vivi brescia - 150 anni unità d'italia

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SPECIALI gli di 17 marzo 2011 Vivi un invito a scoprire il territorio, a viverlo pienamente brescia & hinterland | franciacorta & sebino | lago di garda | pianura | valle camonica | valle sabbia & lago d’idro | valle trompia Brescia

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Numero speciale di Vivi Brescia dedicato alle manifestazioni programmate in provincia di Brescia per ricordare il 150° anniversario dell'Unità d'Italia

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Page 1: Vivi Brescia - 150 anni Unità d'Italia

SPECIALIgli di

17 marzo 2011

Vivi

un invito a scoprire il territorio, a viverlo pienamente

brescia & hinterland | franciacorta & sebino | lago di garda | pianura | valle camonica | valle sabbia & lago d’idro | valle trompia

Brescia

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1861: nasce l’Italia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo san-zionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Ema-nuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861”.

Sono le parole che si possono leggere nel documento della legge n. 4671 del Regno di Sardegna e valgono come proclamazione ufficiale del Regno d’Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 della Came-ra dei Deputati, nella quale è stato votato il progetto di legge approvato dal Senato il 26 febbraio 1861. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 mar-zo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861.

In circa due anni, dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861, nac-que, da un ‘Italia divisa in sette Stati, il nuovo regno: un percorso che parte dalla vittoria militare degli eserciti franco-piemontesi nel 1859 e dal contemporaneo progressivo sfaldarsi dei vari Stati italiani che avevano legato la loro sorte alla presenza dell’Austria nella penisola e si conclude con la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d’Italia.

Tra il 1859 e il 1860 non ci fu un vero scontro tra l’elemento liberale e le vecchie classi dirigenti ma una rassegnata accettazione della nuova real-tà da parte di queste ultime. Solo nel regno meridionale si manifestò una qualche resistenza, dopo la perdita della Sicilia e l’ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre), senza colpo ferire, con la battaglia del Volturno e la difesa di alcune fortezze. Il nuovo Stato non aveva tradizioni politiche univoche (insieme ad un centro nord con tradizioni comunali e signorili, c’era un mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli) ma si basava su una nazione culturale di antiche origini che costituiva un forte elemento unitario in tutto il paese, uno Stato - come scrisse all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale un illustre storico svizzero, Werner Kaegi - che cinque secoli prima del-l’unità aveva “una effettiva coscienza nazionale” anche se priva di forma politica. Nel rapidissimo riconoscimento del regno da parte della Gran Bretagna e della Svizzera il 30 marzo 1861, ad appena due settimane dalla sua proclamazione, seguito da quello degli Stati Uniti d’America il 13 aprile 1861, al di là delle simpatie per il governo liberale di Torino, ci fu anche un disegno, anche se ancora incerto, sul vantaggio che avrebbe tratto il continente europeo dalla presenza del nuovo regno.

Cominciò infatti a diffondersi la convinzione che l’Italia unita avrebbe potuto costituire un elemento di stabilità per l’intero continente. Invece di essere terra di scontro tra potenze decise ad acquistare una posizio-ne egemonica nell’Europa centro-meridionale e nel Mediterraneo, l’Italia unificata, cioè un regno di oltre 22 milioni di abitanti, avrebbe potuto rappresentare un efficace ostacolo alle tendenze espansioniste della Francia da un lato e dell’impero asburgico dall’altro e, grazie alla sua fa-vorevole posizione geografica, inserirsi nel contrasto tra Francia e Gran Bretagna per il dominio del Mediterraneo.

Fonte: www.italiaunita150.it

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17 marzo 2011

Vivi

un invito a scoprire il territorio, a viverlo pienamente

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Brescia

Buon compleanno Italia.Anche la Redazione di Vivi Brescia vuole unirsi ai festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e offre ai suoi lettori questo numero speciale di 34 pagine interamente dedicato alle manifesta-zioni programmate in provincia di Brescia.Siamo convinti che l’evento dei 150 anni non sia solo una festa, ma rappresenti un passaggio epocale, da commemorare celebrando la storia patria anche per le generazioni del futuro e siamo certi che co-noscere il nostro passato sia lo strumento ideale per essere buoni cittadini del futuro.Buon compleanno Italia unita.

gliSPECIALIdiViviBrescia

anno V - n. 1 marzo 2011Pubblicazione periodica

Direzione & RedazioneCasa Editrice PUBLISHER

Via Schivardi, 62 | 25123 Bresciat. 030.380016 | f. 030.380016

[email protected] | www.publisher.it

Coordinamento EditorialeVittorio Bertoni

Pubblicitàcell. 320.0563244

e-mail: [email protected]

Grafi ca & ImpaginazionePUBLISHER Area Grafi ca

TestiAdonella Palladino | Vittorio Bertoni

Fotografi eArchivio PUBLISHER

Gentile lettore, la informiamo che le informazioni raccolte sono state attentamente vagliate dalla nostra Redazione. Tuttavia sono sempre possibili, anche all’ultimo momento, cambiamenti di date e orari. Consigliamo pertanto di effettuare sempre una verifi ca. Enti, Comuni e Associazioni per promuovere le proprie iniziative. Per informazioni contattare la nostra Redazione.

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L’inno nazionale

Fratelli d’ItaliaDobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell’autunno del 1847 dall’allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l’Au-stria. L’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia ne fecero il pi amato canto dell’unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l’Inno di Mameli dive-nisse l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

Il poeta Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827. Stu-dente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderi-sce al mazzinianesimo nel 1847, l’anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. D’ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiun-ge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri.Dopo l’armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Nonostante la febbre, sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena.Muore d’infezione il 6 luglio, alle 7.30 del mattino, a soli 22 anni.Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.

Il musicista Michele Novaro nacque il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studiò com-posizione e canto. Nel 1847 a Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano.Convinto liberale, offrì alla causa dell’indipendenza il suo talento com-positivo, musicando decine di canti patriottici e organizzando spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine. Di indole modesta, non trasse alcun vantaggio dal suo inno più famoso, neanche dopo l’Unità. Tornato a Genova, fra il 1864 e il 1865 fondò una Scuola Corale Popolare, alla quale avrebbe dedicato tutto il suo impe-gno. Morì povero, il 21 ottobre 1885, e lo scorcio della sua vita fu segnato da difficoltà finanziarie e da problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli venne eretto un monumento funebre nel cimitero di Staglieno, dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini.

Come nacque l’inno

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La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli.Siamo a Torino: “Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lo-renzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musi-ca e politica insieme. Infatti, per mandarle d’accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell’anno per ogni terra d’Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l’alba primiera - al recentissimo del piemontese Bertoldi - Coll’azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi.In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l’egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To’ gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti così; gli fan ressa d’at-torno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell’aprile del ‘75, avendogli io chiesto notizie dell’Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo.Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all’inno, mettendo già frasi melodiche, l’un sull’altra, ma lungi le mille miglia dall’idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po’ in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c’era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d’un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l’originale dell’inno Fratelli d’Italia.”

Fonte: www.quirinale.it

Fratelli d’Italia L’Italia s’è desta, Dell’elmo di Scipio S’è cinta la testa. Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, Chè schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perchè non siam popolo, Perchè siam divisi. Raccolgaci un’unica

Bandiera, una speme: Di fonderci insieme Già l’ora suonò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci, l’Unione, e l’amore Rivelano ai PopoliLe vie del Signore; Giuriamo far libero Il suolo natìo: Uniti per Dio Chi vincer ci può? Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano,Ogn’uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano, I bimbi d’Italia Si chiaman Balilla, Il suon d’ogni squilla I Vespri suonò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano Le spade vendute: Già l’Aquila d’Austria

Le penne ha perdute. Il sangue d’Italia, Il sangue Polacco, Bevè, col cosacco,Ma il cor le bruciò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morteL’Italia chiamò

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Cerimonia del TricoloreSala Consiliare Calcinato

Comune di Calcinato150

Gli anni dell’Italia

16 Marzo 2011

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