vivi consapevole 24

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2 Consapevole

Consapevolegennaio/marzo 2011

Anno VIII– numero 24

EditoreMacro Società Cooperativa

IdeatoreGiorgio Gustavo Rosso

Direttore ResponsabileMarianna Gualazzi

[email protected]

Responsabile di redazioneRomina Rossi

[email protected]

Responsabile settore saluteValerio Pignatta

Altri componenti della redazione

Angelo Francesco [email protected]

Elena [email protected]

Grafica e Uff. AbbonamentiEditing snc

Servizi Editoriali - Cesena (FC)[email protected]

Ufficio commercialeEnrico Fedrigo

[email protected]

Hanno collaborato alla realizzazione di questo

numeroSergio Abram

Fabrizia BigoniAndrea Bizzocchi

Grazia Cacciola - Erbaviola.comBarbara MartiniChiara MerianiGiuliana Mieli

Martina TurolaSimona Zoffoli

Immaginihttp://www.sxc.hu

http://www.shutterstock.comhttp://www.dreamstime.com

StampaGeca industrie grafiche

www.gecaonline.it

Perché leggere

Vivi Consapevole?Vivi Consapevole è una rivista trimestrale illustrata, edita dal Gruppo Editoriale Macro, casa editrice presente sul mercato dal 1987 e oggi leader nei settori delle terapie alternative, dell’alimentazione naturale e nel body mind spirit.Il Consapevole viene pubblicato dal 2004 e porta avanti un progetto culturale importante.

Autosufficienza, permacultura, decrescita, cultura della transizione, abitudine alle “buone pratiche”, risparmio energetico, riciclaggio dei rifiuti, bioarchitettura e bioedilizia, terapie naturali, genitorialità sono i nostri temi, le parole chiave che ci guidano nel lavoro quotidiano, la nostra inesauribile fonte di energia.L’approfondimento con cui trattiamo gli argomenti, la ricchezza delle informazioni, lo sguardo rivolto alle novità del panorama internazionale, il contatto diretto con i gruppi, le associazioni, i movimenti e le persone sono i punti di forza che ci contraddistin-guono dalle altre riviste che puoi trovare in edico-la e in abbonamento.

Noi rispettiamo l’ambiente! UsiamoCarta certificata FSC e inchiostri vegetali! Diventa

uno di noi... abbonati!

Vedi pag. 80

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Consapevole 3

Editoriale

«Conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione». Vandana Shiva in Monoculture della mente

Londra, anno 2027. La città è lacerata dalla guerriglia urbana: degrado, vandali-smo, tafferugli, atti

terroristici sono all’ordine del giorno. L’umanità è sconvolta dalla coscienza dell’imminente catastrofe. Non si tratta di una guerra nucleare globale, dello stravolgimento del clima, di una nuova glaciazione o dell’innal-zamento del livello del mare, di una carestia globale o della mancanza di acqua, né tantome-no dell’invasione della terra da parte di forze aliene. L’umanità è arrivata al capolinea: la specie umana è stata colpita da un’in-fertilità globale e da diciotto anni sul pianeta non nasce più un bambino. The children of men (in italiano I figli degli uomini) è un film che mi ha molto colpito: una distopia che immagina davvero quello che potrebbe essere il peggiore dei mondi possibili – un’umanità non più fertile: come un suolo sfruttato da anni di monocultura, una foresta esausta, un fiume troppo inquinato per ospitare e generare la vita. Nel dicembre 2006, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di proclamare il 2010 Anno internazionale della biodi-versità. E, dato che la scomparsa

della diversità biologica è stata identificata come il fattore dal più devastante impatto sull’esi-stenza della specie umana, i paesi europei si erano impegnati – at-traverso l’iniziativa Countdown 2010 – a fermare questo processo entro, appunto, il 2010. L’obiettivo non è stato raggiun-to. Per la persistenza e l’impor-tanza della questione, abbiamo deciso di dedicare il primo numero del 2011 a questo tema: con la volontà di affermare chia-ramente che ogni anno è l’anno della biodiversità. Ogni mese, giorno, ora e minuto sono da dedicare alla salvaguardia della diversità biologica, se è vero che, oggi come oggi, il tasso di estinzione è fra le 100 e le 1.000 volte superiore al tasso naturale, ossia a quello senza interferenza umana: anche su questo deli-cato tasto il “fattore uomo” ha giocato un ruolo decisamente importante.La diversità biologica è l’assi-curazione sulla vita della nostra specie. E se ci dimentichiamo che il nostro habitat è prima di tutto quello naturale – non quello metropolitano – quando avremo logorato anche le ultime foreste e prosciugato l’ultimo fiume, allora forse ci estinguere-mo anche noi. Vicino a dove abito c’è una

stradina di campagna, ai lati ci sono campi per il pascolo, fossi con l’ortica, alberi da frutto che non vengono potati da diversi anni: sono ricoperti di vischio o producono frutti piccolissimi ma molto saporiti. Ci sono anche dei roveti e qual-che tralcio di uva fragola incu-stodito. Quest’anno con mia figlia ho raccolto l’ortica e insieme ab-biamo fatto la frittata e la pasta. Abbiamo raccolto le more, che sono state la nostra merenda dall’inizio di agosto alla fine di settembre. Abbiamo mangiato l’uva guar-dando le mucche che pascolava-no. In ottobre abbiamo raccolto le pere e le mele che cadono a terra e che nessuno raccoglie e ci abbiamo fatto delle torte, o le abbiamo cotte al forno. Io spero che di queste stradine ce ne siano tante anche vici-no a dove abitate voi, e che ci possiate andare spesso. Per approfittare e godere della ric-chezza dei frutti della terra e per rubare qualche prezioso seme da piantare nel vostro giardino o sul vostro terrazzo: noi stiamo provando con un melo.Buona lettura! Marianna Gualazzi

I figli degli uomini

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4 Consapevole

Comunità consapevole50 Celebrare CerimonieCreare ComunitàTraduzione di Romina Rossi

Comunità consapevole54 Abitare CohousingSimona Zoffoli, architetto – Clusterize Rifiuto riuso riciclo57 Trivelle d’ Italia Romina Rossi

Curarsi da sé62 Apiterapia: il veleno che curaLa Redazione

Bambini e genitori65 Ecologia degli affettiMarianna Gualazzi

Eco viaggi70 Fertilità, amore e saggezza inecovillaggioChiara Meriani

10 L’intervistaTrova il tuo albero e cambia il mondointervista a Julia Butterfly HillAndrea Bizzocchi

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Consapevole 5

76 Botta e risposta

SpecialeBiodiversità

Rubriche

18 Biodiversità: un valore assoluto Valerio Pignatta

24 C’era una volta un pratoSergio Abram

28 L’attivismo del pollice verdeMartina Turola

30 La biodiversità di un orto medioevaleGrazia Cacciola

38 Le confetture di frutti antichiFabrizia Bigoni

42 L’agricoltura del non fareFrancesco Rosso

8 Piantare e raccogliere

9 60 secondi di saper fare

73 Cosa leggere…

75 Eventi, corsi, formazione

76 Botta e risposta

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6 Consapevole

Sono le 6,43 di venerdì 17 dicembre mentre inizio questo articolo che mi suona dentro

magnificamente. Forse chi legge Vivi Consapevole non sa che venerdì 17 è il mio giorno fortunato: pochi giorni fa in aereo ero nella fila 17, spesso gatti neri mi attraversano la strada rendendomi felici, e se poi si rompe qualche specchio la mia gioia va alle stelle. Svegliandomi ho subito capito perché non ero riuscito a scrivere prima: ieri sera è tornato dall’Alto Adige mio figlio Francesco dove ha partecipato a un tour organizzato dal TIS Innovation Park della provincia di Bolzano sulle energie rinnovabili e il risparmio energetico. Mi ha raccontato di case passive che accendono il riscaldamento 3 ore al mattino e 3 ore alla sera (con temperatura esterna di 10 gradi sotto lo zero) per avere una temperatura costante di 21-22 gradi: i bambini vi abitano in maglietta e a piedi nudi. Mi ha parlato di un paese di 3.000 abitanti, Prato allo Stelvio, che ha vinto il premio come comune più “rinnovabile” d’Europa: qui quasi ogni casa e azienda ha un impianto fotovoltaico sul

tetto. Mi ha detto che a Merano, nella piazza centrale c’è un supermercato che vende solo prodotti dell’Alto Adige, meglio se biologici. E che tutto questo è possibile perché il 95% delle tasse viene speso sul posto. E ha aggiunto che il Trentino, invece, è molto più indietro, come pure la Valle d’Aosta, nonostante abbiano uguali o maggiori ricchezze.

Mentre Francesco mi raccontava tutto questo pensavo che sappiamo e abbiamo già tutto, ma siamo incapaci e ignoranti. Oggi possiamo fare cose incredibili, capaci di portare prosperità, benessere, gioia e felicità a tutti, trasformando al tempo stesso la vita e il pianeta nel pieno rispetto della natura, ma non siamo ancora capaci di guardare oltre al nostro naso, fidarci e aiutarci l’un altro.

Francesco mi ha anche parlato dei seminari di Charlie Fantechi

– un grande esperto di ipnosi. Fantechi chiama la televisione la “scatola ipnotica”, e spiega le diverse fasi o obiettivi con cui i potenti la utilizzano per renderci facilmente influenzabili e “governabili”. Il risultato è una società composta da persone totalmente schiave

di un sistema (economico, politico, sociale) loro imposto e che, paradossalmente, hanno l’impressione di essere liberissime. La televisione non mi è mai piaciuta, ma queste affermazioni sono state il clic decisivo per smettere di gettarmi sul divano tornando a casa stanco. Fantechi chiede ai tassisti di spegnere la radio per non essere condizionato e si guarda bene dal leggere i giornali. Vi potrà sembrare strano, e forse un po’ blasfemo, ma la vostra vita ne otterrà grandi benefici. Sapete perché? Perché avrete più tempo per ascoltare voi stessi, chi amate e chi vive vicino a voi, invece di essere informati su tutti i disastri del mondo e le vicende di Berlusconi, Fini e Bersani o tanti altri.

Sono sicuro che difficilmente nella scatola ipnotica parleranno di un paese di 3.000 abitanti che autoproduce il doppio dell’energia di cui ha bisogno, o di un supermercato a chilometro zero, o di tasse spese nel territorio in cui sono raccolte.

Prima di ieri sera era mia intenzione parlarvi di come cambia la vita quando si capisce che aiutandoci l’un

Televis ione Offvita onAiutarsi e condividere le conoscenze: per vivere con i piedi per terra e la testa tra le nuvole

Giorgio Gustavo Rosso

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Consapevole 7

Parola all’editore

l’altra possiamo moltiplicare per dieci il risultato finale. La scatola ipnotica ci isola e ci rende impotenti; il dialogo e la comunicazione con chi abbiamo vicino ci unisce e ci rende potenti. Parlando tra noi abbiamo la possibilità di scoprire cose importanti che possono cambiare le nostre vite in un attimo. La mia vita è la storia dei miei incontri con persone e libri, conferenze e ricerche che mi hanno aperto la mente a possibilità nuove e straordinarie.

Vi voglio raccontare una breve storia, ma che vi riguarda piuttosto da vicino.

Immaginate che ci sia un gruppo di persone che è riuscito ad accumulare una somma imponente di conoscenze in svariati campi. In questo gruppo c’è chi sa come mantenersi in salute senza rivolgersi ai medici; c’è chi sa come essere equilibrato e felice senza rivolgersi agli psicologi; c’è chi sa come avere successo e prosperità senza essere disonesti,

sottomessi o schiavi del denaro e del potere; c’è chi sa costruire case e quartieri dove vivere in maniera sana e piacevole; c’è chi sa trasformare terreni poveri e senza in vita in boschi e campi lussureggianti e pieni di vita. In questo gruppo c’è chi è capace di vivere con gioia e passione, e aiuta gli altri ad andare d’accordo tra loro e a diventare amici, aiutandosi l’un

altro; c’è chi ha approfondito religioni e filosofie e ne ha preso il meglio evitando dogmi, credenze e superstizioni; c’è chi ha studiato scienze, anatomia, fisica, biologia, archeologia e sa come usare il 95% del

cervello e del DNA che finora è rimasto inutilizzato. Insieme questo gruppo di persone potrebbe trasformare il mondo in un paradiso in cui vivere felicemente e molto a lungo. Ma il fatto è che sono persone che sembrano eguali agli altri, hanno anche loro piccoli difetti, limiti, spesso sono umili, parlano in modo incerto, hanno macchine, case, vestiti, abitudini comuni: insomma sono poco

credibili rispetto a coloro che parlano dalle televisioni,

scrivono sui giornali, e hanno tanti soldi o

tanto potere.

I benefici che la

nostra vita personale e

collettiva potrebbe

ottenere se lavorassimo

per aiutarci l’un l’altro

e per mettere in comune

le straordinarie conoscenze e sensibilità

di cui ognuno di noi è portatore, sarebbero davvero straordinari. Parlarsi, conoscersi, ascoltarsi, condividere, mettere in comune: per favorire la nascita di un mondo migliore, mantenendo i piedi per terra e la testa tra le nuvole.

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8 Consapevole

Piantare e raccogliere

Questi mesi sono per molti colti-vatori i mesi del riposo. Si può fare ben poco

negli orti ricoperti di neve, a parte aspettare con pazienza che la Natura lavori per noi. Un riposo che per i coltivatori è utile per studiare, aggiornarsi,

leggere o anche semplicemente riposare e valutare quello che si è fatto, progettare quel che si farà, riordinare le sementi, sti-lare liste di scambi e sistemare gli attrezzi. Con le prime nuove semine in attesa ormai della primavera, tutto sembra ripren-dere vigore, ma attenzione a peccare di troppa fretta: questa

fine inverno si annuncia un po’ monella, ci farà vedere il caldo per tornare repentinamente a qualche giorno di gelata. Non scopriamo quindi le serre prima del tempo e non facciamoci ingannare, che i germogli resti-no al caldo ancora per un po’, anche se pare che il caldo sia finalmente tornato.

L’orto d’ inverno dal r iposo al larinascita

A cura di Grazia Cacciola - erbaviola.com

GENNAIO

Semina in semenzaioVerso fine gennaio si mettono in semenzaio i più resistenti alle gelate: lattughe, bietole, spinaci, prezzemolo, piselli, fave, zucchine, basilico, bietole da coste, cavolo cappuccio primaverile, cipolla, lattuga, porri.

Semina in vaso / piena terraAncora non consigliata. In alcune regioni del sud (dalla Campania in giù) è possibile mettere all’aperto fave e piselli, per le primi-zie. Misticanza in serra.

TrapiantiCipolline piantate a novembre in semenzaio (1 fila alla settimana, a scalare, per irrobusti-re). Cavoli, verze, cappucci, broccoli prepa-rati in seminiera nei mesi precedenti.

Raccolta Cavoli verza e cappuccio, broccoli, cavolfio-ri, cavolini di Bruxelles, cavoli rossi, cardi.

FEBBRAIO

Semina in semenzaioAnguria, basilico, catalogna, cavolo cappuc-cio estivo, cetriolo, cipolle, indivia, lattuga, melanzana, peperone, pomodoro, porro, sedano

Semina in vaso / piena terraNei vasi è ora di seminare a scelta: bietola da coste, carote, cicoria, fave, lattuga da taglio, piselli, prezzemolo, ravanelli, spinaci, valeriana. Ovviamente in piccole quantità così da poterle consumare tutte e così da evitare enormi danni a tutta la produzione annuale di una verdura in caso di gelate

improvvise. Coprire con plastica almeno nei primi 4-5 giorni per permettere una germi-nazione adeguata.

TrapiantiCipolle, aglio e patate precoci.

RaccoltaCavoli verza e cappuccio, broccoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, cavoli rossi, cardi.

MARZO

Semina in semenzaioBasilico, broccoli, broccoletti, cardi, cavol-fiori, cavoli cappucci, cetrioli, cipolle, lattu-ga, melanzana, melone, peperone, pomodoro, sedano, sedano rapa, zucchine.Semina in vaso / piena terraBarbabietola rossa da orto, bietola da coste, carote, catalogna, cece, cicoria, fave, lattuga da taglio, lattughino, piselli, prezzemolo, rape, ravanelli, spinaci, taccole, valeriana, zucca, zucchina.

TrapiantiBietole da costa, catalogna, zucchine, zucche.

RaccoltaSi raccolgono ancora carciofi, cavoli cappuccio, cicoria. Se si è seminato in autunno, comincia-no ad essere disponibili i primi ortaggi: bietola da coste, indivia, fave, lattughe, piselli, prezze-molo, ravanelli e spinaci.

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Consapevole 9

60 secondi di saper fare

La MicroAiuola, ovvero un terrapieno semi-circolare ad U, è un sistema utile per met-tere a dimora le piante

raccogliendo e trattenendo acqua, foglie, rametti, pacciamatura, nutrienti vari, favorendo l’attec-chimento in tempi brevi e con risultati ottimali degli esemplari piantumati. Questo tipo di terrapieno (micro-aiuola o micro bacino) è utilizzabile se il ter-reno è in pendenza. Se invece il terreno è pia-neggiante, basterà uti-lizzare al suo posto un terrapieno circolare (ad O), seguendo lo stesso procedimento.Il terrapieno semicirco-lare raccoglie acqua in un bacino di infiltrazio-ne. La piantumazione si compone di una linea di terrapieni in file sfalsate per diminuire il rischio di erosione.

Esempio di piantumazione di piccolo frutteto:La preparazione di una serie di MicroAiuole, per la piantuma-zione del frutteto in esempio, va fatta seguendo le curve di livello*, ovvero le linee isometriche del terreno. Il terrapieno, raccoglien-do acqua piovana, deve essere

posizionato rispetto agli altri della stessa riga sullo stesso livello, per mantenere l’acqua in piano ed evitare che si presentino fenomeni di erosione. Le righe di terrapieni sono sfalsate le une rispetto alle altre, in modo tale da favorire il riciclo delle acque di tracimazione dalle microaiuole più alte a quelle del livello successivo e così via, evitando di disperdere l’acqua piovana raccolta.

* Curve di livello: in topografia, le curve di livello (o isoipse) sono linee immaginarie che uniscono tutti i punti del terreno situati a quota (o livello, o altitudine) ugua-le: risultano dalla intersezione della superficie del terreno con piani orizzontali di determinata quota. Si misurano con strumenti che vanno dalla livella a piombo (archipendo-lo), alla livella laser ecc.Per costruire la tua microaiuola segui le istruzioni presenti su www.ilconsapevole.it

Piantare alber i , arbust i e al t re essenze grazie al la

MicroAiuolaElena Parmiggiani

PROCEDIMENTOEcco i semplici passi per la preparazione di un ter-rapieno singolo è molto semplice:

scavare una buca ( al massi-mo 2 cm) che deve contene-re il pane di terra;

scavare una piccola trincea all’interno del terrapieno;

in caso, mettere il terriccio fertile da parte e utilizzare il sottosuolo per costruire il terrapieno;

costruire il terrapieno in strati di 10-15 cm, compat-tare ogni strato e bagnarlo, se possibile;

mettere la pianta a dimora nella buca scavata apposi-tamente e aggiungere, se disponibile, del compost (2 manciate), o il terreno fertile tenuto da parte;

coprire il terrapieno con pac-ciamatura (paglia, cippato, lana, carta di giornale bagnata, rametti e foglie, oppure semi-nare una miscela da sovescio per coprire il terreno).

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10 Consapevole

«Noi siamo gli antenati del futuro. Come vuoi che sia la tua eredità? […] Ognuno di noi può fare la differenza. Ma non siamo soli. Siamo parte di una famiglia globale. E restando insieme nell’unità, nella solida-rietà e nell’amore possiamo guarire le ferite della terra e di ognuno di noi. Possiamo fare una positiva differenza con le nostre azioni.» Julia Hill, tratto da www.juliabutterfly.com

Nel 1997 Julia

“Butterfly” Hill si arrampicò su una sequoia nella fore-sta di Headwaters

nel Nord della California e vi rimase per 738 giorni per pro-testare contro la distruzione della foresta. Tredici anni dopo Julia ci spiega come la causa di tutti nostri mali sia una e solo una: la malattia della separazio-ne. “Quando strappi le radici di una pianta dal suolo che le dà la Vita questa inizia a morire. Allo stesso modo il nostro mondo ha iniziato a morire da quando

ci siamo staccati dalla Terra; da quando ci siamo separati da quel-la che è la nostra Grande Madre”.

Julia, il mondo contempo-raneo deve affrontare crisi multiple: il riscaldamento climatico, la progressiva distruzione degli ecosistemi, la finitezza delle risorse natu-rali. Per di più viviamo in una società dove la violenza regna sovrana, dove lo stress e l’infelicità hanno raggiunto livelli inimmaginabili fino a soli pochi anni addietro, e per finire il Terzo Mondo muore di fame. C’è una causa unica che accomuna tutte queste

“disgrazie”? Dopo tanti anni di lavoro sono giunta alla conclusione che il problema è in realtà uno solo come dici tu. E questo proble-ma è una mancanza di presa di coscienza da parte della gente. Io la chiamo “malattia della separazione”. Quando tu strappi le radici di una pianta, la pian-ta inizia a morire. Noi umani abbiamo strappato le nostre radi-ci di consapevolezza del fatto

che siamo interconnessi ad ogni forma di vita, per cui la morte di tutte quelle forme di vita (che noi consideriamo “risorse”) è anche l’inizio della nostra morte. Non solo da un punto di vista fisico ma anche psicologico, di mancanza di gioia genuina nelle nostre vite. Io credo che la causa prima sia il distacco dalla Vita, cioè dalla Natura.

La “malattia della separazione”.È così. Siamo sempre più lon-tani dalla Natura, sempre più divisi da essa e anche da noi stessi, da chi siamo veramente. Se tu sei lontano dalla Natura distruggi le foreste senza capire che stai distruggendo anche la tua vita. Se sei lontano dalla gente butti via cibo, lo sprechi, quando altri muoiono di fame. Butti le bombe e parli di statisti-che quando quelli che muoiono sono esseri umani esattamente come te.

Non è difficile da capire a livello razionale, il problema è a livello emozionale... Sì, perché è una cosa semplice

Salire su un albero per protestare contro il taglio di una sequoia millenaria non è solo un atto ambientalista, è la prova evidente che salvando la Natura salviamo noi stessi

Andrea Bizzocchi

Trova il tuo albero e cambia il mondo

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Consapevole 11

xxxxxxxxxxx

Quando strappi le radici di una pianta dal suolo che le dà la Vita questa ini-

zia a morire. Allo stesso modo il nostro mondo ha iniziato a morire da quando ci siamo staccati dalla Terra; da quan-do ci siamo separati da quella che è la

nostra Grande Madre

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12 Consapevole

Intervista a Julia Butterfly Hill

ma lontana dalle quotidiani-tà del nostro mondo. Prendi l’espressione “buttare via qual-cosa”. Dov’è “via”? Che cos’è? Un posto? Una località? Buttare

“via” significa qualcosa di ben preciso: avvelenare il piane-ta, il suolo, i mari. Significa avvelenare noi stessi. Siamo disconnessi dalla realtà e dalla Vita, altrimenti non butteremmo “via” o perlomeno avremmo una coscienza di questo e quindi cercheremmo di cambiare que-sto stato di cose.

A parte il discorso ambientale, c’è pure l’aspetto psicologico ed esistenziale della questio-ne. L’essere umano non può realizzare il senso della sua esistenza nel consumo...Sì, ma potremmo andare anche oltre. L’essere umano lo è nell’accezione più ampia del

termine: si realizza pienamente quando è connesso con tutti gli altri viventi e quindi con la Vita.

Mi viene subito spontaneo chiederti qual è secondo te la minaccia più grande per l’am-biente?Non posso che confermarti che è la “malattia della separazione”. Se solo capissimo cosa stiamo facendo alla Terra, a tutte le sue forme di vita, a noi stessi, allora

credo che le nostre vite, i nostri atteggiamenti e comportamenti cambierebbero totalmente.

Insomma, le azioni concre-te, “buone” o “cattive” che siano, non sono altro che una conseguenza della visione del mondo che abbiamo, della percezione di esso?Assolutamente sì. Non distrug-giamo perché siamo cattivi ma semplicemente perché perce-

Siamo sempre più lontani dalla Natura, sempre più divisi da essa e anche da noi stessi, da chi siamo veramente.

Se tu sei lontano dalla Natura distruggi le foreste senza capire che stai distruggendo anche la tua vita

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Consapevole 13

Intervista a Julia Butterfly Hill

piamo il mondo e la Vita in un certo modo. Concepiamo il pianeta come un insieme di risorse a disposizione del nostro sviluppo. E questo perché siamo discon-nessi da quella Terra che ci dà la Vita.

Partendo da questo presup-posto, ritieni che il consumi-smo e la nostra società “usa e getta” possano essere in qualche modo trasformate e in definitiva superate? E se sì, come?La cultura è fatta di persone che vedono le cose in un certo modo e agiscono di conseguenza. Per cui più gente cambierà il pro-prio pensiero e quindi i propri comportamenti e di conseguen-za i propri stili di vita per diven-tare più consapevole, gentile e compassionevole, più avremo la possibilità di influenzare quelli attorno a noi. In questo modo anche la cultura inizierà a cam-biare. Ma non ci sono ricette magiche. Vivere in un certo modo è una scelta da perseguire con dedizione.

Vorrei chiederti del tuo pro-gramma What’s your tree?, che stai portando in giro in tutto il mondo. Di cosa si tratta?

What’s Your Tree? significa trovare simbolicamente quello che è l’albero della nostra vita, cioè scoprirne lo scopo, il senso, la passione che poi ci spingo-no ad agire per migliorare le nostre vite a livello personale, di comunità di appartenenza e a livello globale. Parte dal pre-supposto che ognuno di noi ha dentro una forza incredibile che verrà fuori in maniera compiuta solamente quando riusciremo ad incanalarla in ciò in cui vera-mente crediamo.

Sei d’accordo se dico che il mondo che viviamo non è altro che un riflesso del mondo che è dentro di noi, dei sentimenti che abbiamo den-tro di noi?Il paesaggio esterno è uno spec-chio fedele di quello interno. La devastazione e la distruzione dell’ambiente accadono solo perché c’è qualcosa dentro di noi che non è a posto, che ci fa

Il paesaggio esterno è uno specchio fedele di quello interno. La devastazione e la distruzione dell’ambiente accadono solo perché c’è qualcosa dentro di noi che non è a posto, che ci fa soffrire.

Non lo faremmo se sentissimo una pro-fonda connessione con la Terra e con ogni vivente

2011 l’anno internazionale delle foresteL’ONU ha dichiarato il 2011 l’anno internazionale delle foreste, per sostene-re l’impegno di favorire la gestione, la conservazio-ne e lo sviluppo sosteni-bile delle foreste in tutto il mondo. Un invito aperto a tutta la comunità interna-zionale a riunirsi e lavora-re insieme ai governi, alle organizzazioni internazio-nali e alla società civile per fare in modo che le foreste vengano gestite in modo sostenibile, per le generazioni attuali e future. Il logo dell’iniziativa vuole ricordare quanto le foreste siano parte inte-grante e fondamentale dello sviluppo sostenibile globale, illustrando i loro molteplici valori e l’urgen-za per la loro gestione di un approccio a 360°: le foreste assicurano rifugio alle persone e habitat per la biodiversità, sono sor-gente di alimenti, di medi-cinali e di acque pulite e svolgono un ruolo fonda-mentale nel mantenimento climatico e ambientale di tutto il globo.Le attività economiche legate alle foreste influi-scono sulle condizioni di vita di 1 miliardo e 600 milioni di persone nel mondo, sono fonte di benefici a livello socio culturale e costituiscono il fondamento del sapere delle popolazioni indigene. Tutti questi elementi presi insieme rinforzano il mes-saggio che l’ONU vuol dare che le foreste sono vitali per la sopravvivenza e il benessere di tutta la gente del mondo.

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14 Consapevole

Intervista a Julia Butterfly Hill

soffrire. È evidente che non lo faremmo se sentissimo una pro-fonda connessione con la Terra e con ogni vivente. Posso garantirti che tutto l’im-pegno che ho messo nel diventa-re una persona migliore a livello personale mi ha contestualmen-te reso anche una persona capa-ce in qualche modo di migliora-re il mondo. Le due cose vanno di pari passo.

Allora come possiamo miglio-rare dentro di noi per avere un effetto positivo sul mondo? Dobbiamo anzitutto capire che non c’è separazione. Non c’è separazione tra il dentro e il fuori, non c’è separazione tra la gente, tra le razze, non c’è separazione tra l’essere umano e il pianeta, tra il pianeta e il Cosmo… Tutto è Uno. Tutto è la stessa cosa. Il mito della

separazione, quel concetto di vedere il mondo diviso, è molto distruttivo. È una storia lunga, potremmo andare indie-tro migliaia di anni ma basta vedere dove siamo arrivati oggi, separati anche da noi stessi, dal nostro essere. La storia che stu-diamo a scuola è una storia di

guerra; ci insegna che gli umani sono sempre stati in competi-zione tra loro, con la Natura ecc. Ma non è affatto vero. Allora io credo che possiamo iniziare a vedere le cose in maniera diver-sa senza preoccuparci troppo di quello che pensano o dicono gli altri, chiunque essi siano. Dobbiamo ricostruire un mondo armonico o non ci sarà più alcun mondo.

A mio modo di vedere il cambiamento interiore ha a che fare soprattutto con i sentimenti, con l’amore. Oggigiorno invece nessuno parla più di amare. Parliamo di tecnologia, di economia di statistiche e ci siamo completamente dimenticati dell’importanza dell’amore, della relazioni, della nostra umanità. Quando parliamo di ambiente ad esempio, fac-ciamo calcoli complicatissimi sul livello di inquinamento ma questo ovviamente non arresta l’inquinamento e la distruzio-ne della Natura. Se semplice-mente iniziassimo ad amare la Natura otterremmo risultati molto più significativi ed anche concreti. Come possiamo supe-rare questa tremenda impasse?

Dobbiamo capire che non c’è separa-zione. Non c’è separazione tra il den-tro e il fuori, non c’è separazione tra la gente, tra le razze, non c’è separazione

tra l’essere umano e il pianeta, tra il pianeta e il Cosmo… Tutto è Uno

Nata nel 1974, Julia è un’ambientalista statunitense. È diventata nota per essere rimasta, dal dicem-bre 1997, 738 giorni nella foresta di Headwaters in Colorado su Luna, una sequoia alta 55 metri, per impedirne l’abbattimento da parte della Pacific Lumber Company. Scese nel dicembre 1999 solo dopo aver raggiunto un accordo che metteva in salvo Luna e una parte della foresta per un raggio di circa 60 metri. Il suo blog è consultabile su www.juliabutterfly.com. L’associazione What’s your tree fu creata nel 2006 dalla stessa Julia, e si basava sulla sua esperienza. Oggi l’organizzazione è supportata da migliaia di persone con un background diverso la cui missione è creare un network internazionale di piccoli gruppi in grado di guarire il mondo. Alcuni rami di What’s your tree si sono sviluppati anche in Italia. Per maggiori informazioni: www.whatsyourtree.org.

Abbiamo intervistato Julia Butterfly Hill

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Consapevole 15

Intervista a Julia Butterfly Hill

Abbiamo creato un mondo che è molto bravo a fare denaro ma che al tempo stesso ci fa sentire sconnessi dal posto che occupiamo in quello stesso mondo. Molta gente è miliona-ria grazie a prodotti che sono estremamente nocivi per noi e per il pianeta. Purtroppo è dif-ficile per una persona riuscire a cambiare questo atteggiamento distruttivo, soprattutto in una società costruita e basata su questo tipo di atteggiamento. È proprio per questo che bisogna ripartire da certe cose come l’amore. L’amore è quella cosa che mi dà il coraggio di essere me stessa e di lottare per le cose in cui credo. L’amore è alla base di tutto e la mancanza di amore è alla base di tutti i nostri mali.

Che rapporto c’è tra spiritua-lità e attivismo? Il mio attivismo è una scelta di vita che considero come qualco-sa di sacro, di molto spirituale. La scelta di dedicare la mia vita al servizio del pianeta e della gente è molto profonda e neces-sariamente abbraccia entrambi gli aspetti. Quindi credo che le due cose siano strettamente interconnesse.

La paura è il primo mezzo di controllo della popolazione. Abbiamo paura dei terrori-sti, della crisi economica, del diverso, di cambiare. Avere paura significa in realtà avere paura di vivere. Come si supera la paura? C’è un bellissimo modo di dire in inglese: ci sono solo due emozioni nella vita. Una è la paura e l’altra è l’amore. Vince quella che noi nutriamo quotidianamente. Se nutriamo

la paura, questa crescerà. Se nutriamo l’amore, crescerà l’amore. Funziona esattamente come un muscolo. Il muscolo che cresce è quello che tu alleni e più lo alleni più cresce. Per superare la paura devi eser-citare, con piena coscienza e quotidianamente, il muscolo dell’amore. Non è difficile, lo può fare chiunque, ma ci vuole costanza, impegno e dedizione assoluta.

Dicci qualcosa del periodo che hai trascorso su Luna (la sequoia sulla quale hai vissu-to). Ho letto da qualche parte che su di lei hai “sentito” con tutto il tuo essere la sua forza vitale e hai capito intimamen-te che gli alberi sono vivi esat-tamente come noi…La Vita è in comunicazione continua. Significa che ogni forma di vita comunica costan-temente con ogni altra forma di Vita. Purtroppo l’uomo moder-no, staccandosi dalla Natura, non sa più ascoltare la Vita. Quando vissi per 738 giorni su Luna, senza distrazioni di sorta, che fosse andare a fare shop-ping, guardare la tv, andare al cinema, ho iniziato, anzi rini-ziato ad ascoltare la Vita con tutti i miei sensi. Non si fugge da questo. È qualcosa che è dentro di noi.

La Natura è dentro di noi…Assolutamente sì. È parte di noi. Ma non sappiamo più ascoltarla perché l’abbiamo allontanata dalle nostre vite. E se gradatamente le daremo lo spazio che merita, se la rimet-teremo al centro delle nostre vite, capiremo subito, natural-mente, spontaneamente, di cosa abbiamo bisogno per vivere vite felici, sane, dense di significato. E sarà quello, con grande sem-plicità, il grande contributo che daremo al mondo.

Cosa leggere

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Julia Butterfly HillOgnuno può fare la differenzaConsigli pratici e storie esem-plari per difendere l’ambiente. Corbaccio Editore, 2002

Nalini M. NadkarniTra la Terra e il CieloLa vita segreta degli alberiElliot, 2010

Si interessa in particolare di ecologia profonda e popoli nativi. Vive tra l’Italia e la Costa Rica. È appena uscito il suo terzo libro, Pura Vida e altri racconti raminghi (Terra Nuova edizio-ni), una raccolta di racconti di viaggi vissuti in prima persona.

Andrea Bizzocchi

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16 Consapevole

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Consapevole 17

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18 Consapevole

Quando si parla dei cambiamenti climatici e socio-ambientali in atto, tendiamo

a immaginare le peggiori situa-zioni catastrofiche proiettate nel futuro: lanciamo allarmi per quello che potrebbe essere, per le irrecuperabili perdite a venire o per il superamento di tanti punti di non ritorno rispetto all’attuale equilibrio geocli-matico, stabilitosi nel corso di migliaia e migliaia di anni. Eppure la catastrofe ecologica più importante, quella che ha e che avrà nell’immediato l’im-patto più devastante sull’esisten-za della specie umana la stiamo già vivendo. È la veloce perdita di biodiversità animale e vegeta-le in corso. Un articolo sulla rivista Nature del settembre del 2009 (1) ha infatti posto all’attenzione di tutta la comunità scientifica e, volendo, dell’umanità in generale, il fatto che la perdita di biodiversità costituisce il primo problema che dovremmo

fronteggiare, prima ancora del cambiamento climatico di cui tanto si parla. La stessa ONU – in un’insolita e tempestiva presa di coscienza – ha stabilito che il 2010 fosse l’anno dedicato alla biodiversità.

Ma cosa si intende esattamente con questo termine?

Una ricchezza incommensurabileLa biodiversità è la varietà degli esseri viventi, animali, vege-tali e microrganismi, esistenti in natura. Inoltre si intende la varietà degli ecosistemi e dei loro equilibri. Lo stesso termi-ne viene anche utilizzato per indicare la variabilità genetica all’interno di ogni singola specie

e quel mondo di interrelazioni orizzontali e verticali tra i geni di tutte le specie e i legami che intercorrono tra esse. L’essenza della biodiversità è in sostanza la complessità nell’interdipen-denza.

L’uomo non può astrarsi da que-sta interconnessione, sebbene gli ambienti artificiali che ha creato e in cui vive gli facciano sembrare la natura solo come un documentario per bambini in cerca di esotismo. Ma è “scienti-ficamente dimostrabile” che sul cemento non cresce nulla, che la plastica non nutre e che un video, per quanto avvincente sia, non può sostituire la realtà che è il risultato dell’azione dell’es-sere umano nel suo ambiente

Valerio Pignatta

Preservare la complessità e l’interdipendenza delle forme di vita sul pianeta è l’unica garanzia di futuro: per tutti

La catastrofe ecologica più disastrosa la stiamo già vivendo: è la veloce perdita

di biodiversità animale e vegetale in corso

Biodiversità: un valore assoluto

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naturale. La questione della salvaguardia della biodiversità è ormai annosa. Già al vertice mondiale delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro del 1992 venne firmata dalle controparti nazio-nali una Convenzione per la difesa del patrimonio genetico e delle specie esistenti. Anche a Johannesburg, nel 2002, al ver-tice mondiale dedicato allo svi-luppo sostenibile, i paesi europei presenti si posero l’obiettivo di fermare la perdita di biodiversi-tà entro il 2010. Promessa che, come tutti possono constatare, dati alla mano, è stata ampia-mente disattesa.Ma ridurre la biodiversità non significa solo impegnarsi per salvaguardare l’habitat di alcune specie in via di estinzione come il camoscio o l’ululone appenni-nici (come sta facendo il WWF con l’assegnazione del premio Panda d’oro ogni anno).Anche intervenire sulla molte-plicità delle specie coltivate ha

un impatto di non poco conto in questa lotta per la vita. Per fare un esempio, si dice che solo qualche decina di anni fa le specie di patata coltivate nel mondo fossero migliaia (2). Ora ne sono rimaste pochissime col-tivate su una scala degna di nota (sebbene ci siano piccoli segnali di controtendenza). Idem per frumento o riso e altri cereali di importanza fondamentale per l’alimentazione umana. Questa riduzione di specie e diversità espone l’umanità a maggiori rischi di carestie dovute a pato-logie vegetali cui piante omolo-gate in tutto il mondo non sareb-bero in grado di far fronte.Nei millenni, la saggezza contadina dei vari popoli ha saputo individuare e preservare

le specie vegetali più adatte ai vari climi e alle varie situazioni parassitarie. È una pura follia procedere, come si sta facendo, a questa “semplificazione” inge-nerata solo da necessità legate al profitto e alla commercializ-zazione. Ma la biodiversità è anche mec-canismo ecosistemico ampliato.Ad esempio, la stabilità del clima dipende anche dalla dina-mica della biodiversità, con i suoi influssi sulla circolazione delle acque e sulla fertilità dei suoli. Tranne che per un 1% di gas nobili, l’atmosfera è intera-mente il prodotto delle emissioni degli organismi viventi sulla superficie della Terra, umani compresi.La quantità di specie viventi non

Le attività umane, dirette o indirette, sono a oggi il massimo fattore di

scomparsa di specie viventi sulla Terra

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20 Consapevole

è ancora stata fissata definitiva-mente dagli scienziati e le cifre che possiamo trovare nei vari testi e autori sono molto discor-danti.In linea di massima possiamo azzardare un’ipotesi di questo tipo. In natura esistono:• 5.000 virus• 4.000 batteri• 70.000 funghi• 40.000 protozoi• 40.000 alghe• 250.000 piante• 45.000 animali vertebrati• 70.000 molluschi• 75.000 aracnidi• 950.000 insetti

Ma secondo altre fonti e altri studi le cifre differiscono di molto. Ad esempio, si parla di 1 o 1,5 milioni di specie per i funghi, di 500.000 specie per le alghe e addirittura da 8 a 100 milioni di specie per gli insetti. Periodicamente vengono sco-perte nuove specie. Solo in una zona orientale dell’Himalaya negli ultimi dieci anni (1998-2008) sono state scoperte 350 nuove specie, che rischiano di scomparire prima ancora di essere conosciute. In quella stessa zona, sono infatti a rischio di estinzione 10.000 spe-cie vegetali, 300 di mammiferi, 977 di uccelli, 176 di rettili, 105 di anfibi e 269 pesci di acqua dolce (3).Quello che balza agli occhi di fronte a queste cifre è comun-que la ricchezza stupefacente della vita sul pianeta, risultato di 3,5 miliardi di anni di evolu-zione. Miliardi di anni che stiamo vanificando in pochi decenni di distruzione pianificata a ritmo da catena di montaggio.

L’olocausto silenzioso: i numeriLa perdita della biodiversità si ha quando una specie o una parte del suo patrimonio gene-tico o un ambiente naturale scompaiono per sempre. Le atti-vità umane, dirette o indirette, sono a oggi il massimo fattore di scomparsa di specie viventi sulla Terra.Nell’ultimo Living Planet Report (2008) il WWF denunciava la perdita, negli ultimi trent’anni, del 30% di tutte le specie del pianeta (il 51% delle specie tro-picali, il 33% di quelle terrestri, il 35% di quelle di acque dolci e il 14% di quelle marine). Il tasso di estinzione odierno è fra le 100 e le 1.000 volte superiore al tasso naturale, ossia a quello senza interferenza umana.

Dalle “Liste Rosse” dell’IUCN (Unione mondiale per la con-servazione della natura) (4), la più importante fonte di studio e classificazione delle specie viventi in via d’estinzione, apprendiamo che su un totale di 47.677 specie studiate, circa 17.291 (il 36%) sono minacciate di estinzione. Di queste, 875 specie (circa il 2%) sono già estinte o estinte allo stato sel-vatico in natura. Sono inoltre minacciati il 21% dei mammi-feri, il 30% degli anfibi, il 12% degli uccelli, il 28% dei rettili, il 37% dei pesci di acqua dolce, il 35% degli invertebrati e, ancor

più angosciante se lo può essere, il 70% delle piante. Il professor Norman Myers, esperto di biodiversità all’Uni-versità di Oxford, ha affermato: «La perdita rapida di biodiver-sità a cui stiamo assistendo, se non contrastata, sarà la più grande in 65 milioni di anni di vita del pianeta e potrebbe essere come le sei estinzioni di massa dell’intera storia della Terra. La speranza è rap-presentata da una strategia di conservazione che tuteli i “punti caldi della biodiversità” nel mondo, ovvero le 34 aree con eccezionali concentrazioni di specie animali e vegetali che si trovano di fronte a una grave minaccia di scomparsa degli habitat naturali. Alcuni di que-sti “punti caldi” contengono gli

ultimi habitat per almeno metà delle specie di flora e due quinti delle specie di fauna confinate in meno del 2% della superficie terrestre» (5).

Minaccia uomoMa quali sono le attività umane causa di questi sfacelo?Vediamo le più importanti:• agricoltura intensiva e uso di

pesticidi e fertilizzanti chi-mici;

• cementificazione, urbanizza-zione del paesaggio, costru-zione di strade e ferrovie e disseminazione degli abitanti su territori vasti con conse-

Speciale Biodiversità

Il tasso di estinzione odierno delle specie e degli ambienti naturali è fra le 100 e le 1.000 volte superiore al tasso naturale, ossia a quello senza

interferenza umana

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Consapevole 21

guente frazionamento di molti spazi e ambienti vitali per gli animali;

• costruzione di barriere artifi-ciali di vario tipo che riducono lo scambio fra le specie viven-ti e la possibilità di muoversi

delle stesse;• incanalamento e deviazione

di corsi d’acqua, scomparsa di acquitrini, stagni e laghetti, alte-razione degli equilibri idrici;

• deforestazione;• eutrofizzazione dei mari da

inquinamento;• mutamenti climatici dovuti ai

gas serra;• industrializzazione selvaggia e

diffusione di sostanze difficil-mente o per nulla biodegrada-bili (plastica, sacchetti, veleni ecc.);

• piogge acide da inquinamento atmosferico;

• inquinamento luminoso e acustico;

• attività turistiche e di svago;• specie invasive trasportate

inavvertitamente che coloniz-zano territori dove non hanno antagonisti naturali;

• caccia e/o sfruttamento econo-mico di particolari specie.

Il costo economicoTutto questo ha un costo astro-nomico per l’umanità, anche dal punto di vista economico.Purificazione di acqua e aria, protezione delle coste dalle tempeste, eutrofizzazione dei

mari, mancata impollinazione, conservazione delle aree natura-li costituiscono sicuramente un costo aggiuntivo di rilievo.È stato calcolato che i costi del degrado degli ecosistemi a causa di una riduzione del tasso

di biodiversità pari al 15% entro il 2050 sono quantificabili in qualcosa come 50 miliardi di euro l’anno (6).Entro il 2050 la perdita di biodi-versità costerà all’Europa 1.100 miliardi di euro (7). Che paghere-mo noi. Con il nostro lavoro e la perdita di qualità delle nostre vite.Secondo i ricercatori del pro-getto TEEB (The Economics of Ecosystems and Biodiversity) che si pone il fine di determi-nare in denaro i servizi che la natura garantisce agli esseri

Speciale Biodiversità

Entro il 2050 la perdita di biodiversità costerà all’Europa 1.100 miliardi di euro. Che pagheremo noi. Con il nostro lavoro

e la perdita di qualità delle nostre vite

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umani senza alcun costo, la perdita annuale delle foreste ci costa qualcosa come 2-5 trilioni di dollari (8).Per avere un’idea della pusil-lanimità politica generale basti pensare che il budget messo a disposizione dall’Unione Europea per la tutela della bio-diversità è di 120 milioni l’anno, meno dello 0,1% di quello totale europeo. Mangeremo polistirolo...Sempre secondo Myers, le cifre da mettere in campo sarebbero decisamente diverse per ottenere risultati: «Si potrebbero salva-guardare i “punti caldi” della bio-diversità con un bilione di dollari l’anno. Bisognerebbe sentire questo costo economico come un investimento. Basti pensare al grande valore commerciale delle innumerevoli medicine e dei prodotti farmaceutici basati sulle proprietà delle piante che si aggi-ra intorno ai 60 bilioni di dollari l’anno» (9).

Le azioni personaliSe non possiamo aspettarci nulla dalle istituzioni preposte e dai nostri rappresentanti politici, allora che fare?Ci permettiamo qui di elencare alcuni consigli su scelte che, se applicate quotidianamente ed estese orizzontalmente alla base della società, possono, piano piano, fare la differenza.

−Coltivare la terra in modo organico per permettere la rigenerazione della vita dei microrganismi. Raccogliere dei semi del proprio orto e giardino e riseminarli di anno in anno anche in vasi sul ter-razzo per chi non ha terreno. Seminare piante e fiori autoc-toni e di specie antiche, maga-

ri appoggiandosi alle banche dei semi che stanno nascendo in vari luoghi. Ovviamente è conseguenza diretta di quanto precede il privilegiare il con-sumo di prodotti biologici e locali.

− Mangiare in modo consape-vole, evitando piatti a base di animali e soprattuto di quelli in via di estinzione o a rischio come zuppa di tartaruga, sushi di tonno rosso, cetriolo di

mare ecc. Evitare anche pro-dotti alimentari che hanno un impatto importante sulla bio-diversità come quelli derivanti da caccia o pesca che non rispettano la taglia minima, le specie protette ecc. Senza contare il cibo carneo (es. hamburger) o le colture “ener-getiche” (es. olio di palma per biodiesel) che derivano dalla deforestazione di vaste zone del mondo.

− Boicottare, se possibile, medicine “tradizionali” o cosmetici ricavati da animali o piante che stanno scomparen-do (es. corno di rinoceronte, muschio di cervo, ossa e inte-riora di tigre ecc.).

− Installare nidi artificiali per agevolare la riproduzione degli uccelli in ambienti urba-nizzati.

−Attivarsi per favorire la nasci-ta di riserve naturali o parchi protettivi nella propria zona e soprattutto in areali rimasti

isolati a causa della presenza circostante di ampie zone cementificate o con strade ad alto traffico.

−Consumare di meno e acqui-stare il necessario. Uscendo dalla mentalità dello shopping fine a se stesso eviteremo di consumare il pianeta e le sue risorse e di vederle trasfor-mare in rifiuti intossicanti per tutte le forme viventi.

−Aprire la propria casa solo a

materiali naturali, evitare il più possibile plasticoni, pro-dotti tossici, detersivi deva-stanti, imballaggi “da discari-ca immediata” ecc.

−Risparmiare sulle fonti ener-getiche utilizzate in tutte le maniere possibili (trasporto, riscaldamento, illuminazione ecc.). Di modi oggigiorno ce ne sono molti. Ogni diminu-zione di gas serra aumenta le possibilità di futuro della biodiversità e quindi anche la nostra.

− Impegnarsi per cambiare lavoro se la propria attività è dannosa per la vita e la gioia sul pianeta. Meglio un lavo-ratore attivo in un comparto produttivo etico ed ecologico che mille volontari ecologisti nel tempo libero.

− Fermarsi ogni tanto a con-templare la natura. Basta anche osservare l’impegno e la dignità eccezionale con cui si muove e lavora una formica

Speciale Biodiversità

La biodiversità della vita ha un valore di per sé, indipendentemente dal fatto che

noi umani possiamo trarne o meno dei benefici

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per la sua comunità. Percepire il senso di unione tra gli esseri viventi e la condivisione di un destino esistenziale comune aiuta a rispettare la vita in ogni sua forma.

Il valore della vitaAl di là di della riflessione che sino ad ora abbiamo portato avan-ti – e che per certi versi ricade sempre nell’alveo noto dell’utili-tarismo che contraddistingue pur-troppo questa società – ci premeva sottolineare che la biodiversità della vita ha un valore di per sé, indipendentemente dal fatto che noi umani possiamo trarne o meno dei benefici. Ossia c’è, a nostro parere, la necessità assillante dell’as-sunzione di una responsabilità morale nei confronti del pianeta e degli esseri che lo abitano. Questa dovrebbe essere sempli-cemente la manifestazione della nostra umanità e della nostra intelligenza e rispetto per la vita in sé.Se tuttavia ciò non bastasse, possiamo comunque ricordare che gli effetti devastanti della perdita di biodiversità incombo-no su molteplici aspetti cruciali della nostra esistenza come la fertilità dei suoli, il loro conso-lidamento e l’eliminazione dei rifiuti in essi contenuti a cura

dei microrganismi che li abitano. E poi regolazione del clima e del bilancio idrico, produzione di piante medicinali e di cibo sano. Non ultimo, senza biodiversità niente possibilità di contemplare la variegata bellezza e armonia del mondo naturale.Quando avremo perso tutto que-sto, a ben poco varrà vedere l’ul-timo bellissimo videodocumen-tario del National Geographic.

Per la stesura di questo arti-colo si ringrazia qui l’opera della Federazione delle Chiese Evangeliche (valdesi, battiste, avventiste, metodiste ecc.) impe-gnate in un lavoro di salvaguar-dia della biodiversità da molto tempo.Si veda: Commissione globa-lizzazione e ambiente (a cura di), Materiali sulla biodiversità per il Tempo del Creato, FCEI (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), Roma, 2010.

Note

(1) Rockström, Johan, Steffen, Will, Noone, Kevin et al., “A safe operating space for humanity”, in Nature, n. 46, 24 settembre 2009, pp. 472-475.(2) Si veda il lavoro del Centro inter-nazionale della patata, di Lima in Perù: http://www.cipotato.org/.(3) WWF’s Living Himalayas

Initiative (a cura di), The Eastern Himalayas. Where worldscollide, WWF, luglio 2009.(4) Cfr. http://www.iucnredlist.org/.(5) Myers, Norman, “Biodiversità: quale la posta in gioco e come salvar-la”, conferenza pubblica organizzata da Federparchi nell’ambito delle iniziative dedicate all’anno della bio-diversità, Roma, 4 giugno 2010.(6) Commissione globalizzazione e ambiente (a cura di), Materiali sulla biodiversità per il Tempo del Creato, FCEI (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), Roma, 2010, p. 14.(7) Op. cit.(8) Cfr. http://www.teebweb.org.(9) Myers, Norman, “Biodiversità: quale la posta in gioco e come salvar-la”, cit.

Speciale Biodiversità

Cosa leggere

Carlo Modonesi e Gianni TaminoBiodiversità e beni comuniJaca Book, 2009

Sylvie CoyaudLa Scomparsa delle ApiIndagini sullo stato di salute del nostro pianetaMondadori, 2008

Nicolas HulotLa Terra CondivisaElogio della BiodiversitàTouring Club Italiano, 2006

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Per approfondire

Per chi volesse approfondire, è disponibile in rete la Convenzione sulla diversità biologica (www.bio-diversitaet2010.ch/it/): una miniera di materiali e informazioni e un’ot-tima fonte per spunti di riflessione e di azione.

Plurilaureato giornalista e scrittore, è redattore e collabo-ratore di riviste e case editrici, nonché direttore editoriale nell’ambito delle medicine non convenzionali.Ha pubblicato diversi articoli su periodici nazionali inerenti il rapporto salute/ambiente e testi divulgativi di medicina naturale. Vive con la famiglia sul Monte Amiata dove pratica attivamente la decrescita attraverso la sobrietà dello stile di vita, la semplicità volontaria, l’autoproduzione, lo scambio e il dono di beni e servizi.

Valerio Pignatta

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C’era una volta

un prato Le conseguenze nefaste dell’allevamento intensivo sulla biodiversità dei nostri prati

Sergio Abram

Chi è nato e cre-sciuto in campa-gna a stretto con-tatto con la natura (quella ancora

vera d’un tempo), conosce il valore di un prato ricco di specie fiorifere. Qualche decina d’an-ni fa erano tanti i prati che nel corso di alcune settimane espri-mevano tutta una scala di vario-pinti colori, spesso combinati tra loro, nelle diverse sfumature.

Fiori, profumi, insetti e uccelliLa natura è stata il mio primo e più grande maestro e il prato è stato una fonte di ricerca molto importante per la mia forma-zione naturalistica. Quanti fiori ho raccolto in grossi mazzi, da bambino, nei mesi di maggio e di giugno, per portarli davanti alla statua della Madonna e del Sacro Cuore! Erano i mesi in cui i prati esprimevano al massimo la biodiversità: la fragranza dei profumi, i movimenti delle erbe ondeggianti, accarezzate dal vento e sorvolate da innumere-voli insetti e da allegre rondini zigzaganti. Quando l’erba veni-

va falciata, il profumo del fieno, ricco di essenze, si propagava ovunque. Questi erano i prati, che permettevano la vita a una ricchissima varietà di insetti, di uccelli, di mammiferi e di altri animali. Assicuravano la salute anche a molti animali domesti-ci, tra cui le vacche, che allora mangiavano quasi unicamente erbe e fieno, ricchissimi di spe-cie botaniche medicinali. Allora

le stalle ospitavano pochi ani-mali, se paragonate a oggi, e le malattie, le mastiti in particolare, erano un evento raro. In alcuni territori le vacche, oltre che per la produzione del latte e di un vitello ogni anno, erano utilizza-te pure per il traino di carri, per l’aratura e per altre attività con-nesse al lavoro dei campi.

Il letame era convenientemente compostato e cosparso nei prati normalmente una sola volta all’anno, in autunno-inverno. Era originato dall’erba o dal fieno del prato, digeriti dagli animali; quindi quando ritorna-va nel terreno aveva una simile frequenza specifica, che, anche per effetto della compostazio-ne, lo rendeva adeguatamente assimilabile. Un tempo, anche

in presenza di colture fruttifere, l’erba tra i filari, sfalciata, veni-va asportata per l’alimentazione del bestiame.

Troppe mucche in poco spazioL’avvento dei fitofarmaci di sintesi – molto impattanti per ogni elemento naturale – ha por-

Chi è nato e cresciuto in campagna a stretto contatto con la natura

conosce il valore di un prato ricco di specie fiorifere

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tato all’abbandono del prelievo dell’erba e del fieno dai frutteti, dai vigneti e da altre colture, perché le essenze floreali che subiscono trattamenti sintetici venefici non sono più adatte a essere utilizzate come foraggio. In vasti territori, al fine di aumentare la produzione di erba e di fieno, si è provveduto a con-cimare i prati con fertilizzanti chimici sintetici, che inizialmen-te erano spesso aggiunti a grandi quantità di letame non adegua-tamente compostato. L’avvento

di capienti stalle, spesso sovradimensionate rispetto alla capacità produttiva dei territori circostanti, induce all’acquisto di mangimi, anche per forzare la produzione di carne e di latte. Ne consegue una produzione di letame eccessiva rispetto alla recettività del territorio coltivato. Letame che ha un forte impatto ambientale, soprattutto se com-binato a concimazioni chimiche sintetiche. C’è da chiedersi quali garanzie per la salute della Terra, degli

umani, del bestiame allevato, degli animali selvatici, possano dare quei prati concimati con fertilizzanti che contengono i residui chimici dei mangimi industriali e sono così triste-mente privi di piante fiorifere. Appare evidente che la spesa attuale per la salute degli ani-mali domestici e degli umani è notevolmente aumentata rispetto a un tempo. Un bovino adulto, allevato in pianura, dovrebbe avere a disposizione almeno un ettaro di prato per la sua ali-

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Speciale Biodiversità

mentazione annuale e un bovino allevato in montagna, dove la produzione di foraggio è molto più contenuta, dovrebbe dispor-re di un’estensione territoriale molto maggiore. I dati relativi alle province autonome di Bolzano (Alto Adige-Sudtirolo) e di Trento (Trentino) evidenzia-no un rapporto bovini/superficie di prato disponibile, espressa in ettari, rispettivamente di 2,5 : 1 e 7,5 : 1.

Arido e senza fiori In Trentino-Alto Adige, regione in cui abito, le stalle, perlopiù di medie e grandi dimensioni, sono localizzate quasi esclusivamente

in collina e in montagna, nelle aree in cui non è giunta la colti-vazione intensiva del melo, della vite e di altri frutti. Qui, spesso per la scarsità di territorio da utilizzare per l’alimentazione del bestiame, i prati hanno perso pressoché ovunque la loro ric-chissima biodiversità. Troppo spesso sono quasi privi di fiori, ne hanno in numero limitato e costituito da poche specie, o se ne hanno in abbondanza sono perlopiù costituiti da bianche ombrellifere, derivanti da super-concimazioni azotate. Molto più sovente le poche piante fiorifere non ombrellifere sono relega-te nelle scarpate o nei pochi

decimetri di terreno addossati ai confini delle proprietà, dove le destabilizzanti concimazioni non arrivano. I liquami e lo stallatico sono spesso cosparsi sul prato ancora in fase di com-postazione, tanto che il fetore prodotto dalle loro esalazioni permane per giorni e si espande in vasti territori, rendendo l’aria irrespirabile. Di fronte a questo quadro si può tranquillamente affermare che la causa della scomparsa o della riduzione di molte specie fiorifere dai prati è imputabile soprattutto all’inadeguata ferti-lizzazione – che comprende un eccesso di stallatico e di liquami per di più non convenientemen-te compostati, a cui talvolta si aggiunge un ulteriore apporto di fertilizzante sintetico. Questa pratica produce momentanee variazioni di valori di pH nel terreno, le quali a loro volta incidono sulla presenza o meno di determinate specie fiorifere. Spesso, uscendo nei prati

I prati permettono la vita a una ricchissima varietà di insetti, di uccelli,

di mammiferi e di altri animali

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Speciale Biodiversità

dell’alta valle, in cui abito, avverto il grande disagio dei prati, che sembrano impre-care verso i contadini gridan-do: “Tenetevi la vostra merda e lasciateci la nostra erba!”. L’erba di un prato, infatti, è importantissima per la salute e la vitalità dello stesso: se viene tagliata e abbandonata in loco è un ottimo fertilizzante e induce la produzione di una ricchissima vegetazione fiorifera. In alta montagnaAnche i magri prati d’alta mon-tagna, che sono annualmente privati delle loro erbe e dei loro fiori e che non subiscono mai concimazioni, hanno strabilianti fioriture. Fino a circa una decina d’anni fa, gli appezzamenti pra-tivi della mia valle, siti tra i 900 e i 1.100 metri di altitudine, seb-bene già in fase di vistoso degra-do, in primavera erano ancora frequentati da diverse specie di

uccelli, che pure vi nidificavano, tra cui una ventina di maschi in canto del raro re di quaglie, decine di quaglie, di stiaccini, di saltimpali, di zigoli gialli e di allodole. Ora questi uccelli e molte specie d’insetti – tra cui bombi, api selvatiche e farfal-le – sono quasi completamente scomparsi. A questo quadro agreste poco idilliaco, si aggiungono la drastica riduzione o la totale scomparsa delle siepi, dei fossi e delle aree umide, dei margini incolti e l’impiego di pesanti e potenti mezzi agricoli, che com-pattano eccessivamente il terre-no e che non permettono l’affer-marsi di una ricca biodiversità. Questi fatti dovrebbero indurci a pensare che potrebbe essere

giunto il momento di cambiare rotta e di avviarci velocemente e senza indugio verso l’adozione di pratiche agronomiche naturali, rispettose dell’ambiente e di tutti gli esseri viventi.

Ricercatore, sperimentatore, fotografo, scrittore e divulga-tivo naturalistico. È l’ideatore del termine e dell’agricoltura eco-consapevole e del metodo “Aula Abram”, un’aula didattica naturalistica all’aperto. È anche ricercatore e spe-rimentatore in ambito florofaunistico-ambientale e divulga le proprie esperienze in scritti, conferenze e corsi. È un soste-nitore della biodiversità ovunque.Tra i suoi libri, tutti editi da Edizioni del Baldo, ricordiamo Fruttuferi. Melo e pero (scritto con Leopoldo Tommasi), Animali da cortile e Dio è tutto, tutto è Dio, tutti acquistabili su macrolibrarsi.it.Per info e contatti:www.sergioabram.altervista.org;[email protected]

Sergio Abram

Cosa leggere

Autori VariFiori della MontagnaGiunti Demetra, 2008

Sergio Pessot, Lodovico CusiniFiori delle Nostre AlpiNordpress, 2007

Sergio AbramAnimali dei CampiAlberto Perdisa Editore, 2005

Gualtiero Simonetti, Marta WatschingerErbe di Campi e PratiMondadori, 1986

Cercalo su:www.macrolibrarsi.it

Il prato di casa

L’abbandono dell’erba sul prato, dopo il taglio, è una pratica molto benefica anche per i nostri appez-zamenti di terreno inerbiti, che coltiviamo davanti a casa. Invece, spesso si preferisce asportare l’erba

– con relativi problemi di smaltimento – e fertilizza-re periodicamente il tap-peto erboso con prodotti di origine sintetica. Il prato che subisce questi tratta-menti ha sovente problemi di aridità e di biodiversità con conseguente aumen-to di consumo d’acqua e contenuta presenza di varie specie fiorifere.

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28 Consapevole

L’attivismo del pollice verdeIl Guerrilla Gardening combatte il degrado delle nostre città con piante e fiori Martina Turola

Il Guerrilla Gardening è la guerriglia verde che ha fatto capolino fra le strade italiane: Milano, Torino, Pisa, Fano, Ragusa, Macerata, Città di

Castello, Genova, Roma, Ragusa, Torre del Greco, Caserta... Se n’è occupato perfino Report, il pro-gramma di Rai 3, nella sezione

“Buone Notizie” della puntata del 6/12/2009.Niente di violento, anzi, i guerril-la gardeners fanno di notte quello che le amministrazioni comunali dovrebbero fare di giorno, come ha ironicamente commentato qualcuno.

Dalla Bibbia ai Figli dei FioriMa da dove viene questa for-ma di giardinaggio attivista? Difficile non pensare ai figli dei fiori, agli anni ’70, ed è infatti proprio da questa matrice cul-turale che nasce il movimento. L’anno di nascita ufficiale è il 1973, quando Liz Christy e il suo gruppo Green Guerrilla, nell’area di Bowery Houston a New York, trasformano un dere-litto lotto privato in un giardino.

Dopo trent’anni questo spazio è ancora ben tenuto grazie alla cura di alcuni volontari e alla protezione del dipartimento par-chi di New York.

Ma del Guerrilla Gardening pare addirittura vi sia traccia nel-la Bibbia e, sempre su Wikipedia, si fa riferimento a «due celebrati giardinieri di questo genere, at-tivi prima del conio del termine Guerrilla Gardening: Gerald Winstanley e The Diggers (gli zappatori) nel Surrey England, nel 1649, e John Chapman so-prannominato “seme di mela” nell’Ohio, USA, nel 1801».

La terra è nostraIl Guerrilla Gardening sbarca in Europa, negli anni ’90, dove le prime azioni dei guerriglie-ri hanno una forte valenza di

protesta, come quella londinese del 1996, quando circa 500 attivisti affiliati a “The Land is Ours” (la terra è nostra), tra cui George Monbiot, giornalista ambientalista del quotidiano inglese The Guardian, occu-pano circa 13 acri di terreno abbandonato, appartenente alla Guinness, per protestare contro «il terrificante misuso della terra urbana, la mancanza di case

In Italia il Guerrilla Gardening approda fra il 2006 e il 2007 a Milano, per ini-ziativa di due giardinieri di professio-

ne, non paghi di abbellire i giardini dei propri clienti, desiderosi di regalare alla propria città un po’ di verde e “trasfor-

mare il cemento in fiori”

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Speciale Biodiversità

popolari e il deterioramento dell’ambiente urbano».

Bighellonando con i Guerrilla Gardeners italianiIn Italia, invece, il Guerrilla Gardening approda fra il 2006 e il 2007 a Milano, per iniziativa di due giardinieri di professio-ne, Michele Trasi ed Andrea Zabiello, non paghi di abbellire i giardini dei propri clienti, desi-derosi di regalare alla propria città un po’ di verde e “trasfor-mare il cemento in fiori”. La notizia degli attacchi guer-riglieri si espande velocemente

e cominciano a spuntare altri gruppi volenterosi di seguire l’esempio milanese. Prima a Torino, con i Badili Badola – in torinese “bighellonare” – poi un po’ in tutta Italia, a macchia di leopardo. Qualcuno chiede consiglio ai precursori Michele e Andrea, che non negano il proprio supporto e si recano in trasferta in quel di Pescia (Pisa) per dare importanti consigli ai guerriglieri in erba, espressione mai così indicata come in que-sto caso! Come riconoscere il terreno ideale per una nuova azione di Guerrilla Gardening, quali zone scegliere, come com-portarsi in caso di controllo dei vigili urbani… Che, a dire la verità, finora non hanno rappre-sentato un problema… Cosa si può dire infatti ad un gruppo di persone intente a piantare piante e fiori in una zona dove prima

non c’era altro che terra brulla?Fra i progetti di Guerrilla Gardening vale la pena di men-zionare quello della Darsena di Milano, dove i guerriglieri hanno prima ripulito il cantiere, fermo da anni, dalle bottiglie e dai rifiuti, poi costruito e riem-pito di terra minuziosamente vagliata delle vasche con mate-riali di recupero per accogliere piante e fiori. I primi fiori spun-tarono il mese dopo, mentre nuovi guerriglieri si uniscono al progetto, e danno il loro contri-buto a potare, vagliare la terra dissodare il terreno… Pare pro-prio che il Guerrilla Gardening sia contagioso!

Martina Turola, ferrarese, infatuata delle colline dolci del Chianti, ci si trasferisce per studiare all’Università. Dopo la laurea ha vissuto un intenso anno in Australia.Ha scritto, per diversi anni, di ambiente e tematiche sociali per un quotidiano locale.Si è poi occupata di e-book, social media e dell’Ufficio Stampa per il Gruppo Editoriale Macro.Il web e la comunicazione 2.0 continuano ad essere il suo pane quotidiano anche adesso che lavora per un’agenzia di Bologna e cura il sito web di Vivi Consapevole.

Martina Turola

Le armi dei guerriglieriEcco un’arma che tutti gli aspiranti guerriglieri possono fare: la bomba di semi. Avvolgere in carta di giornale terriccio, fertiliz-zante e semi di fiori che si vorrebbero veder nascere. Il tutto imbevuto di acqua. Avvicinarsi a un cantiere in disuso o a una zona abbandonata, e lanciare la flower-bomb. Dopo qual-che settimana si potranno apprezzare splendide fio-riture in luoghi dimenticati. Tratto da: www.guerrillagardening.it.

Fra i progetti di Guerrilla Gardening vale la pena di menzionare quello della Darsena di Milano, dove i guerriglieri hanno prima ripulito il cantiere poi

costruito e riempito di terra minuziosa-mente vagliata delle vasche con materiali di recupero per accogliere piante e fiori

Per approfondire

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Michele Trasi, Andrea ZabielloGuerrilla Garde-ning. Manuale di giardinaggio e resistenza contro il degrado urbanoKowalski, 2009

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«Il giardino è un posto sicuro, un ambiente accogliente dove tutti sono benvenuti. Le piante non giudicano, non minacciano nessuno e non discriminano. Le pian-te hanno una loro vita, ma rispondono alle cure che vengono loro date. Alle piante non importa di che colore abbiamo la pelle, se frequentiamo l’asilo o la scuola superiore, se siamo poveri o ricchi, sani o malati, vittime di abusi o abusanti, handicappati o ciechi, tos-sicodipendenti o depres-si. Alle nostre piante non importa se noi le chiamiamo per nome o semplicemente le accarezziamo con mani artritiche». Hank Bruce, Introduzione all’ortoterapia, Macro Edizioni, 2009

Quando anni fa non si parlava ancora di città in transizione, la Fondazione

Torino Musei affidò alla cura e alle idee di Edoardo Santoro quello che era uno spazio ortivo a uso privato all’inter-no del Borgo Medievale di Torino. Giovane e appassionato, Edoardo dal 1998 ha dato vita a un progetto che darebbe lustro a tutte le città in transizione e che ora accoglie visitatori da tutta Europa. Ci ha guidato lui stesso, con competenza rara, alla scoperta delle meraviglie racchiuse da questi tre fazzoletti di terra che sono il Giardino delle Delizie, il Giardino dei Semplici e l’Orto. Tre piccole ricostruzioni di grande valore che hanno visto passare anni di ricerche su testi e iconografie dell’epoca, al fine di ricreare nei minimi dettagli

quelle che erano le tre tipologie di coltivazione nel medioevo italiano. Non è un grande giardino bota-nico dove passare di corsa ed essere folgorati da fiori esotici e dalle ultime varietà di rose, è semmai un posto da visitare letteralmente centimetro per centimetro, scoprendo ad ogni passo qualcosa di insolito e sco-nosciuto o, perché no, trovando una soluzione antica ma geniale da importare nel proprio pezzet-to di mondo.Si riscoprono così antiche tec-niche come quella del sentiero in tondini di castagno: bello, funzionale e naturale. Si scopre che l’arte topiaria non è affatto seicentesca, o che criteri di posizionamento per fontane, vie di accesso e zone di riposo seguono una rigida simbologia che però è anche un vantaggio pratico. L’acqua al centro, tema ricorrente nell’iconografia

All’interno del Borgo medievale di Torino un gruppo di appas-sionati ha ricostruito un giardino medievale, che ospita tutti i tipi di piante che un tempo venivano usate sulla nostra tavola e non solo

La biodiversità di un ortomedioevale

Grazia Cacciola - erbaviola.com

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Speciale Biodiversità

Il Giardino dei Semplici

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Speciale Biodiversità

medievale e nella moderna riscoperta del feng-shui, ha ragioni anche funzionali; lo sa bene chi cura un giardino!Tutto è calibrato su un equili-brio difficile eppure riuscitissi-mo di utilità e piacere estetico, dove trovano spazio le cure naturali delle piante e antiche

coltivazioni biodiverse, recupe-rate pazientemente negli anni. Per i lettori di Vivi Consapevole, Edoardo Santoro si è prestato a fare da guida in questo posto

quasi magico, un’oasi vicina al trafficato Corso Casale, ma così lontana nel tempo e nella spiri-tualità. Perché un giardino e un orto non sono mai solo il frutto di equilibri difficili, ma soprat-tutto il risultato di un’anima che sa ascoltare la voce della Natura. La divisione in tre macro aree

permette un percorso storico anche attraverso i diversi uti-lizzatori: il signorile Giardino delle Delizie con le piante prevalentemente ornamentali,

il Giardino dei Semplici con prevalenza di piante officinali, tessili e tintoree, e il più popo-lano Orto con ortaggi, legumi e cereali. Attraverso minuziose ricerche bibliografiche e icono-grafiche è stato infatti possibile stilare un elenco di piante colti-vate soprattutto nel quattordice-simo secolo negli orti dell’Italia settentrionale, riproducendone poi la collocazione e l’uso in questo Giardino Medievale.

Il Giardino delle DelizieGrazie a codici miniati, dipinti e affreschi, come quelli del ciclo del castello della Manta, ripro-dotti anche in una delle sale della Rocca del Borgo Medievale di Torino, è stato redatto un elenco di piante tipiche dell’epoca che trovano spazio nelle aiuole del Giardino delle Delizie: rose anti-che, primule, gigli, viole, iris e margherite.Secondo la concezione medie-vale, le piante e i fiori sono collocati nelle aiuole in modo da spiccare per la loro indi-vidualità e non per costituire un’uniforme e compatta mac-chia di colore come impone il contemporaneo garden design. Infatti, all’occhio non allenato, a tutta prima pare di vedere, più che aiuole, un caotico ammasso di piante infestanti e qualche fiore. Nulla di più sbagliato. Ogni pianta è scelta singolar-mente, posizionata in base a criteri di miglior luce e terreno, nonché estetici, per permetterne un’osservazione puntuale nel corso delle stagioni. Lo scopo del Giardino delle Delizie era infatti quello di ammirare le singole piante, una per una. Una passeggiata colta per nobili e animi raffinati, potremmo defi-nirla. Sicuramente un buono

È un posto da visitare centimetro per centimetro scoprendo ad ogni passo qualcosa di insolito e sconosciuto o, perché no, trovando una soluzione antica ma geniale da importare nel

proprio pezzetto di mondo

Esempio di coltivazione in aiuole rialzate

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spunto per un giardino insolito di oggi: invece di lanciarsi in virtuosistici accostamenti, riu-scire a cogliere l’essenza di ogni singola pianta. Anche perché le piante con cui deliziarsi non mancavano (e non mancano in questo giardino!): fritillarie, pervinche, alchemille, filipendule, aquilegie europee e asiatiche, lychnis, ornitogalo bianco, aglio di Persia, coto-naria, festuche e rose antiche e botaniche tra cui varietà di damascena, moschata, gallica, pimpinellifolia, viridiflora, alba e centifolia. Il giardino delle delizie è for-mato da quattro grandi aiuole quadrate delimitate da recin-zioni basse in rami di castagno intrecciato: non in rami di salice, tecnica ben posteriore. Al centro

una fontana. La pavimentazione dei vialetti è in tronchi di casta-gno, infissi verticalmente nel terreno l’uno accanto all’altro, tra i quali può crescere l’er-ba, permettendo un drenaggio ottimale delle acque piovane. Altri elementi caratterizzanti di quest’area sono le spalliere di rose antiche e botaniche che lo cingono su due lati, un pergolato di vite e, aggiunto di recente, un bellissimo sedile erboso. Il sedile erboso si realiz-za con poco anche oggi: paletti

di castagno a sostegno, rami di castagno intrecciati e riempi-mento con terriccio. Si semina ad erba (i sedum, cioè le piante rustiche, sono particolarmente indicati per la resistenza) e una volta realizzato avremo una morbidissima panchina di erba su cui goderci i pomeriggi estivi. Un “artificio” anche estetico che vale la pena di riportare in questo secolo, realizzato con materiali alla portata di tutti.

Il Giardino dei SempliciL’Hortus Simplicium, o Giardino dei Semplici, ospi-ta le piante umili, un tempo apprezzate non per la bellezza ma per la loro utilità. Secondo la tradizione storiografica que-sto giardino era curato e fre-quentato dalla gente semplice, come i servitori, i cuochi che

preparavano le pietanze, ma soprattutto i monaci erboristi, che qui trovavano tutte le piante medicamentose usate nella loro attività. Tutte le piante qui colti-vate erano dunque impiegate in cucina, medicina e cosmesi, e nulla veniva buttato.Storicamente, la trasformazione da orto dei semplici a luogo a carattere accademico e dedicato allo studio delle piante, per-mette la nascita dei primi orti botanici in Italia (Pisa nel 1543, Padova e Firenze nel 1545),

Speciale Biodiversità

Tutto è calibrato su un equilibrio difficile eppure riuscitissimo di utilità e piacere

estetico, dove trovano spazio le cure naturali delle piante e antiche

coltivazioni biodiverse

L’orto e, sul fondo, il capanno in castagno e paglia di segale

Ricostruzione di un sostegno per rampicanti medievale

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seguiti poi da altri orti di stu-dio nei vari paesi d’Europa. Il Giardino dei Semplici, costruito nel 2000 insieme all’Orto, nasce dunque sulla base di criteri dia-metralmente opposti a quelli del Giardino delle Delizie.È costituito da un’aiuola cen-trale nella quale si trova un melograno, pianta simbolo della vita, della prosperità e dell’ab-bondanza, circondato da quattro aiuole a loro volta suddivise in più settori per coltivare un maggior numero di piante, pur a poca distanza. Tra le piante aro-matiche e medicinali troviamo la salvia, la melissa, il timo, la maggiorana e l’assenzio, cui si mescolano piante di uso molte-

plice come il lino, impiegato sia in cucina (semi e foglie) che in medicina (decotti, tisane e inte-gratori) e nel tessile per le sue fibre qualitativamente resistenti nella media dei tessuti prodotti all’epoca. Incontriamo poi pre-senze insolite negli attuali orti di aromatiche, come il gruppo delle piante tintorie, tra le quali spiccano la robbia e il guado, che regalavano a stoffe e tessuti tonalità uniche di rosso e azzur-ro, da ben prima che venisse importato l’indaco. Tra le curiosità antiche e bio-diverse dell’Hortus Simplicium possiamo ammirare marrubio, elicriso, issopo, pimpinella, ver-basco, canfora, dittamo, abrota-

no, levistico, tanaceto partenio, betonica, ruta, mandragora insieme a qualità più comuni che hanno attraversato i secoli giungendoci quasi identiche come timo volgare, santolina, salvia sclarea, liquirizia, cardi e camomille di diverse qualità, rafano, santoregge e rosmarini.

L’OrtoGli orti medievali nell’Italia settentrionale erano collocati al di fuori delle mura e avevano in genere un’estensione pari a quella delle nostre attuali colti-vazioni industriali. Questo orto, invece, avendo un valore filolo-gico e didattico, è più piccolo e inadatto al sostentamento di più di due persone ma è stato pensato e realizzato per offrire un esempio concreto di un orto medievale, tipologia ormai sop-piantata dai moderni orti dalle mille varietà ibride e incoronati di pomodori, melanzane, pepe-roni, patate e tutte quelle varietà che l’Europa non aveva ancora conosciuto. L’orticoltore già terrorizzato davanti all’assenza dei pomodo-ri, imperatori degli orti moderni, si chiederà quindi cosa si colti-vasse nel quattordicesimo seco-lo... Molti ortaggi che ormai la grande distribuzione ha manda-to in disuso! Grande spazio a molte qualità di rape e crucifere, dai cavoli ai broccoli, ai cavolfiori, al più toscano cavolo nero e le verze. Abbondanza anche di molti tipi di insalate e radicchi, da usare sia cotti che crudi. Purtroppo il continuo migliora-mento genetico operato dall’uo-mo sulle piante impedisce di riproporre tutti gli ortaggi coltivati nel medioevo, e quindi, oltre alle specie botaniche sel-

Secondo la tradizione storiografica il giardino dei semplici era curato

e frequentato dalla gente semplice, come i cuochi che preparavano

le pietanze, e i monaci erboristi, che qui trovavano tutte le piante medica-

mentose usate nella loro attività

Ingresso al Giardino delle Delizie

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vatiche (rucola, cicoria), sono presenti le varietà moderne di verdure che più si avvicinano, negli aspetti morfologici, alle loro simili medievali. La ricerca di Edoardo Santoro è comunque continua e ad ogni stagione appaiono, recuperate in ogni angolo del mondo, altre varietà antiche che si credevano perse. La strutturazione di questo orto non è troppo distante dalle nostre attuali e ricorda molto la disposizione a cassoni dell’agri-coltura sinergica. Le aiuole si alternano paralle-lamente, in una pianta che ha preso spunto dalla cartografia dell’Abbazia di San Gallo in Svizzera, e variano di stagione in stagione e di anno in anno per le frequenti rotazioni. I pre-cursori dei cassoni dell’agricol-tura sinergica sono aiuole rial-zate circondate da assi di legno e da terrapieni con contenimenti in rami intrecciati e recinzioni di vario genere. Ecco cosa contengono le tre-dici aiuole dell’orto medievale nei mesi di maggiore sviluppo, maggio e giugno. L’elenco è per aiuola, se qualcuno volesse cimentarsi in un orto medievale in proprio. Alcune varietà sono ripetute per ragioni di consocia-zione e rotazione:

1) Acetosa, borragine, coriandolo, cerfoglio.

2) Grano saraceno, lino, sedano, carota, cavolo.

3) Cavolo verde, aneto, coriandolo, finocchietto, spinacio.

4) Cavolo rosso, raperon-zolo, melanzana turca, sedano, porro.

5) Senape e lino, cavolo nero e rosso, melanzane, lattuga.

6) Porro, cipolla, carota,

camomilla tintoria, rucola.7) Rapa, sedano rapa, bieta

da taglio, carota, barba-bietola.

8) Sedano, costina, insalate miste, prezzemolo, luppo-lo, cetriolo, melone.

9) Pesco, melo, ribes, cardo, melograno, cotogno, zucca.

10) Lupino, cicerchia, fagiolo, lenticchia, fieno greco.

11) Fico, lamponi, fragole, iris.

12) Nocciolo, giaggioli.13) Alloro, menta, prugnolo.

In fondo all’orto è stato costruito un capanno in rami di salice e paglia di segale, al cui interno si trovano strumenti di lavoro, cesteria, erbe essiccate e sementi. Il laboratorio del contadino! La tecnica costruttiva del capanno è filologicamente corretta, con l’intelaiatura che regge e con-temporaneamente si mantiene stabile con l’intreccio di paglia di segale. Decisamente da andare a vede-re dal vivo, per chi intendesse costruirne uno simile nel pro-prio orto: a costo bassissimo visti i materiali impiegati e con una tecnica di intreccio alla por-tata dei neofiti.

Educare in giardinoNel Giardino Medievale si svol-gono inoltre ogni anno lezioni e conferenze allo scopo di approfondire i temi legati alla conoscenza e riconoscimento delle specie botaniche, alla col-tivazione di piante ornamentali e aromatiche e all’impiego di queste ultime in discipline quali erboristeria, cosmetica e alimen-tazione. Inoltre scuole di ogni grado possono partecipare ad attività e laboratori. Mentre eravamo in visita noi, era in corso una mostra sulle piante del Nuovo Mondo in cui veniva spiegata l’introduzione delle nuove piante quali pomo-dori, patate, peperoni e mais dopo la scoperta dell’America. L’ingresso è di soli 2 euro e appena entrati, sulla destra, si trovano delle brochure esplica-tive che permettono di ricono-scere tutte le piante presenti e la strutturazione dell’area in cui ci si trova. Infatti per lasciare il più possibi-le intatta l’atmosfera ricreata, si è giustamente evitato di mettere palette con i nomi delle piante ovunque. Brochure in mano, quindi, alla scoperta dei tesori biodiversi!

Speciale Biodiversità

Grazia Cacciola (www.erbaviola.com), esperta di agrici-vismo e ecosostenibilità, è autrice di articoli e saggi sugli stili di vita consapevoli, tra cui L’orto sul balcone. Coltivare naturale in spazi ristretti, Fag 2009 e Scappo dalla città. Manuale di downshifting, decrescita, autoproduzione, Fag 2010. Milanese di nascita, dopo anni di esperimenti sui balconi cittadini, ha lasciato la città per l’Appennino tosco-emiliano, dove conduce un orto e un terrazzo con tecniche naturali. Da anni si interessa attivamente di autoproduzione, riciclaggio, biodiversità e agricoltura naturale.

Grazia Cacciola

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Le confetture di frutti antichi

Fabrizia Bigoni

Nespole, sorbe, giuggiole, kaki, pere volpine e mele decio: i frutti antichi sono un patrimonio tangibile di biodiversità. Fabrizia Bigoni dell’azienda agricola “Vivai Belfiore” ci insegna come conservarli preparando otti-me confetture

I frutti antichi hanno delle caratteristiche morfologiche, organolettiche e nutritive davvero uniche e particolari, che, con il nostro metodo di

preparazione delle confetture, cerchiamo di mantenere il più possibile inalterate.I punti fondamentali da tenere presenti sono tre:1) utilizzo di frutta tagliata a pezzi ma non sbucciata per man-tenere il necessario apporto di fibre;2) cottura breve in due tempi (un quarto d’ora con pochissima acqua quando è necessaria, e un quarto d’ora con lo zucche-ro) per consentire una minore dispersione di sali minerali e vitamine, e mantenere colori, profumi e sapori caratteristici che altrimenti verrebbero appiat-titi dalla prolungata esposizione al calore;

3) nessuna aggiunta di adden-santi per rispettare la consisten-za tipica del frutto in questione.

Cosa occorre per la preparazione• Pentola in acciaio inossidabile• Passatutto• Ramaiolo• Pinza a manico lungo• 2 mestoli di legno• Catino a due manici in allu-

minio• Barattoli di vetro e relativi

coperchi• Tovaglia di cotone bianca puli-

tissima• Panni di lana

Tutta l’attrezzatura, anche se nuova, compresi barattoli e coperchi, deve essere sterilizzata facendola bollire nel catino a due manici con acqua abbondan-te, in modo da coprire bene ogni oggetto e con l’aggiunta di 3-4 cucchiai di aceto, che durante la bollitura scioglierà il calcare lasciando le pareti dei recipienti limpidissime.Il tutto deve bollire allegramente per venti minuti.Dal momento in cui tutto è sterilizzato, non si devono più toccare con le mani gli oggetti

che verranno a contatto con la confettura.Tutti gli oggetti vanno tolti dall’acqua, con la particolare attenzione di prendere i barattoli con le pinze e di metterli subito a sgocciolare sulla tovaglia a bocca in giù, in modo da far loro perdere l’umidità grossola-na. Subito dopo devono essere rigirati a bocca in sù, in modo che il vapore acqueo fuoriesca lasciandoli perfettamente asciut-ti. A questo punto si rigirano nuovamente all’ingiù, in modo che l’interno resti il più possibi-le incontaminato.Questa operazione andrebbe ultimata pochi minuti prima di invasare la confettura.

ProcedimentoSe si tratta di mele, pere, susine, albicocche e pesche, laviamo la frutta, eliminiamo le parti dure come noccioli e semi, e la tagliamo a pezzi.Se invece si tratta di nespole, sorbe, uva e frutti minori, ter-remo la frutta un pochino in ammollo per poi cuocerla intera, eliminando i semi successiva-mente, con il passatutto.Una volta messa la frutta nella pentola, aggiungiamo un po’

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Low impact feng shui room, hotel La Residenza, Milano

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Speciale Biodiversità

d’acqua per evitare che si attac-chi a inizio cottura. La mettiamo sul fuoco coperta e, mescolan-do di tanto in tanto, le faremo prendere il bollore, dopodiché scopriamo e lasciamo cuocere piano per un quarto d’ora.Se in questa prima fase la frutta dovesse risultare troppo liquida, per evitare una cottura eccessiva, togliamo la polpa mettendola in un altro recipiente e lasciamo bollire solo il succo in eccesso, finché non si sarà addensato un po’. A questo punto si riunisce nuovamente la polpa al succo e si termina la cottura in pochi minuti. Togliamo quindi dal fuoco, travasiamo la frutta cotta in una zuppiera e la pesiamo. Calcoliamo la quantità di zuc-chero necessaria in ragione di

350/400 grammi per chilo di polpa e rimettiamo il tutto sul fuoco.Riportiamo a ebollizione e lasciamo cuocere piano per un altro quarto d’ora, tenendo la pentola scoperta.A questo punto la cottura è ulti-mata: abbassiamo la fiamma al minimo e cominciamo a invasa-re rapidamente un barattolo alla volta. Ogni barattolo va chiuso subito e messo capovolto su un panno di lana precedentemente steso su un ripiano.Alla fine avremo tutti i nostri barattoli a testa in giù uno di fianco all’altro. Allora li copri-remo bene con un altro panno di lana e li lasceremo raffreddare lentamente nell’arco di almeno ventiquattro ore.Riponiamo poi al buio in un luogo fresco e asciutto.La scrupolosa osservazione delle norme igieniche nella pre-parazione dell’attrezzatura e la rapidità del confezionamento permettono di conservare la con-fettura per circa un anno.

Confettura di giuggioleLe giuggiole vanno lavate e divi-se in due per eliminare il noc-ciolo interno: se sono di quelle giganti le dividiamo ulterior-mente; se invece sono di quelle comuni, grosse quanto un’oliva, le lasciamo divise solo a metà. Le mettiamo in pentola con poca acqua sul fondo per evitare che si attacchino, copriamo e portiamo a ebollizione a fiamma moderata, ricordandoci di girare di tanto in tanto.Scopriamo e lasciamo bollire per un quarto d’ora. Dopodichè, procedendo come descritto, aggiungiamo lo zucchero neces-sario, ultimiamo la cottura e invasiamo.

I frutti dimenticati

Quante varietà di mele e pere conosce una persona in media? Forse un paio per ciascun frutto: se si tratta di un bambino piccolo forse addirittura nessuna: una mela è una mela e basta.La perdita della biodiversità è davvero ampia per quel che riguarda gli alberi da frutto e preservare dall’oblio le varietà antiche è un vero e proprio lavoro di tutela e custodia: seme dopo seme, pianta dopo pianta. Affinché la biodiversità non vada perduta, in Italia vengono organizzate ogni anno diverse manifestazioni per la salvaguardia dei frutti dimenticati.Eccone alcune!Festa dei Frutti Dimenticati – Casola Valsenio (Ravenna), terzo fine settimana di ottobrePomarium – Vivai Belfiore (Lastra Signa, Firenze), in settembreFrutti antichi – Castello di Paderna (Piacenza), in ottobre.

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Le giuggiole sono mature quando inizia-no a prendere una colorazione marrone sul fondo verde chiaro che le rende davvero decorative. Sono consistenti e croc-canti: il loro sapore dolce acidulo e aroma-tico si mantiene perfet-tamente nella confettura, e, unito a un aspetto trasparente e gelatinoso dal colore nocciola chiaro punteggiato di marrone, fa di questa confettura una cosa rara.

Confettura di kakiI kaki vanno utilizzati sempre perfettamente maturi, sia quelli duri cosiddetti a mela o vaniglia, sia quelli morbidi cosiddetti al cucchiaio. Parti non perfetta-mente mature al loro interno conferirebbero alla confettura un sapore astringente e legger-mente allappante non sempre gradito.Quando sono al giusto grado di maturazione è sufficiente, dopo averli lavati, levare loro il picciolo con la parte interna più

chiara e filosa e metterli a cuocere così come sono per un quarto d’ora senza zucchero e poi per un quarto d’ora con lo zucchero, che, per i kaki, deve essere di 400 grammi per chilo di polpa cotta. Il sapore di que-sta confettura è dolce, il profu-mo ricorda la vaniglia, la consi-stenza è vellutata e il colore di un bell’arancio carico: tali carat-teristiche la rendono adattissima ad accompagnare dolci e creme, e in particolare il gelato.

Frabrizia Bigoni, con il marito Ugo Fiorini e i figli, gestisce l’azienda familiare Vivai Belfiore – un “parco vivaio”, nei cui campi custodi sono presenti oltre 1.000 varietà di piante da frutto in via di estinzione, alberi e arbusti autoctoni della macchia mediterranea. La riproduzione e la vendita al pub-blico delle piante da frutto antiche rappresentano l’attività principale dell’azienda. Nei mesi autunnali il tutto è arricchi-to da interessanti mostre pomologiche, nelle quali il termine biodiversità si concretizza nelle più svariate forme, colori e profumi di frutti moderni, antichi e storici come la mela

“Orcola” del Botticelli, la mela “Decio” degli Antichi Romani, il “Fico Africano” di Plinio il Vecchio.

Fabrizia Bigoni

I corsi ai Vivai Belfiore

Il frutteto familiare biologico– piantagione, concimazione, potatura, innesto e difesa3° weekend di gennaio 2011 (sabato 15 e domenica 16, dalle 09.00 alle 18.00) L’oliveto biologico, piantagione, concimazione, potatura e difesa (ripetuto in 2 appuntamenti distinti)sabato 19 febbraio 2011 (dalle 09.00 alle 18.00)domenica 27 febbraio 2011 (dalle 09.00 alle 18.00)La difesa del frutteto, del vigneto e dell’oliveto familiare con prodotti naturaliDomenica 5 giugno 2011 (dalle 14.00 alle 18.00) Dolci e Salati con Frutti e Grani Antichisabato 4 giugno 2011 (dalle 15.00 alle 20.00)Marmellate di Frutti Antichi domenica 12 giugno 2011 (dalle 15.00 alle 20.00)

Tutti i corsi sono comprensivi di una merenda in cui sarà possibile assaggiare prodotti della nostra azienda (crostate, torte salate, dolci, marmellate varie a base di frutta antica, accompagnati da bevande e tisane particolari sempre a base di frutta). Per info e prenotazioniAzienda Agricola Vivai BelfioreVia di Valle, loc. S. Ilario50055 – Lastra a Signa – Firenze (Italia)[email protected].:055.8724166

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L’agricoltura del non fare Panos Natural Farming: il mio viaggio in Grecia alla scoperta dei segreti di Fukuoka per favorire al massimo la biodiversità

Francesco Rosso

Il progetto della Fattoria dell’Autosufficienza che inizia a prendere forma e vita nelle colline cesenati, mi sta portando in giro per

il mondo alla scoperta di fatto-rie naturali, centri ecologici e insediamenti in permacultura: si tratta di un viaggio-studio che ho intrapreso per conoscere le migliori realtà a livello naziona-

le e internazionale e per appren-dere le tecniche della permacul-tura e dell’agricoltura naturale. Di Panos Natural Farming – situato in Grecia, nella regione della Macedonia Centrale – non so quasi nulla. Le poche infor-mazioni in mio possesso – giun-temi con il passa parola ad un corso di agricoltura sinergica – parlano di Panos come dell’uni-

ca fattoria al mondo che utilizza esclusivamente, da più di un decennio, il metodo dell’agricol-tura naturale.Ma che cos’è l’agricoltura natu-rale? L’agricoltura naturale è un metodo basato su quattro prin-cipi fondamentali: non si lavora in alcun modo il terreno, non si usano fertilizzanti, non si usano pesticidi, non si diserba.

Questi quattro principi sono anche alla base dell’orto siner-gico e sono un sogno per tutti gli agricoltori alla ricerca di una maggiore integrazione fra uomo e natura.Il metodo è stato ideato da Masanobu Fukuoka, ex fitopato-logo, agricoltore e filosofo ed è stato anche definito “agricoltura del non fare”.

Sogno o son desto?Io e la mia compagna Yu Yu decidiamo di passare parte delle nostre vacanze estive alla fatto-ria di Panos. Trovo su internet un indirizzo, chiedo se hanno alloggi e mi comunicano che è meglio arrivare con una tenda. Il mese successivo al mio scarno scambio epistolare con il titolare della fattoria, siamo ad agosto 2010, raggiungo il luogo indica-to nel sito internet, anche grazie all’aiuto di un abitante della zona che gentilmente ci accom-pagna alla meta.Mi aspettavo di arrivare in un posto lussureggiante di vegeta-zione, abitato da tante persone, con varie strutture in bioedilizia per l’accoglienza, le sale per i corsi. Al contrario il gentile nativo mi lascia di fronte a un cancello dal quale intravedo un precario capanno in legno con a fianco un’altra piccola struttura che sembra un deposito: tutto intorno erba alta e secca.Ci accoglie un uomo con la barba al quale chiedo più volte se effettivamente sono a Panos Natural Farming per sincerar-

Più creiamo biodiversità e strati diversi di vegetazione più miglioriamo il suolo, limitiamo l’erosione e aumentiamo la

sinergia fra le piante

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mi di non aver sbagliato posto. L’uomo mi conferma che sono nel posto giusto. Seguiamo il nostro Virgilio barbuto che con-duce a un tavolo in cui alcuni ragazzi stanno lavorando l’argil-la: ci sono due ragazze argentine, un greco, un tedesco e un alba-nese, tutti sui 25-30 anni.Ci sediamo attorno al tavolo e iniziamo anche noi a produrre le “salsicce” di argilla, mentre l’uomo con la barba ci fa un po’ di domande e si presenta.

La natura lo saScopriamo che l’uomo è il signor Panos Manikis in perso-na. Panos ci racconta che dalla morte di Fukuoka è l’unica persona che cerca di diffondere

nel mondo il metodo dell’agri-coltura naturale. È molto pre-occupato per quello che sta succedendo alla nostra cara terra ed è fermamente convinto che grazie all’agricoltura naturale sia possibile fare un grosso cam-biamento, partendo dai deserti e dalle montagne. L’agricoltura naturale necessità di investi-menti economici irrisori e ha la potenzialità di far crescere vege-tazione su superfici inimmagina-bili. Più creiamo biodiversità e strati diversi di vegetazione più miglioriamo il suolo, limitiamo l’erosione e aumentiamo la sinergia fra le piante.Ripetendoci i principi base dell’agricoltura naturale Panos ci racconta come la forza e l’ef-

ficacia di questo metodo risieda nella sua filosofia profonda: l’uomo non sa nulla e dovrebbe comportarsi di conseguenza. Anche se studiamo per anni un terreno, la sua chimica, la sua struttura, non possiamo sapere. Questo metodo lascia che la natura sappia. Il nostro compito è quello di piantare i semi di più specie possibili e di lasciare che sia la natura a scegliere quali tra questi debbano crescere e ger-mogliare e dove debbano farlo. Non è vero che esistono piante antagoniste, animali antagonisti, male erbe: tutto funziona in per-fetta armonia se noi ci mettiamo nell’ottica del rispetto e del

“non fare”. Le piante si aiutano reciprocamente e più c’è jungla più stanno bene. Ecco perché Panos cerca di junglificare la sua fattoria: per avere una jun-gla produttiva e il più possibile autosufficiente.Quando gli chiediamo se sia opportuno usare solo piante locali risponde che oramai al

Per preparare i dischetti è necessario avere argilla fine, una bella e

varia mistura di semi, e acqua

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mondo d’oggi non si può nean-che sapere cos’è locale o no. I pomodori e le patate per esem-pio certamente non sono locali, ma nessuno si fa dei problemi. E perché vogliamo farci dei pro-blemi con le altre piante?

Le palline di argilla di FukuokaNell’agricoltura del non fare le palline di argilla che conten-gono sementi hanno un ruolo importante: «seminiamo palline e andiamo a letto» – diceva Fukuoka. Le palline seminate sui terreni desertici e secchi e contengono semi di varia natura: sarà la natura a decidere quali piante germoglieranno in quel luogo. Al loro interno vengono posti semi di ortaggi, alberi da frutta, specie forestali, cereali e piante da sovescio che arricchi-scono il terreno e creano fertili-tà: chiunque mangi pesche, cilie-gie, albicocche, qualsiasi tipo di frutta, può lasciarne asciugare i semi, preparare le palline e seminarle dove meglio crede. Fukuoka nei suoi libri non ha parlato di due segreti importanti per la realizzazione delle palline di argilla. La paura di Fukuoka era che qualche multinazionale brevettasse il metodo facendo pagare le palline di argilla brevet-tate, quando invece il suo intento era di liberare i contadini dalla schiavitù delle multinazionali agroalimentari. Al giorno d’oggi non sarebbe più possibile brevet-tare una tecnica che molti cono-scono e che viene diffusa tramite la carta stampata e il web.I due segreti non svelati nei libri sono l’utilizzo del fango melmo-so (direi praticamente liquido) e l’aggiunta di fibra all’argilla. Il fango liquido è importante per-ché va a ricoprire ogni singolo

seme – cosa che con l’argilla spesso non avviene – mentre le fibre sono importanti perché trattengono l’acqua che poi potrà essere sfruttata dal seme nelle prime fasi della germoglia-zione.

Palline 2.0Il metodo classico di Fukuoka è stato a lungo migliorato e sperimentato in varie parti del mondo e oggi si ritiene valido e interessante solo nel caso in cui si utilizzino semi di grandi dimensioni, come ad esempio i semi degli alberi da frutto. Il primo importante migliora-mento consiste nell’aver modi-ficato la forma: dalle originarie palline a dei dischetti più grossi. Questa forma presenta i seguenti vantaggi:

a) un dischetto contiene più di un seme, il che vuol dire più piante;

b) l’acqua viene meglio assorbita;

c) il dischetto tocca intera-mente il terreno nel lato in cui il seme germo-glia: in questo si evita il rischio che la radice si scopra.

Per offrire ai semi le condizioni ideali alla germogliazione si aggiunge fibra all’argilla (Panos utilizza fibra di cocco, ma può essere utilizzata anche fibra di lana o di altro tipo), geolite (è un minerale che trattiene acqua in maniera sorprendente) e

sostanza organica, se ritenuto necessario.L’argilla utilizzata da Panos è argilla rossa acquistata da un produttore di mattoni. Panos ci dice che esistono diversi tipi di argilla e bisogna sperimentarli per vedere il risultato. L’argilla che stiamo utilizzando fa un buon lavoro, anche se ne esisto-no di migliori.Chiaramente l’argilla deve esse-re molto fine per cui prima la facciamo passare in un setaccio.

Come prepararlePer preparare i dischetti è neces-sario avere argilla fine, una bella e varia mistura di semi, e acqua. Si procede con l’impastare (qui usiamo una betoniera) argilla, semi ed acqua fino a che non si ha un’unica poltiglia umida. A questo punto si prende un pugno abbondante della poltiglia e con il palmo della mano si crea un salsicciotto lungo circa 20-30 centimetri con un diametro di circa 4-5 cm.

Non è vero che esistono piante antagoniste, animali antagonisti, male

erbe: tutto funziona in perfetta armonia se noi ci mettiamo nell’ottica del rispetto e del “non fare”

I quattro principi dell’agricoltura naturalenon si lavora in alcun modo il terrenonon si usano fertilizzantinon si usano pesticidinon si diserba

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Con una tagliola si creano tanti dischetti, spessi non più di 2-3 cm, che vengono messi a seccare per circa una giornata intera sotto il sole di agosto. Le palline essic-

cate, che diventano molto dure, vengono messe dentro ai sacchi e sono pronte per essere lanciate e creare nuova vita. Per essere sicu-ri che siano secche a sufficienza è necessario testare se i semi intrappolati all’interno si riescono a rompere con le unghie: se non si riesce sono pronte.

Il mese ideale per spargere le palline d’argilla è settembre. Se nella mistura di semi ci sono anche semi di alberi sono neces-sari almeno tre anni per vedere

l’effettivo risultato della semina, in quanto le piante da frutto possono impiegare anche diversi anni per germinare.

Convivialità e volontariatoVerso le tredici Panos indìce la pausa frutta e io e Yu Yu abbia-mo la possibilità di vedere la

cucina e sala da pranzo: è tutto all’aperto sotto una tettoia in legno aperta su tre lati.Ad aspettarci una gustosissi-ma frutta dal sapore intenso e succoso, come si assaggia di rado. Ci sono fichi, susine di diverso tipo, prugne, giuggiole giganti, uva e pere giapponesi. Guardandomi un po’ intorno non vedo alberi da frutta in produ-zione e mi chiedo da dove venga questa frutta.Scopriamo allora che il posto in cui ci troviamo non è la famosa fattoria naturale, ma che si tratta di mezzo ettaro di terreno che Panos ha affittato da un ente locale e che utilizza per viverci, per tenere i suoi corsi e come laboratorio per le palline di argilla. Tutto quello che vediamo intor-no a noi è stato realizzato con lavoro volontario: Panos non ha mai preso finanziamenti e tutto il suo lavoro lo svolge gratis. Il minimo indispensabile per vive-re riesce a procurarselo grazie

«Tutto è uno e uno è tutto. Ciò che succede alle farfalle, a un albero, a un

animale, a un uomo, è di grande impor-tanza per la nostra vita. Se la natu-

ra muore, l’uomo muore, Dio muore. Servendo la natura serviamo l’umanità. Il contrario è sbagliato». Panos Manikis

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alla vendita della frutta prodotta alla fattoria naturale. Il cibo per lui e per gli studenti è autopro-dotto o donato da altri amici col-tivatori. Panos vive solo sei mesi l’anno nella fattoria e gli altri li passa all’estero tenendo corsi e avvicinando le persone all’agri-coltura naturale. Anche questo lavoro viene fatto a titolo gratui-to con il solo rimborso spese. Anche a cena il cibo è molto semplice. Alcune sere non tutti mangiano.

Una sera da Panos c’è festa. Vengono a trovarci alcuni suoi amici musicisti e l’atmosfera è fantastica: cena semplice, un po’ di vino, una fisarmonica, un flauto e uno strumento che non conosco. Un’atmosfera semplice e serena, ma di grande fascino. Finalmente in fattoriaL’ultimo giorno Panos ci porta finalmente a visitare l’azienda: la “vera” fattoria naturale. A una prima occhiata vediamo solo una grande foresta non curata ricca di alberi e rampicanti che

non permettono all’occhio di vedere oltre. Passata questa prima “barriera” si apre alle sensazioni un paesaggio fanta-stico. Da anni sento parlare di forest garden e finalmente si para davanti a me una jungla di frutta: piante delle più dispara-te specie, verde rigoglioso, la leggera umidità caratteristica di una foresta, uva che si arrampi-ca sui meli, un’actinidia (kiwi) immenso che copre un attrezza-ia, mandarini a un clima assurdo

per loro, e un’energia di vita e un’armonia impossibile da per-cepire in una fattoria convenzio-nale. Un vero spettacolo della natura.Panos, con immensa gentilezza e saggezza, ci guida all’interno di questo paradiso e ci racconta come in questi anni la fattoria viva un periodo di crisi perché nessuno se ne occupa quando lui è fuori di inverno. Come Fukuoka, anche Panos vive l’impressione che delle migliaia di persone che ha incontrato nessuno abbia la passione e lo spirito giusto per

aiutarlo in un attività che richie-de come requisiti fondamentali l’ignoranza, il vivere nel non far nulla e la rinuncia al possesso di beni materiali. Rimarrei per ore ad ascoltare Panos mentre mi parla della sua filosofia di vita, così profonda-mente segnata dai valori cul-turali dell’agricoltura naturale: purtroppo però il nostro viaggio è finito e il ritorno a casa ci attende.Per maggiori informazioni su come realizzare i dischetti guarda il video su www.ilcon-

«Seminiamo palline e andiamo a letto» Masanobu Fukuoka

Cosa leggere

I libri di Masanobu Fukuoka

La Rivoluzione di Dio, della Natura e dell’UomoLibreria Editrice Fiorentina, 2010

La Fattoria BiologicaMediterranee, 2001

La Rivoluzione del Filo di PagliaUn’introduzione all’agricoltura naturaleLibreria Editrice Fiorentina, 1980

Cercalo su:www.macrolibrarsi.it

Per approfondire

Sul sito dell’Associazione Basilico (www.associazionebasilico.it) è stata pubblicata una bella intervista a Panos Manikis.

Imprenditore, classe 1985, si sta dedicando alla costruzione di una Fattoria dell’Autosufficienza – progetto agricolo e culturale basato sui principi della permacultura e dell’agri-coltura naturale – su un terreno situato nell’Appennino romagnolo.

Francesco Rosso

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CELEBRARE CERIMONIE CREARE COMUNITÀ

Da “Permaculture magazine” n. 65 Traduzione Romina Rossi

Jackie Singer spiega l’importanza delle cerimonie di gruppo:Tutta la terra è sacra,

ogni passo che facciamo. Tutta l’aria è sacra,

ogni respiro che facciamo, unisce le persone, siamo uno.

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Le dieci turbine eoliche in mare aperto di Samsø.

Immaginate un grande cerchio di persone in un prato alberato. Al centro del cerchio stanno due persone, un uomo e una

donna, le mani intrecciate in aria. Un nastro rosso li tiene uniti per i polsi. Il cerchio di persone sorride e recita: “Vi dichiariamo marito e moglie”.Phil e io ci siamo sposati così, e in questa istantanea di una cerimonia non tradizionale appare chiaro che le persone che formano il cerchio non erano solo ospiti, né tantome-no solo testimoni del nostro matrimonio. Erano parteci-panti, impegnati nella condi-visione di uno scopo comune, e sebbene molti di loro non si fossero mai visti prima di quel giorno, in quel momento erano una comunità.La cerimonia, sia per celebra-re funzioni stagionali che per segnare riti di passaggio, unisce un gruppo di persone. Nella religione tradizionale dei gruppi razziali, la cerimonia rafforza l’identità del gruppo e aumenta il senso di appartenenza. Per le persone che non apparten-gono a un gruppo tradizionale, si presenta sia un problema che un’opportunità: come creare nuovi riti che esprimano il pro-prio senso di appartenenza e che includa tutte le persone impor-tanti nella loro vita, qualunque sia il loro retaggio culturale o le credenze. Quando ci esponiamo per parlare di questo problema, ci rendiamo conto che l’atto di voler creare nuove cerimonie ha anche l’effetto di creare comunità.

Cos’è una comunità?La parola “comunità” viene dal latino communitas, con il signi-ficato di “comune”; per ciò una

comunità è un gruppo di persone che hanno una qualche base comune. Per definizione, ogni gruppo di persone che vive in una stessa località è una comu-nità. Ma quello a cui mi sto rife-rendo io è qualcosa di più inten-zionale. Malidoma Patrice Some, un anziano sciamano che è cre-sciuto in un villaggio rurale del Burkina Faso ma che ha vissuto la maggior parte della sua vita da adulto negli USA, ha molto da insegnarci su questo tema. Nel suo libro Ritual: Power, Healing and Community, scrive:

Una comunità è sempre forma-ta da più di un’unica persona che si incontra per uno scopo… Ciò che uno riconosce nella formazione della comunità è la possibilità di fare insieme quel-lo che è impossibile fare da soli. Questo riconoscimento è anche un dissenso contro l’isolamento degli individui e dell’individua-lismo da una società al servizio delle Macchine. Ciò che voglia-mo è creare una comunità che incontri l’intrinseco bisogno di ogni individuo.

Negli ultimi dodici anni ho ricercato le cerimonie che le persone hanno celebrato da sole, con o senza un celebrante, per ricordare momenti importanti della loro vita. I rituali sono parte sia della rivoluzione por-tata avanti contro la “Macchina” che di altre scelte radicali fatte da persone che conducono una vita proattiva, come coltivare il proprio cibo, vivere in coope-razione o scegliere di educare i figli a casa. Emergono dallo stesso desiderio di fare qualcosa di diverso, rimanendo fedeli ai propri valori, piuttosto che limi-tarsi ad accettare lo status quo. Costruire pontiUn matrimonio, essendo sia un’unione di due famiglie che di due persone, presenta una particolare sfida quando i retaggi culturali di marito e moglie sono diversi. Prendete il matrimonio fra un medico erborista di estrazione Cattolico Romana e un carpentiere di ori-gini musulmane. La cerimonia si svolge in un prato pieno di campanule, ed è celebrata da un officiante che appartiene alla

Comunità Consapevole

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Chiesa Cattolica, ma con un approccio talmente ampio verso la spiritualità che non si sente più legato ad essa.L’inno iniziale è “Morning has broken”, che è seguito da una cerimonia di purificazione. Ci sono letture tratte da W.B. Yeats, Jalal Al-Din Al-Rumi, la Bibbia e Il Profeta. Dopo le pro-messe e lo scambio degli anelli, si condivide un calice di idro-mele e un piatto di mandorle. Prima della benedizione finale, si piantano fiori selvatici, men-tre le persone cantano: “Tutta la terra è sacra, ogni passo che facciamo. Tutta l’aria è sacra, ogni respiro che facciamo, uni-sce le persone, siamo uno”.Qui c’è una giovane coppia unita dall’amore reciproco e dalla Terra, che trascende le differenze delle loro rispettive famiglie per creare una bella e gioiosa cerimonia. Le letture da diverse culture, fatte dai membri delle due famiglie, ha dato espressione alla larghezza della loro visione condivisa del mondo. Il celebrante stesso era la personificazione dell’amal-gama di diversi elementi: era formale abbastanza da soddisfa-re i componenti della famiglia che frequentano la chiesa, ma abbastanza aperto di mente da abbracciare le pratiche legate alla terra, più naturali per mari-to e moglie. Anche se solo per un pomeriggio, sono stati spaz-zati via secoli di amare contrap-posizioni in un prato alberato.

Onorare gli individuiUn altro aspetto della cerimonia è che provvede al bisogno delle persone di essere valutati e onorati all’interno della propria comunità. Questo basico biso-gno non è molto ben compreso

nella nostra cultura. Invece di affermare le vite di ogni singolo individuo, preferiamo concentrare le nostre attenzioni su poche selezionate celebri-tà, il cui successo è a scapito di tutti gli altri. La cerimonia, d’altro canto, offre la possibi-lità ad ogni persona di essere al centro dell’attenzione. In un brano sulla “Cura delle Persone” dal suo libro The Earth Care Manual, Patrick Whitefield scrive che spesso sono le limi-tazioni umane, soprattutto “la paura, l’avidità e la rivalità” a trattenerci dal mettere in pra-tica quei cambiamenti tecnici ed ecologici necessari, anche quando abbiamo le conoscenze e le capacità per poterlo fare. La cerimonia nutre la vita emotiva e spirituale delle persone, che in cambio ci rende più generosi e fiduciosi.La Cerimonia del Nome per un neonato rende esplicito il ben-venuto di un individuo all’in-terno della propria comunità. Si verifica infatti una situazione in cui la persona è celebrata e consacrata non per qualcosa di

speciale che ha compiuto, ma semplicemente perché vive. Quando abbiamo dato il nome al nostro primo figlio, cantam-mo una canzone degli Sweet Honey in the Rock, che lo spie-ga in maniera egregia: “Per ogni bambino che nasce, il sole sorge e canta all’universo chi siamo”. Furono versate molte lacrime durante la cerimonia e le perso-ne fecero commenti su quanto fosse stato forte il messaggio di benvenuto. Sembra di parlare al profondo desiderio che ognuno di noi ha di essere accettato per quello che è.

CameratismoSe quando ci incontriamo per celebrare un matrimonio o l’ar-rivo di un figlio costituiamo una comunità, il nostro bisogno di comunità è ancora più radicato nei momenti di dolore. Una delle funzioni principali delle cerimonie funebri è di com-battere l’isolamento che si può avvertire da coloro che subisco-no un lutto. Un buon funerale da il tempo e l’opportunità alle persone di connettersi le une

Dando il corpo della nostra amica al mare creammo una potente connessio-

ne con quel corpo d’acqua

Comunità Consapevole

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Campo di collettori solari per riscaldare l’acqua che viene poi immessa nel sistema di riscaldamento comunale.

alle altre e con la persona dece-duta per dirle addio. È triste, ma nella società inglese tradiziona-le è ancora un tabù mostrare in pubblico i propri sentimenti.Recentemente sono stata a un funerale di un ragazzo di 22 anni in un crematorio, durante il quale il celebrante ci disse, aprendo la funzione, che quello non era tempo di essere tristi. Le persone trattennero le lacri-me che invece avevano bisogno di versare. Dopo la funzione al pub c’era un senso di rilassa-mento e di sollievo, ma non la vera comunione che scaturisce dalla condivisione della pro-fondità dei sentimenti con le persone. Al contrario, ricordo una cerimonia per la disper-sione delle ceneri di un’amica morta a 38 anni di cancro. Una folla di amici e parenti si riunì nel parcheggio di una spiaggia del Dorset, e camminò a file di due o tre, lungo il sentiero della scogliera fino alla spiaggia. Quando la gente parlava, molti piangevano e io ero commossa vedendo le persone confortarsi a vicenda mentre piangevano. Quando arrivò il momento, guar-dammo il marito, che Kate aveva appena sposato, versare le sue ceneri in mare, e poi ognuno di noi fu invitato a gettare fiori in mare per darle l’estremo saluto.Il moto e il rumore del mare raccolsero tutti i nostri pianti, e quando tornammo alla spiaggia cantavano tutti insieme. La gente si fermò per tutto il pome-riggio, mangiando e suonando musica, facendo delle passeg-giate o nuotando. Accendemmo un fuoco e guardammo il sole tramontare. Uno dei regali che Kate ci fece fu quello squisito giorno di primavera condiviso con gli amici sulla spiaggia.

Tutte le nostre relazioniQuesto mi riporta a un punto sulle cerimonie e le comunità: ci possono portare a una relazione non solo con i nostri compagni umani, ma anche alla comunità di tutti i generi di vita, piante, animali e minerali. Le tradizio-ni sciamaniche o i riti che si ricollegano alla terra lo fanno in modo esplicito. Per Malidoma Some, “la cerimonia è un’atti-vità eseguita dagli uomini che si fonda sullo spirito” e per lui lo spirito è un’espressione degli antenati che rivivono negli albe-ri, nelle montagne, nei fiumi e nelle rocce.I riti che ho descritto qui erano più impliciti nel loro approc-cio, ma per la maggior parte di questi non c’è co-incidenza, anche se sono celebrate all’aper-to, dove l’azione reciproca degli elementi diventa parte dell’evento. Nel matrimonio nel prato era riportato un detto degli Winnebago sul programma: “Santa Madre Terra, gli alberi e tutta la natura sono testimoni dei tuoi pensieri e delle tue azioni”. Nel rito della dispersio-ne delle ceneri in mare, le pietre e l’aria avevano una presenza significante, e dando il corpo della nostra amica al mare cre-ammo una potente connessione con quel corpo d’acqua.

Alimentare la comunitàVincere secoli di paure, ostilità verso gli stranieri e disgiun-gimento dal nostro ambiente naturale non è una cosa facile, e nemmeno lo è re-inventare potenti riti senza gli anziani che ci guidano. Non sempre funziona, e come qualsiasi altra cosa, dobbiamo perdonare noi stessi, imparare e voltare pagina. Inoltre, sebbene abbia fatto rife-

rimento a molti indigeni in que-sto pezzo, non vorrei idealizzare le culture tribali. Possono essere stati profondamente connessi alla terra, ma molti davano la caccia alla testa del vicino. Ciò che siamo chiamati a fare a que-sto punto della storia è qualcosa che non è mai stato fatto prima: abbiamo bisogno di costruire una comunità di individui attra-verso il globo, oltre la nostra tribù e la nostra nazione e inclu-dere (usando le parole di Joanna Macy) “il consiglio di tutti gli esseri umani”. Inventare nuovi rituali inclusivi è un modo per dimostrare che la comunità è una piccola fetta di tempo. Così come una cerimo-nia nuziale non è la vita matri-moniale, sarà più semplice crea-re rituali che vivere di essi. Ma quando facciamo i nostri piccoli passi verso la terra della comu-nità globale, queste cerimonie possono offrirci una mappa.

Jackie ha condotto proget-ti creativi e terapeutici con una gran varietà di gruppi di comunità nello Oxfordshire. Nel 2001 cominciò a offrire i suoi servizi come celebrante per facilitare altre persone a sperimentare i benefici di cerimonie senza una denomi-nazione. Al momento Jackie vive a Oxford con suo marito e due bambini; è da poco uscito un suo libro, Birthrites: Rituals and Celebrations for the Child-baring Years, pubblicato da Permanent Publications.

Comunità Consapevole

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L’Accademia per l’Energia di Samsø è progettata per essere altamente efficiente dal punto di vista energetico.

AbitareCohousing Il Progetto “LeCASEfranche” nel comune di Forlì

Simona Zoffoli, architetto – Clusterize

Il Progetto di cohoausing

“LeCASEfranche – che verrà realizzato a San Martino in Villafranca, nella prima campagna forlivese,

entro il 2012 – è un percorso locale, ma non localistico né autoreferenziale. «Non è una fuga dalla realtà di minoranze alternative – scrive Eugenio Baronti, ex assessore al Comune di Capannori, con cui condivi-diamo la volontà di realizzare progetti abitativi simili – ma un progetto che indica un’altra via, un altro modo di vivere e abitare che migliora la qualità della nostra vita e, nel contem-po, rispetta il suolo che ci da il pane, l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo. Ognuno può metterci del suo. La cosa importare è cosa possiamo fare insieme, dove vogliamo arrivare e come trovare i mezzi e i modi per farlo. A ognuno di noi è richiesto uno sforzo straordina-rio – non uno sforzo economico, ma qualcosa di più: la voglia di rimettersi in discussione, accettare la sfida di ricostruire la comunità, condividere un per-

corso insieme agli altri (facile a dirsi ma difficile a farsi perché anche noi siamo figli di questo mondo e di questa epoca in cui ognuno si è abituato a vivere solo, senza il confronto e la con-divisione con gli altri».

Perché coabitare?Ci troviamo in una piccola fra-zione di campagna prossima alla città di Forlì con la mancanza di

punti forti di ritrovo, servizi per i residenti e abitazioni che dialo-ghino con il luogo. Una periferia rurale come ce ne sono tante, così come sono tante le persone che si interro-gano sul “dove stiamo andando”. Si può pensare di abitare una casa “bella”, sana, confortevole economica? Di potere avere dei

vicini di casa che siano “amici”? Si può pensare che invece di fare in tanti le stesse identiche cose ogni giorno, ci si possa organizzare, dividersi i compiti per riprendersi il tempo del riposo, della riflessione, della calma? Chi va ad abitare in campagna ha fondamentalmente tre esigen-ze: contenere i costi; recuperare uno stile di vita più sano; abitare

case moderne, responsabili che rispondano a nuove esigenze di comfort, dotate di servizi aggiuntivi capaci di arginare il continuo pendolarismo con il centro della città. Il Cohousing LeCASEfranche fornisce risposta a queste domande partendo dal basso: dalle persone che sono con-

A ognuno di noi è richiesto uno sforzo straordinario – non uno sforzo econo-mico, ma qualcosa di più: la voglia di rimettersi in discussione e di accettare

la sfida di ricostruire la comunità

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Consapevole 55

Uno dei caldi, confortevoli e luminosi uffici dell’accademia.

sapevoli che un’alternativa è possibile. Il ProgettoSu un lotto di circa 1,5 ettari verranno costruite 18 residenze eco-sostenibili: costruzioni a secco, geotermia, solare termi-co e fotovoltaico, riutilizzo di acque piovane, compostaggio,

un edificio comune (cohouse) e parco ad uso pubblico gestito dagli abitanti. Gli alloggi privati saranno com-pletati da spazi e servizi comuni per l’incontro, lo scambio soli-dale, e una maggiore qualità dell’abitare – dove per “abitare” si intende sia il luogo fisico del rifugio domestico, sia lo spazio della relazione tra le persone. Il Cohousing leCASEfranche vuole essere:

- una comunità aperta all’esterno, al quartiere, al territorio, all’am-biente circostante per rispondere a bisogni ed esigenze diffuse di socialità e per contrastare la solitudine e il degrado delle relazioni sociali e umane;

- un luogo di educazione alla sostenibilità ambientale e alla cittadinanza attiva, per promuo-vere stili di vita responsabili, consapevoli e sobri;

- una risposta contemporanea a chi sceglie di vivere in cam-pagna oggi: spazi funzionali immersi nel verde, rilettura degli elementi tipologici ecc.

Chi siamoLa Cooperativa di abitanti

“LeCASEfranche” che si è costi-tuita il 14 giugno 2010 ed è for-mata attualmente da 19 soci che rappresentano 15 nuclei familia-ri: al momento le adesioni sono ancora aperte.Il gruppo si incontra regolar-mente almeno due volte al mese confrontandosi e rieducandosi a decidere insieme. L’età dei soci è varia. I bambini stanno insie-me agli adulti durante le riunioni in un angolo dedicato a loro e diventano interlocutori preziosi per decisioni importanti.

Cosa si condivideIl gruppo sta valutando quali luoghi (fisici e non) comuni da condividere:

- un parco privato con piazza coperta a uso pubblico aperto al quartiere e alla città;

- uno spazio interno polivalente attrezzato per attività di aggrega-zione, ricreative e ristorative con prodotti del territorio, salone per feste, iniziative culturali, corsi di formazione alla sostenibilità;

“LeCASEfranche” e Clusterize

Il gruppo forlivese di professionisti Clusterize è ideatore, promotore e futuro abitante di questo Progetto eco-socio-soste-nibile. Ha al centro del proprio lavoro la cultura del vivere e dell’abitare improntata a nuovi stili di vita responsabili, dando

“forma” a esigenze espres-se da sempre più persone. Al via anche il Progetto di cohousing nella collina del faentino “Ciò-housing”. Punti forti del progetto (realizzato in collabora-zione con lo studio A+4): una grande serra solare comune, car-pooling e micro nido.Info e contatti;Clusterizewww.clusterize.ittel. fax [email protected]

“LeCASEfranche” tel. [email protected]

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56 Consapevole

Comunità Consapevole

- la costituzione di un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale);- una cucina per comunità con deposito e|o cantina;

- una lavanderiae stireria; - un laboratorio per gli hobby e la creatività, per gli attrezzi e le riparazioni;

- due automezzi di car sharing a disposizione della comunità e da integrare con il servizio pubbli-co di quartiere per affermare e praticare una nuova cultura della mobilità;

- alcune camere per B&B (all’in-terno della cohouse o insieme agli alloggi privati) al fine di promuovere a livello europeo e internazionale i soggiorni in cohousing con escursioni e corsi di formazione ambientale – un modo nuovo di fare turismo sostenibile.

A che punto siamoIl Piano Urbanistico Attuativo è in fase di convenzione con il Comune di Forlì. L’approvazione è prevista entro il 2010. In parallelo continua la ricerca di persone che vorranno aderire all’iniziativa attraverso incontri informativi per solidificare i diciotto nuclei previsti.All’ottenimento della conven-zione verrà stipulato l’acquisto del terreno e la Cooperativa LeCASEfranche ne diventerà proprietaria.Di seguito sarà possibile partire con le opere di urbanizzazione e quelle edilizie. Quanto mi costiL’importo massimo previsto per il Progetto è di 5 milioni di euro che verranno recuperati attraverso: l’attivazione di mutui bancari da parte dei soci della Cooperativa, bandi regionali e

nazionali per l’eco-efficienza energetica, bandi per la promo-zione della filiera corta, contri-buti per la prima casa e giovani coppie, altri canali di finanzia-mento disponibili per progetti sperimentali di questa valenza, ricavo attraverso il “conto ener-gia”, utili da attività collegate al progetto (spazio ricreativo, soggiorni turismo sostenibile, accoglienza). Riconoscimenti e partecipazioniIl Progetto ha ottenuto il Patrocinio del Comune di Forlì negli assessorati al Decentramento e Partecipazione, al Welfare, all’Urbanistica, all’Ambiente come progetto pilota di riferimento per inter-venti successivi, oltre che

“banco di prova” per valutare e monitorare i risultati attesi e le finalità del Comune in materia sociale, ambientale ed econo-mica.

“LeCASEfranche” ha rappresen-tato l’amministrazione forlivese al tavolo internazionale UE del SERN (Svezia-EmiliaRomagna Network) tenutosi a Boden (Svezia) a marzo 2010 per la forte sostenibilità ambientale rispetto soprattutto alle basse emissioni di CO

2.

“LeCASEfranche” fa parte della Rete Nazionale Cohousing costituita da associazioni e grup-pi formali e informali, spontanei e senza scopo di lucro, che si occupano di promozione e/o realizzazione di esperienze di cohousing a livello locale.Siamo in attesa del Patrocinio della Provincia di Forlì-Cesena.

Cosa leggere

Antonella SapioFamiglie, reti familiari e cohousingVerso nuovi stili del vivere, del convivere e dell’abitareFranco Angeli, 2010

Donatella Bramanti Le comunità di famiglie Cohousing e nuove forme di vita familiareFranco Angeli, 2009

Matthieu LietaertCohousing e Condomini Solidali + DVDGuida pratica alle nuove forme di vicinato e vita in comune con allegato il documentario “Vivere in cohousing”Aam Terra Nuova Edizioni, 2008

Cercalo su:www.macrolibrarsi.it

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Trivelle d’Italia Negli ultimi anni sempre più compagnie petrolifere chiedono i permessi per poter sondare il nostro territorio alla ricerca di petrolio, ma i rischi sono molto più dei benefici

Romina Rossi

Recentemente in Italia è parti-ta la caccia all’oro nero. Sotto ai nostri piedi ci sarebbero almeno cento milioni di ton-nellate di greggio da estrarre. Per questo le compagnie ita-liane e straniere stanno facen-do richieste pressanti per ini-ziare gli scavi. A rischio trivella ci sono il parco del Curone in Brianza, le isole Tremiti, la bassa padana, la costa dalle Marche alla Puglia, il mare di Cagliari e di Oristano, l’area tra le Egadi e Pantelleria e il mare a sud dell’Elba

Con il disastro veri-ficatosi al largo delle coste della Louisiana, il 20 aprile 2010, dove

il pozzo scavato a 1500 metri di profondità ha sversato in mare milioni di galloni di greggio con conseguenze disastrose per tutto l’ecosistema della zona del Golfo del Messico, si è discusso molto sulle procedure delle tri-vellazioni off shore, sui rischi che comportano perforazioni in punti non troppo lontani dalle coste e a profondità troppo elevate. Da un’inchiesta fatta da Bruxelles, per stabilire lo stato delle attuali

condizioni di perforazione nel Mediterraneo, è emerso un dato sorprendente: l’Italia è al terzo posto per piattaforme attive, con 123 unità1. Il nostro Paese è supe-rato solo dal Regno Unito, con 486 piattaforme e dall’Olanda che ne conta 181.Un’altra indagine di Legambiente mette in evidenza che nel Belpaese attualmente vi sono 12 raffinerie, 14 grandi porti petroli-feri e 9 piattaforme di estrazione off-shore, che movimentano complessivamente 343 tonnellate di prodotti petroliferi. A questi vanno aggiunte le quantità di petrolio e affini stoccati in 482

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Rifiuto riuso riciclo

depositi collocati vicino al mare, che hanno una capacità di quasi 18 milioni di metri cubi. I numeri non si concludono qui, perché va ricordato che in tutta Italia esi-stono oltre 76 pozzi e altre zone sono a forte rischio trivelle. Nel 2010 sono stati infatti rilasciati 95 permessi di ricerche di idrocarbu-ri, di cui 24 a mare che interessa-no un’area di circa 11 mila kmq.

Gran parte degli impianti esistenti è gestita da Eni, seguita a ruota da Edison e da altre società mino-ri, come Adriatica Idrocarburi o Ionica Gas. E la loro dislocazio-ne va dall’Emilia Romagna alla Puglia, passando per l’Abruzzo, fino alla Sardegna, con punte nel Mar Ionio e in Sicilia (dove si trovano le principali piattaforme in mare, alcune delle quali molto vicine alla costa). E sarebbero in programma altri 16 siti di tipo mobile gestiti da società come Northen Petroleum, Petroceltic e Puma.

La valle dell’AgipIl giacimento petrolifero nella Val d’Agri in Basilicata è quello più importante sulla terraferma dell’Europa continentale oltre al più vecchio d’Italia, costruito fra il 1936 e il 1945. Di proprietà dell’Eni, si stima che il potenzia-le del giacimento di idrocarburi si aggiri sui 90 milioni di barili,

che rappresenta da solo l’80% del petrolio italiano (che però è pari al 5% del fabbisogno nazio-nale). Sono cifre, queste, che la Basilicata paga a caro prezzo: oltre il 70% della regione (che ha una superficie di appena 9992 km2) è interessato da permessi di ricerca e concessioni. 55 pozzi, 22 concessioni di coltivazione petrolifera, 10 permessi di ricer-

che e 720 chilometri di oleodotti sotterranei, rendono la Val d’Agri il principale impianto italiano. Sconcertante è che almeno 15 pozzi si trovano all’interno di aree protette come il Parco del Pollino e il Parco Appennino Lucano, ric-chi di sorgenti e boschi ma anche fortemente instabili; quasi tutti invece sono in prossimità di centri abitati. Solo nell’ottobre scorso si è riusciti a impedire che il nuovo pozzo dell’Eni fosse costruito a soli 700 metri da un ospedale cittadino e a 200 dal centro cit-tadino di Raia. Chi difende la costruzione di nuovi pozzi adduce la necessità di far entrare fondi, derivati da royalties dirette ver-sate dall’Eni, che ammontano a circa 1 milione di euro nell’arco di 30 anni (cioè 6 euro a persona l’anno; 200 euro ad abitante in 30 anni). Una ricchezza molto esigua che costringe il 38% della popolazione a emigrare in cerca di lavoro.

La Basilicata come il Texas e il Kuwait, si dice da più parti, ma con una grossa differenza, lo scenario: aridi deserti da una parte, seppur con un loro pre-zioso ecosistema, terre e falde acquifere inquinate dall’attività estrattiva dall’altra. Già dal 2008 è stato messo in evidenza che nelle acque della sorgente Acqua dell’Abete, nella Val Camastra, è costante la presenza di rifiuti terrosi e rocce di scavo contenenti sostanze pericolose, mentre nella diga di Pertusillo, che fornisce acqua potabile alla Puglia, la concentrazione di bario è tre volte superiore ai limiti previsti dalla legge. Gli effetti negativi delle estrazioni sono evidenti, e a farne le spese sono le numerose piccole aziende agricole, costrette a chiudere, a causa della scarsa appetibilità dei prodotti agricoli. Senza contare poi i danni al ter-ritorio: gli scavi, che nelle vallate lucane raggiungono quota 3-4.000 metri, fanno tremare il suolo per le continue scosse causate dalle trivellazioni. Le conseguenze sulla popolazione sono altrettanto pesanti: l’inci-denza di leucemia mieloide non ereditaria, che ha tra le cause anche l’esposizione al benzene, in Val d’Agri è più alta di oltre il 10% rispetto al resto della regione. Questo dato da solo non è stato sufficiente a far scattare l’allarme per i danni sulla salu-te, visto che in Basilicata fino al novembre scorso non esisteva una rete di monitoraggio ambientale nonostante le attività estrattive immettano nell’aria sostanze inquinanti come Ipa, Cov, benze-ne e idrogeno solforato (un gas incolore altamente infiammabile) il cui limite massimo di rilascio è fissato dall’Organizzazione mon-diale per la Sanità a 0,005 parti

Già dal 2008 è stato messo in evi-denza che nelle acque della sorgente Acqua dell’Abete, nella Val Camastra,

è costante la presenza di rifiuti terrosi e rocce di scavo contenenti

sostanze pericolose

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Consapevole 59

Rifiuto riuso riciclo

per milione, mentre in Italia è di 5 ppm per l’emissione non legata ai pozzi e 30 ppm per l’estrazione petrolifera. Il progetto di sorve-glianza sanitaria delle popolazioni che abitano nelle zone di estra-zione mira a raccogliere informa-zioni cliniche ed epidemiologiche, al fine di conoscere le patologie e i rischi per la salute nei comuni interessati.

Acque poco chiareSecondo uno studio del Norwegian Institute of Marine Research, l’Adriatico risulta il mare più inquinato al mondo per idrocarburi, per il 10% causato da piattaforme estrattive. Si tratta di fluidi e fanghi generati dalle trivellazioni e dagli scarti degli idrocarburi estratti e lavorati, che nel loro insieme risultano essere letali per la fauna marina e l’inte-ro ecosistema. Al danno concla-mato causato giornalmente dalle attività estrattive (sversamento di fanghi tossici e scarti operativi) di ogni piattaforma petrolifera, si somma l’inquinamento provocato dal transito in mare di ogni tipo di natanti e, soprattutto, delle navi-cisterna che trasportano gli idrocarburi. Anche le indagini sui fondali hanno un significativo impatto sull’ambiente: gli stru-

menti utilizzati, chiamati air gun - perché sparano potenti getti d’aria - sono annoverati fra le forme riconosciute di inquinamento marino. Una prima diretta con-seguenza di tutto ciò è la dimi-nuzione delle catture del pescato dell’80% in un’area distante fino a 8 miglia dalla sorgente durante l’utilizzo degli air gun. Non aiuta che l’Adriatico sia un mare “chiuso” e poco profondo, inadatto a smaltire le sostanze inquinanti, già interessato da un forte riscaldamento delle acque, da fenomeni di inquinamento da scarichi industriali e civili apportati dalle aste fluviali che in esso confluiscono: il fiume Po, in particolare, convoglia in mare una quantità enorme di prodotti inquinanti. A peggiorare la situazione è il

fenomeno di subsidenza che si verifica in alcuni tratti della costa veneta, romagnola, marchigiana e abruzzese: il lento e progressivo abbassamento verticale del piano di terreno, che può essere indotto dalla minore presenza di fluidi interstiziali residui nel terreno causata, per l’appunto, dall’estra-zione di petrolio e gas.Intanto, nonostante gli allarmi e le comprovate controindicazioni, nel vicino Mediterraneo, la BP ha ottenuto il permesso di iniziare le trivellazioni al largo del golfo della Sirte proprio di fronte alla costa siciliana: sono in program-ma 5 pozzi su fondali profondi fino a 1700 metri di profondità, 200 metri più in profondità rispet-to al pozzo Macondo, scoppiato nel Golfo del Messico. Le pro-spettive non sono affatto rosee.

L’Adriatico risulta il mare più inquinato al mondo per idrocarburi, per il 10% causato da piattaforme estrattive.

Si tratta di fluidi e fanghi generati dalle trivellazioni e dagli scarti degli

idrocarburi estratti e lavorati, che nel loro insieme risultano essere letali per la

fauna marina e l’intero ecosistema

Il no d’Abruzzo

Il piccolo Abruzzo ha vinto nei mesi scorsi la battaglia contro il gigante britannico MedOli&Gas spa, che aveva in serbo la costruzione della piattaforma Ombrina Mare 2, a 6 chilometri dalla costa, che avrebbe coinvolto l’attività di ricerca, estrazione e stoccaggio di petrolio e idrocar-buri. Il Progetto avrebbe interessato il 50% del territorio abruzzese per oltre 24 anni a partire dal 2013, che nel lungo periodo avrebbe reso 3 miliardi di euro (ma appena il 10% sarebbe andato agli enti locali). In seguito al disastro verificatosi nel Golfo del Messico invece le autori-tà comunali hanno negato i permessi, ritenendo che il Progetto non fosse sicuro.Ancora in forse invece è il progetto sui pozzi a Bomba, nella valle del Sangre, dove la statunitense Forest Oil Corporation ha presentato il piano per sfruttare un giacimento di idro-carburi in una zona vicino a due siti di interesse comunitari, ai piedi di una fragile diga, e in un territorio geologicamente instabile e sismico nelle strette vicinanze del centro abitato, con la conseguenza di forti emissioni di sostanze inquinanti, dannose per la salute umana.

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60 Consapevole

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Consapevole 61

Biopiscine oggiÈ sorprendente osservare che strada hanno percorso le bio-pioscine dal tempo della loro comparsa 30 anni fa. Oggi espri-mono natura, sono un ambiente meraviglioso per piante e anima-li acquatici e sono la gioia per gli amanti della natura. In essi la natura è la protagonista, il nuoto è un aspetto secondario.I primi biolaghi (così chiamati perché erano riproduzioni di laghi naturali in miniatura) sono comparsi in Austria, come svi-luppo di laghetti ornamentali ed alcuni di loro esistono tuttora. Ben presto, la scintilla iniziale partita dall’Austria si è diffusa anche in Germania, Svizzera e man mano in tanti altri paesi europei. Sempre più persone si dedicano a questa innovazione e di conseguenza si sviluppa, si trasforma e assume sembianze sempre nuove, favorendo la stimolazione della fantasia di progettisti e costruttori che otti-mizzano la qualità dell’acqua e riducono il fabbisogno delle superfici nei giardini.

Ma come funziona una bio-piscina?Nelle biopiscine a bassa tecno-logia sono presenti microorga-nismi che filtrano e trasformano in continuazione le particelle sospese in acqua. Basti sapere che la popolazione di una bio-piscina o di un lago è capace di filtrare l’intero volume d’acqua, mediamente, da 2 a 5 volte nell’arco di una giornata per rendersi conto quali forze invi-sibili sono presenti in natura. La circolazione d’acqua funziona senza pompe, senza corrente ad impatto ambientale zero!Ovviamente anche le piante acquatiche svolgono un ruolo di

primo ordine nei biolaghi; peró, a differenza di ció che si pensa comunemente, queste hanno una funzione indiretta: le piante assorbono sostanze nutritive e producono ossigeno, due pro-cessi fondamentali per garantire

la stabilità del sistema e donarci acqua pulita. L’efficacia dei microrganismi batterici viene sfruttata nei fil-tri biologici, attraverso i quali viene convogliata l’acqua con l’ausilio di pompe. Questo sistema aumenta ulteriormente l´efficacia della filtrazione e viene perciò usato negli impianti ad utilizzo più intenso, come ad esempio negli alberghi o in piscine pubbliche.

Foto 1 : Un Whirlpool tutto biologico con acqua riscaldata al fuoco e fitodepurazione ,Carsten Schmidt

Foto 3 Hotel Stephanshof a Tirolo (BZ)

Foto 2 Cosí si presentano i microorganismi filtranti

Informazione pubblicitaria

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62 Consapevole

Fin dall’antichità i prodotti dell’alveare sono stati utilizzati in vari modi dall’uomo:

miele, cera, propoli e nettare sono stati ampiamente usati sia in cucina che in ambiti curativi (la descrizione delle proprietà del miele come alimento e farmaco è stata trovata su una tavoletta di argilla risalente al 2700 a.C. nell’area mesopota-mica). L’apiterapia o apipun-tura, cioè l’impiego di prodotti dell’alveare e delle api stesse, era largamente praticata, tanto che vi si trovano indicazioni anche nella Bibbia, nel Corano e nel Talmud. Una pratica che è arrivata fino a noi, che anche oggi facciamo largo uso dei prodotti dell’alveare per curare raffreddori, mal di gola, sintomi influenzali, per non parlare poi dell’uso della cera per creare oltre che candele anche prodotti di bellezza. Ma gli antichi conoscevano bene anche le proprietà curative di un altro prodotto delle api…

il veleno, molto efficace nella cura di disturbi articolari.

Curarsi con i prodotti dell’alveareAlimento a cui facciamo ricorso soprattutto quando abbiamo mal di gola e raffreddori stagionali, in realtà il Nettare degli Dei era per gli antichi Greci depositario di benefiche qualità medicinali, tanto da far parte della medicina tradizionale delle più antiche popolazioni del mondo. Egizi

e Sumeri ne conoscevano le proprietà cicatrizzanti: il miele contiene infatti sostanze quali l’apalbumina 1, che è un poten-te disinfettante naturale. La medicazione al miele è efficace

sulle ferite, spesso anche su quelle infette che non rispondono agli antibiotici. Molto utile all’uomo è anche la propoli che è un ottimo antin-fiammatorio e un antibiotico naturale; mentre pappa reale e polline sono alimenti preziosi con un importante effetto rivi-talizzante per lo stato generale dell’organismo (ottimo per sportivi, bambini, anziani e

convalescenti). Anche la cera è usata dall’uomo da millenni: già gli Egizi risalenti al 2100-2200 a.C., che ne conoscevano alla perfezione il processo di estra-zione, purificazione e di sbian-

La medicazione al miele è efficace sulle ferite, spesso anche su quelle infette che non rispondono agli antibiotici

Apiterapia: il veleno che cura Pratica molto nota agli antichi, l’apiterapia si sta diffondendo anche nel mondo moderno con risultati sorprendenti

La redazione

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Consapevole 63

Curarsi da sé

camen-to, la

utilizzava-no in creme

per proteggere la pelle dai raggi solari.

Ancora oggi è molto usata per preparati cosmetici e farmaceu-tici, oltre che nei prodotti per il restauro e la cura del legno e per la produzione di candele.

Veleno d’apiPratica ancora parecchio scono-sciuta in Italia, sebbene si dica che delle sue proprietà curative ne abbiano beneficiato anche Carlo Magno e Ivan il Terribile, l’apiterapia consiste nell’inie-zione sottocutanea del veleno delle api nella zona da trattare. Da oltre 100 anni l’apiterapia è annoverata fra le terapie rico-nosciute dallo Stato in Francia, Austria, Cecoslovacchia, Unione Sovietica; mentre a Cuba è dichiarata di interesse nazionale.I moderni studi sugli effetti del veleno d’api risalgono alla fine dell’Ottocento, ma è solo negli anni Trenta del Novecento che il

medico ungherese Beck arrivò a una profonda esplorazione degli aspetti dell’apiterapia e dei suoi effetti. Beck mise in evidenza come il veleno d’api funzionas-se nei casi di reumatismi, artrite, artrosi e dolori muscolari con le relative controindicazioni e con la necessità di effettuare dei test allergologici preventivi. Più recentemente, gli studi con-dotti dall’I.A.S. (International

Apitherapy Study) ha messo in evidenza che l’apiterapia si è dimostrata efficace su oltre 12.000 persone per trattare casi di artrite, tendiniti, emicrania, gotta, infiammazioni, sindromi premestruali, facendo riscontrare effetti benefici quasi immediati.Nel 1962 gli studi del dottor Broadman di New York, confluiti poi nel libro che ancora oggi è tenuto in grande considerazione,

“Il veleno dell’ape, trattamento naturale di reumatismi e artriti”, permisero di effettuare ulteriori passi in avanti nella pratica dell’apiterapia perché i suoi dati furono supportati da serie prove cliniche.Più recentemente, il dottor Artemov, dell’Università di Gorki in Russia, ha osservato come il veleno delle api manife-sti una spiccata azione antivirale e anticancerogena, e come la

dilatazione dei vasi capillari faccia abbassare la pressione arteriosa. Ma le patologie che possono trovare vantaggio da un trattamento con veleno d’api sono molteplici:•patologie reumatiche (artro-

si, artrite reumatoide, gotta, fibromialgia…);

•tendiniti;•neuropatologie periferiche;•nefrite;

Avvertenza!

Un individuo in buono stato di salute, non aller-gico o sensibile, può sop-portare normalmente da 1 a 5 punture contempora-neamente e nella stessa zona, senza avere parti-colari reazioni dolorose all’infuori di un forte bru-ciore, peraltro temporaneo, e un breve, ma fastidioso prurito. Una terapia a base di veleno d’api deve essere costantemente seguita da un medico, il quale controlla la sommi-nistrazione e consiglia di volta in volta la dose e la forma più idonea. È fon-damentale prima di sotto-porsi alla terapia verificare di non avere allergie alle punture delle api.

Pratica ancora parecchio sconosciuta in Italia, sebbene si dica che delle sue

proprietà curative ne abbiano beneficiato anche Carlo Magno e Ivan

il Terribile, l’apiterapia consiste nell’iniezione sottocutanea del veleno

delle api nella zona da trattare

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64 Consapevole

Curarsi da sé

•lombalgia, cervicalgia, scia-talgia;

•sclerosi multipla.

Una bufala, un mito, uno scherzo? No, perché gli studi condotti in Italia a tal proposito avvalorano la tesi della validità del veleno delle api: il dottor Franco Feraboli della Divisione di Ortopedia dell’Azien-da Ospedaliera di Cremona (l’uni-co in Italia che insieme al dottor

Federico Grosso di Milano, fa uso di questa pratica), ha messo in evidenza l’efficacia dell’api-terapia in patologie artrosiche e degenerative delle piccole e medie articolazioni soprattutto quando l’articolazione presenta i caratteri classici dell’infiammazione come il rossore, il dolore e la limitazio-ne funzionale.Non dobbiamo però pensare, sottolinea Feraboli, che il vele-no d’api vada considerato come una panacea per ogni tipo di malattia reumatica, ma piuttosto è da considerare un coadiuvante nel trattamento classico di que-ste patologie.

Dottore addio!Ma come funziona la terapia con il veleno? Non è ancora del tutto chiaro, si ipotizza però che esso agisca sulle terminazioni nervose riducendo la sensibilità al dolore e migliorando il qua-dro infiammatorio. Il veleno è

infatti composto principalmente da istamina (che provoca dolore locale, edema e aumento dell’af-flusso sanguigno e agisce anche come potente antinfiammatorio non solo a livello locale, ma anche a livello sistemico, prati-cando un effetto di stimolazione sul sistema immunitario), leci-tinasi (ha uno spiccato effetto emolitico distruggendo i globuli rossi ed altre cellule dei tessuti)

e ialuronidasi (che agisce come un fattore di diffusione del vele-no, sciogliendo l’acido ialuroni-co del tessuto connettivo). Ma a quale di tutti questi fattori sia da attribuire l’effetto curativo del veleno d’api resta un mistero. Quello che invece è certo è che generalmente la terapia si suddi-vide in cicli variabili che durano, di solito, dalle due alle otto set-timane con una frequenza di due sedute settimanali. Mentre in passato, l’ape veniva appoggiata sulla parte da curare fino a che non pungeva, oggi più semplice-mente il medico inietta il veleno estratto dall’ape.Si preferisce usare il veleno delle api giovani e ricche di veleno che non hanno più di tre settimane di vita, non portano nettare, propoli e acqua che mancherebbero allo sciame e alla sua sopravvivenza, si piaz-zano sullo scivolo d’ingresso dell’alveare e sono facilmente

rimpiazzabili dalle circa 2.000 uova che la regina depone nelle celle, giornalmente, dalla prima-vera all’autunno.Come e dove si punge? In gene-re si punge sulle zone dolenti utilizzando l’ape viva applicata più volte, con l’aiuto di una retina finissima per estrarre il pungiglione, oppure più api fino a un massimo di 30 punture. È bene praticare un intervallo di 5-7 giorni fra una serie di puntu-re e l’altra. La terapia è priva di effetti collaterali, ma può avere effetti tossici e letali (per ucci-dere un uomo sono necessarie 600 punture, per un bambino di 10 anni ne bastano 90). Le dosi tossiche danno arresto cardiaco. Molto importante è anche il pre-liminare controllo del medico che dovrà accertare l’assenza di allergia del paziente al veleno, onde evitare il rischio di shock anafilattico.

Cosa leggere

Cristina MaterescuApiterapia. Come usarei prodotti dell’alveare per la saluteMIR Edizioni, 2008

Theodore Cherbuliez, Roch DomeregoCurarsi con tutti iprodotti delle Api. Le nuove scoperte nel campo dell’apiterapiaRed Edizioni, 2006

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Non dobbiamo però pensare che il veleno d’api vada considerato come una panacea per ogni tipo di malattia reumatica, ma piuttosto è da conside-

rare un coadiuvante nel trattamento classico di queste patologie

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Consapevole 65

C’è una cosa sola che dobbiamo fare per cam-biare e sal-

vare il mondo. Viene prima del risparmio delle risorse. Prima

delle energie rinnovabili e della raccolta differenziata. Prima del cibo locale e biologico. Prima della nascita in strutture extra ospedaliere e dell’allattamento al seno. Secondo la psicologa Giuliana Mieli – che per anni ha

lavorato in ospedale formando il personale sanitario e i futuri genitori rispetto all’affettività della donna in gravidanza e ai bisogni affettivi del bambino e che ha recentemente scritto un libro su questi temi (cfr. Il

A scuola di buone relazioni: per cambiare e salvare il mondo Intervista a Giuliana Mieli, psicologa

Marianna Gualazzi

Ecologia degli affetti

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66 Consapevole

Bambini e genitori

Sul retro della casa è ben visibile come nel progetto si sia sfruttata l’esistenza di una roccia alla quale appoggiare gran parte del peso della struttura.

bambino non è un elettrodo-mestico, Urra 2009) – prima di tutto questo la nostra società deve recuperare la centralità degli affetti. Non si tratta di un discorso di carattere psicologico, ma di un necessario ampliamen-to del termine “ecologico”, a comprendere quelle che sono le condizioni della sopravvivenza emotiva, e non solo fisica, della

nostra specie: non siamo solo un corpo che respira e che mangia, ma abbiamo bisogno, necessità, di buone relazioni. L’infelicità e la malattia dilaganti sono il segno della negazione dei bisogni affettivi compiuta dalla società occidentale: se non riu-sciamo a comprendere e spezza-re questo circolo vizioso, siamo destinati a perire…

Partiamo dalla gravidanza. Mi sembra che spesso una donna in gravidanza si trovi a impersonare uno stereoti-po – quello della futura madre felicissima e placida sempre intenta ad accarezzarsi il pan-cione – e che tutto quello che rientra nella sfera del dubbio, del malessere, della paura sia come “oscurato”: non se ne parla. Perché passa solo il messaggio di questa gravidan-za “infiocchettata”, color rosa confetto?Quello che dice è profondamente vero. Ma è anche molto più com-plicato di così: o passa una visio-ne della gravidanza – e soprattut-to del parto – molto angosciante e spaventosa, oppure tutto è roseo e perfetto: ci sono degli estremi. Quello che manca è la consape-volezza profonda che la vita è un susseguirsi di emozioni che non sono mai costanti e gli eventi della vita non sono mai perfetti, perché se così fosse sarebbero anche estremamente noiosi. La gravidanza, il parto, la mater-nità sono eventi emotivamente molto gratificanti, ma portano inevitabilmente con sé anche delle difficoltà. Non c’è nulla di gratuito nella vita. Questa propa-ganda edulcorata della maternità finisce per essere assolutamente controproducente. La gravidan-za e il parto sono eventi molto forti, radicali: la natura prepara questi eventi in maniera profon-da. La gravidanza – dal punto di vista psicologico – contiene in sé un’ambivalenza: anche la donna più convinta e motivata nell’avere figli ha i suoi momen-ti di dubbio e si domanda se è il momento giusto, se ha fatto bene, se ce la farà, se è adeguata. Non si torna più indietro: è il passag-

Chi ci insegna cosa vuol dire diventare adulto in termini emotivi? Nella nostra società diventi adulto perché prendi la

patente, guidi la macchina, vai a lavorare…

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Consapevole 67

Bambini e genitori

gio della vita che ti trasforma da figlia a madre. C’è anche il senso dello scorrere del tempo, di un tempo passato che non tornerà più. Una volta questi pas-saggi venivano ritualizzati, ora dobbiamo riconoscerli e dirne la loro ineliminabile difficoltà: dobbiamo accettarla e parlarne, non appiccicare un’etichetta di depressione al primo segnale di turbamento.

A proposito di depressione post partum, mi sembra stia diventando una tappa obbliga-ta. Si dà come per scontato che a tutte le neo mamme debba venire la depressione post par-tum… È così: il fatto che nella donna in maternità ci sia un’ombra di insicurezza è immediatamente trasformato in un problema psichiatrico. Nel discorso sulla depressione post partum due fatti importanti non vengono mai detti: il cambiamento totale che occorre nella tua vita quando arriva un neonato rispetto a dei ritmi di lavoro a cui siamo abi-tuati, e un’abitudine a vivere la nostra crescita solo in termini di aumento di professionalità nel lavoro. Chi ci insegna cosa vuol dire diventare adulto in termini emotivi? Nella nostra società diventi adulto perché prendi la patente, guidi la macchina, vai all’università e vai a lavorare. Diventando genitori, ti trovi improvvisamente di fronte ad un mondo – quello degli affetti del bambino – che non conosci per-ché nessuno ti ha insegnato nien-te. Barry Brazelton – un grande pediatra americano – propone di inserire la materia “affettività” e “educazione all’affettività” nei programmi scolastici, accanto

alla matematica e alla letteratu-ra. Perché dobbiamo esser così ignorati su una cosa che ci tocca così da vicino? Neppure ai corsi pre-parto fanno cenno di quelli che sono i bisogni affettivi primari di un neonato. E anche quando si parla di parto naturale – e io sono pro-fondamente a favore del parto naturale – si dovrebbe sempre

sottolineare che la naturalità del parto va preservata anche e soprattutto perché è da quel processo delicato e complesso che la natura ha messo a punto, che inizia la costruzione di un legame affettivo sano, fruttuoso e maturo tra mamma e bambino. Sono gli ormoni del parto natu-rale – quegli ormoni innescati dall’alternanza ritmica della con-trazione dolorosa e della pausa di rilassamento – che danno il giusto accordo iniziale per que-sto incontro: quel modo di nasce-re serve a ispirarti per quello che deve essere il rapporto con il bambino anche dopo la nascita.

Perché invece le donne hanno sempre più paura del dolore del parto? Io penso che il più grande e potente analgesico per il parto sia capire che cos’è un parto da un punto di vista emotivo: la natura ha previsto questo distac-co lento e graduale, e il dolore è il segno di una ferita che la madre deve saper tollerare per-

ché deve rinunciare al possesso totale del bambino altrimenti lo ucciderebbe. Questo vale non soltanto nel momento del parto, ma nella vita: abbiamo dei geni-tori che non lasciano crescere i figli. Nel dolore del parto c’è scritto a caratteri di fuoco che il figlio è tuo, ma tu non lo puoi tenere, lo devi spingere fuori, lo devi lasciare andare – così come

un domani dovrai lasciarlo alla sua vita, alla sua strada ed essere contento del tempo e del percor-so che ha fatto con te. Si tratta di passaggi fortissimi a livello emotivo, molto potenti: voglia-mo continuare a viverli sotto anestetico?

Il profondo cambiamento, ineludibile e ineluttabile, che avviene nella donna in gra-vidanza e in maternità viene negato nella nostra società. Tutto deve tornare al più presto come prima: subito in forma dopo il parto, subito a lavorare… C’è una forte pres-sione sociale a fare un figlio, ma un’altrettanto forte pres-sione che ti incita a liberarti del bambino appena l’hai messo al mondo, in nome di quell’indipendenza – tua e sua – che sembra essere un dictat imprescindibile dell’es-sere umano contemporaneo. Penso che questo provochi una sofferenza atroce sia nelle mamme che nei bambini.

C’è un’ignoranza dilagante rispetto a quelli che sono i bisogni affettivi della

vita dell’uomo

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Questa separazione precoce che conseguenze ha? Ritengo che un anno a casa pagata con il bambino sia la soluzione da adottare in qual-siasi Paese si ritenga moderno e avanzato: è un investimento che va fatto per il benessere emotivo delle future genera-zioni. Dopo l’anno il bambino può anche essere inserito al nido, ma anche qui il legislatore dovrebbe imporre la possibilità di avere dei part time garantiti in modo che il rientro al lavoro sia graduale e il bambino abbia modo di capire che tu ci sei anche quando vai via. Mi chie-do: come si fa a fare delle leggi che governano la vita sociale ed economica delle persone senza

conoscere la natura dell’uomo? Ci stiamo giocando il futuro dell’umanità e la sofferenza psi-cologica dilagante e crescente ne è una prova più che tangibile. Quello che fa ammalare è l’ab-bandono precoce e la mancata emancipazione: questa società propone un abbandono precoce quando il bambino non è nelle condizioni di tollerare la separa-zione perché non ha i mezzi men-tali per tollerarla; poi – quando i ragazzi diventano adulti – non c’è lavoro, non c’è per loro la possibi-lità di avere case a prezzi ragione-vole e di formarsi una famiglia nel momento in cui questo deve avve-nire. Quando devono crescere non li si lascia crescere, mentre quan-do sono piccoli vengono spinti verso un’indipendenza precoce che impedisce loro il formarsi di una base affettiva sicura.

A quante neo mamme è stato detto da amici, parenti e anche operatori: “non prenderlo in braccio che lo vizi”: perché?

Un bambino ha bisogno di poche cose fondamentali che gli vanno garantite:

sentirsi amato e poter esplorare la realtà

Senza donne

Sul tema della durata dei congedi di maternità in Italia e nel resto d’Europa e in generale per un’analisi della condizione delle donne nel nostro Paese, vi invito a vedere (o rivedere) l’interes-santissima inchiesta realizza-ta dal programma televisivo Presa Diretta, ideato e con-dotto da Riccardo Iacona. Il documentario Senza Donne è andato in onda lo scorso 26 settembre 2010 alle 21,00 su Rai Tre e può essere rivisto sul sito della trasmissione: www.presadiretta.rai.it.

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Consapevole 69

Perché c’è un’ignoranza dila-gante rispetto a quelli che sono i bisogni affettivi della vita dell’uomo e su questo punto trovo che ci sia una grande responsabilità da parte della comunità degli psicologi. Prima che il bambino si percepisca come un qualcosa a sé rispetto alla madre ci vogliono tre mesi: prima egli crede di essere anco-ra nella pancia della mamma. Questo noi lo sappiamo, gli psicologi lo sanno, ma non viene divulgato come dovrebbe: rima-ne un’informazione che circola nelle conventicole degli psicolo-gi. Questi temi vanno divulgati ed è quello che ho cercato di fare con il mio libro, con il lavo-ro decennale che ho svolto in ospedale nel reparto maternità e che svolgo ancor oggi formando gli operatori e i futuri genito-ri. Manca la conoscenza della fisiologia degli affetti, di come gli affetti hanno bisogno di un ambiente adeguato per crescere: non basta crescere fisicamente se tu non hai un ambiente intor-no a te adeguato, che ti faccia maturare lentamente e gradual-mente. Ecco il modello, distacco lento e graduale: un po’ fuori e un po’ dentro, un po’ avanti e un po’ indietro. Se un figlio non è seguito in questo modo non matura e non diventa adulto.

Mi sembra che oggi sia sempre più difficile per i giovani essere genitori, fare proprio questo ruolo: si vedono giovani fami-glie in preda ai figli, incapaci di guidarli. Quali potrebbero essere i suoi consigli a questo proposito?Io penso che questa difficoltà sia data dal fatto che nessuno spiega alle giovani generazioni che cosa sia un bambino. Un bambino ha

bisogno di poche cose fonda-mentali che gli vanno garantite: sentirsi amato e poter esplorare la realtà. Il bambino deve sentire la sicurezza della contiguità con una figura affettiva di riferimen-to: uno stare vicino, uno stare insieme senza ansia. Se il bambi-no sente questo è tranquillo. Però il bambino è anche un’esplosione di energia e gli devono essere forniti i mezzi e gli strumenti per conoscere ed esplorare il mondo, dandogli però dei limiti. Il bambino ha anche bisogno di essere conte-nuto, non gli si può lasciare fare quello che vuole. Il contenimen-to non deve essere autoritario, ma autorevole. Per esempio: nell’età in cui è possibile inizia-re a guardare la televisione si guarda solo ciò che viene deciso insieme in base alla sua utilità; a un orario stabilito si va a letto, si condividono i pasti a tavola, eccetera. Non si tratta di regole, si tratta di cose da fare insieme, di cui godere insieme, in modo che il bambino trascorra la gior-nata scandita da avvenimenti che condivide con la mamma, il papà, la nonna, gli amici e che hanno una loro logica e un’orga-nizzazione a favore della salute del bambino. Inoltre il bambino ha bisogno di essere ascoltato e di ricevere una risposta coerente alle sue manifestazioni emotive: l’adulto risponde con le sue emo-zioni alle emozioni del bambino. Nelle modalità di questa risposta il bambino impara come l’altro

risponde alle emozioni che lui ha provato e questo è fondamentale per la sua crescita. Quando un bambino si trova a vivere in que-ste condizioni è a posto: non ha bisogno di nient’altro.

Bambini e genitori

Laureata in filosofia teorica in psicologia clinica, dopo aver lavorato negli anni Settanta presso i primi centri di salute mentale sul territorio, è stata consulente nel reparto Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale S. Gerardo di Monza.

Abbiamo intervistato Giuliana Mieli

Per approfondire

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Giuliana MieliIl Bambino non è un elettrodome-sticoGli affetti che contanoper crescere, curare, educareUrra, 2009

Siamo una società che ignora e trascura gli affetti. A partire da questa constatazione l’autrice descrive le tappe della maturazione affettiva dell’individuo e propone una riflessione sull’origine di una disattenzione filosofica e scientifica che può avere conseguenze gravi per il futuro della nostra società. La risposta ai bisogni affettivi di base è infatti una condizione biologica ineludibile per la sopravvivenza della specie: l’averlo trascurato si riflette non solo nella sofferenza psichica dilagante, ma anche nelle difficoltà che sempre di più accom-pagnano la maternità. L’affettività è il solo e fondamentale valore che dobbiamo recuperare e spendere per salvare e cambiare il mondo.

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70 Consapevole

Fertilità, amore e saggezza in ecovillaggio A due passi dal paese istriano di Bale, in Croazia, spiritualità ed ecologia si incontrano

We are all one. Siamo tutti figli della stessa madre terra, diverse

e peculiari emanazioni della stessa energia vitale. E per trovare l’equilibrio ognuno di noi dovrebbe ricercare l’armo-nia tra la propria immateriale coscienza e la materialissima terra. Spiritualità ed ecologia sono inseparabili, due strade da percorrere, entrambe, per dar un senso (positivo) alla propria vita. E per imboccarle si può partire dall’eko art centar Eia situato in Croazia a pochi chilo-metri da Bale (Valle in italiano), paese che si affaccia sulla costa occidentale dell’Istria: pulita, selvaggia, originale e per questo tanto, tanto bella.Anima fondatrice dell’ecovil-laggio è Igor Drandić, due occhi ben aperti che sorridono tra le rughe: quiete è il primo aggetti-vo che viene in mente a tentarlo di descrivere. Dopo aver viag-giato e vagabondato tra terre tanto diverse e lontane, dopo

esser stato affascinato dal Tibet e aver eletto la Sardegna più sconosciuta a sua seconda casa, Igor è tornato alle sue origini e, sette anni fa, ha creato il primo ecovillaggio croato, su un terre-no dove un tempo suo nonno vi coltivava le viti. Segno di buon auspicio, la scelta del nome:

Eia infatti è un’antica divinità istriana, dea della fertilità ma anche dell’amore e della sag-gezza. Tutte doti necessarie per raggiungere il famoso equilibrio, meta e scopo ultimo di una vita alla ricerca della pace interiore.

Che qui non si trova soltanto nel silenzio della solitudine, ma soprattutto nella gioia convi-viale della comunità: punto di forza, assieme alla natura che a Bale regna incontrastata, è infat-ti il calore umano, tenuto ben vivo dalle persone che vengono a cercare, e a portare, pace.

Lavorare per riposarsiChi arriva per visitare questo centro ecologico e artistico vi può soggiornare come fosse una sorta di campeggio: può sistemare la propria tenda o utilizzare una tenda o una rou-

Spesso chi viene qui per “riposare” scopre che è molto più riposante “lavo-rare”: gli ospiti si rimboccano le mani e si mettono a tagliare legna, impastare fango e paglia, dar da mangiare agli

animali, raccogliere i frutti dell’orto per poi godere in compagnia di un buon

pasto davanti a un falò

Chiara Meriani

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lotte messa a disposizione degli ospiti; può anche sistemarsi in una deliziosa casetta dall’anima di paglia e fango, in un rifugio di legno incastonato nel bosco o magari in una piccola capan-na su un albero. Può godersi l’atmosfera rilassata, il contatto con la natura, imparare guar-dando o seguendo varie attività proposte. Può farsi una vacanza all’insegna del relax. Ma, ci racconta Igor, spesso chi viene qui per “riposare” scopre che è molto più riposante “lavorare”: e allora, dopo qualche giorno di ambientamento, gli ospiti si rimboccano le mani e si metto-no a tagliare legna, impastare fango e paglia, dar da mangiare agli animali, raccogliere i frutti dell’orto per poi godere in com-pagnia di un buon pasto – bio, a km zero, vegetariano e magari vegano – davanti a un falò. Il modo migliore per sentirsi

realizzati è fare, e facendo si impara molto: dalla costruzio-ne di casette ecologiche fai-da-te al bio-giardinaggio; dal composting all’utilizzo delle piante medicinali; dall’uso dell’energia pulita alla rac-colta di acqua potabile; dalla creazione di oggetti in argilla alla permacultura. Soprattutto quest’ultima trova attenzione all’eko centar, dove ormai da anni si svolgono corsi di per-macultura, sia con appunta-menti ripetuti settimanalmente durante tutto il corso dell’an-no che con workshop di alcuni giorni, tenuti da guru come lo sloveno Janez Božić, l’italiano Dario Cortese padre della “permacultura selvaggia” e soprattutto l’austriaco Sepp Holzer, fondatore dell’“agri-coltura permanente” e autore del libro Der Agrar–Rebell (L’agricoltore ribelle) per il

Eia, dea istriana della fertilitàRaffigura una donna partoriente: l’antica scultura è stata ritrovata nel sito archeologico di Nesazio. L’epica difesa dell’indipendenza istriana, nel 177 a.C., cantata nel XVI libro degli Annali di Ennio e nel Bellum Histricum di Ostio, di cui rimane il racconto di Livio, ebbe qui il suo epilogo con il sacrificio di Epulone e della sua corte. Nesazio, distrutta dai Romani prima e dai Longobardi poi, era l’unico insediamento istriano che aveva tutte le caratteristiche di una città già ai tempi della preistoria. Eia, la dea istriana della fertilità, dell’amore e della saggezza, veniva venerata dalle genti che in antichità popolavano l’insediamento insieme a Trita, Melesoco, Sentona e Histria Terra.

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72 Consapevole

Eco Viaggi

quale l’Eia ha in esclusiva la vendita del testo croato.Il centro si occupa anche di avvicinare i bambini alla natura con il progetto Eco education for young people – for bet-ter world per il quale l’Eia ha ottenuto il patrocinio del Segretariato della Scienza, Educazione e Sport della Croazia. Sono molti gli asili e le scuole che portano qui i propri bambini e ragazzi per visite in giornata, partecipare a corsi di

“scuola nella natura” o campi estivi.E per chiunque voglia ritrovare se stesso, l’Eia offre workshop

“spirituali”: corsi dai nomi affa-scinanti come La scuola della felicità (Skola Srece), La vita in equilibrio, Intuizione e spon-taneità, Meditazione nel Bosco Magico, L’esperienza della sweat lodge o capanna sudato-ria… che danno spazio a rilas-samento profondo, trance dance, reiki, tai chi, yoga, rebirthing, terapia del sorriso, tradizioni indiane, giochi di relazione alla scoperta del mondo maschio-femmina e alla ricerca di una comunione con il vero sé. E, naturalmente, cibo sano! Non mancano poi gli incontri dedicati alla musica ancestrale,

dove si impara a far vibrare la voce (e l’anima) al ritmo dei tamburi sciamanici. E i corsi di foto-grafia creativa: di professione, infatti,

Igor ha fatto il fotografo. Niente a che vedere con foto da studio o reportage giornalistici: le sue sono immagini visionarie o atti-mi immobili di una realtà eterna, impregnata di emozioni che vanno ben oltre la foto-cartolina.

Andate a vedere la Galerija dell’Eia sul suo sito: capirete che cosa intendo dire!

“Mi piace insegnare quel che mi piace fare” racconta Igor (che tra le altre lingue parla anche l’italiano, o dialetto istriano per meglio dire). Poi sorride e aggiunge: “Ma non ho ancora il diploma di illuminato. Tutto quel che insegno agli altri, cerco di impararlo anch’io. Ogni gior-no”. Ecco la saggezza dell’Eia.

Prossimi appuntamenti all’EiaUna volta alla settimana si tiene regolarmente il corso di permacultura.Ogni mercoledì dalle 18 alle 20 si svolgono gli incontri del ciclo

“La vita in Equilibrio”. L’entrata è libera, ma sono gradite delle offerte: magari cibo per gli animali della fattoria!Per informazioni aggiornate e per saperne di più, potete contattare Igor Drandić oppure visitare le pagine su facebook (Igor Drandić e Eko-art centar EIA).

Info & contattiIgor Drandićcell. +385 (0) 98 9160650tel. +385 (0) 52 [email protected]

Raggiungere l’Eko art centar EiaUdruga za ekologiju i kulturu EiaAssociation for Ecology and Culture Eia 52211 Bale – CroaziaL’Eia si trova nel comune di Bale a 3 km dal paese (e a 10 km dal mare). Nascosta sulla strada che porta da Pola verso Rovigno, Bale si raggiunge facilmente in autostrada. Dista 12 km da Rovigno, una delle più belle città della Croazia, e 18 km da Pola: città principale della Regione Istriana, centro amministrativo dell’Istria sin dal periodo romano, del quale preserva ben intatta l’Arena, famosa in tutto il mondo.

Sono molti gli asili e le scuole che portano qui i propri bambini e ragazzi

per visite in giornata, partecipare a corsi di “scuola nella natura”

o a campi estivi

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Cosa leggere ...Tolstoj contemporaneo

1910-2010: nel primo centenario della morte dello scrittore russo ricordiamo la forza,la radicalità e l’attualità del suo pensiero politico esociale Il 7 novembre 1910 moriva il grande scrittore russo Lev N. Tolstoj. In occasione del cente-nario della morte, Tolstoj è stato ricordato e celebrato esclusi-vamente per quelle che sono le sue innegabilmente magnifiche opere letterarie. Ma il Tolstoj della svolta etica, quello della crisi interiore dei cinquant’anni che lo ha spinto a dichiarare che tutto quello che aveva scritto prima (i suoi capolavori letterari) erano

“sciocchezze” (Diari, 6 dicem-bre 1908) e che solo l’impegno spirituale, etico e sociale in cui si stava immergendo gli dava un senso per giustificare l’esi-stenza, non viene mai citato. Eppure fu una crisi che lo spinse quasi sull’orlo del suicidio e dalla quale uscì solo leggendo il Vangelo, prima traccia spirituale

che allargò poi ad altri autori orientali come il taoista Lao tze, Confucio o il Buddha.

Tolstoj, Gandhi e la nonvio-lenzaIl neo-Tolstoj politico-religioso scrisse qualcosa come più di duecento saggi sui temi più disparati dell’impegno politico, religioso e sociale: nonviolenza, antimilitarismo, povertà delle classi meno abbienti, alfabetiz-zazione per tutti, boicottaggio dello stato e delle chiese, nobiltà

dell’agricoltura, difesa della natura, libertà dell’essere umano, vegetarianesimo, abolizione della caccia ecc.Una visione a trecentosessanta gradi che si è rivelata nei decen-ni successivi davvero profetica e che ha incantato già al suo tempo personaggi come M.K. Gandhi che fecero dei principi di rispetto della vita tolstojani un percorso interiore e politico dalle conseguenze inimmagina-bili. Influenze che portarono ad esempio un paese come l’India a liberarsi dal dominio inglese proprio attraverso la pratica della nonviolenza di tolstojana memoria. Il principio del Vangelo che più di ogni altro aveva colpito Tolstoj durante la sua crisi fu proprio quello che sosteneva la necessità di amare il proprio nemico. Secondo lo scrittore russo, questo concetto rompeva con tutta la precedente tradizio-ne filosofica e spirituale e costi-tuiva un’effettiva e travolgente novità. Da questa realizzazione, scaturì il noto testo Il Regno di Dio è in voi e da quello la dottrina della nonviolenza che

A cura di Valerio Pignatta – Amici di Tolstoi

Amici di Tolstoi“Gli Amici di Tolstoi” è un gruppo di ricerca nato nel 1990 con lo scopo di far conoscere la personalità e l’opera di Tolstoj nella sua interezza, con riguardo quindi anche alle sue doti di grande ricercatore di verità ed eccellente divulgatore di messaggi di pace, giustizia e amore.Approfondimenti online:http://digilander.libero.it/AmiciTolstoi/http://www.liberospirito.org

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Gandhi elaborò e fece sua, pro-prio attraverso la lettura di quel libro.

Un pensatore scomodoTolstoj fece in vecchiaia un inu-sitato percorso di radicalizzazio-ne ideologica che attraverso il Vangelo lo portò ad avvicinarsi alle posizioni politiche e sociali dell’allora nascente movimento socialista e anarchico: con i suoi esponenti, Tolstoj intrattenne numerose corrispondenze e scambi di vedute. Tolstoj ritene-va che il socialismo rivoluzio-nario facesse un grande errore nel contemplare la violenza come strumento di liberazione degli oppressi e pensava che i suoi esponenti in realtà non amassero il popolo perché ave-vano messo l’odio per i ricchi al posto dell’amore per i poveri. Lucidamente vaticinò che il socialismo, quando fosse giunto al potere, avrebbe represso ogni forma di libertà. Scomodo alle istituzioni e alla Chiesa ortodossa (da cui venne

scomunicato), ma anche al movi-mento libertario in generale che mal tollerava la sua religiosità nonostante condividesse con esso molti ideali, Tolstoj aprì la strada a riflessioni e comportamenti che oggi sono diventati parola d’ordine di numerosi movimenti ecologisti e della società civile. Le scelte personali: la chia-ve del cambiamentoTolstoj accusò di malvagità tutti i tipi di potere, istituzionali o religiosi che fossero. Condusse una critica serrata anche contro le cosiddette “democrazie” che inquadrò profeticamente per quello che sono: «Un cittadino di uno stato costituzionale è sem-pre comunque un servo, giacché immaginandosi di aver preso parte o poter prendere parte al proprio governo, obbedisce a ogni provvedimento del pote-re» (La fine del secolo [1905], in Amici di Tolstoi (a cura di), Tolstoi il profeta. Invito alla lettura degli scritti filosofico-religiosi, Il Segno dei Gabrielli,

S. Pietro in Cariano, 2000).La necessità di un cambiamento individuale immediato nel pro-prio stile di vita e nelle scelte personali ha quindi attualmente un valore inestimabile e lo stes-so scrittore russo ci conferma che non esiste altro percorso per un reale miglioramento indivi-duale e societario che quello che parte da se stessi, senza deleghe o attese di messia, guru e uomi-ni del destino di qualsivoglia tendenza.Di fronte agli attuali mutamenti ecologici in atto e alla distru-zione incombente del pianeta il messaggio tolstojano di auto-responsabilità ha una valenza di estrema attualità ed efficacia. Accogliamolo con entusiasmo e onestà interiore. Può sembrare azzardato e fuori moda, ma la dirittura morale, pur con tutte le sfumature soggettive che può giustamente avere, può dare un senso alla propria esistenza. Che di questi tempi non è poco.

Percorso di lettura

Tolstoj, Lev N., Il risveglio interiore. Scritti sull’uomo, la religione, la società, Incontri Editrice, Sassuolo, 2010 (tel. 0536/981390)Tolstoj, Lev N., Perché la gente si droga? E altri saggi su società, politica e religione, Mondadori, Milano, 2008Tolstoj, Lev N., Una rondine fa primavera. Scritti sula società senza governo con i giudizi degli anarchici italiani (1894-1910), (a cura di Piero Brunello), Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere, 2006Amici di Tolstoi (a cura di), Tolstoj e Marx. Oltre il marxismo verso la nonviolenza, Sankara, Roma, 2006Tolstoj, Lev N., Scritti politici. Per la liberazione nonviolenta dei popoli, Sankara, Roma, 2005Tolstoj, Lev N., Perché vivo? Riflessioni sullo scopo e il significato dell’esistenza, L’Epos, Palermo, 2004Tolstoj, Lev N., Sulla follia. Scritti sulla crisi del mondo moderno, Edizioni del Rosone, Foggia, 2003Amici di Tolstoi (a cura di), Tolstoi il profeta. Invito alla lettura degli scritti filosofico-religiosi, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro in Cariano, 2000Tolstoj, Lev N., La Vera Vita - Il denaro – Come leggere il Vangelo, A.I.I.-Manca Editore, Genova, 1991Tolstoj, Lev N., Tolstoi verde. Il primo gradino ed altri scritti, A.I.I.-Manca Editore, Genova, 1990Tolstoj, Lev N., Il Regno di Dio è in voi, Publiprint-A.I.I.-Manca, Trento-Genova, 1988Tolstoj, Lev N., Scritti eretici (a cura di Marco Bucciarelli), Edizioni La Baronata, Lugano, 1986

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Eventi, Corsi, FormazioneGennaio/ Marzo 2011

vEVENTI

27 / 30 gennaio Klimahouse

Bolzano

È la sesta fiera internazionale specia-lizzata per l’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia, nata dall’esi-genza sempre crescente di costruire in maniera sostenibile, risparmiando energia e così rispettando l’ambiente. Accanto alla classica manifesta-zione fieristica verrà organizzato un convegno internazionale, al quale parteciperanno noti relatori e che permetterà agli operatori del settore di aggiornarsi e ottenere informazioni utili.Per info e contatti: 0471 516000 [email protected]

1 / 3 marzoEcobuilding

Londra

Anche nel 2011 si terrà a Londra “Ecobuild”, la più grande manifesta-zione dedicata all’edilizia e al design sostenibili, alle energie rinnovabili e al settore delle costruzioni. L’evento, che si terrà nel centro espositivo Excel di Londra, nasce nel 2005 con soli 50 espositori e 1.500 visi-tatori; crescendo enormemente di anno in anno, raggiunge nel 2010 i 1.000 espositori con 41.000 visi-tatori, divenendo così la più grande e completa vetrina londinese sulle costruzioni ecosostenibili, con ampi spazi dedicati all’ingegneria inter-nazionale.Per info e contatti: http://www.ecobuilding.co.uk

25 / 27 marzoFa’ la cosa giusta!

MilanoGiunta alla settima edizione, la fiera organizzata da Terre di Mezzo, Fa’ la cosa giusta! è la mostra mercato che si propone di diffondere sul ter-ritorio nazionale le “buone pratiche” di consumo e produzione, dando vita a eventi in grado di comunicare i valori di riferimento dell’Economia Solidale e valorizzare le specificità e eccellenze del territorio, in rete e in sinergia con il tessuto istituzio-nale, associativo e imprenditoriale locale.Il tema principale dell’edizione di quest’anno, che come di consueto si svolge nel padiglione fieristico Milanocity, sarà Mangia come parli.Per info e contatti: 02 89409670 [email protected]

23 gennaio – 20 febbraio – 20 marzo

Laboratori di panificazione urbana

Presso il ristorante Necci, in zona Pigneto (RM) si tengono labora-tori per imparare a fare il pane a lievitazione naturale. l’associazio-ne Casa del Cibo insegnerà ai partecipanti questa antica tecnica, per ottenere un pane ricco di vita-mine e fermenti lattici, biologico, fragrante, leggero (tanto che può essere perfino tollerato dai celiaci) ed economico. Per informazioni: 3493922564; prenotazioni: 3391085351.

19 – 26 febbraioCorso di costruzione naturale

con la terra

Nell’ecovillaggio Gaia, a Navarro, distante un centinaio di chilometri da Buenos Aires, l’istituto argen-tino di permacultura organizza un corso intensivo per imparare la tec-nica della costruzione in terra, “il Natural Building” sulla base della lunga esperienza maturata nell’eco-villaggio stesso. Questo rivoluziona-rio metodo di costruzione naturale

– emerso in risposta alla crescente preoccupazione per la crisi ambien-tale – offre una valida alternativa sostenibile, il massimo isolamento termico uniti a creatività e design altamente estetici. Per ulteriori infor-mazioni contattare [email protected] oppure telefonare allo +54 2272 492072.

Da sabato 26 febbraio Apicoltura Pratica

La scuola di pratiche sostenibili di Milano, organizza un corso per imparare dalla A alla Z tutti i passi necessari per la buona conduzio-ne di un apiario con metodi bio-logici. Il corso, tenuto da Aristide Riccardi, esperto apicoltore, si svolge presso l’apiario dell’Azien-da Agricola “Terra e Acqua”, che ospita la scuola. La durata del corso è di 12 lezioni. Per informazioni: [email protected]

CORSI

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76 Consapevole

Mi chiamo Pietro, ho vissuto per molti anni in Svizzera, dove sono molto organizzati nella gestione dei rifiuti, soprattutto nella separazione. In Italia, vivo a Caltanissetta, la situazione è disgustosa: ogni giorno devo fare molta strada a piedi per la differenziata e per portare gli scarti di cucina negli appositi cassonetti. Se tutti facessero la raccolta differenziata, ogni anno ci sarebbero 1,5–2 tonnellate in meno di rifiuti da buttare nella spazzatura. Qualche tempo fa avevo scritto all’ARPA di Palermo per chiedere che l’azienda fornisse una compostiera, da sistemare in un paese presso il terreno di un amico. Poteva essere una buona occasione per invogliare molti a questo tipo di cultura. Ma dall’ARPA non ho ottenuto risposta. Potete darmi voi qualche consiglio in merito? Si possono realizzare dei progetti sovvenzionati dall’UE, in modo che il Comune possa mettere nelle vicinanze del paese una zona adibita a com-postiera dove tutte le persone possano avere un pezzetto di terreno da coltivare, poter fare il giar-dino con relativa compostiera? Questo permette-rebbe al Comune di risparmiare ogni anno centi-naia di tonnellate di rifiuti, risparmiando diverse migliaia di euro.Grazie, Pietro – Caltanissetta

Gentile Pietro, la sua domanda è più che attuale, visto quanto sta succedendo in molte parti d’Italia.La Sicilia è una regione a statuto speciale, cioè può decidere leggi extra rispetto a quelle nazio-nali, anche in merito alla gestione dei rifiuti.Le consiglio a questo proposito di fare riferimen-to al suo territorio di appartenenza, che dalla sua firma desumiamo sia la provincia di Caltanissetta, quindi le richieste e le indicazioni sono da richie-dere all’ARPA di Caltanissetta che ci risulta esse-re questa:Struttura Territoriale di CaltanissettaDipartimento Provinciale (DAP) Nominativo DAP Caltanissetta

Indirizzo Viale regione, 64 - 93100 - CaltanissettaTelefono 0934.506624Fax 0934.599134E-mail [email protected]

La gestione dei rifiuti è riferita a un piano pro-vinciale, ma la scelta delle metodologie in genere spetta al proprio Comune di appartenenza.Ha perfettamente ragione sulla modalità di smal-timento dell’organico, il Comune dovrebbe pro-muovere il compostaggio domestico, ma spesso questa sensibilità manca ai nostri amministratori. L’organico rappresenta oltre il 30% dei nostri rifiuti, quindi il suo corretto smaltimento è essen-ziale per ridurre il rifiuto totale da gestire. Le consigliamo, nell’attesa che i suoi amministra-tori acquisiscano consapevolezza, di iscriversi ad un’associazione ambientalista del suo territorio (sicuramente ne esisteranno) per fare sentire la sua voce, nonché di acquistare personalmente una compostiera illustrandone i vantaggi presso amici e conoscenti. Le segnaliamo questo corso di compostaggio rea-lizzato dal Prof. Federico Valerio, grande esperto in materia, il quale spiega come, chiunque possa sperimentare, fare il compostaggio domestico anche senza avere un terreno adeguato, semplice-mente sul balcone di casa. Ci tenga aggiornati! Corso di compostaggio domestico: http://federico-valerio.splinder.com/post/15597508.Buona fortuna!

Barbara Martini, presidente del MIZ (Movimento Impatto Zero, Forlì)

Botta e rispostaLa rubrica delle lettere

Per condividere con noi le vostre riflessioni,

per avere informazioni e consigli scriveteci a [email protected].

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Consapevole 77

v Cosa facciamoDa anni viviConsapevole porta avanti un progetto culturale importante. Autosufficienza, permacultura, decrescita, cultura della transizione, abitudine alle “buone pratiche”, risparmio energetico, riciclaggio dei rifiuti, bioarchitettura e bioedilizia, terapie naturali, genitorialità sono i nostri temi, le parole chiave che ci guidano nel lavoro quotidiano, la nostra inesauribile fonte di energia.L’approfondimento con cui trattiamo gli argomenti, la ricchezza delle informazioni, lo sguardo rivolto alle novità del panorama internazionale, il contatto diretto con i gruppi, le associazioni, i movimenti e le persone sono i punti di forza che ci contraddistin-guono dalle altre pubblicazioni periodiche di matrice ecologista presente nel panorama editoriale italiano.

v Il nostro pubblicoUn pubblico sempre più vasto si sta avvicinando ai temi della decresci-ta, dell’autosufficienza e della permacultura, temi che nell’immediato futuro conosceranno un notevole aumento d’interesse anche da parte delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni. I singoli individui sensibili al tema ecologico nel senso più ampio del termine; i gruppi come i GAS (gruppi di acquisto solidali) e i RES (reti di economia solidale); le associazioni impegnate nella diffusione di nuove forme di agricoltura (agricoltura sinergica, permacultura, biodinamica); le reti di diffusione della decrescita; i comuni virtuosi; le città in transizione; le imprese completamente rivolte allo sviluppo di economie rispettose dell’ambiente sono il pubblico cui vivi Consapevole si rivolge in manie-ra privilegiata.

Scegliendo Vivi Consapevole come partner per la tua pubblicità scegli una realtà vita-le, in grande espansione e in continuo miglioramento; un grande pubblico attento e ricettivo ad argomenti come la permacultura, l’autosufficienza e l’ecologia; appoggi e sostieni il nostro lavoro di divulgazione culturale.

Vivi Consapevole si presenta: ecco la nostra carta d’identità!Vivi Consapevole è una rivista trimestrale a colori e illustrata, edita dal Gruppo Edi-toriale Macro, casa editrice presente sul mercato dal 1987 e oggi leader in Italia nei settori delle terapie alternative, dell’alimentazione naturale e nel body mind spirit.Alla rivista cartacea si affianca il visitatissimo sito internet www.ilconsapevole.it con tantissimi iscritti alla newsletter!

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78 Consapevole

ABRUZZO Avezzano (AQ) - Libreria Panella - via Marconi 50 Chieti - Libreria De Luca - via De Lollis 12/14 Chieti - Adea Giulianova (TE) - Libreria Ianni - via Gorizia 25 Lanciano (CH) - Cartolibreria Cipolla - via Dalmazia 34/36 L’Aquila - Libreria Colacchi - via Bafile 17 Ortona (CH) - Moderna - corso Da Tamarete Zona Industriale Pescara - Naturista Libreria - via Ancona 66 Spoltore - Biopolis - via Europa 4/6 BASILICATA Matera - Libreria Di Giulio - via Dante 61 f/g/hPotenza - Libreria Mondadori - via Pretoria 212

CAMPANIA Avellino - Libreria Guida - piazzale A. Guarino 15/19 Aversa (CE) - Quarto Stato - via Magenta 78/80 Benevento - Alisei Libri - viale dei Rettori 73/f Benevento - Libreria Guida - via Francesco Flora 13/15 Caserta - Libreria Guida - via Caduti sul Lavoro 29/33 Cava de’ Tirreni(SA) - L’ Orto Biologico - via V.Veneto, 318 Ischia Porto (NA) - Imagaenaria - via Giovanni da Procida,13 Napoli - Libreria Guida - via Port’Alba 20/23 Napoli - Loffredo Luigi Editrice Libraria - via Kerbaker 19/21 Napoli - Libreria Ghedini - via M.Pietravalle 5 Napoli - Libreria Guida - via Merliani 118/120 Salerno - Libreria Guida - corso Garibaldi 142 b/c Salerno - L’Orto Biologico - viale Luigi Settembrini, 26 Salerno - Ar Libreria - Largo Dogana Regia Salerno - Libreria Arechi - Largo Cassa Vecchia 6 San Giorgio a Cremano (NA) - Consorzio Vesuvio Libri - via Cavalli di Bronzo 24 Sorrento (NA) - Libreria Tasso - via San Cesareo 96 Sorrento (NA) - La Capsa Libreria - corso Italia 259/D Torre Del Greco (NA) - Alfabeta Libreria - corso V.Emanuele 134 EMILIA ROMAGNA Bellaria (RN) - Libreria Papiro - viale Paolo Guidi 118 Bologna(BO) - Libreria Esoterica Bologna - Feltrinelli - P.zza Ravegnana Bologna - Melbook Bologna - Feltrinelli - Via dei Mille Bologna - Ibis - via Castiglione 31 Bologna - Libreria Irnerio - via Irnerio 27 Bologna - Naturista New-Age - via Degli Albari 2 Borgonovo val Tidone - Edicola Tabacchi di Rigoni Paolo - Castelnovo Val Tidone, 26 Carpi (MO) - La Fenice - via Mazzini 15 Castel San Pietro (BO) - Atlantide - via Mazzini 93 Cesena - Natura e Vita - Via Cavalcavia,805 Cesena - Cappelli Libri Cesena - Libreria Bettini Cesena - Cappelli Libri - via Carducci 27 Cesenatico (FC) - Katie King - via Da Vinci 26 Cesenatico (FC) - Librincontro - viale Roma 89 Comacchio - Erboristeria Il Fiordaliso - Via Sambertolo,17 Faenza (RA) - Incontro - corso Saffi 19/a Ferrara - Feltrinelli Ferrara - MelBookStore - piazza Trento e Trieste 24 Fidenza (PR) - Laura Carandini - via Berenini 74 Forlì - Libreria Mega - via Porta Cotogni 18/a Imola - Libreria Palazzo Monsignani Lido degli Estensi (FE) - Libreria Le Quercie - via delle Quercie 22 Lugo(Ra) - La Bottega della Natura - vicolo del Teatro, 18 Mantova - Nautilus - piazza 80°Fanteria 19 Mirandola (MO) - L’Asterisco - via Circonvallazione 4 Modena - Feltrinelli Modena - Terra e Sole - via Albinelli, 13/a Modena - Libreria Nuova Tarantola - via Canalino 35 Modena - Scienza dei Magi - viale Storchi 339/341 Parma - Feltrinelli Parma - Sessanta BPM - via Balestrieri 2 Piacenza - Scrivani Antonella - via Stradella 27/a Piacenza - L’albero del Pane - via X Giugno, 80 Piacenza - Libreria Internazionale Romagnosi - via Romagnosi 31 Porretta Terme (BO) - L’ Arcobaleno - via Mazzini 58 Ravenna - Libreria Gulliver - via Diaz 17-19-21 Ravenna - Modernissima - via Ricci 35 ReggioEmilia - Associazione Mag 6 ReggioEmilia - Libreria all’Arco Reggio Emilia - Libri e Libri - piazza della Vittoria 1/c Repubblica San Marino - Isola del Libro - via 3 Settembre 17 Riccione (RN) - Libreria Mondadori - viale Gramsci 1 Rimini - Libreria Cappelli - Centro Commerciale Le Befane Rimini - Terra e Sole - via Bramante, 7/a Rimini - Libreria Giardino Libri - corso Augusto 205 Rimini - Il Libro e la Vela - largo Boscovich 1 Rosola di Zocca - Campeggio Montequestiolo Salsomaggiore (PR) - Libreria Mondadori Sassuolo (MO) - Incontri - p.zza Libertà 29 Serravalle (RSM) - Leonardo - via Moretti 23 Vignola (MO) - La Quercia dell’Elfo - via Bonesi 1/b Villalta di Cesenatico - Leonardo - Via del Tigli 1/c

FRIULI VENEZIA GIULIA Cividale del Friuli (UD) - La Libreria - via Manzoni 3 Gorizia Antonini - corso Italia 51/a Gorizia - Libreria del Centro - via Codelli 1 Gorizia - Antonini - via Mazzini 16 Monfalcone (GO) - Rinascita - viale San Marco 29 Santa Croce(TS) - Naturalia - Loc.Santa Croce,204 Torreano di Martignacco (UD) - Libreria Mondadori - centro Comm. Fiera Trieste - Libreria Borsatti - via Ponchielli 3 Trieste - La Bancarella - via dell’Istria 14 Trieste - Libreria Svevo - c.so Italia 9 Trieste - New Age Center - via Nordio, 4/c Trieste - La Fenice - via Battisti 6 Udine - Carducci - piazza XX Settembre 16 Udine - Cebi Centro Ecobiologico - Via Tricesimo,254 Udine - Aurora - Via Bersaglio,7 Udine - Moderna - via Cavour, 13 Udine - Librincentro - via Viola 2 LAZIO Albano Laziale (RM) - Il Cartolibro - via Donizetti 14/A Frascati (RM) - Libreria Cavour - piazza S.Pietro 10 Genzano (RM) - The Book di Ventucci - viale Buozzi 15 Ladispoli (RM) - Libreria Scritti e Manoscritti - via Ancona 180 Latina - Cartoleria L’Approdo - corso Matteotti 3 Nettuno (RM) - Misteri Libri - via De Gasperi 5 Ostia (RM) - Libreria Europa - via Delle Baleniere 167 Rieti - Libreria Gulliver - via Roma 61 Roma - Arion Euroma 2 - Centro Commerciale Euroma 2 Roma - Il Salice - via Reggio Emilia, 61/aRoma - Arion Porta di Roma - Centro Commerciale Porta di Roma Roma - Arion Prati - via Pierluigi da Palestrina 1-3-5 Roma - Libreria Gabi International - via Gabi 30/a Roma - Il Mercatone del Libro - via Mingazzini 1/b Roma Shanti Libreria - via dei Gergofili 67 Roma - La Romanina - via E.Ferri Roma - Libreria Arethusa - via della Primavera 89/101 Roma - Libreria Doppiagi - via Duccio di Boninsegna 30 Roma - Libreria Eritrea - viale Eritrea 72/m-n Roma - Libreria Minerva - piazza Fiume 57 Roma - Libreria Mondonuovo - Centro Comm. Cinecittà 2 Roma - Libreria Mt. Cicerone - sottopassaggio Largo Chigi -Roma - Libreria Nuova Europa - via Mario Rigamonti 100 Roma - Libreria Scuola e Cultura - via Ugo Ojetti 173 Roma - Libreria Scuola e Cultura - CC Dima Shopping - via della Bufalotta 548 Roma - Libreria Tiburtina - via Tiburtina 541 Roma - Libreria Village - viale Parco de’ Medici 131 Roma - Libreria La Conca D’Oro - via Conca d’Oro 337/339 Viterbo - Libreria dei Salici - via Cairoli 35 LIGURIA Albenga (SV) - Libreria San Michele - via Episcopio 1 Arenzano (GE) - Libreria Capello Sabina - via Capitan Romeo 75-77-79 Chiavari (GE) - Ars Nova - piazza Roma 48-49 Diano Marina (IM) - Biblos - via Colombo 22 Finale Ligure(SV) - Cento Fiori - via Ghiglieri, 1 Genova - Assolibro - via San Luca 58/r Genova - Synestesia - via M Novaro,2, 4, 6 Genova - Buenos Aires - corso Buenos Aires 5/r Genova - Cadorna - sottopassaggio Cadorna Genova - Porto Antico Libri - area porto Antico Imperia - Assolibro - via Bonfante 42 La Spezia - Contrappunto - via Galilei 17 Recco (GE) - Libreria Capurro - passo Assereto 5 Sanremo (IM) - Garibaldi - corso Garibaldi 26 Sarzana(SP) - Il Raggio Verde - Piazza Matteotti,36 Savona - Leggio - via Montenotte, 34 Savona - Moneta - via Boselli 8/r LOMBARDIA Bergamo - Shesat - via San Bernardino 15/c Brescia - Il Velo di Maya - via Rodi 73 Busto Arsizio (VA) - Libreria Boragno - via Milano 4 Castiglione delle Stiviere - Mare Nostrum - via Desenzani, 1 Como - Meroni - via Vittorio Emanuele II - 71 Cremona - Spotti - corso Matteotti 41 Lecco - Internazionale Cavour - via Cavour 48 Lodi - Libreria Del Sole - via XX Settembre 26/28 Lugano (CH) - Waelti - quartiere Maghetti Mantova - Libreria Nautilus Milano - Farmacia Tolstoi - via Tolstoi 17 Milano - Gruppo Anima - galleria Unione 1 Milano - Hoepli - via hoepli 5 Milano - Libreria Alternativa - via dei Transiti 27 Milano - Libreria Ecumenica - piazza San Babila Stazione MM Milano - Libreria Lirus - via Vitruvio 43 Milano - Puccini - via boscovich 61 Monza - Libri e Libri - via Italia 22 Pavia - Loft 10 - piazza Cavagneria 10 Sondrio - Libreria Esoterica Il Faro - via De Simoni 63 -Tirano - Karlik - via M. Quadrio, 3

Punti Vendita in cui trovi la rivista

Vivi Consapevole è distribuito per abbonamento, in libreria e in punti vendita selezionati (negozi di alimentazione biologica e naturale, di arredamento ecologico, erboristerie etc.)

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Consapevole 79

Varese - Libreria Del Corso - c.so Matteotti 22/24 Vedano-Olona - Studio profess. Di Binotto Alberto - via Patrioti, 5 MARCHE Ancona - Libreria Fogola - piazza Cavour 4/5/6 Ascoli - Rinascita - piazza Roma 7 Civitanova Marche (MC) - Libreria Ranieri - p.zza XX Settembre 22Falconara Marittima (AN) - Libri e Libri - via Flaminia 508 Jesi (AN) - Libreria Incontri - costa Mezza Lancia 1 Macerata - Cavour - via 24 Maggio 3 Osimo (AN) - Non Solo Libri - via Marco Polo 124 Pesaro -Libreria Bonali - viale Repubblica 36 Pesaro - Pesaro Libri - piazzale I Maggio 4 Porto San Giorgio (AP) - Don Chisciotte - viale Cavallotti 145 San Benedetto del Tronto (AP) - La Bibliofila - via Ugo Bassi 38 Senigallia (AN) - Sapere Ufficio - via Maierini 10 Serra de’ Conti - Urluberlù srl - via Mannucci, 10 MOLISE Isernia - Libreria della Corte - via Giovanni Berta Termoli (CB) - Libreria Il Ponte - corso Nazionale 178 -

PIEMONTE Alessandria - Libreria Fissore - piazza Libertà 26 Arona (NO) - Librami - corso della Repubblica 106 Asti - Parola di Passo - via XX Settembre 26 Biella - Il Libro - via Losana 6/c Cuneo - Libreria Janus - p.zza Europa 24 Cuneo - L’Ippogrifo - c.so Nizza 1 Ivrea (TO) - La Libreria - corso Cavour 11 Novara - La Libreria - via Rosselli 13 Torino - Libreria Orsa maggiore - Corso Giulio Cesare, 56/bis Torino - Arethusa - via Po 2 Torino - Psiche 2 - via Monginevro 11/a Torino - Setsu Bun - via Cernaia 40/m Torino - Verde Libri - via Nizza 133 Verbania - Margaroli - corso Mameli 55Vercelli - Nutrilamente Libri e non Solo - corso Libertà 131/a Villar Dora - Erboristeria le Tre Nature - via Sant’Ambrogio, 94 PUGLIA Bari - Libreria Roma - piazza Aldo Moro 13 Andria (BA) - Libreria Guglielmi - via G. Bovio, 76 Bari - Libreria La Terza - via Sparano 136 Bari - Nuova Editoriale Scientifica - Viale Ennio 10/B Bari - Quintiliano Libreria - via Arcidiacono Giovanni 9 Cosenza - Nova Domus Luce - corso d’Italia 74/84 Fasano (BR) - Libri e Cose - via del Calvario 29 Foggia - Dante Libreria - via Oberdan 1 Gioia Del Colle (BA) - Minerva Libreria - via Carlo Soria, 25 Lecce - Libreria Liberrima - corte dei Cicala 1 Locorotondo (BA) - L’Approdo - piazza Mitrano 5 Lucera (FG) - Libreria Catapano - viale Dante,1 Maglie (LE) - Universal Service - via Ospedale 24 Manduria (TA) - Caforio - via Borsellino 7/13 Martina Franca (TA) - Libreria Colucci - via Paisiello, 27 Sava(TA) - Bottega del Mondo - via Vittorio Emanuele, 68 Taranto - Dickens Libreria - via Mezzetti 17 Taranto - Filippi Libreria - via Nitti 8c Trani (BA) - La Maria del Porto - via Statuti Marittimi 44

SARDEGNA Cagliari - Il Portale - viale Regina Margherita 63 Alghero (SS) - Libreria Il Manoscritto - via Pascoli 43/45 Cagliari - Libreria Piazza Repubblica - piazza Repubblica 23 Cagliari - Ecopharm srl - via Giaime Pintor, 17/17a Cagliari - Libreria Succa - via Grazia Deledda 34/36 Carbonia - Bottega dello Studente - via Gramsci 12 La Maddalena (OT) - Libreria dell’ Isola - corso Vittorio Emanuele 14 Nuoro - Libreria Novecento - via Manzoni 26 Nuoro - Liber Libreria - via Deffenu 49 Olbia - Libreria dell’ Isola - corso Umberto I - 154 Oristano - Libreria Canu - via De Castro 20 Sassari - Libreria Max 88 - via G.Asproni 26/b Sassari - Messaggerie Sarde - piazza Castello 11 Sassari - Koinè Libreria Internazionale - via Roma 137 Tempio Pausania (OT) - Libreria Max 88 - piazza Gallura 1

SICILIAAgrigento - De Leo - via XXV Aprile 210 Agrigento - Libreria Traversa - Via Dante, 29 Alcamo (TP) - Edicola Libreria Pipitone - viale Europa 68 Bagheria (PA) - Libreria Interno 95 - prosecuzione via Dante 95 Barcellona P. di G. (ME) - Gutenberg - vicolo San Sebastiano 24 Catania - Libreria Cavallotto - viale Ionio 32 Catania - Libreria Cavallotto - corso Sicilia 91 Enna - Minerva - via Roma 383 Giarre (CT) - La Senorita - corso Italia 132 Marsala - Libreria Mondadori - piazza della Repubblica 5 Messina - Libreria Bonanzinga - via dei Mille 110 Messina - Libreria Ciofalo - p.zza Municipio 67 Noto (SR) - Liber e Liber - via Ruggero Settimo 17 Palermo - Libreria Campolo - via Campolo,86/90 Palermo - Libreria Pegaso - via Notarbartolo 9/f Palermo - Voglia di Leggere - via Pacinotti 42 Palermo - La Rosa dei Sapori - piazza Diodoro Siculo 1-1/A Palermo - Modus Vivendi - via Quintino Sella 79 Ragusa - Flaccavento - via Rapisardi 99 Reggio Calabria - Nuova Ave - corso Garibaldi 106 Siracusa - Diana - corso Gelone 57

Trapani - Libreria Lo Bue - via Fardella 72 Trapani - Libreria Salve - via Manzoni,15 Trapani - Del Corso - corso Vittorio Emanuele 61

TOSCANA Arezzo - Edison Bookstore - via G. Verdi 22 Arezzo - Sapore di Sole - via Po, 30 Cast. Della Pescaia - Erboristeria della Maremma - via Porto Canale, 9 Cecina (LI) - Lucarelli - corso Matteotti 93 Cerbaia(FI) - Il filo di Paglia - via Empolese, 220/A Empoli (FI) - Libreria Rinascita - via Ridolfi 53 Firenze - Libreria Edison - piazza Repubblica 27 Firenze - Libreria Martelli - via Martelli 22/r Firenze - La Tua Erboristeria - via C. Franceschi F. 12/R Grosseto - Bibliothé - via Cavour 9 Grosseto - Erboristeria il Cielo Stellato - via Solferino 10 Grosseto - Palomar - Corso Carducci 67/b-c Livorno - Belforte - via Grande 91 Livorno - Gaia Scienza - via Di Franco 12 Lucca - Lucca Libri - corso Garibaldi 54 Lucca - Edison Bookstore - via Roma ang. via Cenami Lucca - Libreria Mondadori - via Fillungo 211 Massa - Libri in Armonia - via Angelini 19 Montecatini T. (PT) - Vezzani - via Solferino 9 Orbetello (GR) - Libreria Bastogi - corso Italia 25 Piombino (LI) - Bancarella - via Tellini, 21 Piombino (LI) - La Fenice - via Petrarca 16/a Pisa - Pietrobelli - via B. Croce 71 Pistoia - Edison Bookstore - via degli Orafi 64 Pistoia - Libreria Orsini - via Fiorentina, 69 Poggibonsi - Biosfera - via di Salceto, 85/a Pontedera (PI) - Carrara - via XX Settembre 17 Pontedera (PI) - Roma - via Roma 15 Portoferraio (LI) - Il Libraio - calata Mazzini 10 Porto Santo Stefano - C’era una Volta - Corso Umberto I 54 Prato - Libreria Al Castello - viale Piave 12/14 Prato - Soprattutto Libri - corso Mazzoni 27 Rosignano Solvay(LI) - Bio Transito - via Catalani, 131 Sesto Fiorentino (FI) - Rinascita - via A. Gramsci 334 Siena - Senese - via di Città 64 Siena - Feltrinelli - via Banchi di Sopra, 64/66 Siena - Ticci - via delle Terme 5/7 Vallevecchia(LU) - Bioversilia - via provinciale Vallevecchia,103 Viareggio (LU) - Galleria del Libro - viale Margherita 33 Viareggio (LU) - Erboristeria la Manna - Via A. Fratti,226 Viareggio (LU) - Libreria la Vela - corso Garibaldi 19 TRENTINO ALTO ADIGE Bolzano - Peter Pan - via Firenze, 36/38 Bolzano - Cappelli - piazza Vittoria 41 Merano (BZ) - Libreria Buchgemeischaft - via Cassa Risparmio 117° Rovereto (TN) - Rosmini - c.so Rosmini, 34 Rovereto (TN) - Cibi Sani - P.zza della Chiesa, 15 Cavalese(TN) - La Bottega delle Erbe - Via Scario,4 Trento - Ancora - via Santa Croce 35 UMBRIA Foligno (PG) - Libreria Luna - via Gramsci 41 Perugia - Libreria Grande - via della Valtiera 229 Terni - Libreria Alterocca - via C. Tacito 29 Terni - Libreria Laurentiana - via Garofoli 6

VALLE D’AOSTAAosta - Libreria Omnibus - via Trottechien 2 VENETO Alpo(VR) - Cerchio della Luna Arcugnano(VI) - Pantheum - Via G.Galilei, 2/5 D Bassano del Grappa (VI) - La Bassanese librerie srl - Largo Corona d’Italia, 41 Bassano del Grappa (VI) - Libreria Palazzo Roberti - via J. Da Ponte 34 Belluno - Libreria del Centro - piazza dei Martiri 14/a Belluno - Tarantola - via Roma 27 Conegliano Veneto (TV) - Quartiere Latino - via XI Febbraio, 34 Conegliano Veneto (TV) - Libreria Canova - via Cavour 6/b Feltre (BL) - Agorà - via Garibaldi 8 Istrana(TV) - Erbosanit Erboristeria - Piazzale Roma,61 Lugagnano(VR) - Edicola Libreria Castioni Sergio - Via Cao Prà,28 - Mestre (VE) - Fiera del Libro - viale Garibaldi 1/b Mestre (VE) - Feltrinelli - P.zza XX ottobre Oderzo (TV) - Becco Giallo - via Umberto I, 27 Padova - Libreria Zannoni - corso Garibaldi 21 Padova - Feltrinelli - Via S. Francesco, 17 Padova - MelBookStore - via Martiri della Libertà 1 Pescantina(VR) - L’Albero - Corso S. Lorenzo,1/a Pieve di Soligo - Ariele Pieve - Via Aldo Moro,11 Pordenone - Le Risorgive - Piazzale S.Lorenzo,14 Pordenone - Gaia - Via S. Giuliano,35 Pordenone - Libreria Al Segno - piazza del Cristo 7/a Pordenone - Libreria Al Segno - via Oberdan 7 Pordenone - Libreria San Giorgio - via XXX Aprile 4 Portogruaro (VE) - Libreria Al Segno - calle delle Beccherie 8 Rovigo - Spazio Libri - corso del Popolo 142 Sacile (PN) - Libreria Al Segno - piazza Campo Marzio 27 Schio (VI) - Bortoloso - piazza Rossi 10 Thiene (VI) - Leoni - corso Garibaldi 189 Treviso - Supermercato del Libro - via Castellana 37/l/m Treviso - Libreria Canova - via Calmaggiore 31 Venezia - Goldoni - calle dei Fabbri 4742/43 Verona - Il Cerchio della Luna - via Bassani 84 Verona - Libreria Gheduzzi - corso S.Anastasia 7 Vicenza - Libreria Galla 1880 - corso Palladio 11

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CONDIZIONI DI ABBONAMENTO

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