vox anno x_2011 n 1
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le forze armate, una risorsa per il paese, Il Ruolo ed il futuro delle principali Organizzazioni Internazionalidi riferimento per l’ItaliaTRANSCRIPT
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VOX MILITIAEVOX MILITIAE
Anno X – N° 1 Gennaio 2011
CAVENDO TUTUS
TESSERAMENTO ANNO 2011
SOSTEGNO AL GIORNALE Il rinnovo della tessera per l‟anno 2011 potrà esse-
re effettuato tramite bonifico bancario sul Conto
Corrente Intestato a:
Associazione Culturale VOX MILITIAE Codice IBAN:
IT 71 I 06040 03601 000000104934 La quota di adesione, sia per i vecchi soci sia per i
simpatizzanti che desiderano contribuire è pari a:
€ 25,00.
Voglio ringraziare a nome mio, ma soprattut-
to a nome di tutti noi militari in missione, chi
ci vuole ascoltare e non ci degna del suo pen-
siero solo in tristi occasioni come quando il
tricolore avvolge quattro alpini morti facendo
il loro dovere.
Corrono giorni in cui identità e valori sem-
brano superati, soffocati da una realtà che ci
nega il tempo per pensare a cosa siamo, da
dove veniamo, a cosa apparteniamo...
Questi popoli di terre sventurate, dove spa-
droneggia la corruzione, dove a comandare
non sono solo i governanti ma anche ancora i
capi clan, questi popoli hanno saputo conser-
vare le loro radici dopo che i migliori eserciti,
le più grosse
armate hanno
marciato sulle
loro case: inva-
no. L'essenza del
popolo afghano è
viva, le loro tra-
dizioni si ripeto-
no immutate,
possiamo ritener-
le sbagliate,
arcaiche, ma da
migliaia di anni
sono rimaste
immutate. Gente
che nasce, vive e
muore per amore
delle proprie
radici, della propria terra e di essa si nutre.
Allora riesci a capire che questo strano popo-
lo dalle usanze a volte anche stravaganti ha
qualcosa da insegnare anche a noi.
Come ogni giorno partiamo per una pattuglia.
Avvicinandoci ai nostri mezzi Lince, prima di
uscire, sguardi bassi, qualche gesto di rito
scaramantico, segni della croce... Nel mezzo
blindo, all'interno, non una parola. Solo la
radio che ci aggiorna su possibili insurgents
avvistati, su possibili zone per imboscate,
nient'altro nell'aria... Consapevoli che il suolo
afghano è cosparso di ordigni artigianali
pronti ad esplodere al passaggio delle sei
tonnellate del nostro Lince.
Siamo il primo mezzo della colonna, ogni
metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci
pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere
nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente
siamo alle porte del villaggio...
Veniamo accolti dai bambini che da dieci
diventano venti, trenta, siamo circondati, si
portano una mano alla bocca ormai sappiamo
cosa vogliono: hanno fame...
Li guardi: sono scalzi, con addosso qualche
straccio che a occhio ha già vestito più di
qualche fratello o sorella... Dei loro padri e
delle loro madri neanche l'ombra, il villaggio,
il nostro villaggio, è un via vai di bambini che
hanno tutta l'aria di non essere li per gioca-
re...
Non sono li a caso, hanno quattro, cinque
anni, i più grandi massimo dieci e con loro un
mucchio di sterpaglie. Poi guardi bene, sotto
le sterpaglie c'è un asinello, stracarico, porta
con sé il raccolto, stanno lavorando... e i fra-
telli maggiori , si intenda non più che quattor-
dicenni, con un gregge che lascia sbigottiti
anche i nostri alpini sardi, gente che di capre
e pecore ne sa qualcosa...
Dietro le finestre delle capanne di fango e
fieno un adulto ci guarda, dalla barba gli
daresti sessanta settanta anni poi scopri che
ne ha massimo trenta... Delle donne neanche
l'ombra, quelle poche che tardano a rientrare
al nostro arrivo al villaggio indossano il bur-
qa integrale: ci saranno quaranta gradi
all'ombra...
Quel poco che abbiamo con noi lo lasciamo
qui. Ognuno prima di uscire per una pattuglia
sa che deve riempire bene le proprie tasche e
il mezzo con acqua e viveri: non serviranno
certo a noi... Che dicano poi che noi alpini
siamo cambiati...
Mi ricordo quando mio nonno mi parlava
della guerra: “brutta cosa bocia, beato ti che
non te la vedarè mai...” Ed eccomi qua, valle
del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa
quello strano copricapo con la penna che per
noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi, ti
direi “visto ,nonno, che te te si sbaià...”
Caporal Maggiore Matteo Miotto
Thiene (Vicenza) -
Valle del Gulistan, novembre 2010
Il Caporal Maggiore Matteo
MIOTTO, nel mese di novembre 2010,
aveva scritto una lettera al sito internet del
quotidiano “Il Gazzettino” in cui racconta-
va la tensione dei militari durante le missio-
ni di pattugliamento del territorio afghano.
Ricordando il nonno alpino: “il nonno mi
diceva: beato te che non vedrai la guerra”.
Cap. Mag. Matteo MIOTTO
- 31 dicembre 2010 -
1° cap. mag. Luca SANNA
- 18 gennaio 2011 -
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VM Gennaio 2011
Venerdì 31 dicembre 2010, ultimo giorno
dell´anno, in Afghanistan, alle ore 14.50, se-
condo la versione ufficiale, il caporal maggio-
re Matteo Miotto, di 24 anni, è stato colpito da
un cecchino, mentre era di guardia, e alle ore
15 è stato dichiarato deceduto. Matteo, alpiere
della compagnia Alfa Coi, al comando del
capitano Daniele Castriota, sarebbe tornato a
casa a gennaio alla fine di una missione di sei
mesi.
Ieri mattina ero in procinto di lasciare l'avam-
posto militare italiano di Bala Murghab tra
l'allegria generale, un po' chiassosa e colma di
aspettativa per il cenone e la festa serali, in un
luogo, dove, ovviamente, le distrazioni per i
soldati, a volte molto giovani, sono davvero
poche. Ci siamo salutati come accade sempre,
con scambi di indirizzi e-mail, di numeri di
cellulari e di reciproche promesse di rimanere
in contatto. L'attentato è avvenuto mentre noi,
giornalisti in visita, eravamo in volo con i
Black Hawk, gli elicotteri statunitensi, e dopo
l'atterraggio, al rientro in base ad Herat, ci ha
accolto un silenzio profondo, quasi solenne e
volti chiusi, oscurati dalla mestizia e dal pudo-
re. Abbiamo capito così, in un momento, che
qualcosa di grave era accaduto.
Nel Camp Arena, sede del Regional Com-
mand West, solitamente chiamato base miliare
di Herat per la sua vicinanza con la città af-
ghana di Herat, ieri, durante la cena, il capo di
Stato maggiore, generale Marcello Bellacicco,
è venuto alla mensa. In piedi, con le mani
dietro la schiena, ammutoliti, soldati e giorna-
listi, abbiamo ascoltato le sue parole colme di
esasperazione e di dolore. La salma aereo-
trasportata è arrivata alle 22.40, nel piccolo
aeroporto di fronte ai commilitoni schierati,
deposta nella camera ardente è stata vegliata
per tutta la notte, mentre i pensieri di ognuno
si volgevano alla famiglia di Matteo, al capo-
danno più triste della loro vita. Nel piazzale
centrale sventolava a mezz'asta la bandiera
italiana, affiancata stamane da quella spagno-
la, il contingente spagnolo ha deciso, infatti,
di manifestare in questo modo, con umana
gentilezza, la propria solidarietà.
Nel pomeriggio il generale Bellacicco ha te-
nuto una conferenza per i giornalisti. Noi
italiani continueremo a lavorare come abbia-
mo sempre fatto, con razionalità e determina-
zione, ha affermato il generale, i nostri obietti-
vi sono la sicurezza e la stabilizzazione del
paese, la linea quella di un progressivo disim-
pegno politico, amministrativo e militare,
dovranno essere le forze afghane a combattere
i talebani, gli afgani che stiamo addestrando.
Quando si combatte, però, episodi come quel-
lo di ieri possono accadere, anche perché un
tempo gli insurgens avevano il predominio
mentre ora sono in difficoltà e vogliono col-
pirci anche con aiuti che potrebbero venire
dall'esterno. Noi costantemente controlliamo
il territorio e lavoriamo per prevenire gli attac-
chi e per mantenere l'iniziativa e abbiamo la
capacità di reagire immediatamente.
Il generale ha poi ricordato la lettera scritta a
novembre da Matteo al sindaco di Thiene, suo
paese d'origine, in provincia di Vicenza, nella
quale il giovane soldato parlava dei suoi ideali
e delle sue scelte, della vita militare intesa
come servizio e degli alpini, delle loro storia,
spirito e tradizioni. Una lettera nella quale il
generale ha dichiarato di essersi identificato e
riconosciuto. Un ragazzo che aveva capito il
vero Afghanistan come i tanti commilitoni che
fanno sacrifici ma hanno grandi ideali e valo-
ri.
Siamo stati tutti giovani e i giovani si entusia-
smano, si appassionano, si parla di servizio, si
dice che il militare nasce per servire gli altri e
tutto ciò per loro può essere esaltante. Abbia-
mo qui una gioventù sana come i lagunari che
rischiano la pelle e intanto regalano la loro
colazione ai bambini afghani. Ragazzi che
identificano il motivo per cui siamo qui, quan-
to possa essere creativo e quanto si riesca a
dare in missioni coinvolgenti e rischiose ma
l'importante per i militari è servire, è ritrovarsi
nei propri valori. Il militare italiano è animato
dai propri valori, noi siamo un'espressione
dell'Italia e cerchiamo di rappresentarla al
meglio, di dare prova di professionalità e di
spirito etico.
C'è la commozione, la tristezza per un ragazzo
ucciso in questa maniera ma non si tratta di
una minaccia usuale, i frutti del buon lavoro
fatto ci sono ancora, la shura del 20 dicembre
a Bakwa è stata fondamentale e l'attentato
potrebbe essere una risposta alla sua riuscita
ma noi continueremo nella nostra politica di
assistenza alla popolazione per erodere il con-
senso ai talebani. Il generale ha concluso,
visibilmente commosso, invitando i genitori di
Matteo ad essere tanto, tanto orgogliosi del
proprio figlio.
Nel 2010, i nostri soldati sono stati colpiti più
volte in Afghanistan dagli insurgens: i crimi-
nali fanatici talebani e i criminali comuni che
si dedicano ad ogni sorta di traffici illeciti,
soprattutto di oppio e di armi. Si contano
nell'ultimo anno 13 caduti, l' attentato del 9
ottobre scorso, il più cruento, ha provocato la
morte di quattro alpini e il ferimento del 5° in
seguito all'esplosione di un ordigno nella valle
del Gullistan, provincia di Farah, nel Sud
Ovest del paese.
Scontri a fuoco si sono registrati a metà di-
cembre quando con l'operazione Bazar Arad
"Libero mercato" l'8° reggimento alpini ha
esteso la bolla di sicurezza di Bala Murghab
di oltre un km quadrato verso Nord. A Natale
si erano registrati tentativi di colpirci, tentativi
fortunatamente falliti, non così a Capodanno.
Hanno tentato di colpirci durante la nostra
festa più cara, ci sono riusciti durante la nostra
festa più allegra nella quale tradizionalmente
ci si scambia i migliori auguri di felicità per il
nuovo anno. Possono davvero cantar vittoria, i
criminali che infestano questo sventurato pae-
se. Ancora per poco, speriamo.
--
Postato da Massimo Coltrinari su Secondo
Risorgimento il 4 gennaio 2011 10
CRONACA DALL‟AVAMPOSTO MILITARE DI BALA MURGHAB
(domenica 2 gennaio 2011)
di Anna ROLLI
L'AREA DI GULISTAN Nel Gulistan (provincia di Farah), una delle
zone più 'calde' del settore affidato al con-
trollo dei militari italiani, al confine con
l'Helmand, dal primo settembre operano gli
alpini del 7° reggimento di Belluno, che
costituiscono l'ossatura della Task force
south east, composta anche da militari di
altri reparti. Il 4 ottobre scorso, proprio
nella valle del Gulistan, si verificò l'imbo-
scata in cui morirono altri quattro soldati
italiani.
L'area affidata al controllo degli alpini,
denominata Box Tripoli, era un tempo sotto
comando statunitense. In questi pochi mesi
i militari italiani hanno portato avanti una
serie di iniziative (tra cui quattro progetti di
cooperazione civile-militare) con ''notevole
successo'', come ha sottolineato solo qual-
che settimana fa il generale David Petraeus,
comandante della missione Isaf (Forza in-
ternazionale di assistenza alla sicurezza,
sotto comando Nato) in Afghanistan, in
visita agli alpini del Gulistan.
L‟immagine si trova nel blog:
“yabastianopoli.blogspot.com”
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VM Gennaio 2011
LE FORZE ARMATE
UNA RISORSA PER IL PAESE DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2010, n. 66
Nuovo Codice dell'ordinamento militare. (GU n. 106 del 8-5-2010 - Suppl. Ordinario n.84) - Entrata in vigore del provvedimento: 9/10/2010
Dal quotidiano ”Il Mattino.it”
“Rifiuti, gli spazzini sono in malattia
mentre i militari puliscono Napoli” Quadruplicate le assenze durante le feste di Natale
Salvataggio dei naufraghi Trasporto sanitario d’emergenza
Operazione Strade Sicure
Operazioni di Peace Keeping fuori del Territorio Nazionale
Terremoto a L’Aquila
rimozione macerie e
salvataggio vite umane
Oltre alle attività connesse con la difesa del
territorio e degli spazi posti sotto la sovrani-
tà nazionale, le Forze Armate svolgono quali
compiti istituzionali la salvaguardia delle
libere istituzioni e il concorso in caso di pub-
bliche calamità o in altri casi di straordina-
ria emergenza.
Attività che forniscono un grande contributo
alla salvaguardia della vita umana, così co-
me al funzionamento dei servizi essenziali. La nostra vignetta
Alluvione in Veneto: rinforzo argini
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Aprile e Ottobre 2007: Missione
Min. D‟Alema
VM Gennaio 2011
Secondo sant’Agostino, la pace è
“ordine e tranquillità”, l’ordine è “la
buona disposizione di parti diverse,
ciascuna nella posizione migliore”.
Il Ruolo ed il futuro delle principali Organizzazioni Internazionali di riferimento per l’Italia
Durante il periodo della guerra fredda “l‟ordine internazionale” era assicurato da due grandi blocchi facenti capo agli USA ed all‟URSS.
L‟equilibrio e la pace internazionale erano garantiti dalle due superpotenze che si ponevano come figure “istituzionali” di riferimento. Temen-
dosi a vicenda, erano attente a non rompere lo status quo e, con il loro intervento, risolvevano le rivalità tra stati. Con la fine del bipolarismo le
rivalità, non più controllate, sono riemerse prepotentemente e si è passati ad un mondo fondato sulla “instabilità permanente”.
La pace armata ha lasciato un vuoto nella gestione della sicurezza mondiale.
Il nuovo ordine internazionale, imperniato sull‟egemonia delle due superpotenze e condiviso da tutti, non necessariamente coincidente con la
pace e la giustizia, va ricercato arrivando alla definizione di nuove regole condivise. La domanda per la risoluzione delle controversie tra stati
è diretta in prima istanza all‟ONU e in secondo luogo alle varie organizzazioni/alleanze internazionali.
ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONE UNITE
Statuto dell‟ONU, Capitolo VII - azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della
pace ed agli atti di aggressione - Articolo 41.
Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l'impiego della forza
armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i mem-
bri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un'interru-
zione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marit-
time, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche.
Le Nazioni Unite hanno sempre cercato di svolgere un ruolo attivo nel
ristabilimento della pace e nella repressione delle nuove aggressioni,
ma il loro attivismo si scontra con le esitazioni e le divergenze dei
singoli stati dai quali dipende.
Lo statuto dell‟ONU ha sessantacinque anni ed è diventato obsoleto a
causa dei cambiamenti che si sono verificati in questi anni, necessita,
pertanto, di una profonda revisione, non solo nelle sue funzioni (al
pericolo di guerra tra superpotenze si è sostituita la realtà del terrori-
smo), ma anche nella rivitalizzazione dell‟Assemblea Generale e nella
composizione del Consiglio di Sicurezza, che ne è l‟Organo motore.
Tutti i Dipartimenti delle Nazioni Unite, i Fondi, gli Istituti di Ricerca,
i Programmi e le Agenzie Specializzate, stanno lavorando insieme per
il raggiungimento degli “Obiettivi di sviluppo del Millennio” concor-
dati e adottati dieci anni fa con la “Dichiarazione del Millennio” da
147 Capi di Stato e di Governo, e da 189 Stati Membri in occasione
del “Vertice del Millennio” di New York. Questi Obiettivi, quadro di
riferimento per l‟azione del sistema delle Nazioni Unite nel XXI seco-
lo, sono frutto di una serie di accordi per apportare miglioramenti
rapidi e tangibili nella vita della popolazione più povera del pianeta
entro il 2015. Il dibattito per fronteggiare le nuove sfide con una strut-
tura più incisiva è sempre aperto. I diversi tentativi di riforma del Con-
siglio di Sicurezza, fatti negli ultimi tempi, non hanno avuto alcun
esito.
Al contrario, risultati
concreti, dettati dal
proliferare delle
“Peace Support Ope-
ration” (PSO), si
sono avuti con la
riforma del Diparti-
mento delle Opera-
zioni di Manteni-
mento della Pace
(DPKO).
Ove si osservi che il
numero del personale
militare impiegato nelle
attività di “peace kee-
ping” ha raggiunto le 100
mila unità, paragonabile
a quello di una Grande
Potenza, si comprende la
necessità di coordinare,
gestire ed impiegare
questa enorme massa di
personale con una strut-
tura di comando e con-
trollo adeguata, simile ad
un Comando Generale di
una Grande Potenza.
In tale direzione vanno le
risoluzioni
dell‟Assemblea Genera-
le, n. 61/250 del 2 aprile
2007 e n. 61/279 del giugno 2007, miranti al rafforzamento della Divi-
sione Militare nell‟ambito del DPKO. La struttura, sempre più com-
plessa, è in continua evoluzione.
L‟ufficio per Affari Militari (OMA) dovrà essere in grado di fornire
assistenza alle decisioni del Segretario Generale, sviluppare le attività
di pianificazione strategica ed operativa, emanare le direttive e gli
ordini (incluse le regole di ingaggio) e, conseguentemente, deve poter
disporre di un numero di personale adeguato alle esigenze. Con tali
cambiamenti si avrà un deciso miglioramento del livello delle capacità
e di gestione delle missioni.
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VM Gennaio 2011
Operazioni per il Mantenimento della Pace
- Dal 1945, i caschi blu delle Nazioni Unite sono stati impiegati in oltre 64 missioni ed hanno nego-
ziato 172 accordi di pace che hanno messo fine a conflitti regionali, e hanno permesso alla popola-
zione, in più di 45 Paesi, di partecipare ad elezioni libere e giuste.
- In conformità con la Carta delle Nazioni Unite, il Dipartimento delle Operazioni per il Manteni-
mento della Pace (DPKO) ha il compito di assistere gli Stati Membri e il Segretario Generale nei
loro sforzi volti a mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
- Ci sono attualmente 16 operazioni di pace dirette e sostenute dal Dipartimento delle Operazioni
per il Mantenimento della Pace che comprende al suo interno un totale di 99,596 persone in uni-
forme incluse truppe; polizia e osservatori militari.
ONU GLI OBIETTIVI DEL NUOVO MILLENNIO
Pace, sicurezza e disarmo
Sviluppo ed eliminazione della povertà
Proteggere il nostro ambiente comune
Diritti umani, democrazia e buon governo
Proteggere i vulnerabili
Affrontare le particolari necessità dell’Africa
Rafforzare le Nazioni Unite
La cartina della fame nel mondo
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VM Gennaio 2011
LA NATO E IL NUOVO CONCETTO STRATEGICO Durante la riunione del vertice di Lisbona, 19 e 20 novembre 2010, i leader della NATO hanno adottato un nuovo
Concetto Strategico che servirà come roadmap dell'Alleanza per i prossimi dieci anni e che riconferma l'impegno
di difendere l'un l'altro contro gli attacchi come il fondamento della sicurezza euro-atlantica.
Il Trattato Nord Atlantico (NATO), sotto-
scritto a Washington il 4 aprile 1949 da 12
nazioni, nasce con lo scopo di assicurare – in
conformità e ad integrazione delle finalità e
dei principi della Carta delle Nazioni Unite –
la sicurezza internazionale e il benessere dei
rispettivi Paesi; in sostanza, si mirava a fron-
teggiare, militarmente, l'eventuale espansione
della potenza sovietica verso l'Europa occi-
dentale. Dopo 60 anni, con il mutare del con-
testo internazionale, l‟Alleanza ha sentito la
necessità di adeguare la sua organizzazione e i
suoi obiettivi alle nuove sfide per ben tre vol-
te.
La prima, nel 1991, con il dissolversi del Patto
di Varsavia, la NATO sentiva l'esigenza di
confermare la propria ragion d'essere e di dare
un segnale di apertura verso i Paesi del blocco
orientale.
La seconda, nel 1999, dopo l‟esperienza dei
Balcani, dove per la prima volta si concretiz-
zava un‟operazione ex art. 5 dell‟Alleanza,
ovvero impiego della forza per l‟imposizione
della pace al di fuori della tradizionale sfera
d‟azione, mai avvenuta durante la Guerra
Fredda contro minacce tradizionali.
L‟importanza dell'Articolo 5 del Trattato di
Washington ha mantenuto la sua centralità per
fronteggiare la minaccia terroristica all‟inizio
del XXI secolo. La terza, il 20 novembre 2010, nel vertice di
Lisbona tra i capi di stato e di governo che
compongono l‟alleanza. In tale consesso è
stato approvato un nuovo concetto strategico
per fronteggiare le sfide alla sicurezza del 21°
secolo. Un documento (dodici pagine - 38
paragrafi) approvato dai 28 paesi membri, nel
quale si delinea il futuro dell‟Alleanza.
Riaffermata, nella prefazione, la necessità di
difendersi reciprocamente, l‟ambizione è di
dare vita ad una nuova NATO, meno burocra-
tica, più snella, in grado di proteggere i citta-
dini dalle nuove sfide.
I principali argomenti trattati, obiettivi strate-
gici per l’Alleanza, riguardano:
Il terrorismo, i gruppi estremisti continuano a
diffondersi in zone di rilevante interesse per
l'Alleanza. Con lo sviluppo della moderna
tecnologia aumentano la minaccia e il poten-
ziale impatto degli attentati terroristici, in
particolare se i terroristi dovessero acquisire
capacità nucleari, chimiche, biologiche o ra-
diologiche;
La Sicurezza attraverso la gestione delle
crisi, crisi e conflitti di là dei confini della
NATO possono rappresentare una minaccia
diretta alla sicurezza del territorio dell'Allean-
za e delle popolazioni. L‟instabilità può mi-
nacciare direttamente la sicurezza dell'Allean-
za, fra l'altro promuovendo l'estremismo, il
terrorismo, e le attività illegali trans-nazionali,
come il traffico di armi, di stupefacenti e di
persone. La NATO possiede capacità politiche
e militari sufficienti per affrontare l'intero
spettro delle crisi - prima, durante e dopo i
conflitti;
Gli attacchi informatici, sempre più frequen-
ti, più organizzati e in grado di infliggere
gravi danni alle amministrazioni, alle impre-
se, alle economie, possono costituire una seria
minaccia alla prosperità nazionale ed euro-
atlantica. Militari stranieri e servizi segreti,
criminalità organizzata, gruppi estremisti
ognuno può essere la fonte di tali attacchi;
La Difesa e la deterrenza, il deterrente, basa-
to su un adeguato mix di capacità nucleare e
convenzionale, resta un elemento centrale
della strategia globale. Le circostanze in cui
l'uso delle armi nucleari potrebbe dover essere
contemplato sono estremamente remote. Fin-
tanto che le armi nucleari esistono, la NATO
rimarrà una alleanza nucleare;
Il Controllo degli armamenti disarmo e
cooperazione, la NATO cerca la sua sicurez-
za al minor livello possibile di forze attraverso
il controllo degli armamenti, il disarmo di
armi convenzionali e la non proliferazione
nucleare;
La Cooperazione, il dialogo e la cooperazio-
ne con i partners possono dare un contributo
concreto al miglioramento della sicurezza
internazionale. Queste relazioni saranno basa-
te sul principio di reciprocità, mutuo vantag-
gio e rispetto reciproco. La cooperazione NA-
TO - Russia, di importanza strategica, contri-
buisce a creare uno spazio comune di pace,
stabilità e sicurezza. La NATO non costituisce
una minaccia per la Russia, al contrario ricer-
ca un vero partenariato strategico con la Rus-
sia, con l'aspettativa di reciprocità;
La Difesa missilistica, Usa e Nato si prepara-
no a realizzare un unico scudo anti-missile: i
sistemi già esistenti saranno messi in rete e
fatti dialogare tra loro. La copertura dell'om-
brello sarà estesa: non proteggerà solo le trup-
pe impegnate nei teatri di crisi, ma le popola-
zioni e i territori. Il presidente russo Dmitri
Medvedev, al suo primo consiglio NATO -
Russia ha espresso la speranza di aprire nuova
fase di cooperazione nella difesa antimissili;
Riduzione delle spese, si auspica, infine,
l‟ottimizzazione delle proprie capacità
“riducendo le duplicazioni non necessarie,
sviluppando capacità comuni per ragioni di
costo/efficacia e ottimizzando le modalità di
pagamento delle operazioni”.
7
Febbraio 2003: Trattato Amici-
zia, Buon Vicinato e Cooperazio-
ne
VM Gennaio 2011
L’ultimo libro di Gianni Marizza è un ponte di ricordi dalla Guerra fredda all’Iraq del dopo-Saddam
Claudio BONITO
Dalla fine della seconda guerra mondiale
ad oggi, tante cose sono cambiate. Basta
confrontare un atlante geografico
dell‟Europa degli anni Settanta con uno
di oggi. Nazioni che non esistono più,
altre che si sono frantumate, altre ancora
che hanno assunto nomi diversi. La storia
che viene definita “recente” e che co-
pre gli ultimi decenni, è estremamente
complessa e, proprio perché recente, affa-
scinante. Ma anche triste. Quanti di noi
hanno perso un nonno o un parente stretto
in una guerra che vedeva contrapposte
nazioni e governi. Questi eroici caduti
dovrebbero sapere che, grazie anche al
loro sacrificio, oggi i loro figli e nipoti
possono dirsi, insieme ai figli e ai i nipoti
dei vecchi nemici, cittadini europei.
Il generale degli Alpini Gianni Marizza,
nel suo ultimo bel libro “Guerra fredda e
pace calda”, edito da Widerholdt Frères,
ci racconta la sua avventura di soldato
iniziata nei primi anni Settanta come gio-
vane Ufficiale appena uscito
dall‟Accademia Militare di Modena e
terminata ai vertici della difesa Italiana,
impegnato, con funzioni di alto comando,
nelle più recenti missioni militari in varie
parti del mondo. La storia, la sua storia, si
dipana sullo sfondo di un mondo che
cambia e di un‟Europa che, raccolti i coc-
ci della seconda guerra mondiale, si avvia
pian piano ad un‟unità difficile, sofferta
ma inevitabile.
E‟ un libro bello, e sotto certi punti di
vista, commovente, come lo sono tutti i
racconti che partendo da una storia perso-
nale, fatta di particolari veri, umani, reali
toccano l‟animo di chi quei momenti li ha
vissuti, o li ha ascoltati nei racconti di
amici o di parenti.
E‟ suddiviso in sei capitoli relativi alle
varie esperienze dell‟autore, la cui figura
di protagonista, in realtà, si comporta da
lente di ingrandimento attraverso la quale
si osservano gli eventi scorrere con sem-
plicità e fedeltà storica.
Da un‟Italia che, attenta alla difesa del
“nemico” che veniva dal freddo - cioè
dalla frontiera orientale presso la quale
erano dislocate le divisioni più operative
- sempre nell‟alveo dell‟Alleanza Atlanti-
ca, passa ad un esercito professionale che
viene chiamato là dove la pace lo richie-
de. I racconti, o meglio, il racconto -
perché, in effetti, sembra di trovarsi di
fronte ad un romanzo– sono, a dir poco,
appassionanti ed avvincenti e prendendo
per mano il lettore lo conducono attraver-
so episodi a volte drammatici, a volte
divertenti, ma sempre reali.
Dalle Alpi al Nord Europa, dal Corno
d‟Africa ai Balcani e, infine, nell‟Iraq del
dopo 11 Settembre, come Vice coman-
dante del Corpo d‟Armata multinazionale
(il che la dice lunga sui meriti
dell‟autore), la storia del generale Mariz-
za corre parallela alla storia dell‟Italia,
dell‟Europa, del mondo.
Il primo capitolo è una vera e propria
lezione di geopolitica. Difficilmente è
data la possibilità di leggere la storia in
una maniera così chiara, accattivante,
documentata ed obbiettiva. Soprattutto
“quella” storia. Gli eventi, cioè, che han-
no caratterizzato il periodo immediata-
mente successivo alla caduta del fascismo
nel Friuli – Venezia Giulia. Eventi di
odio razziale, di vendette e di foibe. Ma il
segreto c‟è. Eccome. Ed è svelato dal
fatto che Giovanni Marizza non è solo un
impeccabile e pluridecorato generale de-
gli Alpini, è anche un giornalista, scritto-
re e, dulcis in fundo, insegnante di Geo-
politica all‟Università di Roma “La Sa-
pienza”.
Il sottotitolo del libro recita: “40 anni di
naja alpina”. La naja, si sa, rappresentava
il servizio militare così come “ai nostri
tempi”si faceva. Un servizio obbligatorio,
e al quale tutti dovevano attenersi. La
parola evoca l‟idea della noia, del conto
dei giorni che mancavano al congedo o
della “stecca”, come si definiva in gergo.
Oggi sappiamo, invece, che non erano, e
che non sono stati, giorni sprecati, e cer-
tamente il libro di Gianni Marizza riesce
a ricordarcelo.
Dal quotidiano “La Stampa” - Ottobre 1986
8
VM Gennaio 2011
Domenica 7 dicembre 1941, i giapponesi
lanciarono un attacco a sorpresa contro
le navi USA nella base di Pearl Harbur.
Le foto qui riprodotte, spettacolari e di
alta qualità, sono state scattate da mari-
naio (imbarcato sulla USS QUAPAW
ATF – 110) con una macchina fotografi-
ca “Brownie”, e sviluppate di recente. Vecchia Brownie
9
VM Gennaio 2011
Il numero 36 di “Abruzzo Contemporaneo”
dedicato alla fotografia vuole presentare lo
“stato dell‟arte” delle esperienze sullo studio
del documento iconografico da parte
dell‟Istituto Abruzzese per la Storia della
Resistenza e dell‟Italia Contemporanea.
Il testo parte da due saggi introduttivi di Da-
niela Calanca (Università di Bologna) Foto-
grafie di famiglia e percorsi di ricerca storica
e di Luciana Rocchi (direttrice dell‟Istituto
Grossetano della Resistenza e dell‟Età Con-
temporanea) Argomenti ed esperienze sull’uso
didattico della fotografia
come fonte storica, nei quali vengono presen-
tate riflessioni ed esperienze sull‟utilizzo della
fotografia in ambito storico.
La riflessione sull‟utilizzo dell‟immagine
come strumento per la didattica è sviluppata
nella parte scritta da David Adacher.
L‟immagine viene analizzata in tutti i suoi
aspetti (da quello materico a quello simbolico)
per evidenziarne l‟alto valore testimoniale e il
suo ruolo centrale nella società.
Numerosi esempi facilitano l‟analisi delle
fotografie e conducono “per mano” il lettore.
Il libro è destinato in primis agli studenti, ma
è utile per tutti, in quanto parla della fotografi-
a di famiglia, depositaria delle memorie.
Si afferma che un‟immagine dice più di mille
parole. Nelle istantanee, nei ritratti, nelle foto
di gruppo, si può leggere qualcosa della storia
di quel tempo, sempre che si possieda la
“grammatica”, che si sappia come leggerla.
Questo perché la fotografia non è la realtà,
non riproduce tale e quale a com‟è. Essa è uno
strumento, una fonte, che da un lato è stata
concepita per comunicare, dall‟altro risulta
muta, non dice nulla.
Bisogna interpretare le immagini, avvicinarsi
agli interessi e ai messaggi di chi le ha prodot-
te o ha partecipato con un suo ruolo
all‟evento: come si dovrebbe studiare lo stori-
co prima di cominciare a studiare i fatti, così
occorrerebbe studiare le intenzioni dei creatori
delle immagini prima di
utilizzarle come testimonianze.
L‟album di famiglia è il “protagonista”: non la
foto scattata da un professionista per reporta-
ge, ma quella ad uso personale, che permette
di ritrovare ed individuare.
Anche se piccolo e conservato non bene, un
album è un archivio, uno scrigno, della cui
importanza bisogna essere consapevoli.
La fotografia, sin dal suo apparire, si è diffusa
in tutti gli strati della popolazione, elaborando
forme di comunicazione nuove, e questo an-
che (e soprattutto) per la costante evoluzione
tecnica.
Basti pensare a quali differenze nelle posture
hanno comportato le migliorie nei tempi di
scatto (dalle pose lunghissime all‟istantanea) o
nei riguardi della portabilità degli apparecchi,
tanto per fare due esempi tra i tanti.
L‟invenzione ad opera di George Eastman
della Kodak («Voi schiacciate il bottone, al
resto pensiamo noi» , recitava lo slogan pub-
blicitario) fu poi il definitivo segno del cam-
biamento a livello sociale. Chiunque (ma pro-
prio chiunque!) era capace di scattare una
foto: questo ha permesso una organizzazione
dell‟immagine totale.
La compilazione stratificata del ricordo ha
interessato qualunque gruppo: famiglia, asso-
ciazione, fabbrica…
Mosso da interesse sociale, umano, politico,
economico, l‟uomo dà di sé un‟immagine
(spesso fittizia o ipocrita) che riveste una no-
tevole importanza in quanto segno di identità.
Con l‟album una famiglia trasmette il senso
della continuità generazionale, un gruppo
politico la sua compattezza ideologica, una
fabbrica la propria efficienza e solidità,
un‟associazione il suo carattere antropologico
e/o culturale.
La conoscenza storica per poter portare a dei
risultati validi, deve considerare tutti gli aspet-
ti del contesto in cui l‟immagine è nata, stabi-
lendo una interrelazione tra quello che appar-
tiene al vissuto di una persona e quello che ne
viene rappresentato.
La fotografia, inoltre, ha contribuito alla mo-
dificazione dei rapporti all‟interno del gruppo
famigliare: ne ha plasmato le forme e le rap-
presentazioni; le ha rese pubbliche, facendole
uscire da una sfera eminentemente intima.
L‟affettività, l‟amore, le gerarchie interne
vengono legittimati attraverso l‟immagine,
andando a mutarsi con il cambiare della socie-
tà.
Questi mutamenti ovviamente non sono uni-
voci, costanti, contemporanei, ma variano da
luogo a luogo, da periodo a periodo, da un
ceto all‟altro.
Che si tratti di una persona importante o me-
no, che viva una vita dura o monotona, più o
meno impegnata, il fotografo la trasporta mo-
mentaneamente in un contesto “altro”, di cui
tutti sono consapevoli, come lo sono del fatto
che comunque il codice rappresentativo «non
esprime uno stato mentale, ma lo plasma», per
cui le foto possiedono prerequisiti condivisi,
pur se viste da persone diverse in altre epo-
che, in altri luoghi, con diverse intenzioni.
In altre parole: il trucco c‟è e si vede, ed anzi,
si fa poco o nulla per mascherarlo.
Tante le occasioni di posa, che raccontano la
vita, gli affetti, i momenti più o meno impor-
tanti, più o meno sereni, felici, dolorosi: dalla
nascita alla morte, dal lavoro al tempo libero,
dal battesimo al matrimonio al servizio milita-
re … Il volume riporta le varie tipologie
decodificandone gli elementi, rendendoli frui-
bili, universali.
Occorre agire correttamente in rapporto con la
fonte, ed usarla come documento e non come
orpello; inoltre –ma non in ultimo– bisogna
contribuire a salvaguardare il patrimonio do-
cumentario, servendosi delle risorse digitali
che permettono la conservazione, la documen-
tazione e la veicolazione delle informazioni.
Solo agendo responsabilmente in questa dire-
zione, si potrà ancora in futuro rendere un
servizio civile alla nostra società, che, come
afferma Primo Levi, «Ha perduto la virtù di
osservare, ricordare, commisurare ed espri-
mersi, preferendosi una più comoda mimetiz-
zazione nell‟indifferenza» , sempre più votata
verso l‟immagine virtuale di sé, vuota di reali
–e morali – contenuti.
“La didattica della memoria l’uso della fotografia come fonte storica”
David ADACHER
10
VM Gennaio 2011
- Il Secondo Risorgimento d’Italia -
ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI
DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
INQUADRATI NEI REPARTI REGOLARI
DELLE FORZE ARMATE
(ANCFARGL)
Eugenio Moretti (Genova)
Le vicende della guerra segnarono anche il X° Reggimento Arditi, che
segui la sorte di tanti altri reparti italiani; alcuni si adeguarono alle
clausole dell'armistizio dell'8 settembre 1943, altri continuarono inve-
ce a combattere a fianco dell'ex alleato tedesco.
Per quanto attiene a quanti operarono a fianco degli alleati, l'8 settem-
bre sorprese il I° Battaglione Arditi in Sardegna. Il reparto non subì
sbandamenti restando fermo nella sua efficienza operativa grazie so-
prattutto all'opera del proprio Comandante, il Ten. Col. Guido Bo-
schetti.
Il 12 Settembre, attaccato in forze dai tedeschi che gli intimarono la
resa, contrattaccò, respingendoli sanguinosamente.
Il 19 febbraio 1944 il battaglione sbarcò a Napoli e immediatamente
fu schierato a fianco degli alleati sulla linea del Volturno. Questo av-
venimento segna l'ingresso degli Arditi nel Corpo Italiano di Libera-
zione (C.I.L.).
Il 19 marzo il reparto cambia nome per volere del Gen. Messe e diven-
ta IX Reparto d'Assalto dall'omonima unità che nella Prima Guerra
Mondiale aveva gloriosamente combattuto proprio agli ordini dell'al-
lora Maggiore Messe sui monti Grappa e Col Moschin.
A maggio, al momento dell'avanzata, il IX Reparto d'Assalto è un'uni-
tà organica con poco più di 400 Arditi in tutto così articolata:
• plotone comando
• 4 compagnie arditi: tre d'assalto (102,110,123) e una armi d'accom-
pagnamento (104).
Il reparto, inquadrato nel 68° Reggimento Fanteria del Gruppo di
Combattimento "Legnano" resta al fronte per tutta la durata della guer-
ra.
In pratica il contributo del IX Reparto d'assalto "Col Moschin" nella
guerra di liberazione, dall'8 Settembre 1943 all'8 Maggio 1945, fu,
tenuto conto dell'esiguità del suo organico, particolarmente elevato. Le
perdite totali assommarono a 60 caduti e circa 200 feriti.
Numerosi furono i riconoscimenti ufficiali sia da parte delle nostre
Autorità militari che dei Comandi Alleati. Ricordiamo, oltre alle deco-
razioni al Labaro, una M.O.V.M, 48 tra M.A.V.M. e M.B.V.M, una
Silver Star americana, 7 decorazioni polacche e ripetuti encomi solen-
ni.
Al termine del conflitto, nell'Agosto 1946, il reparto fu sciolto. In
seguito fu donata la Bandiera di Combattimento (anno 1976) al 9°
Battaglione Paracadutisti "Col Moschin" di Livorno ora 9° Reggimen-
to Paracadutisti "Col Moschin".
Per non dimenticare la mia diretta partecipazione mi sia consentito il
seguente aneddoto:
inizio primavera „45, ci sono ordinate azioni di disturbo nella zona
della linea Gotica (che sarà poi teatro finale con sfondamento linea
nemica - e liberazione città Bologna).
Nelle primissime ore del mattino del 10 aprile preceduti da nutriti
fuochi di artiglieria, diretti da un valido osservatore, il sottotenente
Poli, (Presidente nazionale ANCFARGL) iniziano gli attacchi ai due
obbiettivi prefissati: Parrocchia di Vignale e Quota 459 che sono posi-
zioni fortificate e contornate da campi minati.
La 110ma compagnia con obiettivo Parrocchia di Vignale al comando
dei S.Ten Manenti e Ten. Gagliardi, e la 123° compagnia con obiettivo
Quota 459 Sot.Ten. Palma e Schiavoni. Cruenti furono i combattimen-
ti con accesi corpo a corpo; grande abnegazione del S.Ten. Manenti
che, incappato su di un campo minato nel tentativo di salvare un suo
ardito dalla morsa delle mine, resta colpito mortalmente dallo scoppio
di un ordigno.
Nel contempo il giovane marconista Caporale Moretti avuto l'apparato
radio portatile colpito da schegge sia al vano porta batteria che al la-
ringofono, lo ripara sotto il fuoco dei mortai e riesce a trasmettere in
radiotelegrafia la richiesta di annebbiare il fronte per poter ripiegare i
reparti che hanno portato a termine l'azione.
L'esito glorioso delle due azioni non è stato incruento e sette morti più
una quindicina di feriti di cui alcuni gravi, è stato il tributo del IX
Reparto d'Assalto.
La mattina del 21 Aprile il Gen. Utili seguìto dalla bandiera del IX
Rep. d'assalto entra in Bologna da Porta S. Stefano tra una fitta ala di
folla festante.
9° reggimento “Col Moschin”
(Immagini dal Web)
11
VM Gennaio 2011
UNA GRANDE REALTA’ AQUILANA
CHE IL TERREMOTO DEL 6 APRILE 2009 NON HA SPENTO.
L’ORGOGLIO, L’ENTUSIASMO E LA VOGLIA DI CONTINUARE
DEI DONATORI DI SANGUE DEL VAS DI L’AQUILA
VOLONTARI ABRUZZESI DEL SANGUE
Non tutti sanno che l‟associazione dei VO-
LONTARI ABRUZZESI SANGUE, meglio
conosciuta come VAS, è stata fondata a
L‟Aquila l‟8 Maggio 1954 da uno sparuto
numero di persone ed alcuni “quatrani” (in
italiano ragazzi) colmi d‟entusiasmo e tanta
voglia di fare che tra le tante doti possedute
ne prevaleva una “l’ALTRUISMO”. Sono
trascorsi molti anni dal lontano giorno della
nascita e di strada se ne fatta tanta, anzi tan-
tissima, e lo spirito di sempre non è mai
venuto meno. Neppure in quella terribile
notte, che in 30 secondi ha cambiato la no-
stra vita e la nostra realtà, si è aperto il sipario
di un mondo sconosciuto ed è iniziato un
nuovo modo di vivere e di relazionarsi. Si, è
vero, abbiamo provato il terrore, lo sgomen-
to, la disperazione, l‟angoscia, la paura di
non farcela. Abbiamo perduto tutto ma non ci
siamo rassegnati, anzi credo che stiamo per
avere ragione su tutte le avversità grazie alla
nostra caparbietà ed al sostegno morale e
materiale dei donatori di sangue di tutta
l‟Italia appartenenti alla FIDAS (Federazione
Italiana Associazioni Donatori San-
gue). Dall‟alba del 6 Aprile 2009 già alcuni
nostri donatori si sono recati all‟ospedale San
Salvatore di L‟Aquila pronti a donare il san-
gue, ma il centro trasfusionale così come
l‟intero ospedale erano praticamente distrut-
ti, tutto era difficile e complicato. Non c‟era
più niente neppure i malati che erano stati
trasferiti in altri nosocomi della regione o
altrove. Anche la sede storica non era più
disponibile e quindi i donatori avevano per-
duto anche il luogo di riferimento. Prima del
fatidico giorno eravamo in città più di 3.000
donatori attivi e sfioravamo le 5.500 dona-
zioni annue E‟ stata durissima ma
solo dopo qualche giorno, ormai
sfollati quasi tutti sulla costa
abruzzese, ci siamo riorganizzati e
molti di noi hanno continuato a
donare il sangue nei luoghi ove,
nostro malgrado, risiedevamo. A
L‟Aquila, grazie ad una grandis-
sima dimostrazione di solidarietà
e generosità da parte e soprattutto
dei nostri amici del Friuli, è stato
possibile ricominciare a donare il
sangue in quanto da Udine ci è
stata messa subito a disposizione
un‟autoemoteca (molto grande, un
TIR) che è restata in città per
alcuni mesi. Grazie alla FIDAS
Nazionale abbiamo in uso un con-
tainer e quindi una sede temporanea che sarà
utilizzata fino a quando avremo in dono, da
parte dei generosissimi Friulani, una sede
definitiva che sarà terminata entro il prossimo
mese di aprile . Ma non basta perché dal mese
di novembre 2009 la FIDAS Nazionale ci ha
donato un‟autoemoteca che, dopo un lungo
iter burocratico per la regolarizzazione ed il
collaudo per renderla operativa, da qualche
mese ci consente di raccogliere il sangue
anche in luoghi lontani ed isolati della pro-
vincia. Tutto ciò ci ha aiutato fortemente e ci
aiuta ancora tanto da infondere in noi un cau-
to ottimismo per tornare al più presto ai livelli
di prima. Ci siamo vicini, ma abbiamo anco-
ra molta strada da percorrere, che è anche
particolarmente impervia, ma ciò non ci spa-
venta anzi ci stimola. Stiamo riconquistando
giorno per giorno la perduta fiducia e stiamo
anche riprendendo la forza per farcela. Ce la
faremo, ne sono sicuro, i segnali sono con-
fortanti. Alla fine dell‟anno 2010 ci siamo
ritrovati in città in oltre 2300 do-
natori ed abbiamo effettuato circa
4300 donazioni, credo sia vera-
mente un buon recupero.
Anche il Centro Trasfusionale
dell‟Ospedale S. Salvatore è in
una sede provvisoria e quindi le
donazioni di sangue e/o di plasma,
piastrine ecc. vengono effettuate
ancora in una situazione piuttosto
precaria ma noi, per nulla intimi-
diti, continuiamo imperterriti per
la nostra strada. Ci piacerebbe che
anche i nostri giovani, così dura-
mente colpiti, si avvicinassero a
noi per compiere questo semplice
gesto estremamente importante
per tutti. La nostra è una popola-
zione molto forte ed orgogliosa e
quindi quella che è divenuta nel
tempo una tradizione non si per-
derà, anzi sicuramente si incre-
menterà. I padri continueranno ad
essere donatori e lo diverranno
anche i figli così come è avvenuto
da circa 60 anni ad oggi. Essere
donatore o meglio divenirlo è
semplice, basta contattarci nella
nostra sede provvisoria collocata
attualmente nel container ubica-
to nell‟Ospedale Civile San Sal-
vatore di L‟Aquila. Non dovete
aver paura, non è doloroso e nep-
pure pericoloso, fa solo bene ed
abbiamo tanto bisogno di
VOI……
Luciano PICCHIONI
Consigliere Direttivo Provinciale V A S
La sede temporanea nel Container
Autoemoteca donata dalla
Federazione Italiana Donatori del Sangue
L’edificio che ospiterà la sede definitiva pronta
ad aprile, dono dei “donatori” friulani
12
L’Associazione Culturale VOX MILITIAE
si propone di:
Catalizzare le persone che condividono i Valo-
ri della Società Militare;
Diffondere la cultura e il ruolo dei militari
nella Nazione che cambia;
Condividere momenti di vita (Solidaristico-
Ricreativo) con persone che hanno identicche
motivazioni;
Fornire ai soci assistenza e consulenza giuridi-
ca e amministrativa.
La partecipazione è aperta a tutti coloro che vo-
gliono far sentire la loro voce. Gli articoli investo-
no la diretta responsabilità degli autori e ne ri-specchiano le idee personali, inoltre devono essere
esenti da vincoli editoriali. Di quanto scritto da
altri o di quanto riportato da organi di informazio-ne occorre citare la fonte. La redazione si riserva
di sintetizzare gli scritti in relazione agli spazi
disponibili; i testi non pubblicati non verranno restituiti.
Contattateci tramite telefono: 320.1108036;
E-Mail: [email protected].
ASSOCIAZIONE CULTURALE
VOX MILITIAE
QUOTA ASSOCIATIVA
ANNO 2011 € 25,00
CI SI ASSOCIA INVIANDO DOMANDA, CORREDATA DEI DATI ANAGRAFICI A:
ASSOCIAZIONE CULTURALE
VOX MILITIAE
Via Puglia, 18 – 67100 L’AQUILA
Il versamento della quota associativa per i
nuovi soci ed il rinnovo della tessera per gli associati può essere effettuato sul C/C Bancario
n. 104934 intestato a :
“Associazione Culturale VOX MILITIAE” CARISPAQ di L‟Aquila, sede Centrale
CODICE IBAN
IT71I0604003601000000104934
VOX MILITIAE
DIRETTORE GENERALE
Raffaele Suffoletta
DIRETTORE RESPONSABILE
Alessia Di Giovacchino
COORDINATORE
Gianluca Romanelli
Hanno collaborato
Adacher Davide, Coltrinari Massimo, Di
Ventura Vito, Papi Giovanni,
Impaginazione e grafica
TIPOGRAFIA
LA ROSA – Via Costa di Bagno Piccolo 67042 L’Aquila
Autorizzazione Tribunale di L‟Aquila N. 480 del 21.11.2001
VOX MILITIAE
Tel. 320.11.08.036
Stampato il 28 gennaio 2011
Spedito il 31 gennaio 2011
VM Gennaio 2011
promuove seminari, convegni su tematiche socio sanita-
rie e culturali;
organizza corsi di informatica per le persone anziane;
offre assistenza fiscale, di patronato e di tutela dei con-
sumatori;
assistenza legale;
segretariato sociale;
provoca occasioni d’incontro mirati agli interscambi
generazionali;
organizza il tempo libero attraverso gite con obiettivi
storico – culturali - ricreativi e giornate ludiche;
AIUTACI AD AIUTARTI
VIENI a trovarci nei container in Via Fioretta, S.R. 17 bis
Km. 2+290–Paganica(AQ)-
INVIA una e-mail: [email protected] –
ASSOCIAZIONE
PER I DIRITTI DEGLI ANZIANI
«L’AQUILA»
ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO
fondata per fini di utilità sociale - legge 66/91
AUGURI VIVISSIMI
al Nuovo Capo di Stato Maggiore della Difesa
Generale di Corpo Armata Biagio ABRATE
CIAO!
VIGNA DI VALLE,
- 18 GENNAIO 2011 -
Alla presenza del presidente
della Repubblica, Giogio Napo-
litano e del Ministro della Dife-
sa, Ignazio La Russa si è svolta
la cerimonia del passaggio di
consegne nella carica di Capo di
Stato Maggiore della Difesa tra
il Gen. Vincenzo Camporini,
che lascia il servizio, e il Gen.
Biagio Abate che subentra
nell‟incarico.
Io sono Mariasole,
nata a L’Aquila il 19 ottobre 2010 ore 13.55;
la mia Mamma si chiama Alessia Maria D‟Andrea,
il mio papà si chiama Marco D'Ascenzo.