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GESTIONE DELLE RELAZIONI CON CLIENTI E CITTADINI SCENARI Lezioni di greco Economie a confronto APPROFONDIMENTI Il quinto stato Un popolo di freelance MODA Ethical fashion Intervista a Saverio Palatella PUBBLICITÀ Spot’s anatomy Come nasce uno spot SPECIALE:LAVORO Il lavoro: la chiave di volta Pag. 12 Anno XI - 02.2011 Trimestrale www.voicecomnews.it

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Numero 2 del 2011 di Voicecom news con uno speciale dedicato al lavoro. Oltre a questo numerosi interessanti articoli su economia, salute, web, pubblicità, cinema...

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G E S T I O N E D E L L E R E L A Z I O N I C O N C L I E N T I E C I T T A D I N I

SCENARILezioni di grecoEconomie a confronto

APPROFONDIMENTIIl quinto statoUn popolo di freelance

MODAEthical fashionIntervista a Saverio Palatella

PUBBLICITÀSpot’s anatomyCome nasce uno spot

SPECIALE:LAVORO

Il lavoro: la chiave di volta Pag. 12

Anno XI - 02.2011Trimestrale

www.voicecomnews.it

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CONSEGNIAMO UNA MILANO PIÙ PULITA.

CHI SIAMO / L’idea di Urban Bike Messengers nasceda un gruppo di appassionati di ciclismo urbanocon l’intento di portare anche a Milanoil servizio di CORRIERI IN BICICLETTA,già attivo con successo nelle principali capitali del mondo.

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C O N T R I B U T O R S

Paolo della SalaEditorialista di politica estera per Il Secolo XIX e altre testate giornalistiche come Liberal, Il Riformista, L’Occidentale. Blogger di Blogosfere, autore di testi letterari, esperto in policy e public affairs.

Antonino M. GrandeDirigente Medico di Primo Livello, Divisione di Cardiochirurgia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia

Saverio PalatellaStilista di moda

Gabriele SantaliniDottore commercialista e revisore contabile

A questo numero hanno collaborato:Raffaella Amoroso, Maurizio Arata, Sonia Avemari, Stefano Canapa, Paolo Della Sala, Paolo Dello Vicario, Antonino M. Grande, Petra Invernizzi, Vittorio Maffei, Saverio Palatella, Umberto Raimondi, Gabriele Santalini

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4 VoiceCom news 02.2011

Editore ITER srl - www.iter.itRedazioneVoiceCom news Via Rovetta, 18 20127 Milano TEL: +39 02.28.31.16.1 FAX: +39 02.28.31.16.66 [email protected] www.iter.it/vcnews.htmDirettore responsabile: Domenico PiazzaCondirettore: Maurizio ArataDirettore Contenuti: Petra InvernizziArt Director: Clara Dubbioso e Marco CornaProgetto Grafico: Housegrafik.com

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 157 del 7 marzo 1992. Pubblicità inferiore al 45%. Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta alcuna responsabilità per l’Editore.

Comprendere tutto quello che sta accadendo nell’ ambito del mondo del lavoro e delle figure che si muovo-no fra bosco e sottobosco della nuova realtà è cosa che sta divenendo sempre più difficile.

Certo in questo mondo di recente globalizzazione tutto si intreccia e si confonde. La stabilità sociale viene a mancare, il precariato è una costante addirittura positiva e garantita.

La non-occupazione va per la maggiore, soprattutto nel mondo giovanile. Ma anche per tutte quelle figure che si avvicinano alla soglia dei cinquant’anni.

Le donne sono via via colpite da un numero soverchiante di vessazioni e di attacchi ai loro diritti, a partire da quello della maternità. Per una che gode ( e, dati i tempi, sembra un eufemismo ) sono mille quelle che sof-frono.

Le piccole e medie imprese, nonché l’universo delle partite Iva, sono nel mirino di avidi cacciatori di vil de-naro, quel poco ancora rimasto per continuare ad imbottire le proprie tasche alla faccia della comunità.Il malware è comune denominatore, tanto in Italia che all’estero. I pochi cervelli partoriti da validi docenti universitari sono comunque costretti alla fuga da un Paese dove ricerca e cultura sono solo inutili parole che non si mangiano.

Il futuro non conta, i cittadini non contano, la scuola, l’Università, l’educazione non servono.Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato a dato. La vera monnezza non è quella della bellissima Napoli, ma quella che aleggia sull’intero sistema paese vampirizzato da una finanza nazionale ed internazionale corrotta e cor-ruttibile, nascosta in un castello di carte, che nel gioco delle scatole cinesi compare sparisce ricompare rispa-risce nei paradisi fiscali.

La sanità, già alquanto malridotta in molte zone del paese, diviene un lusso di cui poco disporre per tutti, tranne che per pochi “eletti” ( e pare un altro eufemismo ).

Stare qui è sinonimo di essere penalizzati, andarsene vale quasi altrettanto.

Siamo grati a tutti coloro che hanno a cuore il destino di questo paese e di questo piccolo pianeta, e che cer-cano di preservarlo e custodirlo. Siamo grati a coloro che ancora leggono, si informano, discutono e si rim-boccano le maniche nel nome del bene comune.

Siamo altresì grati alla Rete che ci permette di offrire differenti spunti ed opinioni alfine di salvaguardare ciò che ancora rimane, sostenendo l’innovazione e la cultura come strumenti di sviluppo e miglioramento della qualità della vita.

E D I T O R I A L E

Il lavoro è umano solo se resta intelligente e libero.

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SCENARI

6Lezioni di grecoAlcune economie a confronto

FOCUS

12Il lavoroLa chiave di volta

APPROFONDIMENTI

16Il quinto stato Un popolo di freelance

21Nuove professioniIl community manager

ESPERIENZE

25Tecnologia e corporate wellness

INTERVISTE

30Job in progressIntervista a Vittorio Maffei

VIAGGI

34La valigia del paziente Pro e contro del turismo medico

TENDENZE

39Quando il web cerca di geolocalizzare

MODA

43Ethical fashionIntervista a Saverio Palatella

PUBBLICITÀ

46Spot’s anatomyBreve storia di come nasce e si realizza uno spot pubblicitario

CINEMA

49Il grande cinema non va in vacanza

EVENTI

53La sfida dei Serious GamesRicerca, applicazioni, esperienze e prospettive future

RECENSIONI

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PILLOLE

58Le pillole di Voicecom news

S O M M A R I O

VoiceCom news

02.2011

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Nonostante alcuni segnali di ri-presa, la crisi economica conti-nua a colpire in diverse aree del

mondo. Sarà pertanto utile una riflessio-ne pragmatica, se si vuole capire cosa è davvero successo e quali errori sono stati commessi, in modo da trovare dei rime-di efficaci e uscire dal pantano. Per evi-tare sterili polemiche di bandiera, con-viene uscire dall’Italia e seguire quanto succede in alcune aree del pianeta.

Alcuni chiarimenti sono necessari:

1 Si continua a ripetere che il de-

fault USA del 2008 sia stato causato dal liberalismo, cioè da un mercato “trop-po” libero e non regolato. In realtà, le regole mancanti avrebbero dovuto evi-tare che truffatori offrissero soluzioni finanziarie presentate come fiumi di lat-te e miele e settimane dalle sette dome-

LEZIONI DI GRECO

ALCUNE ECONOMIE A CONFRONTO

TESTO - Paolo Della Sala

SCENARIS

Parole chiaveeconomia / crisi del libero mercato / politica economica / PIL / lavoro / mercati internazionali

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niche, e avrebbero dovuto bloccare la politica dei mutui a tasso agevo-lato di Bill Clinton. Clinton è ca-duto nella fede che fosse possibile dare una casa di proprietà a tutti gli americani con la sola forza della legge. L’idea è sacrosanta ma il rischio è quello descritto da G.B. Shaw: “Il governo che toglie a Pietro per dare a Paolo, potrà sempre contare sul sup-porto di Paolo”.

Spiegando meglio: tutti i governi vorrebbero regalare denaro ai loro governati. Il problema è come. Clinton impose mutui a tassi ir-risori e senza chiedere garanzie. Quando ci furono i primi segnali di crisi e si creò una richiesta di liqui-di, le banche entrarono in affanno, fecero rivalsa sui debitori che erano a loro volta impossibilitati a pagare le rate e il sistema andò in tilt.

2 La crisi del 2010 è invece

tipicamente europea e si basa sul collasso dei debiti pubblici di alcu-ne nazioni, alcune delle quali sono provviste di un welfare decente (L’Irlanda), mentre altre hanno un welfare più rocambolesco (la Gre-cia). Il debito pubblico può funzio-nare in questo modo: chiedendo a banche estere di finanziare il welfa-re locale. In questo modo a Pietro non si toglie nulla, e Paolo è felice di dare il proprio voto. Ma quando i mercati internaziona-li chiedono un check alle banche, il sistema va in crisi, e sia Pietro sia Paolo si accorgono di essere loro i veri debitori, mentre prima aveva-no preferito non saperlo. Ottenere denaro facile sui mercati internazionali ha cristallizzato in-tere nazioni (la Grecia soprattut-to), convertendole in economie di servizi, con posti di lavoro impro-duttivi e il mantenimento di un welfare di massa insostenibile. Ne deriva una ulteriore crescita della spesa statale, già sepolta dai debiti in Titoli.

3 Un altro nodo è l’alto livel-

lo delle tasse necessarie a sostenere il sistema di clientele e la burocra-zia governativa. Tutti sanno che in Italia un operaio guadagna anche il 50% in meno del suo collega tede-sco. Si dice che ciò sia dovuto alla pira-teria degli imprenditori italiani. In realtà le aziende tedesche pagano per ogni busta paga praticamente la stessa somma delle aziende equi-valenti italiane. E allora perché i nostri dipendenti guadagnano di meno? Semplice: la differenza vie-ne tutta assorbita dallo Stato, se ne va in tasse e in servizi per giunta peggiori di quelli tedeschi.

4 Altra osservazione necessa-

ria: in Italia si sparla della politica – ma la si mantiene saldamente alla guida feudataria del Paese, mentre nei Paesi seri i politici sono sempli-ci amministratori delegati dai cit-tadini. Si parla male anche dell’im-prenditore e quindi del mercato

libero. Si adora il “mercato guidato dai partiti”. In realtà i problemi consistono proprio nel legame in-decente tra cattiva politica e l’im-prenditoria legata alla politica. In uno Stato sano invece gli impren-ditori sono cittadini liberi di fare impresa e di offrire i propri prodot-ti al prezzo migliore: non c’è sepa-razione né ostilità tra l’impresa li-berata dalla politica e l’individuo.

IL CASO POLACCOL’economia e i mercati mondiali cambiano a una velocità stratosfe-rica per la nostra burocrazia. Tutti ricordano la polemica contro “l’i-draulico polacco” che andava in Francia o nel Regno Unito a offrire i suoi servizi a un prezzo minore di quello dei suoi colleghi del posto.

Ebbene, adesso i polacchi si ritrova-no con degli idraulici cinesi in casa propria: l’appalto finale dell’auto-strada Berlino-Varsavia è infatti stato vinto dalla Contec (http://en.covec.com) , una società statale cinese. I suoi 500 operai sono tutti cinesi, vengono pagati con tarif-fe cinesi, nutriti con cibo cinese. Anzi, non sanno nemmeno quale sia la loro paga, che viene consegna-ta ai loro parenti in Cina. L’appalto costerà 185 milioni di euro, per un tratto di 49 km. Per intenderci: il Passante di Mestre, lungo 32 km, è costato quasi un miliardo di euro, iva esclusa. Il punto è che i prez-

Tutti ricordano la polemica contro “l’idraulico polacco” che andava in Francia o nel Regno Unito a offrire i suoiservizi a un prezzo minore di quello dei suoi colleghi del posto.

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zi per l’autostrada made in China erano imbattibili, e la velocità di esecuzione incredibile. Inoltre la Polonia aveva fretta di costruire le infrastrutture per gli europei di calcio del 2012. Non so davvero se questo sia un segno di liberismo oppure di cinesismo, ma di sicuro è segno che i tempi cambiano.

IL CASO DELLA GRECIAÈ anomalo che i greci protestino e scioperino in forma anche violenta contro il loro governo. Forse do-vrebbero protestare contro se stes-si… Indubbiamente i partiti greci di destra e sinistra hanno approfittato di deleghe in bianco per intascare più del dovuto e del lecito. Ma chi ha dato loro il permesso di agire e perché? In Grecia tutti si allatta-vano al biberon pubblico, a parti-re dai 750 mila dipendenti dello Stato su 4,2 milioni di lavoratori. I dati sono imbarazzanti per tutti e – anche se non si può togliere il pane a nessuno - si deve però tenere conto che i greci il pane di bocca se lo sono in parte tolti da soli. In al-cune amministrazioni pubbliche vi erano 50 autisti per ogni auto blu… cose che nemmeno a Roma.

Nell’ospedale Evangelismos di Ate-ne, grande e importante fin che si vuole ma in cronico deficit, sono stati assunti ben 45 giardinieri. Poi ci sono le 40.000 pensionate che ricevono mille euro al mese a vita solo per essere figlie nubili di fun-zionari statali deceduti.

Vi sono centinaia di categorie pro-fessionali considerate “usuranti” tanto da andare in pensione a 55 anni se uomini, e a 50 se donne. Ma tra le professioni “usuranti” c’è quella di parrucchiere, di musicista di strumenti a fiato, di presentatore televisivo.

Non si tratta certo di contadini o di operai degli altoforni. Anche in Italia si è parlato della pletora di Enti pubblici: in Grecia vi è un Ente secolare finanziato (bene) per il “controllo” del lago Kopais, che si è prosciugato nel 1930. Mentre in Germania i lavoratori hanno lavorato gratis per pagare i conti della Germania dell’Est, in Grecia l’età pensionabile me-dia sarà portata a 63 anni entro il 2015. In Germania, l’età minima per entrambi i sessi é di 65-67 anni. Chiaro che un’economia più alle-gra delle comari di Windsor rischia di non andare da nessuna parte: non si tratta sempre di complotti internazionali. A volte si tratta di vizi nazionali.

IL CASO DELL’ALGERIASui quotidiani algerini El Watan e Liberté ci si interroga sugli erro-ri commessi negli ultimi anni dai governi nazionali. In particola-re Najy Benhassine - economista della World Bank- nel think tank Difendere le imprese (http://de-fendrelentreprise.typepad.com) emette una dura sentenza di con-danna sulle “politiche di promo-zione dell’impresa privata nei paesi del Sudest asiatico e sulle lezioni da trarre per l’Algeria”. Per Benhas-sine “Non si tratta di mancanza di riforme, ma piuttosto di qualità e credibilità delle riforme implemen-tate”. Ha ragione: io - quando sento parlare di “leggi per l’economia” e “riforme” sento puzza di bruciato. Servono invece soluzioni, quelle che si chiamano policy.Gli investimenti privati nell’area del Maghreb sono stagnanti da una ventina di anni. L’Algeria non esporta che 124 prodotti in totale, inclusi gli idrocarburi. È un default del modello economico, forse do-vuto al dirigismo statale e di parti-to. Abdelhak Lamiri, economista e Ceo della Insim, ricorda che: “Lo Stato ha immesso 180 miliardi di dollari negli ultimi 20 anni, solo per fare sopravvivere le aziende pubbli-che improduttive e in passivo”. Quel fiume di denaro poteva inve-ce essere meglio utilizzato creando una nuova filiera industriale dotata

In Grecia vi sono centinaia di categorie professionali considerate “usuranti” tanto da andare in pensione a 55 anni se uomini, e a 50 se donne. Ma tra le professioni “usuranti” c’è quella di parrucchiere, di musicista di strumenti a fiato, di presentatore televisivo.In Grecia tutti si allattavano

al biberon pubblico, a partire dai 750 mila dipendenti dello Stato su 4,2 milioni di lavoratori.

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di ben 3 milioni di lavoratori pro-duttivi, che avrebbero creato un giro di affari annuale di 80 miliar-di. Al contrario i fondi per aziende statalizzate in passivo irreversibile hanno salvato soltanto 200.000 po-sti di lavoro, per giunta considerati in buona parte improduttivi. Di più: lo Stato algerino inietta nella società il 33% del PIL, ottenendo il 3% di crescita ma con le finanze statali ridotte a zero nonostante la miniera d’oro garantita dagli idro-carburi. Intanto la spesa pubblica cresce del 25% mentre le importa-zioni rischiano di superare il record di 40 miliardi $ a fine 2011. Anche la crescita del 3%, strabiliante per l’economia dirigista europea, è in realtà inferiore alla media di tutto il continente africano. Gli arabi del Golfo in realtà sono molto più di-namici (e lo sono anche i marocchi-ni): la sola finanza islamica (quella governata dalla sharia, quasi senza interessi) ha avuto una crescita del 26% dal 2004 al 2009.

IL CASO DEL TEXASIn piena “crisi del libero mercato” il Texas ha perseguito politiche ultra-liberali (zero imposte sul reddito e sulle imprese), convinto che la pa-rità di bilancio si debba perseguire tagliando la spesa e non alzando le tasse. Certo che non esistono utopie: anche il Texas ha un buco di bilancio e un altissimo tasso di abbandono scolastico, con un alto numero di bambini privi di assi-stenza. La risposta a questa sfida sarà decisiva per la politica statuni-tense dei prossimi anni. I dati eco-nomici del Texas sono infatti eccel-lenti se paragonati ad altri stati.Mentre la “europea” California è in calo demografico (come tutta l’Europa, e si dovrebbe capire che il calo demografico significa anche crisi), la popolazione del Texas cre-sce a un ritmo doppio rispetto alla media USA. Secondo la Brookings Institution tra le venti città ameri-cane che più si stanno arricchendo ben sei si trovano nel Texas, men-tre otto tra le città più povere degli USA si trovano in California.

È un caso? La questione viene posta da Ales-sandro Tapparini su Il Foglio. Nel secolo scorso la California era la terra dell’oro e negli anni ’80 com-peteva con le primissime economie mondiali, col reddito più alto del pianeta. Ora è il posto peggiore dove fare affari negli USA (il pri-mo è il Texas). Certo dal punto di vista di un greco il Texas resta uno stato cinico, non a caso è lo scena-rio del film “Non è un paese per vecchi”: niente contratti collettivi, sin-dacalizzazione al 6%... In California invece le Union impongono alte paghe ma adesso alle fi-nanze del Golden State mancano 535 miliardi di dollari (contro i 20 del Texas), per cui la si-tuazione di Los Angeles e San Francisco è grigia, nonostante la presen-za dell’industria cinematografica e della filiera informatica. Del resto persino la produzione di film, che nel 2002 era all’82% ad Hollywo-od, ora lo è solo al 30%. Il cinema yankee si fa altrove.

Il Texas è il primo produttore di energia elettrica degli USA: non grazie al petrolio dei Bush, ma gra-zie ai mulini a vento, impiantati in grandissimo numero.

La scommessa è sull’equilibrio tra nuova economia e nuovo welfare: si pensa che per i bambini in crisi convenga pensare a un lavoro vero per i loro genitori, più che alle sov-venzioni. E infatti, l’anno scorso la metà dei posti di lavoro di tutti gli States è stata creata in Texas. Non si tratta di destra o sinistra: negli ultimi anni la California è stata gestita da un Terminator re-pubblicano. Si tratta di scegliere tra statalismo rinnovato e un libe-ralismo rinnovato e privo di ideo-logia.Dallo scontro tra due modi di intendere le politiche economiche potranno nascere indicazioni utili anche per l’Italia.

Il Texas è il primo produttore di energia elettrica degli USA: non grazie al petrolio dei Bush, ma grazie aimulini a vento, impiantati in grandissimo numero.

PAOLO DELLA SALA

Giornalista

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Farm windmill Darrieus rotorFarm windmill

Rotor placed downwind

Darrieus rotor

Cretan sail windmill

LE TIPOLOGIE DI MULINO A VENTO

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Il lavoro: la chiave di volta SUL LAVORO SONO STATI SCRITTI NUMEROSI SAGGI MA NON SI VUOLE, IN QUEST’ARTICOLO, COMMENTARE CONCETTI HEGELIANI O MARXIANI SULL’ARGOMENTO. VORREI INVECE PARLARE DEL LAVORO COME RISORSA ECONOMICA E SOCIALE NEL NOSTRO TEMPO RAPPORTANDOLO ALLA CRISI CHE STIAMO VIVENDO IN QUESTI ULTIMI ANNI.

FOCUSF

LA VERA RICCHEZZAGuardando la storia del nostro Paese, analizzando il boom economico degli anni ’50, ’60 e ’70 è indiscutibile af-fermare che la grande ricchezza venne generata col lavoro e la conseguente produzione di beni e servizi.

Proviamo ora a confrontare con la ric-chezza prodotta negli anni ’90 e nel nuovo secolo: speculazioni finanziarie, immobiliari, “furbetti del quartierino” che improvvisano scalate, azioni quota-te in borsa che si deprezzano del 99%.La differenza sta nella sostanza: il la-voro è concreto; la finanza è ricchezza virtuale. Non vorrei con questo deni-grare l’aspetto finanziario che è parte integrante e importante dell’economia,

Parole chiavecosto del lavoro / globalizzazione / riforma fiscale / finanza / speculazioni finanziarie

di GABRIELE SANTALINI

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semplicemente occorrerebbe ridi-mensionarlo al suo naturale ruolo di complementarietà e subordinazione.D’altro canto se andate a vedere la struttura di qualsiasi bilancio azien-dale, noterete che la gestione finan-ziaria (salvo casi particolari) dovreb-be assumere un aspetto secondario rispetto alla gestione economica che rispecchia l’attività vera e propria dell’impresa. La finanza quindi al servizio dell’attività economica, ov-vero della produzione di beni e ser-vizi. Ma cosa succede quando questo non avviene?Pensate quanto sarebbe bello produr-re ricchezza senza costi: questa è la finanza avulsa dall’attività produtti-va. D’altronde i costi sono tipici del-la gestione economica (ricavi meno costi) e quindi qualcuno per l’ap-punto “furbetto” ha pensato bene di dedicarsi esclusivamente all’aspetto finanziario.Piacerebbe a tutti acquistare azioni o immobili a 100 e rivenderli in breve tempo a 150: ecco la ricchezza velo-ce senza fatica, senza lavoro e senza costi di struttura o di personale.Basta un PC, le conoscenze giuste, qualche compromesso e il gioco è fatto. Ma questo 50 di utile, dato dalla differen-za di acquisto e quella di vendita, da che cosa è generato?Da nulla: non c’è un prodotto, non c’è un servizio.

Ma se qualcuno ha guadagnato 50 e non è stato prodotto nul-la allora qualcuno ci avrà pur rimesso.Certamente!Ci rimette il sistema: la collettività.Avete presente il caso Cirio oppure Parmalat? Prima sono problemi so-cietari, poi diventano problemi delle banche italiane e alla fine il problema passa agli italiani stessi.Questo perchè quando una banca produce un utile naturalmente se lo gestisce come meglio crede, ma quan-do produce una perdita allora lo Sta-to interviene “nell’interesse della col-lettività”. Ma siamo sicuri che questo interesse sia veramente della colletti-vità e non di poche famiglie?Comunque questo è ciò che succede quando la finanza si discosta dalla produzione.

SPECULAZIONI E VIGILANZALe speculazioni sono un po’ ovun-que. Passavo qualche giorno fa davan-ti un’agenzia immobiliare di Milano e mi ha colpito una proposta relativa ad un monolocale di 40mq in corso Como alla modica cifra di 900.000€.

Per chi non conosce la zona stiamo parlando di una via attaccata alla Sta-zione Garibaldi delle Ferrovie dello Stato, famosa per la movida milane-se e quindi neanche particolarmente felice per un immobile residenziale. Da un breve calcolo il monolocale è venduto a 22.500€ al mq. quando a New York si trova qualcosina di cari-no anche a 10.000€ al mq. Siamo si-curi che sia il valore giusto? Voi spen-dereste questa cifra per passare notti insonne a causa degli schiamazzi dei giovani che continuano ad entrare ed uscire da locali e discoteche? Forse lo scopo della proposta immobiliare non è una reale compravendita, ma solo documentare un valore gonfiato da inserire in qualche bilancio o in qualche garanzia per ottenere un fi-nanziamento.Altro esempio è il mercato azionario italiano. Il valore della singola azione dovrebbe quantomeno rispecchiare, anche solo a livello teorico, il valo-re della società quotata diviso per il numero di azioni emesse. Negli Stati Uniti una società che ha bisogno di capitale, si rivolge al mercato borsisti-co chiedendo ai piccoli investitori di comprare le proprie azioni promet-tendo di dividerne gli utili.Se l’imprenditore non gestisce bene l’attività, i piccoli azionisti vendono le azioni e comprano quelle di socie-tà meglio gestite. Sembra banale ma funziona anche perché il valore del-le azioni raramente è soggetto a for-ti sbalzi: il guadagno consiste quasi sempre nella distribuzione dei divi-dendi (l’utile della società).In Italia i dividendi quando ci sono, sono infinitesimi e il vero guadagno si cerca di crearlo con la differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita. Ancora una volta siamo in presenza di mera speculazione com-pletamente slegata dalla produzione di beni e servizi. È capitato che una azione pagata dal piccolo investitore 15€, dopo circa un anno abbia un va-lore di 0,5 €.

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Cosa è successo?Come è possibile che in un mercato istituzionale e controllato come la Borsa italiana una società possa pas-sare da un valore all’altro senza che nessuno dica niente? È chiaro che o era sovrastimato il valore di 15€ oppure è sottostimato quello di 0,5€, ma in entrambi i casi ci dovrebbe essere una Consob e una società di revisione che vigilano sulla correttezza dei valori e su eventua-li operazioni fraudolente. Capirete che vendere a 15 qualcosa che adesso vale 0,5 non è neanche speculazione ma furto legalizzato! Gli organi e i meccanismi di controllo ci sono, si pagano persone e società per vigilare. Nonostante ciò la speculazione con-tinua a mietere vittime trasferendo risparmi dei piccoli investitori nelle tasche di grandi gruppi economici.

IL COSTO DEL LAVOROÈ la politica economica di un Paese che determina il delicato equilibrio tra economia produttiva e finanziaria.

Le leve principali su cui agire sono nean-che a dirlo la fiscalità/contribuzione e la bu-rocrazia.Immaginiamo per esempio di voler assumere un dipendente: prendiamo per comodità un fattorino/addetto

alle pulizie quindi senza specializza-zioni e con la paga più bassa possibile.Utilizziamo un 7° livello del Contrat-to Collettivo Nazionale del Lavoro del Commercio la cui retribuzione lorda mensile è circa 1170€.

L’aliquota contributiva globale da versare all’Inps è il 38,17% di cui il 9,19% a carico del lavoratore e il 28,98% a carico del datore di lavoro.Questo significa che all’imprendito-re costerà circa 1510 € al mese (tra-scurando l’Inail) mentre il lavoratore percepirà circa 900 € nette.

Quindi il datore di lavoro paga un 68% in più del netto in busta paga del lavoratore e questo è il caso più favo-revole perchè con l’aumento della re-tribuzione, per effetto della progres-sività impositiva, il divario aumenta fino a superare il 130%. L’aliquota contributiva del 38,17% è così eleva-ta (in Germania è circa la metà) per evitare un fallimento Inps causato da erogazioni di pensioni maggiori dei contributi ricevuti dai lavoratori. Il rischio fallimento Inps è nato fonda-mentalmente da due fattori. La prima causa è stata l’eccessiva concessione alle richieste sindacali negli anni ’80 e ’90 che hanno sicuramente contri-buito ad aumentare le pensioni dei propri iscritti, ma nel contempo han-no spostato il maggior onere di man-tenere dette pensioni alle generazioni future creando una vera e propria di-vergenza generazionale.

Il secondo fattore con-siste nel progressivo invecchiamento della popolazione italiana: sempre più pensionati e sempre meno lavora-tori che versano con-tributi.

Oltre alla fiscalità bisogna conside-rare i costi della burocrazia per la gestione del personale: le comunica-zioni, gli adempimenti, le regole di-verse per ciascun contratto collettivo, il calcolo di malattie, ferie, permessi, tredicesime, quattordicesime, TFR e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo comporta l’impossibilità del datore di lavoro di adempiere perso-nalmente agli obblighi richiesti, co-stringendolo a demandare e quindi pagare un professionista dedicato.Dopo tutti questi calcoli pensate in-vece alla tassazione relativa alle ren-dite finanziarie: 12,5% secco senza scaglioni! Anche queste scelte di po-litica fiscale incidono sulla preferenza dell’investimento finanziario rispetto all’imprenditoria e alla creazione di lavoro/ricchezza.

IL MERCATO DEL LAVOROSpesso si critica la classe imprendi-toriale perché a volte trasferisce l’at-

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tività in Paesi esteri al fine di ridurre i costi di produzione. Non bisogna dimenticarci che ormai siamo in pie-na globalizzazione. Il ragazzino che vuole acquistare una chiavetta USB non va più nel negozio specializza-to, ma con una ricerca su internet si fa inviare l’oggetto direttamente dal paese asiatico che lo produce con un notevole risparmio sul prezzo.Senza andare sul tecnologico anche la brava massaia impara a comprare la verdura dove costa meno. D’altronde coi tempi che corrono, risparmiare quando si può è diventato necessario.Allo stesso modo anche all’impren-ditore, che non vede utili da qualche anno, deve essere lecito pensare ad una riduzione dei costi. La politi-ca fiscale poc’anzi descritta rende il costo del lavoro uno degli oneri più pesanti da sopportare all’imprendi-toria italiana. Altra considerazione è il concetto di mercato del lavoro e di solidarietà internazionale.L’imprenditore in perdita che decide di chiudere l’attività in Italia per aprirla in Romania è considerato quasi un delinquente perchè lascia a casa padri di famiglia. Di converso in Romania la stessa persona è vista come benefattore. La verità è che non possiamo più pensare al solo “sistema Italia”.

Creare posti di lavoro è un bene mondiale a prescindere dal luogo che si sceglie.Se un’idea imprenditoriale in Italia non funziona più, mentre funziona all’estero, è bene che si trasferisca.In questo modo si trasferisce anche la ricchezza che piano piano si ridistri-buisce nel mondo.Le zone povere hanno generalmen-te basso costo del lavoro, le aziende tendono ad aprire unità produttive in queste regioni aumentandone la ricchezza.Non dobbiamo pensare ai paesi sot-

tosviluppati o in via di sviluppo come una zavorra che frena il nostro Paese “rubandoci” il lavoro. Pensiamo in-vece che portare lavoro e ricchezza in questi paesi consentirà loro di di-ventare consumatori anche dei nostri prodotti italiani. Questa è la vera sfi-da della globalizzazione.Facciamo un esempio pratico col caso Fiat. L’Italia ha sempre avuto una grande tradizione di costruzione au-tomobilistica. Molti italiani lavorano nel settore o nell’indotto.Ma tutte le automobili che producia-mo a chi le vendiamo?Noi non possiamo comprarne una ogni anno. I tedeschi e i francesi han-no le loro. Una volta saturato il mer-cato non è più utile né economico costruire auto. Cosa facciamo? Tutti a casa? Perché invece non cerchiamo di aiutare continenti come l’Africa: una volta stabilizzati pensate a quan-ti milioni di potenziali acquirenti di

auto. Spesso aiutare gli altri significa aiutare anche se stessi!

IL LAVORO E LA POLITICASi parla tanto di riforma fiscale e spes-so ci si arena su argomenti quali come trovare i finanziamenti per poterla attuare. Dalle riflessioni esposte in questo articolo credo sia ben chiaro a tutti quale sarebbe il vantaggio eco-nomico nell’avere un minor costo del lavoro. Non solo si comincerebbe a creare impresa, ma probabilmente arriverebbero società dall’estero che aprirebbero la propria unità produt-tiva in Italia.Questo si tradurrebbe inevitabilmen-te in maggiori imposte versate.

Altra osservazione circa la riforma fiscale è la progressività dell’imposta.Come sappiamo la nostra Costituzio-ne stessa prevede un regime fiscale di tipo progressivo: quindi i redditi più bassi hanno un’aliquota Irpef inferio-re rispetto ai redditi alti. Per questo motivo un sistema alquanto comples-so di detrazioni e l’individuazione di aliquote diverse per scaglioni di reddito, garantiscono il concetto di progressività. Nessuno mette in dub-bio la bontà ed equità del sistema progressivo, ma le modalità su come attuarlo fanno la differenza tra una politica fiscale e un’altra.

Come potete notare per il fisco italia-no la progressività finisce a 75.000€ annui. Lungi da me auspicare una tas-sazione progressiva all’infinito consi-derando anche che il 43% di aliquota è veramente alto soprattutto se para-gonato ai servizi ricevuti in cambio.

La critica è nel fissare a 75.000€ questo tetto che a parer mio andrebbe innalzato a 300.000€ consentendo aliquote più basse a scaglioni più alti: ad esempio un 20% fino a 30.000€.

Se la nostra classe politica impegnasse il proprio tempo per discutere ed esaminare queste

argomentazioni sarebbe sicuramente un Paese migliore.

GABRIELE SANTALINI

Dottore Commercialista, [email protected]

AD OGGI LE ALIQUOTE IRPEF SONO LE SEGUENTI:

Scaglioni reddito Aliquota

da 0 a 15.000 € 23%

da 15.000,01 a 28.000 € 27%

da 28.000,01 a 55.000 € 38%

da 55.000,01 a 75.000 € 41%

oltre 75.000 € 43%

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IL QUINTO STATO

Un popolo di freelance

APPROFONDIMENTOA

C’era una volta un cavaliere senza macchia e senza paura.

Il suo nome era Ivanohe….e di mestiere faceva il consulente. Probabilmente oggi Sir Walter Scott dovrebbe esprimersi in questo modo per dare qualifica al suo celebre personaggio.

Una “ lancia libera “, un free� free�lance, un cavaliere pronto ad offrire i propri servigi al no�bile bisognoso d’aiuto. Un soldato di ventura, un mer�cenario, che presta la propria lancia in modo temporaneo al miglior offerente, se non al più meritevole. Un consulen�te per l’appunto. Una figura che in svariate forme diven�

ta parte importante, se non fondamentale nella storia del mercato del lavoro, ed oggi talmente diffusa e variegata da superare addirittura i confini delle classi sociali e in certi casi, molti come vedremo, ar�rivata a fondersi con una sorta di neoproletariato invisibile. Va da sé che la figura prima�ria del consulente denota un target di alto profilo, è infatti un freelance specializzato ri�chiesto ed ambìto tanto dalle Grandi Imprese, dalle Medie Aziende, così come da Mini�steri o altro.

Vediamo appunto personalità, in qualità di massimi esperti, venire di volta in volta chia�

Parole chiaveconsulenti/ lavoratori della conoscenza/ popolo della partita IVA/ lavoratori autonomi/ precari/ mobilità/

di MAURIZIO ARATA

Un soldato di ventura, un mercenario, che presta la propria lancia in modo temporaneo al miglior offerente, se non al più meritevole: un consulente per l’appunto

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mati a svolgere mansione dal mondo dell’Economia, della Scienza, della Sociologia, dell’Energia, dell’Am-biente…

Questo tipo di alto consulente è spesso e volentieri strapagato, in lui si ripongono importanti aspettative

per la risoluzione o la presa in carico dei più grandi problemi che non si è in grado di risolvere col normale organico operativo. Si potrebbe dire che un tale consulente sia perfino in-dispensabile. Ma da questo modello di consulen-te, la trasformazione del mondo del

lavoro e dell’impresa ci conduce ad un’altra molteplicità di figure che ormai da alcuni decenni, due in par-ticolare, sono divenute l’universo della società del terziario avanzato. Si badi bene, un universo nuovo nel tessuto sociale postfordista, tanto fondamentale quanto invisibile nella sua realtà complessiva. Il salto por-ta dal consulente raro e privilegia-to, riconosciuto e ultraretribuito, al freelance nuovo operaio massa della conoscenza come lavoratore atipico, non garantito, sottopagato, ed il più delle volte privato dei fondamentali diritti.

La trasformazione industriale che ha coinvolto e sta coinvolgendo sempre più anche il nostro Paese, la compe-tizione che marcia di pari passo con l’accanita concorrenza sempre più forte sul mercato internazionale, la globalizzazione che reca con sé un mondo di lavoratori a costi ridicoli, sono i fattori determinanti che stan-no sviluppando sempre più questa forma di esternizzazione delle man-sioni lavorative.

Non è un caso se oggi il santo più in voga è San Precario. Ma questo non porta propriamente il precariato all’interno di questo nuovo panora-ma diffuso. Il precariato che ci giunge dalle fabbriche, che cresce nella Scuola e nell’Università, porta comunque ancora con sé i “legacci“ del posto fisso, il collocamento a tempo inde-terminato, un sindacato storico che ne prende le difese.

Il nuovo modello industriale vuole liberarsi da tutti i vincoli che gli ven-gono creati dal lavoro dipendente, e lo sta rapidamente facendo.

La produzione di fronte alla concor-renza non vuole pause, scioperi, ma-lattia, maternità. Ben venga per que-sti soggetti zavorra la rupe di Sparta. Nel contempo l’esternizzazione pas-sa ed è passata attraverso una forma ben diversa da quella della contratta-zione. L’esternizzazione si è svilup-pata e si sviluppa dalla politica dei licenziamenti, dalla disoccupazione, dalla cacciata della middle class im-

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non ci sono

diritti riconosciuti

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piegatizia dal posto di lavoro fra i 45 e i 50 anni, dalla non-occupazione studentesca, che si tratti di laureati o meno poco importa, da un mondo giovanile sempre più disilluso del proprio futuro.

Da questo intricato panorama che coinvolge differenti figure sociali, con diverse esperien-ze, se non con nessuna esperienza, nasce que-sto nuovo modello non ben definibile di la-voratore indipendente, autonomo, freelance.

Un modello che si muove in una quantità di settori impressionante, si va dall’artigianato,

al giornalismo, all’arte, alla creatività, alla comunicazione, ai call center, alle piccole e medie imprese con i contratti co co pro, ex co co co, agli stagisti, e via dicendo. In tanti casi l’unica aggregazione è quella della Rete, dei Social Network e dei Social Media. Volente o nolente, rappresentante del nuovo modello di sviluppo sociale è il cosiddetto popolo del-le Partite Iva. Un popolo capace di convivere in solitudine con il desktop di un computer, dialogando e sviluppando lavoro attraverso una tastiera, barcamenandosi fra un’intuizione, un’inno-vazione e l’immancabile concorrenza di mer-cato.

Il senso di libertà che nasce nello svolgimen-to di tale propria attività si scontra con la continua necessità di stare nel mercato, con l’obbligatorietà fisiologica di vedere ripagato

VITA DA FREELANCEI LAVORATORI DELLA CONOSCENZA E IL LORO FUTURO

di Sergio Bologna e Dario BanfiEditore: Feltrinelli Pagine: 288 ISBN: 8807172014 Prezzo: € 17,00

Un testo molto interessante vuole fare riflettere su quello che è il lavoro autonomo in Italia, e in vari altri paesi, dall’Europa agli Stati Uniti.Gli autori invitano ad una seria riflessione at�torno a quel che sta cambiando nel mondo del la�voro postfordista. Il lavoro indipendente va a specchiarsi nella tradizione collettivista e nelle sue rappresentanze. Il ruolo economico di questo nuovo fronte di lavoratori è sempre più in aumento e giocato al ribasso. Figure multiformi si affac�ciano moltiplicandosi ad un mercato sempre più competitivo. Spesso sfugge l’esperienza, così come sfuggono gli studi a monte. Milioni di lavorato�ri arrancano, nuotano e si dibattono in un oceano mosso, dove le onde appaiono in forma di dubbi e di incertezze. Una vasta fetta di questo mondo la�vora “navigando”. La Rete è divenuta tutt’uno con le nuove figure emergenti, ne è fonte e strumento indispensabile.Possono i nuovi lavoratori delle conoscenza trovare forme di aggregazione e di rap�presentanza? Come si svolge il passaggio che porta un forte individualismo verso la coalizione ed il fare community? Saperne di più potrà essere vitale guardando il prossimo futuro.L’obiettivo è il riconoscimento del lavoro indi�pendente, del suo valore professionale e della conoscenza su cui fonda le proprie radici.Così Sergio Bologna e Dario Banfi aprono un di�battito tutto da seguire, da cui certamente si potranno verificare nuovi mutamenti di carattere sociale e nuove istanze di diritti ad oggi inesi�esi�stenti.

Un popolo capace di convivere in solitudine con il

desktopdi un computer

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il proprio lavoro della conoscenza in termini di vile denaro. Qui non ci sono ferie retribuite, se si ha la feb-bre si ha la febbre, punto e basta.

Non vi sono diritti riconosciuti, non c’è un sindacato che cauteli, magari neppure lo si vuole. Non si guarda alla pensione, quale pensione? Non esiste più un qualsivoglia tariffario che garantisce un’adeguata retribu-zione, vengono a cadere i punti di riferimento. Forse ne restano solo due: la famiglia e internet. Mentre la famiglia, se c’è, dove può, se può, fornisce una garanzia vitale, è pro-

prio internet a dare fiato al lavoro indipendente.

Dall’usura fisica propria dell’opera-io di fabbrica si passa all’usura ce-rebrale data dal mezzo tecnologico e dal suo essere sempre più in pro-gress, utilizzando sempre più nuovi strumenti innovativi capaci di per-meare l’intero vissuto quotidiano.

Naturale il fatto che una tale nuo-va diffusa figura sociale porti con sé una nuova economia, dove la sfida deve essere capace di superare l’insi-curezza, dove viene messo in gioco il

proprio sapere ed il proprio capitale umano.

In quest’economia, l’avere successo non è sinonimo di sicurezza, conti-nuità, garanzie sociali presenti e fu-ture, ma solo una base per prossime competizioni, dove spesso e volen-tieri non contano più le lauree o i ti-toli di studio. Il nuovo mercato vor-rebbe ottenere il massimo pagando il minimo, anzi ancora meno. E se qui non si può fare, allora si delocalizza. Si va dove il lavoratore costa meno, oppure cosa importa se un’ idea grafica, tanto per esempio,

FIGURA 4

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ISTATLa crescita del numero degli occupati registrata nel primo trimestre 2011 interessa, dopo oltre un biennio, anche le figure lavorative a tempo pieno (+0,2%,

pari a 37.000 unità rispetto allo stesso periodo di un anno prima). Il risultato è la sintesi dell’incremento dei dipendenti a tempo determinato (+4,6%, pari a 70.000 unità) e degli autonomi (+0,8%, pari a 40.000 unità), a fronte del calo dei dipendenti a tempo indeterminato (-0,6%, pari a -72.000 unità).

OCCUPATI PER TIPOLOGIA DI ORARIO, POSIZIONE E CARATTERE DELL’OCCUPAZIONEI trimestre 2011

Tipologia di orario, posizione professionale e carattere dell’occupazione

Valori assoluti

(in migliaia)

Variazioni sul I trim. 10 Incidenza %

Assolute(in migliaia) Percentuali I trim. 2010 I trim. 2011

Totale 22.874 116 0,5 100,0 100,0

a tempo pieno 19.391 37 02 85,0 84,8

a tempo parziale 3.483 78 2,3 15,0 15,2

Dipendenti 17.054 65 0,4 74,6 74,6

Permanenti 14.923 -19 -0,1 65,7 65,2

a tempo pieno 12.719 -72 -0,6 56,2 55,6

a tempo parziale 2.204 53 2,5 9,5 9,6

A termine 2.131 84 4,1 9,0 9,3

a tempo pieno 1.584 70 4,6 6,7 6,9

a tempo parziale 547 14 2,7 2,3 2,4

Indipendenti 5.820 51 0,9 25,4 25,4

a tempo pieno 5.088 40 0,8 22,2 22,2

a tempo parziale 732 11 1,5 3,2 3,2

Indipendenti, di cui

Collaboratori 414 18 4,5 1,7 1,8

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me la faccio sviluppare in Malesia o in Bulgaria, e poi me la importo con internet. Il freelance come lavorato-re della conoscenza non è solo fari-na del nostro sacco, ma trova il suo bel spazio fisico e virtuale tanto ne-gli Usa quanto nella nostra Europa comunitaria. Il lavoro dell’intelletto viaggia come merce, come prodotto finito travalicando qualsiasi tipo di frontiere.

Qui non c’è la paura del mobbing in azienda, ma la paura di vedere svi-luppare o comprare la stessa idea a minor prezzo in qual-che altra parte del mondo. Sono sempre più diffuse le aziende che amano questo tes-suto sociale e lo “im-piegano”. Se prendia-mo come esempio le aziende di call center, cosa importa se il ser-vizio offerto viene da casa o dall’India o da un paese dell’est, dove i costi sono compressi ed i vincoli pressocchè inesistenti, sia da un punto di vista fiscale, burocratico e istitu-zionale. Quello a cui si mira è l’eccellenza, c’è chi ci riesce e per fare questo instaura un rapporto di fiducia ottimale con i propri dipendenti tempora-nei, c’è chi invece cerca solo di approfittarne per poi chiudere i battenti in malo modo e scappare colla cassa.

Il lavoratore temporaneo non sa quale sarà il suo futuro, è solo un ati-pico prestatore d’opera.

Anche i lavoratori delle Partite Iva, peraltro, sono o divengono in que-sto contesto sociale particolarmente atipici, spesso si trovano in condi-zioni di dovere interrompere fasi di lavoro, magari per un periodo di contratto a progetto, per poi torna-re alla precedente attività e scoprire che nel frattempo i vecchi clienti, ovviamente, li avevano già sostituiti.

Qui parlare di precarietà va ben ol-tre il classico concetto di precariato.La mobilità, almeno quella intellet-tuale, è messa in conto fin dal primo momento, ma il cammino è come quello di un trapezista di circo. Se un tempo c’erano i colletti bianchi della middle class, oggi ci sono i col-letti colorati della hobo society. E naturalmente la prima mobilità at-traversa gli spazi virtuali di internet.

Il fare da sé del freelance reca come conseguenza una tendenza ad un individualismo yankee che poco

si confa con lo spirito collettivista di cui è da sempre pregna l’Italia e l’Europa, per non parlare dei paesi dell’est. La figura del freelance è an-che molto ma molto eterogenea, le aspirazioni individuali stesse sono differenti, variano da singolo a sin-golo, anche le necessità economiche possono variare. Tutto sommato se dovessimo trovare un punto di ag-gregazione per questo nuovo popolo del lavoro, per questa nuova molti-tudine sociale, lo dovremmo fare in termini di diritti e garanzie.

Un tale tipo di fattore comune sta per divenire otremodo necessario

per frenare il gioco al ribasso che le grandi imprese multinazionali han-no da tempo messo in atto col soli-to scopo di trarre sempre maggiore profitto dallo sfruttamento di un’u-manità trattata alla stregua di merce. Tante sono le associazioni o gli or-dini che aggruppanno questo o quel profilo, questa o quella tipologia, ma quel che manca è una soglia di rap-presentanza orizzontale.

E non certo gli attuali sindacati sem-brano in grado di cogliere una tale novità, peraltro poco gradita, alla

quale non sono mai stati abituati, essendo trincerati nella difesa di un operaio fordista che non esiste più, nel-la difesa di un piccola equiparazione salariale per un operaio specia-lizzato con pensione assicurata, o nella di-fesa delle poche linee di montaggio ancora rimaste.

Ben venga la tutela del-la classe operaia e dei lavoratori in quanto tali, ma si voglia alme-no aprire gli occhi, tut-ti e due gli occhi, e ma-gari anche il cervello, di fronte alle trasfor-mazioni in atto, alle nuove figure sociali che nuotano nel mare del non-garantismo, alla necessità di fare

fronte comune e creare nuove regole capaci di dare pari dignità in un con-testo di innovazioni e nuove tecno-logie che tendono da una parte verso il miglioramento della qualità della vita, dall’altra verso l’ignoto sociale.

MAURIZIO ARATA

Giornalista, Condirettore di Voicecom news

Se un tempo c’erano i colletti bianchi della middle class, oggi ci sono i colletti colorati della

HOBOsoc i e t y

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Nuove professioni: il community manager di PETRA INVERNIZZI

APPROFONDIMENTIA

L’avvento del web 2.0 e, in particolare, dei social net-work ha cambiato il modo di rapportarsi delle persone con le aziende. Dal canto loro, le aziende non potevano stare a guardare e, chi prima chi dopo, hanno iniziato ad adeguarsi. Non tutte ovviamente. Alcune an-cora nascondono la testa sotto la sab-bia, sperando che passi la tormenta, altre, più scettiche, guardano ai nuovi trend come a mode passeggere. Ma la maggior parte delle imprese ha capito la necessità di esserci e l’impor-tanza di costruire la propria immagine in rete.

“Le idee noiose non possono diffondersi, le aziende noiose non possono crescere.” Seth Godin

Quando parlo di social media, mi rife-risco in particolare a Facebook che io considero ormai un “social mass media” o, meglio, un social media di massa. C’è chi lo snobba, chi lo guarda con sospetto o disprezzo, chi lo accusa. Ma Facebook è Facebook: il social network. Quello che sta cambiando le nostre abitudini, i nostri siti, il nostro modo di comu-nicare e di lavorare. E dentro ci trovi

tutti. Che piaccia o meno, Facebook è il social network. Almeno in Italia. Al-meno per ora. Una cassa di risonanza senza pari, un nuovo e potente canale di CRM e di acquisizione e conversio-ne del traffico utenti.

“Oggi l’obiettivo non è quello

di scalare le vette, ma di scendere nelle strade, perché è qui che si svolge l’azione” Seth Godin

Parole chiavesocial media marketing / web 2.0 / social media / facebook / customer care / comunicazione / marketing, crm

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Del resto, se consideriamo che nell’aprile del 2011 sono 20.750.000*, uno più uno meno, gli italiani che si sono collegati a Facebook, for-se una riflessione vale la pena farla. Di questi il 36% si collega abi-tualmente anche da mobile e, anzi, parrebbe che la maggior parte di coloro che acquista uno smartphone lo faccia proprio per “potersi collegare a Facebook anche da fuori casa”.

Un bene? Un male? Non è questa la sede per fare un esame sociolo-gico o psicologico sulle conseguenze del fenomeno social sulle per-sone. Sicuramente però l’influenza sulle nostre vite esiste ed è sem-pre più marcata. Ormai visitando un sito, se ci manca il tastino “mi piace” o “condividi” ci sentiamo persi. Spesso lo vorremmo anche per tutto il resto. Pensateci! Pannello led in metropolitana con la scritta treno Rho-Pero in arrivo tra1/2 minuto. Ci viene da cliccare “mi piace”. Ci viene, ma non possiamo. E allora magari lo scriviamo sul nostro profilo Facebook. O su Twitter. Tanto per rimediare.

Insomma è innegabile che sia cambiato il modo di interagire delle persone con ciò che le circonda. Questo vale ancora di più per quan-to riguarda la politica, i marchi, i personaggi pubblici. Ormai tutti vogliamo dire la nostra, in merito a qualsiasi cosa. Condividere, ap-prezzare, contestare, commentare. Tutto. Con tutti. Nascono così le community, che possono essere costituite da cittadini oppure da consumatori di un prodotto o servizio. I cittadini vogliono sempre più trasparenza per quanto riguarda l’operato della PA, i consuma-tori vogliono un rapporto nuovo con le loro marche. Costruire una relazione, vivere un’esperienza, entrare in contatto, così cambiano i clienti nell’era social. Nuovi paradigmi guidano la relazione azien-da-community e l’approccio diventa sempre più cliente-centrico. È la fine della vecchia era, caratterizzata da un approccio top-down, nasce l’economia del dono, accompagnata da una nuova etica del-la trasparenza. Trasparenza, coerenza e centralità dei valori chiave aziendali da un lato, generosità e offerta (reciproca) di contenuti, consigli e informazioni dall’altro. In questo contesto, le aziende con-versano con gli utenti in modo “umano”, perché le persone si identi-ficano con altre persone, non con le aziende.

“Il 93% degli intervistati si aspetta che le marche e i prodotti che consumano siano presenti sui social media.” Indagine Cone LLC

Le imprese quindi, numeri alla mano, hanno capito che non si può non esserci. Alcune hanno improvvisato, altre hanno proceduto per tentativi, chi ha potuto si è affidato ad agenzie o consulenti. Poche ancora, in realtà, quelle che ad oggi hanno riconosciuto la necessità di predisporre una figura ad hoc, il community manager appunto. Poche, ma destinate a crescere. Anche in tempi di crisi e di ridu-zione di costi, non bisogna fare economia sul community manager e sul servizio clienti. Meglio, piuttosto, limitare costi strutturali e operativi.

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Penne digitali 2.0

Fare informazione onl ine nel l ’era dei blog e del giornal ismo diffuso Autore : Car lo Baldi Rober to Zarr ie l loprefaz ione d i Giuseppe SmortoEdiz ione : Centro Documentazione Giornal ist icaPrezzo : 18,00 euroISBN : 9788885343535

Un manuale completo di teor ia e tecniche che i l g iornal ista deve possede-re per cogl iere al megl io le oppor tunità che i l wor ld wide web off re al la sua profess ione.Un vademecum per gl i operator i del l ’ informazio-ne: per chi usa la rete per proporre contenut i perso-nal izzat i a gruppi d’ interes-se spontanei formati da po-che decine di appass ionat i o da mi l ioni di persone; per chi svolge o intende intra-prendere in futuro le nuo-ve profess ioni del l ’ informa-z ione, o sempl icemente provare a comunicare e a discutere con i l grande pubbl ico.

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Questo perché le community costru-iscono e alimentano la nostra “whuf-fie bank”.** Perché una community che parla (bene) del nostro marchio genera un sentimento positivo e una cultura di appartenenza forte. Uno studio fatto dall’istituto OTO Re-search mostra che i primi 100 risul-tati ottenuti cercando una marca su Google sono messaggi prodotti dai consumatori. Anche su questo vale la pena riflettere e proprio per que-

sto motivo occorre investire a lungo termine, al fine di stabilire una rela-zione duratura con le nostre com-munity. Più i clienti si appropriano di una marca, meno sarà necessario spendere in pubblicità.

“La chiave del successo non risiede più nella pubblicità, ma nella capacità di intrattenere un dialogo con i consumatori” Cluetrain Manifesto

Le imprese più incaute, probabil-mente senza essere consapevoli del pericolo che corrono, affidano la gestione dei social media ai poveri stagisti di turno. Forse perché gio-vani e quindi – si pensa - natural-mente più portati all’utilizzo dei nuovi media. È opportuno? Pro-babilmente queste aziende sotto-valutano non solo le potenzialità, ma soprattutto i rischi di questi strumenti. Il community manager difatti è colui che ha in mano la nostra reputazione e il rapporto di fiducia con i nostri utenti/clienti. Siamo sicuri che sia il caso di affida-re un ruolo tanto delicato all’ultima persona arrivata? Il community ma-nager deve conoscere alla perfezio-ne l’azienda, i suoi prodotti e servi-zi, inclusa una conoscenza tecnico/scientifica adeguata nel caso di pro-dotti particolari. Il community care deve essere perfettamente in sin-tonia con valori, mission, strategia nonché policy aziendale.

Solitamente, per fortuna, a livello interno la gestione del social viene affidata a coloro che già si occupa-no di marketing e/o di comunica-zione. Ma è sufficiente? In realtà i social network hanno trasformato i paradigmi classici della comuni-cazione. Il community manager

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Social media

marketing:~

Fidel izzare~

Coinvolgere~

Ott imizzare i r i torni~

Ott imizzare i l serv iz io cl ient i

~Ott imizzare i cost i del lo

sv i luppo di nuovi prodott i

~Reclutare

~Aumentare i prospect

(Cl ient i potenzial i)~

Aumentare le vendite

~

Community manager Come rendere le web community le migl ior i al leate del le az iende Autore : Matthieu ChéreauEdiz ione : Franco Angel iPrezzo : 23,00 euroISBN: 978-88-568-3754-4

Prez ioso manuale, r icco di esempi prat ic i e case history, per comprende-re megl io i l complesso mondo dei social media e le oppor tunità da esso offer te per i l mondo bu-s iness. Uno strumento in-dispensabi le non solo per coloro che vorrebbero abbracciare questa pro-fess ione, ma anche per quel l i che già hanno l ’o-nore - e l ’onere - di svol -gere un compito tanto interessante quanto de-l icato, che r ichiede di-vers i sk i l l che vanno dal la comunicazione al mar-ket ing, per favor i re i l de-l icato incontro t ra i l bu-s iness e i l desider io del le persone di re laz ionars i l i -beramente con le az ien-de e i serv iz i offer t i .

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oggi ha un potere infinitamente più grande di quello dei comunicatori di ieri. Il suo obiettivo non è tanto comunicare unilateralmente, quanto influenzare, incoraggiare, reclutare.Sicuramente la scelta di affidare la gestione dei social network al repar-to comunicazione non è sbagliata, va però tenuto conto che tale compito richiede competenze relazionali e redazionali importanti, nonché una buona conoscenza degli strumenti tecnologici a disposizione. Stru-menti che, peraltro, sono in conti-nua evoluzione. L’azienda, oltre a contenuti, prodotti e servizi, deve comunicare anche valori, immagini di riferimento e storie, e il commu-nity manager non deve limitarsi a descrivere l’universo aziendale, ma deve condividerlo con gli altri, defi-nendone continuamente i contenu-ti e rendendo la permanenza degli utenti un’esperienza piacevole, po-sitiva e da ripetere. Egli deve creare esperienze sociali straordinarie per consentire alla community di inte-ragire con il marchio; deve insistere sulla product experience, attivando meccanismi di fidelizzazione e in-coraggiando il passaparola. Deve coinvolgere i consumatori in uno scambio di informazioni, opinioni, contenuti, prestando particolare at-tenzione al customer care.

“Pensa al di fuori dei confini di una cornice prestabilita e non si accontenta di seguire le regole, ma piuttosto ascolta, inventa e ispira”. Seth Godin

Il community manager deve sicura-mente possedere doti di communica-tion e di marketing manager, ma deve anche saper coinvolgere, emozionan-do, e produrre contenuti interessanti che portino le persone a radunarsi intorno a un qualcosa. Deve imparare ad ascoltare le community: come sono strutturate, come si relazionano, cosa dicono. Prima di agire, i social media bisogna conoscerli molto bene. Prima di iniziare a muoversi in maniera at-tiva in un nuovo social, sicuramente è bene dedicare un po’ di tempo per comprendere le regole del gioco. I social infatti non sono tutti uguali e bisogna adeguare il proprio “abbiglia-mento” al contesto in cui ci si trova. Linkedin ad esempio, è un ambiente social esclusivamente professionale. Twitter e Flikr, invece, non pongono chi parla e chi ascolta sullo stesso piano e non richiedono l’utilizzo della reale identità, mentre stare su Facebook è equiparabile al partecipare ad un ape-ritivo con gli amici. Deve essere inol-tre flessibile e saper gestire in modo ottimale il suo tempo poiché dovrà svolgere il suo compito anche fuori dal contesto aziendale. I social media, infatti, non chiudono per ferie e tanto meno nel weekend…e se necessario bi-sogna prendere in mano la situazione in qualsiasi giorno, a qualsiasi ora. La reattività è fondamentale, soprattutto se si tratta di gestire richieste di aiuto o situazioni critiche.

“La mancanza di rapidità è un handicap strategico” Jeff Jarvis Non bastasse, il community mana-ger deve conoscere i meccanismi di relazione sociale e ed essere un buon moderatore, per riuscire a gestire una folla di utenti agguerriti.

Il community manager deve relazio-narsi direttamente con la direzione, cui riferirà ciò che gli utenti pensa-no (e dicono), e dalla quale riceverà istruzioni su cosa e come comunica-re. Nei prossimi anni il community manager ricoprirà un ruolo sempre più importante nelle strategie ope-rative delle imprese. Sicuramente, data la centralità di ruolo e l’impor-tanza per il business non è una fi-gura semplice da ricercare e quindi è necessario formarla. Il consiglio è quindi quello di elaborare un piano strategico di medio e lungo termine al fine di integrare il mondo dei so-cial network e la sua gestione, trami-te il community manager, all’interno della cultura aziendale.

*secondo solo a Google che con 24.926.000 ac-cessi si aggiudica il primo posto**il whuffie è denaro virtuale basato sulla repu-tazione utilizzato in un romanzo di fantascienza

PETRA INVERNIZZI

Responsabile formazione ITER

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Tecnologia e Corporate Wellness di STEFANO CANAPA

ESPERIENZEE

Si sta bene in azienda? No, se si guarda al fiorire dell’offerta di con-sulenza sul corporate wellness; no, se si pensa che persino un decreto legislativo, 9 aprile 2008, ha voluto affrontare il tema dello stress corre-lato lavoro.Eppure già nel ‘700, agli albori della rivoluzione industriale, Adam Smith diceva “Un uomo lavora produtti-vamente se si sente trattato da uomo dove lavora e se sa che dove lavora c’è interesse a che lui stia bene”: che il corporate wellness sia fondamentale per raggiungere gli obiettivi di busi-ness sembra ormai una verità sconta-ta, non solo per pochi manager o im-prenditori illuminati. Scontata? ma se guardiamo meglio, ci accorgiamo che le difficoltà non sono né piccole né poche: chi deve “prendersi cura” delle persone, facendo che cosa, con quali strumenti, rimangono doman-

de senza risposta univoca, o per lo meno assodata.Innanzitutto, chi è che in azienda dovrebbe prendersi com-pito di ovviare al malessere? chi è che dovrebbe prendersi cura delle persone? rispondere il Direttore del Personale appare ancora una vol-

ta scontato, ma non del tutto vero. Per quanto bravo sia, nessun Diret-tore del Personale può sobbarcarsi da solo questo fardello sperando di riuscire nell’intento: la sua prima preoccupazione dovrà essere quella di coinvolgere in questa missione tutti quelli che hanno responsabilità di persone, agendo da coach. Solo se la cura diventa missione aziendale si potranno ottenere effetti positivi.

In secondo luogo, cosa vuol dire prendersi cura? Seguendo la traccia etimologica (radice indoeuropea

KU = “guardare, osservare”), il pre-supposto della cura sarebbe l’osser-vazione, la conoscenza; così come il presupposto della conoscenza, quando si parla di persone, è la comunicazione. Curare dovrebbe significare innanzitutto comuni-

care.

È questo lo scenario a cui assistiamo tutti i giorni nella nostra vita azien-dale?

Parole chiavePeople Relationship Management / community / benessere in azienda / coaching / internal branding / comunicazione interna / team working / social network / content management / know how aziendale

VoiceCom news 02.2011 25

Page 26: Voicecom news 2_2011

Nel portale PMI della efficientissi-ma confederazione svizzera, sono riportati i risultati di una interessan-te ricerca, secondo la quale il 40% dei salariati intervistati non si sente sostenuto dal proprio capo diretto, e quasi il 50% ha l’impressione che la gerarchia della propria azienda non li sostenga: e anche fra chi pensa di rice-vere sostegno, il 62% percepisce questo sostegno come insufficiente. Più grave ancora, la mancanza di comunicazio-ne nell’impresa comporta molto spesso effetti negativi sull’equilibrio persona-le degli impiegati. ( fig.1)

A riprova, come risulta da una recen-tissima survey condotta da una uni-versità italiana, soltanto il 9% delle Direzioni HR focalizza in modo rile-vante le proprie risorse sulla comuni-cazione interna, a fronte del 44% che la ritiene strategicamente prioritaria; addirittura nel 48% dei casi la comu-nicazione non è neanche presidiata dalla Direzione HR. ( fig.2)

No: il palcoscenico dell’azienda è dominato dalla “gestione”, e la co-municazione occupa solo un ruolo di rincalzo nel nostro decalogo di “manager”. (unire in riquadro con frase evidenziata che segue) To manage significa riuscire a, fare in modo di, ottenere: l’idea è che il “manager” conosce la verità, e il suo ruolo è quello di fare in modo che le risorse che gli sono af-fidate si dispongano secondo quell’ordine che lui conosce, in modo da ottenere l’effetto vo-

luto. Questo significa “gestire”: in altre parole, conoscenza e volontà da una parte, passività dall’altra. Il con-trario della cura, dell’osservazione, della comunicazione.

“Si gestiscono le risorse di magazzino, non le persone”, diceva H. Ross Pe-rot. Gestire, to manage, se applicato alle persone, rivela tutti i suoi limiti: se le persone sono elementi passivi da piegare alla propria volontà e alla propria conoscenza, poco importa osservarle, comunicare, curarle. Ma, in positivo, che cosa bisogna fare per prendersi cura delle persone?

VoiceCom news 02.201126

Lavoratori nelle PMI

40% non si sente sostenuto

dal proprio capo diretto

62% percepisce questo

sostegno come insufficiente

50% ha l’impressione

che la gerarchia della propria aziendanon li sostenga

49% non la presidia

44% la ritiene

prioritaria

9% vi focalizza le risorse

Comunicazioneinterna

per le Direzioni HR

FIGURA 1

FIGURA 2

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Potremmo provare a sintetizzare così la risposta:

STARE IN ASCOLTO: tendere le orecchie per recepire i messaggi che dalle persone proven-gono, perché la comunicazione sia bidirezionale;

RESTITUIRE ALLE “RISORSEUMANE” IL RUOLO DI “PERSONE”: anziché cercare di plasmarle come una materia inerte, esaltarne le com-ponenti attive, vera ricchezza dell’a-zienda;

CONOSCERE LE PERSONE: capirne le motivazioni profonde, e magari anche conoscere le “capabili-ties” delle persone;

TROVARE LA MEDIAZIONE MIGLIORE fra la strategia e le esigenze dell’a-zienda e le competenze e le aspetta-tive delle persone;

FUNGERE DA FACILITATORE: anziché esercitare l’autorità, mettere la propria autorevolezza, cioè espe-rienza e competenza, a disposizione di tutti i “capi” intermedi, coinvol-gendoli perché l’intera azienda sia permeata dalla “cultura delle perso-ne”.(fig.3)

Rimane aperta la questione di come riusciamo, nella quotidianità azien-dale, a concretizzare questa “cura”: quali strumenti abbiamo a disposi-zione per perseguire questi obietti-vi? come ci possono aiutare i siste-mi informativi, ed in particolare i sistemi per il personale, gli Human Resources Management Systems? poco e male, in realtà, al punto che si potrebbe anche sostenere che i sistemi hanno una forte responsabi-lità nell’arretratezza della situazio-ne attuale. Infatti, come dicono le parole stesse, si tratta di sistemi di gestione delle persone, peggio, delle

risorse umane. In realtà, gli HRMS sono strumenti di back office, pen-sati per gli uffici del personale e non per il resto dell’azienda (dipendenti e manager): l’obiettivo resta quello dell’efficienza e della gestione, non quello della comunicazione.

Un esempio concreto: nell’ottica della “cura” ci aspetteremmo che il nostro sistema per il personale sfrut-ti al massimo tutte le occasioni per ricevere “messaggi” dalle persone. Quale occasione di comunicazione (e di coinvolgimento per i manager) più frequente dei giustificativi di as-senza? eppure la gestione delle pre-senze rimane al limite della esten-sione funzionale di un HRMS, non solo perché molti sistemi fra i più diffusi sul mercato non la compren-dono, ma anche perché la materia è sentita come componente ammi-nistrativa e rimane quindi lontana dalla zona “nobile” dello “sviluppo” del personale, territorio di caccia elettivo degli HRMS. Come se la frequenza delle malattie a ridosso del fine settimana non fosse un ele-mento di valutazione… E d’altra parte, l’atteggiamento delle aziende stesse è orientato in questa direzione: anche in presenza di un HRMS, spesso e volentieri la gestio-ne delle presenze è demandata ad un applicativo esterno alla suite, come un’appendice dell’applicazione di payroll.Tutto ciò lascia intravedere uno spa-zio importante che gli HRMS tra-dizionali non occupano, uno spazio che cambia il paradigma stesso degli applicativi software: non più l’ob-biettivo di gestire, e cioè di far calare la strategia aziendale sulle persone; non più, in fin dei conti, un capito-lo del grande libro ERP. Se questo vecchio paradigma ha avuto enorme successo nel caso dell’ERP, al punto da renderlo un fenomeno a diffusio-ne universale, non altrettanto si può dire dei sistemi per il personale, la cui diffusione è invece circoscritta a un numero molto limitato di azien-de (che spesso lo sottoutilizzano). E anche questo è un indice dello sfa-samento fra l’offerta di sistemi in-formatici e il reale fabbisogno delle aziende.

VoiceCom news 02.2011 27

Ascoltarle Conoscerle

Mediare tra azienda e persone

Esserefacilitatori

Restituire loro il ruolo di

“persone”

Come prendersi

cura delle

persone?

FIGURA 3

Page 28: Voicecom news 2_2011

In una nuova generazione di appli-cativi l’accento deve spostarsi verso le persone, mettendole al centro dell’applicativo stesso, e lasciando all’ufficio del personale la funzione di regìa complessiva. Per questo Pe-ople Talent (vedi riquadro) non si definisce un HRMS, ma un PRMS, un People Relationship Manage-ment System, in cui l’obbiettivo è spostato dalla gestione delle persone alla gestione delle relazioni fra l’a-zienda e le persone. Senza tralascia-re (anzi potenziando) gli effetti di efficienza, si conta così di realizzare il presupposto della comunicazione, che è la disponibilità di un linguag-gio comune, uno spazio comune (magari virtuale) e un’occasione (che sono i processi tipici presieduti dalla Direzione del Personale).

Quello che serve è un sistema che favorisca e stimoli la comunicazio-ne bilaterale fra l’azienda e le per-sone, che coinvolga tutta l’azienda tenendo conto delle diverse funzio-ni, che sappia assumere fisionomie diverse e offrire servizi diversi a se-conda del ruolo della persona. Un PORTALE, insomma. Ma non un “modulo” portale (che esiste anche

negli HRMS, o parallelamente agli HRMS): tutto il sistema, con una copertura funzionale estesa quanto quella degli HRMS, anzi maggiore, deve essere concepita come portale.

Si può porre a questo punto la do-manda se la tecnologia ci è d’aiuto nel concretizzare questa vision. A volte, infatti, nel tentativo di realiz-zare cambiamento e innovazione in azienda, abbiamo inseguito dei fan-tasmi tecnologici: utili senz’altro, ai produttori di tecnologie. Meno per noi, che non siamo riusciti a innova-re e migliorare i nostri processi. Ma nell’ottica di cui abbiamo parlato prima, il social network ed il web 2.0 rappresentano davvero un capi-tolo nuovo, un’occasione unica. (fig.4)

Innanzitutto, l’opportunità di sti-molare il senso di appartenenza attraverso la creazione di una cor-porate community virtuale: quello che ormai tutti chiamiamo “inter-nal branding” non può non ricevere un largo impulso se il portale mette a disposizione dei dipendenti gli strumenti tipici del web 2.0 (chat, forum, blog, …). Certamente, il

People Talent srl www.peopletalent.itè una software factory dedicata allo sviluppo del prodotto omonimo: una soluzione innovati-va, che mira a coinvol-gere tutta l’azienda, assegnando a tutte le persone un proprio ruolo nei processi del per-sonale. L’applicativo, oltre ad abilitare gli obbiettivi strategici della Direzione del Per-sonale (Selezione, For-mazione, Valutazione), si occupa dei processi che interessano la sua operatività quotidiana (Presenze/Assenze, Tra-sferte e Note Spese), strettamente connessi alla dimensione strate-gica sia come condizio-ne essenziale per in-crementare l’efficienza del reparto HR, sia come fonte di informazioni necessarie ad una cono-scenza completa e cor-retta del dipendente. Le funzionalità suddette trovano riscontro in mo-duli dedicati, a cui si aggiungono altri moduli per la gestione dell’or-ganizzazione, l’anagra-fica del personale con dati attuali e storici, l’analisi retributiva, il budget. Tecnologie di integrazione consento-no lo scambio di infor-mazioni con gli altri applicativi aziendali, primo fra tutti il si-stema paghe, in modo da velocizzare i processi e garantire l’affidabilità del dato.

VoiceCom news 02.201128

FIGURA 4

know how

Analisi organizzativa

Internal branding

Contentmanagement

Opportunità2.0

Team working

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nostro Direttore del Personale avrà anche il compito di animare questa comunità, agendo come Communi-ty manager: ma non è questo forse il modo di assicurare il benessere, ai tempi del web 2.0?

In secondo luogo, il “team wor-king”: le tecnologie wiki, ormai ma-ture, sono pensate per formalizzare, e mettere a disposizione della com-munity, una conoscenza che deriva dal contributo di singoli, e che è in qualche modo superiore alla somma delle conoscenze dei singoli; e que-sto avverrà permettendo comunque il riconoscimento del contributo dei singoli o il “filtraggio” dei contenuti stessi.

In terzo luogo, l’analisi organizzati-va: ricostruendo un grafo sulla base delle comunicazioni, attraverso gli strumenti di social network analysis, potremmo affiancare alla nostra or-ganizzazione programmata, ai nostri organigrammi, uno schema “reale” della nostra organizzazione azienda-le, ricavandone elementi di criticità e spunti di miglioramento.

Inoltre, gli strumenti di content management, applicati non solo ai contenuti della posta elettronica (in qualche modo sentita come “for-male”), ma anche agli altri mezzi di comunicazione meno “strutturati”, permetteranno un approccio diver-so, e probabilmente più veritiero, alle analisi di clima.

E nel momento in cui siamo riusciti a rendere vitale questa community, avremo ottenuto anche l’obiettivo che gli stessi strumenti, diventa-ti uno dei modi di comunicazione più diffusi all’interno dell’azienda, veicoleranno anche frammenti im-portanti di know how aziendale, che nessun intervento formativo strut-turato può surrogare, e che potran-no costituire “LA” knowledge base aziendale, il valore stesso dell’azien-da.

A questo punto, potremo avere anche una testimonianza diretta dell’autorevolezza della persona all’interno dell’azienda, in base al

suo contributo alla knowledge base, al di fuori delle qualifiche e dei ruo-li. Non è forse questo che cercavamo quando abbiamo parlato di valuta-zione a 180 o a 360 gradi? non ci aiuta forse a scoprire i nostri tanto ricercati “talenti”?E questo è un futuro possibile, per-ché gli strumenti esistono, e sono ampiamente collaudati: questa è la direzione imboccata dalla prossima release di People Talent.

VoiceCom news 02.2011 29

STEFANO CANAPA

Amministratore di People Talent

Page 30: Voicecom news 2_2011

VoiceCom news 02.201130

Sulla base della sua esperienza presso InfoJobs.it, com’è l’attuale scenario del mercato del lavoro in Italia?

Data la nostra posizione sul mercato e il volume di informazioni che riusciamo a raccogliere ed elaborare, abbiamo un punto di vista privilegiato sui mutamen-ti dello scenario del mercato del lavoro italiano. Attualmente, la Lombardia ri-mane stabile al primo posto tra le regio-ni più attive nella ricerca, con il 34,71%, seguita da Emilia Romagna, Veneto e Piemonte.

I settori internet/servizi informatici (15,29%) e commercio/distribuzione/GDO (13,05%) sono in vetta alla clas-sifica dei settori più attivi nell’offerta di

TESTO - Petra Invernizzi

INTERVISTAI

Parole chiaveLavoro / candidature / recruiting online / imprese che assumono / nuove professioni / lavori più richiesti

JOB

IN

PRO

GRES

S

ABBIAMO RIVOLTO ALCUNE DOMANDE A VITTORIO MAFFEI, MANAGING DIRECTOR DI INFOJOBS.IT, TRA I PIÙ IMPORTANTI SITI DI RECRUITING ONLINE. ATTRAVERSO IL REPORT BIMESTRALE “JOBS IN PROGRESS”, INFOJOBS.IT TRACCIA UNA PUNTUALE PANORAMICA SUI TREND E SULLE PRINCIPALI NOVITÀ RELATIVE AL MERCATO DEL LAVORO.

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posti di lavoro. Seguono consulenza di sistemi informativi (12,31%), ban-che, assicurazioni e servizi finanziari (7,66%), e pubblicità, marketing e PR (7,64%).

Il 25,39% di chi cerca un lavoro ha un’età compresa tra 25 e 29 anni, il 24,41% tra 30 e 34 anni, il 16,38% tra 35 e 39 anni. (fig 1 “Chi cerca lavoro?”) Il 47,94% di questi candi-dati è in possesso di Diploma di ma-turità, il 20,50% di Licenza media, il 16,26% di Laurea specialistica, il 10,21%% di Laurea breve e il 3,72% di Master. In generale, possiamo dire che nel mese di maggio 2011 vi è una

sostanziale continuità dell’andamen-to del mercato del lavoro nel nostro Paese rispetto ad aprile 2011, ma si evidenzia qualche novità nei profili e settori più attivi rispetto agli stessi mesi del 2010.

Quali sono le “parole chiave” di ricer-ca dei candidati più digitate? Ovvero: cosa cercano i candidati italiani? E le imprese?

Segreteria generale e impiegato/ in-serimento dati sono tra le posizioni che sicuramente ricevono più candi-dature (vedere fig. 2).

Per quanto riguarda i profili ricerca-ti, sempre con riferimento al report Jobs in Progress, il mese di maggio 2011 mostra una sostanziale conti-nuità rispetto al mese precedente. La categoria operai, produzione e quali-tà mantiene la prima posizione con il 27,97%, seguita da amministrazione, contabilità e segreteria con l’11,53% e vendite con il 10,75%.

Negli ultimi anni la tecnologia e in particolare i social media hanno ri-definito il rapporto delle aziende con l’esterno. In questo contesto come sono cambiati i rapporti tra recruiter e can-

VoiceCom news 02.2011 31

LIGURIA

FRIULI VENEZIA GIULIA

CAMPANIA

MARCHE

TOSCANA

LAZIO

PIEMONTE

VENETO

EMILIA ROMAGNA

LOMBARDIA

34,71 %

13,90 %12,52 %

9,71 %

7,31 %

5,64 %

2,38 %2,15 %

1,99 %1,58 %

8,11 %ALTRE REGIONI

“LE REGIONI PIÙ ATTIVE NELLA RICERCA DI LAVORO

FIGURA 2

FIGURA 1CHI CERCA LAVORO?

ALTRO

51 - 60 ANNI

20 - 24 ANNI

40 - 50 ANNI

35 - 39 ANNI

30 - 34 ANNI

25 - 29 ANNI

25,39 %

24,41 %16,38 %

15,94 %

13,11 %

3,35 % 1,41 % Le 5 posizioni più popolariLe 5 offerte di lavoro che hanno ricevuto più candidature durante il mese di maggio:

1.Segreteria generale – Roma

2.Impiegata/o inserimento dati/segreteria part time – Milano

3.Addetti allo sportello bancario – Milano

4.Addetti ufficio fatturazione – Roma

5.Sportellista di banca – Roma

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VoiceCom news 02.201132

didati? Sono cambiati anche i processi di selezione del personale e di ricerca del lavoro? E voi, come avete accolto questo cambiamento?

Senza dubbio l’avvento massic-cio della tecnologia ha impattato ogni aspetto della nostra vita. E se al lavoro utilizziamo quotidiana-mente macchinari, PC, terminali, smartphone e altri device, anche il processo di selezione e approccio al

mercato del lavoro viene influenzato dai nuovi media, dal web in primis. InfoJobs.it è il sito web che raccoglie la più ampia varietà di CV aggiornati di tutte le tipologie per permettere alle aziende di trovare il candidato giusto in modo semplice, veloce, ef-ficace. Queste sono le caratteristiche tipiche della rete: immediatezza e tempestività. Nel mese di maggio 2011, abbiamo sottoposto ad aziende e candidati

un sondaggio allo scopo di svelare le principali tendenze legate all’uso dei social network in azienda. Sorpren-dentemente, il 50% dei lavoratori di-chiara di non collegarsi mai sui social network in orario lavorativo e pensa che questi siano addirittura deleteri per la produttività di un lavoratore.

Dall’altro lato sempre più aziende sottolineano l’importanza di ave-re il proprio brand attivo sui social

FIGURA 3PROFILI PIÙ RICHIESTI

OPERAI, PRODUZIONE

E QUALITÀ

AMMINISTRAZIONE, CONTABILITÀ E

SEGRETERIA

VENDITE INFORMATICA, IT E TELECOMUNICAZIONI

TURISMO E RISTORAZIONE

28,12 %

0

5

10

15

20

25

30%

11,86 %

10,47 %8,11 %

7,81 %

27,97 %

11,53 % 10,75 %

8,04 %

8,14 %

APRILE 2011

MAGGIO 2011

APRILE 2011

MAGGIO 2011

IN FIGURA:I SETTORI PIÙ ATTIVI NELL’OFFERTA DI POSTI DI LAVORO

INTERNET E SERVIZI

INFORMATICI

COMMERCIO, DISTRIBUZIONE

E GDO

CONSULENZA DI SISTEMI

INFORMATIVI

BANCHE, ASSICURAZIONE

E SERVIZI FINANZIARI

PUBBLICITÀ,MARKETING

E PR

15,63 %

13,97 %

12,22 %

6,91 % 6,45 %

15,29 %

13,05 % 12,31 %

7,66 % 7,64 %

5

0

10

15

20%

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network. Dallo stesso sondaggio emerge, infatti, che il 56% delle aziende possiede un profilo azien-dale su Facebook (48%), LinkedIN (24%) e Twitter (20%) - e un altro 11% lo avrà a breve. Riguardo, inve-ce, il recruiting ‘via social network’, dall’indagine emerge che il 30% delle aziende intervistate utilizza i social network per lanciare ricerche di personale utilizzando Facebook e Twitter, mentre un altro 25% lo fa tramite i profili di manager azienda-li su LinkedIN. Non ci sorprende il dato ancora relativamente basso di preferenze da parte delle aziende ri-guardo l’utilizzo dei social network per la ricerca di personale. Sono con-vinto, infatti, che almeno per adesso le aziende abbiano ancora necessità di lavorare con partner specializzati ed affidabili e in grado di svolgere un ruolo consulenziale per rispondere alle diverse esigenze di recruiting.

Riusciamo a fare proprio questo, ri-spondendo contemporaneamente sia all’esigenza di ‘immediatezza’ che il web riesce a dare sia alla necessità di professionalità richiesta nelle fasi di selezione.

Cambia la società, cambia il mondo del lavoro, e sempre più velocemente cambiano anche le professioni e le pro-fessionalità richieste. In quale direzio-ne ci si sta muovendo?

“Nuove professioni” nascono e si evolvono velocemente, sotto la spin-ta degli interessi e delle richieste del mercato. Generano nuove oppor-tunità professionali, fino ad allora impensabili, oppure già esistenti ma sottovalutate.

All’interno del nostro blog (https://infoblog.infojobs.it), diamo spesso spazio a quelle che consideriamo le professioni di domani, in qualsiasi settore: dal wedding planner, ai pro-fili specializzati in campo ICT, alle professioni “green”.

Mai come oggi, infatti, la cosiddetta green economy è vista come un fat-tore chiave per affrontare il difficile momento economico e creare nuo-vi posti di lavoro in una prospettiva che coniuga la ripresa economica e la protezione dell’ambiente. Questo settore ha offerto spazi per la nascita di nuove professioni, ma soprattutto

per la riconversione di attività classi-che in una versione eco. È il caso de-gli ingegneri, dei tecnici installatori, dei chimici ma non solo.

L’aumento della domanda nel setto-re delle rinnovabili comporta anche una riconversione dei lavoratori e delle aziende. Proprio per questo mo-tivo, a luglio 2009 abbiamo lanciato Green-Job (www.infojobs.it/lavoro/green-job), un canale tematico per la ricerca di professioni “verdi”. Per i prossimi mesi del 2011 si prevede un ulteriore incremento delle figure lavorative prevalentemente green, come l’energy manager, gli ingegneri ambientali, buyer per il settore foto-voltaico e i progettisti di impianti a energia rinnovabile. Inoltre, saranno sempre più richieste quelle mansioni che prevedono una formazione spe-cialistica nel campo delle energie rin-novabili, in particolare per l’eolico e il fotovoltaico.

La ricerca di profili dedicati alla green economy registra una crescita costante che va di pari passo con la crescente sensibilità delle aziende nei confronti dell’eco-sostenibilità. Gre-en-Job rappresenta il nostro contri-buto a questo settore, mosso da forti ideali, ma che necessita di azioni pre-cise e ben strutturate.

L’altro ambito in cui si creano nuo-ve esigenze e professionalità veloce-mente è proprio il web: da un lato le aziende si trovano a voler sfruttare, o fronteggiare a volte, le opportu-nità di comunicazione della rete, mentre dall’altra i nuovi linguaggi di programmazione e i nuovi device ri-chiedono costanti processi di aggior-namento delle conoscenze. Cresco-no così le richieste per SEM e SEO specialist, social media manager e community specialist, ma anche per mobile developer, sviluppatori web, programmatori php.

PETRA INVERNIZZI

Content director, Voicecom news

Infojobs.itInfoJobs.it è la principale realtà in Italia e in Europa nel settore del recruiting online per numero di offerte di lavoro, traffico internet e numero di CV in data base. Il sito - sviluppato per essere particolarmente intuitivo, facile da fruire e da navigare - ha raggiunto il traguardo dei 3.2 milioni di candidati e conta 45.000 offerte di lavoro attive, da parte di oltre 48.000 aziende.

VoiceCom news 02.2011 33

FIGURA 3PROFILI PIÙ RICHIESTI

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VoiceCom news 02.201134

La valigia del paziente Pro e contro del turismo medico

di Antonino M. Grande

VIAGGIV

La consuetudine di lasciare il pro-prio paese per cercare cure mediche ha origini molto lontane e non ha unicamente l’obiettivo di trovare una sanità migliore con risultati su-periori per malattie complesse con difficili possibilità di guarigione, ma anche quello di poterli conseguire a risultati a prezzi nettamente infe-riori. Già negli anni settanta ed ot-tanta risultano frequenti i viaggi di pazienti negli Stati Uniti, in partico-lare a Houston nel Texas, per essere sottoposti ad interventi cardiaci sal-vavita: in Italia la Cardiochirurgia è

ancora agli albori, sono pochi i cen-tri (vedi Torino e Milano), e le meto-diche innovative appaiono pratica-mente unico appannaggio dei centri americani. Lo stesso dicasi per il tra-pianto cardiaco, metodica permessa in Italia solamente a partire dal 1985 e che ha determinato il pellegrinag-gio di pazienti non solo negli USA, ma anche in Sud Africa, patria del pioniere dei trapianti Christian Bar-nard. Ma non è solo in campo car-diaco che si è sviluppato il turismo medico, si è verificato, ad esempio, nel caso dei trapianti renali.

Si deve considerare che il numero dei pazienti necessitanti un trapian-to d’organo è in costante aumento, invece, quello dei donatori risulta piuttosto basso e totalmente inade-guato di fronte alle richieste. Si as-siste ad una dicotomia sempre più profonda tra richiesta di donatori e numero di possibili riceventi in lista per trapianto: migliaia di pazienti ogni anno muoiono nella speranza di ricevere l’organo vitale in quan-to il tempo di attesa è aumentato in modo considerevole. Sempre negli USA: le persone in lista per

Parole chiavesanità / salute / business sanitario / turismo medico / trapianto / vendita organi / cliniche private / dentista / chirurgia estetica

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trapianto nel 1997 risultano essere 50.000 contro le 80.000 del 2002, con un incremento del 60 %, men-tre nello stesso periodo il numero di donatori d’organo è aumentato so-lamente del 2 – 3 %; si calcola che ogni 15 minuti un nuovo paziente viene messo in lista per trapianto e che ogni giorno 16 muoiano senza essere trapiantati: nel duemila sono morti più di 6.500 pazienti in attesa di un trapianto (Network for Organ Sharing (UNOS). Annual Report, 1999. United Network for Organ Sharing (UNOS). Update, Spe-cial Edition, 2002; Thiel G, et.al. Crossover Renal Transplantation: Hurdles to Be Cleared!, Transplant. Proc. 2001;33:811-816).In definitiva, aumenta sempre di più il divario tra quello che si può cru-delmente chiamare domanda ed of-ferta: una voragine separa i pazienti in lista dalla disponibilità di organi. La situazione nel caso del trapianto renale può essere aggirata dal fatto che la procedura può essere effet-tuata anche da un donatore vivente: proprio per la scarsità dei donatori, si assiste ad uno sfruttamento di per-sone che vendono il proprio organo

per trarre un minimo beneficio eco-nomico. La maggioranza degli orga-ni da donatori viventi proviene dalle popolazioni più povere e va verso le più ricche, da quelli poveri a quelli ricchi ed industrializzati, dalle po-polazioni nere e/o scure/mulatte a quelle bianche, dalle donne agli uo-mini. Il prezzo dell’organo venduto, nella massima parte dei casi un rene, è determinato dalla zona di prove-nienza del Donatore: 1000 dollari in India, 1300 dollari nelle Filippi-ne, 2700 in Moldavia e Romania, 10000 in Perù e Brasile.L’India, per esempio, avendo centri che effettuano il maggior numero di trapianti di rene del mondo, è stata per anni considerata il “magazzino dei reni” offrendoli a basso costo e con una disponibilità pressoché im-mediata. In definitiva, la mancanza di regole ed una certa atmosfera di lassismo etico hanno alimentato la crescita del trapianto renale con il risultato di costituire un connubio tra soggetti in condizioni disperate in quanto attaccate alla dialisi e per-sone disperatamente povere che per scelta vendono un proprio rene per pagare la dote della figlia, costru-

ire una piccola casa, per nutrire la propria famiglia oppure sono state ingannate e costrette a cedere il pro-prio organo.

Si comprende come si sia sviluppa-ta una rete di persone, organizzatori del commercio dell’organo d’accor-do con titolari di cliniche e medici, per mantenere un vero e proprio bu-siness sulla pelle dei poveracci che donano il proprio rene per pochi soldi. Ma anche i riceventi, spesso, non hanno una sorte migliore in quanto oltre alle spese (compren-denti il pagamento del donatore e della clinica) vanno spesso incontro a complicanze soprattutto di tipo infettivo. Difatti, è dimostrato che i trapianti effettuati in questo modo hanno un maggior numero di com-plicanze ed anche una mortalità su-periore rispetto a quelli effettuati in Italia.Il turismo medico non coinvolge unicamente patologie estremamen-te gravi, per cui si va alla ricerca del medico ritenuto più importante e famoso, oppure per aggirare le liste di attesa per un trapianto, ma anche procedure ortopediche, estetiche e

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I MOTIVI SONO DA ASCRIVERE A QUESTE CAUSE:

1. lunghe liste d’attesa nei propri paesi;

2. ricerca di procedure che non disponibili oppure illegali nel proprio paese;

3. ricerca di procedure non coperte dal sistema sanitario;

4. soggetti non coperti da assicurazione oppure

“sotto – assicurati” per cui cercano di risparmiare.

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dentali. Fin dagli anni settanta, pa-zienti sono andati all’estero per cu-rarsi i denti. Come si legge in un vec-chio articolo di Repubblica (Picozza C. Il business della dentiera e l’olan-dese volante. 29/01/93 pag. 24 ), “Non solo tulipani e mulini a vento.

Nell’immaginario collettivo di tanta gente, all’Olanda si associa anche la dentiera. È una protesi senza palato ( poggia sull’arco gengivale ), né par-ticolari qualità. Reperibile a prezzi stracciati, estrazioni incluse, può funzionare tutt’al più come provvi-

Lo scorso febbraio una donna ca-liforniana di 26 anni e sua madre si imbarcano su un volo Continen-tal per Costarica. Quando arriva-no a San Jose International Ai-rport, un autista le accompagna ad un hotel Intercontinental a cinque stelle. Ma la donna (che ha chie-sto solo di essere identificata dal suo nome di battesimo, Jessica), non aveva viaggiato per la cit-tà conosciuta come “ananas gran-de” solo per rilassarsi a bordo di una piscina. Aveva volato più di 2.500 miglia per sottoporsi ad un in-tervento chirurgico per conseguire una perdita di peso per una frazio-ne del prezzo chiesto a casa.

Compreso biglietto aereo e allog-gio (per lei e sua madre), Jessica ha risparmiato 7.500 dollari, sce-gliendo di andare sotto i ferri a San Jose, invece che a San Diego.

“Ho pensato che fosse un buon affare”, dice Jessica, che aveva bisogno di perdere peso per motivi di salute. Quello che ha fatto Jes-sica è chiamato “turismo medico”, e fa parte di un numero crescen-te di americani che sta cercan-do l’assistenza sanitaria all’estero per motivi finanziari. Una nuova indagine finanziata da “Your Sur-gery Abroad”, un’agenzia on line per il turismo medico, ha rile-vato che oltre il 60 per cento degli americani sono disposti a lasciare il paese per meno servizi medi-ci. “Poiché il budget delle perso-ne in America è sempre più limita-to, sono molto più inclini a iniziare a pensare di andare all’estero per ri-sparmiare denaro”, dice Adam Ne-thersole, l’amministratore delega-to della “Your Surgery Abroad”.

(Cornblatt J. Medical Tourism Ap-peals to 60 Percent of Americans.

Are You One of Them?9 August 2009, Newsweek)

Il prezzo dell’organo venduto, nella massima parte dei casi un rene, è determinato dalla zona di provenienza del Donatore: 1000 dollari in India, 1300 dollari nelle Filippine, 2700 in Moldavia e Romania, 10000 in Perù e Brasile

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soria, in attesa di quella definitiva … ). Sono ancora nella memoria dei più “vecchi” lettori le pubblicità di pacchetti comprensivi di viaggio, al-bergo e dentiera, anche questo caso con risultati piuttosto deludenti.In anni più recenti, l’industria del turismo medico si è notevolmente espansa con decine di migliaia di pa-zienti che viaggiano in tutto il mon-do per conseguire cure mediche in paesi sia vicini che lontani. Ospedali sono stati appositamente costruiti a questo scopo, soprattutto in paesi a basso e medio reddito, che offrono tutta una serie di procedure diagno-stiche e chirurgiche a costi altamen-te competitivi.Vi sono diversi motivi di preoccupa-zione, non a conoscenza di tutti i pa-zienti, che possono mettere a repen-

taglio la salute di coloro che si recano all’estero per cure mediche. In breve, i principali (vedi Tab. I) (Johnson R, Crooks VA, Adams K and Kingsbury P. An industry perspective on Cana-dian patients’ involvement in Medi-cal Tourism: implications for public health. BMC Public Health 2011; 11:416-423; Crooks VA, Snyder J. Medical tourism. What Canadian family physicians need to know. Can Fam Physician 2011; 57:527-529):

1 Regolamentazione inadeguata del settore. L’industria del turismo medico è globale e

coinvolge molti settori al di là dei pazienti e degli operatori sanitari. Attualmente, la

regolamentazione internazionale del settore è carente ed ogni volta che i regolamenti sono carenti, la sicurezza del paziente potrebbe essere messa a rischio.

2 Mancanza sistematica di comunicazione dei risultati clinici. Mancano

informazioni sistematicamente raccolte e verificate, in particolare nei paesi in via di sviluppo, è in gran parte inesistente.

3 Decisioni clinico – terapeutiche prese in base a motivi finanziari. Fattori

economici potrebbero indurre scelte pericolose per la salute:

Tab. I. Motivi che possono sconsigliare il turismo medico.

1Regolamentazione inadeguata del settore.

2Mancanza sistematica di comunicazione dei risultati clinici.

3Decisioni clinico – terapeutiche prese in base a motivi finanziari.

4Diffusione globale di malattie infettive.

5Esposizione a nuovi rischi per la salute.

6Mancanza di follow-up

7Le procedure, cui i pazienti si sottopongono, possono essere illegali o non testate

clinicamente.

8Difficoltà a conseguire un risarcimento in caso di errore medico.

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ad esempio, su in un recente studio sul turismo medico nel sud dell’India, un paziente americano aveva abbreviato il periodo di convalescenza, consigliato tra due interventi chirurgici ortopedici, al fine di ridurre il costo del suo soggiorno all’estero ( Johnston R, Crooks VA, Snyder J. Three academics’ perspective on medical tourism—reflections on a trip to Southern India. Med Tourism 2011;17:94-7).

4 Diffusione globale di malattie infettive. Può essere amplificato il rischio di

trasmissione di pericolose malattie infettive, come dimostrato nel recente caso “New Dehli metallo – beta – lactamase ( NDM-1 ) quando, nella seconda metà del 2010, 8 canadesi hanno contratto il “superbatterio” NDM-1; 5, hanno ricevuto cure mediche in India, e tutti sono stati curati in Canada al loro ritorno.

5 Esposizione a nuovi rischi per la salute. Oltre ai rischi connessi ad interventi

chirurgici, il turismo medico espone potenzialmente i pazienti a nuovi rischi come, ad esempio, viaggiare su voli a lunga distanza immediatamente dopo interventi chirurgici maggiori potrebbe provocare trombosi venosa profonda a livello degli arti inferiori a causa della limitata mobilità.

6 Mancanza di follow-up ( ossia il controllo nel tempo del paziente ) e il monitoraggio

avviene principalmente nei paesi d’origine, quindi a carico dei sistemi sanitari nazionali. Non vi è una continuità nella cura del paziente. In alcuni

casi, soprattutto in caso di complicanze, la spesa potrebbe essere sostanziosa.

7 Le procedure, cui i pazienti si sottopongono, possono essere illegali o non testate

clinicamente. Alcuni pazienti sono spinti ad andare all’estero per essere sottoposti a procedure che sono illegali o non disponibili nel proprio paese d’origine, a causa della loro condizione sperimentale o per critiche di tipo etico. Ad esempio, guardando al nostro paese, l’approvazione della legge 40 del 19 febbraio 2004 “Norme in materia di “Procreazione medicalmente assistita” ha posto una serie di limiti alla “Procreazione assistita” e alla “Ricerca scientifica” ricerca clinica e sperimentale sugli “Embrione” provocando un “turismo procreativo” in paesi quali Spagna, Svizzera, Belgio, Grecia e Turchia. Questo per i casi di fecondazione assistita per le donne single, l’“Ovodonazione”, l’embrio-donazione.

8 Difficoltà a conseguire un risarcimento in caso di errore medico. Può essere

difficile ed anche costoso riuscire ad intraprendere un’azione giudiziaria che prolungherebbe il soggiorno nel paese straniero.

Esistono strutture ospedaliere estre-mamente moderne ed eleganti che sono più simili ad alberghi a cinque stelle e, indubbiamente, rendono il soggiorno piacevole e rassicurante. Non mancano le certificazioni di qualità (ISO 9001, ecc.), ad esem-pio, Bumrungrad di Bangkok (www.bumrungrad.com), considerato uno dei migliori del mondo, da segnalare la catena di ospedali Apollo in India

(www.apollohospitals.com ), ecc.

Si ritiene sia compito precipuo del medico di famiglia illustrare tutti gli aspetti, non solo quelli economici che possono essere certamente allettanti, ma potrebbero risultare in un grave nocumento alla salute dei pazienti che decidono di essere sottoposti a procedure mediche all’estero.

ANTONINO M. GRANDE

Dirigente Medico di Primo Livello, Divisione di Cardiochirurgia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia

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Quando il web cerca di geolocalizzare Il web è sempre più integrato con la realtà: dalle semplici mappe e dai sistemi di geolocalizzazione alle nuove frontiere dell’argumented reality

di PAOLO DELLO VICARIO

TENDENZET

Un accesso sempre più veloce e in-tuitivo all’informazione; un mezzo di comunicazione orizzontale e “de-mocratico” come pochi altri; uno strumento dall’enorme potenziale; in una parola, il web.

Reti sociali che s’infittiscono di giorno in giorno, continue e sempre più interessanti innovazioni, una mole di dati in continuo aumento, il tutto espresso tramite il sistema dei portali, dei forum, dei blog, dei mo-tori di ricerca e dei social network: siamo abituati a concepire in questo modo la rete, assecondando grandi e piccole rivoluzioni.

C’è un pensiero che si tende a per-dere di vista, un punto che dovreb-be essere fermo e invece non lo è: la rete nasce come strumento – come eccezionale strumento si potrebbe aggiungere – ma pur sempre come strumento e questo è ciò che deve rimanere.

Uno strumento sempre più totaliz-zante ed essenziale che però non può avere vita propria, non può autorego-larsi, cercando di troncare i legami con il mon-do, quello vero.

È proprio su questa considerazione che si sta incardinando lo sviluppo di un web nuovo, che tende a cam-biare dall’interno per potersi inte-grare con l’esterno, e migliorarlo.È finita l’era delle chat e si avvia ver-so il declino quella dei forum anoni-mi, community vive come se fossero realtà a sé stanti, sospese in un uni-verso parallelo; oggi ci si avvia verso una sempre crescente integrazione con la realtà, che parte dalle sempli-ci mappe e dai sistemi di geolocaliz-zazione per arrivare alle nuove fron-tiere dell’augmented reality.

È questa l’onda che i grossi big del settore stanno cercando di cavalca-re, uno dei segmenti con futuri più rosei al momento: per questo è un argomento su cui è bene fermarsi a riflettere, pensando a come tutto ciò possa essere sfruttato al meglio in ottica aziendale. IN PRATICA, QUALI SONO I SERVIZI DA TENERE SOTT’OCCHIO AL MOMEN-TO, SENZA SCIVOLARE IN

PREVISIONI CON UN TERMINE

TROPPO

LUNGO? COME INVESTIRE IN QUESTE REALTÀ?

GOOGLE MAPS E LA UNIVERSAL SEARCHIl colosso di Mountain View sta, nel tempo, apportando grandi mo-difiche al proprio core business, quello della ricerca: la Universal Search – la presenza di risultati di vario tipo: video, immagini, social, mappe – è una di que-ste; l’implementazione di questo nuovo modo di vedere la ricerca in realtà non è affatto nuovo ma ultimamente, grazie a questa e al crescente utilizzo di smartphone, il settore delle mappe e della ri-cerca sociale si sono sviluppati no-tevolmente.

Google Maps, celebre servizio per la visualizzazione di mappe, è ormai

molto di più di un semplice strumento per le indica-

zioni stradali tramite computer.

Parole chiavegeolocalizzazione / social media / universal search / mobile trends / argumented reality / community / search engine result pages

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...oltre il 40% degli accessi a Google Maps proviene da dispositivi mobile

Merissa Mayer ha recente-mente dichiarato che oltre il 40% degli accessi a Google Maps proviene da dispositi-vi mobile: un dato impor-tante che permette di capire di più sul reale utilizzo di Maps.

Tramite un qualsiasi smartphone è infatti possibile accedere ad applicazioni che integrano la geolocalizzazio-ne tramite GPS, effettuando ricerche non solo geografiche, ma anche commerciali.

Qui entrano in campo due delle novità di questi mesi: Google Places e Hotpot. Tra-mite questi due servizi gratu-iti è possibile creare schede personalizzate per la pro-pria attività commerciale, personalizzandola con foto, prodotti trattati, riferi-menti, zone trattate e molte altre informazioni.

In questo modo è possibile apparire facilmente in cima

a SERP (Search Engine Result Pages – le pagine delle ricerche dei motori di ricerca) a volte anche molto competitive e con alto tasso di conversione medio.Si avrà quindi un posiziona-mento immediato fra le paro-le chiave d’interesse in Maps e Places e, grazie alla Universal Search, anche fra i risultati “organici” (le normali ricer-che di Google), in punti del-la pagina di assoluto rilievo, spesso above the fold e for-mattate in modo graficamen-te attraente.Tramite Google Hotpot tutto ciò diventa improvvisamente in mano agli utenti: da un lato ciò può essere inquietante, dall’altro diventa un grandis-simo strumento aggiuntivo! Qualunque scheda di Places può essere infatti valutata e recensita dagli utenti, lascian-do anche commenti; il tutto in modo ovviamente sociale, tramite reti di amicizie, sug-gerimenti, ecc.

SCHERMATA DI GOOGLE MAPS

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Hotpot e Places sono quindi stru-menti potentissimi, soprattutto per gli utilizzatori di dispostivi mobile; un segmento da non sottovalutare, soprattutto in Italia, che in questo occupa un posto d’eccellenza: se-condo una recente statistica di Libero Mobile sono 15 milioni gli utenti di internet mobile nella nostra nazione, contro gli 11 del Regno Unito, i 10 della Spagna e gli 8.5 della Germania.

Da non sottovalutare poi un’interes-sante caratteristica che le ricerche di Google presentano da qualche tem-po a questa parte: la localizzazione non si ferma più infatti solo a Maps, ma entra nelle SERP classiche, e i risultati forniti variano in base al luogo in cui ci si connette; ciò si riscontra soprattutto per ricerche che hanno implicazioni geografiche, turistiche e commerciali: in fin dei conti, perché mostrare pizzerie di Milano a un utente che da Roma cerca “ristoranti”?

FOURSQUARE, GOWALLA, FACEBOOK DEALS E LA

GEOLOCALIZZAZIONE Un’altra tipologia di servizi su cui vale la pena investire sono sicuramente i nuovi software che sfruttano la geolocalizzazione e il geotagging sugli smartphone, tramite il web mobile: un settore questo, come già detto, in continua crescita. I già citati Libero Mobile Trends, pubblicati nel novembre 2010, sono esplicativi: il mobile è stato, in 26 mesi, la tecnologia internet con i tempi di adozione più rapidi di sempre e, solo nell’arco dello scorso anno, il numero di utenti italiani è aumentato del 25%.

Facebook Deals, Foursquare e Gowalla sono solo alcuni degli esempi di applicazioni progetta-te appositamente per “telefoni” di ultima generazione, con lo scopo di interfacciarsi con la realtà tramite il meccanismo della geolocalizzazio-ne; questo interfacciarsi è inoltre affrontato con un approccio e una filosofia totalmente social, in linea con le ultime tendenze della rete: tutto le informazioni sono in fun-zione degli spostamenti reali dei propri amici, dei luoghi da loro vi-

sitati, delle attività recensite. Nello specifico: Four-

square è un’appli-cazione multi-

piattaforma che nasce con lo sco-

po di “.. sug-gerirti qual-

cosa di interessante da fare nelle vicinanze”, come ha dichiarato Dannis Crowely in una recente intervista. Tramite delle dettaglia-te mappe, che interagiscono con

le funzioni di localizzazione del proprio smartphone, e al-

trettanto approfondi-te informazioni su

luoghi e attività c o m m e r c i a -

li, inserite rig orosa-

m e n t e

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UTENTI: oltre 8 milioni in tutto il mondo, con circa 35.000 nuovi utenti ogni giorno

CHECK-IN AL GIORNO: oltre 2,5 milioni, con oltre mezzo miliardo di check-in nello scorso anno

IMPRESE: oltre 250.000 che usano la Merchant Platform (mag-giori informazioni su four-square.com/business)

DIPENDENTI: oltre 60 tra la sede centra-le a New York (NY) e un uf-ficio di ingegneria satellite a San Francisco (CA)

(aprile 2011)

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CHEK-IN FOURSQUARE NELLA METRO DI LONDRA

dagli utenti, Foursquare si pone come ottima risorsa per gli utenti che si muovono spesso, soprattutto in città; a tutto ciò si somma l’espe-rienza fornita tramite le connessioni sociali e dei speciali riconoscimenti, i badges, assegnati automaticamen-te ai visitatori più assidui di un de-terminato luogo e ai viaggiatori più esperti.

Il tutto può essere applicato con successo ad attività che fondano il proprio business sul territo-rio, con una presenza fisica im-portante: regalare sconti e omaggi

al sindaco della propria attività (colui che la fre-

quenta più spesso, comni-candolo su Foursquare) può

creare una vera e propria gara fra i clienti, che porterà un ritorno in pubblicità sociale particolarmente economico

ed efficace.

Allo stesso modo può essere intelli-gente fare un piccolo sconto a tutti coloro che comunicano la propria visita su Facebook o su un altro social network di questo tipo, ren-dendo ben nota la campagna trami-te cartelli visivamente immediati all’entrata dell’attività.

Già in alcune grandi città italia-ne si iniziano a notare iniziative del genere e big oltreoceano come Starbucks sono stati pionieri in questo senso, con ottimi risultati. Il web si sta spostando al servizio

della realtà, è sempre più vicino alle esigenze reali e immediate degli utenti; la miglior soluzione, oggi più che mai, sta nel cavalcare subito l’onda, in modo da trovarsi sulla cresta quando sarà alta.

PAOLO DELLO VICARIO

Consulente di webmarketing in SeoPoint.org

Da Wikipedia: La geolocalizzazione è l’identificazione del-la posizione geografi-ca nel mondo reale di un dato oggetto, come ad esempio un telefono cellulare o un compu-ter connesso a Inter-net.

Nel corso degli anni aziende come Google, Facebook, e Foursqua-re, favoriti dall’e-sponenziale crescita di dispositivi mobi-li quali smartphone e iPhone hanno introdotto la funzione di geolo-calizzazione dei propri utenti incrementando il numero di servizi di-sponibili nelle proprie piattaforme, quali ad esempio geomarketing o integrazione nei social network.

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Nell’attuale panorama del Made in Italy della moda nostrana, Save-rio Palatella è certamente uno dei

creatori italiani più qualificato ad essere ormai un autentico caposaldo di uno stile che è andato formandosi grazie al contri-buto di geniali sarti, stilisti artisti, e per-ché no, illuminati imprenditori che hanno saputo scommettere ed innovare, dando lustro e lavoro alle tante realtà che gravi-tano attorno al mercato del tessile, e come ormai da molto tempo è riconosciuto, ha fatto del Paese un punto di riferimento in-ternazionale. Tutti ci vogliono, tutti ci co-piano, persino i falsari. Un vero e proprio Made in Non So Dove parallelo.

Saverio Palatella , dopo essersi formato in quel di Francia, dai cugini, presso l’Eco-le Berçot di Parigi negli anni ’80 - quegli anni d’oro per la nostra moda, che si era raggruppata attorno alla Milano Collezio-ni magicamente organizzata da Beppe Mo-denese, con lo sguardo attento ed onnipre-sente di Carla Ling, e la collaborazione di tutto ciò che il meglio della creatività mi-lanese e nazionale sapeva allora proporre quanto a regia, musica, arte, stampa, cultu-ra… - ha cominciato un percorso dedicato particolarmente alla maglia, trovando uno sbocco durato oltre dieci anni attraverso Gentryportofino, e proponendo linee es-senziali per uomo, donna e bambino.Il pregio della maglieria proposta , il con-nubbio fra maglieria e filatura, le collabo-razioni con case produttrici come Filorè, Botto Paola, Mario Boselli Jersey, ci con-ducono al lavoro per Lycra della Dupont volto alla ricerca di un filato misto cache-mire e Lycra. Già nell’88 era stato aperto uno showroom press-office a Parigi. Le riviste patinate francesi, Marie Claire ed Elle, in particolare, ne decretarono il suc-cesso. Nel ’90 viene segnalato fra i primi

INTERVISTA A SAVERIO PALATELLA

MODAM

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Parole chiavemoda / stilisti italiani / made in italy / maglieria / costume / couture / unicità e stile

ETHICAL FASHION

MAURIZIO ARATA

Giornalista

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Attraverso il costume che cambia, vediamo il cambiamento dello stile nel tempo che stiamo vivendo.

otto stilisti europei di nuova gene-razione, insieme a nomi come Ka-therine Hamnett, John Galliano, Rifat Ozbek, Dolce e Gabbana…Oggi Saverio Palatella è un mar-chio presente in Italia, Francia, Germania, Usa, Giappone e Russia.Le sue collezioni donna sono sem-pre più apprezzate ed innovative.L’esperienza, la ricerca, anche tecnologica, il cuore, la sobrietà, nonché il rapporto con la musica e con l’arte sono oggi la radice di una qualità che porta risultati sia economici che di immagine, utili all’intero Sistema-Paese.Elencare tutte le molteplici realtà che si sono susseguite nel percorso di uno stilista-creatore non è qui necessario. Basta andarlo a “visita-re”. Si potrà così comprendere l’im-portanza ed il valore sociale che la moda italiana stessa può ancora avere sul mercato globale. E magari supportare quell’eccellenza, sia nel pret-à-porter che nell’Alta Moda, che fa dell’Italia, senza nulla to-gliere ai cugini francesi e ad altre realtà, simbolo indiscusso e punta di diamante dello stile nel mercato globale.

Se tu oggi dovessi definire la parola “moda”, cosa diresti a proposito? La moda è l’arte del vestire. La moda è il principale osservato-rio dei tempi estetici. Attraverso il costume che cambia vediamo il cambiamento dello stile nel tempo che stiamo vivendo. La moda, rap-

presenta il mezzo estetico cultura-le con il quale ci presentiamo agli altri. La moda nobile è soprattutto cultura, una cultura del far bene che ha caratterizzato il nostro Pae-se nel mondo negli ultimi 30 anni. Prima di allora eravamo vittime di Parigi……e della sua Couture.

A cosa ti ispiri nella creazione del-le tue collezioni? Mi ispiro a ciò che mi circonda in quel momento, un quadro, un di-sco, un film, un libro, un viaggio…E dopo approfondisco. Ad esempio da un anno lavoro in Mongolia e sto migliorando il lega-me con questa nazione così interes-sante, dove ho iniziato a conosce-re pittori e musicisti meravigliosi E dove stanno prendendo forma nuove idee professionali e scambi culturali/creativi.

Esistono dei creatori di moda, pas-sati o presenti che possano rappre-sentare per te un riferimento?

Senza dubbio i miei riferimenti sono Madeleine Vionnet caposal-do dello scorso secolo per lo studio delle geometrie adattate al corpo. Materia e forma in perfetta armo-nia. Più recenti Issey Miyake e Wal-ter Albini, 2 maestri che ho avuto la fortuna di conoscere personal-mente. Menzione speciale, per la costanza, tenacia e rigore nell’ap-proccio professionale a Giorgio Armani, un vero faro per tutti noi.

Dove pensi sia più importante guardare, verso il pret-à-porter o l’alta moda? Guardare ovunque…con attenzio-ne, ma senza dubbio l’alta moda, l’unicità è un valore fondamenta-le in un momento cosi particolare dove la serialità ha fatto il suo tem-po. Non è anacronismo, ma realtà, siamo stanchi di tutto…..e del trop-po che ci circonda.

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Trovi differenza fra la moda del passato e quella attuale? La moda del passato era un rito da celebrare la moda di oggi qualcosa da consumare velocemente…

Chi sono i soggetti che seguono la moda e le mode..cosa ne pensi…cosa consiglieresti? Con lo sviluppo dei media la moda la seguono tutti, un po’ come il de-sign, sin troppo ed in modo super-ficiale…… non ho consigli da dare se non quello di studiare veramente il passato, spesso i giovani pur con Master non sanno, non conosco-no…

Il settore moda è davvero un’im-presa trainante per la nostra eco-nomia? Certo, ma dobbiamo impegnarci per un rilancio in grande stile del Made in Italy e fare nuovamente sistema.

Cosa pensi delle nuove tecnologie, dei social media e della rete? Ne fai uso in qualche forma? La uso molto, come potremmo al-trimenti…….. tutte le comunicazio-ni e gli aggiornamenti sono in rete la rete è imprescindibile.Il Made in Italy è ancora numero uno nel panorama internazionale? Lo è per le nostre menti più capaci,

per i nostri ricercatori ed artigiani ma il livello sistemico è tutto da ri-costruire.

Come vedi i creatori di altri paesi? Ne apprezzi qualcuno? Sono molti quelli che appezzo, ma Alber Elbaz è un esempio stupendo di rigore / creatività /anima. Amo la sua modestia, grande quanto il suo stile. Perché uno stilista è an-che da quello che dice nelle sue af-fermazioni, stile ed etica non van-no mai disgiunti.

Come vedi il futuro del tuo lavoro in questa realtà socioeconomica? Con l’ottimismo della volontà, bisogna sempre credere profonda-mente nel lavoro che si sta facendo. La realtà è complessa ma affasci-nante, la rivoluzione in atto epoca-le sulle forme di comunicazione sta cambiando profondamente i nostri stili di vita.

Servirebbe qualcosa di particolare per crescere ed innovare ulterior-mente? Servirebbe che ogni Azienda de-dicasse una parte dei suoi utili alla ricerca ed alla formazione. Il lavo-ro del futuro non si baserà più sul mero consumo, ma su scelte consa-pevoli. Sarà un mercato meno com-pulsivo…Si parla da anni di Ethical fashion.

Le Istituzioni sono sensibili verso questo tipo di impegno creativo-industriale? A mio vedere raramente, ma il nuo-vo Sindaco di Milano potrebbe far-mi ricredere.

Come vedi il rapporto colla moda da parte delle generazioni più gio-vani? Imprevedibile ancora, sta appena finendo la generazione dei consu-matori compulsivi di merci a basso costo

…dato l’attuale frenetico clima da Happy Hour, qual è l’aperitivo preferito di “uno stilista milanese moderno” ? Non ho un posto specifico ma alcu-ni posti che variano sempre: L’elet-trauto / Il Jamaica – via Brera / Il Mono / Hotel Diana.

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Spot’s anatomy

PUBBLICITÀP

BREVE STORIA DI COME NASCE E SI REALIZZA UNO SPOT PUBBLICITARIO

Ben poche persone, a parte gli addetti ai lavori, si soffermano più di tanto, quan-do vedono una delle decine di spot che vanno in onda giornalmente, a pensare

come nasce e come si produce uno spot pubblici-tario (per gli anglosassoni commercial).Dai più semplici girati con budget limitati in HD, a quelli più complessi, con produzioni che ricordano quelle dei film veri e propri e budget a sei cifre o più. In tutti c’è il contributo di molte persone e per ogni secondo che va in onda ci sono ore di lavoro dedicate alla strategia, cervelli che si sono spre-muti per trovare l’idea (frutto spesso di screma-ture di tante proposte), riunioni di verifica delle idee tra i creativi e tra i creativi e gli account, e poi ancora riunioni di presentazione del lavo-ro ancora sulla carta al cliente fino alle riunioni preliminari per discutere la realizzazione della produzione cinematografica e una volta girato il film, le varie presentazioni al cliente del prodotto finito, il cosiddetto on line. E finalmente il film approvato viene inoltrato alle emittenti e manda-to in onda.

Ma facciamo un passo indietro. Tutto inizia quando un cliente chiama l’agenzia e le passa un brief per una campagna pubblicitaria. Può essere un cliente che è già nel portfolio dell’agenzia o

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una gara a cui sono invitate a parteci-pare più agenzie. Spesso il cliente ha già deciso i mezzi su cui vuole uscire e tra questi c’è quasi sempre la televi-sione.

Il direttore clienti con i planner e gli account insieme ai direttore creativo cominciano a elaborare, con tutte le richieste fatte dal cliente, i dati forniti dalle ricerche e tanto lavoro di menin-gi, una strategia e un brief creativo che passeranno al team che dovrà inventa-re lo spot per iniziare il lavoro.Il team se il progetto è importante è spesso formato da più coppie creative esperte di comunicazione classica, ma anche di comunicazione alternativa digitale web e virale.Facciamo un salto in avanti di un paio

di settimane, in cui tante idee sono state messe sul tavolo e molte sono state scartate o modificate, e arriviamo al giorno fatidico della presentazione al cliente. Spesso le idee vengono pre-sentate in forma cartacea, vale a dire una semplice descrizione sceneggiata della storia in formato word (lo script) o con uno storyboard con tutte la sce-ne del film illustrate a disegni o con fotomontaggi. Tutta la presentazione viene poi caricata su PowerPoint. Ma nel caso di gare o di progetti impor-tanti si fanno dei veri e propri film da 30 o più secondi in cui l’idea è raccon-tata con spezzoni di film, una musica e una o più voci narranti. A volte si gira addirittura lo spot (in gergo tecnico si chiama quick and rough) anche se in modo più semplice e con meno mezzi

di quanto poi si farebbe per quello che andrà in onda. Sempre che il cliente approvi l’idea e, nel caso di una gara, affidi all’agenzia il suo budget pub-blicitario.

Se tutto è andato bene e il cliente deci-de di girare lo spot si indice una gara fra almeno tre case di produzione che faranno delle proposte di come e con quale regista girare il film. Ogni pro-posta è accompagnata da una stima dei costi, quindi la gara si gioca su due fronti: la qualità, cioè il valore aggiun-to che il regista è riuscito a dare all’ idea originale dello script, e la migliore proposta economica.La fase della scelta della casa di produ-zione e della proposta di regia è crucia-le e creativi e responsabili del reparto

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Parole chiaveCampagna pubblicitaria / come nasce uno spot / agenzie di pubblicità / brief / regia / case di produzione

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tv passano molto tempo a valutare i trattamenti dei registi, che vengono naturalmente anche contattati e a cui si fan-no mille domande per capire cosa effettivamente hanno in testa e quanto la loro visione esalti e arricchisca l’idea del film senza naturalmente stravolgere la storia che il cliente si è comprata.

Scelta la casa di produzione e il regista, si va dal cliente con il reel dei suoi lavori e il suo trattamento registico e se il cliente approva costi e scelta registica si arriva al mo-mento più importante dal quale dipenderà il successo di tutta la produzione dello spot, il Pre Production Meeting per gli addetti ai lavori PPM. La preparazione del PPM occupa per diversi giorni i creativi, il tv producer e gli ac-count dell’agenzia e, dalla parte della casa di produzione, i produttori, il regista, lo scenografo, il responsabile degli effetti speciali, la stylist, il direttore del casting e le persone che devono fare i sopralluoghi per individuare le location dove girare interni ed esterni del film, i cosiddetti location manager. A questo punto il regista è il protagonista asso-

luto della situazione e tutti fanno riferimento a lui. I cre-ativi e il producer dell’agenzia lo incalzano con domande e richieste e lui a sua volta chiede alla produzione che gi venga messo a disposizione tutto quello che gli servirà per girare al meglio lo spot. Spesso c’è una sfibrante negozia-zione tra le richieste le più disparate e a volte tecnicamen-te sofisticate del regista e la disponibilità del produttore a concedergliele.

Molti immaginano che girare uno spot sia eccitante e gla-mour, modelle mozzafiato e location esotiche e lontane, insomma tutti gli stereotipi che accompagnano in genere i grandi spot di auto, di profumi o dei gestori telefonici con attori e modelle famose.

In realtà i set della maggior parte degli spot non sono af-fatto così. Le giornate di shooting sono lunghe e faticose e spesso ci sono problemi da risolvere velocemente e la ten-sione cresce. In questi casi il regista ha un ruolo fondamen-tale per far sì che il lavoro proceda con la massima serenità e concentrazione e se capita che una modella abbia una cri-si isterica e non voglia più recitare è ancora il regista e solo lui che deve con pazienza, professionalità e mestiere far sì che questo piccolo dramma non metta a rischio l’intera lavorazione del film.

Un capitolo a parte sono gli spot di prodotti alimentari, dove le sequenze della presentazione delle materie prime piuttosto che degli ingredienti sono secondo me le più no-iose in assoluto. I tempi sono biblici e può capitare di girare e rigirare per ore una caduta di tuorli nella farina o una versata di ragù su una lasagna. Ricordo un film che ho seguito con un bra-vissimo regista belga specializzato in table top. Si cominciò l’ultimo giorno di riprese alle 10 del mattino per finire con l’ultimo sospirato ciak alle 7 e 30 del mattino dopo. Fini-te le riprese e festeggiato l’evento si è praticamente solo a metà dell’opera. Le settimane successive saranno dense di lavoro per dare a un film il suo aspetto definitivo e questo grazie all’ultima fase della produzione, il montaggio.

Momento del lavoro importantissimo che, grazie al feeling che si instaura tra regista e montatore durante le lunghe ore di editing, darà finalmente allo spot la sua veste defini-tiva, quella che per 30 secondi guardiamo, a volte distrat-tamente, passare sullo schermo del nostro tv.

UMBERTO RAIMONDI

Creativo pubblicitario

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Il grande cinema non va in vacanza di SONIA AVEMARI

CINEMAC

Dopo il 64esimo Festival di Cannes, che è tor-nato a deliziare i cinéphile di tutto il mondo dopo una deludente edizione 2010, il grande cinema si prepara a un’estate altrettanto ric-ca, a partire dal Giffoni Film Festival per poi proseguire con il Concorso internazionale di Locarno e approdare al Lido per l’attesa Mo-stra d’arte cinematografica di Venezia.

Con una selezione ricca di nomi importanti e di piacevolissime sorprese, Cannes 2011 (11 - 22 maggio) si è confermato ancora una volta come uno degli appuntamenti più prestigiosi per il ci-nema internazionale. The tree of life del regista Terrence Malick ha conquistato la Palma d’Oro come miglior film. Ha vinto, dunque, il favori-

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Cannes 2011 (11 - 22 maggio) si è confermato ancora una volta come uno degli appuntamenti più prestigiosi per il cinema internazionale. The tree of life del regista Terrence Malick ha conquistato la Palma d’Oro come miglior film.

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to della vigilia e il cinema italiano, rappresentato da Habemus Papam di Nanni Moretti e This must be the place primo film in lingua inglese di Paolo Sorrentino, è tornato a casa senza premi. Molte sorprese hanno riservato le altre scelte della giuria del Festival, presieduta da Robert De Niro: nell’elenco dei vincitori di Cannes 2011 manca Sean Penn, stra-ordinario interprete sia nello stesso The tree of life che nell’applaudito film di Sorrentino. Il premio come miglior attore è andato, infatti, al francese Jean Dujardin per l’ottimo film muto The artist.  Mentre Kir-sten Dunst ha trionfato come mi-glior attrice per Melancholia, di Lars Von Trier cacciato dal Festival per le sue frasi in favore di Hitler e del na-zismo durante una conferenza stam-pa. Una vera sorpresa è stata anche la partecipazione in concorso del regista spagnolo Pedro Almodovar con La Piel que habito e, per quanto riguarda il fuori concorso, Woody Allen non ha deluso le aspettative con la sua ultima fatica “europea” Midnight in Paris.

Il mese di luglio, quando ormai le sale dei cinema languono, si apre invece con la 41esima edizione del Giffoni Film Festival dal 12 al 21, con 145 film in programma, 58 lungometraggi, 87 cortometraggi in concorso e fuori concorso. Una giuria di 3300 giovani dai 3 ai 23 anni provenienti da 51 nazioni (con l’ingresso quest’anno di altri 6 pae-si: Afghanistan, Qatar, Nigeria, Ro-mania, Russia e Ucraina) e 150 città

italiane; questi i numeri della nuova edizione della manifestazione, rasse-gna interamente dedicata ai ragazzi.Quest’anno il film più atteso è sicu-ramente l’ultimo episodio della saga di Harry Potter che si congeda con la seconda parte dei Doni della mor-te. La portata di pubblico e interesse intorno al maghetto più famoso del mondo è di tale portata che la War-ner Bros ha scelto come data di usci-ta del film il 15 luglio (il 13 in Ita-lia), periodo in cui tradizionalmente il grande cinema va in vacanza. Oltre a Harry Potter, grande attesa anche per Honey 2, seguito del film del 2003 che lanciò una giovanissima

Jessica Alba, questa volta la prota-gonista, l’attrice Katerina Graham, è una talentuosa ballerina che trova lo sbocco per la sua passione unendosi ad una nuova compagnia di danza dopo essere uscita dal carcere mino-rile. Inoltre, l’ultima giornata del-la rassegna vedrà l’anteprima, a 33 anni dall’uscita nelle sale, di Grease che tornerà nei cinema italiani il 12 agosto nell’inedita versione Sing-a-Long. Un vivace karaoke che invita tutti i fan a cantare assieme a Sandy e a Danny nei momenti più appas-sionanti del film. La presentazione al Giffoni Film Festival permetterà ai più giovani di riscoprire un cult

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Parole chiave

novità cinematografiche, cinema, festival di Cannes, festival di Locarno, Gifforni festival, anteprime grande schermo

Il film più atteso dell’anno è sicuramente l’ultimo episodio della saga di Harry Potter che si congeda con la seconda parte dei Doni della morte.

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mai passato di moda. L’iniziativa fa parte del Legend Film Festival di Nexo Digital, che riporta sul grande schermo i capolavori in proiezione digitale 2k. Grande attesa anche per gli ospiti che interverrano, tra cui spiccano le due star hollywoodiane Edward Norton e il premio Oscar Hilary Swank, oltre a Valeria Go-lino, Donatella Finochiaro, Paola Cortellesi, Luciana Littizzetto, Aldo Giovanni e Giacomo, Ascanio Cele-stini, Rocco Papaleo e molti altri.

Appuntamento fisso di agosto è inve-ce il Festival del cinema di Locarno che si terrà dal 3 al 13 e assegnerà al vincitore il Pardo d’oro. Il direttore artistico Olivier Père, alla sua secon-da prova locarnese, ha annunciato i primi titoli della selezione del Con-corso internazionale, giunto alla sua 64esima edizione, in occasione del-la tradizionale conferenza stampa all’Ambasciata di Svizzera a Roma.

Tra le opere in concorso troveremo quella dei registi italiani Gianluca e Massimiliano De Serio che presen-teranno in prima mondiale il loro

primo lungometraggio di finzione, dal titolo Sette opere di misericordia. I due registi, fratelli gemelli, si sono di-stinti nel corso degli anni per la pro-duzione di cortometraggi, documen-tari e videoinstallazioni presentati in numerosi festival internazionali.

La rassegna ospiterà anche il terzo lungometraggio della regista fran-cese Mia Hansen-Løve, Un amour de jeunesse. Dopo aver esordito come attrice, Mia Hansen-Løve è passata dietro la cinepresa presen-tando a  Locarno  nel 2004 il corto-metraggio  Après mûre réflexion.  Il suo primo film  Tout est pardonné è stato selezionato alla Quinzaine des réalisateurs, aggiudicandosi il “Prix Louis-Delluc for first film” ed è sta-to nominato ai Cesars come miglior opera prima. Mentre a presiedere la giuria quest’anno sarà il produttore portoghese  Paulo Branco (Franci-sca  di Manoel de Oliveira,  In the White City  di Alain Tanner,  Come and Go di João César Monteiro, My-steries of Lisbon  di Raoul Ruiz), già vincitore nel 2002 del Premio Rai-mondo Rezzonico, istituito proprio

quell’anno. Con lui a valutare la ven-tina di lungometraggi in concorso avremo la regista svizzera  Bettina Oberli  (I’m Nordwind,  The Mur-der Farm), l’attrice italiana  Jasmine Trinca  (La meglio gioventù  di Mar-co Tullio Giordana,  Il caimano  di Nanni Moretti, Ultimatum di Alain Tasma), l’attore e regista france-se  Louis Garrel  (The dreamers - I sognatori  di Bernardo Bertolucci, Regular Lovers  di Philippe Garrel, Les Chansons d’Amour di Christophe Honoré) e l’attrice tedesca  Sandra Hüller (Requiem di Hans-Christian Schmid, Brownian Movement di Na-nouk Leopold). In attesa di conoscere tutte le opere che vedremo in questa edizione, Oli-vier Père ha svelato che ci sarà una forte presenza americana. Mentre sono già stati resi noti il Pardo d’o-nore ad Abel Ferrara - l’eccentrico autore di Il cattivo tenente,  Il nostro Natale, Go Go Tales – e l’omaggio al giapponese Hitoshi Matsumoto con l’anteprima di Saya-zamurai - Scab-bard Samurai.

E Venezia? Di certo non sta a guar-dare e la 68esima edizione, dal 31 agosto al 10 settembre, si preannun-cia come una delle selezioni più ric-che degli ultimi anni tra opere date ormai per certe e possibili sorprese. Se Cannes 2011 non ha scherzato,

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Appuntamento fissodi agosto è invece il Festival del cinema di Locarno che si terrà dal 3 al 13 e assegnerà al vincitore il Pardo d’oro.

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con un livello medio qualitativo so-pra la media, Venezia non si tirerà certo indietro, almeno a giudicare dai nomi che si fanno tra gli addet-ti ai lavori, anche in considerazione del fatto che - a meno di sconvolgi-menti dell’ultim’ora - sarà l’ultimo Festival diretto dall’ottimo  Marco Muller, il quale vorrà sicuramente lasciare un’impronta forte a quella che per anni è stata soprattutto una sua creatura.Sembrano ormai già approdate al Lido due opere caratterizzate da un regista “peso massimo” e un cast all-stars: si tratta di Carnage di Ro-man Polanski  (con  Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly) e di  A dangerous method  di  David Cronenberg  (in-terpretato da  Michael Fassbender, Keira Knightley, Viggo Mortensen e Vincent Cassel). Altro nome che circola da un po’ tra le voci di corridoio è quello di Ale-xander Sokurov, che con il suo Faust concluderà la quadrilogia incentrata sugli uomini di potere.Già atteso sulla Croisette, ma poi rimastone clamorosamente escluso, è il francese  Philippe Garrel:  Un

eté brulant  sarà quasi sicuramente presente, tenendo anche conto del fatto che la protagonista  Monica Bellucci fornirebbe un bel traino pubblicitario al carrozzone pro-duttivo sfruttando un palcoscenico prestigioso come quello di Venezia. Dovrebbero farcela anche  Wong Kar Wai e Walter Salles con, rispet-tivamente, The Grandmasters  e  On the road: soprattutto il primo rap-presenterebbe un vero e proprio col-paccio per la selezione, visto il lungo processo produttivo che ha tenuto impegnato il regista e la quantità di aspettative venutesi a creare. Altro pezzo da novanta che non dovrebbe mancare sarà  Alexander Payne, che dopo l’ottimo  Sideways  torna sullo schermo con The descendants (il cui protagonista è George Clooney). E, a proposito di Clooney, è ormai uf-ficiale che sfilerà sul tappeto rosso in occasione della sua nuova fatica da regista,  The Ides of March, con il lanciatissimo  Ryan Gosling, che aprirà il Festival il 31 agosto in con-corso. Quasi certa anche la presenza di  Brillante Mendoza  e di  Isabelle Huppert: il filippino e la talentuosa attrice dovrebbero essere protagoni-

sti assoluti con il nuovo film del di-scusso regista intitolato Prey. Tornando agli europei, i nomi più accreditati sono quelli di Tomas Al-fredson con il suo Tinker, Tailor, Sol-dier, Spy (con Gary Oldman e Colin Firth), film tratto dall’omonimo romanzo di John Le Carre, e quel-lo di  Steve McQueen  che con  Sha-me  cercherà di replicare il successo di critica ottenuto con Hunger; pro-babile anche l’inserimento di  Tri-shna di Michael Winterbottom con la bella Freida Pinto.Ma il nome sicuramente più atteso rimane quello di Michael Haneke, il quale dopo l’affermazione a Cannes con Il nastro bianco, potrebbe entra-re nel gotha dei registi pluripremiati provando l’assalto al Leone d’oro: il suo Amour è atteso nelle sale per l’i-nizio del 2012, ma considerando che le riprese sono terminate da almeno un mese non è da escludere una cla-morosa partecipazione.Ben assortita dovrebbe essere anche la truppa italiana presente in laguna: i nomi più accreditati sono quelli di  Emanuele Crialese  (Terraferma) e di  Cristina Comencini  (Quando la notte) per quanto riguarda il con-corso; fuori concorso - almeno stan-do alle sue dichiarazioni - Ermanno Olmi con Il villaggio di cartone.Per il momento comunque, in attesa del programma ufficiale, le uniche notizie certe sono quelle riguar-danti il presidente di giuria, Darren Aronofsky  (Il cigno nero; The Wre-stler) e del Leone d’oro alla carriera assegnato a  Marco Bellocchio; ap-puntamento fissato a fine luglio per scoprire se le indiscrezioni trapelate fino a questo momento corrispon-dano o meno a verità, e se davvero dopo la bella edizione dello scorso anno la Biennale riuscirà a offrire uno spettacolo ancora migliore.

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SONIA AVEMARI

Esperta di cinema e collaboratrice di Voicecom news

Senza ElisabettaE, a proposito di Clooney, è ormai ufficiale che sfilerà sul tappeto rosso in occasione della sua nuova fatica da regista, The Ides of March, con il lanciatissimo Ryan Gosling, che aprirà il Festival il 31 agosto in concorso.

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LA SFIDA DEI SERIOUS GAMES

La tavola rotonda di inizio lavori, ‘La sfida dei Serious Games: ricerca, applicazioni e prospettive future’

ospitata il 25 maggio all’Università Bicoc-ca di Milano, ha visto la partecipazione di Susanna Mantovani, pro-rettore e pro-fessore ordinario di Pedagogia Generale e Sociale all’Università Bicocca; di Luigi Anolli, professore ordinario di Psicolo-gia della Comunicazione e direttore del centro CESCOM, Università Bicocca; di David Wortley, Immersive Technology Strategist, fondatore del Serious Games Institute dell’Università di Coventry; di Sonia Hetzner, Innovation in Learning Institute Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nuremberg ; di Lucia Pannese, direttore di imaginary; di Albena Anto-nova, docente della facoltà di matematica e informatica alla Università di Sofia St. Kliment Ohridski e Alessandro De Gloria, Professore Ordinario alla Facoltà di Inge-gneria Area scientifico-disciplinare all’U-niversità di Genova e coordinatore della rete di eccellenza europea GaLa (www.ga-lanoe.eu), interamente dedicata ai Serious Games.

I relatori, moderati da David Wortley, han-no avuto modo di presentarsi al pubblico e di illustrare la loro visione sull’utilizzo e l’importanza dei Serious Games, tanto in ambito educativo, quanto in quello azien-dale.

Il prof. Anolli ha spiegato come i percorsi creati e utilizzati dalla mente umana ven-gano simulati dai Serious Games: “i nostri cervelli creano naturalmente delle mappe ogni volta che agiamo, pensiamo o imma-giniamo qualcosa. I Serious Games ricrea-no in modo virtuale questi stessi percorsi, simulandoli”. Per questo, ha aggiunto “il futuro dell’apprendimento è nei Serious

RICERCA, APPLICAZIONI, ESPERIENZE E PROSPETTIVE FUTURE

EVENTIE

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Parole chiaveserious games, training, formazione professionale, formazione per le imprese, ricerca, simulazione, competenze manageriali, sviluppo

Il 25, 26 e 27 maggio nell’ambito del progetto di ricerca in-ternazionale LUDUS è stata organizzata a Milano la confe-renza SGEED 2011 (Serious Games, Education and Economic Development).LUDUS è un progetto internazionale (quadro South East Eu-rope) che coinvolge 8 partner provenienti da 6 paesi dell’U-nione Europea (Italia, Grecia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Slovenia) con lo scopo di promuovere la consapevolezza e la condivisione di conoscenze e di esperienze nell’ambito dei Serious Games. All’interno del progetto LUDUS sono stati proposti stimo-li e attività didattiche che vanno dalle conferenze interna-zionali, alle giornate di formazione e di divulgazione della conoscenza dello strumento, fino ai concorsi e ai laboratori virtuali.

A questo proposito i due partner italiani coinvolti nel pro-getto, Centro METID del Politecnico di Milano e Centro CE-SCOM dell’Università degli Studi Milano – Bicocca, hanno organizzato, con la collaborazione di imaginary, la conferen-za SGEED.

L’università Milano Bicocca ha ospitato il 25 maggio la ta-vola rotonda di apertura dei lavori, mentre il Politecnico di Milano le attività delle due giornate successive: il convegno ha visto la partecipazione di relatori italiani e internazionali esperti del mondo dei Serious Games. Sono inoltre stati or-ganizzati tre workshop che hanno impegnato i partecipanti in sessioni tanto teoriche quanto pratiche.

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Games perché questi sono in grado di riportare gli stessi rapporti esi-stenti nella realtà. L’apprendimen-to è quindi situato ed esperienziale e il concetto di learning by doing si concretizza perfettamente. I Se-rious Games inoltre consentono sia un apprendimento guidato, sia una valutazione dinamica di quan-to appreso, permettendo anche alla cosiddetta conoscenza tacita di essere sfruttata come stimolo alla riflessione, senza che debba prima necessariamente essere esplicitata”.

David Wortley ha invece avuto modo di presentare alcuni casi stu-dio nell’ambito delle simulazioni e ha spiegato che “i giochi sono sem-

pre stati seri, ancora prima della comparsa sul mercato dei Serious Games. L’uomo ha sempre utilizza-to i giochi, di qualsiasi natura que-sti fossero, per esplorare il mondo intorno a sé. Per questo motivo i giochi rivestono un’importanza non solo ludica e di intrattenimen-to, ma anche economica. Questo ultimo aspetto è emerso soprat-tutto negli ultimi anni quando le tecnologie sviluppate per i giochi (pensiamo ai videogiochi simulati-vi come quelle messi in commercio da Nintendo, per esempio) hanno assunto un impatto commerciale di assoluto rilievo, anche al di là del loro diretto utilizzo nell’industria ludica”.

Il prof. De Gloria ha invece voluto sottolineare come uno strumento apparentemente solo ludico, come è il gioco appunto, sia invece riusci-to grazie al Serious Game a diven-tare un mezzo di apprendimento e di veicolazione, spesso, di messaggi didattici.

Particolarmente interessante è sta-ta la sua riflessione sull’approccio pragmatico dei Serious Games alla realtà: al centro dell’apprendimen-to non troviamo più solo teoria, ma vera e propria concretezza.

Lucia Pannese e Albena Antonova hanno voluto portare all’attenzio-ne del pubblico l’importanza del valore, economico e sociale, dei Serious Games. La prima ha sot-tolineato come le aziende abbiano costantemente bisogno di formare le loro risorse umane, attività per la quale l’utilizzo dei Serious Ga-mes è fortemente appropriato, ma per la quale non vogliano investire, soprattutto economicamente. La collega bulgara, dal canto suo, ha sostenuto come la sfida più gran-de sia quella di convincere i propri potenziali o attuali clienti che ci sia davvero un ritorno, non solo eco-nomico, derivante dall’utilizzo dei Serious Games.

A questo proposito Lucia Panne-se ricorda come “chi, in generale,

I Serious Games sono simulazioni virtuali interattive

che all’aspetto di un vero e proprio gioco affiancano

finalità serie. Utilizzati nel training aziendale, nel

marketing e nella comunicazione sociale i Serious

Games simulano i contesti in cui normalmente ci si

trova ad agire, concretizzando il concetto del learning

by doing e permettendo così di affinare percezione,

attenzione e comprensione delle situazioni.

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viene a contatto con i Serious Ga-mes si aspetta che questi abbiano la stessa qualità grafica e interatti-va dei videogames. Cosa che non sempre è possibile, ovviamente, dato il budget a disposizione e che, soprattutto, non è utile ai fini dell’utilizzo della simulazione: non serve per divertire, ma serve per far apprendere.” Da qui, quindi, la vera sfida: far capire cosa si intende per Serious Game e cercare, per quanto sia possibile, di inquadrarlo corret-tamente fra la simulazione, la spe-rimentazione di comportamenti, l’apprendimento riflessivo e di por-lo con cura e attenzione all’interno di un percorso formativo”.

Lucia Pannese ha poi lanciato una provocazione: dopo una fase com-plessa e articolata di progettazio-ne e sviluppo del game, dopo aver ‘insegnato’ al proprio cliente come utilizzarlo, siamo certi che il suo impiego sarà il migliore possibile e che le potenzialità e l’efficacia del Serious Game vengano esplorate davvero, così come lo farebbe un esperto, o viene dato agli uten-ti senza guida, inficiando tutto il lavoro metodologico dietro alle quinte?

A prendere la parola è stata quindi Sonia Hetzner, dall’Università di Erlangen, Germania, che ha sot-tolineato come lo sviluppo di un Serious Game non debba mai esse-

re improvvisato, ma debba invece sempre e comunque fare capo a un team competente, sia per quel che riguarda gli aspetti tecnici e tecno-logici, sia quando si fa riferimento a quelli metodologici e formativi. “Un gioco deve essere sempre un gioco e tra giochi e simulazioni devono esserci delle differenze. Il Serious Game ha un po’ le caratte-ristiche di entrambi” ha aggiunto Sonia Hetzner.

Discorsi e riflessioni sui Serious Games sono ripresi la mattinata successiva quando il Politecnico di Milano ha dato spazio alla con-ferenza ‘I Serious Games come strumento formativo: esperienze a confronto, tra università e mondo aziendale’.

Introdotti da Susanna Sancassani, direttore di Centro Metid, i rela-tori presenti (Lucia Pannese, Ales-sandro De Gloria, Barbara On-garo, Ufficio scolastico regionale della Lombardia; David Wortley, Sonia Hetzner e Matteo Uggeri, responsabile del progetto LUDUS per Centro Metid) hanno portato al pubblico la loro esperienza diret-ta con i Serious Games.

Nella mattinata Matteo Uggeri ha avuto modo di presentare alcu-ni Serious Games realizzati negli ultimi anni come, per esempio, “University Explorer” (www.uni-versityexplorer.polimi.it), realiz-zato per presentare il Politecnico agli studenti dell’ateneo (o futuri tali); “Performing Teatro Scienza” (www.performingts.it) e ‘La Bus-sola’ (www.week2week.polimi.it), un gioco sviluppato all’interno del progetto Week To Week.

Barbara Ongaro ha spiegato, inve-ce, come sia importante ricercare all’interno dell’educazione scola-stica nuovi orizzonti didattici che permettano di trasferire non solo conoscenza, come sta avvenendo ora e come avvenuto fino ad ades-so, ma che diano invece la possi-bilità di fornire agli studenti delle competenze spendibili alla fine del proprio ciclo di studi.“Costruire competenze e cono-scenza – secondo la dott.ssa On-garo – significa costruire respon-

sabilità e autonomia. Il luogo dove tutto ciò sta iniziando ad avvenire è il web”. Fondamentale deve però rimanere la figura dell’insegnante il cui ruolo è quello di coach, guida e trainer: “l’insegnante deve essere, prima di tutto, un motivatore. È la motivazione, infatti, il vero moto-re dell’educazione. Ed è un aspetto basilare, ma spesso sottovalutato”.

Alessandro De Gloria, già protago-nista della tavola rotonda di aper-tura lavori del giorno precedente, ha voluto invece presentare GaLa (Games and Learning Alliance), la rete di eccellenza sui Serious Ga-mes recentemente lanciata dall’U-nione Europea nell’ambito delle tecnologie per l’educazione, nel Settimo Programma Quadro per la ricerca, che egli stesso coordina. “Uno degli scopi di GaLa – ha spie-gato il Prof. De Gloria – è fare in modo che i Serious Games possa-no essere utilizzati a un alto livello nell’ambito educativo e di forma-zione. Questo permetterà allo stru-mento di acquisire importanza e autorevolezza”.

David Wortley ha invece centrato il suo intervento sulle caratteristiche che una simulazione dovrebbe ave-re per essere efficace e ‘centrare il bersaglio’. Attrattività, accessibilità e convenienza economica sono gli aspetti chiave sia di un’innovazio-ne, sia di una simulazione innova-tiva. Creare una nuova esperienza attraverso una simulazione, e farlo seguendo i tre principi di cui sopra, permette di generare nuovi approc-ci e servizi innovativi. “Le cosiddette visualizzazioni im-mersive ci consentono di capire e gestire al meglio l’ambiente nel quale viviamo – ha continuato il relatore britannico – Non solo: questo genere di simulazioni ha la capacità di attirare la nostra atten-zione, come poco altro potrebbe essere in grado di fare”.

Lucia Pannese ha invece avuto il compito di parlare di Serious Ga-mes in ambito aziendale. Il Serious Game diverte, ma simulando scena-ri reali (a meno che venga presen-tato come una metafora) permette di sperimentare comportamenti ed esplorare situazioni stimolando

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In un articolo successivo verrà dato spazio ai due workshop organizzati da imaginary all’interno della SGEED: Training sul dialogo multicul-turale: una simulazione di approccio adattativo nell’ambito del pro-getto europeo ImREAL e I Serious Games per l’apprendimento rifles-sivo (reflective learning) nell’ambito del progetto europeo MIRROR.

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fortemente la riflessione. È in tale contesto che l’azienda utilizza que-sto strumento, scegliendo così un mezzo che sia in grado di aumenta-re l’esperienza in modo che quanto appreso sia immediatamente appli-cabile al contesto lavorativo. Riprendendo quanto già accen-nato durante la tavola rotonda di apertura lavori, Lucia Pannese ha sottolineato quanto sia importan-te un corretto utilizzo del gioco da parte del cliente. Questo pre-suppone però, innanzitutto, che il Serious Game sia stato progettato sulle reali esigenze dell’azienda. È fondamentale quindi che il cliente segua molto da vicino il processo di sviluppo del gioco: un’azienda pre-sente nel momento della progetta-zione è un’azienda attenta a voler costruire uno strumento altamente

personalizzato che riesca a soddi-sfare le necessità per cui un Serious Game è stato effettivamente richie-sto. Lucia Pannese ha concluso di-cendo che “la strada è ancora lun-ga, soprattutto in Italia e c’è ancora molto da lavorare sulla percezione dei nostri interlocutori che a volte escono ancora con frasi tipo “stia-mo lavorando, non giocando”.

La mattinata è stata chiusa dall’in-tervento di Sonia Hetzner che ha invece focalizzato l’attenzione sulla tecnica dello storytelling, un me-todo potente e autentico per rac-cogliere informazioni e situazioni, che ultimamente spesso viene uti-lizzato come base per costruire i contenuti dei Serious Games. È tra-mite lo storytelling, per esempio, che sono stati costruiti i Serious

Games realizzati all’interno dell’or-mai concluso progetto E-VITA, il cui scopo era quello di raccontare le esperienze di viaggio dei cittadi-ni europei quando ancora l’Europa non era unita. Lo storytelling uti-lizzato all’interno di questo pro-getto ha permesso di catturare la conoscenza di reali esperienze di vita per poterla rimettere a dispo-sizione di tutti.

RAFFAELLA AMOROSO

Responsabile della comunicazione, imaginary srl

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TERRA Perché più la corsa è veloce e meno energia diss ipiamo? Per dimagri re dobbiamo perdere peso o massa? Perché un ago del la bussola può impazzi re?

ACQUAPerché s i canta sotto la doccia? Perché i f iumi prefer iscono scendere a curve anziché t i rare dr i t to? Quando l ’onda s i “ rompe”?

ARIAQuanti sono i color i del mondo? Perché i l c ielo è blu se l ’ar ia è t rasparente?Di che colore è l ’ombra? Come mai, avvicinando una conchigl ia al l ’orecchio s i sente i l mare?

FUOCOPerché i l nero snel l i sce e i l b ianco ingrassa? Cos’è l ’albedo? Megl io sauna o bagno turco?

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La fisica della domenica.Brevi escursioni nei quattro elementi.

Autore : Michele MarencoEdiz ione : S i roni EditorePrezzo : 16,00 euroISBN: 978-88-518-0138-0

RECENSIONIR

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LA SARDINA FA BENE AL DNA

L’ACQUA AIUTA IL CERVELLO

È ORA DI RIPENSARE IL FUTURO ENERGETICO DEL

PIANETA

SIAMO UN POPOLO DI CICLISTI

Pillole

CLOUD~

Con la cloud l’intelligenza sarà altrove: centralizzo tutto, in modo che le informazioni siano in un solo

posto, e le metto a disposizione attraverso Internet

Cittadini di tutto

il mondo, cliccate!

cliccate!cliccate!

cliccate!cliccate!

cliccate!

~Le donne a capo di aziende

rendono le stesse più

ricche~

~Gli organismi marini sono perfetti per produrre biocarburante~

~Nelle primarie non c’è neppure la carta

igienica, figuriamoci la Rete senza fili.

~~Si trova nelle edicole

indiane dal 1927, e oggi

The Musalman è probabilmente l’ultimo giornale al mondo scritto

a mano~

ITALIA 150°~

Siamo l’unico paese al mondo (con Libia e Somalia) a non avere un

piano per l’innovazione~

Reputazione~

GOOGLE LA MIGLIORE

AZIENDA1°

Articolo~

LA SICUREZZA È UN BENE COMUNE

10eLode

1927

INTERNET NON È UN DIVERTIMENTO,

MA UN DIRITTO UMANO FONDAMENTALE

L’ONU: IL WEB È UN DIRITTO ~

facciamolo sapere anche ad AgCom ...

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SOCIAL MEDIA STRATEGY

Facebook, MySpace, Linkedin e gli altri So-cial Media hanno cambiato per sempre il nostro modo di comunicare. Le aziende sono oggi di fronte a un bivio: adeguarsi oppure essere scavalcate dal cambiamento, a vantaggio della concorrenza.

EMAIL MARKETING

Un seminario operativo, grazie al quale im-parerà come scrivere messaggi efficaci, che non vengano interpretati come spam e nel pieno rispetto delle norme sulla privacy.

EXECUTIVE ASSISTANT

Il seminario ha lo scopo di aumentare l’effi-cacia e l’efficienza delle relazioni professio-nali di a segretarie e assistenti di direzione, la cui funzione comporta degli elementi di relazione, d’iniziativa e di organizzazione.

FRONT OFFICE D’ECCELLENZA

Questo seminario è rivolto principalmente alle persone addette al ricevimento e al centralino, il cui lavoro quotidiano compor-ta responsabilità di relazione, d’iniziativa, di organizzazione e di presa di decisione.

COME REALIZZARE UN PIANO INDUSTRIALE E FINANZIARIO PER L’IMPRESA E LE BANCHE

Il seminario illustra come impostare un “Business Plan” da presentare alle Banche per ottenere i crediti necessari, alle migliori condizioni e nel contempo consente all’im-prenditore di evidenziare le implicazioni economiche e finanziarie per attuare il pro-prio programma di sviluppo.

TECNICHE DI PROBLEM SOLVING

Le tecniche di problem-solving possono essere applicate quotidianamente per tutti i problemi correnti e creano sistemi e me-todi di lavoro che risolvono i problemi già apparsi e riducono l’insorgere di nuovi pro-blemi: questo seminario spiega come fare.

GESTIONE DEI CONTRASTI E DEI CONFLITTI

L’obiettivo del seminario è portare i parte-cipanti a distinguere tra contrasti e conflitti e aiutarli affinché riescano nei momenti di disaccordo a muoversi alla ricerca della mi-gliore soluzione e non dell’affermazione a priori del proprio punto di vista.

I TER SEMINARI PROFESSIONALI

WEBMARKETING

Dal SEO/SEM ai web analytics e alle stra-tegie di promozione in rete. Un seminario indispensabile per tutti coloro che voglio-no sfruttare al massimo il canale online per studiare il mercato e sviluppare nuovi rapporti commerciali (promozione/pub-blicità, distribuzione, vendita, assistenza alla clientela, etc.) tramite il Web.

EVENTO 2.0

Un seminario per imparare ad organizzare un evento con il web. Strumenti, tecniche, economie e molta esercitazione pratica, grazie ad una simulazione di gestione di un evento in ottica 2.0. Dall’importanza strate-gica dell’evento come strumento di relazio-ne e comunicazione, alle diverse forme di promozione e ai nuovi strumenti a disposi-zione dell’event manager.

ITER - via Rovetta 18 - 20127 Milano - tel 02.28.31.16.1 - fax 02.28.31.16.66 - www.iter.it - [email protected]

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VENEZIAA S T O R E

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FINALMENTE TUTTO IN RETE

È nato OMAT360, il primo portale interamente dedicato ai professionisti dell’information management. Approfondimenti, notizie, appuntamenti, video e una community che cresce ogni giorno! www.omat360.it

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