01 semiologia della musica i parte 2012-2013
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SEMIOLOGIA DELLA
MUSICA
NICOLA SPIEZIO STORICO E CRITICO MUSICALE, MUSICOTERAPISTA
- Si laurea nel 2005 presso l’Università degli Studi di Bologna nel corso di laurea
D.A.M.S. (Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo) ad indirizzo
musicale.
- Nel 2010 si diploma in Musicoterapia alla Scuola Triennale di Musicoterapia
“Carlo Gesualdo” discutendo il Caso Clinico con il Prof. Tony Wigram
(professore di Musicoterapia all’Università di Aalborg, Danimarca, già
Presidente della Federazione Mondiale di Musicoterapia WFMT).
Inoltre è: - ideatore, fondatore e docente presso la Scuola di Musica “Nuova Banda Città
Di Deliceto”;
- ideatore e Direttore Artistico del Festival Culturale “SUONO VIVO-
Musica & Cultura”;
- promoter di eventi culturali e di Spettacolo.
Viviamo in una realtà in cui la tecnologia sta
trasformando rapidamente lo stile della comunicazione
umana che viene mediata in misura crescente da mezzi
meccanici ed elettronici.
Se ciò permette di comunicare a grandi distanze e con un
numero esteso di persone, dall’altro non consente tutta la
ricchezza e le possibilità offerte dalla
comunicazione faccia a faccia.
PARTE PRIMA
1. Definizione di Semiologia
2. Origini della Semiologia
3. La semiologia della musica
4. La vita come comunicazione
5. Il linguaggio nella
comunicazione
6. Struttura del linguaggio
7. Sistemi di comunicazione
8. La comunicazione
9. Codice e messaggio
10. Significante e significato
11. Segno e simbolo
12. Il GAP significante/significato
PROGRAMMA DI SEMIOLOGIA DELLA MUSICA
COS’E’ LA SEMIOLOGIA?
La semiologia (dal termine francese sémiologie) è una disciplina che
studia i segni ed il modo in cui questi formano un senso.
Disciplina che riguarda la comunicazione umana in quanto processo
basato sulla utilizzazione di SEGNI.
Il segno nella sua definizione più ampia ed astratta è “qualcosa che
sta per qualcos’altro”.
La semiologia studia la natura dei segni, la loro produzione,
trasmissione e interpretazione.
Compito della semiologia è quello di studiare la vita dei segni in
relazione con la vita sociale .
La semiotica contemporanea è nata fra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX sec.
da due diverse tradizioni: la filosofia del linguaggio e la linguistica
comparativa.
La filosofia del linguaggio, che ha origini molto antiche,
si interroga su alcune questioni fondamentali: qual è la
natura del linguaggio, a cosa serve, quali sono le sue
origini e come interagisce con il pensiero, ecc.
Possiamo considerare il Cratilo di
Platone come una delle più antiche
opere di filosofia del linguaggio.
LA NASCITA DELLA LINGUISTICA COMPARATA
Fu il primo (insieme al danese Rask) a descrivere
coerentemente e rigorosamente le analogie fra il
sanscrito (lingua colta usata dalle caste indiane
più elevate) e le lingue europee, ponendo le basi
per il riconoscimento del gruppo indoeuropeo.
È considerato il padre della grammatica
comparata. Franz Bopp
1791 – 1867 Germania
LA SEMIOLOGIA DELLA MUSICA
Che la musica sia un linguaggio è fuori di dubbio. Quel che invece
ancora resta poco chiaro sono i meccanismi che presiedono al suo
funzionamento.
I problemi sul tavolo sono principalmente due: Il primo riguarda
l’astrattezza del linguaggio musicale, ovvero il fatto che esso non sia,
a differenza di quello verbale, mai rappresentativo ma sempre
simbolico; Il secondo problema riguarda, invece, la possibilità di far
valere il valore linguistico della musica anche nel caso della musica
contemporanea. L’atonalità e, soprattutto, la dodecafonia hanno
infatti determinato un innegabile scollamento tra la creazione
musicale e la volontà dell’autore di esprimere (e la capacità
dell’ascoltatore di cogliere) un significato.
Per risolvere questi ed altri problemi entra in gioco una disciplina
estremamente giovane: la semiologia musicale.
Essa ha come obiettivo l’individuazione delle regole che rendono
possibile il funzionamento della musica come linguaggio,
consentendo di comprendere come sia possibile all’ascoltatore di
comprendere la musica, cogliendo il suo significato.
La difficoltà di questa operazione sta nel fatto che il “messaggio
musicale” può essere compreso solo nell’analisi complessiva della
composizione musicale.
Il linguista ginevrino Ferdinand De Saussure nel suo corso di
linguistica (1916) studia il segno linguistico come una correlazione di
due piani:
- significato
-significante
Al primo corrisponde un concetto ed al secondo un’immagine
acustica.
Il segno, per De Saussure, unisce un’immagine acustica cioè il
significante, a un concetto che è il significato.
ESEMPIO: la parola scritta o pronunciata “albero” è il significante,
mentre l’albero in sé è il significato.
Il significato risiede fuori dalla lingua, il significante invece si trova
all’interno.
Possono diventare oggetto di studio semiologico tutti quei sistemi di
segni/segnali fortemente codificati e che nella vita sociale rivestono
una chiara funzione comunicativa.
Le forme della comunicazione sono:
•Verbale
•Non verbale.
Queste due forme della comunicazione si differenziano per un
duplice ordine di fattori:
• Gli strumenti impiegati (il linguaggio);
• La struttura del linguaggio.
LA VITA COME COMUNICAZIONE
I processi vitali avvengono sulla base di uno scambio costante fra
l’organismo vivente e l’ambiente esterno.
L’organismo realizza questo scambio attraverso:
•l’assunzione di sostanze dall’ambiente;
•la loro trasformazione;
•la loro restituzione, in altra forma, all’ambiente da cui
provengono.
Questo processo prende il nome di metabolismo.
Analogamente a ciò che avviene sul piano corporeo, anche la vita psichica
si sviluppa sulla base di uno scambio continuo tra individuo e ambiente.
In questo caso si parla di un METABOLISMO PSICHICO.
In questo processo psichico il materiale da metabolizzare è dato dai
fenomeni dell’ambiente (esterno ed interno all’organismo umano).
Essi, attraverso la stimolazione sensoriale, si traducono in impulsi che
attivano a vari livelli il sistema nervoso.
L’elaborazione di questi impulsi produce una serie di risposte a livello
vegetativo, percettivo, affettivo, cognitivo, motorio.
La ricaduta nel contesto ambientale delle manifestazioni espressive rende
compiuto il ciclo del metabolismo psichico in cui si sostanzia la
comunicazione.
Questo continuo scambio energetico con l’ambiente è una
necessità biologica per l’individuo.
Senza la comunicazione non può esserci vita.
LA VITA È COMUNICAZIONE.
Pertanto la qualità della vita è strettamente legata alla qualità
della comunicazione.
Una condizione di salute, di benessere psichico è determinata da un
equilibrato metabolismo psichico che porta alla soddisfazione dei
bisogni individuali, ad una adeguata realizzazione di sé, in forme
congrue rispetto al contesto.
Una condizione di malattia, di disagio, di sofferenza
psichica si ricollega alla presenza di squilibri che
impediscono un corretto metabolismo psichico.
Agganciandosi a queste premesse, la musicoterapia può essere
inquadrata come scienza e tecnica d’intervento che si occupa dei
problemi dell’espressione e della comunicazione.
Comunicazione verbale
PAROLA
(segno convenzionale arbitrariamente legato
all’oggetto)
Comunicazione NON verbale
Espressione corporea : mimica,
gestualità, sguardo, postura, prossemica,
movimento.
Espressione sonora : vocale,
corporea, strumentale; timbro, intensità,
altezza, tempo ecc.
Espressione figurativa : grafica,
pittorica, fotografica, plastica, ecc.
IL LINGUAGGIO NELLA COMUNICAZIONE
Nella Comunicazione
verbale
L’ u s o d e l l a p a r o l a d e t e r m i n a n e l l a c o m u n i c a z i o n e u n a struttura logica cioè fondata sul rispetto di un c o d i c e l i n g u i s t i c o .
Nella comunicazione
NON verbale
Fra i segni impiegati e l’oggetto rappresentato è poss ibi le individuare forme di affinità, somigl ianza, analogia; c iò definisce la struttura analogica d e l l a c o m u n i c a z i o n e .
STRUTTURA DEL LINGUAGGIO
DIGITALE ANALOGICO
Il termine digitale indica ciò che è idoneo a rappresentare dati in forma numerica o di lettere alfabetiche.
Indica un sistema in cui in qualche modo i segni – diversi da lettere e numeri – richiamano gli oggetti rappresentati.
Qualunque cosa è comunicazione : infatti, P.Watzlawick in scienze della comunicazione, ha fatto la distinzione tra comunicazione analogica e digitale
La comunicazione non verbale o analogica non solo fa parte del nostro patrimonio ancestrale, che ci portiamo dentro ed è radicata nel nostro inconscio, ma fa parte anche della nostra vita quotidiana.
SISTEMI DI COMUNICAZIONE
La comunicazione non verbale o analogica è una forma
comunicazionale molto più legata al nostro inconscio mentre, la
comunicazione verbale o digitale è più legata alla nostra coscienza.
Viene definita analogica quel tipo di comunicazione che si basa su
una similitudine tra l’oggetto e ciò che si usa per rappresentarlo. Si
può affermare che la comunicazione analogica è tutto ciò che è
comunicazione non-verbale.
All’opposto, invece, troviamo la comunicazione digitale che usa una
serie di segni convenzionali, non esiste nessuna relazione fra la
parola e la cosa rappresentata.
P.Watzlawick nella “Pragmatica della comunicazione
umana” (1967) afferma che:
• E' impossibile non comunicare, ogni comportamento
è comunicazione, si invia un messaggio agli altri, che lo
si voglia oppure no.
• Nella comunicazione si apre la relazione, ovvero la
relazione con l'altro è già implicita nella stessa
esistenza umana.
Sempre Watzslawick, all’interno di ogni comunicazione, di ogni
interazione fra due o più soggetti, accanto ad una trasmissione di
informazioni (il contenuto di un messaggio), si ha parallelamente un
secondo livello di comunicazione concernente la qualità della
relazione tra i comunicanti e di riflesso la sfera del loro
comportamento .
La struttura logica favorisce la trasmissione del contenuto,
dell’informazione e si avvale prioritariamente del sistema digitale,
mentre gli aspetti concernenti la natura e la qualità della relazione
in atto nonché la sfera comportamentale vengono veicolati meglio
da una struttura di tipo analogico.
LA COMUNICAZIONE In linguistica (la branca della semiologia che studia il linguaggio verbale) per
comunicazione si intende la trasmissione di informazioni mediante messaggi da
un emittente ad un ricevente.
Elementi della comunicazione
Per R. Jacobson una ideale situazione di comunicazione è caratterizzata da :
•Un emittente (o fonte del messaggio);
•Un ricevente ( o destinatario);
•Un codice mediante cui il messaggio è codificato (dall’emittente) e decodificato
(dal ricevente);
•Un canale (come mezzo o supporto fisico di trasmissione del messaggio);
•Un contesto;
•Un contatto tra emittente e ricevente.
Jakobson (1960) in relazione ad ognuno di questi sei fattori
insopprimibili della comunicazione, sulla scia del modello
strumentale di Bühler (1933), individua sei funzioni della lingua.
Alla base del modello bühleriano c’è l’assunto che il segno
linguistico sia un mezzo (uno strumento) con il quale un soggetto
esprime la propria interiorità ad un altro soggetto in relazione a
oggetti e stati di cose (referente)
Il segno linguistico si rapporta a ognuna di queste tre coordinate:
• mittente
• destinatario
• referente
Nel correlarsi a questi tre fattori, il segno linguistico ha
una natura triadica. Esso è:
• un sintomo in relazione al mittente, di cui esprime
l’interiorità, l’atteggiamento, i gusti, l’identità;
• un segnale in relazione al destinatario, cui il mittente
si appella, tramite il vocativo o l’imperativo;
• un simbolo in relazione al suo riferimento a oggetti e
stati di cose, cioè al mondo referenziale di cui si
parla.
Il segno linguistico ha dunque tre funzioni in correlazione
alle tre coordinate:
• la funzione di notifica, in relazione al mittente
(segno sintomo)
• la funzione di richiamo, in relazione al destinatario
(segno segnale)
• la funzione rappresentativa, in relazione ai referenti
(segno simbolo)
Jakobson rivisita e amplia il modello bühleriano
aggiungendo le altre tre coordinate
fondamentali dell’evento linguistico:
• messaggio
• codice
• canale
«L’emittente invia un messaggio al destinatario. Per essere
operante, il messaggio richiede in primo luogo il riferimento a un
contesto (il“referente”, secondo un’altra terminologia abbastanza
ambigua) afferrabile dal destinatario verbale o suscettibile di
verbalizzazione; in secondo luogo il messaggio esige un codice
interamente o almeno parzialmente comune a emittente e
destinatario (o,in altri termini, al codificatore e al decodificatore del
messaggio); infine necessita di un contatto, un canale fisico e una
connessione psicologica fra il mittente e il destinatario, che consenta
loro di stabilire e di mantenere la comunicazione» (Jakobson,1963,
pp. 213-4).
Le due parole chiave, qui, sono “codice” e “comunicazione”, perché
ciò che consente l’esistenza di quest’ultima è appunto il codice
comune ai due, mittente e destinatario (ladifferenza di codice viene
ammessa solo come eccezione).Per Jakobson tale schema è
essenziale dal punto di vista epistemologico perché per mezzo di esso
viene giustificato l’approccio strutturalista al linguaggio e alla poesia:
se non sussistono discrepanze tra emittente e ricettore l’analisi
semiologica dei “sistemi di comunicazione” può essere ricondotta allo
studio delle strutture immanenti della lingua e dei testi.
• in relazione al messaggio, il segno è focalizzato
sull’aspetto formale, sulla costruzione, sulla struttura
del messaggio
• in relazione al codice, il segno verifica la condivisione
dello stesso sistema linguistico dal punto di vista
fonetico, semantico, lessicale e morfosintattico
• in relazione al canale, il segno verifica se il canale
della comunicazione è aperto
Il segno linguistico si amplia dunque di altre tre funzioni
in riferimento a queste tre nuove coordinate.
Le prime tre delle sei funzioni del modello jakobsoniano
corrispondono alle funzioni individuate da Bühler
• Funzione emotiva (di notifica), correlata al mittente
• Funzione conativa (di richiamo), correlata al
destinatario
• Funzione referenziale (rappresentativa) correlata ai
referenti
• Funzione poetica, correlata al messaggio
• Funzione metalinguistica, correlata al codice
• Funzione fàtica, correlata al canale
• sull’espressione dell’emotività (le interiezioni in
genere, aiuto!! beeello!!): funzione emotiva
• sul richiamo (bene! ciao! ehi! gli ordini in genere: taci!
forza! su!): funzione conativa
• sul contatto comunicativo (pronto! sei ancora lì? sì ci
sono!): funzione fàtica
• sul metalinguaggio (voglio dire questo, questa parola
vuol dire ...): funzione metalinguistica
• sulla forma espressiva (la costruzione del messaggio
in sé): funzione poetica
• Le sei funzioni del segno linguistico sono le
funzioni svolte dalla lingua nell’evento
comunicativo.
• Queste sei funzioni sono compresenti ma non in
ugual misura.
• La focalizzazione del messaggio su l’una o l’altra
coordinata dell’evento determinerà la funzione
prevalente di ogni scambio comunicativo.
In quasi tutti i messaggi la funzione prevalente è
quella referenziale in quanto sono i contenuti
del dire a essere focalizzati, ma talvolta
l’attenzione può essere puntata sugli altri
componenti ...
La funzione emotiva è incentrata sull'emittente. Viene posta in
essere quando l'emittente dell'atto linguistico ha come fine
l'espressione dei suoi stati d'animo .
La funzione fàtica è incentrata sul canale di comunicazione. Essa si
realizza quando un partecipante dell'atto di comunicazione desidera
controllare se il canale è, per così dire, aperto (esempio: domande
del tipo "Mi segui?, mi ascolti?").
La funzione conativa è focalizzata sul ricevente. Essa avviene quando
tramite un atto di comunicazione l'emittente cerca di influenzare il
ricevente, come per esempio in un ordine (esempio: "Va' da lei!") o
nei casi linguistici del vocativo e dell'imperativo.
La funzione poetica è incentrata sul messaggio e valorizza il piano del
significante. Avviene quando il messaggio che l'emittente invia
all'ascoltatore ha una complessità tale da obbligare il ricevente a
ridicodificare il messaggio stesso (ne sono un esempio molte frasi
pubblicitarie o frasi di poesia del tipo "Nel mezzo del cammin di
nostra vita mi ritrovai per una selva oscura").
La funzione metalinguistica è quella riferita al codice stesso. Ossia
quando il codice "parla" del codice (un esempio lampante sono le
grammatiche o le didascalie in un testo teatrale).
La funzione referenziale infine è incentrata sul contesto. Essa è posta
in essere quando viene data un'informazione sul contesto (esempio:
"L'aereo parte alle cinque e mezza") .
CODICE E MESSAGGIO
Il concetto di messaggio (sequenza di simboli o segni) presuppone
l’esistenza di un sistema di regole per la combinazione dei segni fra
loro (grammatica), scelti da un certo alfabeto.
Ciò significa parlare di un codice cioè di un sistema, un insieme di
istruzioni, che permette di riconoscere, produrre ed indicare i segni;
che permette di trasmettere e conservare informazioni.
SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO
Ogni messaggio può essere analizzato sul piano del contenuto e sul
piano dell’espressione; il messaggio è costituito da due componenti
inscindibili :
•Un significato inteso come contenuto psichico dell’emittente che si
manifesta nel gesto espressivo.
•Un significante inteso come il mediatore di questa
rappresentazione, come la forma assunta dall’espressione per
veicolare da un “ dentro “ a un “ fuori “ un contenuto psichico.
SEGNO E SIMBOLO
I vari segni possono indicare precisamente un oggetto o un
concetto in maniera immediata, diretta, il significante rinvia
direttamente al significato; l’espressione descrive chiaramente il suo
contenuto, lo significa.
In questo caso parliamo di segno.
L’atto espressivo può far riferimento al suo oggetto in maniera
indiretta, accennarlo, suggerirlo, fornendo dei significanti che in
qualche modo lo richiamano per analogia senza delinearlo in maniera
logicamente chiara. In questo caso parliamo di simbolo.
GAP Significante Comunicazione verbale <
GAP Significante Comunicazione non verbale Significato Significato
GAP Significante Comunicazione verbale >
GAP Significante Comunicazione non verbale
Significato Significato
SFERA COGNITIVA
SFERA AFFETTIVO – RELAZIONALE
IL GAP SIGNIFICANTE / SIGNIFICATO
Circa la capacità dell’espressione di dare adeguata rappresentazione al
contenuto psichico a cui si riferisce, è possibile fare una distinzione generale relativa
al gap Significante / significato in funzione del tipo di linguaggio e del diverso piano
della comunicazione che si voglia considerare.
GRAZIE
PER
L’ATTENZIONE
DISTINZIONE
TRA
SEGNO
E
SIGNIFICATO
Il segno è la parte più piccola del simbolo. Il segno appartiene al campo
della natura cosmica e quindi all’uomo; mentre il simbolo riferendosi al
campo della natura umana, è artificio, arte ed invenzione.
Mentre il segno può essere conosciuto immediatamente attraverso
l’immagine sensoriale, il simbolo per essere conosciuto necessità
dell’associazione di idee.
ES.: se vedi fumo è segno che c'è fuoco o, la muffa è segno di umidità.
Le lingue sono i sistemi di segni più raffinati e potenti: sono segni le parole,
le lettere dell'alfabeto e i caratteri dei vari tipi di scrittura.
Non esiste simbolo senza segno.
Il simbolo è un’invenzione umana. È composto da più di un segno e il suo
significato è unicamente convenzionale.
Chiamiamo simboli tutte le sintesi di segni che, ordinati in una forma
particolare, esprimono un significato convenzionalmente accettato.
Il simbolo è riconoscibile attraverso i segni che lo conformano.
Per esempio, una croce è un simbolo composto almeno da due segni, una
linea retta orizzontale ed un’altra verticale. Ora, a seconda del modo in cui
queste linee rette (segni) sono disposte, otterremo diversi tipi di croci
(simboli).
ES.: la croce è il simbolo del Cristianesimo, la mezzaluna è il simbolo
dell’Islam, la bilancia è il simbolo della giustizia.
Esempi grafici di simboli più o meno noti:
la Croce cristiana, il Triskele celtico, l'Ankh egizio, la Ruota del Dharma buddhista,
il Tai Chi Tu taoista, il Tomoye giapponese, l'Om induista, il glifo di Venere/Rame nell'Alchimia,
il glifo di Sole/Oro nell'Alchimia, la croce dei quattro elementi, il sigillo di Salomone, la runa Feoh
INTERVISTA AD UMBERTO ECO
IL SIGNIFICATO MUSICALE
La semiotica musicale appare negli anni Settanta
come l’applicazione della linguistica alla musica.
Compito della semiotica della musica è quello di
studiare il segno musicale nella sua struttura e nel
rapporto che intrattiene con chi lo ascolta.
Nella nostra società consideriamo la musica come
se fosse una lingua materna, si nota tuttavia che
per quel che riguarda l’alfabetizzazione, e cioè
l’acculturazione attraverso i manuali, l’accento
viene sempre posto sull’aspetto sintattico,
tralasciando quello semantico con significati e
significanti (Stefani, Marconi e Ferrari 1990).
- La pragmatica studia il linguaggio in rapporto all'uso che ne
fa il parlante (livello della creazione della comunicazione, come il
contesto extralinguistico influisce sull’interpretazione del
significato);
- la semantica considera il rapporto tra l'espressione e la
realtà extralinguistica (livello della comprensione del significato,
precisione nel trasferimento dei significati);
- la sintassi studia le relazioni che intercorrono tra gli
elementi dell'espressione linguistica (livello della trasmissione
del messaggio, esattezza della trasmissione dei simboli).
Questo probabilmente a causa della classica definizione sulla
differenza tra musica e linguaggio esposta da Hanslick a
metà ottocento nel suo Il bello musicale in cui, la differenza
tra i due consiste nel fatto che nel linguaggio il suono è solo
segno, cioè un mezzo per lo scopo di esprimere qualcosa di
completamente estraneo a questo mezzo, invece, nella
musica il suono ha un importanza in sé, cioè scopo a se
stesso (Hanslick 1854).
E’ indubbio che la musica condivida numerosi altri aspetti oltre
a quello sintattico col linguaggio, ed è appurato che la musica
abbia una propria sintassi.
Zuckerkandl (1956) afferma che non tutte le serie di toni
formano una melodia: quando sentiamo un gatto che
cammina sul pianoforte di certo non percepiamo una melodia,
perché questa è senza senso. La melodia è dunque per
l’autore una serie di toni che produce senso.
Il significato musicale ha una duplice natura:
- Meyer (1973) individua in primo luogo un significato
“incorporato” che risiede nelle strutture musicali stesse, che
riguarda la dinamica di tensioni e risoluzioni, attese,
soddisfatte o deluse, ed in secondo luogo individua un
significato“designativo”, cioè che rimanda a qualcosa di
estraneo al linguaggio musicale.
- A n a l o g a m e n t e M i d d l e t o n ( 1 9 9 0 ) d i s t i n g u e l a
“significazione primaria” che è interna alla musica e che ha a
che fare con la relazione tra le note e la struttura formale,
dalla “significazione secondaria” che riguarda le emozioni e
le immagini che la musica stessa evoca.
Koelsch e collaboratori (2004) nel loro celebre studio pubblicato
sulla rivista Nature Neuroscience riassumono quattro differenti
tipi di significato musicale:
1) un significato che emerge dalle connessioni attraverso
frame of reference suggeriti da pattern o forme comuni
(pattern in termini di altezza, tempo, dinamiche e timbro);
2) un significato che emerge dall’interazione di strutture formali
che creano pattern di tensione e risoluzione;
3) un significato che emerge dalla suggestione di un
particolare stato emotivo;
4) un significato che emerge da associazioni extra-musicali
(come ad esempio possono essere gli inni di stato).
I primi due punti ci sembrano essere quelli della significazione
primaria di Middleton, mentre gli altri due quelli della
significazione secondaria o il significato designativo di Meyer.
Il significato musicale mentre, secondo Smith (1987), dipende
dal grado di alfabetizzazione musicale: i musicisti a differenza
dei non-musicisti sono sintatticamente orientati, questo
significa che traggono piacere da una buona forma e da una
buona condotta sintattica.
Ci sono autori che attribuiscono il significato musicale
direttamente al modo in cui il messaggio musicale viene
veicolato;
in particolar modo Zuckerkandl (1956) nega che il significato
musicale faccia riferimento a qualcosa di esterno alla musica,
sostenendo che invece si rivolge alla musica stessa, vale a
dire che il significato non è la cosa indicata, ma il modo in cui
questa cosa viene indicata, dove il modo è ciò che Meyer
(1956) chiama stile, comprensibile solo in un contesto sociale.
Infatti, in una prospettiva antropologica Cross (2009) afferma
che il significato della musica non può essere scisso dal
contesto culturale entro il quale la musica viene fruita, questo
emerge da processi inter e intra-personali ed è formato dalla
matrice culturale.
Tutte le forme dell’ espressione umana, come
la scrittura, la pittura, la musica, ecc. possono
essere definite simboliche e quindi oggetto di
studio di una semiologia nella misura in cui si
possono distinguere tre dimensioni
semiologiche.
JEAN MOLINO
LE 3 DIMENSIONI SEMIOLOGICHE
1.Il processo poieutico: insieme di strategie per cui alla
fine dell’atto creativo esiste una cosa - l’opera – che prima
non esisteva.
2. Il processo estesico: l’insieme delle strategie messe in
atto dalla percezione del prodotto.
3. L’ oggetto materiale(o.m.): si trova tra i due processi e
non esiste come opera fino a quando non è letta, percepita
ed udita. Senza l’o.m. non esisterebbe l’opera.
Analisi Analisi
poieutica estesica
Compositore -----> Opera <------ Uditore Processo Processo
Poieutico Estesico
Il processo estesico è un processo attivo, di
costruzione, dove l’interpretante proietta
sull’opera ipotesi su ciò che l’emittente ha voluto
dire, anche se non sempre coincidono con le
ipotesi dell’emittente.
Analisi Poieutica diversa da Analisi Estesica
I processi poietico ed estesico non necessariamente
corrispondono;
come sostiene Molino «il poietico non ha
necessariamente vocazione alla comunicazione»: può
non lasciare tracce nella forma simbolica stessa e, se ne
lascia, la traccia in questione può non essere percepita.
La teoria di Molino non è una negazione della
comunicazione, ma una teoria del funzionamento
simbolico secondo la quale la comunicazione non è che
un caso particolare all’interno dei diversi modi di
scambio, una delle conseguenze possibili dei processi di
simbolizzazione.
Musicologi e musicisti spesso non la pensano così: per
essi, deve esserci comunicazione tra compositore e
pubblico.“
J. J. Nattiez, Musicologo francese naturalizzato canadese, nel 1973
ha conseguito il dottorato in semiologia a Parigi.
Nattiez si è subito affermato come uno dei pionieri della
semiologia musicale che, proprio negli anni in cui egli si affacciava
alla ricerca, si andava costituendo come approccio originale agli
studi musicali.
Professore di musicologia all'Université de Montréal dal 1972,
direttore del Groupe de recherche en sémiologie musicale (1974-
80), ha sempre equamente distribuito il suo lavoro tra la
speculazione sui fondamenti teorici e metodologici della disciplina,
da un lato, e l'effettiva ricerca musicologica, l'impegno critico e
quello didattico, dall'altro.
SECONDO NATTIEZ:
- la dimensione estesica è un processo attivo di costruzione, non una semplice
decodifica. Non esiste un codice comune preciso tra compositore e ascoltatore;
- l’emittente attribuisce interpretanti all’opera, e il destinatario ne proietta altri in fase
di fruizione;
- si può parlare di comunicazione solo quando coincidono, ma è un caso
eccezionale, non certo la norma;
- la “comunicazione musicale” è avvenuta solo nei 50 anni dell’età classica (Mozart e
Beethoven), dove abbiamo equilibrio tra compositore e uditore;
- La tripartizione si applica a qualsiasi tipo di “opera dell’ingegno”, quindi anche al
“discorso sulla musica”.
Charles Sanders Peirce (1839–1914, matematico, filosofo,
semiologo, logico, scienziato e accademico statunitense),
nell’ambito della semiotica elaborò una teoria riguardante
qualsiasi processo di significazione, o semiosi. In questo
contesto Peirce utilizzò la parola traduzione riferendosi al
processo tramite cui è possibile ricavare significato da un
segno. Tale processo si basa sulla relazione fra tre elementi:
segno, oggetto e interpretante.
Segno
Può essere qualsiasi cosa susciti un’interpretazione:
un’immagine, un rumore, una melodia, un gesto, un sogno.
Affinché un elemento funga effettivamente da segno deve
essere percepito come tale ed entrare in relazione con un
oggetto producendo nella mente del soggetto una
rappresentazione mentale che stabilisce la relazione tra quel
segno e quell’oggetto. Nel caso dei codici naturali, le lingue, i
segni sono le parole, le lettere, le frasi.
Interpretante
È una porzione di materiale mentale, un’idea o un pensiero, che
interpreta il segno e lo collega all’oggetto. L’interpretante è
soggettivo e incostante. Un segno non produce sempre lo
stesso interpretante. Sicuramente due individui differenti di uno
stesso segno avranno due interpretanti diversi, ma anche uno
stesso individuo che incappa in un segno due volte, a distanza
di tempo l’una dall’altra, potrebbe produrre due interpretanti
diversi.
Bisogna fare attenzione a non considerare l’interpretante come
una persona che interpreta.
La parola interpretante è una sorta di abbreviazione per segno
interpretante, si tratta quindi di un segno mentale, mentre è
l’interprete la persona che interpreta.
Oggetto
Ciò a cui rimanda il segno attraverso l’interpretante. Esiste a
prescindere dal segno ma è conoscibile solo per mezzo del
segno. Può essere percepibile o immaginabile. Si tratta del
significato che una persona attribuisce a un segno.
La semiologia della musica è:
sia semiologia del fatto musicale (opera)
che del discorso sulla musica (melodia,
armonia, ritmo, metro)
Non c'è dubbio che la dualità suono/silenzio interessi l'intera
storia della specie umana, venendo sempre più fortemente
alla ribalta anche nel mondo musicale occidentale.
Teologi, filosofi e storici si sono occupati di questo tema
riconducendo sempre l'attività umana al suono, senza
negare che proprio il suono è tale in relazione al silenzio su
cui si staglia.
Se il suono è la Vita, esso si oppone con forza al
silenzio, ma è anche vero che quest'ultimo è la base su cui
il SUONO si stratifica.
IL SUONO, IL SILENZIO
Quel bene prezioso che è il silenzio risulta essere l'altra
faccia della medaglia, non solo nella comunicazione, ma più
in generale, rappresenta un elemento
indispensabile nella percezione sensoriale.
Condizioni storiche e luoghi geografici (ambienti) hanno
sempre influito sulla percezione acustica (con le proprie
sfumature e caratteristiche ritmiche), sul modo in cui
percepiamo i suoni organizzati e i suoi relativi silenzi.
Da un'altra angolazione, possiamo aggiungere che la dualità
suono/silenzio segue un po' le stesse logiche di quella
figura/sfondo.
Quest'ultima è il prodotto di una rete
di abitudini culturali e percettive in cui l'esperienza tende a
essere organizzata secondo linee prospettiche che
comprendano un primo piano, uno sfondo e un lontano
orizzonte, secondo un'abitudine che è profondamente radicata
nella nostra cultura occidentale.
Suono e silenzio, a seconda del periodo storico-
geografico e dello stile musicale, possono essere visti
come lo sfondo l'uno dell'altro.
Se sembra scontato che il basso in un brano hard rock sia
relegato in uno sfondo è perché siamo stati educati al culto
della chitarra, per cui, anche quando il basso si sente e "fa
bene il suo lavoro" siamo distratti dalla "rumorosa"
performance chitarristica.
Per contro, se sembra bizzarro alle nostre orecchie che un
musicista d'avanguardia contemporanea basi tutta la sua arte
sui silenzi o su note appena accennate, è perché per noi il
silenzio è probabilmente un bene senza valore.
Il silenzio nel ‘900 fa da contrappunto al suono e alla
tessitura timbrico-armonica in diverse funzioni a seconda
della poetica del compositore.
Autori come Debussy, Schoenberg, Boulez lavorarono con la
consapevolezza di questo elemento e Debussy è il punto di
riferimento ideologico per molti autori del ‘900 (Salvetti Guido,
La nascita del Novecento, Torino, EDT Vol. X).
Nella sua musica Debussy cercò quel “suono che nasce dal
silenzio” e questa poetica emerge soprattutto dai suoi
ventiquattro Preludi composti tra 1910 e il1913.
Il denominatore comune di entrambi gli esempi è che noi
inevitabilmente udiamo in base ai condizionamenti del nostro
"orecchio culturale".
Infatti, mentre il rock è tutto intento a
difendere il rumore dal silenzio
(rumore=vita, silenzio=morte), la musica d'avanguardia si
concentra nel conservare il silenzio dal pericolo del rumore
(rumore=disagio psichico, silenzio=pace).
Un pubblico di residenti in una grande metropoli,
difendendosi dalla socioacusia (la perdita di udito dovuta
all'esposizione quotidiana al rumore) osserverà il rumore con
le categorie del silenzio, disponendo sullo sfondo il chiasso
ed esaltando la quiete.
Un pubblico desideroso di appropriarsi della città (di viverla)
invertirà questo rapporto esaltando il rumore contro il
silenzio.
Suono e silenzio, se presi da soli, sono categorie
incomplete e possono essere fuorvianti nella nostra analisi.
La musica, anche se profondamente diversa tra un genere e
un altro, come da un paese all'altro, anche costituita da un
semplice ritmo o dal solo canto di monosillabi, parla senza
intermediari.
Grazie al silenzio i rumori irrompono definitivamente
nella mia musica.
J.Cage
IL SUONO
Il suono è prodotto dalle onde generate da qualcosa che vibra
(una corda di chitarra, la membrana di un tamburo, ecc.).
La vibrazione può essere generata da uno sfregamento, da
una percussione, da un soffio (come negli strumenti a fiato).
Le onde sonore si espandono in
ogni direzione come le onde
generate da un sasso lanciato
in acqua.
Il suono deve avere un mezzo di
trasmissione (aria, acqua o altri
materiali in cui le onde possano
trasmettersi).
Nel vuoto assoluto (come nello spazio interplanetario
dove non c'è aria) non si sente nessun suono.
Un suono non è un rumore, ma un rumore può essere un
suono.
Se suono il flauto ottengo dei suoni; se il flauto mi cade per
terra...fa rumore! Allora, in generale, posso dire che un
suono è piacevole, voluto e generato da me (o da qualcuno
o da qualcosa che suona), mentre il rumore non è
piacevole ed è casuale. Ma per il resto sono uguali: sia il
suono che il rumore sono costituiti da onde generate da
qualcosa che ha vibrato.
CARATTERISTICHE DEI SUONI
Per ciascun suono noi possiamo definire 4
caratteristiche fondamentali: 1) altezza 2) durata 3)
intensità 4) timbro
L'altezza è determinata dalla frequenza dei suoni, cioè dal
numero di vibrazioni al secondo: più le vibrazioni sono
frequenti, più il suono è acuto. Per intenderci: le note più a
sinistra sulla tastiera del pianoforte sono le più gravi (bassa
frequenza); quelle più a destra sono le più acute (alta
frequenza).In riferimento all'altezza i suoni si distinguono in
acuti e gravi.
La durata si riferisce a "quanto tempo" dura un suono,
rispetto ad una unità di misura. Perciò possiamo dire che
esistono suoni lunghi e suoni brevi.
In riferimento alla durata, i suoni si
distinguono in brevi e lunghi.
L'intensità riguarda la potenza,
cioè il "volume" di un suono.
Un suono infatti può essere forte o
debole. In riferimento all'intensità,
i suoni si distinguono in forti ("volume" alto) e in deboli
("volume" basso). Nel linguaggio musicale si dice anche
forte o piano, riferendosi all'intensità (con gradazioni che
vanno dal fortissimo al pianissimo).
Il timbro si riferisce alla qualità tipica di un suono ed è
determinato dal tipo di materiale o dallo strumento che lo
suona. Noi capiamo subito, ad esempio, se una stessa
musica è suonata con il pianoforte o con la tromba, perché il
timbro dei due strumenti è diverso (anche se suonano le
medesime note musicali).
Allo stesso modo, distinguiamo
il suono delle voci registrate
di chi conosciamo, perché i timbri delle voci sono diversi.
IL RITMO NELLA MUSICA
Il ritmo di qualsiasi brano musicale si basa su dei battiti
regolari chiamati pulsazioni ritmiche.
Le pulsazioni ritmiche ci permettono di misurare la durata
dei suoni, e la velocità delle pulsazioni varia a seconda
dell’andamento della musica.
Per scandire le pulsazioni si usa uno
strumento chiamato metronomo.
IL RITMO NEL LINGUAGGIO MUSICALE
Nel linguaggio musicale i gruppi ritmici sono chiamati misure
o battute.
Le battute vengono evidenziate tracciando una linea
verticale, detta stanghetta divisoria.
All’inizio di ogni battuta ci sarà sempre un accento forte, ed il
numero di pulsazioni di ogni battuta determina il ritmo della
musica:
2 pulsazioni = ritmo binario
3 pulsazioni = ritmo ternario
Un ritmo molto usato in musica è il ritmo quaternario. Esso
si ottiene raddoppiando il ritmo binario e con la seguente
successione di accenti: forte – debole – mezzoforte –
debole.
LA MELODIA
Nella teoria musicale la melodia (dal greco μελωδία) è
una successione di suoni di differente altezza e di
differente durata, disposte ritmicamente e la cui struttura
genera un organismo musicale di senso compiuto.
L’ARMONIA
Nel senso più generale, l'armonia è lo studio delle
sovrapposizioni verticali di un certo numero di suoni in un
determinato sistema musicale. Nella cultura occidentale, il
sistema musicale di riferimento è quello temperato in cui,
cioè, tutti gli intervalli
all'interno dell'ottava
occupano lo stesso
spazio.
In particolare, la divisione dell'intervallo di ottava in dodici
parti uguali ha portato all'affermazione della cosiddetta
tonalità, il criterio alla base di tutti i fenomeni fondamentali
del discorso musicale occidentale.
GRAZIE
PER
L’ATTENZIONE
GRAZIE
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L’ATTENZIONE