosamente in vita, proprio sulle

parole "Di rider finirai pria dell' aurora". Poiche la

rappresentazione veniva trasmessa alIa radio, gli

ascoltatori del Terzo Programma della BBC ven-

nero sommersi, ancor pili degli spettatori, da un

inspiegabile rumore di sciacquone".

Sempre a proposito del Commendatore, pare che

vestirsi per la parte possa essere un' esperienza

23) II personaggio che interpreta il Commendatore. n.d.c.

24) Verosimi lmente, vi doveva essere un microfono, per

Ie riprese piazzato in prossirnita della toilette. n.d.c.

66

tutt ' altro che piacevole. Una volta che ci si eben

sigillati in abiti di tela trattati con appretto per

simulare l'effetto del marmo, la tortura non e an-

cora finita perche bisogna subire 1 0 strazio del

trucco da statua. Franklin racconta che nel 1938

a Glyndebourne uno degli assistenti costumisti

comincio a picchiettargli di giallo il viso. «E

questo a che serve?» domando Franklin dopoche un po' di quella tintura gli era andata a finire

in un occhio. «Be', lei e una statua, no?». «E con

cio?». «E questi sono i piccioni!».

Pare che dopo la guerra al Covent Garden si

sia verificata una serie di bizzarri episodi.

L'orchestra spesso si divertiva a prendere in giro

il direttore Karl Rankl, il quale veniva giudicato

un po' troppo teutonico. II colma si raggiunsequando gli orchestrali si lanciarono nell'ouvertu-

re della Carmen all 'inizio della prova generale

de Il flauto magico. «Vede, e il primo di aprile»

spiego il primo violino. «Era uno scherzo ...».

«Scherzo? Cosa essere scherzo?»,

C'e poi I'episodio dei macchinisti che durante

la rappresentazione de La Valchiria si rifiutaro-

no di tirar su Ie rocce della scenografia. Nel

contratto c' era scritto "rocce", rna «quelle non

sono rocce normali, sono rocce wagneriane»,

sostennero loro.Parole profetiche, che, potremmo dire, danno i-

nizio ad un grande leitmotiv nella regia d'opera

lirica del dopoguerra.Quanto a Rigoletto, la nostra storia riguarda il

bravo tenore inglese Walter Midgely. Durante

"Questa 0 quella" la punta di un baffo finto gli

Rigoletto

Royal Opera

HouseCovent Garden

Londra, 1948

67

 

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scivolo in bocca e gradualmente, rna inesorabil-

mente, il baffo si stacco e fu ingoiato. Al termine

dell' aria il corpo estraneo si era bloccato nella tra-

chea, rna lui riuscl a sputarlo, e con tale veemenza

che il baffo sorvolo il golfo mistico e, racconta

qualcuno, colpi Erik Kleiber in pieno volto.

ToscaSan Diego, 1956 Questo e un disastro in puro stile americano,

nel senso che dipende dall' inaspettato mal

funzionamento di uno di quei meccanismi che

negli Stati Uniti si tende a credere siano infalli-

bili una volta che sono stati programmati con

l'ausilio di un computer. E invece bisognerebbe

(come abbiamo visto) fare molta attenzione con

la Tosca, che e di gran lunga l' o pera piu disa-

strata, l'equivalente operistico del Macbeth tea-

trale. Infatti io entro sempre in uno stato di gran-de trepidazione quando Tosca pugnala Scarpia.

E stato versato del sangue, sangue vero, almena

in tre occasioni, una delle quali nel 1919 a

Roma, con la direzione di Toscanini.

Fino a quel momento le passioni rappresentate

sulla scena sono state cosl violente che, al con-

fronto, ci appare come un gesto alquanto contenu-

to quello di Tosca che si lirnita ad infilzare il per-

fido capo della polizia con un coltello da frutta.

Dopodiche, finalmente, ci si rilassa, rinfrancati alpensiero che adesso tutto queUo che la donna de-

ve fare e mettere Ie candele accanto al corpo e

soffiare sui candelabri che sono sul tavolo. Le

candele sono solo quattro e con i modemi sisterni

antincendio i rischi di andare a fuoco sono abba-

stanza ridotti da consentire l 'uso di candele vere.

A San Diego, invece, non solo erano elettriche,

68

rna l' ordine di spegnerle era state registrato sul

nastro del computer insieme a tutte le altre istru-

zioni per le luci; il computer era controllato dal

direttore di scena e spegneva Ie candele nel mo-

mento esatto in cui lei soffiava. Solo che in questa

occasione il computer er<l;state programmato ma-

le e spense le candele in un ordine diverso a quel-

10 di Tosca. Lei soffiava a destra e si spegneva lacandela di sinistra, soffiava su quella di dietro e si

spegneva quella davanti. E mentre l'eroina attac-

cava «E davanti a lui tremava tutta Roma», giun-

se, in netto anticipo, il segnale elettronico per il

calo del sipario. La tela si chiuse quindi alla velo-

cita di un fulrnine, prima che lei avesse finito, per

poi riaprirsi al momenta dell' uscita di rito sul

proscenio e richiudersi una volta e per tutte nel

momenta esatto in cui Tosca e Scarpia si faceva-

no avanti per ricevere gli applausi.

Qui si tratta della bellissima partitura ~i

Delius, diretta in questa occasione da SIr

Thomas Beecham, con Eugene Goossens nei

panni di apprendista assistente. Se, cari lettori, la

vostra conoscenza di questa lavoro si limita al

delizioso intermezzo "The walk to the Paradise

Garden", permettetemi di informarvi che l'ulti-

"mo atto prevede macchinari per la discesa chenon hanno nulla da invidiare a quelli usati in

Tosca e in Don Giovanni. Infatti la barca dei due

amanti affonda in mezzo ad un lago alla fine del

duetto d' amore. In questa occasione Goossens

che fungeva da suggeritore per 1 0 staff della di-

rezione di scena, diede il segnale con quattro pa-

gine di anticipo, la barca si inabisso nel lago e i

A Village Romeo

and Juliet

Frederick DeliusLondra, 1920

69

 

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due innamorati dovettero cantare quasi tutto il

duetto sott' acqua ... «Benissimo disse Sir

Thomas tutto arrabbiato , la pros sima volta sarai

tu anche a dirigere». Goossens 1 0 prese alIa let-

tera, rna il segnale questa volta fu dato con quat-

tro pagine di ritardo e non annego proprio nessu-

no. «Uffa! Nella tua versione c'era pili pathos,

non e vero?», fu il suo unico commento.

Carmen

George Bizet

Citta del Messico,

data ignota

Questo allestimento della Carmen in abiti

modemi fu rappresentato in un arena vera e

propria. Era una serata calda ed opprimente a

Citra del Messico, una dura prova di resistenza

alIa sete per qualunque tenore, e nell'intervallo

fra il terzo e il quarto atto Don Jose, un italiano,

si precipito nelle stradine adiacenti l' arena per

comprarsi una meritata birra. Le minuscole cal-les vicine all'arena sono il regno di grassatori ed

assassini ed il tenore non aveva ancora percorso

dieci metri quando fu arrestato da una pattuglia

di nerboruti poliziotti e trascinato fino al com-

missariato di zona. Lui grido e protesto, rna fu

tutto inutile in quanta per gli agenti era evidente

che l'uomo che avevano arrestato era un soldato

poco raccomandabile, probabilmente un diserto-

reo Quando il tenore spiego in un incomprensibi-

Ie spagnolo che non era un disertore rna un teno-re italiano che interpretava la parte di un diserto-

re, quelli gli notificarono che era anche in state

di ubriachezza. Riusci a venime fuori solo dopo

aver cantata da cima a fonda ai suoi persecutori

"Cette fleur que tu m' avais jetee"

70

L'tilizzo di cavalli sui palcoscenici operisti-

ci ha senza dubbio Ie sue radici nella

Mascherata fiorentina del sedicesimo secolo",

anche - se tal volta mi chiedo se 1uso, spesso

preoccupante, che si fa degli animali in generale

non possa essere ricondotto, pili propriamente, ai

combattimenti dei gladiatori nel Colosseo. E si-

gnificativo a tal proposito che nel 1969 un im-presario privato fu quasi suI punto di ottenere il

permesso di allestire una serie di corride

all' Arena di Verona, permesso che gli fu poi ne-

gato mediante l'applicazione di una oscura legge

fascista che era in origine destinata alIa tutela

degli animali domestici. Sfortunatamente, poche

opere hanno come soggetto Ie persecuzioni con-

tro i cristiani, sebbene il Poliuto di Donizetti co-

stituisca una squisita eccezione.

La scena culminante del Poliuto e quella in cui

il tenore rinuncia all'amore per abbracciare

la fede cristiana. L'ultima aria viene cantata pro-

prio nell'arena ed il regista (Aldo Piccinato) «ce-

dette aIle pressioni» (sue parole) e acconsenti alIa

presenza di due leoni vivi in scena sistemati in

gabbie, una sul lato sinistro ed una su quello de-

stro. La reazione di questi membri della famiglia

dei grandi felini alIa voce umana che canta note

25) La Mascherata e una composizione poli fonica, di ca-rattere tendenzialmente semplice, che accompagnava Ie

processioni di carri allegorici di soggetto generalmentemitologico. In periodo rinascimentale, tuttavia, negli spet-

tacoli al chiuso s i e fatto uso per lopiu di animali f inti, ad

esempio negli intermedi che si rappresentavano fra un atto

e l 'altro di lavori regolari. n.d.c.

Poliuto

Gaetano

Donizzetti

Teatro dell 'Opera

di Roma, 1951

7 1

 

al di sopra del pentagramma non era stata ben qualcuno possa mai aver pensato di far subire un

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ca1colata, e, a dire il vero, neanche Ie sbarre delle

gabbie erano state costruite sufficientemente vi-

cine fra loro. Abbastanza stranamente, le belve

non sembrarono disturbate dal soprano, rna,

quando il tenore Carlo Bini tocco il suo do diesis

acuto, si ritrovo improvvisamente agguantato per

una spalla da una enorme zampa ...

Uno dei principi fondamentali di quei registi diOpera italian a che utilizzano animali in scena per

rendere pili interessanti gli spettacoli, e che pergiustificare la spesa sostenuta gli animali devono

apparire il pili spesso possibile". Cosi, l'ardua im-

presa della processione degli elefanti e dei cam-

melli nell'Aida deve verificarsi non una volta so-

la, rna in continuazione, con gli animali che costi-

tuiscono, per cosi dire, un'affermazione di dram-

maticita con la loro stessa presenza, come accade

nel Flauto magico. Queste processioni duranosempre assai a lungo; la quantita di tempo che in

Norma e richiesta dall'apparizione di Pollione suI

suo cocchio trainato da quattro cavalli, per fare un

altro esempio, puo essere davvero immensa (un

tentativo di variare - su questa tema, usando quat-

tro zebre, alle Terme di Caracalla, aRoma, nel

1938, non ha incontrato, a quel che sembra, gran-

de successo). E davvero difficile ipotizzare che

simile destino anche alIa Carmen.

E invece e accaduto.

Cavalli dappertutto, trentotto cavalli per .la

precisione. Attraversarono la scena avanti e

indietro nell'ombra dello sfondo per tutto il pri-

mo atto. Si mostrarono in piena luce nel secondoatto per portar via Jose dalla locanda. II terzo atto

si apri con tutti i cavalli sopra un monticello arti-

ficiale, un quadretto piuttosto desolante! Nel IV

atto riapparvero per la processione di Escamillo,

acconciati alla spagnola e montati da picadores,

rna apparivano preoccupantemente stanchi e ner-

vosi. Infatti tutto ando bene fino al momenta in

cui l'ultimo cavallo della fila si fece strada dal

fondo verso la Plaza de Toros, che si trovava sul-

la destra della scena. Quando l'animale si avvi-cino al golfo mistico, il direttore (Gianandrea

Gavazzeni) diede un violento attacco ed il caval-

lo decollo nella sua direzione, come se la fossa

dell'orchestra fosse stata Becher's Brook. Ma 1 0

splendido vecchio maestro deve aver fatto qual-

che improvviso miracolo, dato che il cavallo at-

terre senza difficolta sui timpani, causando un

immane boato, rna non provocando danni ne a se

stesso ne al suo cavaliere. Rimanemmo quindi in

attesa col fiato sospeso per vedere che cosa anco-ra sarebbe potuto accadere. E infatti fu la volta

della spettacolo di Gavazzeni il quale, deponen-

do la bacchetta (cosa incredibile), e dimenticando

che in quell' auditorium eccezionale il minimo

sussurrio viene percepito all'istante da 15.000

persone, mormoro le fatali parole: «Quel piccolo

26) Jouy, uno dei due librettisti del Fernarul Cortez di

Spontini (1 ' altro era Esrnenard) scrisse nel prologo del li-

bretto che i cavalli non erano «un lusso inutile destinatoad abbagliare la vista della spettatore, rna un mezzo per

avvicinarsi alia sorpresa e al terrore che essi suscitarono

tra i rnessicani, quando apparvero loro per la prima volta».Le intenzioni drarnrnatiche di Jouy erano forse pil i genui-

ne di quelle che Vickers attr ibuisce ai regisli moderni ...n.d.c.

72

Carmen

Arena di Verona,

1970

73

 

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finocchio di un registas" (un insulto italiano che

sara meglio non tradurre). Sommersa da un mare

di risate, l'intera processione dovette svolgersi al

contrario e poi rientrare, questa volta senza con-

trattempi. Immaginate a questa punto il nostro

divertimento quando all'ultimo atto, proprio

mentre Franco Corelli si preparava ad uccidere

Grace Bumbry, un gatto entre saltando giu dalfonda dell' Arena (i gatti all' Arena sono come

per noi i pipistrelli a Glyndeboume).

Istintivamente attratto da chiunque dei due stesse

cantando in quel momento, la bestiola si strofina-

va fra Ie gambe di Corelli, facendo Ie fusa e sol-

levando languidamente 1 0 sguardo mentre lui gri-

dava: «Eh, bien, damnee».

Naturalmente, i cavalli all'aperto, a Verona, a

Roma 0 ad Avignone, se non altro appaiono rea-

listici. Ma che dire di un singolo cavallo suI pal-coscenico di un teatro al chiuso? Cocteau dice

che un cavallo vero in scena sembra una strana

bestia mitologica, e che per ottenere un cavallo

teatralmente credibile bisognerebbe costruire un

animale del tutto simbolico, in legno e tela. L'ul-

timo cavallo vero che ho visto su di un palcosce-

nico al chiuso e stato in un Boris Godunov.

visto prima un animale cosl enorme, tranne che

nelle tenute di caccia dello Yorkshire.

Naturalmente nessuno di noi presto grande atten-

zione all'aria della "Rivoluzione", peraltro canta-

ta splendidamente, presi come eravamo dal pen-

siero di cosa mai il cavallo potesse combinare.

Ma fortunatamente l'animale fu buono come il

pane, almeno fino all'applauso al temine dell'a-ria, quando decise di esprimersi anche lui, ovvia-

mente nell'unico modo che gIi era possibile ed

anche con una certa abbondanza. La cosa straor-

dinaria fu che quando Dimitri e i suoi seguaci eb-

bero lasciato il pa1coscenico, quegli imprevedibi-

li riflettori mobili del Covent Garden ("Cani di

fuciIi puntati in un acquitrinio infestato da bee-

caccini?" Ii defini una volta Visconti) si concen-

trarono tutti su cio che il cavallo aveva deposita-

to, mentre l'Innocente, tutto solo, seduto accantoal mucchietto, cantava la rovina della Russia ...

In realta, pin che di disastro, dovremmo parlare

di un colpo da maestro del simbolismo neobay-

reuthiano!

g uando riusciremo a riascoltare questa la~o-

ro? E molto piu entusiasmante della versio-

ne i Gounod, mentre l'opera di Bellini viene

rappresentata molto raramente e quella di

Berlioz puo a stento essere considerata un' opera.

Boris Godunov

odestAtusorgsky

Royal Opera

House

Covent Garden

Londra, 1958

Iibretto specifica che il falso Dimitri dovreb-be apparire in sella ad un cavallo alIa testa del

suo esercito. In questa occasione, al Covent

Garden avevano ben afferrato il concetto che un

tenore jugoslavo, davvero grosso, esigeva un ca-

vallo davvero grosso, ed infatti non avevo mai

28) L'espressione in inglese suona come "Gundogs in a

snipe-infested marsh". La scelta della parol a snipe (bee-

caccino) e dovuta probabi lmente ad un gioco di parole chesi basa sulla somiglianza con la parola sniper (cecchino):

alIa metafora della caccia si aggiunge COSI quella della

guerra. n.d.c.7) In italiano nel testa originale. n.d.c.

74

Romeo

e GiuliettaRiccardo Zandonai

La Scala

Atilano, 1913

75

 

Nella versione di Zandonai, Romeo, al galoppo, chetta, che da quel momenta inizio ad essere u-

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CarmenBoumemouth,

data ignota

va via in esilio da Verona in una tempesta di ne-

ve, avvalendosi di una piattaforma girevole, che

consente al cavallo di uscire al galoppo sfrenato,

mentre la scena si muove alIa stessa velocita in

direzione opposta. II 13 dicembre 1913 il mecca-

nismo si inceppa nel bel mezzo della scena, con

I' effetto prima di disarcionare Romeo e poi di

scagliare il cavallo nelle quinte alIa velocita di

un missile. Romeo si ritrovo seduto a terra sulla

scena che girava all'impazzata, visione fuggitiva

e sconsolata nella tormenta di neve artificiale

che nel frattempo continuava ad imperversare.

Bernard Levin contribuisce con questa storiella:

Era una Carmen a Bournemouth, allestita dal

Sadler's Wells. Nel bel mezzo della scena

dei contrabbandieri un gigantesco cane

Sanbernardo entro in scena e si mise a gironzo-

lare (a quanta pare, il teatro di Bournemouth in

questione si trovava in un edificio che ospitava

anche degli uffici, ed il cane, il quale appartene-

va ad un funzionario che lavorava li, era un tipo

davvero socievole ed aveva libero accesso all' e-

dificio). Molti del pubblico non conoscendo be-

ne l'opera pensarono che l'entrata del cane fa-cesse parte della scena e ne furono deliziati (altri

che la conoscevano meglio non ebbero alcun

dubbio in proposito, e ne furono ancora pill deli-

ziati). II cane, attraversando la scena, ando a

mettersi infine di fronte al direttore, dove sem-

bra addirittura lasciarsi ipnotizzare dalla bac-

sata un po' per dirigere la musica ed un po' per

scacciare via l'animale. Sfortunatamente quel te-

soro era abituato al fatto che gli venissero lan-

ciati dei bastoncini da riportare indietro, ed era

convinto che il direttore stesse Ii li per lanciargli

la bacchetta, rna poiche cia non accadeva perse

la pazienza ed inizio a protestare abbaiando.

Quando a tutto questa baccano si aggiunsero le

grida di "Fuori dai piedi!" della Carmen (la qua-

le nel frattempo stava furtivamente tentando di

cacciare 1'intruso a suon di calci senza apprezza-

bili risultati), i responsabili si persuasero final-

mente a calare il sipario, anche se ormai era un

po' tardioTranne che per noi collezionisti di que-

sto genere di disastri, che saremmo andati avanti

di questa passo ancora per ore.

Per essere un padre che porta per la prima volta

all' opera la sua figliola ben educata, Peter

Ustinov fu abbastanza dissennato da far cadere

la sua scelta sulle terme di Caracalla. Fino a que-

sto momenta abbiamo dovuto riconoscere che

I'Arena di Verona occupa in c1assifica un posto

d' onore per quanta riguarda gli animali, e in

realta i miei ricordi personali delle terme di

Caracalla si limitano alle continue grida di

"Gelati, gelati! "29 che costituivano una sorta di

costante sottofondo per tutta la durata della rap-

presentazione. Probabilmente Ustinov avra avu-to senz'altro un posto migliore del mio perche

riusci addirittura a vedere la scena (questa volta

era l' Aida) completamente invasa da animali:

cammelli, elefanti, cavalli gatti che gironzolava-

76

29) In italiano nel testo originale. n.d.c.

77

 

no etc. II bello perc fu quando in uno dei punti

. . . . . .'

,

lcuni disastri operistici sono causati dal

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culrninanti, tutti gli animali andarono di corpo

simultaneamente, e mentre lui fissava inorridito

questa terri bile spettacolo, si senti gentilmente

picchierellare sulla spalla dalla figlia che, tutta

compunta, gli chiese: «Babbo, posso ridere?».

78

Apubblico. Cosa difficile a credersi nei paesi

anglosassoni, dove gli spettatori tendono ad es-

sere fondamentalmente tirnidi e passivi e a guar-

dare ben disposti gli avvenimenti sulla scena con

il fiato sospeso per I'incredulita. Molto diversa einvece la situazione in Italia, dove ancora oggi

accade spesso che le rappresentazioni assumanol'aspetto di un dialogo fra il pubblico e gli ese-

cutori. "Dormi, maestro "30, iniziano a gridare

quando la musica viene eseguita troppo lenta-

mente; "Vai a Casa "31, urlavano dei romani du-

rante una rappresentazione dei Pagliacci ad un

povero tenore, il cui unico crimine consisteva

nel semplice fatto di non farcela pili fisicamente

a ripetere "Vesti la giubba" per la quarta, dico la

quarta, volta di seguito. Poveretto, oramai era di-

ventato davvero un pagliaccio; "la gente paga erider vuol (qua ... )". A Parma i tenori vengono

sistematicamente braccati fino alIa stazione fer-

roviaria da incontentabili intenditori: la mazzetta

che hanno pagato e che poi e stata distribuita fra

i componenti della "claque", evidentemente estata restituita al capo clacque, ilquale a que I

punto deve per forza dare il via ai fischi. ..

30) In italiano nel testo originale. n.d.c.

31) In italiano nel testa originale. n.d.c.

79

 

Ecco ora una divertente interruzione dovuta

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all'intervento del pubblico.

Don CarlosGiuseppe Verdi

La Scala

Milano, 1970

U 'ottimo allestimento, con Placido

. Domingo, Nicolai Ghiaurov, Martti Talvela,

ShIrle~ Verrette Rita Orlandi Malaspina. Appena

Claudio Abbado attacca I'introduzione dell ' ariadi ~e Filippo, una magnifica interpretazione di

GhI~Urov, una loggionista urlo: "Io trovo questa

musica molto lenta e noiosa " 3 2 , riferendosi a

quel sublime tema del violoncello, che mai ave-

vo sentito eseguire meglio. Davvero incredibile!

Questa volta la protesta non era rivoIta ne a noi

ne a Claudio Abbado 0 all' orchestra rna a

Giuseppe Verdi, morto da piu di sessanta ~nni!

E dunque certo che il pubblico puo arrivare ad

essere addirittura offensivo e molesto rna mi

chiedo, puo spingersi fino al punto di diventare

fisicamente pericoloso? La risposta e senz'altrosi, Non per niente gli Austriaci a Venezia atten-

d~va?o con apprensione e timore Ie rappresenta-

zlO.nI delle opere di Verdi. In quelle grida di

«VIva VERDI» si celava il nome del re: Vittorio

Emanue~e Re d'Italia. Ogni volta che si rappre-

sentava II Nabucco era necessario circondare il

teatro con l'eserci to, a causa delle reazioni del

pubblico al "Va' pensiero", quel commovente la-

mento di un popolo ridotto in schiavim. Anche

nel secolo il Don Carlos e stato come dinamite

in Spagna, al punto da essere bandito dalle scene

32) In italiano nel testo originale. n.d.c.

8 0

di Madrid per tutto il periodo del regime di

Franco.

Cosa accade, invece, se il pubblico, al posto di i-

dentif icarsi semplicemente con la situazione in

generale, si identifica con i personaggi stessi? Per

capire questa possiamo solo spostarci in Sicilia ...

Ibaritono Giancarlo Lombardi era rimasto mol-

to sorpreso dal fatto di essere stato fischiato e

invitato a lasciare il palcoscenico prima ancora di

aver potuto cantare, nei panni di Iago, il Credo.

Fece quindi, con discrezione, delle indagini attra-

verso le quali scopri, con sua grande meraviglia,

che 1'insuccesso non aveva nulla a che fare con la

sua voce, rna era causato dal fatto che il suo per-

sonaggio ricordava al pubblico troppo da vicino il

tradizionale "cattivo" Giano, 1 0 sciagurato chenell' opera dei pupi siciliana tradisce i cavalieri

cristiani a favore degli infedeli. La sera seguente,

ritomando in camerino, Lombardi era terrorizzato

all'idea di poter incontrare qualcuno che, sbarran-

dogli il passo coltello alIa mano, 1 0 minacciasse

di morte, apostrofandolo con voce sibilante:

"Giuda!". A quanto pare fu invece piuttosto fortu-

nato; secondo Claudio del Bar Bellini di Palermo,

infatti , un suo predecessore in quel ruolo dovette

scansarsi da una gragnuola di proiettili esplosi daun tiratore scelto che si trovava in buona posizio-

ne in un palco di prima fila.

Sarebbe interessante prendere in esame tutti i pos-

sibili punti in comune fra i disastri operistici e gli

altri tipi di disastri, per esempio Ie calamita natu-

rali 0 gli incidenti politici. Da una simile indagine

Otello

Giuseppe Verdi

Catania, 1963

81

 

sicuramente salterebbero fuoridelle coincidenze tempo prima, durante un Otello diretto da

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inspiegabili, delle simultaneita junghia- ne... Per

quanta riguarda l'aspetto politico, e davvero stra-no pensare che nel mondo occidentale all' opera

sia connessa una vaga idea di elitarismo, dal mo-

mento che rivoluzioni e sommosse di ogni genere

ne costituiscono i temi portanti. Era poi davvero

necessario che Verdi spostasse I'ambientazione di

Un ballo in maschera da Stoccolma alla Boston

del diciassettesimo secolo?

Dobbiamo pero ricordare che nel mondo comu-

nista si adottano criteri opposti, di solito con una

buona dose di esagerazione. Ad uno splendido

"Haendel Festival" tenutosi a Berlino Est nel

1960, il cortigiano Haendel fu descritto come

"un compositore del popolo, un vero rivoluzio-

nario". Allo stesso modo nessuno degli spettato-

ri che erano presenti potra mai dimenticare il

FZauto magico - allestito nel 1970 all' Operadi

Zagreb, con costumi moderni e la Regina della

notte nei panni dell' amante di un boss di

Chicago, avvolta in un boa di piume nella sua

Rolls Royce bianca e scortata da gangster di co-

lore ... (bastava riflettere un attimo per capire

che questi ultimi erano naturalmente dei corrotti

capitalisti neri, messi in contrapposizione alIa

"gomunida dei negri buoni" di Sarastro).

In Italia Ie intrusioni della politica nel mondo 0-

peristico hanno spesso causato dei fiaschi quasitotali, anche nel nostro secolo. Ad una prima di

Tosca nel 1900, peresempio, il direttore

Leopoldo Mugnone tremava come una fog lia a

causa della minaccia di un attentato con I'esplo-

sivo contro la regina Margherita che era fra il

pubblico. Ne aveva ben donde, visto che poco

82

Toscanini, era stata lanciata una bomba dal re-

troscena ed il re Umberto I fu di fatto assassina-

to pochi mesi dopo. La violenza fascista esplose

alla Scala nel 1923, quando Toscanini si rifiuto

di obbedire ad un gruppo di Camicie Nere che

gli avevano ordinato di suonare "Giovinezza"

prima dell'alzata del sipario. Nel 1926, in occa-sione della prima della Turandot, che sfortunata-

mente era stata fissata proprio nella Giornata

dell'Impero Fascista, Toscanini la ebbe ancora

una volta vinta dicendo: «Scegliete, 0Mussolini

o me!». Oggigiorno la serata di gala che inaugu-

ra la stagione alIa Scala ha piuttosto I'e ffetto di

attirare i contestatori di sinistra insoddisfatti .

Studenti facinorosi, lavoratori e altri rivoltosi

prendono di mira gli ingioiellati ed incravattati

esponenti dell' alta borghesia, colpendoli appena

scendono dane loro berline di lusso con dei "ca-

chi", frutti mollicci, approssimativamente delle

dimensioni di un avocado, che all'impatto si

spiaccicano trasformandosi in una massa mel-

mosa ed appiccicaticcia di colore giallo-rossa-

stro. Questi atti rituali sono accompagnati da

slogan adeguati, del tipo "Yalpreda vi augura

buon divertimento "33 (Valpreda e uno dei martiridi sinistra in prigione). II giorno successivo puo

dunque avere inizio la stagione invernale degli

scioperi e delle rivendicazioni salariali e Milano

stringe i denti preparandosi ad un altro "caldo

inverno "34.

33) In italiano nel testo originale. n.d.c.

34) In italiano nel testa originale. n.d.c.

83

 

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Otello

Opera /South

New Orleans,

1955

Opera/South e una istituzione davvero ammi-

revole; probabilmente e l'unica compagnia

al mondo composta da soli neri ed e stata ilpun-

to di partenza per molti dei grandi cantanti di co-

lore oggi in carliera. In questa occasione la com-

pagni a si imbarco in un Otello, rna una indispo-

sizione del tenore e, all'ultimo momento, anche

del suo sostituto, costrinse la compagnia a ricor-rere ad un esterno per ricoprire il ruolo principa-

Ie. Poiche l'unico sostituto disponibile era un

bianco, l'allestimento costitul la prima produzio-

ne di cui si abbia notizia in cui tutti erano neri

tranne il solo Otello. Per quanto se la fossero ca-

vata brillantemente natural mente Otello diventa

un brutale mercenario bianco assoldato da un

raffinato stato africano - non si poteva fare a me-

no di pensare all'effetto drammatico, non tanto

per quanta riguarda l'opera in se, nella quale illibrettista Boito non da molta importanza al fatto

che Otello sia di pelle scura, rna piuttosto relati-

vamente al testa nel quale non possiamo fare al-

tro che invertire il senso di una 0 due righe: «La

tua anima e bianca come il tuo viso» ...

84

Ci si aspetterebbe che Ie opere di Wagner co-

stituiscano un enorme serbatoio di avveni-

menti funesti, rna la cosa peggiore che ho visto

(alIa Fenice di Venezia) e stata semplicemente u-

na Brunilde accusare improvvisi problemi di vi-

sibilita a causa di un elmetto calzato al contrario.

Infatti, da vecchia volpe dell' arte scenica

Wagner sembra averreso Ie sue opere quasi deltutto a prova di disastro, sempre che si accettino

Ie convenzioni imposte dal lavoro, a prescindere

dallo stile della produzione, e che, naturalmente,

tutti i diretti interessati abbiano la forza di resi-

stenza richiesta dall'impresa. Bernard Levin so-

stiene di aver assistito ad un Siegfried in cui si

avvicendavano tre Sigfried, uno per ogni atto; il

massimo che io posso rimediare sono due

Walther von Stolzig che si diedero il cambio fra

il secondo ed il terzo atto dei Meistersinger (ri-sultato non disprezzabile, se si tiene in conto il

fatto che uno cantava in tedesco e l'altro in ser-

bocroato). E pur vero che i lunghissimi intervalli

che precedono il terzo ed ultimo atto dei

Meistersinger suggeriscono sempre che Walther

abbia perso la voce, cosa che a sua volta ci ispira

il subdolo pensiero che forse Pogner avrebbe do-

vuto dare sua figlia in premio a Beckmesser per

vittoria a cappotto, e non per il fatto di essersela

meritata con le sue doti artistiche (sottoscrivo inpieno l'ammirevole punto di vista di Erik Smith,

secondo il quale il canto di Beckmesser e co-

munque incomparabilmente migliore delle as-

surdita buttate It a casaccio di Walther, special-

mente per quanta riguarda Ie parole). Come pos-

siamo a questo punto non sperare in una nuova

produzione che ci dia almena un finale decente,

85

 

come accadeva in quei vecchi cieli del Ring al

Covent Garden che terminavano con ilCinquanta, il quale essendosi impalato in modo

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Siegfried? Una qualche forma di giustizia per

Beckmesser non e certamente al di fuori della

portata delle moderne produzioni wagneriane;

infatti, ora che Patrice Chereau ci ha dimostrato

che anche un Wotan in abito da sera e accettabi-Ie, abbiamo il sospetto che un vero disastro sa-

rebbe a stento notato. Forse il ritorno ad un"neorealismo" ci dara nuovamente la possibilita

di vedere a Bayreuth il cigno (finto) colpito da

Parsifal cadere in testa ad una comparsa sten-dendola suI colpo.

Nel frattempo accontentiamoci di questa piccola

perla che ci giunge da New York.

Lohengrin

Richard Wagner

Metropolitan

Opera, 1936 Nonappena Lauritz Melchior - forse il pili

grande di tutti i Lohengrin - ebbe finito dicantare "0 Konig hor" nell'ultimo atto, arrivo la

navicella del cigno, accompagnata da quello stu-

pendo effetto di luminosita orchestrale. Giunse

esattamente in tempo, rna, ahime, ripart! prima

che il tenore avesse avuto la possibilita di saltar-

ci dentro. Intrappolato in una posizione che puo

essere definita solo come insostenibile, Melchior

guardo su verso il pubblico e con la voce esausta

e rassegnata di uno che, poniamo, abbia perso

l'ultima corsa nottuma del 47, chiese: "Wanngeht der niichste Swann?" - Quando parte il

prossimo cigno? - A quanta pare, stava citando

Leo Slezak, rimasto inchiodato trent' anni prima

anche lui nella medesima posizione.

E forse apocrifa la notizia di un tenore che canta-

va nella stesso ruolo al Covent Garden negli anni

86

particolarmente doloroso sulla coda del cigno a-

vrebbe gridato: «Webster se ne deve andare!».

Nonriesco a pensare a nessun altro atto di o-

pera che converga COS! decisamente

Siegfried verso un singolo momenta culminante

quanta il primo atto del Siegfried. Ci si sente ~o-

me eccitati in modo primitivo da quelle gnda

barbariche di "Nothung, Nothung " 3 5 , rna anche

allo stesso tempo presi da un sentimento di uma-

na simpatia per il tenore che si trovi a cantare

quella diabolica parte (bravo Alberto Remedios

alla English National Opera, sicuramente il

Lohengrin emergente dei nostri tempi). Mentre la

spada viene lentamente forgiata davanti ai nostri

occhi simbolo della forza che distruggera la lan-

cia di Wotan di solito iniziamo a contorcerci per

l'impazienza di vedere il nostro eroe spaccare in

due l'incudine, accompagnandosi con Ie parole

"So Schneidet Siegfried Schwert"": Nel 1937 era

ancora una volta Lauritz Melchior che si accinge

va all' impresa quando - orrore degli orrori! -

l' incudine cadde in pezzi tre secondi prima che

lui lacolpisse. Per quanta ne so io questa e l'uni-ca occasione in cui si sia verificato un simile e-

vento, rna, secondo Lionel Salter, l' incidente di-

venne poi talmente sistematico che i pili giovanimembri del Covent Garden arrivarono a credere

che facesse parte della trama, COS!come giudica-

vano del tutto normale il fatto che i draghi wa-

Siegfried

Royal Opera

House

Covent GardenLondra, 1937,

35) Nothung e il nome del1a spada di Sigfrido. n.d.c.

36) "Ecco come tagLiaLaspada di Sigfrido", n.d.c.

87

 

gneriani entrassero in scena con un occhio che si Per la seguente storiella sono in debito con

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accende va ad intermittenza e l' altro spento.

Forse pensa vano che il drago fosse in qualche

modo un riflesso di Wotan, col suo unico occhio,

che si trattasse insornrna di un simbolismo astru-

so pili che di un collegamento difettoso.

Bernard Levin.

uesta volta si tratta della terribile caduta di

Hans Hotter dalla sommita della montagna

al me della Valchiria. II regista aveva deciso di

far accendere il fuoco magico azionando dei flashmentre Wotan colpiva la roccia con la sua lancia,

con il risultato che tutti in teatro furono momenta-

neamente accecati. La cosa importava ben poco a

Brunilde, la quale, dopo tutto, era gia stata messa

a dorrnire, rna Hotter, che stava uscendo di scena,

fece un passo falso e cadde con un irnrnane boato

dalla montagna (indossava una corazza), "corne

una bomba che colpisca una fabbrica di larniere

ondulate". Temendo forse che qualcuno, non co-

noscendo l'opera, potesse trarre la conclusioneche la storia finisce con il suicidio di Wotan che si

precipita giu nella valle per i rimorsi, Hotter, ga-

lantemente, san a riprendere la sua postazione,

dando cosi al pubblico, che era stato gia ripagato

del prezzo del biglietto e anche qualcosa in pili, il

piacere aggiuntivo di vederlo riapparire improvvi-

samente dall' abisso in cui era caduto, prima fa-

cendo capolino con la sola testa ed infine emer-

gendo lentarnente con il resto del corpo.

L'oro del RenoEnglish National

Opera,1976

Lprima scena dell' opera e ambientata suI

fonda del Reno e Ie istruzioni rich iedono

che Ie tre figlie del Reno nuotino su e giu per il

palcoscenico. In questa regia l'intera scena era

avvolta in una particolare luce che produceva

un effetto liquescente, mentre le tre cantanti, at-

taccate a dei cavi, salivano e scendevano in con-

tinuazione. II tutto riusci grazioso e di buon gu-

sto (anche se dal punto di vista vocale in quelle

condizioni il risultato deve essere stato disastro-so) fino a quando, una sera, molto, rna molto

lentamente ed inesorabilmente il sipario antin-

cendio discese, in un primo momenta nascon-

dendo al pubblico solo Ie lora nuotatine verso

l' alto, cosi da fame risultare Ie voci a momenti

smorzate ed a momenti in fortissimo, e poi oc-

cultando tutta la scena, ad eccezione di qualche

occasionale e fugace apparizione dei lora piedi

quando scendevano giu, Con encomiabile a-

plomb Ie figlie del Reno continuarono a cantare,

rna furono i nervi degli orchestrali che cedette-

roo Non appena il sipario antincendio si chiuse

del tutto, la musica sfumo in rivoletti di note

false. La spiegazione fornita dalla direzione fu

che si era verificata una perdita nell' impianto i-

draulico ...

Hans Hotter ricorda ancora questa incidente,

un po' meno preoccupante dell'altro. Per

qualche motivo era in ritardo, e doveva indossa-

re un nuovo ed enorme mantello prima della sua

entrata nel terzo atto (Wo ist Briinhild).

Prendendolo al yolo in camerino se 1 0 getto sulle

88

La ValchiriaRoyal OperaHouseCovent Garden

Londra, 1961

La ValchiriaRoyal Opera

HouseCovent GardenLondra, 1956

89

 

spalle e si precipito in scena di fronte ad un pub-

blico che era divenuto inspiegabilmente ilare. IIome abbiamo visto, i disastri caus~ti da fat-

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fatto era che sulle sue spalle torreggiava, senza

che lui potesse vederlo, I'a ttaccapanni a cui era

appeso il mantello. Era un attaccapanni di un co-

lor rosa confetto. Hotter comunque sostenne con

grande padronanza tutto I' atto: la sua potente

presenza scenica deve senza dubbio aver presto

convinto il pubblico che un Wotan senza attacca-panni non e un vero Wotan. Come ha detto

Ernest Newman, Hotter e «l'unico uomo al mon-

do che puo entrare in scena e convicerti che ef-fettivamente lui e Dio».Anche Joan Sutherland non e certo artista da la-

sciarsi mettere fuori combattimento da problemadi costume ...

Beatricedi Trenda

Vincenzo Bellini

Teatro San Carlo

Napoli, 1961

Durante l'esecuzione del terzo atto di questaopera di Bellini ingiustamente trascurata _

nella magnifica regia di Visconti - la sottoveste

di Donna Joan cadeva sempre pill gill, ed in mo-

do irreparabile dato che Beatrice non lascia la

scena neanche per un attimo. Comunque fu solo

alla chiusura del sipario, quando ormai gia toe-

cava per terra, che la sottoveste fu raccolta ai

piedi della Sutherland dal tenore Renato Cioni il

quale con latina galanteria si mise ad agitarla in

aria, mentre il pubblico gridava "Viva, viva laStupenda».

90

Ctori umani sono talmente frequent! nel Ie o-

pere liriche da lasciare apparentemente ben poco

spazio aIle intromissioni di veri e propri disastri

naturali.

L' opera all' aperto, naturalmente, presenta dei

problemi: fu allarmante , per esempio, vedere il

maestrale alzarsi improvvisamente durante una

rappresentazione all'aperto de La Valchiria nel

1976 al festival di Orange, nel Sud della Francia,

e vedere tutti gli spartiti degli orchestrali volare

via nello stesso momento; 0 ilpalco galleggiante

a Bregenz andare alla deriva e arrivare nel mezzo

dellago con tutta I'orchestra. Per quanto riguarda

i teatri d'opera, in realta, il vero pericolo e quellodell'incendio, benche 1'unico grosso disastro di

questo tipo durante gli ultimi anni sembra sia sta-

ta la distruzione dell' Opera del Cairo nel 1970

(con la perdita delle scene e dei costumi per I' e-

dizione origin ale dell' Aida); un "contrattempo"

piuttosto ridicolo se si pensa che la stazione prin-

cipale dei vigili del fuoco del Cairo era situata

all'interno dello stesso edificio del teatro lirico.

L' allagamento e meno comune, benche gli appa-

rati scenici, dove e presente l'acqua, corrono na-turalmente seri rischi.

Nell'Ultima scena, l 'allestimento mostrava u-

no di quei serpeggianti ruscelletti orientali

con Turandot ferma su una riva, il tenore Carlo

Gasparini sull'altra e un piccolo ponte rustico a

dividerli. Le istruzioni per Gasparini erano sem-

Turandot

Giacomo Puccini

Opera di Roma,

1954

91

 

plici: quando Turandot cant d«Mio nome e amort lui d an 0 proclamava: forse il pili drammatico intervento della Tess

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Cavalleria

Rusticana

Pietro Mascagni

San Francisco,

1938

ciar si attraverso il onte . 0 arsr, an-cia. In realta . ~, ~ strm~~r1a fra le brae.

P?nte,. provo ~ :~ I :~ ! O i I~ : ~ : ~ ~ ~ ~ ~ ~men~ico ilpiede m fallo e ci cadde dent ' , a mrse unn f" ro, COSIper poeon mi per unirsi agli alt . 1 . 0,. . n sconso at! cort .

ton di Turandot che 1 eggla-o aVevano preceduto ...

Un vero terremoto t bb .niera cruciale . po re e mtromettersi in ma-

m una gran qu tita diio so di un 1 an 1 a 1 opere rna

so 0caso... '

Nenteme ' .no e capitan, proprio a Lily Pons II

soprano fece il suo I . .

panni di Santuzza su u~ot/~gresso m. scena nei

no tutto dipinto e trai dPICO

carrettmo sicilia-ramaro au' 11

::~;h~: cappello d i paglia connt ~ ~ ~ h tCe~eI~o~~Improvvisamentetremebonda e .avvenne quelIa snervante e ...

spenenza che 0 . biFrancisco pe . di gru a itante di San

no Icamente sopo per l 'asino il 1 pporta; rna fu trop-Oh s'· ,q~a e con un acuto e stridente Ih

Impenno e SIlancio .sare il pa1coscenI'co con nnpem ad attraver-

scaraventando L'I P .,dal carrettino e travol end 1 y ons giuscenografico. g 0 tutto l' alIestimento

92

Mnatura capite durante la "prima" dell' ope-

radi Frederic d'Erlanger" tratta dal romanzo

Tess dei d'Urbevilles di Thomas Hardy. Secondo

1 0 studioso di Hardy, Desmond Hawkins,

d'Erlanger scrisse ad Hardy da Milano nell'apri-

le del 1906, lamentandosi che «11Vesuvio si e

comportato in modo veramente poco cortese conme» e che Ie sue settimane di pazienti prove in

Napoli erano state ricompensate da una violenta

eruzione verificatasi durante il primo atto.

11pubblico era in ogni caso poco numeroso giac-

che la popolazione temeva un'eruzione da diver-

si giorni e il suo «stato ... [del pubblico] non e af-fatto necessario che io 1 0 descriva».

11teatro fu chiuso il giorno seguente dalle auto-

rita municipali malgrado una calorosa accoglien-

za e le favorevoli recensioni della stampa perquella parte dell'opera che la terrorizzata com-

pagnia era riuscita a rappresentare. Quando

Hardy seppe di questa debacle, commento nel

suo modo caratteristico che c'era soltanto da as-

pettarselo, essendo dopotutto in armonia con le

vicende della vita di Tess...

Effettivamente, il Vesuvio sembra manifestare

una certa antipatia per Ie intrusioni di opere in-

glesi a Napoli e, se e per questo, anche delle 1 0 -

ro eroine. C'era gia stata un' eruzione qualche

tempo prima, durante il debutto al San Carlo di

Mrs Billington, la prima grande voce di soprano

37) Oltre ad essere compositore F. d'Erlanger fu direttore

d 'orchestra, Diresse al Covent Garden sotto 10 pseudoni-

mo di Ferdinand Regnal. Francese di nasci ta, assunse la

cittadinanza inglese e mod a Londra nel 1943. n.d.c.

Frederic

d'Erlanger

Napoli, 1906

93

 

che sra apparsa III Inghilterra ai primidell' Ottocento. Forse dovremmo concludere col ricordare

qualcuna delle innumerevoli occasioni nelle

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La sua interpretazione fu interrotta dalle urla del

pubblico inferocito, che considerava I'eruzio ne

del Vesuvio una violenta protesta contro I'appa-

rizione al San Carlo di una "eretica protestan

te". (Fortunatamente, la cantante si pote consola-

re con la contestuale perdita di un marito indesi-

derato, un virtuoso di contrabbasso che avevasposato all'eta di sedici anni).

II rapporto dei napoletani con illoro teatro d'o-

pera e , per la verita, molto emotivo. Stavo par-lando con un tale durante un intervallo alla

Scala, il quale insisteva che l' essenza del San

Carlo era quella di essere "maschio "38.

«Ecosane pensa del teatro La Fenice di

Venezia?», azzardai, «Ah, quell a e femmina!»>,«E questa qui?» chie si, gettando intorno uno

sguardo alla gloriosa Scala. E lui, con un sorrisodi scherno: «Questo qui, caro signore, questa eneutro!»40

38) In italiano nel testo originale. n.d.c.

39) In italiano nel testa originale. n.d.c.

40).In italiano nel testa originale. n.d.c.

94

quali i disastri sono stati evitati da una geniale

improvvisazione e da una magistrale com pren-

sione delle esigenze del momento. In qualche

modo la successione degli eventi nell'opera im-

pe disce che un vuoto di memoria, ad esempio,

sia veramente pericoloso come puo esserlo nel

teatro di prosa. Non si puo davvero immaginarein un teatro d' opera la famosa storia che si rae-

conta su Gielgud e Richardson, i quali, dopo a-

ver ascoltato per ben tre volte in assoluto silen-

zio la parte, si rivolsero al suggeritore dicendo:

«Conosciamo la battuta, amico, e solo che nonricordiamo chi di noi deve dirla!». Invece, il fat-

to di dover entrare in scena cantando e COS1 sner-

vante, che un'entrata al momento sbagliato e ve-ramente un azzardo, come 10 e un improvviso

blocco mentale. Mi ricordo di aver una volta stu-pidamente detto ad un soprano dietro le quinte:

«Scommetto che non riesce a ricordare nemme-

no che opera e questa! », e infatti, come era pre-

vedibile, lacantante mosse qualche passo sulla

scena e non riusci a ricordare nulla. Persino il

debutto di Tito Gobbi come araldo nell'Orseolo

di Pizzetti (diretto dallo stesso compositore),

consiste nella strillare a squarciagola le parole:

«La Signoria del Doge e del Senato» con un mi-

nuto e mezzo di anticipo, proprio nel bel mezzodell' aria pili importante di Tancredi Pasero.

«Cretino, chi t 'ha mandato qui?»:" furono le pri-

41) Ci si riferisce qui ad una simpatica e famosa campa-gna pubbl icitaria del la birra 'Guinnes' , promossa nei Paesi

di lingua inglese alIa fine degli anni '50, nella quale ci si

serviva di immagini paradossali per mostrare l 'incredibile

95

 

me parole rivolte all'indirizzo di Gobbi da unpalco della Scala ...

Qui comunque c' e qualecosa per esperti in

I cantanti sono gente davvero piena di risorse,

come puo saperlo chiunque lavor~ co~ lo~o: In

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scampati disastri.

II Flauto Magico

Festival di

Glydebourne,

1964

Nll' affascinante allestimento di Franco

Enriquez e Lele Luzzati la scenografia era

stata realizzata con dei periatti mobili triangola-

ri; su ogni faccia era dipinta un'immagine diver-

sa. COS!per sostituire una scena, poniamo, ad e-

sempio, la foresta con il tempio di Sarastro, era

sufficiente che gli aiutanti di scena girassero lecolonne di 120 gradi.

Circa all'inizio del secondo atto dell'opera, duran-

te una parte dialogata tra Heinz Blankenburg

(Papageno) e Ragnar Ulfung (Tamino), due sfortu-

nati aiutanti persero l'equilibrio e si accasciarono

con Ie colonne a terra, lasciandosi sfuggire con-

temporaneamente delle invocazioni d'aiuto invo-

lontarie, rna chiaramente udibili. A questa punto

Blankenburg guardo Ulfung, Ulfung guardo

Blankenburg, e insieme si diressero verso il fonda

della scena e con delle battute improvvisate in te-

desco - che comprendevano anche una pubblicita

sui poteri energetici della Guinness - rimisero le

colonne in piedi. Fregandosi Ie mani, ritomarono

poi tutti soddisfatti al centro del palcoscenico per

continuare l'opera interrotta, rna non prima che il

pubblico di Glyndeboume, come sempre di umore

gioviale dopo il cocktail dell ' intervallo, fosse e-

sploso in un fragoroso coro di applausi.

forza di chi ne beveva (per es. un uomo che riesce a solle-yare un pianoforte con un dito e cos) via). n.d.c

96

un allestimento di Blaise le Savetier di Philidor

al I'Istituto Francese di Londra, nel 1976, un

chiodino di circa cinque millimetri avrebbe do-

vuto assicurare la finta facciata dell ' armadi~ nel

quale il padrone di casa-amante, Monsieur

Pince se ne stava nascosto. Guardando dalle

quint;, rimasi atterrito nel vedere il chiodino ce-dere e la porta dell ' armadio iniziare lent~mente

ad aprirsi (distruggendo COS!l'.n~ero sviluppo

della storia), quando con una dIsmvo~tura. che

addirittura intensifico l'azione drammatica, 1 1 te-

nore Emile Belcourt, che faceva la parte del ma-

rito oltraggiato, si appoggio con perfetta natu~a:

lezza alla porta dell'almadio pe~ l'esatta quantita

di tempo che occorreva a Garnck Jon~s per af-

ferrarla salda mente da dietro. II pubblico, ~atu-

ralmente, non si accorse di nulla, eCC1t~tocom'era all 'idea del possibile incontro tra manto

e amante. Belcourt nella parte di Loge, natural-

mente - come tutti i Loge - e state anche u~ va~

larose nel rimetter su la pila d'oro che gli del

sciocchi hanno rovesciato (0 meglio, ~he per

colpa dello scenografo e del regista ~on SIregge-

va in piedi), mantenendo un'espresslone.altezz~-

sa e sprezzante perfetta mente in sintoma con 1 1

personaggro.

Tuttavia, un esempio ancora pili affascinante di

improvvisazione teatrale, e qu~llo ~ratt.oda T~eQuiet Showman, la hiogr afia di SIr David

Webster scritta da Montague Haltrecht:

97

 

La VaIchiria

Covent Garden La rappresentazione fu splendida, diretta da

Reginald Goodall e con la famosa Hilde

ne con essa. Ahime, fu solamente a meta della

scena della forgiatura che Wolfgang Windgassen

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Manchester. 1956

Siegfried

Royal OperaHouse

Covent Garden

Konetzni nella parte di Sieglinde. A Sir David

piaceva descrivere quel sublime momento di e-

sta si nel duetto d' amore quando vide la

Konetzni improvvisamente eseguire un ampio e

bellissimo gesto, che lui non aveva mai visto

prima, e finire in ginocchio ai piedi del suo a-

manteo Ne era rimasto cost profondamente com-mosso da farsi venire Ie lacrime agli occhi, pero

spiegava sempre cio che in realta era accaduto:

la signora aveva perso un dente e 1 0 aveva ritro-

vato grazie ad un riflesso di luce, splendente co-

me l'oro del Reno! La gioia che aveva provocato

que1movimento, era la gioia del ritrovamento e'

non quella del rapimento amoroso!

Ci fu un momento di panico nell'intervallo, poi-

che la Konetzni non era del tutto sicura di poter

continuare a cantare con un dente mancante. Aquel punto la direttrice di scena Elizabeth

Latham ebbe una felice ispirazione: forse un

chewing gum avrebbe tenuto fermo il dente?

Mando fuori qualcuno a cercarne. 11trucco fun-

ziono: il chewing-gum mantenne il dente a posto

per tutto 1 0 spettacolo.

Comunque, peggio di una Sieglinde che perde

un dente c 'e sicuramente un Sigfrido cheperde la sua spada.

Al Covent Garden il trovarobe sembrava aver af-

ferrato l' idea che Sigfrido dovesse forgiare una

spada completa da pezzi diversi messi insieme,

rna non il fatto che egli dovesse mostrare al pub-

blico la spada finitae perfino spaccare un'incudi-

98

si rese conto che gli erano stati forniti solo i fram-

menti della spada, e che quindi era costretto a

fronteggiare l'urgente necessita di forgiare real-

mente la spada Nothung per la prima volta nella

storia delle rappresentazioni del Ring e perdipiu

su un' incudine di cartone. Accettando con calma

la sfida, procuro che il suo tragitto verso 1'incudi-ne 1 0 portasse sempre piu lontano, verso le quinte,

dove fece in modo di prendere la spada e di por-

tarsela sotto il mantello senza che il pubblico se

ne accorgesse ...

UnDon Ottavio terrorizzato e alle prime ar-

mi, inverti mentalmente l'ordine delle Don

Giovanni sue arie, entro in scena e attacco "11

mio tesoro" invece di "Dalla sua pace".Si dice che l' orchestra, diretta da Julius Rudel,

avesse una tale padronanza della partitura che

come un sol uomo, istantaneamente, salto alla

battuta giusta, un centinaio di pagine piu avanti,

e con un tale aplomb che il pubblico penso che

per qualche motivo l'ordine delle arie fosse state

deliberatamente invertito ...

Un notevole esempio di sangue freddo e di col-laborazione tra Tito Gobbi e uno sconosciuto

membro del Covent Garden e riportato nell'au-

tobiografia del grande cantante: La mia vita".

42) Pubblicazione postuma, Milano 1985. n.d.c

Don GiovanniCity Center

New York,1960

99

 

Un ballo

in maschera

Royal OperaG

Obbi fu chiamato d'urgenza con un sol po-

meriggio di preavviso per sostituire un indi-

sposto Anckestroem, rna scopri che la produzio-

Ed ora, una per finire.

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House

Covent Garden,

1954

ne era nella versione originale ambienta ta nella

Svezia del diciottesimo secolo, invece che in

quell a del diciassettesimo secolo a Boston.

Gobbi non era stato informato di questo e non a-

veva mai cantato la versione svedese.

Nonostante tutto, il fatto di conoscere solo la se-conda versione, per quanto gli causasse terribili

incertezze, non costitui un serio problema, alme-

no fino all'ultimo atto, quando improvvisamente

si rese conto che gli mancava il pugnale per as-

sassinare Gustavo III - cioe, a Boston, il Conte

di Warwick - e che in effetti la sua situazione e-

ra la stessa di quella dei nostri amici del plotone

d'esecuzione in Tasca"; solo che era esattamente

capovolta: sapeva chi doveva giustiziare, rna

non come.

Uno del coro riusci a leggergli nel pensiero e, in-

credibilmente, riusci a procurarsi una pistola

(presumibilmente da una delle guardie). «Che

me ne faccio di una pistola?» bofonchio Gobbi,

che era ancora assolutamente convinto di dover

usare un pugnale «Deve sparargli, ora!». E cosi

Anckestroem diede al suo rivale il coup de grace

con l'arma giusta, fortunatamente.

Peter Ustinov si trovo a dirigere un'opera in in

quello che e senza dubbio il teatro lirico tee-nicamente piu avanzato del mondo: il teatro

dell'Opera di Amburgo. (Se la raccolta di fondi

avra successo, come si spera, Ie attrezzature del

Covent Garden eguaglieranno presto quelle delmoderno teatro di Amburgo). Nel teatro di

Amburgo intere 'scenografie sono sistemate in

un'enorme struttura accanto aIle quinte e scivola

no nella corretta posizione al minimo tocco di un

pulsante. I tecnici sono straordinariamente effi-

cienti, tuttavia ce n' era uno che era un caso vera-

mente disperato. Con lui ogni cosa andava stor-

ta: una volta lascio cadere un martello daIl' alto

mancando per un pelo la testa del direttore di

scena; un' altra, al suo solo apparire I' intero im-pianto d'illuminazione computerizzato ando in

tilt e tutto il teatro si ritrovo al buio. Intere see-

nografie crollavano appena lui gli si accostava.

Alla fine, Ustinov chiese a quest'uomo chi mai

fosse e perche nonostante tutto continuassero a

mantenerlo neIl'organico del teatro.

«Ah, sa, continuano a tenermi qui, perche la rnia

presenza contribuisce a rendere I'atmosfera piu

umana».

Una risposta eccellente, penso Ustinov, rna sicu-ramente c'era dell'altro. Ustinov continuo:

«Ma com' e che commette tutti questi incredi bili.?erron.».

«Ah, rna questa e una lunga tradizione di famiglial ».

«Cosa? Vuole forse dire che ce n'e piu d'uno co-3) V. Tasca pp. 1820. n.d.c.

100101

 

me lei, addirittura tutta una famiglia?»,

«Oh, sl, avrebbe dovuto vedere mio padre!».

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«Che lavoro faceva?».

«Era direttore di scena all' Opera di Klagenfurt, e

commise i piu incredibili errori che si possano

immaginare, molto piu gravi di tutti quelli che io

abbia mai commesso ... Ma un giomo riusci a fa-

re l' impossibile: aveva fatto in modo che ogni

cosa fosse a posto. L' opera era il GuglielmoTell, proprio quello che ci voleva per

Klagenfurt, e guardando dalla regia nelle quinte,

poteva vedere che tutto era perfetto: tutte Ie sce-

ne erano a posto, il cora era nella giusta posizio-

ne, gli animali si comportavano bene, il suggeri-

tore suggeriva le battute, i cantanti cantavano, e

si sentiva l'orche stra suonare ».

«E quindi cosa ando storto?».

«Oh, solo un piccolissimo particolare ... II sipario

non si apr! mai...».E, a quei tempi, simili cose potevano accadere.

A quei tempi ...

INDICE

FONDO

A. CIRIG;~ANO2UU9

O O H StR V A TO R .lO 0 4 M US .cA

"G. CANTELU"NOVAH,~

= r .2 ; j _W i ~H}i'1O .....,-"" ..~

102

 

Introdusione 7 La Traviata

Prejazione dell' autore alla prima edizione 9Giuseppe Verdi

Royal Opera House

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Salome Covent Garden, Londra,

Richard Strauss, Perth, 1978 11 meta anni Settanta 21

La Valchiria Manon Lescaut

Richard Wagner Giacomo Puccini

Buenos Aires 14 The Welsch National Opera

ToscaBrighton Festival, 1978 23

Giacomo Puccini La Sonnambula

Teatro Colon, Vincenzo Bellini

Buenos Aires, 1950 circa 15La Scala, Milano, 1963 24

La Boheme Anna Bolena

Giacomo Puccini Gaetano Donizetti

Dublin Grand Opera Society 16La Scala, Milano, 1961 25

La Boheme CarmenGiacomo Puccini Georges Bizet

The Metropolitan Opera, Los Angeles 25

New York, 1936 17Don Giovanni

II Cavaliere della Rosa W A. Mozart 26

Richard Strauss

Glyndebourne Festival, 1980 18Boris Godunov

Modest Musorgskij

Gtello Opera di Parigi, 1980 30

Giuseppe Verdi

Le Tableau ParlantRoyal Opera House

Covent GardenAndre Gretry, Lione, 1936 30

Londra, anni Sessanta 19 Carmen

NormaBologna, 1958 31

Vincenzo Bellini Cost Fan TutteRoyal Opera House W A. MozartCovent Garden, Venezia, 1974 32Londra, 1979 20

 

Egmont LohengrinGoethe, Ludwig Van Beethoven The Metropolitan Opera,Palazzo Pitti, Firenze, 1967 33 New York, 1937 41

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Carmen LohengrinHeidelberg 34 Opera di Parigi 41

Albert Einstein 34 Carmen

La BohemeGeorges Bizet

Palermo, 198142

Giacomo Puccini

Opera Centre di Londra 35 Tristano e Isotta

Thea MusgraveRichard Wagner

La Fenice, Venezia, 1981 43

Anthony Besch

Opera Centre di Londra 35 Idomeneo

W A. MozartDon Carlos La Fenice, Venezia, 1981 44

Giuseppe Verdi

Royal Opera House Carmen

Covent Garden Royal Opera HouseLondra, 1959 36 Covent Garden, Londra, 1932 circa 46

Pelle as et Melisande Boris GodunovClaude Debussy Modest Musorgskijdata e luogo ignoti 37 Teatro Bolscioi,

Mosca, 1979 46

Le Nozze di Figaro

WA. Mozart 37 Orsi 47

11Franco Cacciatore Firenze 48

Carlo Maria von WeberHannover, 1960 38 Rigoletto

Giuseppe VerdiSigfrido Sadler s Wells Theatre,Richard Wagner Londra, 1950 51

Manchester, 1976 40

ToscaLa Valchiria data e luogo ignoti 52

La Scala, 1959 40

 

Don Chisciotte Don GiovanniJules Massenet WA. MozartOpera di Parigi 53 Opera di Stato

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di Vienna, 1958 62II Flauto Magico

W A. Mozart Don GiovanniEnglish National Opera, 1977 53 City Center

New York, 1958 63Aida

Giuseppe Verdi Don GiovanniOpera di Parigi, 1971 54 City Center

New York, 1960 63La Traviata

Giuseppe Verdi 54 Rigoletto

Mose e AronneGiuseppe Verdi

L'OperaArnold Schoenberg

Parigi, 1954 65Deutsche Oper am Rheim,

Colonia, 1962 55 Don Giovanni

La Vestale King's TheatreEdimburgo, 1949 65

Gaspare Spontini

Wexford Festival, 1980 56 Rigoletto

II PipistrelloRoyal Opera House

Covent GardenJohann Strauss

Londra, 1948 67Deutsche Oper am Rheim,

Colonia, 1962 57 Tosca

San Diego, 1956 68Tosca

Giacomo Puccini A Village Romeo and JulietCity Center Frederick DeliusNew York, 1960 59 Londra, 1920 69

Tosca CarmenTeatro dell 'Opera Georges Bizetdi San Francisco, 1961 60 Citta del Messico,

data ignota 70

 

PoliutoSiegfried

Gaetano DonizettiRoyal Opera House

Teatro dell'Opera di Roma, 1951 71 Covent Garden

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Londra, 1937 87Carmen

Arena di Verona, 1970 73 L'oro del Reno

Boris Godunov English National

88pera, 1976AfodestAfusorgs~

Royal Opera House La ValchiriaCovent Garden

Royal Opera HouseLondra, 1958 74 Covent Garden

Londra,1961 89Giulietta e Romeo

Riccardo ZandonaiLa Valchiria

La ScalaRoyal Opera House

Afilano,191375 Covent Garden

Londra, 1956 89Carmen

Bournemouth

Beatrice di Tendadata ignota 76 Vincenzo Bellini

Teatro San CarloDon CarlosNapoli, 1961 90Giuseppe Verdi

La ScalaTurandot

Afilano,197080 Giacomo Puccini

Opera di Roma, 1954 91Otello

Giuseppe VerdiCavalleria Rusticana

Catania, 1963 81 Pietro Mascagni

San Francisco, 1938 92Otello

Opera/SouthTess

New Orleans, 1955 84 Frederic d'Erlanger

Napoli, 1906 93Lohengrin

Richard WagnerII Flauto Magico

96etropolitan Opera, 1936 86 Pestival di Glyndebourne, 1964

 

"A iuto: m i hanno sparato per c la\ vcro

ha mormorato Fabio A rm ilia to rivolto a

Raina Kabai \ anska, protagonista di

«T osca». II g iovane .tcnorc, nei panni di

Mario Cavaradossi. a lia f in e dellasccna

d el la l uc i l az io ne e r i m as to s ed uto

La Valchiria

Covent Garden

Manchester, 1956 98

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S.D.G.

reggcndosi il p icdc sinistro Icrito . E '

accaduto un paio di anni fa. sui palco-

sccnico dello Sfcristerio di Maccrata,

davanti ad un pubblico di 2S 0() personc.

Pare che i I disastro - I" cnncsi m o eli una

«Tosca- - sia s tato dovuto a l f at to che ep ar tit o il ta pp o di chius ura de lla can na

di uno dei fucili d i scena . A causa

dcllincidcnte , chc gli e costato un

p icc olo in tervcn to d i chiru rg ia plastica,

A rm ilia to ha guadagnato am pio spazio

s u i g io rn a li . che n on h an no mancato eli

ricordarc un suo prcccdcntc fcri m ente a

causa della sciabolata ricevuta in una

«Carmen. . ..

Tutto cio sarcbbc gilt sufficiente pe r

dedicarc a lu i anchc q ue st a e di zi on e

completa de i «Disastri allOpera»

(contenente i tcsti di cntrambi i volumi

p rec edcn tcm cn tc pu bb licati d alla

Pagano. «Disastr i allOpcru» c «Disastri

allOpera 2»). T u tta via , il te no re

gcnovcsc, trcntasette anni, allicvo di

Franco Corclli , ha latto di piu. Pochi

giorni dopo Ia fu cilata al piedc - munito

di stam pelle - c to rn ato in s cen a. rna i I

sostcgno, purtroppo, si c r ot to : c ro ll at o

incsorabilmentc a l s uo lo , l ar di mc nt os otenore xi e frattu rato tibia c perrine della

g um ba d cs tr a.

A lui, come a tutti i prolagonisti d i ogni

altro "disasiro" allopera chc xia sfuggi-

to a questa l"as\egna. \ udano tutti i

nostri piu Icrvidi uuguri di m iglior sortc .

.\1l~('I(I l.otnonaco

Siegfried

Royal Opera House

Covent Garden, 1955 98

Don Giovanni

City Center

New York, 1960 99

Un Ballo in Maschera

Giuseppe Verdi

Covent Garden, 1954 100

Finito di stampare nell' Ottobre dell' anno MCMX CVII

presso la litografia "Romano", in Napoli.

 

5/16/2018 Vickers - Tutti i Disastri All' Opera - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/vickers-tutti-i-disastri-all-opera 59/59

Dtscguo di copertlna.

F r a nc a M a r ia E s p os i t o