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Cava di Terreni da Riempimento “Gerazza” Procedura di verifica “Screening” Comune di Castell’Arquato Studio Lusignani Servizi di geologia ingegneria ed ambiente Piacenza 50 Vulnerabilità alla liquefazione Benché i depositi ghiaiosi siano saturi d’acqua a 6 metri di profondità, in conformità a quanto riportato in “Liquefaction resistence of soils: Summary Report from the 1996 NCEER and 1998 NCEER/NSF workshops” (YOUD e IDRISS, Jour. Geotech. & Env. Eng., april 2001), essi non sono soggetti al rischio di liquefazione indotta da sollecitazioni sismiche dal momento che i valori delle onde di taglio Vs1 (normalizzati alla pressione atmosferica: cfr. tabella allegata) sono superiori al valore di soglia di 215 m/s.

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Cava di Terreni da Riempimento “Gerazza” Procedura di verifica “Screening” Comune di Castell’Arquato

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Piacenza

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Vulnerabilità alla liquefazione

Benché i depositi ghiaiosi siano saturi d’acqua a 6 metri di profondità, in

conformità a quanto riportato in “Liquefaction resistence of soils: Summary Report

from the 1996 NCEER and 1998 NCEER/NSF workshops” (YOUD e IDRISS,

Jour. Geotech. & Env. Eng., april 2001), essi non sono soggetti al rischio di

liquefazione indotta da sollecitazioni sismiche dal momento che i valori delle onde

di taglio Vs1 (normalizzati alla pressione atmosferica: cfr. tabella allegata) sono

superiori al valore di soglia di 215 m/s.

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CARATTERISTICHE GIACIMENTOLOGICHE

I depositi dell’area in esame sono riconducibili al Quaternario continentale

costituenti il ripiano subpianeggiante rilevato di alcuni metri rispetto all'alveo

attivo del T. Arda. Trattasi di Alluvioni Antiche Oloceniche (cfr. “Unità di Modena”

e “Subsintema di Ravenna” della nuova Carta Geologica della Pianura), la cui

genesi è legata alla formazione della conoide alluvionale del Torrente. Si è in

presenza di una coltre alluvionale costituita da ghiaie a matrice variamente limo-

argillosa localmente alterate al tetto. Gli elementi risultano relativamente minuti

(max 25 cm) che litologicamente rispecchiano le caratteristiche delle formazioni

presenti nell'alto bacino del corso d’acqua stesso.

Ai fini della valutazione delle potenzialità quali-quantitative del giacimento,

nell’area di cava, è stata condotta una campagna geognostica attraverso

l’esecuzione di 496 trincee a mezzo escavatore idraulico; è stato così possibile

definire con accuratezza lo spessore della coltre di copertura che ricopre il banco

ghiaioso e quindi valutarne la potenzialità utile estraibile.

Dalle indagini eseguite si è potuto verificare che al di sotto di una coltre di

copertura limoso-argillosa7 dello spessore variabile da 0,80 m a 3.4 m (medio

calcolato 2,1m) è presente un livello ghiaioso, maggiormente alterato al tetto, in

matrice limosa (spessore medio 1,9 m).

Sulla base dei dati litostratigrafici puntuali così ottenuti è stato possibile

ricostruire le isobate (uguale profondità) dell’orizzonte ghiaioso oggetto di futura

escavazione. La ”CARTA DEL TETTO DELLE GHIAIE” scala 1:1.000 (ALL n°12) ha lo

scopo di fornire un quadro di sintesi dell’assetto stratimetrico dell’area di

intervento.

Dall’analisi di tale elaborato è emerso come, nella porzione centro

occidentale (nei pressi di Cascina Gerazza) e nord orientale della cava, i materiali

limo argillosi di copertura superino anche i 3 metri di spessore. Tale ingente

spessore, in riferimento alla profondità massima di scavo8, ha portato ad

escludere tali aree dall’attività di escavazione vera e propria; nelle fasi di

rimodellamento della cava, tali superfici, saranno interessate unicamente la lievi

livellamenti al fine di raccordarsi con il nuovo piano di campagna previsto dal

progetto di recupero ambientale.

I sopra riportati valori sono stati presi da riferimento per quantificare le

volumetrie utili estraibili dalla cava.

6 di cui 7 eseguite dal dott. Geol. D. Barbano nel 1992 e 42 eseguite appositamente per la

realizzazione del presente studio nel 2012 7 comprensiva dello spessore di terreno agrario valutato in circa 0,6m

8 4 m

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CARATTERISTICHE GEOTECNICHE DEI TERRENI

Come evidenziato nella stratigrafia di un pozzo irriguo approfondito fino a

102 m, ed ubicato immediatamente a Nord-Est dell’area di intervento, entro i primi

25 metri di profondità il sottosuolo è costituito da prevalenti ghiaie; più oltre e fino

alla massima profondità raggiunta dal pozzo, il sottosuolo è costituito da argille e

marne, intercalate tra m 50 e m 55 e tra 100 e m 102 da banchi ghiaiosi acquiferi.

Ciò premesso, al fine di verificare le caratteristiche geotecniche del

sottosuolo che sarà interessato dagli scavi, si è eseguita una prova

penetrometrica statica nell’area in esame.

Fig. n°37

Prova penetrometrica statica CPT

La prova è stata condotta con penetrometro tipo GOUDA da 10 tonn

attrezzato con punta meccanica, le cui caratteristiche standard (a Norme A.G.I.)

sono:

- lunghezza aste 1 m

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- peso fisso "esterno" 10 kg - peso totale aste 6.5 kg/m - peso aste interne 1.38 kg/m - velocità di avanzamento costante V=2 cm/sec (± 0.5 cm/sec)

Le dimensioni di punta/manicotto"Begemann"(ISSMFE1974) sono:

- diametro di base del cono: Ø = 35.7 mm - area della punta conica: Ap = 10 cmq - angolo apertura del cono: ß = 60° - superficie laterale manicotto: Am = 150 cmq - lunghezza manicotto: h = 133 mm - diametro del manicotto: ø = 35.7 mm

La prova penetrometrica statica CPT con punta meccanica consiste nella

misura della resistenza alla penetrazione di una punta di dimensioni e

caratteristiche standardizzate, infissa nel terreno a velocità costante (v=2 cm/s ±

0.5 cm/s); la penetrazione avviene con un dispositivo di spinta (martinetto

idraulico) opportunamente ancorato al suolo, che agisce su una batteria doppia

di aste (esterne cave e interne piene coassiali), alla cui estremità inferiore è

collegata la punta.

Lo sforzo necessario per l'infissione viene determinato a mezzo di un

opportuno sistema di misura, collegato al martinetto idraulico: la punta conica (di

tipo telescopico) è dotata di un manicotto laterale (punta/manicotto tipo

"Begemann").

Nel corso della prova si sono rilevate ogni 20 cm le seguenti letture

manometriche:

-L1= resistenza richiesta per l’avanzamento della sola punta penetrometrica (di

sezione conica standard pari a 10 cmq.); -L2= corrispondente alla resistenza dovuta al successivo avanzamento della

punta e del manicotto (di superficie laterale standard pari a 150 cmq)

Risulta quindi:

- resistenza unitaria di punta: qc = L1 / 150 kg/cmq

- resistenza unitaria laterale:fs= 10x(L1 – L2) / 150 kg/cmq

I valori unitari della resistenza di punta qc sono stati normalizzati ai valori

qc1N con la relazione (cfr. ROBERTSON & WRIDE, 1998):

qc1N = CQ x (qc/Pa)

ove: Pa = 1 atm

CQ = (Pa ’vo)n essendo ’vo la pressione geostatica effettiva alla

profondità di prova, ed n un coefficiente che varia (cfr. OLSEN, 1997) da 0,5 (per

terreni granulari) a 1,0 (per terreni ricchi di fine argilloso).

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Il valore di qc1n viene quindi definito con procedimento iterativo,

assumendo un valore iniziale n=1,0 in base al quale vengono calcolati i

parametri:

Q = ((qc - ’vo)/Pa) x ((Pa/ ’vo)n)

F = (fs/( qc - ’vo)) x 100%

Ic = ((3,47 - log(Q))2 + (1,22 + log(F))2)0,5

In base ai summenzionati parametri si determina quindi, con l’allegato

abaco di ROBERTSON, la granulometria del terreno indagato (procedendo, se

del caso, ad una successiva rivalutazione di qc1N e dei parametri medesimi).

In base al diagramma della prova CPT P1 il sottosuolo è stato quindi

suddiviso9 in diversi orizzonti omogenei.

Al di sotto di una coltre limosa superficiale di circa 0,8 m di spessore, il

sottosuolo è rappresentato da argille limose fino a –1,8 m di profondità,

caratterizzate da valori medi di qc compresi tra 15 e 20 kg/cmq.

Al di sotto è stato rintracciato il substrato ghiaioso con presenza di ciottoli

di eterogenea resistenza (con picchi pari a qc>200 kg/cmq), entro cui è stato

raggiunto il rifiuto all’infissione a circa -3,8 m dal p.c..

Il foro di sondaggio si è rivelato asciutto in quanto la falda giace a

profondità maggiore di quella indagata.

Parametri geotecnici desunti dalla prova CPT

In base alla prova CPT,al di sotto del suolo agrario e della coltre aerata e

alterata dagli apparati radicali di 0,6 m di spessore complessivo, il sottosuolo

coesivo di natura argillosa, è caratterizzato da valori di coesione non drenata cu

= 0,9 kg/cmq e da un angolo di attrito a volume costante ’=22°.

Il substrato incoerente ghiaoso in matrice limosa, individuato a –1,8 m di

profondità è caratterizzato da un angolo d’attrito a volume costante cv = 31°.

9 in base alla loro granulometria e resistenza

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MODELLO GEOTECNICO DEL SOTTOSUOLO

SUOLO

Spessore medio : 0,6 metri

Peso di volume naturale sopra falda: = 1,9 tonn/mc

Coesione non drenata cu = 0,5 Kg/cmq

ARGILLA LIMOSA

Spessore medio : 1,4 metri

Peso di volume naturale sopra falda: = 2,0 tonn/mc

Coesione non drenata cu = 0,9 Kg/cmq

Angolo di Attrito drenato ’ ~ 22°10

Modulo Edometrico minimo Eed= 245 Kg/cmq

GHIAIE IN MATRICE LIMOSA

Spessore: oltre 3 metri

Peso di volume naturale sopra falda: = 1,7 tonn/mc

Coesione non drenata cu =0 Kg/cmq

Angolo di Attrito di picco p = 43°

Angolo di Attrito a volume costante cv = 31°

Foto n°4: Le ghiaie in matrice limosa presenti nella cava

10

Cautelativamente ridotto rispetto a quanto emerso dalla prova CPT eseguita in quanto in presenza dell’alto grado di sovraconsolidazione del materiale.

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VERIFICA DI STABILITA’ SCARPATE DI SCAVO

Stabilità Fronti di Scavo e di Abbandono

Le verifiche analitiche sono state svolte col metodo dell'equilibrio limite ed

in particolare applicando le formule proposte da Fellenius, Bishop (semplificato) e

Jambu (semplificato) a reticolo di centri.

Le procedure di analisi di stabilità di seguito proposte consistono nella

stima di un coefficiente di sicurezza alla traslazione e/o alla rotazione del volume

di materiale compreso fra la scarpata di scavo ed una superficie di taglio

potenziale imposta.

Il calcolo prende in considerazione tutte le forze e/o i momenti agenti

lungo questo piano di taglio, fornendo una valutazione della stabilita' della

scarpata attraverso le equazioni d'equilibrio fornite dalla statica.

Il coefficiente di sicurezza globale del pendio/scarpata viene calcolato

attraverso il rapporto fra la resistenza di taglio massima disponibile lungo la

superficie di rottura e gli sforzi tangenziali mobilitati lungo tale piano:

Metodo Janbu (semplificato).

Con il metodo di Janbu semplificato si pone la condizione che le forze

verticali agenti sulle superfici di separazione dei conci siano trascurabili; i singoli

conci interagiscono fra di loro quindi solo attraverso forze orientate lungo

l'orizzontale.

Questo metodo, a differenza di quello di Bishop, consente di verificare

superfici potenziali di scivolamento di forma qualsiasi.

La resistenza al taglio massima disponibile lungo la superficie potenziale di

rottura e' data, per ogni singolo concio, da:

Ti max = Xi / (1+Yi/Fs);

dove

Xi = [c+(g x h-gw x hw ) x tg ] x [1+(tg 2)] x dx

gw = peso di volume dell'acqua;

hw = altezza dell'acqua sulla base del concio;

dx = lunghezza del concio lungo l'orizzontale;

= inclinazione del concio sull'orizzontale.

Yi = tg x tg

La resistenza al taglio mobilitabile lungo il piano di taglio e' per ogni concio data

da:

Ti mob = Zi

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Dove

Zi = g x h x dx x tg

Il coefficiente di sicurezza del pendio viene espresso come segue:

Fs = (i=1-n)Ti max / (i=1-n)Ti mob

Sollecitazioni sismiche.

Al fine di considerare l’influenza delle sollecitazioni sismiche sulla stabilità

delle scarpate si è utilizzato il metodo pseudostatico che ipotizza l’azione di un

sisma come un sistema di forze sul pendio di intensità e verso costante per tutta

la durata dell’evento sismico. Questo metodo presenta il vantaggio di essere di

facile applicazione in quanto gli unici dati richiesti in questo caso sono

l’accelerazione sismica massima orizzontale

Nel caso in esame, come già esplicitato nel precedente capitolo “Sismicità” il

suolo può essere ascritto alla categoria C “Depositi di sabbie e ghiaie

mediamente addensate o di argille a media consistenza con spessori variabili fra

diverse decine fino a centinaia di metri; l’accelerazione massima orizzontale

nell’area indagata risulta quindi :

amax = ag x S = 0,111 x 1,2 = 0,133 g

Ciò premesso la valutazione dell’effetto di un sisma sulla stabilità di una

scarpata o di un versante viene effettuata supponendo che, durante l’intervallo di

tempo in cui si ha la manifestazione dell’evento sismico, su ogni singolo concio

venga applicata una forza orizzontale, applicata al baricentro del concio e diretta

verso l’esterno, di modulo uguale a:

icsismaWkF

dove

kc = coefficiente sismico dato da 0,5 Ago S ;

W = peso del concio i-esimo.

Nella verifica verrà tenuto conto anche dell’azione sismica verticale, da

porre uguale, secondo la Normativa Sismica, a 0.5 Fsisma.

Nella stima del coefficiente di sicurezza la forza sismica calcolata va quindi

aggiunta alle forze instabilizzanti.

isismaisismainstab

stab

s

sinFFForze

ForzeF

5.0cos

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Il coefficiente di sicurezza del pendio viene espresso come segue:

Fs = (i=1-n) Ti max / (i=1-n)Ti mob

DM 14 gennaio 2008

In base alle Nuove Norme Tecniche sulle costruzioni”, di cui al D.M.14

gennaio 2008, la verifica di sicurezza di un profilo o fronte di scavo (cfr. paragr.

6.8.6. pag. 270 del D.M. citato), “deve essere condotta con modalità analoga a

quella indicata per i manufatti di materiali sciolti”, di cui al paragr. 6.8.2 pag. 268

del D.M. medesimo.

Il progetto deve tener conto dell’esistenza di eventuali sovraccarichi in

prossimità dello scavo e deve esaminare l’influenza dello scavo sul regime delle

acque superficiali; inoltre le azioni dovute al terreno, all’acqua e ai sovraccarichi,

anche transitori, devono essere tenute in debito conto in modo da pervenire alle

condizioni più sfavorevoli.

Le verifiche infine, devono essere condotte nei confronti degli stati limite

ultimi (ed in particolare allo stato limite di salvaguardia della vita SLV) e devono

essere effettuate secondo l’Approccio 1, Combinazione 2: (A2 + M2 + R2),

tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.8.I.

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Parametri geotecnici del sottosuolo utilizzati

SUOLO

Spessore medio : 0,6 metri

Peso di volume naturale sopra falda: = 1,9 tonn/mc

Coesione non drenata cu = 0,5 Kg/cmq

ARGILLA LIMOSA

Spessore medio : 1,4 metri

Peso di volume naturale sopra falda: = 2,0 tonn/mc

Coesione non drenata cu = 0,9 Kg/cmq

Angolo di Attrito a volume costante ’ ~ 22°

Modulo Edometrico minimo Eed= 245 Kg/cmq

SOTTOSUOLO INCOERENTE GHIAIOSO

Spessore: oltre 3 metri

Peso di volume naturale sopra falda: = 1,7 tonn/mc

Coesione non drenata cu =0 Kg/cmq

Coesione apparente11 c’=0,2 Kg/cmq

Angolo di Attrito di picco p = 43°

Angolo di Attrito residuo r = 31°

11

L’umidità naturale contenuta in un deposito incoerente è definita “umidità di contatto”; la tensione superficiale che si genera spinge i granuli gli uni contro gli altri con una forza P nota come ”pressione di contatto”. L’aderenza prodotta da tale pressione fa si che i materiali costituenti il deposito incoerente sembrino dotati di una certa coesione definita “apparente”. Detta coesione non appena l’ammasso viene saturato o subisce essiccazione si annulla. L’effetto meccanico di questo fenomeno dipende dalla densità relativa del deposito; se questa è alta la coesione apparente è tale da conferire all’ammasso una resistenza di taglio tale per cui le scarpate possono, sul breve termine, mantenersi in condizoni di equilibrio anche con elevati angoli di scarpa (vedi “Terzaghi Peck” – Geotecnica UTET 1979).

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Verifiche stabilità dei fronti di scavo in fase di esercizio (breve termine).

Considerando le modalità di scavo che prevedono la realizzazione di

splateamenti di max 2,5 metri di altezza, al fine di individuare la pendenza da

conferire al solo fronte di scavo attivo, di seguito si sono eseguite verifiche di

stabilità incrementando progressivamente l’angolo di scarpa del gradone e

considerando la presenza di un sovraccarico, posizionato sul ciglio superiore del

fronte attivo, esemplificativo della presenza di un escavatore12 di 23.000 Kg.

Fig. n°38: Superfici di scivolamento verificate

Tab. n°6: Caratteristiche della superficie critica.

Metodo di calcolo: Jambu sempl.

Normativa di riferimento D.M.14/1/08

Approccio 1

Combinazione 2 A2+M2+R2

Superfici di taglio considerate 50

Coef. di sicurezza minimo: 1.1

Numero conci: 10

Acc.sismica orizzontale (g): -

Acc.sismica verticale (g): -

Sulla base dei criteri e dei parametri sopraindicati sono state predisposte

le sezioni e i relativi calcoli così come previsto dal D.M. 14 gennaio 2008.

A commento dei risultati ottenuti si può osservare come il coefficiente di

sicurezza risulti, per tutte le sezioni verificate, ben al di sopra del minimo richiesto

dalla sopraccitata normativa (Fs 1,1).

12

tipo Cat 323 Hp140

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In fase di escavazione quindi i fronti di scavo attivi, a seguito delle verifiche

effettuate, potranno quindi conservarsi stabili anche con scarpate pressochè

verticali purchè di altezza massima non superiori a 2,5 metri ed in assenza di

infiltrazioni idriche che possano compromettere le caratteristiche geotecniche dei

materiali. Sul medio termine nel caso in cui l’attività di scavo si dovesse spostare

in altra porzione di cava o dovesse essere sospesa la coltivazione nei periodi

invernali13 si dovrà provvedere a riprofilare temporaneamente i fronti con

inclinazione non superiore a 32°.

Fig. n°39: Superficie critica emersa dai calcoli

Tab. n°7: Parametri geometrici della superficie critica.

Conci Lungh.(m) In.base(°) Volume(mc)

1 0.26 1.8 0.04

2 0.26 7.6 0.115

3 0.27 13.5 0.184

4 0.28 19.5 0.245

5 0.29 25.8 0.298

6 0.31 32.4 0.341

7 0.34 39.5 0.37

8 0.39 47.5 0.343

9 0.48 57.1 0.254

10 0.82 71.5 0.101

13

L’attività è di norma sospesa nei mesi caratterizzati da maltempo

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Verifiche stabilità dei fronti profilati a 32°.

Sulla base dei criteri e dei parametri sopraindicati sono state predisposte

le sezioni e i relativi calcoli anche per i fronti temporaneamente abbandonati o

comunque perimetrali alla cava; a commento dei risultati ottenuti si può osservare

che le pendenze previste dal presente progetto (32°) sono ampiamente

cautelative al fine di una loro idonea stabilità a lungo termine.

Tab. n°8: Caratteristiche della superficie critica.

Metodo di calcolo: Fellenius

Normativa di riferimento D.M.14/1/08

Approccio 1

Combinazione 2 A2+M2+R2

Superfici di taglio considerate 50

Coef. di sicurezza minimo: 1.63

Numero conci: 10

Acc.sismica orizzontale (g): 0,13

Acc.sismica verticale (g): 0,07

Tab. n° 9: Parametri geometrici della superficie critica.

Conci Lungh.(m) In.base(°) Volume(mc)

1 0.78 2.2 0.177

2 0.78 6.9 0.505

3 0.79 11.6 0.783

4 0.81 16.4 1.009

5 0.83 21.4 1.179

6 0.87 26.5 1.287

7 0.91 31.8 1.327

8 0.98 37.5 1.285

9 1.07 43.7 0.987

10 1.22 50.6 0.366

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Fig. n°40: Superfici di scivolamento calcolate con angolo di scarpa fronte pari a 32°

Fig. n°41: Superficie critica emersa dal calcolo angolo di scarpa fronte pari a 32°

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ASPETTI IDROGEOLOGICI Inquadramento Idrografico

L’elemento idrografico saliente è rappresentato dal T.Arda che svolge il suo corso

ad Est dell’area oggetto di futura escavazione. Risulta opportuno sottolineare

che le portate del corso d’acqua sono condizionate dall’effetto di laminazione

generato dalla diga di Mignano; trattasi di opera posta a circa 20 km a monte di

Fiorenzuola realizzata fra gli anni 1926 e 34. Il lago artificiale ha attualmente una

capacità di massimo invaso di circa 14 milioni di mc e una superficie di 81 ha.

Come gli altri principali corsi d’acqua che solcano il nostro Appennino, il

Torrente presenta gran parte del suo percorso orientato verso NE come diretta

conseguenza del recente sollevamento della zona appenninica che ha favorito il

deflusso delle acque superficiali in senso ortogonale al suo asse (vedi fig. 42)

Fig. n°42: Sviluppo del reticolo idrografico con evidenziate le più significative deviazioni anomale

della direzione di flusso (da Marchetti G. Dall’Aglio P.L. 1980)

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Dalla figura sopra riportata si nota come un km circa a monte dell’area di

intervento il T.Arda presenti un gomito di deviazione fluviale all’altezza di

Lusurasco.

La rete tributaria del corso d’acqua principale ha regime effimero

prettamente stagionale ed è caratterizzata da una serie di canali artificiali a cui si

devono aggiungere gli svariati fossi di ruscellamento attivi solo in occasione di

eventi meteorici particolarmente intensi e/o concentrati.

Fig. n°43: Stralcio Carta dell’idrografia di superficie

Per la maggior parte detta rete idrica minore è frutto degli interventi di

miglioramento fondiario, operati in special modo al fine di assicurare ai terreni

agricoli della zona, sufficiente e regolare drenaggio nei periodi di pioggia e una

adeguata dotazione di acque irrigue nei mesi asciutti dell’estate (vedi ALL. n°9

“CARTA DELL’IDROGRAFIA DI SUPERFICIE” scala 1:5.000).

Di un certo rilievo, fra i corsi d’acqua minori è sicuramente il Canale della

Sforzesca che scorre, con direzione all’incirca nord-sud, alcune centinaia di metri

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ad est dell’area di intervento dalla cui derivazione, nei pressi di C.na Remondini,

viene alimentato il Rio degli Agazzi. Questo ultimo corso d’acqua, facente parte

anch’esso della rete di distribuzione del Consorzio di Bonifica di Piacenza,

delimitata la cava lungo il suo confine occidentale; il suo alveo naturale è stato

recentemente rettificato e attualmente coincide con una canaletta in CLS.

Foto n°5: Il rio degli Agazzi nei pressi della cava

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Si fa presente che l’area non è solcata da corsi d’acqua meritevoli di tutela

paesaggistica ne è prevista l’installazione di impianti fissi per le lavorazioni e

trasformazioni connesse all'attività estrattiva e di conseguenza anche impianti di

trattamento acque reflue con l’allontanamento dei relativi scarichi.

Foto n°6: Il canale della Sforzesca nei pressi dell’area di intervento

L'attuale buona efficienza della rete idrica presente sul territorio indagato

sarà salvaguardata ed assicurata anche durante le fasi coltivazione della cava;

l’impatto dell’attività in progetto sul reticolo idrografico esistente è da considerarsi

pressochè nullo.

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Inquadramento Idrogeologico

I recenti studi condotti dalla R.E.R. tramite il progetto CARG, hanno

portato ad una nuova definizione dei depositi pleistocenici ed olocenici della

pianura emiliano-romagnola, finalizzata alla caratterizzazione degli acquiferi

principali, basata su un’attenta verifica delle stratigrafie dei pozzi idrici e sui

caratteri petro-geologici dei depositi stessi.

Il sottosuolo del bacino padano è caratterizzato da tre Gruppi Acquiferi

separati da un livello geologico basale pressoché impermeabile di estensione

regionale, informalmente denominati a partire dal superiore Gruppo Acquifero A,

B e C (“Riserve idriche sotterranee” RER G. Di Dio, 1998); queste tre Unità Idro-

Stratigrafiche Sequenziali (UIS), affiorano sul margine meridionale del Bacino

Padano e si immergono verso Nord al di sotto dei sedimenti deposti dal fiume Po

e dai suoi affluenti nell’Olocene (ultimi 20.000 anni circa): di norma i corpi

geologici che fungono da serbatoio idrico sono costituiti da sedimenti ghiaiosi e

sabbiosi di origine deltizia, litorale e alluvionale, deposti dai fiumi appenninici a

partire da circa 3,5 milioni di anni fa.

Fig. n°44: Schema stratigrafico del margine appenninico e della pianura emiliano-romagnola (da

“Riserve Idriche Sotterranee – RER – Gianmarco Di Dio, 1998)

Una UIS è costituita da una o più Sequenze Deposizionali ed è

comprensiva di un livello geologico basale scarsamente permeabile (acquitardo)

o impermeabile (acquicludo) arealmente continuo.

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Ciascun Gruppo di Acquiferi, risulta separato idraulicamente dagli altri

grazie a spessi livelli argillosi e a sua volta risulta compartimentato in diversi

serbatoi acquiferi sovrapposti o giustapposti che li suddividono in complessi

sistemi acquiferi. Facendo riferimento alle informazioni contenute nello studio

commissionato dalla Regione Emilia-Romagna, ENI-AGIP “Riserve idriche

sotterranee della regione Emilia-Romagna”, pubblicato nel 1998, il Gruppo

Acquifero A, che contiene i livelli acquiferi generalmente captati per uso potabile

o produttivo, si estende in modo degradante dal margine collinare verso l’asse

padano, passando da una profondità di circa 50 metri o poco più, fino a circa 150

m di profondità dalla superficie verso Nord.

Il Gruppo Acquifero A, come confermato dalle stratigrafie di alcuni pozzi

limitrofi all’area di cava, è costituito da depositi prevalentemente ghiaiosi e

conglomeratici che di norma corrispondono a tre o quattro falde, separate da setti

impermeabili di spessore variabile e ad andamento discontinuo; nell’area in

oggetto lo spessore cumulativo dei depositi porosi-permeabili è dell’ordine dei 20

m.

Fig. n°45: Estratto della “Carta dello spessore cumulativo dei depositi porosi-permeabili” del

Gruppo Acquifero A. (da Riserve Idriche Sotterranee – RER – G.Di Dio, 1998)

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Fig. n°46: Estratto della “Carta della profondità del limite basale” del Gruppo Acquifero A. (da

Riserve Idriche Sotterranee – RER – G.DiDio, 1998)

Al top del Gruppo Acquifero A è presente il Complesso Acquifero

Superficiale A1 che coincide con l’Unità Geologica Subsintema di Ravenna

(AES8) e con l’Unità di Modena (AES8a); tale Gruppo Acquifero, mantenendosi

sempre affiorante o sub-affiorante, coincide con l’acquifero freatico: i corpi

ghiaiosi che lo caratterizzano sono molto discontinui e di spessore variabile,

costituendo così serbatoi acquiferi lenticolari ed idraulicamente isolati sia tra di

loro che con il Complesso Acquifero sottostante.

Fig. n°47: Profilo sismico interpretativo con individuata la successione dei Gruppi acquiferi

(tratta da PTCP 2007 Vol.B, pag.1596)

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All’interno del comune di Castell’Arquato affiorano estesamente le Unità

Idrostratigrafiche corrispondenti ai Gruppi Acquiferi A e C, così definite nel citato

lavoro “Riserve Idriche sotterranee della Regione Emilia-Romagna”, che si

immergono verso Nord al di sotto dei sedimenti deposti dai reticoli fluviali negli

ultimi 20.000 anni e contenenti acquiferi di scarsa astensione e potenzialità

(Acquifero Superficiale).

Tutto ciò premesso, con riferimento alle stratigrafie di 3 pozzi profondi

riportate nel “Progetto Esecutivo” della Cava Gerazza del 1992 (redatto dal dott.

Geol. D.Barbano), è stata ricostruita una sezione idrostratigrafica interpretativa

sviluppata tra le località Frascale a NW (Pozzo P3) e l’Azienda agricola in destra

Arda (comune di Alseno), nei pressi di Palazzo Prati (Pozzo P1); il Pozzo P2 è

invece ubicato in fregio al Canale della Sforzesca tra l’abitato della Moruzza e la

sponda destra del T.Arda.

Fig. n°48: Ubicazione dei pozzi a stratigrafia nota utilizzati per la realizzazione della sezione

idrostratigrafica interpretativa

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L’analisi di detta sezione consente di affermare che, nella zona in esame, la

profondità del limite basale del “Gruppo Acquifero A” ricade tra m 60 e m 70

s.l.m.

Questo sistema acquifero risulta separato dal sottostante “Gruppo B” da

un acquitardo basale che può raggiungere anche i 40 metri di spessore; trattasi di

unità litostratigrafica ascrivibile alle argille azzurre pleistoceniche.

Fig. n°49: Sezione idrostratigrafica interpretativa

Idrogeologia locale

La valutazione delle caratteristiche idrogeologiche dell’area è un importante

elemento di analisi in relazione sia alla valutazione del grado di vulnerabilità degli

acquiferi, sia per la definizione delle possibili tipologie di ripristino.

Il settore di pianura sul quale insiste l’area destinata ad attività estrattiva

dal PAE appartiene al dominio deposizionale del T. Arda ed in particolare si

colloca nella porzione apicale della sua conoide wurmiana.

L’apice della stessa è posizionata allo sbocco nella pianura presso il

Capoluogo ad una quota di circa 145 m.s.l.m ed a oltre 20 Km dalla foce. A valle

la conoide si sviluppa secondo la classica forma sub-triangolare di larghezza

massima di circa 6 Km. Dal punto di vista idrogeologico la porzione di pianura in

esame risulta costituita da un bacino con substrato Terziario e Quaternario

riempito da depositi di origine fluvioglaciale e dalle alluvioni dei corsi d’acqua

olocenici, rappresentati da alternanze di ghiaie, sabbie e limi e argille, a struttura

difficilmente riconducibile a schemi geometrici ben definiti, che ospitano falde

libere, artesiane e semiartesiane.

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Fig. n°50: La conoide del T. Arda (tratta da PIAE Tav 2 dicembre 1991) in riferimento all’area

di intervento

In particolare il sottosuolo della conoide wurmiana del torrente Arda è

costituito da litotipi ghiaiosi a matrice variamente sabbioso/limosa, conglomerati

e sabbie prevalenti con intercalazioni di materiali a granulometria più fine,

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organizzati in strati lenticolari, di spessore variabile che costituiscono nel loro

insieme il corpo acquifero principale sfruttato a scopi idropotabili.

Si è quindi in presenza di un acquifero monostrato con valori di

trasmissività molto elevati; in profondità si passa a depositi pre-quaternari

caratterizzati da bassa permeabilità ove si è rilevata la presenza di acque

salmastre.

Freatimetria e campo di moto della falda

Allo scopo di definire, le caratteristiche del deflusso idrico sotterraneo è

stata eseguita una preliminare ricerca bibliografica che ha portato al reperimento

delle seguenti cartografie:

Tab. n°10

CAMPAGNA FREATIMETRICA OTTOBRE 1977

“Piano per la tutela e l’uso delle risorse idriche

destinate al consumo umano” USSL n°3

Fiorenzuola

CAMPAGNA FREATIMETRICA DICEMBRE 1991

“Piano per la tutela e l’uso delle risorse idriche

destinate al consumo umano” USSL n°3

Fiorenzuola

CAMPAGNA FREATIMETRICA MARZO 1997 “PAE” comune di Fiorenzuola d’Arda”

(Dott. Geol. G. Corbelli ) 1998

CAMPAGNA FREATIMETRICA MARZO 2004 “PAE comune di Castell’Arquato”

(Studio Lusignani) 2010

CAMPAGNA FREATIMETRICA OTTOBRE 2005 “PAE comune di Castell’Arquato”

(Studio Lusignani) 2010

Le campagne di misura eseguite dal nostro studio (dirette14: marzo 2004,

ottobre 2005) hanno comportato, nell’intorno della cava, il rilevamento di n°5

pozzi; le misure raccolte sono state riassunte nella Tabella 11, nella quale sono

anche riportati i valori di soggiacenza e livello statico ricostruiti (determinazioni

indirette15) dalle isopieze riportate sulle cartografie reperite in bibliografia. Per

una migliore comparazione delle differenti situazioni emerse, i diversi elaborati

sono stati “omogeneizzati” riportando isopieze con equidistanza di 2 m.

Analizzando i risultati delle 5 campagne di misura disponibili, di cui si

allegano gli stralci cartografici, emerge come le condizioni maggiormente gravose

dal punto di vista idrogeologico siano sicuramente quelle rilevate nell’Ottobre

2005. A tale riguardo di seguito vengono descritti i principali elementi

idrogeologici caratterizzanti tale campagna di misura.

Il tetto della falda risulta collocato mediamente a oltre 5 m. dal piano di

campagna; in queste condizioni i rapporti di flusso risultano essere quelli di falda

alimentante il corso d'acqua, con direzione preferenziale del senso di flusso

14

misurazioni eseguite dal nostro studio 15

in bibliografia non è stato possibile reperire i dati puntuali per il tracciamento delle piezometrie

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verso Nord.

Il gradiente idraulico si attesta intorno a valori compresi fra 1/1.3 %, tipici

delle porzioni apicali delle conoidi alluvionali appenniniche.

Tab. n°11:

Soggiacenza

In primo luogo risulta opportuno sottolineare che il grado di permeabilità

complessivo del sottosuolo conferisce una relativamente elevata velocità di

deflusso delle falde idriche sotterranee, per cui in questa porzione di territorio,

raramente vengono registrate soggiacenze della falda freatica prossime alla

superficie topografica.

Tale assunto trova riscontro anche negli studi e nella cartografia in materia

contenuta nel P.S.C. – P.O.C. – R.U.E. (“Quadro conoscitivo dell’assetto

geologico e idrogeologico”, Carta Idrogeologica-Tav.5A, scala 1:10.000), ove la

soggiacenza dell’area risulta in un range compreso tra –5 e –8 metri dal p.c.

Ciò premesso si è ritenuto di allestire le carte della soggiacenza per le

cinque campagne di misura sopra citate al fine di rendere immediata la

visualizzazione di eventuali situazioni di fragilità dovute alla profondità del tetto

della falda freatica nei confronti della profondità di scavo prevista.

Dall’analisi delle figure di seguito riportate si evince come il pelo libero

della falda freatica rimanga in tutte le campagne freatimetriche disponibili ad oltre

5 metri dal p.c.; ne consegue che la massima profondità di scavo consentita dalle

N.T.A. del P.A.E. è tale da escludere qualsiasi possibile interferenza diretta con

la falda sottostante.

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Fig. n°51: Stralcio Tav.5A a corredo del PSC

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Fig. n°52: