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AZIENDA UNITÀ SANITARIA LOCALE FROSINONE DIPARTIMENTO D3D
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CASSINO E DEL LAZIO MERIDIONALE
Incontro di formazione - 19 settembre 2013
Responsabilità e partecipazione:
governance del sistema di promozione di salute
attraverso processi di empowerment e di comunità
diritto bene valore
individuale comune socio-culturale
a Leonardo
da poco arrivato
GIOVANNI DE VITA
La salute:diritto individualebene comunevalore socio-culturale
Il Corso intende offrire una visione complessiva ed
integrata delle strategie di promozione di salute,
assumendo l‟ottica dell‟ empowerment e dedicando
uno specifico spazio alla governance del sistema di
promozione (Abstract / Premessa)
Responsabilità e partecipazione: governance del sistema di promozione di salute attraverso
processi di empowerment individuali e di comunità
Il concetto di governance fa in genere riferimento ai modi e
agli effetti dell‟azione di governo piuttosto che al percorso
decisionale e pone particolare attenzione alle funzioni svolte
e alle relazioni che tengono insieme tutti gli attori sociali
coinvolti in un legame di reciproca influenza.
Il concetto di empowerment (=rendere potenti, acquisire potere) richiama
alquanto diffusamente un processo nel quale, al di là delle distinte
caratterizzazioni (radicali, liberali, disciplinari e specialistiche),
sono evidenti le dimensioni della reciprocità, della dinamicità,
della consapevolezza, della mutevolezza, della adattabilità,
quasi fosse necessario comporre UNA INTESA, UNA
‘COMPLICITÀ’ tra tutti gli attori coinvolti nel processo.
Più che una definizione, si deve partire dal progetto che
l‟antropologia intende articolare o costruire.
E così, secondo Mondher Kilani, «malgrado l‟eterogeneità teorica e le
rotture storiche constatabili all‟interno della disciplina, in effetti è
sempre esistito un punto di vista specifico dell‟antropologia sul
reale, un suo progetto permanente: quello di pensare il rapporto
fra l’unità e la diversità del genere umano.
L‟antropologia pone al centro del suo procedimento le differenze
per le quali le società e le culture si distinguono. […] il suo
progetto è quello di articolare i rapporti fra locale e globale, di
pensare l‟altro e il medesimo sotto gli aspetti più diversi».
M. Kilani, Antropologia. Una introduzione, Bari, Edizioni Dedalo, 2002, pp. 26-27
Per quanto possano basarsi su fatti oggettivi,
non opinabili,
gli indicatori della diversità si attivano come
tali sempre e solo in rapporto alla situazione
determinata in cui si ci trova.
Come abbiamo detto: chi è diverso è sempre
diverso per qualcuno, ovvero
la diversità è sempre relazionale e situazionale.
A. Signorelli, Antropologia culturale , Milano, McGraw-Hill, 2011, p. 9
Lo sviluppo della scienza etno-
antropologica non può in definitiva essere
compreso prescindendo dai più generali
dibattiti politico-epistemologici relativi
alla scrittura e alla rappresentazione
della diversità/alterità.
U. Fabietti, L’identità etnica. Storia e critica di un concetto equivoco, Roma, Carocci, 1998, pp. 38-39
Costituzione della Repubblica italiana
Art. 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività ,
e garantisce cure gratuite agli indigenti .
Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di
legge. La legge non può in nessun caso violare i
l imiti imposti dal rispetto della persona umana.
10 dicembre 1948 - ASSEMBLEA GENERALE ONU
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi
sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri
in spirito di fratellanza.
Articolo 2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella
presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di
colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro
genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra
condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello
statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui
una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione
fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.
L‟opposizione risale già al 1947 quando, un anno prima della
pubblicazione della Dichiarazione universale dei diritti umani,
«American Anthropologist», rivista ufficiale dell‟American
Anthropological Association (AAA) pubblicò un documento
intitolato Statement on Human Rights, a firma dell‟Executive Board
dell‟Associazione, ma redatto da Melville Herskovits,
Herskovits osservava che la bozza di Dichiarazione delle Nazioni
Unite si muoveva in direzione opposta a quanto da lui auspicato
metodologicamente. Invece di cercare da un punto di vista
innanzitutto empirico cosa sarebbe stato possibile considerare come
diritti umani, elaborando quindi una Dichiarazione che fosse
interculturale, la Commissione per i diritti umani guidata da Eleanor
Roosvelt lavorava invece per creare concetti ancorati
esclusivamente alla filosofia politica occidentale.
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI
Articolo 25
1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la
salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare
riguardo all‟alimentazione, al vestiario, all‟abitazione, e alle cure
mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in
caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in
altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti
dalla sua volontà.
2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza.
Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della
stessa protezione sociale.
Partendo dalla Seconda Conferenza delle Nazioni Unite sui diritti
dell‟uomo (Vienna 1993) i rappresentanti dei paesi asiatici e
dell‟America latina rivendicarono la impostazione marcatamente
occidentale della Dichiarazione universale e l‟esistenza di valori
„altri‟, ad esempio quelli asiatici quali disciplina, ordine, coesione
sociale, spirito di gruppo, inconciliabili con l‟individualismo
universalistico occidentale (spesso ritenuto dagli stessi occidentali
lassista e indolente).
Sugli Asian values si può ormai citare un importante dibattito, a volte
esasperato dalla considerazione che nell‟ultimo ventennio alcune
nazioni asiatiche, ispirate a e condizionate da quei valori, siano
diventate le principali e le più affermate economie a livello globale.
OMS: Salute/malattia , ovvero ben-essere/mal-essere
Il concetto di salute enunciato nel 1948
dall‟Organizzazione Mondiale della Sanità è ancora
oggi alla base della definizione ufficiale del termine
„salute‟. La definizione formulata dall‟Organizzazione
Mondiale della Sanità è da circa 65 anni la seguente:
«La salute è uno stato di completo benessere fisico,
mentale e sociale e non consiste soltanto in una
assenza di malattia o di infermità».
Nella Conferenza dell‟OMS che si tenne ad Ottawa in Canada il
21 novembre 1986 fu adottata una carta sulla promozione della
salute. Il documento finale, La Carta di Ottawa, fornisce una
definizione più elaborata di promozione della salute:
«La promozione della salute è il processo che conferisce
alle popolazioni i mezzi per assicurare un maggior
controllo sul loro livello di salute e migliorarlo».
Questo modo di procedere deriva da un concetto che definisce la
salute come la misura in cui un gruppo o un individuo possono,
da un lato, realizzare le proprie ambizioni e soddisfare i propri
bisogni, dall‟altro, evolversi con l‟ambiente o adattarsi a questo.
La salute è dunque percepita come RISORSA
della vita quotidiana e non come il fine
della vita: è un concetto innovativo che
mette in valore le risorse sociali e
individuali, come le capacità fisiche. Così,
la promozione della salute non è legata
soltanto al settore sanitario: supera gli stili
di vita per mirare al ben-essere.
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata
dall‟Assemblea Generale della N. U. a New York il 13 dicembre 2006, sottoscritta
dall‟Italia il 30 marzo 2007, ratificata L. 3 marzo 2009, n. 18;
Il concetto di disabilità non indica più un assoluto della persona come in
passato ma riguarda il rapporto tra la persona e il suo ambiente di
riferimento. (Presentazione Ministeriale)
Articolo 1 - Scopo
1. Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il
pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà
fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per
la loro intrinseca dignità.
2. Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature
menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con
barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva
partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.
Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali (328 /2000)
Art. 1. 5. Alla gestione ed all‟offerta dei servizi provvedono soggetti
pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella
realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di
utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di
volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni,
enti di patronato e altri soggetti privati.
Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi
anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione
delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di
auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.
La Legge 328/2000 (‘incompiuta’ nella Regione Lazio)
ha innanzitutto segnato il passaggio dalla concezione di utente
quale portatore di un bisogno specialistico a quella di persona
nella sua totalità costituita anche dalle sue risorse e dal suo
contesto familiare e territoriale; quindi il passaggio da una
accezione tradizionale di assistenza, come luogo di
realizzazione di interventi meramente riparativi del disagio, ad
una di protezione sociale attiva, luogo di rimozione delle cause
di disagio ma soprattutto luogo di prevenzione e promozione
dell’inserimento della persona nella società attraverso la
valorizzazione delle sue capacità.
Nota MIUR 04.08.2009, n. 4274
Linee guida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità
Premessa
L‟integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo
irreversibile, e proprio per questo non può adagiarsi su pratiche
disimpegnate che svuotano il senso pedagogico, culturale e sociale
dell‟integrazione trasformandola da un processo di crescita per gli
alunni con disabilità e per i loro compagni a una procedura solamente
attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici.
Crescere è tuttavia un avvenimento individuale che affonda le sue radici
nei rapporti con gli altri e non si può parlare di sviluppo del potenziale
umano o di centralità della persona considerandola avulsa da un
sistema di relazioni la cui qualità e la cui ricchezza è il patrimonio
fondamentale della crescita di ognuno.
La prima parte delle Linee Guida […] presenta inoltre l‟orientamento
attuale nella concezione di disabilità, concezione raccolta in
particolare dalla detta Convenzione [Convenzione ONU per i diritti delle
persone con disabilità].
Si è andato infatti affermando il “modello sociale della disabilità”,
secondo cui la disabilità è dovuta dall‟interazione fra il deficit di
funzionamento della persona e il contesto sociale. Quest‟ultimo
assume dunque, in questa prospettiva, carattere determinante per
definire il grado della Qualità della Vita delle persone con disabilità.
In linea con questi principi si trova l‟ICF, l‟International
Classification of Functioning, che si propone come un modello di
classificazione bio-psico-sociale decisamente attento all‟interazione
fra la capacità di funzionamento di una persona e il contesto sociale,
culturale e personale in cui essa vive.
Direttiva MIUR sui Bisogni Educativi Speciali del 27.12.2012
1. Bisogni Educativi Speciali (BES)
L‟area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile
esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che
presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni:
svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o
disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della
cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. Nel
variegato panorama delle nostre scuole la complessità delle classi diviene
sempre più evidente. Quest‟area dello svantaggio scolastico, che ricomprende
problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi
Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs).
Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella
dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico,
linguistico, culturale.
dimensione socio-sanitaria
la difficoltà di collocare sullo stesso piano le due dimensioni:
quella sociale e quella sanitaria.
Il parametro di riferimento è centrato verso la caratterizzazione
sanitaria talmente tanto, da essere diventato o un peso per
alcune categorie professionali (penso agli assistenti sociali)
oppure uno stereotipo secondo il quale la dimensione socio-
sanitaria è – in forme esclusive e vincolanti – solo quella
medica vista all‟interno di una particolare società.
Sanitaria = professionalità provata inserita in percorsi
valutabili e accreditabili
Sociale = volontariato da accettare secondo il parametro della
disponibilità gratuita in nome della quale tutto si può
sacrificare perché il volontario comunque dona se stesso.
Mettere sotto tensione o sotto stress le certezze della visione
patologica della malattia e/o della diversità.
L‟operazione non può più essere intesa come un intervento di
tipo paternalistico, quasi a volerne intenzionalmente occultare,
da un lato, le novità di orientamento e, dall‟altro, quelle di tipo
scientifico.
Governance ed empowerment fanno spesso immaginare la
necessità di stringere ‘alleanze’ molteplici .
Salute non può essere vista solo come una questione filtrata
attraverso la lente della patologia, ma deve essere assunta nel suo
ampio, per quanto stridente e complesso, valore socio-culturale.
L‟antropologia avrebbe il compito di chiarire questa situazione,
sottolineando la natura arbitraria e ambigua di ogni definizione
di diverso assegnata ad alcuni esseri umani da parte di altri esseri
umani. Questa interpretazione mette in evidenza un elemento
importante, ma non è condivisibile fino in fondo. È vero che la
percezione e l‟elaborazione delle diversità sono culturalmente
condizionate e hanno spesso anche una valenza strumentale,
ideologica; ma questo non significa che le diversità non
esistano affatto, che siano tutte e soltanto immaginate. Ignorare i
referenti empirici, i correlati fattuali delle nostre percezioni delle
diversità rischia di restituirci una visione dimezzata del mondo,
una visione davvero fantasmatica. E probabilmente anche
arbitraria.A. Signorelli, Antropologia culturale , Milano, McGraw-Hill, 2011, p. 16