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VOGLIA DI CRESCITA RELAZIONE DEL PRESIDENTE THOMAS BAUMGARTNER ASSEMBLEA2019 ROMA 14GIU

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VOGLIA DI

CRESCITA

RELAZIONE DEL PRESIDENTE

THOMAS BAUMGARTNER

ASSEMBLEA2019

ROMA

14GIU

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Autorità, Ospiti, Colleghe e Colleghi,

a tutti voi il mio più caloroso benvenuto e sentito ringraziamento per essere qui con noi oggi.

“Voglia di crescita” è il titolo che abbiamo voluto dare alla nostra Assemblea annuale.

Ma non è solo un titolo: è lo stato d’animo con cui ci presentiamo per parlare di trasporto e logistica, della loro stretta connessione con l’industria, del futuro delle nostre aziende e di quello del Paese.

Un mood che non esprime solo un desiderio, ma che rispecchia un più generale sentire comune di tutti gli imprenditori italiani, profondamente convinti che le incredibili capacità di cui disponiamo, e che tutti ci riconoscono, non possano rimanere inespresse ma debbano trovare la via per sprigionare appieno le loro potenzialità.

Una convinzione che si riflette nel nostro agire quotidiano.

L’Italia è un grande Paese, e in quanto tale può e deve giocare tutte le sue carte per evitare la stagnazione economica, riprendere il cammino della crescita sostenibile e disegnare un sentiero di sviluppo.

Le rilevazioni statistico-economiche che abbiamo appena ascoltato ci guidano nella lettura della storia competitiva più recente del Paese e ci

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stimolano a riflettere sulle policy più appropriate per innescare la crescita.

Il punto di partenza è che l’Italia, malgrado le difficoltà strutturali e congiunturali che vive e nonostante i profondi cambiamenti nello scacchiere economico globale, rimane la 7° potenza manifatturiera del mondo e la 2° in Europa, dopo la Germania.

Occupiamo il 9° posto su scala mondiale per capacità di esportazione, ancorata ai comparti dell’industria e dei servizi a più alto contenuto tecnologico e di conoscenza.

Sappiamo però che il sostegno alla crescita finora garantito dall’export, rischia di ridimensionarsi a causa del contesto internazionale di grande incertezza.

E se da un lato l’industria italiana deve fare ogni sforzo per mantenere e migliorare le proprie posizioni, dall’altro sono il trasporto e la logistica a doversi impegnare ancora di più per elevare le proprie performance a sostegno della manifattura e delle esportazioni.

Pesano, tuttavia, le valutazioni poco entusiasmanti della Banca Mondiale, che nel 2018 ci colloca al 19° posto nel ranking dei sistemi logistici di 160 Paesi.

Prima di noi ben 10 Paesi europei: i nostri principali mercati di riferimento.

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Uno sforzo di miglioramento che richiede le energie e l’impegno di tutti.

Il nostro impegno in primis, che certo non manca, di imprenditori consapevoli, naturalmente orientati a creare valore per le aziende e, di riflesso, per l’intera collettività.

Sempre pronti a metterci in gioco, a sperimentare nuove soluzioni, ad accogliere il cambiamento con ottimismo.

Quello dell’industria manifatturiera, per far sì che siano gli operatori italiani a mantenere il controllo dell’intero processo logistico, nel nazionale così come nella fase di esportazione dei beni, evitando il ricorso massiccio al franco fabbrica, come ancora oggi purtroppo accade.

Un rapporto tra industria e logistica che deve diventare sempre più stretto, poiché l’una non può fare a meno dell’altra, soprattutto per il mutuo beneficio che ne deriva a entrambe.

Il confronto tra le parti si gioca su come soddisfare al meglio i nuovi bisogni della domanda finale, che ormai orienta e condiziona la produzione e la distribuzione delle merci.

Non basta più il solo prodotto in sé.

Oggi il consumatore è più esigente e sceglie anche in base ad altri fattori: il servizio di consegna, la sua affidabilità e la reperibilità immediata del prodotto.

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Le sue necessità diventano il motore di cambiamento dei processi logistici.

Così la logistica va vista sempre più come servizio che crea valore aggiunto, non come mero costo da sopportare.

È importante che tutti gli stakeholder della filiera, incluse le istituzioni, sposino questo concetto affinché la collettività in senso lato percepisca l’esistenza del fattore “mobilità” e del suo valore, orientato verso un modello più virtuoso di scelte che premiano non solo l’economicità, ma anche la qualità e la sostenibilità ambientale.

Sul fronte dell’efficienza della supply chain serve anche l’impegno dei principali operatori dei nodi logistici.

Ferrovie, interporti, porti e aeroporti sono i protagonisti dell’inevitabile cambio di passo, necessario per fronteggiare le nuove logiche di competitività ormai mature a livello globale.

L’integrazione modale ha fatto di recente molti progressi, che però sono ancora insufficienti a sprigionare tutte le sue potenzialità.

Vi sono importanti margini di miglioramento, soprattutto in relazione alle dinamiche di crescita del traffico intermodale in arrivo o in partenza dai porti nazionali.

Così che il trasporto e la logistica italiani non siano limitati al solo sostegno della produzione

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nazionale, ma anche a servizio della produzione e del commercio europeo.

Pensiamo all’Italia come piattaforma logistica per i flussi di interscambio di merce europea con l’Asia e con il continente africano!

Per questo serve anche e soprattutto l’impegno del Governo, al quale ricordiamo che il trasporto e la logistica danno un contributo fondamentale al PIL nazionale, nell’ordine del 10%, esprimendo un’occupazione di circa 800.000 addetti.

Un settore che, nel suo complesso e per ciascuna modalità di trasporto, negli ultimi quattro anni ha conosciuto tassi di crescita superiori a quelli del PIL.

Da solo, l’autotrasporto merci muove 0,9 miliardi di tonnellate all’anno, occupa 328.000 persone e genera un fatturato di 47 miliardi di euro.

Sono numeri che confermano, ancora una volta e sempre di più, il ruolo strategico del settore per lo sviluppo del Paese.

L’impegno del Governo allora deve tradursi in politiche di sostegno e sviluppo per non disperdere questo “tesoro logistico”, sfruttando l’ampio margine di crescita che cela.

Penso a una strategia di sviluppo per l’Italia che risponda alla nostra “voglia di crescita”: al desiderio, cioè, delle imprese di rafforzare ed espandere le proprie attività in maniera duratura e

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sostenibile, superando gli anacronistici localismi, per servire efficientemente i mercati di sbocco delle nostre merci grazie a infrastrutture efficienti, senza le limitazioni e i divieti che seguono logiche del passato, non in linea con le mutate esigenze dell’industria, della logistica e dei consumatori.

Per crescere, abbiamo bisogno di essere difesi e sostenuti con determinazione quando attraverso le limitazioni imposte al trasporto stradale sull’arco Alpino - dove transita il 70% delle merci e un volume di 50 milioni di tonnellate annue solo al Brennero - si vuole in realtà colpire il Made in Italy e frenare le nostre relazioni commerciali con i Paesi del Nord Europa.

Se vogliamo fare dell’Italia una piattaforma logistica, dobbiamo rivedere radicalmente il Protocollo Trasporti della “Convenzione delle Alpi”, altrimenti l’Italia resterà soffocata.

Il trattato internazionale è stato firmato circa 20 anni fa da 8 Paesi dell’arco alpino e dall’Unione europea per salvaguardare l’ambiente e promuovere la sostenibilità.

Esso limita fortemente la realizzazione di infrastrutture stradali e la mobilità delle merci in quest’area strategica per l’economia nazionale.

Da quegli anni a oggi, tuttavia, la sensibilità sui temi ambientali è decisamente aumentata, se non altro per la crescente consapevolezza dello stretto legame tra green practices e successo, che per le imprese si traduce in continui investimenti per la

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sostenibilità, l’immagine e la reputazione agli occhi della collettività, sempre più attenta all’ecosistema.

Siamo consapevoli che non ci può essere crescita senza sostenibilità: siamo noi i primi a investire in veicoli Euro VI di ultima generazione e in veicoli alimentati con carburanti alternativi o elettrici.

Al Governo chiediamo che gli incentivi siano efficaci, certi nel loro ammontare, immediati e con un fine preciso. Non a pioggia, come semplice contributo alle spese.

Chiediamo che anche in Italia, così come in Germania, i veicoli LNG siano esonerati dal pagamento dei pedaggi autostradali.

Solo incentivando il rinnovo del parco circolante e le unità di carico per favorire lo shift modale, introducendo al contempo meccanismi volti a colpire i veicoli più inquinanti, sarà possibile accelerare la transizione verso un sistema dei trasporti moderno e ambientalmente sostenibile.

Il trasporto intermodale, che combina il trasporto su gomma, non sostituibile per l’ultimo miglio, con la modalità ferroviaria o marittima sulle lunghe distanze, va poi ancora sostenuto con misure di incentivazione, che siano però assegnate direttamente all’utilizzatore finale, unico soggetto che decide se utilizzare tale modalità o rimanere sul tutto strada.

Occorrono poi le necessarie infrastrutture.

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Non soltanto TAV, ma anche e soprattutto ulteriori terminali per il trasbordo delle merci e interventi di adeguamento della rete nazionale alle sagome di 4 mt e lunghezze di 750 mt dei treni moderni.

Per crescere c’è anche bisogno di innovare e modernizzare il sistema logistico e trasportistico.

Un’esigenza che anche in questa occasione rilanciamo con forza.

Con l’avvento delle nuove tecnologie, ad esempio, vediamo come l’e-commerce si va sempre più confermando un mercato in esponenziale sviluppo.

Già da anni i fatturati delle attività di corriere espresso crescono a un ritmo molto più sostenuto rispetto ad altre tipologie di trasporto, questo grazie al significativo incremento degli acquisti e delle vendite on line.

Sta dunque affermandosi un nuovo paradigma anche nel nostro Paese, nelle relazioni di acquisto e vendita di beni e servizi: un modello multicanale che vede l’e-commerce affiancare i canali “tradizionali” di vendita e approvvigionamento, per soddisfare una fetta di domanda che resta comunque significativa.

L’Industria 4.0, quale parte della trasformazione digitale delle imprese, è ormai dimensione acquisita nelle principali economie mondiali: realtà virtuale, intelligenza artificiale, internet delle cose e big data, personalizzazione di massa e

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manutenzione predittiva sono diventati concetti comuni in molti settori della produzione.

Al centro dell’impresa moderna e innovativa, la digitalizzazione della supply chain rappresenta un passaggio fondamentale per applicare e dare concretezza a molte di queste idee, tanto che si parla in maniera analoga di “Supply Chain 4.0”.

Il futuro sarà fatto di fabbriche, magazzini e logistica digitalmente interconnessi per ridurre i costi di stoccaggio e soddisfare sempre di più i bisogni del consumatore finale.

Un esempio su tutti è la “logistica predittiva” nella distribuzione urbana: grazie ad avanzate previsioni digitali, le merci sono spedite addirittura prima che il consumatore effettui l’ordine, sulla base di aspettative di acquisto.

Sono già realtà robot che gestiscono le merci nei magazzini automatizzati e presto camion interconnessi percorreranno le nostre autostrade con il “platooning” per poi arrivare alla guida autonoma.

Platooning ed Ecocombi - veicoli fino a 25 mt di lunghezza, che possono transitare soltanto su idonea rete viaria - contribuiranno a minimizzare l’impatto ambientale, migliorare la congestione stradale e dare un contributo di efficientamento alla logistica anche in termini di costi, per rendere l’Italia e il proprio sistema produttivo più competitivo.

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Se questo è il contesto, le nostre imprese hanno un urgente bisogno di introdurre innovazioni di processo e di prodotto, adottando nuovi modelli di business sulla scorta delle tecnologie più promettenti e funzionali all’efficientamento della supply chain, per interagire nel modo più fluido possibile con gli altri operatori economici, a monte così come a valle della catena logistica.

Non possiamo permetterci di rimanere fuori da questo straordinario processo di cambiamento.

Ciò che è già realtà oltre le Alpi deve diventarlo presto anche in Italia.

Il ventaglio di sostegno pubblico scaturito dal Piano Nazionale Industria 4.0 e da una serie di agevolazioni complementari (super e iper-ammortamento, “nuova Sabatini”, credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo) è stato essenziale nei piani di trasformazione digitale e nell’accumulazione di capitale nel Paese.

Misure molto gradite sia alle imprese manifatturiere sia al mondo del trasporto e della logistica, che convengono sulla necessità di assicurarle su base continuativa.

Nella partita dell’innovazione, è evidente che il capitale umano gioca un ruolo fondamentale: abbiamo bisogno di formare profili professionali con competenze adeguate agli sviluppi dell’Industria 4.0, senza dimenticare l’emergenza autisti, che il settore vive da tempo e che va affrontata con urgenza perché, seppur nel

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contesto di uno split modale più equilibrato, l’autotrasporto è e continuerà a essere insostituibile.

L’innovazione è indispensabile anche nelle interazioni quotidiane tra imprese e Pubblica Amministrazione, così come nel coordinamento tra i diversi Enti dello Stato affinché le procedure di autorizzazione e controllo - sulla merce e sulle attività di trasporto - siano sicure, rapide ed efficienti.

In tale ottica, le revisioni annuali dei mezzi pesanti affidate alle officine private liberano risorse umane che lo Stato può impiegare nelle attività di controllo.

E’ importante rendere questa misura velocemente operativa, così da poter dimenticare i ritardi cronici a cui siamo stati abituati e i danni economici che ne conseguono.

Vediamo poi con favore lo Sportello unico digitale per lo snellimento e il miglior coordinamento delle procedure doganali e di controllo che insistono sulla merce per il suo rapido rilascio all’interno dei porti e aeroporti, per il ruolo primario che rivestono nei trasporti internazionali.

Lo sportello va rapidamente attuato.

Vogliamo innovazioni tecnologiche e organizzative che assicurino competitività al tessuto produttivo, che semplifichino la vita delle imprese, che spingano gli operatori economici a valutare le

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opportunità offerte dai nuovi paradigmi economici, come la sharing logistics.

Sia chiaro però che siamo contrari all’utilizzo obbligatorio di piattaforme tecnologiche gestite in regime di monopolio, che non consentono all’iniziativa privata di sviluppare applicazioni specifiche e aziendali.

Così come per la distribuzione delle merci in città, siamo contrari a ulteriori punti di raccolta o di deconsolidamento nelle cinture delle aree urbane: il servizio viene già svolto dagli operatori privati.

Ciò che serve è la definizione di un sistema digitale unico di accreditamento di veicoli possibilmente ad impatto zero utilizzati nella city logistics, cui accompagnare la creazione di una banca dati che consenta agli operatori di verificare agevolmente le condizioni di accesso vigenti in ciascuna realtà territoriale.

Un sistema che funziona solo se tutti gli operatori sono sottoposti alle stesse regole, dai trasportatori ai corrieri, ma anche il trasporto in conto proprio.

Un mercato nel quale le imprese si fanno portatrici dei valori della regolarità e della legalità.

Per questo auspichiamo che la certificazione dei contratti di appalto nella logistica da parte dell’Ispettorato del lavoro, possa presto diventare una realtà nazionale, come ulteriore strumento per combattere l’illegalità e contrastare le cosiddette cooperative “spurie”.

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È giunto pure il momento che l’Italia si dedichi alla costruzione di un primo progetto per sperimentare la lettera di vettura stradale in formato elettronico, avviando contestualmente sia le procedure di adesione al Protocollo internazionale sull’eCMR sia la verifica della normativa nazionale, affinché risulti coerente con le disposizioni in esso contenute.

Gli altri Paesi europei sono già da tempo impegnati su questo fronte con ottimi risultati.

Le opportunità di crescita dell’Italia dipenderanno anche dall’idea di Unione europea che prenderà corpo nei prossimi mesi e dal modo in cui il nostro Paese difenderà gli interessi dei cittadini e delle imprese italiane in Europa.

Noi restiamo fermi sostenitori del progetto di integrazione comunitario, sempre a patto che offra risposte efficaci ai bisogni dei cittadini e delle imprese che al suo interno vivono ed operano.

Lo standard europeo nel trasporto stradale, la rete TEN, i progressi compiuti nelle interconnessioni tra i diversi territori e bacini produttivi hanno contribuito in modo essenziale, negli ultimi 25 anni, al rafforzamento della competitività europea sui mercati mondiali.

La Brexit ha portato tutti ad approfondire le pesanti conseguenze che deriverebbero dall’interruzione dei traffici commerciali con il Regno Unito.

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Ci ha aiutato a capire quanto “costi” all’intera economia l’uscita dal progetto europeo.

Ma ha rafforzato ulteriormente il nostro desiderio per un vero Mercato Unico, che operi su basi eque e concorrenziali, a sostegno di un’Unione europea più forte e autorevole nel mondo.

A nostro avviso e non solo, agli scenari geo-politici ed economici che si profilano all’orizzonte potranno essere trovate risposte adeguate solo a livello di mercato comune unico, e non di singolo Stato membro.

È del tutto irrealistico pensare che l’Italia da sola, ma anche Germania, Francia o Spagna da sole, possa fronteggiare l’inarrestabile avanzata di economie come la Cina o l’India, che crescono a ritmi vertiginosi e minacciano il ruolo economico dell’Europa nel mondo.

Non possiamo dare per scontato che gli attuali equilibri economici e di potere rimangano immutati.

Basti pensare agli investimenti che la Cina sta pianificando nelle infrastrutture europee nell’ambito della fase attuativa della Via della Seta.

Sarà dunque decisiva la strada che le nuove istituzioni comunitarie decideranno di percorrere.

Auspichiamo sia diretta verso la rimozione delle barriere che ancora ostacolano il funzionamento

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del Mercato Unico e la prioritaria rivisitazione delle politiche europee per i trasporti e le infrastrutture.

È urgente innanzitutto lavorare per definire una politica europea di sostegno al trasporto intermodale di merci, basata sull’aggiornamento delle norme attuali, risalenti al 1992, e sulla creazione di incentivi ad hoc di rango comunitario per soddisfare le esigenze espresse dal mercato del trasporto combinato nell’UE.

Nell’autotrasporto merci sarà essenziale continuare a combattere la concorrenza dei Paesi dell’Est, il dumping sociale e la somministrazione transnazionale irregolare.

Su alcune questioni trattate nel Pacchetto Mobilità sono stati raggiunti risultati importanti dopo due anni di lavoro, penso al cabotaggio o al tachigrafo intelligente, ed è necessario evitare di ripartire da zero.

Non vogliamo però essere spettatori del successo dei nostri concorrenti esteri e per questo non mi stanco di rimarcare l’ampio gap ancora esistente nelle condizioni competitive di contesto, prime fra tutte le differenze sul costo del lavoro a causa dell’eccessivo carico fiscale, che va ridotto.

L’Italia si distingue per i costi aggiuntivi che gravano sulle imprese a causa di normative vessatorie non presenti in altri Paesi, come l’Imposta provinciale di trascrizione, dovuta non solo a seguito dell’immatricolazione del veicolo,

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ma anche in caso di trasferimento del bene tra imprese.

E come non ricordare qui il contributo per il funzionamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti, richiesto anche alle imprese di trasporto e logistica pur non ricorrendo alcuna condizione che ne giustifichi il pagamento.

*** La nostra “Voglia di crescita” si traduce quindi in una strategia a 360° centrata sul sostegno all’interscambio commerciale, sullo stimolo della domanda interna, su una più spinta integrazione modale, sulla trasformazione digitale delle imprese e della Pubblica Amministrazione, su un’Europa più forte.

E vogliamo crescere in un Paese che riconosca il ruolo strategico della mobilità delle merci per lo sviluppo sociale ed economico e agisca di conseguenza.

Che ci metta nelle condizioni di competere ad armi pari in Italia e in Europa.

Che soprattutto riconosca il valore delle nostre imprese, a prescindere dalla dimensione aziendale!