wsa 2015 - inserto

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PRIMO OBIETTIVO DI SVILUPPO DEL MILLENNIO Sradicare la povertà e la fame: utopia o realtà? Quindici anni fa le Nazioni Unite hanno lanciato gli obiettivi del millennio, il pri- mo era ridurre della metà la povertà e la fame nel mondo entro il 2015. Dopo quindici anni la comunità internazionale si ritrova con un obiettivo ancora più ambizioso: sradicare completamente la fame per il 2030. Il proble- ma è che ancora non siamo riusciti a ridurre la povertà in alcune aree, in primis l’Africa sub-sahariana. Sono an- cora più di 800 milioni le persone che soffrono la fame. Contempo- raneamente sono più di un mi- liardo le persone che mangiano troppo e male! La Focsiv con i suoi settanta organismi di cooperazione inter- nazionale denuncia questo scan- dalo, sulla scia di quanto ripete papa Francesco, con la campagna “Cibo per tutti: è compito nostro”. E opera concreta- mente sul terreno per contribuire a che le co- munità locali siano sempre più capaci di co- struire la propria sovranità alimentare. I problemi della fame e dello spreco ali- mentare sono una patologia di un medesimo sistema economico che non funziona. Un si- stema che considera il cibo come una merce, mentre invece è un diritto essenziale per la vi- ta delle persone. Il sistema va quindi profon- damente cambiato. Questo sistema è ingiusto e quindi la pri- ma questione da affrontare non è l’aumento della produzione ma una più equa distribuzio- ne del cibo tra i paesi e al loro interno. A tal fine occorre creare nuove democrazie alimen- tari, come proposto dall’ex rapporteur specia- le delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, Oli- vier De Schutter. Il concetto di sicurezza ali- mentare deve quindi essere ridefinito in termi- ni di sovranità alimentare, e cioè devono esse- re innanzitutto le persone, le comunità locali, a decidere sulle modalità più adeguate per ga- rantire il diritto al cibo, favorendo in partico- lare le capacità di produzione e di distribuzio- ne delle agricolture locali. Il concetto di democrazia alimentare ri- chiede una migliore regolazione e una ridu- zione della concentrazione del potere di mer- cato, che causa iniquità e che rei- tera il sistema consumistico e l’accaparramento delle risorse essenziali, in primis terra, acqua e sementi. Democrazia alimenta- re significa quindi garantire il di- ritto alla terra dei contadini. Le riforme fondiarie continuano a essere politiche essenziali. Il commercio di alimenti ha un ruolo da giocare laddove le agricolture locali non riescono a soddisfare i bisogni della popolazione. Il commercio do- vrebbe favorire scambi locali e regionali prima che internaziona- li. La filiera corta dovrebbe esse- re favorita a quella lunga delle catene di valore internazionali. I regimi commerciali vanno quindi riformati e l’Organizzazione mondiale per il commercio do- vrebbe anteporre il diritto al cibo a quello del libero scambio. Sul commercio e sull’anda- mento dei prezzi gioca inoltre un ruolo sem- pre più importante la speculazione finanziaria, attraverso i mercati borsistici e strumenti co- me i derivati che si scambiano anche al di fuori delle regolazioni ufficiali. Di conse- guenza anche la finanza dovrebbe essere maggiormente regolata per eliminare le spinte speculative contrarie al diritto alla vita e che provocano le guerre del pane. L’imposizione di una tassa sulle transazioni finanziare ad ampio spettro, soprattutto su derivati e su strumenti speculativi affini, dovrà essere ap- plicata in Europa, ma anche negli altri mercati internazionali, a livello globale. Le analisi mostrano come l’agricoltura contadina sia oggi la principale fonte di ali- mentazione per le comunità locali. Il 75 per cento della produzione alimentare per le co- munità locali viene dall’agricoltura familiare. Il suo ruolo fondamentale è però minacciato dalla crescente pressione a favore dell’indu- strializzazione agricola, dall’accaparramento delle terre, dalla proprietà esclusiva sulle se- menti che vogliono imporre le grandi multina- zionali, tra cui gli ogm, dall’imposizione di catene del valore che rendono i contadini lo- cali dipendenti da input esterni, dall’erosione dei rendimenti agricoli a causa di un cambia- mento climatico la cui principale responsabili- tà risiede nei modelli di produzione energifori. È per questo che la Focsiv con i suoi organismi membri (di cui fa parte anche Fondazione Fontana onlus) appoggia l’agri- coltura familiare per il suo ruolo di principale custode della biodi- versità, di produzioni tipiche, es- senziale per la sostenibilità del sistema agro-alimentare. Un si- stema che, invece, rischia di im- poverirsi con le grandi monocul- ture legate solo al commercio internazionale. La concretezza del quotidiano ci mostra come, con le forze delle comunità locali, sia possibile passare dall’utopia alla realtà, per- ché un mondo senza fame, per la dignità uma- na, è possibile. Gianfranco Cattai presidente Focsiv-Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario Il mondo senza fame è possibile La prima questione da affrontare non è l’aumento della produzione, ma una più equa distribuzione del cibo. A tal fine occorre creare nuove democrazie alimentari La concretezza del quotidiano ci mostra come, con le forze delle comunità locali, sia possibile passare dall’utopia alla realtà, perché un mondo senza fame è possibile Diritto al cibo Una priorità che riguarda tutti Percorsi scuole Tu sei ciò che mangi. T’interessa? 8 anni per 8 obiettivi Guarire la terra: il 17 aprile all’Mpx

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Riflessioni e racconti sulle attività svolte nell'ambito del percorso WSA 2014-15 dedicato al primo obiettivo di sviluppo del millennio: Cosa si mangia? Sradicare la povertà estrema e la fame.

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Page 1: Wsa 2015 - Inserto

PRIMO OBIETTIVO DI SVILUPPO DEL MILLENNIO Sradicare la povertà e la fame: utopia o realtà?

� Quindici anni fa le Nazioni Unite hannolanciato gli obiettivi del millennio, il pri-mo era ridurre della metà la povertà e la

fame nel mondo entro il 2015. Dopo quindicianni la comunità internazionale si ritrova conun obiettivo ancora più ambizioso: sradicarecompletamente la fame per il 2030. Il proble-ma è che ancora non siamo riusciti a ridurre lapovertà in alcune aree, in primisl’Africa sub-sahariana. Sono an-cora più di 800 milioni le personeche soffrono la fame. Contempo-raneamente sono più di un mi-liardo le persone che mangianotroppo e male!

La Focsiv con i suoi settantaorganismi di cooperazione inter-nazionale denuncia questo scan-dalo, sulla scia di quanto ripetepapa Francesco, con la campagna “Cibo pertutti: è compito nostro”. E opera concreta-mente sul terreno per contribuire a che le co-munità locali siano sempre più capaci di co-struire la propria sovranità alimentare.

I problemi della fame e dello spreco ali-mentare sono una patologia di un medesimosistema economico che non funziona. Un si-stema che considera il cibo come una merce,mentre invece è un diritto essenziale per la vi-ta delle persone. Il sistema va quindi profon-damente cambiato.

Questo sistema è ingiusto e quindi la pri-ma questione da affrontare non è l’aumentodella produzione ma una più equa distribuzio-ne del cibo tra i paesi e al loro interno. A talfine occorre creare nuove democrazie alimen-tari, come proposto dall’ex rapporteur specia-le delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, Oli-vier De Schutter. Il concetto di sicurezza ali-mentare deve quindi essere ridefinito in termi-ni di sovranità alimentare, e cioè devono esse-

re innanzitutto le persone, le comunità locali,a decidere sulle modalità più adeguate per ga-rantire il diritto al cibo, favorendo in partico-lare le capacità di produzione e di distribuzio-ne delle agricolture locali.

Il concetto di democrazia alimentare ri-chiede una migliore regolazione e una ridu-zione della concentrazione del potere di mer-

cato, che causa iniquità e che rei-tera il sistema consumistico el’accaparramento delle risorseessenziali, in primis terra, acquae sementi. Democrazia alimenta-re significa quindi garantire il di-ritto alla terra dei contadini. Leriforme fondiarie continuano aessere politiche essenziali.

Il commercio di alimenti haun ruolo da giocare laddove le

agricolture locali non riescono a soddisfare ibisogni della popolazione. Il commercio do-vrebbe favorire scambi locali eregionali prima che internaziona-li. La filiera corta dovrebbe esse-re favorita a quella lunga dellecatene di valore internazionali. Iregimi commerciali vanno quindiriformati e l’Organizzazionemondiale per il commercio do-vrebbe anteporre il diritto al ciboa quello del libero scambio.

Sul commercio e sull’anda-mento dei prezzi gioca inoltre un ruolo sem-pre più importante la speculazione finanziaria,attraverso i mercati borsistici e strumenti co-me i derivati che si scambiano anche al difuori delle regolazioni ufficiali. Di conse-guenza anche la finanza dovrebbe esseremaggiormente regolata per eliminare le spintespeculative contrarie al diritto alla vita e cheprovocano le guerre del pane. L’imposizione

di una tassa sulle transazioni finanziare adampio spettro, soprattutto su derivati e sustrumenti speculativi affini, dovrà essere ap-plicata in Europa, ma anche negli altri mercatiinternazionali, a livello globale.

Le analisi mostrano come l’agricolturacontadina sia oggi la principale fonte di ali-mentazione per le comunità locali. Il 75 percento della produzione alimentare per le co-munità locali viene dall’agricoltura familiare.Il suo ruolo fondamentale è però minacciatodalla crescente pressione a favore dell’indu-strializzazione agricola, dall’accaparramentodelle terre, dalla proprietà esclusiva sulle se-menti che vogliono imporre le grandi multina-zionali, tra cui gli ogm, dall’imposizione dicatene del valore che rendono i contadini lo-cali dipendenti da input esterni, dall’erosionedei rendimenti agricoli a causa di un cambia-mento climatico la cui principale responsabili-tà risiede nei modelli di produzione energifori.

È per questo che la Focsivcon i suoi organismi membri (dicui fa parte anche FondazioneFontana onlus) appoggia l’agri-coltura familiare per il suo ruolodi principale custode della biodi-versità, di produzioni tipiche, es-senziale per la sostenibilità delsistema agro-alimentare. Un si-stema che, invece, rischia di im-poverirsi con le grandi monocul-

ture legate solo al commercio internazionale. La concretezza del quotidiano ci mostra

come, con le forze delle comunità locali, siapossibile passare dall’utopia alla realtà, per-ché un mondo senza fame, per la dignità uma-na, è possibile.

�Gianfranco Cattaipresidente Focsiv-Federazione organismi cristiani

servizio internazionale volontario

Il mondo senza fame è possibile

La prima questione da affrontare non è

l’aumento dellaproduzione, ma una più

equa distribuzione del cibo. A tal fine occorrecreare nuove democrazie

alimentari

La concretezza del quotidiano ci mostra

come, con le forze delle comunità locali, sia possibile passaredall’utopia alla realtà,

perché un mondo senzafame è possibile

� Diritto al ciboUna priorità che riguarda tutti

� Percorsi scuoleTu sei ciò che mangi.T’interessa?

� 8 anni per 8 obiettiviGuarire la terra: il 17 aprile all’Mpx

Page 2: Wsa 2015 - Inserto

� Il primo obiettivo sarà raggiunto entro il2015? Secondo l’Onu, la probabilità varia a

seconda che si prendano in considerazione i li-velli di povertà, di disoccupazione, di fame. Perognuno di essi, però, molto resta ancora da fa-re. Sulla povertà, i dati ci dicono che dal 1990 ilnumero dei poveri è diminuito; oggi, però, anco-ra una persona su cinque vive in condizioni dipovertà estrema. India, Cina, Nigeria, Bangla-desh e Repubblica Democratica del Congo sonoi paesi che presentano il maggior numero di po-veri; il dato forse non ci sorprende perché cor-relato con situazioni di conflitto, condizioni sani-tarie scadenti, ambiente degradato, difficili con-dizioni di accesso all’istruzione, scarse opportu-nità lavorative. Ciò che sorprende, invece, è ap-prendere che in Italia sono oltre sei milioni lepersone che vivono in povertà assoluta.

Sull’occupazione e sul lavoro dignitoso, i ri-sultati positivi sono stati difficili da raggiungeresoprattutto a causa della crisi finanziaria globaleche ha avuto gravi ripercussioni su tutti i siste-mi economici. La crisi dell’economia formalenon ha risparmiato il settore informale che, in

molti paesi, rappresenta un’indispensabile fontedi reddito e impiega circa il 60 per cento dellaforza lavoro.

Sulla fame, infine, pesano due questioni. Laprima è legata alla mancanza di cibo. Perman-gono infatti numeri preoccupanti: 842 milioni dipersone soffrono la fame; di questi, 99 milionisono bambini sotto i cinque anni che presenta-no condizioni di sottopeso e circa 180 milionisono bambini con ritardi nello sviluppo psico-fi-sico dovuti alla denutrizione. Tra le principalistrategie di miglioramento, c’è l’intervento sul-l’alimentazione delle madri durante la gravidan-za e l’allattamento e sul periodo dello svezza-mento con azioni educative e preventive, pun-tando non solo sulla quantità, ma anche sullaqualità del cibo consumato.

La seconda questione è legata all’eccessodi cibo. Mangiare troppo e male ha come con-seguenze l’obesità o altre malattie come diabe-te, infarto, ictus, trombosi, ecc. Kuwait, StatiUniti, Trinidad e Tobago, Argentina, Messico so-

no paesi in cui la percentuale di persone so-vrappeso supera abbondantemente il 25 percento della popolazione nazionale. Anche pro-durre troppo ha come conseguenza lo spreco el’aumento eccessivo di rifiuti alimentari. 2 milio-ni di tonnellate di cibo si perdono a livello dellaproduzione, 300 mila tonnellate a livello di com-mercio e distribuzione alle quali va aggiunto ciòche buttiamo nella spazzatura: una famiglia ita-liana getta nell’umido ogni settimana una mediadi circa 200 grammi di cibo.

Non basta migliorare o aumentare la produ-zione agricola, stabilizzare i prezzi e regolamen-tare il commercio, come sostiene la Fao. Serveinnanzitutto un’assunzione di responsabilità deigoverni e delle istituzioni internazionali nel lotta-re contro la povertà sanitaria, gli elevati tassi dianalfabetismo, la corruzione, la violazione dileggi e contratti.

L’obiettivo non sarà quindi totalmente rag-giunto, come sperato, entro il 2015.

�Sara Bin

�LA DIFESA DEL POPOLO

12 APRILE 2015II � WorldSocialAgenda

A CHE PUNTO SIAMO? Povertà, disoccupazione, fame: resta ancora parecchio da fare

� Sradicare la povertà estrema e la fame entroil 2015: il primo obiettivo di sviluppo delmillennio dell’Onu non poteva assumersi un

impegno più ambizioso per poter sperare nel mi-glioramento delle condizioni di vita di milioni dipersone. La povertà è dunque intesa come il prin-cipale ostacolo allo sviluppo, una “trappola perl’umanità”, sulla quale occorre intervenire agendosui suoi assi portanti: l’assenza di cibo e di lavo-ro. Nei paesi più vulnerabili, una persona sottonu-trita o malnutrita non possiede le energie necessa-rie per lavorare o per ottenere un miglioramentodella propria posizione lavorativa, nonché remu-nerativa; è dunque spesso esclusa dal mercato dellavoro, innescando un vortice di marginalità edesclusione, con tutte le ricadute che ciò comportasulla vita delle persone a Nord e a Sud del mon-do. Sotto l’etichetta “povertà estrema”, stimata inchi vive con meno di 1,25 dollari al giorno, si sot-tende dunque la mancata garanzia di una quantitàdi cibo sufficiente, sicuro e nutriente, e di un’oc-cupazione adeguata e degna, fonte di reddito.

Il primo obiettivo mira dunque a trovare dellesoluzioni pertinenti e sostenibili per uscire o evi-tare di entrare nella trappola della povertà, unproblema sul quale oggi sono accesi i riflettoridelle agenzie internazionali, dei governi, dei me-dia, ma soprattutto dell’intera popolazione mon-diale. Secondo l’Organizzazione delle NazioniUnite, l’obiettivo potrà ritenersi raggiunto se ver-rà dimezzata la percentuale di persone che vivo-no in condizioni di povertà estrema come pure lapercentuale di persone che soffrono la fame; e setutte le persone attive, in particolare donne e gio-vani, avranno l’opportunità di un’occupazionepiena e produttiva e di un lavoro dignitoso. Unimpegno complessivo davvero ampio, che nontocca solo i paesi più poveri, tanto per l’esclusio-

ne dal mondo del lavoro quanto per il problemadella nutrizione e della povertà.

Proprio in relazione a quest’ultimo punto, oc-corre forse ricordare che fame e spreco sono duefacce della stessa medaglia. Secondo la Fao,l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di ci-bo e agricoltura, oggi a quasi un miliardo di per-sone viene negato l’accesso al cibo anche se ilpianeta produce una quantità di alimenti suffi-cienti a sfamare 12 miliardi di individui, moltopiù dell’attuale popolazione mondiale. Conflitti,disuguaglianze, squilibri sociali, marginalizza-zione, irresponsabilità o volontà politica sono so-lo alcuni dei fattori che caratterizzano questo pa-radosso. Inoltre, secondo i dati del 2012, dal 30al 50 per cento del cibo prodotto non viene man-giato: uno spreco che interessa tutto il pianeta,con evidenti differenze geografiche. Spreco di ci-

bo significa anche spreco di terra, di acqua, dienergia. Un’aberrazione per il riconoscimentodel cibo come un diritto fondamentale e la mani-festazione più evidente del fallimento delle poli-tiche di partenariato globale.

Una ragione in più per focalizzare questo dos-sier sulla fame, avendo però ben chiare le sue im-prescindibili interconnessioni con il lavoro e conla povertà estrema, gli altri due traguardi indicatidal primo Obiettivo del millennio. Se il cibo è alcentro della nostra esistenza, non lo è però altret-tanto la consapevolezza della rete fitta e com-plessa che circonda il cibo: da dove viene e cosacontiene, da chi è stato prodotto e in quale conte-sto ambientale, quali prodotti arrivano sugli scaf-fali del supermercato e cosa differenzia il prezzodi un prodotto analogo? Cosa si mangia?

�Miriam Rossi

IL PRIMO OBIETTIVO DI SVILUPPO DEL MILLENNIO Eliminare la povertà estrema e la fame

Il primoobiettivo

È priorità del pianeta e riguarda tutti

Obiettivo non totalmente raggiunto Il suo lavoro in quel momento gli sembrava cosìvuoto e terribile. Non aveva maipensato al cibocome ad un diritto: la sua società, il suo lavoro e la sua cultura lo avevano sempreconvinto che il cibofosse una merce; in quel momento,invece, capì cheavere da mangiarenon dovrebbeessere solo unosfizio di chi se lo puòpermettere, ma una garanzia per tutti.

dal blog “Cosa si mangia?”:https://wsacosasimangia.wordpress.com

A destra,mercato

nella valle del Sourou,

Burkina Faso;in basso,dettaglio

di arazzo, 3E del liceo

artisticoModigliani.

A destra, loghi elaborati da Matteo Dittadi per la World

Social Agenda; qui sotto,mercato contadino in Ecuador.

Page 3: Wsa 2015 - Inserto

LA DIFESA DEL POPOLO12 APRILE 2015 FondazioneFontana � III

� “Cosa si mangia?” Quante vol-te abbiamo ripetuto o sentitoquesta domanda. Dà il ritmo al

nostro quotidiano: ci avvisa quandoci sono appetiti da soddisfare, ci in-terroga sul cibo da cucinare, sollevacuriosità. La risposta ci porta a tavo-la, luogo della condivisione perchéil cibo è al centro delle nostre vite:di questo abbiamo certezza. La do-manda racchiude anche altre que-stioni: chi produce il cibo, chi lo tra-sforma, chi lo distribuisce, chi loprepara, chi lo consuma? Domandeche ci portano a scoprire la “rete delcibo”, di cui però abbiamo ancorapoca consapevolezza. Il cibo è unarete fitta e complessa: dietro a un“piatto” ci sono le storie di tutte lepersone che hanno contribuito aportarlo sulle nostre tavole.

“Cosa si mangia?” ci interroga

su ciò che mettiamo (o non mettia-mo) nei nostri piatti e dove finiscequello che resta. Fame e spreco so-no due facce della stessa medaglia.842 milioni di persone soffrono lafame, ma il pianeta produce unaquantità di cibo sufficiente a sfa-marne 12 miliardi; il 30-50 per cen-to del cibo prodotto non viene man-giato. Sprecando cibo, sprechiamoterra, acqua, aria, energia.

“Cosa si mangia?” ci invita per-tanto a riflettere sul fatto che il cibodovrebbe essere un diritto, senza di-stinguo; con l’unica accortezza chesia di buona qualità, adeguato allepersone e ai territori, cioè che noninquini l’ambiente e soprattutto cherispetti la dignità delle persone lavo-ratrici. Il cibo racconta la storia pre-sente e passata, l’intreccio delle cul-ture, il sovrapporsi di diversi sistemiproduttivi, in una parola la comples-sità del mondo. Questa è fatta dicontraddizioni sempre più legateagli squilibri nella distribuzione del-la ricchezza e quindi anche del cibo.

“Cosa si mangia?” mette al cen-tro la nostra possibilità o meno discegliere e di decidere cosa produrre,cosa mangiare. Ma quali condizionici vengono offerte per scegliere?

“Cosa si mangia?” ci mette inrelazione con le persone e con laterra. Con chi ci nutre fin dalla tene-ra età, con tutte quelle persone checoltivano, trasformano, cucinano ilcibo che mangiamo, con il suolo

che usiamo per produrre. La relazio-ne con la terra può assumere diverseforme più o meno rispettose dei rit-mi della natura, più o meno aggres-sive e mangiando la introiettiamo.Quello che mangiamo, basta aprireil frigorifero per averne un’idea, cidice molto della nostra identitàumana e sociale. Forse è giunto iltempo di porci alcuni interrogativi.

Con “Cosa si mangia?” WorldSocial Agenda di Fondazione Fon-tana ha inteso indagare il primoobiettivo di sviluppo dell’Onu. Gliesiti dell’indagine sono pubblicati inun documento (disponibile sul sitowww.worldsocialagenda.org) che sifocalizza su una delle problematichepreviste dall’obiettivo. Ci si concen-tra sulla fame, senza però trascurarele relazioni che questa rivela con lapovertà, la disoccupazione e losfruttamento sul lavoro. L’indagineè fatta di dati e parole: fame, pover-tà, autosufficienza, sicurezza, sovra-nità alimentare; di esperienze, rac-conti e vita vissuta che ci parlano diresponsabilità e consapevolezza. Leparole e le storie ci consentono diintrecciare il tempo e lo spazio dallocale, da Padova e dall’Italia, alglobale con alcuni casi specifici checi conducono in Cina, India, Cile eBurkina Faso per riportarci semprealla dimensione della rete e dellecomunità, in questo caso specifico,le comunità del cibo.

�S. B.

COSA SI MANGIA? Fondazione Fontana affronta il primo obiettivo interrogandosi sulle comunità del cibo

Sguardo che da Padova si rivolge al mondo

PER APPROFONDIRELIBRIAndrea Baranes, Il grande gioco della fame,Altreconomia, 2009.Ben Okri, La via della fame, Bompiani, 2000. Chef Kumalè, Il mondo a tavola, Einaudi, 2007.Cinzia Scaffidi, Mangia come parli, Slow FoodEditore, 2014.Davide Pascutti, Pop Economix, BeccoGiallo,2013.Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi, 2008. Franca Roiatti, La rivoluzione della lattuga. Sipuò scrivere l’economia del cibo?, Egea, 2011.Francesco Gesualdi, Manuale per un consumoresponsabile. Dal boicottaggio al commercioequo e solidale, Feltrinelli, 2007.Jean Ziegler, La fame nel mondo spiegata amio figlio, Il Saggiatore, 2010.Luis Sepulveda e Carlo Petrini, Un’idea difelicità, Slow Food Editore-Guanda, 2014.Massimo Acanfora, Roberto Brioschi,Dormire nell’orto, Altreconomia, 2015.Paolo Castaldi, Chilometri Zero, BeccoGiallo,2014.Raj Patel, I padroni del cibo, Feltrinelli, 2011.Stefano Liberti, Land grabbing. Come ilmercato delle terre crea il nuovo colonialismo,Minimum Fax, 2010.Vandana Shiva, Fare pace con la terra,Feltrinelli, 2011.Guido Turus, Bioresistenze, Esedra, 2014.

Per i più piccoliAnna Matarese, Claudia Polizza, Un seminocome me, Becco Giallo, 2011.Ave Gagliardi, Nei campi di oro rosso, Piemme,2011.Vandana Shiva, Storia dei semi, Feltrinelli Kids,2012.

FILMLa nostra terra (di Giulio Manfredonia; Italia2014). Riso Amaro (di Giuseppe De Santis; Italia 1949).Terra Madre (di Ermanno Olmi; Italia, 2009).Resistenze naturali (di Jonathan Nossiter;Francia, 2014).

Per i più piccoliTotò sapore e la magica storia della pizza (diMaurizio Forestieri; Italia 2003).

LA RISPOSTA DELLA CHIESA A Padova tra cucine popolari, Cappuccini, Salesie, opera Pane dei poveri...

� «Avevo fame e mi avete dato da mangiare»: dasempre queste parole di Gesù hanno segnato e ca-

ratterizzato le comunità cristiane. Indelebile è rimasto atutti gli evangelisti il gesto di Gesù di fronte alla famedelle persone che lo stavano seguendo nel deserto. Leha invitate a fermarsi, a sedersi a gruppi di cinquanta ea condividere il poco che ciascuno aveva. Alla fine han-no avanzato sette ceste.

Anche la chiesa degli inizi di fronte alle persone indifficoltà perché povere, orfane, vedove si è da subitodata da fare, provocando però anche sentimenti di mal-contento a causa di timori, di favoritismi e disparità ditrattamento. Per questo si è trovata la soluzione nell’in-dividuare delle persone (diaconi) dedite al servizio dellemense per i poveri. Questo testimonia come la chiesa,da sempre, abbia una sensibilità nel dare ascolto e at-tenzione ai bisogni primari delle persone, in particolarequelli legati al cibo e alla fame.

Nella nostra chiesa di Padova sono presenti dalla fi-ne dell’800 le cucine economiche popolari, come rispo-sta concreta al bisogno di cibo; negli anni poi l’offerta el’attenzione alle persone in difficoltà si è ampliata con lapresenza di docce, vestiario e ambulatori. Attualmentevengono erogati circa 600 pasti completi al giorno percirca tremila persone in un anno. Su invio e segnalazio-ne delle cucine, quando le stesse sono chiuse, si attiva-no circa 40 parrocchie della città per dare da mangiarealle persone senza dimora. Presso le parrocchie delladiocesi sono presenti in questo momento 136 centri didistribuzione di cibo e alimenti per le persone che nonarrivano alla fine del mese. In collegamento con i servizisociali dei comuni, le parrocchie si attivano nel proprioterritorio soprattutto nell’animazione e nel reperimentodel cibo tramite la sensibilizzazione dei parrocchiani,operando anche in accordo con il Banco alimentare e laCroce rossa, con i grandi centri di distribuzione per laraccolta del cibo in scadenza e in rete tra di loro tramiteRete Solida, innovativo progetto delle Acli.

Per lo stile e la mentalità Caritas, la borsa spesa ri-mane un mezzo e un’occasione per avvicinare e incon-trare concretamente le persone, per creare relazione.Ciò che nutre la persona e le dà dignità è una relazioneautentica, il sentirsi accolti, riconosciuti e ascoltati. Perquesto operiamo affinché in ogni parrocchia sia presen-

te un piccolo centro di distribuzione, in modo da limitarela quantità ma aumentare la qualità degli incontri.

Va poi riconosciuto e valorizzato anche il grande la-voro che fanno quotidianamente i frati Cappuccini conuna mensa vicino al convento di San Leopoldo, che dàda mangiare a pranzo a circa ottanta persone, e semprein quella zona le suore Salesie offrono un cestino perun’abbondante colazione. Infine desidero ricordare an-che l’opera Pane dei poveri, un’istituzione fondata nel1887 che ogni giorno presso la propria sede distribui-sce pane fresco alle persone bisognose.

Oggi l’impegno di tutti è quello di continuare a dif-fondere una mentalità di grande attenzione al cibo. Tuttinoi siamo poveri quando non viviamo con consapevolez-za il momento del pasto e dello stare attorno alla tavola.Per ciascuno oggi è importante imparare a evitare glisprechi, educarci a considerare il cibo un dono per cuiringraziare sempre prima di mangiare, vivere il tempodella mensa e della tavola come benedizione e occasio-ne di gustare con calma il cibo e gustare la compagniadelle persone con cui mangiamo. Fare la spesa con at-tenzione e consapevolezza è un modo concreto di “farepolitica”. Il Signore stesso ha desiderato che ci ricordas-simo di lui, delle sue parole, della sua persona ogni do-menica, attorno alla tavola e condividendo il Pane di vita.

�don Luca Facco direttore Caritas Padova

Ciò che nutre è una relazione autentica

�Cosa si mangia?

Si dovrebbecercare di apriremaggiormente gli occhi alla realtàoltre i confini del paese in cui si vive, di quelloche si vede e chesi mangia, perché,anche solo dietroun chicco di caffè,si trovanonumerose storie e, soprattutto,molte ragioni in più percambiare stile di vita.

dal blog “Cosa si mangia?”:https://wsacosasimangia.wordpress.com

� All’inizio dell’800, le rese agricolee la produttività dell'industria iniziaro-no ad aumentare più rapidamente ri-spetto alla popolazione, e così è statofino a oggi. In Italia, i quintali di grano-turco prodotti per ettaro sono più chedecuplicati nel secolo e mezzo di unitànazionale: da nove nel 1861 a centonel 2011. Secondo i dati della Fao edelle Nazioni Unite, nel cinquantennio1961-2011 il cibo prodotto nel mondoè più che triplicato, mentre la popola-zione è “solo” raddoppiata (da 3,5 a 7miliardi). Di conseguenza, ogni uomodi oggi potrebbe avere a disposizionequasi il 50 per cento in più di cibo ri-spetto a cinquant’anni fa. Se ancoraoggi più di un miliardo di persone nonmangiano a sufficienza, non è a causadella mancanza di cibo, ma della catti-va distribuzione delle risorse.

�Gianpiero Dalla Zuanna

CATTIVA DISTRIBUZIONEQuesto è il problema

Nelle foto, qui sotto la copertinaper i video, Aurora Frizzarin, 3Eliceo artistico Modigliani; sotto,

formazione degli insegnanti con Gianpiero Dalla Zuanna.

Page 4: Wsa 2015 - Inserto

� La terra ha da sempre nutrito il pianetae l’agricoltura ha rappresentato la prati-

ca attraverso la quale l’umanità si è messain relazione con essa. Il processo di indu-strializzazione ha allontanato da questa rela-zione, ma oggi più che mai un rinnovato in-teresse sta investendo governi, banche, mul-tinazionali. Il controllo della terra è diventatostrategico per rispondere alle attuali sfideglobali dei cambiamenti climatici, alle crisienergetiche e alimentari, economiche e fi-nanziarie. Quindi si è intensificata la corsa achi arriva primo ad accaparrarsi i suoli mi-gliori.

Serve denaro pronto per l’investimento,un governo aperto ad accoglierlo, una buonacapacità di convincere della sua bontà e delsuo potenziale di sviluppo e la messa in va-lore di quel terreno è conclusa. Chi potrebberiuscirci se non le grandi potenze politiche

ed economiche? Le destinazioni sono Africa,America latina ed Asia. È un nuovo coloniali-smo, anche se la prassi è identica a quella didue secoli fa: gli attori forti vincono su quellideboli.

Gli accordi tra le parti si concludono inconcessioni o contratti d’affitto pluridecen-nali a pochi dollari all’ettaro per anno. Que-ste terre servono per produrre cereali perl’alimentazione e per gli agrocarburanti,piante da foraggio per gli allevamenti, maanche per estrarre minerali preziosi, costrui-re infrastrutture, dighe o centri turistici,espandere aree urbane o occupare militar-mente un territorio. Si tratta di un furto lega-le: quelle terre oltre a essere fertili e vaste,sono anche un bene dal quale le popolazioniche le abitano traggono nutrimento. Ciò nonconta per il mercato globale, che considerala terra una merce da acquistare al prezzo

più conveniente e sfruttare per trarre il mag-giore utile. Le popolazioni vengono costrettead abbandonare le terre dei loro antenati perfare spazio agli investimenti.

Dal 2000 a oggi sono stati conclusi1.040 contratti, per un totale di 38,3 milionidi ettari; 199 sono quelli in trattativa, 86 ifalliti. Tra i più importanti rapinatori a livelloglobale ci sono, in ordine di ettari acquisiti,gli Stati Uniti, gli Emirati Arabi Uniti, l’ArabiaSaudita, il Regno Unito e l’India. In Europa,l’Italia è al secondo posto e tutti gli investi-menti sono concentrati sul continente africa-no, in particolare Mozambico, Senegal, Etio-pia, Liberia, Rep. del Congo, Ghana, Mada-gascar, Nigeria, Guinea, Tanzania per un to-tale, a marzo 2015, di 23 affari conclusi peroltre 1 milione di ettari. Tutto questo in nomedello sviluppo: ma di chi e di che cosa?

�S. B.

LA CORSA ALL’ORO VERDE Cresce il numero di accordi per accaparrarsi i suoli migliori

In nome dello sviluppo? Ma... di chi e di che cosa?

SOVRANITÀ ALIMENTARE E BIODIVERSITÀ Due domande e altrettante risposte

Tutto ruota intorno... alla terra

�Dirittoal cibo

LA DIFESA DEL POPOLO12 APRILE 2015IV � WorldSocialAgenda

� Dal 2002 a oggi il volume di scambi dititoli legati a beni alimentari è quasi decu-plicato. Nel 2008 le speculazioni finanziariesu grano, mais e riso hanno provocato im-provvise impennate dei prezzi facendoliraddoppiare o triplicare (mais +125 percento, frumento +136 per cento, riso +217per cento). 44 milioni di persone sono ca-dute in povertà a causa dell’aumento deiprezzi dei beni alimentari. Da allora leoscillazioni del mercato minacciano grave-mente il futuro di interi popoli.

La campagna “Sulla fame non si spe-cula” intende proteggere i beni alimentaridalle mire della speculazione. Partita nel2011 con la richiesta ai candidati a sindacodi Milano di impegnarsi, in caso di vittoria,a non investire fondi in prodotti finanziaricollegati a materie prime agricole, allacampagna si sono aggregate migliaia dipersone e un’ampia rete di associazionicon l’intento di strappare un impegno glo-bale di più ampia portata alla vicina Expo2015. Informati. Agisci.

Info: sullafamenonsispecula.org

La terra è il donopiù preziosodell’umanità, su di essa sisviluppa e si èsviluppato tutto ciòche siamo. Quandosi va a togliere la possibilità di usufruire dellapropria terra, si vacontro a uno deimaggiori dirittidell’uomo e questoè proprio ciò chesta accadendo in tutti i continenti.

dal blog “Cosa si mangia?”:https://wsacosasimangia.wordpress.com

Tatjana Bassenese, Associazione di cooperazione e solidarietà (Acs)

�Risposta 1 «Sovranità alimentare è la possibilità diun popolo di controllare la produzione e il consumo ali-mentare sul proprio territorio. È importante per assicura-re a ognuno un’alimentazione sana e adeguata, indipen-dentemente dalle condizioni economiche di persone epaese, e dai rapporti con gli altri paesi. Oggi sono in attovari fenomeni che minano questa possibilità. In diversipaesi africani enormi quantità di territorio (le zone piùfertili e vicine alle fonti d’acqua) sono concesse allemultinazionali occidentali o ad altri paesi (Emirati Arabi,Cina) per produrre cibo che verrà esportato, o perfinobiomasse per carburante, mentre le popolazioni localinon hanno di che sfamarsi e vedono negato il proprio di-ritto di accesso alla terra e all’acqua. Per esempio, l’Etio-pia produce ed esporta grandi quantità di caffè, lentic-chie e altri vegetali coltivati nelle piantagioni di proprie-tà straniera dei suoi fertili altipiani, mentre la malnutri-zione coinvolge il 40 per cento della popolazione!

Il lavoro di Acs con le comunità contadine (in Bo-snia, Palestina, Repubblica democratica del Congo e To-go) tende a rafforzare il legame degli abitanti con il ter-ritorio, responsabilizzando gli agricoltori e le autorità lo-cali e mostrando come il corretto sfruttamento delle ri-sorse naturali possa garantire una migliore qualità di vitae più certezze per il futuro, in termini di sovranità ali-mentare e di maggiore biodiversità, e di conseguenzaanche minori conflitti e riduzione dei flussi forzati dipopolazioni (rifugiati ambientali ed economici)».

�Risposta 2 «La conservazione della biodiversità,sia per quanto riguarda le specie coltivate che per quellenaturali, è un elemento fondamentale per salvaguardarela capacità di rigenerazione dei terreni e delle falde ac-quifere e la capacità di difesa delle piante da parassiti emalattie, ed è quindi indispensabile per garantire la sta-bilità della produzione di cibo nel lungo termine».

DOMANDA 1Qual è

il significato di “sovranitàalimentare”

e qual è il suovalore nella

sua esperienza?DOMANDA 2

Biodiversità e diritto al cibo,

quale relazione?

Francesco Benciolini, contadinoAssociazione rurale italiana

�Risposta 1 «La sovranità alimentare è realizzataquando una popolazione, e il suo stato, ha e mette inpratica il diritto a definire la propria politica agricolaed alimentare. Si tratta di un tema che coinvolge fattorimolto concreti quali la disponibilità di ampi terreniagricoli; gli elementi naturali presenti nei territori co-me clima, acqua, terra, microrganismi; ciò che si colti-va e si alleva, cioè le varietà di piante ed animali e laloro biodiversità; chi, in pratica, è chiamato a realizzar-la, cioè le contadine e i contadini; le politiche agricoleche hanno il potere di orientare le scelte degli agricol-tori verso diversi modelli di agricoltura».

«Se pensiamo che fra il 2000 e il 2010 il Veneto haperso il 12,6 per cento della superficie agricola utiliz-zata (sau), ci rendiamo conto che già solo dal punto divista della disponibilità di terreni agricoli, il tema dellasovranità alimentare e della sua salvaguardia non ri-guarda solo i paesi in via di sviluppo ma anche l’Euro-pa, l’Italia, il Veneto. Riconoscere il diritto alla sovra-nità alimentare significa allora dare valore a ciascunodei fattori elencati e garantire che dalla preservazionedella biodiversità, alla presenza di contadine e contadi-ni, dalla salvaguardia di terreni fertili, ricchi di sostan-za organica e non depauperati dai pesticidi, alle politi-che agricole, tutto concorra alla effettiva realizzazionedi questo diritto».

�Risposta 2 «La pluriattività che solo i contadinisanno garantire attraverso la loro conoscenza e il lavo-ro diretto sulla terra, permette di distribuire equamenteil lavoro durante l’anno e diminuisce i rischi propridelle monocolture, favorendo una produzione di quali-tà. Proteggere la biodiversità significa che ciò che sicoltiva e ciò che si alleva nei diversi territori è adatto aquei territori e pertanto può essere prodotto per esem-pio senza l’utilizzo di concimi o pesticidi».

Page 5: Wsa 2015 - Inserto

�Come far capire, o almeno intravvedere, abambini e ragazzi, il primo obiettivo del millennio?

Come far toccare loro con mano concetti come sovra-nità alimentare, ingiustizia, rispetto della terra? Innan-zitutto “costringendoli” a mettersi in gioco in primapersona. Fin dalla prima classe di scuola primaria. Èquanto sta avvenendo da ottobre dello scorso anno in132 classi di 46 scuole di Padova e provincia.

«La bellezza di questi laboratori – spiega LauraZordan, dell’associazione Amici dei popoli, una deisette educatori impegnati sul territorio, per due incon-tri di altrettante ore per ogni classe – sta proprio nellametodologia, cioè nel far sperimentare attraverso ilgioco delle emozioni e ricollegarle alla realtà, passan-do attraverso il fare e il pensare. I percorsi sono tuttipensati con andamento ciclico: partiamo da noi, ciapriamo al mondo e torniamo da noi».

Sono una decina le classi di prima e seconda di

scuola primaria che in questi mesi stanno riflettendocon lei sull’obiettivo del millennio. «Come investigatorisono chiamati a scoprire i segreti della filiera, l’im-pronta ecologica dei cibi, il concetto di sovranità ali-mentare. Temi alti, ma che grazie al gioco, al supportodi storie reali, come di foto e audiovisivi, e al confron-to, diventano chiari e provocano una reazione imme-diata».

Pur così piccoli, i bambini riescono ad arrivare ra-pidamente al cuore della questione. «Hanno chiaro eriportano anche a casa che la terra e chi la coltiva ècosa preziosa, che ogni cibo fa un viaggio e più ilviaggio è lungo più inquina; che è importante compra-re frutta e verdura di stagione e non sprecare il cibo».

Sì, perché sradicare la povertà estrema e la famesignifica anche partire da piccoli gesti quotidiani.

«Il laboratorio – sottolinea Margherita Verlato, del-la cooperativa Fare il mappamondo – favorisce un’im-

mediata presa di coscienza e voglia di cambiamento».Il suo lavoro dentro una quarantina di classi secondee terze della scuola primaria di secondo grado haaperto davvero un mondo! «Molti ragazzi sono al-l’oscuro dei meccanismi che governano il mercato delcibo e colpisce loro soprattutto il fatto che di cibo cen’è abbastanza per tutti, l’ingiustizia è che è mal di-stribuito!». E anche qui scatta la domanda: noi cosapossiamo fare? «L’impegno è di guardare cosa simangia, prestare attenzione alla stagionalità e chenon sia stato sfruttato nessuno».

Ma il percorso è importante anche per gli stessieducatori. «L’intenso periodo di formazione estiva, pri-ma dell’inizio dell’anno scolastico, ci offre un arricchi-mento enorme. C’è poi la fase creativa di ideazionedei percorsi. È davvero bello vedere come ogni classereagisce in modo diverso con spunti e domande, ca-paci sempre di stupire».

PARLANO GLI EDUCATORI Laura Zordan di Amici dei popoli e Margherita Verlato di Fare il mappamondo

� Per i 25 alunni della 4a A dellascuola primaria Ferrari di Ca-min per riuscire a mangiare è

più importante avere un pezzo diterra che i soldi! La fame, dunque, sisradica se si ha la possibilità di colti-vare e quindi di procurarsi diretta-mente del cibo. «La terra – affermaSofia – ti può dare sempre qualcosa,in ogni stagione. E sono cibi sani,senza conservanti». Una presa di co-scienza forte, maturata grazie allequattro ore di laboratorio in classecon la Fondazione Fontana.

«Se non mangi dimagrisci, restisenza forze, non riesci più a fare lecose che ti piacciono e il cervellonon pensa bene. Cambia il tuo mo-do di vivere. Se invece mangi trop-po, diventi troppo!». Ragionare apartire dalla propria esperienza sullecause e gli effetti dell’avere o meno

a disposizione il cibo, li ha aiutati acomprendere il valore della terra.«L’uomo non la usa tanto bene –sottolinea Simone – Ci costruiscesopra senza ritegno e così la rovi-na»; e Filippo aggiunge: «Ci sonotroppe infrastrutture agricole e ilterreno non può così dare molto».La prima preoccupazione dei ragaz-zi è che non ci sia cibo per tutti, chela terra venga sfruttata a tal puntoda non poter più produrre a suffi-cienza. «Tanti bambini muoiono difame – sottolinea Firas – Eppure cisono tanti uomini che hanno di piùdi altri».

E l’attività con le foto di PeterMenzel, che in un anno ha immor-talato 30 famiglie di 24 paesi di tut-to il mondo con il cibo che consu-mano in una settimana, ha stimolatola classe. «Nei paesi africani – notaMatteo – non c’è nulla di confezio-nato. In America e in Italia tantissi-mo! Quando abbiamo voglia diqualcosa prendiamo la macchina etroviamo di tutto al supermercato».Condivisa è la certezza che le per-sone povere al supermercato non cipossono andare.

E quindi cosa si può fare? Laprima risposta è di Surafel e di Ke-vin: «Portare lavoro per tutti e istru-zione!». Per Elena e Simone: «Glistati che hanno di più potrebberodarne a chi ne ha meno». Ma c’èanche chi pensa a soluzioni da at-tuare in prima persona, come Anna

e Pietro che parlano di rispetto perl’ambiente e raccolta differenziata.Per Francesco, Emma e Simonenon si deve sprecare il cibo: «Le co-se marciscono sempre in fondo alfrigo, e magari sono di qualità, equando è mezzo vuoto andiamo su-bito a comprare». E Matilde porta lasoluzione della mamma: «Le coseche stanno per invecchiare le mettedavanti o sopra così le vediamo su-bito».

C’è un aspetto però che turba iragazzi: sempre più persone fruga-no nei cassonetti alla ricerca di cibo.«Li vedo alla sera quando porto

fuori il cane con la mamma» rac-conta Marco. E la reazione è digrande tristezza (a Surafel viene dapiangere quando li vede) e di rabbiaal tempo stesso. «Sì – sbotta Matil-de – perché certe persone hannotanto e vogliono sempre di più. Ipoveri, invece, si accontentano diquello che trovano». Anche per Si-mone la pena è tanta «perché i po-veri restano poveri» e Anna si chie-de «perché la gente non li aiuta?».Uno spiraglio di speranza viene daRadish: «Al patronato danno i vesti-ti e da mangiare!».

�pagina di Claudia Belleffi

INTERVISTE Le preoccupazioni, ma anche le soluzioni, della 4a A della primaria Ferrari di Camin

�Quando gli obiettivi del millennio diventanostrade concrete di partecipazione. È l’esempio del

comune di Cadoneghe che quest’anno ha scelto di re-galare alle classi delle proprie scuole primarie i labora-tori della Fondazione Fontana, inserendoli in un proget-to più ampio di cittadinanza attiva, in un partenariatomolto stretto con la Fondazione.

«Solo nelle nostre due scuole le classi sono venti –spiega Roberta Baraldo, insegnante di religione alleprimarie Galilei e Alberti – E gli alunni di quinta parte-ciperanno, nella mattinata del 23 maggio, all’iniziativadel consiglio comunale dei ragazzi, “Consigliamoci”,che per l’occasione quest’anno sarà aperta anche aigenitori e verterà sempre sulla tematica del cibo».

Per i due plessi scolastici, gli obiettivi del millenniosono ormai da anni il fil rouge del piano dell’offerta for-mativa. «Questa collaborazione con Fondazione Fonta-na è ormai consolidata da tempo – sottolinea – e re-stiamo sempre molto soddisfatti sia della preparazionedegli educatori che della formazione specifica per noi

insegnanti. Quest’ultima, in particolare, offre spunti divolta in volta molto interessanti che ci spronano a unapprofondimento e aggiornamento continuo».

Il tema dei diritti per tutti non è estraneo all’internodel programma dell’insegnamento della religione cat-tolica, ma l’aspetto interessante è che per scelta vienecondiviso dall’intero corpo docenti, tentando sempreun aggancio ai vari periodi dell’anno. «Quest’anno neltempo verso il Natale, dedicato per tradizione alla soli-darietà, abbiamo raccolto del cibo per la Caritas e lacosa bella è che le famiglie sono sempre molto dispo-nibili e attente».

In particolare il focus di quest’anno sul cibo hapermesso un lavoro interessante con i bambini cheusufruiscono del servizio della mensa scolastica.«Qualche segnale di cambiamento abbiamo già co-minciato a notarlo – conclude l’insegnante – C’è unamaggior attenzione e disponibilità ad assaggiare il ci-bo, invece che rifiutarlo a priori, e soprattutto notiamomeno avanzi lasciati nei piatti».

LE SCUOLE DI CADONEGHE Il comune ha “regalato” il percorso

Nelle foto, a destra la classe 4A,scuola primaria Ferrari

di Padova; qui sotto, laboratoriocondotto da Giorgio Pusceddu eNatascia Campadello di Caritas.

percorsiscuole

«Perché la gente non aiuta i poveri?»

Ragazzi “costretti” a mettersi in gioco

È inserito in un progetto di cittadinanza attiva

LA DIFESA DEL POPOLO12 APRILE 2015 FondazioneFontana � V

Qui sopra, laboratorio condotto da Chiara Candeo e Sabrina Silvestri della cooperativa ConTatto

Cemea-Veneto; a metà pagina, formazione con gli educatori di Amici dei popoli, Caritas diocesana

di Padova, Cooperativa ConTatto-Cemea Veneto e Fare il mappamondo.

Mentre si viaggianon è importantesolo osservare ciò che ci staintorno, ma anchecercare di capire e comprendere la cultura del posto,conoscere le suetradizioni e il suocibo. Il cibo è un bene primario non solo perchésoddisfa i nostribisogni, ma ancheperché rappresentala nostra storia.

dal blog “Cosa si mangia?”:https://wsacosasimangia.wordpress.com

Page 6: Wsa 2015 - Inserto

� Un blog in cui trovano sede dal rac-conto alla canzone rap, dalla disqui-sizione giuridica alla poesia, e un vi-

deo (con la supervisione del regista MarcoZuin) con una serie di spot da dieci secon-di l’uno. Questi gli strumenti messi in ma-no e poi curati e coltivati dalla 2a C del li-ceo scientifico Galileo Galilei di Caselledi Selvazzano. I 23 ragazzi provocati da-gli interventi in classe della FondazioneFontana e dall’insegnante di lettere, hannocosì tradotto in parole e immagini il loroimpegno per il raggiungimento del primoobiettivo di sviluppo del millennio.

Il percorso di approfondimento ed ela-borazione dei diversi prodotti è iniziato anovembre e ha visto, oltre la lettura e ana-lisi in classe di testi tra i quali Margheritadolce vita e Le ceneri di Angela, anche lavisione dello spettacolo “Orti insorti”di econ Elena Guerrini. «Abbiamo lavoratoquindi divisi in gruppi – racconta Lisa –ciascuno focalizzando un argomento spe-cifico: cibo buono e di qualità; abbondan-za e privazione; semi ogm e dintorni; mer-ce o diritto; storia e cultura; sostenibilità eresponsabilità; cibo, frutto della terra».Ma è nel video che ovviamente emergecon maggior efficacia il messaggio dei ra-gazzi. Uno degli spot più immediati cita:“Tu sei ciò che mangi. Ti interessa davve-ro ciò che sei?”.

«Vogliamo denunciare – spiega Filip-po – come le persone siano poco attentenei confronti di quello che mangiano.Quindi ci siamo fatti riprendere intenti inazioni diverse, dal giocare alla Play alguardare la tv, senza prestare attenzione al

cibo. Così è anche quando facciamo laspesa. Siamo influenzati da colori, packa-ging, prezzi, pubblicità, senza vedere dav-vero come è fatto e cosa è realmente quel-lo che andiamo a comprare».

Ai ragazzi è ben chiaro che il cibo èregolato fin troppo in profondità dalle leg-gi del mercato per poter essere un dirittoper tutti. Però qualcosa si può fare. Come,secondo Eleonora, ricercare sempre cibodi qualità o, per Giulia, l’acquisto volutodi frutta e verdura esclusivamente a chilo-metri zero. «È giusto fare quello che sia-mo in grado di fare – afferma Ottilia, cheè riuscita a convincere il padre, direttoredi un albergo, ad acquistare solo frutta everdura del territorio – Facendo tutti unpiccolo gesto, arriviamo a un grande risul-tato!». «Con quello che possiamo fare og-gi dal punto di vista del progresso e dellatecnologia potremmo davvero migliorareil mondo – aggiunge Arina – E al posto divendere il cibo, potremmo addirittura con-dividerlo. Ma troppe persone pensano alloro guadagno quando invece è necessariovolere il bene di tutti per adottare unasvolta!».

Di certo, come afferma Arianna, non èun passo che si può fare da un giorno al-l’altro. «Come dice Gandhi, ognuno deveessere o rappresentare il cambiamento chevuole vedere nel mondo! La gente ha pau-ra di iniziare e buttarsi. Ma basta poco: adesempio comprare fragole di stagione edel nostro territorio. E soprattutto nonaspettare che siano gli altri a muoversi perprimi».

�C. Be.

I RAGAZZI DELLE SUPERIORI Parla la 2a C dello scientifico Galilei, Caselle di Selvazzano

Tu sei ciò che mangi. T’interessa?UN CONCORSO Per i testi del blog e i video

�Un concorso per parlare di diritto al cibo, è questa l’iniziativa cheFondazione Fontana propone quest’anno alle scuole superiori che

stanno seguendo il progetto World Social Agenda. L’idea nasce dallagrande varietà di prodotti scritti e video che ogni anno raccontano leriflessioni delle ragazze e dei ragazzi coinvolti intorno alla tematicaproposta. Perché non riconoscerne l’impegno e il lavoro, la creativitàe la fantasia? Ecco allora il concorso “Cosa si mangia?”, che raccogliee premia i migliori testi pubblicati nell’omonimo blog e i migliori videorealizzati da ciascuna classe sotto la guida del regista Marco Zuin.

Ma come funziona? Per quanto riguarda i testi, si tratta di una se-lezione tra i quasi 400 contributi pubblicati nel blog. Tra questi ciascu-na classe ha presentato al concorso le proprie tre migliori produzioni,poi votate attraverso Facebook dal pubblico del web. I dieci testi e itre video più votati verranno poi valutati da una giuria di esperti che il28 aprile, nell’ambito di una mattinata dedicata, assegnerà i premi aimigliori lavori. Sarà un’occasione per parlare ancora di cibo come di-ritto, grazie ai contributi delle classi ma grazie anche agli interventi disuor Lia Gianesello delle cucine popolari di Padova e di Andrea Stoc-chiero portavoce di Focsiv per la campagna “Una sola famiglia uma-na, cibo per tutti: è compito nostro”. Tra i premi che verranno asse-gnati non poteva mancare una cena per la classe vincitrice; presso unpiccolo produttore locale, naturalmente.

Un grazie alla giuria: Alessandra Cardin, Alessandro Franceschini,Viviana Mazza, Giulio Mozzi, Arianna Prevedello, Andrea Stocchiero.

Per seguire il concorso si veda la pagina Facebook World SocialAgenda - obiettivi di sviluppo del millennio.

�Francesca Benciolini

Un premio all’impegno

�“Cosa si mangia?”: le immagini animate cheaprono le clip ci ricordano con insistenza che il

cibo è vario, colorato, multiforme. È questo il mes-saggio che la 3a E del Modigliani ci consegna attra-verso le copertine che quest’anno aprono gli undicivideo realizzati nell’ambito della Wsa da altrettanteclassi degli istituti e licei Cornaro, Curiel, Ducad’Aosta, Galilei, Mattei, Pietro d’Abano.

Sotto la regia di Marco Zuin, studentesse e stu-denti si sono confrontati sulle azioni che ogni giornoci mettono in comunicazione con il cibo: aprire il fri-go, condividere pietanze, preparare un panino, get-tare le carte della merenda. Azioni riprese con i cel-lulari all’interno degli ambienti quotidiani perché ilcibo fa parte della nostra vita di tutti i giorni.

Ma come trasformare queste azioni in messag-gi e inviti? Come farle diventare lo stimolo per unariflessione più ampia, capace di lasciar intravvedereingiustizie e disparità ma anche storie ed energie dicui il cibo è portatore e testimone?

Dal confronto all’interno di ciascuna classe so-no nati gli slogan che accompagnano le immagini:poche parole per ricordarci che ogni azione che fac-ciamo non sarebbe pensabile senza l’energia che civiene dal cibo, che ogni piatto che gustiamo richie-de attenzione, che nel nostro pianeta lo spreco è ilmiglior alleato della denutrizione.

In alcune clip la riflessione si allarga e le imma-gini invitano a soffermarsi sugli strumenti che non atutti vengono concessi per accedere al cibo, sui gio-chi della borsa che affamano intere popolazioni, sul-la stagionalità dei prodotti come scelta che può farela differenza, sulla varietà dei cibi garanzia di un’ali-mentazione nutriente e culturalmente adeguata.

Stimolante il messaggio della classe 2a D del-l’istituto alberghiero Pietro d’Abano che, conscia delproprio ruolo, ci ricorda come dietro a ogni piatto cisiano non solo tanti ingredienti ma anche le storie eil lavoro di tante persone. Ad essa fa eco la 2a B delGalilei: il commercio equo e solidale è una possibilerisposta allo sfruttamento in campo agricolo, perché“ogni persona vale”.

I video sono su www.worldsocialagenda.org�F. B.

VIDEO Di undici classi delle superiori

Dai gesti quotidianisono nati slogan

PARTECIPAZIONE E TERRITORI Storie incrociate Italia-Kenya

Il mio cibo, il nostro cibo�P&T 2015. È la sigla di un’esperienza di educazio-

ne alla cittadinanza globale coprogettata e condottainsieme da Fondazione Fontana (Padova) e Saint Martin(Nyahururu, Kenya) da oramai otto anni.

P sta per “partecipazione”. T per “territori”. È un in-vito a essere presenti, a partecipare all’interno dei no-stri territori, quelli vicini, ma anche quelli lontani, a co-struire idee e pratiche di convivenza. P&T è un percorsorivolto alle classi del triennio della scuola secondaria disecondo grado, centrato su metodologie attive e sui te-mi dei diritti umani, parlato in inglese per tre incontri eun totale di sei ore. P&T 2015 (dal 23 febbraio al 20marzo) – guidato da Simon, Benson e Sara – ha inte-ressato oltre un centinaio di ragazzi e ragazze (e i loroinsegnanti) sul diritto al cibo. Gli incontri si sono risoltiin una progressiva risalita dalla scala intimamente per-sonale a quella di interconnessione globale passandoper quella comunitaria, territoriale.

“Cosa mangio io, cosa mangi tu” è stato l’oggettodel primo incontro fatto di domande, di immagini delqui e dell’altrove e di ascolto reciproco.

Le reti globali, più o meno nascoste, tessute dal ci-

bo è stato il tema centrale del gioco di ruolo propostodurante il secondo incontro; studenti e studentessehanno scoperto quanto persone e luoghi di produzionedegli ananas, caso di studio scelto per la riflessione,siano a noi più “vicini” di quanto pensiamo.

Le possibili risposte alle crisi alimentari, alla man-canza di cibo, alla difficoltà di accedere al cibo e a con-dizioni di vita migliori da parte di chi produce molto diciò che arriva sulle nostre tavole ha caratterizzato l’ulti-mo incontro centrato sulla proposta della cooperazioneinternazionale come possibile via per contribuire al so-stentamento delle comunità del pianeta.

Molte domande restano ancora in attesa di trovareuna risposta; “è davvero possibile cambiare rotta”, “finoa dove la consapevolezza può contribuire al cambia-mento”, “cosa potrebbe fare meglio (o diversamente)ognuno di noi”? Lasciamo che il tempo sedimenti lequestioni. Nel frattempo “teniamo alzate le antenne, in-formiamoci, impariamo a scegliere in modo consapevo-le anche ciò che mangiamo” – come suggerisce unostudente al termine del percorso.

�S. B.

�percorsi

scuole

LA DIFESA DEL POPOLO12 APRILE 2015VI � WorldSocialAgenda

Mangiare è unacostante nella vitadell’uomo, mararamente cipreoccupiamodavvero di ciò chemettiamo nei nostripiatti. È strano cheper una necessitàcosì centrale nellanostra vita ci sia unacuriosità così scarsa;mangiamo alimentimagari perché hannoun bell’aspetto, unbel colore o pertradizione, ma non ci chiediamo mai se veramente ci piacciono e soprattuttose ci fanno bene.

dal blog “Cosa si mangia?”:https://wsacosasimangia.wordpress.comNelle foto, in alto a destra e a sinistra, dettagli di arazzi, 3E Liceo Artistico Modigliani; a metà pagina, copertina

video di Davide Gambe, 3E liceo artistico Modigliani; qui sopra: Benson e Simon, formatori per il progettoPartecipazione e Territori.

Page 7: Wsa 2015 - Inserto

�Come raccontare un percorsodurato otto anni? Come fare sin-

tesi di tutte le riflessioni, le informa-zioni, i dati e le reti che hanno co-struito e reso possibile la World so-cial agenda dal 2008 a oggi? È que-sta la sfida che lo staff di Fondazio-ne Fontana ha voluto raccogliere inparticolare per tutti i bambini e lebambine, i ragazzi e le ragazze chein questi anni hanno partecipato coninteresse e coinvolgimento alla Wsasugli otto obiettivi di sviluppo delmillennio e che si sono entusiasmatiattendendo di anno in anno le pro-vocazioni di questi temi, così lontanieppure così vicini.

Obiettivi, target, indicatori, nu-meri, lavori, risultati: il materialeraccolto, elaborato, prodotto ha tro-

vato man mano il filo di una narra-zione che ha voluto raccontare i pro-gressi ma anche le sfide degli ottoobiettivi, raccogliere le riflessioni edare dei piccoli spiragli su un pro-getto, le reti costruite, le tante per-sone coinvolte.

Ma quale forma dare a questoresoconto? A chi affidare tutto que-sto lavoro perché diventasse com-prensibile e fruibile? La scelta è ca-duta sullo strumento video e sullagrande esperienza di Anna Berton,già collaboratrice di FondazioneFontana e capace di trasformare inenergia e colore le parole e i con-cetti. Così Anna, affiancata dallatecnica di Stefano Volpato, ha sapu-to creare un ritmo morbido e gioco-so capace di tenere alta l’attenzione

grazie all’alternanza di caratteri ecolori, che nel differenziarsi conti-nuamente danno un senso di com-piuta freschezza al video WSA2008-2015. Un progetto per ottoobiettivi. I temi importanti propostidalle Nazioni Unite e l’intenso lavorodi otto anni sul territorio di Padova eTrento acquistano un senso di leg-gerezza che non contrasta con ladrammaticità di alcuni dati e nonesclude una seria analisi della situa-zione.

«748 milioni di persone utilizza-no ancora acqua non potabile», «aoggi si calcola che una donna ognitre al mondo abbia subito violenze»,«ancora oggi una persona su ottosoffre la fame».

Sullo sfondo dei colori che ri-

chiamano i loghi degli obiettivi pro-posti dalle Nazioni Unite, si alterna-no risultati e sfide di questo impe-gno globale che sono stati gli otto obiettivi di sviluppo del mil-lennio.

L’invito a credere che la stradadel coinvolgimento personale e dellecomunità sia quella vincente, vieneaffidato al lieve susseguirsi delle nu-volette in cui compaiono parole eimmagini. La voglia di capire e diagire che ha accompagnato tanti in-segnanti e tanti studenti in questiotto anni, viene restituita dalla gio-cosità di una musica cha sa tra-smettere il ritmo di questo entusia-smante lavoro di rete. A confermache «la scuola è il luogo dove si puòcambiare il mondo».

VIDEO SUGLI OTTO OBIETTIVI DEL MILLENNIO Curato da Anna Berton con il supporto tecnico di Stefano Volpato

Progressi, sfide, riflessioni, reti, persone e spiragli del progetto

� «Viaggiare deve comportare il sa-crificio di un programma ordinario... la

rinuncia del quotidiano per lo straordina-rio» (Herman Hesse). È proprio perchéamiamo le cose “straordinarie” che abbia-mo cominciato il nostro viaggio accompa-gnate dai nostri alunni, all’interno degli ot-to obiettivi del millennio. Un viaggio duratootto anni. Ci siamo affidate a un’agenziaspeciale, Fondazione Fontana onlus; ab-biamo scelto con cura le nostre guide, ab-biamo studiato nei minimi particolari il per-corso, volevamo capire cosa significa lavo-rare insieme per lo sviluppo, migliorare laqualità della vita, combattere le malattie,migliorare la salute materna, ridurre lamortalità infantile, promuovere la parità trauomo e donna, assicurare l’istruzione pri-maria a tutti i bambini e le bambine, sradi-care la povertà estrema e la fame.

Una volta deciso che anche noi vole-vamo esserci, che volevamo dare la possi-bilità ai nostri ragazzi di percorrere ancheuna sola tappa del percorso, è arrivato ilmomento cruciale di preparare i bagagli. Esi sa, i bagagli sono una cosa complicata.Cosa mettere nello zaino?

I nostri ragazzi, così esuberanti, chiac-chieroni, scherzosi, rumorosi, senza preoc-cupazioni (in apparenza), sempre con latesta per aria, arrivano a scuola con dei“macigni” dentro lo zaino. Per una voltavolevamo viaggiare leggeri, mettere solo lecose essenziali. Allora cosa mettere nellozaino? La curiosità: aprire gli occhi, vederecome girano le cose, farsi delle doman-de... Ma anche la voglia di individuare co-sa possiamo fare noi, quali scelte e qualiresponsabilità abbiamo. L’intraprendenza,lo spirito di iniziativa, la voglia di mettersi

in gioco. E la passione, perché un po’ dipassione serve, e riempire di emozioni tut-to quello che si fa a scuola è importante.

Al momento in cui scriviamo le nostreclassi prime stanno giocando sul cibo, unatematica così importante affrontata con al-cune strategie educative e didattiche peremozionare gli studenti.

Grazie a Francesca, Giorgia, Laura eSabrina, le nostre guide che si sono alter-nate nelle classi e in modo così sapiente eappassionato ci hanno accompagnato inquesti otto anni di scoperta, approfondi-mento, hanno stimolato la nostra curiositàe presentato in modo avvincente e coinvol-gente i contenuti. Abbiamo sentito un pia-cevole fluire di emozioni nell’attività svolta.�Ornella De Santi e Stefania Danieletto

secondaria di primo grado Carducci, succursale Zanchi, a Este

UN VIAGGIO DURATO OTTO ANNI Come hanno vissuto l’esperienza due insegnanti

«Ci siamo sentite stimolate, insieme ai nostri ragazzi»

LA DIFESA DEL POPOLO12 APRILE 2015 FondazioneFontana � VII

� I loghi della World Social Agenda di questianni (immagine qui sotto) sono stati elaboratida Matteo Dittadi, titolare e projet manager diOutline sas. Matteo collabora con FondazioneFontana da diversi anni e cura immagine egrafica di tutti i nostri progetti. È stato chiestoa Matteo di rileggere e interpretare gli otto lo-ghi degli obiettivi di sviluppo del millennio,cercando di mantenere l’efficacia e l’immedia-tezza comunicativa di quelli ufficiali, ma altempo stesso porre l’accento sugli aspetti chemaggiormente avrebbero caratterizzato le ini-ziative dell’anno da parte della World socialagenda. «Non si voleva correre il rischio chequanto si stava facendo potesse essere di-strattamente interpretato come una serie diazioni singole, estemporanee e disgiunte –spiega Dittadi – prive di un unico filo condutto-re che invece legava ogni singolo intervento eproposta».

I LOGHI DI QUESTI ANNINon sono solamente una scelta grafica

Page 8: Wsa 2015 - Inserto

LA DIFESA DEL POPOLO12 APRILE 2015VIII � WorldSocialAgenda

�� Venerdì 17 aprile, alle 20.45 al cinema tea-

tro Mpx di via Bonporti 22 a Padova, va inscena Guarire la terra. Gli otto obiettivi del

millennio in otto storie, con Vasco Mirandola,Martina Pittarello e le musiche dal vivo dellaPiccola Bottega Baltazar.

Lo spettacolo, prodotto da Fondazione Fonta-na con il coordinamento artistico di Vasco Mi-randola, racconta per parole, immagini e musicagli obiettivi di sviluppo del millennio sottoscrittidall’Onu nel 2000. Vasco Mirandola ci aiuta a ri-flettere su temi universali come l’ambiente, la sa-lute materna e infantile, la parità tra uomo e don-na, l’istruzione e il diritto al cibo, lasciandoci in-travvedere come queste tematiche siano a noimolto vicine e anzi penetrino nel tessuto socialedella vita quotidiana. Lo fa interagendo e pren-

dendo spunto da testi, video, lavori e suggestioniche in questi otto anni sono stati utilizzati dallaWorld Social Agenda (Wsa) – percorso culturaledi educazione, sensibilizzazione e informazionedi Fondazione Fontana – per raccontare ai ragaz-zi delle scuole di Padova e provincia gli ottoobiettivi del millennio. Vasco Mirandola riper-corre gli obiettivi dall’ultimo al primo, partendodall’ottavo – creare un partenariato globale per losviluppo – che indica il metodo di lavoro genera-le per la realizzazione di tutti gli altri e che laWsa ha tradotto con lo slogan: “Solo attraversola comunità”.

Il viaggio parte dal Kenya, anzi dal SaintMartin con la rilettura dei testi tratti da Me, WeOnly through community, il documentario diFondazione Fontana che è anche un libro sul-l’esperienza del Saint Martin, organizzazione chelavora a Nyahururu, a nord del Kenya, per le per-sone più vulnerabili. Si parte quindi dalla comu-nità, dall’incontro, dall’importanza di lavorareinsieme per lo sviluppo umano (obiettivo 8), pas-sando attraverso “il miglioramento della qualitàdella vita e il rispetto dell’ambiente” (obiettivo7), “la lotta all’Aids, alla malaria e alle altre ma-lattie” (obiettivo 6), “il miglioramento della salu-te materna” (obiettivo 5), “la riduzione dellamortalità infantile” (obiettivo 4), “la promozionedella parità tra uomo e donna” (obiettivo 3), lagaranzia di un’istruzione primaria per tutti i bam-bini e le bambine fino ad arrivare al primo obiet-tivo: “sradicare la povertà estrema e la fame”.

E proprio parlando del diritto al cibo, con lestorie di Ibrahim Abuleish, che trasforma il de-serto in giardino, di Vandana Shiva e le “bibliote-che dei semi”, di Via Campesina, movimento in-ternazionale per la sovranità alimentare, VascoMirandola e Martina Pittarello ci riconducono al-l’importanza della dimensione della rete e dellacomunità in questo caso del cibo. Perché «nelprocesso in cui aiutiamo la terra a guarire, aiutia-mo noi stessi» (Wangari Maathai).

Lo spettacolo è accompagnato dalle musichedal vivo della Piccola Bottega Baltazar con Gior-gio Gobbo, voce e chitarra, Sergio Marchesini,piano e fisarmonica, Toni De Zanche, contrab-basso.

I video sono a cura di Marco Zuin, Anna Ber-ton e Stefano Volpato. È prevista una replica del-lo spettacolo a Trento il 15 maggio al teatro Cu-minetti in via Santa Croce 67.

�Martina Secchi

GUARIRE LA TERRA Spettacolo, il 17 aprile, con Vasco Mirandola, Martina Pittarello e la Piccola Bottega Baltazar

A teatro

Otto storie per otto obiettivi del millennio

� E adesso? Terminato il percorso sugli obiettivi delmillennio il prossimo anno la World Social Agendasarà dedicata alla tematica delle guerre dimenticatee dei conflitti con un approccio rivolto al “diritto allapace”. Guerre e conflitti non sono oggetto specificodi uno degli otto obiettivi del millennio e gli studentie le studentesse in questi anni non hanno esitato afar presente come proprio la guerra fosse il primoostacolo alla realizzazione di ogni condizione di svi-luppo, come affermato dallo stesso Ban Ki-moon,segretario generale delle Nazioni Unite (The road todignity by 2030, dicembre 2014).

Per il nuovo percorso verrà mantenuto il legamecon l’agenda globale, ma – come per il lavoro diquesti anni – i contenuti saranno declinati attraversola lente interpretativa di Fondazione Fontana. Antici-piamo già che, dopo aver affrontato nel 2016 i con-flitti e il diritto alla pace, la Wsa per il 2017 porterànelle scuole il tema delle “Migrazioni e diritto al fu-turo”, che rappresenta oggi una delle sfide più con-crete con le quali la scuola si trova a fare i conti intutti gli ordini e gradi.

WORLD SOCIAL AGENDAIl percorso dei prossimi anni

Crediamo in un mondo più giusto e solidale, dove ogni persona possa contribuire a unfuturo di dignità e libertà per tutti nell’uguaglianza, nel dialogo e nella pace.Operiamo in Trentino e nel Veneto dal 1998 per la realizzazione di progetti di pace,cooperazione, solidarietà internazionale, educazione alla mondialità con l’obiettivo divalorizzare le risorse del territorio e la promozione di reti e collaborazioni tra soggettidiversi. Sosteniamo progetti di solidarietà internazionale basati sulla comunità in Kenya,Ecuador, Bosnia e Israele.Investiamo per statuto, un terzo del patrimonio in programmi di microcredito pressoassociazioni terze. I nostri progetti in Italia sono World Social Agenda, Atlante, Partecipazione e territori eil portale Unimondo.I nostri contatti: www.fondazionefontana.org / Padova - via F. S. Orologio 3 - 049-8079391; Trento - via Herrsching 24, Ravina - 0461-390092.

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