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Il Simbolo Jolande Jacobi, Zurigo (1) Oskar Doering, Christ- liche Symbole. Freiburg i B., 1933. Che cos'è un simbolo? La parola simbolo (symbolon), derivata dal verbo greco symballo, fu soggetta in ogni tempo alle de- finizioni e interpretazioni più disparate. Esse però hanno tutte in comune il fatto che con tale termine si deve caratterizzare qualcosa che dietro al senso oggettivo e visibile ne nasconde un altro invisibile e più profondo. « I simboli sono metafore dell'eter- no in forme del transeunte; entrambi sono in essi ' gettati insieme ', fusi tra loro in un'unità di sen- so »; così si legge in Doering (1). In maniera si- mile si esprime anche Bachofen: « II simbolo desta presagi, il linguaggio può solo spiegare... Il sim- bolo spinge le sue radici fin nelle più segrete pro- fondità dell'anima, il linguaggio, come un alito si- lenzioso di vento, sfiora la superficie della com- prensione... Solo il simbolo riesce a combinare gli elementi più diversi in un'impressione unitaria... Le parole rendono finito l'infinito, i simboli portano lo spirito oltre i confini del finito, del divenire, nel re- 245

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Page 1: vol II n2 - 1971 CAP1 - Il Simbolo · Vòlker. Leipzio and Darm-stadt, 1810-1823, voi. 1. pag. 63-64. (4) W. Goethe, Maximen und Reflexionen, n. 1113 (5) II termine simbolo e usato

Il SimboloJolande Jacobi, Zurigo

(1) Oskar Doering, Christ-liche Symbole. Freiburg iB., 1933.

Che cos'è un simbolo?

La parola simbolo (symbolon), derivata dal verbogreco symballo, fu soggetta in ogni tempo alle de-finizioni e interpretazioni più disparate. Esse peròhanno tutte in comune il fatto che con tale terminesi deve caratterizzare qualcosa che dietro al sensooggettivo e visibile ne nasconde un altro invisibilee più profondo. « I simboli sono metafore dell'eter-no in forme del transeunte; entrambi sono in essi' gettati insieme ', fusi tra loro in un'unità di sen-so »; così si legge in Doering (1). In maniera si-mile si esprime anche Bachofen: « II simbolo destapresagi, il linguaggio può solo spiegare... Il sim-bolo spinge le sue radici fin nelle più segrete pro-fondità dell'anima, il linguaggio, come un alito si-lenzioso di vento, sfiora la superficie della com-prensione... Solo il simbolo riesce a combinare glielementi più diversi in un'impressione unitaria... Leparole rendono finito l'infinito, i simboli portano lospirito oltre i confini del finito, del divenire, nel re-

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gno dell'essere infinito. Essi destano suggestioni,sono segni dell'ineffabile e inesauribili come que-sto... » (2). E cosi pure Creuzer: il simbolo « può,in un certo senso, rendere visibile anche il divino...Con potere irresistibile attira a sé il contemplativoe, con la forza della necessità, come lo spiritostesso del mondo, conquista la nostra anima. Èuna sorgente esuberante di idee vive che si agitain esso; e ciò che la ragione, unitamente all'intel-letto cerca di raggiungere con una successione diinferenze, essa con il simbolismo lo conquista, uni-tamente al senso, totalmente e in una volta... Chia-miamo simboli queste espressioni supreme dellafacoltà di formazione d'immagini...; sono loro ca-ratteristiche... l'istantaneità, la totalità, l'impenetra-bilità dell'origine, la necessità. Per mezzo di un'uni-ca parola viene qui caratterizzata l'epifania deldivino e la trasfigurazione dell'immagine terre-stre... » (3). Goethe si esprime a questo propositoin modo particolarmente felice: « II simbolismo tra-sforma il fenomeno in idea, l'idea in immagine, eciò in modo che l'idea rimane nell'immagine sem-pre infinitamente attiva e irraggiungibile, e anchese espressa in tutte le lingue, rimarrebbe inespri-mibile. » (4).Il simbolo come concetto è entrato stabilmente nelmondo linguistico della teologia cristiana come ca-ratterizzazione di determinati contenuti dogmatici eprocessi religiosi (5). Ma è difficile trovare un cam-po dello spirito, si tratti di mitologia, filosofia, arte,tecnologia, medicina o psicologia, in cui la parolasimbolo non sia stata impiegata, e oggi è divenutaquasi una parola di moda. Cionostante, non esisteancora un'opera moderna e completa nella qualepoter ricercare con profitto la sua essenza e il suosenso, e nella quale soprattutto sia stato analiz-zato il suo profondo significato psicologico. Le ri-cerche di Jung sono anche in questa direzione unlavoro pionieristico (6). Esse danno un'efficacecomprensione del posto preminente che spetta alsimbolo nella psiche umana e quindi anche nell'in-tera storia della civiltà.

(2) J. J. Bachofen, Ver-such ùber die Graber-symbolik der Alteri. Si tro-va in: Mutterrecht und Ur-religion (Kroner 1954, pag52).

(3) F. Creuzer, Symbolikund Mythologie der altenVòlker. Leipzio and Darm-stadt, 1810-1823, voi. 1.pag. 63-64.

(4) W. Goethe, Maximenund Reflexionen, n. 1113

(5) II termine simbolo eusato in duplice sensoper la rappresentazionefigurativa delle idee re! -giose e per la autorevoleformulazione ecclesiast-ca delle dottrine religiose.

(6) Possiamo citare a : r

importanti lavori suli 'arg:-mento:a) l'opera di F. Creuze-

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in 6 volumi, cit. vedi no -ta n. 3;b) G. H. Schubert, Diesymbolik des Traumes.Leipzig, 1840; e) un lavoroancora interessante èquello di C. G. Carus,Symbolik der men-schlichen Gestalt. Leipzig1853;d) J. J. Bachofen, op. cit.vedi nota n. 2;e) M. Schlesinger, Ge-schichte des Symbols,Berlin 1912 e 1930;f) E. Cassirer, Filosofiadelle forme simboliche.La Nuova Italia, Firenze1961;g) H. Silberer, Problemsof Mysticìsm and Its Sym-bolism;h) J. Piaget, La formationdu symbole chez l'enfant.Neuchatel, Delachaux &Niestlé, 1945; i) E.Fromm, II linguag giodimenticato. Bompia-ni,Milano 1962; I) W. M.Urban, Language andReality: thè Philoso -phyand Principles ofSymbolism. New York andLondon, 1939.(7) C. G. Jung, Tipi psicologici. Boringhieri Editore, Torino 1969, pag.483.(8) Ibid. pag. 484.(9) E. Cassirer, Saggiosull'uomo. Armando Editore, Roma 1969, pag. 90.

Simbolo e segno.

Jung distingue nettamente tra allegoria, segno esimbolo. Ecco alcune delle sue definizioni: «Ogniconcezione che definisce l'espressione simbolicacome analogia o come denominazione abbreviatadi una cosa nota è semeiotica. Una concezioneche definisce l'espressione simbolica come la mi-gliore possibile, e quindi come la formulazione piùchiara e caratteristica che si possa enunciare peril momento, di una cosa relativamente sconosciuta,è simbolica. Una concezione che definisce l'espres-sione simbolica come intenzionale circonlocuzioneo modificazione di una cosa conosciuta, è allego-rica. » (7). « Un'espressione proposta per una cosanota rimane sempre un mero segno e non costi-tuirà mai un simbolo. È perciò assolutamente im-possibile creare da connessioni note un simbolovivo, cioè pregno di significato. » (8). Segno esimbolo appartengono fondamentalmente a duediversi piani di realtà. Con bella formula Cassirerafferma (9): «A signal is a part of thè physicalworld of being; a simbol is a part of thè humanworld of meaning », e intende dire che l'uomoinvece che « animai rationale » potrebbe esseredefinito molto meglio come « animal simbolicum ».Nell'uso dei termini simbolo, allegoria e segno re-gna ancora oggi una certa confusione. Ogni autoreli applica secondo i suoi punti di vista soggettivispesso divergenti da quelli comuni. Nella maggio-ranza degli scritti sul simbolo questo è inteso in-nanzitutto come « segno », come una specie diastrazione, una designazione, liberamente scelta,che è legata all'oggetto designato per convenzionesociale, ossia per il consensus gentium, come adesempio i segni verbali o matematici. Nello sforzocostante di portare ordine nella confusione sonostate intraprese molteplici suddivisioni. Cosi JeanPiaget per esempio, fa distinzione tra « simboliconsci » (denominando come tali i disegni simbo-lici il cui scopo è quello di eludere la censura) e

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« simboli inconsci » (il cui contenuto è ignoto alsoggetto che li usa, come accade ad esempio nelsogno); in tal modo però ogni simbolo verrebbe adessere caratterizzato in un aspetto come « con-scio », e in un altro aspetto come « inconscio », inquanto ogni pensiero, anche il più razionale, na-sconde in sé elementi inconsci e ogni processopsichico si muove in un fluire ininterrotto dall'in-conscio al conscio e viceversa. Delle tre specie disimboli che Erich Fromm distingue nel suo libro,vale a dire: a) simboli convenzionali; b) simboliaccidentali; e) simboli universali, solo questi ultimipossono essere considerati simboli in sensojunghiano. Per questi ultimi infatti non si tratta diuna « sostituzione » o di una « traduzione » di uncontenuto in un'altra espressione, essi cioè nonstanno per qualche cosa di diverso da loro, maesprimono il loro proprio senso, per cosi dire lorappresentano. « Invece i segni simbolici — scriveCassirer — che incontriamo nel linguaggio, nelmito e nell'arte non esistono prima, per poiraggiungere al di là di questa esistenza un altrodeterminato significato, ma in essi l'esistenza sorgesolamente dal significato. » (10). Quanto piùuniversale è lo strato psichico da cui nasce talesimbolo, tanto più nettamente si esprime in esso ilmondo stesso. Prendiamo ad esempio il fuoco,l'acqua, la terra o il legno, il sole ecc: ogniesperienza umana che si sia mai legata alla lorotangibile materialità si esprimerà attraverso di essi,allorché stanno come simbolo di una qualitàcorrispondente della realtà psichica immateriale, inuna semplicità inimitabile e in una pienezza disenso unica nel suo genere. La casa come sim-bolo della personalità umana, il sangue come sim-bolo di vita e di passione, gli animali di ogni spe-cie come simboli dei vari istinti dei loro gradi disviluppo nell'uomo e cosi via. Anzi, forse persinol'uomo stesso, come dice Jung (11), è la « concre-tizzazione temporale dell'immagine primordiale eter-na, almeno nella sua struttura mentale, impressaal continuo biologico ». E quando la teoria dei se-

(10) E. Cassirer, Filosofiadelle forme simboliche,cit., voi. 1, pag. 49.

(11) C. G. Jung, Sulla fe-nomenologia dello spiritonelle favole. Si trova in:La simbolica dello spiri-to. Einaudi, Torino 1959,pag. 55.

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(12) La teoria della « se-gnatura » si basava sullateoria di Paracelso ed al-tri filosofi della natura del16 e 17- secolo. Si pen-sava che il simile curassei! s im i ìe , per cui la for-ma, il colore, ecc, di unapianta indicava quale ma-lat t ie avrebbe potuto cu-rare.(12) C. G. Jung, Tipi psi-cologici, cit., pag. 45.

(14) Ibid., pag. 484.

(15) A. Weis, ChristlicheSymbolik (Conferenza nonpubblicata, 1952).

gni secondo la quale tutto ciò che è interno puòessere conosciuto all'esterno, fu denominata « teo-ria della segnatura » (12), questo fu un errore poi-ché i fenomeni a cui si riferiva erano veri simboli.« Che una cosa sia un simbolo o no dipende anzi-tutto dall'atteggiamento della coscienza che osser-va » (13), ossia dal fatto che un uomo abbia la pos-sibilità e capacità di guardare un oggetto dato, adesempio un albero, non solo nella sua manife-stazione concreta in quanto tale, ma anche comeespressione, come simbolo di qualcosa di ignoto.Pertanto è senz'altro possibile che per un uomo lostesso fatto o oggetto rappresenti un simbolo e perun altro solo un segno.« Esistono tuttavia prodotti — dice Jung — il cuicarattere simbolico non dipende unicamente dall'at-teggiamento della coscienza che li contempla, masi manifesta autonomamente con un'influenza sim-bolica sull'individuo che li osserva. Questi sonoprodotti fatti in modo tale che sarebbero privi disenso se non avessero un significato simbolico. Untriangolo che racchiude un occhio è, sotto l'aspettodella pure realtà, cosa talmente assurda che chil'osserva non può in alcun modo vedervi il risul-tato di un passatempo puramente casuale. Unatale raffigurazione impone immediatamente un'in-terpretazione simbolica. » (14). Tuttavia moltodipende anche dal tipo dell'osservatore; ci sonoinfatti individui che si attengono sempre a ciò cheesiste concretamente, ai fatti, e altri che pongonocostantemente l'accento sul senso nascosto dellecose alle quali si accostano con un « atteggiamentosimbolico ».Anche nel cristianesimo, la cui vita spirituale è in-tessuta di immagini e rappresentazioni plastiche, ilsimbolo è considerato come segno sensibile dellarealtà sovrasensibile; però, come dice Weis, esso« non è mai più di un semplice segno, che simboli-camente e allusivamente rappresenta o comunicala realtà trascendente senza tuttavia contenerla,abbracciarla o sostituirla. » (15). Visto in tal modoogni simbolo rappresenta qualcosa di inautentico,

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per cui anche la Chiesa, specialmente quella cat-tolica, ha vigilato sempre attentamente a che nes-suna interpretazione simbolica cancellasse il fattodella realtà della trascendenza. Accanto alla realtàdella fede, che appartiene al livello metafisico, c'èperò la realtà simbolica, che corrisponde al livellopsicologico dell'esperienza, e ciò che per una èsolo un segno, per l'altra rappresenta un simbolo,come Jung ha esposto in molti approfonditi la-vori (16). Egli dice: « La conoscenza dei fonda-menti archetipici universali in sé mi ha dato il co-raggio di considerare il quod semper, quod ubi-que,quod ad omnibus creditum est come un fattopsicologico che oltrepassa molto i limiti della con-fessione cristiana e di considerarlo semplicemente,come un oggetto delle scienze naturali, come unfenomeno, qualunque significato ' metafisico ' glisi possa d'altronde attribuire. » (17). « II simbolonon è né allegoria né segno (seméion) mal'immagine di un contenuto che per la massima partetrascende la coscienza. Resta ancora da scoprireche tali contenuti sono reali, cioè agenti con iquali è non solo possibile, ma sinanco utile venirea un accomodamento. » (18). « Benché in origine enaturalmente si creda ai simboli è possibile anchecomprenderli, e questa è l'unica via per tutticoloro cui non è stato concesso il carisma dellafede. » (19).Ovviamente i simboli possono « degenerare » in se-gni, cosi come i segni, in circostanze determinate,a seconda del contesto in cui si trovano o dell'at-teggiamento dell'individuo che li incontra, possonoessere compresi come simboli. « Fintanto che unsimbolo è vivo — si legge in Jung — èespressione di una cosa che non si può caratterizzarein modo migliore. Il simbolo è vivo soltanto finché èpregno di significato. Ma quando ha dato alla luceil suo significato, quando cioè è stata trovataquell'espressione che formula la cosa ricercata,attesa o presentita ancor meglio de! simbolo in usosino a quel momento, il simbolo muore... cosi cheesso diviene un mero segno conven-

(16) C. G. Jung, A Psy-chological Approach tothè Dogma of Trinity andTransformation Symbolismin thè Mass. C. W. n. 11(I « Collected Works » diC. G. Jung sono pubblicati dalla Bollingen Foundation, New York, N. Y.per i t ipi della PrincetonUniversity Press).

(17) « Dogma of thè Trinity » par. 294. :

(18) C. G. Jung, Simbolidella trasformazione. Bo-ringhieri Editore, Torino,1970 pag. 87.

(19) Ibid. pag. 231.

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(20) C. G. Jung, Tipi psi-cologici, cit. pag. 485.

(21) C. G. Jung, The Phi-iosophical Tree, cit.

(22) A. Weis. cit.

(23) W. J. Goethe, Theory

zionale... È perciò assolutamente impossibile crea-re da connessioni note un simbolo vivo, cioè pre-gno di significato, giacché ciò che cosi si crea noncontiene mai più di quanto vi è stato messo den-tro. » (20).Jung ha fornito un esempio particolarmente elo-quente delle diverse forme di significato del sim-bolo nel suo studio sull'Albero filosofico (21). Lacroce, la ruota, la stella ecc, possono essere usatiad esempio per designare francobolli, bandiereecc, e in questo caso rappresentano segni, ossiaindicano qualche cosa; in un altro caso, a secondadel contesto in cui si trovano e di ciò che significanoper l'individuo, possono essere un simbolo. È perquesto che per esempio la croce può essere perun individuo solo un segno esteriore delcristianesimo, mentre per un altro evoca l'interastoria della Passione. Nel primo caso Jungparlerebbe di « simbolo estinto », nel secondo casodi un « simbolo vivo » e direbbe: l'ostia della messapuò significare per un credente un simbolo ancoravivo, per un altro può già aver perduto il suo sen-so. « In molte religioni storiche le riflessioni sulcarattere simbolico di una fede formulata si dimo-strano come i primi e in pari tempo decisivi segnidella loro disgregazione. » (22). Quanto più con-venzionale è lo spirito di un uomo e quanto piùegli attiene alla lettera, tanto più egli è sbarratodal simbolo, e tanto meno sarà in grado di viverneil senso; egli resterà inevitabilmente attaccato alsolo segno e aumenterà ancora la confusione re-lativa alla definizione del simbolo. Non è senzainteresse ed è anzi caratterizzante per laspiegazione di questi concetti, sempre in continuaevoluzione e causa di cosi grande confusione,ricordare la definizione che ne da Goethe nellasua teoria sui colori, totalmente diversa da quelladi Jung. Egli dice: « Un uso [dei colori] checoincidesse totalmente con la natura lo si potrebbechiamare simbolico, in quanto il colore sarebbestato impiegato conformemente a! suo effetto e po-trebbe esprimerne subito il significato... » (23). « C'è

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.27 ibid. par. 920.

(23) E. Fromm, II Lin-guaggio dimenticato, cit.,pag. 15 e segg.

29 Quando Kant per e-se~D o. nella sua « Criti-ca zel Giudizio» (Later-:= Sari 1970. pag. 215)=cce--= che «con unosva.c sdento di senso i:; e ~;cierni accolgono

bolo del divino ed esprimerlo con tanta profondità.Anticipando futuri sviluppi Goethe sapeva persinoche sarebbe stato meglio « non esporsi in conclu-sione al sospetto di eccessivo entusiasmo, tantopiù che se la nostra teoria dei colori trova favore,non mancheranno certo applicazioni e interpre-tazioni allegoriche, simboliche e mistiche, confor-memente allo spirito del tempo. » (27). Una dellecause per cui il metodo di Jung per decifrare einterpretare i sogni in relazione al loro contenutosimbolico riesce cosi difficile a molti, è la capacitào incapacità insita già nella struttura o costituzionespirituale dei diversi individui di trovare accessoal simbolo. Infatti, troppi individui sono tagliatifuori dal linguaggio figurato della loro anima, e sonoprecisamete quelli altamente civilizzati, gliintellettuali; essi non sono più capaci di coglierealtro che la facciata esteriore, l'aspetto semeiotico diun simbolo (28). Essi hanno una segreta pauradell'elemento in ultima analisi inspiegabile, che èannesso a ogni simbolo autentico e vivo e che nerende cosi impossibile una comprensione razionalepiena. Il carattere « apodittico » del simbolo non gli èmai adeguato, perché già il suo significatoetimologico, symballein, « mettere insieme »,postula un contenuto molteplice e disparato. Inquanto unificatore di opposti il simbolo è unatotalità che non può mai essere oggetto di unasola facoltà umana, per esempio della ragione,dell'intelletto, ma concerne ugualmente sempre lanostra totalità, tocca e fa vibrare simultaneamentetutte le nostre quattro funzioni. Il simbolo in quanto« immagine » ha un carattere di richiamo e sti-mola l'intero essere dell'uomo a una reazione to-tale; vi sono coinvolti pensiero e sentimento, sensoe intuizione e non è, come molti erroneamente pen-sano, una sola delle sue funzioni, ad essere attua-lizzata (29).

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Il simbolo in Freud e Jung.

La divergenza che qui si rileva tra le concezionidi Freud e di Jung riguardo al simbolo può esserefacilmente spiegata in base alle loro teorie com-pletamente diverse concernenti l'inconscio. Nell'in-conscio personale, a cui si limita Freud, non cisono archetipi poiché i suoi contenuti derivanoesclusivamente dalla storia personale dell'indivi -duo; pertanto tali contenuti — allorché emergonodalla rimozione — possono apparire nel miglioredei casi come segni, come « figure di copertura »di qualcosa che ha già attraversato una volta lacoscienza. Al contrario i contenuti dell'inconsciocollettivo — allorché passano dalla sfera psicoìdealla sfera psichica — sono da intendere come verisimboli, perché provengono dalla storia della vitadell'universo e non di un singolo individuo; pertantodevono anche oltrepassare la capacità dicomprensione della coscienza, sebbene siano per-cettibili in una « veste » acquisita mediante un'as-similazione di materiale rappresentativo che ori -gina indiscutibilmente dal mondo fenomenologicoesterno. Jung dice: « Gli elementi coscienti chelasciano intravedere i retropiani inconsci sono chia-mati da Freud simboli, ma impropriamente, perchénella sua dottrina essi svolgono solo il ruolo di se-gni o di sintomi di processi sublimali e niente af-fatto quello di simboli veri e propri. Infatti persimbolo bisogna intendere un mezzo atto a espri-mere un'intuizione, per la quale non si possanotrovare altre o migliori espressioni. Quando Pia-tone con la parabola della caverna esprime il pro-blema della teoria della conoscenza, o quandoGesù Cristo esprime con parabole la sua idea delRegno di Dio, noi abbiamo dei veri e propri sim-boli, cioè dei tentativi di esprimere ciò per cui nonesiste nessun concetto verbale. » (30). Mentre in-vece il distintivo dell'impiegato ferroviario, peresempio, non sarebbe da intendere come simbolodella ferrovia, ma come segno che contraddistin-gue l'appartenenza al servizio ferroviario.

l'uso della parola simbo-lico », fa pensare che e-gli consideri il simbolocome una « modalità »dell'intuizione. In tal mo-do però Kant intende ilsimbolo in maniera trop-po unilaterale.

(30) C. G. Jung, La psi-cologia analitica e l'artenoetica. Si trova in: II pro-blema dell'inconscio nel-la psicologia moderna. Ei-naudi, Torino 1964, pag.35.

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Nonostante la « condensazione » e la « sovradeter-minazione » ad essi inerente, i « simboli » freudianisono sempre spiegabili causalmente e in questosenso univoci e unipolari. Invece il simbolo, come10 intende Jung, è un fattore psichico che non puòessere analizzato né appreso causalmente e neppure determinato a priori: è sempre ambiguo e bipolare. Si tratta dello stesso problema già discussoa proposito della concezione del complesso inFreud e in Jung.La differenza tra la comprensione e interpretazionepersonalistico-concretistica e quella simbolico-archetipica dei simboli, che è ciò che separa fon-damentalmente Freud e Jung, diventa qui chiara-mente visibile. Prendiamo come esempio la tantodiscussa concezione freudiana sul problema dell'in-cesto. Jung non nega che ci possano essere nell'in-fanzia casi in cui esista il desiderio di avere real-mente un rapporto sessuale con la madre (o con11 padre) o che, in casi eccezionali, tale desiderio,basato su esperienze concrete, possa aver provocato, per lo stato psichico dell'interessato, tutte leconseguenze osservate e descritte da Freud edalla sua scuola. Egli però è convinto che nellamaggior parte dei casi questo voler comprenderei desideri infantili solo al livello concreto e realistico sia falso, e che quindi debba condurre anchea false conclusioni. Per Jung i desideri incestuosidei bambini come quelli analoghi degli adulti, vanno intesi in primo luogo simbolicamente, comeespressione della brama umana universale, ovun-que presente e sempre ricorrente, del ritorno alprimordiale stato paradisiaco di incoscienza, a unostato di sicurezza libero da responsabilità e decisioni per il quale il seno materno è simbolo insuperabile. Questa tendenza regressiva non ha tuttavia solo un aspetto negativo, ma anche un aspetto positivo e cioè quello della possibilità di un superamento del legame personale alla madre verae del trasferimento dell'energia psichica riposta intale legame su un contenuto archetipico. A questolivello la libido regrediente perde sempre più il suo

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carattere sessuale ed esprime la problematicadell'incesto in grandi metafore tipiche dell'umanità,che toccando il fondo primordiale del materno, in-dicano allo stesso tempo la via verso una libe-razione dal suo aspetto seducente-divorante, ossiaverso una « rinascita ». Anche se il tabù che gravasull'incesto da tempi immemorabili (31) offre testi-monianza della sua enorme forza di tentazione,controllabile solo mediante severissime proibizioni,non si può tuttavia negare che ciò che sul pianobiologico sarebbe un atto fortemente riprovevole,sul piano simbolico può dimostrarsi invece un attodotato di senso e spesso persìno necessario.L'essere procede su piani diversi, su quello mate-riale e spirituale, su quello biologico e psicolo-gico ecc, che possono esprimersi reciprocamentein analogìe. Soprattutto l'essere e l'accadere im-materiale, psicospirituale può essere chiarificato inimmagini e simboli tratti dal mondo delle per-cezioni sensoriali. Per esempio determinati trattipsichici di carattere possono essere simboleggiatida animali e dal loro comportamento, da cose, fattinaturali, e ogni sorta di oggetti, e questi a lorovolta trovano le loro corrispondenze in qualità psi-chiche; per esempio il sorgere del sole può esseretradotto nel linguaggio della coscienza, dal risve-glio della coscienza, la notte dall'umore depresso,il toro da una cieca impetuosità nell'ambito delcomportamento psichico. In ultima analisi tutto nellacreazione può diventare simbolo dei tratti es-senziali, delle proprietà e caratteristiche dell'uomo,come anche l'uomo presenta corrispondenza colcosmo su cui riposava precisamente la vecchiadottrina del micro-macrocosmo, che ha ancora am-pia validità nel regno del materiale inconscio. «Come sappiamo — dice Jung — il contenutofantastico della pulsione si può interpretare, ridut-tivamente, ossia semeìoticamente, come suo auto-ritratto, oppure simbolicamente, come significatospirituale dell'istinto naturale. Nel primo caso ilprocesso pulsionale è concepito come ' autentico ',nel secondo caso come ' inautentico '... Ora, nella

(31) Vi sono comu-:alcune eccezioni. Pe*sempio, fra gli Otte-:la pratica dell'incesto sve come prova che la -dte è stata superata ealtre parole, che I u:non è più il figlio e;madre.

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32) C. G. Jung, La Psi-cologia del transfert. IlSaggiatore, Milano 1962,;ag. 22-23 e pag. 26.

fantasia incestuosa, si tratta di una regressionedella libido a precedenti stadi infantili causata dal-la paura di un compito di vita che appare impos-sibile? Oppure la fantasia incestuosa è soprattuttosolo simbolica, e si tratta allora di una riattivazionedell'archetipo dell'incesto, che svolge un ruolo cosi'importante nella storia dello spirito? » (32). Né sideve dimenticare che l'incesto se, in quanto unionefra i consanguinei più prossimi, è oggetto universaledi tabù, esso però rappresenta anche unaprerogativa reale (per esempio i matrimoni deiFaraoni), ed è in questo senso che esso simbo-leggia per Jung anche l'unione dell'Io con il pro-prio inconscio, (appunto consanguineo), con l'« al-tra parte ».La liberazione dall'imprigionamento nel carnale, nelconcretamente reale e la possibilità di trasporrela medesima rappresentazione nello psichico, nelsimbolicamente reale, il quale in forza della suaproprietà duale contiene ed esprime le due realtà,non è solo una possibilità e una capacità caratte-ristica dell'uomo, ma in sé indica anche la via perla risoluzione e la guarigione di gravi disturbipsichici.Oppure prendiamo come esempio un altro proble-ma oggi particolarmente scottante: l'omosessualità.Se non lo si intende concretamente ma simbolica-mente, vi si può allora vedere la ricerca dell'unionecon un essere dello stesso sesso, ossia propria-mente con il proprio aspetto psichico rimosso, vis-suto troppo poco o non vissuto affatto. Solo serafforzato da questo « accrescimento » nel propriofattore sessuale (sia maschile che femminile) untale individuo si sente abbastanza sicuro nel pro-prio sesso da poter avvicinare il sesso opposto.La sua brama di una relazione omosessuale èquindi giustificata, solo che, per un equivoco, in-vece di essere cercata sul piano psicologico-sim-bolico è cercata sul piano biologico-sessuale. Inquanto cioè tale brama è proiettata su un altro in-dividuo ed è espressa e vissuta come pulsioneomosessuale, essa è fraintesa nel suo senso più

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profondo. Essa non può allora mai giungere a unareale pienezza né condurre mai, come avvienenella comprensione simbolica, a una rielaborazionee risoluzione interna del conflitto (33). « Vi sonodei processi — scrive Jung — i quali nonesprimono alcun particolare significato, che sonomere conseguenze, null'altro che sintomi; e altriprocessi i quali recano in sé un significato nascostoe che non solo non traggono origine da alcunché,ma che vogliono anzi diventare qualcosa e che perquesto sono dei simboli. » (34). Se si vuoleconcepire qualcosa come causalmente condizionato,allora è meglio parlare di sintomi anziché disimboli; « Perciò Freud, secondo me, — notagiustamente Jung — ha avuto ragione di parlaredal suo punto di vista di azioni sintoma-tiche enon di azioni simboliche (35) giacché per lui questifenomeni non sono simbolici secondo il significatoqui precisato, ma indizi sintomatici di unprocesso determinato ben noto, che ne è ilfondamento. Vi sono naturalmente nevrotici checonsiderano i prodotti del loro inconscio, che sonoanzitutto e per la maggior parte sintomi morbosi,come simboli di grandissima importanza. Ma ingenere non si verifica. Al contrarie, il nevrotico dioggi è fin troppo incline a concepire come « sin-tomo » anche ciò che è ricco di significato. » (36).Tuttavia decidere se i prodotti psichici a caratteresimbolico rilevabili nei nevrotici debbano esseredichiarati sintomi o segni, oppure interpretati comesimboli, è possibile, secondo Jung, solo in casi in-dividuali (37). La spiegazione varierà a secondadella natura del caso, delo stadio di trattamento edella facoltà di comprendere, ossia della maturitàdi giudizio del paziente.

Simbolo come mediatore.

Gli animali hanno segnali e segni ma non hannosimboli. Confrontato con l'animale l'uomo vive dun-que non solo in una realtà più estesa, ma anchein una nuova dimensione della realtà e cioè in

(33) C. G. Jung. Sirrdella trasformazione,

(34) C. G. Jung, Tipicoloqici cit. pag. 48£

(35) S. Freud .°òico|Ic^ia della vita quo'ne. Astrolabio, H;ma

(36) C. G. Jung, Tip1

cologici, cit. pag. 48

(37) Un esempio molteressante è dato ehro stampato nel 19Daniel P. Schreber,moirs of my Nervoiness. London 1955.

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quella del simbolismo. Oltre al mondo della realtàfisica gli appartiene anche quello della realtà sim-bolica, alla quale deve dare ugualmente espres-sione, se vuole sollevarsi dalia sfera animale, dimera esistenza pulsionale, alla sfera umano-divinadell'essere creativo. Cosi l'intera creazione e ognisua più piccola parte possono diventare un sim-bolo, che ne rivela visibilmente e in maniera pla-stica il senso nascosto. La psiche, come specchioed espressione del mondo interno ed esterno, creasimboli e li trasmette da anima ad anima. « Haben-tibus symbolum facilis est transitus », ama citareJung da un vecchio trattato d'alchimia, intendendoil « passaggio » tra tutti gli opposti psichici, ossiainconscio e coscienza, oscurità e chiarezza, traillibertà e libertà e cosi via (38). Il concettojunghiano di « bipolarità » del simbolo si fonda daun lato sul già menzionato duplice aspettodell'archetipo, rivolto in avanti e all'indie-tro,senza spazio e senza tempo (in proporzione alladistanza dalla coscienza, le categorie di spazio etempo diventano sempre più relative fino a dis-solversi interamente nell'inconscio assoluto, e afar posto a uno scioglimento degli eventi da spazioe tempo, in cui vige solo più la legge della sincro-nicità) e dall'altro sulla sua proprietà di unificatoredi coppie di opposti, anzitutto quella della coscien-za e deli'inconscio e successivamente anche ditutte le altre qualità antitetiche ad esse collegate.Ciò è indicato dalla radice greca del termine chein sé suggerisce qualcosa che è « intrecciato in-sieme, condensato, quindi una ' caratteristica ',un' 'insegna' di un'entità vivente» (39); ma èespresso nel modo più adeguato, dal termine te-desco per simbolo, cioè la parola Sinnbild. Già idue termini che la compongono svelano le duesfere che il simbolo accomuna in un insieme: Sinn(senso, significato) come componente integrantedella coscienza conoscitiva e formativa e Bild (im-magine) come contenuto, come materia prima delseno primordiale creativo dell'inconscio collettivo,che assume significato e forma proprio dall'unione

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con la prima componente. È facile discemere unacongiunzione di elementi maschili (forma) e fem-minili (materia prima) — poiché si tratta effettiva-mente di una « coincìdentia oppositorum » — percui è assai chiaro e illuminante anche l'uso deglialchimisti che designavano il simbolo come co-niunctio, come « matrimonio », a condizione peròche si consideri questo « matrimonio » come unmatrimonio perfetto, nel quale le due componentisiano fuse insieme in una unità e totalità inscindi-bile e siano già realmente diventate un vero « er-mafrodito » (40). L'esattezza di tale concezione hatrovato conferma in numerosi motivi fantastici eonirici, cosi come in immagini e rappresentazionidi ogni genere, come si riscontrano in mistici, al-chimisti e numerosi pittori, oppure come vengonoevocati dall'inconscio e osservati durante il lavoroanalitico.Un dissidio in questo « matrimonio » comporta ama-re conseguenze proprio come nella vita di ognigiorno. Ossia nella stessa misura in cui uno dei« partner » acquista superiorità e l'altro è assog-gettato, il simbolo diventa in maniera preponde-rante il prodotto di una sola delle parti e quindi anchepiù un sintomo che un simbolo, « il sintomo cioè diun'antitesi repressa» (41). E nel caso di unatotale disunione può essere sintomatico di unacorrispondente dissociazione tra conscio e incon-scio. A questo punto si può dire: il simbolo è mor-to (« estinto »). Le due « metà » del matrimonio sisono separate in inimicizia e si sono ritirate ognu-na nel proprio campo specìfico. Alla materia primadi immagini, al contenuto dell'inconscio viene amancare la forza formativa della coscienza equest'ultima si inaridisce perché non è più irroratadalla sorgente alimentatrice dell'immagine. Tradot-to neila realtà psicologica di un individuo, ciò si-gnifica che o niente dell'inesprimibile, del miste-rioso e del presciente delle profondità inconsce vi-bra più nel simbolo, in modo che il suo « senso »può essere completamente conosciuto e compresodiventando cosi un contenuto puramente intellet-

to) Per questo motivototalità psichica è r;presentata dal simbidello ermafrodita « filphilosophorum ».

(41) C. G. Jung, Tipicologici, cit. pag. 489

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(42) Ibid. pag. 486.

(43) Ibid pag. 485.

(44) « Qualsiasi segno nonè un ' mediatore ' ma sol -tanto il segno nel qualeun ' gesto primordiale ' di-venta visibile » dice, inaccordo con Jung, H. K[j-kelrhaus (Urzahl und Ge-oàrde, 1934, pag. 58). ■45) C. G. Jung, Psicolo-

tuale, un semplice « segno », oppure che, tagliatovia dalla coscienza e dal suo potere di assegnaresignificato, il simbolo degenera in un sintomo psi-cotico. Un simbolo è quindi vivo solo finché è« pregno di significato », ossia soltanto finché gliopposti, « forma » e « materia prima d'immagini »(tesi e antitesi), sono riuniti in esso in una totalità(sintesi) e il suo rapporto con l'inconscio rimaneattivo e dotato di senso. Se parliamo di « morte »in tale contesto ci riferiamo solo all'aspetto perce-pibile, « rappresentato » dell'archetipo o del sim-bolo; il suo « nucleo di significato » eterno, la suaessenza in sé non è toccata dall'evento. Esso sidistacca, per cosf dire, dall'area dello psichico, siritrae e conserva la sua « eterna presenza » nell'am-bito psicoide, finché una nuova costellazione non10 richiami a nuova vita in una nuova veste, o meglio a una nuova manifestazione, e ristabilisca ilcontatto con la coscienza.Jung scrive in proposito: « Non basta che un sim-bolo mostri la sua natura simbolica in modo appa-riscente, perché esso sia un simbolo vivo. Essopuò avere efficacia ad esempio soltanto sulla ra-gione storica o fìlosofica... Bensì un simbolo puòdirsi vivo solo quando è, anche per chi l'osserva,l'espressione migliore e più alta possibile di qual-cosa di presentito e non ancora conosciuto. Solocosi'... esso giunge a generare e promuovere lavita. » (42). « Ogni teoria scientifica in quanto rac-chiude un'ipotesi ed è quindi la designazione anti-cipata di un dato di fatto ancora sconosciuto neisuoi elementi essenziali, è un simbolo. » (43).11 simbolo è quindi una specie di istanza media-trice dell'incompatibilità tra la coscienza e l'inconscio, un vero « mediatore » tra ciò che è nascostoe ciò che è manifesto (44). « Esso non è né astratto né concreto, né razionale né irrazionale, néreale né irreale: è sempre entrambi. » (45). Appartiene a quel « regno intermedio di realtà sottile »che può appunto essere espresso adeguatamentesolo dal simbolo.

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« La ricchezza di presentimenti e la densità di si-gnificati del simbolo si indirizzano tanto al pensarequanto ai sentire e la sua peculiare capacità d'im-magini, qualora possa tradursi in una forma plasti-camente accessibile, stimola tanto la sensazionequanto l'intuizione. » (46). In una totalità comples-siva, provoca per cosi dire la reazione di tutte equattro le funzioni della coscienza. Si puòconsiderare questa proprietà mediatrice econgiungitrice del simbolo senz'altro come unadelle creazioni più geniali e importanti dell'econo-mia psichica. Essa infatti, di fronte alla dissociabi-lità essenziale della psiche e alla inerente e co-stante minaccia della sua unità strutturale, costi-tuisce l'unico contrappeso realmente naturale e ri-sanatore in grado di affrontare tale pericolo conprospettive di successo. In quanto cioè il simbolo,riunendo in sé gli opposti li supera, per poi, dopol'unione, lasciarli di nuovo scindere onde evitareche si produca rigidezza, stasi, esso mantiene lavita psìchica in continuo flusso e la trasporta versola meta destinata. Tensione e liberazione — inquanto espressione di viva mobilità del decorsopsichico — possono succedersi in ritmo costante.« Ciò che accade tra luce e oscurità — scriveJung — ciò che unisce gli opposti partecipa a en-trambi i termini e può essere considerata sia dadestra come da sinistra, senza venirne con ciò me-glio a capo: si può solo aprire nuovamente il con-trasto. Qui serve solo il simbolo che, per la suanatura paradossale, rappresenta il tertium non da-tur — secondo la logica — ma che secondo larealtà è la verità vitale. » (47). In questo senso ognivero simbolo è anche « al di là del bene e delmale », ossia esso dapprima cela in sé i due si-gnificati come potenzialità e dipende unicamentedalla rispettiva situazione della coscienza e dallasua elaborazione, quale segno possa ricevere perl'indivìduo.Questa capacità della psiche di formare sìmboli,ossia di sintetizzare nel simbolo coppie di opposti,viene chiamata da Jung la sua funzione trascen-

gia e Alchimia. Astrola-bio, Roma 1950, pag. 309.

(46) C. G. Jung, Tipi psi-cologici, cit. pag. 488.

(47) C. G. Jung, Paracel-sus as a Spiritual Pheno-menon. C. W. n. 13, pag.162.

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(48) Un efficace simbolodella funzione trascenden-te è offerto dal caduceo,la magica bacchetta diHermes. Con questa bac-chetta Hermes, il media-tore fra i mondi dei mortie dei vivi, induce alsonno ed invia sogni agliuomini.

(49) C. G. Jung, Tipi psi-cologici, cit. gag. 266.

:C) Per libido, Jung, a: "erenza di Freud, in-e~de non soltanto l'ener-

dente; con ciò egli non intende una funzione fon-damentale (come per esempio le funzioni della co-scienza, del pensiero, del sentimento ecc.) ma unafunzione complessa derivata da più fattori; e con« trascendente » non vuole caratterizzare una qua-lità metafisica ma il fatto che tale funzione creauna transizione da un atteggiametno a un altro (48).

Simbolo come trasformatore di energia.

« Con la nascita del simbolo cessa la regressionedella libido nell'inconscio. La regressione si tra-muta in progressione, il ristagno si volge in cor-rente. Viene cosf spezzata la forza d'attrazionedelle profondità primordiali. » (49). È per questo cheJung caratterizza il simbolo anche come trasformatoredi energia psichica e sottolinea che esso possiede uncarattere eminentemente « salutare », checontribuisce a ristabilire sia la totalità che lasalute. Si ritrova qui nuovamente una differenzafondamentale tra le concezioni di Jung e di Freud.Per il primo la « trasformazione della libido», lasublimazione, è «unipolare»; infatti in essa ilmateriale inconscio rimosso è sempre trasportatoin una « forma creatrice di cultura ». Per ilsecondo invece la « trasformazione della libido »si può caratterizzare come « bipolare », perché èsempre la risultante del continuo separarsi e unirsi didue elementi contrari, che si esprimono come sintesidi tesi e di antitesi (e cioè di materiale conscio einconscio). Nella sua duplice capacità di produrreda un lato uno scioglimento di tensione in quantoespressione evidente della carica di energiaaccumulata di un « nucleo di significato »dell'inconscio psicoide collettivo, e dall'altro diattuare mediante il suo contenuto significativo, unanuova impressione sull'ac-cadimento psichico, ossiauna nuova strada, producendo in tal modo una nuovaconcentrazione di energia, il simbolo, progredendoda sintesi in sintesi, può convertire ininterrottamentela libido (50) ridistribuirla e riconvertirla inun'attività significa-

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(42) Ibid. pag. 486.

(43) Ibid pag. 485.

(44) « Qualsiasi segno nonè un ' mediatore ' ma soltanto il segno nel qualeun ' gesto primordiale ' diventa visibile » dice, inaccordo con Jung, H. KQ-kelrhaus (Urzahl und Ge-bàrde, 1934, pag. 58).(45) C. G. Jung, Psicolo-

tuale, un semplice « segno », oppure che, tagliatovia dalla coscienza e dal suo potere di assegnaresignificato, il simbolo degenera in un sintomo psi-cotico. Un simbolo è quindi vivo solo finché è« pregno di significato », ossia soltanto finché gliopposti, « forma » e « materia prima d'immagini »(tesi e antitesi), sono riuniti in esso in una totalità(sintesi) e il suo rapporto con l'inconscio rimaneattivo e dotato di senso. Se parliamo di « morte »in tale contesto ci riferiamo solo all'aspetto perce-pibile, « rappresentato » dell'archetipo o del sim-bolo; il suo « nucleo di significato » eterno, la suaessenza in sé non è toccata dall'evento. Esso sidistacca, per cosi dire, dall'area dello psichico, siritrae e conserva la sua « eterna presenza » nell'am-bito psicoide, finché una nuova costellazione non10 richiami a nuova vita in una nuova veste, o meglio a una nuova manifestazione, e ristabilisca ilcontatto con la coscienza.Jung scrive in proposito: « Non basta che un sim-bolo mostri la sua natura simbolica in modo appa-riscente, perché esso sia un simbolo vivo. Essopuò avere efficacia ad esempio soltanto sulla ra-gione storica o fìlosofica... Bensì un simbolo puòdirsi vivo solo quando è, anche per chi l'osserva,l'espressione migliore e più alta possibile di qual-cosa di presentito e non ancora conosciuto. Solocosi... esso giunge a generare e promuovere lavita. » (42). « Ogni teoria scientifica in quanto rac-chiude un'ipotesi ed è quindi la designazione anti-cipata di un dato di fatto ancora sconosciuto neisuoi elementi essenziali, è un simbolo. » (43).11 simbolo è quindi una specie di istanza media-trice dell'incompatibilità tra la coscienza e l'inconscio, un vero « mediatore » tra ciò che è nascostoe ciò che è manifesto (44). « Esso non è né astratto né concreto, né razionale né irrazionale, néreale né irreale: è sempre entrambi. » (45). Appartiene a quel « regno intermedio di realtà sottile »che può appunto essere espresso adeguatamentesolo dal simbolo.

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« La ricchezza di presentimenti e la densità di si-gnificati del simbolo si indirizzano tanto al pensarequanto al sentire e la sua peculiare capacità d'im-magini, qualora possa tradursi in una forma plasti-camente accessibile, stimola tanto la sensazionequanto l'intuizione. » (46). In una totalità comples-siva, provoca per cosi dire la reazione di tutte equattro le funzioni della coscienza. Si puòconsiderare questa proprietà mediatrice econgiungitrice del simbolo senz'altro come unadelle creazioni più geniali e importanti dell'econo-mia psichica. Essa infatti, di fronte alla dissociabi-lità essenziale della psiche e alla inerente e co-stante minaccia della sua unità strutturale, costi-tuisce l'unico contrappeso realmente naturale e ri-sanatore in grado di affrontare tale pericolo conprospettive di successo. In quanto cioè il simbolo,riunendo in sé gli opposti li supera, per poi, dopol'unione, lasciarli di nuovo scindere onde evitareche si produca rigidezza, stasi, esso mantiene lavita psichica in continuo flusso e la trasporta versola meta destinata. Tensione e liberazione — inquanto espressione di viva mobilità del decorsopsìchico — possono succedersi in ritmo costante.« Ciò che accade tra luce e oscurità — scriveJung — ciò che unisce gli opposti partecipa a en-trambi i termini e può essere considerata sia dadestra come da sinistra, senza venirne con ciò me-glio a capo: si può solo aprire nuovamente il con-trasto. Qui serve solo il simbolo che, per la suanatura paradossale, rappresenta il tertium non da-tur — secondo la logica — ma che secondo larealtà è la verità vitale. » (47). In questo senso ognivero simbolo è anche « al di là del bene e delmale », ossia esso dapprima cela in sé i due si-gnificati come potenzialità e dipende unicamentedalla rispettiva situazione della coscienza e dallasua elaborazione, quale segno possa ricevere perl'individuo.Questa capacità della psiche di formare simboli,ossia di sintetizzare nel simbolo coppie di opposti,viene chiamata da Jung la sua funzione trascen-

gia e Alchimia. Astrola-bio, Roma 1950, pag. 309.

(46) C. G. Jung, Tipi psicologici, cit. pag. 488.

(47) C. G. Jung, Paraisus as a Spiritual Phemenon. C. W. n. 13, p162.

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(48) Un efficace simbolodella funzione trascenden-te è offerto dal caduceo,la magica bacchetta diHermes. Con questa bac-chetta Hermes, il media-tore fra i mondi dei mortie dei vivi, induce alsonno ed invia sogni agliuomini.

(49) C. G. Jung, Tipi psi-cologici, cit. gag. 266.

:~: Per libido, Jung, a: "erenza di Freud, in-■"ce non soltanto l'ener-

dente; con ciò egli non intende una funzione fon-damentale (come per esempio le funzioni della co-scienza, del pensiero, del sentimento ecc.) ma unafunzione complessa derivata da più fattori; e con« trascendente » non vuole caratterizzare una qua-lità metafisica ma il fatto che tale funzione creauna transizione da un atteggiametno a un altro (48).

Simbolo come trasformatore di energia.

« Con la nascita del simbolo cessa la regressionedella libido nell'inconscio. La regressione si tra-muta in progressione, il ristagno si volge in cor-rente. Viene cosi spezzata la forza d'attrazionedelle profondità primordiali. » (49). È per questo cheJung caratterizza il simbolo anche come trasformatoredi energia psichica e sottolinea che esso possiede uncarattere eminentemente « salutare », checontribuisce a ristabilire sia la totalità che lasalute. Si ritrova qui nuovamente una differenzafondamentale tra le concezioni di Jung e di Freud.Per il primo la « trasformazione della libido», lasublimazione, è «unipolare»; infatti in essa ilmateriale inconscio rimosso è sempre trasportatoin una « forma creatrice di cultura ». Per ilsecondo invece la « trasformazione della libido »si può caratterizzare come « bipolare », perché èsempre la risultante del continuo separarsi e unirsi didue elementi contrari, che si esprimono comesintesi di tesi e di antitesi (e cioè di materialeconscio e inconscio). Nella sua duplice capacità diprodurre da un lato uno scioglimento di tensione inquanto espressione evidente della carica dienergia accumulata di un « nucleo di significato »dell'inconscio psicoide collettivo, e dall'altro diattuare mediante il suo contenuto significativo, unanuova impressione sull'ac-cadimento psichico, ossiauna nuova strada, producendo in tal modo una nuovaconcentrazione di energia, il simbolo, progredendoda sintesi in sintesi, può convertire ininterrottamentela libido (50) ridistribuirla e riconvertirla inun'attività significa-

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tiva. In questo senso le parole di Gesù a Nicodemosi possono intendere, secondo Jung, anche comeesigenza: « Non pensare carnalmente, altrimenti tusei carne, ma pensa simbolicamente e allora seispirito. » (51).Quando sovente si produce un senso di liberazionequando la « carnalità » manifestata nel linguaggiocrassamente naturalistico del sogno può esserecompresa simbolicamente! E ciò non perché si per-mette al sognatore una deviazione ad esempio;dalla sua problematica sessuale, come i più sa-rebbero inclini a pensare, ma perché spesso solouna comprensione simbolica può rivelare il verosenso del sogno.Nell'interpretazione di Freud per esempio, l'omettoche appare alla ragazza nel sogno e viene imme-diatamente associato a « Rumpelstilzchen » (Tre-motino) sta per il fallo (52); un'ìnterpretazione jun-ghiana vedrebbe in lui invece il simbolo di un pic-colo spirito folletto, di un cabiro, quindi una figuraarchetipica, il cui « aiuto » allettante porta rovinaalle donne, minaccia ciò che hanno di più caro,tuttavia proprio perché può essere riconosciuta ecioè chiamata per nome, conduce alla liberazionedal suo potere e per conseguenza alla salvezza.Entrambe le forme d'interpretazione possono es-sere simultaneamente giuste; ciascuna apre tutta-via al sognatore un ambito della realtà interiore deltutto diverso. Oppure prendiamo il serpente. Se èinterpretato « carnalmente », anch'esso è nuovamen-te solo un segno fallico; tuttavia secondo Jung essoè un simbolo della libido e può esprimere energia,forza, dinamismo, moti pulsionali ecc, ossia in so-stanza tutto il processo psichico di trasformazione.Ogni bacio è un bacio corporeo come anche un« sortilegio di fecondazione » psichica, ogni cavitàè un seno femminile e allo stesso tempo il luogodi un mistero e cosi via. Gli esempi potrebberomoltipllcarsi all'infinito.Questa maniera di comprensione nella interpreta-zione dei sogni si richiama a un principio diversodall'interpretazione concretistico-personalistica. Il

già sessuale ma un'enegià psichica di caratteigenerale.

(51) C. G. Jung, Simbcdella trasformazione, cipag. 225-226.

(52) S. Freud, Materiefiabesco dei sogni. Si tiva in: Sogno ipnosisuggestione. Newton Copton Italiana, Roma 19'pag. 216.

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(53) C. G. Jung, Psicolo-gia dell'inconscio. Borin-ghieri, Torino 1968, pag.140.

(54) C. G. Jung, Simbolidella trasformazione, cit.

(55) Quando nel sognocompaiono persone chesono in stretto rapportocon il sognatore, l'inter-pretazione è sempre fattaad un livello oggettivo. Inaltri casi è invece adope-rato il metodo soggettivo.

metodo junghiano di interpretare i sogni al « li-vello del soggetto » ha cosi dischiuso aspetti total-mente nuovi di comprensione di queste creazioninotturne, in quanto ha compreso le singole figuree motivi come immagini di fattori e di condizioni in-trapsichiche del sognatore, consentendo cosi ilritiro delle proiezioni e la soluzione dei probleminell'area della propria psiche. Scrive Jung: « ...Chia-mo interpretazione a livello dell'oggetto ogni inter-pretazione nella quale le espressioni oniriche ven-gono considerate equivalenti a oggetti reali. A que-sta interpretazione si contrappone quella che rap-porta a colui che sogna ogni pezzo del sogno, peresempio tutte le persone che agiscono nel sogno.A questo procedimento ho dato il nome di interpre-tazione a livello del soggetto. L'interpretazione alivello dell'oggetto è analitica, perché scompone ilcontenuto onirico in complessi mnestici, riferendoli asituazioni esterne. L'interpretazione a livello delsoggetto invece è sintetica, perché libera i complessimnestici basilari dalle circostanze esterne e liconcepisce come tendenze o parti del soggetto,tornando ad annetterli al sogget to » (53), ossiaconsidera e tratta il sogno come un « drammaintrapsichico ». Questa concezione di Jung si trova infondamentale opposizione con il metodo freudianoche interpreta i sogni esclusivamente a « livellodell'oggetto ». Essa è un pilastro delia psicologiajunghiana e permette la comprensione simbolicadei contenuti dell'inconscio; egli tentò taleinterpretazione per la prima volta nel 1912 nelsuo libro: Simboli della trasformazione (54) e il suodistacco da Freud ne fu la logica conseguenza.Ovviamente Jung non interpreta ogni sogno alivello del soggetto, ma decide caso per caso qualè il « livello » appropriato (55). L'interpretazione a li-vello del soggetto, si dimostra di particolare utilitàproprio quando è necessario attivare o risvegliare leforze creative della psiche, in quanto l'incontro eil confronto dell'Io con i simboli del suo inconsciosono appropriati in misura eccellente a superare le

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congestioni e le ostruzioni dell'energia psichica e,trascinandola oltre, a trasformarla. Questo processoche Jung (come Freud) caratterizza anche come «conversione di energia dalla forma biologica(indifferenziata) nella forma culturale (differenziata) »ha « avuto luogo sin dagli inizi dell'umanità ed èancora in atto » (56). Jung pensa anche che ilsenso più profondo di tutti i riti misterici einiziatici è di natura simbolica ed è al servizio diquesta intenzione (ovviamente inconscia) di « tra-sferimento » della libido. Da un punto di vista ener-getico i processi psichici possono essere conside-rati come conflitti tra pulsione cieca e libertà discelta oppure anche come un bilanciamento ener-getico tra pulsione e spirito.

Simboli individuali e collettivi.

Non tutto ciò che si presenta in qualunque modosotto una forma archetipica si presta in ugual misuraalla formazione di un simbolo. Accanto ai moltisimboli venerabili che lo spirito umano si è forma-to nei millenni, vi sono anche quelli sorti dallacapacità di formare simboli di ogni singola psiche;tutti però si fondano sulle forme archetipiche fon-damentali dell'uomo in quanto tale e, a secondadella loro forza espressiva e pienezza di contenuto,sono stati assunti dall'umanità intera o solo dagruppi più o meno grandi.« II simbolo vivo è la formulazione di un aspettoessenziale dell'inconscio, e quanto più universal-mente questo aspetto è diffuso tanto più universaleè anche l'azione del simbolo, giacché fa vibrareuna corda affine in ciascuno » (57). Molti di questisimboli individuali restano un bene privato di unsolo individuo o di pochi individui. Essi aiutano aillustrare l'inesprimibile, a gettare ponti tra oscuripresentimenti e idee pienamente apprese e così amitigare l'isolamento dell'uomo. Tuttavia scio quandoda ogni simbolo individualmente formato, emerge ilmodello archetipico universale

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(56) C. G. Jung, On Ps;chic Energy. C. W. n. Ipar. 113.

(57) C. G. Jung, Tipi pscologici, cit. pag. 486-48

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53) C. G. Jung. Transfor-mation Symbolism in thsMass. C. W. n. 11.

(59) C. G. Jung, II mistero del fiore d'oro (incollaborazione con R. Wilhelm). Laterza, Bari 1936,pag. 23.(60) C. G. Jung, The Souland thè Death. C. W. n.8, par. 805.

che gli sta dietro ed è assunto e accettato dalconsensus gentium come vincolante, ossia soloquando diventa un « simbolo collettivo », come adesempio i numerosi e ben noti simboli delle mitolo-gie e delle religioni, esso può esercitare piena-mente la sua azione svincolante e liberatrice. Unsimbolo individuale, inteso come parallelo di unsimbolo universale (58), ossia ricondotto al « mo-dello primordiale » comune a entrambi, consentealla psiche individuale, tanto di conservare la suaforma unica dì espressione, quanto di fonderla conquella del modello simbolico collettivo, universal-mente umano.Quando un simbolo emerge dall'oscurità della psi-che, possiede sempre un certo carattere di illumi-nazione, spesso anzi può essere carico di tutta lanuminosità dell'archetipo in esso divenuto visibile, eagire come un qualcosa di fascinoso che minacciadi lacerare chi ne è toccato, qualora non riescaad essere inserito in un simbolo collettivo. Comedovette apparire tremendo e minaccioso al santoNiklaus von der Fiùe il « volto » apparsogli nellasua visione e che egli riteneva essere quello diDio, e quante settimane di tormentosa lotta occor-sero prima che potesse trasformarlo in un simbolocollettivo, e cioè nella visione della Trinità colletti -vamente accettata, e poterlo così comprendere! Ognisimbolo subisce col tempo una specie di svilup-po di significato, e però tutte le variazioni e glistadi di tale sviluppo e svolgimento rivelano simul-taneamente tratti fondamentali immutabili. I simbolinon vengono mai costruiti consciamen te masorgono spontaneamente. Non si tratta di un prodottodel pensiero razionale né tanto meno della volontà,ma di un « processo di sviluppo psichico che siesprime in simboli » (59). Ciò si può osservare inmaniera particolarmente chiara nei « sìmbolireligiosi ». Essi non sono frutto di meditazione ma «prodotti spontanei » del'attività psichica inconscia;essi sono cresciuti a poco a poco nel corso deimillenni; essi hanno « carattere di rivelazione »(60). Per questa ragione Jung afferma:

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« L'esperienza prova che le religioni non sorgonocome frutti di una elucubrazione cosciente, maprovengono dalla vita naturale dell'anima incon-scia, che in qualche modo esprimono adeguata-mente. Ciò spiega la loro diffusione universale e laloro straordinaria influenza sull'umanità nella sto-ria. Tale azione sarebbe incomprensibile se i sim-boli religiosi non fossero per lo meno verità na-turali psicologiche» (61). E altrove: «Le religionisono sistemi psicoterapeutici nel senso più vero deltermine. Esse esprimono in immagini potenti tuttal'ampiezza del problema psichico. Sono confes-sione e conoscenza dell'anima, e nello stesso tem-po rivelazione della natura dell'anima » (62). Se sivuoi considerare metaforicamente l'inconsciocollettivo come l'« anima universale » della storiaumana, si può allora seguire tale processo di svi-luppo sia nel suo aspetto umano universale, sianell'aspetto umano individuale, in una moltepliceserie di simboli che rivelano « modelli primordiali »paralleli (perché si basano sull'identico « schemafondamentale » archetipico). E' per questo che, se-condo Jung, in un trattamento analitico ogni sim-bolo dev'essere colto nel suo contesto sia collettivoche individuale di significato, e, per quanto è pos-sibile, essere compreso e interpretato sulla basedi entrambi.I simboli individuali e i simboli collettivi — ognigruppo umano infatti, che si tratti di famiglia, dipopolo, di nazione ecc, può produrre dall'inconsciodella sua sfera psichica comune i simboli per sé im-portanti — esternamente si formano procedendo pervie separate, ma in ultima analisi si fondano, in unostrato più profondo, su un identico « schema fon-damentale », ossia su un archetipo (63). A questopossono ricondursi per esempio i punti di contattotra i simboli religiosi individuali di numerosi misticie i simboli ufficiali delie diverse religioni. Il pericoloche ciò rappresenta per le religioni e le misure didifesa adottate (come ad esempio le scomunicheecc.) acquistano in tale connessione un senso piùampio.

(61) Ibid.

(62) C. G. Jung, The SIte of Psychotherapy Tday. C. W. n. 10. pag. 17

(63) Si confronti il siibolismo trasformativo nela Messa Cattolica e nmitologemi e sogni dgli uomini moderni, il emodello base è spes:molto simile.

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(64) C. G. Jung, K. Keré-nyi, Prolegomeni allo stu-dio della mitologia. Ei-naudi, Torino 1948, pag.138.

(65) A questo proposito sitenga presente ciò cheafferma Théodore Bovet:« La scienza non potràmai incontrare Dio: il suosistema concettuale è a-dattato soltanto alle ombre lasciate dalla Sua luce » (Die Ganzheit derPerson in der àrtzlichenPraxis, 1940, pag. 116).(66) C. G. Jung, II problema dell'inconscio nellapsicologia moderna. Eì-naudi, Torino 1964, pag.130.

(67) C. G. Jung, The Phì-losophica! Tree. cit.

(68) W. Goethe, Maximenund Reflexionen, cit. n.314.

« Quindi ' al fondo ' la psiche è semplicementemondo... Quanto più un simbolo, è arcaico e pro-fondo, vale a dire quanto più è fisiologico tanto piùè collettivo, universale e materiale. Invece quantopiù è astratto, differenziato e specifico, tanto piùsi avvicina al carattere della singolarità e unicità co-scienti, e tanto più si spoglia della sua naturauniversale. Nella coscienza esso corre il grave ri-schio di trasformarsi in mera allegoria che in nes-sun punto trascende il quadro del pensiero cosciente,diventando cosi anche oggetto dei più vari possi-bili tentativi d'interpretazione razionalistica » (64).l_'« archetipo del materno » per esempio è gravidodi tutti gli aspetti e variazioni in cui il « materno »può manifestarsi in un simbolo, sia quello dellacavità protettiva, del ventre della balena, del grem-bo della Chiesa, della fata soccorritrice o della stre-ga cattiva, della progenitrice o della Magna Mater,o anche (su! piano della vita individuale) della pro-pria madre naturale. Allo stesso modo anche « ilpadre » è innanzitutto un'immagine di Dio (65)onnicomprensiva, la quintessenza di tutto il « pa-terno », un principio dinamico che vive nell'animadel bambino come un archetipo potente (66). Allostesso « schema fondamentale » archetipico si so-vrappongono gradualmente per così dire, innume-revoli simboli i quali però perdono tanto più il lorocarattere simbolico quanto più lo strato da cui na-scono si trova vicino al mondo concreto e oggettivoa noi noto. Nell'inconscio personale essi compaionoin forma di « figure di copertura », ossia di segni,e infine sul piano individuale « più alto » diventanola copia esatta del contenuto effettivo e conscia-mente inteso (67). In senso simile già Goethe di-ceva: « SI vero simbolismo si ha quando il partico-lare rappresenta il generale, non come sogno e om-bra ma come viva e istantanea rivelazione dell'inson-dabile » (68).L'esempio più imponente di simboli collettivi è datodalle mitologie dei popoli. I racconti e le favole, icui motivi fondamentali si ritrovano presso la mag-gior parte dei popoli, appartengono a una categoria

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affine. Essi sono, a seconda dei casi, più primordialied elementari oppure già elaborati più artistica-mente e consciamente, come i mitologemi. Anchedei dogmi e simboli religiosi Jung dice che essisono corrispondenze empiricamente dimostrabili de-gli archetipi dell'inconscio collettivo e, da un puntodi vista psicologico, si costruiscono su questi (69).« Sebbene tutto il nostro mondo di rappresenta-zioni religiose sia costituito di immagini antropo-morfiche che in quanto tali non possono mai tenertesta a una critica razionale, non si deve però di-menticare che essi si fondano su archetipi numi-nosi, ossia su un fondamento emotivo che si mo-stra inattaccabile dalla critica razionale. Si tratta quidi fatti psichici che si possono tralasciare ma nonrefutare » (70).E' merito di Jung l'aver richiamato l'attenzionenelle sue analisi sui dogmi cristiani quali « veritàfondamentali della Chiesa che informano sulla na-tura dell'esperienza psichica interiore in una ma-niera quasi inconcepibilmente perfetta ». Ogni teoriascientifica è necessariamente astratta e razionale,« mentre il dogma esprime in un'immagine unatotalità irrazionale» (71); è qualcosa che è cresciutospontaneamente nella psiche e non qualcosa dielaborato intellettualmente, come pensano moltiscettici. « Essi contengono una conoscenza dei mi-steri dell'anima difficilmente superabile ed espressain grandi immagini simboliche» (72); ciò spiegala loro influenza viva e spesso sorprendente, sul-l'animo di tanti uomini.La mitologia, come riflesso vivo del processo di for-mazione del mondo, è tuttavia la forma di manife-stazione, il « rivestimento primordiale » degli arche-tipi nel loro divenire simboli. Poiché le loro formefondamentali sono comuni a tutti i popoli e tempi ea tutti gli uomini, non dovremmo meravigliarci chei loro modi di manifestazione presentino parallelispesso sbalorditivi, che essi siano diffusi su tuttala terra e che si rendano noti nell'uniformità deimotivi mitici come nel loro risorgere costante, in-dipendente, autoctono. Le grandi mitologie tradi-

(69) C. G. Jung, Psicolo-gia e Alchimia, cit. pag.28

(70) C. G. Jung, Rispostaa Giobbe. Il Saggiatore,Milano 1965, pag. 10.

(71) C. G. Jung, Psicolo -gia e ReHgione. Comuni -tà, Milano 1962, pag. 69.

(72) C. G. Jung, Psicolo-gia del transfert, cit. pag.38.

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(73) C. G. Jung, K. Keré-nyi, Prolegomeni allo stu-dio scientifico della mito-logia, cit. pag. 16.

zionali con i loro mitologemi, e gli archetipi con iloro simboli, che si condensano in una « mitologiaindividuale » nella psiche umana individuale, si tro-vano in relazione intima e reciproca e di parentelaprimordiale; chi- può dire quando si incontrano perla prima volta? Infatti le immagini divine delle grandimitologie non sono nient'altro che fattori intra-psichici proiettati, nient'altro che poteri archetipicipersonificati, nei quali l'essere umano universale sieleva alla grandezza del tipico e si manifesta neisuoi aspetti parziali. Uno dei più profondi conosci -tori di tali connessioni, Kàroly Kerényi, che ha dedi-cato al problema già molti scritti, dice molto perti-nentemente: « II modellamento nella mitologia è im-maginifico. Scaturisce un fiume di immagini mito-logiche... Vi possono essere diversi sviluppi simul-tanei o successivi dello stesso tema fondamentale,simili alle diverse variazioni di un tema musicale.Benché, infatti, il flusso stesso si presenti sempre inimmagini, il paragone con le opere musicali con-serva la sua validità, certo con opere musicali: valea dire con qualcosa di obiettivato, qualcosa che ègià diventato oggetto autonomo con una sua vocepropria, qualcosa a cui non si rende giustizia coninterpretazioni e spiegazioni, bensf tenendolo pre-sente e lasciando che comunichi da sé il propriosenso » (73).Archetipi, mitologemi e musica sono tessuti dellastessa stoffa, della stoffa archetipica primordialedel mondo vivo, e anche ogni futura visione delmondo e dell'uomo deriverà da questa « matriced'esperienza ».

L'Io tra coscienza collettiva einconscio collettivo.

Per un orientamento preciso nel mondo degli ar-chetipi è necessario distinguere e separare netta-mente gli archetipi dell'inconscio collettivo, cheagiscono sull'Io dalla sfera intrapsichica e lo in-fluenzano nella direzione del comportamento speci-

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floamente umano — sia sul piano biologico-pulsio-nale che su quello immaginifico-spìrituale — dagliarchetipi della coscienza collettiva quali rappre-sentanti delle norme tipiche, dei costumi e delleconcezioni prevalenti in un particolare ambiente.Mentre i primi, carichi di magia e di numinosità,danno forma dotata di senso al dinamismo del fon-damento istintuale dell'uomo e rappresentano lamanifestazione spontanea della sua natura autenti-ca, essenziale, i secondi sono per cosi dire i loropallidi derivati, i quali però, quando si addensanoin un'enorme somma di opinioni medie e diven-tano « regole di condotta » psichica, possono ac-crescersi improvvisamente in potenti « -ismi ». As-soggettano allora l'uomo al loro dominio nellamisura in cui egli si è allontanato ed estraniato dalsuo fondamento istintuale. Tutti gli « -ìsmi » hannoanche un fondamento archetipico in quanto è tipicodella specie umana contrapporre alla potenza del-l'inconscio collettivo le potenze della coscienza col-lettiva. 1 contenuti di quest'ultima generalmente nonsono — né devono essere — simboli. Al contrariosi presuppone che siano puri concetti razionali; main quanto hanno una loro storia, anch'essi si ba-sano su fondamenti archetipici, ragion per cui con-tengono inevitabilmente un nucleo simbolico. Cosìper esempio lo Stato assoluto è composto da indi-vidui privati dei loro diritti e da un tiranno asso-luto, da un'oligarchia assoluta, che riproduce oripete a un livello diverso un ordine sociale estre-mamente arcaico di natura numinosa. Tra le duegrandi sfere dell'inconscio collettivo e dellacoscienza collettiva l'Io si trova minacciato daentrambe di inghiottimento e di sopraffazione eperciò nella necessità, per conservarsi, di man-tenere, se possibile, una via di mezzo tra le due.« La coscienza dell'Io sembra essere dipendente dadue fattori: primo, dalle condizioni della coscienzacollettiva o sociale, secondo dalle dominanti del-l'inconscio collettivo o archetipi. Questi ultimi siscindono, dal punto di vista fenomenologico, in duecategorie: da un lato nella sfera pulsionale e dall'al-

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(74) C. G. Jung, Lo spiri-to della psicologia. Sitrova in: « Questa è la miafilosofia» opera collettivaa cura di W. Burnett.Bompiani, Milano 1962,pag. 220.

tro nella sfera archetipica. La prima rappresenta gliimpulsi naturali, la seconda quelle dominanti cheentrano nella coscienza come idee universali... Trala coscienza collettiva e l'inconscio collettivo c'èun contrasto quasi insuperabile, nel quale il soggettosi vede incuneato »; cosi afferma Jung (74).L'inghiottimento da parte della coscienza collettivacosi come il decadimento nell'inconscio collettivoprivano l'Io della sua autonomia. Il risultato nel pri-mo caso è l'uomo massa, nel secondo l'individuali-sta isolato e l'eccentrico o il fanatico, nuovamentevittima delle proprie pulsioni. Quando il contenutodi un simbolo si esaurisce, vale a dire quando ilsegreto in esso contenuto viene reso totalmenteaccessibile alla coscienza e quindi razìonalizzato,oppure quando è scomparso dalla coscienza, ossiaè di nuovo ricaduto totalmente nell'inconscio e ilsimbolo ha quindi perduto la sua numinosità eopacità archetipica, allora rimane per così dire solol'involucro del simbolo e forma una parte dellacoscienza collettiva. I contenuti della coscienzacollettiva sono per cosi dire gusci vuoti degliarchetipi, simulacri dei contenuti dell'inconsciocollettivo, il loro riflesso formale. In questa loroqualità, essi agiscono non con la numinosità degliarchetipi, ma in maniera simile agli archetipi, inquanto i loro cosiddetti « ideali » sono dapprimanuminosi — come gli archetipi — ma col tempovengono sostituiti dalla propaganda e dalla pressionedi opinione, che occasionalmente fanno uso per ipropri scopi anche di simboli autentici, comeaccadde per esempio con la croce uncinata nelnazionalsocialismo. A cominciare dal piuttosto in-nocuo « questo si fa » o « questo non si fa », dalpedante maestro di scuola che affligge tutti i bravicittadini, sia giovani che vecchi, fino alle esaltantiteorie demagogiche del paradiso in terra che pri-vano interi popoli della loro ragione, si può elen-care tutta una serie indefinita di regole, costumi eleggi, di sistemi e teorie destinati a mettere in ca-tene, sin dalla nascita, le naturali disposizioni del-l'uomo. Contrariamente al simbolo vero e proprio,

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che tocca e commuove tutto il nostro essere, il si-stema, la teoria, la dottrina, il programma, le conce-zioni ecc, annebbiano e seducono soltanto il no-stro intelletto senza « illuminarlo ». E cosi più di unintellettuale soccombe alle parole d'ordine degli« -ismi » e delle proibizioni e ordini collettiv i chegli vengono dall'esterno, mentre rimane senza com-prensione di fronte ai simboli che emergono dall'in-terno di sé, e ciò perché la sua mente già da tem-po ha perso qualunque rapporto con le altre partidel suo essere.Spesso agiamo e pensiamo — per cosi dire automa-ticamente, istintivamente — sulla base di concettiche abbiamo assunto dal nostro passato o dal no-stro ambiente secondo prototipi e modelli tipici. Ri-petiamo ciò che ci è stato tramandato, insegnato eimpresso, ciò che abbiamo udito o letto, e poichétale processo è irriflesso e automatico, noi pen-siamo che tutto ciò provenga da noi stessi, sia statoinventato, trovato, pensato da noi, sia nostra pro-prietà, perché sappiamo trattarlo e maneggiarlosenza difficoltà. Solo quando la coscienza collettivae l'inconscio collettivo entrano in conflitto e fannodella nostra psiche un campo di battaglia possiamorenderci conto di quanto sia difficile liberare l'indi-vidualità personale, il vero nucleo della persona-lità, dai tentacoli di queste due sfere. Il presuppo-sto di tale liberazione è infatti una coscienza indi-viduale in grado di differenziare, ossia un lo che èconsapevole dei propri limiti e sa che, se vuolemantenere la totalità della psiche, deve rimanere le-gato sempre e simultaneamente, in un vivo rap-porto di reciprocità, alle due sfere e cioè a quelladell'inconscio collettivo come a quella della coscien-za collettiva, tenendo conto di entrambe in ugualmodo.

Simboli del processo di individuazione.

Tra i simboli individuali bisogna porre in particolarerilievo quelli che caratterizzano il cosiddetto pro-cesso di individuazione: un processo psichico di svi-

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'5) C. G. Jung, K. Ke;n , Prolegomeni, cit.23-

225.

": C G. Jung, Synchro-: :y: cit.

luppo osservato da Jung e migliorabile mediante illavoro analitico, naturale e innato in ogni uomo,più o meno cosciente, che mira all'allargamentodel campo della coscienza e alla maturazione dellapersonalità. Una variegata successione di simboliaccompagna il processo e ne segna le tappe comepietre miliari. Essi si fendano su determinati arche-tipi, che si manifestano normalmente nel materialedell'inconscio, ad esempio in sogni, visioni, fantasieecc, e costringono l'individuo a un accomoda-mento.La « veste » in cui appaiono come il momento dellaloro comparsa sono sempre altamente caratteri-stici della situazione specifica della coscienza del-l'individuo; posseggono nei suoi riguardi un'impor-tanza particolare e un'efficacia accresciuta. La « ve-ste », ossia il modo di manifestazione, può ricavareil proprio materiale da ogni parte, e perciò dipendesempre dall'individuo e dalla sua situazione, se unsimbolo particolare appare, ad esempio, come figu-ra positiva o negativa, attraente o ripugnante. Tut-tavia, qualunque forma possa assumere, esso avràsempre la proprietà del « fascinoso ». Tra i simbolidel processo di individuazione ve ne sono alcuniparticolarmente importanti, che si presentano informa umana e in determinati casi anche in formasubumana o sovrumana e che possono essere clas-sificati secondo una serie di tipi; « i principali so-no: l'ombra, il vecchio, il fanciullo (compreso l'eroegiovanetto), la madre (« madre primordiale », « ma-dre terra ») quale personalità sovraordinata... e l'op-posto corrispondente, la fanciulla, e infine l'animanell'uomo e l'animus nella donna (75), che rappre-sentano rispettivamente un diverso settore psichicoproprio come i « simboli unificatori », i simboli del« centro psichico », del Sé. Come espressione pla-stica di un valore supremo sono rappresentati spes-so da figure di dèi o da simboli dell'indistruttibile,oppure sono molte volte anche di tipo puramenteastratto, geometrico come ad esempio i mandala,che devono essere considerati come simboli del-l'« ordine primordiale della psiche totale » (76). Cer-

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to non è possibile offrire in maniera cosi genericauna rigorosa delimitazione perché la somiglianzàdi questi simboli individuali con quelli puramentecollettivi è spesso cosi sbalorditiva che solo unattento lavoro di verifica e di confronto può distin-guerli tra loro.Il processo di individuazione, se osservato e seguitocoscientemente, rappresenta un'interazione dialetticatra i contenuti dell'inconscio e i contenuti dellacoscienza, nella quale i simboli forniscono i pontinecessari, collegando e conciliando tra loro le con-traddizioni spesso apparentemente inconciliabili delledue « parti ». Come in ogni seme è insito sindall'inizio tutto l'essere vivente come fine nascosto,ricercato con tutti i mezzi, cosi anche la psichedell'uomo è orientata verso un pieno sviluppo, versola sua totalità, anche se egli non è cosciente ditale fatto o si oppone alla sua realizzazione. La viadell'individuazione — anche se inizialmente solocome « traccia » — è quindi incisa profondamentenel corso della vita dell'uomo; la deviazione da essaè legata al pericolo di disturbi psichici. Perciò diceJung: « I simboli emergenti nei sogni dall'inconscioindicano la messa a confronto degli opposti e leimmagini della meta rappresentano la loro felicericonciliazione. Qui ci viene in aiuto qualcosa dìempiricamente dimostrabile da parte della nostranatura inconscia. E' compito della coscienza com-prendere tali allusioni. Se ciò non accade, il proces-so di individuazione procede ugualmente; solo chenoi ne cadiamo vittime e siamo trascinati dal de-stino verso quella meta inevitabile che avremmo po-tuto raggiungere con andatura diritta, se solo aves-simo applicato sforzo e pazienza al momento giustoper comprendere i numina della via del desti-no » (77).

Capacità della psiche di trasformare i simboli.

Accanto all'ininterrotta attività di formazione di sim-boli della psiche che continua a tenere in moto il

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(77) C. G. Jung, Rispostaa Giobbe, cit. paq. 166.

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(78) C. G. Jung, The Ti-betan Book of thè Dead.C. W. n. 11, par. 845.

suo flusso energetico o è spinta a illustrarlo, dob-biamo indicare anche la sua capacità di trasforma-zione di simboli. Il numero degli archetipi attivi nel-l'uomo coincide con quello dei « punti nodali » del-l'anima inconscia collettiva e già solo per questomotivo ci appare illimitato; tuttavia ci si dovrebberappresentare in maniera infinitamente più grandeil numero dei simboli che si fondano su di essi poi-ché alla loro formazione partecipano gli stati indi-viduali di coscienza, di volta in volta diversi, e leloro variazioni sono semplicemente illimitate. Il« significato specifico di un simbolo appare solo nelcorso della vita individuale [di un singolo o di ungruppo], quando l'esperienza personale è ripresaprecisamente in queste forme » (78) (ossia negli ar-chetipi). Parallelamente al cambiamento delle nostreidee ed esperienze, anche il contenuto significativodi un simbolo può apparire in una luce semprenuova o aprirsi a noi gradatamente; in tal modoquesto contenuto significativo e persino la stessaforma simbolica sono posti in connessioni semprenuove e trasformati di conseguenza. Il numinoso,il misterioso e l'irrazionale, per esempio, ci sonostati « offerti » in tutti i tempi, ma solo da pochi «riconosciuti ». Se il numero di questi pochidiminuisce sempre più, ciò dipende anche dalfatto che sembriamo aver perso i mezzi con i quali« offrire » il divino senza tuttavia « svelarlo ». Ogniepoca ha dato al mistero la sua propria vesteadeguata; ma il nostro tempo non ha ancoratrovato un suo rivestimento appropriato per ilnuminoso. O mette a nudo il segreto o lo na-sconde sino all'irriconoscibilità. La psicologia jun-ghiana è uno dei molti tentativi di trovare la nuova« veste », il nuovo linguaggio e il nuovo punto chepossano aiutare l'uomo di oggi, orientato raziona-listicamente, indicandogli la via per cogliere nuova-mente l'irrazionale e procurargli una comprensionedi esso. Essa è in grado di soddisfare la sua bramadell'irrazionale — che per lo più si perde in viesbagliate o indirette — ritornando all'eterno media-

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tore tra ciò che è afferrabile con la ragione e ciòche non lo è: al simbolo.Ogni mito deve rinnovarsi, proprio come il re neilefavole deve cedere il suo regno al figlio non ap-pena questi ha compiuto le imprese necessarie, os-sia è divenuto maturo per esso. Allo stesso modo imiti dovettero essere ritradotti in ogni tempo nellinguaggio psicologico dominante per trovare ac-cesso alle anime degli uomini. Un tempo si par -lava per esempio di eroe, vita eroica, uccisione deldrago e così via, oggi si parla di personalità, pro-cesso di individuazione, vittoria sulla madre ecc.E come il mito conteneva sempre un mistero, cosianche la nostra odierna terminologia psicologicanon è meramente razionale. Essa è troppo implicatanella nostra ben protetta vita intima, troppo costrettaa esprimere ancora idee solo oscuramente presagite.Se perciò vogliamo esperimentare nuovamente ilmito come un'attività incessante delle profonditàdel nostro inconscio e comprenderlo rettamente,dobbiamo cominciare col tradurlo nel nostro iin-guaggio, anche quando a volte possa sembrarcidi averne perduto il nucleo e smarrito il senso vero.Si tratta però di una conclusione ingannevole; per-ché, noi, al contrario abbiamo salvato l'essenza delmito e attraverso concetti linguistici corrispondenti10 abbiamo inserito nel nostro mondo di pensiero.Un resto di mistero in verità permane ancora; non èpotuto né potrà mai essere tradotto in concettiastratti, in un linguaggio discorsivo. L'unica espressione ad esso adeguata rimane l'immagine, il simbolo. Cosi ogni uomo e ogni epoca da ai suoi simboli una nuova veste, e quella « eterna verità » che11 simbolo trasmette, può parlarci in uno splendoresempre rinnovato. La « metamorfosi degli dèi » nelnostro mondo intemo ed esterno è inesauribile eincessante. Perciò si può dire con ragione che ognitentativo di spiegazione psicologica è in sostanza laformazione di nuovi miti. « Noi altro non facciamoche ricondurre i simboli un po' più indietro, traendoalla luce del sole una parte del loro regno, senza

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(79) C. G. Jung, Tipi psi-cologici, cit. pag. 257-258.

però cadere nell'errore di ritenere di avere con ciòcreato qualche cosa di più che un nuovo simboloper quello stesso enigma, che enigma era stato pertutti i tempi che ci hanno preceduto » (79).

(Trad. a cura della Casa Editrice BORINGHIERI)

Presentiamo al lettore parte del capitolo dedicato al simbolo,nel volume: « Complex / Archetypus / Symbol in der Psycho-logie C. G. Jungs », Rascher, Zùrich 1957. Il libro sarà pubbli-cato dall'editore Boringhieri che qui si ringrazia per la gen-tile concessione.

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